Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 3 al n. 4 Aprile 2008 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona
n. 3 Maggio 2008 - Anno IV
SOMMARIO FACCIAMO IL PUNTO SULL’INQUINAMENTO ACUSTICO URBANO ..........................................4 ULTERIORI AGGIUSTAMENTI IN MATERIA AMBIENTALE ..................................9 LOGIMA AFFIDABILITÀ E PROFESSIONALITÀ SONO IL MIGLIOR BIGLIETTO DA VISITA .......................... 12 CENTRALI NUCLEARI: FAUTORI E DETRATTORI ....... 16 C.A.R. C.A.R. FA IL PUNTO DELLO STATO DELL’ARTE A OTTO MESI DALLA SUA NASCITA ....... 19 UNA PRECISAZIONE PER GLI AUTODEMOLITORI ..... 23 ECOTECNICA srl FUORI LA GOMMA DALLE BALLE! ... ARRIVA LA EC 500 FULL............................... 24 I VEICOLI RINVENUTI SU AREE PUBBLICHE ............ 26
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FACCIAMO IL PUNTO
SULL’INQUINAMENTO ACUSTICO URBANO di Alberto Piastrellini
Nel precedente numero del Notiziario, abbiamo presentato brevemente i dati raccolti dall’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e dei Servizi Tecnici, APAT, nel VI° Rapporto sulla Qualità dell’Ambiente Urbano. Ebbene da tale disamina, che taluni hanno ritenuto parziale e poco oggettiva stante i criteri statistici di rilevamento ed analisi dei dati, è emerso un ritratto con molti chiaroscuri dell’ecosistema urbano italiano nel suo complesso. Non ultima, fra le criticità rilevate dagli Autori del Rapporto, è quella relativa allo stato di attuazione degli strumenti valutativi, propositivi e pianificatori che si sarebbero dovuti realizzare a livello locale per raggiungere una considerevole riduzione dell’inquinamento acustico. E questo non tanto per tacciare le proteste di qualche ambientalista perfezionista, ma per far fronte a quello che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) individua come uno dei fattori principali dell’insorgere di patologie per quanti vivono nell’ambiente urbano. Nel Rapporto “A Safer Future: global public healt security in the 21th century”, pubblicato lo scorso anno in agosto, l’OMS imputa alla continua esposizione al rumore (ivi incluso quello derivante dal traffico veicolare), l’insorgenza di patologie cardiache che causano ogni anno migliaia di decessi. Secondo il Rapporto, nel 2006, nella sola Gran Bretagna, si sono registrati 101.000 decessi causati da patologie a carico delle arterie coronarie, di cui ben 3.030 sono direttamente imputabili all’esposizione cronica al rumore. Sempre secondo il Rapporto sembra che il 2% della popolazione europea soffre di seri disturbi al sonno a causa dell’inquinamento acustico e il 15% corre il rischio di gravi disturbi con conseguente abbassamento del rendimento sul lavoro. Tuttavia già da tempo nella vecchia Europa ci si interroga e ci si adopra per arginare quello che la stessa Commissione definisce “uno dei maggiori problemi ambientali in Europa”: il rumore. Risale al 25 giugno del 2002 la Direttiva 2002/49/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, la quale, nelle considerazioni iniziali rimarca: • …nell’ambito della politica comunitaria deve essere conseguito un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente ed uno degli obiettivi da perseguire in tale contesto è la protezione dall’inquinamento acustico. • La presente direttiva dovrebbe tra l’altro fornire una base per sviluppare e completare l’attuale serie di misure comunitarie relative alle emissioni acustiche prodotte dalle principali sorgenti, in particolare veicoli stradali e su rotaia e relative infrastrutture aeromobili, attrezzature utilizzate all’aperto e attrezzature industriali, macchinari mobili, e per elaborare misure complementari a breve, medio e lungo termine.
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Nei due semplici obiettivi che la Direttiva si dà, si legge come: la stessa definisca un approccio comune volto ad evitare, prevenire o ridurre, secondo le rispettive priorità, gli effetti nocivi, compreso il fastidio, dell’esposizione al rumore ambientale. A tal fine sono progressivamente attuate le seguenti azioni: 1. la determinazione dell’esposizione al rumore ambientale mediante la mappatura acustica realizzata sulla base di metodi di determinazione comuni agli stati membri; 2. l’informazione del pubblico in merito al rumore ambientale e ai relativi effetti; 3. l’adozione da parte degli Stati membri di Piani d’azione, in base ai risultati della mappatura acustica, allo scopo di evitare e ridurre il rumore ambientale laddove necessario e, in particolare, allorché i livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché di conservare la qualità dell’ambiente quando questa è buona. Il nostro Paese si era già dotato, in passato, di una Legge Quadro sull’inquinamento acustico, la n. 447 (pubblicata sulla G. U. del 30 ottobre 1995), la quale intendeva stabilire “i principi fondamentali in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 117 della Costituzione”. Accanto alle numerose definizioni presenti, la Legge Quadro indicava le competenze proprie di Regioni, Province e Comuni e, nel merito della nostra disamina, ci piace sottolineare proprio queste così come appaiono nel documento. All’art. 6, “Competenze dei Comuni”, comma 1, si legge, infatti: sono di competenza dei comuni, secondo le leggi statali e regionali e i rispettivi statuti: a) la classificazione del territorio comunale secondo i criteri previsti dall’art. 4, comma 1, lettera a: b) il coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati con le determinazioni assunte ai sensi della lettera a); c) l’adozione dei Piani di risanamento di cui all’art. 7; d) il controllo, secondo le modalità di cui all’art. 4, comma 1, lettera d), del rispetto della normativa per la tutela dell’inquinamento acustico all’atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive, e ricreative e a postazioni di esercizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano l’utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all’esercizio di attività produttive; e) l’adozione di regolamenti per l’attuazione della disci-
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plina statale e regionale per la tutela dell’inquinamento acustico; f) la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore prodotte dai veicoli, fatte salve le disposizioni contenute nel D. Lgs. 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni. g) i controlli; h) (omissis) Altrove si fa specifico riferimento all’obbligo – sempre per i Comuni – di procedere alla classificazione acustica del territorio secondo precisi criteri di ripartizione delle aree secondo gruppi omogenei sulla base della effettiva destinazione d’uso del territorio stesso e alla assegnazione di ciascuna zona omogenea dei rispettivi limiti acustici tenendo presente i classici riferimenti temporali: diurno e notturno. Nel 2005, precisamente il 19 agosto (dunque a 10 anni dall’emanazione della Legge Quadro), essendo nel frattempo sopravvenuta la sopraccitata Direttiva, il Governo Italiano, in base ai principi comunitari ha dovuto recepire la normativa europea di riferimento, e, quindi ha emanato il D. Lgs n. 194: “Attuazione della Direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale”. All’art. 1 “finalità e campo di applicazione” si legge che: “il
presente decreto, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell’esposizione al rumore ambientale, compreso il fastidio, definisce le competenze e le procedure per: a) l’elaborazione della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche di cui all’art. 3; b) l’elaborazione e l’adozione dei Paini di Azione di cui all’art. 4, volti ad evitare e a ridurre il rumore ambientale laddove necessario, in particolare, quando i livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché ad evitare aumenti del rumore nelle zone silenziose; c) assicurare l’informazione e la partecipazione del pubblico in merito al rumore ambientale ed ai relativi effetti. È interessante, a questo punto, dare una lettura degli artt. 3 e 4, rispettivamente “Mappatura acustica e mappe acustiche strategiche” e “Piani d’Azione”. Entro il 30 giugno 2007: a) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma elabora e trasmette alla regione o alla provincia autonoma competente le mappe acustiche strategiche, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, relativi al preceden-
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m te anno solare, degli agglomerati con più di 250.000 abitanti; b) le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture elaborano e trasmettono alla regione o alla provincia autonoma competente la mappatura acustica, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare, degli assi stradali principali su cui transitano più di 6.000.000 di veicoli all’anno, degli assi ferroviari principali su cui transitano più di 60.000 convogli all’anno e degli aeroporti principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti trasmettono la mappatura acustica ed i dati di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti. 2. Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 1, lettera a), la mappatura acustica prevista al comma 1, lettera b), nonche’ i dati di cui all’allegato 6, sono trasmessi entro il 31 dicembre 2006 all’autorità individuata al comma 1, lettera a). Entro il 30 giugno 2012: a) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma elabora e trasmette alla regione o alla provincia autonoma competente le mappe acustiche strategiche degli agglomerati, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare; b) le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture elaborano e trasmettono alla regione o alla provincia autonoma competente la mappatura acustica, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare, degli assi stradali e ferroviari principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti trasmettono la mappatura acustica ed i dati di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti. 4. Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 3, lettera a), la mappatura acustica prevista al comma 3, lettera b), nonche’ i dati di cui all’allegato 6, sono trasmessi entro il 31 dicembre 2011 all’autorità individuata al comma 3, lettera a). 5. Le mappe acustiche strategiche e la mappatura acustica di cui ai commi 1 e 3 sono elaborate in conformità ai requisiti minimi stabiliti all’allegato 4, nonche’ ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della
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tutela del territorio, di concerto con i Ministeri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tenuto conto anche della normazione tecnica di settore. 6. Le mappe acustiche strategiche e la mappatura acustica di cui ai commi 1 e 3 sono riesaminate e, se necessario, rielaborate almeno ogni cinque anni dalla prima elaborazione. 7. La regione o la provincia autonoma competente o, in caso di infrastrutture principali che interessano più regioni, il Ministero dell’ambiente e dalla tutela del territorio verifica che le mappe acustiche strategiche e la mappatura acustica di cui ai commi 1 e 3 soddisfino i requisiti stabiliti al comma 5. 8. Nelle zone che confinano con altri Stati membri dell’Unione europea il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, avvalendosi delle dotazioni umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, coopera con le autorità competenti di detti Stati ai fini della mappa acustica strategica di cui al presente articolo. 9. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Entro il 18 luglio 2008: a) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma, tenuto conto dei risultati delle mappe acustiche strategiche di cui all’articolo 3, elabora e trasmette alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6 per gli agglomerati con più di 250.000 abitanti; b) le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, tenuto conto dei risultati della mappatura acustica di cui all’articolo 3, elaborano e trasmettono alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6, per gli assi stradali principali su cui transitano più di 6.000.000 di veicoli all’anno, per gli assi ferroviari principali su cui transitano più di 60.000 convogli all’anno e per gli aeroporti principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti trasmettono i piani d’azione e le sintesi di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti. 2. Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative
infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 1, lettera a), i piani d’azione previsti al comma 1, lettera b), nonche’ le sintesi di cui all’allegato 6, sono trasmessi entro il 18 gennaio 2008 all’autorità individuata al comma 1 lettera a). Entro il 18 luglio 2013: c) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma, tenuto conto dei risultati delle mappe acustiche strategiche di cui all’articolo 3, elabora e trasmette alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6 per gli agglomerati; d) e) le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, tenuto conto dei risultati della mappatura acustica di cui all’art. 3, elaborano e trasmettono alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6, per gli assi stradali e ferroviari principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti trasmettono i piani d’azione e le sintesi di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni
o province autonome competenti. 4.
Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 3, lettera a), i piani d’azione previsti al comma 3, lettera b), nonche’ le sintesi di cui all’allegato 6, sono trasmessi entro il 18 gennaio 2013 all’autorità individuata al comma 3, lettera a).
5.
I piani d’azione previsti ai commi 1 e 3 sono predisposti in conformità ai requisiti minimi stabiliti all’allegato 5, nonche’ ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministeri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tenuto conto anche della normazione tecnica di settore.
6.
L’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma competente e le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture riesaminano e rielaborano i piani d’azione di cui ai commi 1 e 3 ogni cinque anni e, comunque, ogni
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qualvolta necessario e in caso di sviluppi sostanziali che si ripercuotono sulla situazione acustica esistente. 7.
La regione o la provincia autonoma competente o, in caso di infrastrutture principali che interessano più regioni, il Ministero dell’ambiente e dalla tutela del territorio verifica che i piani d’azione di cui ai commi 1 e 3 soddisfino i requisiti stabiliti al comma 5.
8.
I piani d’azione previsti ai commi 1 e 3 recepiscono e aggiornano i piani di contenimento e di abbattimento del rumore prodotto per lo svolgimento dei servizi pubblici di trasporto, i piani comunali di risanamento acustico ed i piani regionali triennali di intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico adottati ai sensi degli articoli 3, comma 1, lettera i), 10, comma 5, 7 e 4, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
9.
Restano ferme le disposizioni relative alle modalità, ai criteri ed ai termini per l’adozione dei piani di cui al comma 8 stabiliti dalla legge n. 447 del 1995 e dalla normativa vigente in materia adottate in attuazione della stessa legge n. 447 del 1995.
10. Nelle zone che confinano con altri Stati membri dell’Unione europea il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio coopera con le autorità competenti di detti Stati ai fini della elaborazione dei piani di azione di cui al presente articolo. 11. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ora il Rapporto dell’APAT di cui si trattava all’inizio di questa riflessione, nel “censire” lo stato di attuazione degli strumenti valutativi, propositivi e pianificatori che si sarebbero dovuti realizzare a livello locale per raggiungere una considerevole riduzione dell’inquinamento acustico ha preso in considerazione 4 indicatori: 1. stato di attuazione dei Piani di classificazione acustica comunale; 2. stato di attuazione delle Relazioni sullo stato acustico comunale; 3. stato di attuazione dei Paini Comunali di Risanamento acustico; 4. Popolazione esposta al rumore – Aree Urbane Delle 24 città oggetto dell’indagine (capoluogo di Provincia con numero di abitanti superiore a 150.000 unità), solo 18 hanno riposto al questionario inviato al sistema delle ARPA; per le restanti 6 si è proceduto con le informazioni già per-
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venute all’APAT ed inserite precedentemente nell’Annuario dei dati ambientali. Ebbene ad una lettura del Rapporto si evince che solo 14 città hanno adottato la Classificazione acustica comunale; 5 hanno predisposto la Relazione biennale sullo stato acustico; 6 hanno redatto il Piano di Risanamento ed 8 hanno condotto studi per definire la percentuale di popolazione esposta. Certamente quello del rumore è un problema poco appariscente di fronte ai più citati della mobilità, delle emissioni climalteranti e del global warming (per quanto proprio di essi sia una diretta conseguenza), eppure, dati alla mano, non si può non negare che costituisca una emergenza sottovalutata che rischia di scoppiare come una bomba ad effetto ritardato. Ci auguriamo che gli amministratori delle Pubbliche Amministrazioni siano, in un futuro immediato, un poco più attenti agli impegni sottoscritti a livello nazionale ed internazionale; non foss’altro, non già per tutelare la salute dei propri elettori presenti e futuri, ma anche solo per evitare ritorsioni economiche dall’UE sotto forma di procedure di infrazione, delle quali, il nostro Paese è un discreto collezionista.
ULTERIORI AGGIUSTAMENTI IN MATERIA AMBIENTALE di Adriano Conti - Responsabile Servizio Gestione Rifiuti - Provincia di Macerata
La legge 4 febbraio 2005, n. 11, avente per oggetto:” Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, affida al Governo di predisporre annualmente un disegno di legge da sottoporre al Parlamento per l’approvazione di una norma legislativa per adempiere agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea. In data 25 gennaio 2008 il Governo ha trasmesso al Parlamento, per l’esame di propria competenza, il disegno di legge (AC 3062) e, nel contempo, ha richiesto, in forza della surrichiamata disposizione legislativa, una delega per l’attuazione di alcune direttive, particolarmente complesse e di contenuto prevalentemente tecnico. Gli allegati A e B previsti nel disegno di legge AC 3062 contengono l’elenco delle direttive da recepire; la necessità di
diversificazione attraverso i due allegati è semplicemente di carattere procedurale in quanto gli schemi normativi di attuazione contenuti nell’allegato B vengono esaminati, a differenza per quanto avviene per le materie di cui all’allegato A, solo da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Nella relazione illustrativa al disegno di legge sono elencate le direttive pubblicate nel corso del 2007 da attuare in via amministrativa (55 direttive), di cui 20 già recepite alla data del 5 gennaio 2008 e 35 ancora da recepire. Sono, altresì, indicate le procedure di infrazione (1) ufficialmente aperte nei confronti dell’Italia. L’articolo 10 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 attribuisce al Presidente del Consiglio il potere di proposta di provvedimenti normativi, anche urgenti, per fare fronte ad atti normativi o a sentenze che comportino l’obbligo di adeguamento allorquando la scadenza di tali obblighi
risulti anteriore alla presunta data di entrata in vigore della legge comunitaria relativa all’anno in corso. (2) Pertanto il Governo, attraverso la decretazione d’urgenza, ha provveduto con Decreto Legge 8 aprile 2008, n. 59 (Gazzetta ufficiale 9 aprile 2008 n. 84) ed avente per oggetto: ”Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee” ad apportare modifiche all’ordinamento nazionale al fine di uniformare la legislazione nazionale a quella comunitaria. Gli articoli 6 e 7 del D.L.59/2008 trattano argomenti sui quali intendiamo soffermarci in quanto ritenuti di interesse dai lettori della categoria degli Autodemolitori: DISCARICHE: 1.- Le modifiche apportate al D. Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36
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All’articolo 17 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, dopo il comma 4, sono stati inseriti i seguenti articoli: “4-bis. Il provvedimento con cui l’autorità competente approva i piani di adeguamento, presentati ai sensi del comma 3, per le discariche di rifiuti pericolosi e per quelle autorizzate dopo la data del 16 luglio 2001 e fino al 23 marzo 2003, deve fissare un termine per l’ultimazione dei lavori di adeguamento, che non può essere successivo al 1° ottobre 2008. 4-ter. Nel caso in cui, per le discariche di cui al comma 1, il provvedimento di approvazione del piano di adeguamento di cui al comma 4, stabilisca un termine finale per l’ultimazione dei lavori di adeguamento successivo al 1° ottobre 2008, tale termine si intende anticipato al 1° ottobre 2008” 2.- Le motivazioni Con il D. Lgs.13 gennaio 2003, n. 36 è stato recepito nell’ordinamento nazionale le disposizioni della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. Da tempo la Commissione europea aveva sollevato perplessità al riguardo, avviando due procedure di infrazione nei confronti dello Stato italiano. Con la prima infrazione veniva contestato un non corretto recepimento dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/ CE (il contenuto di tale articolo era stato trasportato all’articolo 17 del D. Lgs. 36/2003). Si è giunti quindi alla procedura di infrazione n. 2003/2077, in esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia, resa in data 26 aprile 2007 nella causa C-135/05, con la quale è stata disposta la mancata attuazione dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/CE, in quanto l’Italia non ha fornito dati certi sulla chiusura delle discariche che non hanno presentato nei termini prescritti il piano di adeguamento e i dati relativi alle discariche nei confronti delle quali
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è stato respinto il piano. Nella seconda procedura di infrazione n. 2003/4506, causa C-442/06, messa in mora nell’ambito della procedura di infrazione n. 2006/4482, la Commissione Europea contesta il tardivo recepimento della direttiva che, ai sensi dell’articolo 14, avrebbe dovuto essere trasposta entro il 16 luglio 2001 mentre il decreto legislativo è entrato in vigore nel marzo del 2003. Per effetto di tale ritardo le discariche autorizzate tra il 16 luglio2001 ed il 23 marzo 2003 non sono state classificate come discariche ex nuovo, il che avrebbe comportato l’applicazione della nuova disciplina introdotta dalla direttiva, bensì quella di discariche preesistenti, per le quali è stato ritenuto sufficiente la presentazione e l’approvazione di un piano di adeguamento. Pertanto con il Decreto Legge in questione viene riconosciuto a posteriori una specifica disciplina per le discariche autorizzate tra il 16 luglio 2001 e il 23 marzo 2003 facendo venir meno il regime di generale e indistinta equiparazione tra tutte le discariche preesistenti al marzo 2003. RIFIUTI ELETTRICI ED ELETTRONICI (RAEE) 1.- Le modifiche apportate al D. Lgs. 25 luglio 2005 n. 151. “All’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, la lettera c) è soppressa”. 2.- Le motivazioni. Precisato che il D. Lgs. 25 luglio 2005, n. 151, avente per oggetto: “ Attuazione delle direttive 2002/95/Ce, 2002/96/ Ce e 2003/108/Ce, relative alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti” definisce le “ apparecchiature elettriche ed elettroniche usate”: le apparecchiature di cui alla lettera a) che il detentore consegna al distributore al momento della fornitura di una
