Web Magazine di Arte e Cultura Marziale - Numero 0 - Maggio 2015
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Editoriale
’ ultimo numero cartaceo della rivista MAAMAAGAZINE, che salutava Soke Luciano Foralosso, scomparso poco prima della pubblicazione del giornale, porta la data “Gennaio 2012”. Sì, sono passati più di 3 anni.
In questi anni ho sempre ricordato con affetto e nostalgia tutto il lavoro fatto per mettere su carta il progetto: le tantissime telefonate e mail scambiate con gli amici e colleghi che, sia dall’Italia che dall’estero, hanno collaborato con passione e dedizione alla causa, la soddisfazione di sfogliare il primo numero stampato ogni volta che arrivavano le consegne dalla tipografia, ed il rammarico quando quest’impegno, diventato ormati troppo gravoso per tutti i collaboratori ha portato alla dolorosa decisione di sospendere la pubblicazione della rivista. Questi tre anni hanno significato per me profondi cambiamenti, a livello marziale, personale e professionale. Strade che erano solo tratteggiate sono state solcate con decisione, mentre altri percorsi, creduti certi, sono stati abbandonati. I sogni, però, non riesci mai ad abbandonarli del tutto. Puoi chiuderli in un cassetto, mentre ti forzi a concentrarti su altri impegni, ma quel cassetto rimane sempre un po’ socchiuso, giusto pr ricordarti, ogni volta che lo guardi, che c’è qualcosa, lì dentro, ancora da fare. In questi tre anni quel cassatto mi è capitato di aprirlo diverse volte, con la soddisfazione di realizzare qualche ambizione, il rammarico di accantonarne qualcun’altra, e la sorpresa di riporne di nuove, che fino a poco tempo prima non avevo neppure ipotizzato. Ed ogni volta che aprivo quel cassetto, le sei copie di MAA MAGAZINE, gelosamente custodite lì dentro, tornavano a chiamarmi. Un giorno, semplicemente, quel richiamo è diventato troppo forte per essere ulteriormente ignorato. E’ stato un attimo: una telefonata al Presidente, un giro di mail ai vecchi collaboratori con i quali eravamo ancora in contatto, e in pochi giorni si tornava in redazione a lavorare a MAAMAGAZINE 2.0 E’ stato incredibile constare come, mentre i mezzi, i luoghi e le persone impegnate nel progetto fossero profondamente cambiate, le idee di fondo sono rimaste sostanzialmente le stesse, sebbene rafforzate da nuove consapevolezze e nuovi stimoli.
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Questo mix di intuizioni, consapevolezze e sensazioni ha prontamente (ri)conquistato sia i vecchi membri del team che i nuovi collaboratori, ugualmente coinvolti in questo nuovo, ambizioso, progetto.
Ichinen iwa omo toosu
La forza di volontà attraversa anche le rocce
Il nuovo MAAMAGAZINE 2.0 si presenta in edizione totalmente digitale: questo ci ha permesso, da un lato, di potenziarne sia i contenuti che la periodocità, sempre mantenendo il format di free press che ci ha permesso di raggiungere tanti appassionati di arti e culture marziali, e contemporaneamente di aumentare l’interattività del giornale. MAA MAGAZINE 2.0 vive di condivisione: chiunque abbia la voglia di mettersi in gioco e divulgare le sue esperienze e conoscenze su queste pagine è sempre il benvenuto. I contenuti del giornale saranno imporntati sulla divulgazione e sulla promozione della cultura marziale e sportiva in generale, offrendo una visione a 360° sul vastissimo panorama marziale nazionale ed internazionale. Questo numero 0, che raccoglie alcuni dei migliori articoli finora pubblicati, insieme a nuovi contenuti inediti, ha lo scopo di presentare la nuova veste grafica della rivista, insieme ad alcune delle tantissime novità che verranno presentate nei prossimi numeri e sul nuovo portale online. Ichinen iwa omo toosu: la forza di volontà attraversa anche le rocce”. Questo detto giapponese incarna precisamente lo spirito con il quale ci siamo lanciati in questro progetto, che vogliamo rendere sempre più vivo grazie all’apporto di tutti coloro che vorrano sostenerlo. I sogni non riesci mai ad abbandonarli del tutto, e per fortuna: qualcuno ha detto che sono l’unica cosa che ci tiene in vita.
Francesco Malvano
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Jita Kyo – Ei ari amici, il 27 gennaio 2015 abbiamo festeggiato il 5° anniversario della fondazione della MAA International. In questi cinque anni, partendo da un piccolo gruppo di Maestri, animati da un profondo spirito di coesione ed una grande passione per le Arti Marziali, abbiamo coinvolto nel nostro progetto tanti maestri di fama internazionale, che hanno apportato il loro prezioso contributo allo sviluppo della nostra federazione. Insieme a loro abbiamo tracciato un percorso ricco di esperienze. Non sono mancate le soddisfazioni, così come i fisiologici momenti di difficoltà, scaturiti dalla voglia di concretizzare il difficile progetto di raggruppare sotto un’unica bandiera esponenti di tantissimi stili e metodi diversi provenienti da tutto il mondo.Tali esperienze ci ha dato modo di espandere i nostri confini, sia geografici che culturali, nello spirito di condivisione che da sempre ha animato i nostri progetti.
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Tra i tanti Maestri che hanno con passione coadiuvato il nostro lavoro, un pensiero particolare voglio dedicarlo a tre grandissimi uomini, prima che artisti marziali, che negli ultimi anni ci hanno lasciato: Luciano Foralosso, pioniere delle Arti marziali italiane e prima cintura nera del Maestro Gino Bianchi, Renato Boshic, grande ricercatore e cultore del Ju Jitsu tradizionale giapponese, nonché mio personale Maestro Guida, e Franz Strauss, che con il suo Judo-do ha rivoluzionato la concezione di tale Arte a livello Internazionale. Questi maestri, che resteranno sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori per il loro spessore tecnico, per la generosità, per la loro serietà e per il loro grande amore per le Arti Marziali, saranno sempre per noi delle guide e dei modelli di riferimento. Quest’anno, dopo tanti progetti dedicati esclusivamente all’arte ed alla cultura marziale, vogliamo aprire le porte al mondo dello sport, del fitness e di tutte le forme di aggregazione mirate alla socializzazione ed alla crescita dell’individuo. Tramite accordi con Organizzazioni, Federazioni ed Enti di Promozione Sportiva, operanti a livello internazionale, siamo in grado di offrire gratuitamente tantissimi servizi, tra cui la registrazione dei nostri Centri Sportivi nel Registro Nazionale CONI, l’assicurazione per tutti i nostri affiliati, il riconoscimento internazionale di gradi e qualifiche per tutti i nostri tecnici.
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Offriamo inoltre corsi di formazione, riconosciuti a livello nazionale ed internazionale, per qualifiche tecniche e manageriali: tra questi, corsi per tecnici, operatori sportivi di base, promotori sportivi di disciplina
Nel campo delle arti marziali, per le cinture nere ed i tecnici, il progetto Black Belts Alliance continua di anno in anno a crescere ed offrire sempre nuove possibilità: oltre all’iscrizione, sempre gratuita, all’Albo Internazionale BBA, da quest’anno è possibile richiedere il diploma in conformità BBA INTERNATIONAL ed uno spazio promozionale all’interno del sito bballiance.net L’inizio del quinto anno di attività internazionale della MAA ha sancito l’inizio di un processo di evoluzione che ha coinvolto tutti i campi di attività: dal panorama tecnico, con l’unificazione dei coordinamenti settoriale a livello Nazionale ed Internazionale, a quello organizzativo, con il nuovo assetto delle segreterie operative. Tale rivoluzione ha interessato anche le pagine che state leggendo in questo momento: MAAMAGAZINE riprende la pubblicazione in formato digitale, con tante nuovi i progetti, curati dal responsabile per l’immagine Francesco Malvano, che coinvolgeranno tutti i nostri affiliati sfruttando su larga scala le possibilità offerte dai social network e dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. “Jita Kyo – Ei”. Insieme per crescere e progredire: con questo adagio i giapponesi inaugurano i nuovi progetti, con l’augurio di una prosperità e di una crescita che coinvolgano tanto il singolo quanto tutta la collettività.
Massimo Curti Giardina
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TORNATO ! 9
maa magazine story
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tre anni di distanza dall’ultima uscita, MAAMAGAZINE torna in edizione digitale, con una veste grafica totalmente rinnovata e tantissime novità che siamo ansiosi di proporvi! Per i vecchi amici che tante volte ci hanno chiesto quando ci saremmo ritrovati su queste pagine, e per i nuovi lettori che si avvicinano oggi alla rivista, ci sembrava doveroso raccontari in breve il tragitto che ci ha portato fin qui!
martial arts news L’idea di creare uno strumento informativo ad appannaggio di tutti i tesserati è nata già nei primi mesi di vita della Martial Arts Alliance, ben consapevole dell’importanza di divulgare ad un ampio pubblico il progetto MAA. Unitamente alla carica di Consigliere, mi fu affidato il Coordinamento dell’Ufficio Immagine, e con esso la gestione dei contatti con il Pubblico. Al completamento dello startup, che in pochi mesi ha coperto tutti i canali mediatici disponibili, la MAA si ritrovava, con grande soddisfazione, ad avere affiliati in più di 30 paesi in tutto il mondo, nonché diverse segreterie nazionali attive nei centri nevralgici di sviluppo. In contatto 24 ore al giorno con i nostri affiliati tramite le reti sociali, cominciammo ad intuire la necessità di potenziare significativamente l’aspetto comunicativo, creando al contempo contenuti di qualità e di facile fruizione. Nacque cosi il Progetto MAN – Martial Arts News., un notiziario distribuito gratuitamente a tutti i soci attraverso la pagine del sito web MAA. L’idea trovò subito numerosi consensi dalla comunità.
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Il successo ottenuto ci spinse ad osare qualcosa di più…
ottobre 2010: nasce maa magazine ! Con grande entusiasmo presentiamo al pubblico un progetto editoriale del tutto inedito: MAAMAGAZINE è il primo free-press di arti marziali a valicare i confini nazionali, con ricchi inserti in inglese, e tedesco: un grande progetto di inter-culturalità nel più puro spirito del Budo! La Martial Arts Alliance si affaccia sul mondo dell’editoria, mettendo letteralmente nero su bianco i principi che animano il suo ambizioso progetto di sviluppo. Il giornale viene presentato ufficialmente nel corso del Keiko Ryu 2010 e, sebbene si tratti di poco più di un promo, il magazine stupisce per la cura dei dettagli e la qualità degli articoli, che non si limitano ad essere mere recensioni di stage ed eventi, ma presentano contenuti culturali e approfondimenti curati da Maestri di fama internazionale. MAA MAGAZINE, in pochi mesi, sbarca in Germania, Austria e Svizzera: la scintilla era definitivamente scoccata!
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maa per il sociale Poco dopo l’uscita del numero 1 la tragedia di Fukushima sconvolge l’Aisa ed il mondo intero. Forse, ancor più della devastazione colpisce lo stoicismo dei Giapponesi che, senza lasciarsi andare ad attacchi di panico o isterie di massa, in silenzio si rimettono al lavoro per ricostruire le zone devastate. Tutte le maggiori associazioni benefiche attivano campagne di beneficenza che coinvolgono tutti i canali mediatici. La tragedia tocca nel profondo del cuore tutti gli appassionati di arti marziali. MAAMAGAZINE non può non farsi portatrice di un sentimento così sentito e condiviso. La coertina del numero 2 mostra una bandiera giapponese e non reca null’altro che la dicitura “Nana korobi Hachi oki”,un detto giapponese che significa “cadere sette volte, rialzarsi otto”. Possiamo dire con orgoglio di essere l’unica rivista di settore a dedicare interamente la copertina alla tragedia. Viene inaugurata la rubrica MAA PER IL SOCIALE, nella quale viene analizzato l’accaduto e vengono fornite le indicazioni per contribuire alle maggiori iniziative solidali. Su questo numero viene inoltre inaugurata la rubrica “Cultura Orientale”, contenente articoli di carattere storico, filosofico e culturale che spaziano all’interno del vasto orizzonte asiatico. L’impronta culturale della rivista coinvolge tutte le sezioni, trasformando le recensioni degli Stage internazionali in suggestivi diari di viaggio, che aprono finestre su tante realtà, tutte accomunate dalla medesima passione per le arti marziali.
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una pausa... un po’ più lunga del previsto! In un anno di attività. la rivista ha ormai assunto una sua precisa identità, che si manifesta già a partire dall’editoriale. Il presidente non si tira indietro quando si tratta di condannare il caos generato dalla moltitudine di sigle ed organizzazioni che, senza una precisa disciplina normativa, mettono in atto ogni anno il solito “balletto” di maestri e centri sportivi, che passano da questa a quella “federazione”, spesso in cambio di incarichi o aumenti di grado per i docenti. Una coscienza morale, che spazia dal mondo marziale a quello della solidarietà, anima le pagine del giornale. Oltre numerosi articoli di interesse tecnico e sportivo, gli approfondimenti tecnici e gli articoli culturali non mancano precise dichiarazioni di intenti, condivise con affiliati, per una partecipazione sempre più viva e consapevole alla vita federale. Si sperimentano nuove iniziative per coninvolgere ancora di più i lettori, e sempre più appassionati, anche provenienti da altre organizzazioni, sfogliano con interesse la rivista, che esce sabilmente sia in edizione cartacea che in digitale, per la prima volta accessibile anche da mobile. MAAMAGAZINE diviene sempre più un polo d’attrazione per gli appassionati di arti e culture marziali, tanto da richiedere necessariamente un periodo di stop per riorganizzare al meglio la gestione di un fenomeno andato ben oltre le più rosee aspettative. A seguito di varie vicissitudini, però, questa pausa si protae più del previsto, anche se il progetto non viene mai del tutto accantonato... e dopo tre lunghi anni MAAMAGAZINE 2.0 ritorna in grande stile! L’edizione digitale, sfruttando appieno le potenzialità del web, garantisce contenuti dinamici, accessibili ed in costante aggiornamento. Abbiamo scelto di mantenere una periodicità, perchè non vogliamo pensare alla rivista come ad un blog pieno di news e articoli concentrati esclusivamente sull’attualità, ma come ad un appuntamento fisso per un viaggio alla scoperta di panorami vicini e lontani. MAAMAGAZINE2.0 incarna lo spirito del giornale di settore nell’era dello sharing e delle reti sociali, offrendo contenuti di qualità in formato moderno e accessibile, in una realtà storica nella quale l’importanza cruciale del mondo dell’informazione si trova a far i conti, gorno per giorno, con i risvolti, sia positivi che negativi, del suo successo: da un lato una potenza espressiva ed una velocità di diffusione dei contenuti senza precedenti, dall’altro l’incredibile mole di informazioni, sempre pià difficile da filtrare e qualificare, che rischia di portare al collasso di tutto il sistema. Mai come in questi anni occorre responsabilità e rigore nel mondo dell’informazione, valori che noi di MAAMAGAZINE abbiamo sempre posto in primissimo piano.
