Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 4 al n. 5 Maggio 2008 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona
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SOMMARIO ECOTECNICA s.r.l. UN TAGLIO NETTO PER TUTTI I PROBLEMI ..............4 MORIRE SULLE STRADE ....................................6 Progetto EcoSoluzioni LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE È LA NOSTRA PRIORITÀ ................................... 10 GUIDA SICURA: IL RUOLO DELL’ACI PER LA PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI ............... 12 C.A.R. SUCCESSO PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE ........... 17 LA ROTTAMAZIONE RIDUCE L’INQUINAMENTO? ...... 22 LOGIMA NUOVE SOLUZIONI PER I CENTRI DI AUTODEMOLIZIONE .......................... 24 TRASPORTO RIFIUTI CON VEICOLO AFFITTATO ....... 26 MORTI BIANCHE IN ITALIA: UN PRIMATO SCOMODO .................................. 29 “I BIOCARBURANTI CHE NON AFFAMANO” ............ 32
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ECOTECNICA s.r.l.
UN TAGLIO NETTO PER TUTTI I PROBLEMI La ditta ECOTECNICA s.r.l. che si è prefissata di innovare costantemente la propria gamma di prodotti rodotti per soddisfare le esigenze di un mercato in costante evoluzione, è lieta di presentare la nuova serie di cesoie “coccodrillo”che coccodrillo”che permettono ai recuperatori di risolvere la maggior parte dei problemi derivanti dal trattamento di materiali compositi. Nello specifico il TOP della gamma è rappresentato dal modello EC 500 FULL destinato soprattutto rattutto agli autodemolitori. La EC 500 FULL, dotata di un premilamiera amiera oleodinamico, in grado di dare maggiore flessibilità nell’utilizzo ell’utilizzo della macchina, visto che la pressione esercitata dal premilamiera sul materiale trattato aumenta parallelamente nte e direttamente in funzione della pressione di taglio delle lle lame, escludendo l’intervento diretto dell’operatore, consentendogli nsentendogli così di lavorare in assoluta sicurezza. Alla 500 FULL si affiancano le
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MORIRE SULLE STRADE La classifica degli incidenti stradali nel Rapporto ACI - Istat 2006 a cura di Alberto Piastrellini
“Partire è un po’ morire”, recita il vecchio adagio, alludendo a quel sentimento di melanconia che coglie il viaggiatore allorquando, seppur momentaneamente, si allontana dagli affetti e dalle sicurezze del proprio microcosmo, per affrontare le incognite e le incertezze dell’ignoto. Una romanticheria d’altri tempi, quando, effettivamente, viaggiare era un lusso di pochi, non privo di una certa
tamenti a torto ritenuti invidiabili; maggior propensione all’alcool e allo “sballo” (soprattutto da parte dei più giovani), ma anche, una diversa concezione del valore economico del tempo e del lavoro (unitamente ad un aumento esponenziale degli automezzi circolanti nel territorio), hanno determinato, negli ultimi vent’anni, un aumento preoccupante di incidenti sulle strade, al punto che, ogni lunedì mattina i noti-
ziari che riferiscono le “ultime dal week end” sembrano bollettini di guerra. Né, peraltro, sembrano giovare molto, gli avvisi degli ultimi incidenti con esito mortale, che, ad ogni casello autostradale, ammoniscono gli automobilisti con funebri statistiche. Ma cerchiamo di analizzare meglio quanto avviene sulle nostre strade e, per lo scopo vediamo di presentare dei dati ufficiali, così come indicati nell’ultimo Rapporto ACI-Istat sugli incidenti stradali (dati riferiti al 2006). Secondo il Rapporto ogni giorno, in Italia, si verificano, in media, 652 incidenti stradali, che, sempre in media, provocano la morte di 16 persone e il ferimento di altre 912. Se si guarda all’anno 2006, emerge che sono stati rilevati ben 238.124 incidenti stradali che hanno causato il decesso di 5.699 persone, mentre altre 332.124 hanno subito lesioni di diversa gravità. Piuttosto inquietante per un Paese piccolo come l’Italia; tuttavia, rispetto
componenti di rischio. D’altra parte, se le mutate condizioni economiche, dal dopoguerra in poi, hanno contribuito fortemente al cambiamento delle abitudini di mobilità delle popolazioni occidentali (e quelle della Penisola, non fanno certo eccezione), è pur vero che, malgrado viaggiare in sé (per vacanza, per diletto, per lavoro), sia diventato meno “avventuroso”, pur sempre una componente di rischio, c’è. Automezzi più potenti e performanti; desiderio di emulazione di comporall’anno precedente (2005), si registra una lieve diminuzione del numero degli incidenti (- 0,8%), dei decessi (- 2,6%), e dei feriti (- 0,6%). Se si guarda al periodo 2000 – 2006, l’analisi di incidentalità nel lungo termine mostra una costante riduzione della gravità degli incidenti, evidenziata dall’indice di mortalità (numero dei decessi ogni 100 incidenti), che si attesta al 2,4% nel 2006 contro il 2,8% del 2000; e dall’indice di gravità (rapporto tra il numero dei decessi ed il numero totale dei morti e dei feriti,
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moltiplicato per 100), che passa da 1,9 a 1,7 decessi ogni 100 infortuni. Per sintetizzare, nel periodo di riferimento: - gli incidenti sono passati da 256.546 a 238.124 (- 7,2%); - i decessi da 7.061 a 5.669 (- 7,5%); - i feriti da 360.013 a 332.955 (- 19,7%). REGIONI INCIDENTI MORTI FERITI Lombardia 46.173 877 58.484 Lazio 31.344 575 43.550 Emilia-Romagna 23.950 539 33.235 Toscana 20.826 353 27.648 Veneto 19.261 553 26.611 Piemonte 14.871 404 22.047 Sicilia 14.203 383 21.196 Puglia 11.583 409 19.346 Campania 10.968 324 16.455 Liguria 10.085 118 13.166 Marche 7.577 171 11.193 Friuli Venezia-Giulia 5.065 142 6.628 Sardegna 5.034 180 7.633 Abruzzo 4.665 165 7.052 Calabria 3.717 185 6.129 Umbria 3.581 100 5,089 Trentino Alto Adige 3.350 94 4.456 Basilicata 921 59 1.522 Molise 557 32 954 Valle d’Aosta 393 6 561 ITALIA 238.124 5.669 332.995
Va sottolineato che, nello stesso periodo, il parco veicolare è cresciuto del 13,7%, mentre il volume di circolazione (valutato, però, sulle percorrenze autostradali, è aumentato del 19,9%). Se si vanno ad analizzare i dati relativi alle singole province, emerge qualche sorpresa; per esempio sono tutte al Sud e sono tutte città medio-piccole, le 10 Province italiane che fanno registrare il più alto tasso di mortalità negli incidenti rilevati. La vergognosa “top five” vede al primo posto Medio Campidano (95,24), cui seguono, Potenza (90,23), Crotone (81,48), Isernia (80,88) e Carbonia Iglesias (77,67). Purtroppo, la Regione Sardegna non esce molto bene da questa rilevazione. A ribaltare il luogo comune, secondo il quale sarebbero le grandi città ad essere le meno sicure da un punto di vista degli incidenti automobilistici, i dati classificano, in base al tasso di mortalità, più sicure: Milano (10,06), Firenze (10,48), Roma (14,61); rispetto a Torino (18,50); Bologna (21,25); Palermo (22.63); Napoli (24,44).
Mentre, inaspettatamente, la Provincia italiana con il più basso tasso di mortalità per incidenti stradali è Genova (7.91). Se, viceversa, si analizza il fenomeno dell’incidentalità stradale dal punto di vista del rapporto fra incidenti e parco circolante, sono proprio le province del Nord a guidare la classifica e ben 5 dei capoluoghi con oltre 250.000 abitanti occupano le prime dodici posizioni. Rimini guida la classifica con un indice di 9,76, seguita da Milano (9,14), Ravenna (8,87) e Genova (8,74); Bologna (6,94); Venezia (5,66); Catania (3,93); Palermo (3,83); Napoli (2,62). Interessante notare come la provincia con il tasso di mortalità più alto risulti quella con il più basso rapporto incidenti/parco circolante: Avellino e Isernia, a parimerito (1,89); Benevento (1,96); Vibo Valentia (2,23); Crotone (2,31); Agrigento (2,33), Carbonia Iglesias (2,39) e Campobasso (2,45). Se invece si analizza la casistica degli incidenti dal punto di vista del rapporto tra incidenti stessi e popolazione,
Fonte: Rapporto ACI - Istat incidenti stradali 2006
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m Come avvengono gli incidenti La rilevazione statistica indica che la maggior parte degli incidenti stradali avviene tra due o più veicoli (76,5%); il 23,5% a veicoli isolati. Nell’ambito della casistica degli incidenti fra veicoli, la tipologia di incidente più diffusa è lo scontro frontale-laterale (85.098 casi), seguita dal tamponamento (43.610 casi). Tra gli incidenti a veicoli isolati sono la fuoriuscita di strada o lo sbandamento a registrare la maggior casualità (21.959 incidenti); mentre l’investimento del pedone rappresenta “solo” l’8% degli incidenti (19.089 casi). ancora una volta sono le province del Nord a guidare la classifica, mentre, tutte al Sud, quelle che fanno registrare i trend migliori.
Dove avvengono gli incidenti Nell’anno cui il Rapporto fa riferimento, si evidenzia che le strade urbane sono quelle dove avvengono più incidenti, rispetto alle Autostrade e l’insieme delle “altre strade”. Sulle strade urbane si sono verificati 182.177 incidenti (76,5%) del totale che hanno inciso del 72,7% sul totale dei feriti e del 44% su quello dei morti. Viceversa sulle autostrade si sono ve-
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rificati “solo” 13.319 incidenti (pari al 5,6% del totale) con 22.646 feriti (6,8% del totale) e 590 decessi (10,4% del totale). L’indice di mortalità mostra che gli incidenti più gravi avvengono sulle strade extra urbane, dove si registrano 6,1 decessi ogni 100 incidenti; mentre l’indice di mortalità sulle autostrade (4,4) è più che triplo rispetto a quello registrato nelle sole città. Il Rapporto indica, infine, che in riferimento alla rete extra urbana non autostradale, le strade ad una carreggiata a doppio senso, presentano un indice di incidentalità superiore del 63% rispetto alle strade a doppia carreggiata.