apparecchiatura di tipo equivalente, affinché quest’ultimo possa valutare, prima di disfarsene, il possibile reimpiego ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettere a) e b)” Lo Stato Italiano era stato già messo in mora da parte della Comunità Europea per aver ristretto la definizione di rifiuto di cui sopra e che la stessa risulta in evidente contrasto con le disposizioni comunitarie La Commissione europea aveva evidenziato che la normativa comunitaria non vieta che il distributore che riceva delle apparecchiature elettriche ed elettroniche usate possa riutilizzarle ma impone che qualora il detentore si disfi di un oggetto presso un distributore, tale oggetto venga considerato e trattato come rifiuto, fino alla sua riabilitazione a “bene” tramite il processo finalizzato al riutilizzo e quindi sottoposto alla preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente. Al riguardo si fa rilevare che con Legge comunitaria 2007 (legge 25 febbraio 2008 n. 34) il Governo era stato delegato ad apportare modifiche al vigente testo del D. Lgs. 151/2006 “… al fine di correggere le disposizioni oggetto di procedura d’infrazione e per modificare o abrogare le disposizioni comunque in contrasto con gli obblighi comunitari, nonché per apportare le modifiche necessarie per consentire un più efficace funzionamento dei sistemi collettivi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, in modo da adeguarli ai princìpi della parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. Tuttavia nonostante la delega ricevuta con Legge Finanziaria 2007, non è stata prodotta alcuna disposizione correttiva in merito, pertanto la modifica apportata al testo originale del D. Lgs. 151/2006 si è resa necessaria per risolvere una procedura di infrazione avviata il 12 ottobre 2006 dalla Commissione europea in quanto la definizione, non contemplata dalla direttiva 2002/96/CE e introdotta nella
normativa italiana opera un indebito restringimento del campo di applicazione della stessa direttiva. A seguito delle modifiche apportate le “apparecchiature elettriche ed elettroniche usate” sono da considerarsi - in base alla direttiva 2002/96/CE - dei veri e propri rifiuti, e come tali devono essere gestite sia dai distributori che dai centri di raccolta, salva la possibilità di avviarle poi ad un processo di riutilizzo. VEICOLI FUORI USO 1.- Le modifiche apportate al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 Al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 1, comma 2, dopo le parole: “di cui all’articolo 5, commi 1 e 3,” sono aggiunte le seguenti: “all’articolo 5, comma 15,”; b)all’articolo 5: 1) al comma 3 dopo le parole: “di cui al comma 2,” sono inserite le seguenti: “e, ove sia tecnicamente fattibile, i pezzi usati allo stato di rifiuto, derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelli per cui è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta,”; 2) al comma 15 le parole: “ad un operatore autorizzato alla raccolta di cui all’articolo 3, comma 1, lettera u),” sono sostituite dalle seguenti: “ad un centro di raccolta di cui all’articolo 5 comma 3; c) all’articolo 10, comma 1, le parole: “concordate con i gestori degli impianti” sono sostituite dalle seguenti: “richieste dai gestori degli impianti”. 2.- Le motivazioni Le modifiche in questione si sono rese necessarie ed urgenti per dare esecuzione alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 24 maggio 2007 nella causa C- 394/05. Con tale sentenza la Corte ha stabilito il
non corretto recepimento della direttiva 2000/53/CE trasferita nell’ordinamento nazionale con il D. Lgs. 209/2003. A seguito delle modifiche apportate le imprese di autoriparazione devono provvedere, ove ciò sia tecnicamente possibile, affinché i pezzi usati allo stato di rifiuti, derivanti dalla riparazione dei veicoli, siano conferiti ad un centro di raccolta. Tale onere sussiste anche per i pezzi usati derivanti dalle riparazioni operate su veicoli a motore a tre ruote, mentre sfugge a tale disposizione i rifiuti per i quali è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta. Inoltre con le modifiche apportate all’articolo 10 del D. Lgs. 209/2003 i produttori dei veicoli devono mettere a disposizione dei titolari degli impianti di trattamento autorizzati informazioni, sotto forma di manuale o tramite sistema informatico e ciò al fine di consentire di identificare i diversi componenti e materiali, nonché l’ubicazione delle sostanze pericolose contenute.
tenzioso” in quanto un ulteriore ritardo da parte dello stato inadempiente comporta il pagamento di una somma forfetaria minima e una penalità di mora (per l’Italia la somma forfetaria minima è stata stabilita in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’attuazione della seconda sentenza, a seconda della gravità dell’infrazione).
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Alla data del 3 aprile 2008 , risultano ufficialmente aperte nei confronti dell’Italia complessivamente 196 procedure di infrazione: 152 riguardano casi di violazione del diritto comunitario, 44 la mancata attuazione di direttive nell’ordinamento italiano. Le procedure che riguardano l’ambiente ammontano a 51. (2)
La procedura d’infrazione costituisce uno strumento indispensabile per garantire il rispetto e la certezza del diritto comunitario. La decisione relativa al suo avvio è una competenza esclusiva della Commissione, la quale, esercitando un potere discrezionale, può agire, sulla base di un’interrogazione parlamentare o di propria iniziativa. A conclusione del lungo iter si può arrivare alla emanazione della sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia che comporta il pagamento da parte dello Stato inadempiente di una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell’inadempimento. Particolarmente onerosa è la procedura di cui all’articolo 228 del Trattato con cui la Commissione, a seguito del pronunciamento della Corte chiude la fase del c.d. “precon-
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LogiMa
AFFIDABILITÀ E PROFESSIONALITÀ SONO IL MIGLIOR BIGLIETTO DA VISITA
Anche DI.MA.VI di Sant’Omero (TE) ha scelto i prodotti LogiMa per il proprio Centro di autodemolizione di Alberto Piastrellini
Più volte, sulle pagine del Notiziario, si è fatto specifico riferimento e si sono ricordati gli obblighi che un moderno impianto di Autodemolizione deve ottemperare per essere in regola con le norme del settore. In questi anni, infatti, sempre più istanze arrivano da fattori esterni al mercato automotive, soprattutto in merito alle problematiche ambientali, a quelle della sicurezza sui luoghi di lavoro, e a quelle relative al risparmio energetico e alla minimizzazione delle risorse. Ebbene, con il D. Lgs 209/2003 e successive disposizioni correttive ed integrative presenti nel nuovo D. Lgs. n°86 del 12 aprile 2006, il Legislatore ha inteso assumere le istanze contenute nella Direttiva 2000/53/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso. Nella Direttiva, si fa specifico riferimento ai requisiti del centro di raccolta e dell’impianto di trattamento, requisiti che prevedono, tra l’altro: adeguato stoccaggio dei pezzi smontati, nonché, fra i criteri di gestione, regole precise circa la sovrapposizione massima consentita dei veicoli messi in sicurezza e non ancora sottoposti a trattamento, fatte salve le condizioni di stabilità e la valutazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori. Vi si indicano pure le modalità con cui le parti di ricambio, destinate alla commercializzazione debbano essere stoccate, prendendo gli opportuni accorgimenti per evitare il loro deterioramento ai fini del successivo reimpiego, in ossequio al principio comunitario che mira a “prevenire la produzione di rifiuti derivanti dai veicoli nonché al reimpiego, al riciclaggio e ad altre forme di recupero dei veicoli fuori uso e dei loro componenti, in modo da ridurre il volume dei rifiuti da smaltire e migliorare il funzionamento dal punto di vista ambientale di tutti gli operatori economici coinvolti nel ciclo di utilizzo dei veicoli e specialmente di quelli direttamente collegati al trattamento dei veicoli fuori uso”.
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Queste ed altre istanze contenute nei vari strumenti normativi impongono agli operatori del settore di rivedere, secondo un’ottica più efficiente ed efficace, il lavoro del proprio centro di raccolta e trattamento: un cambio di focale che apre lo sguardo alle problematiche globali di riduzione dei rifiuti, della minimizzazione degli impatti ambientali, dell’ottimizzazione delle risorse economiche ed energetiche conseguite anche attraverso una logistica integrata dell’ambiente-lavoro. Proprio in quest’ambito agisce LogiMa s.r.l. Società di progettazione consulenza e vendita di soluzioni per la logistica e la gestione di magazzino nata, nel 2004, dalla decennale esperienza nel settore dei Soci fondatori, Fabio Franceschi e Giovanni Paolini. Per saperne di più e meglio apprezzare le soluzioni LogiMa attraverso l’esperienza di chi le ha scelte per il proprio business, abbiamo intervistato il Sig. Maurizio Vitale, proprietario della DI.MAVI Srl di Sant’Omero in provincia di Teramo. Sig. Vitale può raccontarci la storia e l’attività della sua impresa? La mia esperienza nel settore dell’autodemolizione vanta un periodo di 32 anni, 12 dei quali spesi all’interno di questa società. DI.MA.VI. si configura come realtà dinamica e multiforme capace di rispondere alle diverse esigenze del settore automotive: Officina meccanica, Centro Servizi, Soccorso stradale ed autostradale, Recupero Assicurazioni e Trasporti. Effettuiamo montaggi di motori, parti meccaniche ed organi di sicurezza con certificazione e garanzia a norma della Direttiva Europea 2000/53 e del Decreto Legislativo di recepimento 209/03. Inoltre effettuiamo servizio di autodemolizione e abbiamo la più grande disponibilità di motori, pezzi di ricambio, meccanica e carrozzeria di ogni marca.
