Autodemolitori n.9 Novembre 2009

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Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 2 al n. 11 Novembre 2009 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona

n. 9 Novembre 2009 - Anno V

periodico

Omologato



SOMMARIO AUTO, TRAFFICO E SMOG: LE CITTÀ ITALIANE SOFFOCANO ...........................5 CONTINUA IL MATCH SULL’ACCORDO DI PROGRAMMA, MA I DEMOLITORI SONO ALLE CORDE ...................9 LOGIMA ORDINE, PULIZIA E SICUREZZA ANCHE NELL’AUTODEMOLIZIONE ....................... 14

AUTODEMOLIZIONE: NON ANCORA CENTRATI GLI OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA UE .................... 15 PRONTO IL SISTEMA DI GESTIONE CHE ANCORA ATTENDE IL DECRETO ATTUATIVO............ 17 GLI ITALIANI RIDUCONO L’USO DELL’AUTO: PERCORSI 600 KM IN MENO NEL 2009 ................. 21

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Legambiente presenta il Rapporto Ecosistema Urbano 2010

AUTO, TRAFFICO E SMOG: LE CITTA’ ITALIANE SOFFOCANO Città affollate di auto, trasporto pubblico sottoutilizzato, poche piste ciclabili, isole pedonali sempre più piccole e ZTL ancora striminzite. È la fotografia della mobilità urbana scattata dal Rapporto. Migliora lievemente la qualità dell’aria ma permangono le criticità di Silvia Barchiesi

Mentre in Europa si“parcheggia” l’auto a favore di una mobilità sostenibile, l’Italia pigra e fortemente affezionata alle quattro ruote, rimane ancora zavorrata alla mobilità su strada e a tutto il pacchetto di effetti collaterali a questa connessi. Traffico e smog sono oggi elementi “naturali” nel panaroma delle nostre città. Niente a che vedere con quello di altre città europee, decisamente più coraggiose nell’intraprendere strade più ssotenibili per quanto riguarda la mobilità. Ad Amsterdam, ad esempio, il 38% degli spostamenti complessivi e il 57% dei viaggi effettuati in centro viene realizzato in bicicletta grazie ad una rete di 400 km di piste ciclabili. A Barcellona l’uso sistematico dell’auto non supera il 30% degli spostamenti. Qui l’alternativa alle quattro ruote sono i pedali: 156 chilometri di piste ciclabili, 6.000 bici e un servizio di bike sharing da 400 stazioni. Berlino invece sale in metro. Qui la metropolitana, efficiente e capillare, costituisce l’ossatura del trasporto pubblico urbano. L’Italia, invece, rimane a piedi. Non di certo, nel senso letterale dell’espressione, ma solo in quello figurato. Sì, perche l’italiano medio non solo non ama le passegiate a piedi o in bici, ma è anche scettico nei confronti del mezzo pubblico, specie nelle piccole città. È quanto emerge da Ecosistema Urbano 2010, il nuovo Rapporto sulle politiche ambientali delle città redatto da Legambiente, con la collaborazione scientifica di Ambiente Italia e il contributo editoriale de Il Sole 24 Ore, che analizza la qualità ambientale dei 103 Capoluoghi di provincia italiani. L’Italia è con 60,4 auto ogni 100 abitanti, il paese europeo a maggior tasso di motorizzazione. Il valore italiano è il più alto in Europa e probabilmente nel mondo: in Germania, Spagna e Francia circolano 50 auto ogni 100 abitanti e nel Regno Unito 49. Sebbene il tasso di motorizzazione (Auto) nazionale diminuisca leggermente rispetto alla passata edizione (erano 62 auto/100ab. lo scorso anno), l’auto rimane il mezzo preferito per gli spostamenti: il tasso di motorizzazione dei 103 comuni capoluogo analizzati nel Rapporto, si mantiene addirittura più alto della media nazionale: 63,5 auto ogni 100 abitanti, in lieve calo rispetto alle 64,5auto/100abitanti della scorsa edizione. Le città al di sotto della media nazionale si contano sulle dita di una mano: oltre al caso particolare di Venezia (41,63 auto/100 ab), che configura un’eccezione per via della sua conformazione lagunare, solo Genova e La Spezia registrano un tasso inferiore a 50 auto per 100 abitanti. Sono invece ben 71 i capoluoghi che superano il valore di

60 auto ogni 100 abitanti, sette invece le città che vanno oltre le 70 auto ogni 100 abitanti: Aosta, Viterbo, Latina, Frosinone, Potenza, Roma e L’Aquila. Ma la peculiarità italiana è anche un’altra: l’Italia è tra le nazioni in cui si diffonde più velocemente l’utilizzo, principalmente “urbano”, di moto e scooter come mezzi di trasporto privato alternativi all’auto e al mezzo pubblico, come sottolinea il Rapporto. Il tasso medio di motorizzazione di motocicli circolanti nei 103 comuni capoluogo italiani è pari a 11,36 moto ogni 100 abitanti. Supera di gran lunga la media nazionale Imperia che con 23,89 moto/100 abitanti si conferma il capoluogo più “motorizzato” d’Italia. Superano inoltre le 20 moto ogni 100 abitanti anche Genova, Livorno, Pesaro e Savona. Ma la moto/scooter spopola soprattutto nelle grandi aree metropolitane. È Roma la città record con 14,37 moto ogni 100 abitanti, seguita da Napoli (12,97 moto/100 ab), Milano (10,84 moto/100 ab) e Torino (7,18 moto/100 ab). L’auto rimane tutavia il mezzo preferito per gli spostamenti. Eppure il suo utilizzo, complice la crisi economica, sembra essersi ridimensionato rispetto al passato. Il contenimento dei consumi di carburanti ne è la prova. Tra il 2007 ed il 2008, il consumo medio di carburanti per abitante, stimato in chili di petrolio equivalente (kep), è passato da 451 a 431 kep/abitante. Palermo, Trieste, Enna, La Spezia, Napoli e Firenze, con meno di 300 kep annui per abitante, sono i capoluoghi che consumano meno. Sassari, Ragusa, Nuoro e Pistoia, al di sopra di 700 kep/ab, quelli che consumano di più. Ma la mobilità urbana non è fatta solo di auto, moto o scooter. Il Rapporto passa al vaglio anche il trasporto pubblico locale che avanza nelle grandi città e arranca nei piccoli centri. Mentre le grandi areee metropolitane italiane salgono sul bus, le piccole realtà rimangono a piedi. Tra le grandi aree urbane in cui il trasporto pubblico funziona bene, in prima linea c’è Roma con 537 passeggeri per abitante annui, in crescita rispetto ai 517 della scorsa edizione. Poi Milano con 443 passeggeri per abitante annui (415 lo scorso anno), infine Napoli con 197 passeggeri per abitante annui (178 nella passata edizione). Subisce invece una lieve battuta d’arresto il trasporto pubblico a Torino che scende da 149 viaggi per abitante l’anno della scorsa edizione ai 141 di quella attuale. Migliora, ma non sfonda, il trasporto pubblico nelle città di media dimensione: Brescia, Parma, Perugia e

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Trento, sono le uniche a superare i 150 passeggeri per abitante. Arranca invece nei piccoli centri: sono infatti ancora venticinque i capoluoghi di piccola dimensione in cui gli abitanti prendono il bus meno di tre volte al mese. Anche a Siena il trasporto pubblico, che fino alla scorsa edizione vantava numeri da grande centro urbano, oggi sembra in affanno: il numero di viaggi per abitante annui scende da 245 della passata edizione a 209 di quella attuale. Ma nel ricompporre il puzzle della mobilità urbana italiana, il Rappporto non trascura l’insieme delle misure adottate dalle amministrazioni a favore di una mobilità sostenibile: dalla presenza di autobus a chiamata alle ZTL, alle tariffe per intermodalità, all’introduzione di un sistema di pedaggio urbano per regolare gli ingressi nelle aree urbane e di parcheggi interscambio bici, all’istituzione di un mobility manager comunale, piuttosto che alla promozione di sistemi di bike sharing, car sharing, pedibus. Quanto a politiche per la mobilità, i capoluoghi italiani non brillano e risultano piuttosto inattivi: sono ben 19 le amministrazioni che non hanno ancora adottato alcun intervento.