Perché avvengono gli incidenti Ad analizzare le cause e le circostanze accertate o presunte degli incidenti rilevati, non si notano differenze sostanziali rispetto agli anni precedenti. Purtroppo, ancora una volta si deve notare come le responsabilità principali, in caso di incidente, siano imputabili a fattori umani nell’ambito dei comportamenti errati alla guida. Il mancato rispetto delle regole di precedenza, la guida distratta e la velocità troppo elevata, sono le prime tre cause di incidente e da sole costituiscono il 45,86% dei casi. Lo stato psico-fisico alterato del
conducente non rappresenta una percentuale elevata del totale dei casi (“solo” il 2% degli incidenti può essere ricondotto a tale fenomenologia), eppure sono proprio quest’ultimi, quelli che vanno segnalati per la gravità delle conseguenze. In tale categoria rientrano: l’ebbrezza da alcool (4.246 dei casi, pari al 71% della categoria); il malore, l’ingestione di sostanze stupefacenti o psicotrope ed il sonno (1.586 dei casi, pari al 26,4% della categoria). Solo in 685 casi (che pesano per lo 0,2% sul totale) sono stati rilevati difetti o avarie del veicolo tali da aver causato degli incidenti, mentre il comportamento scorretto del pedone o l’alteramento dello stato psico-fisico dello stesso, hanno causato 9.339 casi, pesando per il 3,11% sul totale delle cause di incidente. La distribuzione degli eventi nelle ore del giorno e della notte indica che le cause di incidente più rilevanti nelle ore notturne sono: velocità, presenza di ostacoli o buche sulla carreggiata, alcool e droghe, sonno; mentre nelle ore diurne prevalgono: le manovre azzardate, i sorpassi irregolari e gli incidenti con i pedoni. In riferimento alla tipologia delle strade si evidenzia che la causa prima di incidente sulle strade urbane è il mancato rispetto delle regole di precedenza o semaforiche, mentre sulle strade
extraurbane è la velocità quella che miete più vittime. Insomma, a leggere il Rapporto, malgrado i dati dimostrino un leggero calo degli incidenti stradali, vengono i brividi, per le implicazioni giornalieri di quei freddi numeri ivi elencati. Tant’è che già nel 2001 nel Libro Bianco: “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”, l’Unione europea aveva fissato l’ambizioso obiettivo di ridurre del 50% il numero di morti sulle strade, da allora al 2010. Ebbene, alla fine del 2005, solo pochi Stati membri avevano già ridotto in misura superiore al 25% il numero delle vittime della strada, attraverso l’applicazione di politiche integrate. D’altro canto, Paesi come la Gran Bretagna, che già nel 2000 presentava una situazione ottimale, difficilmente dimostrano una capacità di ridurre del 50% un numero di vittime che sembra quasi connaturato con le dinamiche della mobilità. Eppure l’Italia, ha cercato di fare qualcosa se già alla fine del 2005 si registrava una di munizione del 17,6% rispetto agli anni precedenti e il trend decrescente è proseguito anche nel 2006 come si diceva all’inizio di questo articolo. Purtroppo, il risultato, seppur apprezzabile, non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo del 2010: infatti, permanendo
il trend attuale, le proiezioni indicano per quell’anno, in Italia, una riduzione delle vittime pari al solo 30% e la Penisola, col brutto pedigree di 95 morti per incidente stradale ogni milione di abitanti, registra ancora un tasso quasi doppio rispetto a Paesi come la succitata Gran Bretagna, l’Olanda, e la Svezia (che si attestano intorno ai 50 decessi/ milione di abitanti). Che fare, quindi? Aumentare le azioni verso una rinnovata sicurezza stradale, significa spendere per: maggiori controlli, diffondere una nuova cultura della guida e del rispetto delle regole; aumentare i livelli di protezione degli utenti più deboli; individuare e mettere in sicurezza le strade più pericolose. Non è un caso che i Paesi più virtuosi, in questo senso, siano anche quelli a cui va la nostra ammirazione e la nostra invidia quando si tratta di rilevare i buoni risultati raggiunti in campi più difficoltosi come: la diffusione delle energie rinnovabili; l’applicazione di politiche più austere nei confronti della mobilità delle merci e delle persone; l’implementazione di rinnovamenti strutturali urbani, volti al contenimento degli sprechi e all’ottimizzazione delle risorse. Purtroppo in Italia, si preferisce discutere d’altro (la necessità del Ponte sullo stretto di Messina, “l’immediato” ritorno del nucleare) e mentre si discute, si destinano oltre 295.357.091,04 Euro l’anno ai Partiti (fonte, Camera dei Deputati), contro i 133.000.000 della Germania; gli 80.264.408,00 della Francia; i 75.543.395 della Spagna e i soli 4.969.808,77 della Gran Bretagna. Quali sono le vere priorità?
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Progetto EcoSoluzioni LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE È LA NOSTRA PRIORITÀ Il titolare di Progetto Ecosoluzioni, fa il punto della sua azienda e rilancia gli impegni per il futuro. di Vinicio Ruggiero
Prima della consueta pausa estiva, Progetto EcoSoluzioni Srl, azienda leader nel settore della progettazione, commercializzazione e messa in opera di macchinari per lo smontaggio e la bonifica di autoveicoli a fine-vita, intende sfruttare la possibilità offerta dalla nuova uscita del Notiziario Autodemolitori per tracciare un primo bilancio dell’attività annuale. “Vorrei innanzitutto ringraziare quanti hanno creduto nella nostra attività - ha dichiarato in una breve intervista, Marco Stucchi, titolare della Società di Pian di Sco (Arezzo) - a partire dai nostri numerosi clienti che, dopo aver accordato fiducia ai prodotti presenti nel nostro catalogo, hanno avuto modo di constatare la serietà e l’impegno professionale che, ad ogni livello, tutti gli operatori di Progetto Eco Soluzioni, profondono nel loro operare”.
Recupero gas condizionatori Nel ricordare come tutta la categoria di imprenditori dell’autodemolizione sia quella maggiormente sollecitata dalle proposte di Progetto Eco Soluzioni, Stucchi ha rimarcato la propria soddisfazione “nel concentrare i nostri sforzi esclusivamente verso la soddisfazione delle esigenze del settore autodemolizione, che ha saputo cogliere appieno le offerte e le opportunità tecnologiche messe a punto dal nostro team”. Marco Stucchi, ha poi voluto ricordare una positiva specificità dell’azienda, una sorta di fiore all’occhiello nel rapporto di marketing con il cliente, molto spesso delegato ad altri rapporti, in altre realtà. “In Progetto Ecosoluzioni, crediamo molto al rapporto diretto fra l’azienda e il cliente - ha dichiarato il titolare - l’assenza
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di qualsiasi intermediazione da parte di qualsivoglia agente ci permette di implementare i rapporti umani con chi acquista le nostre attrezzature e, nel contempo, ci consente un reale scambio proficuo di dati da parte di chi, giornalmente fa uso delle nostre tecnologie”. “Questo - ha sottolineato - ci pone in una condizione di screening continuo e ci permette di aggiornare continuamente i nostri macchinari, apportando le modifiche necessarie qualora venissero richieste dalla clientela”. “Inoltre - ha continuato - il rapporto di fiducia instaurato nel tempo viene confermato dall’efficienza delle nostre attrezzature che continuano a svolgere egregiamente il loro lavoro anche a distanza di anni e, fatto da non passare in secondo piano in tempi di crisi economica, dall’ottimo rapporto qualità/prezzo”.
Isola di bonifica Si ricorda che uno dei motivi che ha portato al successo il catalogo dei prodotti di Progetto Ecosoluzioni, è la stretta collaborazione con la ditta Ingersoll Rand, leader mondiale nel settore dei sistemi di aspirazione, che, grazie agli input di una continua ricerca, ha raggiunto un grado di affidabilità tale da garantire, per almeno 5 anni, l’affidabilità dei componenti usati nei prodotti di Progetto Ecosoluzioni. Progetto Ecosoluzioni Srl parte da una selezione accurata delle materie prime tanto è vero che nel caso dell’Easy Gas (impianto per lo svuotamento e la messa in sicurezza dei serbatoi GPL e metano delle autovetture) ogni piccolo particolare impiegato è collaudato e certificato CE ed
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ATEX e tutta l’attrezzatura completa, infine, ha ottenuto la certificazione CE ed ATEX. A quest’ultima condizione occorre prestare molta attenzione in fase di acquisto perché qualsiasi attrezzatura, presente sul mercato, deve essere in regola con le certificazioni richieste dalla normativa vigente.
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“Siamo infatti pienamente consapevoli che il settore delle autodemolizioni sta cambiando - ha affermato Marco Stucchi - lo constatiamo dal fatto che le richieste diventano sempre più specifiche per trovare soluzioni alle nuove normative in materia di tutela dell’ambiente e della sicurezza”. “Anche per questo, e per quanto i nostri clienti sapranno suggerirci - ha concluso, infine - siamo orgogliosi di mettere in gioco la nostra esperienza e la nostra credibilità”.
Nel ricordare l’impegno profuso nella soddisfazione delle esigenze del cliente, Marco Stucchi ci ha richiamato alla mente come: “Dal momento in cui ci viene richiesta un’offerta commerciale, ci sforziamo affinché questa sia il più possibile dettagliata ed attinente alle reali esigenze. In seguito siamo in grado di garantire la messa in opera dell’attrezzatura acquistata seguendone dappresso tutte le sue fasi: dall’assemblaggio, all’installazione, sino al collaudo finale”. Grande cura, poi, è posta dalla Società di Pian di Sco, nel garantire una adeguata assistenza post vendita, nel rispetto del rapporto di fiducia instaurato con il cliente. Nell’augurare ai lettori del Notiziario Autodemolitori una sospirata pausa estiva, il titolare di Progetto Ecosoluzioni ha voluto ricordare i prossimi impegni istituzionali della Società: primo fra tutti la partecipazione, in un apposito Stand dedicato, alla manifestazione fierisitica internazionale ECOMONDO 2008, a Rimini (nei giorni 5 - 8 novembre p.v.), partecipazione che si rinnova da diversi anni a questa parte e che sarà occasione di presentazione delle novità che andranno a completare la vasta gamma dei prodotti proposti.
