Autodemolitori n. 3 marzo 2011

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Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 2 al n. 3 Marzo 2011 di Regioni&Ambiente

N. 3 MARZO 2011 - ANNO VII

NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

CN/CONV/0969/2010



SOMMARIO D.LGS. N. 209/2003 - VEICOLI FUORI USO NOVITÀ LEGISLATIVE APPORTATE DALLA LEGGE COMUNITARIA N. 96/2010, DAL D.M. 5 MAGGIO 2010 E DAL D.LGS. N. 205/2010… ..........................................5

MERCATO AUTO: PARTENZA LENTA .............................24

LOGIMA SRL CANTILEVER, LA SOLUZIONE SALVA-SPAZIO PER L’AUTODEMOLIZIONE CHE CRESCE .........................9

SISTRI VARIAZIONI DEL PARCO AUTOVEICOLI SOTTOPOSTI ALLA DISCIPLINA .......................................30

IMPRESE E SVILUPPO LA TEORIA DEI SETTE SPRECHI I COSIDDETTI “MUDA” (PARTE II) ..................................10

RIFIUTI SISTRI O MUD? IL MINISTERO FA CHIAREZZA ................32

CARO CARBURANTI TEMPI DURI PER GLI AUTOMOBILISTI… E LE IMPRESE .......27

LA GUIDA SOFT È ANCHE ECO ......................................35 FILIERA ELV AUTODEMOLITORI: L’UNIONE FA LA FORZA .................14

ACCORDO SIGLATO FRA ENEL E ACEA PER LA MOBILITÀ SOSTENIBILE ............................38

DOSSIER MALARIA 2011 ..............................................18

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LE MACCHINE DEL FUTURO...

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D.LGS. N. 209/2003 - VEICOLI FUORI USO NOVITÀ LEGISLATIVE APPORTATE DALLA LEGGE COMUNITARIA N. 96/2010, DAL D.M. 5 MAGGIO 2010 E DAL D.LGS. N. 205/2010 a cura dell’Avv. Rosa Bertuzzi

INTRODUZIONE Il D.Lgs. n. 209/2003, che costituisce la normativa principale cui fare riferimento in materia di gestione di veicoli fuori uso, ha subìto recentemente importanti modifiche ad opera di tre provvedimenti legislativi: • D.M. 5 maggio 2010 (“Modifica all’allegato II del decreto legislativo n. 209 del 24 giugno 2003, in materia di veicoli

fuori uso”), pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2011; • Legge 4 giugno 2010, n. 96 (“Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”, c.d. legge comunitaria”), pubblicato in G.U. a Settembre 2010; • D.Lgs. n. 205/2010 (“Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

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del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”), pubblicato in G.U. a dicembre 2010;

Si noti che il termine “batterie” è stato sostituito con “accumulatori”, e che a differenza di prima:

PRINCIPALI NOVITÀ INTRODOTTE Il D.M. 5 maggio 2010 ha provveduto alla modifica (effettuata periodicamente) dell’Allegato II del D.Lgs. n. 209/2003. Tale Allegato contiene una serie di eccezioni al divieto di cui all’ar ticolo 9 del medesimo decreto, il quale stabilisce che “Dal 1° luglio 2003 è vietata la produzione o l’immissione sul mercato di materiali e di componenti di veicoli contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente”, specificando poi che tale divieto non si applica nei casi ed alle condizioni previsti nell’allegato II. Si riporta il testo dell’Allegato II così modificato al opera del D.M. 5 maggio 2010:

• è stato aggiunto il materiale “Alluminio contenente, in peso, lo 0,4% o meno di piombo”; • i cuscinetti e pistoni ora sono compresi tutti, e non solo quelli di piombo o bronzo; • le “masse di equilibratura delle ruote” sono ora chiamate “masse smorzanti”; • sono stati aggiunti degli agenti di vulcanizzazione; • è stato eliminato lo stabilizzante per vernici protettive, le spazzole di carbone per motori elettrici, il rame nelle guarnizioni dei freni contenente, in peso, più dello 0,5% di piombo, il vetro delle lampadine e delle candele, le paste a film spesso;

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• è stato specificato che le saldature nelle schede elettroniche e in altre applicazioni elettriche sono comprese, ad eccezione di quelle su vetro; • sono state aggiunte le saldature nelle applicazioni elettriche su vetro; • per i rivestimenti anticorrosione negli insiemi di dadi e bulloni dei telai è stata stabilita una data di scadenza dell’esenzione diversa rispetto a quella generale prevista per i rivestimenti anticorrosione: possono infatti essere utilizzati come pezzi di ricambio per i veicoli immessi sul mercato prima del 1° luglio 2008.

La Legge n. 96/2010, invece, modifica l’art. 5, commi 3 e 15. La nuova formulazione del comma 3 recita: “I produttori di veicoli provvedono a ritirare i veicoli fuori uso alle condizioni di cui al comma 2, e, ove sia tecnicamente fattibile, i pezzi usati allo stato di rifiuto, derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelli per cui è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta, organizzando, direttamente o indirettamente, su base individuale o collettiva, una rete di centri di raccolta opportunamente distribuiti sul territorio nazionale”. La precedente formulazione, invece, imponeva al produttore di veicoli di organizzare, su base individuale o collettiva, una rete di centri di raccolta dei veicoli fuori uso opportunamente distribuiti sul territorio nazionale ovvero di individuare centri di raccolta, oppor tunamente distribuiti sul territorio nazionale, presso i quali è assicurato il ritiro gratuito degli stessi veicoli. Di conseguenza, il comma 15 novellato invece prevede che le imprese esercenti attività di autoriparazione possono consegnare, ove ciò sia tecnicamente fattibile, i pezzi usati allo stato di rifiuto derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelli per cui è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta, ai seguenti soggetti: a) direttamente ad un centro di raccolta di cui al comma 3, qualora iscritti all’Albo nazionale dei gestori ambientali; b) ad un operatore autorizzato alla raccolta ed al traspor to dei rifiuti perché provveda al loro trasporto ad un centro di raccolta di cui al comma 3 sopra citato. Infine, il D.Lgs. n. 205/2010 apporta significative modifiche al D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. Testo Unico Ambientale). In particolare, in materia di SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) si segnala la novità della limitazione della responsabilità del produttore (art. 188). Viene infatti stabilito che qualora il produttore o il detentore dei rifiuti siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi SISTRI, la responsabilità di ciascuno di essi è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema.

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La responsabilità dei soggetti non iscritti al SISTRI, invece, e che raccolgono e traspor tano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa: a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione; b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all’ar ticolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla Regione.

Avv. Rosa Bertuzzi Consulente Ambientale ambienterosa@libero.itAvv. Rosa Bertuzzi Consulente Ambientale ambienterosa@libero.it


LogiMa s.r.l. CANTILEVER, LA SOLUZIONE SALVA-SPAZIO PER L’AUTODEMOLIZIONE CHE CRESCE

Ottimizzazione dello spazio, maggior ordine, pulizia e sicurezza: questi i vantaggi delle scaffalature LogiMa di Silvia Barchiesi

Problemi di spazio? Per fortuna c’è LogiMa S.r.l., giovane società di Porto d’Ascoli specializzata nella progettazione e vendita di soluzioni per la logistica e la gestione di magazzini. Con LogiMa l’autodemolizione cambia volto, anzi profilo e si sviluppa in verticale. Addio dunque ai vecchi piazzali affollati di auto da rottamare… La nuova e moderna autodemolizione sfrutta al massimo la superficie a sua disposizione e “cresce” in verticale. Merito dei cantilever, apposite scaffalature che, in versione mono o bifronte, consentono il più sicuro e ordinato stoccaggio delle autovetture da rottamare. Basta dare un’occhiata al centro Sobrero S.r.l., operante a Savona nel settore dell’autodemolizione, vendita ricambi usati e recupero di materiali ferrosi dal 1962, per rendersi conto di come oggi non servano migliaia di metri di piazzale per essere competitivi. Nonostante i suoi 2.000 metri scarsi, il centro, grazie all’acquisto dei cantilever, è, infatti, in grado di trattare grandi volumi di pezzi di ricambio, per di più in perfetto stato, abbinando alla garanzia della qualità, quella della quantità. Tecnologicamente all’avanguardia, innovative, pratiche, funzionali e sicure, le scaffalature LogiMa sono, infatti, “salva - spazio”: consentono di stoccare in maniera ordinata e sicura, su più livelli, un gran numero di auto, evitando il danneggiamento dei pezzi della carrozzeria. Soddisfatta del suo acquisto è la Sig.ra Debora Sobrero, socia del centro, che nel giro di un solo anno ha acquistato da LogiMa ben 18 cantilever. “Abbiamo fatto un primo ordine di prova acquistando 10 cantilever ha commentato la Sig.ra Sobrero - Ci siamo subito resi conto della praticità di questo prodotto che ci consentiva di razionalizzare al massimo lo spazio a disposizione e abbiamo così effettuato un secondo ordine di 8 cantilever. Ora abbiamo allestito all’interno del nostro centro un’apposita area adibita

a cantilever: oltre che più efficiente, il centro risulta più ordinato, più pulito, insomma più gradevole, anche esteticamente”. “Siamo rimasti pienamente soddisfatti dell’acquisto - ha commentato la Sig.ra Sobrero - Oltre che del prodotto, siamo, inoltre, rimasti molto soddisfatti del servizio offerto dell’azienda tramite l’assistenza e la consulenza dei suoi rappresentanti”. Affidabilità, sicurezza e qualità, oltre che garanzia dei singoli prodotti LogiMa, sono, infatti, garanzia dell’intera azienda.

PER CONTATTI: Giovanni Paolini 348 3034493 Giovanni Del Moro 393 9609502

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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

Imprese e sviluppo

LA TEORIA DEI SETTE SPRECHI I COSIDDETTI “MUDA” (parte II) a cura dell’ing. Paolo Melchiorre Consulente Aziendale - Consulente in materia di Sicurezza e lavoro

Proseguiamo su questo numero del Notiziario la riflessione su suggerimenti e processi per l’ottimizzazione dei cicli produttivi e l’intercettazione di risorse e finanziamenti iniziata dal Consulente Aziendale, Ing. Paolo Melchiorre, alle pagg 16-17 del numero di Gennaio-Febbraio del Notiziario Autodemolitori. Dopo la prima uscita, in Dicembre, in cui si è analizzato il fattore “tempo”, ed una prima parte introduttiva sui “sette sprechi”, si prosegue, in queste pagine, a considerare: sovrapproduzione, eccesso di scorte e movimentazione.

3. SOVRAPPRODUZIONE (Overproduction) L’analisi di questo tipo di produzione riguarda prevalentemente le Aziende che hanno la produzione tradizionale a lotti, ma può essere utilmente applicata anche all’attività di autodemolizione. Nel caso di produzione a lotti la quantità di pezzi da produrre viene definita e pianificata secondo una logica diversa rispetto agli ordini ricevuti dai clienti finali e spesso comporta, tolto il venduto, la rimanenza o lo stoccaggio di una certa quantità di prodotti finiti o semilavorati. Il prodotto invenduto, e perciò il suo valore, costituisce nella logica “Lean” uno spreco, un aggravio di costi, come pure uno spreco è anche il semplice stoccaggio di una quantità di prodotti “non richiesti” perché determina uno “spreco” di spazio. È quindi necessario cercare di produrre solo il necessario, evitando di sprecare risorse e materiali per realizzare il prodotto a destinare ai magazzini. Nel caso dell’attività di autodemolizione questo tipo di analisi va fatta con un’ottica diversa, in quanto il problema che si pone spesso è quello di decidere se la carcassa entrata nell’Azienda deve essere comunque smembrata dei componenti principali (motore, blocco cambio e trasmissione, carrozzeria, pneumatici), oppure lasciata così com’è in attesa della richiesta di componenti singole, o infine semplicemente pressata e valutata come materiale ferroso. Tale decisione è quanto mai importante