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Intanto restano al palo le isole pedoonali e le zone a traffico limitato. Anzi, mentre l’estensione delle ZTL rimane pressochè inalterata, le isole pedonali addiriittura si rimpiccioliscono, passando da un’estensione media di 0,35 m2 per abitante della scorsa edizione a 0,34 m2 per abitante di quella attuale. Solo Cremona, Terni, Venezia e Verbania superano la soglia di un metro quadro per abitante. Ben 26 invece le città capoluogo in cui la superficie pedonalizzata è ancora insufficiente e limitata. In 6 di queste città è addirittura inesistente. Altrettanto “striminzite” sono le zone a traffico limitato la cui estensione media si attesta sui 3 m2 per abitante come lo scorso anno. Come lo scorso anno, 18 capoluoghi di provincia adirittura non le hanno adottate. Salgono invece dai 25 dello scorso anno agli attuali 29 i comuni con zone a traffico limitato al di sotto di un metro quadro per abitante. Poche isole pedonali, poche ZTL e, infine, poche piste ciclabili. Sebbene crescano di 350 km rispetto ai dati dello scorso


anno, la loro estensione totale raggiunge solo i 2.850 km e solo 33 città vantano valori superiori ai 10 “metri equivalenti” ogni 100 abitanti. Tra queste spicca Reggio Emilia con valori superiori ai 30 “metri equivalenti” ogni 100 abitanti. Ma la fotografia della mobilità urbana italiana, in realtà, è solo una premessa per fotografare l’inqiunamento in generale e la qualità dell’aria in particolare. Per quanto riguarda il biossido di azoto, seppur in miglioramento rispetto ai dati della precdente edizione del Rapporto, la situazione rimane critica. Aumentano le città che rispettano i limiti e calano, anche se sono ancora troppe, quelle che superano i 46 µg/mc, soglia considerata pericolosa per la salute umana: i 48 casi della scorsa edizione scendono a 20 in quella attuale. Migliora la situazione anche per quanto riguarda le polveri sottili: dai 34 della scorsa edizione sono attualmente 11 i capoluoghi con un valore medio annuo superiore al valore limite per la protezione della salute umana (40 µg/ mc) previsto dalla Direttiva comunitaria. La situazione è critica a Torino e a Siracusa, dove in almeno una centralina sono state rilevate concentrazioni

medie annue di oltre il 50% superiori al limite dei 40 µg/ mc. La situazione è altrettanto grave nei 13 capoluoghi in cui il valore medio delle concentrazioni di tutte le centraline risulta fuori limite. Nelle città italiane anche l’inquinamento da ozono, seppur lievemente, si riduce: sono 48, a fronte dei 54 dello scorso anno, i capoluoghi con almeno una centralina oltre il valore limite per la protezione della salute umana di 25 giorni per anno di superamento del limite giornaliero di 120 µg/mc come media mobile su 8 ore. Un numero di superamenti pari o maggiori a due volte il valore obiettivo è stato riscontrato in 14 città. Insomma, la foto dei capoluoghi urbani scattata da Legambiente nel suo Rapporto è nitida nei dati e nei numeri e immortalano le nostre città “malate”, intrappolate dal traffico e dallo smog. “Le città sono in sofferenza” afferma Alberto Fiorillo, Responsabile aree urbane di Legambiente. Nonostante timidi passi in avanti rispetto agli anni scorsi, la foto dell’ecosistema urbano targata 2010 assume ancora tinte grige, purtroppo ancora lontane dal verde.

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Due immagini dell’Assemblea del 23 gennaio 2009 in Bologna

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Veicoli a fine vita

CONTINUA IL MATCH SULL’ACCORDO DI PROGRAMMA, MA I DEMOLITORI SONO ALLE CORDE Alla Fiera ECOMONDO di Rimini, un’accesa Tavola Rotonda fra i protagonisti della filiera tenta di

illustrare lo stato dell’arte dell’Accordo Nazionale di Programma Quadro, ad un anno dalla sua stipula di Alberto Piastrellini

A un anno dall’Accordo di Programma Quadro sulla gestione dei veicoli fuori uso, venerdì 30 ottobre alla 13a Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile, ECOMONDO di Rimini, si è svolta la Tavola Rotonda: “Veicoli a Fine Vita. Evoluzione dell´Accordo di Programma: primi risultati raggiunti, potenzialità, criticità e azioni comuni per un raccordo a livello europeo” a cura delle 9 Associazioni firmatarie dell’Accordo stesso, in cui si è tentato di fare il punto della situazione, riunendo tutti gli stakeholders e promuovendo un dibattito pubblico. Di grande impatto, anche per una Fiera internazionale come quella collaudata di ECOMONDO, l’iniziativa aveva già riscosso un enorme interesse lo scorso anno, all’indomani della firma dell’Accordo di Programma Quadro. Si ricorda che detto Accordo, siglato a Roma dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dal Ministero dello Sviluppo Economico, dall’ISPRA e dalle Associazioni che rappresentano la filiera industriale del trattamento dei veicoli a fine vita (ANFIA e UNRAE per i costruttori di autoveicoli - FEDERAICPA per i concessionari di autoveicoli - FISE-UNIRE, CAR-CNA e ADA per le aziende di demolizione - ASSOFERMET per gli addetti alla demolizione, frantumazione e recupero/commercio di rottame - AIRA per i frantumatori di rottame metallico e AIR per le aziende del recupero energetico), rappresenta il primo ed unico esempio di tal genere in Europa. Tutti gli attori del sistema, dalla più grande industria automobilistica nazionale alla più piccola impresa familiare di demolizione, sono stati coinvolti in una filiera industriale lavorando con i responsabili dei Ministeri competenti. Obiettivo: trasformare l’enorme quan-

titativo di rifiuti in una “miniera” di materie prime con un progetto completo e all’avanguardia nel campo dell’ambiente. Orbene, come si accennava, ad una anno dalla firma dell’Accordo di Programma Quadro, cominciano ad emergere i primi risultati operativi, le forti prospettive di sviluppo delle attività avviate, cosi come, purtroppo, anche le incertezze e le perplessità dovute alle aspettative che ogni associazione o gruppo naturalmente intende veder realizzate in un momento nel quale la crisi economico-finanziaria ha fatto sentire un peso a volte insostenibile nella gestione interna alle singole aziende. La Tavola Rotonda ha inteso mettere insieme, a livello istituzionale, un censimento delle attività avviate dall’inizio del programma ed allo stesso tempo, con il contributo delle Associazioni, indicare gli strumenti e le azioni per contribuire ad uno sviluppo armonico dell’Accordo stesso per il prossimo futuro. In particolare, tra i risultati finora raggiunti, si segnalano: - alcuni studi effettuati in Italia attraverso trial statistici e campagne di prova; - linee di indirizzo per l’implementazione dei mercati di sbocco dei materiali non metallici e la partenza di progetti dedicati all’interno del D. L. “Industria 2015 - efficienza energetica” (che prevedono la realizzazione di impianti di separazione post-frantumazione e di recupero energetico. Ovviamente i riferimenti primi sono la UE ed i Paesi membri che già hanno acquisito obiettivi di rilievo, tenendo conto che la direttiva Europea di riferimento, la 2000/53/CE si preoccupa di disciplinare ed aumentare l’efficienza ambientale della gestione dei veicoli fuori uso, imponendo una serie di vincoli, sia in fase di proget-

