Basic Design - Eleonora Saviozzi

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>Basic design >>> Corso Basic Design - A.A. 2020/21 - Allieva Eleonora Saviozzi - Docente Francesco Fumelli

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Corso Basic Degni 1 A.A 2020-2021 Docente Francesco Fumelli Allieva Eleonora Saviozzi


Basic 1

>Indice 8 Introduzione >basic design

18 la rivista > supporto > i caratteri > copertina

32 tangram > esercitazioni > influenzamento lettura > impaginato vespa

50 mascherina > introduzione > esercitazione

62 logotipi > introduzione > tipologie > esercitazione logotipi

130 schede lezioni > introduzione > metafisica > achille castiglioni

148 ambigue percezioni > introduzione > illusioni ottiche > elaborati

168 kirigami > introduzione > kirigami > simmetrie > narrazioni

216 seduta in legno > introduzione > esercitazione > proposte iniziali > prposta finale

240 errori di progettazione > introduzione > piano cottura > spremiagrumi

116 immagine coordinata > introduzione >biglietto da visita > carta intestata > busta da lettere > oggetti promozionali

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Basic 1

“Il desgin crea cultura. La cultura forma i valori. I valori determinano il futuro” - Robert L. Peters

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>>> Introduzione La rivista “Basic Design” è composta da 10 capitoli e contiene le esercitazioni svolte durante i corsi di Basic 1 e 2 dell’anno accademico 2020/2021, tenuti dal professore Francesco Fumelli e dalla professoressa Elisa Del Lungo. Rappresenta il primo avvicinamento ad una materia preopedeutica nell’ambito del design. Personalmente è stato interessante e stimolante potersi approcciare ai diversi ambiti della materia, mettendo così alla prova diverse abilità.

>> Basic Design

il Basic Design è la disciplina centrale del design. E’ una disciplina estremamente particolare e originale come statuto, in quanto intreccia intimamente propedeutica, (cioè la pratica dell’insegnamento di un saper fare) e fondazione disciplinare (cioè il pensiero teorico e metodologico che le sta alla base). In altri termini il Basic Design è il luogo ideale dove convergono e si concatenano di fatto ricerca formale e espressiva, progetto e, appunto, insegnamento. Nel design ci sono antefatti del Basic Design già a partire dalla fine del XIX e dell’inizio del XX secolo, che prendono 8

la forma del manuale in un contesto industriale tessile e manufatturiero che chiede di sistematizzare la decorazione: Walter Crane, Lewis Foreman Day, Eugene Grasset . [Cfr. Qui di seguito l’intervento di Isabella Simonini] Ma la grande novità nell’insegnamento di quel tipo di competenze che si definiscono definire comunemente come le competenze creative e progettuali è rappresentata senza equivoci dal Bauhaus. E’ presso il Bauhaus che assistiamo alla nascita della disciplina del design: La disciplina. La nascita del Design in quanto disciplina avviene in quel settore propedeutico che si chiamava Grundkurs a Weimar e Dessau, 9


INTRODUZIONE

che si chiamò Grundlehre a Ulm e che e che fu tradotto nei paesi anglosassoni con l’espressione Basic Design (Grund=base). I pionieri del Bauhaus avevano le idee chiare e giustamente pretenziose: si permisero di scegliere come docenti fondatori del Grundkurs (fra gli altri) due personaggi di livello superiore. A proporre un azzeramento dei pregiudizi formativi che ciascun allievo si portava dietro e a proporre una concezione nuova del fare progettuale, furono chiamati Wassili Kandinsky, in cui questo processo culminerà nella formulazione di Punto Linea e Superficie; ma soprattutto Paul Klee con il suo compiutamente consapevole Teoria della forma e della figurazione. “Forma”, nel titolo italiano, traduce la parola Gestaltung, ma forse oggi si potrebbe dire meglio configurazione e configurare, che appaiono come buone approssimazioni. In tedesco dunque “gestalten” e “Gestaltung “contrapposte a “darstellen” e “Darstellung”, e in italiano un “configurare” ben distinto da “raffigurare”. Un “plasmare, disporre, comporre, montare e modulare” nettamente distinto da un “rappresentare e disegnare”. In inglese abbiamo solo “to design” che tende a mettere l’accento sull’aspetto di raffigurazione, notazione, prefigurazione e forse pianificazione, in altre parole sulle procedure e non sui risultati. E appare significativa questa prospettiva operazionalista implicita nel pensiero pragmatico anglosassone. Seguendo l’avvio dei corsi di Kandinskij e soprattutto di Klee al Bauhaus ci è dato di assistere a uno spettacolo unico e favoloso: assistiamo in presa diretta al passaggio dalla trasformazione della poetica personale di un artista nello sforzo di una oggettivazione e formulazione disciplinare. Alla metamorfosi di un sapere implicito e ineffabile (il segreto del mestiere) nella fiducia in un sapere trasmissibile.

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INTRODUZIONE

In Italia il basic si è allora realizzato nell’arte o più precisamente in quella zona intermedia fra il design e l’arte. E rappresenta il recupero di un ritardo. E’ Bruno Munari a incarnare questa posizione. E ad avviare una ricerca che si è realizzata nell’arte concreta e soprattutto nell’arte cinetica e programmata e nell’avanguardia gestaltica. Bruno Munari, si è sempre visto un promotore della pedagogia attiva e per questo decise di lavorare con i bambini per creare degli adulti migliori. Per poter mettere in atto il suo percorso e i suoi principi, Bruno Munari, decise di allestire degli appositi laboratori per bambini all’interno di strutture specifiche. Il primo laboratorio di Bruno Munari, venne istituito nel 1977 a Milano, nella galleria nazionale d’arte antica e moderna della Pinacoteca di Brera. Un luogo di conoscenza, scoperta e soprattutto sperimentazione per i bambini, mantenendo sempre tutte le attività sotto forma di gioco. Qui i bambini, infatti, possono giocare con l’arte, divertirsi con tempere e pennelli avendo davanti gli occhi le diverse opere esposte. Secondo Munari, l’arte visiva va sperimentata non solo raccontata. Qui i bambini posso sviluppare la capacità di osservazione, la loro manualità, la creatività e il pensiero critico e progettuale. Dal successo del suo primo laboratorio, Munari creò diversi laboratori in differenti luoghi e città. Anche alcuni dei suoi collaboratori, mantenendo sempre vivi i suoi principi d’insegnamento, seguono i suoi passi nella realizzazione di questi luoghi d’incontro per i bambini.

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>La rivista

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>>> Introduzione

Una rivista è una pubblicazione periodica non quotidiana stampata a intervalli regolari (più raramente, irregolari). I contributi sono firmati da diversi autori. Può avere sia contenuti informativi generali (in questo caso è rivolta a un vasto pubblico) o può trattare argomenti riguardanti un particolare settore di studio o di attività, a fini di aggiornamento e di approfondimento. Gli editori distribuiscono riviste tramite posta, librerie, edicole e altri fornitori. Oggi sono disponibili anche online. Dall’inizio del secolo, i lettori online sono aumentati, per questo motivo la circolazione della carta stampata è diminuita drasticamente.

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Secondo Wikipedia la “The Gentleman’s Magazine” , pubblicato per la prima volta nel 1731, a Londra fu la prima rivista di interesse generale. Edward Cave, che ha curato la rivista The Gentleman’s Magazine con lo pseudonimo di “Sylvanus Urban”, è stato il primo a usare il termine “rivista”, per analogia con un magazzino militare.


LA RIVISTA

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>> Supporto

420mm

> Margini

Il supporto di questa rivista è un A4 verticale (21x29,7cm), che dato lo stile della rivista permette di distribuire in maniera semplice ed equilibrata immagini e testi. La coppia delle immagini affiancate (ovvero lo spread) è di quindi un formato A3. Per questo tipo di rivista è prevista la stampa su carta patinata, che è un tipo di carta caratterizzata da una superficie levigata e lucida, ottenuta grazie all’uso di additivi chimici. La grammatura della carta, ovvero il rapporto tra il peso del foglio in grammi e la sua superficie in metri quadrati, è di 100 g/m al quadrato, presentandosi così adatta stile di impaginazione ricco di immagini e illustrazioni, ma allo stesso tempo relativamente leggera e piacevole da sfogliare.

Per questa rivista sono stati utilizzati 20mm per il margine superiore e interno, e 15mm per il margine esterno ed inferiore. I tipi di margini sono stati impostati in base alla struttura della rivista, specialmente per poter dare aria all’impaginato.

> Griglia La griglia utilizzata si compone di 9 colonne e 8 righe. La mastro così impostata è stata utilizzata per l’intera rivista, poichè adatta sia per inserire testi e immagini, sia per solamente quest’ultime.

297mm

297mm

210mm

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LA RIVISTA

> Esempi di impaginazione

Ambigue percezioni

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Introduzione mascherina

Logotipi

Kirigami

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LA RIVISTA

>> I Caratteri

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Paragrafo: Helvetica 15pt.

In questa rivista sono stati utilizzati due font principali: Helvetica e Lemon Milk. Il titolo in copertina, quello di apertura di ogni capitolo e la testatina che permette l’orientamento del lettore, specificando quindi nella pagina a sinistra il capitolo e nella pagina di destra il tipo di corso di Basic, utilizzano il font Lemon Milk. Mentre per quanto riguarda il corpo di testo e i vari paragrafi è stato utilizzato Helvetica Regular, per evidenziare alcuni passaggi nel testo è stato utilizzato invece Helvetica Bold.

Paragrafo: Helvetica 12pt. Testatina: Lemon milk 8pt.

N° pagina: Lemon milk 9pt. Paragrafo: Helvetica Regular 22pt.

Elemento grafico (tre freccine): colore #ffce00

Corpo: Helvetica Regular 9pt e Helvetica Bold 9 pt.

Elemento grafico (una freccina): colore #ffce00

Titolo capitolo: Lemon milk 70pt.

Numero del capitolo: Lemon milk 150pt.

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LA RIVISTA

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>> Copertina > Titolo Il titolo della rivista prende il nome di “Basic Deign” ed è stato realizzato con il font Lemon Milk di carattere 95 pt, disponendosi nella parte centrale in alto. Il sottotitolo riporta l’anno accademico, l’allieva e il docente, con font Helvetica di 9pt. L’elemento grafico davanti al titolo, i font e il bordo della fotografia preannunciano la grafica, i colori e lo stile delle pagine interne.

