1+2=3 BASIC - Ettore Verdiani

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ETTORE VERDIANI DOC. FRANCESCO FUMELLI


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004 005

Logotipo

Ordine di lettura

003

001 Rivista

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Indice

Tangram

007

008 Mascherina 009

Ambigue Percezioni

010 Kirigami

Vespa

006 Immagine coordinata

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Schede lezioni

011 Narrazioni

012 Panca

013

Errori di progettazione 5


Rivista

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In questo book vengono raccolte ed impaginate tutte le esercitazioni svolte durante il corso di Basic Design condotto dal professor Francesco Fumelli sotto forma di rivista. Il Basic Design nasce intorno al 1919 nella scuola Bauhaus a Weimar, la disciplina affronta con carattere estetico-formale temi essenziali per approcciare il mondo della grafica e del design. Dalla stessa scuola questa rivista prende ispirazione grafica, utilizzando uno stile che ricorda in particolare gli artisti del movimento “De Stjil” e l’influenza che questi hanno avuto sul Bauhaus.

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Griglia fondamentale

La griglia è uno degli elementi fondamentali per un impaginazione corretta e funzionale. Le griglie di impaginazione sono un insieme di linee verticali e orizzontali che formano colonne e righe, inquadrate in dei margini, in modo tale da posizionare correttamente gli elementi all’interno della pagina. Le griglie non si usano solamente durante l’impaginazione di libri cartacei, ma anche per siti web, copertine e grafiche.

Varianti

Per questa rivista è stata utilizzata sempre una stessa griglia, scegliendo schemi di impaginazione diversi in funzione dei progetti grafici da presentare in ogni capitolo, nelle pagine seguenti si mostrano i diversi schemi utilizzati in tutta la rivista.

Titoli

immagini o grafiche Testi

Titoli

Testi

immagini o grafiche

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Varianti

Titoli

Titoli

Testi Testi

immagini o grafiche

immagini o grafiche

Titoli

Titoli Testi

Testi immagini o grafiche

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immagini o grafiche

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Varianti pagine logo

Titoli

Titoli

Titoli

immagini o grafiche

immagini o grafiche

Titoli

Titoli

immagini o grafiche

immagini o grafiche

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Font utilizzati

Proletarsk e Baskerville Titoli capitolo: Proletarsk 48pt

I caratteri nascono dall’invenzione da parte di Johannes Gutenberg, a metà del XV secolo (1452 ) della cosiddetta stampa a caratteri mobili. La tecnica messa punto da Gutenberg permetteva di comporre testi accostando lettera dopo lettera fino a formare le intere pagine. Esistono due grandi famiglie di caratteri: quelli Serif e Sans-Serif. La differenza tra i due sta nelle “grazie”, i caratteri Serif sono quelli graziati, mentre quelli SansSerif sono quelli senza grazie ovvero bastoni. Le grazie si notano alla terminazione di un carattere ed hanno in genere una forma curvilinea rispetto ai caratteri bastoni che invece terminano linearmente.

I caratteri bastoni sono ottimi per scrivere titoli o testi molto brevi, mentre i caratteri graziati sono utilizzati per scrivere testi di media o lunga durata, perchè rendono più scorrevole la lettura. In questa rivista sono stati usati due caratteri: Il carattere “Proletarsk” appartenente al genere Sans-Serif per scrivere titoli e legende, mentre il carattere “Baskerville”, nelle diverse tipologie (regular, bold, italic) è stato utilizzato per la scrittura dei testi.

Rivista

Testi: Baskerville regular 10pt

In questo book vengono raccolte ed impaginate tutte le esercitazioni svolte durante il corso di Basic Design condotto dal professor Francesco Fumelli sotto forma di rivista. Il Basic Design nasce intorno al 1919 nella scuola Bauhaus a Weimar, la disciplina affronta con carattere estetico-formale temi essenziali per approcciare il mondo della grafica e del design. Dalla stessa scuola questa rivista prende ispirazione grafica, utilizzando uno stile che ricorda in particolare gli artisti del movimento “De Stjil” e l’influenza che questi hanno avuto sul Bauhaus.

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Abcdefghijklm nopqrstuvwxyz ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTUVWXYZ 1234567890|\!”£$%& /()=?^*Ç°§:;

Numeri capitolo: Proletarsk 60pt

Numero di pagina: Proletarsk 12pt

Narrazioni

Testi: Baskerville regular 10pt

La città di Olinda è una città che nasce da un centro e si sviluppa attraverso cerchi concentrici verso l’infinito, come fossero i cerchi di un albero. Dato questo movimento le mura della città si allontanano semprè di più dal centro, portandosi dietro tutti i vecchi edifici della città , mentre se ne creano sempre di nuovi nel punto centrale. Quindi più ci si avvicina al centro di olinda e piùl e cose che ci stanno intorno si rimpiccioliscono, fino a diventare così piccoli da poter essere viste solo attraverso una lente di ingrandimento.

Legende: Proletarsk 10pt

Piega a monte

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Abcdefghijklm nopqrstuvwxyz ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ 1234567890|\!”£$%& /()=?^*Ç°§:;

Titoli interni: Proletarsk 28pt

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Città di Olinda

Ogni parte della città diventa sempre più grande ogni anno ed allo stesso tempo si assottiglia, facendo spazio ai nuovi edifici. Se si guarda bene al centro, se pur difficile, è già possibile riuscire a scrutare le città future all’interno di Olinda, e quelle che verranno ancora dopo.

Piega a valle

Taglio

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Copertina

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ETTORE VERDIANI DOC. FRANCESCO FUMELLI

Per la copertina di questa rivista (a sinistra) ho utilizzato come riferimento una copertina già esistente, utilizzata per una esposizione al Bauhaus nel 1923. Lo stile ricorda molto quello degli artisti del movimento “De Stjil” ed in particolare le opere di Piet Mondrian. Con lo stile della copertina sono state realizzate anche le pagine di apertura di ogni capitolo e l’indice, con l’intento di creare coordinazione tra l’interno e l’esterno della rivista.

-BrickShapersPer la copertina è stato utilizzato il font di nome “BrickShapers”, logo estremamente geometrico e semplice, scelto affinchè potesse ricordare il più possibile il titolo originale della copertina del 1923.

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Tangram Il tangram è un gioco tradizionale nato in giappone, oggi divenuto un icona è conosciuto e venduto in tutto il mondo. Il gioco consiste in delle forme geometriche (di solito in legno) che se assemblate correttamente assumono la forma di un quadrato. Le combinazioni che queste forme possono assumere sono infinite, attraverso la propria immaginazione ognuno riesce a trovare strutture diverse, a volte figure conosciute, altre volte sagome astratte.

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Tangram

Le esercitazioni sul tangram sono diverse, nella prima l’obiettivo era quello di riuscire a illustrare una storia utilizzando figure ottenute unendo i pezzi del tangram tradizionale. Ogni figura doveva essere composta da un unico tangram intero. In questa esercitazione la storia che viene rappresentata è quella della tartaruga e la lepre, famosa favola di Esopo. Nella favola la lepre e la tartaruga fanno una gara di corsa ed ovviamente la lepre

Storia

inizialmente ottiene molto vantaggio, ma dopo aver mangiato durante la corsa si assopisce. La lepre mentre dorme non si accorge di essere superata dalla tartaruga, che riesce a tagliare il traguardo per prima e vincere la corsa.

Lepre

Lepre assonnata

Tartarugha

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Calma e rilassamento

Tangram emozioni

La seconda esercitazione sui tangram riguarda le sensazione, di cui la prima è quella della Calma e Rilassamento. Per questa seconda esercitazione sono state prese delle immagini di riferimento che eprimessero la sensazione richiesta e utilizando il programma illustrator sono state rielaborate attraverso la geomtria tipica del tangram tradizionale.

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In questo caso l’immagine (in basso) rappresenta una barca a vela in mezzo al mare, non ci sono onde ed il vento sembra essere lieve, inoltre il sole sta per tramontare e per questo trasmette una sensazione generale di tranquillità. L’esercitazione a destra presenta gli stessi colori tenui della immagine originale, e trasmette lo stesso tipo di sensazione.

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Dinamismo

Tangram emozioni

Per la seconda esercitazione dei tangram sulle sensazioni è stato utilizzato un quadro di Boccioni come immagine di riferimento per rappresentare la sensazione del Dinamismo. Dato il movimento artistico a cui appartiene l’artista e l’essenza stessa dell’opera, questa immagine provoca nell’oservatore una sensazione di movimento. Nell’opera viene rappresentato un ciclista in corsa, che veloce fende l’aria attorno a se. Le forme essenziali e geometriche accentuano maggiormente la sensazione di dinamismo data dall’ opera, forme che si concretizzano nella elaborazione tangram (nella pagina a fianco).