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Può darci un’idea delle dimensioni della sua Società? Intanto, con un certo orgoglio, sottolineo che siamo l’unica azienda italiana a poter accedere ai crash test delle marche Audi, BMW, Wolswagen presso il centro di Ingolstadt in Germania. Poi, specifico che lavoriamo tanto con automezzi derivanti da rottamazione, quanto con quelli derivanti da assicurazioni. Il nostro business, accanto alla tradizionale autodemolizione, è basato sulla vendita delle parti di ricambio in buono stato. Per dare un’idea delle dimensioni del nostro centro, posso accennare alle superfici occupate dai vari settori di competenza: 13.000 m2 sono dedicati all’attività di autodemolizione; 16.000 m2, di cui alcuni coperti, sono dedicati all’officina. Il personale impiegato assomma 14 unità. Quali sono, quindi, le vostre esigenze in fatto di stoccaggio di autoveicoli e pezzi di ricambio? Come si può ben immaginare, da quanto detto sopra, le nostre richieste alla Ditta di Porto d’Ascoli si sono indirizzate verso i cantilever per lo stoccaggio degli autoveicoli, particolari capannoni in carpenteria metallica per alloggiare gli impianti e i macchinari deputati alla bonifica delle diverse componenti degli autoveicoli sottoposti al trattamento, ed altre scaffalature pensate ad hoc per ospitare tutte le tipologie di pezzi di ricambio. In che modo siete venuti a conoscenza delle soluzioni proposte da LogiMa? Personalmente seguivo il loro lavoro con interesse già da alcuni anni e ho sempre trovato molta affidabilità nelle loro proposte e nelle loro offerte. Poi, è chiaro, la serietà e la professionalità sono sempre il miglior biglietto da visita, per cui quando si è trattato di fare una scelta è stato logico rivolgersi a loro. Devo dire, altresì, che osservando ciò che si muove nel centro Italia, ho valutato che LogiMa è la ditta più preparata in queste settore così specifico.
Questo per noi ha significato che abbiamo potuto operare da subito con nuove strutture in grado di garantire una logistica migliore all’interno del nostro centro. Il percorso logico è chiaro: la razionalizzazione delle forze e dei processi lavorativi porta al miglioramento del servizio e, quindi, alla maggior soddisfazione del cliente, senza contare il risparmio conseguente in termini economici e temporali. Come ha valutato la spesa effettuata in ragione dei prodotti acquistati? Consiglierebbe un tale investimento ad un suo collega Autodemolitore? Ripeto, sono molto contento di aver acquistato i prodotti LogiMa che sono risultati rispondenti alle caratteristiche pubblicizzate. Consiglio tali prodotti ai colleghi, perché sono in grado di migliorare l’azienda non solo dal punto di vista dell’immagine, ma anche, e soprattutto, da quello dell’efficienza dei servizi al cliente e della sicurezza nel luogo di lavoro. Proprio su questo punto mi lasci dire che è finita l’epoca del rottamaio, dello stracciaiolo. Oggi l’Autodemolitore è un imprenditore al quale si chiede di rispettare regole precise a tutela dei suoi dipendenti e dell’ambiente. Pertanto, ogni miglioria apportata, in questo senso, alla propria azienda, va suggerita e salutata con orgoglio. Su LogiMa ho un ultima cosa da dire. Mi è piaciuto il loro modo di seguire ed accompagnare il cliente, non solo durante la fase di stipula del contratto, che si presume venga fatto da tutti, ma anche nel corso dell’installazione del prodotto e nel periodo successivo. Una specifica che ho riscontrato in LogiMa e che deve essere giustamente sottolineata.
Avete riscontrato qualche difficoltà nella progettazione e messa in opera delle strutture acquistate? Assolutamente no! Anzi, ogni piccolo, eventuale, inconveniente è stato risolto preventivamente in fase progettuale e dall’acquisto alla messa in opera il tempo passato si è rivelato inferiore ai termini previsti dal contratto.
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ATTREZZATURE PER AUTODEMOLIZIONI
Via Del Palagio 17/N Pian di Sco 52026 Arezzo Tel. + 39 055 960874 Fax + 39 055 9631563 Cell. 335 1801012 marco@progettoecosoluzioni.it
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ART. 1009 Macchina ribaltatrice per autoveicoli
I Vantaggi e le Caratteristiche
CENTRALI NUCLEARI: FAUTORI E DETRATTORI E intanto l’eolico batte il nucleare
di Donatella Mancini
I costi sempre crescenti di petrolio e gas e la necessità di rispettare i parametri imposti dal Protocollo di Kyoto hanno rispolverato la questione della necessità di costruire in Italia nuove centrali nucleari. A riprova di ciò, entrambi i programmi dei 2 maggiori partiti (PDL e PD) parlano di investire sulla ricerca per il nucleare di IV generazione, i cui reattori sarebbero molto più piccoli di quelli tradizionali, meno costosi e richiederebbero tempi molto più brevi di costruzione, inoltre, presenterebbero potenzialità di rischio ridotte grazie ad un minor utilizzo di materiali radioattivi e misure di sicurezza passive. Il neo Ministro allo Sviluppo Economico, Claudio Scajola, intervenendo all’assemblea di Confindustria, ha dichiarato che entro questa legislatura “intende porre la prima pietra per la costruzione in Italia di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione perché soltanto gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente”. Immediata la reazione di Ermete Realacci, Ministro ombra dell’Ambiente, per il quale, al contrario, “non si può tornare al nucleare in quanto scelta costosa ed ideologica”. Sul dibattito pro o contro nucleare, sono scesi in campo anche illustri personalità del mondo scientifico come il Premio Nobel per la Fisica, Carlo Rubbia, e l’oncologo ex Ministro della Salute, Umberto Veronesi. Alla dichiarazione di Veronesi secondo il quale “il nucleare è una scelta inevitabile e sicura, per tutto il mondo e per l’Italia in particolare”, è seguita la risposta di Rubbia. “Veronesi si occupi di oncologia - ha detto il Premio Nobel lasciando il nucleare a chi ne ha la competenza”. Secondo Rubbia, finché non si troverà un’alternativa alla fissione con l’uranio, ad esempio la fissione con il torio (metallo leggermente radioattivo reperibile in natura), è preferibile puntare sull’energia da fonti rinnovabili, soprattutto sul solare. In seguito all’esito del referendum del 1987, ad un anno circa dall’incidente di Chernobyl, l’Italia fu il primo Paese industrializzato ad uscire dal nucleare. Vennero così chiuse le 4 centrali nucleari di Trino Vercellese (VC), Latina (LT), Caorso (PC) e Garigliano (CE). Oltre alle centrali dismesse, sul territorio italiano ci sono ancora alcuni impianti destinati al trattamento del combustibile e alla ricerca scientifica, che hanno anche la funzione di depositi per le scorie. Per il loro smantellamento, fissato entro il 2015, si è calcolata una spesa di 862 milioni di Euro. Il ripristino delle centrali nucleari da alcuni è visto come la panacea di tutti i mali, da altri come il ritorno di un incubo. Secondo i dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), a Ottobre 2007 erano 439 i reattori operativi che contribuiscono al 15% della produzione elettrica mondiale: il Paese leader per numero di reattori attivi sono gli
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USA con 104 impianti (19% di produzione di energia elettrica nazionale), seguiti da Francia con 59 (78% di produzione di energia elettrica nazionale) e Giappone con 55 (30% di produzione di energia elettrica nazionale). Ne risultano poi altri 32 in costruzione, di cui soltanto 2 nella Comunità europea, uno in Finlandia e l’altro in Bulgaria. Secondo Legambiente, i fautori del ritorno al nucleare devono ancora risolvere i soliti problemi legati a questa tecnologia: - la sicurezza delle centrali; - la gestione dei rifiuti radioattivi; - lo smantellamento degli impianti; - la protezione degli impianti da eventuali attacchi terroristici; - il rischio della proliferazione di armi nucleari; - l’esaurimento delle scorte di uranio; - i costi di un KWh da produzione elettronucleare. Dai dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, dal 1992 al 2005, il nucleare da fissione (l’energia si ricava spaccando nuclei d’Uranio) ha usufruito del 46% degli investimenti in ricerca e sviluppo; quello da fusione del 12% (è processo fisico analogo a quello che avviene nel Sole, che liberando neuroni produce grandi quantità di energia, ma a differenza della fusione la radioattività delle piccole quantità di neuroni viene smaltita in un periodo tra 50 e 100 anni) mentre alle rinnovabili è stato destinato solo l’11% del totale. Un altro nodo irrisolto dell’energia nucleare è il tempo di realizzazione delle centrali, non inferiore ai 10 anni con le probabili proteste delle popolazioni interessate dall’insediamento. La questione più spinosa rimane, comunque, lo smaltimento delle scorie radioattive. A seconda della concentrazione di radioattività e del tempo di decadimento, si parla di rifiuti a bassa, media ed alta attività. I rifiuti più pericolosi sono, ovviamente, quelli ad alta attività, tipici del processo di combustione dell’uranio nei reattori. Si stima che attualmente nel mondo ci siano 250mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi in attesa di essere sistemati in siti di stoccaggio, accantonati in depositi temporanei o lasciati, addirittura, negli stessi siti dove sono stati prodotti. I depositi di scorie sono circa 80 in tutto il mondo, ma l’unico deposito geologico, dove viene garantito l’isolamento dei rifiuti radioattivi di media ed alta attività, si trova nel New Mexico (USA), sebbene ne siano allo studio altri in diversi Paesi. Oltre al problema della collocazione, è necessario rendere inutilizzabile il materiale fissile di scarto per la possibile costruzione di bombe. Gli spostamenti necessari a portare a destinazione l’uranio ed i residui radioattivi allo smaltimento sono momenti di particolare criticità sia per eventuali furti che attentati. Dal 1993 sono stati individuati 650 casi di traffici illegali di mate-
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riale radioattivo, la maggior parte dei quali irrilevanti, ma 11 riguardanti materiale nucleare. Non dimentichiamo, inoltre, che esiste un rapporto tra nucleare militare e civile, perché durante la produzione di energia, le centrali forniscono anche materiale radioattivo utile per la costruzione di bombe. Tra gli anni ’50 ed ’80 si sono verificati oltre un centinaio di incidenti nucleari, 20 dei quali gravi. Sul versante militare si tratta soprattutto di sottomarini e portaerei che sono affondati, portando con sé decine di siluri e testate nucleari, mentre sul versante civile si registrano una serie di eventi accidentali. Spesso gli incidenti minori non vengono divulgati, quindi la lista ufficiosa potrebbe essere più lunga di quella ufficiale, inoltre, sulle conseguenze degli incidenti manca ancora oggi un dato ufficiale che consideri non solo le morti, ma anche l’impatto sulla salute dei cittadini nel lungo periodo. L’UE ha fissato l’obiettivo per l’Italia di raggiungere entro il 2020 il 17% di produzione di energia da fonti rinnovabili e l’energia nucleare non è considerata tale. “L’energia nucleare non è considerata una fonte rinnovabile, pertanto non è calcolata nel mix di fonti con il quale ciascun Paese deve raggiungere i target concordati”, ha ribadito Ferran Tarradellas - portavoce del commissario UE Andris Piebalgs interpellato sul programma del PDL che prevede il ritorno dell’Italia alla produzione di nucleare. In un articolo pubblicato su “The Economist” si parla di “seconda chance per il nucleare sulla scorta dei nuovi reattori in costruzione nei Paesi emergenti e in Finlandia e sul ripensamento in atto in Paesi come USA, Gran Bretagna ed Australia”. I motivi per il settimanale britannico sono vari. Innanzitutto di natura geopolitica per non dipendere più
Fonte: World Nuclear Association; International Atomic Energy Agency
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m da zone instabili - Medio Oriente ed Europa dell’Est - per gli approvvigionamenti energetici, ma anche ambientali (l’obbligo del rispetto dei parametri imposti dal protocollo di Kyoto) ed economici, infatti, gli impianti più moderni hanno un fattore di produzione del 90%, contro il 50% delle centrali progettate negli anni ’70. Inoltre le nuove caratteristiche di “sicurezza passiva” consentirebbero, in situazione di emergenza, di spegnere un reattore senza bisogno dell’intervento umano. Anche “The Economist”, però, riconosce le difficoltà che presenta il ritorno al nucleare, innanzitutto i sostanziosi investimenti che le aziende difficilmente saranno disposte ad accollarsi a fronte di molto probabili opposizioni da parte delle popolazioni interessate dall’installazione di centrali nucleari. I fautori del nucleare, pur riconoscendo che da 20 anni sono state costruite pochissime centrali, soprattutto in Occidente, sostengono che lo sviluppo di questa fonte di energia è stato limitato perché una volta raggiunto un mix produttivo ottimale, non è più necessario realizzare nuovi impianti. Ma ora che molte centrali costruite negli anni ’60 e ’70 sono diventate obsolete, la necessità degli approvvigionamenti di energia, l’elevato costo degli idrocarburi e gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti stanno rilanciando il nucleare. A metà Aprile a Bruxelles si è tenuta una Conferenza internazionale organizzata da Feratom, che ha riunito politici ed esperti di tutto il mondo per discutere delle più recenti politiche in campo nucleare e dei problemi ambientali inerenti. Uno degli interventi più attesi era quello del commissario UE Andris Piebalgs che ha affermato “l’importanza dell’energia nucleare per la riduzione delle emissioni di CO2”, ma anche ricordato che “è necessario rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri dell’UE sui problemi di sicurezza e di salute legati alle installazioni nucleari, così come in materia di trattamento delle scorie nucleari”.