Alternative di copertine ideate

> Fotografia La scelta della fotografia richiama l’immagine presente nell’introduzione al capitolo delle ambigue percezioni, lo scatto del fotografo Noell Oszvald immortala nell’immobilità del soggetto un momento che precede il movimento, comunicando la capacità di immaginare cosa possa succedere. Il motivo della scelta di quest’immagine si collega sia quindi alla capacità di immaginazione che per la prima volta ho dovuto mettere in pratica a livello progettuale, ma anche quindi a ciò che immagino succeda alla persona ritratta, ovvero che sia in un momento di equilibrio per provare ad emulare un volo, quindi l’inizio di un qualcosa di nuovo che deve imparare, come lo è stato per me questo progetto. 26

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>tangram

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>>> Introduzione

Il tangram è un antico gioco di origine cinese, ottenuto scomponendo un quadrato in sette parti dette tan: un quadrato, un romboide, e cinque triangoli rettangoli isosceli, di cui due grandi, uno medio e due piccoli. E’ conosciuto come “Le sette pietre della saggezza” perché si diceva che la padronanza di questo gioco fosse la chiave per ottenere saggezza e talento. Poco o nulla si sa circa le origini del gioco; persino l’etimologia del nome non è chiara. Combinando opportunamente i pezzi del Tangram, è possibile ottenere un numero pressoché infinito di figure, alcune geometriche, altre che ricordano oggetti d’uso comune, ecc. Qualsiasi figura realizzata con il

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Tangram deve essere costituita impiegando tutti i sette pezzi. Nel gioco del tangram accade che, si possono realizzare sia figure geometriche in cui si annullano le caratteristiche dei vari tan, sia figure di ogni tipo in cui invece le caratteristiche di ciascun tan vengono messe in risalto. Il tangram si può utilizzare anche per illustrare storie e per realizzare cartoni animati.

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Tangram

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>> Esercitazioni

Una caratteristica notevole di molte figure tangram è quella di suggerire all’immaginazione molto più di quanto effettivamente rappresentano; le figure tangram nella loro essenzialità ed efficacia offrono una ricchezza percettiva simile a quella della pittura zen che si basa sull’idea che “la tavolozza della mente è più ricca di quella del pennello”. Le figure tangram ricordano nella loro espressività le silhouettes o i giochi d’ombra con le mani. Il tangram offre così notevoli spunti allo studio della percezione visiva e può essere impiegato come base di test psicologici.

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In un formato A4 verticale o orizzontale e partendo da un tangram tradizionale, provare a definire una storia dove dei personaggi costruiti ognuno utilizzando tutti i pezzi del Tangram (le 7 parti per ogni figura) compongano una storia di fantasia. È possibile delimitare l’area come se fosse un fumetto, ma non è possibile usare colori diversi o scrivere testo. Tutte le forme devono essere del medesimo colore, o nero o grigio.

In questo caso la storia vede come protagonista una persona che, accovacciato per terra, osserva una figura a lui simile, quindi una figura umana, evolversi, trasformarsi in farfalla, l’osservatore può così interpertare a livello propriamente personale le due identità.

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Tangram

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> Esercitazione n°2 1)

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In un formato A4 verticale e partendo da un tangram tradizionale, realizzare 4 diverse tavole “tematiche”. Ognuna iscritta all’interno di un quadrato 20x20cm. È possibile utilizzare tutti i sette pezzi di tangram liberamente (anche più copie dlla medesima forma) ed è possibile colorare liberamente sia le forme del dancìgram sa lo sfondo che le contiene. Le tavole grafiche devono resituire le sensazioni di: 1) Dinamismo 2) Calma e rilassamento 3) Rabbia 4) Stabilità e bilanciamento

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Tangram

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>> Influenzamento ordine di lettura > Terza esercitazione

> Premessa

In un formato A4 verticale e partendo da un tangram tradizionale, realizzare una tavola “tematica” con misuralibera. Lo sfondo può essere colorato e si possono adoperare i 7 pezzi del singolo tangram, colorandoli e disponendoli liberamente, anche senza che si tocchino o che siano allineati. Il tema dell’esercitazione è “questa sono io” e la composizione è massimamente libera, finalizzata a esprimere se stessi e la propria creatività.

Nelle pagine a seguire saranno riportate a tutta pagina le tavole dell’esercitazione in questione. Questa rispecchia il carattere propedeutico di progettazione e sperimentazione del corso di Basic Design; infatti, l’esercitazione intende avvicinare lo studente alle problematiche dell’ideazione e dello sviluppo della sua creatività intesa come capacità a definire processi logici e come attitudine a gestire sistemi complessi di relazioni.

> Procedimento esercitazione

Not today, I need to sleep

Su un formato A3 verticale, al quale va attribuito un colore piatto a piacere, piazzare le prime cinque cifre (1,2,3,4,5= 12345), nell’ordine, in un carattere tipografico a piacere (non sono ammessi caratteri calligrafati o disegnati ad hoc dallo studente). Le cifre possono essere ingrandite o rimpicciolite ma non deformate, possono essere spostate verso l’alto o abbassate lungo l’asse verticale e ruotate o capovolte ma non rese speculari. In ogni modo i contorni delle cifre non devono mai sovrapporsi, e non devono mai sovrapporsi neppure le bande ideali verticali che contengono le cifre. Anche il colore delle cifre può essere una tinta a piacere piatta ma non sfumata. Si può attribuire una diversa tinta a ciascun numero. È rigorosamente vietato invertire la sequenza orizzontale delle cifre.

> Obbiettivo L’obiettivo consiste nell’ottenere che si legga un numero diverso da dodicimilatrecentoquarantacinque.

> Tecnica Stampa digitale

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4 2 1 5 2 Basic 1

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Tangram

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> Esercitazione

> Gryd System

Su un foglio di carta a quadretti lo studente aveva il compito di realizzare un impaginato di 4 pagine in formato A4 (copertina / retrocopertina/ due pagine di contenuti) basato sul “grid system”, utilizzando i materiali allegati come base. Tutto il testo e tutte le immagini fornite devono essere utilizzate nell’impaginato, in aggiunta è possibile inserire altri testi e altre immagini a piacere.

La griglia utilizzata per l’impaginazione è composta da due colonne distanti 6mm tra loro, mentre le righe che dividono le colonne e che hanno il compito di distanziare le immagini dal testo sono a 5mm l’un dall’altra. Il margine superiore è distante di 40mm per far entrare opportunamente la banda n alto, il margine interno e inferiore sono distanti 10mm dal margine, mentre quello esterno di 30mm.

Corradino

D’A scanio

>> Impaginato Vespa

L’ing. Corradino D’A scanio è noto come l’inventore della Vespa, lo scooter per antonomasia, nato nel 1946 dalla riconversione alla produzione civile della Piaggio, dopo la parentesi della guerra. Non è altrettanto noto che D’A scanio, 16 anni prima (1930) riuscì per la prima volta al mondo a far volare un elicottero. Ed esiste un legame forte tra l’elicottero e la Vespa, o meglio tra il D’A scanio progettista aeronautico e la filosofia della Vespa come mezzo di motorizzazione di un paese che si risollevava dopo una pesante guerra. D’A scanio, dopo una carriera brillante nel settore

Vespa PX

talmente efficace da essere diffusa ed acquistata da tantissime fabbriche di aerei in tutto il mondo. E sempre per Piaggio - nel 1939 - D’A scanio insiste nel realizzare un prototipo del primo elicottero “moderno” molto più maturo dei suoi precedenti e già simile a quelli attuali. Durante un bombardamento nel 1943 (in piena seconda guerra mondiale) questa macchina verrà parzialmente distrutta e solo nel 1949 - a guerra terminata - D’A scanio potrà ricostruirla e migliorarla, arrivando al prototipo finale del PD3. Macchina che si alzò in volo nel 1950 e dimostrò ottime doti di guidabilità e stabilità. Da notare che il tutto avveniva ancora nel pieno disinteresse all’elicottero da parte dell’Aeronautica Militare, assai poco lungimirante, se si pensa al ruolo bellico fondamentale che tale veicolo assumerà solo pochi anni dopo (si pensi agli Apache nella guerra del Vietnam). Piaggio cesserà di li a poco ogni studio su questo tipo di velivolo, nonostante l’evoluzione netta ottenuta da D’A scanio con il successivo PD4. Piaggio chiude quindi la sua avventura con l’elicottero per la mancanza di finanziamenti, curioso notare come tale veicolo farà invece - a partire dal 1952 - la fortuna della Augusta, altra azienda Italiana, che ne aveva PD4

aeronautico, in Italia e negli USA arriva a concretizzare nel 1930 il primo elicottero capace di volare davvero, ben quattro secoli dopo le irrealizzate e disegnate intuizioni di Leonardo Da Vinci. La prima commessa viene dal Ministero dell’Aeronautica, ma il Ministero stesso non vede ancora in quel veicolo ancora così apparentemente fragile una macchina adatta all’uso militare e i finanziamenti sono dirottati altrove. Il rapporto di D’A scanio con Piaggio deriva proprio dalla sua seguente collaborazione con la Piaggio di Pontedera. Oggetto della collaborazione la progettazione di un’elica per aeroplani, che si dimostrerà PD3

visto e compreso le potenzialità. Finita la seconda guerra mondiale la Piaggio, oltre al problema di ricostruire gli stabilimenti bombardati, deve riconvertire la produzione in ambito civile dopo la produzione bellica. Enrico Piaggio conferisce nel 1945 a D’Ascanio, il compito di studiare un veicolo capace di rendere possibile ed economico il trasporto privato individuale. Il tema progettuale posto a D’A scanio riguarda un veicolo a due ruote, poco costoso da produrre e facile da guidare. Enrico Piaggio mostra a D’A scanio il Paperino, veicoPaperino

lo che Piaggio aveva già assemblato negli stabilimenti di Biella, proprio per cercare di realizzare uno “scooter” per uso generale. D’A scanio esamina il Paperino ma subito lo scarta, lo ritiene troppo motociclistico e in ogni caso rifiuta un progetto non da lui impostato. Per suo carattere è abituato a gestire un progetto da zero a disegnare e costruire le singole parti direttamente. Ma il Paperino è inadatto anche come concetto, Corradino D’A scanio vuole un veicolo più comodo, con una maggiore protezione e che possa essere guidato Paperino 123

senza sporcarsi i vestiti in ogni condizione meteo, dove si possa sedere con una posizione più automobilistica e dove sia agevole cambiare la ruota bucata se sia necessario farlo, anche grazie alla presenza della ruota di scorta (un concetto prettamente automobilistico). Per realizzare la Vespa quindi riparte da zero, e affianca soluzioni tecnologiche di derivazione aeronautica (a lui note) come il telaio monotubo per la ruota anteriore a sostituire la forcella. Il telaio della vespa è un telaio di origine automobilistica, autoportante, leggero ma robusto e protettivo. Insomma il D’A scanio ingegnere aeronautico affronta il tema scooter partendo da presupposti molto diversi dai concetti motociclistici. La prima Vespa prende forma nel 1945 e nel 1946 cominciano ad uscire gli esemplari di produzione dai nuovi stabilimenti Piaggio, appena ricostruiti. A livello di anzi la faceva percepire come veicolo rassicurante ed affidabile, adatto a percorsi sia stradali che sconnessi, non in difficoltà nelle dissestate strade di un paese appena uscito da un conflitto. Il rifiuto di D’A scanio di partire da un mezzo precedente (il Paperino) gli ha permesso un approccio razionae e sintetico, centrato sugli elementi del problema.

