Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 4 al n. 12 Dicembre 2009 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona
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SOMMARIO QUANTO INCIDE IL TRAFFICO VEICOLARE NELLA SALUTE DEI CITTADINI E NELLA QUALITA’ DELLA VITA?.........5 DAL 1° DICEMBRE È IN VIGORE IL TRATTRATO DI LISBONA ...................................................9 LOGIMA s.r.l. LA RISPOSTA ALL’AUTODEMOLIZIONE CHE CAMBIA ................................................ 12 APPROVATO IL REGOLAMENTO EUROPEO SULL’ETICHETTATURA DEI PNEUMATICI ................ 13 VOLA IL MERCATO DELL’AUTO ........................... 15 RACCOLTA E RECUPERO PILE: L’UE PREDISPONE IL QUESTIONARIO ............................................. 17 ANCORA UNA PRECISAZIONE DELLA CASSAZIONE SUI ROTTAMI FERROSI ................................... 21
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QUANTO INCIDE IL TRAFFICO VEICOLARE NELLA SALUTE DEI CITTADINI E NELLA QUALITÀ DELLA VITA?
I livelli di PM10 sono saliti alle stelle nel mese di novembre, lo smog è in crescita nelle città italiane ed europee e la Commissione Europea ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti di 10 stati membri. di Valentina Bellucci
È sempre malata e talvolta letale l’aria che respirano milioni di italiani nelle maggiori città della Penisola. Ancora oggi, dopo anni di allarmi e di multe imposte dalle autorità europee, in Italia di inquinamento si continua a morire. Questa è la fotografia scattata da EpiAir-Inquinamento atmosferico e salute: sorveglianza epidemiologica e interventi di prevenzione. Un grande studio sugli effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici (PM10, NO2 e ozono) rilevati nel periodo 2001-2005 in 10 città italiane (Torino, Milano, Mestre-Venezia, Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Taranto, Palermo, Cagliari). Promosso dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM, organismo di coordinamento tra il Ministero del lavoro e le Regioni, il Progetto EpiAir è frutto della collaborazione scientifica di diversi ricercatori italiani nel quadro di progetti promossi a livello nazionale (ma non solo), nonché dell’esperienza maturata dai servizi sanitari e dalle Agenzie regionali per l’ambiente (Arpa) incaricate di sorvegliare lo stato di salute della popolazione e lo stato dell’ambiente. Che cosa é emerso dallo studio? “La popolazione italiana continua a essere esposta a tossici ambientali – afferma Francesco Forestiere, Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale della Regione Lazio - e che l’inquinamento atmosferico urbano, in gran parte originato dal traffico veicolare, si conferma ancora oggi come un problema ambientale di assoluta rilevanza per la salute pubblica nelle città italiane”. Infatti, nel periodo 2001-2005 si sono rilevati livelli di particolato (PM10), di biossido di azoto (NO2) e di ozono (O3) molto preoccupanti: • PM10 - in diverse città, e cioè nell’area di Mestre (Venezia), a Milano, Torino, Bologna e Taranto, e’ stato costantemente al di sopra della soglia di 40 mg/m3 (il limite annuale previsto dalla normativa vigente); • NO2 - a Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma e Palermo i valori sono stati sempre superiori a 40 mg/m3 (limite previsto dalla normativa vigente, dal 1° gennaio 2010); • O3 - in molte città, e in modo variabile per anno, le concentrazioni risultano sostanzialmente elevate rispetto agli standard di qualità dell’aria OMS (100 mg/m3) con una forte influenza esercitata dalle condizioni meteoclimatiche (per esempio, i picchi registrati nell’estate 2003). Questi livelli di inquinamento si riflettono sulla salute dei cittadini: “Gli effetti piu’ gravi sono quelli che si manifestano in un aumento delle morti”. In una città come Milano, dove muoiono in media 10.000 persone l’anno per cause naturali e dove la concentrazione media annuale di PM10 nell’aria supera di 20 mg/m3 il limite imposto dalla normativa, in un anno sono almeno 140 le
morti riconducibili al persistente superamento della soglia. Morti che nella maggioranza dei casi avvengono per cause cardiache e respiratorie. Un prezzo caro, pagato soprattutto dagli anziani, risultati i più suscettibili agli effetti deleteri del particolato. “Naturalmente, le conseguenze dell’inquinamento non si esauriscono in un aumento delle morti, ma si manifestano anche con l’incremento dei ricoveri in ospedale”, sottolinea Forastiere. Secondo Legambiente “è un’emergenza nazionale aggravata dal fatto che ancora oggi nessuna città riesce a rispettare i limiti di legge relativi a PM10, NO2 e ozono, né esistono amministrazioni capaci di prendere provvedimenti seri per ridurre la principale causa di inquinamento in città, ossia il traffico.” “Gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico, in particolare del PM10, gli ossidi di azoto e l’ozono, sono ormai noti e lo studio EpiAir ne è un’ulteriore conferma - ha dichiarato Stefano Ciafani, Responsabile scientifico di Legambiente - Oggi esistono numerosi strumenti che i sindaci possono attuare per sviluppare un trasporto pubblico efficiente, differenziato e competitivo con il mezzo privato, come esistono le modalità già attivate da molte città europee per raggiungere questo traguardo”. Manca dunque soprattutto il coraggio delle amministrazioni di intraprendere scelte concrete in tal senso, come manca l’impegno concreto da parte del Governo centrale. Attualmente gli investimenti maggiori nel settore delle infrastrutture e dei trasporti sono, infatti, prevalentemente destinati a supportare grandi opere, piuttosto che a intervenire a favore della mobilità urbana. Ma sono proprio le aree urbane e le grandi aree metropolitane a denunciare elevati livelli di pressione ambientale e di congestione da traffico, ed è in questa direzione che occorre orientare una quota significativa dei nuovi investimenti. La tendenza generale dal 2008 è stata quella di un lieve miglioramento della qualità dell’aria, dovuto sia al rinnovo del parco auto che a un leggero calo del traffico legato alla recessione. Nel 2009 e soprattutto nelle giornate di novembre i valori sono risultati assai alti, molto probabilmente per le condizioni climatiche. Infatti nel solo mese di novembre a Milano e Torino si sono registrati valori alti di PM10. Sono ben 78 , da inizio anno, i giorni fuorilegge a Torino in via della Consolata e 76 a Milano in via Verziere. E la situazione non sembra migliorare, soprattutto a Milano che ha sforato questo limite per 14 giorni di seguito. La Giunta ha provato a correre ai ripari sia prendendo in considerazione la “congestion charge” in sostituzione dell’ecopass che ha comunque ottenuto risultati postivi evidenti. Anche il Veneto sprofonda nello smog. A Firenze la situazione è assai critica in quanto dall’inizio dell’anno sono già 73 i giorni in cui sono avvenuti sforamenti delle polveri fini contro i 35 ammessi dalla legge.