tazione (bando dei metalli pesanti, marchiatura dei componenti, ecc.), sia sulla fase della gestione del fine vita (target di riciclaggio e recupero energetico, tempi di raggiungimento e responsabilità dei soggetti). Si consideri che ogni anno, in Europa, vengono rottamati circa 12 milioni di veicoli (solo in Italia la cifra supera 1,5 milioni di unità). Il settore End Life Vehicles nel contesto nazionale interessa un ventaglio di realtà industriali: la grande industria automobilistica (nazionale ed estera); 1.600 imprese di autodemolizione; 350 aziende che commerciano in rottame ferroso e non; oltre 50 aziende di frantumazione di meda e grande dimensione; senza contare una diffusa realtà di piccole e medie imprese, coinvolte a vario titolo nel riciclo dei materiali derivanti dal fine vita dei veicoli. L’evento si è articolato in una serie di interventi istituzionali a partire dal rappresentante della UE che ha contribuito alla realizzazione della Direttiva e da tre esponenti nazionali che sono di riferimento per gli aspetti tecnici, procedurali normativi e di supporto all’Accordo di Programma Quadro. Di seguito, diamo conto dei diversi interventi che si sono succeduti durante l’intera giornata. A condurre i lavori è stato Salvatore di Carlo, Responsabile Fiat Group Automobiles S.p.A End of Life Vehicles and Car Recycling, il quale, prima di dare la parola al primo relatore, ha ricordato come l’idea dell’Accordo di Programma Quadro sia nata proprio in occasione di una precedente edizione di ECOMONDO. Luciano Morselli, Università di Bologna; Polo di Rimini, Responsabile Scientifico di ECOMONDO, ha introdotto i lavori illustrando aspetti di ricerca nelle strategie di recupero degli ELV.

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“Quello della gestione dei veicoli a fine vita è un problema che mi appassiona molto per le sfide che comporta e gli obiettivi da raggiungere in termini di riciclaggio”, ha affermato, ricordando le diverse tipologie di materiali che compongono una autovettura e, nel contempo, gli obiettivi delle Direttive 2000/53/CE e della 2008/98/ CE (quest’ultima citata per quanto riguarda la gerarchia di azioni da implementare nell’approccio al problema dei rifiuti). Due gli aspetti critici rilevati dal professore nelle azioni riferite al fine vita dei veicoli: la bonifica e il recupero (anche energetico), prima dello smaltimento finale in discarica del residuo altrimenti non riciclabile. Spiegando come “la caratterizzazione merceologica e chimico-fisica

dei componenti sia fondamentale per identificare le strategie di intervento necessarie”, il responsabile scientifico di ECOMONDO ha introdotto la problematica legata alla gestione del car-fluff. “Secondo i dati riferiti all’UE - ha dichiarato - la discarica è la soluzione di smaltimento del fluff più utilizzata. I costi di smaltimento in discarica variano da 30 euro/ton negli Stati membri in cui i costi di gestione sono più bassi (Spagna, Europa Centrale e dell’Est), a circa 60 euro/ton nei Paesi a costi medi (tra cui Italia, Francia e Regno Unito). Il costo medio, in Europa, si attesta su 75 euro/ton mentre supera i 100 euro/ton negli Stati più virtuosi e quindi più cari (Germania, Danimarca e Svezia)”. “Da altre fonti - ha poi specificato -

le discariche per rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi hanno costi più elevati in Italia (110-150 euro/ton), mentre lo smaltimento del fluff come ripristino ambientale in Germania, nelle ex miniere di sale, è decisamente più economico (30 - 40 euro/ton)”. Illustrando, inoltre, le strategie di trattamento termico e valorizzazione energetica del fluff-car, il professor Morselli ha ricordato che “lo smaltimento del fluff tramite termovalorizzazione (co-combustione al 5% con rifiuti solidi urbani) è veramente ridotto: 2% in Francia, 5% in Belgio, 11% in Germania e Portogallo e praticamente assente negli altri Stati europei”. Onde superare i gap economici dello smaltimento in discarica, il professor Morselli ha indicato, fra le strategie

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per la separazione dei materiali presenti nel fluff: - separazione meccanica dei rifiuti in diverse frazioni che possono essere poi riciclate e commercializzate; - trattamenti termici per generare feedstock per la valorizzazione energetica. Avviandosi alla conclusione Morselli ha ricordato come “la valutazione del ciclo di vita (LCA) dei prodotti rappresenta uno degli strumenti fondamentali per l’attuazione di una politica integrata dei prodotti, nonché il principale strumento operativo del Life Cycle Thinking: si tratta di un metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali associati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al fine vita”. Se il futuro del settore prevede una bonifica sostanziale ed un recupero più incidente fino al 95% in peso del totale, attualmente, secondo il professore insistono alcune incertezze circa l’LCA degli autoveicoli: manca un software che permetta una modellazione realisitica, un data base degli impianti di trattamento e un’analisi merceologica condivisa. Puntare al ruolo di leadership in Europa nel settore della bonifica, trattamento e recupero/riciclo dei materiali derivanti dalla gestione del fine vita dei veicoli è stato il succo dell’intervento del responsabile E&D ELV - Fiat Group Automobiles, Salvatore Di Carlo, il quale a partire da una disamina degli obiettivi di riciclaggio contenuti nella Direttiva 2000/53/CE, dall’analisi dei vincoli del Costruttore e degli obiettivi degli Operatori economici, ha ricordato come “1 milione di tonnellate all’anno di materiale metallico riciclabile in sostituzione di materia prima rappresentino un vantaggio economico ed ambientale notevole, per contro 300.000 tonnellate

annue di car fluff prodotte in Italia, per la maggior parte smaltite in discarica, rappresentano una criticità ed un costo, oltre che una problematica oggettiva stante le limitazioni al conferimento del fluff in discarica, contenute nella Direttiva di riferimento”. Dopo aver illustrato le finalità e gli obiettivi dell’Accordo di Programma Quadro sugli ELV “gestione dei veicoli fuori uso che riduca al minimo l’impatto sull’ambiente e dia attuazione agli obiettivi posti dalla Direttiva 2000/53/CE con un sistema che assicuri un funzionamento efficiente, razionale ed economicamente sostenibile dell’insieme degli operatori economici della filiera” (NdR: per maggiori informazioni si veda l’articolo: “ELV: una filiera da costruire per raggiungere gli obiettivi europei” alle pagg. 15 - 18 del numero di novembre 2008 del Notiziario), L’ing. Di Carlo ne ha sottolineato i punti di forza e innovazione, rappresentando il primo caso, in Europa, di collaborazione propositiva e concreta tra l’Autorità Pubblica e tutto l’insieme dei soggetti industriali interessati. Successivamente, il focus del suo intervento s’è indirizzato alla presentazione dei primi risultati raggiunti nell’ambito dell’Accordo, risultati che si possono sintetizzare nella istituzione di un Comitato di vigilanza e controllo che ha avviato: - 3 Tavoli tecnici finalizzati: - alla gestione del car fluff (composizione, valori soglia); - all’analisi degli sbocchi di mercato dei materiali non metallici provenienti dal ciclo ELV; - al recupero energetico del car fluff; - approfondimenti e conoscenze sulla realtà italiana aventi ripercussione sui dati trasmessi in Europa - studi sugli attuali strumenti di monitoraggio delle quote - MUD;

- trial statistici condivisi per verifica delle quote 2006; - verifica dell’efficienza di separazione dei materiali metallici; - studi e progetti per il recupero energetico del car fluff. Sul fronte delle criticità e delle prospettive di sviluppo del lavoro comune, la relazione del rappresentate FIAT ha fatto emergere la necessità di: 1. omogeneizzazione della normativa sul territorio per il trattamento degli ELV e del fluff risultante Considerando che in Italia permane una notevole differenza a livello regionale e provinciale circa gli obblighi cui sottostare per esercitare l’attività di demolizione e il trasporto-riciclaggio dei materiali risultanti. Tale situazione ingenera una influenza negativa sul libero mercato di utilizzo dei materiali e una difficoltà nella concorrenza per l’esercizio delle attività del comparto. A questo proposito il Comitato di vigilanza ha da poco avviata un’attività di coinvolgimento delle regioni per ridurre la disomogeneità normativa. 2. implementazione dei mercati di sbocco onde favorire il riciclaggio industriale dei materiali non metallici (plastica, gomma, vetro). A questo proposito per i materiali plastici e il vetro le attuali situazioni economiche del mercato e la concorrenza con i materiali riciclati provenienti da scarti di produzione, costituiscono un ostacolo all’incremento del mercato dei materiali derivanti dal fine vita dei ELV. Si rende necessaria una concretizzazione degli strumenti indicati nella normativa sugli Acquisti Verdi. Per quanto riguarda la gomma dei pneumatici fuori uso, si confida nell’accelerazione dei tempi per l’emissione del