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“Nascere, crescere e morire, ecco la fatalità che ci guida. Non marciare verso il definitivo è un rifiutarsi all’evoluzione, alla morte. Tutto si incammina verso la catastrofe! Bisogna dunque avere il coraggio di superarsi fino alla morte, e l’entusiasmo, il fervore, l’intensità, l’estasi, sono tutte aspirazioni alla perfezione, cioè alla consumazione”.

Umberto Boccioni

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Rabbia

Tangram emozioni

Per la terza esercitazione sulle sensazioni dei tangram è stata utilizzata utilizzato una illustrazione del personaggio Marvel “Hulk”, per rappresentare la sensazione della rabbia. Questo personaggio dei fumetti è uno scienziato con dimensioni umane, fino a quando non viene travolto dalla rabbia, a quel punto si trasforma in un gigante verde dalla forza disumana capace di creare ingnenti danni. Nel tangram viene riportata l’espressione furiosa di Hulk, mentre scatena la sua forza.

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“Anger is a killing thing. It kills the man who angers, for each rage leaves him less than he had been before - it takes something from him.”

Louis L'Amour

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Stabilità e bilancianento

Tangram emozioni

Per la quarta ed ultima esercitazione è stata scelta l’immagine di un fenicottero rosa, con l’intento di suscitare la sensazione di stabilità e bilanciamento. Infatti il fenicottero ha la caratteristica di riuscire a stare in equilibrio con facilità su una unica zampa, raccogliendo l’altra vicino al corpo. Questa posizione viene assunta dai fenicotteri anche quando dormono. Secondo alcuni, i fenicotteri dormono su una zampa sola per conservare meglio la temperatura corporea: stando su una zampa sola dimezzano la quantità di freddo assorbita dal terreno.

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Secondo altri invece i fenicotteri cercano di ridurre la stanchezza muscolare, dando riposo ad una zampa mentre stanno sull’altra. Altre teorie suggeriscono che è solo una posizione comoda per il fenicottero mentre si sta in piedi.

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Questo sono io

Tangram

Con l’ultima esercitazione sui tangram è stato chiesto ad ogni studente di rappresentare se stessi attrverso una composizione creativa. Ogni studente è stato libero di decidere se utilizzare il tradizionale tangram o se inventarne uno proprio. In questa esercitazione si è scelto un tangram diverso da quello tradizionale, uno che assomiglia molto ad un gioco occidentale chiamato puzzle. Per ricreare il tangram (nella pagina a fianco) è stata utilizzata una immagine del sottoscritto, che poi è stata elaborata utilizzando i pezzi del tangram scelto.

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Il senso che si è voluto dare è quello di una personalità che con il tempo e la conoscenza si sta assemblando, è quindi in corso d’opera. Non è ancora completa, lo sarà alla fine della propria vita, dopo aver acquisito dall’ esperienza quante conoscenze possibili.

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Ordine di lettura

In questa esercitazione ogni studente si è esercitato su una sequenza di numeri: “12345”. Il compito era quello di far percepire al lettore un numero diverso da quello “12345”, utilizzando però solamente quei numeri e in questo preciso ordine. Per questa esercitazione ciascuno è stato libero di utilizzare fattori come il colore, la grandezza, il posizionamento e la rotazione. Il cervello umano infatti crea associazioni di somiglianza in base a tanti criteri diversi, e in questa esercitazione se ne sperimentano i limiti.

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33 Ettore Ve rdian i


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Ettore Ve rdian i


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004 Dall’elica alla Vespa

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In questo capitolo si analizzerà la prima esercitazione svolta riguardante le griglie di impaginazione e la realizzazione di una rivista. Infatti durante il primo semestre è stato inaricato a ogni studente di creare un impaginazione di 4 pagine soltanto, affinchè potesse contenere un testo e delle fotografie o grafiche. Il testo impaginato su cui costruire la rivista è quello della nascita del motorino modello Vespa dell’ azienda italiana Piaggio.

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Copertina e retro

Concept

Il testo riguardande la Vespa Piaggio non si limita ad assumere un carattere storico-narrativo, ma si estende anche a descrivere la vespa come oggetto a se. La copertina e la retrocopertina puntanto a esaltare la morfologia della vespa come oggetto di design. Questo effetto è reso dalle immagini a tutta pagina e dalla tipologia delle fotografie, Il contrasto tra il riflesso della luce e l’oscurità dello sfondo crea un contesto quasi irreale. Nella copertina oltre al titolo e sottotitolo del testo compare anche il logo dell’università ISIA, a simulare l’etichetta di una colanna di libri.

Il testo del titolo è appoggiato su uno sfondo dello stesso colore della Vespa, che attraverso una sfumatura vuole ricordare una scocca del famoso motorino. Inoltre un ulteriore riferimento è dato dal carattere con cui è scritto parte del testo, ovvero quello “Vespa”, famoso font attraverso il quale spesso vengono create le scritte metallizzate che compaiono sulla scocca frontale del motorino Piaggio.

Copertina

Retrocopertina

CORRADINO D’ASCANIO ca alla

Dall’ Eli

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A cura di: Francesco Fumelli

Impaginazione di: Ettore Verdiani

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Pagine interne

Per l’ impaginazione delle pagine interne è stata utilizzata una griglia a 4 colonne, nella quale sono racchiusi non solo i testi scritti, ma anche le fotografie e le illustrazioni. Il testo è stato diviso in capitoli, che hanno un carattere maggiore rispetto a quelllo del testo, così da ottenere maggiore importanza e cogliere prima l’attenzione del lettore. Non tutte le colonne hanno la stessa altezza, questo è dato dalla necessità di avere più spazio per la quantità di testo da impaginare. La disposizione delle immagini non è casuale, infatti seguono l’ordine del testo ed aiutano

il lettore a visualizzare meglio i modelli dei motori di cui si parla durante il testo. Alcune immagini hanno li testo attorno, questo aiuta il lettore a ricondurra l’immagine a quella determinata sezione del testo. Per aiutare il lettore alla lettura del testo inoltre è stato utilizzato il testo giustificato.

L’impaginazione all’interno della breve rivista è a pagine affiancate, quindi sono stati inseriti degli elementi grafici orizzontali con l’intento di creare continuità tra le due pagine. A destra si notano i colori principali utilizzati sia nella copertina che nelle pagine interne, con i rispettivi codici-colore. Questa gamma di colori ricorda quelli della scocca della Vespa, elemento su cui si argomenta maggiormente all’interno del testo, dato che è l’elemento che viene riusato dai vecchi elicotteri bellici sui nuovi motorini Piaggio.

L’ INVENTORE L’ing. Corradino D’Ascanio è noto come l’inventore della Vespa, lo scooter per antonomasia, nato nel 1946 dalla riconversione alla produzione civile della Piaggio, dopo la parentesi della guerra. Non è altrettanto noto che D’Ascanio, 16 anni prima (1930) riuscì per la prima volta al mondo a far volare un elicottero. Ed esiste un legame forte tra l’elicottero e la Vespa, o meglio tra il D’Ascanio progettista aeronautico e la filosofia della Vespa come mezzo di motorizzazione di un paese che si risollevava dopo una pesante guerra. D’Ascanio, dopo una carriera brillante nel settore aeronautico, in Italia e negli USA arriva a concretizzare nel 1930 il primo elicottero capace di volare davvero, ben quattro secoli dopo le irrealizzate e disegnate intuizioni di Leonardo Da Vinci. La prima commessa viene dal Ministero dell’Aeronautica, ma il

Ministero stesso non vede ancora in quel veicolo ancora così apparentemente fragile una macchina adatta all’uso militare e i finanziamenti sono dirottati altrove. Il rapporto di D’Ascanio con Piaggio deriva proprio dalla sua seguente collaborazione con la Piaggio di Pontedera. Oggetto della collaborazione la progettazione di un’elica per aeroplani, che si dimostrerà talmente efficace da essere diffusa ed acquistata da tantissime fabbriche di aerei in tutto il mondo. E sempre per Piaggio - nel 1939 D’Ascanio insiste nel realizzare un prototipo del primo elicottero “moderno” molto più maturo dei suoi precedenti e già simile a quelli attuali. Durante un bombardamento nel 1943 (in piena seconda guerra mondiale) questa macchina verrà parzialmente distrutta e solo nel 1949 - a guerra terminata - D’Ascanio potrà ricostruirla e migliorarla, arrivando al prototipo finale del PD3. Macchina che si alzò in volo nel 1950 e dimostrò ottime doti di guidabilità e stabilità.