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il giornale di settore: cultura e informazione
Fin da prima dell’invenzione della stampa la trasmissione di cultura e informazioni ha trovato nella forma scritta il suo principale veicolo. La scritura ha permesso la produzione di una documentazione riproducibile e quindi durevole nel tempo e di facile diffusione: le traduzioni (lo sapevano già i Latini che hanno fondato la loro cultura sui testi Greci tradotti, nonché i Medievali, i quali hanno recuperato gli stessi con le traduzioni dall’arabo) hanno contribuito in maniera decisiva ad importare ed esportare movimenti e correnti culturali, in un periodo storico, quello della nascita delle Università, contraddistinto da un vivo fervore intelletuale. Proprio in ambito accademico, con l’indiscussa centralità attribuita ai grandi autori antichi, ai quali nel corso dei secoli andranno ad accostarsi i nomi dei luminari moderni e contemporanei, si sviluppano ampi dibattiti intorno al principio di autorità: fino a che punto lo “ipse dixit” del grande vate, la cui portata argomentativa è certa e riconosciuta, mantiene la sua validità? Al timore reverenziale dovuto ai grandi maestri, comincia ad accostarsi un timore di altro genere: quello di scivolare inesorabilmente verso un dogmatismo assoluto che, cristallizzandosi su posizioni autorevoli, esclude qualsiasi tipo di progresso. Se tale questione è lontana da una risoluzione finanche in campo scientifico (quanto tempo impiega una nuova teoria per essere accettata dalla comunità scientifica? E quanto per entrare definitivamente nella mentalità dell’uomo comune?), mentre si discute se sia anche solo teoricamente risolvibile in ambito culturale (cos’è l’arte? in base a quali fattori è possibile definire “artistica” un’opera?), figuriamoci quanto possa risultare controversa la questione del principio d’autorità nel contesto giornaliero. Al giorno d’oggi una notizia non assume rilevanza se non è veicolata da un mass media: da questo deriva la grande lotta, combattuta su tanti fronti (internet, media tradizionali, comunicazione trasversale) per ottenere sempre più esposizione mediatica. Tale copertura garantisce diversi benefici, l’acquisizione di autorevolezza, la pubblicità, la visibilità di un marchio, di un movimento o di un singolo individuo. In effetti la questione ha origini molto più complesse, che tenteremo in questa sede di trattare, senza presunzione di completezza, ne tantomeno di esaurire un argomento tanto complesso e controverso. Da quando Johan Gutemberg perfezionò la tecnica stampa a caratteri mobili, i prezzi dei libri, che allora erano l’unica forma di trasmissione scritta del sapere, si ridussero drasticamente, e la loro diffusione ne giovò enormemente.
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Nel 1200 in Francia iniziano a circolare i canards (da anatre, pettegolezzo), antenati dei moderni giornali, nei quali venivano riportate notizie di vario genere.
A partire dal 1600 cominciano a comparire in tutta Europa testate a periodicità regolare, enumerate in modo da permettere una facile archiviazione delle varie uscite. Durante l’illuminismo i giornali conoscono una grande espansione, in termini di diffusione (grazie alla crescente alfabetizzazione) ma anche dal punto di vista culturale: siamo nell’epoca delle grandi Rivoluzioni, dalla Francia ai nascenti Stati Uniti le nuove idee patriottiche trovano nei giornali il principale canale di diffusione (lo stesso Benjamin Franklin, tra i principali padri fondatori degli Stati Uniti, fu in gioventù giornalista e pubblicista). In epoca contemporanea i giornali sono stati il primo dei canali mediatici di massa. In questo contesto l’editoria (nata, nella sua accezione moderna, intorno al 1500 a Venezia, con Aldo Manuzzo) assume i caratteri di una vera e propria industria, e le logiche economiche e politiche entrano a pieno titolo nel mondo dell’informazione. In particolare il mondo politico sfrutta largamente i canali di informazione: questo processo, nato insieme al giornalismo stesso, verrà inesorabilmente esasperato attraverso la propaganda imposta dai regimi totalitari (in Italia saranno famose le “veline” redatte da Mussolini per controllare l’informazione). Dopo la seconda guerra mondiale, la Guerra Fredda, ed il crollo dei regimi, si riafferma con forza, dopo un lungo periodo di vessazioni, l’importanza della libertà di informazione, garantita costituzionalmente da tutti i Paesi che si proclamano liberali e democratici. Questo permette la diffusione di un gran numero di testate, diverse per argomenti trattati, formati e periodicità, alle quali si affiancano gli altri media, facendo proprie e ampliando le modalità già collaudate dalla carta stampata: nascono giornali-radio, cinegiornali e, con la diffusione degli apparecchi TV, i primi telegiornali. Diversi per diffusione, ideologie e target di utenza, i media hanno in comune vari aspetti: in primis gli elevati costi di gestione: solo facoltosi gruppi privati e partiti politici dispongano dei fondi necessari per investire in tali attività.
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Altro fattore comune è costituito dal costo della loro fruizione, che deve necessariamente essere alla portata di tutti, per consentire un’ampia diffusione del media: gli utili non derivano dunque direttamente dal pubblico (i prezzi dei giornali coprono solo una piccola parte delle spese editoriali; per radio e tv, a parte il costo dell’apparecchio, non ci sono praticamente altre spese) bensì dalla vendita di spazi pubblicitari. Ecco che per mettere in piedi una macchina mediatica sono necessari cospicui investimenti, e naturalmente solo chi può permetterseli ha facoltà di decidere, quali notizie debbano passare attraverso i suoi canali. Pochissime, fino agli anni ‘90, sono le alternative. Tra queste spiccano le “radio libere”, nate in contesti locali negli anni ’70, che però non riescono ad imporsi come fenomeno di costume, e sopravvivono per un ventennio scarso, soppiantate dalle loro controparti commerciali, condividendo nel loro excursus l’iniziale entusiasmo e la successiva disillusione della generazione del ’68. Di queste esperienze, che tentano di scuotere l’opinione pubblica e dar voce, se non alle masse, almeno a quei pochi che, con nobili intenti e pochi fondi, tentano di farsi sentire, restano testimonianze in romanzi e film, tra questi “Radiofreccia” di Luciano Ligabue, e “I cento passi”, di Marco Tullio Giordania, che racconta la storia di Peppino Impastato, vittima della Mafia, che proprio attraverso la radio aveva tentato di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui legami tra mafia e governo, bypassando la colpevole passività della sua realtà locale. Complice la mancanza di vere alternative, i mass-media proliferano fino a diventare, oltre che l’unico canale d’informazione, veicoli di una cultura dell’immagine e della notorietà, che sconfina in ogni aspetto della vita quotidiana. Con gli anni cambiano formati e contenuti, ed i vari governi al potere influenzano nella loro alternanza i palinsesti di telegiornali e reti T.V., mentre il dibattito politico resta vivo e acceso su quotidiani e i periodici di attualità legati ai partiti In ogni caso sono solo i grandi gruppi (politici o commerciali) ad avere voci in capitolo, influenzando in maniera decisiva le opinioni personali, culturali e politiche della popolazione. L’influsso della cultura mediatica è particolarmente forte in Italia: tra i primi ad intuirlo c’è Silvio Berlusconi, che investe gran parte dei proventi del gruppo edile Fininvest nella fondazione di Mediaset, che di lì a poco sarebbe diventato l’impero mediatico che avrebbe funto da trampolino di lancio per la scalata politica del cavaliere.
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Siamo di fronte ad uno scenario del tutto nuovo, nel quale un gruppo politico (Forza Italia) pone l’immagine, prima del programma politico, al centro della campagna elettorale, che viene gestita tra spot e programmi creati ad hoc, incontrando il favore di un elettorato sul quale l’etere esercita un fascino irresistibile. Negli anni novanta i telegiornali superano la carta stampata per numero di fruitori: questo sorpasso, facilmente prevedibile se si considera l’immediatezza e la fruibilità del mezzo televisivo, che diventa una presenza fissa in case, negozi, e uffici, sancisce la vittoria delle logiche commerciali televisive, contribuendo a creare un panorama che sarebbe risultato completamente privo di sbocchi, costringendo l’informazione ad una progressivo ed inesorabile carattere di sudditanza rispetto alla pubblicità, se non fosse giunto sulla scena un nuovo media, destinato a sconvolgere completamente lo stato dei fatti: internet. Sviluppato negli anni ‘70 e ‘80 come naturale successore di ARPANET (primo progetto su vasta scala di connessione di reti di computer, finanziato dalla DARPA, l’agenzia americana per lo sviluppo di progetti avanzati di difesa), giunse al grande pubblico solo agli inizi degli anni ’90, con la creazione del famoso protocollo HTTP, in seguito al quale nacquero il Word Wide Web ed i Browser di navigazione.
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Nel giro di pochi anni i costi di connessione diventano sempre più popolari, e parallelamente le possibilità della Rete si moltiplicano: entro pochissimo tempo chiunque, con pochissima spesa, poteva allestire un proprio sito web per creare e diffondere contenuti in tutto il mondo (idea portata al massimo sviluppo dalla nascita di forum e blog, sistemi meno completi di un vero e proprio sito, ma totalmente gratuiti e di semplicissimo utilizzo). Con Internet cambiano le regole del gioco: i minori costi di gestione rilegano le pubblicità ad un ruolo decisamente secondario, ed i proventi derivano principalmente dall’erogazione di servizi diretti all’utente. Sono ora le ditte in cerca di pubblcità a cercare i creatori di contenuti, che posso concentrarsi unicamente sulla qualità del loro prodotto. I programmi di parnership e pubblicità mirata, messi a disposizione degli utenti direttamente dalle aziende (Google è stata la prima ad imporsi su questa fetta di mercato con programmi come AdSense, AdWords e le partnership di Youtube) mirano ad integrare il più possibile la pubblicità all’interno dell’esperienza dell’utente. Oramai il pubblico non è più disposto ad interrompere la fruizione dei conenuti per assistere a spot commerciali: la pubblicità, per continuare a funzionare, deve essere discreta e gradevole. Forti di una mentalità nuova, proliferano siti, chat, forum, blog e social network. Le fonti d’informazione preferite da un pubblico più scaltro sono quelle indipendenti, non legate a gruppi che ne possano influenzare i contenuti. Questa totale libertà di informazione, di per sé totalmente positiva, nasconde però un rovescio della medaglia: prolifera un numero spropositato di canali, che generano un sovraccarico di informazioni, il quale fa sì che i contenuti si perdano nella loro stessa moltitudine. Da un lato notizie false o tendenziose tendono a screditare il web come fonte di informazione, dall’altro, incredibilmente, le potenzialità di aggregazione sociali si concretizzano in una costellazione di micro-gruppi con un peso sociale molto relativo. Paradossalmente, dal passaggio ad un sistema eccessivamente chiuso, come quello dei mass-media, ad uno totalmente aperto come quello del network globale, la voce del singolo, prima muta, ora confusa tra milioni di voci , corre ancora il rischio di restare inascoltata. Nonostante ciò, si registra comunque un progressivo calo d’interesse nei confronti dei “vecchi” media: i giornali, per onn scomparire del tutto, stanno velocemente migrando verso edizioni digitali, mentre radio e televisione sono sempre più vicine al venir completamente assorbiti e divenire semplici appendi della Rete. In questo scenario il pubblico chiede non più la semplice notizia, facilmente reperibile ovunque, ma l’approfondimento, l’opinione (non leziosa) dell’esperto non condizionato dalle leggi del mercato: si sta ridefinendo, in altri termini, il concetto di informazione libera. Lo stesso concetto di cultura sta mutando la sua accezione: ogni nozione è facilmente verificabile, e quotidianamente passa al vaglio di vaste community. 18
Lo stesso concetto di cultura sta mutando la sua accezione: ogni nozione è facilmente verificabile, e ogni giorno passa al vaglio di vaste community. Il sapere enciclopedico assume una veste mutevole e dinamica (si pensi a come Wikipedia ne abbia ridisegnato i confini), e non è più solo l’autorevolezza della fonte, ma anche la credibilità della notizia ad essere in primo piano. Anno dopoanno, è sempre più difficile immetterenel sistema dell’informazione notizie false o tendenziose: le cosidette “bufale” hanno vita breve, mentre le notizie, aggiornate in tempo reale, sopravvivono solo se dimostrano la loro validità. Questa nuova realtà richiede un drastico cambiamento del panorama editoriale: i giornali sono chiamati a interfacciandosi, senza scontrarsi con le potenzialità della rete. Tra i tanti formati, quello del periodico di settore è forse quello che può maggiromente sfruttare tale opportunità: offrendo un informazione non generica, ma diretta ad un preciso target, può fornire ad un pubblico esigente un approfondimento che vada oltre la mera notizia, ponendo le basi per lo sviluppo di dibattiti e confronti, che grazie ad internet possono essere veloci e stimolanti. Soprattutto, l’informazione deve preservare il carattere di libertà da qualunque condizionamento commerciale, e mai come oggi l’impresa sembra possibile: sempre piiù start-up riescono ad emergere unicamente grazie alla bontà delle loro intuizioni, e realtà che fino ad ieri erano impensabili oggi nascono e si sviluppano con velocità impressionente (facebook muove i primi passi nel 2003, diventando accessibile a tutti nel 2006: in mendo di dieci anni Mark Zuckerberg è riuscito a modificare sensibilmente il modo in cui gli utenti vivono internet) Il formato del free press che coniuga cultura e informazione con una facile accessibilità e uno spiccato carattere di multimedialità, può attingere dalle migliori risorse dei vari canali mediatici ed offrire all’utente una nuova forma di informazione libera.
francesco Malvano
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maa inter World Budo & Kob La Martial Arts Alliance International e la World Budo & Kobudo Federation decidono di operare in campo internazionale per la divulgazione, lo studio e la ricerca delle Arti Marziali, in piena collaborazione e nel rispetto dei reciproci regolamenti federali.
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I Presidenti delle due Federazioni: MAA INTERNATIONAL e WBBF, firmano tale accordo al fine di dare la possibilitĂ a tutti i loro iscritti di partecipare ai circuti di eventi nazionali ed internazionali.
accordi internazionali
rnationaL budo Federation I tesserati MAA e WBFK potranno rispettivamente ottenere la doppia affiliazione a quote agevolate. Verranno organizzati annualmente stage, gare ed eventi, tra cui due galà internazionali ai quali sarrano invitati tutti gli appartenti alle due federazioni. Tutte le Cinture nere della MAA International e della WBBF, saranno registrate gratuitamente con il loro grado e qualifica all’interno dell’albo internazionale Black Belts Alliance.
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La MAA presenta il progetto Black Belts Alliance International. Lo scopo del progetto BBA è dare l’oportunità a tutte le cinture nere, operanti e non all’interno della MAA INTERNATIONAL di entrare a far parte, gratuitamente, di una grande famiglia di artisti marziali internazionali, per condividere idee, progetti, professionalità e competenze. Nata nel 2013, la BBA ha ottenuto consensi in oltre 30 Paesi in tutto il mondo, con eventi organizzati in partnership con le principali organizzazioni di arti marziali e sport da combattimento. L’adesione alla BBA INTERNATIONAL è comletamente gratuita e da l’opportunità di ionserirsi in un network internazionale con grande copertura mediatica, garantita da siti web, riviste e la prsenza costante sui magiori social network. La BBA INTERNATIONAL mette a disposizione di tutti i marzialisti un albo internazionale accessibile gratutamente, nel quale vengono inserirti solo i tecnici e le cinture nere in possesso di una documentazione ufficiale comprovante il loro grado.