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GUIDA SICURA: IL RUOLO DELL’ACI PER LA PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI Anche il Vicepresidente vicario C.A.R. fra i soggetti partner di una iniziativa locale promossa dalla sezione ACI di Ascoli Piceno di Alberto Piastrellini
Oggi, l’argomento torna di attualità in occasione della sua partecipazione attiva alla Giornata della Guida Sicura, organizzata dall’ACI di Ascoli Piceno. Per conoscere meglio i risvolti dell’iniziativa, approfondire la tematica e portare a conoscenza dei Lettori quanto avviene di positivo sul territorio nazionale, abbiamo intervistato il Direttore dell’ACI di Ascoli Piceno, Massimo Cagnucci, che ci ha fornito anche il copioso materiale statistico a corredo dell’articolo pubblicato alle pagg. 6 - 9 del Notiziario. Massimo Cagnucci Direttore dell’ACI di Ascoli Piceno
Estate, tempo di vacanze, tempo di viaggi, di spensieratezza, di lassismo anche alla guida, purtroppo. La pubblicazione in concomitanza con l’inizio della stagione estiva diviene occasione per un approfondimento, nel Notiziario, sulla questione della Sicurezza Stradale, tanto più quando sul territorio si moltiplicano iniziative volte alla crescita culturale e alla consapevolezza degli utenti automobilisti. In questo settore, anche la categoria degli Autodemolitori, dimostra una certa sensibilità allontanando il sospetto di chi, con affettato cinismo, rivolge alla stessa ingiuriosi sospetti di trar profitto da incidenti vari. Più volte, con il Vicepresidente vicario della a Confederazione Autodemolitori Riuniti, Roberto Capocasa, si è parlato, in occasionedimanifestazioni locali, di sicurezza alla guida.
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Direttore, qual è il punto di vista dell’Automobil Club Italiano per quanto riguarda la sicurezza stradale? Nonostante l’impegno profuso dai vari soggetti competenti nel mondo dell’auto, della mobilità e dei servizi alla circolazione, formalizzato nell’obiettivo di ridurre del 50% il numero di incidenti alla data del 2010, devo ammettere che la strada da fare è ancora tanta e decisamente in salita. L’introduzione della patente a punti, dal punto di vista del contenimento di incidenti, ha avuto una forte incidenza solo durante la prima fase di applicazione, poi, come per tutte le regole c’è stata una fase di adattamento e di rilassamento. Anche gli investimenti che vengono stanziati per la sicurezza stradale, formazione
alla guida, controlli, molto probabilmente, dovranno essere riconsiderati. Il denaro che viene stanziato per questi obiettivi rende conto di quale sia la volontà effettiva di raggiungerli. Recentemente, ad esempio, è stato compiuto un passo avanti significativo in questo senso. Mi risulta, infatti, che siano state avanzate delle proposte di legge che andranno ad incidere sugli introiti derivanti dalle sanzioni comminate in relazione alla violazione del Codice della Strada. La norma precedente stabiliva che questi introiti andassero destinati per la sicurezza stradale, ma nei fatti questo è accaduto in modo assai limitato. Adesso sembra che il Legislatore abbia espresso la volontà di rimettere mano alle norme, stabilendo magari una percentuale inferiore di finanziamento per la sicurezza, ma con l’obbligo del controllo dell’effettiva destinazione dei fondi. Se quanto dichiarato verrà realizzato nel concreto, allora, come cittadini, potremo vedere effettivamente dei risultati. Anche perché dall’analisi dei dati relativi agli incidenti (che sono comunque calati rispetto all’anno precedente, anche se non in maniera così significativa rispetto all’obiettivo del 2010), risulta che non tutte le cause di incidente automobilistico sono imputabili direttamente all’elemento umano,
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ma, in troppi casi, si possono rilevare concause direttamente nelle matrici strutturali delle reti viarie. Anche il sistema di rilevazione degli incidenti non ci dà una visione reale del problema e, secondo me, andrebbe rivisto, perché attualmente ci limitiamo ad analizzare quanti incidenti accadono in un certo punto, ma questi dati non sono incrociati con la frequenza di utilizzazione delle infrastrutture. Per cui può accadere che un dato “punto nero” - tale per cui ivi si verificano cinque incidenti - sia percorso da sole cinque auto in media! Se, viceversa, si riuscisse a stabilire correttamente che in quel punto vi transitano normalmente centinaia di auto, allora la valutazione di quel certo punto cambierebbe. Quindi, per intervenire sostanzialmente sul problema della sicurezza delle infrastrutture stradali, occorre agire su più fronti: i principali sono da una parte dimostrare l’effettiva volontà di intervento (necessariamente supportata da investimenti congrui e controlli specifici), e rivedere l’intero sistema statistico delle rilevazioni. Un discorso a parte, poi, è quello relativo all’evoluzione della cultura della strada. Da questo punto di vista è l’utente finale che deve rendersi conto della sua responsabilità per quanto concerne la sicurezza stradale. Sotto questo profilo, molti Enti stanno facendo la loro parte, anche perché è la materia stessa, la formazione appunto, che può essere trattata attraverso il minor impegno economico e quindi con più facilità, però, per dare dei risultati effettivi, necessita di tempi lunghi. Modificare la cultura automobilistica dei cittadini comporta intervenire nel periodo scolastico, e però coinvolgere gli adulti che, purtroppo, si portano dietro tutto un bagaglio di comportamenti ormai acquisito e difficile da sradicare.
del patentino per motocicli, introdotto alle scuole medie superiori, ha dimostrato un qualche vantaggio sulla diminuzione degli incidenti in quella fascia d’età? Credo proprio di sì. Anzi, ammetto l’importanza di allargare a tutte le due ruote, anche alle biciclette, per intenderci, la possibilità di corsi di formazione per fornire conoscenza della segnaletica stradale, cosa che purtroppo si dà per scontata. Così, come abbiamo salutato positivamente l’introduzione della “patente a punti”, anche l’introduzione dei corsi pratici di guida obbligatori per i neopatentati (auto e moto) è un provvedimento che ritengo positivo, anche perché tenta di inculcare da subito una visone responsabile della guida. La strada, per tante categorie di operatori, costituisce un vero e proprio ambiente di lavoro e i continui fatti di cronaca ci dimostrano come nel nostro Paese, purtroppo, nei luoghi di lavoro si continua a morire con frequenza allarmante. Qual è l’effettiva incidenza dell’efficienza delle infrastrutture viarie nella casistica degli incidenti rilevati? Secondo me, molto alta. Ci sono studi che analizzano e pren-
dono in considerazione tutte le ragioni per le quali un incidente si verifica. Da questi studi emerge che l’elemento umano è sicuramente rilevante, ma laddove questo si verifica, si adottano tutti gli accorgimenti tecnologici che consentano di limitarne il peso. In questi anni abbiamo vissuto una importante evoluzione dei sistemi di controllo all’interno degli automezzi, purtroppo non c’è stato un analogo rinnovamento delle reti viarie che consentisse, in caso di errore umano, di limitare il rischio di incidente mortale. Faccio un esempio: nella costruzione delle piste da corsa si adottano tutti gli accorgimenti strutturali affinché, in caso di incidente, scontro, uscita di pista, il pilota rimanga illeso (e parliamo di altissime velocità); sulle strade normali questo discorso non si applica, anche perché continuiamo a viaggiare su strade progettate per altri tempi di percorrenza, altre frequenze di traffico, altro numero di utenti, non più corrispondenti alle esigenze di mobilità attuali. Che lei sappia, il Ministero alle Infrastrutture e ai Trasporti ha intenzione di mettere mano ad una ristrutturazione, non più procrastinabile, del patrimonio viario italiano?
Da questo punto di vista, l’introduzione dell’obbligatorietà alla frequenza di corsi specifici per l’ottenimento
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m Sicuramente c’è un piano di manutenzione e verifica, inoltre il proliferare quasi giornaliero di rotatorie è sotto gli occhi di tutti i cittadini italiani. Già l’eliminazione degli incroci, molto più pericolosi di uno scorrimento su rotatoria, va nella direzione del rinnovamento del parco viario, tuttavia bisogna anche tener presente che un conto è intervenire su una struttura di tipo urbano, un conto è farlo su una struttura extraurbana tipo autostrada. In questo caso si parla di investimenti altissimi e le risorse economiche in gioco sono sempre poche. Fintanto che non si metterà il problema dell’adeguamento strutturale delle strade a nuovi standard di sicurezza, fra i primi punti programmatici di qualsiasi Governo, gli effetti di singoli provvedimenti , non potranno essere molto influenti nella diminuzione totale degli incidenti. Il problema della mobilità determina effetti a cascata non solo sulla sicurezza degli utenti, ma anche sull’ambiente: inquinamento acustico, inquinamento atmosferico, consumo delle fonti energetiche non rinnovabili ed aumento delle emissioni climalteranti. L’ACI si è posta il problema del guidare meno per guidare meglio? Certamente! Anzi, proprio a livello nazionale, recentemente è stato pub-
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blicato il “Manifesto dell’Automobilista”, il cui punto fondamentale è proprio quello da lei suggerito. Tuttavia, colgo l’occasione della domanda per precisare che se è vero che il traffico veicolare apporta un danno ambientale, è altrettanto vero che solo il 15% dell’inquinamento totale è imputabile al trasporto stradale! Per cui, se è vero che occorre intervenire ragionevolmente sul traffico veicolare, allo stesso tempo andrebbe posta una maggiore attenzione a tutti quegli altri aspetti dello sviluppo che sono causa maggiore di inquinamento. Proprio nel nostro Paese, una percentuale rilevante di traffico veicolare è imputabile al trasporto merci. Troppe merci viaggiano su autocarri che hanno una vita media molto più lunga dei singoli autoveicoli, come avviene, peraltro per gli automezzi deputati al trasporto pubblico. È anche in questi ambiti specifici della mobilità che bisognerebbe dare un segnale forte. Dappertutto si dichiara questa volontà, ma purtroppo, nei fatti, non possiamo osservare risultati. Torniamo al discorso della formazione. Cosa propone l’ACI per la crescita culturale del cittadino-automobilista? Intanto, tengo a precisare che l’Automobil Club d’Italia è stato il primo
soggetto ad inventare la formazione in campo automobilistico; c’è addirittura una Direzione specifica nella Sede centrale che se ne occupa specificatamente, rivolta ai vari insegnanti che, a loro volta a cascata, andranno ad intervenire localmente, anche nei confronti degli utenti finali. L’ACI di Ascoli Piceno, per esempio, ha formato al suo interno alcune figure che poi si recano nei vari Istituti Scolastici per fare Educazione Stradale. Allo stesso tempo riteniamo che la formazione alla guida non possa limitarsi all’ambiente-aula, ma, se si vuole coinvolgere un target giovanile, non si può prescindere dall’esperienza diretta. Per esempio, in occasione dell’ultima Giornata della Sicurezza Stradale che abbiamo organizzato ad Ascoli Piceno nei giorni 23 e 24 maggio, il fatto che i ragazzi potessero testare direttamente la simulazione di crash sull’apposita slitta, ha determinato un forte impatto psicologico sugli stessi, perché hanno potuto verificare direttamente cosa significa subire un urto (nel caso specifico a 30 Km/h) dal vero, e verificare l’efficacia della cintura di sicurezza. Sulla scia di questo percorso, si inserisce la nostra proposta relativa a corsi di guida pratica per giovani ciclomotoristi, da affiancare ai corsi teorici in aula, già obbligatori. Peraltro, l’obbligatorietà dei corsi di guida
sicura, secondo me, andrebbe estesa anche ai possessori di normale Patente auto, anche perché, proprio in occasione della Giornata della Sicurezza Stradale, abbiamo potuto constatare come si comporta il guidatore medio in presenza di situazioni a rischio, per quanto simulate. Tra l’altro, va detto che il costo di questi corsi è piuttosto esiguo: un corso per ciclomotoristi costa quanto un casco e credo che un genitore non avrebbe difficoltà ad investire questa piccola spesa per avere una garanzia in più sulla sicurezza di guida del proprio figlio. Senza contare che, qualora corsi di questo tipo fossero obbligatori, il costo unitario per la frequenza subirebbe una notevole riduzione. Per concludere: credo che investire sulla formazione dell’automobilista e del ciclomotorista, sia un processo vantaggioso per tutta la società. È chiaro che per ottenere degli effetti nel tempo, occorrerà aspettare un ricambio generazionale, perché se è facile cominciare un percorso di formazione in giovane età, è un po’ più difficile intervenire sulle abitudini e le menti degli automobilisti adulti. Prova ne sia, che se da un lato il proliferare di rotatorie nei centri urbani tenta di snellire i punti critici, dall’altro sembra proprio mancare una conoscenza specifica, da parte degli adulti , su come ci si muove all’interno di una simile struttura viaria.