PIAGGIO E IL DOPOGUERRA Da

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notare che il tutto avveniva ancora nel pieno disinteresse all’elicottero da parte dell’Aeronautica Militare, assai poco lungimirante, se si pensa al ruolo bellico fondamentale che tale veicolo assumerà solo pochi anni dopo (si pensi agli Apache nella guerra del Vietnam). Piaggio cesserà di li a poco ogni studio su questo tipo di velivolo, nonostante l’evoluzione netta ottenuta da D’Ascanio con il successivo PD4. Piaggio chiude quindi la sua avventura con l’elicottero per

la mancanza di finanziamenti, curioso notare come tale veicolo farà invece - a partire dal 1952- la fortuna della Augusta, altra azienda Italiana, che ne aveva visto e compreso le potenzialità. Finita la seconda guerra mondiale la Piaggio, oltre al problema di ricostruire gli stabilimenti bombardati, deve riconvertire la produzione in ambito civile dopo la produzione bellica. Enrico Piaggio conferisce nel 1945 a D’Ascanio, il compito di studiare un veicolo

capace di rendere possibile ed economico il trasporto privato individuale.Il tema progettuale posto a D’Ascanio riguarda un veicolo a due ruote, poco costoso da produrre e facile da guidare.

#231f20 #a5bfb4 #272320

Il telaio della vespa è un telaio di origine automobilistica, autoportante, leggero ma robusto e protettivo. Insomma il D’Ascanio ingegnere aeronautico affronta il tema scooter partendo da presupposti molto diversi dai concetti motociclistici.v

IL PAPERINO Enrico Piaggio mostra a D’Ascanio il Paperino, veicolo che Piaggio aveva già assemblato negli stabilimenti di Biella, proprio per cercare di realizzare uno “scooter” per uso generale.D’ Ascanio esamina il Paperino ma subito lo scarta, lo ritiene troppo motociclistico e in ogni caso rifiuta un progetto non da lui impostato. Per suo carattere è abituato a gestire un progetto da zero a disegnare e costruire le singole parti direttamente. Ma il Paperino è inadatto anche come concetto, Corradino D’Ascanio vuole un veicolo più comodo, con una maggiore protezione e che possa essere guidato senza sporcarsi i vestiti in ogni condizione meteo, dove si possa sedere con una posizione più automobilistica e dove sia agevole cambiare la ruota bucata se sia necessario farlo, anche grazie alla presenza della ruota di scorta (un concetto prettamente automobilistico).Per realizzare la Vespa quindi riparte da zero, e affianca soluzioni tecnologiche di derivazione aeronautica (a lui note) come il telaio monotubo per la ruota anteriore a sostituire la forcella.

LA PRIMA VESPA La prima Vespa prende forma nel 1945 e nel 1946 cominciano ad uscire gli esemplari di produzione dai nuovi stabilimenti Piaggio, appena ricostruiti. A livello di design la Vespa A livello di design la Vespa non si mostrava aggressiva, la sua rotondità anzi la faceva percepire come veicolo rassicurante ed affidabile, adatto a percorsi sia stradali che sconnessi, non in difficoltà nelle dissestate strade di un paese appena uscito da un conflitto. Il rifiuto di D’Ascanio di partire da un mezzo precedente (il Paperino) gli ha permesso un approccio razionale e sintetico, centrato sugli elementi del problema. La Vespa è un prodotto di design concepito da una mente pragmatica, abituata a risolvere problemi di strutture leggere ed affidabili (come nei progetti

aeronautici) ma capace anche di immedesimarsi senza preconcetti nel pubblico per interpretarne le esigenze e richieste di una motorizzazione semplice e diffusa, molto diverse dai concetti della “motocicletta” un veicolo complesso, difficile da guidare e costoso da manutenere, più “sportivo” e meno “turistico”. E Vespa è invece un veicolo strutturalmente semplice, facile da produrre e da manutenere, facilissimo da guidare. La sintesi perfetta del progetto Vespa è nella scocca portante, che risolveva al tempo stesso il problema della struttura e la tipologia della forma. La “morfologia” della Vespa è la sua struttura principale, una fusione tra funzione ed espressività raramente cosi’ presenti e integrate in un prodotto industriale.

IL SUCCESSO Nel 1949 la Vespa giunge alla seconda serie e nel 1953 le Vespa prodotte saranno 600.000. La Vespa si è sempre saputa rinnovare, anche a dispetto del suo restare sempre simile a se stessa, anche grazie a sapienti operazioni di marketing, campagne promozionali e pubblicitarie anche molto famose ed importanti di cui il Museo Piaggio conserva memoria nei poster, allestimenti speciali, ed altro materiale di promozione che costituisce una testimonianza dell’efficacia della buona comunicazione d’impresa. La Vespa insomma, deve molto all’elicottero ed è più simile ad una automobile che ad un motociclo di quanto si potrebbe pensare.

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L’ INVENTORE L’ing. Corradino D’Ascanio è noto come l’inventore della Vespa, lo scooter per antonomasia, nato nel 1946 dalla riconversione alla produzione civile della Piaggio, dopo la parentesi della guerra. Non è altrettanto noto che D’Ascanio, 16 anni prima (1930) riuscì per la prima volta al mondo a far volare un elicottero. Ed esiste un legame forte tra l’elicottero e la Vespa, o meglio tra il D’Ascanio progettista aeronautico e la filosofia della Vespa come mezzo di motorizzazione di un paese che si risollevava dopo una pesante guerra. D’Ascanio, dopo una carriera brillante nel settore aeronautico, in Italia e negli USA arriva a concretizzare nel 1930 il primo elicottero capace di volare davvero, ben quattro secoli dopo le irrealizzate e disegnate intuizioni di Leonardo Da Vinci. La prima commessa viene dal Ministero dell’Aeronautica, ma il

Ministero stesso non vede ancora in quel veicolo ancora così apparentemente fragile una macchina adatta all’uso militare e i finanziamenti sono dirottati altrove. Il rapporto di D’Ascanio con Piaggio deriva proprio dalla sua seguente collaborazione con la Piaggio di Pontedera. Oggetto della collaborazione la progettazione di un’elica per aeroplani, che si dimostrerà talmente efficace da essere diffusa ed acquistata da tantissime fabbriche di aerei in tutto il mondo. E sempre per Piaggio - nel 1939 D’Ascanio insiste nel realizzare un prototipo del primo elicottero “moderno” molto più maturo dei suoi precedenti e già simile a quelli attuali. Durante un bombardamento nel 1943 (in piena seconda guerra mondiale) questa macchina verrà parzialmente distrutta e solo nel 1949 - a guerra terminata - D’Ascanio potrà ricostruirla e migliorarla, arrivando al prototipo finale del PD3. Macchina che si alzò in volo nel 1950 e dimostrò ottime doti di guidabilità e stabilità.

PIAGGIO E IL DOPOGUERRA Da

notare che il tutto avveniva ancora nel pieno disinteresse all’elicottero da parte dell’Aeronautica Militare, assai poco lungimirante, se si pensa al ruolo bellico fondamentale che tale veicolo assumerà solo pochi anni dopo (si pensi agli Apache nella guerra del Vietnam). Piaggio cesserà di li a poco ogni studio su questo tipo di velivolo, nonostante l’evoluzione netta ottenuta da D’Ascanio con il successivo PD4. Piaggio chiude quindi la sua avventura con l’elicottero per

la mancanza di finanziamenti, curioso notare come tale veicolo farà invece - a partire dal 1952- la fortuna della Augusta, altra azienda Italiana, che ne aveva visto e compreso le potenzialità. Finita la seconda guerra mondiale la Piaggio, oltre al problema di ricostruire gli stabilimenti bombardati, deve riconvertire la produzione in ambito civile dopo la produzione bellica. Enrico Piaggio conferisce nel 1945 a D’Ascanio, il compito di studiare un veicolo

capace di rendere possibile ed economico il trasporto privato individuale.Il tema progettuale posto a D’Ascanio riguarda un veicolo a due ruote, poco costoso da produrre e facile da guidare.

Il telaio della vespa è un telaio di origine automobilistica, autoportante, leggero ma robusto e protettivo. Insomma il D’Ascanio ingegnere aeronautico affronta il tema scooter partendo da presupposti molto diversi dai concetti motociclistici.v

IL PAPERINO Enrico Piaggio mostra a D’Ascanio il Paperino, veicolo che Piaggio aveva già assemblato negli stabilimenti di Biella, proprio per cercare di realizzare uno “scooter” per uso generale.D’ Ascanio esamina il Paperino ma subito lo scarta, lo ritiene troppo motociclistico e in ogni caso rifiuta un progetto non da lui impostato. Per suo carattere è abituato a gestire un progetto da zero a disegnare e costruire le singole parti direttamente. Ma il Paperino è inadatto anche come concetto, Corradino D’Ascanio vuole un veicolo più comodo, con una maggiore protezione e che possa essere guidato senza sporcarsi i vestiti in ogni condizione meteo, dove si possa sedere con una posizione più automobilistica e dove sia agevole cambiare la ruota bucata se sia necessario farlo, anche grazie alla presenza della ruota di scorta (un concetto prettamente automobilistico).Per realizzare la Vespa quindi riparte da zero, e affianca soluzioni tecnologiche di derivazione aeronautica (a lui note) come il telaio monotubo per la ruota anteriore a sostituire la forcella.

