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Editoriale

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Ignoranti

Ignoranti

Sì, ormai siamo così sommersi dai prodigi della scienza, che è un poco sconcertante scoprire che la tecnologia può fare tutto meno ciò che vorremmo davvero. Meno ciò che ci servirebbe veramente, per migliorare la nostra Esistenza, non soltanto per passare ore a guardare un piccolo monitor e agire freneticamente con i pollici (finalmente sono utili i nostri pollici opponibili, discriminanti per distinguere il Sapiens dai primati dai quali ci siamo evoluti). Se tutto viene accolto e accettato senza alcuno spirito critico e selettivo, così agendo, anche in Fotografia, non è detto che si progredisca sul serio. Infatti, demandare il passo quotidiano ad altro che se stessi comporta una trasformazione (al peggio) di quell’insistente bisogno di rituali individuali, che sovraintendono il riconoscimento formale di momenti di passaggio, che possono essere momenti discriminanti di Vita. Che, alla resa dei conti, sono momenti discriminanti. Considerarsi complemento oggetto, e non soggetto imperante, accantonando momentaneamente i prodigi della scienza / tecnologia dei nostri giorni, potrebbe consentirci di guardarci ancora intorno, come si è fatto per millenni e come abbiamo fatto tutti noi, fino a qualche stagione fa. Magari, in uno spostamento con un mezzo pubblico, in città, piuttosto che in trasferimento più lungo, diciamo in treno, quante e quali vicende si svolgono accanto a noi, da osservare, da ascoltare, da fare proprie. Spesso, lungo la strada, senza alcun monitor tra le mani, penso alle migliaia di persone che hanno camminato, prima di me, lungo lo stesso percorso, e che adesso non ci sono più, incluse persone alle quali ho rivolto i miei affetti. Non cado nel falso romanticismo, che ho sempre detestato con tutto il mio cuore e tutta la mia mente, dei grandi uomini che hanno lasciato le proprie impronte sulla sabbia del Tempo. No... perché, in sostanza e nel concreto, è ciò che tutti possiamo sperare di lasciare: segni transitori destinati a essere inviolabilmente cancellati dalla marea. In definitiva, anche con la nostra Fotografia, tutta la nostra Fotografia, abbiamo bisogno di mantenere la nostra Esistenza sotto controllo; e, in qualche modo, dobbiamo restringerla fino a farla diventare piccola, in modo da illuderci di poterne disporre a nostro piacimento. Effettivamente, il mondo non dovrebbe essere stato creato per il nostro piacere, ma non è una ragione sufficiente per farcelo crollare addosso. Soprattutto, non è il caso di farlo attraverso comportamenti suicidi, quali sono quelli dell’accettazione passiva e ottusa di tutto: attenzione, i gesti validi (anche individuali) sono sempre creativi, e ci sono persone che possiedono visioni particolari. Ovvero, ispirazione unita alla necessaria scrupolosità. No! Ormai siamo così sommersi dai prodigi della scienza, che è un poco sconcertante scoprire che la tecnologia può fare tutto meno ciò che vorremmo davvero. Zoomando sulla sostanza. Non è certo facile, ma dobbiamo tentate. È questo che significa essere umani, sicuramente: usare la nostra intelligenza per discriminare nelle scelte, per guidare esistenze propositive. Ancora: ciò che forse conta veramente è l’abitudine, se capiamo di cosa si tratta; quando si evitano speculazioni astratte, le piccole cose della vita diventano più importanti delle presunte grandi. Alla fine, forse, resta solo la scoperta che nulla conta veramente. Maurizio Rebuzzini

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