Polieco magazine settembre 2008

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Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 2 al n. 9 Settembre 2008 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona

M A G A Z I N E n. 2 - Settembre 2008


EDITORIALE Appena tre mesi fa, poco prima della stagione estiva, il Consorzio PolieCo, per meglio costruire relazioni di comunicazione biderezionali fra il proprio organismo e la molteplicità dei soggetti riceventi l’oggetto della comunicazione stessa o quanti hanno la necessità di conoscere gli elementi informativi sottesi al messaggio stesso, ha inteso promuovere la redazione di questo Magazine che, se pur piccolo nel formato, si è da subito caratterizzato per la ricchezza dei contenuti e dei contributi. Questa seconda uscita, che inaugura ed apre il lavoro della seconda parte dell’anno, si pone nel solco delle tante iniziative intraprese dal Consorzio, per implementare la propria immagine e garantirsi uno spazio di autonomia informativa in un Paese dove l’informazione ambientale è sempre più settorializzata e distante dalla base della società. I tanti contributi presenti nel Magazine, tra cui si sottolinea una prestigiosa ed originale intervista rilasciataci dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, On. Stefania Prestigiacomo ed una pregevole riflessione del dott. Alberto Pierobon, membro della Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, sull’appli-

cazione della tassa/tariffa sui rifiuti urbani, offrono al lettore una panoramica nazionale delle problematiche inerenti la questione del recupero dei rifiuti. Non solo, a cura del noto Professor Franco Silvano Toni di Cigoli dell’Università di Padova sarà brevemente, ma esaustivamente, presentata una originale riflessione sul diritto ambientale italiano in relazione a quello europeo. Sul fronte della comunicazione interna non si può sottacere della breve sintesi che presenta i più che positivi risultati conseguiti dal Consorzio nel 2007, mentre, sul versante della informazione circa manife-

stazioni ed eventi in tema di protezione dell’ambiente, si rimanda il lettore all’articolo relativo alla giornata di lavoro “Le nuove strategie investigative per il contrasto ai crimini incendiari”, organizzata il 30 luglio, a Cittaducale (RI) dal Corpo Forestale dello Stato, alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Guido Bertolaso e del Capo del Corpo Forestale dello Stato, Cesare Patrone. A questo punto, prima di augurare una buona lettura non resta che salutare con un arrivederci a Rimini, dal 5 all’8 novembre, alla 12° edizione della Fiera del Recupero di Materia ed Energia, ECOMONDO 2008, dove, ancora una volta, PolieCo sarà protagonista attraverso una nuova strategia di partecipazione che prevede la sponsorizzazione della prestigiosa Area Caffè Scienza (dove avverranno incontri, dibattiti e tavole rotonde con i più famosi personaggi del settore ambiente); la promozione di un importante Convegno sulla Legislazione nazionale e comunitaria in materia di rifiuti (Sala Neri 1 - Venerdì 7 Novembre - ore 9.00/18.00), e, naturalmente, uno spazio espositivo istituzionale all’interno dell’area dedicata ai Consorzi di recupero/riciclo.

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PolieCo MagazineSOMMARIO GLI OBIETTIVI DEL MINISTRO DELL’AMBIENTE PER IL FUTURO DEL PAESE Intervista all’On. Ministro Stefania Prestigiacomo di Traiano Bertollini

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I RISULTATI 2007: POSITIVO IL BILANCIO DEL RICICLO Ancora una volta superato l’obiettivo nazionale di Enrico Bobbio

IL DIRITTO DELL’AMBIENTE [AL DI LÀ DEL DIRITTO DOMESTICO] IN EUROPA ED IL CORRELATO, CORRISPONDENTE, DEFINITIVO ED INESORABILE DECLINO DEL DIRITTO NAZIONALE IN MATERIA di Franco Silvano Toni di Cigoli

APPLICAZIONE (E RIDUZIONE) DELLA TASSA O TARIFFA PER I SERVIZI DEI RIFIUTI ASSIMILATI AGLI URBANI di Alberto Pierobon

Scuola del Corpo Forestale dello Stato LE NUOVE STRATEGIE PER COMBATTERE I CRIMINI AMBIENTALI di Donatella Mancini

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Istituzioni n. 2 - Settembre 2008

GLI OBIETTIVI DEL MINISTRO DELL’AMBIENTE PER IL FUTURO DEL PAESE Intervista all’On. Ministro Stefania Prestigiacomo di Traiano Bertollini