LA PRIMA VESPA La prima Vespa prende forma nel 1945 e nel 1946 cominciano ad uscire gli esemplari di produzione dai nuovi stabilimenti Piaggio, appena ricostruiti. A livello di design la Vespa A livello di design la Vespa non si mostrava aggressiva, la sua rotondità anzi la faceva percepire come veicolo rassicurante ed affidabile, adatto a percorsi sia stradali che sconnessi, non in difficoltà nelle dissestate strade di un paese appena uscito da un conflitto. Il rifiuto di D’Ascanio di partire da un mezzo precedente (il Paperino) gli ha permesso un approccio razionale e sintetico, centrato sugli elementi del problema. La Vespa è un prodotto di design concepito da una mente pragmatica, abituata a risolvere problemi di strutture leggere ed affidabili (come nei progetti

aeronautici) ma capace anche di immedesimarsi senza preconcetti nel pubblico per interpretarne le esigenze e richieste di una motorizzazione semplice e diffusa, molto diverse dai concetti della “motocicletta” un veicolo complesso, difficile da guidare e costoso da manutenere, più “sportivo” e meno “turistico”. E Vespa è invece un veicolo strutturalmente semplice, facile da produrre e da manutenere, facilissimo da guidare. La sintesi perfetta del progetto Vespa è nella scocca portante, che risolveva al tempo stesso il problema della struttura e la tipologia della forma. La “morfologia” della Vespa è la sua struttura principale, una fusione tra funzione ed espressività raramente cosi’ presenti e integrate in un prodotto industriale.

IL SUCCESSO Nel 1949 la Vespa giunge alla seconda serie e nel 1953 le Vespa prodotte saranno 600.000. La Vespa si è sempre saputa rinnovare, anche a dispetto del suo restare sempre simile a se stessa, anche grazie a sapienti operazioni di marketing, campagne promozionali e pubblicitarie anche molto famose ed importanti di cui il Museo Piaggio conserva memoria nei poster, allestimenti speciali, ed altro materiale di promozione che costituisce una testimonianza dell’efficacia della buona comunicazione d’impresa. La Vespa insomma, deve molto all’elicottero ed è più simile ad una automobile che ad un motociclo di quanto si potrebbe pensare.


Logotipo

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Il logo è l’abbreviazione del termine logotipo (dal greco logos). In tipografia il logotipo è il segno grafico. In pubblicità, invece, è uno degli elementi che compongono la Brand Identity (identità di marca). Il logo è un elemento fondamentale di un brand, è quell’elemento che nella maniera più semplice ed intuitiva deve riuscire a trasmettere tutti i significati del brand che rappresenta.

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Logo geometrico

Matrici geometriche

In questa esercitazione ci è stato chiesto di creare diversi loghi riconducibili a brand inventati, utilizzando tecniche diverse. Tutti i loghi sono stati progettati attraverso il programma di disegno vettoriale Adobe Illustrator. In questo caso il logo deriva da una rigida matrice geometrica, ed è stato progettato per appartenere ad un brand di abbigliamento e accessori tecnici per la montagna. Infatti tra le forme del logo si possono riconoscere il profilo di una montagna, ed un percorso curvilineo.

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Bianco Nero scala di grigi

Varianti cromatiche

Pantone P 48-8 C Pantone P 52-14 C

Pantone P 102-16 C Pantone P 104-6 C

Pantone P 142-8 C Pantone P 142-4 C

Pantone P 91-15 C Pantone P 96-6 C

50

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Simmetrie

Simmetria assiale

Simmetria rotatoria

Deformazione lineare

Deformazione ad arco

Simmetria rotatoria

Simmetria assiale

Deformazione a bandiera

Deformazione rigonfiamento

ordine 4

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Deformazioni matrice

ordine 4

30%

40%

-40%

-50%

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Effetto tridimensionale e texture

Variabili dimensionali

100%

75%

50%

25%

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Logo naturale

Matrici geometriche

In questa esercitazione la richiesta era quella di utilizzare un logo a tema naturale. Quindi ho progettato un logo che ricordasse la forma di un fiore e quella di una ninfea, pensandolo per una azienda botanica chiamata Nenuph. Questo logo comparirà anche nel capitolo successivo, sull’immagine coordinata. Il logo è stato ottenuto attraverso una matrice geometrica ottenuta da cerchi di raggio uguale ottenuti attraverso la rotazione centrale.

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Bianco Nero scala di grigi

Varianti cromatiche

Pantone P 76-9 C Pantone P 82-11 C Pantone P 85-6 C

Pantone P 76-9 C Pantone P 76-9 C Pantone P 76-9 C

Pantone P 149-4 C Pantone P 145-16 C Pantone P 148-1 C

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Simmetrie

Simmetria rotatoria

Simmetria rotatoria

Simmetria rotatoria

Simmetria rotatoria

ordine 3

ordine 8

60

Deformazioni matrice

ordine 4

ordine 12

Deformazione a goccia

Deformazione ad arco

Deformazione a bandiera

Deformazione rigonfiamento

30%

-50%

-70%

-70%

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Effetto tridimensionale e texture

Variabili dimensionali

100%

75%

50%

25%

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Logo acronimo

Matrici geometriche

In questa esercitazione il logo doveva nascere da una matrice geometrica e doveva rappresentare due iniziali, possibilmente del proprio nome e cognome, quindi in questo caso sono state utilizzate la lettera “E” e la lettera “V”. La matrice geometrica è relativamente semplice essendo iscrivibile in un quadrato e sfruttando le caratteristiche geometriche di un cerchio all’interno del quadrato stesso. Loghi di tipo acronimo sono spesso utilizzati da studi professionali o da aziende il cui nome è particolarmente importante.

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Bianco Nero scala di grigi

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Varianti cromatiche

#E94F35

#F07F3C

#FFE351

#5AA959

#995CA2

#50529F

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Simmetrie

Simmetria assiale

Simmetria assiale

Deformazione lineare

Deformazione ad arco

Simmetria rotatoria

Simmetria assiale

Deformazione a bandiera

Deformazione rigonfiamento

ordine 4

68

Deformazioni matrice

30%

40%

-40%

-50%

69


Effetto tridimensionale e texture

Variabili dimensionali

100%

75%

50%

25%

70

71


Logo significato libero

Matrici geometriche

Il logo richiesto per questa esercitazione era libero: l’unico limite imposto era quello di creare un logo che fosse riconducibile ad un brand inventato. In questo caso ho utilizzato una matrice geometrica per rappresentare un alambicco mezzo pieno di liquido. L’azienda per cui è stato progettato il logo ha il nome “Alchemy”, infatti la forma del logo può ricordare anche l’iniziale del nome dell’azienda.

72

73


Bianco Nero scala di grigi

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Varianti cromatiche

#E7E114

#A91D82

#16A74A

#6CC2BA

75


Simmetrie

Simmetria assiale

Simmetria rotaria

Deformazione a bandiera

Deformazione ad arco

Simmetria rotatoria

Simmetria rotatoria

Deformazione orizzontale

Deformazione rigonfiamento

ordine 3

76

Deformazioni matrice

ordine 3

30%

-30%

40%

-20%

77


Effetto tridimensionale e texture

Variabili dimensionali

100%

75%

50%

25%

78

79


Logo doppio significato

Matrici geometriche

In questo caso il logo deve avere in se due o più significati diversi. In questo caso il primo signifacto è quello di una mano chiusa che alza il dito medio, formata dalla scritta “Funk you”. Il secondo significato è quello del dito medio che assieme all’indice prende la forma di una nota musicale, alludendo al tema della musica e in particolare al genere “Funky” a cui fa riferimento anche la scritta presente nel logo.

80

81


Bianco Nero scala di grigi

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Varianti cromatiche

#203478

#E63020

#127C29

#781006

#127C29

#127C29

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Simmetrie

Simmetria assiale

Simmetria rotaria

Simmetria rotatoria

Simmetria rotatoria

ordine 3

84

Deformazioni matrice

ordine 3

Deformazione orizzontale

Deformazione ad arco

Deformazione a bandiera

Deformazione rigonfiamento

30%

-30%

40%

-20%

85


Effetto tridimensionale e texture

Variabili dimensionali

100%

75%

50%

25%

86

87


006 Immagine coordinata

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L’ esercitazione immagine coordinata serve a creare l’immagine di un brand in maniera più approfondita rispetto al solo logo del brand. Quindi è stato preso uno dei loghi progettati nel capitolo precedente ed è stato sviluppato ad una serie di elementi tipici di un brand: Carta intestata, busta da lettera ed oggetti promozionali. Ogni brand ha una propria immagine coordinata ben definita, a cui ogni cliente si abitua e per questo è importante che venga rispettata.