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Favorevole ad un ritorno del nucleare in Italia anche Ugo Spezia, segretario generale dell’Associazione Italiana Nucleare (AIN) che ritiene eccessivi i timori sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi. “La gente - ha detto - tende a rifiutare ciò che non conosce. Credo che per convincere sarebbe sufficiente far vedere come sono fatti e funzionano i depositi attualmente attivi in Francia, Spagna e Svezia”. Mentre prosegue vivacemente il dibattito sul nucleare, arriva la notizia che nel 2007 a livello globale, dal punto di vista del numero dei nuovi impianti, l’eolico ha battuto il nucleare! Lo scorso anno sono stati installati 20mila megawatt di eolico contro 1,9 megawatt di energia nucleare. Nonostante nel corso dell’anno, le pale eoliche funzionino per un numero inferiore di ore rispetto agli impianti nucleari, nel 2007 l’eolico ha prodotto più elettricità del nucleare. “Considerando anche l’apporto del solare fotovoltaico e termico - ha detto Gianni Silvestrini, Direttore del Kyoto Club - si può affermare che tra il 2008 ed il 2012 (periodo che chiude la prima fase degli accordi del Protocollo di Kyoto) il contributo delle fonti rinnovabili sarà 4 volte superiore al contributo prodotto dalle centrali nucleari costruite nello stesso periodo”. Il trend è confermato dagli USA, dove il 30% di tutta la potenza elettrica installata nel 2007 deriva dal vento e il Dipartimento Federale dell’Energia prevede che entro il 2030 l’eolico raggiungerà una quota pari al 20% di elettricità, creando, inoltre, posti di lavoro per 500.000 persone. Anche in Europa alcuni Paesi puntano sull’eolico come la Danimarca (21% di elettricità dall’eolico), la Spagna (12%), il Portogallo (9%) e la Germania (7%).
C .A.R. CONFEDERAZIONE AUTODEMOLITORI RIUNITI
C.A.R. NEWS
newsletter aperiodica di informazione per i soci C.A.R. FA IL PUNTO DELLO STATO DELL’ARTE A OTTO MESI DALLA SUA NASCITA
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L’occasione è offerta dall’Assemblea degli Autodemolitori, promossa dalla Confederazione Autodemolitori Riuniti il 14 giugno a Roma. Il 17 ottobre 2007, la Commissione UE ha presentato una Relazione sullo stato di attuazione, nel periodo di riferimento 2002 - 2005, della Direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso. Dal testo emerge che “in vari Stati membri si sono compiuti notevoli passi avanti nel recepimento della Direttiva; nonostante ci, l’attuazione di questa normativa non è da ritenersi del tutto soddisfacente, come dimostra il numero di procedimenti di infrazione riguardanti questo flusso di rifiuti. In alcuni Stati membri la Direttiva è stata recepita quasi alla lettera nell’ordinamento nazionale, ma a volte i sistemi di gestione dei veicoli fuori uso non sono completamente operativi. Le carenze che impediscono il funzionamento efficiente dei sistemi di gestione dei rifiuti sono spesso dovute alla mancanza di un controllo dell’applicazione, piuttosto che al mancato recepimento della legislazione comunitaria”. In Italia, il Decreto che recepisce la Direttiva-madre è il D. Lgs. N. 209/2003, il quale ha lo scopo di: • “ridurre al minimo l’impatto dei veicoli fuori uso sull’ambiente, al fine di contribuire alla protezione, alla salvaguardia, alla conservazione ed al miglioramento della qualità dell’ambiente” (art. 2 - “Obiettivi”, comma 1 punto a); • “evitare distorsioni nella concorrenza, soprattutto per quanto riguarda l’accesso delle piccole e medie imprese al mercato della raccolta, della demolizione, del trattamento e del riciclaggio dei veicoli fuori uso” (art. 2 - “Obiettivi”, comma 1 punto b); • “determinare i presupposti e le condizioni che consentono lo sviluppo di un sistema che assicuri un funzionamento efficiente, razionale ed economicamente sostenibile della filiera di raccolta, di recupero e di riciclaggio dei materiali degli stessi veicoli” (art. 2 - “Obiettivi”, comma 1 punto c). Orbene, in attuazione dei principi di precauzione e dell’azione preventiva ed in conformità alla strategia comunitaria in materia di gestione dei rifiuti, lo stesso D. Lgs. individua e disciplina, all’articolo 2: a) le misure volte, in via prioritaria, a prevenire la produzione di rifiuti derivanti dai veicoli e, in particolare, le misure per
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ridurre e per controllare le sostanze pericolose presenti negli stessi veicoli, da adottare fin dalla fase di progettazione, per prevenire il rilascio nell’ambiente di sostanze pericolose, per facilitare il reimpiego, il riciclaggio e il recupero energetico e per limitare il successivo smaltimento di rifiuti pericolosi; le prescrizioni da osservare nella progettazione e nella produzione dei veicoli nuovi per incoraggiare e per favorire il recupero dei veicoli fuori uso e dei relativi componenti e materiali, compreso lo sviluppo del mercato dei materiali di demolizione recuperati, privilegiando il reimpiego e il riciclaggio, in modo da ridurre il volume dei rifiuti da smaltire; le altre azioni necessarie per favorire il reimpiego, il riciclaggio e il recupero di tutte le componenti metalliche e non metalliche derivanti dal veicolo fuori uso e, in particolare, di tutte le materie plastiche; le misure volte a migliorare la qualità ambientale e l’efficienza delle attività di tutti gli operatori economici coinvolti nel ciclo di vita del veicolo, dalla progettazione dello stesso alla gestione finale del veicolo fuori uso, per garantire che il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento del veicolo medesimo avvenga senza pericolo per l’ambiente ed in modo economicamente sostenibile; le responsabilità degli operatori economici.
Stante le difficoltà già riscontrate nel merito della responsabilità economica del fine vita del veicolo, responsabilità che la normativa comunitaria indica chiaramente nel “produttore”, mentre il D. Lgs. 209 la estende su tutti gli “operatori economici” coinvolti, si ricorda che: “entro il 1° gennaio 2006, per i veicoli fuori uso prodotti dal 1° gennaio 1980, la percentuale di reimpiego e di recupero è pari almeno all’85% per peso medio per veicolo e per anno e la percentuale di reimpiego e di riciclaggio per gli stessi veicoli è pari almeno all’80% del peso medio per veicolo e per anno; per i veicoli prodotti anteriormente al 1° gennaio 1980, la percentuale di reimpiego e di recupero è pari almeno al 75% del peso medio per veicolo e per anno e la percentuale di reimpiego e di riciclaggio è pari almeno al 70% del peso medio per veicolo e per anno”. Non solo: “entro il 1° gennaio 2015, per tutti i veicoli fuori uso la percentuale di reimpiego e di recupero è pari almeno al 95% del peso medio per veicolo e per anno e la percentuale di reimpiego e di riciclaggio è pari almeno all’85% del peso medio per veicolo e per anno”. In questo scenario, di per sé problematico, il futuro delle imprese di autodemolizione italiane è fortemente messo in discussione: - dai ritardi accumulati da molti impianti che tuttora restano in attesa delle autorizzazioni necessarie per procedere con la loro attività: - dalla mancanza di strumenti finanziari adeguati che consentano alle imprese stesse di procedere con gli adeguamenti impiantistici come previsto dalla normativa.