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per info e registrazione
SERVIZI AGGIUNTIVI Per le cinture nere ed i maestri interessati, la BBA mette a disposizione i seguenti servizi: | MEMBERSHIP KIT | Tutti gli iscritti alla BBA possono richiedere il Membership Kit composto da: - Attestato di registrazione - Card Personale plastificata - Distintivo BBA - Inserimento nell’albo BBA INTERNATIONAL - Registrazione gratuita alla MAA per un anno (per chi non è gia tesserato MAA) | PREMIUM MEMBERSHIP | La registrazione premium compende -
Diploma in conformità BBA/MAA Card Personale plastificata premium Distintivo BBA premium Inserimento nell’albo BBA INTERNATIONAL Spazio pubblicitario per eventi sul sito BBA Registrazione gratuita alla MAA per un anno (per chi non è gia tesserato MAA)
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accordi nazionali CORSI DI FORMAZIONE MAA - LIBERTAS 2015 La MAA in accordo con la Scuola Nazionale di Formazione Sportiva Libertas Organizza presso i propri comitati regionali
Corsi PSD di 1° Livello SNaQ – CONI
Certificati S.Na.Q - C.O.N.I. (Sistema Nazionale delle Qualifiche dei Tecnici) Il Promotore Sportivo è un Istruttore che svolge un ruolo di promozione sportiva in ambito locale, in affiancamento ad un tecnico qualificato. Può essere impiegato nelle Associazioni Sportive, nei Centri di Formazione, all’interno di strutture ricreative/ sportive/sociali ed in ambito scolastico a supporto dell’insegnate della Scuola dell’infanzia e Primaria. E’ raccomandato in aree scarsamente sportivizzate e/o socialmente problematiche per promuovere lo sport come strumento di formazione psicofisica e di emancipazione sociale. Potranno accedere al Corso di Promotore Sportivo di Disciplina tutti i maggiorenni in possesso del titolo minimo di licenza media inferiore, senza carichi pendenti, ed in possesso di un curriculum ove si evidenzino le competenze di base della disciplina scelta ed una buona capacità di relazionarsi con giovani e giovanissimi. Tali requisiti verranno presentati mediante autocertificazione dal richiedente stesso, che si assumerà tutte le responsabilità legali per quanto dichiarato.
Piano Studio
20 ore di lezione frontale + 6 ore di master specialistico, così suddivise: • Medicina dello Sport e elementi di Primo Soccorso • Elementi di Psicologia e Pedagogia applicati allo Sport • Responsabilità Sportiva e penale del Tecnico • Metodologia dell’Allenamento • Metodologia dell’Insegnamento • Master specialistico per il settore di appartenenza del corsista per informazioni
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mail: segreteriagenerale.maa@gmail.com tel: (+39) 331.4315394
SISTEMA SNaQ
SISTEMA NAZIONALE QUALIFICHE TECNICI SPORTIVI Le abilità professionali dei tecnici sportivi italiani hanno avuto un significativo sviluppo negli ultimi anni, testimoniato dal positivo riscontro dei risultati agonistici e dall’aumentata partecipazione sportiva. Questa evoluzione è il risultato di un processo iniziato con il modello delineato dal Piano Nazionale di Formazione degli Operatori Sportivi, elaborato dalla Scuola dello Sport e approvato dalla Giunta Nazionale del CONI nel 2001. Il panorama attuale, considerata la nuova cornice normativa e istituzionale delle attività sportive in Italia e in Europa e sopratutto le moderne concezioni della formazione, richiede nuovi adeguamenti: in tutti gli ambiti lavorativi sono in corso, a livello europeo, importanti cambiamenti, che condurranno all’adozione di un Quadro Europeo di Qualifiche (EQF) e alla creazione di sistemi europei di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET). In ambito sportivo molte Federazioni Internazionali, Agenzie Nazionali di formazione sportiva e Comitati Olimpici hanno da tempo intrapreso la strada di costruire, anche nello sport e più precisamente per i tecnici sportivi, un Sistema Europeo di Qualifiche condiviso. Il nuovo Sistema Nazionale di Qualifiche dei Tecnici Sportivi (SNaQ) che vuole essere una risposta efficace, da parte del CONI, alla sfida del cambiamento, con l’obiettivo di: •Offrire al mondo sportivo e all’intera società italiana soluzioni idonee a potenziare le competenze dei tecnici; •Definire modelli di qualifica e formazione basati su competenze chiaramente riferibili all’attività condotta sul campo dai vari profili di operatori; •Facilitare la realizzazione di un sistema compiuto di formazione, e aggiornamento omogeneo sul territorio nazionale e tra tutte le Federazioni; Il Sistema SNaQ permette all’apparato di formazione sportiva di allinearsi al contesto europeo e internazionale senza perdere flessibilità e capacità di rispondere alle specificità nazionali e federali. Il sistema è un modello comprensivo che consente di definire le qualifiche formali degli allenatori sportivi, differenziandole in rapporto al tipo di attività operativa a cui esse corrispondono e alle competenze necessarie per ricoprirle.
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Sport “pales PARTE I: SPORT E RESPONSABILITA’ “MIZU NO KOKORO” letteralmente lo spirito come l’acqua. Tale modo di dire giapponese è utilizzato in particolar modo nelle arti marziali per indicare l’adattabilità alle diverse situazioni.
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Yin e yang tra
stra di vita” D’altro canto adattabilità alle diverse situazioni non può, forse, anche indicare rispetto delle regole e non uso della forza in situazioni non opportune? He Jinbao dice “quando ti alleni, devi rispettare le regole. Quando combatti, puoi scegliere di non rispettare le regole”. E’ davvero così o in realtà anche quando si combatte i veri maestri seguono la prudenza, la lealtà e le regole del gioco?
forza e diritto
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Volendo ad esempio esaminare altri detti orientali possiamo leggere un antico proverbio delle arti marziali il quale dice “Nell’arte del colpire un calcio o un pugno possono essere usati per aprire la porta. Nell’arte della lotta, uno strattone verso il basso può essere usato per aprire la porta. Se le mani sono alte, attacca il corpo. Se le mani sono basse attacca la testa. Se le mani sono estese attacca ai fianchi. Se attacca di braccia, evadi di lato. Se attacca di gambe vai diritto dentro. Non attaccare per primo ma sii pronto a cambiare.” Orbene, queste indicazioni sembrano quasi un elenco di consigli e insegnamenti da seguire per combattere ma, allo stesso modo,se applicate con prudenza e rispetto dell’altro, anche regole darispettare per rendere l’attività sportiva una competizione agonistica senzadanni all’integrità fisica altrui. Gli sport esistono da millenni: fin dall’ epoca degli antichi greci si sosteneva “mens sana in corpore sano”. Vita dedicata allo sport, anni impiegati a raggiungere un risultato ed un premio. Chi non ha mai desiderato una coppa? Il “trofeo” da poter affiggere sulla parete o esporre in una bacheca. Ma come un gioco è bello finché resta tale, così uno sport è bello finché non diventa solo un modo per sfogare la propria rabbia con azioni violente e non curanti delle comuni regole di prudenza e diligenza. Molte persone erroneamente considerano violente attività che in realtà sono belle proprio perché permettono di imparare come difendersi o semplicemente stimolano la competitività. L’attività sportiva è un mezzo di aggregazione per bambini e adulti, un modo per fare amicizia e divertirsi. Lo sport ha sempre avuto una grande rilevanza nella vita degli uomini sia come prestazione individuale sia come aspetto sociale e collettivo. D’altro canto lo sport come ogni attività umana ha bisogno di regole e discipline.
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Già all’epoca dell’antica Grecia, infatti, le Olimpiadi erano caratterizzate da rigide normative. C’erano regole secondo cui le gare potevano regolarmente svolgersi sono in presenza di determinati presupposti e col rispetto di determinate regole. La presenza di regole garantiva e garantisce una maggiore continuità nello svolgimento delle gare ed una maggiore serietà e controllo delle stesse. Non a caso si è parlato di “autonormazione” dell’ordinamento sportivo come capacità delle federazioni sportive di produrre norme tecniche ed amministrative per il loro funzionamento e l’esercizio controllato dello sport. Lo sport ovviamente è oggetto di interesse del diritto e ciò si deduce anche dagli innumerevoli riferimenti normativi presenti nella Costituzione. Ad esempio l’art 2 Cost. sancisce la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalità. Altri articoli di riferimento sono pure l’art 18 Cost. che tutela la libertà di associazione dei cittadini e assicura la tutela nella forma associativa e l’articolo 33 Cost che garantisce la libertà di insegnamento e rileva il profilo formativo ed educativo che può essere riservato allo sport. Estremamente intricati sono, tuttavia, i rapporti tra diritto e sport e variegata e complessa è la materia del diritto, pertanto è necessario suddividere la trattazione giuridica per tematiche onde poter fornire una panoramica opportuna e completa dellamateria in esame. Lo sport è presente, oltre che nella Costituzione, anche in leggi istitutive di associazioni e federazioni sportive e enti pubblici come il CONI. L’attività sportiva trova riconoscimento e tutela da parte dell’ordinamento nazionale, comunitario ed internazionale, in quanto lo sport è considerato portatore di valori fondamentali quali lealtà, disciplina, rispetto dell’avversario. Lo sportivo, infatti, deve conformare il suo comportamento, oltre alle regole del gioco ed ai regolamenti specifici di ogni disciplina, anche alle norme generali di prudenza, diligenza e lealtà. Molti sono stati gli interventi normativi per far si che lo sport non perda le sue caratteristiche fondamentali di svago, apprendimento e crescita dell’individuo: dalle misure antidoping a quelle di sicurezza per prevenire la violenza negli stadi e nelle fasi di gioco tra gli atleti.
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Quello che però è stato oggetto di particolare attenzione da parte della giurisprudenza e della dottrina è stato il ventaglio di responsabilità che possono configurarsi nel caso in cui dall’esercizio di un’attività sportiva derivi una lesione all’integrità fisica di uno degli atleti in gara. Tra l’ordinamento interno e quello sportivo c’è un rapporto di reciproca autonomia e riconoscimento. Lo Stato ha piena potestà su eventuali controversie relative al risarcimento del danno derivante dall’esercizio di attività sportive e sulla valutazione della sussistenza della responsabilità civile. Pertanto le controversie che hanno ad oggetto il risarcimento dei danni extracontrattuali sono ricondotte alla giurisdizione ordinaria (Cass. Civ. 26 ottobre 1989 n. 4399). La norma di riferimento è l’articolo 2043 codice civile che sancisce che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Per aversi responsabilità civile è necessario che l’azione produca la lesione di un interesse giuridicamente protetto (integrità fisica e vita ) e che sia imputabile a titolo di dolo o colpa. L’attenzione della giurisprudenza ha portato all’elaborazione del concetto di “responsabilità sportiva”. Si ha responsabilità sportiva quando a seguito dell’esercizio di un’attività sportiva si genera un evento dannoso.
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Le regole tecniche emanate dalla Federazione nell’ ambito dell’autonomia normativa riconosciuta regolano le condotte a cui lo sportivo dovrà attenersi durante lo svolgimento della gara.
Sorge a questo punto una domanda e cioè in che misura la violazione dei una regola tecnica influisce sulla valutazione della sussistenza dell’illecito sportivo ex art 2043 c.c.? Si deve capire quando una condotta posta in essere da un’atleta che integra un fatto di reato si considera lecita in quanto il soggetto agente ha agito all’interno di un’attività riconosciuta e tutelata dal nostro ordinamento. Un orientamento giurisprudenziale, confermato di recente anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, ha affermato che criterio distintivo nel giudizio di responsabilità dell’atleta è il collegamento funzionale tra l’azione e la finalità del gioco e dello sport. Nel caso in cui sia presente e provato tale collegamento il danneggiante è esente da responsabilità, anche in caso di violazione delle regole tecniche.Ovviamente in tal caso non deve essere stato impiegato un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport, in relazione anche al contesto ambientale nel quale lo sport si svolge in concreto e alla qualità delle persone che vi partecipano. (Cass. N.12012/2002). Secondo la Corte ogni sport va valutato in base alle sue regole ed al contesto in cui si gioca, ma ovviamente non si può ritenere sussistere un collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo se l’azione è fatta per ledere e cioè con una violenza tale da essere incompatibile con le caratteristiche del gioco. Nel caso di un atto posto in essere per provocare lesioni o con una violenza non compatibile alle regole si avrà la responsabilità dell’agente per il danno provocato a titolo di dolo o colpa. Pertanto il rispetto delle regole dovrebbe condurre a non punibilità; tuttavia non sempre la violazione comporta punibilità (se è involontaria, finalizzata all’azione e nei limiti del rischio consentito). Deve invece essere sanzionata la condotta che per la sua violenza crea una situazione di pericolo incompatibile con le finalità del gioco e col rischio consentito e tale da mettere coscientemente e volontariamente in pericolo l’incolumità dell’avversario. (Trib. di Roma 21.5.2011). Questa serie di articoli vuole fornire chiarimenti e indicazioni utili agli operatori del settore per potersi agevolmente districare tra i molteplici sentieri del labirinto normativo, giurisprudenziale e dottrinale inerente la materia sportiva. Diritto e sport amici–nemici ma in realtà forse solo due vecchi amici che camminano a braccetto lungo la strada dell’umanità. Perciò “Viva lo sport” ma sempre nel rispetto di determinate regole.
Dott.ssa Flavia Tocchi
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Si è tenuta a Torino, dal 28 febbraio al 1 marzo, presso il Palaeinaudi di Moncalieri, l’edizione 2015 del Meeting Internazionale della Martial Arts Alliance. L’evento, che come di consueto ha aperto ufficialmente l’attività dell’anno solare, ha visto la partecipazione di numerosissimi atleti e Maestri, esponenti di tantissime tradizioni marziali, orientali ed occidentali. Mai come quest’anno, infatti, il gran numero discipline presentate ha dato la possibilità di ai praticanti di intraprendere un vero viaggio tra le culture marziali, con stili provenienti da Asia, America ed Europa. Al nutrito gruppo di discipline giapponesi, che hanno spaziato tra Aikido, Aikijutsu, karate, Kenpo, Ken Jitsu, Kobudo, Judo, Ju Jitsu, Ninjutsu e Taujutsu, sisono infatti affiancate arti cinesi (Kung Fu e Jeet Kune Do), Filippine (Kali, Escrima) Americane (MMA) ed Europee (Bastone e coltello tradizionale italiano).
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Tantissimi docenti hanno diretto con competenza e professionalità i due giorni di stage, che hanno previsto ospitato anche dimostrazioni, conferenze, esami, lezioni di anatomia e primo soccorso. I Docenti Federali MAA presenti all’evento (M° Massimo Curti Giardina, 9° Dan Ju Jitsu; M° Claudio Comotto, 9° Dan Ju Jitsu; M° Luca Raucci, 7° Dan Karate; M° Giuseppe Pace, 6° Dan Aikijutsu, M° Fabrizio Faldella, 6° Dan Judo, M° Alberto Morra, 6° Dan Karate, M° Davide Pollione, 6° Dan Ken Jitsu, M° Massimo Jitto, 6° Liv. Jeet Kune Do, M° Luciano Trimigno, 6° Liv. Bastone Pugliese, M° fabio Forte, 4° Liv MMA) hanno condotto la direzione tecnica dello stage, coadiuvati dai Caposcuola Accreditati (M° Diago Cardello, 8° Dan Ju Jitsu, M° Armando Feliciotti, 6° Dan Ju Jitsu, M° Ernesto Cecere, 5° Dan Aikido, M° Donato Fantini, 4° Dan Kenpo) e dai tantissimi Docenti Ospiti invitati all’evento. Presenti inoltre delegazioni internazionali dalla Svizzera e dalla Germania, capitanate rispettivamente dai Segretari Nazionali M° Tiberio Abategiovanni e M° Antonino Marchese. La giornata di Sabato è stata dedicata agli aggiornamenti tecnici di settore, alle lezioni di anatomia e primi soccorsi, tenute grazie alla collaborazione della Croce Rossa. La domenica si sono svolti lo stage interdisciplinare, le esibizioni dei gruppi e dei dojo ed infine la lezione sui Kanji e la Cultura Orientale, la cui docenza è stata affidata al Tecnico Francesco Malvano, nell’ambito del ciclo di conferenze itinerante organizzato dalla MAA che nel corso dell’anno ha contato, in parallelo con gli eventi Nazionali ed Internazionali, tantissime tappe su tutto il territorio italiano.