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perché prevede l’impiego di risorse umane e di mezzi che va programmato preventivamente al momento dell’arrivo, in modo da non dover “sprecare” tempo per un inutile trasporto della carcassa al deposito quando invece la stessa potrebbe essere improvvisamente ripresa per asportare un componente, o viceversa quando lo smontaggio di parti meccaniche o di carrozzeria non è necessario perché non c’è richiesta o perché i pezzi non sono in condizioni di essere utilizzati. Questa decisione in genere viene presa in maniera estemporanea dal personale dotato di maggiore esperienza che si basa su fatti precedentemente verificatisi, ma quasi sempre senza una razionale programmazione che tenga conto dell’andamento del mercato anche fuori l’ambito territoriale coperto dall’Azienda stessa. È facile immaginare il tempo che si perde per la mancata organizzazione nel senso sopra indicato, sia per il personale interno, sia per il cliente che, quasi sempre, deve attendere che l’addetto faccia il giro del deposito alla ricerca di un componente di cui in genere non ricorda subito l’esatta ubicazione oppure se lo stesso è stato già asportato o se è in condizioni di buona conservazione per essere riutilizzato. Il caso di “sovrapproduzione” si verifica quando l’aver immagazzinato troppi componenti, pur debitamente asportati, ha determinato una perdita di tempo e di risorse qualora la richiesta di mercato non si verifica o non si concretizza entro un lasso di tempo ragionevole. Ma anche la ”sottoproduzione” può risultare una diseconomia, quando il non aver previsto la preparazione di componenti disponibili per la richiesta determina una perdita di tempo, perché l’improvvisa esigenza del cliente che arriva comporta la distrazione dell’operatore da un’altra attività già programmata, che magari sta svolgendo con altro personale che nel frattempo resta bloccato o rallenta la produzione, perché bisogna ricercare ed asportare il componente richiesto. L’equilibrio tra queste due situazioni non è sempre di facile realizzazione nella pratica perchè presuppone consistenti investimen-

ti, talvolta anche estremamente costosi, in termini di infrastrutture e di organizzazione per orientare alla massima flessibilità, legata alla richiesta del cliente o del mercato, la produzione e tutti gli attori che interagiscono con essa. Ma d’altro canto appare chiaro che un’Azienda di autodemolizione organizzata in tal senso, riuscirebbe a soddisfare ogni richiesta di mercato, sia locale legata al cliente sia su scala nazionale per richieste di altri mercati, riducendo al minimo gli “sprechi” in termini di impiego della manodopera e di utilizzo delle attrezzature, e quindi riducendo anche i relativi costi aziendali, assicurando infine il soddisfacimento del cliente in termini di tempo e di prezzo di vendita. Da quanto sopra riportato si comprende facilmente che fra tutti gli “sprechi” questo è probabilmente quello più difficile da eliminare o comunque da “ottimizzare”, perchè presuppone una serie di interventi “strutturali” sull’intera organizzazione del processo aziendale e delle linee di produzione, interventi possibili solo con l’impegno organizzativo e finanziario dell’Azienda e con il coinvolgimento dei suoi responsabili. Per tale motivo la Comunità Europea e lo Stato sostengono ripetutamente lo sforzo delle Aziende che si vogliono organizzare nel senso sopra esposto, fornendo aiuti in termini economici per avviare una tale trasformazione, mediante bandi che quasi ogni anno propongono contributi a fondo perduto per le spese di riorganizzazione del processo produttivo, ivi comprese quelle per l’acquisto delle attrezzature ritenute indispensabili per raggiungere tale obiettivo. In genere i progetti di riorganizzazione aziendale che vengono presentati per l’ammissione a contributo pubblico, devono contenere una serie di indispensabili presupposti richiesti dall’apposito bando, quali ad esempio: • pianificazione della produzione, cioè calcolare o prevedere nel modo quanto più preciso possibile la quantità di prodotti da realizzare o da preparare in funzione degli ordini ricevuti o dell’andamento del mercato, tenendo in debito conto la resa e le variabili dei processi


che compongono le linee di produzione o di preparazione dei pezzi; • flessibilità dei processi, cioè fare in modo che tutti i processi siano pensati e realizzati in modo da consentire la massima flessibilità operativa degli impianti e degli operatori riducendo al minimo i tempi “morti”; • particolare attenzione al controllo ed alla stabilità dei processi, cioè fare in modo che tutte le fasi dei processi siano conosciuti, ripetitivi e stabili nel tempo; • efficienza dell'organizzazione, cioè predisporre e controllare il verificarsi della migliore efficienza organizzativa in termini di gestione delle risorse umane, dei processi e delle attrezzature a supporto della produzione. Il tutto sempre finalizzato a ricavare dall’ottimizzazione del processo di produzione aziendale, di cui lo “spreco” è l’elemento penalizzante, una riduzione del costo di produzione per convertirlo parte in maggiore

profitto per l’azienda e parte in contenimento del prezzo applicato al cliente. Infatti, riprendendo il concetto del cliente finale, questo non sarà certamente disponibile a pagare un eurocent in più per coprire il valore immobilizzato dei pezzi invenduti, lavorati in sovrannumero o inutilizzabili per la vendita. 4. SCORTE (Inventory) Anche in questo caso l’analisi delle scorte riguarda prevalentemente la produzione tradizionale a lotti, ma è molto utile applicarla anche all’attività di autodemolizione. In questa attività tale concetto è strettamente collegato alla sovrapproduzione e, per certi aspetti, si identifica con lo stesso, pertanto valgono le stesse considerazioni di approccio metodologico fatte per il precedente punto 3. La presenza di pezzi o materiali nel processo produttivo, genera inevitabilmente una

quantità di “valore economico intrappolato” nel processo stesso (Working Capital), proporzionale alla numerosità dei pezzi e funzione dello stato di avanzamento nel flusso produttivo. Si deve quindi cercare, per quanto possibile, di ridurre al minimo la scorta dei materiali o dei pezzi asportati o dei semilavorati fra una fase e quella successiva (Work In Progress) del processo, per ridurre al minimo il “capitale fermo” all’interno del processo stesso. Anche in questo caso per poter operare correttamente si dovranno affrontare una serie di difficoltà soprattutto di tipo organizzativo, che talvolta coinvolgono anche soggetti esterni. Ad esempio è possibile che si debba ri-discutere con un fornitore la quantità minima di materiale da consegnare, anche in termini di periodicità dell’approvvigionamento. Ma d’altro canto tutta la quantità di “capitale” non “intrappolato nel processo”

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potrebbe essere disponibile per altri usi e quindi in ultima analisi ridurre i costi con benefici per tutti: Azienda, dipendenti e senza dimenticare il cliente finale che potrebbe avere una riduzione del prezzo. È il caso, ad esempio, della decisione di pressare la carcassa dell’autoveicolo piuttosto che depositarla in stoccaggio con perdita di spazio meglio utilizzabile, oppure di sottoporla alle lavorazioni di cernita ed asportazione delle componenti utilizzabili. 5. MOVIMENTAZIONI (Motion) Analogamente a quanto detto nel punto 2 “trasporti” precedentemente trattato, la movimentazione del prodotto non costituisce “valore aggiunto” per il prodotto stesso né per il cliente finale. Da una prima analisi la movimentazione potrebbe sembrare la stessa cosa del trasporto già analizzato, ma ci si riferisce invece a spostamenti anche di piccola entità che si svolgono all’interno del ciclo di lavorazione. In altri termini si tratta di analizzare il trasferimento di un pezzo o di un materiale da un area (work station, reparto, linea) ad un altra area, o il suo trasferimento all’interno del medesimo ciclo di lavorazione in una postazione definita. In questa categoria rientrano tutti i movimenti e gli spostamenti eseguiti sia dall’operatore sia dal prodotto all’interno di un ciclo di lavorazione, dal più vistoso come lo spostamento di una carcassa mediante un elevatore da una zona all’altra dello stabilimento, fino a quello più piccolo quale ad esempio lo spostamento dell’operatore all’interno della propria postazione per cercare l’utensile necessario per un intervento di smontaggio. Si potrebbe affermare che questo argomento sembra compito specifico da affidare ad un dipartimento, qualora esista, di Industrial Engineering o ad un ufficio Tempi e Metodi, nel caso di un’Azienda di notevoli dimensioni e ben organizzata. Ma poiché ribadiamo il concetto che anche le Aziende di piccole dimensioni sottostanno inevitabilmente alle leggi di mercato e di produzione che, pur nel dovuto rapporto, sono proprie di qualsiasi struttura produt-

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tiva, non possiamo esimerci dal considerare che comunque una serie di movimentazioni casuali o non organizzate ostacolano l’ordinato e proficuo ciclo della produzione. Nel caso delle Aziende di autodemolizione, non disponendo e non dovendo necessariamente disporre di una specifica organizzazione interna che studi questo particolare problema, analizzeremo in maniera semplice la possibilità di minimizzare le movimentazioni necessarie (uomo, macchina, prodotto) all’interno del ciclo di lavorazione, in taluni casi ottenendo un miglioramento di produttività e perciò una diminuzione dello spreco di tempo e quindi dei costi. Spesso nel caso dell’attività di autodemolizione, la movimentazione sia manuale che con mezzi meccanici si interseca, si ostacola quando non si scontra nel senso letterale del termine durante le fasi di trasporto interno o di semplice movimentazione da un reparto all’altro sia degli operatori che dei mezzi d’opera. Ma anche tale attività di movimentazione verso una ordinata disposizione dei prodotti e dei materiali lavorati o da lavorare, necessita di uno studio a monte per evitare che anche i più oculati spostamenti organizzati per ogni singola attività vadano ad interferire, in termini di percorso o di utilizzo delle attrezzature, con altre analoghe attività che nello stesso tempo si stanno svolgendo, creando vicendevoli ostacoli o, peggio, il rischio di danni o di infortuni. In taluni casi, ad esempio, la semplice sistemazione di un’autovettura da smontare su un ponte può essere ripetuta più volte, perché magari non si è considerato per tempo ed in maniera organizzata la sequenza delle fasi di smontaggio. In altri casi l’impilamento o stoccaggio delle carcasse viene fatto in maniera estemporanea e casuale, accatastando senza ordine o criterio le carcasse l’una sull’altra, per poi doverle scaricare a terra in modo da poter prelevare quella che al momento serve per la lavorazione e che spesso è sotto a tutte le altre. In questo caso una preventiva organizzazione dello stoccaggio delle autovetture, delle carcasse o dei componenti più voluminosi

come i motori, ad esempio su apposite mensole, può risolvere il problema della pronta individuazione e del prelievo, facendo risparmiare movimento di mezzi e di personale che, alla fine del mese, si traducono in consistenti somme di denaro perdute. L’utilizzo di apposite mensole o scaffali permette, infatti, di visionare agevolmente il tipo e lo stato della carcassa oltre che effettuare un prelievo rapido ed in tutta sicurezza, riducendo al minimo le “movimentazioni” necessarie. La stessa cosa vale per i motori, gruppi di trasmissione, pneumatici ed altri componenti. Se poi il posizionamento su mensole è supportato da una identificazione o codificazione computerizzata con appositi programmi software, l’individuazione della posizione all’interno dell’Azienda del componente richiesto dal cliente, le sue caratteristiche di riferimento, la sua disponibilità, il suo stato di conservazione, ecc. sarebbero agevolmente individuabili sul monitor in un apposito box-reception, dove l’addetto è in grado di rispondere alle esigenze del cliente che è seduto davanti a lui e quest’ultimo, in tempo reale, potrà sapere subito se la sua richiesta sarà soddisfatta. Il tutto con enorme risparmio di tempo, quindi di denaro, sia da parte dell’azienda che del cliente stesso ed in questo caso l’incidenza negativa delle “movimentazioni” inutili sull’attività produttive nel suo complesso risulta pressoché annullata. La riflessione prosegue nel prossimo numero.

Ing. Paolo Melchiorre Consulente Aziendale Consulente in materia di Sicurezza e Lavoro paolomelchiorre.ing@libero.it


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Filiera ELV

AUTODEMOLITORI: L’UNIONE FA LA FORZA Una riflessione sull’importanza dell’ecodesign e della progettazione mirata degli autoveicoli diventa occasione per una prospettiva di riscatto per la categoria di Alberto Piastrellini

Il 9 febbraio 2011 il Consiglio dei Ministri ha definitivamente approvato lo schema di D. Lgs. di recepimento della Direttiva 2009/125/Ce recante le specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia. Lo schema di Decreto, in coerenza con il dettato della suddetta Direttiva, contiene una nuova definizione di prodotto connesso all’energia ed amplia notevolmente i tipi di prodotti la cui progettazione dovrà essere “ecocompatibile” (ovvero integrando gli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto per migliorare le prestazioni ambientali nell’intero Life Cycle Assessment - LCA). Oggetti di regolamentazione sono quei beni aventi un impatto sul consumo energetico durante l’utilizzo, immessi sul mercato o messi in servizio e che comprendono le parti destinate ad essere incorporate in un prodotto connesso all’energia (ad esempio: finestre, materiali isolanti, ecc.). Obiettivo: stimolare una progettazione migliore al fine di conseguire un miglioramento delle performance in termini di riduzione degli impatti ambientali e di risparmio energetico. Al momento della stesura del presente articolo, il D. Lgs. non era ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed allorquando tale pubblicazione avrà luogo, il nuovo Decreto annullerà il precedente D. Lgs. n. 201/2007 attuativo della precedente Direttiva 2005/32/Ce. Tale impulso, che prosegue sulla scorta di analoghe iniziative normative volte all’implementazione dell’ecodesign e delle dinamiche di minimizzazione “a monte” degli impatti degli scarti dei beni giunti al loro fine vita, previa adeguata progettazione, da tempo è prassi comune nel mondo dell’industria automobilistica, vuoi per rispondere positivamente ai dettami comunitari per la salvaguardia dell’ambiente e la minor produzione di rifiuti; vuoi per la semplice dinamica della concorrenza, per cui, “vince” il prodotto migliore, in grado di soddisfare tutto il ventaglio dei gusti della clientela. Per saperne di più e meglio apprezzare le strategie del più grande Produttore italiano di autoveicoli sulla tematica della gestione dei rifiuti e dei materiali derivanti dal ciclo di vita degli autoveicoli, abbiamo incontrato, nel suo Ufficio al “Lingotto”, l’Ing. Salvatore Di Carlo - Engineering & Design; End of Life Vehicles & Car Recycling Director di Fiat Group Automobiles. Ing. Di Carlo, può raccontarci quali strategie persegue Fiat Group Automobiles per ridurre l’impatto ambientale dei veicoli prodotti, tanto dal punto di vista delle performance durante l’utilizzo, quanto da quello del recupero a fine vita? Certamente lo stimolo dell’ecodesign non è una novità in casa Fiat, se pensiamo che sin dal 1990, anno in cui tale dinamica progettuale inizia ad affacciarsi tra i beni di largo consumo