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Decreto attuativo dell’art. 228 del D. Lgs. n. 152 sui PFU, onde spingere e attuarne l’effettivo riciclaggio/recupero. In questo senso, si intende supportare attività sperimentali per l’utilizzo del polverino derivante da PFU negli asfalti stradali. 3. Di raggiungere, infine l’end over della discarica a favore del recupero energetico per assicurare la più efficace attuazione della volontà normativa di chiusura della discarica al fluff e il contemporaneo raggiungimento delle quote di Energy Recovery indicate dall’UE. In questo senso occorre gestire, da parte della P. A. il passaggio dei quantitativi di fluff dall’attuale conferimento in discarica alle soluzioni

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alternative di separazione meccanica e recupero energetico, accanto alla realizzazione in tempi rapidi di impianti dedicati. Inoltre occorre redigere norme tecniche che permettano un passaggio guidato da un passato fatto di smaltimento in discarica ad un futuro più sostenibile che eviti, nel contempo l’esportazione del fluff car quale conseguenza di un blocco immediato delle discariche. Avviandosi al termine della corposa relazione, l’Ing. Di Carlo ha ricordato come “nel nostro Paese l’impegno congiunto tra la filiera industriale della gestione degli ELV e le Istituzioni ha portato alla realizzazione di numerose ed importanti iniziative volte a migliorare dal punto di vista ambientale , gestionale e tecnologico, l’intera

struttura coinvolta nella produzione, raccolta e trattamento ELV”. “Grazie alla prosecuzione dello sforzo congiunto su questi temi - ha concluso - l’Italia potrà raggiungere pienamente i target di riciclaggio e recupero (95% in peso) fissati dall’UE per il 2015, riacquisendo il ruolo di leadership che storicamente, in questo campo, le compete”. Successivamente è intervenuta Pia Bucella, Direzione Generale Ambiente, Dirigente Comunicazione, e Affari Giuridici della Commissione Europea che ha sottolineato “il grande interesse dimostrato dagli operatori del settore nei confronti di quanto contenuto nella Direttiva Comunitaria” e, proseguendo, si è detta “impressionata dell’essere ad un tavolo con i rappresentanti del potere


legislativo, esecutivo dei grandi gruppi aziendali e di tutti i portatori di interesse del ciclo ELV”. Garanzia delle regole del mercato e condivisione delle stesse sono i presupposti indicati dalla dirigente europea per conseguire non solo gli obiettivi di riciclaggio imposti dalla norma comunitaria ma, soprattutto: “tutelare la salute dei cittadini e il patrimonio comune costituito dall’ambiente e dal territorio”. “Avere una filiera dedicata, pur con qualche frizione e cercare di raggiungere insieme obiettivi importanti - ha dichiarato Luigi Pelaggi, Capo Segreteria Tecnica del Ministro Ministero dell´Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nonché Presidente del Comitato di vigilanza e Controllo dell’Accordo di Programma Quadro è già di per sé un grande risultato”. “Eravamo consapevoli delle difficoltà degli obiettivi da raggiungere - ha proseguito - ma il lavoro andava fatto”. Dopo aver espresso qualche dubbio circa l’approccio tradizionale alla questione del fluff car, Pelaggi ha anticipato che: “nelle prossime settimane vorremmo presentare un nuovo sistema per la tracciabilità dei rifiuti, cosa che potrebbe essere applicata anche a tutto l’Accordo di Programma”. “Il mondo è un sistema finito - ha fatto eco il Sen. Andrea Fluttero, Segretario della Commissione Ambiente del Senato della Repubblica - ridurre i consumi attualmente non garantisce il benessere, né, peraltro sperare nella riduzione dei consumatori può rispondere positivamente al problema”. “La soluzione alle esigenze di sviluppo della società, col minimo impatto sull’ambiente - ha continuato - è da ricercarsi nell’implementazione di tecnologie volte alla produzione di beni con garanzia di risparmio di materia, energia e possibilità di riutilizzo finale”.

Passare dalla filosofia della catena di montaggio a quella dello “smontaggio” è la strada proposta dal Senatore per la costruzione di una filiera virtuosa nel comparto ELV, cui, peraltro, Governo e Legislatore devono saper offrire regole certe: “occorre creare canali di comunicazione affinché il Legislatore capisca cosa il Governo fa in ragione delle istanze degli operatori, del mondo dell’industria e dell’impresa”. In questo senso, ha proseguito affermando: “le criticità evidenziate ci sollecitano a lavorare con urgenza; è inaccettabile che persista una disomogeneità delle norme e, d’altro canto, occorrono iniziative serie volte alla incentivazione dei materiali da riciclo in luogo della materia prima”. Sulla questione della destinazione finale del car fluff, il Sen. Fluttero ha sentenziato che: “occorre riciclare al massimo e avviare alla termovalorizzazione solo la minima parte residuale, anche perché, termovalorizzare costa e produce comunque rifiuti ai quali dovrebbe essere evitato il turismo sul suolo nazionale”. Rimarcando come il problema dei rifiuti in generale debba essere affrontato secondo un cambio di prospettiva che metta in primo piano l’economia, il Sen. ha concluso il suo intervento sottolineando il bisogno di “promuovere filiere aperte in grado di produrre combustibili da destinare ad altri processi”. Alla conclusione degli interventi ufficiali si è aperto il dibattito in sala, infiammato dalla presenza di tanti rappresentanti delle oltre 1.600 aziende di autodemolizione, che, da tempo chiedono più sostegno alla categoria ed equanime accesso al mercato rispetto ai partner della filiera ELV. La miccia è stata accesa dal vicepresidente nazionale della Confederazione Autodemolitori Riuniti (CAR), Roberto Capocasa: “Cosa si

sta facendo per aiutare le imprese di autodemolizione che stanno fallendo per l’impossibilità di sostenere il costo “0” a fronte di guadagni minimi ipotecati da impossibilità di accesso al mercato, dinamiche di concorrenza sleale da parte di altri partner della filiera, eccessiva burocraticizzazione nei rapporti con gli enti, ritardi nelle autorizzazioni e scarsità di accesso al credito”? Alla questa voce critica se ne sono presto associate altre in un coro determinato a non spegnere la protesta a fronte di soli impegni verbali e dichiarazioni d’intenti, al punto che è sembrata piuttosto fuori luogo la “prova di forza” espressa dal rappresentante FIAT, seppur subito stemperata in un più conciliante: “rimbocchiamoci le maniche tutti e cerchiamo di lavorare al meglio”.