Direttore, può farci un consuntivo della Giornata della Sicurezza Stradale, qui ad Ascoli Piceno? In realtà si è trattato di una “due giorni”. Nella prima giornata, il 23, abbiamo svolto dei corsi di guida sicura, grazie all’apporto del personale qualificato della Società Vallelunga Spa (ndr: la Società Vallelunga Spa gestisce un autodromo al cui interno è attiva una pista di guida sicura fra le più avanzate d’Europa), mentre il 24, abbiamo organizzato la vera e propria Giornata della Guida Sicura, Sportiva, Ecologica e Preventiva, attrezzando due aree all’interno del centro cittadino. Sono stati veramente tanti i partner dell’iniziativa: Polizia Stradale, Polizia di Stato, Carabinieri, Provincia e Comune di Ascoli Piceno, Prefettura, Protezione Civile, Croce Rossa Italiana, Concessionari di Auto, Vigili del Fuoco e molti altri. Ognuno ha portato il suo contributo, illustrando e socializzando con la cittadinanza le proprie competenze e le proprie specificità. Ad esempio, si è illustrato come funziona un etilometro o un autovelox oppure come si svolge un intervento in caso di incidente stradale. In questo caso si è messa in scena una vera e propria simulazione con autovetture incidentate e attori. Quest’anno, poi, per meglio agganciare le giovani generazioni (14 – 18 anni),
abbiamo proposto un gioco: Triathlon in Sicurezza. I ragazzi, divisi in squadre, hanno dapprima risposto ad un test riguardante domande di cultura generale sul Codice della Strada; poi hanno dovuto affrontare delle prove pratiche (frenata in motorino su spazio limitato e slalom), infine hanno dovuto simulare un intervento di primo soccorso. Una piccola Commissione ha valutato le varie prove provvedendo a riconoscere, con la consegna di gadget e attestati, la squadra più performante. Come hanno risposto i privati e le aziende, che magari dovrebbero spingere i propri dipendenti, soprattutto quelli che hanno a che fare con la strada, a questa iniziativa e alla proposta di implementare corsi di guida sicura? La sensibilità per la sicurezza su strada sta aumentando, anche se c’è ancora molto da fare su questo fronte. Tra l’altro, una ditta della zona: la Recfer di Roberto Capocasa, ha fornito tutte le auto incidentate, previa bonifica delle parti pericolose, dimostrando una grande sensibilità per i temi trattati. Quali sono gli obiettivi 2008 per l’ACI della Provincia di Ascoli Piceno? Sicuramente di incrementare l’impegno rivolto alle scuole nello specifico dell’educazione stradale. Poi, replicheremo questa iniziativa ascolana della Giornata della Sicurezza Stradale, magari puntando ad una sua istituzionalizzazione ed esportazione su altri luoghi sensibili del territorio provinciale. Ci interessa implementare la cultura di un corretto utilizzo delle strade e dei mezzi a motore, pertanto saluteremo con entusiasmo ogni tipo di collaborazione con Enti, Pubblici e Privati, che potrà dare ulteriore impulso a questa dinamica.
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SUCCESSO PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE Allo stesso tavolo: Governo, Produttori, Aziende di demolizione, CNA e Consorzi di riciclaggio per discutere insieme il rilancio della filiera e il corretto sbocco di mercato per i materiali di risulta della demolizione. Grande successo per la 1a Assemblea Nazionale della Confederazione Autodemolitori Riuniti, C.A.R. che, nella giornata di sabato 14 giugno, presso la Sala Mascagni dello storico Grand Hotel Plaza di Roma, ha riunito oltre 130 rappresentanti di altrettante aziende di autodemolizione italiane, insieme ai rappresentanti delle Associazioni di Produttori di Autoveicoli, ai rappresentanti delle Istituzioni pubbliche, alla Confederazione Nazionale delle Piccole e Medie Imprese Artigiane - CNA e ai rappresentanti dei Consorzi di recupero e riciclaggio. L’Assemblea, al di là degli adempimenti statutari, è stata occasione di analisi e approfondimento delle problematiche relative al fine-vita degli autoveicoli, a partire dalle sollecitazioni comunitarie e dalla normativa italiana di riferimento, in rapporto con le strategie operative di C.A.R. che prevedono la continua ricerca di un dialogo costruttivo con tutti i portatori di interesse della filiera stessa: Produttori, Legislatore, Organi di controllo e Soggetti interessati ai materiali di risulta della demolizione. Rilanciare il sistema dei trasporti e delle infrastrutture per intervenire strutturalmente nel sistema economico del Paese e conseguire l’obiettivo dello sviluppo sostenibile, è stato il succo dell’intervento del Sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, Bartolomeo Giachino che, nella mattinata, ha aperto i lavori dell’Assemblea alla presenza dell’intera Direzione Nazionale C.A.R. “È una grande opportunità quella che ci è stata data, ovvero partecipare a questo incontro che ha messo insieme tutti i portatori di interesse di una filiera importante per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese” - ha dichiarato il Sottosegretario - Il rilancio dell’economia dovrà passare sicuramente per lo sblocco dei grandi lavori alle infrastrutture e l’implementazione del sistema dei trasporti”. Ricordando come, fino alla metà degli anni ’70, l’economia del nostro Paese ha beneficiato dello sviluppo delle reti
autostradali e ferroviarie, il Sottosegretario ha individuato nella stasi di queste dinamiche uno dei fattori determinanti assieme alla rinuncia al nucleare - della decrescita attuale. Sviluppare la rete dei trasporti, sbloccare i finanziamenti sui grandi lavori pubblici, è dunque, secondo il Segretario, la strada per conseguire, non solo un auspicabile rilancio economico, ma anche uno sviluppo sostenibile, allorquando, tutti questi lavori vadano fatti secondo regole precise che contemplino tutte le problematiche. Anche il comparto automotive e quanto concerne l’industria del veicolo a fine vita e del riciclaggio dei materiali di risulta della demolizione, saranno coinvolti in questo processo di rinnovamento, secondo il Sottosegretario, “In questo senso - ha dichiarato - serve che tutti i soggetti interessati facciano la loro parte ed è sempre più necessario che tutti gli stakeholders delle diverse filiere si incontrino in tavoli aperti come quello di oggi”. “Lo sviluppo sostenibile si conseguirà con l’aiuto di tutte le categorie - ha concluso - e questo Governo vuole essere vicino ed ascoltare tutte le voci dei vari settori dell’economia”. “Stiamo vivendo un momento di svolta nel settore automotive - ha sottolineato Salvatore di Carlo, Fiat Group Automobiles - e questo va sicuramente a vantaggio di quanti operano nel settore”. Ricordando il recente Protocollo di intesa con il Net-
Il tavolo dei relatori. Da sinistra: Salvatore di Carlo, Mario Turco, Antonio Cernicchiaro, Alfonso Gifuni, Bartolomeo Giachino ed Enrico Bobbio
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work dei Produttori di Automezzi che C.A.R. ha siglato, il rappresentante di Fiat Group Automobiles ha tenuto a ricordare come: “In Europa non esistono accordi di questo tipo e pertanto i nostri partner guardano con interesse a soluzioni come questa che diventano il nostro modo di rispondere alle esigenze ambientali”. Dello stesso parere, Antonio Cernicchiaro, Direttore Relazioni Istituzionali UNRAE che, a partire da una analisi delle problematiche che insistono nel settore automotive dall’inizio dell’anno, ha voluto sottolineare l’importanza di iniziative che vadano nella direzione di un confronto sereno e costruttivo tra tutte le parti in causa al fine di un rilancio del settore. “C.A.R. e CNA sono due importanti tasselli di questo complesso mosaico - ha dichiarato il rappresentante di UNRAE - ora si tratta di lavorare insieme, tutti quanti perché si arrivi a presentare iniziative e richieste condivise per il rilancio del settore, dal momento che l’interesse delle Istituzioni, c’è”. Per il Comune di Roma, che ha ospitato l’iniziativa di C.A.R. era presente l’Assessore alle Attività Produttive, Davide Bordoni, che ha portato i saluti del Sindaco Gianni Alemanno,
La platea della Sala Mascagni
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impossibilitato ad essere presente, e ha sottolineato come: “Il compito delle istituzioni sia quello di ascoltare tutele voci che arrivano dalla base della società; occasioni come questa sono valide opportunità per attivare un rapporto che non sia solo politico”. A rappresentare la Confederazione Nazionale delle piccole e medie imprese Artigiane, CNA, era presente, Mario Turco - Responsabile Nazionale CNA, Servizi alle Comunità, il quale ha dichiarato: “Questa è una grande giornata che avrà sicuramente degli esiti positivi”. Nel testimoniare la felice partenrship attivata da tempo con C.A.R., Turco ha sottolineato come l’obiettivo comune della stessa sia: “lavorare insieme affinché da un lato si garantisca l’accesso al mercato dell’autodemolizione a tutte le piccole e medie imprese, dall’altro si consegua la riduzione dell’impatto ambientale dei veicoli a fine-vita”. Entrando nel vivo della discussione dal suo punto di vista privilegiato, Enrico Bobbio, Presidente del Consorzio PolieCo ha ricordato come: “Il riciclo sia una pietra miliare della nostra economia, eppure viene sempre bistrattato; da un punto di vista occupazionale, economico e politico”.
pomeriggio, sono stati presentati due programmi gestionali per l’ottimizzazione delle operazioni tecniche e burocratiche legate alla demolizione e immissione sul mercato dei pezzi di ricambio usati. In questo senso, ampio spazio è stato dato alla presentazione di un nuovo progetto attualmente all’attenzione di C. A.R. in collaborazione con la Rivista Quattroruote, per l’ottimizzazione della ricambistica e dei magazzini. Inoltre è stata presentata una campagna di comunicazione siglata CNA - Cobat (Consorzio Obbligatorio Batterie Esauste), per il corretto conferimento al Consorzio stesso di questi componenti dell’auto molto inquinanti. Il Vicepresidente C.A.R., Monica Bonaglia e il Sottosegretario alle Infrastruttre e ai Trasporti, Bartolomeo Giachino
Foto di gruppo della nuova Direzione Nazionale C.A.R.