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Legambiente ha criticato pesantemente il Sindaco Matteo Renzi che dal canto suo si è detto contrario a targhe alterne e a provvedimenti spot. “Sono deciso ad investire tutto il mio mandato su questo tema, non a caso sarò uno dei pochi sindaci italiani a partecipare al vertice di Copenaghen dal 14 al 16 dicembre per discutere di una questione che ha dimensioni globali - sottolinea Renzi - Abbiamo già approvato un Piano di indirizzo molto molto serio, venti pagine in cui si elencano misure di risparmio energetico sugli edifici, un regolamento edilizio rigoroso, lo sfruttamento di energie rinnovabili a partire dalle centraline sull´Arno. La vera rivoluzione non sta in un piano ma nei fatti concreti: mettere in moto le tramvie, fare la gara per rinnovare completamente il parco Ataf, acquistare molti più bussini elettrici da far girare in centro, rifare le piste ciclabili di sana pianta perché sono piene di buche e spesso hanno tragitti incomprensibili, scommettere sulla mobilità elettrica, creare una ferrovia metropolitana di superficie che la gente si abituerà a prendere come un autobus e dove viaggerà con lo stesso biglietto. Il car sharing e tutti i mezzi del Comune saranno a emissioni zero. Ma ci vuole tempo, di fatto il Piano antismog è il programma di mandato”. A Roma ci sono stati alcuni blocchi parziali, ma soprattutto una forte preoccupazione poiché la città è compresa nelle 132 aree di dieci Paesi europei nei cui confronti è stato aperto un procedimento di infrazione dalla Commissione Europea per non aver rispettato la norma di qualità dell’aria che l’UE ha fissato per le particelle pericolose trasportate nell’aria, il cosiddetto PM10. Tali particelle sono emesse principalmente dagli impianti industriali, dal traffico e dagli impianti di riscaldamento domestico e possono provocare asma, problemi cardiovascolari, cancro al polmone e morte prematura. La Commissione è intervenuta dopo l’entrata in vigore, nel giugno scorso, della nuova Direttiva UE sulla qualità dell’aria secondo la quale, in determinate condizioni e per alcune zone specifiche all’interno di ciascun paese, gli Stati membri possono chiedere una proroga limitata che consenta loro di rispettare il limite fissato per il PM10 in vigore dal 2005. Stavros Dimas, Commissario europeo all’Ambiente, ha dichiarato: “L’inquinamento atmosferico ha gravi ripercussioni sulla salute e il rispetto delle norme deve essere la nostra massima priorità. La nuova direttiva sulla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa consente di prorogare i termini fissati per il rispetto delle norme se sussistono determinate condizioni, ma tali proroghe non devono ritardare l’adozione delle misure di abbattimento delle emissioni. È inoltre fondamentale ricordare che, nei casi in cui non è possibile applicare le proroghe, le norme devono essere rispettate integralmente. La flessibilità offer-
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ta agli Stati membri sarà pertanto accompagnata da una rigorosa azione di verifica dell’applicazione da parte della Commissione”. La Commissione ha inviato una lettera di diffida a 10 Stati membri – Cipro, Estonia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna e Svezia – che non hanno ancora rispettato i valori limite per il PM10 in vigore ormai dal 1° gennaio 2005. Il superamento dei limiti oggetto della diffida riguarda 83 milioni di persone in 132 zone diverse istituite ai fini della qualità dell’aria. Gli Stati membri in questione non hanno chiesto proroghe per conformarsi alle norme in tutte le zone in cui i valori limite del PM10 sono superati. La nuova Direttiva sulla qualità dell’aria, entrata in vigore l’11 giugno 2008, permette agli Stati membri di chiedere, in determinate situazioni, una proroga limitata per conseguire i valori limite fissati per il PM10. Le proroghe si applicano solo nelle zone in cui si riesce a dimostrare che si è tentato di conseguire i valori limite nel 2005, ma non si sono ottenuti risultati a causa di circostanze esterne particolari. Gli Stati membri devono inoltre dimostrare, nell’ambito del piano di qualità dell’aria predisposto per ogni zona, che riusciranno a rispettare i valori fissati entro il nuovo termine accordato. Finora undici Stati membri hanno inoltrato una richiesta di proroga per tutte le zone interessate. La Commissione sta ora verificando se le richieste rispondono ai criteri previsti e ha nove mesi di tempo dalla notifica per decidere se sollevare obiezioni o no. Quattro Stati membri – Germania, Italia, Polonia e Spagna – non hanno chiesto proroghe per tutte le zone in cui si registra un superamento dei valori limite. Altri Stati membri hanno comunicato alla Commissione che stanno preparando i piani di qualità dell’aria per le zone non conformi e che intendono chiedere una proroga nei prossimi mesi. Per la prima volta nel 2008 la Bulgaria e la Romania hanno comunicato un superamento dei limiti. La Commissione ha ricordato l’obbligo di rispettare le norme in vigore e ha invitato le amministrazioni dei due paesi a chiedere una proroga per le zone interessate entro il 31 marzo 2009. Quattro Stati membri non sono interessati dalle violazioni o dall’obbligo di notifica. Si tratta della Finlandia e della Lituania, che hanno dimostrato che il superamento dei valori era dovuto alla sabbiatura invernale delle strade (situazione espressamente consentita dalla Direttiva), e dell’Irlanda e del Lussemburgo, gli unici Stati membri a non aver registrato alcun superamento dei limiti. La norma per il PM10 è costituita da due valori limite: • una concentrazione di 50 microgrammi (µg)/m3, misurata nell’arco di 24 ore; questo limite non può essere superato per più di 35 giorni per anno civile;
• una concentrazione di 40 µg/m3, misurata nell’arco di un anno; in questo caso non è consentito alcun superamento. L’iter procedurale è semplice: l’articolo 226 del trattato conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di uno Stato membro che non adempie ai propri obblighi. Se constata che la disciplina comunitaria è stata violata e che sussistono i presupposti per iniziare un procedimento di infrazione, la Commissione trasmette allo Stato membro in questione una diffida o lettera di “costituzione in mora” (prima fase del procedimento), in cui intima alle autorità del Paese interessato di presentare le proprie osservazioni entro un termine stabilito, solitamente fissato a due mesi. Sulla scorta della risposta o in assenza di una risposta dallo Stato membro in questione, la Commissione può decidere di trasmettere allo Stato un “parere motivato” (seconda fase del procedimento) in cui illustra in modo chiaro e univoco i motivi per cui ritiene che sussista una violazione del diritto comunitario e lo sollecita a conformarsi entro un determinato termine (di solito due mesi). Se lo Stato membro non si conforma al parere motivato, la Commissione può decidere di adire la Corte di giustizia
delle Comunità europee. Se la Corte di giustizia accerta che il Trattato è stato violato, lo Stato membro inadempiente è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi al diritto comunitario. L’articolo 228 del Trattato conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di uno Stato membro che non si sia conformato ad una precedente sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. A norma dell’articolo 228, la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere sanzioni pecuniarie allo Stato membro interessato. La situazione illustrata non è rosea, ci si allontana sempre di più da quelli che sono gli obiettivi prefissati. Le contromisure adottate sino ad ora non sono state sufficienti e non hanno sortito gli effetti sperati per un miglioramento della qualità dell’aria. I nostri figli potranno tra qualche anno giocare in un parco tranquillamente? Sarà ancora salutare una bella passeggiata a piedi o un bel giro in bici? Sono domande queste a cui non riusciamo a dare, per ora, una risposta concreta.
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Cambia la vita dei cittadini europei, sotto una visione unitaria le potenzialità del futuro
DAL 1° DICEMBRE È IN VIGORE IL TRATTATO DI LISBONA L’Europa avrà finalmente gli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle esigenze dei cittadini di Francesca Lombardi
Dopo un iter di 8 anni, il 1° dicembre 2009 è ufficialmente entrato in vigore il Trattato di Lisbona. Nato dopo un processo lungo e faticoso, iniziato nel 2001, quando al vertice di Leaken i Capi di Stato europei formalizzarono la Dichiarazione che fissava i punti su cui l’Unione Europea doveva agire per una svolta funzionale delle istituzioni e del suo ruolo internazionale. Il documento era necessario per dotare l’intero sistema europeo di strumenti decisionali efficaci ed efficienti. La Costituzione europea, denominata “Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa” che doveva essere il naturale sbocco di questa esigenza, venne firmata da 24 Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri a Roma, ma nel 2005 due Paesi fondatori (Francia e Olanda) vennero meno alla ratifica. Il testo, anticipatore di un’idea di integrazione, non trovò appiglio in quei Paesi fortemente nazionalisti. Apportate le dovute modifiche, il 13 dicembre del 2007 il Trattato venne firmato a Lisbona. Nel frattempo ci fu l’opposizione dell’Irlanda. La procedura di ratifica si è conclusa il 3 novembre del 2009 con la firma del Presidente ceco Vaclav Klaus. Il 1° dicembre 2009, per l’entrata in vigore del Trattato, si tiene, a Lisbona, una cerimonia organizzata dal Governo portoghese, per porre l’accento su alcuni cambiamenti: per la prima volta nella storia, l’Unione Europea avrà una personalità giuridica unica. Viene di fatto superata la struttura nata con il Trattato di Maastricht, ponendo fine alla distinzione fra Comunità Europea ed Unione Europea; i due Trattati fondamentali, il Trattato sull’Unione europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, vengono sostanzialmente modificati. Entra in vigore, inoltre, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, proclamata solennemente a Strasburgo