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LogiMa srl

ORDINE, PULIZIA E SICUREZZA ANCHE NELL’AUTODEMOLIZIONE Lo conferma Michele Albanese, responsabile autodemolizione del Centro Carmela Russo di Solofra (AV) di Silvia Barchiesi

Limiti più severi in materia ambientale, standard di sicurezza più elevati e criteri di gestioni più efficienti. Sono le nuove regole con cui l’autodemolizione, oggi alle prese con una vera e propria riorganizzazione del settore, deve fare i conti. A dare una mano agli autodemolitori, in balìa di un quadro normativo sempre più complesso, c’è LogiMa s.r.l, giovane società di Porto d’Ascoli specializzata nella progettazione e vendita di soluzioni per la logistica e la gestione di magazzini. Sono, infatti, sempre di più i moderni centri di autodemolizione in Italia che scelgono i suoi prodotti, tutti all’avanguardia nel proporre soluzioni innovative per la gestione ottimale di grandi magazzini e parchi attrezzati. Tra i prodotti più richiesti ci sono proprio i cantilever, apposite scaffalature che, in versione mono o bifronte, consentono il più sicuro e ordinato stoccaggio delle autovetture da rottamare, in risposta gli standard stabiliti dalla direttive comunitarie e fissati dalle legge. La prova dell’efficacia e dell’efficienza dei cantilever viene dal centro Autodemolizione Carmela Russo di Solofra

(AV) che con i suoi 6.000 metri quadrati, di cui 400 coperti a capannone, ha scelto la tecnologia LogiMa per riorganizzare spazi e metodologie di lavoro. Lo conferma il Sig. Michele Albanese, responsabile del centro, che con tre ordini (una decina di cantilever acquistati, di cui tre bifronte, e alcune mensole) ha toccato con mano i vantaggi dei prodotti LogiMa: “Con i prodotti LogiMa abbiamo potuto riscontrare numerosi vantaggi. Prima di tutto in termine di ordine, sicurezza e pulizia – rivela il Sig. Albanese- ma anche in termini di risparmio, visto che lo stoccaggio delle auto tramite cantilever consente di evitare il deterioramento a cui andrebbero incontro i veicoli abbandonati sui piazzali e accatastati l’uno sull’altro”. Insomma i cantilever sono l’investimento ideale per risparmiare in fatto di spazio e qualità. Soddisfatto del suo acquisto, il Sig. Albanese, è stato anche promotore di una sorta di “passaparola promozionale” tra gli operatori del settore: “Dopo l’acquisto, ho consigliato i cantilever ad altri due o tre colleghi. Come me, anche loro, sono rimasti pienamente soddisfatti”.

Per contatti: Giovanni Paolini 348 3034493 Giovanni Del Moro 393 9609502

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Presentato il Rapporto FISE-UNIRE “L’Italia del Recupero”

AUTODEMOLIZIONE: NON ANCORA CENTRATI GLI OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA UE Frena l’assenza di mercati di sbocco per vetro e plastica, del Decreto per recupero di pneumatici e di impianti per il fluff come combustibile a cura di Stefano Agostinelli

Come è ormai consuetudine, la FISE-UNIRE (Unione Nazionale Imprese di Recupero) ha presentato ad ECOMONDO il 30 ottobre 2009 presso la Sala Diotallevi di Rimini Fiera, “ L’Italia del recupero”, l’annuale rapporto dello stato del riciclo dei rifiuti, giunto alla sua decima edizione, curata da AEW Ricerca. “Se non saranno messi in atto rapidi e concreti interventi correttivi, gli effetti dell’attuale crisi economica rischiano di far inceppare il ciclo di raccolta e recupero rifiuti”: è questo l’allarme che emerge dallo studio. L’attuale congiuntura economica, spiega l’analisi, ha provocato un crollo nelle quotazioni delle materie prime, causando pesanti ricadute anche sui mercati dei materiali riciclati. Così, nonostante la costante crescita degli ultimi anni, si può leggere nel Rapporto, l’industria del recupero rischia di entrare in una fase di stallo a causa all’insufficienza dei mercati di sbocco e a strozzature prolungate della domanda di materiali: a cascata, la raccolta differenziata rischia di rimanere “parcheggiata” sui piazzali degli impianti o, paradossalmente, di non trovare sbocco, compromettendo anche lo sviluppo delle raccolte differenziate, in particolare nel Sud del Paese. Del Rapporto abbiamo stralciato la parte relativa al recupero dei veicoli a fine vita (ASSODEM) che proponiamo ai lettori del Notiziario. Nel 2008, il numero di veicoli avviati a demolizione è stato complessivamente pari a circa 1,3 milioni. I dati relativi al 2008, seppure su un modesto campione di aziende, mostrano come la percentuale di materiali prelevati per la promozione del riciclaggio sia considerevolmente aumentata, rispetto ai due anni precedenti, con un incremento maggiore nel Nord Italia rispetto al resto del territorio. Il riciclaggio ha registrato un leggero aumento fra il 2006 e il 2007, mentre fra il 2007 e il 2008, la performance risulta notevolmente migliorata. In generale, sul territorio nazionale, la media della percentuale in peso del veicolo, che viene separata per l’invio dei materiali a successivo riciclaggio, pari all’1,36% nel 2006, si attesta al 1,74% nel 2007, fino ad arrivare al 4,63% nel 2008. A questo va aggiunta una percentuale dello 0,66 di liquidi drenati per un totale di 5,3% sul peso dei veicoli trattati di materiali avviati a riciclo. Tale segnale deve essere interpretato in senso certamente incoraggiante dal punto di vista della performance operativa del sistema di smantellamento dei veicoli in Italia. I dati relativi alla percentuale di materiali destinati al recupero corrispondono alla differenza fra il complessivo in peso di veicoli trattati e la somma dei materiali separati durante le fasi operative (messa in sicurezza, promozione

del riciclaggio e avvio a reimpiego delle componenti). Pertanto ad un dato del 5,3% sul peso dei veicoli trattati va aggiunto quanto avviato a reimpiego che nel 2008, secondo il campione analizzato, è pari a circa il 14% del peso di ciascun veicolo. Numero di veicoli intercettati nel 2008

Promozione del riciclaggio 2008

Essendo migliorate le prestazioni delle attività che precedono l’invio a frantumazione della carcassa, il peso del materiale avviato a successivo recupero è sensibilmente diminuito e con esso il fluff relativo (ossia la porzione di materiali non metallici che restano comunque inclusi nella carcassa avviata a frantumazione: tessuti, plastiche leggere, guarnizioni e altri materiali). Rifiuti ottenuti dalla messa in sicurezza del veicolo nel 2008

Complessivamente i dati relativi agli anni 2006 e 2007 si avvicinano ai risultati del TRIAL che la filiera del fine-vita delle auto ha effettuato nel 2008 nell’ambito dell’Accordo di Programma quadro per la gestione dei veicoli fuori uso sottoscritto con il Ministero dell’Ambiente, il Ministero dello Sviluppo Economico e le Associazioni di categoria della filiera del fine vita auto.

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Proprio i dati relativi all’anno 2008, benché relativi ad un numero inferiore di imprese sono molto incoraggianti: si nota infatti un netto miglioramento relativamente ai materiali avviati a riciclo e reimpiegati (e di conseguenza una diminuzione dei materiali recuperati) a conferma dei risultati del TRIAL. Materiali prodotti nel 2008

L’attività di prelievo di componenti per il successivo avvio a reimpiego, costituisce un’attività importante per l’impresa

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di autodemolizione, anche dal punto di vista economico e consiste nel prelievo, durante le operazioni di trattamento del veicolo, delle parti e componenti che sono suscettibili di reimpiego come ricambi auto usati. Questa quota di materiale esce dalla filiera gestionale dei rifiuti ma costituisce comunque una quota dell’obiettivo di recupero dei materiali imposto dalla direttiva europea. In particolare si tratta di parti di autoveicoli che, essendo in buono stato di conservazione e, avendo un certo valore di scambio, vengono selezionati prima di avviare il veicolo alle attività di demolizione. Questa attività è svolta ordinariamente all’interno del ciclo operativo degli impianti di autodemolizione,in quanto costituisce parte integrante della gestione economica dell’impresa vengono vendute al dettaglio a privati a ad imprese di autoriparazione. Gli obiettivi della direttiva europea non risultano ancora centrati, ma questa è una situazione che è comune anche agli altri grandi Paesi europei; in Italia la sofferenza maggiore è data dall’assenza di mercati di sbocco per il vetro e la plastica, dal ritardo nell’emanazione del decreto per il recupero dei pneumatici previsto dall’art. 228 del D.Lgs. 152/2006 e dall’assenza di impianti per il recupero del “fluff” (o frazioni di questo) come combustibile.