Nénuph Nénuph Nénuph

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Concept

Come già detto nel capitolo riguardante i loghi, questo logo si ispira alle forme della natura ed in particolare ai fiori che nascono dalle ninfee. Il nome “Nenuph” infatti deriva dal francese ed è la traduzione letterale della parola “Ninfea”. I colori del logo sono tutti diverse sfumature del colore verde, a ribadire il tema naturale del logo e della azienda per cui è progettato.

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Furgoncino

L’azienda Nenuph si serve di diversi camion tematizzati per trasportare le piante direttamente nelle abitazioni dei clienti. In basso si vede l’immagine di un furgoncino che presenta sia davanti che sul retro il logo dell’ azienda, come sulla fiancata. Il logo e le scritte sono disposte in maniera da non interferire con la posizione della targa della vettura, ma allo stesso tempo sono ben visibili e fungono da insegna pubblicitaria.

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Biglietto da visita

Il biglietto da visita fa parte dell’immagine coordinata di un’azienda, pertanto dev’essere coerente con gli altri prodotti già realizzati. In primo luogo dobbiamo riportare lo stile grafico adottato. Inoltre, è opportuno seguire (per quanto possibile) la stessa disposizione degli elementi. Ad esempio, se nella carta intestata si è inserito il marchio in posizione centrale, anche nel biglietto si dovrà seguire lo stesso criterio. Il biglietto di presentazione, essendo di ridotte dimensioni, non dovrebbe contenere più di due stili di carattere, i quali dovranno essere coerenti, omogenei e coordinati con l’immagine aziendale.

Il font utilizzato per l’immagine coordinata infatti è un serif dalle grazie morbide, che ricorda alcuni dettagli della natura. Nel biglietto da visita sono presenti tutti i contatti dell’ azienda, in maniera da rimanere in contatto il più possibile con il cliente. Le dimensioni standard del biglietto da visita sono 85mmX55mm, e alll’interno del riquadro è stato elaborato un sistema di griglie dove posizionare il logo ed il resto degli elementi del biglietto da visita.

55

85

Fronte biglietto

Retro biglietto

@NenùphCompany inf@nenuphcompany.com

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www.nenùphbotanicscompany.com

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Carta intestata

la carta intestata è un foglio a cui vengono aggiunti i riferimenti e i contatti del suo intestatario, è la carta con cui un’azienda o un professionista si presenta al proprio pubblico. Non possono mancare nella carta intestata: logo e nome dell’ azienda, indirizzo e contatti, grafiche coordinate con li resto del brand e accuratamente studiate per essere in armonia con il resto del brand. Le grafiche presenti non devono interferire con il resto della pagina, permettendo al testo scritto sulla carta intestata di essere ben leggibile ed in modo da

non creare indeterminatezze nel testo. Il formato utilizzato per la carta intestata è quello del foglio A4, ogni elemento presente sulla carta rispetta una griglia ben precisa progettata attraverso il programma Adobe Illustrator, come si vede nella pagina a fianco. Per la carta intestata vengono create due diverse tipologie da utilizzare in base alla quantità di testo da inserire nella pagina.

Prima carta intestata

Nénuph

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Seconda carta intestata

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Busta da lettera

La busta è un prodotto postale, generalmente fatta di carta ed eventualmente con l’aggiunta di un pannello trasparente (pellicola traslucida in poliestere o materiali derivati) o di uno spazio vuoto comunemente detti “finestra”. Uno tra i formati più comuni della busta da lettera è quello riportato nella pagina a fianco, ovvero 220mmX110mm, e alll’interno del riquadro è stato elaborato un sistema di griglie dove posizionare il logo ed il resto degli elementi della busta da lettera.

Gli elementi grafici presenti sia davanti che sul retro della busta sono ricorrenti e appaiono sia sul biglietto da visita che sulla carta intestata, in maniera da creare una certa coordinazione tra tutti gli elementi.

110mm

220mm

Fronte lettera

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Retro lettera

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Oggetti promozionali

Una delle ragioni principali per cui si utilizzano oggetti promozionali unici, creativi ed originali sono un ottima strategia per promuovere la azienda perché creano e aumentano la brand recognition e di conseguenza la popolarità del tuo brand. Regalare un gadget infatti, rende da subito il tuo brand più visibile, generando impression (= numero di volte in cui il gadget viene visto) durante tutto il giorno e per molti dei mesi/anni a seguire. Questo fatto è tanto più evidente quanto il gadget promozionale è creativo, originale, speciale.

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Gli oggetti promozionali più comuni sono magliette, buste decorate, spille, penne e molti altri. Negli oggetti promozionali ricorrono il logo e le grafiche del brand, già analizzate nelle pagine precedenti attraverso carta intestata, busta da lettera e biglietto da visita.

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007 Schede Lezioni

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In questo capitolo si analizzano ed approfondiscono due argomenti (in questo caso due personaggi) affrontati durante le lezioni esposte dal professor Fumelli. Nello specifico caso di questa rivista si approfondiscono le figure di Richard Sapper (In alto) e di Bruno Munari (in basso). Di questi due grandi del Design non solo si analizza il pensiero progettuale ma anche alcune tra le opere di design da loro prodotte. Nel caso di Richard Sapper si analizzano la lampada Tizio per Artemide e la caffettiera espresso per Alessi. Mentre per Munari si analizzano la lampada Falkland per Artemide e il portacenere Cubo per Danese Milano.

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Richard Sapper

Richard Sapper nacque nel 1932 in Germania, più precisamente a Monaco. Dopo essersi laureto alla universtà di Monaco iniziò la sua carriera da designer lavorando per il marchio automobilistico tedesco Mercedes-Benz. In seguito nel 1958 si trasferì a Milano, entrando nello studio del designer Gio Ponti. Aprì un proprio studio di Design nel 1959, dopo che già aveva lavorato con molte aziende dell’ epoca, e nel 1960 progettò il “Lorenz table clock” che vinse il premio Compasso d’oro, il primo vinto da un oggetto di Sapper, che in seguito ne vinse altri 10. Uno degli oggetti più spettacolari di Sapper

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Lampada Tizio

che però non vinse il premio compasso d’oro è la lampada Tizio realizzata nel 1990 per Artemide. Realizzata in policarbonato verniciato, la lampada Tizio presenta un perfetto sistema di contrappesi che permettono alla testa e bracci di essere ruotati e posizionati in tantissime posizioni diverse. In seguito venne prodotta una seconda versione della lampada Tizio: la lampada Tizio plus infatti ha la differenza che permette alla testa della lampada di ruotare attorno a due assi diversi, permettendo alla luce di essere direzionata con maggiore agevolezza. Questo sistema di rotazione della testa era già stato

previsto nella prima versione della lampada, ma non fu realizzato perchè considerato troppo complicato nella produzione. La lampda Tizio inoltre è estremamente lineare e semplice ottenuta grazie alla forma dei bracci e dei contrappesi. Un ulteriore fattore che contribuisce all’estetica della lampada è il fatto che i cavi siano completamente nascosti, Sapper infatti li ha fatti passare all’interno dei bracci in maniera che non interferissero con lo sguardo. La Tizio riesce ad assumere moltissime posizione diverse, e questo la rende una delle lampade da tavolo di Design più apprezzate fino ad oggi.

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Richard Sapper

La caffettiera espresso 9090 venne progettata da Richard Sapper per l’azienda italiana Alessi nel 1979, ed è stata la prima caffettiera espresso prodotta da Alessi. Questa caffettiera nella storia di Alessi è molto importante, perchè oltre ad aver vinto il premio internazionale Compasso d’oro nel 1979, è stato il primo oggetto della azienda ad essere entrato nella Permanent Design Collection del Museo di Arte Moderna di New York. I principi fondamentali di questa caffetiera sono innanzitutto quelli sulla sicurezza: infatti le caffettiere espresso dell’epoca in caso di malfunzionamento diventavano estremamente pericolose.

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Caffettiera espresso 9090

Un secondo principio cardine della caffettiera espresso è quello della maneggevolezza, infatti data la sua peculiare forma può essere utilizzata e pulita anche solo con una mano. Infine il fatto di essere completamente in acciaio crea armonia tra le parti e risolve il problema del manico, che di solito veniva realizzato in plastica e tendeva a sciogliersi o usurarsi dopo qualche utilizzo. Inoltre i fornitori non erano favorevoli alla vendita di pezzi di ricambio e dopo che il manico si era perso, c’era la necessità di sostituire l’intera caffettiera. La caffettiera presenta anche delle innovazioni funzionali peculiari: ad esempio la base allargata permette di sfruttare al

massimo il calore proveniente dalle fiamme del fornello, il beccuccio antigoccia e la chiusura a leva che permette di utilizzarla con una sola mano. Di questa caffettiera nel 2006 ne venne creata una seconda versione chiamata ARS09, sempre di Alessi, che fosse più piccola ed economica.

