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Fotogiornalismo originario

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Saul Steinberg

Saul Steinberg

di Angelo Galantini

Oltre e a margine dell’allestimento della affascinante e autorevole retrospettiva sul fotogiornalismo di inizio Novecento di Adolfo Porry-Pastorel (1888-1960), alla quale potremmo anche approdare, ma più avanti... forse, sono doverose due note in anticipazione e trasversalità, almeno due, soprattutto due.

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La prima riguarda quell’idea, più volte richiamata, in occasioni debite, secondo la quale -spesso- la personalità di un fotografo, per quanto possa essere stata lunga e proficua la sua vita, si riconduce a una sua sola fotografia. Non che il suo percorso venga mai ignorato, e ci mancherebbe altro; ma, a conti fatti, per mille motivi, fatti e post-fatti, spesso (sempre!) una frazione di secondo crea un’icona indelebile, costantemente richiamata a proposito del suo autore. È così per molti fotografi contemporanei e storici, senza soluzione di continuità geografica e/o indirizzo professionale.

Da cui, Adolfo Porry-Pastorel, universalmente riconosciuto come padre del fotogiornalismo italiano, è legato e vincolato a un’istantanea del 1915 (lui ventisettenne) relativa all’arresto del trentaduenne Benito Mussolini, pre tutto, durante un comizio interventista (per la Grande guerra, poi Prima guerra mondiale).

La seconda trasversalità sottolinea l’autentico e indiscutibile valore del fotografo. Più che in passato, anche prossimo, durante il quale filtri “naturali” guidavano la ricerca per studio, impedendo a fonti inattendibili di affacciarsi a qualsivoglia ribalta, al giorno d’oggi, in tempi di Rete, è necessario attivare preconcetti e pre-considerazioni individuali, per discernere le sorgenti alle quali si accede.

Per esempio, pur nella propria eccellente utilità, Wikipedia è infarcita di approssimazioni, che possono indurre in errore. Ottima per definizioni di massima, non è certo Vangelo; tanto più che qualcuno ha pure compilato la voce che riguarda se stesso, senza dipendere da alcuna autentica e imprescindibile scala gerarchica (tanti fotografi mediocri italiani lo hanno fatto: lo sappiamo per certo).

Buona notizia, a questo punto: per la voce “Adolfo Porry-Pastorel” si può accedere a un documento inoppugnabile, compilato nell’ambito della prestigiosa Enciclopedia Treccani. A cura di Vania Colasanti, il fotografo è inserito nel Dizionario Bibliografico degli Italiani, nel quale è incluso senza complicità, connivenze e favoreggiamenti trasversali, ma per il proprio autentico valore.

Allestita al Museo di Roma fino al prossimo ventiquattro ottobre, la mostra Adolfo Porry-Pastorel. L’altro sguardo - Nascita del fotogiornalismo in Italia è la prima esposizione personale dedicata al “padre” riconosciuto e accreditato dei fotocronisti italiani. Incontro con un fotografo e giornalista-testimone di talento sconfinato, che ha modellato un modo di raccontare il nostro Tempo

Leggiamo, in estratto: nativo di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, trasferitosi a Roma, con la famiglia, nel 1900, «fu nella capitale che, nel 1906, Adolfo Porry-Pastorel intraprese la carriera giornalistica, grazie all’interessamento del padrino Ottorino Raimondi, vicedirettore del Messaggero. Fin dall’inizio, i suoi articoli si distinsero, oltre che per l’arguzia della penna, anche per l’originalità delle sue fotografie.

«Con i reportage illustrati dalle sue stesse immagini, aprì la strada al fotogiornalismo, di cui in Italia è considerato il padre indiscusso, immortalando la storia del paese in nove milioni di immagini, sempre da quell’angolazione anticonvenzionale e stravagante che ben rifletteva il suo carattere. Un professionista che, per battere la concorrenza, si avvalse di ogni mezzo, come l’invio dei negativi delle sue fotografie con piccioni viaggiatori.

Arresto di Benito Mussolini (pre tutto) nel corso di un comizio interventista; Roma, 11 aprile 1915. Un’istantanea moderna, capace di fermare il movimento.

«Come il servizio che apparve sulla prima pagina del Giornale d’Italia, il 12 aprile 1915 [...]. Una fotografia che il futuro duce non gli perdonò mai e che diede origine alla proverbiale battuta: “Sempre il solito fotografo!”; “Sempre il solito presidente del Consiglio!”, fu spesso la replica ironica di Porry-Pastorel».

Adolfo Porry-Pastorel. L’altro sguardo - Nascita del fotogiornalismo in Italia, a cura di Enrico Menduni; Electa, 2021; bilingue italiano e inglese; centoventicinque illustrazioni; 128 pagine 20,5x28cm; 25,00 euro.

«A soli vent’anni, era il fotogiornalista più in voga della capitale, conteso dai quotidiani Il Messaggero, La Vita e Il Giornale d’Italia, che -alla fine- riuscì ad averne l’esclusiva, sotto la direzione di Alberto Bergamini. [...]

«A Roma, in via del Pozzetto 122, aprì la sua gloriosa agenzia, trasferitasi poi definitivamente in via di Pietra 87: Vedo (Visioni Editoriali Diffuse Ovunque). [...]

«I suoi reportage si distinsero sempre per rigore di cronaca, ma anche per creatività, ironia e temerarietà, abbracciando la politica, l’attualità, il costume, lo sport, la cultura, gli spettacoli.