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C .A.R. CONFEDERAZIONE AUTODEMOLITORI RIUNITI
Inoltre, se agli operatori del settore viene chiesto di demolire a “costo zero” (condizione piuttosto difficile da un semplice punto di vista imprenditoriale), è urgente, quantomeno, definire una corretta definizione degli sbocchi dei prodotti di recupero che risultano dalla demolizione dei veicoli. Tanto più, quando recenti fatti di cronaca riportano all’attenzione degli operatori del settore, delle Autorità Locali e del più vasto pubblico, le sempre più numerose operazioni eseguite dai vari Comandi di Carabinieri della Tutela Ambientale (ex NOE), presso alcuni impianti per la frantumazione di autoveicoli, che hanno portato, nei casi più gravi, alla messa in sequestro degli impianti stessi. Tutte queste problematiche hanno contribuito a portare all’attenzione degli organi competenti la situazione problematica in cui operano varie aziende di autodemolizione del territorio nazionale. In questo scenario complicato, in cui interagiscono vari portatori di interesse a più livelli, si rischia di perdere di vista il focus principale dell’azione del Legislatore europeo: garantire un corretto flusso dei rifiuti, diminuirne la produzione, risparmiare materie prime ed energia; in definitiva operare, nel settore dell’End Life Car in una logica di sostenibilità economica e ecologica.
La nascita di C. A. R. Per rispondere alle necessità di una maggior tutela delle imprese di autodemolizione; armonizzare i desiderata dei diversi stakeholders della filiera ELV, senza accentuarne le conflittualità; garantire l’economicità dei servizi ed offrire il minor impatto ambientale in termini di intervento, riciclo e riutilizzo, è nata, a Roma, lo scorso 15 ottobre la Confederazione degli Autodemolitori Riuniti (C. A. R.). La Confederazione riunisce: “gli imprenditori che operano nel settore del trattamento, recupero, riciclo e smaltimento di veicoli a motore, rimorchi e simili o affini, ovvero in settori ad esso complementari”. C. A. R.. nasce dall’esigenza di alcuni operatori che forti di pluriennale esperienza nel settore e consci dei limiti di preesistenti Associazioni sindacali e dei pesanti condizionamenti e pressioni esercitati dai produttori, hanno inteso dar vita ad un sindacato completamente autonomo che ha l’obiettivo principale di tutelare gli interessi delle piccole e medie imprese del settore. Per meglio raggiungere questo obiettivo, sin dai primi giorni della sua nascita, C. A. R. ha avviato le procedure per confederarsi a CNA (Confederazione Nazionale degli Artigiani e delle Piccole e Medie Imprese)
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Il Protocollo di intesa con il Consorzio PolieCo Al fine di ottimizzare il percorso dei prodotti che derivano dalla demolizione e bonifica dei veicoli a fine vita, per avviarli al riciclo e al riutilizzo, già all’indomani della sua nascita, C. A. R. ha promosso un accordo con il Consorzio PolieCo (Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene). Infatti, già il 16 ottobre è stato siglato con PolieCo un Protocollo di Intesa attraverso il quale il Consorzio, ove se ne presentasse l’opportunità o la necessità, si impegna a garantire presso gli Associati C.A.R., il ritiro e, ove possibile, il recupero ed il riciclo di rifiuti di beni a base di polietilene (in particolare: paraurti e serbatoi), così come generati nel processo di autodemolizione. Tutti i Soci C.A.R., in regola con il versamento della quota associativa al Consorzio PolieCo, saranno considerati a tutti gli effetti piattaforme PolieCo, categorie C e D (raccoglitori, trasportatori, stoccatori, recuperatori e riciclatori di rifiuti di prodotti in polietilene). Il Protocollo prevede, altresì, che i due Soggetti redigano annualmente un documento riepilogativo sul ritiro, il recupero ed il riciclo dei materiali frutto dell’attività svolta.
Il Convegno a ECOMONDO di Rimini La prima “uscita” pubblica ed ufficiale della neonata Confederazione degli Autodemolitori Riuniti, si è avuta a Rimini, il 10 Novembre, all’interno della Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia, ECOMONDO 2007. Per l’occasione C.A.R. ha inteso promuovere un Convegno dal titolo: “Ottimizzazione del fine-vita del veicolo”, conseguendo, non solo un grande successo di pubblico in termini di presenze e riscontri positivi dal ricchissimo parterre dei relatori, ma anche, e soprattutto gettando le basi per un Tavolo di confronto attorno al quale, per la prima volta, Produttori, Concessionari, Demolitori, Commercianti di rottami, Acciaierie ed Industrie Siderurgiche, accanto al Legislatore e agli Organi di controllo, hanno avuto l’opportunità di discutere insieme della problematica in oggetto. Punto centrale della discussione a Rimini è stata l’incertezza circa l’applicazione a livello locale della normativa di riferimento e il bisogno di recuperare la dignità delle imprese tramite un costante aggiornamento formativo e la scrupolosa applicazione delle norme. Da sottolineare che durante il Convegno, lo stesso Maurizio Santoloci, Magistrato di Cassazione, membro della Commissione Ministeriale per la revisione del Testo Unico Ambientale;
L’impugnativa delle Convenzioni ANCMA ed ANIA Proseguendo nel cammino intrapreso, volto alla liberalizzazione del mercato dell’autodemolizione e alla liberalizzazione delle imprese di settore da qualsivoglia condizionamento che ne riduca le opportunità, C.A.R. ha promosso una impugnativa delle Convenzioni in capo ad ANIA (Associazione Nazionale fra le imprese Assicuratrici) ed ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) che creavano una obbligazione in capo al demolitore, imponendogli l’iscrizione ad un certo sindacato, pena l’impossibilità di accedere all’opportunità di prendere le autovetture da rottamare e i motocicli. L’azione intrapresa è la dimostrazione della volontà di C.A.R. di creare i presupposti affinché tutte le imprese (anche quelle non rappresentate dalla Confederazione), possano avere le pari opportunità di accesso al mercato del fine-vita dell’auto, senza la discriminante dell’adesione a questo o quel raggruppamento sindacale.
Il Protocollo di intesa con il Network dei Produttori Un ulteriore passo nella direzione della creazione di un mercato libero e accessibile è stata la firma del Protocollo di intesa con il Network dei Produttori, siglato a Torino, il 10 aprile in occasione di una visita agli impianti di Invemet Srl, l’azienda leader nel settore dei catalizzatori esausti. Il Protocollo, da tempo atteso da tutta la categoria degli Autodemolitori, è il primo passo che aprirà alla categoria la possibilità di accesso al network stesso, anche da parte delle aziende che hanno una capacità di demolizione inferiore a 3.000 veicoli l’anno. Il Protocollo, che vede C.A.R. accanto ad ANFIA, UNRAE, CNA, FISE-UNIRE, AIRA, ASSOFERMET, FEDRAICPA, è la concretizzazione delle dinamiche perseguite dalla Confederazione Autodemolitori Riuniti, di realizzare un Tavolo per promuovere un confronto tra stakeholder della filiera del fine vita auto e sincronizzare le reciproche necessità, anche nei confronti del Legislatore e delle Istituzioni.
Accordo di Programma con i Produttori In data 8 Maggio 2008 la CAR sottoscrive unitamente al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al Ministero dello Sviluppo Economico e con i Produttori di auto e Associazioni di filiera l’Accordo di programma per la gestione dei veicoli fuori uso.
Gli incontri con gli Autodemolitori italiani Al fine di portare alla conoscenza di tutti gli Autodemolitori Italiani le proposte operative della Confederazione degli Autodemolitori Riuniti, la stessa, già da tempo ha inteso promuovere una serie di eventi mirati per macro-regioni, offrendo la possibilità agli operatori del settore dell’autodemolizione di incontrarsi e discutere insieme della varie problematiche. Finora sono stati effettuati 4 incontri nelle date e nelle località seguenti: - Assemblea Autodemolitori della Puglia, 5 aprile 2008, Barletta; - Assemblea Autodemolitori del Triveneto, 29 marzo 2008, Padova; - Assemblea Autodemolitori Emilia-Romagna, 15 marzo 2008, Pieve di Cento (BO); - Assemblea Autodemolitori Lazio, Toscana ed Umbria, 12 gennaio 2008, Roma Mentre una ulteriore occasione di incontro e confronto assembleare è stata la Iª Assemblea Nazionale Organizzativa, tenutasi presso la Nuova Fiera di Roma in concomitanza con la Manifestazione Internazionale Automechanika, il 2 febbraio. Ovviamente in queste pagine non si può menzionare tutta l’intensa attività che i vertici e i quadri dirigenti di C. A. R. svolgono quotidianamente; attività che si estrinseca in colloqui, incontri di valenza politica, prodromi di ulteriori e futuri traguardi. Basta ricordare che, in questi pochi mesi di attività, la Confederazione degli Autodemolitori Riuniti è riuscita a raggiungere grandi risultati sul piano organizzativo e su quello politico, all’interno di un settore di mercato che, negli anni, non ha certo brillato per visibilità. Tali risultati sono sotto gli occhi di tutti e, nelle sedi ufficiali delle Istituzioni, continuano a suscitare meraviglia e stupore.
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C .A.R. CONFEDERAZIONE AUTODEMOLITORI RIUNITI
Consulente Giuridico del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per la criminalità ambientale, ha rimarcato la differenza tra violazione fisiologica delle Legge e il vero e proprio atto criminale, allorquando nella difficoltà interpretativa della norma, ognuno la interpreta soggettivamente e il confine tra lecito ed illecito diventa molto labile.
UNA PRECISAZIONE PER GLI AUTODEMOLITORI
Una sentenza della Corte di Cassazione riafferma il concetto in base al quale lo smontaggio di veicoli non più funzionanti e la commercializzazione dei componenti ancora utilizzabili è da considerarsi attività di smaltimento e recupero di rifiuti e pertanto deve essere autorizzata a cura di Alberto Piastrellini
La Sentenza n. 7455 del 18 febbraio 2008, della Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, riafferma il concetto che lo smontaggio di veicoli non più funzionanti e la commercializzazione dei componenti ancora utilizzabili è da considerarsi attività di smaltimento e recupero di rifiuti e pertanto deve essere autorizzata. Inoltre la Sentenza chiarisce che tale attività configura il reato di cui all’art. 51 del Decreto Legislativo 22/1997 (ora art. 231, D.