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Si sono inoltre tenute le sessioni d’esame per i settori Karate, Ju Jitsu, Judo e Aikido. Esito positivo per le verifiche di tutti gli esaminati, che hanno conseguito sia i gradi che le qualifiche tecniche previste dai propri stili. Menzione d’onore per Marco Tancredi, la cui ottima prova, superata con sicurezza tecnica e padronanza di stile, ha positivamente impressionato la Commissione. Riportiamo di seguito tutti gli idonei: Settore Karate Marco Tancredi
3° Dan
Aspirante Maestro
Settore Judo Michele Fuggetta Matteo Cippone Fabio Carlacchiani Matteo Ruella Lorenzo Borrello Mattia Garavaglia
1° Dan 1° Dan 1° Dan 1° Dan 1° Dan 1° Dan
Allenatore Allenatore Allenatore Allenatore Allenatore Allenatore
Settore Ju-Jitsu Tiziano Barbini Vincenzo Caldara Stephanie Reiner
2° Dan 1° Dan 1° Dan
Istruttore Allenatore Cintura Nera
Settore Aikido Vitale Di Franza
2° Dan
Istruttore
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In ambito federale, sono stati ufficializzati al M° Massimo Gitto il mandato di Coordinatore Tecnico Nazionale per il settore J.K.D. e la carica di Segretario Regionale per il Friuli Venezia Giulia. Il M° Alberto Morra (già Direttore Tecnico Nazionale Karate Shotokan) ha ottenuto l’incarico di Coordinatore per il settore Karate nella Regione Lazio. Con la chiusura dei lavori, il Presidente Massimo Curti Giardina ha rinnovato ai vecchi e nuovi mandatari di cariche e incarichi federali gli auguri di 2015 ricco di crescita e soddisfazioni.
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La K valore e insieme terribile strumento di morte, la katana antonomasia.
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Katana
La Katana ha condiviso con il condividendo con esso momenti di gloria, crisi e rinascita. 39
La katana veniva equipaggiata dai samurai insieme con il Wakizashi (spada corta), per formare il cosiddetto daisho “lunga e corta”, in riferimento alla lunghezza delle lame, uno dei simboli più rappresentativi della classe dei bushi. In una versione meno nota, detta Okatana si presenta in una forma leggermente più lunga, che non va confusa con il nodaci (nettamente più lungo di una katana). La Okatana, generalmente costruita per persone di alta statura, era abbastanza comune durante il periodo Koto (900-1530), meno durante il periodo Shinto (1531-1867). Ne troviamo testimonianza nel film I sette Samurai, del grande regista Akira Kurosawa, che la fa impugnare a Toshiro Mifune. I primi forgiatori di spada giapponesi erano monaci buddhisti Tendai o monaci di montagna guerrieri chiamati yamabushi. Alchimisti, poeti, letterati ed esperti combattenti, avevano conoscenze vastissime, e vivevano la forgiatura delle lame come una pratica ascetica.
Le prime spade giapponesi, forgiate a partire dal IV sec, presentano una lama diritta a doppio filo, simile a quelle di origine cinese. Nel periodo Heian (782-1180) le spade giapponesi cominciano ad assumere la forma ricurva: si tratta di spade molto lunghe, impiegate principalmente nei combattimenti in sella, e per questa ragione portate con la lama rivolta verso il basso. Nel periodo Kamakura (1181-1330) la tecnologia produttiva raggiunge il massimo livello d’espressione, rappresentato dalle celebri “cinque scuole” di maestri spadai: la Yamashiro di Kyoto, che era famosa per la produzione di lame slanciate ed eleganti; la Yamato di Nara, (presso la quale si formò Masamune, uno dei più famosi forgiatori di spade di tutti i tempi) che si caratterizzava per lo spessore delle lame; la Bizen,maggiore produttrice di lame del Giappone, nonché sviluppatrice della caratteristica curvatura Bizen sori; la Soshu e la Mino, famose per la produzione di spade larghe, lunghe e pesanti. Solo intorno alla metà del periodo Muromachi (1392-1573) si giunge alla forma attuale della Katana, che nasce da una rivisitazione delle spade da cavalleria adattate ad un utilizzo da fanteria. Si tratta di lame più corte e con una curvatura meno pronunciata, alloggiate nel fodero (saya) non più con il filo rivolo non più verso il basso, (configurazione tachi) bensì, verso l’alto (configurazione uchikatana), in modo da facilitare l’estrazione estrazione e prevenire l’usura del filo stesso, dovuta allo sfregamento contro l’interno del fodero per effetto della gravità.
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Con la riunificazione del paese operata dal clan Tokugawa termina l’era delle guerre, e con essa finisce il periodo della spada antica (koto) e inizia quello della spada nuova (shinto).
La Katana, complice l’imminente diffusione delle armi da fuoco, troverà sempre meno impiego nei campi di battaglia, per diventare un’arma da duello. Assistiamo così alla scomparsa delle cinque scuole, a cui fa seguito una fioritura di varianti stilistiche. L’acciaio viene estratto e lavorato con metodi moderni, e si dedica un’attenzione sempre maggiore alle qualità estetiche dell’arma. Per una breve parentesi, a questo desiderio di modernità si contrappone un tentativo di ritornare alle tradizioni antiche: alcuni spadai si sforzano di riscoprire i segreti delle cinque scuole e riprendono la forgiatura di spade di grande qualità, di poco inferiori ai capolavori del passato. Questo movimento, detto Shinshinto (“nuovo periodo della nuova spada”), dura dal 1804 al 1876, per spegnersi bruscamente nell’anno in cui viene emanato l’editto che vieta di portare in pubblico. Le uniche spade prodotte a partire da tale periodo sono le gendaito (spade moderne) in dotazione agli ufficiali dell’esercito. Si tratta di lame di scarso valore, prodotte spesso con metodi semi-industriali, neanche lontanamente paragonabili alle lame dei periodi precedenti.
Dopo la Seconda Guerra mondiale la produzione di katana tradizionali giapponesi viene regolamentata, permettendo ai moderni artigiani di seguire nuovamente le antiche tradizioni. Nascono la shinsakuto (spade contemporanee): si tratta di lame molto costose, ambite da estimatori e collezionisti. A questo mercato si affianca quello ad indirizzo sportivo: le moderne repliche di katana da pratica vengono spesso realizzate tramite metodi semi-artigianali coadiuvati da moderni macchinari che permettono una produzione a basso costo. Sebbene gli sviluppi tecnologici permettano un costante miglioramento qualitativo, siamo generalmente ancora ben lontani dalla qualità degli esemplari storici, sia per il tipo di acciaio che per la geometria della lama. La tecnologia attuale consentirebbe, in linea teorica, di costruire katana migliori di quelle dei grandi forgiatori del passato: i nuovi acciai e le nuove metodologie di tempra consentono di costruire lame con una durezza e una resilienza mai raggiunte prima. Questi tentativi, che fin ad oggi non hanno ancora prodotto risultati effettivamente superiori a quelli raggiunti dagli antichi forgiatori, hanno diviso la critica tra pareri entusiastici e accuse di rottura delle tradizioni. In tempi recenti vi è stata inoltre una proliferazione di modelli esclusivamente espositivi. Il termine katana in questo caso risulta inappropriato, in quanto si tratta di mere repliche, inadatte all’utilizzo marziale, sebbene molto economiche ed 41 esteticamente gradevoli per un occhio non esperto.
L’impugnatura della katana (tsuka) è costituita da un’anima di legno ricoperta di pelle di razza (same). Essa presenza due piccoli fori (mekugi-ana), in corrispondenza di analoghe forature della parte di lama in essa contenuta (nakago), atti ad accogliere i mekugi (caviglie) , piolini di bambù che permettono di fissare saldamente la lama nel manico. Una fettuccia di seta, cotone o pelle intrecciata (tsuka-ito) riveste il tutto. Tra i suoi intrecci, trovano posto i menuki, due piccole decorazioni in metallo poste sui lati. Il modo con cui l’impugnatura è avvolta dallo tsuka-ito è definito tsukamaki . Le estremità del manico, dette rispettivamente fuchi (quella ineriore) e kashira (quella superiore), sono parti in metallo decorate con tecniche tradizionali e molto raffinate. L’elsa (tsuba) viene posta tra il manico e la lama, per favorire il controllo dell’arma e la protezione delle mani. Date le sue ridotte dimensioni (il diametro è di circa 7,5-8 cm) la Tsuba protegge più efficacemente dal filo della propria spada, evitando che la mano scivoli su di esso durante gli affondi, che dal filo delle lame avversarie. Sulla faccia superiore presenta un disco (seppa), che va a posizionarsi tra questa e l’habaki (il collare che cinge la parte iniziale della lama), contribuendo con esso ad dare stabilità alla spada. Mentre durante i periodi Muromachi e Momoyama (complessivamente 13331603) le tsuba erano più funzionali che decorative, durante il periodo Edo (1603-1868), complice la situazione di pace, iniziò la produzione di tsuba ornamentali, prodotte con metalli preziosi. Finemente decorate, le tsuba sono diventate oggetti da collezionismo, prodotti da dinastie di artigiani specializzati in un’ampia varietà di metalli come ferro, acciaio, ottone, rame e shakudo, una lega di oro e rame, famosa per la sua patina di ossido blu scuro-viola. Le tsuba delle famiglie samurai sono cimeli che vengono passati da una generazione all’altra, sui quali è inciso il mon di famiglia. In duello la tsuba torna utile quanto i due avversari, incrociando le loro spade all’altezza dell’elsa, spingono per ottenere una posizione di vantaggio da cui colpire l’avversario. Questa tecnica, molto usata nel kendo, è conosciuta come “tsubazeriai” , “spingere una tsuba contro l’altra”. Il fodero (saya) è realizzato in legno di magnolia giapponese verniciato con una lacca di origine naturale detta Urushi. La laccatura della saya spesso include decorazioni particolari con polveri d’oro, mica, same o altri materiali applicati a strati o inclusi nella lacca per formare disegni in rilievo di rara eleganza (makie). Per la semplice custodia e preservazione della lama (non quindi per un utilizzo pratico), è utilizzato Lo shirasaya, (fodero bianco), in legno naturale senza decorazioni. L’imboccatura della saya si chiama koiguchi, (lett. bocca di carpa), mentre la parte terminale è chiamata kojiri. Tali finiture sono tradizionalmente costruite in corno o ebano, più raramente in metallo. Il kurigata (lett. Protuberanza a forma di castagna) è infine l’anello nel quale viene fatto passare il sageo, una fettuccia di cotone, che al seconda del periodo e del possessore muterà tinta e modalità di intreccio. Di uso sia pratico che estetico, questo veniva annodato intorno al fodero secondo la moda del periodo, ed era utilizzato per fissare lo stesso alla cintura (obi). La saya può avere delle tasche laterali per contenere il kogatana (coltellino multiuso) o il kogai (piccolo attrezzo per sistemare l’acconciatura da samurai), o essere munito di un piccolo gancio (sakazuno) utilizzato soprattutto nei wakizashi per trattenere il fodero nell’obi. 42
Tale necessità era dovuta al fatto di dover spesso estrarre il wakizashi con un’unica mano, per un movimento rapido o poiché l’altra mano stringeva già la katana. Il combattimeno con due armi è stato elevato ad arte dalla scuola Niten Ichi Ryu, fondata dal celeberrimo Miyamoto Musashi, autore di uno dei più noti testi inerenti la filosofia e la tecnica della via della spada giapponese, “Il libro dei cinque anelli”. I saya vengono prodotti dai sayashi e, nel caso siano di scarsa qualità, vengono chiamati machi sayamaki. Il gesto di far scontrare i foderi (saya-ate) è un modo per sfidare l’avversaio a combattere. La lama parte da un codolo (nakago) interamente inserito nel fodero, per emergere da esso nella parte in cui inizia l’affilatura, e terminare con in una punta molto affilata (kissaki). Il sugata è la forma che assume complessivamente la lama. Dal dorso al tagliente, le parti principali della lama sono: mune: il dorso della lama, che può essere di vari tipi : hikushi (basso), takashi (alto), mitsu (a tre lati), hira o kaku (piatto), maru (arrotondato); shinogi-ji: il primo dei due piani che formano la guancia della lama. Su di esso di possono trovare profonde incisioni longitudinali, solitamente sul primo terzo della lama, con disegni (horimono) o caratteri sanscriti (bonji). Può essere presente su ambo i lati un solco (hi o bo-hi) atto ad alleggerire ed bilanciare la lama; shinogi e ji (o hiraji): rispettivamente la linea di divisione ed il secondo dei due piani che formano la guancia della lama; ha: la parte temprata ed affilata, la cui linea di tempra è detta hamon. La forma dello hamon costituisce un segno identificativo dell’epoca della lama e dell’autore (tosho). Le tipologie di hamon più comuni sono: - Ko-midare “dritta frastagliata piccola” periodo Heian (987 -1183); - Sugu-ha “dritta” periodo Kamakura (1184-1231); - Notare-ha “finemente ondulata” e Hitatsura “pieno” era delle Dinastie Nordiche e Meridionali (1334-93); - Midare-ha “irregolare” periodo Muromachi (dopo il 1467); - Gunome-ha “ondulata largheggiante come le nuvole” periodo Koto (1550 ca); - Kiku-sui-ha “fiori di crisantemo che galleggiano sull’acqua”, primo periodo Edo (1600); - Sambon-sugi-ha “gruppi di tre abeti” periodo Edo (1688-1704); - Toran-ha “ondulato come le onde dell’oceano” tardo periodo Edo (1822);
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La parte di hamon visibile sulla punta della lama (kissaki) si chiama boshi (pollice). Come per l’hamon, anche essa varia in base al periodo e al costruttore: - kaen boshi “fiamma” e jizo bōshi “testa di prete” - era Hogen (1156-1159); -kaeri tsuyoshi boshi “solo sul dorso della punta, rivoltato” primo periodo Kamakura (1170) - ichimai boshi “area della punta interamente temprata”, secondo periodo Kamakura (1170-1180); - yaki zumete boshi “attorno al filo della punta”, Periodo Meiji (1868-1912); - muru boshi “gruppo di persone” e midare boshi “temprata irregolarmente”, era Hogen (1156-1159). La katana veniva forgiata alternando strati di acciaio con percentuali variabili di carbonio. Tale caratteristica conferiva alla lama grandissima resistenza e flessibilità. Il procedimento costruttivo tradizionale viene tramandato di generazione in generazione, dal mastro forgiatore all’allievo. Secondo il metodo classico, il carbone viene fuso con il ferro in una fornace (tatara), posta all’aperto o nella fucina. Il pezzo d’acciaio di fusione viene quindi trasformato in un blocco cubico (tamahagane), che viene pulito, forgiato e trasformato in un parallelepipedo grezzo e irregolare, ulteriormente forgiato e sezionato a metà. Occorrono dalle quattro alle otto ripetizioni di tale passaggio prima che il blocco sia pulito e utilizzabile.