125 Primavera

La Vespa è un prodotto di design concepito da una mente ragmatica, abituata a risolvere problemi di strutture leggere ed affidabili (come nei progetti aeronautici) ma capace anche di immedesimarsi senza preconcetti nel pubblico per interpretarne le esigenze e richieste di una motorizzazione semplice e diffusa, molto diverse dai concetti della “motocicletta” un veicolo complesso, difficile da guidare e costoso da manutenere, più “sportivo” e meno “turistico”. E Vespa è invece un veicolo strutturalmente semplice, facile da produrre e da manutenere, facilissimo da guidare. La sintesi perfetta del progetto Vespa è nella scocca portante, che risolveva al tempo stesso il problema della struttura e la tipologia della forma. La “morfologia” della Vespa è la sua struttura principale, una fusione tra funzione ed espressività raramente cosi’presenti e integrate in un prodotto industriale. Un anno dopo la prima Vespa, esce la prima versione del motofurgone Ape, che usava all’anteriore la struttura della Vespa cui veniva aggiunto un cassone multifunzionale posteriore. Nel 1949 la Vespa giunge alla seconda serie e nel 1953 le Vespa prodotte saranno 600.000. La Vespa si è 125 Vespa 1953

sempre saputa rinnovare, anche a dispetto del suo restare sempre simile a se stessa, anche grazie a sapienti operazioni di marketing, campagne promozionali e pubblicitarie anche molto famose ed importanti di cui il Museo Piaggio conserva memoria nei poster, allestimenti speciali, ed altro materiale di promozione che costituisce una testimonianza dell’efficacia della buona comunicazione d’impresa. La Vespa insomma, deve molto all’elicottero ed è più simile ad una automobile che ad un motociclo di quanto si potrebbe pensare.

Prima Vespa 1946

Pagine interne Gryd Sistem

Corradino

D’A scanio L’ing. Corradino D’A scanio è noto come l’inventore della Vespa, lo scooter per antonomasia, nato nel 1946 dalla riconversione alla produzione civile della Piaggio, dopo la parentesi della guerra. Non è altrettanto noto che D’A scanio, 16 anni prima (1930) riuscì per la prima volta al mondo a far volare un elicottero. Ed esiste un legame forte tra l’elicottero e la Vespa, o meglio tra il D’A scanio progettista aeronautico e la filosofia della Vespa come mezzo di motorizzazione di un paese che si risollevava dopo una pesante guerra. D’A scanio, dopo una carriera brillante nel settore

Vespa PX

talmente efficace da essere diffusa ed acquistata da tantissime fabbriche di aerei in tutto il mondo. E sempre per Piaggio - nel 1939 - D’A scanio insiste nel realizzare un prototipo del primo elicottero “moderno” molto più maturo dei suoi precedenti e già simile a quelli attuali. Durante un bombardamento nel 1943 (in piena seconda guerra mondiale) questa macchina verrà parzialmente distrutta e solo nel 1949 - a guerra terminata - D’A scanio potrà ricostruirla e migliorarla, arrivando al prototipo finale del PD3. Macchina che si alzò in volo nel 1950 e dimostrò ottime doti di guidabilità e stabilità. Da notare che il tutto avveniva ancora nel pieno disinteresse all’elicottero da parte dell’Aeronautica Militare, assai poco lungimirante, se si pensa al ruolo bellico fondamentale che tale veicolo assumerà solo pochi anni dopo (si pensi agli Apache nella guerra del Vietnam). Piaggio cesserà di li a poco ogni studio su questo tipo di velivolo, nonostante l’evoluzione netta ottenuta da D’A scanio con il successivo PD4. Piaggio chiude quindi la sua avventura con l’elicottero per la mancanza di finanziamenti, curioso notare come tale veicolo farà invece - a partire dal 1952 - la fortuna della Augusta, altra azienda Italiana, che ne aveva PD4

Copertina e retrocopertina

aeronautico, in Italia e negli USA arriva a concretizzare nel 1930 il primo elicottero capace di volare davvero, ben quattro secoli dopo le irrealizzate e disegnate intuizioni di Leonardo Da Vinci. La prima commessa viene dal Ministero dell’Aeronautica, ma il Ministero stesso non vede ancora in quel veicolo ancora così apparentemente fragile una macchina adatta all’uso militare e i finanziamenti sono dirottati altrove. Il rapporto di D’A scanio con Piaggio deriva proprio dalla sua seguente collaborazione con la Piaggio di Pontedera. Oggetto della collaborazione la progettazione di un’elica per aeroplani, che si dimostrerà PD3

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visto e compreso le potenzialità. Finita la seconda guerra mondiale la Piaggio, oltre al problema di ricostruire gli stabilimenti bombardati, deve riconvertire la produzione in ambito civile dopo la produzione bellica. Enrico Piaggio conferisce nel 1945 a D’Ascanio, il compito di studiare un veicolo capace di rendere possibile ed economico il trasporto privato individuale. Il tema progettuale posto a D’A scanio riguarda un veicolo a due ruote, poco costoso da produrre e facile da guidare. Enrico Piaggio mostra a D’A scanio il Paperino, veicoPaperino

lo che Piaggio aveva già assemblato negli stabilimenti di Biella, proprio per cercare di realizzare uno “scooter” per uso generale. D’A scanio esamina il Paperino ma subito lo scarta, lo ritiene troppo motociclistico e in ogni caso rifiuta un progetto non da lui impostato. Per suo carattere è abituato a gestire un progetto da zero a disegnare e costruire le singole parti direttamente. Ma il Paperino è inadatto anche come concetto, Corradino D’A scanio vuole un veicolo più comodo, con una maggiore protezione e che possa essere guidato Paperino 123

senza sporcarsi i vestiti in ogni condizione meteo, dove si possa sedere con una posizione più automobilistica e dove sia agevole cambiare la ruota bucata se sia necessario farlo, anche grazie alla presenza della ruota di scorta (un concetto prettamente automobilistico). Per realizzare la Vespa quindi riparte da zero, e affianca soluzioni tecnologiche di derivazione aeronautica (a lui note) come il telaio monotubo per la ruota anteriore a sostituire la forcella. Il telaio della vespa è un telaio di origine automobilistica, autoportante, leggero ma robusto e protettivo. Insomma il D’A scanio ingegnere aeronautico affronta il tema scooter partendo da presupposti molto diversi dai concetti motociclistici. La prima Vespa prende forma nel 1945 e nel 1946 cominciano ad uscire gli esemplari di produzione dai nuovi stabilimenti Piaggio, appena ricostruiti. A livello di anzi la faceva percepire come veicolo rassicurante ed affidabile, adatto a percorsi sia stradali che sconnessi, non in difficoltà nelle dissestate strade di un paese appena uscito da un conflitto. Il rifiuto di D’A scanio di partire da un mezzo precedente (il Paperino) gli ha permesso un approccio razionae e sintetico, centrato sugli elementi del problema.

125 Primavera

La Vespa è un prodotto di design concepito da una mente ragmatica, abituata a risolvere problemi di strutture leggere ed affidabili (come nei progetti aeronautici) ma capace anche di immedesimarsi senza preconcetti nel pubblico per interpretarne le esigenze e richieste di una motorizzazione semplice e diffusa, molto diverse dai concetti della “motocicletta” un veicolo complesso, difficile da guidare e costoso da manutenere, più “sportivo” e meno “turistico”. E Vespa è invece un veicolo strutturalmente semplice, facile da produrre e da manutenere, facilissimo da guidare. La sintesi perfetta del progetto Vespa è nella scocca portante, che risolveva al tempo stesso il problema della struttura e la tipologia della forma. La “morfologia” della Vespa è la sua struttura principale, una fusione tra funzione ed espressività raramente cosi’presenti e integrate in un prodotto industriale. Un anno dopo la prima Vespa, esce la prima versione del motofurgone Ape, che usava all’anteriore la struttura della Vespa cui veniva aggiunto un cassone multifunzionale posteriore. Nel 1949 la Vespa giunge alla seconda serie e nel 1953 le Vespa prodotte saranno 600.000. La Vespa si è 125 Vespa 1953

sempre saputa rinnovare, anche a dispetto del suo restare sempre simile a se stessa, anche grazie a sapienti operazioni di marketing, campagne promozionali e pubblicitarie anche molto famose ed importanti di cui il Museo Piaggio conserva memoria nei poster, allestimenti speciali, ed altro materiale di promozione che costituisce una testimonianza dell’efficacia della buona comunicazione d’impresa. La Vespa insomma, deve molto all’elicottero ed è più simile ad una automobile che ad un motociclo di quanto si potrebbe pensare.

Prima Vespa 1946

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>La MASCHERINA

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L’Istituto superiore di sanità informa che anche l’uso di mascherine di comunità autoprodotte aiuta a contrastare la diffusione del virus, se usate bene e costantemente. Le mascherine di comunità possono essere realizzate a casa con materiali comuni a basso costo. L’ISS precisa che le mascherine di comunità, sia autoprodotte, che commerciali, non sono dispositivi medici né dispositivi di protezione individuale.

>>> Introduzione

L’inzio dell’anno 2020 ha posto l’intero pianeta di fronte ad una delle più grandi problematiche mai vissute negli ultimi decenni, che a causa della globalizzazione ha portato quindi ogni singola persona esistente sul pianeta ad essere protagonista della vicenda pandemica. Per contrastare la diffusione del coronavirus sono state prese in considerazione diverse precauzioni, una di queste, diventata ormai simbolo dell’uso quotidiano e simbolo del periodo corrente, è proprio la mascherina. Queste hanno lo scopo di ridurre la circolazione del virus nella vita quotidiana e non sono soggette a particolari certificazioni. Non devono essere considerate né dei di-

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spositivi medici, né dispositivi di protezione individuale, ma una misura igienica utile a ridurre la diffusione del virus SARS-COV-2. Possono essere mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate per coprire dal mento fino al di sopra del naso. L’uso della mascherina in comunità aiuta a limitare la diffusione del virus, ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di protezione finalizzate alla riduzione del contagio (come il distanziamento fisico e l’igiene costante e accurata delle mani), che restano invariate e prioritarie.

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Mascherina

Basic 1

>> Esercitazione La seguente esercitazione chiedeva allo studente di realizzare in totale libertà una mascherina che rappresentasse se stesso, un proprio concetto o una propria idea, senza limitazioni; di conseguenza poteva quindi rispondere solamente alle esigenze estetiche, solo a quelle pratiche, o ad entrambe.

> Idea/ concetto L’idea della mascherina che ho creato si isprira al concetto dello spreco di materiali dannosi per l’ambiente e al loro riciclo. Mette in luce quindi l’eccessivo utilizzo di alluminio e plastica, di cui quest’ultima necessita di decenni per essere smaltita, e di come questa siano ormai diventati indispendabili come l’aria che respiriamo, ricollegandomi così all’utilizzo della mascherina. In più viene messo in evidenza come in realtà questi materiali possano essere riciclati, riutilizzati anche in modo artistico.

> Plastica e alluminio Sono i materiali che più frequentemente vengono utilizzati per gli imballaggi. Per quanto riguarda la plastica questa costituisce un serio problema per l’ambiente dato il suo elevato abbandono in natura nonostante non sia un materiale biodegradabile. Per quanto riguarda l’alluminio invece, a favore di questo c’è un dato oggettivo che non può essere contestato: le lattine in alluminio hanno un minore impatto ambientale in termini di CO2 prodotta, tant’è che è nata la tendenza di aziende produttrici di acqua e bevande a prediligere packaging in alluminio. Ma per la realizzazione di alluminio si procede con l’estrazione di un minerale che si chiama bauxite. Tale operazione infatti ha un impatto ambientale elevatissimo.