il 12 dicembre 2007, che, seppur non inclusa nel Trattato, ha valore giuridico vincolante ed è esplicitamente richiamata dallo stesso. Cerchiamo di vedere in sintesi tutte le novità introdotte dal Trattato: Sono previste due nuove figure istituzionali: da un lato il Presidente dell’UE, dall’altro un Ministro degli Esteri. Il primo guida il Consiglio e viene nominato dallo stesso; resta in carica per due anni e mezzo ed è rinnovabile per un mandato, (la funzione è ora rivestita dal belga Van Rompuy). La britannica Catherine Ashton, invece, è il Ministro degli Esteri nominato dal Consiglio ed ha il duplice ruolo di altro rappresentante per le politiche estere e di sicurezza, nonché di vicepresidente della Commissione con la responsabilità di coordinare tutti i servizi attivi nelle relazioni esterne, dal commercio alle politiche di sviluppo, senza tralasciare le relazioni politiche. Questa novità, rafforza la coerenza dell’azione esterna e consolida il profilo dell’UE nel mondo, consentendo di attribuirle un volto e di promuovere progressivamente l’interesse europeo. Maggior efficienza e trasparenza dei metodi di lavoro e del ruolo del Parlamento: con il Trattato, il voto a maggioranza qualificata viene esteso a nuovi ambiti politici, con il 90% delle materie sarà assoggettato al procedimento di codecisione, un processo decisionale più snello. A partire dal 2014 la maggioranza qualificata verrà calcolata sulla doppia maggioranza degli Stati membri e della popolazione che si considererà pertanto raggiunta quando una decisione sarà approvata da almeno il 55% degli Stati membri che rappresentano almeno il 65% della
popolazione dell’UE. I Parlamenti nazionali disporranno, inoltre, di un meccanismo per contrastare progetti di legislazione europea, con la Commissione obbligata a riesaminare ogni progetto che viene contrastato da un terzo dei voti attribuiti ai parlamenti nazionali, motivando l’eventuale rifiuto. L’unanimità viene mantenuta nei settori della politica fiscale, della politica estera, della difesa e della sicurezza sociale. Il principio di sussidiarietà I Parlamenti nazionali rappresentano il livello istituzionale più vicino ai cittadini, per questo sono i rappresentanti di tale principio. Tali istituzioni hanno il potere di intervenire nella fase iniziale dell’iter legislativo europeo, prima che una proposta venga esaminata in dettaglio dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei Ministri. Inoltre, potranno bloccare l’iter amministrativo qualora le proposte avanzate non rispettino il principio di sussidiarietà. Ciò rafforza indirettamente il principio di attribuzione, secondo il quale tutte le funzioni non esplicitamente attribuite all’Unione appartengono agli Stati membri. Migliorare e tutelare l’ambiente Uno degli obiettivi è operare per uno sviluppo sostenibile dell’Europa, sulla base di un elevato livello di tutela e miglioramento qualitativo dell’ambiente. Sebbene l’idea dello sviluppo sostenibile figuri anche negli attuali trattati, il Trattato di Lisbona la rafforza e ne precisa la portata. L’art. 11 cita: “Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”. Un intero Titolo, il XX, artt. 191-193, è dedicato all’ambiente e sancisce:
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1. La politica dell’Unione, in materia ambientale, contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità della vita; protezione della salute umana; utilizzo accorto e razionale delle risorse naturali; promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi a livello regionale o mondiale, e in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica dell’Unione…mira ad un elevato livello di tutela tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva…dei danni causati all’ambiente. In tal contesto le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell’ambiente comportano…una clausola di salvaguardia che autorizza gli stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell’Unione. 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l’Unione tiene conto: dei dati scientifici e tecnici disponibili; delle condizioni dell’ambiente nelle varie regioni dell’Unione; dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall’azione o dall’assenza di azione; dello sviluppo socio-economico dell’Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle singole regioni. 4. Nell’ambito delle rispettive competenze, l’Unione e gli Stati membri collaborano con i Paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell’Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli stati membri a ne-
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goziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali”. L’UE interviene, quindi, con obiettivi chiari: perseverare, tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente; proteggere le salute; incoraggiare un uso razionale delle risorse naturali; promuovere misure internazionali per affrontare problemi ambientali di portata regionale o mondiale. Finalmente l’ambiente e i cambiamenti climatici che costituiscono oggi una delle maggiori sfide ambientali, sociali ed economiche per l’umanità, divengono obiettivo specifico dell’UE. Una nuova politica energetica Un capitolo specifico del Trattato definisce gli ambiti e gli obiettivi relativi l’approvvigionamento energetico; si definisce il funzionamento del mercato energetico, l’efficienza energetica, il risparmio energetico, lo sviluppo di fonti energetiche nuove e rinnovabili; tutto ciò tenendo conto del principio di solidarietà, ovvero se un Paese ha difficoltà per l’approvvigionamento energetico potrà contare sull’aiuto degli altri Stati membri. Viene istituita l’iniziativa popolare al fine di accrescere la partecipazione popolare. I cittadini europei, secondo questa disposizione di democrazia partecipativa, possono prendere l’iniziativa di invitare la Commissione a presentare una proposta su questioni per le quali reputano necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione del Trattato di Lisbona. Il diritto si applica con l’acquisizione di un milione di firme, poche per una dimensione come quella comunitaria di 500 milioni di persone. È in corso una consultazione che porterà alla definizione di un apposita normativa determinante le regole di funzionamento di questo strumento.
Aumentano i diritti e le libertà Il Trattato conferisce valore giuridico alla Carta dei Diritti Fondamentali. I sei capitoli della Carta riguardano molteplici aspetti, dignità, uguaglianza, solidarietà: tutti diritti derivanti da altri strumenti internazionali fra cui la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le Istituzioni europee sono così tenute al rispetto dei diritti sanciti dalla Carta e lo stesso vale per gli Stati membri quando attuano la legislazione dell’UE; la Corte Europea di Giustizia assume la competenza giurisdizionale per giudicare la corretta applicazione della Carta. Un intera sezione viene dedicata alla solidarietà intesa come diritti sociali tra i quali vengono annoverati: il diritto all’informazione: il diritto di negoziare accordi collettivi; il diritto di accesso a servizi di collocamento gratuiti; la tutela contro il licenziamento ingiustificato; il diritto di accesso alla sicurezza sociale e all’assistenza. Ora si può attuare in maniera efficace una politica di crescita economica attenta e rispettosa delle esigenze sociali dei cittadini. Più sicurezza per tutti L’Unione ha maggior capacità d’azione in materia di sicurezza, può, in modo più incisivo, lottare contro la criminalità che favorisce l’immigrazione clandestina, contrastare il terrorismo congelando i proventi di attività illecite e promuovere azioni per prevenire atti delinquenziali. La nascita di un corpo volontario europeo Un gruppo di Stati membri, che lo desideri e che disponga delle necessarie capacità, potrà svolgere missioni di disarmo, aiuto umanitario, soccorso, consulenza militare e mantenimento della pace. Gli Stati membri inoltre possono mettere a disposizione
dell’UE risorse civili e militari per la realizzazione delle operazioni della politica di sicurezza e difesa comune. Ciascun Paese conserva il diritto di opporsi a tali operazioni e tutte le capacità militari restano nelle mani degli stati membri poiché non è prevista la creazione di un esercito, ma solo di un corpo volontario di aiuto umanitario a fronte di calamità naturali e guerre. Nuove relazioni con i paesi beneficiari della cooperazione allo sviluppo e degli aiuti umanitari Viene introdotta per la prima volta una base giuridica specifica per l’aiuto umanitario, in cui si evidenziano le specificità di questa politica e l’applicazione dei principi del diritto umanitario internazionale, specie quelli di imparzialità e di non discriminazione.
Il Trattato ha come obiettivo principale la lotta alla povertà. Rispetto a cooperazione allo sviluppo e aiuti umanitari, l’UE conduce una politica autonoma che non impedisce agli Stati membri di esercitare le loro competenze. Il contributo del Trattato consiste nell’aver trovato un equilibrio nella ripartizione dei poteri tra gli Stati membri e le Istituzioni interne dell’Unione, per evitare che l’Europa appaia debole sulla scena internazionale. I suoi membri devono, quindi, essere uniti, così da poter vedere in un ottica generale le varie opportunità, dall’allargamento alla Turchia alla capacità di attirare capitali esteri da investire nell’ambiente, nell’energia, nelle infrastrutture, sottraendo così l’Unione da una prospettiva di crescita economica pari all’1%. L’acquisizione di nuove
risorse permetterebbe al bilancio europeo di dedicare più del 40% delle risorse (circa l’1% del Pil), allo sviluppo rurale, economico, occupazionale, tecnologico e informativo. Il Trattato, complicato e di difficile lettura, è comunque un buon Trattato, una sorta di scatola da riempire di idee e volontà, soprattutto a livello politico, affinché i “giochi” fra le personalità politiche non blocchi la capacità dell’Unione di dedicarsi pienamente alla ricerca di una via d’uscita dall’attuale crisi economica e finanziaria e di portare avanti le strategie UE 2020 per una crescita più ecologica. Non resta che sperare che dalle parole si passi ai fatti, così che finalmente venga portata una ventata di novità e freschezza in istituzioni che ne hanno veramente bisogno.