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e proprio le auto sono fra quelli che per ovvi motivi l’hanno applicato, Fiat Group ha raccolto la sfida cercando di anticipare la concorrenza. Consideri che realizzare un nuovo modello di automobile è un processo relativamente lungo e benché la tecnologia, oggi, consenta di ottimizzare i tempi, occorre tenere in considerazione, comunque, un range temporale di 20 - 30 mesi prima di immetterlo sul mercato. È giocoforza, quindi, che ben prima di arrivare ad una realizzazione prototipale, c’è tutto un lavoro di ideazione, progettazione, scelta dei materiali, dei componenti e delle soluzioni tecniche che è molto difficile raccontare ai non addetti ai lavori. Ebbene, tutto ciò all’inizio degli anni ’90 era appena allo start up, tuttavia Fiat Group Automobiles ci ha creduto subito, soprattutto in conseguenza della grande attenzione che l’Azienda ha sempre posto all’ar ticolata e complessa normativa che riguarda l’autoveicolo in tutti i suoi aspetti. Per tornare all’oggetto della sua domanda, posso dire che, dal passaggio del design for recycling, al design for environment, sino all’ecodesign, il tema è sempre in linea con l’assunto della massima riciclabilità e del minor impatto ambientale. Giova ricordare che il target del 95% di riuso e recupero in peso al 2015 è uno degli obiettivi fissati dalla Direttiva europea 2000/53/Ce, già tradotta nell’ordinamento italiano sin dal 2003 con D. Lgs. n. 209 e già adesso, all’atto dell’omologazione, i costruttori devono dimostrare che il nuovo veicolo sia riciclabile al 95% in peso. Qual è stato il primo prodotto Fiat uscito con queste attenzioni? Il modello Mito, sin dal 2007. Da allora ogni nostro veicolo o prodotto dalla concorrenza. Non può non nascere senza la doverosa attenzione alla previsione del suo fine vita. Riandando con la memoria agli inizi di questo “viaggio”, ricordo che la prima fase rivoluzionaria fu la scelta oculata dei materiali, poi, in risposta alle Direttive europee in materia, si inserì il bando di tutte le sostanza considerate pericolose, sino ad arrivare a scelte estreme in risposta all’ultima revisione dell’“Annex 2” della Direttiva europea di riferimento che vieta il piombo fino a comprendere nel divieto le micro saldature dei componenti elettrici ed elettronici. Elementi pericolosi per la salute animale e vegetale come il cromo non si usano più nelle autovetture già da una quindicina d’anni, cosa che ha comportato un affinamento della ricerca chimica per aggirare la mancanza di questo componente molto usato, anche come pigmento per le vernici. Pensi che è stato proprio il cromo e i suoi ossidi ad aver prodotto i più bei gialli, rossi e bruni delle verniciature storiche… Consideri, quindi, a quali sforzi la ricerca interna si è sottoposta


sin dalla scelta dei nuovi pigmenti per offrire alla clientela una qualità cromatica rispettosa dell’estetica tradizionale ed allo stesso tempo ecocompatibile. Sempre attingendo dagli esempi offerti dalle molteplici applicazioni del cromo, si pensi al lavoro di riprogettazione delle “coppie di serraggio” per eliminare il metallo incriminato dai dati sui mozzi ruota. È interessante notare come soluzioni nate in seno al settore automobilistico, siano poi state adottate in altri campi per conseguire i medesimi risultati. Per concludere, posso affermare che in Fiat c’è sempre stata una for te attenzione per l’ecodesign e la scelta dei materiali, non fosse altro che per rispondere in anticipo all’evoluzione di stimoli normativi che già, all’epoca stavano maturando. Scelta di materiali più compatibili con l’ambiente e più facili da riciclare, quindi, ma anche nuove strategie per l’applicazione efficace di questi materiali alle parti dell’automobile, per facilitarne, in alcuni casi, lo smontaggio (riducendo i tempi di lavoro degli operatori) o per rendere ambientalmente compatibile un prodotto derivato. Ci faccia un esempio in tal senso… La prima cosa che mi viene in mente è la riduzione delle famiglie polimeriche. Fino a qualche anno fa, all’interno delle autovetture c’era una grande profusione di plastiche diverse, nate dallo stimolo creativo degli ingegneri e dei chimici che letteralmente progettavano continuamente nuovi materiali per rispondere alle esigenze estetiche e del mercato. Tuttavia, se tale profusione creativa era un bene per la ricerca, dal punto di vista del riciclo finale costituiva un problema in quanto la frazione plastica si ricicla facilmente solo se appartiene alla medesima famiglia polimerica. Ecco, quindi, che si è venuta a creare l’esigenza di unificare le famiglie polimeriche utilizzate nelle autovetture fino a privilegiarne quella che attualmente è la più diffusa: il polipropilene. In termini di ricerca e sviluppo, questa scelta è costata parecchio, tuttavia il risultato è spettacolare se lo si giudica dal punto di vista del riciclo, tanto più rispetto a quanto avveniva in passato. Poi, anche dal punto di vista estetico, bisogna dire che il lavoro è stato ottimo e i clienti stessi non si accorgono della differenza di materiale che, pur unico nella sostanza, risulta differente nella forma e nell’aspetto. Eppure, malgrado i tanti sforzi compiuti per ridurre la componente non riciclabile nel peso dell’autoveicolo, una frazione consistente continua a preoccupare: il cosiddetto fluff di frantumazione sul quale gravano varie problematiche, vuoi per la sua intrinseca po-

tenzialità energetica all’atto dell’incenerimento, vuoi per le sue caratteristiche inquinanti nel caso dello smaltimento in discarica. Cosa sta facendo Fiat per risolvere questo problema? In effetti molta attenzione ed energia si stanno spendendo su questa problematica. Sostanzialmente i fronti della “battaglia” sono due: ridurre a monte le quantità di materiali “scomodi” (plastiche, vetri e gomme); favorire al massimo il riciclaggio degli altri componenti (ivi compreso il riutilizzo dei pezzi di ricambio). Si lavora anche a livello di progettazione per ridurre i tempi di smontaggio e separazione meccanica dei componenti, affinché i demolitori nelle operazioni di smontaggio non debbano perdere tempo e risorse in manodopera. Step finale dovrebbe essere l’invio dei vari materiali alle varie filiere del riciclo. Un esempio lampante è quello dei paraurti che dagli anni ’90 in poi sono costituiti in polipropilene, senza inserti in plastiche diverse, facilmente separabili dell’auto e altrettanto facilmente “spendibili” sul mercato del riciclo in quanto dovrebbero avere un ottimo sbocco. Vale analogamente quanto detto anche per i serbatoi, costituiti in polietilene. Attualmente si stanno studiando altri accorgimenti per consentire la ulteriore separazione delle diverse tipologie plastiche in fase di post shredding. Forse non si è ancora raggiunto il massimo, ma rispetto a qualche anno fa, si è ridotta la quantità di car fluff prodotta da un veicolo a fine vita, arrivando, nelle linee più raffinate, ad un massimo del 15-16%. E di questo cosa ne facciamo? È evidente che la destinazione in discarica costituisce una doppia perdita: di materiali preziosi e di tutela ambientale. Tuttavia, esiste sempre la possibilità del recupero energetico, che in presenza di eterogeneità di materiali può essere una soluzione ambientalmente efficace, fermo restando il fatto che deve essere compiuta con tutte le garanzie per l’ambiente, soprattutto per ciò che concerne la dispersione di fumi, gas e ceneri. Se la frazione di car fluff per autoveicolo sembra esigua, si considerino i grandi numeri e l’alto rendimento energetico per capire che può essere vantaggioso produrre energia dal fluff pur garantendo le prestazioni ambientali. Come Azienda, abbiamo lanciato un progetto mirato di alta efficienza energetica a par tire dal fluff di frantumazione di veicoli a fine vita, utilizzando tecnologie di pirolisi-gassificazione ovvero una combustione in assenza/carenza di ossigeno. Il vantaggio è che non si emettono fumi e la componente solida rappresentata dalla plastica si trasforma in gas che va

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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

ad alimentare un motore endotermico o una turbina a gas per la produzione di energia elettrica. Tanto per spendere una parola in termini di comunicazione ambientale, un impianto del genere non ha alcun camino! Ingegnere, qual è il dato che illustra il livello di riciclaggio raggiunto nei vari Paesi UE? Sul sito Eurostat è pubblicato annualmente il report che ogni Paese membro deve comunicare alla Commissione europea in termini di riciclaggio e recupero ELV, sia per quanto riguarda i materiali che per quanto concerne il recupero energetico. Questo valore, dopo tre anni di lavoro compiuto con tutti i par tner della Filiera, è risultato, in Italia, riferito al 2008, pari all’84,3% in peso di riuso/riciclo e all’87,1% in peso di riuso/ recupero. La nostra è risultata essere fra le migliori performance europee, superiamo la Francia e l’Inghilterra. Adesso la sfida è puntare al 2015 per il raggiungimento dell’ambizioso target del 95%, magari spendendo qualche sforzo in più sul tema dell’energy recovering. Lei accennava, poc’anzi alla ricchezza rappresentata, per il demolitore, dall’avere a disposizione materiale appetibile dalla filiera del riciclo. Tuttavia, proprio gli autodemolitori lamentano la mancanza di un mercato economicamente sostenibile, ed è proprio il caso dei paraurti e dei serbatoi, senza contare gli pneumatici esausti per i quali si trascina da anni una prolungata attesa degli appositi decreti attuativi per far partire la filiera dedicata… Forse ho usato il termine ricchezza in modo improprio, però l’idea di fondo è quella di un equilibrio fra il poco lavoro cui si richiede per separare le par ti in plastica e il ripagamento in termini economici a fronte di tale lavoro. In effetti perdurano difficoltà per la destinazione dei materiali alle filiere giuste, devo dire che in questo pesano molto certe situazioni locali. Faccio un esempio: laddove c’è un riciclatore di cer ti materiali che cerca “materia prima”, va a reperirla anche presso i demolitori. Naturalmente più ci si allontana dalle zone ove sussistono tali imprese di riciclo, è chiaro che è più difficile strappare prezzi vantaggiosi perché poi subentrano i costi di traspor to. L’idea è quella di ampliare il più possibile le rete che porta i materiali ai riciclatori, anche perché gli autodemolitori avranno sempre a disposizione i pezzi di ricambio usati e i materiali metallici per il loro business. L’obiettivo è quello di raggiungere un bilancio, se non positivo, almeno a pareggio, per chi fatica a separare i grossi componenti in plastica. Bisogna anche dire che il valore della plastica, fino a poco fa

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era talmente basso da non favorire questo tipo di spinta al riciclo. Tuttavia vedo che negli ultimi mesi c’è stata una maggiore attenzione verso i materiali da riciclare, comprese le plastiche e questo dovrebbe favorire dinamiche un po’ più spinte verso il riciclo. Vero è che rimane fondamentale il collegamento fra i possessori di questi materiali e chi li usa. Che cosa suggerisce alla categoria per essere più incisiva nel mercato? Forse dovrebbe essere incentivata una sorta di propensione all’attività di consorzio per favorire il recupero di grandi quantità di serbatoi e paraurti, ottimizzando i costi di traspor to. Almeno su questa tipologia di materiali si potrebbero ipotizzare veri e propri bacini di autodemolitori che pur lavorando in autonomia, garantiscano una raccolta di materiale tale da stimolare la domanda di un riciclatore disposto a spendere per il recupero dello stesso. Sulla problematica degli PFU, molto è affidato al decreto e dopo due anni di attese e rinvii, le ultime notizie danno una possibilità per il mese di marzo. Quando questo si realizzerà, allora veramente il lavoro di gestione delle quantità e di sbocco sul mercato vedranno il loro compimento, dando al demolitore l’equilibrio garantito con il ritiro a costo “0” delle gomme che lui stesso non riesce a piazzare. Ingegnere, come immagina l’autodemolizione del futuro? Io la vedo come un’attività imprenditoriale for te, che ha già resistito alla tempesta economica che ci ha investito tutti forse meglio rispetto ad altri comparti industriali ritenuti più robusti dai più, dimostrando capacità notevoli. Secondo me c’è addirittura margine per un for te miglioramento se molte aziende di demolizione avranno la capacità di mettersi insieme e fare rete. Ad esempio, sentiamo molto la problematica dell’esportazione illecita di vetture radiate per demolizione; ecco, questo è un terreno comune sul quale battersi per risolvere la fuga illecita di materiali, per lavorare meglio con i propri talenti, per alzare il rendimento delle proprie aziende.