Pneumatici Fuori Uso

PRONTO IL SISTEMA DI GESTIONE CHE ANCORA ATTENDE IL DECRETO ATTUATIVO Forte interesse da parte del settore ELV e dall’intero comparto del riciclo a cura di Alberto Piastrellini

Gli obiettivi di riciclaggio che l’Unione Europea impone ai Paesi membri per quel che riguarda quella particolare tipologia di prodotti che rientra nella categoria degli autoveicoli, sono molto ambiziosi (95% del peso al 2015) e da alcune indiscrezioni che filtrano dagli ambienti di Bruxelles sembra che la Commissione stia valutando l’ipotesi di anticipare i tempi di raggiungimento dei target. Ora, già più volte, su queste pagine, abbiamo discusso di quanto sia difficile, per l’intera filiera ELV, destinare alcune tipologie di materiali (plastica, gomma, vetro) che rientrano nella componentistica degli autoveicoli. Non solo risultano più appetibili per il mercato i rottami ferrosi e metallici in generale (a parte le fluttuazioni dei sistemi economici, che mai, come nell’ultimo periodo hanno determinato crolli dei prezzi, sovragiacienze e diminuzione della domanda), ma per le altre tipologie di materiali si assiste ad un sostanziale “fermo” dei flussi che si traduce inevitabilmente nello smaltimento in discarica sotto forma di fluff e anche da questo punto di vista i problemi non mancano, dal momento che la Direttiva “Discariche” ne vieta il conferimento e, d’altro canto, troppi interessi economici spingono verso la risoluzione termica mascherata da valorizzazione energetica (ma anche in questo caso una considerevole parte di scorie andrebbe conferita in discarica). A questo punto la strada da intraprendere per raggiungere gli obiettivi indicati dall’UE e da un crescente buonsenso, dovrebbe essere quella del Life Cycle Assesment (LCA) laddove, già in fase di progettazione ci si interroga sui possibili ri-utilizzi dei materiali intervenendo, alla fonte, sulla riduzione dei rifiuti prodotti; mentre, a valle, si dovrebbero aprire tutte le opportunità possibili alla effettiva circuitazione e commercializzazione

delle materie derivate dal trattamento dei prodotti a fine vita. Nel caso degli autoveicoli, lo accennavamo poc’anzi, un materiale emblematico è costituito dalle gomme presenti nei pneumatici fuori uso (PFU), nei quali il processo fisico della “vulcanizzazione” rende inscindibili i legami fra le diverse tipologie di gomme e polimeri, di fatto impedendo ogni forma di riciclo tradizionale, inteso come riutilizzo tal quale nel ciclo produttivo originale. Eppure i materiali derivati dal trattamento meccanico (granulazione, chipping e polverizzazione) hanno caratteristiche intrinseche tali da farne un materiale “pregiato”: - resistenza agli agenti atmosferici e ai batteri; - resistenza a solventi e agenti chimici; - resistenza allo stress meccanico; - stabilità nel tempo; - elasticità e flessibilità; - capacità di drenaggio; - basso perso specifico apparente. Tutte specificità che possono essere valorizzate opportunamente (fondi per campi da calcio, pavimenti, isolamento acustico, bitumi modificati e manti stradali di nuova concezione), senza contare che il potere calorifico sviluppato è paragonabile a quello del carbone. Infatti, già da tempo, i granuli da PFU sono utilizzati nei forni dei cementifici o per la produzione di energia elettrica da vapore. Ma i PFU hanno anche, per loro natura una “seconda vita” direttamente imputabile al mercato della ricambistica, ci riferiamo qui alla ricostruzione e al riutilizzo, laddove possibile. Ma cerchiamo di analizzare insieme i numeri e la portata della gestione dei PFU in Italia e in Europa, Secondo Ecopneus Spa, ogni anno, in Italia, sono generate statisticamente circa 350.000 tonnellate di PFU. Di queste circa la metà è destinata

al recupero energetico; il 20% viene recuperato come materia prima seconda negli utilizzi che si accennavano poc’anzi; il restante 25% circa, viene disperso in traffici non censiti e pratiche illegali (fra cui si sottolinea l’abbandono indiscriminato sul suolo pubblico e l’incenerimento illegale). In Europa, 90 impianti producono ogni anno 335 milioni di pneumatici, che rappresentano il 24% della produzione mondiale. I dati 2007 indicano che il Vecchio continente ha generato 2,7 milioni di tonnellate di PFU di cui il 91% è stato avviato a recupero, confermando l’Europa quale una tra le aree più virtuose nel recupero di questa tipologia di rifiuti. Tra l’altro, è interessante notare che se le pratiche della ricostruzione e del recupero energetico mostrano una sostanziale costanza nel tempo, rispettivamente del 12% e del 32% circa, dal 1994, ciò che è aumentato sensibilmente è il recupero del materiale, passato dal 6% del ’94 al 39% del 2007. Ecnopneus, ricorda che in Europa convivono 3 diversi modelli di gestione dei PFU, così concretizzati: Sistema a tassazione (Danimarca, Slovacchia e Slovenia) Ciascun Paese è responsabile per il recupero e il riciclo dei PFU; i Produttori pagano una tassa allo Stato che è responsabile globalmente dell’organizzazione e remunera gli Operatori della filiera del recupero. La tassa, successivamente, viene applicata al consumatore. Libero mercato (Austria, Bulgaria, Croazia, Germania, Irlanda, Svizzera e Regno Unito). La legge stabilisce gli obiettivi da raggiungere ed i referenti per i singoli settori di attività, ma non prevede il responsabile di filiera. In tal modo tutti

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gli operatori stipulano contratti secondo le condizioni del libero mercato e agiscono conformemente alla locale legislazione sui rifiuti. Responsabilità del produttore (Norvegia, Paesi Bassi, Svezia, Belgio, Finlandia, Estonia, Francia, Polonia, Portogallo, Ungheria, Romania, Spagna, Grecia e Italia). In questo caso la legge definisce l’assetto legale e conferisce la responsabilità ai Produttori di organizzare la gestione dei PFU. È prevista la possibilità di costituzione di una società senza scopo di lucro per gestire i PFU attraverso le soluzioni più economiche. I produttori hanno l’obbligo di monitorare e rendicontare alle autorità nazionali. Purtroppo, in Italia, perdura l’attesa di un Decreto attuativo che definisca modalità e tempi di attuazione del sistema integrato che dovrebbe coinvolgere tutti gli attori della filiera e tale mancanza ha ingenerato nel tempo una situazione di criticità che si manifesta: - nel mancato controllo sui flussi dei PFU; - sull’insufficiente implementazione dell’utilizzo dei PFU e dei suoi derivati; - sull’assenza di una razionalizzazione tra le varie componenti del sistema (raccolta, trasporto, recupero e reimpiego). In realtà qualcosa, si sta muovendo. Infatti, nel 2009 è nata Ecopneus Spa, Società consortile creata da Bridgestone, Continental, Goodyear Dunlop, Marangoni Michelin e Pirelli per gestire il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e la destinazione finale dei PFU in Italia, sulla base del riferimento normativo rappresentato dall’art. n. 228 del D. Lgs. 152/2006, Testo Unico Ambientale.

