Il topo

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Il topo Di Carmela Català Traduzione: Francesco Smelzo Correndo dietro la vecchia palla di plastica Ezequiel inciampa su una pietra, rotola sopra la terra del cortile che sta dietro la scuola, lì dove i ragazzi si trattengono a giocare a calcio prima di rientrare a casa alcuni, o di andare a raccogliere cartone altri. Ezequiel sente un sapore metallico, un rivolo di sangue gli cola per il mento, prende con la mano il piccolo dente già traballante da giorni. È il primo che gli cade, ha appena sei anni, aspettava con emozione questo momento perché Ramiro, il compagno che non vive nelle baracche, gli aveva parlato del topo, quello che la notte prende il dentino da sotto il cuscino e ti lascia un regalo. Chiaro che qui nelle baracche non viene, pensa Ezequiel, forse è per quello che la maggioranza dei ragazzi non lo conoscono, non è facile arrivare, nemmeno ambulanze e polizia arrivano, come potrebbe arrivare un povero topo? Se lo mette in tasca e in fretta intraprende la strada di casa, una baracca di lamiera tra tante altre simili, non vuol arrivar tardi, sa che la nonna Mirta lo sta aspettando e si preoccupa quando ritarda. Nel cammino il maniscalco lo saluta, e anche il meccanico, è un bambino molto ben voluto tra i vicini, piccoletto e fragile non c’è chi non resista al suo candido sorriso. La nonna sta già sulla soglia ad aspettarlo, vivono loro due da soli da tre anni. Ezequiel non conosce il suo papà, la madre è molto che non la vede, stanca di tanta miseria si allontanò in cerca di nuovi orizzonti, il primo mese tornò, con i capelli ossigenati e impregnata di profumo a buon mercato, gli portò alcune caramelle e dette qualche spicciolo alla nonna, però le sue visite si fecero sempre più rade, finché non tornò più, qualcuno dice che lavora in un bar alla Boca, altri dicono di averla vista al quartiere di Constitución. Da allora la nonna prepara empanadas e le vende alla fiera di Pompeya, chiaro che questo non è sufficiente, tuttavia Mirta fa miracoli e a Ezequiel un piatto di cibo alla sera non manca mai. La nonna comincia a rimproverarlo del ritardo ma il bambino apre la sua manina e le mostra il piccolo tesoro, spera che il topo gli porti la tanto desiderata palla da calcio, il calcio è la sua passione e Messi il suo idolo, fino a darsele con i suoi compagni che sostengono che esista solo Maradona. La nonna aggrotta le ciglia, gli raccomanda ti fare tutti i compiti, gli mette il piatto di cibo sopra la tavola e prende il gran vassoio di empanadas che ha preparato. Sente molta amarezza nel cuore, sa che se ha fortuna, con il ricavato potrà pagare la bolletta il giorno seguente, se la vendita è scarsa neanche questo, impossibile pensare ad una palla di cuoio. Il giorno si sta rinfrescando nuovamente, la fiera è stranamente vuota, solo alcuni operai che fanno il turno serale le comprano alcune empanadas, presto cominciano a cadere le prime gocce di pioggia, Mirta resiste tenace, non vuol tornare a mani vuote, però la mercanzia coperta di nylon si è già bagnata, raccoglie le cose e come un automa prende il cammino di casa, quasi non può vedere, è la pioggia che infuria che le annebbia la vista, o forse non è la pioggia, grosse lacrime da tempo trattenute si mescolano con l’acquazzone.


Di colpo un rumore, una frenata, uno scossone… e le braccia di un ragazzo che la sostengono. – Sta bene signora? non l’ho investita per pochi millimetri, non ha visto che il semaforo era rosso? – no Mirta non ha visto niente e adesso sta tremando come una foglia. – Venga signora, mia madre vive qui vicino, stavo andando a trovarla, venga a prendere qualcosa di caldo e vediamo come sta, però che spavento mi ha messo! apparire così dal nulla… ma cosa c’è qui che profuma tanto… empanadas de humita? – Le preferite di mia madre, le voglio regalare tutto il vassoio, che sorpresa le voglio fare, mi dice sempre che sono molto impegnato e non mi ricordo mai di lei, ah… io mi chiamo Matías, è un po’ di tempo che sono andato via da qui , gioco a calcio fin da bambino e notatomi, un allenatore della squadra di quartiere si fidò di me, adesso sto in B, ma in un club importante, non si creda, ha richiesto molto impegno, molto sacrificio, ma ne è valsa la pena, è soprattutto quando torno e vedo la mia vecchietta, lei ha fatto tutto per me, sa? Mirta sfinita quasi non lo ascolta, si fa condurre presso una modesta abitazione dove una signora piuttosto in carne li riceve, abbraccia il giovane e la fa accomodare in una morbida poltrona di pelle. La parete è tappezzata di foto di Matías: da bambino sopra un cuscinone, giocando con la prima palla, tenendo la prima coppa vinta con il club del quartiere, con la squadra dove gioca attualmente, splendido nella sua maglietta granata come un cavaliere nella sua armatura. Gli scaffali sono ricoperti di trofei che la mamma ha custodito in tanti anni e che lucida religiosamente ogni domenica. Matías va in cucina e comincia a preparare un mate amaro, nella penombra della modesta sala da pranzo della casetta le anime delle due donne si incontrano, una si alza e delicatamente si dirige verso l’antica cameretta di suo figlio, prende il tesoro più pregiato, una preziosa palla di cuoio e la deposita nelle mani dell’altra. Da lontano dei cani abbaiano.


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