Conciliare sviluppo e tutela dell’ambiente è la vera sfida per il presente ed il futuro dei Paesi industrializzati. Fin dal giorno del proprio insediamento il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo ha deciso di farsi carico di una politica in grado di uscire dallo stretto recinto del fondamentalismo ambientalista, tenendo comunque alta la guardia rispetto a quanti nell’ambiente individuano irresponsabilmente un tesoro inesauribile da saccheggiare a mani basse. Passare in rassegna nell’arco di un’intervista l’intera materia oggetto del lavoro del dicastero è evidentemente impossibile, ma le dichiarazioni rese dal Ministro Prestigiacomo evidenziano con nitidezza alcuni degli obiettivi considerati strategici dall’attuale governo. Comparazioni con le politiche energetiche dei principali partner europei, ritorno al nuclerare, fonti rinnovabili, riconsiderazione del carbone come vettore energetico, ma prima di tutto alcune considerazioni sullo stato dell’ambiente in Italia. Ministro Prestigiacomo quali sono le emergenze principali che il suo dicastero dovrà affrontare nei prossimi anni? La nostra filosofia è massima severità nella protezione dell’ambiente, - esordisce la titolare del dicastero - ma anche efficienza e tempi ragionevoli per le valutazioni di impatto ambientale. Sono fermamente convinta che si debba aprire una fase in cui sviluppo e ambiente non siano contrapposti, ma siano piuttosto due facce della stessa medaglia. Le emergenze sono, come sempre, molte. Abbiamo superato quella dei rifiuti in Campania ed ora stiamo lavorando per avviare le bonifiche dei siti inquinati e mettere a regime un sistema che funzioni con termovalorizzatori e recupero dei materiali attraverso la raccolta differenziata. Credo però che in prospettiva la vera emergenza ambientale sia quella dei gas serra. La situazione che ho trovato all’atto del mio insediamento è preoccupante: negli ultimi 10 anni anziché ridurre le emissioni di CO2 le abbiamo aumentate. Siamo fuori dei parametri di Kyoto del 18%. Ci sarà molto da lavorare. Guardando fuori dai nostri confini registriamo che la Germania, per il proprio fabbisogno energetico, si basa sul nucleare per il 30%; la Francia per il 30% e l’Inghilterra per il 20%. Perché i nostri partner europei vengono considerati più sensibili alle tematiche ambientali rispetto all’Italia? La Germania, la Francia, l’Inghilterra, così attente all’ambiente, si sono affidate al nucleare e hanno consolidato le loro scelte energetiche con governi di ogni colore. Sono paesi che hanno saputo far prevalere le ragioni degli interessi

complessivi sulle scelte ideologiche (faccio notare che la componente politica degli ambientalisti è spesso più forte rispetto all’Italia). I nostri concorrenti europei e mondiali che hanno adottato il nucleare pagano l’energia molto meno di noi, sia per i consumi privati sia per quelli industriali, mentre l’Italia è gravemente penalizzata. E va ricordato che il nucleare non produce gas serra. Il nostro obiettivo è puntare a un equilibrio energetico che nel medio periodo ci consenta di arrivare al 25 % di rinnovabili, al 25% di nucleare e al 50% di combustibili fossili. Rischiamo di essere irrimediabilmente in ritardo nel tornare sui nostri passi o il nucleare è effettivamente la scelta migliore per consentire all’economia italiana di sottrarsi alla morsa dei continui rincari del settore petrolifero? Prima facevo riferimento al nostro programma di equilibrio energetico, sicuramente non facile da attuare, ma con effetti benefici sull’ambiente e sulla nostra economia. Noi intendiamo tutelare gli interessi dell’Italia e degli italiani e in questo ambito si inserisce l’opzione nucleare. Naturalmente il progetto per il ritorno al nucleare si svolgerà con le massime garanzie e i massimi controlli, nei tempi che la complessità di tale programma richiede.

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Nel quadro di una nuova politica energetica quale ruolo possono giocare le fonti rinnovabili? Scegliere le fonti rinnovabili non è più per l’Italia un’opzione, ma una necessità. Promuovere la ricerca in questo campo, riuscire a elaborare tecnologie capaci di farci sfruttare sole, vento, biomasse in maniera sempre più efficace è essenziale per il futuro del nostro paese, ma è anche una scommessa economica perché queste sono le tecnologie di domani. Deve essere promosso l’uso di fonti rinnovabili e al tempo stesso il potenziamento del comparto che consente lo sfruttamento di questo tipo di energia. Il nostro impegno sarà massimo: fa parte del programma di governo far uscire le rinnovabili dalla nicchia e farne una grande sfida in chiave di sviluppo energetico e industriale. L’aumento del prezzo del petrolio, fra le varie conseguenze, sta determinando una riconsiderazione del carbone quale vettore energetico. Non solo, da più parti si corteggia l’implementazione di tecnologie ibride per quanto riguarda l’utilizzo di biocarburanti. In che misura si intenderà sostenere la ricerca in questo settore strategico? È nostra intenzione sostenere tutte le iniziative finalizzate all’industrializzazione delle soluzioni innovative per l’uso sostenibile delle risorse naturali e per la riduzione delle emissioni. Promuoveremo l’innovazione tecnologica in modo da essere competitivi a livello internazionale. Il Ministero è molto attento alla ricerca, soprattutto nel campo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Studieremo e valuteremo tutte le proposte.

