Il Salto
FRANCESCO SMELZO
Il Salto
La forra dev’essere qui da qualche parte… Attento. Un passo e ci sei dentro! Un orrido che precipita per più di cento braccia. Nel vuoto, sulle rocce aguzze là in fondo, un fondo che da quassù non si vede. Conosci bene questi posti; sei stato a cacciare molte volte da queste parti con il tuo Clan. Ma ora sei solo… E hai paura. Voi cacciatori spingevate il cervo dalle lunghe corna nel baratro con le punte aguzze delle vostre lance, spaventandolo con le urla; allora la forra era un’alleata, complice del sacrificio. Adesso potrebbe essere il tuo carnefice.
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Pensi al cervo; alle grida di rabbia, alla sua scelta tra le punte e l’abisso. La tua scelta ora. La stessa. Da trenta lune ormai sei il capo del Clan; trenta lune da quando il vecchio Samar morì, rapito dalla tigre entrata di notte nel villaggio. Lo Šaman allora scelse te Maitan, con la cerimonia di offerta ai sacri Spiriti. Nella sua estasi gli Spiriti hanno parlato e hanno pronunciato il tuo nome, Maitan, per guidare la tua gente. Ma ora sei solo. C’è nebbia. La nebbia rende incerti i tuoi passi come quelli di un bambino nella notte. Sai che da lì qualche parte c’è la forra, sai che il precipizio taglia l’altopiano come la ferita di un coltello: in certi posti più larga e in altri più stretta. Ci sono dei punti in cui i due lembi della ferita della terra quasi si toccano, tanto che per un uomo coraggioso è possibile saltare da una parte all’altra. E tu Maitan sei coraggioso. Gli Spiriti degli antenati hanno parlato per mezzo dello Šaman: hanno scelto te per salvare il tuo popolo. 2
È lei, quella tigre assassina, la maledizione del tuo Clan. Ogni tanto quando le donne escono nel bosco a raccogliere frutta e bacche si sente un grido straziante e una di loro sparisce nel folto dell’erba. Assaggiata la carne dell’uomo la fiera si è fatta più audace. Il vecchio capo Samar era solo la prima di un lungo elenco di vittime del mostro che ha decimato la tua gente. È per questo che ti trovi qui ora. Nella nebbia. Solo. Vaghi come un cieco nel grigio indistinto e umido, ma se la vista ti è impedita gli altri sensi sono ancora più acuti. Odi i tamburi dei Charka, ancora lontani, ma via via più vicini. Cominci anche a sentire l’odore del fumo delle loro fiaccole. Nella paura di cadere nel baratro in qualsiasi momento ti sei steso ventre a terra e procedi strisciando, con le mani protese a tastare il terreno per trovare il vuoto del baratro. Senti l’odore dell’erba umida mista a terra e questo abbraccio ti dà un po’ di calore. Quella ferita della terra l’hai saltata quando il sole si era appena levato nel cielo. Di mattina non c’era questa maledetta nebbia e il compito spettava a te come capo del Clan, Maitan, il coraggioso. 3
Era necessario trovare nuovi territori per far vivere il tuo popolo lontano dalla tigre assassina. Come potevi sottrarti al compito di fronte ai cacciatori del Clan? Eri tu quello che doveva andare a esplorare l’ignoto, al di là della ferita della terra. “Di là” si diceva vivessero altri uomini chiamati Charka. Nessuno lo sapeva per certo, perché nessuno era mai tornato una volta fatto il Salto, ma si diceva che “di là” anche gli uomini fossero feroci come belve. Ma questa era l’unica speranza. Ieri la tigre aveva portato via tua figlia, la dolce Besira. La piccola, appena in grado di camminare, aveva voluto seguire le donne nel bosco e questa volta era toccato a lei. Quella terra, “di là”, era l’unica speranza per far vivere la tua gente. Ma adesso era in pericolo la tua vita. Inseguito dai feroci Charka e cieco nella nebbia. Adesso l’unica speranza era il Salto. Il suono dei tamburi si fa sempre più vicino. Questa volta sei tu la preda, il cervo da spingere nella forra sulle rocce aguzze con le punte delle lance nemiche. Avanzi piano, strisciando sulla terra… Senti qualcosa nell’erba. 4
Un affossamento dove l’erba è spezzata… Un’orma. Non la vedi, la senti con le mani tastandone i contorni. È la tua orma; di questa mattina, quando hai fatto il Salto e sei atterrato sull’erba vicino al bordo dell’orrido. È questo il punto del Salto; dove la ferita della terra è quasi chiusa e un uomo coraggioso può passare dall’altra parte. Ma se ti sbagliassi? Se l’orma non fosse la tua? Magari di un grosso animale, un cervo o un bue, spinto giù dai cacciatori? T’immagini già spiccare il Salto e cadere giù nel vuoto, per un tempo che sembra una vita, il tuo corpo sospeso nell’attesa di essere dilaniato dalle rocce aguzze. Sentirai dolore? Morirai e si farà subito buio? Oppure le rocce non ti uccideranno subito, faranno scempio delle tue membra e soffrirai tormenti atroci? Non è meglio affrontare i Charka e le punte delle loro lance? Ma lo sai; non hai mai visto nessun cervo fare così. Hanno sempre scelto la speranza di farcela, di saltare dall’altra parte, di scappare liberi lontano dai cacciatori. Solo ora, che ti ritrovi preda, sai che quella è l’unica scelta. Il fumo delle fiaccole del nemico è più vicino, lo senti acre nelle narici. 5