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Raggiunto il grado di pulizia desiderato, il blocco viene sottoposto a forgiatura: portato al calor rosso, viene battuto e ripiegato per ottenere una stratificazione dell’acciaio. Continuando a ripiegare il metallo si ottiene un numero elevatissimo di livelli: dopo quindici ripiegature si arriva all’impressionante risultato di 32768 strati. A questo punto ulteriori ripiegature sono considerate inutili, in quanto non migliorano le caratteristiche finali. Questa stratificazione è necessaria per rendere la lama flessibile ma al contempo molto dura, in modo da prevenire che essa si rovini cozzando contro corazze o altre spade. L’estrema durezza permette inoltre di ottenere un filo resistente e molto tagliente. Per ottenere la forma finale della spada si uniscono due tipi d’acciaio, uno dolce per l’anima interna e uno duro per filo e dorso esterni. In questa fase, nella quale è molto importante abilità dell’artigiano, ogni forgiatore si affida ai propri metodi. La lama viene quindi cosparsa di particolari tipi di argille refrattarie al calore, portata al calor rosso ed immersa in acqua tiepida a 37°. Questa temperatura differenziata permette di ottenere un dorso più flessibile ed un filo più duro. La fase finale (togi), di competenza di un artigiano specializzato (togishi), conferisce alla lama, oltre che l’affilatura, una grande bellezza ed eleganza. Il codolo (nakago) viene rifinito con colpi di lima in base alle scuole ed alle epoche, e ad esso veniva praticato il mekugi ana. Terminata la forgiatura della lama, si provvede alla fabbricazione di tutti gli elementi necessari a comporre la spada, definiti nel complesso koshirae: tsuka, saya, tsuka-ito, fuchi, kashira, tsuba, koiguchi, kojiri, sageo e kurikata.
Francesco Malvano
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La International Police Training System è una associazione internazionale formata da esperti Istruttori del settore della Self Defense e delle Tecniche e tattiche Operative, con l’obiettivo primario della formazione specialistica degli Operatori di Polizia, dei militari delle Forze Armate, degli operatori della sicurezza privata e degli Istituti di Vigilanza. Il POLICE TRAINING SYSTEM (P.T.S.) è un sistema di allenamento operativo che racchiude, adatta e sviluppa i programmi internazionali adoperati dalle Accademie Internazionali preposte all'addestramento degli Operatori di sicurezza, garantendo una formazione altamente specializzata e protocolli efficaci. Il P.T.S., in continua espansione sul territorio nazionale, negli ultimi anni ha beneficiato di un ampio e gratificante consenso nel panorama internazionale degli Operatori della Sicurezza. Svizzera, Francia, Germania, Brasile, Argentina, Messico e Stati Uniti sono alcuni tra i paesi nei quali gli operatori della sicurezza hanno adottato il sistema IPTS. 46
I.P.T MASTER
CRISTIANO CU
DIVENTA ISTRUTTORE IPTS Con la formazione e la certificazione IPTS, potrai addestrare, allenare e formare gli appartenenti alle Forze di Polizia, Forze Armate, Polizie Locali, Istituti di Vigilanza, Guardie Ambientali Venatorie, Protezione Civile. Destinatari: Sono corsi intensivi riservati a tre categorie di utenti: • Istruttori di Arti Marziali, Sistemi di Difesa Personale e di Sport da combattimento con specifica certificazione rilasciata dalle Federazioni/Associazioni riconosciute o da Enti di Promozione riconosciuti dal C.O.N.I.; • Istruttori di tiro, tecniche operative, scorta e di altre specifiche certificazioni che attestino la qualifica di formatore rilasciate e convalidate dai Ministeri dell’Interno e della Difesa.
T.S. TEACHER
URTI GIARDINA
• Gli Operatori di Polizia, delle Forze Armate e GPG potranno accedere ai corsi di formazione per la certificazione IPTS per la qualifica di Assistant Instructor. La formazione dell’Instructor IPTS, mira all’acquisizione di capacità professionali che consentono di ALLENARE – FORMARE – ISTRUIRE sia in modo di Istituto (nelle Scuole di formazione per Operatori di Polizia) che attraverso i CROSS TRAINING il vasto pubblico degli Operatori della Sicurezza. I Cross Training (allenamenti operativi) della I.P.T.S. si basano sull’addestramento alle Tecniche e Tattiche Operative di Polizia e su simulazioni realistiche dei vari contesti operativi in cui possono trovarsi le varie tipologie dei nostri corsisti.
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OBIETTIVI DEI CORSI IPTS
• Migliorare la professionalità degli Operatori della Sicurezza pubblica e privata attraverso l’allenamento intensivo operativo basato sul sistema denominato “International Police Training System” che racchiude le metodiche di addestramento delle forze di polizia e dei reparti speciali del panorama internazionale; • Fornire le conoscenze, le I.C.C.S. (Individual Common Core Skills) e gli strumenti per poter garantire l’incolumità dell’operatore di polizia e del cittadino; • Sviluppare competenze per gestire i compiti di istituto.
COMUNI E PROVINCIE CHE HANNO SCELTO LA IPTS
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Judo
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a lotta è una degli sport piÚ vecchi del mondo, nata come il mezzo per fare intendere agli altri la propria ragione attraverso l’uso della forza, talvolta addirittura di sopprimere il nemico.
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Tornare alle origini
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In ogni parte del mondo, ogni popolazione possedeva un sistema di combattimento conarmi o a mani nude, che migliorava assieme ai progressi della civiltà. La lotta corpo a corpo e le altre arti marziali trovarono, nel Giappone feudale, un terreno meraviglioso per svilupparsi. L’apporto della cultura cinese, in fatto di combattimento a mani nude, fu notevole: vennero applicate le avanzate nozioni mediche e i principi taoisti dello “yin” e “yang”, mentre la conoscenza dei punti vitali dell’organismo permise di sviluppare tecniche di combattimento che si basavano sui colpi inferti: gli atemi. L’introduzione, ad opera dell’imperatore Mutsu-Hito (1867-1912), della civiltà occidentale nel territorio nipponico determinò, nel giro di qualche anno, l’adozione delle scienze e delle arti europee. Le arti marziali cominciarono ad essere viste con disprezzo, soppiantate dai fucili e delle armi bianche, che favorirono l’abbandono dei metodi di lotta a mani nude, ai quali soltanto i samurai rimasero fedeli. Il patrimonio marziale nipponico rischiava di essere dimenticato per sempre se un uomo non lo avesse rimesso in discussione. Si chiamava Jigoro Kano, nato il 18 ottobre 1863 a Mikage. Cagionevole di salute, sempre battuto nelle liti tra studenti, era alto solo un metro e cinquanta e pesava 48 chili. A 16 anni decise di rafforzare il proprio corpo con la pratica della ginnastica e del baseball. Prese lezioni di Ju Jitsu alla Tenjin Shinyo-ryu con i maestri Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, della Tenshin-Shin’yo-ryu, dai quali apprese le tecniche di KATAMEWAZA e ATEMI-WAZA. Conobbe inoltre Tsunetoshi Iikubo, esperto della Kito-ryu, dal quale apprese i NAGE-WAZA. Nel 1882, con la collaborazione di soli nove amici-discepoli, fondò la sua scuola: il Kodokan (la Scuola per lo studio della Via). Inizialmente il Dojo di Jigoro Kano era di soli nove allievi su dodici tatami e si trovava in una saletta del tempio shintoista Eishoji sito nel quartiere Shimoya di Tokyo. Con l’andar del tempo, il Kodokan e il Judo si imposero e il Dojo di Tokio si andava ingrandendo di anno in anno. Nel 1895, 13 anni dopo la fondazione del Kodokan, Kano stabilì, con un Comitato di allievi di alto grado, il Go-kyo(metodo di insegnamento) diviso in 5 sezioni. Nel 1920 Kano decise di rivedere il suo metodo ed elaborare,in collaborazione con i suoi allievi più esperti e con imaestri di tutte le scuole dell’epoca, un nuovo Gokyo,quello che si insegna ancor’oggi in tutti i Dojo del mondo. Jigoro Kano si spegneva all’età di 79 anni, mentre la sua disciplina venne introdotta alle Olimpiadi. Fu così che le sue aspettative, legate alla diffusione in tutto il mondo del suo patrimonio di esperienza e di pensiero nonché del suo metodo di lotta, trovarono 52 il loro massimo coronamento.
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L’evoluzione sportiva del Judo non ha mancato però di comportare alcuni aspetti negativi: il Judo Sportivo trascura completamente tanto il “JU” (cedevolezza,flessibilità) quanto il “DO” (via, sistema di vita) ed é proteso esclusivamente al raggiungimento del risultato agonistico - sportivo. Esistono tuttavia ancora oggi delle associazioni di Judo “tradizionale”, che perseguono l’intento di mantenere viva la tradizione, con metodologie di insegnamento e programmi d’esame di grado che seguono più fedelmente i dettami di Jigoro Kano. Questi dojo mantengono in vita lo studio del “randori” (esercizi liberi, combattimento leggero) e dei “kata” (forma, modello, esempio), cercando di attenersi il più possibile ai principi fondamentali che ispirano il Judo Kodokan. Un buon maestro, nel rispetto di questi principi, deve saper adattare il metodo di insegnamento alle varie età, intercalando momenti di attività ludica e propedeutica ad altri di apprendimento dei kata e di applicazione delle tecniche. Se osserviamo i cuccioli di qualunque specie animale, notiamo in loro il bisogno innato di “lottare” e di confrontarsi in modo pulito, come forma naturale di crescita psicomotoria. Nel judo i bambini, come questi cuccioli, ritrovano tutta la felicità del gioco libero in ambienti sicuri, si ritrovano a vivere quella condizione naturale che solo qualche decennio fa era propria delle scorribande all’aria aperta tra coetanei. A piedi nudi, in un ambiente idoneo, essi possono liberare la loro fantasia con movimenti naturali e coordinati e ritrovare l’istinto innato della lotta come forma di gioco, riuscendo ad incanalare le loro energie in modo positivo. In loro il judo aumenta: - la sfera personale, con la presa di coscienza del proprio corpo nello spazio; - la coordinazione, con il controllo del proprio equilibrio; - lo spirito di socializzazione, con l’abitudine al contatto fisico; - l’ autocontrollo, con la consapevolezza delle proprie capacità; - lo spirito di perfezionamento, con il controllo del gesto tecnico; - il rispetto, con l’osservanza delle decisioni prese dal proprio maestro; - la gratificazione, con il superamento degli esami ed il passaggio di cintura; - la fiducia in se stessi, con il successo di un gesto tecnico ben riuscito. Disse Jigoro Kano: “Nei movimenti del Judo la ricerca della fluidità della tecnica non è un mero esercizio di abilità ginnica, ma una vera presa di coscienza della propria forza e di come utilizzarla al meglio per ottenere il massimo risultato con il minor spreco di energia; questo comporta quindi anche l’acquisizione di una sensibilità che permette di affrontare con più serenità le prove della vita, avendo sempre una riserva di energia da cui attingere.”
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Fabrizio Faldella Franco Vairo
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Kobudo
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e armi del Kobudo derivano quasi tutte da attrezzi di uso quotidiano. L’evoluzione di questi attrezzi da lavoro in armi devastanti è collocabile direttamente ad una necessità di sopravvivenza di popolazioni su cui si accanivano pirati e signorotti in cerca di oro e gloria. 56
Le ar
rmi di Okinawa
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È una storia che sprofonda nel tempo e che da Okinawa si diparte in mille rivoli. Essa assorbe e trasforma tecniche antiche che viaggiavano con monaci erranti, guerrieri Ronin, cmmercianti, giramondo, principi fuggiaschi, umili pescatori, contadini, malfattori. È un crogiolo di esperienze da cui si ergeranno, potenti, le grandi scuole di Karate, Kobudo, Taekwendo, Jujitsu, Kung-fu, Muai-thai. LE ARTI MARZIALI DI OKINAWA L’arcipelago di Okinawa ha molte peculiarità che la distinguono dal resto del Giappone. È una differenza storico-culturale e geografica. La sua posizione all’estremo sud del Giappone, separata da un braccio di mare dal continente Asiatico, la pongono come naturale anello di congiunzione tra queste due realtà geo-culturali. Il profondo nazionalismo che distingue gli okinawesi fece si che si sviluppasse una cultura interna ben definita. Gli scambi commerciali con la Cina, la Corea, le Filippine, coinvolsero anche aspetti culturali e religiosi. È difficile datare in modo preciso l’origine del Kobudo di Okinawa, per la mancanza di documenti andati perduti durante la feroce battaglia che si svolse sull’isola durante la 2° guerra mondiale. Già verso il V e il VI secolo si hanno notizie storicamente documentate di collegamenti commerciali tra Okinawa e la Cina, così come si ricava da un documento cinese noto come “Sui-Shu” scritto nel periodo della dinastia Sui (581-618). Scambi commerciali che hanno inglobato le attività culturali e religiose . Nuclei ristretti di okinawesi praticavano discipline di combattimento interne su cui innestarono, in seguito, discipline straniere come il Kenpo ed altre. Per secoli queste attività di Karate e di Kobudo fermentarono all’interno di gruppi, isolati fra loro, sia nell’alta società sia nei ceti più umili; cammini non comuni e con finalità diverse. La prima data storicamente documentata che può definirsi epocale per la trasformazione della società okinawese è l’anno 1372 nel periodo dei tre regni (Sanzan-Jidai) che divise Okinawa in tre piccole federazioni tribali chiamate: Hokuzan (montagne del nord), governata dal re Haniji; Chûzan (montagne di mezzo), governata dal re Sattò; Nanzan (montagne del sud) , governata del re Ofusato. Questi tre re cercavano, separatamente, di allacciare rapporti diplomatici con la Cina. Proprio in quell’anno l’imperatore cinese Chu-Yuen-Chang, della dinastia Ming, designò re Sattò vassallo della Cina. Nel 1392 a Kume si stabilì una comunità di monaci e artigiani cinesi. Gli stessi abitanti di Kume diventarono responsabili del commercio e delle comunicazioni tra Okinawa e la Cina. Naha, il porto più importante dell’arcipelago delle Ryukyu diventò un nodo focale per lo scambio commerciale con la Cina, la Corea, le Filippine ed il Giappone. Tomari, centro dello smistamento delle merci e grande produttore di sale, acquistò importanza strategica nei trasporti interni. Nello stesso periodo nella provincia cinese di Fukushu (Fujian), venne incoraggiato un insediamento di okinawesi. Nel 1429 il re Shò-Hashi riunì i tre regni in un unico stato: il regno delle Ryukyu, Shuri ne divenne la capitale. Nel 1477 Sho-Shin (1477-1526) pose fine al federalismo, fondò uno stato confuciano, spedì i nobili feudali a Shuri, impose il veto di circolare con la spada e decretò illegale il possesso delle armi. È in questo scenario storico che ebbe inizio lo studio sistematico di Okinawa-Kobudo e di Okinawa-Karate (TI). Nel 1609 il clan Satsuma invase Okinawa che, pur mantenendo una discreta indipendenza, incominciò un lento declino commerciale. Il clan Satsuma rafforzò gli editti sulle armi e nel 1699 vietò l’ingresso di qualunque tipo di arma all’interno dello Stato. Questo non fece che accrescere l’interesse degli okinawesi nello studio degli attrezzi di uso comune come armi da combattimento e in mancanza di esse, lo studio di discipline marziali a mani nude (To-De) da cui deriveranno i tre stili fondamentali del karate: Il gojuryu di naha (naha – te); lo shorinryu di Shuri (shuri – te) e il uechiryu di Tomari (tomari – te). 58
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IL KOBUDO DI OKINAWA Le armi del Kobudo hanno origini diverse, alcune delle quali si perdono nel tempo: il Surucin risale all’età della pietra come una formidabile arma per la caccia. Il Nunchaku sembra derivi dal “morso del cavallo”. Il Tonfa usato come manico scorrevole per le macine del riso. il Sansetsukon usato per “battere i legumi”. il Bo per il trasporto “a bilancia” di carichi molto pesanti. Tra le armi più conosciute ci sono poi la Kuwa (zappa), l’Eku (remo) e il Kama (falcetto). LA SCUOLA MATAYOSHI DI KOBUDO L’arte del kobudo, fino all’inizio di questo secolo, era un’attività estremamente frazionata. Ottimi maestri esperti nell’uso di una o due armi e profondi conoscitori dei relativi kata. Una conoscenza di eccezionale valore storico, culturale e sociale, destinato però a spegnersi assieme ai maestri. Shinko Matayoshi sente questo pericolo e con grande passione incominciò un’opera di recupero delle varie attività incamerandole in un’unica disciplina che prende posto, in modo onorevole, tra le altre arti marziali. Nasce così il Kobudo di Okinawa. Figlio di un’agiata famiglia, Shinko Matayoshi è il terzo figlio di Shinchin, nasce nel 1888 a Naha nel quartiere di Kakinohana, è allevato nel villaggio di Chatan, nel quartiere di Shinbaru. Ancora piccolo studia il Bo, poi l’Eku, il Kama e il Sai, con i migliori maestri dell’isola. Da giovane compie un lungo viaggio per approfondire le conoscenze nelle arti marziali. Le tappe principali sono: Hokkaido, Sakhalin e la Manciuria, dove apprende il aA-yutzu. Arrivato a Shangai incontra il M° Koronushi Kin (Kingai) che gli insegna l’arte del Tinbei, del Surucin e del Nunti, oltre a diventare un esperto in medicina orientale. Nel 1915 nel tempio Shinto di Okinawa, durante una grande cerimonia per festeggiare l’anniversario dell’ imperatore Meiji, insieme al M° Gichin Funakoshi, presentarono le loro discipline davanti alla corte Imperiale. Nel 1921 il principe Hirohito (Showa) visita l’isola di Okinawa e in suo onore viene organizzata una grande manifestazione in cui il M° Shinto Matayoshi e il M° Chojun Miyagi (Goju-Ryu) danno una grande dimostrazione delle loro capacità e dell’importanza della loro disciplina. Nel 1953 si stabilisce a Naha insegnando Kobudo ed incrementando le sue relazioni con gli altri maestri di arti marziali. Viene soprannominato Kama No Mateshi per la sua grande abilità nell’uso di quest’arma. Muore nel 1947 a soli 59 anni lasciando un grande vuoto. Il M° Shinpo Matayoshi, primogenito di Shinko, prende le redini del padre. Egli nasce ad Okinawa alla fine del 1921. Inizia la pratica del Kobudo sotto la guida del padre. A quattro anni già frequenta i dojo di Naha. A sette anni conosce già cinque kata. Oltre al kobudo pratica il Karate con il maestro Chotoku Kyan (Shurite, Tomari-te). Con il M° Seko Higa, l’allievo più anziano del M° Chojun Miyagi (fondatore dello stile), studia il Goju-Ryu.