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Comunicazione

I RISULTATI 2007: POSITIVO IL BILANCIO DEL RICICLO

Ancora una volta superato l’obiettivo nazionale di Enrico Bobbio Presidente del Consorzio PolieCo

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È con grande orgoglio che, all’apertura della seconda pubblicazione del PolieCo Magazine, questa presidenza si ritrova a fornire all’attenzione dei Lettori, non solo Soci PolieCo, ma a quanti hanno a cuore le sorti dell’ambiente in Italia, i dati relativi ai più che positivi risultati conseguiti nell’anno 2007. Se si fa mente locale e si rammenta il fine istituzionale per il quale in Consorzio è stato creato [regimentare e gestire, anche se sotto forma di agenzia, i rifiuti di beni in polietilene, garantendone annualmente la raccolta, il recupero ed il riciclo per una quantità pari ad almeno il 15% dell’immesso al consumo] allora, possiamo affermare che il 2007 ci ha visto, ancora una volta, superare abbondantemente l’obiettivo imposto: infatti su un immesso stimato di circa 1 milione di tonnellate, PolieCo ha garantito il riciclo di oltre 350.000 ton., raggiungendo, così, ben il 35% dell’immesso al consumo. Ovviamente non intendiamo certo “sederci sugli allori” e, dato che con le tradizionali attività del Consorzio, difficilmente, in futuro, si riuscirebbe a superare questo risultato, a partire dall’anno in corso intendiamo promuovere processi di recupero e riciclo in alcune nicchie particolari del mercato, vale a dire: il recupero e riciclo di bossoli usati (recuperati nelle riserve di caccia e nei poligoni di tiro), il recupero e riciclo di giocattoli dismessi ed infine il recupero e riciclo di reti da sci esauste. Inoltre, ci siamo attivati per siglare un Accordo con le Province delle Regioni Commissariate, per migliorare la raccolta ed il recupero dei rifiuti di beni in polietilene, in particolare quelli provenienti dal comparto agricolo (attivando, per l’occasione, il coinvolgimento delle Associazioni di categoria). Purtroppo, non si può sottacere di come il comparto del recupero e del riciclo, si trovi, in Italia, in un frangente di criticità, dovuto, talvolta anche, alla difficoltà di interpretazione di quelle norme che dovrebbero, viceversa, supportare e garantire il sistema. Tuttavia, consci della situazione attuale, onde garantire alle nostre Imprese la possibilità di avviare forme di collaborazione e nuovi sbocchi di mercato, abbiamo inteso favorire nuove sinergie con i Paesi emergenti dell’Asia (di cui la Cina rappresenta il mercato più appetibile, al momento) e dell’Est europeo. In questo senso, al fine di un completo monitoraggio dei flussi di materiali da e verso Paesi terzi, ci stiamo muovendo per l’istituzione di un Ufficio che si occupi delle pratiche necessarie per l’esportazione legale di rifiuti. Allo stesso tempo, consolidando l’esperienza maturata all’ultima edizione della Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia, ECOMONDO 2007, dove il Consorzio si è distinto, non solo per la propria Area istituzionale, ma anche per i prestigiosi Convegni e Corsi di Formazione ivi realizzati, si è inteso attiva-