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“L’Italia, per la nota mancanza di materie prime, da sempre è leader nel settore del riciclo - ha ricordato il Presidente PolieCo - eppure i soggetti interessati lavorano costantemente nell’incertezza normativa”. “Occorrono regole chiare - ha concluso il Presidente Bobbio - condivise da tutti”. Momento centrale della giornata è stato l’intervento del Presidente C.A.R., Alfonso Gifuni, il quale, nella sua Relazione ha ricordato ai presenti tutte le tappe della giovane vita della Confederazione, dalla sua nascita, il 15 ottobre 2007, sino agli ultimi risultati ottenuti sul piano politico ed istituzionale. “Stiamo cercando di attivare un sistema di filiera che funzioni e sia in grado di dare risposte concrete alle emergenze ambientali, alla riduzione dei rifiuti, alla richiesta di materie prime-secondarie, financo all’economicità dei servizi delle nostre imprese di autodemolizione”, ha dichiarato il Presidente Gifuni. “Ascoltare e sincronizzare tutte le richieste e le necessità degli stakeholders della filiera è l’unica possibilità di realizzare gli obiettivi di riduzione dei rifiuti negli autoveicoli a fine-vita -ha precisato il Presidente - per far questo occorre una visione comune, la volontà di non litigare fra soggetti diversi e la volontà, altresì di creare alleanze funzionali ai bisogni comuni”. Nel pomeriggio l’Assemblea dei Soci C.A.R. ha confermato la Presidenza di Alfonso Gifuni e dell’intera Direzione Nazionale ratificando la scelta dei nomi precedenti con qualche new entry a completamento della copertura regionale; sono stati aggiunti nella squadra, infatti, i rappresentanti delle regioni: Toscana, Emilia Romagna, Puglia. L’Assemblea è stata anche occasione di formazione tecnica per gli operatori del settore, Soci C.A.R. e non, ai quali, nel
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A seguito del grande successo riscontrato dalla 1a Assemblea Nazionale della Confederazione Autodemolitori Riuniti, abbiamo ricevuto dal Sig. Sandro Gobbi, della Gobbi Spare Parts srl, una lettera di congratulazioni e riflessioni personali sulla riuscita dell’evento e l’importanza di simili incontri per la categoria di operatori dell’autodemolizione. Per offrire un miglior servizio ai Lettori del Notiziario abbiamo ritenuto opportuno pubblicarla integralmente. L’importanza dei valori del lavoro In un’epoca in cui si preferisce lamentarsi di quel che non va, e sottacere, dandolo per scontato, ciò che funziona, desidero esprimere il mio ringraziamento alla Confederazione Autodemolitori Riuniti, soprattutto alla persona del Vicepresidente Roberto Capocasa, che mi ha invitato ad associarmi e per aver organizzato l’evento del 14 giugno nella splendida cornice del Grand Hotel a Roma. Oltre alla necessaria presenza della classe politica per i collegamenti indispensabili alla nostra attività, ho potuto ascoltare, assieme ad oltre 200 partecipanti venuti da tutta Italia, il Presidente Alfonso Gifuni che con passione ci ha aggiornato sugli ottimi risultati che questa nuova Associazione ha ottenuto nel breve arco di 8 mesi di vita. L’energia profusa dal Presidente è stata tangibile, ed anche molto chiara è stata l’esposizione della sua volontà di perseguire questo progetto in cui crede fermamente insieme alla squadra che lui stesso ha definito “essenziale” perché senza di essa non avrebbe senso portare avanti questo obiettivo. L’attenzione è stata posta su tutta la filiera, coinvolta nel processo di “raccolta differenziata” dell’automobile a fine-vita, e non solo. Se si riuscisse ad operare un efficace collegamento tra i vari soggetti coinvolti, si acquisterebbe anche maggiore forza propositiva ed operativa nei confronti dei decisori politici. Un altro spunto di riflessione, anche questo estremamente concreto, è stato l’accenno alla necessità di unificare le normative in materia, soprattutto di ridurre l’estrema soggettività interpretativa ad opera dei vari Organi di controllo. Sul piano personale, ho avuto il piacere di incontrare persone che non vedevo da tempo, tra le quali Vincenzo Pepe, Gianna Piccinato e tanti altri. Gobbi Spare Parts ha subito alcune modifiche strutturali, ma continua a lavorare sempre nel rispetto della dignità e nel perseguimento della libertà di autonomia, valori che il Presidente Gifuni ha rimarcato nella suo applaudito intervento. Da alcuni commenti ascoltati nel corso della giornata mi è sembrato di percepire che alcuni operatori-recuperatori hanno fatto credere di essere nostri collaboratori “solo” per acquistare marmitte catalitiche. Ciò non corrisponde assolutamente al vero, in quanto la Ns. Azienda continua a comprare sia catalizzatori, che tutte le altre parti meccaniche (motorini d’avviamento, alternatori, pinze freno, ecc.), delle quali ha bisogno per completare il ciclo di lavorazione. Desidero inoltre chiarire la mia posizione sulla Invemet Srl di Riccardo Campanile: abbiamo iniziato assieme e collaborato per la raccolta delle marmitte catalitiche per diversi anni, poi per esigenze di lavoro e per obiettivi diversi, il nostro rapporto si è concluso. È rimasto, comunque, un reciproco rispetto dei rapporti che si sono creati nel tempo (e a tal proposito saluto calorosamente Donato Prosdocimo e Anna Marchisio) e nessuna intenzione è stata manifestata dal sottoscritto di voler mettere in cattiva luce tale Azienda. Se tale fraintendimento si fosse ingenerato, non era di certo nelle nostre intenzioni. Questa lettera aperta, non è la sede per scendere nei particolari, ma è la sintesi di un’esperienza positiva e uno spunto di chiarezza nei confronti della Confederazione Autodemolitori Riuniti. Ringraziando per l’attenzione concessami, auguro buon lavoro a tutti.
Macerone di Cesena, 16 giugno 2008
Sandro Gobbi
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LA ROTTAMAZIONE RIDUCE L’INQUINAMENTO? Uno studio di Legambiente sembra ribaltare ciò che si dà per scontato a cura di Donatella Mancini
La rottamazione in Italia è veramente bipartisan: sia il centrodestra che il centrosinistra hanno sempre previsto nelle loro Finanziarie incentivi per la rottamazione delle auto. Mai a nessun politico, però, è venuto in mente di verificare, dati alla mano, se la rottamazione effettivamente ha delle ripercussioni positive sull’ambiente. Il problema, invece, se lo è posto Legambiente la quale ha cercato quelle aziende automobilistiche che, come la Volkwagen, hanno realizzato questo tipo di indagine, mettendo a disposizione per alcuni loro modelli l’inventario delle emissioni del ciclo di vita dell’automobile (Life Cycle Assessment). Per constatare se la rottamazione porta dei vantaggi all’ambiente, si può partire dall’analisi delle emissioni di CO2 prodotte da un automezzo nell’arco
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dell’intero ciclo di vita (produzione, uso, approvvigionamento petrolifero, smaltimento). Lo studio di Legambiente esamina due potenziali opzioni di un automobilista medio che percorrendo 15.000 km in un anno sceglie di sostituire l’auto ogni 10 o 15 anni, in un arco di tempo di 30 anni. Nel primo caso l’automobilista tipo avrà acquistato 3 auto, di volta in volta sempre più efficienti e meno inquinanti rispetto alla precedente, percorrendo la distanza di 450.000 km. Nel secondo caso, cambia auto una sola volta, ma i km percorsi rimangono gli stessi. I calcoli finali risultano totalmente in contro tendenza rispetto a quanto sostenuto dai vari Governi e dalle case automobilistiche, entrambi convinti che l’uso diffuso della rottamazione
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determini complessivamente un minor rilascio di CO2 da parte delle automobili. Infatti, pur essendo i nuovi modelli più ecosostenibili rispetto ai vecchi, però, nel breve-medio periodo la minore produzione di emissioni per km percorso non compensa la quantità di energia e quindi di ulteriori emissioni necessarie a fabbricare la vettura, nonostante questa valutazione sia stata fatta su una berlina a diesel, tra le più ecologiche del suo tipo, mentre l’auto di partenza non presentava particolari doti ecologiche. Dai calcoli risulta che, nell’arco di 30 anni, il primo proprietario avrà emesso 88,31 tonnellate di gas serra, mentre il secondo proprietario, che ha sostituito una sola volta l’auto, avrà emesso 86,66 tonnellate di CO2. Legambiente promuove, invece, la rottamazione senza ricambio che prevede un bonus per chi rottama il proprio mezzo senza sostituirlo e aderisce al servizio di car-sharing, prevista dal Decreto Milleproroghe del passato Governo Prodi. Lo stesso ex Ministro Bersani ha sostenuto “che questa rotta-
mazione rafforza gli obiettivi ambientali se il provvedimento non avesse incluso anche il contributo di 700 Euro per l’acquisto di una nuova vettura”. Senza peraltro fare analisi dettagliate, il fatto che la rottamazione non abbia influito sulla qualità dell’ambiente lo dimostrano i dati annuali sull’inquinamento atmosferico delle città italiane che hanno avuto un andamento simile sia dove il ricambio auto è stato copioso, sia dove questo non è avvenuto. All’inizio gli incentivi alla rottamazione hanno dato risultati positivi, ma solo per alcuni inquinanti: gli ossidi di azoto e il monossido di carbonio. Mentre per le polveri sottili non sono stati riscontrati risultati considerevoli. La soluzione sarebbe quella di ridurre il parco auto e di conseguenza la densità automobilistica sulle strade, obiettivo che in Italia sarà molto difficile da raggiungere, dal momento che è il terzo Paese al mondo, dopo USA e Lussemburgo, per numero di mezzi privati per abitante (60 auto ogni 100 abitanti).