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Nel 1970 fonda la federazione di Kobudo “RyuKyu Kobudo Renmei” che divulga l’arte di Okinawa nel mondo mediterraneo. Nel 1972 la sua scuola viene riconosciuta dal governo giapponese con il nome di Zen Okinawa Kobudo Renmei ed entra a far parte del Dai Nippon Butokukai. Nel 1987 sua altezza imperiale Higashi Fushimi Jigo, presidente della Dai Nippon Budokukai, lo nomina 10° Dan Hanshi; uomo da imitare. Muore nel 1997. Gli elementi che caratterizzano la scuola del M° Matayoshi sono: A – Utilizzo del corpo e trasmissione dell’energia. Perfetta coordinazione tra l’utente e l’attrezzo con l’uso globale del corpo per avere la massima razionalità, rapidità ed efficacia del movimento. Qui si evidenzia la matrice cinese della scuola che prevede movimenti molto fluidi. L’energia parte dalle anche persino nei più piccoli movimenti, differenziando questa scuola dalle altre, ove prevale la forza delle braccia nell’uso dell’arma. B – Singolarità nel modo di utilizzare alcune armi. In questa scuola esistono metodi particolari per insegnare ed utilizzare le armi nella difesa e negli attacchi. C – Modalità della trasmissione dell’insegnamento. Questo sistema di Kobudo della scuola MATAYOSHI è l’unico giunto a noi grazie alla tradizione della famiglia che lo pratica da generazioni. D – Progressione didattica. È l’unica scuola di Kobudo che è strutturata con una didattica tecnica progressiva così espressa:
HOJOUNDO
Tecniche base.
KATA
Studio delle forme.
KATA KUMIWAZA
Esecuzione del kata contro due avversari.
KATA OYO Studio evoluto delle tecniche di kata e delle sue applicazioni. YAKUSOKU KUMITE Combattimento prestabilito. JIYU IPPON KUMITE
Combattimento dichiarato ad un attacco.
JIYU KUMITE Combattimento libero (con armi leggere e speciali protezioni).
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ZEN OKINAWA KOBUDO RENMEI La divisa La scelta della divisa (GI, KEIKOGI, KOBUDOGI) rispecchia la cultura filosofica e medica del M° MATAYOSHI. Essa esprime in modo visibile il concetto dello YIN-YANG. Inoltre chiarisce, attraverso la simbologia grafica, come nella separazione e nella diversità si deve trovare l’armonia e, nella sintesi degli estremi, un comune denominatore che arricchisce la specificità delle atri marziali (ovviamente l’analisi va ben oltre l’aspetto marziale). Quindi nel colore nero della giacca troviamo lo YIN-KOBUDO e nel colore bianco dei pantaloni lo YANG-KARATE. L’emblema Il disegno nella parte esterna dell’emblema stilizza un crisantemo che è il simbolo del Giappone ed il fiore dell’Imperatore. La parte interna è uno stemma a tre punte che rappresenta il blasone della dinastia reale delle RYUKYU. LE ARMI Le armi della scuola Matayoshi sono numerose e vengono studiate a livelli diversi. Una prima suddivisione è quella di distinguerle in Arti Maggiori e Arti Minori, intendendo nelle prime le armi di maggiore diffusione e che sviluppano un programma vasto ed articolato, mentre nelle arti minori si collocano le armi la cui diffusione si sviluppa nello studio limitato quasi sempre ai soli kata. Chiaramente la conoscenza e lo studio di queste ultime avvengono quando la conoscenza del Kobudo è ad un livello avanzato (4° o 5° DAN). Nelle arti maggiori confluiscono BO, SAI, TUNKUWA, NUNCHAKU. Un’altra suddivisione, che non attiene però alla progressività dello studio, è quello di separare le armi secondo questa elencazione: “Armi lunghe” BO, SAI, NUNTI-BO, ROKUSHAKU, KAMA; “Armi a corda o a catena” KURUMAN-BO,NUNCHAKU,SANSETSUKON, SURUCIN; “Armi doppie” SAI, MATAYOSHI-SAI, TUNKUWA, KAMA, NUNTI, TIMBEI, BANTO, TEKKO, TECCHU. “Armi corte” KUWA, JO;
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IL BO Il BO è l’arma per eccellenza del Kobudo. È la più diffusa e la più studiata. Leggiamo nel BUBISHI cinese (WU-BEI-ZHI) nella parte dedicata allo SHAOLIN KONPO (il metodo del bastone di SHAOLIN) che: “Tutte le arti marziali hanno origine dall’arte del bastone la quale ha origine nel tempio di SHAOLIN”. Il KIKOSHINSHO (antico manuale cinese) recita: “usare il BO è come leggere “i quattro libri” e “le sei teorie” intendendo che dopo aver studiato l’arte del BO si apprende più facilmente tutto ciò che attiene alle altre arti marziali. Come tutte, o quasi, le discipline marziali di Okinawa, la disciplina del BO (KONPO) è la sintesi di varie scuole sia cinesi sia Okinawesi (SAN-BO). Anche nel nome -KON- c’è una notevole assonanza con K’UN (nome cinese del BO).Il KONPO viene così definito perché il suo studio fa riferimento alla filosofia taoista, in netta contrapposizione al BO-JUTSU che si ferma alla dimensione tecnica dello studio. Diversisono i materiali usati per costruire il BO:quercia rossa, bianca, nespolo, kuba. Tutti alberi solidi e flessibili, proprio della zona subtropicale in cui è collocata Okinawa. Anche la lunghezza è diversificata; abbiamo la lunghezza standard di 182cm. È il ROKUMABU-BO (bastone lungo sei shaku; uno shaku=30cm). Poi abbiamo lo YONSHAKU-BO (120cm); il BOJOBO, il BO da cavallo (4 m) Il BO ha diverse forme: l MARUBO è cilindrico, chiamato anche TAMBIN è il bastone-bilanciere portato sulle spalle, alla cinese, per trasportare carichi pesanti. Poi abbiamo il KAKUBO a sezione quadrangolare; il ROKKAKUBO esagonale; l’HAKKAKUBO ottagonale. Attualmente viene usato il BO bicilindrico che è estremamente bilanciato e può facilmente sganciarsi nel caso fosse bloccato con un’arma adeguata. Il BO bicilindrico ha la misura standard di 182 cm, la parte centrale (CKUKON-BO) ha un diametro di 3 cm mentre le due estremità (KONTEI) hanno un diametro di 2,5 cm. Il BO prevede lo studio di numerosi kata. I principali sono: BO-KION-KATA, SHUSHI-NO-KON, CHOU-NO-KON, SAKUGAWA-NO-KON, TSUKEN. NO-KON, SHISHI-NO-KON, SOESHI-NO-KON, YONEGANA-NO-KON, HAKUTARUNO-KON, YARA-NO-KON. EKÛDI (REMO) Originario, tecnicamente parlando, di Okinawa, si sviluppa sull’isola per mezzo di un pescatore di nome AZATO e soprannominato AKAKU (uomo rosso) che accolse il maestro CHIKIN SHOSOKU OYAKATA che, condannato a morte a causa di lotte di potere nella città di Shuri, venne condannato ed esiliato sull’isola di Tsukenjina dove egli abitava. Il maestro CHIKIN insegnò l’arte del BO ad AZATO che in breve tempo superò in bravura anche il maestro, tanto che creò un kata di remo per autodifesa contro avversari armati di spada, lancia e bastone. L’EKÛ viene chiamato anche RYOSHI NO KATANA (la spada dei pescatori).
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NUNTI-BO Probabilmente era inizialmente un attrezzo di pescatori che lo usavano come fiocina. Le tecniche sono affine al BO dell’isola di Tsuken, nelle Ryukyu. ROKUSHAKU-GAMA È un’arma il cui uso è simile al BO, chiamato anche CHOGAMA, “falce lunga”. KURUMAN-BO Tipico attrezzo contadino usato per la lavorazione del riso e ancora in uso anche nelle nostre regioni. È uno degli attrezzi usato fin dall’antichità come arma. È tecnicamente affine al NUNCHAKU ed al SANSETSUKON. Chiamato SHAOKUN (bastone delle sentinelle). NUNCHAKU-SOSETSUKON Deriverebbe dal “morso” usato per gli equini. È simile ad un’arma cinese che veniva usata già molti secoli prima. La lunghezza è personalizzata rispetto all’avambraccio dell’operatore per avere la massima efficacia. SANSETSUKON È un’arma cinese di cui si trovano tracce scritte in antichi testi con il nome di “SANCHIEH-KUN del tempio di Shaolin”. È un’arma che necessita di un completo controllo del corpo, sia per la difficoltà sia per la potenza che può generare. È considerato il fratello maggiore del NUNCHAKU. Una leggenda fa risalire l’invenzione di quest’arma al generale JIN-HONG-YAN, primo imperatore della dinastia SON (960-1279). SURUCIN Praticamente è l’arma più antica, risale infatti all’età della pietra. È presente, quasi identica, in tutte le realtà territoriali del pianeta. Le Boolas argentine ne sono un tipico esempio. La lunghezza di quest’arma può essere di 90 cm, 150 cm, 180 cm o 240 cm. I tipi più corti, usati per il lancio, si aggrovigliavano al collo o agli arti dell’avversario o della preda. Il Surucin della scuola MATAYOSHI è composto da una corda che unisce due pietre forate.
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KUWA (ZAPPA) È un’arma che trova sviluppo, insieme al KAMA, tra i contadini. Le tecniche e i kata di KUWA sono molto raffinate ed evoluti per la sintesi tecnica che hanno subito ad opera di maestri okinawesi e cinesi di arti marziali. Anticamente la KUWA era differente in quanto, al posto della lama di metallo, c’era un corno di animale fissato al manico. SAI La storia di quest’arma si perde nel tempo per la similitudine che esso ha con numerosi attrezzi che servivano ai contadini e ai pescatori. Altri lo fanno risalire ad una forma modificata di un oggetto di culto di monaci cinesi riscontrabili nell’iconografia sacra cinese ed indiana. Nell’isola di Okinawa alcuni sottufficiali di polizia, chiamati CHIKUSAJI, utilizzavano questo strumento lanciandolo alle caviglie dei malviventi in fuga per bloccarli. Queste tecniche di lancio si riscontrano in alcuni kata. Il SAI è un’arma che si usa normalmente in coppia. In alcuni kata superiori si usano tre SAI, uno dei quali è inserito nella cintura. MATAYOSHI SAI È una variante del SAI chiamata anche MANJI SAI. L’elsa è simile a quella del NUNTI. Il nome deriva dal fatto che il primo esperto di tale arma fu proprio SHINKO MATAYOSHI.
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TUNKUWA È letteralmente “sfilato” dal classico mortaio rotante per cereali e riso, ancora oggi usato in alcune zone dell’Asia. È un’arma temibile per la sua efficacia. Alcune scuole di Kung-fu insegnano ancora oggi kata di TUKUNWA chiamati KUAI. Una variante con una cordicella che dall’estremità dell’arma viene fissata all’avambraccio è usata in Thailandia. È da rilevare che lo studio sistematico di quest’arma avvenne in Okinawa. KAMA L’uso del KAMA, come arma, è datata ufficialmente nel 1314, durante l’epoca SANZAN-JIDAI, quando i contadini si rivoltarono contro un signorotto di Gyokujo. Come per gli altri attrezzi da lavoro, il contatto tra tecniche autocne e specialisti di arti marziali cinesi, svilupparono il potenziale di questi attrezzi sino a farli diventare vere e proprie armi alla pari con le altre discipline del BUDO. Era chiamato KAMA-NO-TI-MATAYOSHI (Matayoshi mani di falce), per la grande maestria nell’uso di quest’arma, del Maestro MATAYOSHI. NUNTI Già chiamato SAIBU in un antico manuale cinese, il BUBISHI, la sua nascita viene fatta risalire alla dinastia Ming. Quest’arma fu introdotta ad Okinawa, dalla Cina, circa 600 anni fa. Fu il maestro cinese KINGAI ad iniziare all’arte del NUNTI il M° SHINKO MATAYOSHI. TIMBEI-BANTO Il TIMBEI – JUTSU nasce come DUNFA nel tempio Shaolin del sud. Fu il M° KINGAI che lo insegnò al M° MATAYOSHI. Di solito viene dipinto con il simbolo della scuola di appartenenza. Il TIMBEI viene usato in coppia con il BANTO (una spada corta e larga).
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Luca Raucci
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Mma L'acronimo MMA (Mixed Martial Art) è entrato, ormai da qualche tempo, nell'immaginario collettivo. L'ultimo decennio ha visto infatti un crescente interesse – supportato e incentivato dai media – per gli sport da ring. Se gli anni '70/'80 hanno visto il boom delle discipline tradizionali e i '90 quello del wrestling, il duemila appartiene di sicuro alle Arti Marziali Miste e ai suoi atleti, divenuti celebrità, in bilico tra sport e spettacolo, al pari dei loro predecessori. Anche in Italia il fenomeno ha dato i suoi frutti, con un crescente numero di associazioni sportive, eventi e circuiti dedicati. Ma cosa sono davvero le Arti Marziali Miste? Il concetto di arte marziale ibrida esiste fin dai tempi antichi, anche se il vero sviluppo in occidente può essere fatto risalire alla fine degli anni '60, con Bruce Lee e la diffusione del Jeet Kune Do. Il Maestro Lee sosteneva come un marzialista dovesse trarre il meglio da ciascuna disciplina, trovando le tecniche più efficaci e adatte alla propria persona e al proprio modo di combattere.