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> Riciclaggio Il riciclaggio è uno dei modi migliori per avere un impatto positivo sul mondo in cui viviamo. Dobbiamo agire rapidamente, perché la quantità di rifiuti che creiamo è in continuo aumento. La quantità di rifiuti che creiamo è in costante aumento perché aumenta la ricchezza significa che le persone acquistano più prodotti e, in ultima analisi, creano più rifiuti e l’aumento della popolazione significa che ci sono più persone sul pianeta per creare rifiuti. Sono in fase di sviluppo nuovi imballaggi e prodotti tecnologici, molti dei quali contengono materiali non biodegradabili. Nuovi cambiamenti nello stile di vita, come il mangiare fast food, significa che creiamo rifiuti aggiuntivi non biodegradabili. A farsi promotori di questo stile di vita spesso sono anche artisti, che cercano di sensibilizzare gli spettatori di una tematica tanto importante quanto attuale, creando così opere che richiamano la sua importanza; nell’intento così non solo di educare, ma anche di stimolare la voglia di creare delle persone, di rendersi creativi, di evolversi e di stimolarsi, cercando così di migliorare se stessi, il proprio stile di vita e l’ambiente di cui si fa parte, che viene spesso dimenticato e abbandonato al menefreghismo.

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Basic 1

> Moodboard Mood in inglese vuol dire umore, board invece significa tavola. La moodboard è quindi una tavola che raccoglie suggestioni per restituire l’atmosfera e lo stile di un progetto.

bottiglie di plastica

Inquinamento

Respirare 54

Arte e riciclo stuzzicadenti di plastica 55


Mascherina

Basic Basic 1

> Schizzo e realizzazione

Nello schizzo ho cercato di dare una collocazione all’idea e ai concetti che stavano prendendo forma nella mia mente, cercando di dare una sistemazione a livello spaziale e una funzione estetica degli oggetti che ho utilizzato, quindi: stuzzicadenti in plastica, pezzi di bottiglie e buste di plastica. L’intento era quello di realizzare qualcosa di colorato, gioioso e che esprimesse quindi la possibilità di utilizzare materiali di scarto per fare altro, e al contempo di mettere in risalto la moderazione nel loro utilizzo. A livello spaziale, quindi, sono disposti come a ricordare un mosaico o un collage.

> Considerazioni

7cm

20cm

12cm

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La mascherina riporta le misure pressocchè standard delle altre mascherine ed è stata realizzata con la consapevolezza della rigidità del materiale.

Questa esercitazione mi ha permesso di relazionarmi con tutte le problematiche da affrontare per poter trasformare un idea in qualcosa di concreto. Per questo motivo è stata interessante da svolgere. In più è stata avvincente la possibilità di portare un tema che mi interessa particolarmente, poter quindi cercare di esprimere un concetto attuale in chiave “artistica”.

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>I LOGOTIPI

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>>> Introduzione

Anche se non ci facciamo troppo caso, ciascuno di noi nell’arco di una giornata entra in contatto con decine di loghi diversi. Basti pensare ai prodotti alimentari, ai capi di abbigliamento, ai veicoli o l’azienda per cui lavoriamo: ciascuno è sicuramente ben identificato con un logo, che ha appunto lo scopo di rappresentarlo sul mercato, ed essere ben riconoscibile dal pubblico. Nel linguaggio comune col termine logo è spesso confuso col marchio, che invece è un qualsiasi segno rappresentabile graficamente (soprattutto parole disegni, lettere, cifre, suoni, forma di un prodotto o della confezione di esso, combinazioni o tonalità cromatiche) idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli delle altre. Un logo o logotipo invece è la scritta

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che solitamente rappresenta un prodotto, un servizio, un’azienda o un’organizzazione. Tipicamente è costituito da un simbolo o da una versione o rappresentazione grafica di un nome o di un acronimo che prevede l’uso di un lettering ben preciso. Un logo professionale è ormai diventato una necessità: infatti permette di riconoscere l’azienda a cui il logo si riferisce con effetto quasi immediato. Compito del logo è quello di ispirare fiducia e superiorità rispetto a un altro marchio. Al giorno d’oggi si tende ad accompagnare il logo con uno slogan che aiuta a rafforzare, accompagnato dal logo, l’identità del marchio. Esistono diverse tipologie di logo che possono anche essere usate contemporaneamente nell’ambito del marchio.

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LOGOTIPI

Basic 1

>> Tipologie

Logo testuale Uno dei tipi di logo più comuni è quello testuale, che consiste nell’incorporare il nome dell’azienda o del brand in uno stile di caratteri unico, il quale può essere dato da migliaia di varianti. I caratteri di tipo script, per esempio, comunicano un senso di formalità e raffinatezza, i caratteri spessi trasmettono forza e potenza, mentre quelli inclinati forniscono un senso di movimento. Le varianti possono includere anche lettere disegnate a mano, caratteri o simboli che sono stati ideati in modo da intrigare chi li guarda e catturare l’interesse. Anche le immagini possono essere integrate in questo tipo di logo, ottenendo spesso un grande effetto visivo. Quando si sceglie un logo testuale hanno importanza primaria la leggibilità e la facilità di riconoscimento, anche quando viene applicato in dimensioni ridotte come per esempio nei biglietti da visita. Il vantaggio di questo tipo di logo è che facilita la memorizzazione del nome del brand da parte dei clienti.

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Logo simbolico Il logo simbolico è completamente basato su un’icona o una grafica, è probabilmente la prima tipologia che viene in mente quando si pensa alla parola “logo”: la mela dell’Apple, l’uccellino di Twitter, la volpe attorno alla Terra di Firefox., sono tutti così emblematici e ben consolidati che bastano quelli da soli per ricondurli immediatamente al nome del brand o dell’azienda. Queste stesse caratteristiche però rendono questo tipo di logo difficile da utilizzare per le nuove aziende o per quelle che non godono di un forte riconoscimento del brand.

Logo astratto Un logo astratto è un tipo specifico di logo simbolico. Invece di essere un’immagine riconoscibile, come una mela o un uccello, è una forma geometrica astratta che rappresenta la tua attività; alcuni esempi famosi includono il logo il cerchio diviso della Pepsi, il baffo della Nike e il fiore dell’Adidas. Come tutti i loghi simbolici, anche quelli astratti funzionano molto bene poiché concentrano il tuo brand in un’unica immagine; tuttavia, invece di essere limitati ad un’immagine di qualcosa di riconoscibile.

Logo mascotte Spesso colorato, a volte cartonesco e sempre divertente, il logo a mascotte è un ottimo modo per creare il proprio portavoce del brand. Una mascotte è semplicemente un personaggio illustrato che rappresenta la tua azienda: pensa ad essa come un ambasciatore per il tuo business. Tra i più famosi loghi a mascotte troviamo il panda del WWF e l’omino Michelin. Questo tipo di logo è eccellente per le aziende che vogliono creare un’atmosfera che richiama benessere e felicità, appellandosi alle famiglie e ai bambini.

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LOGOTIPI

Basic 1

>> Evoluzione logo Warner Bros >> Tipologie

Logo acronimo Questa tipologia di loghi è esclusivamente tipografica. Utilizzano un simbolo che rappresenta l’azienda attraverso l’uso delle sue iniziali. Molte aziende scelgono questo tipo di logo perché le loro iniziali possono essere rappresentate meglio graficamente rispetto al nome intero, per esempio quando è troppo lungo, difficile da pronunciare o non è abbastanza distintivo da spiccare tra gli altri.

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> Storia generale

Logo stemma Un logo emblema è costituito da una scritta all’interno di un simbolo o di un’icona e la sua caratteristica principale risiede nella compattezza. Questi loghi tendono ad avere un aspetto tradizionale che può avere un forte impatto, e sono spesso la scelta giusta per molte scuole, organizzazioni o agenzie governative; anche l’industria automobilistica è apprezza molto i loghi a stemma.

La Warner Bros. fu fondata nel 1923 da quattro fratelli ebrei emigrati negli Stati Uniti dalla Polonia: Harry, Albert, Sam e Jack Warner. Il logo della compagnia, conosciuto come “Shield”, ha sempre avuto la stessa immagine di base, ovvero uno scudo con le iniziali “WB”, ma non si hanno notizie su chi fu il grafico che realizzò l’immagine originale. Il logo è stato modificato più volte, ben 12: la versione principale resta ancora quella con lo scudo sullo sfondo di un cielo ricoperto di nuvole, ma alcune delle variazioni riflettono le transizioni tra i vari proprietari dell’azienda che si sono succeduti nel corso degli anni. Negli anni Settanta, per esempio, quando la Warner fu acquistata dalla Kinney Services, fu chiamato per rinnovare il logo il celebre grafico Saul Bass, che tolse del tutto l’immagine dello scudo e realizzò una versione del logo minimal e molto moderna (non particolarmente amata all’epoca), che fu usata dopo gli anni Ottanta per altri rami della Warner, dalla musica all’home video. Una particolare caratteristica della Warner è la libertà che è stata sempre data ai registi di personalizzare il logo, inserendo tratti distintivi dei propri film.

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Logotipi

Basic 1

> Evoluzione

1925-1929

1923-1925

Anche le lettere “WB” sono state eseguite in bianco e hanno i contorni puliti e rafforzati.

1923 – 1925 Il primissimo logo della società Warner Bros vantava una combinazione tradizionale ed elegante del marchio della parola principale arcuato in un carattere serif in grassetto con tutte le lettere maiuscole e una tagline corsiva “Classics of the Screen”, eseguita negli stessi colori neri e aggiungendo raffinatezza e finezza alla composizione. 1925 – 1929 Il prototipo dell’attuale logo iconico dell’azienda è stato introdotto nel 1925. Era un elegante stemma bianco con un netto contorno nero, con l’immagine dell’edificio nella parte superiore e un monogramma stilizzato “WB” nella parte inferiore.

1929-1933

1933-1937

1937-1948

1948-1953

1970 – 1972 L’iconico stemma “WB” è tornato nel 1970, ma in una nuova tavolozza di colori: era una combinazione rosso e oro, che sembrava lucida ed elegante e mostrava l’azienda dal nuovo lato. Il rigoroso striscione rettilineo allungato orizzontalmente con il marchio è stato posizionato nella parte inferiore del logo, attraversando lo stemma.

1929 – 1933 L’immagine è stata rimossa dallo stemma nel 1929, lasciando tutto a posto per il lettering. La scritta “WB” divenne più audace e allungata, sembrando professionale ed elegante. Il marchio “Warner Bros Pictures” ad arco è stato posizionato sopra il badge eseguito in tutte le maiuscole con un carattere ristretto personalizzato. 1933 – 1937 Le linee del badge furono perfezionate e la scritta aggiuntiva fu rimossa nel 1933. Sebbene il logo precedente fosse ancora in uso dall’azienda, la nuova versione stava diventando sempre più popolare.