I due automobilisti a confronto I primi dieci anni di vita dell’auto presa in esame producono complessivamente 35,5 tonnellate di CO2. 1° caso: Nel 2008, il proprietario rottama l’auto e la sostituisce con il modello più nuovo e più ecologico. Nei 10 anni successivi, quindi, la produzione di CO2 sarà più moderata: 28,72 tonnellate, cioè una riduzione del 15% rispetto al precedente modello che è stato rottamato. Dieci anni dopo ripeterà l’operazione: comprerà una nuova auto, simile per modello e prestazione alla precedente, ma, data per scontata l’evoluzione tecnologica, potenzialmente meno inquinante. Quindi ipotizzando un’ulteriore risparmio del 15% di CO2, la produzione di emissioni arriverà a 24,30 tonnellate. Nell’arco di 3 anni, cambiando 3 auto, il proprietario emetterà 88,31 tonnellate di gas serra. 2° caso: Nel 2008, il proprietario decide di tenere la sua auto di 10 anni che ha percorso 150.000 km, ancora per i successivi 5. Dall’uso del mezzo per altri 75.000 km, verrà prodotta una quantità di CO2 pari a 11,1 tonnellate, a cui vanno aggiunte 3,2 tonnellate per l’approvvigionamento del petrolio. Rottama, dunque, l’auto nel 2013, passando ad un modello analogo. Anche in questo caso è possibile ipotizzare un taglio dei gas serra per la produzione e l’uso dell’auto, cioè un abbattimento di circa il 24% nel 2013 rispetto al modello precedente. La nuova vettura produrrà nel corso dei successivi 15 anni 37,2 tonnellate di CO2. Il secondo conducente in 30 anni con 2 auto avrà prodotto 86,66 tonnellate di CO2.
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LogiMa
NUOVE SOLUZIONI PER I CENTRI DI AUTODEMOLIZIONE
Presso la DI.MA.VI. Srl, è stato montata una nuova struttura autoportante e scorrevole ad uso carico/scarico automezzi e protezione del personale addetto di Fabio Bastianelli
Della LogiMa Srl, in questi anni, abbiamo potuto apprezzare l’impegno profuso nella continua ricerca e realizzazione di strutture e manufatti pensati per risolvere le problematiche legate alle logistica di magazzini e parchi attrezzati. Strutture come gli ormai noti cantilever, mono o bifronte, capaci di stoccare dai 6 ai 12 autoveicoli in perfetta stabilità, sicurezza, salvaguardia degli addetti alle varie operazioni e tutela dell’integrità dei mezzi stessi e delle parti di ricambio, hanno ricevuto ovunque l’apprezzamento dei professionisti del settore dell’autodemolizione proprio per le caratteristiche appena citate e per l’opportunità di realizzare, in poche mosse, un restyling completo del proprio piazzale, in conformità con le norme a tutela dell’ambiente e con le relative autorizzazioni. Ora, dal catalogo della giovane società di Porto d’Ascoli, è pronto un nuovo manufatto le cui caratteristiche tecniche e la cui versatilità si impongono all’attenzione degli autodemolitori, anche in virtù dei rapidi tempi di realizzazione e dei costi contenuti.
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Si tratta dei nuovi Tunnel mobili “COPRITUTTO®”, i quali possono essere utilizzati in vari ambiti; dai Centri sportivi, ai Cantieri navali, nell’industria chimica e in quella alimentare (settore grande distribuzione) e specificatamente nel settore autodemolizione, come: • Magazzini di qualsiasi dimensione adatti al recupero di spazi altrimenti inutilizzati. • Zone di carico e scarico merci • Ricoveri di macchinari e attrezzature • Aree di collegamento tra capannoni o smistamento merci in arrivo e partenza • Depositi di attrezzature • Zona di lavorazione coperta L’occasione di presentare ai Lettori del Notiziario, questo “nuovo nato” in casa LogiMa ci è stata offerta dalla recente ristrutturazione della DI.MA.VI, Srl di Sant’Omero (TE) che per risolvere alcuni problemi legati alla gestione logistica dei propri spazi, si è affidata alla professionalità dei tecnici LogiMa. Nello specifico la struttura “copritutto”
allestita presso la DI.MA.VI., presenta le seguenti caratteristiche: Tunnel COPRITUTTO® STANDARD (CTS) doppia pendenza. Dimensione
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Finiture Telo Perimentrale GIALLO Telo di Copertura + Porta Rapida BLU Tutta la gamma dei Tunnel mobili “COPRITUTTO®”, offerti da LogiMa presenta una struttura portante costruita in acciaio zincato a bagno caldo, calcolata in base alla normativa vigente in tema di costruzioni in acciaio in relazione alla zona di installazione completa di certificazione firmata da tecnico abilitato. I Binari di scorrimento, di adeguata grandezza, possono essere, a seconda delle circostanze, tassellati al suolo (con pavimento in cemento di mm 250 di spessore) o affogati nel getto di calcestruzzo su un cordolo o direttamente al piano strada. Il Telo di copertura è in Trevira spalmata con doppio strato di PVC con trattamento anti-invecchiamento (contro raggi UVA), autoestinguente in Classe II, del peso in opera di circa 900 g/mq. Peso telo non lavorato circa 700 g/mq. Il telo, disponibile in vari colori ed in abbinamento tra gli stessi, ha una re-
sistenza a trazione di 3000 N/5 cm. In ordito e trama. Resistenza a lacerazione 400 N ca. in ordito e trama temperatura di esercizio -30°C, + 70°. Il Sistema di aggancio tra telo e struttura è caratterizzato da piastre termosaldate con macchine a frequenza complete di cinghietti in materiale antistrappo. Nei punti maggiormente sollecitati l’aggancio viene effettuato a mezzo di fasce termosaldate complete di anelli in acciaio per tutta la larghezza della capriata. Tale sistema permette di montare in sicurezza le strutture anche in zone caratterizzate da forte vento. I punti di contatto vengono rinforzati con doppio strato di telo in modo da prevenire il consumo del manto. Lo scorrimento della struttura è garantito da ruote in acciaio pieno con doppio cuscinetto a sfera anti-acqua e anti-polvere, auto lubrificanti in modo da consentire la movimentazione del tunnel in qualsiasi momento. Le ruote vengono coperte, inoltre, da appositi carter anti-infortunistici che garantiscono l’assoluta sicurezza nell’utlizzo da parte degli operatori e la conseguente
tutela dell’integrità delle merci. I frontalini fanno corpo unico con il telo in modo da aumentare la resistenza al vento dei frontali. Tutti i Tunnel mobili “COPRITUTTO®” possono essere chiusi sui frontali con tende scorrevoli in senso orizzontale complete di barre di irrigidimento verticale in acciaio, catena di tensione e cicchetto di chiusura. Inoltre è prevista la possibilità di installazione di porte flessibili, portoni sezionali, a libro o ad alzata rapida. Per meglio favorire le richieste della clientela, è prevista una vasta gamma di colori disponibili che rende le strutture personalizzabili anche a mezzo di loghi aziendali e scritte pubblicitarie. Da sottolineare, poi, che la struttura è da considerarsi “precaria”, in base all’art. 7 del D. L. 23 gennaio 1982 (convertito in Legge n. 24 il 25 marzo 1982) e all’art. 48 della Legge n. 457 del 5 agosto 1978, Legge 10/77 circolare Ministero dei Lavori Pubblici n. 1918 del 16 Novembre 1977 e all’art. 2, comma 60 della Legge del 23 dicembre 1996 n. 662 e pertanto necessita, per l’installazione, di una semplice richiesta di permesso da comunicare all’Amministrazione Locale di riferimento. Inoltre, la copertura risponde a tutte le caratteristiche richieste dalle leggi vigenti e, in particolar modo alle normative: CNR UNI n. 100011/86 “istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manutenzione delle costruzioni in acciaio”; Decreto Ministeriale 9 gennaio 1996 “norme tecniche relative ai criteri generali per la verifica di sicurezza della costruzioni e dei carichi e dei sovraccarichi e norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”.
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TRASPORTO RIFIUTI CON VEICOLO AFFITTATO
L’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali fa il punto sulla situazione a cura di Alberto Piastrellini
Un’impresa italiana iscritta all’Albo dei Gestori Ambientali può ottenere l’inserimento nel relativo provvedimento dei veicoli presi in locazione senza conducente da imprese di altri Paesi UE per trasportare rifiuti. È quanto emerge dalla Circolare del 16 giungo 2008 n. 820 che l’Albo stesso, unitamente al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha diramato per rimarcare come l’iscrizione abiliti i veicoli di cui sopra, ad effettuare trasporti di rifiuti esclusivamente all’interno dei confini territoriali definiti dal regolamento CE n. 1013/2006. Per meglio offrire una informazione puntuale ai Lettori del Notiziario, pubblichiamo il testo completo della Circolare che contiene tutte le indicazioni necessarie per ottenere l’iscrizione del veicolo.
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Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Albo Nazionale Gestori Ambientali Comitato Nazionale Circolare 16 giugno 2008, prot.n.820/Albo/Pres Oggetto: Locazione veicoli senza conducente Alle Sezioni regionali e provinciali Alle associazioni di categoria Loro sedi
È stato richiesto al Comitato nazionale se sia possibile per l’impresa italiana iscritta all’Albo per il trasporto dei rifiuti ottenere l’inserimento nel relativo provvedimento d’iscrizione dei veicoli presi in locazione senza conducente da imprese stabilite in altri stati membri della Comunità.
Al riguardo il Comitato nazionale ha precisato che la disciplina della locazione dei veicoli senza conducente tra imprese stabilite in differenti stati comunitari è dettata dall’articolo 84, comma 2, del Dlgs 285/92, e successive modificazioni ed integrazioni, e dal decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie 16 febbraio 1994, n. 213. Detta disciplina ammette la forma di disponibilità in esame per determinate tipologie di veicoli (autocarri, trattori, rimorchi e semirimorchi, autotreni, autoarticolati e autosnodati) nell’ambito delle disposizioni che regolano i trasporti internazionali tra Stati membri della Comunità, a condizione che i veicoli stessi risultino immatricolati o messi in circolazione conformemente alla legislazione dello stato membro di stabilimento dell’impresa che li fornisce. Alla luce della suddetta normativa pertanto non risulta possibile per l’impresa italiana utilizzare veicoli presi in locazione senza conducente da imprese stabilite in altri stati comunitari per effettuare trasporti interni al territorio dello Stato italiano. Tutto ciò premesso, il Comitato nazionale ha ritenuto che l’impresa italiana possa ottenere l’inserimento nel
provvedimento d’iscrizione dei veicoli in questione esclusivamente per effettuare i trasporti, per i quali è richiesta l’iscrizione all’Albo, nell’ambito delle spedizioni dei rifiuti all’interno della Comunità di cui al regolamento (Ce) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006, e successive modificazioni e integrazioni. L’impresa interessata ad utilizzare tali veicoli deve presentare alla Sezione regionale competente, oltre e in aggiunta alla documentazione prevista per la variazione del parco mezzi, la copia del titolo autorizzativo al trasporto internazionale comunitario ove previsto, la traduzione asseverata del contratto di locazione e della carta di circolazione del veicolo. La Sezione regionale, valutata l’idoneità della documentazione presentata, riporterà nel provvedimento d’iscrizione l’indicazione della targa del veicolo con accanto la seguente annotazione: “veicolo utilizzabile esclusivamente per i trasporti effettuati nell’ambito delle spedizioni dei rifiuti all’interno della Comunità di cui al regolamento (Ce) n. 1013/2006 del 14 giugno 2006, e successive modificazioni e integrazioni”.