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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

DOSSIER MALARIA 2011 L’Italia è sempre sul "podio dei peggiori" e la qualità dell’aria continua ad essere pessima. Non sono state adottate contromisure per un futuro migliore a cura di Valentina Bellucci

A fine gennaio Legambiente ha pubblicato, come fa ogni anno, il Dossier sulla qualità dell’aria. I risultati sono a dir poco preoccupanti e, rispetto agli anni prece-

denti, la situazione continua a peggiorare e questo fiume in piena ci sta travolgendo e non si riesce ad arrestare. È un’assoluta cer tezza infatti che la

qualità dell’aria in Italia resta pessima. Siamo secondi solo alla Bulgaria. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente tra le peggiori 30 città europee per su-

tabella 1 Comune

Stazione

Superamenti

Comune

Stazione

1

Torino

Grassi

134

2

Frosinone

Frosinone Scalo

108

3

Asti

Baussano

4

Lucca

Vialle Carducci

5

Ancona

6 7

32

Cagliari*

Piazza Sant`avendrace

56

33

Pavia

Piazza Minerva

54

98

34

Macerata

Piazza Vittoria

50

97

34

Vercelli

Campo CONI

50

Torrette

96

36

Prato

Via Ferrucci

48

Napoli

Ospedale Santobono

95

37

Ravenna

N. Rocca Brancaleone

47

Padova

Mandria

94

38

Forlì

Roma

45

8

Monza

Via Machiavelli

92

39

Teramo

Porta Madonna

42

9

Brescia

Broletto

89

39

Como

Como

42

9

Alessandria

Volta

89

39

Cremona

Fatebenefratelli

42

11

Vicenza

Quartiere Italia

87

39

Lecco

Via Sora

42

11

Milano

Senato

87

43

Biella

Lamarmora

41

13

Benevento

Palazzo Del Governo

85

44

Varese

Via Copelli

40

14

Reggio Emilia

Viale Timavo

84

45

Roma

Tiburtina

39

14

Treviso

Via Lancieri

84

46

Pistoia

Via Zamenhof

37

16

Mantova

Via Arios i to

83

47

Avellino

Ospedale Moscat ai

36

17

Modena

V Nonan Via a tollana an a

82

47

Salerno

ASL 2

366

18

Nov ovara ara

Romaa Rom

77

49

Barii Bar

Piazza Pia za Sa Savo voia

35

19 19

Lodii Lod

L i Lod

73

50

Porden Por den enone one

Centro Cen tro

34

2 20

Venezia

P.co Bissuola

71

51

Trento

Via Bolzano

32

20

Be gam Ber g o

Vii Garib Via Garib Ga ribald aldii ald

7 71

5 51

Catani Cat nia* ni a*

P zzaa St Pi Pia Stesi e cor es coro

32

22

Ve ona Ver

Borgo Bor go Milano Milano Mil

700

51 51

Orista Orista Ori stano no

Via fo fond nd. d Ro Rockf ckfell ckf eller ell e er

322

23 23

Rov Ro ovigo

Ce tro Cen t

6677

5544

Cun u eo

II Reg Regg. g Alp g. Allpini in

31

24

Firenz Fir enzee enz

Viaalee Gra ramsc mscci

6 65

5 54

Sondri Son dri ro

V a Me Via Meriz riizzzzii riz

31 31

2 25

Bolognaa

S.Feli S.F e cee eli

63

56

Pisaa Pis

Ora ratoi toioo toi to

30

2 25

Pi cen Pia cenza za

Pubblico c Passeg seggio e gio

6 63

577

Pesaro Pe Pesaro ar

Via V iaa Sc Scaarp arpell elli llini i i in

29 29

27 7

Pa ma Par

V Mo Via Monte n bel nte ello lo o

611

58

Udine Udi ne

Piazza Pia zzaale Oso zz oppo

2 28

28

Paalerm Pal alerm r o rmo

Di Bla Di Blasi si

6 60

58

Lat atina i a ina

Via ia Ta Tasso s ss sso

28

29

Pes Pe escar es caraa ca

V Sa Vi Via Sacco cco co

59

58

Gen e oovaa

Via Molte Molteeni Mo ni

288

2 29

Feeerrrrar rar araa ar

C so Iso Co Cor Iso s nzo

599

6 61

Perugi Per ugiaa

Fontiv Fon tivveegg gge

26

31 1

Rim R Ri im mini inii in

Abete Ab Abe t

5 58

62

Te nii Ter

Le Gra G zie i

2 26

(Sono ripor tati i dati oltre i 25 superamenti) * dati non aggiornati a fine dicembre Fonte: elaborazione Legambiente e www.lamiaaria.it su dati Arpa, Comuni, Province, Regioni

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Superamenti


peramenti di polveri sottili, biossido di azoto e ozono, ben 17 sono italiane. A Plovdiv seguono infatti Torino, Brescia e Milano. Il problema principale è rappresentato dalle polveri sottili. Nel 2010 sono state 48 le città capoluogo di provincia che hanno superato per più di 35 giorni il limite di legge di 50 μg/m3 per la protezione della salute umana, nove in meno rispetto all’anno precedente. Nonostante questo leggero miglioramento, l’Italia è di fatto una malata cronica. La patologia che ci affligge è la scarsa qualità dell’aria nelle nostre città. Torino supera il limite giornaliero per le polveri sottili per ben 134 volte in un anno, Frosinone, 108 volte; Asti, 98; Lucca 97, una situazione in cui ben 21 città sono oltre i 70 superamenti, ovvero più del doppio concesso dalla normativa. Tra i 48 capoluoghi fuorilegge, ben 30 appar tengono all’area della Pianura Padana, che si conferma l’area più critica per la qualità dell’aria. (vedi tabella 1, pagina precedente). Per entrare meglio nel dettaglio dei livelli di PM10 nelle principali città italiane quest’anno Legambiente ha monitorato le strade di dieci capoluoghi di provincia: Milano, Torino, Verona, Bologna, Firenze, Ancona, Roma, Napoli, Foggia e Messina (vedi tabella 2).

I valori non sono stati calcolati nell’arco di 24 ore, come prevede la normativa, ma i livelli di polveri sottili sono molto alti. Le strade scelte sono quelle più frequentate da pedoni, ciclisti ma anche dalle automobili, e l’alto tasso d’inquinamento registrato denuncia il rischio a cui quotidianamente ognuno di noi viene esposto andando a scuola, al lavoro o semplicemente passeggiando per le strade cittadine. Anche esposizioni di breve durata ad elevate concentrazioni di PM10, possano causare gravi conseguenze sulla salute dei cittadini. Anche i dati del biossido di azoto, che rimangono sostanzialmente invariati dal 2008 al 2009 confermano la cronicità della situazione. Se, da un lato, aumentano le città che riescono a rispettare l’obiettivo di qualità di 40 μg/m3 (da 54 a 58), dall’altro si alza leggermente la media di concentrazione dell’NO2, calcolata sui capoluoghi di provincia (da 37 a 38 μg/m3). Da non sottovalutare nemmeno microinquinanti come il benzo(a)pirene, potente cancerogeno di cui si è parlato molto rispetto alla situazione di Taranto, dove la concentrazione a fine ottobre 2010 era già due volte superiore al limite di legge di 1 nanogrammo/m3 a causa delle emissioni dell’Ilva. Sostanza che a causa del traffico è presente anche in città come Padova, Milano o Torino,

tabella 2 Rissult Ri ltat atii de del mo moni nito toragg ggio io d de el PM1 M10 0 in 1 10 0 citt ittà à it ital alia iane Durata Ciittàà C Firenze Bologn Bol ogn g a gn FFog ggia gia gi Anccona Ancona on Mii aano M Mil no Veerron Ve Ver ona nnaa Naapol Nap N oolilii Torin Torino To Tor ino no no Rom R om ma Meeesssi Mes M sin ina n

Fonte: Legambiente

minuti min uti 295’ 71’ 170 170’ 70 227’ 227 155’’ 155 164’ 164 107 077’ 1333 133 33’ 2205 0 ’ 05 2988’ 298 298’

PM10

PM2,5

Vallore V r me medio dio

Valore Val ore m medio di

-μ μg/m m3-

-μg/m g/m3-

173,4 1 ,2 143 137 37,33 37,3 122 120 107 07,2 7,2 1055,3 105 ,3 81,8 8 1 81 81, 776, 66,6 333, 3,4 3,

54 3 54, 399,2 39, 39,2 63, 3,9 46 46 41,88 41, 46 27, 27 71 38,88 38, 211 1 21,1 21, 13, 13 36

esponendo ancor di più la popolazione ad elevati rischi per la salute. La scarsa qualità dell’aria è una emergenza sanitaria prima che ambientale. Il solo PM10 causa ogni anno più di 350.000 morti premature in Europa, secondo quanto dichiarato dalla Commissione Europea, mentre in Italia per ogni 10.000 abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle polveri sottili. Chi ha causato questa malattia? Di sicuro l’industria e i trasporti restano le fonti principali di sostanze inquinanti in atmosfera, nonostante l’adozione graduale di politiche di ammodernamento di impianti obsoleti e l’adeguamento a standard più alti per quelli di nuova generazione. Industria siderurgica e petrolchimica rilasciano in atmosfera il 75,5% degli SOx, il 31,5% degli IPA, il 28,8% del PM10. Ma sono i traspor ti su strada ad avere lo scomodo primato, emettendo il 34,7% del PM10, il 55,5% del benzene, il 51,7% degli ossidi di azoto, il 43,1% del monossido di carbonio; trasporti che sono responsabili del 50% delle polveri sottili di Roma o dell’84% degli ossidi di azoto di Napoli. A questo aggiungiamo le emissioni che derivano dai riscaldamenti domestici (il 18,7% delle polveri sottili e il 46% degli idrocarburi policiclici aromatici), e il quadro delle cause della scarsa qualità dell’aria è completo. tabella 3 INQ QUINANT UINANT AN N I PM PM1 M1 10 di cui cuii PM PM22,55

Tonnellate 153.55 5500 1 .38 122 3811

N x NO

11.0061. 61..237 37 7

SOx

29 293 93.17 3..17 177

CO O

33.0 .032. 032 332. 2 02 0023 23 3

IPA P (i PA (idro ddro drocar ro ocar c bur uri poli ur olicic ciclic cic lic ici ici aaro omat matici ma icii – esp prres eesssssi si in n kg) k ) kg Ben een nzene zen ene

156 156.27 5 .2774 88.665599

Fonte: Ispra - Inventario nazionale emissioni in atmosfera 2010 (dati 2008)

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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

La malattia deve essere curata ma questo non avviene. Perché non ci si assume questa responsabilità? La Commissione Europea già da due anni ammonisce il nostro Governo per farci rispettare i limiti imposti dalla normativa comunitaria dal lontano 2005. Nel novembre scorso è arrivata la definitiva comunicazione della Commissione sul deferimento del nostro paese alla Corte di Giustizia per il non rispetto della Direttiva Europea sulla qualità dell’aria in particolare rispetto ai limiti del PM10. Un provvedimento che ci costerà caro sia dal punto di vista economico, per l’ennesima multa che colpirà l’Italia, ma anche e soprattutto in termini di rischi per la salute umana, visti anche i termini del problema. L’Italia aveva vanamente provato, anche

se con un certo ritardo rispetto ai tempi stabiliti dalla Direttiva, a chiedere una deroga ai limiti sul PM10 per cercare di guadagnare un po’ di tempo per non affrontare il problema. È stata presentata in due tempi, a gennaio e a maggio 2009, una notifica di deroga che interessa il 17% del territorio italiano e ben 30 milioni di italiani, cercando di dimostrare che per questa ampia fetta di Italia, che comprende la Pianura Padana, le grandi città come Roma o aree industriali come Taranto o Priolo, le polveri sottili non erano state abbassate sotto i limiti a causa di condizioni climatiche avverse o per caratteristiche sfavorevoli del territorio che impediscono la dispersione degli inquinanti (ad esempio la mancanza di vento, questa è la motivazione più utilizzata che viene data anche per la situazione gravissima di Milano). Il non rispetto dei limiti delle polveri sottili nei

tempi previsti dalla legge non dipende da misure inesistenti o insufficienti messe in campo dalle amministrazioni locali e dal governo centrale per il Governo Italiano è tutto legato a circostanze sfavorevoli. Ma all’ Unione Europea questa versione non basta più e ha sollecitato obiezioni sostanziali, secondo cui queste circostanze sfavorevoli non sono state sufficientemente documentate, ma soprattutto non è stato dimostrato che le misure messe in campo permetteranno di rientrare comunque nei limiti entro il termine della deroga (giugno 2011). Di fatto, per Bruxelles le misure locali individuate nei piani regionali da sole non bastano, servono misure di più ampio respiro che devono essere previste in un Piano Nazionale di qualità dell’aria. Nel 2010 il Ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo ha più volte annunciato un Piano per fronteggiare

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questo problema, piano che non è stato mai attuato nonostante siano esauriti gli effetti degli incentivi per le nuove auto, che hanno determinato un aumento delle vendite di veicoli meno inquinanti, Tra i provvedimenti annunciati era prevista la limitazione in 3.000 Comuni della circolazione dei mezzi pesanti, a meno che non abbiano installato il filtro antiparticolato. Troppo poco per risolvere una malattia cronica, che ha invece bisogno di soluzioni più profonde e radicali. Anche per evitare il deferimento alla Cor te di Giustizia, il Governo italiano ha approvato in piena estate (13 agosto) e con una cer ta fretta il Decreto legislativo n. 155/2010 in recepimento della Direttiva in materia di qualità dell’aria, riordinando in questo modo la materia in una sor ta di testo unico, abrogando provvedimenti precedenti che riguardavano sostanze diverse.