Senti anche delle voci, non troppo lontane, due o trecento passi. Parlano una lingua sgraziata, dura, che non comprendi, è sempre così la lingua del nemico. Il sangue pulsa nelle tempie. Lo devi fare. Il Salto. I muscoli sembrano ribellarsi alla tua mente, tremano, brividi di freddo e di paura. Hai deciso di fidarti di quell’orma. Un segnale degli Spiriti. Ma per aiutarti o per perderti? In ogni caso non dipende da te. Da te dipende la forza e il coraggio di agire, di fare il Salto. Là, incontro al muro di nebbia. …le voci si avvicinano. E se non ti vedessero? La nebbia c’è anche per loro. Nella nebbia anche i loro occhi sono offuscati come i tuoi. Perché affrontare il rischio se c’è la possibilità di salvarsi, di rientrare nel tuo Clan? E se invece anche per loro i sensi, nella nebbia, si fossero fatti più acuti? Se percepissero, passandoti accanto, il tuo odore, l’odore di paura? Tu, il capo Maitan, il coraggioso, ti alzi in piedi. Mentalmente hai calcolato la direzione. Confidando sull’orma. 6
Adesso chiudi gli occhi. La vista non serve, vedere aumenterebbe soltanto la paura. Fai due passi indietro per prendere lo slancio. VIA! Gli occhi sono sempre chiusi mentre ti stai librando nell’aria, e mentre stai come in volo il tempo è sospeso, così il tuo respiro, così il tuo cuore: in attesa. Attesa di percepire con i piedi la terra dell’altra parte o attesa di sentire l’aria inghiottirti e cominciare a cadere? In questi momenti è solo attesa. Lunghissima, interminabile sospensione. Tutto dipenderà dallo slancio, dalla fiducia che ha avuto nei tuoi muscoli, dall’energia dello scatto, dalla tua volontà di compiere quello che era in tuo potere e abbandonarti al destino. Quello che eri stato chiamato a compiere era compiuto. ATTERRASTI! I piedi toccarono il bordo dell’altro lato. Il salto non era stato lungo come quello della mattina. Il contatto del terreno accese in te la speranza, ma eri atterrato scompostamente, appena sul ciglio del burrone.
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Dietro di te il vuoto ti reclamava, quasi un artiglio che ti ghermisse e ti allontanasse dalla salvezza facendoti oscillare tra la vita e la morte. Una mano ti stringe le spalle, un’altra ti prende per un braccio e altre ancora numerose ti trattengono. Apri gli occhi e vedi mani amiche, volti conosciuti: la tua gente, il tuo popolo, i tuoi fratelli che ti traggono al sicuro, lontano dall’abisso. Ti senti stretto in un abbraccio caldo di madre, l’abbraccio dei tuoi compagni. Dietro di loro, nella nebbia scorgi un’ombra, imponente. Non è un sogno, non è la paura. Un sordo ruggito annuncia la morte: la tigre è dietro di voi. Vuole il sangue degli uomini, vuole il tuo sangue Maitan. Hai scampato il baratro, hai superato la prova solo per trovare una fine più orribile? La nebbia si è un poco diradata, un vento si è levato da Nord, annuncio di morte. Riesci adesso a vedere la bestia in tutta la sua terribile mole, alta quanto un uomo, con denti aguzzi e lunghi come coltelli. I suoi occhi ti stanno fissando, in mezzo al gruppo di uomini ha scelto la preda: tu.
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Allontani i tuoi compagni: anche stavolta il compito spetta a te, Maitan, eletto dagli Spiriti. Anche tu la guardi, l’odio è nei tuoi occhi, non nei suoi. Eppure ben misere sono le tue armi a confronto delle sue. È lei che ha gli artigli che straziano le carni, è lei che ha i lunghi denti che spezzano le ossa e tu? Tu cos’hai? Hai l’odio. La odi. Per Besira, per Samar, per tutti i quelli che hai pianto. Hai raccolto in te tutto il dolore del tuo popolo. Sei diventato il tuo popolo. Lei ti scruta, legge i tuoi occhi, legge il tuo cuore per annusare l’odore della paura. Ma non c’è paura. C’è odio. Cammina avanti e indietro, indecisa, inquieta, non staccando gli occhi da te. Ha bisogno della tua paura come fosse quello il suo nutrimento. Un tuo compagno ti offre la lancia. Con un gesto la rifiuti: non è quella l’arma per questa battaglia. Rimani in piedi a pochi passi da lei. Sembra cercare ancora la paura nel tuo spirito, ma ancora non la trova. All’improvviso, con uno scatto possente, spicca il suo salto. 9
Tu rimani in piedi. Fermo al bordo del baratro attendi il tuo destino. Quello che eri stato chiamato a compiere era compiuto. La tigre col suo balzo passa sopra la tua testa. Puoi sentire l’ispido pelo della sua pancia sfiorare i tuoi capelli. Anche lei ha preso la sua decisione. È precipitata nella forra? È atterrata dall’altro lato, nella terra dei Charka? Nessuno può dirlo. La nebbia nel frattempo si era nuovamente levata da quella ferita della terra. I tuoi compagni non hanno potuto vedere la sorte della tigre. Nessuno ha sentito il suo ruggito, né il rumore del suo corpo sbattuto sulle rocce aguzze. Solo un ragazzo, un giovane cacciatore che era lì, tra i tuoi compagni, asseriva di aver visto l’animale svanire, dissolversi nella nebbia sopra la forra. Ma a lui nessuno degli altri tuoi compagni dette ascolto.
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Quel ragazzo ero io figli miei. Shmar, capo del Clan. Io ho veduto come Maitan il coraggioso ha compiuto il volere degli Spiriti e adesso, ormai carico di Lune, compio a mia volta la loro volontĂ raccontandovi la sua storia, figli miei, affinchĂŠ il suo ricordo venga onorato per molte Lune ancora.
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