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MORTI BIANCHE IN ITALIA: UN PRIMATO SCOMODO
L’Italia è il Paese europeo con il numero maggiore di incidenti sul luogo di lavoro di Valentina Bellucci
Il triste fenomeno delle “morti bianche” continua inarrestabile il suo percorso di lutti e tragedie senza alcun accenno di diminuzione. Dall’inizio dell’anno ad oggi (ndr: per chi legge, metà luglio) sono oltre 300 le persone che hanno perso la vita nel luogo di lavoro, mentre gli infortunati, a vario livello di gravità, si contano ad una cifra superiore alle 270.000 unità. Negli ultimi mesi, molti incidenti sul lavoro hanno fatto scalpore e creato tensioni e paure dal Nord al Sud d’Italia: basti pensare a ciò che è accaduto nel dicembre 2007 alla Thyssenkrupp di Torino dove 6 operai sono stati investiti da un incendio provocato dalla fuoriuscita di olio bollente e sono morti. Altre croci nel cimitero dei morti sul lavoro a Molfetta (BA) dove 4 operai sono stati uccisi dalle esalazioni di acido solforico sprigionate da un’autocisterna che trasportava zolfo.
Alla FIAT di Melfi un uomo è morto schiacciato dal macchinario che stava pulendo mentre a Vignola (MO) un carpentiere è deceduto mentre lavorava alla costruzione di un solaio del nuovo centro polifunzionale in costruzione nel modenese. Poi, ancora morti a Venezia (un operaio è stato travolto nell’arsenale da alcune travi); Valenza (un uomo è stato travolto dai carrelli vuoti spinti da un trattorino elettrico condotto da un fuochista), Roma e Ravenna (un uomo è precipitato da un silos di stoccaggio, dopo un volo di 5 metri). Sempre nel mese di maggio ancora un infortunio mortale sul lavoro, questa volta alla Marcegaglia di Casalmaggiore (CR) il gruppo di proprietà della famiglia del nuovo presidente di Confindustria . Un uomo è morto sul colpo dopo che è rimasto schiacciato da un pacco di tubi del peso di alcuni quintali che si è sganciato piombandogli addosso.
“Una tragedia che mi rende terribilmente triste”. Cosi il Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, nel corso della conferenza stampa al termine dell’incontro Governo-parti sociali ha parlato dell’incidente mortale nello stabilimento del suo gruppo. “Alla famiglia va tutta la mia solidarietà - ha aggiunto - e riaffermo come imprenditrice e come presidente di Confindustria che l’impegno sulla sicurezza sarà fortissimo. E’ un gravissimo problema del Paese. Noi vogliamo avere un ruolo fortissimo”. Decisamente polemico Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile Salute e sicurezza: “la morte di Di Girolamo, è il segnale preciso che non c’è nulla da modificare rispetto alla legge 123/07, come invece chiede la nuova presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia. Semmai - aggiunge - quel che si deve fare è rafforzare la vigilanza e colpire
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con il massimo di rigore la violazione delle norme sulla sicurezza”. L’ultima tragedia in ordine temporale, infine, è quella di Mineo (CT). Ancora una volta, come ogni giorno. Corpi senza vita nei cantieri, sopra le impalcature,nelle cisterne e nelle vasche di depurazione. Di lavoro si muore. E stavolta sono morti in sei. Tutti assieme, disperatamente, forse per un’intossicazione da esalazioni venefiche mentre pulivano una vasca di depurazione. I sei operai lavoravano in una struttura consortile a Mineo (CT). Davanti ai soccorritori una scena agghiacciante. “Sicuramente sono morti per esalazioni tossiche; alcuni li abbiamo trovati bocconi,altri pancia in aria. Irriconoscibili,con il volto coperto di melma e fango. Addosso non avevano tute e maschere di protezione - racconta Salvatore Spanò coordinatore delle operazioni di recupero dei cadaveri - I sei hanno tentato di salvarsi. Poi sono rimasti intrappolati dentro quella ‘camera della morte’. È probabile che uno di loro si sia sentito male e che gli altri abbiano cercato di aiutarlo, prima di rimanere a loro volta intossicati dalle esalazioni”. Per il Ministro del Welfare Sacconi è urgente la predisposizione di “un Piano nazionale di intensa collaborazione tra le parti sociali e le istituzioni
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per diffondere condizioni di sicurezza in tutti i luoghi di lavoro, attraverso i prioritari investimenti in prevenzione, formazione e informazione”. “Un piano straordinario per arginare il fenomeno delle morti bianche” .Lo Stato e le parti sociali devono reagire e ci incontreremo per varare un piano straordinario”, ha detto il ministro, precisando che il progetto conterrà anche un aumento dei controlli. Il Governo, attraverso il Ministro delle Giustizia Angelino Alfano, si appresta a varare un emendamento al pacchetto sicurezza per introdurre una corsia preferenziale ai processi per violazione delle norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro. “Dobbiamo realizzare un’impresa tra Stato, Regioni e parti sociali per stabilire azioni concrete che servano a creare un ambiente sicuro. Le regole da sole non bastano”, ha concluso Sacconi. Quali sono le reali cause di tutto questo scempio? Le norme ci sono? Se la risposta è affermativa, allora il problema sta nella loro scarsa o nulla applicazione? Le responsabilità sono dei datori di lavoro che non fanno rispettare le regole o dei lavoratori che non si preoccupano né di esserne a conoscenza né di
seguirle pedissequamente? E le strutture? Sono sicure e a norma? Queste sono le domande che tutti si pongono. Certamente le norme ci sono, su questo punto, crediamo che nessuno possa dire il contrario. Soltanto un paio di mesi fa, il 6 marzo 2008 con esattezza, il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di D. Lgs. in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro che alla approvazione definitiva dovrebbe attuare la delega di cui alla Legge n. 123 dell’agosto 2007. Il D. Lgs. da lungo atteso dalle varie parti sociali, arriva proprio in un momento in cui la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro sembra non essere più che uno slogan, almeno a giudicare dalle statistiche nazionali in merito ad incidenti ed infortuni, spesso molto gravi, che contribuiscono fortemente ad una immagine negativa del nostro Paese. Resta, infatti, all’Italia il primato europeo delle “morti bianche” che, seppure in calo rispetto agli anni scorsi, è infatti diminuito meno che nel resto dell’Europa. Secondo un rapporto dell’ANMIL (Associazione nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro), nel periodo che va dal 1995 al 2004 abbiamo registrato un calo
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pari al 25,4% mentre nella media europea la flessione è stata pari al 29,41%. La riduzione è stata ancora più accentuata in Germania,dove il numero di vittime si è quasi dimezzato (-48,3%) e in Spagna dove si è registrato un decremento del 33,64 per cento. Se si analizzano dati più recenti, si può notare che c’è stato un modesto calo degli infortuni nel 2007. La flessione rispetto al 2006 si attesta intorno all’1,5%. Secondo i dati Eurostat relativi al 2005, invece, nell’UE gli incidenti sul lavoro mortali arrivano ogni anno alla cifra di 5.700 unità, mentre per le stime dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro (OML) altre 159.500 persone perdono la vita a causa di malattie professionali. Combinando queste due cifre si arriva al dato agghiacciante di un morto ogni tre minuti e mezzo, che secondo Bruxelles potrebbe essere evitato con una sistematica valutazione del rischio sul posto di lavoro, soprattutto in settori ad alta incidenza come quello delle costruzioni, della sanità e dell’agricoltura. La bandiera nera va alla Lituania, con 133 vittime all’anno ogni centomila lavoratori, a fronte di una media europea di 86. Il tasso italiano nel 2005 era di 52 vittime all’anno ogni 100 mila lavoratori, in leggero rialzo rispetto al 2004 (quando
i dati davano 50), ma tendenzialmente in calo dal 1998, anno di riferimento della ricerca. Purtoppo, sono invece aumentati gli incidenti gravi. Tale risultato, quindi, non è soddisfacente in quanto c’è una forte necessità di migliorare una spiacevole tendenza che sembra oggigiorno parte attiva della nostra quotidianità. Il Testo Unico sulla Sicurezza, che nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe migliorare la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, prevede alcune novità, quali: • ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, con conseguente innalzamento dei livelli di tutela di tutti i prestatori di lavoro; • rafforzamento delle prerogative delle rappresentanze in azienda, in particolare di quelle dei rappresentanti dei lavoratori territoriali e la creazione di un rappresentante di sito produttivo, presente in realtà particolarmente complesse e pericolose (ad esempio, i Porti); • rivisitazione e coordinamento delle attività di vigilanza, in un’ottica di ottimizzazione delle risorse, eliminazione delle sovrapposizioni e miglioramento dell’efficienza degli interventi;
• inserimento nei programmi scolastici e universitari della materia della salute e sicurezza sul lavoro; • revisione del sistema delle sanzioni. Al di là di tutte queste importanti considerazioni, è giusto essere pazienti ed aspettare che tutto ciò che ora è nero su bianco faccia il suo corso e si insinui con prepotenza e determinazione negli ambienti di lavoro, nei lavoratori, ma anche e soprattutto nei datori di lavoro, i quali, tramite le organizzazioni di categoria, sempre più fanno sentire le loro voci contrarie all’eventuale inasprimento delle pene comminate agli stessi qualora, in caso di incidente, ne venissero provate le gravi responsabilità. “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, recita l’art. 1 della nostra Costituzione e tutto ruota, o forse dovrebbe farlo, attorno a tale principio. E da qui occorre ripartire, in modo da poter affermare, magari in un futuro non molto lontano, di possedere un nuovo primato: essere il Paese meno incidentato e con il minor numero di morti bianche in Europa. Allora, forse, sì che l’Italia avrà raggiunto un grande traguardo.