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LogiMa srl
LA RISPOSTA ALL’AUTODEMOLIZIONE CHE CAMBIA Numerosi centri di autodemolizione hanno testato i prodotti LogiMa srl, tra cui l’impianto F.lli Barraco srl di Paceco (TP)
di Silvia Barchiesi
Sono sempre più numerose negli ultimi anni le imprese di autodemolizione che alla luce delle nuove istanze e delle nuove disposizioni normative in materia ambientale stanno riorganizzando i propri centri. Basta entrare in un moderno centro di autodemolizione per rendersi conto della “rivoluzione” in corso. Pratiche di lavoro e ambienti subiscono una profonda riorganizzazione e la vecchia figura dell’autodemolitore si trasforma in quella del nuovo professionista della demolizione, sensibile alle problematiche ambientali e sempre più attento alla sicurezza del luogo di lavoro, oltre che all’efficienza e alla produttività. Complice della trasformazione che coinvolge il settore è LogiMa s.r.l, giovane società di Porto d’Ascoli specializzata nella progettazione e vendita di soluzioni per la logistica e la gestione di magazzini. I suoi prodotti hanno infatti accompagnato molti centri di autodemolizione sparsi in tutta Italia sulla strada del cambiamento e della modernità. L’autodemolizione F.lli Barraco srl di Paceco (TP) ne è la riprova. “Con l’acquisto di 6 cantilever, 2 bifronte e 4 monofronte l’immagine del nostro centro è davvero cambiata – ha commentato soddisfatto il Sig. Salvatore Barraco, uno
dei tre soci del centro che a Paceco, nel trapanese, vanta 3600 metri quadrati di piazzale, di cui 600 metri quadrati coperti a capannone. “Abbiamo conosciuto LogiMa attraverso un rappresentante, quasi per caso – ha proseguito Barraco - ma siamo subito rimasti colpiti da queste particolari scaffalature che consentono lo stoccaggio ordinato e sicuro delle auto. Abbiamo così voluto fare un esperimento e siamo rimasti perfettamente soddisfatti. Il nostro centro ne ha guadagnato soprattutto in termini di ordine e pulizia”. Grazie ai cantilever, dunque, niente più sovrapposizione disordinata e soprattutto niente più danni alle autovetture. Insomma, i cantilever sono la soluzione ideale in risposta agli standard stabiliti dalla direttive comunitarie e fissati dalle legge, oltre che l’investimento adeguato per risparmiare in fatto di spazio e qualità. Ma il risparmio è anche economico: evitando il deterioramento delle auto stoccate aumenta la possibilità di recupero dei materiali. I cantilever sono solo uno dei prodotti della vasta gamma di soluzioni offerte da LogiMa, in grado di offrire tecnologie all’avanguardia per ogni esigenza ed ogni evenienza. La risposta all’autodemolizione che cambia si chiama LogiMa!
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Consapevolezza nell’acquisto dei pneumatici
APPROVATO IL REGOLAMENTO EUROPEO SULL’ETICHETTATURA DEI PNEUMATICI Sarà obbligatoria dal 1° dicembre 2012
di Francesca Lombardi
Finalmente, nel 2012 quando si dovrà sostituire i pneumatici della propria auto, non si farà affidamento solo nella professionalità del rivenditore, ma si potrà scegliere consapevolmente leggendo l’etichetta che obbligatoriamente dovrà accompagnare i pneumatici. Sicuramente ne sarà contento anche il rivenditore che non dovrà più dover rispondere alla consueta domanda: “Quale mi consiglia lei?”, elencando tutte le caratteristiche dei vari prodotti, per arrivare a sentirsi dire, comunque: “… ma, veramente io vorrei qualcosa che sia di media qualità”. Cerchiamo di capire meglio il Regolamento che è stato approvato il 25 novembre scorso, ma non è ancora pubblicato, che ci permetterà di acquisire informazioni comparabili sulle performance dei diversi pneumatici prima dell’acquisto. Il 13 novembre 2008 la Commissione aveva presentato una Proposta di Direttiva, basata sull’articolo 95 del Regolamento sui pneumatici in relazione al consumo di carburante, al rumore esterno di rotolamento e all’aderenza sul bagnato. Il Comitato economico e sociale europeo ha formulato il suo parere sulla proposta il 24 marzo 2009 e il 22 aprile 2009 il Parlamento europeo ha approvato 42 emendamenti alla proposta. Successivamente, precisamente il 1° luglio 2009, la Commissione ha presentato una proposta modificata sotto forma di Regolamento accettando la maggior parte degli emendamenti del Parlamento. Ad oggi, il Consiglio ha adottato la sua posizione comune a norma dell’articolo 251 del Trattato sotto forma di regolamento. L’obiettivo è di orientare il mercato verso pneumatici che riducano il consumo di carburante e che siano al tempo stesso più sicuri e silenziosi. Quest’iniziativa risulta pienamente in linea con la Strategia comunitaria riveduta per ridurre le emissioni di agenti inquinanti delle autovetture e dei vei-
coli commerciali leggeri (in Europa, un quarto delle emissioni di anidride carbonica è prodotto dalle automobili, con un aumento del 40% dal 1990 al 2004 ), che definisce l’obiettivo di riduzione di CO2 da raggiungere anche mediante tagli alle emissioni degli autoveicoli, compresa la promozione di pneumatici che riducano il consumo di carburante. La decisione del Parlamento europeo deriva dall’accoglimento di un progetto sostenuto dalla Commissione per l’industria, diretto ad aumentare la sicurezza e l’efficienza ambientale ed economica dei trasporti stradali. Il Regolamento fa parte del così detto “Pacchetto efficienza energetica” messo appunto dalla Commissione europea sulla base della “Seconda revisione delle strategie energetiche” che mira a completare la politica europea comune sull’energia. Queste misure fanno parte dell’obiettivo “risparmio energetico”, uno dei tre pilastri del “pacchetto clima-energia” adottato dall’Unione Europea nel dicembre 2008 (cosìdetto "20-20-20"). I tre obiettivi principali sono infatti la riduzione del 20% di emissioni di anidride carbonica, il risparmio del 20% di energia grazie ad una maggior efficienza energetica e aumentare del 20% l’uso di energia rinnovabile, tutto entro il 2020. Il Regolamento sull’etichettatura dei pneumatici 2009/661/CE, completa la normativa sull’omologazione dei pneumatici che verte sull’offerta e introduce prescrizioni minime. Il Regolamento stabilisce prescrizioni minime in materia di resistenza al rotolamento, aderenza sul bagnato e rumorosità esterna di rotolamento, che garantiscono un livello uniforme della qualità dei pneumatici, mentre il sistema di etichettatura consente di migliorare tali caratteristiche rispetto ai livelli già definiti. Il responsabile del Regolamento, Ivo Belet, sottolinea come il sistema di
classificazione presenti molti vantaggi rispetto allo sforzo richiesto per realizzarlo, a beneficio dei quali saranno i consumatori e l’ambiente. Secondo il parlamentare “pneumatici più efficienti contribuiranno all’obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica dell’UE: la Commissione ha calcolato che si risparmieranno da uno a quattro milioni di tonnellate di gas all’anno, che è come dire da mezzo milione a tre milioni in meno di macchine sulla strada all’anno. Ricordiamoci che i pneumatici sono responsabili del 20-30% delle emissioni di una macchina”. L’eurodeputato crede che ciò porti un cambiamento concreto sulla vita quotidiana degli europei. Sulla base di una stima che prevede che ben il 78% degli automobilisti dovrà cambiare il proprio parco gomme nei prossimi anni: ognuno avrà, pertanto, la responsabilità e la possibilità di scegliere pneumatici più efficienti. La classificazione si applica ai pneumatici di classe C1, C2 e C3, ossia a quelli destinati alle autovetture e ai veicoli commerciali leggeri e pesanti, ai rimorchi e ai semirimorchi. Non si applica invece ai pneumatici ricostruiti, a quelli da fuori-strada professionali e a quelli progettati per essere montati su veicoli immatricolati per la prima volta anteriormente il 1° ottobre 1990. Non si applica nemmeno ai pneumatici di scorta ad uso temporaneo, a quelli di categoria di velocità inferiore agli 80Km/h, a quelli chiodati e a quelli progettati per essere montati soltanto su veicoli destinati esclusivamente alle corse automobilistiche. Se la classificazione di un determinato tipo di pneumatico varia a seconda delle dimensioni o di altri parametri, va indicato lo scarto tra il pneumatico che offre le migliori prestazioni e quello peggiore. L’etichetta autoadesiva dovrà essere distribuita dai fabbricanti ai fornitori e siccome stiamo parlando di materiale di consumo non sempre