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Bruno Munari

Bruno Munari, nato nel 1907, è stato uno dei più originali protagonisti dell’arte, della grafica e del design italiani del Novecento. Ha dedicato la propria vita alla creatività e alla sperimentazione declinandola in ambiti diversi ; pittura, scultura, design, didattica e fotografia. Si forma durante il periodo del futurismo e a partire dagli anni 30’ dando particolare attenzione ai bambini e alla didattica, infatti sono molti i progetti di Munari riguardanti libri, libri-oggetti e giochi-per-pensare, sopratutto collaborando con la casa editrice Corraini Edizioni.

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Lampada Falkland

Una delle opere di Design più famose ed apprezzate di Munari è la lampada Falkland del 1964. La lampada viene commissionata da Danese, e per realizzarla Munari prende ispirazione dalle tipiche lanterne di carta della tradizione giapponese. Per realizzare questa lampada Munari si rivolse ad una fabbrica di calze da donna, dove gli venne detto che lì non venivano prodotte lampade e lui rispose con la famosa frase “Vedrete che le farete” e così fu. Il metodo di progettazione di Munari è fuori dagli schemi, sperimentale è soprattutto originale, come si nota da questa lampada.

La lampada Falkland come già detto si ispira alle lanterne giapponesi in carta, ma Munari si accorge che quando la carta ingiallisce poi è molto difficile da lavare, quindi come ottenere lo steso effetto estetico ? Per rispondere a questo interrogativo Munari ebbe l’intuizione di utilizzare il tessuto elastico delle calze. La lampada Falkland al suo interno ha degli anelli metallici aperti da infilare nelle apposite asole. La leggerezza e la partiolare morfologia della lampada permettono di ripiegarla completamente su se stessa, rendendola estremamente semplice da trasportare.

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Bruno Munari

Cubo è un posacenere da tavolo progettato da Munari per l’azienda Danese Milano nel 1957. Composto da due elementi semplici: una scocca cubica, aperta su un lato e una lamina metallica inserita al suo interno la cui conformazione e inclinazione di un taglio ad angolo acuto crea una fessura capace di accogliere e nascondere il contenuto. I matreiali utilizzati sono la melammina per la scocca cubica, mentre alluminio per la lamina al suo interno. Per la prima volte grazie a questo oggetto viene sconvolto il concetto di posacenere aperto nascondendo i mozziconi al suo interno.

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Portacenere Cubo

I concetti fondamentali di questo posacenere sono la pulizia, la fruizione, la sicurezza, la manutenzione e la creazione di un ambiente di benessere. Grazie alla inclinazione della lamina di metallo infatti riesce a nascondere all’interno della scocca cubica la cenere ed i mozziconi di sigaretta, mantenendo l’estetica dell’ambiente inturbata. Il materiale con cui è realizzata la scocca del cubo è una resina non infiammabile, inodore ed incolore resistente all’acqua, agli agenti chimici, all’abrasione e soprattutto al calore dei mozziconi.

per la produzione di questo oggetto, le due parti che lo compongono attraversano due percorsi diversi: la scocca cubica esterna viene prodotta tramite stampaggio a compressione, un processo di lavorazione in serie che ha dei costi molto ridotti, e viene spesso utilizzato per lo stampaggio di forme semplici. La lamina interna, invece, segue tre processi, in ordine: laminazione, taglio e piegatura.

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008

In questo capitolo si affronta l’eercitazione riguardante la mascherina. A causa dell’emergenza sanitaria SARS CoV-2 durante il corso dell’anno accademico si sono dovute prendere misure anticontagio tra cui l’utilizzo obbligatorio della mascherina e del gel antibatterico. Cambiamenti che hanno influenzato la nostra vita non solo all’interno dell’ambiente ISIA, ma anche nella vita comune. Questa esercitazione quindi fa riflettere a quando il mondo del design e dell’arte incontra il mondo dell’attualità.

Mascherina

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Moodboard

La mascherina progettata nelle pagine successive porta con se molti significati diversi. La simbologia delle mani infatti può essere interpretata in maniere diverse e talvolta contrastanti. Le mani possono abbracciare ma allo stesso tempo possono zittire o ferire. In un periodo come quello dell’emergenza sanitaria SARS CoV-2, in molti hanno percepito un senso di smarrimento e solitudine, il contatto fisico si è perso completamente, rendendo possibile abbracciare i propri cari solo attraverso un telo di plastica. Da qui nasce il primo significato

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della mascherina, quello dell’ abbraccio: chi indossa la mascherina viene abbracciato dalle mani, che lo accolgono e lo consolano dalla solitudine. Il secondo significato invece è opposto, e quello delle mani in cui zittiscono. Purtroppo nel mondo moderno esistono ancora paesi che reprimono la libertà di espressione e la censura è ancora pesante, anche in paesi come l’ Italia. Il terzo ed ultimo significato della mascherina è quello della violenza, quella che lascia i segni sulla pelle, quella di cui si legge nella cronaca nera dei quotidiani.

Quella stessa violenza dei quotidiani si vede sui volti esausti degli infermieri, che costretti a indossare la mascherina per lunghe ore, ne portano con se i marchi sul volto. Il materiale con cui è stata realizzata la mascherina è la cartapesta: sia per motivi pratici che per accentuare ancora di più il contatto tra arte ed attualità, dato che sono state utilizzate pagine di quotidiani. Infine la mascherina è stata pitturata di bianco, colore tipico degli ambienti igienici come quelli di un ospedale.

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Mascherina

Per realizzare la mascherina sono stati inizialmente usati due guanti di lattice, un modello ha posato con i guanti mentre venivano ricoperti i guanti di carta di giornale e colla vinilica. Dopo che il giornale e la carta vinilica si sono seccati il modello ha potuto estrarre le mani, lasciando solo il guscio di cartapesta delle due mani posizionate nella maniera desiderata. Il processo a strati di carta di giornale e colla vinilica è stato utilizzato anche per solidificare l’interno della struttura della mascherina che altrimenti avrebbe ceduto allo sforzo degli elastici utilizzati per tenerla vicino al volto.

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Le mani sono state poi unite attraverso un elemento centrale costruito attraverso lo scotch, in maniera da tenerle saldamente attaccate l’una all’altra. Per finire sono state ricoperte da vernice bianca attraverso un pennello, in maniera da perdere il colore dello scotch. Attraverso della colla a caldo sono stati attaccati due elastici ricavati da una mascherina chirurgica, che hanno permesso alla mascherina di essere indossata da un manichino, come si vede in foto.

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009 Ambigue Precezoioni

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La percezione è il processo psichico che opera la sintesi dei dati sensoriali in forme dotate di significato. Esistono però diverse tecniche per ingannare questo processo cerebrale: nel corso della storia molti artisti hanno sperimentato e testato i limiti della percezione: uno tra i più importanti che ha fatto studi in questo campo fu Maurits Cornelis Escher, che lui stesso si proclama di essere “più vicino ai matematici che ai miei colleghi artisti”.

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Illusione ottica

Un’illusione ottica è la prima tecnica analizzato per ingannare l’apparato visivo umano, facendogli percepire qualcosa che non è presente o facendogli percepire in modo scorretto qualcosa che nella realtà si presenta diversamente. In basso e a destra si propongono delle illusioni ottiche famose. In basso a sinistra si vede una figura apparentemente solida ma impossibile da realizzare realmente. In basso a destra invece si nota il tridente impossibile, chiamato spesso anche col nome di Blivet Poiuyt.

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Nella pagina a fianco invece si nota il famoso vaso di Rubin, in cui non solo si vede un vaso, ma anche due volti che si guardano reciprocamente. Simile effetto illusorio viene utilizzata nella illusione ottica prodotta per l’esercitazione, in cui al posto di un vaso si vede un pezzo di una scacchiera, che se visto frontalmente presenta due volti che si guardano, proprio come nel vaso di Rubin.

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Effetto cinetico

L’effetto cinetico è la seconda tecnica con cui si riesce ad ingannare la percezione visiva. Attraverso l’utilizzo di colori o di linee molto complesse si impedisce alla vista di mantenere a lungo la traccia dell’esatta direzione vero la quale si guarda. In un illusione di tipo cinetico, l’immagine soggetto sempra muoversi con moto casuale di un certo raggio. Questo è dovuto al fatto che l’occhio umano assimila le linee con gli spazi vuoti e questo è favorito anche dall’utilizzo di colori sgargianti e sfumature.

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Gli effetti cinetici non sono in fondo del tutto casuali, infatti molti utilizzano precise regole della geometria, e sono stati oggetto di studio di molti artisti e matematici del passato. In basso si vedono due chiari effetti cinetici, in cui la vista si perde in mezzo alla moltitudine di linee e di colori. Un fattore decisivo di questi effetti cinetici è anche il cambio direzionale improvviso delle linee, che fanno percepire una visione quasi tridimensionale.