«Come il servizio che apparve sulla prima pagina del Giornale d’Italia, il 12 aprile 1915, nel quale una fotografia scattata da Adolfo Porry-Pastorel mostrò in esclusiva l’arresto di un giovane Benito Mussolini durante il raduno interventista a favore dell’entrata in guerra dell’Italia, avvenuto il giorno precedente, in piazza Barberini, a Roma [eccoci!]. Una fotografia che il futuro duce non gli perdonò mai e che -secondo fonti familiari- diede origine alla proverbiale battuta: “Sempre il solito fotografo!”, come lo apostrofò sarcastico Mussolini in più occasioni; “Sempre il solito presidente del Consiglio!”, fu spesso la replica ironica di Porry-Pastorel. […]

«Durante la Prima guerra mondiale, come inviato al fronte, Adolfo Porry-Pastorel sperimentò l’uso innovativo della didascalia. Sui giornali, comparvero così le prime fotografie accompagnate da una spiegazione dell’avvenimento. [...]

«Fu nel corso della Grande guerra che Adolfo Porry-Pastorel cominciò a servirsi di piccioni viaggiatori per l’invio di negativi e notizie. Una tecnica antichissima, tornata in uso anche fra i soldati del 1915-18 per la spedizione dalla prima linea alle retrovie, e che gli consentì di inserire i negativi all’interno di piccoli astucci fissati alle zampe dei volatili.

«I piccioni viaggiatori furono per lui messaggeri alati in più occasioni. Memorabile lo scoop del 5 maggio 1938, quando, in occasione della parata navale nelle acque del golfo di Napoli, Adolfo Porry-Pastorel sbalordì Mussolini e Hitler, a bordo della corazzata Cavour. In quella circostanza, insieme all’attrezzatura portatile per lo sviluppo delle pellicole, il fotoreporter portò con sé sulla nave anche una coppia di piccioni viaggiatori, ai quali consegnò i negativi che aveva scattato e sviluppato in mezzo al mare. Messaggeri fedeli, a una velocità di circa cinquanta chilometri orari, i piccioni raggiunsero la colombaia di origine a Roma.

Archivi Farabola (2)

«Ad attenderli c’era la moglie Franca Cerruti, che recapitò le fotografie a palazzo Sciarra, all’epoca sede della redazione del quotidiano. Quando Mussolini e Hitler sbarcarono a Napoli, si stupirono di trovare Il Giornale d’Italia già con le illustrazioni che li ritraevano a bordo. [...]

«Per anticipare i colleghi degli altri giornali, Adolfo Porry-Pastorel trovò ogni espediente per introdursi nei palazzi del potere, mimetizzarsi nei cortei di protesta, intervistare in esclusiva politici e personaggi della cultura. Fu uno dei primi professionisti a inviare le immagini attraverso la telefotografia, utilizzando la linea telefonica o telegrafica, come dimostrano le immagini pubblicate sul Giornale d’Italia, nella cui didascalia è certificato: “Foto Esclusive Porry, trasmesse con la valigia telefotografica”.

«Sempre per battere la concorrenza, trasformò il suo furgone Ford rosso in un laboratorio fotografico ambulante, nel quale poter stampare le fotografie ovunque; così come, per agevolare il cambio di pellicola, fu capace di modificare la sua Leica, creando una comoda apertura sul retro».

Adolfo Porry-Pastorel è mancato a Roma, il Primo aprile 1960, a settantadue anni, dopo una vita vissuta intensamente.

La mostra L’altro sguardo (in grafia “L’altro sguardo”), in cartellone fino al prossimo ventiquattro ottobre, al Museo di Roma a Palazzo Braschi, riunisce e racconta quanto promette in sottotitolo: Nascita del fotogiornalismo in Italia. In una geografia, quale è la nostra, e in un pensiero fotografico contenuto, se non limitato, quanto è il nostro, si tratta della prima esposizione sistematica dedicata al “padre” del fotogiornalismo italiano, e ispirata dal suo professionismo avveniristico.

A cura di Enrico Menduni e promossa, ideata e organizzata da Istituto Luce Cinecittà, mostra di ottanta fotografie provenienti dall’Archivio storico Luce, che conserva millesettecento negativi di Adolfo Porry-Pastorel e oltre centottantamila stampe della sua agenzia fotografica Vedo. Ancora: filmati d’archivio, stampe originarie e documenti.

Con volume-catalogo. ■ ■

Adolfo Porry-Pastorel. L’altro sguardo (L’altro sguardo) - Nascita del fotogiornalismo in Italia, a cura di Enrico Menduni; mostra ideata, organizzata e realizzata da Istituto Luce Cinecittà; Museo di Roma, Palazzo Braschi, piazza di san Pantaleo 10 / piazza Navona 2, 00186 Roma (www.museodiroma.it). Fino al 24 ottobre; martedì-domenica 10,00-19,00. Trasporto della salma di Giacomo Matteotti; Riano Flaminio, alle porte di Roma, 17 agosto 1924.

[Firenze, Fondazione di studi storici Filippo Turati, fondo Matteotti]

Benito Mussolini trebbia il grano; Littoria (oggi, Latina), 9 luglio 1934. Cancellando i pantaloni bianchi di Achille Starace, diventerà l’icona dei riti agrari del regime.

La troupe sul set del film Luciano Serra pilota, di Goffredo Alessandrini; Aeroporto del Littorio (oggi, dell’Urbe), 30 giugno 1937. Una scena che sarebbe piaciuta a Fellini o a Diane Arbus. Dietro la macchina da presa è l’operatore Ubaldo Arata.

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