Il riordino ha avuto vari effetti non sempre positivi. Se da una par te si introducono limiti per il PM2,5 o il valore obiettivo per l’ozono, dall’altra si giustifica l’inquinamento in caso di costi sproporzionati degli interventi di risanamento e si allargano le maglie per il controllo del benzo(a)pirene. Per questo inquinante si è fatto slittare fino a fine 2012 il termine per il raggiungimento del valore di 1 nanogrammo per metro cubo, previsto per le grandi città già per il 1999, e riduce il potere di intervento delle Regioni per il rispetto dei limiti. Al punto che, per le ricadute sull’inquinamento atmosferico a Taranto il decreto è stato definito “Salva Ilva”. Il decreto predispone inoltre tempi e procedure per la redazione dei piani di intervento per la qualità dell’aria, lasciando ancora una volta le maggiori incombenze alle Regioni, e prevedendo solo la “possibi-

lità” di procedere con misure nazionali nel caso in cui i provvedimenti regionali non siano sufficienti. C’è, inoltre, un altro grave problema che opprime gli abitanti delle nostre città, ovvero il rumore. Sono sempre troppo poche le città che intraprendono azioni contro l’inquinamento acustico, e i leggeri progressi da un anno all’altro sono talmente esigui da risultare difficili da descrivere e raccontare. Sono solo 10 i capoluoghi di provincia che si sono dotati di centraline fisse per il monitoraggio del rumore, 80 hanno effettuato qualche controllo nel 2009, in seguito a segnalazioni di cittadini che vivono nei pressi di luoghi di svago o zone industriali e aeropor ti. I dati a disposizione risalgono a qualche anno fa ed è difficile fare un bilancio. Siamo poi ancora indietro con la zonizzazione acustica del territorio, prevista


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fin dal 1997 e al momento approvata in 71 capoluoghi di provincia, mentre sono solo 23 i capoluoghi che hanno approvato un piano di risanamento, e tra questi non ci sono città come Roma, Milano, Torino e Napoli, solo per citarne alcune. Come si può intervenire? Le misure messe in campo dal Governo, sono state decisamente insufficienti. Di sicuro non basta proclamare la giornata nazionale della bicicletta, promettere incentivi e limitazioni al traffico (blocco del traffico nei weekend, quando la maggior par te della gente non lavora e magari non utilizza l'auto) per risolvere la malattia cronica della scarsa qualità dell’aria e dell’inquinamento acustico. Secondo Legambiente, “servono interventi più ampi e strutturali, come ad esempio il rilancio

del trasporto pubblico, la limitazione della circolazione dei veicoli più inquinanti, dalla riduzione dei limiti di velocità (ad esempio attraverso la promozione delle “zone 30” in cui il limite di velocità è 30 km/h invece che 50 km/h). Si deve ripensare la città e la pianificazione di nuovi insediamenti urbani nell’ottica della mobilità sostenibile, e intervenire anche nel settore energetico e nella riqualificazione degli edifici in senso più efficiente. In un Paese in cui il tasso di motorizzazione media è di 60 macchine per 100 abitanti, il doppio rispetto a capitali europee come Londra, Parigi e Berlino, occorre promuovere forme di mobilità alternativa come il car sharing o il car pooling, ma anche la cosiddetta “mobilità dolce”, ovvero quella ciclabile e soprattutto quella pedonale. Oggi le diverse realtà urbane del nostro Paese offrono mediamente 34 metri quadrati ogni 100 abitanti di zo-

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ne interdette al traffico motorizzato, una soluzione che, insieme al potenziamento di piste ciclabili e zone a traffico limitato, porta all’ambiente urbano effetti positivi immediati e sul lungo periodo.” Il fiume in piena avanza e le idee devono assolutamente e celermente tramutarsi in azioni. Per il resto regna un grande silenzio attorno alla questione. Non possiamo continuare a pagare multe e a rinviare una malattia che affligge un intero Paese e arreca danni impor tanti alla salute dei suoi cittadini. Le Regioni e i Comuni possono fare poco, forse l’Italia dovrebbe prendere l’esempio da altri Stati Europei dove a tracciare le linee guida è il Governo. Non c’è più tempo da perdere però... o forse ormai è troppo tardi.


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MERCATO AUTO: PARTENZA LENTA In Italia e in Europa il 2011 non è iniziato positivamente a cura di Valentina Bellucci

Anno nuovo... vita vecchia. In Italia e in Europa anche il 2011 inizia con il segno "meno". A gennaio il mercato italiano dell’auto totalizza 164.356 immatricolazioni, registrando un calo del 20,7% sui volumi immatricolati nello stesso mese del 2010 (207.266 unità), che aveva ancora beneficiato della coda degli ecoincentivi 2009. La quota di penetrazione delle vetture ad alimentazione alternativa sul totale immatricolato - che nel 2010 si attestava al 17,7% e nel solo mese di dicembre registrava appena il 9,1% (il valore più basso dell’anno) - a gennaio 2011 è del 6% circa. “Anche in questo primo mese dell’anno, il mercato dell’auto si porta dietro dal 2010 una contrazione a due cifre ha commentato Eugenio Ranzelli, Presidente ANFIA - I volumi immatricolati sono di poco superiori a quelli di gennaio 2009 l’"annus horribilis" incominciato con 158.460 unità immatricolate nel mese, prima che entrassero in vigore gli incentivi ma comunque al di sotto della soglia critica delle 200.000 unità. La media degli ultimi 10 anni - dal 2002 ad oggi - per il mese a gennaio, è infatti di 214.600 unità immatricolate. Gli ordini raccolti a gennaio risultano in crescita del 15,9% sullo stesso mese del 2010, durante il quale, tuttavia, il livello degli ordini era stato particolarmente basso, dato il picco registrato negli ultimi mesi del 2009 per approfittare degli incentivi ormai in esaurimento. Sappiamo che i prossimi mesi saranno ancora difficili, ma auspichiamo un graduale risollevarsi

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della domanda a partire da aprile, contando su un progressivo miglioramento della situazione economica in generale e, quindi, del clima di fiducia dei consumatori”. Secondo una prima anticipazione dello scambio di dati tra ANFIA e UNRAE, a gennaio i contratti siglati sono stati circa 159.000 (il 27% in più su gennaio 2010). Le marche nazionali registrano 48.615 unità immatricolate nel mese (-27,3%), con una quota di mercato del 29,6%. Nella top ten delle auto più vendute a gennaio le marche nazionali occupano ben 5 posizioni. Si mantengono in testa alla classifica Fiat Punto (13.159 unità) e Fiat Panda (9.966). Sale la quota di vetture diesel immatricolate nel mese: 54,1% contro il 49,7% di dicembre 2010. Nella classifica mensile delle auto diesel più vendute, Fiat Punto (5.693 unità) mantiene il primo posto, seguita, in seconda posizione, da Alfa Romeo Giulietta (3.072) e, in ottava posizione, da Fiat Bravo (1.930). Migliora ulteriormente il mercato dell’usato, in crescita del 10,7% rispetto a gennaio 2010 con 364.785 trasferimenti di proprietà al lordo delle minivolture a concessionari. Anche in Europa si apre con il segno negativo: secondo i dati diffusi da ACEA, nel complesso dei Paesi dell’Unione Europea allargata e dell’EFTA le immatricolazioni totalizzate a gennaio ammontano a 1.072.548 unità, con una contrazio-


ne dell’1,1% rispetto a gennaio 2010, che aveva totalizzato 1.084.771 unità immatricolate. Tra i cinque maggiori mercati, Spagna, Italia e Regno Unito chiudono il mese con una flessione a due cifre, mentre la chiusura è di segno positivo per Francia e Germania. Diverso, di conseguenza, anche il mix delle vendite: basti pensare che la quota di penetrazione delle vetture ad alimentazione alternativa sul totale immatricolato è del 5,6% a gennaio 2011 contro il 29,5% di gennaio 2010. La raccolta ordini del mese è in rialzo del 25,3% su gennaio 2010 che, tuttavia, aveva registrato livelli molto bassi, dopo il boom di ordini degli ultimi mesi del 2009, per approfittare degli incentivi ormai in esaurimento. Per le marche italiane i volumi immatricolati a gennaio in Europa si attestano a 80.018 unità (-20,1%). “Il segno negativo di questo mese ci fa capire che c’è ancora strada da percorrere prima di poter parlare di una piena ripresa - spiega Eugenio Ranzelli - Tre dei cinque maggiori mercati accusano ancora una flessione dei volumi, da cui si sottraggono la Francia, sostenuta dal piano incentivi fino alla fine dell’anno da poco concluso, e la Germania, dove la ripresa economica è stata più decisa. In assenza di misure di sostegno alla domanda o di altri fattori che diano impulso al mercato, sappiamo che, quest’anno, l’andamento delle vendite in Europa seguirà i ritmi del riassestamento economico e, secondo le attuali previsioni, segnerà una contrazione dei volumi attorno al 2% rispetto al 2010. Confidiamo, pertanto, in un graduale avanzamento dell’economia europea nei prossimi mesi, a cui farà seguito un naturale miglioramento del clima di fiducia dei consumatori, che torneranno a guardare con interesse al mercato dei beni durevoli”. Il primato negativo spetta ancora al mercato spagnolo, che a gennaio, settimo mese consecutivo in calo, riporta una flessione del 23,5% - per un totale di 53.632 unità immatricolate su gennaio 2010 (che beneficiava del Plan 2000E). Sostenuta la caduta delle vendite ai privati (-43,3%), contro una crescita del 20,8% delle vetture aziendali escluso il noleggio, per il quale si registra nel mese una variazione positiva dell’11,3%. A partire dal risultato di gennaio, l’Associazione spagnola dei Costruttori, ANFAC prevede, per il primo semestre 2011, tassi di decrescita superiori al 20%, con ripercussioni negative sul già elevato tasso di disoccupazione specialmente nella rete di distribuzione. Questo fattore, insieme al debole clima di fiducia dei consumatori e alle restrizioni creditizie, determinerà, con ogni probabilità, una nuova caduta del mercato nel 2011. L’Associazione stima infatti una chiusura d’anno attorno a 900.000 unità, che significherebbe, per il terzo anno consecutivo, un risultato al di sotto della soglia del milione di immatricolazioni, a fronte di una media "naturale" di 1,3 1,4 milioni di unità l’anno. Il Regno Unito riporta a gennaio una contrazione dell’11,5% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, per un totale

di 128.811 unità immatricolate. Un risultato in linea con le previsioni dell’Associazione inglese dei Costruttori SMMT, secondo la quale molto ha pesato, oltre all’incremento dell’IVA al 20%, la mancanza del piano incentivi, terminato lo scorso marzo. L’Associazione ritiene che il 2011 sarà un anno difficile e invita il Governo a stabilizzare e ad alleggerire almeno in par te la pressione fiscale sugli automobilisti, attraverso il congelamento dell’imposta sul carburante. Aumenta la quota di penetrazione delle vetture diesel (50,5% nel mese), mentre le vetture ad alimentazione alternativa raggiungono la quota record dell’1,4%, a testimonianza del fatto che la domanda di vetture a basso impatto ambientale continua a salire. La Francia chiude il mese di gennaio a +8,2% per un totale di 185.521 unità immatricolate, beneficiando però di un giorno lavorativo in più rispetto a gennaio 2010. A parità di giorni lavorativi, gennaio 2011 avrebbe chiuso a +3,1%. La Germania è l’unica che conferma il segno positivo già registrato a dicembre, chiudendo il mese di gennaio a +16,5% con 211.056 immatricolazioni. I dati sono chiari e non lasciano spazio a false speranze. Da quando è terminata l’aria benefica portata dagli incentivi, la situazione continua a peggiorare. Peggiorano i valori del PM10, la salute è sempre più a rischio e, come se non bastasse, il mercato dell’auto è in crisi. Le previsioni degli addetti ai lavori lasciano qualche spiraglio di luce ma sono sempre previsioni…

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Caro carburanti

TEMPI DURI PER GLI AUTOMOBILISTI… E LE IMPRESE Non si arresta la corsa del greggio, mentre la crisi in Libia non fa che peggiorare le cose a cura di Alberto Piastrellini

Nel pieno della crisi libica, l’effetto di incer tezza causato dalla rivoluzione popolare si fa sentire anche alle nostre latitudini, non già per le prevedibili conseguenze umanitarie, quanto per il più prosaico aumento del prezzo dei carburanti. "Quotidiano Energia", ha pubblicato il 25 febbraio, una rilevazione dalla quale emerge che i listini di benzina e diesel del principale leader nazionale del settore, ENI, hanno guadagnato in poche ore 2 centesimi al litro; ben 4 se si considerano gli ultimi otto giorni di rilevazioni! La "Verde” sopra 1,5 Euro e gasolio che supera il costo alla pompa di 1,426 euro, sono traguardi che ripor tano i consumatori ai prezzi-limite del 2008, alla vigilia dell’ "ottobre nero" che diede ufficialmente l’avvio alla grande crisi economica globale. E protagonista dell’aumento non è solo il colosso energetico nazionale; anche altri marchi hanno ridefinito i loro prezzi con aggiustamenti verso l’altro. All’origine del problema c’è l’incer tezza, da par te delle raffinerie circa gli approvvigionamenti futuri che ha scatenato la "corsa al rifornimento” dei derivati dalla raffinazione con conseguenze prevedibili: benzina che supera i 975 dollari/tonnellata (+ 11,50%) e diesel sopra i 960 (quasi 20 dollari in più) in pochi giorni. E i rincari non si fermano qui, perché i consumatori pagano, alla pompa, anche le addizionali locali che comunque incidono, soprattutto nelle regioni del Sud. Una bella "tegola” per un Paese che pur "baciato dal sole”, fatica a sganciarsi dal consumo di fonti fossili tradizionali rimanendo agganciato allo fluttuazioni del petrolio. Pochi giorni prima della nota pubblicata sul "Quotidiano Energia”, la testata online www.e_gazette.it, il 21 febbraio, aveva pubblicato un ar ticolo dal quale si evince che nell’ultimo anno "il costo pagato dal nostro Paese per approvvigionarsi di energia all’estero è stato di