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“I BIOCARBURANTI CHE NON AFFAMANO” Sorgo e alghe nel serbatoio
a cura di Donatella Mancini
I biocarburanti, dopo un iniziale successo, sembrano, ora, caduti in disgrazia da quando si è fatto notare che l’utilizzo delle colture a scopi energetici sottrae cibo alle popolazioni più affamate, oltre a contribuire all’aumento del prezzo dei generi alimentari, seppur nella misura del solo 10%. Qualcuno potrebbe obiettare sulla buona fede di queste opinioni in quanto l’interesse per mantenere la supremazia delle fonti fossili è molto forte. Per fare un esempio, il Presidente Chavez è un convinto detrattore dell’utilizzo dei biocarburanti, ma desta un po’ di sospetto su questa presa di posizione il fatto che il Venezuela è un grande produttore di petrolio. La pensa in maniera contraria, il presidente del Brasile Luiz Inacio da Silva, detto Lula, forte sostenitore del bioetanolo, secondo il quale “molti di quelli che mettono sotto accusa l’etanolo per il rincaro dei prezzi degli alimenti sono gli stessi che da anni portano avanti politiche protezionistiche dell’agricoltura nei Paesi industrializzati, danneggiando gli agricoltori ed i consumatori dei Paesi più poveri”. Il Presidente brasiliano, inoltre, ha sottolineato che pochi, invece, parlano dell’impatto che ha avuto la continua ed inarrestabile ascesa dei prezzi del petrolio sui costi dei trasporti e di conseguenza sui costi della produzione e distribuzione degli alimenti. Il Presidente francese Sarkozy è convinto che i biocarburanti rappresentino una delle soluzioni sostitutive del petrolio, ma propende verso i biocarburanti di 2a generazione, quelli che non entrano in competizione con le colture tradizionali. In effetti, esistono delle colture in grado di “salvare capra e cavoli”, perché al contrario di altre, come colza, barbabietole e girasole, crescono in ambienti aridi e generano prodotti poco utilizzati dalla catena alimentare: il sorgo da fibra ed il sorgo zuccherino (Sorghum bicolor varietà saccharatum). Il sorgo da fibra è una coltura di estremo interesse sia a fini energetici che cartari per le elevate rese che può raggiungere e per la semplice tecnica colturale. Si adatta alla coltivazione in zone temperate come coltura a ciclo primaverile-estivo. Dal punto di vista morfologico tra sorgo da fibra e sorgo zuccherino non esistono grosse differenze, cambia, inve-
ce, la loro composizione analitica tanto da giustificarne il differente impiego. Il sorgo zuccherino, coltura per la produzione di biomassa vegetale ad alto contenuto zuccherino, è di origine tropicale, ma si adatta alle zone temperate ed ha un’elevata resistenza agli stress idrici. Entrambe le piante, però, al momento vengono utilizzate per la sola produzione di energia termica ed è ancora in fase sperimentale il loro sfruttamento per la produzione di biocarburante di “seconda generazione”. A Freiberg (Germania) la cancelliera Angela Merkel ha inaugurato un impianto dove scarti di lavorazione agricola e residui boschivi vengono trasformati in biodiesel. Si tratta di materiali che oltre a ridurre del 90% le emissioni di CO2 non creano competizione tra le colture energetiche e quelle alimentari. L’obiettivo per il primo anno di attività è di produrre 18 milioni di litri di combustibile. Durante il recente summit della FAO, svoltosi a Roma, il Direttore esecutivo del PAM (Programma Alimentare Mondiale), Josette Sheeren ha dichiarato che “con il prezzo del petrolio in costante aumento, i biocombustibili hanno una loro validità, ma rispetto al loro effettivo utilizzo è necessaria un’attenta analisi sull’ecocompatibilità”. Il prof. Gianpietro Venturi docente di Agronomia generale e colture presso l’Ateneo bolognese Alma Mater e Presidente della Piattaforma italiana per i biocarburanti (struttura creata su indicazione dell’UE per organizzare le sinergie tra gli operatori della filiera) ha coordinato uno studio sulle colture da biocarburanti, stilando anche una classifica dalla più alla meno idonea che vede in testa proprio il sorgo, che sarà presentato al Congresso della Società Europea di Agronomia in programma il prossimo Settembre. Secondo il prof. Venturi “la spinta alla diffusione di bioetanolo e biodiesel costituiscono un fattore molto marginale nel recente boom dei prezzi alimentari, ma in ogni caso è opportuno puntare su colture poco o per niente utilizzate nel settore alimentare”.
Arrivano le sanzioni per chi non miscela Sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 del 6 Giugno è stato pubblicato il Decreto sulle sanzioni a carico dei petrolieri per il mancato rispetto degli obblighi di miscelazione, che si collega al Decreto del 23 Aprile 2008. Le suddette sanzioni saranno applicate a partire dal 1 Gennaio 2009, ma con riferimento agli obblighi del 2008. In Italia per i fornitori di gasolio e benzina esiste, infatti, l’obbligo di miscelare i prodotti di origine fossile con una percentuale di biocarburanti, stabilita dalla Finanziaria 2007 che, recependo la normativa europea 30/2003, la fissa al 2% per il 2008, al 3% per il 2009, fino a raggiungere il 5,75% nel 2010. Il Ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, intanto ha sollecitato i colleghi europei a riesaminare l’obiettivo stabilito dall’UE di arrivare all’utilizzo del 10% di biocarburanti entro il 2020. Secondo il Ministro questa percentuale “non sarebbe realistica”.
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In un’azienda agricola di Rignano Garganico (FG), in circa 2 ettari di terreno, è stato avviato un esperimento sulla coltivazione di sorgo da fibra per la produzione di biomassa. Alla fine del ciclo vegetativo il miglior seme in termini di produzione, resistenza alla siccità e alle intemperie è risultato un sorgo di origine africana prodotto da un’azienda del Sudan. Un minimpianto di biomasse della capacità di 500 kw costa circa 1.850.000 euro e fornisce un guadagno medio annuo di circa 1 milione di Euro. Per produrre 500 kw sarebbero sufficienti circa 50 agricoltori disposti a coltivare un terreno di 250 ettari a sorgo da fibra. L’ICRISAT (International Crops Research Institute for the Semi - Arid Tropics) in collaborazione con la Rusni Distilleries e circa 790 agricoltori, ha contribuito alla costruzione e all’avvio di un impianto che ricava bioetanolo dal sorgo zuccherino (Sorghum bicolor varietà saccharatum). Dalla spremitura degli steli di sorgo deriva un succo dolce, dalla cui fermentazione e distillazione si ottiene etanolo. I grani della pianta, invece, sono destinati all’alimentazione umana o animale. I residui della spremitura del sorgo possono essere bruciati per ottenere energia o trasformati in mangime per animali. Il sorgo zuccherino, oltre a non compromettere la sicurezza alimentare, è, inoltre, più conveniente dal punto di vista
economico, rispetto ad altre colture agricole, come la canna da zucchero e il granturco. In Italia i terreni non utilizzati perché poco produttivi per produzioni agricole e incolti per le norme comunitarie sulle eccedenze agroalimentari sono almeno 20.000 km2 che se venissero utilizzati a scopi energetici potrebbero produrre circa 30 milioni di tonnellate di biomassa, da cui si potrebbero ricavare 25 milioni di tonnellate di bioetanolo, pari a circa 1/3 dei combustibili oggi necessari per autotrazione. Ma la chicca è costituita dalla notizia circa la possibilità di ricavare biocarburante dalle alghe. Ci ha provato la Shell che aveva progettato di costruire alle Hawaii una raffineria, però mai realizzata, per produrre combustibile dalle alghe. L’azienda Shapping Energy di San Diego (California) converte le alghe in green crude, cioè greggio verde; il processo di raffinazione può avvenire negli stessi stabilimenti in cui viene separato il petrolio greggio. Esiste, infatti, una relazione tra petrolio ed alghe, in quanto esso si forma dalla decomposizione di sostanze organiche provenienti da organismi acquatici del regno animale. L’azienda californiana sostiene che questo nuovo combustibile entro 5 anni entrerà a pieno regime nel mercato. Lo scienziato Isaac Berzin del Massachusetts Institute of Technology (MIT una delle più importanti università di ri-
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cerca del mondo, con sede a Cambridge (Ma) ha realizzato un progetto che prevede di catturare la CO2 emessa dalle centrali elettriche attraverso l’utilizzo di alghe che poi verrebbero convertite in biocarburante. La Greenfuel, l’impresa di Berzin, ha già realizzato dei test di installazione del sistema e la produzione dovrebbe partire su larga scala entro il 2009. Le alghe hanno la capacità di assorbire fino all’80% di CO2 emessa e oltre l’80% degli ossidi di azoto. La riconversione in biocarburante sarebbe molto conveniente grazie all’altissimo rendimento delle alghe in rapporto alle altre sostanze vegetali usate allo stesso scopo. Secondo Michael Briggs del Biodiesel Group dell’Università del New Hampshire, le alghe con contenuto di olio superiore al 50% potrebbero produrre biodiesel sufficiente a sostituire tutto il carburante da autotrazione che viene attualmente utilizzato negli Stati Uniti, sfruttando per la coltivazione soltanto lo 0,3% di tutto il territorio nazionale. Il terreno più adatto alla crescita delle alghe è di tipo desertico a forte irraggiamento solare, quindi con basso valore economico per qualunque altro utilizzo, ma resta da risolvere il problema dell’escursione termica con forte abbassamento della temperatura notturna tipica di queste aree. Si potrebbero inoltre impiegare gli scarti agricoli e l’eccesso di CO2 prodotto dalle industrie per accelerare la crescita delle alghe.
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La Valcent, intanto, sta sperimentando a El Paso (Texas) un impianto per la produzione di alghe con una capacità produttiva di biodiesel ad ettaro nettamente superiore rispetto ad altre strategie. La peculiarità di questo impianto è nella struttura: le alghe non sono contenute in vasche, ma crescono verticalmente all’interno di borse in plastica trasparente che consentono un maggiore sfruttamento di tutta l’energia irradiante. In questo modo lo spazio disponibile viene utilizzato al massimo con conseguente aumento della produttività, impiegando poca acqua e adoperando aree non utilizzabili per fini agricoli. Anche in Nord Carolina è stato costruito un impianto dove le alghe crescono in enormi fermentatori. L’olio estratto viene purificato per poi essere usato in molte produzioni, tra cui anche il biodiesel. Anche in Italia il prof. Mario Giordano dell’Università Politecnica delle Marche - Dipartimento Scienze del Mare Laboratorio di Fisiologia delle Alghe sta studiando la possibilità di produrre biodiesel dalle microalghe. “Già possediamo un ventaglio di possibili soluzioni - ha detto lo scienziato - ma per ora mancano i fondi per passare dalla sperimentazione in laboratorio ad un vero impianto pilota”.