Lgs. 152/2006 “Testo Unico Ambientale”), ossia illecita attività di smaltimento, recupero, commercializzazione di rifiuti speciali. Lo stesso documento, di cui per maggiore chiarezza riteniamo doveroso pubblicare la parte delle “motivazioni”, sottolinea che lo sversamento di oli esausti ed altri liquidi sul suolo, quale conseguenza dell’attività di smontaggio, è configurabile come reato, indipendentemente dalla quantità sversata e dalla prova di un danno accertato all’ambiente.
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ECOTECNICA s.r.l.
Fuori la gomma dalle balle! … Arriva la EC 500 FULL Tra le novità in commercio nel settore delle attrezzature per la lavorazione dei materiali provenienti dai veicoli rottamati, la ECOTECNICA S.r.l. ha recentemente approntato una macchina che si aggiunge alla serie delle Cesoie a “Coccodrillo”. Si tratta della nuova EC 500 FULL, che viene ad affiancare gli altri modelli per il taglio dei metalli, della stessa serie e prodotti in diverse dimensioni: la EC 350, la EC 500 e la EC 500 MAXI. Di fronte al rifiuto delle fonderie ad accettare le balle di metallo compattato contenenti residui o parti di gomma, la ECOTECNICA, sempre attenta alle esigenze del mercato dei macchinari per la lavorazione dei prodotti post-consumo e interpretando le esigenze di un settore in continua evoluzione come quello al servizio del riciclaggio dei materiali, ha deciso di venire incontro alle esigenze delle aziende proponendo una macchina capace di praticare una selezione riguardo ai cerchi delle autovetture, ossia consentendo di separarli dai copertoni già nella fase che precede la compattazione. Si
tratta della EC 500 FULL, quindi di un’ulteriore evoluzione della collaudata serie EC, dotata di un utile accessorio, il premilamiera oleodinamico, capace di dare maggiore flessibilità nell’utilizzo della macchina, visto che la pressione esercitata dal premilamiera sul materiale trattato aumenta parallelamente e direttamente in funzione della pressione di taglio della lama, escludendo l’intervento diretto dell’operatore, consentendogli così di rimanere entro un raggio di distanza di maggior sicurezza. La nuova EC 500 FULL, che appena nata ha già riscosso un enorme successo da parte degli operatori, è affiancata da una versione più piccola, il modello EC 230, dalla chiara vocazione al taglio dei metalli, pensato e costruito per aziende che hanno a disposizione spazi di lavoro ridotti, che sicuramente troverà modo di farsi apprezzare dagli operatori anche perché viene offerta ad un prezzo piuttosto interessante.
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PRESSA IDRAULICA ORCA
Orca è funzionante con un motore diesel 4 tempi, ma a richiesta è disponibile una versione anche con motore elettrico. È insonorizzata e consente, in fase di azione, il recupero dei liquidi che fuoriescono dalle carcasse degli autoveicoli. Orca è ormai diffusa sul mercato da vari anni, con una produzione di circa tre esemplari al mese. In media se ne producono 30 all’anno, di cui 10 per il mercato italiano, 10 vendute in USA e le restanti destinate al resto del mondo. Orca è una macchina supercollaudata, soggetta a costanti evoluzioni come quella del portellone, che permette di ridurre i cicli di lavorazione, riducendo i costi di produzione; tale versione è comandata da una centralina elettronica di ultima generazione (PLC). È venduta non soltanto in Italia, ma ricercata dal mercato europeo e mondiale. Si tratta di un mezzo che costituisce la sintesi di un lavoro di avanzata tecnologia, con caratteristiche che ne giustificano la preferenza: veloce, robusta ed affidabile, ma soprattutto concepita per un uso razionale e rispettoso dell’ambiente.
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I VEICOLI RINVENUTI SU AREE PUBBLICHE di Adriano Conti - Responsabile Servizio Gestione Rifiuti - Provincia Macerata
Premessa Il Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 209, avente per oggetto: ”Attuazione della direttiva 2000/53/Ce relativa ai veicoli fuori uso” prevede all’articolo 3, comma 2, quanto segue: “Un veicolo è classificato fuori uso ai sensi del comma 1, lettera b): a) con la consegna ad un centro di raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso oppure con la consegna al concessionario o gestore dell’automercato o della succursale della casa costruttrice che, accettando di ritirare un veicolo destinato alla demolizione nel rispetto delle disposizioni del presente decreto rilascia il relativo certificato di rottamazione al detentore;
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b) nei casi previsti dalla vigente disciplina in materia di veicoli a motore rinvenuti da organi pubblici e non reclamati; c) a seguito di specifico provvedimento dell’autorità amministrativa o giudiziaria; d) in ogni altro caso in cui il veicolo, ancorché giacente in area privata, risulta in evidente stato di abbandono” Con il presente intervento si intende argomentare le modalità operative da eseguire nei casi di rinvenimento da parte degli Organi pubblici di un veicolo a motore giacente su area pubblica con particolare riferimento alle incombenze a carico dei gestori dei centri di raccolta.
Il Decreto Ronchi Il 3° comma dell’articolo 46 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (ora abrogato dal D. Lgs. 152/2006) prevedeva che: “I veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927-929 e 923 del Codice civile, sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro dell’ambiente e dell’industria del commercio e dell’artigianato, e dei trasporti e della navigazione”. Tale Decreto è stato emanato dal Ministero dell’Interno in data 22 ottobre 1999, n. 460 (Gazzetta ufficiale 7 dicembre 1999 n. 287), ed ha per oggetto: “Regolamento recante disciplina dei casi e delle procedure di conferimento ai centri di raccolta dei veicoli a motore
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o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e di quelli acquisiti ai sensi degli articoli 927 929 e 923 del Codice civile”. Il Decreto Legislativo 03/04/2006, n. 152 Anche dopo l’abrogazione del Decreto Legislativo n. 22/97 le disposizioni riportate dal D.M. n. 460/99 rimangono in vigore in quanto l’articolo 231, comma 3, del D. Lgs. 152/2006 (riproponendo quasi testualmente quanto riportato dal D. Lgs. 22/97), prevede: “I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del Codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti.. Fino all’adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460”. Tra l’altro, già con l’articolo 227 il D. Lgs. 152/2006 era stato confermato che per la gestione dei veicoli fuori uso rimangono in vigore le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie, di cui al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209. Infine, anche l’articolo 264, lettera i), del D. Lgs. 152/2006 prevede che: “Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”. Il veicolo giacente su area pubblica o privata Un veicolo a motore giacente su area
pubblica (1) fino a quando è targato e risulta che sia stata pagata la tassa di circolazione e l’assicurazione, non può essere considerato un rifiuto, anche se le sue condizioni non permettono momentaneamente circolazione su strada, in quanto in ogni momento risulta potenzialmente riadattabile previa sostituzione delle parti meccaniche avariate od obsolete. Si pone quindi il problema come gestire un veicolo abbandonato, benché ancora targato, che deve essere rimosso come veicolo ancora in uso e tuttavia non gestibile ancora come rifiuto ai sensi della normativa di settore. La pubblica amministrazione, attraverso gli organi di polizia stradale (2) di cui all’articolo 12 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, accertano che il veicolo, rinvenuto su area pubblica, sia “in condizioni da far presumere lo stato di abbandono” ovvero dopo aver accertato tramite verbalizzane “il protrarsi per oltre sessanta giorni della sosta di un veicolo a motore o di un rimorchio su un’area ad uso pubblico in cui ne è fatto divieto ai sensi degli articoli 6, 7, 157, 158 e 175 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”, può avvalersi delle procedure dettate dal D.M. 22/11/99 n. 460 per conferire al veicolo in questione la definizione giuridica di “rifiuto”. Diversa invece è l’ipotesi del veicolo rinvenuto su un’aera privata non di uso pubblico, del quale sia stato accertato lo “stato di abbandono” da parte degli organi di polizia stradale. In tal caso la Pubblica Amministrazione (tramite ordinanza del Sindaco) può legittimamente intervenire ai sensi dell’articolo 192 del D. Lgs. 152/2006. A maggior chiarimento di quest’ultima fattispecie preme ricordare che l’originaria disposizione della lettera a) del 2° comma dell’articolo 3 del D. Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 è stata completamente riformulata a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 23 febbraio 2006 n. 149.
L’anzidetta disposizione prevedeva che il veicolo potesse essere sottoposto al regime dei rifiuti anche prima della consegna al centro di raccolta purché “sia stato ufficialmente privato dalle targhe di immatricolazione, salvo il caso di esclusivo utilizzo in aree private per il quale è stata effettuata la cancellazione dal PRA a cura del proprietario”. Poiché dal 27 aprile 2006, data di entrata in vigore del D. Lgs. 149/2006, non è più consentito al privato di provvedere direttamente alla cancellazione dal PRA in quanto tale adempimento avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta ovvero del concessionario o del gestore della succursale della casa costruttrice o dell’automercato, senza oneri di agenzia a carico del detentore dello stesso veicolo. Infatti la cancellazione dal PRA può essere accolta solo previa presentazione della copia del certificato di rottamazione (comma 8 articolo 5 del D. Lgs. 209/2003). Nei casi di accertata presenza di veicolo sprovvisto di targa giacente su area privata risulta del tutto legittima la contestazione della sanzione da parte dei Organi di controllo per la violazione di cui all’articolo 192 del D. Lgs. 152/2006 (3) e la emanazione della relativa ordinanza da parte del Sindaco circa la rimozione e il conferimento, a spese del proprietario o del privato detentore, presso un centro autorizzato per la definitiva rottamazione. Decreto Ministeriale 22 ottobre 1999, n. 460 A conclusioni diverse si potrebbe giungere qualora l’argomento in trattazione riguardasse il sequestro dei veicoli a seguito dell’applicazione di provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria. Infatti l’art. 1, commi da 312 a 320, della legge n. 311/2004 (Legge Finanziaria 2005) prevede una procedura straordinaria per l’alienazione, anche ai soli fini della rottamazione, dei vei-
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m coli giacenti presso i custodi. Tuttavia con riferimento al tema in argomento si ribadisce che il D. M. 22 ottobre 1999, n. 460 prende in considerazione due distinte fattispecie, entrambi comunque riferite al rinvenimento di un veicolo a motore o rimorchio giacenti su area pubblica. Primo caso: prevede il rinvenimento su aree ad uso pubblico da parte degli organi di polizia stradale di un veicolo a motore o di un rimorchio in condizioni da far presumere lo stato di abbandono, privo della targa di immatricolazione o del contrassegno di identificazione, ovvero di parti essenziali per l’uso o la conservazione. Gli organi accertatori, dopo aver proceduto alla rilevazione di eventuali violazioni alle norme del Codice della strada, danno atto, in separato verbale di constatazione, dello stato d’uso e
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di conservazione del veicolo e delle parti mancanti, e, dopo aver accertato che non sia pendente denuncia di furto, contestualmente alla procedura di notificazione al proprietario, se identificabile, ne dispongono, anche eliminando gli ostacoli che ne impediscono la rimozione, il conferimento provvisorio ad uno dei centri di raccolta individuati annualmente dai prefetti con le modalità di cui all’articolo 8 del D. P. R. 29 luglio 1982, n. 571(4), tra quelli autorizzati ai sensi del D. Lgs. 209/2003. Trascorsi 60 giorni dalla notificazione, ovvero, trascorsi 60 giorni dal rinvenimento qualora non sia identificabile il proprietario, senza che il veicolo sia stato reclamato dagli aventi diritto, lo stesso si considera cosa abbandonata ai sensi dell’articolo 923 del Codice civile. Dopo di che, il centro di raccolta, ricevuti tutti i dati necessari per la
radiazione da parte degli Organi accertatori, provvede, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 103 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, alla cancellazione dal Pubblico Registro Automobilistico e procede immediatamente alla demolizione e al recupero dei materiali. Per la cancellazione al PRA necessita allegare la seguente documentazione: • attestazione dell’organo accertatore della sussistenza delle condizioni del veicolo abbandonato; • dichiarazione da parte dell’organo accertatore che il veicolo non risulta oggetto di furto; • dichiarazione redatta dallo stesso titolare circa il mancato reclamo del veicolo; • copia del verbale redatto dall’organo di polizia dal quale si desume la documentazione rinvenuta all’atto dell’accertamento del veicolo.