51,7 miliardi (9,3 miliardi in più rispetto al 2009)”. E il peggio, a scorrere il pezzo, deve ancora venire, infatti l’Unione Petrolifera, ha stimato, per la "bolletta italiana” una

crescita a 60,4 miliardi per il 2011. Dato che, se si realizzasse concretamente, sarebbe un picco assoluto, mai toccato prima d’ora. Dallo scorporo dei dati aggregati, l’UP

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si evidenzia che la sola voce "petrolio” ha registrato, nell’anno appena trascorso "un aumento di 6,5 miliardi di euro rispetto al 2009, portandosi a 27 miliardi, con un’impennata del 32% e un peso sul Pil dell’1,7%". Pur in un quadro economico sfavorevole, caratterizzato dalla contrazione dei consumi, il notevole aumento è stato causato dall’impennata delle quotazioni del greggio. Ovviamente, anche per quest’anno la situazione non appare rosea, infatti, dalle proiezioni attuali, i petrolieri del Bel Paese stimano una fattura di spesa che si aggira tra i 31,3 e i 37,4 miliardi di euro. Un bel salasso, che a pagare, come sempre, sono i consumatori finali, sul piede di guerra già dall’inizio dell’anno, ben prima della crisi libica. Già il 17 febbraio, Federconsumatori, pubblicava sul suo Sito, un Comunicato nel quale si stigmatizzavano gli aumenti "per l’ennesima volta, del tutto ingiustificati” di carburanti per autotrazione. Sottolineando come la situazione testimonia evidenti discrasie nella determinazione dei prezzi alla pompa, Federconsumatori, scriveva che: "Questa insopportabile situazione non può più essere tollerata. A maggior ragione dal momento che continua a pesare fortemente sulle tasche degli automobilisti, con ricadute di 198 Euro annui, di cui 108 per costi diretti e 90 per costi indiretti”. Ma il dato che aggiunge la beffa al danno, secondo l’Associazione, è che "Il prezzo industriale della benzina in Italia (quindi escluse le tasse), infatti, ha aumentato il distacco dalla media europea. Se prima il differenziale divenuto quasi "strutturale” era di 3-4 cent al litro, oggi è quasi il doppio, pari a ben 7 cent al litro: in Italia il costo industriale ammonta a 66 cent al litro, in Europa a 59 cent al litro”. In Italia, quindi, paghiamo di più i carburanti rispetto alla media dei cittadini europei. "Troviamo insopportabile, oltre che inspiegabile questo differenziale - hanno

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dichiarato congiuntamente, Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef. "È indispensabile, quindi, inter venire per abbattere questa intollerabile differenza, oltre che per accelerare gli inter venti su questo settore tesi ad un abbattimento dei prezzi, superando l’inerzia del Ministro dello Sviluppo Economico. Chiediamo pertanto che si dia applicazione immediata ai punti convenuti nell’accordo con la filiera petrolifera: oltre all’annunciata Commissione sulla doppia velocità dei prezzi, che però ribadiamo dovrà avere carattere istituzionale, si dovranno avviare la razionalizzazione della rete e l’apertura alla vendita attraverso il canale della grande distribuzione, nonché il blocco settimanale degli aumenti”. Una polemica aper ta contro i petrolieri italiani che, infatti, pochi giorni dopo hanno ribattuto a mezzo stampa, ricordando che nella rete dei self service (circa la metà degli impianti presenti sul territorio nazionale), "si possono trovare prezzi in linea, se non inferiori, a quelli europei”, come ha dichiarato Pasquale De Vita, Presidente UP. Ma tra il dire e il fare… si sa quel che c’è di mezzo. Puntuale, sempre il 17 febbraio, è arrivata la controreplica delle Associazioni dei consumatori. "Vorremmo precisare che la denuncia fatta dalle nostre due associazioni, relativamente al divario di 7 cent in più al litro, tra la media dei prezzi europei ed il prezzo al netto delle tasse della benzina in Italia – hanno dichiarato Trefiletti e Lannutti - è comprovata dai dati del Ministero dello Sviluppo Economico che li pubblicizza sul suo sito e che sono a disposizione di chiunque. Se fosse solo per noi e cioè esclusivamente da dati del nostro Osser vatorio Nazionale (ONF) si potrebbe anche sostenere che addirittura tale divario aumenterebbe di almeno altri due centesimi, se calcolassimo anche il differenziale tra prezzi consigliati dalle Compagnie e quelli praticati dai Gestori e ciò pretenderebbe quindi una

denuncia ancora più severa. Quello che rivendichiamo quindi è chiarezza ed una accelerazione della riforma del settore, peraltro già convenuta”. Intanto, la Storia va avanti e da metà febbraio, in Libia, succede quel che succede sulla scia di quanto precedentemente avvenuto in Algeria, Egitto e, in maniera più soft, in Yemen. A questo punto, l’ENI, che par tecipa al business del petrolio e del gas libico, comincia a prevedere possibili difficoltà tra la minaccia di bombardare i pozzi pronunciata dall’agguerrito raìs (per ora scongiurata dall’ammutinamento dei militari) e la più "tranquilla” cer tezza di una prudenziale sospensione del flusso di gas nei gasdotti sottomarini. E tali foschi scenari non fanno che aumentare l’ipotesi che i prezzi delle scor te aumenteranno con effetti a cascata sino alle pompe in crescendo di aumenti che graveranno sulle tasche di chi già fa i conti col poco che ha e stringe la cinghia in vista della fine del mese. Già nel numero di dicembre del Notiziario Autodemolitori ("Benzina: prezzi record a dicembre, mai così cara dal 2008”, pagg. 23-24), avevamo dato spazio al problema (e ancora il Nord Africa non mostrava i segni dell’instabilità attuale), ripor tando che la dinamica del caro-pieno, aveva spinto, allora, il Ministero dello Sviluppo Economico a valutare la proposta di inserimento nel Decreto "Milleproroghe” di un "bonus fiscale” per soddisfare le richieste dei Gestori (per una cifra ammontante ai 20-25 milioni di euro); proposta che in seguito è stata cassata dall’esecutivo già a Natale per mancanza di adeguata coper tura finanziaria. Tuttavia, la soluzione sbandierata e data per cer ta (e subito messa "fuori gioco”) a fine anno non sembra essere poi, così utile alle tasche dei cittadini e delle imprese, tant’è che v’è chi si è chiesto se in questo gioco a rimpallarsi le responsa-


bilità economiche dei prezzi alla pompa fra petrolieri e gestori con il miraggio del bonus fiscale, non sia altro che un "contentino” eventualmente concesso dal Governo ai gestori, affinché quest’ultimi possano pagare meno tasse. Però, occorre considerare che la par te di tasse che questi eventualmente non pagherebbero, ricade comunque sulla collettività, in quanto il gettito fiscale annuo deve essere previsto a priori. Viene proprio in mente la frase del famoso comico par tenopeo, Antonio de Cur tis, in ar te Totò: "… E io pago!”, declinata, però, al plurale.

Pur troppo, soluzioni a breve temine non se ne vedono, almeno finché le speculazioni internazionali sul prezzo del greggio, non si affrancheranno dal meccanismo perverso rappresentato dai prezzi dei carburanti già raffinati per consegne a distanza di tre mesi, quindi su una previsione di domanda affinché si possa vendere carburante ad un prezzo alto anche se il greggio scende nelle quotazioni. Nel frattempo i consumatori debbono destreggiarsi coi soliti mezzi: "viaggi della for tuna” in vista di un distributore conveniente, code nei week end per

accaparrarsi l’ultimo litro alla pompa del supermercato; spedizioni alla scoper ta della prima "pompa bianca” disponibile. Guai, peraltro, a chi si azzarda a fare il pieno sulla rete autostradale, dove il servizio 24 ore su 24 si sconta in termini di prezzi molto più elevati che in altre strade, in vir tù della percentuale che si prende su ogni litro venduto la concessionaria autostradale e della gestione diretta da par te delle Case petrolifere. Buon viaggio, dunque, e buon lavoro a tutti!

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SISTRI

VARIAZIONI DEL PARCO AUTOVEICOLI SOTTOPOSTI ALLA DISCIPLINA

MATTM e Albo Gestori Ambientali emanano una Circolare esplicativa nel merito delle variazioni delle iscrizioni per incrementi del numero di autoveicoli, cancellazioni e cambi di targa a cura di Alberto Piastrellini

Mentre questo numero del Notiziario stava per essere chiuso in Redazione, sul Sito dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali è stata pubblicata una nota congiunta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dell’Albo stesso (prot. N. 350 del 28 febbraio), diramata alle Sezioni Regionali e Provinciali e alle Associazioni di Categoria. Oggetto della comunicazione le procedure di disciplina delle variazioni riguardanti il parco autoveicoli sottoposti alla disciplina SISTRI. La procedura pubblicata, già più volte sollecitata dalla base degli operatori, fornisce indicazioni sulle modalità da adottare in caso di: • incremento del numero di veicoli, • cancellazione di veicoli, • cancellazione di autoveicoli e contemporaneo inserimento nell’iscrizione all’Albo di autoveicoli di pari numero da parte della stessa impresa, • nuova immatricolazione (cambio targa sullo stesso veicolo) o numero di targa errato. L’interlocutore unico per tutte le variazioni del parco autoveicoli è l’Albo nazionale Gestori ambientali ed in particolare le Sezioni regionali dell’Albo. Tutte le comunicazioni di variazione dell’impresa passeranno tramite le Sezioni regionali dell’Albo che provvederà in collegamento con il SISTRI ad espletare tutte le attività necessarie all’aggiornamento della pratica dell’impresa e relativa configurazione dei dispositivi. Il tutto al fine di un’ottimizzazione dei processi e di una semplificazione generale del sistema. La stessa circolare rimanda ad ulteriori direttive le eventuali casistiche non contemplate nella procedura. Per tutti coloro che per qualsivoglia motivo non avessero avuto modo di consultare il testo, ne forniamo la pubblicazione integrale su queste pagine. Oggetto:: variazioni parco autoveicoli sottoposti alla disciplina SISTRI Sono stati portati all’attenzione del Comitato Nazionale i casi di variazione dell’iscrizione all’Albo relativi ai veicoli a motore sottoposti alla disciplina sul SISTRI, per i quali occorre stabilire le relative procedure ai fini degli adempimenti previsti dal D.M. 17 dicembre 2009, e s.m.i. In par ticolare sono stati disciplinati i seguenti casi: 1. Incremento del numero di autoveicoli 2. Cancellazione di autoveicoli 3. Cancellazione di autoveicoli e contemporaneo inserimento nell’iscrizione all’Albo di autoveicoli di pari numero da parte della stessa impresa. 4. Nuova immatricolazione (cambio di targa sullo stesso veicolo) o numero di targa errato.

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Per i casi di variazione del parco autoveicoli che non possono essere risolti mediante le procedure di cui alla presente nota, saranno valutate e diramate ulteriori direttive. Il Comitato Nazionale, considerato che per i trasportatori di rifiuti le variazioni al SISTRI sono subordinate alle variazioni dell’iscrizione all’Albo, ha ritenuto, in accordo con il SISTRI, di adottare procedure volte ad eliminare inutili duplicazioni procedurali, unificando nel limite del possibile l’interlocutore d’impresa. Per quanto sopra, una volta che l’impresa presenta la richiesta di variazione del parco autoveicoli, la Sezione dell’Albo, deliberata la variazione dell’iscrizione nei casi in cui è richiesto il provvedimento, o effettuate le oppor tune verifiche negli altri casi, invia a SISTRI, mediante collegamento telematico, la comunicazione relativa all’avvenuta variazione del parco autoveicoli ai fini della personalizzazione dei nuovi dispositivi e/o dell’emissione dei documenti per l’impegno presso le officine autorizzate. Le seguenti procedure sono applicabili anche ai casi di variazione del parco veicoli ai sensi della circolare del Comitato nazionale n. 7933 del 3 luglio 1996. In tali circostanze, la segreteria della Sezione regionale, acquisita la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, invia immediatamente a SISTRI le previste informazioni. 1. Incremento del numero di autoveicoli La Sezione regionale dell’Albo, deliberata la variazione dell’iscrizione, invia telematicamente a SISTRI la comunicazione relativa all’incremento del numero di autoveicoli contenente gli estremi identificativi del veicolo o dei veicoli a motore (numeri di targa) oggetto della variazione dell’iscrizione all’Albo. In detta comunicazione deve essere specificato, per ciascun nuovo autoveicolo, la categoria di iscrizione al SISTRI (art. 212, comma 5, del D. Lgs. 152/06; ar t. 212, comma 8, del D. Lgs. 152/06; trasporto di rifiuti urbani nella Regione Campania). SISTRI provvede alla modifica del numero dei veicoli iscritti e, contestualmente, restituisce per via telematica alla Sezione regionale l’evidenza dell’accoglimento della richiesta. SISTRI provvede quindi alla personalizzazione dei dispositivi aggiuntivi e, previa ricezione secondo le modalità già in uso, della comunicazione da parte dell’impresa dell’avvenuto pagamento del contributo aggiuntivo, provvede alla relativa spedizione presso la competente Sezione regionale dell’Albo. L’impresa, invitata dalla Sezione regionale dell’Albo secondo le modalità già in uso, effettua il ritiro dei dispositivi USB e la prenotazione dell’officina autorizzata ritirando i necessari voucher di installazione. SISTRI invia la/le black box presso l’officina selezionata dall’utente e comunica alla Sezione dell’Albo l’avvenuta installazione della black box sul/i veicolo/i. Nei casi in cui la variazione riguardi l’utilizzo di autoveicoli di