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visibile nei punti vendita, i parlamentari hanno insistito affinché i rivenditori siano obbligati a informare gli utenti finali, indicando le categorie nei modi che riterranno più opportuni, come in fattura o nei relativi siti internet. Le disposizioni sulla standardizzazione delle informazioni sulla performance delle gomme consentirà anche una competizione sui prezzi e sulle prestazioni così che i consumatori stimoleranno l’innovazione nel mercato dei pneumatici, premiando i prodotti più efficienti. Molti produttori saranno costretti a rivedere interamente l’offerta dei prodotti, puntando su ricerca e sviluppo. I criteri per la classificazione sono indicati all’Allegato I del Regolamento. L’etichetta (un esempio è rappresentato nell’Allegato II), dovrà essere di facile lettura per i clienti. Attualmente non si dispone ancora di un fac-simile, bensì di un prototipo, ma sarà simile a quelle presenti negli elettrodomestici. L’adesivo sarà diviso in tre sezioni: efficienza energetica; sicurezza e rumorosità; ad ognuna delle quali corrisponderà una scala di efficienza che andrà dalla “A” alla “G”; la prima è una classe “verde”, la migliore, l’ultima è una classe “rossa”, la peggiore. In forza al Regolamento, gli Stati membri, potranno offrire incentivi all’acquisto di pneumatici efficienti e non inferiori alla classe C in relazione al consumo e all’aderenza sul bagnato. É peraltro precisato che misure fiscali e di bilancio non costituiscono incentivi ai fini del Regolamento. La rumorosità sarà raffigurata con una gomma associata ad una sorta di altoparlante accompagnato visivamente da
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onde nere e bianche; tanto più produrranno rumore, maggiori saranno le onde nere. Ad esempio, i copertoni silenziosi, destinati alle autovetture, che producono meno di 68 decibel, saranno etichetta-
te con un’onda nera e due bianche. Per i veicoli C2 e C3 la rumorosità minima è rispettivamente di 69 e 70 decibel; concretamente i dati equivalgono al rumore prodotto dalla conversazione fra due persone e dall’uso dell’aspirapolvere. Occorre ricordare che gli effetti dell’inquinamento acustico sono molteplici, si va dall’alterazione, temporale o parziale, dell’organo uditivo, alla semplice sensazione di scontento o di fastidio. In Italia, per quanto riguarda la gestione del rumore ambientale è stata già attuata la Direttiva CE 49/2002 con D. Lgs. 194 del 19 agosto 2005. L’etichetta evidenzia anche l’aderenza
del pneumatico in caso di frenata su manto stradale bagnato, raffigurando una ruota e alcune gocce. Sarà cosi intuibile lo spazio di arresto necessario al veicolo in caso di condizioni climatiche avverse. I consumatori potranno, quindi, scegliere anche in rapporto alla sicurezza. È bene non dimenticare, comunque, di rispettare la giusta distanza di sicurezza, tenendo conto anche della temperatura esterna. L’ultima sezione raffigura un pneumatico ed una “colonnina” di rifornimento. Il vantaggio sarà sia per l’ambiente sia per il portafoglio dei guidatori, infatti, la tecnologia odierna, rendendo possibile una significativa riduzione del consumo di carburante fino al 10% in base ai pneumatici montati, il risparmio atteso è stimato tra i 2 e i 6 milioni di tonnellate di petrolio entro il 2020, secondo l’andamento del mercato: risparmio che, in termini quantitativi, supera il consumo annuale di petrolio di un paese come l’Ungheria. Per calcolare il risparmio è possibile utilizzare il calcolatore fornito dal sito www.energycar.org. Oltre al fattore economico è bene considerare i benefici per l’ambiente. Dati alla mano risulta evidente l’incidenza dell’Europa rispetto all’emissione di anidride carbonica nell’aria, contribuendo per il 15% del totale ed il settore dei trasporti fa rilevare un dato allarmante, risultando responsabile per il 27% dell’inquinamento atmosferico totale. Dal 2012 potremmo contribuire ancora un po’ di più al benessere del nostro pianeta, consapevoli che l’anidride carbonica impiega all’incirca 100 anni per dissolversi saremmo sicuramente in grado di fare un acquisto più ponderato.
Sesto segno positivo dall’inizio dell’anno per il mercato italiano dell’auto
VOLA IL MERCATO DELL’AUTO A novembre crescita del 30,6% delle immatricolazioni nell’Europa occidentale, del 31,2% in Italia. di Silvia Barchiesi
Con lo scadere degli incentivi, la corsa all’auto accellera a fine anno e l’auto europea spicca il volo. Vola, infatti, a novembre il mercato dell’auto in Europa: i Paesi dell’Europa allargata (27 Paesi UE+Islanda, Norvegia, Svizzera) incassano una crescita del 26,6% rispetto allo stesso mese di un anno fa. È quanto rende noto l’Associazione costruttori europei (ACEA), che registra 1.182.082 immatricolazioni di auto nuove, contro le 933.458 del novembre 2008. Bene anche in Europa occidentale (15 Paesi UE+Islanda, Norvegia, Svizzera) dove la crescita è stata del 30.6% per un totale di 1.116.845 immatricolazioni. Merito degli incentivi che hanno spinto la domanda e trainati gli acquisti. “L’imminente fine degli incentivi all’acquisto di auto mette il turbo al mercato”. Così il Centro Studi Promoter commenta l’incremento delle immatricolazioni a novembre. Secondo i dati resi noti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in Italia a novembre la crescita è stata del 31,2%; le nuove immatricolazione sono arrivate a sfiorare le 183.000 unità. Ma la ripresa del settore auto, oltre che italiana, è europea: in Francia le immatricolazioni sono cresciute del 48,3%, in Germania del 19,7%, in Spagna del 37,3% e in Gran Bretagna del 57,6%. Qui è avvenuta la ripresa più consistente; la Gran Bretagna ha, infatti, registrato un aumento del 57,6% rispetto ad un novembre 2008 particolarmente “depresso” (-36,8%). Il boom del novembre 2009, al di sopra di ogni aspettativa, per l’Associazione inglese dei Costruttori, riporta il mercato ai livelli di novembre 2007. L’effetto-incentivi ha dato i suoi frutti: gli acquisti di autovetture nuove con contestuale rottamazione hanno rappresentato il 21,6% del totale immatricolato. Ma sui buoni risultati di novembre si insinua l’ombra di una frenata futura. La Global Insight prevede una flessione delle vendite per il 2010 con l’arresto delle immatricolazioni a 1.788.000 unità e il ritorno alla crescita solo nel 2011. Sulle previsioni pesano come un macigno gli interventi annunciati dal Governo che ha già deciso di riportare l’IVA dal 15 al 17,5% dal 1° gennaio e di aumentare dal prossimo aprile la tassa di circolazione. Al secondo posto della classifica dei Paesi che guidano la classifica della ripresa europea dell’automotive troviamo, invece, la Francia, che chiude il mese di novembre a +48,3%. Quella di novembre è la settima crescita consecutiva e conferma l’efficacia degli eco-incentivi alla rottamazione, che il Governo Sarkozy ha già annunciato anche per il 2010, seppure in forma più soft. La Francia incassa un doppio successo, non solo a livello economico, ma anche ecologico: a novembre, le immatrico-
lazioni di vetture con emissioni di CO2 comprese tra 101 e 120 g/km sono cresciute del 71,7%, raggiungendo una quota pari a circa la metà del mercato. Tra i Paesi europei in ripresa, segue la Spagna, che frena la discesa dei primi mesi dell’anno e a novembre incassa, per il terzo mese consecutivo, una variazione positiva: + 37,3% rispetto a novembre 2008, il peggiore della storia spagnola dell’auto. Anche qui il merito, secondo l’Associazione spagnola dei Costruttori (ANFAC) è degli incentivi previsti dal Plan 2000E. Proprio grazie agli incentivi, secondo l’ANIACAM, il mercato chiuderà a 950.000 unità, con una flessione più contenuta rispetto a quella prevista prima dell’introduzione del piano: - 18% contro -28%. Ma non solo. La riconferma del Plan 2000E anche per il 2010 lascia ben sperare anche per il prossimo anno. Il mercato spagnolo dell’auto che nel 2009 ha ripreso ossigeno, può tirare così un sospiro di sollievo anche per il 2010. Infine, tra i Paesi europei in risalita, troviamo anche la Germania che a novembre registra una crescita più contenuta rispetto agli altri Paesi citati: + 19,7%. Nei primi undici mesi del 2009 il mercato tedesco con 3,6 milioni di immatricolazioni, è cresciuto di un quarto circa (+25,4%) rispetto allo stesso periodo del 2008. La spinta alla domanda, anche qui inaspettata, è venuta dalla riforma della tassa di circolazione e dagli eco-incentivi, scaduti lo scorso settembre. Eppure, pur essendosi esauriti lo scorso 2 settembre, i 5 miliardi stanziati dal Governo tedesco per il ricambio delle auto con più di 10 anni di vita, la forte raccolta degli ordini continua a spingere il mercato anche a novembre. Ma la “ricaduta” è dietro l’angolo. Il progressivo esaurimento del portafoglio ordini ha però messo in allarme gli operatori, che già prevedono una forte flessione per il 2010: 2.750.000 immatricolazioni contro le 3.800.000 unità con cui si dovrebbe chiudere il 2009. Sono le previsioni per un 2010 senza incentivi della Global Insight. La crescita a due cifre messa a segno a novembre dai più grandi paesi europei contagia anche l’Italia che a novembre prosegue il trend positivo avviato a giugno, incassando un + 31,2% rispetto allo stesso mese del 2008 con un totale di 182.976 nuove immatricolazioni, contro le 139.413 dello scorso anno. La corsa agli incentivi di fine anno ha consentito così di contenere la flessione in generale: nel cumulato dei primi 11 mesi le immatricolazioni ammontano infatti a 1.991.546, in calo dell’1,4% rispetto all’analogo periodo del 2008. Secondo i dati di ANFIA (Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche) e UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), a novembre i contratti siglati sarebbero stati 204.000, con una crescita del 44% rispetto ai volumi di novembre 2008 per un totale di 2.075.000