Secondo caso: riguarda la fattispecie in cui gli organi di polizia, accertano la permanenza di un veicolo a motore o di un rimorchio che per oltre sessanta giorni è rimasto in sosta su un’area ad uso pubblico in cui ne è fatto divieto ai sensi degli articoli 6, 7, 157, 158 e 175 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Ricade in questo secondo caso anche i veicoli a motore e i rimorchi rinvenuti su aree pubbliche destinate al parcheggio a pagamento, nel caso di sosta protratta per un periodo di sessanta giorni continuativi senza l’effettuazione del pagamento delle somme dovute in conformità alle tariffe. Accertato quanto sopra e verificato altresì che nei riguardi del veicolo non risulta presentata denuncia di furto, gli organi di polizia provvedono, alla rimozione del veicolo in questione disponendo il conferimento, per la temporanea custodia, ad uno dei centri di raccolta individuati annualmente dai Prefetti, tra quelli autorizzati ai sensi del D. Lgs. 209/2003, con le modalità di cui all’articolo 8 del D. P. R. 29 luglio 1982, n. 571, Delle circostanze del ritrovamento e dell’avvenuto conferimento, l’organo di polizia riferisce al sindaco ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 927 e seguenti del Codice civile. Il Sindaco, avuta notizia da parte dell’organo di polizia, oltre a provvedere, per mezzo di pubblicazione nell’Albo Pretorio del Comune, dispone qualora il proprietario del veicolo a motore o del rimorchio sia identificabile, a notificazione allo stesso con invito a ritirarlo nel termine indicato nell’articolo 929 dello stesso Codice, con l’esplicita avvertenza della perdita della proprietà in caso di omissione. La restituzione del veicolo o del rimorchio è subordinata al pagamento delle spese di prelievo e di custodia . Trascorso il termine indicato nell’articolo 929 del Codice civile senza che il proprietario abbia chiesto la restituzione del veicolo ed effettuato il versamento delle spese di cui sopra, il centro di raccolta procede alla rottamazione, a meno che il Comune, in
relazione alle condizioni d’uso del veicolo, non ne disponga la vendita. In caso di avvio alla rottamazione la cancellazione dal pubblico registro automobilistico (PRA) è curata dal centro di raccolta con le stesse modalità sopra illustrate. Obbligatorietà della custodia dei veicoli Come in precedenza riportato, i veicoli a motore o rimorchi rinvenuti dagli organi di polizia, con le modalità sopra menzionate, vanno conferiti ad “….uno dei centri di raccolta individuati annualmente dai prefetti con le modalità di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 571, tra quelli autorizzati ai sensi dell’articolo 46 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.” L’articolo 8 del DPR 571/1982 stabilisce che il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo può essere affidato, per la custodia, ad uno dei soggetti pubblici o privati indicati in un elenco annualmente predisposto dal Prefetto. Al riguardo, in passato, sono sorte perplessità circa l’assoggettabilità dei predetti centri a specifica autorizzazione di cui al D. Lgs. 209/2003 ovvero se l’appartenenza all’elenco prefettizio costituisce titolo idoneo alla custodia. Con circolare del Ministero dell’Interno n. 64 prot. n. M/6326/1/C, diramata alle Prefetture in data 16 settembre 1998, è stato precisato che la previsione della iscrizione delle depositerie in un apposito elenco riflette esclusivamente l’esigenza per la pubblica amministrazione di individuare preventivamente i soggetti con i quali instaurare un rapporto contrattuale. Pertanto i centri abilitati alla custodia dei veicoli a motore o rimorchi rinvenuti nelle modalità di cui sopra, compresi in un apposito elenco predisposto dalle Prefetture non possono che essere quelli già autorizzati dalle Province e rispondenti ai requisiti di cui alla normativa tecnica prevista dal D. Lgs. 209/2003 (vedasi al riguardo
quanto previsto dal comma 14 dell’articolo 15 del predetto D. Lgs.). In via generale in sede di approvazione dei progetti per la realizzazione dei centri di che trattasi la pubblica amministrazione (Provincia o Regione) può prevedere, sulla base di specifica richiesta avanzata dal titolare del centro, un apposito settore ove conferire i veicoli di cui alla presente esposizione. Tuttavia anche qualora l’autorizzazione non preveda un apposito settore da destinare ai veicoli in questione, l’appartenenza nell’elenco predisposto dal Prefetto costituisce per i centri in possesso di autorizzazione ai sensi del D. Lgs. 209/2003 un dovere a carico dei titolari del centro a ricevere i veicoli rivenuti dagli organi di polizia. Si ricorda che i titolari dei centri autorizzati ai sensi del D. Lgs. 152/2006, rivestono la qualifica di “incaricati di pubblico servizio” in quanto deputati allo svolgimento di un servizio di pubblico interesse così come definito ai sensi dell’articolo 178 comma 1 del D. Lgs. 152/206, e qualora rifiutino la presa in carico dei veicoli rinvenuti in area pubblica da organi di polizia stradale potrebbero incorrere in pesanti sanzioni penali. La determinazione della tariffa a favore dei centri L’articolo 3 del D.M. 460/1999 prevede che le Province fissino le tariffe dovute ai centri di raccolta “...per il prelievo, la custodia, la cancellazione dal pubblico registro automobilistico (PRA) e la demolizione dei veicoli”. Al pagamento della tariffa a favore del centro di raccolta sono assoggettai i proprietari del veicolo, qualora rintracciabili, ovvero l’Ente pubblico che ha provveduto ad emanare l’ordinanza di rimozione; la richiesta di indennizzo da parte del titolare del centro dovrà comunque tenere conto delle somme ricavate a seguito della vendita dei pezzi di ricambio, nonché dalla commercializzazione del rottame destinato al recupero.
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(1)
Per la dizione “aree ad uso pubblico “ contenuta nell’articolo 1, comma 1, del D.M. n. 460 del 1999 si ritiene che la stessa coincida con la definizione di strada pubblica o privata destinata alla circolazione dei vicoli, dei pedoni e degli animali di cui all’articolo 2 del Codice della strada, Pertanto, l’area ad uso pubblico che rileva ai fini dell’applicazione del D.M. 460 del 1999 è qualsiasi spazio aperto alla circolazione veicolare o pedonale (Circolare Ministero Interno – 22 giugno 2000, n. M/2413/25)
(3)
Ai sensi dell’articolo 255 del D.Lgs. 152/2006 la sanzione amministrativa per l’abbandono di rifiuti in questione ammonta da centocinque euro a seicentoventi euro; è ammessa l’oblazione ed il pagamento in misura ridotta pari a duecentocinquanta euro.
Art. 927 Codice Civile Cose ritrovate: Chi trova una cosa mobile (812) deve restituirla al proprietario, e, se non lo conosce, deve consegnarla senza ritardo al sindaco del luogo in cui l’ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento.
(4)
Art. 928 Codice Civile Pubblicazione del ritrovamento: Il sindaco rende nota la consegna per mezzo di pubblicazione nell’albo pretorio del comune, da farsi per due domeniche successive e da restare affissa per tre giorni ogni volta.
(2)
(5)
Tra i soggetti ai quali il D.M. n. 460 del 1999 attribuisce specifiche competenze in merito all’accertamento degli illeciti in argomento, devono ritenersi anche quelli elencati nel comma 3 dell’articolo 12 del Codice della strada, ai quali spettano attività di prevenzione e di accertamento delle violazioni, nonché di tutela e controllo sull’uso delle strade previo superamento di un esame di qualificazione (Circolare Ministero Interno - 22 giugno 2000, n. M/2413/25)
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L’articolo 8 del DPR 571/1982 stabilisce che il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo deve essere affidato, per la custodia, ad uno dei soggetti pubblici o privati indicati in un elenco annualmente predisposto dal Prefetto. Si riportano gli articoli del Codice Civile che interessano l’argomento: Art. 923 Codice Civile Cose suscettibili di occupazione: Le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con l’occupazione (827).Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia o di pesca (842) [Secondo l’art. 1, L. 968/77, (vedi nota all’art. 826), la fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile dello Stato].
Art. 929 Codice Civile Acquisto di proprietà della cosa ritrovata: Trascorso un anno dall’ultimo giorno della pubblicazione senza che si presenti il proprietario, la cosa oppure il suo prezzo, se le circostanze ne hanno richiesto la vendita, appartiene a che l’ha trovata. Così il proprietario come il ritrovatore, riprendendo la cosa o ricevendo il prezzo, devono pagare le spese occorse.
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