1953-1967

1967-1970

1970-1972

1953 – 1967 La versione piatta e luminosa del logo Warner Bros fu introdotta nel 1953 e rimase in azienda per più di sessant’anni, diventando il più riconoscibile di tutti i suoi badge. Era uno stemma stretto ed elegante con uno sfondo nero e una spessa cornice bianca.

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1972-1990

1972 – 1990 Un’altra versione sperimentale dell’identità visiva della Warner Bros fu introdotta nel 1972. Il badge, creato da Saul Bass, presentava uno sfondo tondo nero pieno con una lettera bianca stilizzata “W”, composta da tre linee diagonali parallele con angoli arrotondati. Questo emblema è stato utilizzato dall’azienda per più di un decennio. 1990 – 2019 L’iconico stemma è stato ridisegnato nel 1993. Le linee delle lettere e la cornice nera sono state accentuate e lo scudo stesso è stato leggermente esteso. Per quanto riguarda gli stendardi ad arco, ora è diventato un po ‘più spesso e presenta il nero come colore principale dello sfondo, con scritte delicate.

1937 – 1948 La riprogettazione del 1937 ha semplificato la composizione principale, rendendo le lettere più pulite e sottili, e il contorno – composto da una sola riga, ma ha aggiunto uno stendardo ad arco con il lungo segno verbale, che attraversa lo stemma al centro. 1948 – 1953 Il logo, creato per l’azienda nel 1948, ha guadagnato un po ‘di volume grazie al nuovo motivo dello stemma. Ora il corpo del badge era composto da numerose strisce orizzontali sottili in monocromia, mentre le lettere e la cornice divennero più spesse e acquisirono un contorno più audace.

1967 – 1970 L’azienda si è fusa con Seven Arts nel 1967 e il logo è stato ridisegnato nello stesso anno. Era un emblema moderno e potente, con il monogramma stilizzato extra-audace “W7”, eseguito a lettere spesse con tagli geometrici rigorosi. L’unica somiglianza con i badge dell’azienda precedente era nella tavolozza dei colori monocromatici.

1990-2019

2019- ora

2019 – Oggi Nel 2019 la Warner Bros ha continuato a utilizzare l’emblema, creato per l’azienda nel 1953, ma ha cambiato la sua tavolozza di colori in blu brillante e bianco. Ora lo stemma in tinta unita blu non aveva contorni, il che lo fa sembrare più amichevole e progressivo che mai. Le tradizionali forme iconiche dell’identità visiva del marchio hanno iniziato ad apparire in modo diverso nella nuova combinazione, riflettendo la crescita dell’azienda e la sua capacità di cambiare.

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Basic 1

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Logotipi

Basic 1

>> Esercitazione logotipi

Allo studente è stato richiesto di realizzare 5 loghi richiamando le seguenti categorie: -logo geometrico -logo naturale -logo acronimo -logo libero - logo multisignificato Documentando così il loro sviluppo, dalle matrici geometriche alle varie elaborazioni grafiche e studi compositivi, esercitando così uno dei primi approcci alla materia.

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Logotipi

Basic 1

>> Logo geometrico Studio matrici geometriche

Studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

Simmetria assiale verticale

Simmetria assiale orizzontale

Simmetria ciclica di ordine 4

Studio di alcune composizioni deformando le matrici geometriche

Simmetria assiale verticale

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Simmetria assiale orizzontale

Simmetria rotatoria

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Logotipi

Basic 1

Studio varianti cromatiche in scala di grigio

#333332

Studio varianti cromatiche colori

#bc6117

#b5403e

#ACACAC

#5D1647

#12545A

#BBBABA

#771D60

#007469

#CACACA

#85133E

#00987D

#D2D2D2

#1A9938

#228491

#4E4E4E

#737172

#646363

#979696

#BCBCBB

#D6D6D6

#E5E5E5

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Logotipi

Studio effetti tridimensionali

Studio effetti grafici/ percettivi/ texture

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Basic 1

Scelta finale

Varianti dimensionali

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Logotipi

Basic 1

>> Logo natura Studio matrici geometriche

Studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

Simmetria assiale orizzontale

Simmetria assiale orizzontale

Simmetria ciclica di ordine 3

Simmetria traslatoria

Studio di alcune composizioni deformando le matrici geometriche

Simmetria antitraslatoria

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Logotipi

Basic 1

Studio varianti cromatiche in scala di grigio

Studio varianti cromatiche colori

#3c3c3b

#575656

#007590

#e3bbd9

#7e7f7e

#b3b2b2

#b5494f

#12a19a

#c6c6c6

#dadada

#b55129

#a2185b

#ececec #f6f6f6

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Logotipi

Studio effetti tridimensionali

Studio effetti grafici/ percettivi/ texture

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Basic 1

Scelta finale

Varianti dimensionali

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Logotipi

Basic 1

>> Logo acronimo Studio matrici geometriche

Studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

Simmetria assiale verticale

Simmetria assiale orizzontale

Simmetria assiale e verticale

Studio di alcune composizioni deformando le matrici geometriche

Simmetria ciclica di ordine 8

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Simmetria rotatoria

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Logotipi

Basic 1

> Studio varianti cromatiche colori

> Studio varianti cromatiche in scala di grigio

#222220

#8a180c

#e84e0e

#9c2019

#f18800

#be211c

#fbb900

#7e7f7e

#7d6d9a

#0d6838

#a4a4a4

#8172b3

#129245

#a292c2

#44ae4d

#4bd2a4

#2e5a6e

#a9a9aa

#24ceba

#3b737a

#c5c5c4

#45cad3

#519491

#646563

#888988

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#494948

#d2d3d2

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Logotipi

Studio effetti tridimensionali

Studio effetti grafici/ percettivi/ texture

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Scelta finale

Varianti dimensionali

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Logotipi

Basic 1

>> Logo libero Studio matrici geometriche

Studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

Simmetria assiale verticale

Simmetria assiale orizzontale

Simmetria assiale orizzontale

Studio di alcune composizioni deformando le matrici geometriche

Simmetria rotatoria

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Simmetria ciclica di ordine 4

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Logotipi

Basic 1

> Studio varianti cromatiche colori

> Studio varianti cromatiche in scala di grigio

#262626

#5a5a59

#a61916

#994848 #a65431 #ccc64e

#797a7a

#8b8c8c

#119233

#46997c #2c75a6 #8f569e

#c6c6c6

#dddddd

#00677e

#524999 #6d3f91 #cb664e

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Logotipi

Studio effetti tridimensionali

Studio effetti grafici/ percettivi/ texture

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Scelta finale

Varianti dimensionali

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Logotipi

Basic 1

>> Logo multisignificato Studio matrici geometriche

Studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

Simmetria assiale verticale

Simmetria assiale orizzontale

Simmetria rotatoria

Studio di alcune composizioni deformando le matrici geometriche

Simmetria assiale verticale e orizzontale

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Simmetria assiale verticale e orizzontale

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Logotipi

Basic 1

Studio varianti cromatiche colori

Studio varianti cromatiche in scala di grigio

#383837

#5c5b5b

#444443

#7f7e7e

#8d1456

#db8f17

#8f4268

#f8af5a

#1d1d1b

#083e6c

#549180

#979696 #b5b4b4

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#c5c4c4 #d4d4d4

#a42822

#1d1d1b #0f7f90

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Logotipi

Studio effetti tridimensionali

Studio effetti grafici/ percettivi/ texture

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Scelta finale

Varianti dimensionali

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>IMMAGINE COORDINATA

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Ma soprattutto il concetto chiave per una buona immagine coordinata deve essere la coerenza tra i vari elementi. È la coerenza che trasmetterà solidità all’immagine dell’attività. Coerenza tra logo e sue declinazioni, colori, impaginazioni, caratteri tipografici, documentazione e anche l’impostazione delle campagne pubblicitarie.

>>> Introduzione

L’immagine coordinata è l’insieme di tutta una dìserie di elementi che costituiscono l’identità di un’azienda o di un professionista. Fa parte di quella che viene definita comunicazione visiva, ovvero la comunicazione di un messaggio attraverso un’immagine. Fanno parte della comunicazione visiva elementi come il logo aziendale, carta intestata, sito web, insegne, elementi grafici delle pagine social, messaggi pubblicitarie su vetture e altre ancora. Se ideata e costruita con criterio e strategia, l’immagine coordinata crea e trasmette agli utenti un messaggio di solidità e coerenza aziendale. Questo ha un effetto decisamente positivo agli occhi del cliente, o potenzia-

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le cliente, che raccoglierà un senso di sicurezza nei confronti dell’attività a cui vuole o potrebbe rivolgersi. Affinchè l’immagine coordinata risulti efficace deve ruotare attorno a quelli che sono i valori e gli obbiettivi dell’azienda o del professionista autonomo. L’attività deve essere rappresentata da un design semplice, riconoscibile, pulito e mai esagerato.Deve essere fuori dal tempo, un’immagine coordinata deve poter funzionare anche a distanza di anni e superare le mode del momento. I vari elementi grafici devono potersi adattare ad ogni supporto, bisognerà quidi considerare tutte le possibili dituazioni, per esempio; supporto cartaceo, ellettronico ed eventuali tessuti nel caso di divise.

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Basic 1

> Logo scelto:

ARTILES

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Immagine coordinata

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>> Biglietto da visita > Introduzione Si parla di biglietto da visita, o business card, quando il referente è un professionista. Mentre, nel caso in cui il referente sia un’azienda o un ente (pubblico o privato), si parla di biglietto commerciale. l biglietto da visita fa parte dell’immagine coordinata di un’azienda, pertanto dev’essere coerente con gli altri prodotti già realizzati. In primo luogo dobbiamo riportare lo stile grafico adottato. Inoltre, è opportuno seguire (per quanto possibile)

la stessa disposizione degli elementi. Il biglietto di presentazione, essendo di ridotte dimensioni, non dovrebbe contenere più di due stili di carattere, i quali dovranno essere coerenti, omogenei e coordinati con l’immagine aziendale.

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> Misure ARTILES

Il “grande classico”è il formato rettangolare, indubbiamente anche oggi il più utilizzato per i biglietti da visita. Solitamente di dimensioni 85×55 millimetri, la misura ideale. La grammatura della carta è di 350 gr. La prima alternativa è un altro formato rettangolare, ma di poco più piccolo: 75×45 millimetri. La terza opzione è quella del formato quadrato, che presenta la misura 55×55 millimetri. Il biglietto da visita dell’ipotetica azienda Artiles, è realizzato sulle misure standard 85x55 millimetri con 5 mm di margine. Nella parte frontale la scritta è collocata al centro, contornata da delle simmetrie del logo di colore leggermente più scuri di quello del logo, che invece predomina il biglietto. Sul retro sono collocati, in alto a destra il logo originale e sulla sinistra l’indirizzo civico, l’indirizzo email, il numero, e il sito web del’azienda. Per quanto riguarda il font è stato utilizzato in entrambi i lati “Adam”, sul fronte di 9pt, sul retro di 6 pt.