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Di tutto questo e delle prospettive del neonato sistema si è parlato durante il Convegno nazionale a cura di Ecopneus Spa: Gestione dei Pneumatici Fuori Uso: un sistema al nastro di partenza (ECOMONDO – Fiera di Rimini, 30 ottobre), che ha visto la prestigiosa presenza di tutti gli attori del settore insieme al Ministero dell’Ambiente: Corrado Scapino - Presidente FISE-UNIRE, Fazilet Cinaralp - Segretario Generale ETRMA, European Tyre & Rubber Manufacturers Association, Ettore Musacchi - Presidente Consorzio ARGO, Roberto Quaranta - Presidente ASSORIGOM, Renzo Servadei - Segretario Generale FEDERPNEUS, Paola Ficco - Responsabile attività normativa Fondazione Sviluppo Sostenibile, Salvatore Di Carlo - Responsabile ELV Fiat Group Automobiles. Nel corso del convegno Massimo Lepri, membro della Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha annunciato l’ormai prossima emanazione del Decreto, avviato alle fasi conclusive dell’iter formale previsto. Il sistema che sarà attuato è fondato sul principio della “responsabilità del Produttore”, secondo il quale le aziende che producono o importano e distribuiscono pneumatici sono responsabili della raccolta e recupero del prodotto a fine vita, un approccio che in Europa ha già portato a risultati importanti di recupero di questo prezioso materiale. I Produttori/Importatori saranno dunque tenuti ogni anno a gestire (assicurando raccolta, trasporto, recupero e smaltimento) una quantità di PFU equivalenti a quanto immesso nel mercato del ricambio nell’anno precedente. Date ed obiettivi del sistema: entro il 31 dicembre 2010 dovrà essere controllato dal sistema almeno il 35% dei PFU immessi nel mercato;

entro il 31 dicembre 2011 dovrà essere raggiunto il target del 100%. Il sistema sarà finanziato attraverso un contributo ambientale (comma 2, articolo 228 del D. Lgs. 152/06) che, come avviene già oggi, sarà pagato al momento dell’acquisto dei nuovi pneumatici; l’importo sarà indicato in modo trasparente e chiaro sulla fattura di acquisto. Si tratterà di un sistema senza fini di lucro, che punta ad una progressiva ottimizzazione di tutti i costi di sistema. Eventuali risorse disponibili saranno destinate ad attività negli anni successivi, e per il 30%, potranno essere utilizzate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per la bonifica e recupero di siti dove esistono stock storici abbandonati, una realtà presente un po’ in tutta Italia. Nel corso del convegno, Giovanni Corbetta, Direttore Generale Ecopneus, ha illustrato gli obiettivi prioritari sui quali sarà impegnato il sistema Ecopneus: “Anzitutto combattere l’illegalità, raccogliendo alla fonte, controllando le destinazioni e monitorando ogni passaggio del sistema; quindi incrementare il recupero di materiale, sviluppando nuove applicazioni; commplessivamente, dunque, riequilibrare il tutto attivando controlli efficaci”. L’obiettivo più generale sarà quello di valorizzare un materiale prezioso versatile e dalle eccellenti potenzialità di riutilizzo, quale è il pneumatico fuori uso, oggi ancora largamente disperso nell’ambiente ed esposto al rischio di incendi. Assicurare la raccolta e invio a recupero del 100% dei PFU in Italia, renderà dunque disponibile una materia prima seconda preziosa, permetterà il consoldiamento e sviluppo di un intero settore industriale e potrà prevenire gravi rischi ambientali.


RECUPERO DEI PFU: I VANTAGGI DI UNA PRATICA VIRTUOSA Quello del recupero e riciclo dei PFU è un argomento che sin dai sui primi “passi”, il Notiziario ha sviluppato cercando, come da mission, di implementare “informazione ed aggiornamento per gli operatori del settore”. Ebbene, riandando con la memoria a qualche tempo fa, ad esempio, nel numero di Giugno del 2007, alla pag. 5 (“Quale futuro per le vecchie gomme?”), si legge: “Proprio sulla ricostruzione o rigenerazione, su l’Etat de la planète si può leggere un dato interessante: “il processo richiede solo il 30% dell’energia necessaria alla fabbricazione di un nuovo pneumatico: ogni anno, negli Stati Uniti, 45 milioni di pneumatici servono a fabbricare 25 milioni di pneumatici”. Oltre ad un evidente risparmio energetico pari al 70% la rigenerazione di un pneumatico comporta un risparmio notevole nei consumi di greggio; infatti mentre per la produzione di un pneumatico nuovo vengono utilizzati tra i 20 e i 28 litri di petrolio, nel caso di una ricostruzione la quantità di idrocarburo si riduce a circa 5,5 litri. Non solo, attraverso la ricostruzione si stima che sia preservato l’80% del pneumatico da un’anticipata eliminazione mediante incenerimento o deposito in discarica. Come riportato su Quattroruote, secondo l’AIRP - l’Associazione che raggruppa i ricostruttori di gomma italiani – l’uso di pneumatici ricostruiti ha permesso di risparmiare, nel 2005, ben 166 milioni di litri di petrolio, con un abbattimento dei costi stimabile in 290 milioni di Euro. Se la ricostruzione dei pneumatici esausti appare, per evidenti motivi economici ed ecologici, la soluzione più auspicabile, senza contare che, per esempio, l’acquisto di pneumatici ricostituiti da parte di Pubbliche Amministrazioni potrebbe rientrare in quel Green Public Procurement i cui effetti stentano a manifestarsi malgrado il D. Lgs 203/2003…” Ricordiamo che un sistema virtuoso che avvia al riciclo e al recupero effettivo prodotti a fine vita determina conseguenze positive sull’ambiente e, di conseguenza sulla collettività. In una Nota di stampa, Ecopneus sintetizza tali vantaggi proponendo una distinzione per effetti su macro aree Vantaggi ambientali • Riutilizzo di una risorsa che, se non recuperata (non essendo biodegradabile), andrebbe ad essere smaltita in discarica; • possibilità di bonificare siti si smaltimento e depositi abusivi; • minor depauperamento del territorio, dal momento che l’utilizzo di granuli di PFU per la costituzione di sottofondi stradali e manti asfaltati andrebbe ad incidere negativamente sul prelievo in situ di ghiaia ed inerti da cave e letti fluviali; • minor impiego di materie prime (spesso di importazione). Vantaggi economici • Riduzione della quantità dei rifiuti smaltiti in discarica e minori costi a carico della collettività; • Recupero della frazione metallica (acciaio); • Minor importazione di combustibili tradizionali. Vantaggi nei processi industriali di trattamento • Fasi di lavorazione più pulite; • Contributo alla sicurezza stradale dal momento che le coperture stradali che utilizzano granuli di PFU reagiscono meglio al bagnato, contribuiscono all’assorbimento del rumore e riducono l’usura dei pneumatici nuovi.

Ecopneus Ecopneus scpa è la società consortile nata nel 2009 per gestire il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e la destinazione finale dei Pneumatici Fuori Uso (PFU) in Italia. La mission della società, infatti, abbraccia tutti gli aspetti gestionali del sistema; in particolare, Ecopneus deve: • identificare tutti i punti della generazione del rifiuto-pneumatico, con la mappatura completa di tutti i gommisti e delle stazioni di servizio operanti in Italia per monitorare i luoghi in cui i pneumatici vengono identificati come “fuori uso”; • ottimizzare la parte logistica del sistema, nel trasporto dei PFU dai gommisti, ai centri di stoccaggio, agli impianti di riciclo; • garantire il processo di recupero per alimentare tutti gli operatori, con un flusso di PFU da recuperare costante e garantito, per poter sostenere un’economia locale che si rifletta positivamente su quella nazionale; • promuovere nuovi impieghi dei PFU, stimolando i ricercatori ed i decisori di ogni livello verso l’ampliamento delle possibilità di riutilizzo dei PFU, sia negli ambiti già conosciuti, sia in applicazioni innovative; • effettuare monitoraggio e rendicontazione, per evitare la dispersione dei PFU in modo illegale, rendendo trasparente ogni passaggio e favorendo una rendicontazione corretta.

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Normativa italiana La principale fonte normativa di riferimento per la gestione dei PFU è, ad oggi, l’art. n. 228 del D. Lgs. n. 152/06, più noto come Testo Unico Ambientale, che riporta quanto segue: “Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di ottimizzare il recupero dei Pneumatici Fuori Uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di Pneumatici Fuori Uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell’obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall’obbligo di cui al comma 1. Il trasferimento all’eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per il recupero, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell’anno precedente costituisce adempimento dell’obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell’inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.” Il nuovo decreto di attuazione è in corso di definizione.