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Fabio Forte
Dentro e Fuori dal Ring 69
Jeet Kune Do
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a quando, nel 1953 all’età di 13 anni Bruce Lee iniziò a praticare il Wing Chun dal maestro Yip Man, si rivelò particolarmente dotato nelle arti marziali.
Quando nel ‘59 si trasferì a San Francisco, Lee iniziò ad interessarsi anche di altre arti marziali, oltre al Wing Chun. Lesse numerosi libri e studiò diversi modi di combattere, focalizzando il proprio interesse soprattutto sulla boxe, e imparò persino a ballare il Cha cha cha. Andando controcorrente, Lee preferì, quindi, appoggiarsi anche alle arti marziali occidentali, nonostante provenisse da un insegnamento orientale. 70
La storia di B
Bruce Lee
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Avendo imparato uno stile di combattimento che sfruttava i colpi da breve o brevissima distanza, Lee risultava evidentemente impreparato nel combattimento dalla distanza lunga e media, e poiché il Wing Chun non prevede combattimenti a lunga distanza, si sarebbe trovato spiazzato contro un avversario che combatte a distanza; di conseguenza approfondì anche quest’ambito del combattimento. Pensava che un buon artista marziale dovesse essere completo: era, quindi, indispensabile saper tirare calci da lontano e da vicino, pugni alti e bassi; Lee approfondì anche le sue conoscenze scientifiche: kinesiologia, fisiologia, dietistica, ecc...
« Per cogliere l’essenza delle arti marziali occorrono intelligenza, lavoro assiduo e perfetta padronanza delle tec¬niche. Per dominare un’arte marziale non sono sufficienti un allenamento intensivo e l’uso della forza. È necessario «capire», e presupposto della comprensione è lo studio del¬lo sviluppo del movimento naturale in tutti gli esseri viven¬ti. Ma è utile anche osservare gli altri, i modi e la rapidità con cui agiscono e i loro lati deboli. Anzi, proprio la conoscenza di questi elementi ci consente di battere i nostri avversari. » Le origini di quello che Bruce Lee chiamava Jeet Kune Do, si hanno nel 1964, quando aveva una palestra ad Oakland. Il termine ufficiale fu scelto da Lee nel 1968 dopo un’intensa sessione di sparring con Dan Inosanto. Inizialmente chiamò l’arte marziale che stava elaborando, Jun Fan Gung Fu, il kung fu di Jun Fan (il nome cinese di Bruce Lee). Il continuo processo di evoluzione del JKD culminò quando nel 1970, a seguito di un incidente, costretto a letto, Lee iniziò un’intensa attività di elaborazione filosofica e metodologica. A seguito di ciò si completò la sua filosofia/metodo di stile senza stile, nessun metodo come metodo.
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« Io non ho inventato un nuovo stile, non ho composto né modificato ciò che si trova all’interno di distinte forme in “quel” metodo e in “quell’altro”. Al contrario, spero di liberare i miei seguaci dall’aggrapparsi a stili, modelli, o forme. Ricordate che il Jeet Kune Do è solo un nome usato, uno specchio nel quale vedere “noi stessi”... Il Jeet Kune Do non è una istituzione organizzata della quale si può essere un membro. O si capisce o non si capisce. Non vi è alcun mistero sul mio stile, i miei movimenti sono diretti, semplici e non classici. La straordinaria forza del Jeet Kune Do risiede proprio nella sua semplicità... Sono sempre convinto che il modo più semplice è il modo più giusto. Il Jeet Kune Do è semplicemente l’espressione diretta dei propri sentimenti con il minimo dei movimenti e di energia… »
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Il JKD è un’arte, scienza e filosofia del combattimento ideata da Bruce Lee attraverso un processo di semplificazione, modificazione e aggiornamento di tecniche e principi combattivi appartenenti sia alle arti marziali orientali che agli sport da combattimento occidentali. Il JKD promuove il concetto di semplicità, efficacia ed economia delle energie ed esclude la distinzione in scuole e stili. Inoltre, accoglie al suo interno alcuni principi filosofici del Taosimo, Buddhismo Zen e del Maestro indiano Krishnamurti. Per quanto riguarda il bagaglio tecnico-tattico, Lee analizzò molti sistemi di combattimento tra i quali il Judo, Ju Jitsu, Karate, Taekwondo, Savate, Kendo, Muay Thai, Aikido, Silat, Tai Chi, Panantukan e svariati stili di kung fu, ma le arti marziali e gli sport da combattimento che ispirarono maggiormente Bruce Lee nel processo di sintesi e intuizione del JKD sono il Pugilato e la Scherma (il riferimento a queste discipline è costante nelle migliaia di pagine di scritti di Bruce Lee, laddove gli altri metodi vengono esauriti in poche righe, in cui si limita ad elencarne punti deboli e punti forti) , e in minor misura il Wing Chun ed alcune tecniche di gamba appartenenti agli stili di Kung Fu della Cina del Nord. Di notevole supporto per Lee fu lo studio delle teorie e metodologie dell’allenamento, nonché della fisiologia e biomeccanica del corpo umano, in quanto influirono positivamente nell’elaborazione del JKD tanto quanto l’analisi dei vari stili di combattimento. Ogni tecnica del Jeet Kune Do è stata sviluppata dal suo stesso creatore: Bruce Lee. Il principio dell’economia della linea diretta e di combattimento ridotto all’essenziale, nonché gli esercizi per lo sviluppo dell’equilibrio e della sensibilità (chi-sao), vengono direttamente dal Wing Chun. La posizione, il footwork, e altre strategie di movimento del JKD vengono direttamente dalla scherma. Anche il principio di base del JKD di intercettare l’avversario, infatti, è un atteggiamento tipico della scherma. Ed è proprio questo principio che dà il nome al Jeet Kune Do. Secondo Aldo Nadi e Julio Martinez Castello, due schermidori citati ampiamente negli scritti di Lee, l’idea centrale della scherma è poter sistemare il proprio avversario in modo da poterlo intercettare e colpirlo in un suo punto debole. Per i movimenti e la generazione massima di forza, Lee s’ispirò a pugili come Dempsey, Haislet, Driscoll. Anche costoro sono stati ampiamente citati negli scritti di Lee. Il jab verticale del JKD, il corretto allineamento, il modo di colpire un corpo, la rotazione del bacino e altre tecniche ancora derivano tutte dal pugilato. 74
Sembra inoltre che abbia visto e rivisto moltissimi incontri di Muhammad Ali e Joe Louis, in quanto stimava entrambi i loro stili pugilistici . Le tecniche di gamba sono sempre ispirate dai principi del pugilato e della scherma occidentale e in minor misura dalla Savate francese e dagli stili di kung fu della Cina del nord, opportunamente modificati e aggiornati nella biomeccanica e nell’espressione di forza esplosiva.
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A differenza degli stili orientali, da cui proveniva Lee, nel Jeet Kune Do si riscontra la totale assenza di kata. Secondo Lee, infatti, gli insegnamenti proposti dai kata non potevano risultare efficaci nei combattimenti reali. A proposito degli insegnamenti delle arti marziali classiche, Lee sosteneva che:
« tutti gli stili rappresentano un prodotto di azioni che assomigliano molto a una nuotata sulla terraferma, perfino la scuola del wing chun. » Nonostante abbia avuto forti influenze dalla scherma e dal pugilato, mantenendo anche alcune tecniche ed esercizi provenienti dal Wing Chun e dagli altri stili cinesi, è importante precisare che il JKD non è boxe, non è scherma e non è wing chun. Ogni singola tecnica è stata oggetto di analisi scientifiche, è stata modificata e adattata per funzionare in situazioni reali di combattimento. Va quindi specificato che il JKD non va considerata un’arte marziale ibrida, non è un miscuglio di arti marziali e non va neanche confuso con il Jun Fan Gung Fu , ovvero ciò che Bruce Lee praticava prima di elaborare il Jkd. Il Jeet kune Do non va quindi considerato come un Wing Chun modificato né tantomeno come il precursone delle moderne Arti Marziali Miste. Bruce Lee riteneva importante conoscere le caratteristiche dei vari sistemi in quanto adattarsi a tutti i metodi significava poter affrontare combattenti esperti in discipline diverse, adattandosi comunque al loro modo di combattere senza che essi potessero portarlo, combattivamente parlando, nel campo e nella distanza a loro congeniale o comunque ad attuare tecniche e strategie vincenti. Bruce Lee sviluppò il Jeet Kune Do, con l’essenzialità del suo approccio tecnico e dei suoi principi, proprio per non avere bisogno d’altro. D’altronde, come egli disse: « Il miglior combattente non è un pugile, un karateka o un judoka. Il miglior combattente è qualcuno che si può adattare a qualsiasi stile di combattimento». È importante sottolineare che il processo di analisi dei vari stili combattimento è una fase prettamente precedente al 1967. Una volta costituito il Jeet Kune Do, Bruce Lee, anche se continuò ad affinare la sua arte al fine di renderla sempre più efficace, migliorando anche l’adattamento alle altre arti marziali, non infranse né diluì i principi cardine del suo jeet kune do, come la semplicità, non telegraficità ed economia dei movimenti, azione diretta e non classica, lato più forte avanti con uso predominante del braccio e della gamba avanzata, arma più lunga verso il bersaglio più vicino e singola scelta di reazione, minimizzare i movimenti passivi e pensare sempre a colpire. C’è da dire inoltre che il Jeet Kune Do, pur essendo un’arte marziale che tratta tutte le distanze di combattimento , è un’ arte principalmente offensiva basata sull’attacco e sul contrattacco, che mette al primo posto il principio di intercettazione, Jeet Kune Do letteralmente descritto significa “la via per intercettare il pugno”.
Massimo Gitto
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Fa Jing Per il pugno a un pollice occorre abilità nel fa jing per generare una tremenda quantità di forza d'impatto ad una distanza estremamente ravvicinata. Quando esegue il suo pugno a un pollice, il praticante è in piedi, con il suo pugno molto vicino al suo obiettivo (la distanza dipende dall'abilità del praticante; può variare da 0 a 15 cm circa). In un unico movimento esplosivo, le gambe si fissano, il giro vita ruota, le costole si espandono e il braccio si stende verso l'obiettivo. È importantissimo che tutto il corpo si muova all'unisono, altrimenti il potere sarà limitato. L'obiettivo in queste dimostrazioni varia, a volte è un praticante che ha un elenco telefonico sul petto, a volte tavole di legno che devono essere rotte. Fajin, che significa Emettere l'energia o lanciare l'energia, è un termine delle arti marziali cinesi a volte reso come forza esplosiva. È una parola cinese che si compone di due ideogrammi:
Fa
發 Jin o Jing 勁
Mandare, lanciare, sparare, manifestarsi all'improvviso;
Con forza, vigore, energia, forte, robusto, vigoroso.
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發勁
Pugno ad un pollice 1
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Nei Qui Gong
Il NEI QUI GONG è la disciplina che si prefigge il fine di sviluppare il Qi all’interno del Dan Tian. I 3 caratteri con i quali si scrive Nei Qi Gong sono così spiegabili: il primo descrive un uomo che entra in una casa; il secondo indica l’energia; il terzo è costituito da 2 caratteri (Gong, che significa “costruire” e Li, che significa “potenza” o “forza”) significa letteralmente “costruire la forza”. Nei Qi Gong significa “lavorare per costruire la forza interna”. La forza interna è quello che i cinesi chiamano Qi, è la bioenergia umana, è il fluire dei flussi energetici ai quale è sottoposta ogni persona, il potenziale energetico che attraversa il corpo, come fiumi e laghi che solcano il paesaggio. Secondo le esperienze dei medici antichi, il Qi scorre con ritmo ciclico lungo dei meridiani ben definiti dal centro del corpo alle estremità e viceversa. Il Qi è presente in tutti gli esseri viventi ma deve essere coltivato a lungo e nella maniera corretta affinché possa essere in qualche modo manifestato esteriormente. Il fine del Nei Qi Gong è quello di accumulare il Qi nel serbatoio naturale del nostro corpo che è il Dan Tian. Il Qi Gong invece è una antica pratica cinese che consente, attraverso l’esercizio costante, di raggiungere un riequilibrio del ciclo energetico, di migliorare lo stato di salute, di rinforzare l’energia vitale e di accrescere la longevità. La differenza sostanziale con il Nei Qi Gong è riferibile allo scopo della pratica e quindi alle tecniche per raggiungere questo obiettivo. Con il Nei Qi Gong si tesaurizza il Qi e se ne stabilisce la sede nel Dan Tian raccogliendolo e concretizzandolo in una forma stabile ed utilizzabile; col Qi Gong invece, il Qi deve fluire e armonizzarsi per un ottimizzazione del suo utilizzo nelle funzioni vitali.
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Costantino Valente
comitati regionali
veneto maggio in sport a cura di: Tiziana Urciuolo E’ stato un week end davvero colmo di emozioni per i partecipanti allo stage organizzato dalla Street Combat System Scuola di Ju Jitsu, affidata al direzione tecnica del Maestro Armando Feliciotti sotto la bandiera della Maa International e della Segreteria Regione Veneto Maa. Per il secondo anno, è intervenuto il Presidente Massimo Curti Giardina, che con la sua straordinaria energia, tecnica, amore e dedizione alle arti marziali ed in particolare al Ju jitsu (festeggiati infatti i suoi 50 anni di attività marziale) ha ottenuto una vera ovazione da parte del pubblico e di tutti i presenti.
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nord italia
Il programma ha previsto un’intensa seguenza di appuntamenti a partire dal venerdi 1° maggio, con la visita nella spettacolare “città degli scacchi”: Marostica, gemellata con la città Tendo (Giappone) per il gioco dello Shogi (somogliante al gioco degli scacchi). A Tendo, come a Marostica, si svolge la tradizionale partita con pedine umane. Lo stage è iniziato uffcialmente nella giornata del sabato, con un aggiornamento tecnico per i praticanti di ju jitsu tenuto dal So Shi Soke Massimo Curti Giardina 9 Dan Ju-Jitsu, che ha entusiasmato i presenti. Nel pomeriggio, presso l’hotel “Dalla Mena”, si è tenuta la conferenza culturale, con la partecipazione dei Tecnici Francesco Malvano, con una lezione sull’evoluzione dell’esperienza marziale giaaponese, dal “Jitsu” al “Do”, Massimo Gitto, con la sua docenza sul meridiano del polmone, e la dottoressa Flavia Tocchi, che ha illustrato ai presenti le responsabilità di un’associazione sportiva nei confronti dei suoi associati. I relatori, che hanno saputo mantenere vivo l’interesse del pubblico presente, hanno riscosso un notevole successo.
