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Sul campo
In queste pagine, le valutazioni Sul campo relative alla Fujifilm X-T4 sono visualizzate con immagini e frame da video realizzati da Simone Nervi, autorevole interprete contemporaneo della fotografia. Sia in fotografia, sia con video di progettazione ed esecuzione lungimiranti, è degno figlio del presente e della sua relativa esuberanza... appropriata. Non è ingenuo, non è sprovveduto e sa da dove attingere per alimentare la propria creatività applicata.
di Antonio Bordoni Fotografie e frame di Simone Nervi
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Il rapporto che ogni fotografo crea con i propri strumenti, e soprattutto con le macchine fotografiche, è quantomeno composito e controverso. Se è concessa una trasmigrazione dottrinale dalla Vita, possiamo affermare che si tratta di una complessa relazione di odio e amore. Più probabilmente, in termini invertiti, di amore e odio.
Amore per il proprio utensile, spesso frequentato anche in termini feticistici, quasi di idolatria (e stiamo per attenuare i termini); odio per questo sentimento, vissuto in misura contraddittoria. Più pacatamente, è pur vero che, oltre le indiscutibili qualità formali che si richiedono al proprio strumento / utensile / dispositivo primario, si instaura anche una connessione/correlazione intima e personale. Detta esplicitamente: ciascun fotografo deve sentirsi a proprio agio e stare bene con la propria macchina fotografica, qualsiasi questa sia.
Ancora da lontano, per approdare poi alla sostanza delle considerazioni odierne, che prendono atto dell’intenso legame che da qualche stagione allaccia il bravo e scrupoloso Simone Nervi, uno dei più autorevoli interpreti contemporanei della fotografia di moda/figura, alle prestazioni della Fujifilm X-T4.
Da e con Richard Avedon, in testimonianza dal suo celebrato progetto In the American West, raccolto in avvincenti monografie e proposto in ogni retrospettiva d’autore: «Ho scattato con una Deardorff 8x10 pollici in legno, ovviamente fissata su treppiedi: folding moderna per pellicole piane, niente affatto diversa dagli apparecchi antichi usati da
Testimonianza di utilizzo della Fujifilm X-T4, che sottolinea il suo sostanzioso prestigio fotografico. Non prova teorica, con linee e puntini (di sospensione?), ma considerazioni effettive dall’esperienza professionale quotidiana. Considerazioni suggerite da Simone Nervi, autorevole interprete della comunicazione visiva contemporanea, declinata anche alla luce delle condizioni tecnologiche dei nostri giorni. Con visualizzazioni esplicative a sostegno, supporto e, perché no, garanzia
Edward Sheriff Curtis, Mathew B. Brady e August Sander. Generalmente, mi sono posizionato accanto al treppiedi, non dietro il vetro smerigliato, a sinistra dell’obiettivo, a circa un metro e mezzo dal soggetto. Così, mentre compongo l’immagine, concepisco l’inquadratura meglio di come potrei fare osservando attraverso l’obiettivo. Sono abbastanza vicino, da poter toccare il soggetto; nulla si interpone e possiamo interagire: si procede in base a una ritualità particolare e finalizzata, estranea a ciò che accade nella vita ordinaria».
Già... ritualità. In complicità di intenti tra il fotografo-autore e il soggetto, con l’intermediazione dell’apparecchio fotografico, niente affatto in subordine, ma altrettanto protagonista della vicenda. Esplicitamente: da un lato, la macchina fotografica sollecita il contatto con i soggetti; dall’altro, bisogna tenerla a necessaria distanza. E qui ha origine l’empatia del fotografo con il proprio utensile principale e discriminante.
Simone Nervi, originario di Brescia, ma basato a Milano, è un fotografo che comprende e decifra la contemporaneità
Michele Colucci
Don’t Panic: fashion film; Fujifilm X-T4 con Fujinon XF 16-55mm f/2,8 R LM WR. Scritto e diretto da Simone Nervi; DOP Simone Nervi; produzione e art direction Pro*Lab Production; musiche di Luca Bernabei @MonthLab; styling, production designer e casting Pro*Lab Production; muah Pro* Lab Agency.
(a pagina 60) The Call: fashion film con gli stessi crediti; più, location Officine Pro*Lab. visiva con intelligenza e capacità interpretative fuori dal comune. È chilometri distante ed estraneo alle connivenze ignoranti che stanno popolando i nostri tempi fotografici, soprattutto italiani, e definisce un presente che fa tesoro sia della cultura trasversale (cinema, letteratura, fumetti, esistenza), sia della trasformazione tecnologica, con quanto di positivo offre e propone.
Sia in fotografia, sia con video di progettazione ed esecuzione lungimiranti, è degno figlio del presente e della sua relativa esuberanza... appropriata. Non è ingenuo, non è sprovveduto e sa da dove attingere per alimentare la propria creatività. Cioè, non è soggetto passivo, ma interprete attivo; e questa sua attenzione -ribadiamo, intelligenza oggi sempre più rara da incontrare- guida e governa sia la progettazione teorica sia la realizzazione pratica e concreta. Magari, a partire anche dai propri utensili applicati. Eccoci!