Per creare l’ effetto cinetico soprastante è stato utilizzato il programma di disegno vettoriale Adobe Iluustrator, attraverso i comandi di creazione pattern e mesh gradiente si è riuscito ad ottenere un effetto cinetico che

inganna la percezione attraverso la ripetizione di stesse linee ma con gamme di colori varianti. La sfumatura sottostante è stata ottenuta attraverso il comando di creazione mesh gradiente del programma.

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Oggetto impossibile

Un oggetto impossibile è un oggetto esistente nella realtà che a prima vista sembra avere caratteristiche inspiegabili. In realtà questi oggetti sono realizzabili, ma sfruttano degli stratagemmi per ingannare la percezione umana. Ad esempio l’abitudine e l’esperienza ci portano a pensare che un corpo non possa fluttuare nell’aria senza punti di appoggio solidi, quindi ci sembra impossile anche solo immaginare che un corpo possa in autonomia fluttuare fermo nell’aria. Altri esempi in tal senso possono mostrare morfologie che ci appaiono impossibili. Questo è il caso del

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triangolo di Penrose, un particolare solido, che attraverso la propria forma peculiare sembra avere un andamento perpetuo. Il triangolo impossibile nella realtà è ottenibile solo attraverso giochi di prospettiva e di posizionamento, ma difatti la sua realizzazione è impossibile. L’ oggetto impossibile realizzato per questa esercitazione a primo impatto sembra essere impossibile per il fatto che non è visibile nessun punto di appoggio fisso, ma solo una “fontana” di foglie. La scelta delle foglie non è casuale, infatti si trattano di foglie d’edera,

una pianta infestante molto diffusa. L’edera ha la peculiarità di essere un pianta rampicante, ed infatti sembra quasi che si arrampichi fino a raggiungere la tazzina sospesa.Per la realizzazione è stata utilizzata la colla a caldo per creare una struttura in fil di ferro, che ha permesso di unire la tazzina al piatto. In seguito alla struttura metallica sono state incollate le foglie attraverso del biadesivo, come si può notare dalla foto in basso a destra di questa pagina.

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010

I kirigami, come gli origami sono un gioco tradizionale giapponese che viene praticato da secoli. La differenza tra origami e kirigami è quella che nei kirigami non solo è possibile fare delle pieghe, ma è anche permesso fare dei tagli sulla superficie del foglio. Grazie alla combinazione dei tagli con le pieghe si riescono ad ottenere delle forme tridimensionali molto articolate. I tagli nelle diverse direzioni permettono alle superfici orientamenti diversi, dando la creazione a forme e solidi pressochè unici nel loro genere.

Kirigami

124

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Kirigami

Grazie alle lezioni dell’ex studente ISIA Takeshi Izuhori gli studenti hanno appreso la tecnica di taglio e di piega tipica dei kirigami. Inizialmente il compito è stato quello di riprodurre di 6 kirigami già tagliati e piegati, solo in un secondo momento ognuno ha potuto liberare il proprio spirito inventivo, creando delle varianti personali partendo dai 6 moduli di partenza. Nelle pagine successive si mostreranno non solo le foto dei kirigami, ma anche lo schema delle piege e dei tagli effettuati, introdotto da una legenda.

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In una seconda esercitazione è stata sperimentata la tecnica dei kirigami per raffigurare delle diverse tipologie di simmetria. Nel primo caso si è riprodotta la simmetria traslatoria, poi quella assiale ed infine quella centrale. Lo scopo principale dell’ esercitazione è quello di far sviluppare nello studente una visione tridimensionale, ed abituarlo a immaginare in che modo una figura inizialmente piana può ottenere forme e volumi diversi nello spazio.

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Kirigami A e variante 1

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Kirigami A varianti 2 e 3

Piega a monte

Piega a monte

Piega a valle

Piega a valle

Taglio

Taglio

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Kirigami B e variante 1

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Kirigami B varianti 2 e 3

Piega a monte

Piega a monte

Piega a valle

Piega a valle

Taglio

Taglio

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Kirigami

In questa esercitazione sui kirigami si sono utilizzati dei fogli quadrati di 20x20 centrimetri, quindi più grandi di quelli precedenti. I kirigami riprodotto infatti sono più complessi e composti di parti diverse. La simmetria traslatoria è la prima che viene riprodotta attraverso i kirigami e consiste nella ripetizione ad intervalli regolari di uno stesso modulo lungo un asse, deriva da un principio della geometria euclidea, ovvero la traslazione: lo spostamento di di un insieme di punti nella stessa direzione e di una

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Simmetria traslatoria

distanza fissa. La seconda simmetria trattata è quella assiale, ovvero la simmetria rispetto ad una retta. In matematica la simmetria assiale si identifica come isometria, cioè una trasformazione geometrica che lascia invariate le distanze e che si definisce a partire da una retta, detto asse di simmetria. L’ultima esercitazione trattata è quella del doppio ribaltamento, che consiste nell’appliccazione della simmetria due volte: la prima traslatoria, mentre la seconda assiale lungo una retta verticale passante per il foglio.

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Simmetria assiale

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Simmetria doppio ribaltamento

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011

In questo capitolo si utilizza la tecnica dei kirigami, stavolta per creare kirigami complessi che rappresentino delle città. Infatti dopo aver letto il libro di Italo Calvino “Le Città Invisbili” ogni studente ha potuto scegliere due città diverse da rappresentare secondo la propria immaginazione sotto forma di kirigami. Nelle pagine successive le città che verranno mostrate sotto forma di kirigami sono quella di Olinda e quella di Bresabea.

Narrazioni

136

137


Narrazioni

La città di Olinda è una città che nasce da un centro e si sviluppa attraverso cerchi concentrici verso l’infinito, come fossero i cerchi di un albero. Dato questo movimento le mura della città si allontanano semprè di più dal centro, portandosi dietro tutti i vecchi edifici della città , mentre se ne creano sempre di nuovi nel punto centrale. Quindi più ci si avvicina al centro di olinda e piùl e cose che ci stanno intorno si rimpiccioliscono, fino a diventare così piccoli da poter essere viste solo attraverso una lente di ingrandimento.

Piega a monte

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Città di Olinda

Ogni parte della città diventa sempre più grande ogni anno ed allo stesso tempo si assottiglia, facendo spazio ai nuovi edifici. Se si guarda bene al centro, se pur difficile, è già possibile riuscire a scrutare le città future all’interno di Olinda, e quelle che verranno ancora dopo.

Piega a valle

Taglio

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Narrazioni

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Fotografie con texture e colori

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Narrazioni

“Si tramanda a Bersabea questa credenza: che sospesa in cielo esista un’altra Bersabea, dove si librano le virtù e i sentimenti più elevati della città, e che se la Bersabea terrena prenderà a modello quella celeste diventerà una cosa sola con essa. L’immagine che la tradizione ne divulga è quella d’una città d’oro massiccio, con chiavarde d’argento e porte di diamante, una città–gioiello, tutta intarsi e incastonature, quale un massimo di studio laborioso può produrre applicandosi a materie di massimo pregio. Fedeli a questa credenza,

Piega a monte

142

Città di Bresabea

gli abitanti di Bersabea tengono in onore tutto ciò che evoca loro la città celeste: accumulano metalli nobili e pietre rare, rinunciano agli abbandoni effimeri, elaborano forme di composita compostezza.” Con queste parole inizia la descrizione di Bersabea, la città della terra e del cielo.

Piega a valle

Taglio

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Narrazioni

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Città di Bresabea

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012 Panca

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Nel capitolo che segue capitolo si analizzerà l’esercitazione sulla panca in legno. Dopo le lezioni del Professor Antonio Abate sul design del prodotto e sulla produzione industriale ogni studente ha avuto l’incarico di progettare e una panca legno. Le panche progettate dovevano avere caratteristiche specifiche, quali: a) Panca allungabile b) Panca con elementi di rotazione c) Panca pieghevole d) Panca a più funzioni e) Panca a più utilizzi f) Panca per posture multiple g) Panca modulare

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Concept

Il concetto di base del progetto proposto in questa rivista è quello di ricreare una amaca utilizzando del legno lamellare al posto del tessuto. L’amaca è il simbolo assoluto del relax, che la si utilizzi durante un campeggio quando si è in viaggio, oppure in giardino e in terrazzo. Il suo vantaggio è quello di essere estremamente comoda ed ergonomica, dato che le trame del tessuto di cui è composta variano a seconda della forma del corpo di chi ci si sdraia o siede. Questa comodità ed ergonomicità si cerca di imitare attraverso un numero elevato di sezioni di legno lamellare, nello specifico 22 sezioni. Le sezioni però non sono tutte uguali e si

148

Panca in legno

dividono in due gruppi: 20 sezioni centrali e 2 utilizzate alle estremità, ciascuna tenuta ad una distanza fissa attraverso dei cilindri forati di materiale polimer. La quantità di sezioni permettono al piano di seduta di inclinarsi a seconda del peso subito. Le sezioni infatti sono tutte forate e vengono attraversate da due cavi in acciaio, che partendo da una struttura di sostegno, tengono sollevato il piano di seduta. Per la struttura di sostegno sono state progettate 4 elementi curvi uniti da un unico raccordo in acciaio al centro della struttura. I 4 elementi presentano ciascuno un foro vicino all’estremità alta, in modo da poter ospitare il cavo in acciaio da entrambi i lati.