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Presentato a Roma il XVII Rapporto ACI-Censis

GLI ITALIANI RIDUCONO L’USO DELL’AUTO: PERCORSI 600 KM IN MENO NEL 2009 Aumentano le spese per parcheggio (+50%) e multe (+57%) a cura di Fabio Bastianelli

Gli italiani riducono l’uso dell’auto, ma i costi di gestione rimangono elevati e i problemi sulle strade sono sempre sotto gli occhi di tutti. È quanto emerge dal Rapporto Automobile 2009 realizzato dall’ACI in collaborazione con Censis Servizi, intitolato “Da una congiuntura costrittiva a una mobilità eco-compatibile” e presentato a Roma. Nell’ultimo anno la crisi economica ha spinto gli automobilisti a percorrere mediamente 600 chilometri in meno rispetto al 2007. Gli aumenti di alcuni costi di gestione, soprattutto legati al parcheggio (+50%) e alle multe (+57%), hanno favorito nuove forme di mobilità diverse dall’auto a vantaggio anche del trasporto pubblico locale che rimane però incapace di rispondere alle aspettative dei cittadini. Il 28,8% degli automobilisti vorrebbe sostituire la propria vettura con una più moderna anche se usata, magari approfittando di incentivi. L’indagine evidenzia il perdurare delle cattive abitudini degli italiani al volante: violazione del divieto di sosta, eccesso di velocità, parcheggio in doppia fila e mancato uso delle cinture di sicurezza sono le infrazioni più ricorrenti. I giovani sono la categoria più trasgressiva, soprattutto per l’abuso di alcol associato alla guida, mentre gli over 55 risultano i più corretti anche per il minor uso dell’auto. La velocità e l’abuso di sostanze alcoliche sono ritenuti i principali nemici della sicurezza stradale. Sull’alcol gli italiani chiedono linea dura: il 72% degli intervistati è favorevole al carcere per gli ubriachi che causano un incidente mortale, mentre il 45% ritiene comunque opportuni più controlli e sanzioni severe. “Il Rapporto ACI-Censis - dichiara il presidente dell’Automobile Club d’Italia, Enrico Gelpi - mette in luce alcuni paradossi della mobilità italiana. Quello più allarmante riguarda la sicurezza: gli automobilisti hanno poca fiducia verso gli altri pur avendo la presunzione che i propri comportamenti non

destino preoccupazione. I giovani sono i più trasgressivi ma chiedono maggiori controlli sulle strade. Ciò impone la realizzazione di un percorso formativo continuo che parta dall’obbligo della prova pratica per il patentino dei ciclomotori, prosegua a 17 anni con un anno di apprendistato alla guida di un’auto affiancati da un tutor, e si consolidi con corsi periodici di guida sicura presso una struttura qualificata come i Centri di Guida Sicura dell’ACI”. “Lo studio - ha proseguito Gelpi - conferma l’inadeguatezza del trasporto pubblico locale che non riesce a costituire una valida alternativa all’auto nemmeno in tempo di crisi: anche se bus e tram fanno registrare un incremento del 7,9% della domanda, il 46,3% degli italiani rifiuta il mezzo pubblico perché scomodo e poco pratico. Poiché non si riesce a fare a meno dell’auto, è opportuno prevedere una nuova serie di incentivi nel 2010 per favorire il rinnovo del parco veicolare con vetture a basso impatto ambientale e dotate dei principali dispositivi per la sicurezza. Tali incentivi dovrebbero essere estesi anche alle auto usate più moderne”. Nel suo intervento Gelpi ha tenuto a precisare che l’ACI non promuove l’utilizzo dell’auto a tutti i costi, poiché è convinta che il trasporto pubblico locale è l’unica modalità in grado di decongestionare il traffico e di consentire l’adeguata accessibilità ai centri urbani. Purtroppo, ad un continuo incremento della domanda non corrisponde, però, un’offerta caratterizzata da quegli standard di qualità del servizio che sarebbero necessari affinché il ricorso al mezzo pubblico non sia determinato da qualunque tipo di contingenza, ma si consolidi come abitudine. Per una sintesi del Rapporto si veda il box alla pagina successiva.

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DA UNA CONGIUNTURA COSTRITTIVA AD UNA MOBILITÀ ECO-COMPATIBILE Sintesi 1. L’auto al tempo della crisi - 13% automobili resta in garage - percorsi meno chilometri/anno: 15.700 (-3,7%) - leggera flessione costi di gestione: 3.306€/anno (-0,9%) - cresce costo giornaliero (13€); stabile costo chilometrico (0,21€) - si spende meno per benzina (-5,2%) e assicurazione (-7,3%) - si spende molto di più per parcheggio (+50%) e multe (+57%) - “seconda scelta”: mezzi pubblici (41,2%), piedi (34,3), bici (16,3), scooter (15,7) - cresce utilizzo mezzi pubblici urbani (+7,9) e extraurbani (+8,2), due ruote (+9,6) e bici (+8). 2. Sicurezza: emergenza alcol e pirateria - In calo incidenti (-3,0%), morti (-9,5%) e feriti (-2,1%) - costi sociali: 30,3 miliardi di euro = 2% PIL - velocità (59,3%) e alcol (59,1%) i principali nemici della sicurezza - alcol e droga prima preoccupazione per “under 30” - allarme “binge drinking”: 8,5 milioni a rischio di cui il 22,1% di 18-24enni - 3,4% giovani non limita i consumi prima di guidare - etilometro, test in aumento: almeno 1 controllo = 9,2% patentati; più di un controllo = 2,3% - bocciate tabelle alcolemia: efficaci solo per il 14,5% - guida accompagnata a 17 anni? Contrari 7 automobilisti su 10 - campagne informative? Utili solo per 8,8% - divieto di vendita alcolici? Ok solo per 4,2% - meccanismi che impediscono accensione motore? Ok solo per 12,1% - 72% favorevole a carcere per chi causa incidente mortale con droga o alcol - pirateria, primo semestre 2009: 214 casi (+57%), 43 morti (-10%), 263 feriti (+107%) - smascherato il 75% dei pirati; 1 su 4 resta ignoto - infrazioni: “under 35” i più trasgressivi; “over 55” i più responsabili - infrazioni non pericolose: divieto di sosta (27,7%), doppia fila (21,2), frecce (12,7) - infrazioni molto pericolose: limiti di velocità (24,3%), cinture (19,2%), inversione a U (10,0%). 3. Ambiente. Traffico e inquinamento: provvedimenti inadeguati - Interventi sul traffico: poco o per nulla efficienti (43,9%) - interventi su inquinamento: inadeguati (54,3%) - voti (da 1 a 5) più alti a interventi su trasporto pubblico: - incremento mezzi urbani (3,47) ed extraurbani (3,46); parcheggi di scambio (3,16); rinnovo totale flotta TPL (3,12); isole pedonali (3,02); ztl (2,92); - estensione fasce orarie a traffico limitato (2,86) - targhe alterne (2,42). 4. Mercato: incentivi e eco-incentivi? Sì, grazie! - Incentivi: riducono inquinamento (34,8%); rilanciano settore (22,2%); svecchiano parco (21,6%) - eco-incentivi: parco più ecologico (74%); inducono acquisto auto meno inquinanti (69%) - l’auto che vorrei: straniera (57,7%); made in Italy (41%) - cresce la voglia di gpl (14,3%) e metano (13,7%) - diesel (+1,7) supera benzina; elettrica (1,2%) e ibrida (3,8%) per pochi - donne: utilitaria o city-car (anche usata); uomini: berlina prestigiosa o SUV (nuova) - cala interesse per optional e attrezzature elettroniche. Fonte: XVII Rapporto ACI-Censis Servizi

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LA TECNOLOGIA DEL NUOVO AMBIENTE

MRG Recuperatore gas residuo Attrezzatura per la messa in sicurezza di serbatoi di GPL e Metano. Nel ciclo GPL recupera la parte liquida, brucia la parte gassosa residua ed effettua lavaggio con azoto. Nel ciclo Metano brucia il gas residuo ed effettua lavaggio con azoto. Rispetta le direttive CE.

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