Per quanto destini alcuni suoi indirizzi all’uso consapevole di una dotazione fotografica di alto lignaggio (Phase One!), molta della sua attuale progettazione si riferisce alle prestazioni dell’agevole Fujifilm X-T4, sia in funzione fotografica, sia in ripresa video: «È piccola, maneggevole, facile da usare, molto bella esteticamente. Robusta, pesa il giusto e offre una maneggevolezza adeguata; magari, può risultare un poco piccola per coloro i quali hanno mani grandi (?), ma il suo appeal Mirrorless è senza dubbio efficace. Nell’uso è molto silenziosa e discreta; a volte, anche troppo: durante gli shooting né il fotografo né la modella percepiscono il rumore dell’otturatore».
Da qui, in testimonianza di utilizzo.
Nella pratica, la Fujifilm X-T4 fa valere la propria dotazione di tasti e ghiere “vintage” (da un punto di vista strettamente millennials), alternata alla possibilità di utilizzarla anche come le più attuali configurazioni presenti-futuribili. L’interfaccia Menu è funzionale e completo, con ampia scelta di impostazioni da regolare con una curva di apprendimento sostanzialmente veloce e semplice.
Le simulazioni pellicola, con riferimento a una storia chimica lunga e profonda, sono semplicemente perfette e -addirittura- plasmabili; infatti, è attivo un circuito di estimatori Fujifilm che si scambiano “ricette” personali finalizzate a risultati ottimali [tra parentesi, nel film Minamata, evocato su questo stesso numero, da pagina 14, il primo contatto tra W. Eugene Smith, gigantesco protagonista della vicenda, e Aileen Mioko, che gli segnala la vicenda dell’inquinamento da mercurio in Giappone, è determinato da un contratto che il celebrato fotografo avrebbe stipulato con Fujifilm, come testimonial della qualità delle pellicole]. In fotografia, la qualità del file prodotto dalla Fujifilm X-T4, con sensore di dimensioni APS, è perfetto per risoluzione, con un range dinamico molto ampio, perfino superlativo per stile e restituzione cromatica (colore), anche se poi si potrebbe dover intervenire per allinearne la rappresentazione veritiera; ma, a volte, l’interpretazione supera la realtà. Con disturbo Iso equivalente utilizzabile a livello professionale fino a 2000 Iso. Anche in ripresa video, la qualità è eccelsa sia sotto l’aspetto della risoluzione sia per range dinamico. Ancora, l’F-Log video è ottimo, con una ampia gamma tonale; unito al LUT Eterna di Fujifilm,
Beauty: Fujifilm X-T4 con Fujinon XF 16-55mm f/2,8 R LM WR. Fotografie di Simone Nervi; produzione Pro*Lab Milano; muah Melka Fiore; hair Carlo Concato; location Officine Pro*Lab.
«Il rapporto che ogni fotografo crea con i propri strumenti, e soprattutto con le macchine fotografiche, è composito e controverso. Se è concesso, possiamo affermare che si tratta di una complessa relazione di amore e odio».
«La grande differenza tra la Fujifilm X-T4 e altre configurazioni fotografiche non dipende tanto dalla pulizia delle acquisizioni in alta sensibilità Iso, ma nell’autentica “bellezza” del disturbo creato dal sensore X-Trans, più simile alla grana della pellicola che a un contrattempo digitale poco gradevole». con pochi e moderati interventi di color correction, le riprese risultano già pronte all’utilizzo. E, quindi, è ottima, più che pertinente, l’integrazione con Capture One, sia per quanto riguarda lo scatto remoto sia per il fotoritocco. La grande differenza tra la Fujifilm X-T4 e altre configurazioni fotografiche attuali, altrettanto valutate e considerate sul campo, non dipende tanto dalla pulizia delle acquisizioni in alta sensibilità Iso equivalente, ma nell’autentica “bellezza” del disturbo creato dal sensore X-Trans, molto più simile alla grana della pellicola che a un contrattempo digitale poco gradevole. Con tutto, valutiamo che sia da migliorare l’app Fujifilm per smartphone e tablet: adeguata in altri ambiti della fotografia quotidiana, non è affidabile a livello professionale. In questo senso, va annotato il continuo aggiornamento di firmware, che -in alcuni casi- trasformano letteralmente l’apparecchio, migliorando sempre le praticità di impiego e il piacere di utilizzo.
Conclusione, in linea con l’odierno incipit: il rapporto che ogni fotografo crea con i propri strumenti, e soprattutto con le macchine fotografiche, è quantomeno composito e controverso. Se è concesso una trasmigrazione dottrinale dalla Vita, possiamo affermare che si tratta di una complessa relazione di odio e amore. Più probabilmente, in termini invertiti, di amore e odio.
Al pari di ogni altra configurazione fotografica Fujifilm, la X-T4 induce ad averla sempre con sé, a portata di mano. Averla con sé, ovunque; magari anche solo per il piacere di impugnarla e raffigurare il mondo circostante. È un piacere usarla.
E può creare dipendenza. ■ ■