una categoria d’iscrizione al SISTRI diversa da quella comunicata in sede di prima iscrizione, il SISTRI, ove necessario, contatta l’impresa per il perfezionamento della pratica di variazione. 2. Cancellazione di autoveicoli La Sezione regionale, ricevuta la richiesta di cancellazione da par te dell’impresa ed effettuate le oppor tune verifiche, comunica a SISTRI per via telematica gli estremi identificativi del veicoli o dei veicoli a motore (numeri targa) oggetto della cancellazione delle categorie dell’Albo. SISTRI provvede alla modifica del numero di veicoli iscritti, alla immediata disattivazione del dispositivo relativo all’autoveicolo cancellato e, contestualmente, restituisce per via telematica alla Sezione l’evidenza dell’accoglimento della richiesta. L’impresa effettua la riconsegna dei dispositivi USB evidenziati da SISTRI nel documento di accoglimento della richiesta e, con il supporto della Sezione regionale, prenota l’officina autorizzata ritirando i necessari voucher per la disinstallazione delle Black Box. SISTRI, secondo le procedure in uso, comunica alla Sezione dell’Albo l’avvenuta esecuzione delle suddette operazioni. 3. Cancellazione di autoveicoli e contemporaneo inserimento nell’iscrizione all’Albo di nuovi autoveicoli di pari numero da parte della stessa impresa. La Sezione regionale, deliberata la variazione dell’iscrizione, comunica a SISTRI per via telematica la cancellazione ed il contemporaneo inserimento di autoveicoli di pari numero, indicando i relativi estremi identificativi (numeri targa) e specificando, per ciascun nuovo autoveicolo, la categoria di iscrizione al SISTRI (art. 212, comma 5, del D. Lgs. 152/06; art. 212, comma 8, del D. Lgs. 152/06; traspor to di rifiuti urbani nella Regione Campania). SISTRI provvede alla immediata disattivazione dei dispositivi relativi agli autoveicoli cancellati, e, contestualmente, restituisce per via telematica alla Sezione l’evidenza dell’accoglimento della richiesta. L’impresa, con il suppor to della Sezione regionale, prenota l’appuntamento con l’officina autorizzata ritirando i necessari voucher per effettuare la disinstallazione della black box dall’autoveicolo cancellato e la contestuale installazione della medesima black box sul nuovo veicolo. SISTRI, secondo le procedure in uso, comunica alla Sezione dell’Albo l’avvenuta esecuzione delle suddette operazioni.

veicolo oggetto di nuova immatricolazione o di correzione del numero di targa errato riscontrato successivamente alla installazione e/o personalizzazione della black box. SISTRI provvede alla modifica del numero di targa, e, contestualmente, restituisce per via telematica alla Sezione l’evidenza dell’accoglimento della richiesta. L’impresa, con il suppor to della Sezione regionale, prenota l’appuntamento con l’officina autorizzata ritirando il necessario voucher al fine di permettere la riconfigurazione della black box precedentemente installata. SISTRI, secondo le procedure in uso, comunica alla Sezione dell’Albo l’avvenuta esecuzione delle suddette operazioni. Periodo transitorio In ordine alle suddette variazioni del parco autoveicoli già deliberate dalle Sezioni regionali dell’Albo alla data della presente nota e per le quali si deve provvedere al recupero dell’allineamento con le iscrizioni al SISTRI, si indicano le seguenti procedure: a) nei casi di cancellazione dell’autoveicolo iscritto anche al SISTRI, l’impresa deve recarsi alla Sezione regionale dell’Albo per restituire il relativo dispositivo USB e prenotare l’officina autorizzata ritirando i necessari voucher per la disinstallazione della black box. b) nei casi relativi all’incremento di nuovi autoveicoli, l’impresa deve contattare la Sezione regionale, ai riferimenti riportati sul sito www.albogestoririfiuti.it, ai fini della trasmissione telematica a SISTRI delle targhe relative ai nuovi autoveicoli. Successivamente, a seguito della consegna dei dispositivi USB alla Sezione regionale da par te di SISTRI, l’impresa viene convocata per il ritiro dei dispositivi e per la prenotazione dell’officina secondo le modalità già in uso.

4. Nuova immatricolazione (cambio di targa sullo stesso veicolo) o numero di targa errato La Sezione regionale, effettuate le opportune verifiche, invia a SISTRI per via telematica la comunicazione del numero di targa da modificare unitamente al nuovo numero di targa del

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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

Rifiuti

SISTRI O MUD? IL MINISTERO FA CHIAREZZA

Pubblicata la circolare sugli obblighi di comunicazione SISTRI e MUD per il 2011 a cura di Alberto Piastrellini

Ghiotte novità dal fronte SISTRI. In attesa della sua entrata a regime (con decorrenza dal 1° giugno 2011, salvo ulteriori proroghe, il dubbio è lecito), già il DM 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI, aveva previsto, a carico dei soli produttori iniziali di rifiuti e delle imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti a presentare il MUD, l’obbligo di comunicare al SISTRI determinate informazioni. I trasportatori di rifiuti e coloro che effettuano attività di commercio e intermediazione dei rifiuti senza detenzione non sono tenuti, pertanto, a porre in essere alcun adempimento di comunicazione a decorrere dall’anno 2010. Ad affermarlo è la Circolare firmata il 2 marzo u.s. dal Direttore Generale della Direzione per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, recante indicazioni operative relative all’assolvimento degli obblighi di comunicazione annuale di cui alla Legge 70/94, al DPCM 27/4/2010 e all’ar ticolo 12 del DM 17/12/2009, come modificato con DM 22/12/2010 In sostanza: • le informazioni relative all’anno 2010 devono essere comunicate, secondo le modalità illustrate, entro il 30 aprile 2011, • le informazioni relative al periodo 1° gennaio 2011 – 31 maggio 2011 dovranno essere comunicate entro il 31 dicembre 2011. Stante il disposto dell’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009, come modificato con DM 22 dicembre 2010, le informazioni da comunicare sono riferite anche al periodo cosiddetto del “doppio binario”, nel quale è stato mantenuto anche l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006. Alla luce di ciò, tutti i soggetti sopra indicati dovranno presentare, entro il 30 aprile 2011, la comunicazione SISTRI per tutto il 2010 e per il periodo dal 1° gennaio al 31 maggio 2011. La Circolare, fornisce, quindi le modalità alternative, a scelta dell’interessato, per la presentazione della dichiarazione SISTRI. Pubblichiamo, di seguito, il testo completo della Circolare, a maggior informazione dei Lettori del Notiziario. Circolare recante indicazioni operative relative all’assolvimento degli obblighi di comunicazione annuale di cui alla legge 70/94, al Dpcm 27/04/2010 e all’art.12 del Dm 17/12/2009, come modificato con Dm 22/12/2010

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A seguito dell’introduzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI, è venuta meno, per i soggetti tenuti ad aderire al SISTRI, la necessità di comunicazione, ai sensi della legge 70/94, dei dati relativi ai rifiuti prodotti, gestiti e movimentati già inseriti nel sistema informatico. In par ticolare, con il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, che, modificando il decreto legislativo n. 152/2006, ha introdotto, tra l’altro, l’ar ticolo 264-bis, sono state abrogate, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, le norme concernenti le parti del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) di cui al DPCM 27 aprile 2010 riguardanti i produttori di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano il trasporto di rifiuti speciali, nonché i soggetti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti e gli intermediari e commercianti di rifiuti senza detenzione, ora tenuti ad iscriversi al SISTRI. Tuttavia, nelle more della piena entrata a regime (a decorrere dall’1.6.2011) del SISTRI quale unico strumento per la registrazione e la tracciabilità dei rifiuti, il DM 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI, ha previsto, a carico dei soli produttori iniziali di rifiuti e delle imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti a presentare il MUD, l’obbligo di comunicare al SISTRI determinate informazioni. I traspor tatori di rifiuti e coloro che effettuano attività di commercio e intermediazione dei rifiuti senza detenzione non sono tenuti, per tanto, a porre in essere alcun adempimento di comunicazione a decorrere dall’anno 2010. Le informazioni relative all’anno 2010 devono essere comunicate, secondo le modalità di seguito illustrate, entro il 30 aprile 2011, mentre le informazioni relative al periodo 1.1.2011-31.5.2011 dovranno essere comunicate entro il 31 dicembre 2011. Stante il disposto dell’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009, come modificato con DM 22 dicembre 2010, le informazioni da comunicare sono riferite anche al periodo cosiddetto del “doppio binario”, nel quale è stato mantenuto anche l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006. Alla luce di ciò, tutti i soggetti sopra indicati dovranno presentare la comunicazione SISTRI per tutto il 2010 e per il periodo dal 1° gennaio al 31 maggio 2011. I soggetti che operano nel settore dei veicoli a fine vita devono invece presentare, entro il 30 aprile 2011, il MUD relativo al 2010, dal momento che l’abrogazione del relativo capitolo 2 del DPCM 27 aprile 2010, disposta al comma 1, lettera


b) del citato ar ticolo 264 bis, spiega effetto a par tire dalla dichiarazione relativa al 2011. Per tanto, i predetti soggetti presenteranno il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010 per la dichiarazione 2010, mentre per il periodo dell’anno 2011 antecedente l’entrata a regime del SISTRI (1° gennaio- 31 maggio) dovranno presentare la dichiarazione SISTRI di cui all’ar ticolo 12 del DM 17 dicembre 2009. In considerazione della limitatezza dell’arco temporale di riferimento e della non ripetibilità dell’adempimento della dichiarazione SISTRI, che riguarda unicamente il 2010 e par te del 2011, si ritiene oppor tuno agevolare i soggetti tenuti al suo espletamento utilizzando, nelle par ti per tinenti, la medesima modulistica che era ripor tata nel DPCM 27 aprile 2010.

La presentazione della dichiarazione SISTRI potrà dunque avvenire con le seguenti modalità alternative, a scelta dell’interessato: • Compilando in via telematica gli appositi modelli, che saranno pubblicati sul portale www.sistri.it, oppure, • Compilando e trasmettendo alla Camera di commercio territorialmente competente, previo pagamento del diritto di segreteria e con le modalità utilizzate per la presentazione del MUD di cui alla legge n.70/94, le schede del Capitolo 1 - Rifiuti del DPCM 27 aprile 2010 relative alla specifica attività svolta. Le Camere di commercio provvederanno ad inoltrare le informazioni raccolte al SISTRI e all’ISPRA, deputato all’elaborazione dei dati nell’ambito del Catasto dei rifiuti.

SOGGETTI TENUTI ALLA PRESENTAZIONE DEL MUD SULLA BASE DELLA PREVIGENTE NORMATIVA

ADEMPIMENTO

PERIODO DI RIFERIMENTO

chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti

Nessuna dichiarazione

A decorrere dalla dichiarazione relativa al 2010

commercianti e intermediari di rifiuti senza detenzione

Nessuna dichiarazione

A decorrere dalla dichiarazione relativa al 2010

imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti

Dichiarazione SISTRI

Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011

consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati

Nessuna dichiarazione

Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 del d.lgs. n. 152/2006 e sistemi riconosciuti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) del medesimo decreto legislativo

Dichiarazione MUD

imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi tranne imprenditori agricoli con volume annuo di affari non superiore a 8000 euro

Dichiarazione SISTRI

Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011

soggetti che effettuano la raccolta, il trasporto, il trattamento ed il recupero dei veicoli fuori uso di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.

Dichiarazione MUD

Dichiarazione MUD (Capitolo 2- Veicoli fuori uso) per il 2010. Dichiarazione SISTRI relativa al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011

soggetti di cui all’articolo 13, commi 6 e 7, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, iscritti al Registro Nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo

Dichiarazione MUD

Dichiarazione MUD (Capitolo 3 apparecchiature elettriche ed elettroniche e rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) per il 2010.

imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del d.lgs n. 152/2006 con più di 10 dipendenti

Dichiarazione SISTRI

Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011

comuni o loro consorzi e comunità montane

Dichiarazione MUD

comuni della regione Campania e comuni che aderiscono volontariamente al SISTRI

Dichiarazione MUD

A decorrere dal secondo semestre 2011 le informazioni da rendere sono solo quelle relative ai costi di cui all’articolo 189, comma 5, lettera d) del d.lgs n. 152/2006

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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

Stante il sopra richiamato disposto normativo, rimangono tenuti a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010: • il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'ar ticolo 224 del d.lgs. n. 152/2006 e i sistemi di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) del medesimo decreto legislativo, riconosciuti ai sensi del comma 5 del citato articolo 221; • I comuni o loro consorzi e le comunità montane, ai sensi dell’art.189, comma 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato con d.lgs. n. 205/2010. Tuttavia, ai sensi dello stesso articolo 189, commi 4 e 5, a decorrere dall’entrata a regime del SISTRI (1° giugno 2011) i comuni della regione Campania, tenuti ad aderire al SISTRI, e i comuni che aderiranno su base volontaria al SISTRI, non saranno più tenuti

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a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010, salvo quanto disposto per le informazioni relative ai costi di cui all’articolo 189, comma 3, lettera d); • I soggetti di cui all’articolo 13, commi 6 e 7, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, iscritti al Registro Nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all’ar ticolo 14 del medesimo decreto legislativo. Si riepiloga di seguito quanto sopra rappresentato riguardo agli adempimenti cui sono tenuti i diversi soggetti.