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unità dall’inizio dell’anno, oltre il 10% in più degli ordini raccolti nello stesso periodo dello scorso anno. Da citare, sebbene irrelevanti, rispetto agli indubbi vantaggi economici, gli effetti e le ricadute ambientali delle “stampelle statali”. Secondo gli analisti dell’UNRAE, il rinnovo del parco auto avrebbe portato all’uscita di circa 700.000 auto con oltre 10 anni di età e l’immissione di altrettante auto tecnologicamente più avanzate e meno inquinanti. Nel solo mese di novembre, infatti, secondo i calcoli dell’UNRAE, il valore medio ponderato delle emissioni di CO2 è stato di 133,3 g/km, 11 in meno rispetto al novembre 2008, mentre negli undici mesi di quest’anno la differenza calcolata è stata di 8,1 g/km in meno. “Per effetto dell’ormai imminente scadenza degli eco-incentivi - ha commentato Eugenio Razelli, Presidente di ANFIA - si consolida anche la quota delle immatricolazioni di vetture ad alimentazione alternativa (attorno al 30% nel mese di novembre e oltre il 20% nei primi undici mesi del 2009) e con essa, i benefici della riduzione delle emissioni di CO2, che nel periodo gennaio-ottobre 2009 sono passate da 145 a 137,2 g/km. Questi pochi dati bastano per capire quanto sia importante sia per l’economia che per l’ambiente poter contare sugli eco-incentivi anche nel 2010’’. Insomma, al di là delle “ricadute ambientali”, ben lungi dal considerarsi “traguardi”, gli effetti economici degli incentivi sono innegabili ed evidenti. Propulsori di vendite, gli incentivi, hanno funzionato anche da iniettore di fiducia. Secondo il CSP, l’indicatore di fiducia dei concessionari, elaborato sulla base delle inchieste congiunturali mensili avrebbe subito un’impennata, schizzando da quota 19,30 di gennaio a 42,80 di novembre. Dai giudizi raccolti dallo stesso centro, l’affluenza di visitatori nei saloni di vendita viene giudicata normale o addirittura alta dall’82% degli stessi concessionari, mentre la raccolta di ordini viene giudicata normale o alta dal 75%. Le campagne di econcentivi hanno funzionato. Il mercato dell’auto ha messo le ali, pronto a spiccare il volo. “Le scadenze degli incentivi - commenta Gian Primo Quagliano, Direttore del Centro Studi Promoter - sapientemente ricordate al pubblico con efficaci campagne pubblicitarie, stanno determinando una vera corsa all’acquisto delle auto incentivate”. Le marche nazionali, sfiorando le 55.900 immatricolazioni, riportano a novembre una crescita del 27,5% e registrano un segno positivo anche nel cumulato da inizio anno, con 658.154 unità contro le 648.197 dei primi undici mesi del 2008 (+1,5%). La loro pentrazione nell’Europa Occidentale si mantiene stabile nel mese di novembre (8,3%) e cresce di 0,6 punti percentuali negli 11 mesi dell’anno, passando dall’8,3% del 2008 all’attuale 8,9%. Nella classifica dei dieci modelli più venduti nel mese riman-
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gono stabili ai primi due posti rispettivamente Fiat Punto (16.237 unità) e Fiat Panda (13.979). Seguono in quinta posizione Fiat 500 (5.212) e in nona Lancia Ypsilon (4.708). Se anche dicembre, come appare probabile, terrà il passo di novembre, il 2009 potrebbe chiudere con un volume di immatricolazioni uguale o leggermente superiore a quello del 2008, anno in cui si toccò quota 2.160.131. Sono le previsioni del Centro Studi Promoter che commenta il balzo di oltre il 31% delle vendite come un risultato “sicuramente apprezzabile”, oltre che “assolutamente imprevedibile all’inizio dell’anno dopo i cali del 32,6% in gennaio e del 24,1% in febbraio”. Senza incentivi, secondo le stime del CSP, il 2009 si sarebbe infatti chiuso con appena 1.800.000 immatricolazioni, sotto i livelli del 2008. Invece, nonostante la crisi, le vendite, nel 2009, si sono mantenute stabili rispetto al 2008. E per il 2010? “Vi sono le condizioni per un andamento non negativo all’inizio del 2010, anno che comincerà con un consistente portafoglio ordini di auto incentivate - fa sapere Gian Primo Quagliano, Direttore CSP - Sulle prospettive grava però l’incognita sul rinnovo degli incentivi e di conseguenza le attese sono improntate alla cautela”. Più che l’incognita degli ecoincentivi a gravare sulle prospettive future è la loro entità. Se infatti il Governo ha già manifestato la sua disponibilità a prolungare gli incentivi per il 2010, ha già annunciato una riduzione dei bonus: incentivi più soft per evitare il crollo della domanda. Più soft e quindi inefficaci, commenta il Centro Studi Promoter. “L’entità degli incentivi- ha precisato Gian Primo Quagliano, Direttore CSP - non può essere ridotta perchè l’esperienza del 2008 (incentivi ridotti rispetto al 2007) dimostra che si potrebbe verificare una forte caduta dell’interesse da parte dei consumatori e di conseguenza lo Stato spenderebbe risorse soltanto per riconoscere bonus a chi acquisterebbe un’automobile comunque e non vi sarebbe quindi alcun apporto aggiuntivo alla domanda. Qualora invece venga mantenuto quanto meno invariato il sistema attuale dei bonus, il Centro Studi Promotor prevede che il mercato dell’auto potrebbe consolidarsi nel 2010 sul livello del 2008 e del 2009”. Stando, infatti, alle previsioni del CSP, “nel 2011, il decollo della ripresa economica dovrebbe, infatti, consentire di sospendere gli incentivi dello Stato senza eccessive penalizzazioni per le vendite di auto. A partire dal 2012, l’irrobustirsi della ripresa e una forte componente di domanda di sostituzione delle auto acquistate negli ultimi anni precedenti la crisi dovrebbe portare le immatricolazioni in Italia a quota 2.200.000 nel 2012 e a quota 2.350.000 nel 2013”. Queste le previsioni del Centro in caso di riconferma degli incentivi e della loro entità. La realtà però è un’altra storia…
Quando l’Europa fa sul serio
RACCOLTA E RECUPERO PILE: L’UE PREDISPONE IL QUESTIONARIO
Il modello dovrebbe aiutare i Paesi membri a standardizzare la relazione obbligatoria al fine di evidenziare il livello di attuazione della Direttiva 2006/66/CE a cura di Alberto Piastrellini
Fedele al principio del “chi inquina paga”, punto di partenza, ormai da diversi anni, della quasi totalità degli atti normativi in campo ambientale e di gestione dei rifiuti che pervengono a livello comunitario, da qualche mese, anche in Italia, la responsabilità della raccolta e del recupero delle pile, batterie e accumulatori, è estesa anche a produttori, importatori e distributori. In effetti, tale disciplina era già contenuta espressamente nella Direttiva di riferimento, la 2006/66/CE, purtroppo recepita nel Belpaese solo nel 2008 (con D. Lgs. n. 188 ), con ben due anni di ritardo (ma l’Italia è tristemente nota in Europa per la sua tempistica “rilassata” sull’attuazione delle norme comunitarie, salvo poi dichiarare a gran voce nei consessi internazionali, la necessità di impegni comuni e strategie condivise). La Direttiva, oltre che stabilire: 1. norme in materia di immissione sul mercato delle pile e degli accumulatori e, in particolare, il divieto di immettere sul mercato pile e accumulatori contenenti sostanze pericolose; e 2. norme specifiche per la raccolta, il trattamento, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti di pile e accumulatori, destinate ad integrare la pertinente normativa comunitaria sui rifiuti e a promuovere un elevato livello di raccolta e di riciclaggio di pile e accumulatori, è intesa, altresì a migliorare l’efficienza ambientale di batterie e accumulatori nonché delle attività di tutti gli operatori economici che intervengono nel ciclo di vita delle pile e degli accumulatori, quali, ad esempio i produttori, i distributori e gli utilizzatori finali e, in particolare, quegli operatori direttamente coinvolti nel trattamento e nel riciclaggio di