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comitati regionali
La giornata è culminata con la cena di gala, che ha reso omaggio al centenario della I Guerra Mondiale. presso il ristorante Dalla Mena, stazione strategica e teleferica duranteil confliutto: Valle Santa Felicita fu uno dei luoghi fondamentali per la logistica del versante sud del Grappa. In Valle fu approntato un trenino a scartamento ridotto che trasportava materiali dalla stazione di Bassano del Grappa allo spiazzo oltre la vecchia Osteria Dalla Mena, poco dopo il Capitello. In quello slargo pieno di baraccamenti, venivano trasbordati ingenti quantitativi di rifornimenti e materiale bellico. Proprio all’osetria dalla Mena i nostri soldati consumavano il tipico rancio, riproposto durante la cena, accompagnato dalla dolcissima Irene Baggetto, che ha raccontato la storia dei prodotti e ne ha svelato le ricette. Per domenica, la cerimonia di apertura è stata affidata alle allieve di Kasadanza diretta da Selenia Mocellin (consigliere della Maa Regione Veneto). La coreografia “Samurai” è stata creata e danzata daElena Sgarbossa e Georgiana Mihu. Allo stage hanno partecipato scuole e maestri provenienti da varie regioni d’Italia:dal Veneto il Maestro Roberto Valeri, il Maestro Diego Cardello, il Maestro Pietro Magni e il Maestro Massimiliano Placanica; dal Friuli il Maestro Massimo Gitto; dal Piemonte il Maestro Davide Pollione; dall’ Emilia ilmaestro Bruno Angarano; dalla Campania So shi Soke Massimo Curti Giardina e il Maestro Luca Raucci, che hanno dato vita ad uno stage di altissimo spessore tecnico che ha positivamente colpito il pubblico e gli oltre100 atleti che hanno partecipato con grande entusiasmo. Graditissima come sempre la presenza delle autorità cittadine, presente Il Sindaco di Romano d’ Ezzelino Rossella Olivo che ha omaggiato la Street Combat System e il Caposcuola Armando Feliciotti con bellissime parole di elogio, e l’ Assesore alle Politiche Giovanili Dimitri Anolfi.
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Lo stage, cosi come da tradizione, si è concluso al ristorante “Dalla Mena” con un pranzo all’insegna dei prodotti tipici del posto.
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Grandissima soddisfazione, dunque per la Segreteria Regione Veneto Maa Tiziana Urciuolo e per gli organizzatori che, grazie alla loro straordinaria passione, al loro amore per le arti marziali, alla competenza tecnica ed organizzativa continuano ad ottenere grandi soddisfazioni e a veder crescere i propri allievi nel mondo delle arti marziali, e soprattutto ad apprezzare la particolare atmosfera di armonia e solidarietà che si respira all’interno della Maa.
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comitati regionali
red ribbon competition 2014 E’ andato oltre ogni aspettativa il bilancio della prima gara Regionale Red Ribbon Competiton (alla prima edizione assoluta in Italia) svoltasi domenica 14 dicembre, presso la palestra comunle a Campodoro (PD). Straordinario successo della iniziativa, promossa con il patrocinio del Comune di Campodoro e la preziosa collaborazione del maestro Diego Cardello, coordinatore del settore Ju-jitsu Maa Veneto., che ha organizzato l’evento. Oltre 40 giovani atleti in gara, uno staff tecnico di giudici, arbitri e collaboratori di assoluta qualità da far invidia ad un campionato nazionale, le migliori e più accreditate palestre del Veneto: La A.S.D. Shingan Ju Jitsu del maestro Diego Cardello di Villafranca Padovana (PD); la Street Combat System Scuola di Ju Jitsu del maestro Armando Feliciotti di Romano d’ Ezzelino (VI) e la A.S.D.O. Bu Shin Kai del maestro Pietro Magni di Conegliano Veneto (TV), La cerimonia di apertura è stata affidata alla coreografia di KasaDanza, che sotto le note di una musica da guerra dei samurai “La Battaglia Di Nenchino” ha dato il via a questa battaglia simbolica tra i vari partecipanti, che dovevano togliersi il “ribbon”, rispettando una serie di regole. I partecipanti, che portavano sul capo una bandana bianca, il cui viso era truccato, si sono cimentati in combattimenti figurati, molto apprezzati dal nutrito pubblico intervenuto per sostenere I giovani atleti. Alla manifestazione sono intervenute, la Croce Rossa e le autorità politiche della città, l’assessore allo sport Vincenzo Gottardo. La manifestazione si è conclusa con un balletto proposto da Selenia Mocellin dove le danzatrici di Kasadanza hanno scritto l’ideogramma PACE con le cinture (obi) dei jitsuka. Si è passato poi alla premiazione degli atleti.
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Anche in questa manifestazione si è potuto apprezzare il livello tecnico ed organizzativo della segreteria MAA Veneto, a conferma dell’ottimo lavoro di promozione e divulgazione dello sport e sopratutto delle arti marziali.
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I vincitori del Red Ribbon Competition 2014: Categoria 6/9 anni 1° Mirko Paratore 2° Pietro Sonda 3° Polesel Mattia
Street Combat System Street Combat System A.S.D.O. Bu Shin Kai
Categoria 10/13 anni 1° Andrea Tessarolo 2° Pietro Di Chiano 3° Ivan Feliciotti
Street Combat System Shingan Ju Jitsu Street Combat System
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emilia romagna stage di ju jitsu a cura di: Bruno Angarano Sabato 28 e domanica 29 marzo 2015, in Imola (BO) via Kolbe, presso la palestra comunale Bartolini, si è svolto il 1° stage tecnico/operativo di Ju Jitsu - Shin Daito Ryu. Docente dello stage Soke Salvatore Bramante 9° Dan, tecnico di grande esperienza e conoscenza delle varie arti marziali giapponesi acquisita in oltre cinquanta anni di pratica, coadiuvato dai Maestri Paolo Pitino - 6° Dan, Bruno Angarano - 6° dan e Giuseppe Gelsomino - 5° Dan. Hanno partecipato allo stage i gruppi di Cassibile di Siracusa, Verona, Cremona, Manfredonia e Noto, che hanno riunito un folto gruppo di partecipanti
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friuli nasce la segreteria a cura di: Massimo Gitto Benché il riconoscimento di una Segreteria regionale Maa anche al Friuli V G. sia ancora traccia fresca nel tempo, questo non pregiudica certo in alcun modo la voglia e la qualità di “fare” e “fare bene”. Per ora è possibile fare solo una panoramica di quelle che sono le attività che vedranno la luce nei prossimi mesi e ricopriranno un arco temporale che va dall’estate oramai alle porte alla fine dell’anno solare. Abbiamo i programma due progetti sul territorio: un corso estivo di difesa per sole ragazze, incentrato attorno al fenomeno del bullismo, e uno stage interdisciplinare da tenersi nel cuore dell’autunno isontino, periodo speciale per questa bellissima zona del nostro territorio. Il corso di difesa per ragazze è stato presentato alla giunta comunale di Monfalcone ed ampiamente condiviso dall’Amministrazione, che metterà a disposizione le sue strutture. Ciò che ha colpito positivamente i nostri referenti è stato soprattutto il taglio che si è voluto dare al corso, che non sarà concentrato sulle sole tecniche, ma vedrà anche la partecipazione a supporto logistico, tecnico e didattico di una psicoterapeuta, di un avvocato penalista e di alcuni rappresentanti del corpo dei vigili urbani di Monfalcone, al fine di sviscerare il fenomeno a 360° Lo stage interstile (il primo in Friuli) sarà aperto a tutte le varie scuole della Regione e di quelle confinanti e seguirà le dinamiche degli eventi della Maa International, ossia confronti tra arti marziali e tecnici diversi su una tematica comune e possibilmente condivisa. Non mancheranno docenti di grande spessore, specialità tipiche regionali e posti meravigliosi da ammirare. Naturalmente, se ci dovessero essere nuovi sviluppi, provvederemo prontamente ad informare i lettori su queste pagine.
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LIGURIA mma cup sanremo a cura di: Fabio Forte Il comitato regionale liguria organizza, per i giorni 27/28 Giugno, la prima Gara Multistile per Combattimento e Forme, presso il Palazzetto dello Sport di Villa Ormond, a Sanremo (IM). La prima giornata sarà dedicata alla gara di forme, kata e taolu. Saranno presenti esponenti del karate, del kung fu e di altre scuole tradizionali. Il secondo giorno sarà invece dedicato interamente al combattimento con gare di Muay Thai, MMA e grappling. Le palestre e i dojo che fossero interessati a partecipare possono rivolgersi al M° Fabio Forte (338 9850679 - fabiovaletudo@ hotmail.com) e richiedere il modulo di iscrizione.
nord italia
piemonte gara di judo a cura di: Vincenzo Volpino L’ASD SATURNIO organizza, presso la Scuola Barrurero di Moncalieri, una gara regionale di Judo rivolta ai giovanissimi. Curatore dell’evento, che si terrà sabato 23 Maggio, è il Maestro Fabrizio Faldella, 6° Dan, Responsabile Nazionale MAA per il settore Judo. Per informazioni, sulle modalità di iscrizione e partecipazione contattare direttamente il Segretario Regionale, Vincenzo Volpino (tel. 011.6064485 - cell. 338.5715912 - mail: saturnio.asd@libero.it)
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comitati regionali
lazio TROFEO PRIMAVERA KARATE a cura di: Paolo Facioni Il giorno 26/04/2015 presso l’impianto sportivo “Fit and Free “ di Tivoli (Rm), si è svolta la prima edizione del “Trofeo Primavera del Karate Do”. L’evento, che ha visto una folta partecipazione di bambini e ragazzi, è stato suddiviso in: Red Ribbon per i più piccoli, Kata Bambini, Kata teenager, Tecniche di combattimento under 21. Oltre alla presenza di Docenti MAA quali Il Maestro Morra Alberto (DTN Shotokan e Coordinatore Regionale settore Karate Lazio), Il Maestro Mariotti Renato (Referente Regionale settore Kata ) e al Maestro Alteri Luigi ( Referente Regionale Wado ryu ), la manifestazione ha avuto l’onore di ospitare figure di spicco nel panorama Karate Italiano : il Maestro Masala Francesco (Wado Ryu) e il Maestro Attimonelli Riccardo ( Fushin Kenpo karate Italia). Al fine di una continuità di crescita, di aggregazione e spirito di amicizia uniti alla passione per le arti marziali , il Comitato Lazio sta programmando per il periodo autunnale una serie di appuntamenti, che prevedono uno stage interdisciplinare, corsi di formazione e aggiornamento per Arbitri, Corsi di difesa personale in collaborazione con la A.N. Carabinieri sezione di Tivoli. .
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comitati regionali
campania SHUN keiko sankaku ryu a cura di: Tobia Varchetta Domenica 29 Marzo si è tenuto, presso il il Dojo Oriental Life, lo Shun Keiko, l’allenamento primaverile della scuola Sankaku Ryu, aperto a tutti gli allievi, le cinture nere ed i direttori tecnici. Lo stage, diretto dal So-Shi Soke Massimo Curti Giardina, si è focalizzato sui nuovi programmi tecnici che l’accademia adotterà a partire dal prossimo anno.
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La lezione del So-Shi Soke ha saputo coinvolgere tanto i nuovi allievi che le cinture nere: lo studio dei principi del te goshin jitsu, elemento fondamentale per la costruzione delle tecniche, per la sua natura vasta e complessa, si presta ad essere praticato a vari livelli di profondità , che offrono temi tecnici e dinamiche sempre nuove, a prescindere dal livello del jutsuka. L’evento ha inoltre celebrato i 50 anni di tatami per il M° Curti Giardina, festeggiato da tutti i suoi allievi con una targa commemorativa.
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comitati regionali
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sud italia
Al termine dello stage si è tenuta la sessione d’esame, durante la quale sono risultati idonei per il 4° Dan i Tecnici, Luigi Esposito e Francesco Malvano, che hanno inoltre ottenuto l’inquadramento come Sempai ufficiali del So - Shi Soke.
Ph. Fabio Donadeo
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comitati regionali
progetto sport, cibo e salute Il 2015 e iniziato con una sorpresa inaspettata, da un incontro con il presidente Curti Giardina mi è stata fatta la proposta di iniziare a collaborare nel comitato regionale e precisamente con la figura di responsabile del comitato regionale. Raccolta questa piccola sfida ci siamo impegnati per iniziare a produrre e cercare di dare una scossa alla situazione qui in Campania. Con l’aiuto di alcuni collaboratori miei pari come Luigi Esposito maestro di jujitsu, e ormai anziano delle arti marziali a Napoli ci siamo dati da fare, il primo occhio e stato buttato sui corsi di formazione specialistici che da un po’ mancano, e sfruttando le risorse dalla MAA ci siamo orientati su formazione per bastone e coltello pugliese, e sulla organizzazione di un corso di formazione per operatori sportivi di base da organizzare in collaborazione con la libertas nazionale Entrambi i corsi verranno organizzati e partiranno da ottobre, per permettere la giusta diffusione delle informazioni e durante l’anno verranno riproposti se avranno successo. Per il periodo estivo ci siamo concentrati su un progetto molto interessante, un bando di gare proposto dalla MAA riguardante l’educazione alimentare nella vita di tutti i giorni applicata allo sport. Il progetto sport salute e sapori, che accoglierà molte persone e soprattutto bambini, e stato presentato e in attesa di approvazione. La nostra speranza come comitato regionale è riuscire a coinvolgere in questi mesi e in quelli che verranno quante più persone possibile, provenienti e non del settore marziale.
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La MAA nella figura del suo presidente ci offe la possibilità e i mezzi procedere spediti sulla strada giusta, e noi come rappresentanti sul territorio campano non mancheremo di fare del nostro meglio.
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puglia stage interregionale a cura di: Coriolano Nino Siena In data 26 Aprile 2015 al Palazzetto dello Sport sito in Via Piccinni Altamura (Ba) si è svolto lo stage interregionale MAA Puglia, che ha visto la partecipazione di 4 docenti federali della MAA: Soshi Soke Massimo Curti Giardina (9° Dan Ju Jitsu), Luciano Trimigno (6° Livello Bastone Pugliese), Luca Raucci (5° Dan Kobudo), Giuseppe Gelsomino (5° Dan Ju Jitsu) e tanti docenti ospiti (tra questi: Savino Fabiano - 9° Dan Ju Jitsu; Gianni Leone - 6° Dan Ju Jitsu; Felice Matera - 6° Dan Karate; Sebastiano Mastrulli - 5° Dan karate; Donato Fantini - 4° Dan Kenpo; Rosario Antezza - 2° Duan Kong Fu; Agostino De Rosa - 2° Dan MMA). Presente anche il team WCRA Brazilian Ju Jitsu. Il comitato è già al lavoro per l’rganizzazione di stage ed eventi per diffondere ulteriormente l’operato dell’oganizzazione in ambito regionale.
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comitati regionali
sicilia stage internazinoale a cura di: Giacoma Maggio Cari Amici per la sesta edizione dello Stage Internazinoale di Marsala grandi novità ci attendono: quest’anno, oltre alle arti marziali, entra in maniera prepotente il Mondo del Fitness, con la sua musica, la sua spensieratezza e con il suo divetimento! Le attività incominceranno da giovedi pomeriggio, e proseguiranno per tutto il fine settimana con stage, vistie guidate, sessioni d’esame e sopratutto il nostro fiore all’occhiello: la formazione dei nostri direttori tecnici sulla filosofia orientale, medicina orientale ed altro ancora. Saranno presenti le delegazioni MAA della Germania e della Svizzera, il nostro Presidente Massimo Curti Giardina e tantissimi docenti nazionali ed internazionali. Ricchissimo, come di consueto, il programma tecnico: a partire dai giorni infrasettimanali, durante i quali i docenti saranno a disposizione dei partecipanti per lezioni e dimostrazioni, per proseguire con approfondimenti sulla cultura orientale, la promozione del progetto Donne al Sicuro, lo stage interdisciplinare del sabato e della domenica e uno spazio dedicato allo spettacolo, con le esibizioni dei team coordinati dai tecnici che interverranno allo stage, il tutto nella consueta e splendida cornice del complesso turistico a 4 stelle Delfino Beach hotel (potete andare a visitare il sito www.delfinobeach.com per rendervi conto della struttura), in trattamento di pensione completa. A tutti gli stagisti sarà consegnato oltre all’attestato di partecipazione un gadget ricordo.
Per Info e prenotazioni:
100
segreteria.maasicilia@gmail.com infoline: 3505382071
sud italia
maamagazine 2.0 maamagazine2.0@gmail.com