Dal “Transportation Center” dell’Università della California i trucchi per una guida ecosostenibile ed economica

LA GUIDA SOFT È ANCHE ECO Mentre negli States un eco-navigatore istruisce all’ecoguida, in Italia, da gennaio, l’ecoguida si studia per i quiz della patente di Silvia Barchiesi

Stop alle brusche frenate, alle continue accellerate o alle partenze a tutto gas. Una guida troppo “ansiosa” e “nervosa” fa male all’ambiente e al portafoglio. Meglio usare un po’ di “dolcezza” al volante: si inquina meno e si risparmia di più. Basta qualche piccolo accorgimento ed è possibile consumare fino al 15% di benzina in meno. É quanto ha dimostrato uno studio del “Transportation Center” dell’Università della California che ha analizzato i vantaggi ambientali ed economici di guida “dolce” dimostrando come una guida “soft” pesi meno rispetto ad una guida fatta di continue frenate e accelerate, sull’ambiente, oltre che sulle tasche degli automobilisti. Di qui la novità, anzi l’invenzione del “Transportation Center”: l’econavigatore, una sorta di sistema computerizzato in grado di “istruire” in presa diretta gli automobilisti distratti, o comunque poco attenti ai consumi, sui comportamenti più idonei da adottare alla guida per non gravare eccessivamente su ambiente e portafoglio.

Così mentre l’eco-navigatore monitora l’andamento del veicolo e i suoi consumi, allo stesso tempo “detta” al conducente il corretto stile di guida da adottare. Ecco i principali “trucchi” dell’ecoguida, suggeriti dalla ricerca e dall’eco-navigatore, che consentono di risparmiare benzina e contenere l’emissione di gas inquinanti: - inserire la marcia superiore il prima possibile; - mantenere una velocità costante; - evitare di accelerare e frenare in maniera brusca, ma farlo sempre con moderazione e dolcezza, cercando di anticipare l’andamento del traffico; - procedere gradualmente nelle code, considerando che partire da fermi implica un maggior consumo di carburante; - sfruttare, quando è possibile, la folle della macchina per l’avanzamento graduale; - controllare una volta al mese la pressione delle gomme, poiché le ruote sgonfie aumentano l’attrito della macchina sull’asfalto, creano maggior resistenza al suo avanzamento e quindi comportano

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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

una maggiore quantità di energia necessaria al suo movimento (è stato calcolato che questo particolare accorgimento può fare risparmiare al guidatore circa un pieno all’anno); - tenere spenta l’aria condizionata (che al massimo della potenza può arrivare ad assorbire un quarto del serbatoio dell’automobile) e abbassare, piuttosto, il finestrino sotto i 65 km orari. Oltre quel limite, invece, l’attrito dell’aria diventa un elemento troppo significativo e conviene quindi accendere il condizionatore: l’opzione del ricircolo interno evita che l’aria calda proveniente dall’esterno debba essere raffreddata continuamente ex novo e fa quindi risparmiare; - contenere la velocità poiché a circa 100 km/h la maggior parte delle auto perde efficienza: accelerare ulteriormente porta quindi piccoli risparmi di tempo, ma molti consumi in più. Insomma, una guida “soft” è anche “eco”, anzi doppiamente “eco”: eco-sostenibile ed eco-nomica! Ma l’ecoguida, oltre che uno stile di guida fortemente raccomandato, è ormai una vera e propria nuova disciplina.

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Il “Transportation Center” dell’Università della California ne è il promotore. Tra gli ultimi lavori dei ricercatori del Centro, figura, infatti, il Report che da un lato elenca le principali “mosse” dell’ecoguida, ovvero gli accorgimenti da adottare per contenere i consumi di carburante e dall’altro raccoglie i risultati dei test condotti fino ad oggi su automobilisti volontari grazie all’impiego di appositi sistemi computerizzati che “istruiscono” il conducente ad una guida economica e compatibile con l’ambiente. Tecnologicamente all’avanguardia, tali sistemi automatizzati da installare sulle auto devono, tuttavia, ancora essere perfezionati, in quanto consentono un risparmio ancora contenuto: attualmente garantiscono una riduzione di carburante dell’1% sulle strade veloci e del 6% in città (se un’auto percorresse 20.000 km l’anno su strade urbane, con tale sistema, 1.200 sarebbero dunque “gratis”). A beneficiarne non sono solo le tasche degli automobilisti, ma anche l’ambiente: la pratica dell’ecoguida contribuisce al contenimento dell’effetto serra, con una riduzione delle emissioni di CO2 pari a


15 grammi ogni chilometro percorso, oltre che al contenimento di tutti gli inquinanti emessi dal tubo di scappamento. La diffusione del dispositivo messo a punto dal “Transportation Center” è, tuttavia, limitato. Secondo l’Economist, solo l’1% dei veicoli americani (soprattutto camion, auto ibride o a benzina, ma di fascia alta) è oggi dotato di tale sistema. Eppure, nonostante la tecnologia dell’eco-navigatore non sia ancora decollata, sembra essere destinata a prendere sempre più campo. Sempre secondo l’Economist, entro il 2020, la percentuale dei veicoli attrezzati di tale dispositivo è destinata a salire al 30%: insomma, una vettura su tre avrà sul cruscotto un eco-computer per ridurre i consumi ed ottimizzare la guida. Intanto l’Università della California sta lavorando perché le previsioni del noto settimanale londinese si realizzino e sta mettendo a punto un apposito sistema finalizzato all’ecoguida che integra diverse tecnologie: un gps per monitorare posizione e velocità, le mappe di Google Earth per distinguere tra strade cittadine e autostrade e una serie di sensori montati sulla macchina per tenere sotto controllo il consumo di carburante e la composizione dei gas di scarico emessi (oltre, ovviamente, a un navigatore che evita di perdersi nelle strade sconosciute). Seppur la tecnologia dell’ecoguida sia ancora allo stadio embrionale e il suo utilizzo sia ancora di nicchia, la sensibilità a questa sottesa sembra si stia già diffondendo. Negli Stati Uniti si è già formato un club informale, quello dei cosiddetti “hypermilers”, automobilisti molto coscienziosi e responsabili che con il loro stile di guida “soft”, attento ai consumi, al portafogli e all’ambiente, sono in grado di far “tirare” i loro super bolidi a per 100 chilometri con 4,5 litri di carburante. Il loro trucco? No alle partenze a tutto gas, al bando le accelerate improvvise, stop alle frenate brusche. Ma gli “hypermilers” o ecoautomobilisti sono in realtà una piccola minoranza e l’ecoguida un’eccezione virtuosa alla regola più largamente diffusa: uno stile di guida poco attento ai consumi e all’ambiente. Così mentre oltreoceano si studiano automatismi in grado di suggerire al conducente un comportamento sostenibile mentre è al volante, in Italia si pensa a sensibilizzare all’ecoguida i futuri automobilisti di domani a partire dall’esame per la patente. Sulla scia del successo di “Ecopatente 2010”, l’iniziativa partita lo scorso anno su iniziativa di Legambiente, in collaborazione con CONFARCA (Confederazione Autoscuole Riunite e Consulenti Automobilistici) e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Gioventù che ha portato nel 2010 al rilascio di 11.000 ecopatenti, da gennaio 2011 l’ecoguida è entrata di diritto tra i temi dei quiz dell’esame di teoria per conseguire la patente. Insomma, da quest’anno l’ecopatente non è più un’opzione, ma è obbligatoria: la patente è così “ecosostenibile”. Tra le domande dei test che i futuri automobilisti dovranno so-

stenere per conseguire la patente dallo scorso gennaio ci sono, infatti, anche quelle legate alla guida ecosostenibile, ad esempio sull’uso corretto del cambio e delle marce, sulla manutenzione delle gomme, piuttosto che sull’uso dell’aria condizionata. La trovata, una novità per il nostro Paese, non è del tutto nuova in Europa: in Inghilterra e in Olanda l’ecopatente è infatti una realtà ben consolidata. In Olanda, il test eco-driving è obbligatorio per tutti coloro che vogliono sostenere l’esame di guida dagli inizi del 2008. Sensibilizzare i futuri automobilisti nei confronti delle tamatiche ambientali ed educarli ad uno stile di guida sostenibile attraverso piccoli ma intelligenti accorgimenti che permettono di risparmiare carburante, riducendo quindi le emissioni, è lo scopo dell’iniziativa che, oltre che alla teoria, guarda anche alla pratica. É stata, infatti, siglata una convezione per la fornitura di apposite scatole nere sui veicoli delle autoscuole che, collegate con le centraline dei motori, hanno il compito di monitorare le modalità di guida di ciascun allievo e fornire dei report dettagliati per individuare regimi di guida ecosostenibili.

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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE

ACCORDO SIGLATO FRA ENEL E ACEA PER LA MOBILITÀ SOSTENIBILE Soluzioni tecnologiche innovative per la ricarica dei veicoli elettrici e definizione di una normativa che favorisca la mobilità elettrica di Micaela Conterio

Enel e Acea insieme per la mobilità sostenibile. In par ticolare per lo sviluppo e la diffusione dell’auto elettrica, attraverso l’implementazione dell’infrastruttura di ricarica delle vetture elettriche. Questi sono i termini del Memorandum of Understanding, accordo siglato lo scorso 28 febbraio dalle due aziende, che si prefigge la realizzazione di uno standard nazionale ed europeo dove far convergere le diverse soluzioni tecnologiche di ricarica dei veicoli elettrici, promuovendo la definizione di un assetto legislativo che favorisca la mobilità elettrica. Tutto questo sarà reso possibile attraverso un’ampia sperimentazione, effettuata con test e progetti pilota a par tire da Roma fino a comprendere diverse altre città italiane. “Stiamo lavorando da tempo allo sviluppo della mobilità sostenibile - ha dichiarato l’Amministratore Delegato dell’Enel, Fulvio Conti - proprio a partire Roma, la prima nel nostro Paese ad avviare la rivoluzione della mobilità senza emissioni e silenziosa. Con i nostri nuovi partner proseguiremo sulla strada della ricerca di soluzioni e standard capaci di alimentare il parco veicoli elettrici in modo sempre più avanzato e intelligente, incoraggiando così la diffusione della mobilità elettrica che può fornire un enorme contributo in termini di miglioramento ambientale delle nostre città”. La realizzazione del progetto non sarà immediata, perché dovranno essere previsti alcuni passi preventivi. Primo fra tutti, specifici accordi con le amministrazioni locali. Ma non solo. Dovranno essere stipulati anche accordi con i costruttori di veicoli elettrici, orientati alla sperimentazione e alla distribuzione dei veicoli nei territori interessati, cercando di coinvolgere l’intera filiera della mobilità elettrica, dai produttori di automobili a quelli di batterie. Senza escludere la possibilità di par tecipare a iniziative di ricerca e sviluppo

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in ambito europeo. Dovrà essere sviluppata, inoltre, l’infrastruttura di ricarica per i veicoli elettrici a Roma. Le auto elettriche ad oggi in circolazione dovranno poter essere ricaricate in tutte le colonnine presenti in città con metodi standard e di facile accesso e utilizzo. Senza contare che dovranno, anche, essere identificati gli spazi idonei per le centraline, presumibilmente i nodi di scambio come alcune fermate delle metro o aree connesse a grandi centri commerciali. Questo in realtà è un progetto molto ambizioso e, ancor più, rilevante per la fruibilità del sistema di mobilità urbana, perché vede schierati dalla stessa par te due protagonisti del sistema energetico nazionale per un obiettivo condiviso. “Come Acea - ha spiegato l’Amministratore Delegato, Marco Staderini - intendiamo sviluppare soluzioni di mobilità per integrare le fonti di produzione rinnovabile a partire dall’impianto fotovoltaico realizzato a Commercity che con i suo 5 MW è il più grande in Italia in ambito urbano. Siamo quindi lieti di aver firmato questo accordo che ci consente di sperimentare con Enel la realizzazione di un’infrastruttura di ricarica efficiente e capillare. Circolare a zero emissioni e senza rumore è una svolta epocale per la città di Roma. Il Comune sta investendo molto per fare della città la capitale ecologica: sul tema della mobilità elettrica da aprile contiamo di approntare un piano di lavoro con la mappatura del territorio e la tempistica di attuazione”. A conferma di ciò le dichiarazioni dell’Assessore all’Ambiente di Roma, Marco Visconti, che sottolinea la volontà di rilanciare la mobilità elettrica anche grazie all’attivazione di un servizio di car-sharing per gli spostamenti nel Centro storico. “La colonnina di ricarica unica – ha dichiarato – per l’erogazione di energia ai veicoli elettrici favorirà l’accesso alla rete e semplificherà le operazioni di approvvigionamento, funzionando con lo stesso principio del caricabatterie unico

per i telefonini cellulari, incentivando l’uso dell’elettrico anche presso i privati cittadini, con benefici in termini di risparmio economico e di riduzione delle emissioni inquinanti”. In conclusione, la partnership ENELACEA prevede da un lato lo sviluppo di soluzioni tecnologiche per la ricarica dei veicoli elettrici, dall’altro la promozione della definizione di un assetto legislativo che favorisca la mobilità elettrica. L’elettricità, quindi, risulta il vettore energetico più efficiente: il sistema di mobilità urbana ed extraurbana con carica elettrica, infatti, consente una mobilità che sia realmente sostenibile dal punto di vista sia ambientale sia economico.


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