ARTILES arte su piastrelle Via Verona 3 artiles@piastrelle.com 060-237853 www.artiles.com

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Immagine coordinata

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>> Carta intestata > Cosa è La carta intestata è quel particolare foglio di carta che fornisce immediatamente informazioni sia circa il soggetto al quale è indirizzata la lettera, sia circa il mittente. Si chiama “intestata” proprio perché in cima (in testa al foglio) è presente il logo o il design identificativo dell’azienda o del professionista e, nella parte restante del foglio, c’è tutto lo spazio vuoto che serve per contenere il testo di una lettera o un messaggio particolare. La carta intestata serve sia per comunicare con i propri clienti, sia per presentarsi ai potenziali, sia per inviare fatture e fax. Per questo motivo deve sempre essere ben leggibile in ogni sua parte (ancor di più nel caso di trasmissione via fax che spesso mette a dura prova anche le carte intestate più semplici) e deve immediatamente apparire professionale

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> Misure il formato della carta intestata è di 210 mm x 297 mm, il classico formato A4 con una grammatura sui 110 gr.

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Immagine coordinata

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>> Busta da lettere > Formati Il formato più usato è DL, che misura 11 × 22 cm. Esistono numerosi tipi di busta che si differenziano per le seguenti caratteristiche: - busta per documenti voluminosi; -presenza di una finestra per permettere la visione dell’indirizzo del destinatario stampato nel documento contenuto all’interno (a volte c’è anche una finestra per l’indirizzo del mittente); -presenza di un lato apribile per l’ispezione postale; I diversi formati sono:

-il formato C4 (22,9 x 32,4 cm) destinato a contenere il formato A4 (21 x 29,7 cm), -il formato C5 (16,2 x 22,9 cm) destinato ai fogli A5 (come un A4 piegato in due), -il formato C6 (11,4 x 16,2 cm) per un foglio A6 (un A4 piegato in quattro), -il formato DL (11 x 22 cm) per un A4 piegato in tre parti. Formato utilizzato particolarmente per gli scambi commerciali. Questo formato sta per essere soppiantato dal C5/6, che è leggermente più grande (11,4 x 22,9 cm). È detto anche formato americano o, nella versione 6.0 di MS Word, formato italiano; -formato per biglietto da visita;

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Immagine coordinata

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>> Oggetti promozionali

I mockup servono, principalmente, a far capire come un progetto grafico possa prendere vita una volta stampato o applicato su una superficie. I mockup serviranno quindi per mostrare quale effetto produrrà il logo, quando dovrà essere stampato su un biglietto da visita, su un cartellone pubblicitario, su un libro o su un agenda. Creare un mockup significa dare vita ad un’anteprima convincente di un progetto che mostra la resa finale delle sue applicazioni pratiche.

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>SCHEDE LEZIONI

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>>> Introduzione

Il seguente capitolo contiene le schede di approfondimento riguardanti due argomenti a scelta tra quelli affrontati durante le lezioni di Basic Design. Il primo approfondimento che troviamo riguarda il cocetto di Metafisica, della sua nascita, della sua evoluzione negli anni, dei suoi principali esponenti e di come questa sia stata di fondamentale importanza per la nascta di altri movimenti in Italia e di come ciò, conseguentemente, abbia ifluito nelle tecniche e negli stili architettonici e di design nascenti. Il secondo approfondimento riguarda invece una delle figure più importanti ed influenti del design italiano, ovvero: Achille Castiglioni, che è stato per ‘appunto de-

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signer, architetto e accademico italiano; analizzando così innanzitutto gli eventi principali circa la vita, per proseguire poi con alcune delle sue principali opere, fonte di ispirazione per il design dei tempi odierni.

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schede lezioni

>> Metafisica Il termine metafisica deriva dal greco metà physikà e identifica tutte quelle cose che sono oltre (metà) la comune sensibilità fisica e oltre la natura (physis). Si può descrivere il concetto del problema metafisico con il problema della definizione dell’essere sia sul piano sensibile che soprasensibile. La parola è stata coniata nel primo secolo d.c da Andronico da Rodi nel corso dei suoi studi sulle opere di Aristotele. Inizialmente il termine nasce in ambito aristotelico ed è utilizzato prettamente nello studio delle opere del filosofo greco. Col passare dei secoli la “metafisica” assume un’accezione più generale e si slega alla sua origine, per identificare l’oggetto di studio.

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Basic 1

Metafisica nella filosofia moderna. Nella filosofia moderna la metafisica è collocata ad un livello non raggiungibile dall’uomo a causa dell’incapacità di quest’ultimo di oltrepassare il mondo dei fenomeni reali. L’essere reale non è conoscibile in quanto va oltre la sfera della conoscenza soggettiva dell’uomo. E’ soprattutto con il pensiero del filosofo Kant che la metafisica inizia a svolgere la funzione di gnoseologia per ricercare quei concetti puri che sono comuni nella conoscenza umana indipendentemente dall’esperienza, dalla realtà osservata e dalle discipline di studio.

Metafisica nella filosofia antica.

Metafisica nella filosofia contemporanea.

Nella filosofia antica e in quella medievale la metafisica è soprattutto definita come ontologia e gnoseologia. I primi filosofi presocratici sono prevalentemente dei fisici che considerano la realtà visibile o invisibile (reale o ideale) come parte della natura. Per i presocratici esiste soltanto una realtà fisica. E’ soltanto con Platone che si inizia a separare il mondo fisico da quello metafisico. Per Platone esiste un mondo reale caratterizzato dalla corruttibilità delle cose ed un mondo ideale (mondo delle idee) dove l’essere è puro. Questa bipartizione della realtà viene successivamente ripresa da Aristotele che pone le basi della concezione medievale della metafisica quale ideale puro e incorruttibile vicino all’assoluto (Dio) superiore ad ogni altra realtà esistente o studio. Nel medioevo la metafisica diventa teologia razionale.

Nel Novecento assume una certa valenza il lavoro di Heidegger che rifiuta ogni dottrina naturalistica per oltrepassare il concetto di metafisica a favore del concetto di pensiero meditativo. In epoca contemporanea il dibattito sulla metafisica è soprattutto epistemologico. Il ruolo della metafisica nel dibattito filosofico viene svuotato del tutto con il neopositivismo filosofico di Carnap che, analizzando la metafisica con l’analisi logica del linguaggio, elimina il concetto dal dibattito filosofico in quanto non verificabile tramite l’esperienza umana.

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Ambigue percezioni

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> Metafisica e pittura

Oggi il termine indica un movimento artistico nato creato da Giorgio De Chirico e Carlo Carrà nel1917 che vuole rappresentare ciò che va oltre l’apparenza fisica, l’essenza intima della realtà al di là dell’esperienza sensibile. La pittura metafisica è un altro originale contributo italiano al panorama delle avanguardie europee dopo il Futurismo. Il maggiore esponente è stato Giorgio De Chirico, oltre a suo fratello Andrea (noto come Alberto Savinio) e, per un periodo limitato, Carlo Carrà e Giorgio Morandi. Secondo De Chirico la metafisica è l’arte che esprime l’essenza intima della realtà, una realtà che viene interpretata e non descritta, anche

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> Metafisica e architettura

quando sembra assumere forme naturalistiche. Metafisico è ciò che è avulso dalla logica ambientale in cui siamo abituati a vederlo: un oggetto qualunque estrapolato dal contesto abituale e inserito in un altro che gli è estraneo. “Ogni oggetto presenta due aspetti: l’aspetto comune, che è quello che generalmente si scorge, e che tutti scorgono, e l’aspetto spirituale e metafisico, che solo pochi individui riescono a vedere, in momenti di chiaroveggenza o di meditazione metafisica. L’opera d’arte deve richiamare un aspetto che non si manifesta nella forma visibile dell’oggetto rappresentato”, scrive De Chirico.

Le opere architettoniche di questi anni sono tutte influenzate in maniera anche inconscia da questo movimento. Le linee architettoniche sono caratterizzate da forme concave e convesse, geometrie semplici e lineari e colori si intrecciano in un insieme armonico e ordinato che rimanda agli spazi metafisici senza tempo. Tra gli importanti architetti che subirono dell’influenza di questo movimento, importante poi anche per il design contemporaneo, ricordiamo Carlo Mollino, Marcello Piacentini e Adalberto Libera.

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Schede lezioni

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>> Achille Castiglioni > Biografia

> Opere di design

Nasce a Milano nel 1918. Già nel 1940 si dedica ai test di produzione industriale insieme ai fratelli Livio (1911-1979) e Pier Giacomo (1913-1968). Dopo essersi laureato in architettura nel 1944, dà inizio alla ricerca nel campo delle forme, delle tecniche e dei nuovi materiali con l’obiettivo di sviluppare un processo di design integrale. È uno dei fondatori di ADI nel 1956. Nel 1969 riceve l’autorizzazione dal Ministero dell’Istruzione per insegnare “Design Artistico per l’Industria”, è professore presso la Facoltà di Architettura di Torino fino al 1980, quindi professore di “Design Industriale” a Milano fino al 1993. Dal 1950 si attiva nel campo della ricerca e della sperimentazione di allestimenti per esposizioni (Triennale di Milano, Montecatini, Agip, Rai). Al MoMA di New York sono esposte quattordici delle sue opere. Tra il 1984 e il 1986 viene allestita una sua mostra personale organizzata dal Museum fur Angewandte Kunst (Vienna), poi presso l’Akademie der Kunst (Berlino), la Triennale di Milano (Milano), il Kunstgewerbe Museum (Zurigo), l’Haags Gemeentemuseum (L’Aia), il

- Sgabello Mezzadro,1957 sedile per Zanotta, (con Pier Giacomo) Mezzadro è uno sgabello che si ispira alla tipica decontestualizzazione di un oggetto della composizione dadaista del Ready-made, frutto della volontà di cercare e scoprire nuove tecnologie e prodotti adatti a un processo di produzione seriale. Per garantire equilibrio e stabilità, alla balestra in acciaio è stato fissato, a terra, un elemento ligneo trasversale in faggio (preso a prestito da un’imbarcazione a vela), che ricorda vagamente un giogo contadino. Il sedile, che si aggancia alla struttura con una semplice vite a galletto (utilizzato per il bloccaggio delle ruote delle biciclette), si stringe a mani nude, senza dover utilizzare alcuno strumento meccanico.

Circulo de Bellas Artes (Madrid) e il Centre Georges Pompidou (Parigi). Gli sono stati conferiti nove Compassi d’Oro. Achille Castiglioni muore nel 2002.

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Schede lezioni

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- Sanluca, 1960 poltrona per Gavina (successivamente Knoll, Bernini, Poltrona Frau) La poltrona è studiata per essere stampata nei vari elementi che la compongono, rifinita e poi assemblata, rappresenta uno studio sulla possibilità di avere una poltrona comoda pur essendo di struttura relativamente rigida. I tre punti di appoggio, seduta, schienale, poggiatesta, sono separati, costruiti con diversi gradi di imbottitura, come i due fianchi con braccioli, sembrano avere oltre all’autonomia costruttiva anche autonomia formale, tanto che questa poltrona suggerisce l’idea di elasticità più nella forma che nella reale struttura. Sanluca è stata sviluppata con modelli plastici in creta, gesso e legno.