Il materiale pensato sia per la struttura portante che per il piano di seduta è il legno lamellare, date le sue eccellenti proprietà fisiche come la resistenza meccania uniforme, la flessibilità e la leggerezza. Inoltre il legno lamellare in abete rosso è economico ed esteticamente piacevole. Per ottenere le forme della struttura portante il legno lamellare si presta bene a questo scopo, infatti si possono curvare le sottili lamelle che lo compongono ed indurita l’incollatura il legno mantiene rigidamente la forma desiderata.

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Schizzi progettuali

Gli schizzi progettuali sono un passaggio assai fondamentale nella progettazione di un prodotto. Insieme al concept di un prodotto gli shizzi infatti definiscono l’idea progettuale e indicano una prima linea da seguire. Il disegno a mano permette in poco tempo di analizzare da diversi punti di vista un problema durante la progettazione, nonostante esistano anche programmi per il computer inidirizzati al disegno, lo studio tramite bozzetti su carta rimane il più veloce per lo sviluppo ed elaborazione di concetti.

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Rendering

In basso alla pagina si notano dei bozzetti preliminari del progetto, in cui non solo si cominciano a pensare alle forme dei diversi elementi della panca, ma anche ai materiali. Nella pagina a fianco invece si vedono due rendering, realizzati attraverso il programma di modellazione Rhino 7 ed il programma di rendering KeyShot 9. Nel secondo si vedono anche già i materiali assegnati a ciascuno dei pezzi.

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Tavole tecniche

Sezioni piano di seduta

Le quote sono essenziali, infatti servono ad avere massima precisione durante la fase di progettazione e minimizzare l’errore umano. Il sistema delle quote è ben preciso e segue regole stabilite dalle convenzioni e dalle norme UNI.

R3.00

R3.00

5.00

80.00

10.00

Le tavole tecniche sono fondamentali parti del progetto, grazie alle conoscenze ottenute durante il corso di Disegno Tecnico Operativo durante il primo semestre all’ISIA ciascuno studente ha ottenuto le conoscenze essenziali per poter realizzare e quotare delle proiezioni ortogonali corrette di ciascuna componente della panca in legno.

R1.00 R3.00 R33.00 R44.00 2.00

80.00 36.50

R3.00

4.00

R3.00

40.00

5.00

10.00

80.00

R1.00 R3.00

R44.00

4.00

R33.00 R44.00

R40.00

152

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Raccordo centrale

Sostegni a terra

R1.00

10.00

5.00

8.00

R20.00

R28.50

60

.00

50.00

0

.0

50

9.00

10

.0

0

8.00

10.00

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00°

45.

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Cilindri distanziatori

Bracci di sostegno

8.00

135.00

5.00

155.00

R1.00 0

2.0

13.50 8.00

R1.50 8.00

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88.50 96.50

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Modellino in scala

Come conclusione dell’esercitazione ad ogni studente è stato chiesto di realizzare un modellino in scala della panca progettata. Il modellino che si vede nelle foto è stato realizzato nel laboratorio di modellistica della scuola, grazie all’aiuto del professor Andrea Moscardini. Il materiale realizzato per la stampa è stata una particolare resina fotopolimerica, che reagendo con i raggi UV si indurisce. Le stampanti a raggi UV infatti induriscono la resina liquida seguendo la forma impostata dal programma di stampa chiamato chitubox. La stampa a resina permette la realizzazione di oggetti lucidi,

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ben definiti e precisi, rispetto a quelli ottenuti tramite una stampa a filamento. Per la creazione del modellino il supporto è stato stampato sotto forma di pezzo unico, mentre le sezioni del piano di seduta sono state realizzate singolarmente. In seguito sono stati effettuati dei fori in ciascuna sezione utilizzando un trapano di precisione e utilizzando dello spago e della colla a caldo sono state unite assemblate ai bracci della struttura portante. In questo modo il modellino riesce a mantenere in parte l’elasticità e l’effetto oscillante del progetto originale.

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013 Errori di progettazione

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In questo ultimo capitolo, conclusione del corso di Basic Design, è stato chiesto a ogni studente di individuare e riprogettare degli oggetti che presentassero degli errori nel loro proposito. Durante la progettazione di un prodotto gli errori possibili sono moltissimi e di diversa natura, e questi vengono ben descritti da Donald Norman nel suo libro: “La caffettiera del masochista. Il design degli oggetti quotidiani”.

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Zuccheriera da bar

Il primo caso di errore di progettazione preso in considerazione è la zuccheriera da bar. Il concetto alla base di questo oggetto è più che solido: c’è la necessità di avere una zuccheriera che sia più igienica e che faccia risparmiare sul lavaggio dei cucchiaini che da sempre vengono utilizzati nelle caffeterie e nei bar. L’oggetto preso in esame in questo è impeccabile, la quantità di zucchero non è eccessiva nè troppo poca, è ben maneggiabile e la quantità di zucchero che riesce a contenere è sufficiente. Il problema sorge quando lo zucchero comincia a scarseggiare all’interno del contenitore. Infatti dopo poco lo zucchero comincia a scendere

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sempre di meno, fino a non riuscire più ad uscire perchè rimane intrappolato dal tappo senza entrare nella cannuccia metallica. Quindi i camerieri sono costretti a rimpinguare continuamente queste zuccheriere di zucchero, in maniera da essere sempre piene, sprecando tempo utile. La soluzione pare semplice, non basta infatti svitare il tappo e versare lo zucchero che rimane senza quindi utilizzare la cannuccia metallica ? Sì, è sufficiente questo, ma a questo punto l’oggetto perde totalmente senso, perchè nessuno garantisce che la quantità versata sia quella giusta senza l’aiuto di un cucchiaino o di un altro strumento.

Redesign

Inoltre l’igiene dovrebbe essere massimo in un contesto come la cucina, e di certo questo non viene aiutato dal fatto che qualcuno per servirsi debba mettere le mani attorno al punto in cui viene erogato lo zucchero. Per risolvere questo problema si è pensato ad una piccola modifica della cannuccia metallica. La modifica consiste nella foratura in 3 punti posti vicini alla scanalatura di incastro con il tappo. Da questi 3 fori lo zucchero (anche quando poco) riesce ad entrare nella cannuccia e di conseguenza uscire dalla solita estremità, senza aver bisogno ne di sforzi aggiuntivi.

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Sbarra metallica fitness

Il secondo errore di progettazione riguarda una sbarra metallica trovata nel campo sportivo di Campo di Marte a Firenze. questa sbarra utilizzata per certi esercizi indirizzati alla tonificazione dei muscoli, presenta un errore riguardante la struttura portante. infatti dopo essersi appesi (come nella figura nella pagina a fianco in alto) alla sbarra fare esercizi come i pull-up, ci si accorge subito di un movimento oscillatorio e insolito della sbarra. Evidentemente la base d’appoggio della struttura non è abbastanza rigida, e il fatto che a struttura portante a cui si arriva alla sbarra di certo non aiuta. In questo caso durante la progettazione non si è optata per una sbarra verticale, per permettere

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l’inserimento di due sbarre di media altezza, sfruttando una struttura curva, col l’intento di poter fare più esercizi diversi. Sbarre a quella altezza infatti permettono esercizi come i deep o come gli australian pullup, che interessano fasce muscolari diverse rispetto a quelle attivate con gli esercizi che sfruttano la sbarra più alta. Probabilmente chi ha progettato questo oggetto ha pensato alla questione della struttura portante insufficinete, ed ha aggiunto due (piccole) sbarre oblique per scaricare il peso a terra in maniera più efficiente, ma evidentemente questo non è bastato a sopperire alla spinta causata dal peso del corpo umano.

Redesign

La soluzione proposta è quella dell’aggiunta di una seconda serie di sbarre oblique, stavolta più grandi, in maniera che partano dall’alto della sbarra e che possano scaricare il peso a terra in maniera più efficiente senza affaticare e flettere i due elementi portanti curvi. Inoltre si può aggiungere una terza sbarra a media altezza tra queste due sbarre oblique, che permetterà ugualemente a chi esegue esercizi alla sbarra alta di allenarsi indisturbato, mentre permetterà ad altri di fare esercizi ancora diversi da quelli già elencati precedentemente.

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