rifiuti di pile ed accumulatori. L’articolato della Direttiva consta di 30 articoli, fra cui quelli degni di particolare interesse: • Ambito di applicazione (art. 2); • Definizioni (art. 3); • Divieti (art. 4); • Maggior efficienza ambientale (art. 5) • Immissione sul mercato (art. 6) • Obiettivo del riciclaggio (art. 7) • Sistemi di raccolta (art. 8) • Obiettivi di raccolta (art. 10) • Rimozione di rifiuti di pile e di accumulatori (art. 11) • Trattamento e riciclaggio (art. 12) • Nuove tecnologie di riciclaggio (art. 13) • Smaltimento (art. 14) • Esportazioni (art. 15) • Etichettatura (art. 21) • Rapporti nazionali sull’attuazione della Direttiva (art. 22) • Sanzioni (art. 25) Per meglio comprendere lo spirito della nuova Decisione della Commissione datata 25 novembre 2009, che istituisce un Questionario ai fini dell’attività di rendicontazione degli Stati membri in merito all’attuazione della Direttiva 2006/66/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, giova citare espressamente quanto contenuto nel sopra citato art. 22 “Rapporti nazionali sull’attuazione della Direttiva”: 1 - Ogni tre anni gli Stati membri trasmettono alla Commissione un Rapporto sull’attuazione della presente direttiva. Tuttavia il primo Rapporto copre il periodo fino al 26 settembre 2012. 2 - I Rapporti sono redatti sulla base di un Questionario o di uno schema stabilito secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo
2. Il Questionario o schema è trasmesso agli Stati membri sei mesi prima dell’inizio del primo periodo cui si riferisce il Rapporto. 3 - Gli Stati membri riferiscono altresì su qualsiasi misura da essi adottata per favorire un’evoluzione nell’impatto delle pile e degli accumulatori sull’ambiente, in particolare: a) gli sviluppi, tra cui le misure adottate su base volontaria dai produttori, che riducono le quantità di metalli pesanti e di altre sostanze pericolose contenute nelle pile e negli accumulatori; b) le nuove tecniche di riciclaggio e trattamento; c) la partecipazione di operatori economici ai regimi di gestione ambientale; d) la ricerca in tali ambiti; e) le misure adottate per promuovere la prevenzione dei rifiuti. 4- Il Rapporto è trasmesso alla Commissione entro nove mesi dalla fine del periodo triennale al quale si riferisce o, nel caso del primo Rapporto, entro il 26 giugno 2013. 5- Entro nove mesi dalla ricezione dei Rapporti degli Stati membri a norma del paragrafo 4, la Commissione pubblica un Rapporto sull’attuazione della presente Direttiva e sul suo impatto sull’ambiente e sul funzionamento del mercato interno. Orbene, la Commissione, onde “evitare l’eccessivo carico amministrativo correlato alla redazione della relazione” indica agli Stati membri che “è opportuno limitare l’elenco delle informazioni richieste ai dati più utili alla Commissione per valutare la necessità di migliorare l’attuazione della Direttiva” e ha prodotto il fac
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simile del Questionario per la comunicazione di informazioni da parte degli Stati membri in merito all’attuazione della Direttiva 2006/66/CE (Allegato unico). Di seguito, per maggiore informazione, riportiamo il testo dell’Allegato. (Ndr: si avverte che il testo dell’Allegato inserito nelle pagg seguenti non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea) 1. Recepimento nella legislazione nazionale Informazioni che gli Stati membri devono comunicare nella prima relazione: a) si prega di fare riferimento e, se del caso, di fornire un link elettronico alla normativa nazionale di recepimento della Direttiva e successive modifiche. b) Alcune disposizioni di cui agli articoli 8, 15 e 20 sono state effettuate attraverso Accordi volontari tra le Autorità competenti e gli operatori economici coinvolti? 2. Efficienza ambientale Quali misure, compresi gli strumenti economici di cui all’art. 9, sono state adottate per migliorare l’efficienza ambientale delle batterie e degli accumulatori in conformità all’art. 5 della Direttiva? 3. Sistemi di raccolta Si prega di descrivere brevemente (non più di 100 parole) in che modo è stato recepito, in pratica l’art. 8. 4. Obiettivi di raccolta Si prega di specificare i tassi di raccolta conseguiti, compresi pile e accumulatori incorporati in apparecchi, per ogni anno civile preso in considerazione nella relazione. La prima relazione fa riferimento unica-
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mente all’anno 2011. 5. Trattamento e riciclaggio a) Quali misure sono state adottate per garantire che tutte le pile e gli accumulatori raccolti siano stati sottoposti a trattamento e riciclaggio adeguati in conformità con l’art. 12, paragrafo 1, della Direttiva? b) Si è fatto ricorso ad una delle possibilità previste dall’art. 12, paragrafo 1, secondo comma, per lo smaltimento delle batterie e degli accumulatori raccolti contenenti sostanze pericolose? In caso di risposta affermativa, si prega di far riferimento al progetto di misura eventualmente comunicato alla Commissione in conformità con l’art. 12, paragrafo 1, terzo comma. c) Che livello di riciclaggio è stato raggiunto per ciascun anno civile preso in considerazione? Si è provveduto a riciclare tutte le pile e gli accumulatori raccolti, in conformità con l’art. 12, paragrafo 1? d) Qual è il livello di efficienza raggiunto in materia di riciclaggio per ciascun anno civile a decorrere dal 26 settembre 2011 e, se del caso, per l’anno precedente? 6. Smaltimento a) Quali misure sono state prese per garantire che i rifiuti delle pile e degli accumulatori industriali e per autoveicoli non vengano smaltiti nelle discariche? b) Sono state adottate altre misure, oltre a quelle previste dall’art. 14, per ridurre al minimo lo smaltimento delle pile e degli accumulatori come rifiuti urbani misti? 7. Esportazioni Quanti rifiuti di pile e accumulatori raccolti sono stati esportati verso Pa-
esi terzi? Si prega di specificare verso quali Paesi. Qual è il numero di rifiuti di pile e accumulatori esportati per il quale siano state fornite prove valide che le operazioni di riciclaggio hanno avuto luogo in condizioni equivalenti a quelle prescritte dalla presente Direttiva, in conformità con l’art. 15? 8. Finanziamento a) Quali misure sono state adottate affinché sia garantito che la raccolta, il trattamento e il riciclaggio di tutti i rifiuti di pile e accumulatori siano finanziati dai produttori o da terzi che agiscono per loro conto? b) Nel caso di pile o accumulatori raccolti conformemente ai regimi istituiti in forza della Direttiva 2000/53/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio, o della Direttiva 2001/96/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio, quali misure sono state adottate al fine di garantire che ciò non implichi un doppio addebito per i produttori? 9. Relazioni nazionali in merito all’attuazione della Direttiva Si prega di fornire informazioni su ogni eventuale misura adottata conformemente allart. 22,paragrafo 3, lettere a), b), c) della Direttiva 2006/66/CE (non più di 50 parole per misura). 10. Ispezioni e misure di esecuzione a) si prega di fornire una descrizione dettagliata dei sistemi di ispezione e controllo istituiti nel suo Stato membro per garantire la conformità alla Direttiva e in particolare agli articoli 4 e 21. b) Quanti casi di mancato rispetto delle disposizioni della Direttiva 2996/66/CE sono stati riscontrati?
Quante batterie ed accumulatori non rispondenti alle norme sono stati ritirati dal mercato nazionale? Si prega di indicare le ragioni principali di inadempienza e le azioni adottate per garantire la conformità alla Direttiva. 11. Altre informazioni a) si prega di sintetizzare nella prima relazione le principali difficoltà
incontrate nell’attuare la Direttiva. In che modo sono state risolte, o in che modo è possibile risolvere, tali difficoltà? b) Indicare l’organo amministrativo (nome, indirizzo di posta elettronica, altri recapiti) incaricato di coordinare le risposte al presente questionario.
A questo punto non resta che augurarsi che l’Italia superi egregiamente il test. Ne va della sua immagine, della tutela del suo ambiente e della salute dei suoi cittadini!