- Arco,1962 (con Pier Giacomo) lampada a terra per FLOS La lampada in questione nasce dall’esigenza di realizzare una lampada a sospensione che proiettasse la luce sul tavolo senza richiedere fori nel soffitto. La base pesantissima in marmo, altro non è che un contrappeso per sostenere il grande arco metallico, ispirato a un lampione stradale. E il foro, praticato nel baricentro della base, non è stato concepito come decoro ma come accorgimento per sollevare la base con facilità, inserendovi ad esempio un manico di scopa.

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Schede lezioni

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- Allunaggio, 1966 sedile per Zanotta Questa seduta celebra la ricognizione mediante sonde dell’unico satellite terrestre, considerato uno degli eventi più importanti della conquista dello spazio. La composizione della seduta per esterni prevede tre esili gambe in tubo d’acciaio curvato (diametro 22 mm), su cui poggia un sedile in metallo stampato, verniciato a fuoco del colore verde prato; il peso è distribuito a terra attraverso tre dischi di materia plastica elastica di colore naturale. A conferirne la stabilità sul terreno e le caratteristiche di leggerezza e robustezza troviamo la grande distanza dei piedi di appoggio dal baricentro, l’altezza contenuta e i materiali utilizzati; in più se collocato in un prato e data l’ampiezza delle lunghe gambe d’appoggio permette all’erba di crescere avendo aria a disposizione.

- Snoopy, 1967 lampada da tavolo per Flos (collaborazione con Piergiacomo Castiglioni) L’apparecchio è composto da una base cilindrica di marmo bianco venato, obliqua rispetto al piano di appoggio, su cui è bloccato, attraverso il portalampada, un disco di cristallo trasparente di notevole spessore, forato e molato, che sostiene senza ulteriori fissaggi un riflettore leggero in alluminio verniciato, con tre fori superiori per il raffreddamento. Un modello allegro e divertente, che rimanda, per la forma e i colori, al personaggio di Snoopy, famosissimo e buffo cagnolino nato dalla fantasia del celebre autore di fumetti Charles M. Schulz. Snoopy illumina gli ambienti della casa in modo ironico e simpatico.

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> AMBIGUE PERCEZIONI

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terno del campo gestaltico. Gestalt in tedesco significa «forma», nel senso di configurazione, cioè un insieme di elementi connessi dinamicamente e che possono essere a loro volta delle configurazioni; quindi la configurazione è un insieme formato da sottoinsiemi. Nel caso di comunicazioni complesse l’osservatore percepisce la figura «migliore», cioè «più semplice», tra quelle in accordo con l’immagine data. Nella teoria gestaltica la percezione è soggetta alle leggi di vicinanza e somiglianza, la percezione dello spazio è determinata dagli indizi di profondità; tensione e movimento sono creati da altri fattori, quali linee rette o curve, inclinate o perpendicolari,

contrasti o equilibri cromatici. La teoria gestaltica ebbe grande influenza nell’arte del Novecento, dal Cubismo al Futurismo, lanciati all’inseguimento della quarta dimensione (il tempo), fino alle ricerche formali dell’arte non figurativa (da Mondrian, Klee e Kandinskij, all’Optical art e Vasarely). Altre teorie contemporanee hanno incentrato l’attenzione sui fattori ambientali, come il movimento del New Look; esso sostiene che la percezione, oltre ai fattori impliciti allo stimolo visivo, è riconducibile ai bisogni, agli stati emotivi, alle aspettative e motivazioni del soggetto che percepisce lo stimolo visivo.

>>> Introduzione

La percezione visiva è il processo di elaborazione delle informazioni provenienti dal mondo esterno attraverso gli occhi ed elaborate dal cervello che le traduce in informazioni più complesse, disponibili per le funzioni cognitive del soggetto. Con l’invenzione rinascimentale della prospettiva, assurta a «scienza della visione», si fece strada la pretesa di un «realismo ingenuo» che affermava la corrispondenza fedele tra realtà oggettiva e percezione visiva. Filosofi e studiosi della percezione si divisero in due grandi correnti di pensiero: gli innatisti, che postulavano l’esistenza di schemi interpretativi precostituiti nella mente umana, e gli empiristi, che collega-

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vano la percezione all’insieme delle esperienze vissute. Nelle ricerche sulla percezione visiva nella prima metà del Novecento riprese fiato e sistematicità la corrente di pensiero innatista con la teoria della Gestalt, definita da un gruppo di psicologi tedeschi, tra cui Kurt Koffka, Max Wertheimer e Wolfgang Köhler. Secondo la teoria della Gestalt la percezione non è condizionata da fattori estranei al processo stesso, ma è un fatto primitivo e immediato, è il risultato della dinamica interna delle forze che si vengono a creare fra le diverse parti di uno stimolo. In analogia al concetto fisico del campo, i processi percettivi si autorganizzano all’in-

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AMBIGUE PERCEZIONI

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>> Illusioni ottiche

Illusioni geometriche

Illusioni prospettiche

Sono illusioni cognitive in cui viene percepita erroneamente la geometria dell’immagine o parte di essa. L’effetto può essere causato dal fatto che un’area di colore chiaro tende ad essere percepita come più ampia della stessa area di colore scuro. Questo principio viene utilizzato in architettura per diminuire o aumentare l’altezza e/o la dimensione apparente di stanze o facciate scegliendo opportunamente i colori. Un’altra causa è dovuta alla tendenza del cervello a stimare una dimensione basandosi su effetti prospettici o sul confronto con oggetti vicini.

Per rappresentare le immagini tridimensionali su una superficie piatta si utilizzano tecniche di proiezione prospettica. In alcune situazioni però la rappresentazione è ambigua, e il cervello umano tende a costruire la rappresentazione ritenuta più normale, oppure rimane incerto tra due possibili situazioni. Si hanno i paradossi prospettici.

Illusioni di completamento

Illusioni di movimento

In alcune illusioni si ha la percezione di parti di immagini che non esistono realmente. In alcuni casi la natura del fenomeno è fisiologica, come nell’illusione della griglia di Hermann o della griglia scintillante. Questo effetto è spiegabile con il processo neurologico chiamato inibizione laterale. L’intensità luminosa percepita di un punto non è data da un singolo neurone, ma diversi neuroni centrali danno un segnale che viene parzialmente inibito dai neuroni circostanti. Poiché nelle intersezioni l’area circostante è mediamente più chiara che non nei tratti di linee, la zona centrale appare più scura.

In queste illusioni si percepisce un movimento di alcuni elementi dell'immagine che ovviamente, essendo stampati su un foglio di carta sono necessariamente immobili. Altre illusioni di movimento sono quelle che si riferiscono alle diverse modalità con le quali si può percepire il movimento stesso, come, ad esempio, il senso di rotazione.

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AMBIGUE PERCEZIONI

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> Elaborati

1) Variazione della percezione di un oggetto per effetto di diversi disegni sulle superfici. Realizzando un disegno prospettico bidimensionale con le rispettive ombre e puntando la fotocamera in un determinato punto otterremo un effetto di tridimensionalizzazione del soggetto rappresentato. Questa è un tipo di illusione ottica, che appartiene alla categoria delle illusioni prospettiche, in quanto si basa su di essa-

2) Effetto cinetico. Grazie all’utilizzo di colori contrastanti e della creazione di forme tra loro ribaltate e disposte in un determinato modo, è possibile ottenere un effetto cinetico che, trattandosi di un’illusione ottica, in realtà non si presenta.

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AMBIGUE PERCEZIONI

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>> L’oggetto impossibile > Cosa è “Un oggetto impossibile è un oggetto che non può essere costruito nella realtà tridimensionale perché in contrasto con le leggi della geometria, sebbene sia possibile disegnarne una rappresentazione bidimensionale. La percezione dell’immagine bidimensionale come oggetto verosimile rappresenta un paradosso ed è per questo una illusione ottica di tipo cognitivo.”

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AMBIGUE PERCEZIONI

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> Esempi

Poiuyt/BLIVET ll cubo impossibile È un oggetto impossibile che rappresenta un cubo non costruibile nello spazio. Nel cubo impossibile la raffigurazione degli spigoli come oggetti solidi rende certa la collocazione delle facce anteriore e posteriore, ma i prismi che costituiscono gli spigoli laterali si intrecciano in modo impossibile per un oggetto tridimensionale. La costruzione di un modello che dia l'illusione di un cubo impossibile può essere ottenuta tagliando i prismi di una figura cubica reale in modo che si intravedano gli spigoli posti dietro come se passassero anteriormente.

Un poiuyt, conosciuto anche come tridente impossibile o blivet è una figura indecidibile, un'illusione ottica e un oggetto impossibile. Il nome deriva dai primi sei tasti della prima fila alfabetica della tastiera americana, partendo dall'ultima lettera. La figura sembra avere tre rebbi cilindrici a un capo che si trasformano misteriosamente in due rettangolari all’altro capo. Comparve per la prima volta sulla copertina della rivista Mad nel marzo 1965 e da allora è apparsa molte volte altrove.

Il triangolo di Penrose

La scala di Penrose

Il triangolo di Penrose o triangolo impossibile è un oggetto impossibile, ovvero può esistere solamente come rappresentazione bidimensionale e non può essere costruito nello spazio, poiché presenta una sovrapposizione impossibile di linee con differenti costruzioni prospettiche. Appare come un solido costituito da tre prismi a base quadra uniti tra loro con tre angoli retti a formare un triangolo. Importante è ricordare che in geometria euclidea la somma degli angoli interni di un triangolo corrisponde a 180°, pertanto non può esserci più di un angolo retto.

Anche nota come scala infinita o impossibile, è un esempio di illusione ottica, descritta dai matematici inglesi padre e figlio Lionel e Roger Penrose in un articolo pubblicato nel febbraio del 1958. Si tratta della rappresentazione bidimensionale di una rampa di scale che muta la propria direzione di 90 gradi quattro volte mentre la si sale o la si scende, per ritornare al punto di partenza in un giro infinito. Sebbene non sia possibile realizzare un oggetto tridimensionale di questo genere, l’immagine di Penrose riesce a darne l’illusione falsificando la prospettiva.

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AMBIGUE PERCEZIONI

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> Elaborato

L’elaborato in questione si basa sullla tensegrità (integrità tensionale o compressione flottante) ed è un principio strutturale basato su un sistema di componenti isolati in compressione all’interno di una rete di tensione continua , e disposti in modo tale che gli elementi compressi non si tocchino tra loro mentre elementi tesi precompressi delineano spazialmente il sistema. Questo restituisce quindi a primo impatto l’idea di un oggetto che contrasta le regole che l’occhio umano è abituato ad osservare, dando un senso di impossibilità.

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>I KIRIGAMI

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>>> Introduzione

I materiali che l’uomo lavora trasformandoli in espressione artistica hanno quasi sempre bisogno, oltre alle mani, di strumenti, attrezzi, macchinari per essere modellati, scolpiti, assemblati e assumere la loro nuova identità. Da semplice materiale ad opera d’arte.\ Di per sé la carta è un materiale leggero, economico, facile da reperire e soprattutto bidimensionale e limitato nelle dimensioni. Un singolo foglio di carta si presenta senza una struttura portante ma basta una semplice piega per farlo stare in piedi e reggere un peso, ne bastano poche altre per trasformarlo in una scatola, in un sacchetto, in un contenitore. Con le sole piegature fatte dalle mani si trasforma insomma l’anonimo

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foglio bidimensionale in un significante oggetto tridimensionale. Per gli artisti la carta rappresenta un materiale duttile e veloce per esprimere le proprie idee al punto che si lavora direttamente senza il bisogno di preparare schizzi o progetti come si farebbe con altri materiali (legno, metallo, ecc.). Lo studio della piegatura della carta permette inoltre di realizzare modelli per la piegatura di altri materiali (tessuti, lamine metalliche, policarbonati ecc. ecc.) per oggetti di design industriale. La carta infatti, grazie alla sua grande versatilità, può, non tanto imitare quanto simulare materie differenti e sostituirle in modo pratico ed economico nello studio del progetto.

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KIRIGAMI

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>> Esercitazione iniziale > Variante mostrata n°1 Partendo da cartoncini bianchi di forma quadrata di dimensioni 10x10 cm squadrati, lo studente realizzi due delle esercitazioni proposte a lezione con in aggiunta almeno due varianti mostrate e due inventate dallo studente stesso.

> Basic form 1

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> Variante mostrata n°2

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KIRIGAMI

> Variante inventata n°1

> Basic form 2

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> Variante inventata n°2

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KIRIGAMI

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> Variante mostata n°1

> Variante inventata n°1

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> Variante mostrata n°2

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Taglia

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> Variante inventata n°2

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KIRIGAMI

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>> Le simmetrie

Partendo da cartoncini bianchi di forma quadrata di dimensioni 20x20 cm squadrati, attraverso un programmato processo di tagli e piegature, sono stati realizzati tre modelli tridimensionali secondo le seguenti simmetrie: - Simmetria traslatoria - Simmetria bilaterale - Simmetria con doppio ribaltamento di uno dei semipiani I modelli sono stati documentati digitalmente attraverso punti di vista differenti, con variazione di luci e colori e proiezioni di texture.

> Simmetria bilaterale

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KIRIGAMI

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> Simmetria traslatoria

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KIRIGAMI

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> Simmetria doppio ribaltamento di un dei semipiani

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I KIRIGAMI

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>> Le narrazioni

La terza esercitazione consiste nella creazione di due modelli, attraverso la tecnica del kirigami, che rappresentino due “città ideali” su ispirazione del libro “Le città invisibili” di Italo Calvino. Documentazione dei modelli atraverso riprese fotografiche con luci e textures.

> Isaura “Isaura, città dai mille pozzi, si presume sorga sopra un profondo lago sotterraneo. Dappetutto dove gli abitanti scavando nella terra lunghi buchi verticali sono riusciti a tirar su dell’acqua, fin là e non oltre si è estesa la città: il suo perimetro verdeggiante ripete quello delle rive buie del lago sepolto, un paesaggio invisibile condiziona quello visibile, tutto ciò che si muove al sole è spinto dall’onda che batte chiusa sotto il cielo calcareo della roccia.”

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I KIRIGAMI

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La prima città è stata realizzata su un cartoncino a tre composto da una fila orizzontale di 8 quadrati (suddivisi in 10x10 a loro volta, 5 in linea continua e 1 in linea tratteggiata, utili specialmete per le decorazioni) e una verticale di 5 quadrati (anch’essi suddividi in 10x10)

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I KIRIGAMI

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> Fedora “Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello di un’altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era più la stessa di prima e quello che fino a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro.”

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>Seduta in legno

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>>> Introduzione

La progettazione, nelle scienze applicate, è l’attività promossa dal progettista, che è alla base della costruzione/realizzazione di qualsiasi oggetto complesso, sia esso materiale o soltanto concettuale attraverso la stesura di un progetto. È un processo che a partire da norme tecniche, calcoli, specifiche e disegni, perviene alla definizione dei dettami, linee guida e specifiche necessarie alla produzione/ realizzazione di un manufatto, un edificio, un componente, un apparato, o in generale di un prodotto o un servizio riassunte all’interno di un progetto. In senso più esteso per progettazione si intende l’insieme delle fasi di pianificazione e programmazione di un insieme di attività

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che porteranno a un risultato. In definitiva quindi quasi tutte le attività umane ricorrono, più o meno efficacemente, a una progettazione cioè a mezzi, strategie e azioni più opportune per raggiungere determinati fini. “Progettare è facile quando si sa come si fa. Tutto diventa facile quando si conosce il modo di procedere per giungere alla soluzione di qualche problema.” Come afferma Bruno Munari il primo passo per un progetto di qualità risiede nella definizione del problema. Definire il problema è fondamentale perché permette di capire i limiti entro cui operare.

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seduta in legno

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>> Esercitazione

>> Proposte iniziali

Si realizzi un panca in cui il materiale principale è il legno (aste o piani). La panca dovrà riferirsi ai seguenti casi (indicativi): a) Panca allungabile b) Panca con elementi di rotazione c) Panca pieghevole d) Panca a più funzioni e) Panca a più utilizzi f) Panca per posture multiple Si possono anche proporre al docente casi diversi. La panca dovrà essere concepita per una produzione industriale, con montaggio che potrà essere fatto dall’acquirente. Le connessioni tra le diverse componenti devono quindi permettere in questo caso lo smontaggio e il montaggio. L’esercitazione ha il fine, a partire dalla proposta di un oggetto semplice e utilizzando un materiale tradizionale, di sviluppare conoscenze relative alla costruzione di oggetti, attraverso un utilizzo appropriato dei materiali, adeguate soluzioni costruttive, corrette rappresentazioni grafiche.

* Parco

Esterni

Scacchi/ Dama

Divertimento Gioco

* re

Legge

Riposarsi Compagnia

Re

lax

Seduta in legno Bamboo Compensato marino Teak Incastri Diverse disposizioni

Sdraio

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Più funzioni

Componibile Semplic

e

Comodità

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>> Proposta finale

La panchina ideata, definitiva, verte sulla possibilità della multifunzione della panchina di prestarsi sia come oggetto di riposo, cn la possibilità quindi di sedersi e rilassarsi, sia come oggetto di svago e gioco tra due o più persone. Attraverso un meccanismo di incastri essa permette di adattarsi a diversi contesti.

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> Modulo n°1

Il primo modulo della panchina è quello quadrato, ovvero il modulo “gioco”, cioè la parte su cui le persone, grazie ad apposite stampe, potranno giocare a scacchi o altri giochi da tavolo. Questa si incastra al modulo seduta (il secondo modulo) attraverso le sporgenze sui 4 lati. Il modulo giocoè composto da una scatola e un coperchio, quest’ultimo sfilabile, in modo tale da riporre le pedine utilizzate al suo interno, e utilizzarle all’evenienza. Per permettere alla persona di far leva sulle dita per poterlo sfilare, sul coperchio e su due lati, sono stati creati rispettivamente dei vuoti a semicerchio.

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I tassellini cilindrici vengono incollati al coperchio, in modo tale da da permettere un maggiore fissaggio alla scatola. Per quanto riguarda le sporgenze esterne, queste vengono incassate ed incollate, ma per garantire maggiore sicurezza a chiunque voglia sedersi sul modulo, vengono fissate con due viti a testa piatta per ogni modulo.

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seduta in legno

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> Modulo n°2

Il secondo modulo è il “modulo seduta” su cui si possono sedere un massimo di 2 persne. Questo agli estremi ha due parti incave che permettono invece di incastrasi con il modulo seduta. Le gambe sono realizzate secondo un incastro, che va poi incollato, che permette alla panchina di essere ben salda.

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> Esploso e disposizioni

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seduta in legno

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> Proiezioni ortogonali e quote

Modulo 1: gioco

56 A seguire le proiezioni ortogonali del modellino in scala 1:10 della panchina assemblata nella sua forma basica, evidenziate lunghezza, altezza e profondità.

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Scatola del modulo gioco

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Coperchio del modulo gioco

Modulo 2

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> Modellino

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> Possibili disposizioni

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>errori di progettazione

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>>> Introduzione

La progettazione di un oggetto non sempre va a buon fine e prende in considerazione ogni aspetto utile. Può capitare che ci siano diversi errori nella morfologia, nei materiali, o nel packaging di un prodotto che rendano l’oggetto meno pratico, meno intuitivo all’utilizzo di come in realtà potrebbe essere, fattori a cui il progettista non ha pensato che se fossero stati presi in considerazione potrebbero migliorare le prestazioni o le funzionalità di un prodotto. Nella quotidianità è facile riscontrarsi in problematiche simili, di fronte ad un oggetto o anche ad un servizio, Il seguente capitolo illustra le ipotetiche soluzioni a 2 errori di progettazione di oggetti

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e servizi riscontrati personalmente nel loro utilizzo quotidiano. Errori di distrazione che se risolti aggiungerebbero qualità ad essi.

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ERRORI DI PROGETTAZIONE

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>> Piano cottura

Il primo errore di progettazione non riguarda un singolo oggetto, ma un servizio, ovvero il piano cottura. In questo caso l’errore riguarda la mancanza di segnalateica, che espliciti la corrspondenza tra maniglia-fornello. Proprio per questo motivo, nel quotidiano, capita quasi sempre di confondere i fornelli, specialmente quelli in alto, e quindi di accendere il fornello sbagliato rispetto a quello che si vorrebbe accendere.

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ERRORI DI PROGETTAZIONE

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> Soluzione n°1

>> Spremiagrumi

La prima ipotetica soluzione consiste nell’affiancare alle maniglie una grafica che permetta alla persona di orientarsi e quindi facilitare a capire la corrispondenza fornello-maniglia, in modo tale che on c siano fraintendimenti.

Il secondo errore di progettazione riguarda lo spremiagrumi in fotografia. Difatti la posizione del beccuccio, che permette di versare la bevanda appena spremuta, si trova in una posizione scomoda, tale da far entrare, in questo caso nel bicchiere, la parte dell’arancia che in realtà dovrebbe essere filtrata e separata dal succo finale.

> Soluzione n°2

La seconda ipotetica soluzione consiste nella modifica della posizione dei fornelli, che accompagnata dalla posizione e dalla grafica delle maniglie rende più esplicita la loro corrispondenza.

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ERRORI DI PROGETTAZIONE

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> Soluzione n°1

> Soluzione n°2

La prima ipotetica soluzione prevede un buchetto seguito dal suo beccuccio, che si trova nella parte in vetro, in modo tale da permettere agli agrumi filtrati di non mescolarsi con il succo.

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La seconda ipotetica soluzione, invece, prevede l’allungamento del beccuccio, nella stessa posizione in cui si trova nell’oggetto originale. In questo modo il succo potrà uscire dal contenitore senza mischiarsi con gli agrumi filtrati, poiché sarà “protetto”.

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“Non avere paura della perfezione non la raggiungerai mai” - Salvador Dalì


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