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Qualificazione di rifiuto
ANCORA UNA PRECISAZIONE DELLA CASSAZIONE SUI ROTTAMI FERROSI Precisato, inoltre quando l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti. a cura di Alberto Piastrellini
Che “I rottami ferrosi rientrano nel campo di applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e non pericolosi e relativo regolamento, assumendo in tal caso la qualificazione di materia prima secondaria” era un assunto già espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza n, 833 del 4 dicembre 2008. Tale decisione andava ad integrare quanto precedentemente affermato in tema di stoccaggio di rifiuti ferrosi con sentenza n. 35911 del 25 giugno 2008, allorché si specificava che: “i predetti materiali non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto non rilevando la loro riutilizzazione da parte di terzi acquirenti, né gli stessi sono classificabili come materie prime secondarie ovvero sottoprodotti, essendosi il detentore disfatto di tali materiali”. E ancora, per quanto riguarda l’attività di trasporto, il 7 aprile 2009, con sentenza n. 202449 si è specificato che: “l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti, a condizione, da un lato che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativi per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante e, dall’altro, che si tratta di rifiuti che formano oggetto del suo commercio”. Tali motivazioni, costituiscono il fondamento di questa ennesima pronuncia della Corte di Cassazione Penale, sezione III, sentenza del 12 ottobre 2009 n. 39727, della quale forniamo il testo a maggior informazione dei Lettori. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SESSIONE PENALE (omissis) Ha pronunciato la seguente SENTENZA Sul ricorso proposto da: 1) Gabriele Antonio avverso la sentenza del 20.1.2008 del GIP del Tribunale di Sulmona sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano sentite le conclusioni del P.G., dr Alfredo montagna, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso OSSERVA 1) Con sentenza del 20.11.2008 il GIP del Tribunale di Sulmona dichiarava Gabriele Antonio colpevole del reato di cui all’art. 256 comma 1 lett.a) D.L.vlo 152/2006 per aver effettuato attività di trasporto di rifiuti ferrosi (tra cui rete metallica da recinzione, rete metallica per letto,
stufa) in assenza della prescritta autorizzazione e, previa applicazione della diminuente per la scelta del rito, lo condannava alla pena di euro 1.200,00 di ammenda; con confisca e distruzione del materiale ferroso oggetto di sequestro probatorio. Riteneva il GIP che dalla descrizione contenuta nel verbale di sequestro e dalla documentazione fotografica emergesse, in modo in equivoco, che il materiale sequestrato fosse da considerare rifiuto insuscettibile di riutilizzazione. Risultando pacificamente che l’imputato non era munito di autorizzazione al trasporto di detto materiale, era configurabile il reato contestato. 2) Propone ricorso per cassazione il Gabriele, a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo la inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 256 comma1) lett. A) D.L.vo 152/2006. Il materiale rinvenuto non è riconducibile ad alcuna delle categorie di rifiuti indicate nell’all. A del D.L.vo in questione. La stessa sentenza impugnata nulla dice in proposito, limitandosi genericamente a richiamare il verbale di sequestro e la documentazione fotografica; non viene neppure descritto quantitativamente e qualitativamente il materiale (peraltro, come emerge dagli atti, oltre quello descritto nell’imputazione non vi era altro materiale). Ad evitare incertezza ed ambiguità la normativa contestata deve essere interpretata in modo rigoroso, per cui vanno considerati rifiuti solo quelli destinati a non essere più utilizzati (nel caso di specie invece si trattava di materiale usato che poteva ancora essere utilizzato). Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 181 bis comma 1 D.L.vo 152/2006, non potendo il materiale trasportato essere ricondotto ai criteri, requisiti e condizioni previsti dalla norma (altrimenti ogni materiale usato potrebbe astrattamente essere qualificato come rifiuto). Né si è tenuto conto della distinzione, contenuta nell’art. 183 e nell’allegato D, tra il concetto di rifiuto e quello di sottoprodotto. Con il terzo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 183 D.L.vo 152/2006. Il Tribunale ha apoditticamente qualificato come rifiuti il materiale trasportato, senza tener conto che la norma attribuisce rilevanza penale al trasporto solo con riferimento alla raccolta e smaltimento/recupero (nella sentenza non vi è traccia di un obbligo per l’imputato di disfarsi di merce che era invece suscettibile di riutilizzo). Con il quarto motivo denuncia l’inosservanza ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 178 comma 3 e 188 comma 1 D.L.vo 152/2006, potendo il trasportatore di rifiuti essere chiamato a rispondere solo per fatti che siano riconducibili direttamente alla sua attenzione od omissione. Con il quinto motivo denuncia la mancanza, contradditto-
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rietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla qualificazione come rifiuto del materiale trasportato. Il Tribunale non ha tenuto minimamente conto che il materiale in questione poteva essere riutilizzato (l’imputato ricavava il necessario per la propria sussistenza dalla raccolta di materiale abbandonato, riutilizzandolo per fini di piccolo commercio). Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata. 3) Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto. 3.1) Con accertamento di fatto, argomentato ed immune da vizi, come tale non sindacabile in sede di legittimità, il Tribunale, sulla base delle risultanze del verbale di sequestro e della documentazione fotografica allegata, ha ritenuto che il materiale trasportato (nella imputazione si fa riferimento a rete metallica da recinzione, rete metallica per letto, stufa) fosse da considerare “rifiuto”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, l’accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto… costituisce una quaestio facti demandata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione esente da visi logici o giuridici (cfr. Cass. Sez. 9.4.2002 n. 14762). 3.2) A norma dell’art. 183 comma 1 lett. a) si intende per rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso l’obbligo di disfarsi”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte “per rifiuto, ai sensi della normativa comunitaria o nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi, restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il suo recupero e, inoltre, prescindendosi da ogni indagine sull’intenzione del detentore che abbia escluso ogni riutilizzazione economica della sostanza dell’oggetto da parte di altre persone” (cfr Cass. Pen. Sez. 3 n. 31011 del 18.9.2002). In motivazione si precisava che “tale impostazione oggettiva questa Corte ha mantenuto pure quando il legislatore con una serie di decreti legge reiterati e mai convertiti aveva introdotto la categoria dei residui, cioè riutilizzabili, richiedendo sempre la destinazione attuale, effettiva ed oggettiva al reimpiego produttivo, non essendo sufficiente una mera idoneità materiale al riutilizzo” (sent. N. 31011/2002 cit). Anche a seguito delle modifiche introdotte dal D. Lgs. 16 gennaio 2008 n.4 al D.L.gs. 152/2006 è stato riaffermato che “i rottami ferrosi rientrano nel campo di applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e relativo regolamento, assumendo in tal caso
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la qualificazione di materia prima secondaria” (Cass. Sez. n. 833 del 4.12.2008). Del materiale trasportato dal ricorrente, come lui stesso riconosciuto (assume che procedeva alla raccolta di materiale abbandonato, riutilizzandolo per fini di piccolo commercio), soggetti terzi si erano disfatti. 3.2.1) Né può, certamente farsi riferimento alla nozione di sottoprodotto, Secondo l’art. 183 lett. n) D.L.vo 152/2006 sono tali “i prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego e al consumo. Non sono soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto i sottoprodotti di cui l’impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodotti impiegati direttamente dall’impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo” (da intendersi come qualsiasi operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità, ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso possiede in un successivo processo produttivo). Né, in relazione alla fattispecie in esame hanno alcuna incidenza le modifiche apportate al D.L.vo 16.1.2008 n.4. Peraltro questa Corte, in tema di stoccaggio di rifiuti ferrosi, ha ribadito, di recente, che i “predetti materiali non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto non rilevando la loro riutilizzazione da parte di terzi acquirenti, né gli stessi sono classificabili come materie prime secondarie, ovvero sottoprodotti, essendosi il detentore disfatto di tali materiali…” (Cass. Sez. 3 n.35911 del 25.6.2008). 3.2.2) Per quanto riguarda l’attività di trasporto, questa Corte ha costantemente affermato che l’ “attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti, a condizione che , da un lato, il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio” (cfr. ex multis Cass.sez. 3 n. 20249 del 7.4.2009). Ma l’esistenza di un titolo abilitativo, oltre che non provata, non è stata neppure dedotta. P.Q.M Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 18 giugno 2009.
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Gruppo Brutti sas di Brutti Riccardo C. Fondata nel 1993
Da impresa certificata di autodemolizioni autoveicoli Gruppo Brutti sas si è via via specializzata nel trattamento e riciclaggio dei rifiuti plastici (Polietilene LD, Polipropilene). Proprio l’esperienza acquisita nel settore dell’autodemolizione, ha sollecitato l’impresa ad intraprendere la valorizzazione di alcune parti dei veicoli, contenenti plastiche, quali: paraurti e serbatoi. Tale attività di riciclaggio viene svolta, utilizzando macchinari tecnologicamente avanzati. Al fine di rendere continuo il processo, l’Azienda si rende disponibile a ritirare direttamente, presso gli impianti di demolizione tali rifiuti, nella consapevolezza che essi risultano ingombranti e di difficile stoccaggio.
Si acquistano materiali triturati
UNA SOLUZIONE “VERDE” PER GLI AUTODEMOLITORI