re una serie di esperienze analoghe in varie regioni d’Italia con l’intento di raggiungere puntualmente tutti i soggetti della filiera dello smaltimento dei rifiuti di beni in polietilene, là dove essi operano. Nate dalle competenze maturate all’interno del Centro Studi PolieCo e dalla collaborazione attiva con “Diritto all’Ambiente - Corsi & Formazione”, le Giornate di Formazione PolieCo, partendo dall’analisi delle normative sia comunitarie che nazionali, hanno posto l’accento sui riferimenti e gli obblighi ai quali le imprese devono conformarsi e le procedure che gli Organi di controllo (Noe, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Province, Polizia Provinciale, rete ARPA/APPA) devono rispettare affinché le verifiche presso le Aziende non compromettano il processo produttivo e, contemporaneamente, affinché le stesse Imprese possano operare al meglio (senza incappare in informazioni incomplete che potrebbero esporle al rischio di sanzioni amministrative e penali). Sono proseguite, inoltre, le attività di contatto con le realtà produttive cinesi per conseguire le autorizzazioni necessarie per l’esportazione legale di rifiuti; il tutto compiuto attraverso la collaborazione di rappresentanti del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e rappresentanti delle Istituzioni Cinesi. In più, si ricorda che nonostante lo stop sopravvenuto con la rivisitazione del Testo Unico ambientale, il Consorzio si sta attivando, con l’Osservatorio preposto, per certificare le Aziende interessate dal processo di Green Public Procurment. In questo senso stiamo lavorando ad un protocollo di intesa che tenda alla certificazione tanto della materia prima e seconda utilizzata nei processi produttivi, quanto dei manufatti con esse realizzati. Già 10 Aziende stanno attendendo la conclusione dell’iter certificativi, altre 40 sono in attesa di iniziare l’iter. Sul settore energia ci piace ricordare che l’attività di sperimentazione delle celle combustibili ad idrogeno (realizzate con Curti Riso e Riso Ticino) sta continuando favorevolmente, così come sta continuando la sperimentale produzione di diesel derivante da scarti misti plastici a prevalenza di polietilene proveniente dalle nostre piattaforme di selezione. Le prossime date di novembre ci vedranno, come sempre, protagonisti della 12° edizione della Fiera internazionale del recupero di materia ed energia, ECOMONDO di Rimini, dove porteremo l’esperienza del Consorzio e delle nostre Aziende, per socializzare insieme le problematiche del comparto e analizzare le prospettive future certi del buon operare delle imprese italiane del recupero e della loro missione ecologica. In particolare, all’interno della manifestazione, si sottolinea l’evento del Convegno sulla Legislazione nazionale e comunitaria in materia di rifiuti che si svolgerà Venerdì 7 Novembre dalle 9.00 alle 18.00 presso la Sala Neri 1.

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Normativa n. 2 - Settembre 2008

IL DIRITTO DELL’AMBIENTE [AL DI LÀ DEL DIRITTO DOMESTICO] IN EUROPA ED IL CORRELATO, CORRISPONDENTE, DEFINITIVO ED INESORABILE DECLINO DEL DIRITTO NAZIONALE IN MATERIA di Franco Silvano Toni di Cigoli Docente di diritto del commercio internazionale nell’Università di Padova - Visiting Fellow at the British Institute on Internazional and Comparative Law (BIICL) in London

Il titolo introduce il tema qui proposto con una duplice affermazione: a) la prima affermazione è quella che induce a sostenere come il diritto dell’ambiente non sia un diritto che possa essere considerato come un diritto di carattere domestico (sia questo il caso di quello italiano, lituano, inglese, e così via) allorquando si faccia riferimento allo spazio giuridico europeo e si tratti, appunto, di uno dei 27 ordinamenti ricompresi nell’ambito comunitario; b) la seconda affermazione, sempre introdotta con il titolo, è quella che induce a sostenere come si possa legittimamente dire che in materia ambientale [rectius, “anche” in materia ambientale] si stia assistendo al definitivo ed inesorabile declino del diritto nazionale, allorquando, parimenti, si faccia riferimento allo spazio giuridico europeo. Le due affermazioni, da leggersi come strettamente correlate, sono anche conseguenti in ragione del fatto che il diritto dell’ambiente è [ormai], e forse da sempre almeno per quanto concerne la sua origine, al di là del diritto domestico così che il diritto nazionale in materia è definitivamente ed inesorabilmente considerabile in via di declino [con ciò appunto recuperandosi l’origine comunitaria cosiccome, del resto, internazionale del diritto dell’ambiente stesso]. Da queste affermazioni discende una prima semplice constatazione: l’atto di tradurre la politica ambientale in diritto ha (sempre più) come sede privilegiata non tanto Roma, ma Brussels e Strasburgo: e ciò anche quando si voglia parlare di diritto ambientale per l’Italia [ammesso, ma non concesso, che si possa parlare in alcun caso di un diritto ambientale, stante la nota diffidenza che in ampi ambiti accademici è riscontrata rispetto ad un diritto che possa dirsi ambientale, se non addirittura rispetto ad una sua possibile esistenza scientificamente parlando]. È a tutti nota la rivoluzione che il diritto nazionale è andato - in Europa, in generale - subendo, stante l’intervenuta erosione di sovranità come subita dagli Stati Membri (Italia, quindi, compresa) i quali hanno - in vaste aree e tra queste quella ambientale - ormai ceduto il proprio “potere” ad altri [nella fattispecie cedendolo all’Unione europea ed alla Comunità Europea, sempre per restare sull’ampio]. Ed anche i più riottosi a comprendere le nuove geometrie del diritto saranno ormai restati senza dubbi dopo gli interventi - specialissimi in materia e giuridicamente godibilissimi - della Corte Costituzionale: interventi che, nell’autunno dello scorso anno, hanno fatto cadere con le “foglie appunto autunnali” anche le ultime attardate resistenze concettuali circa una immediata prevalenza del diritto comunitario ed una conseguente ed altrettanto immediata soccombenza del diritto nazionale (se occorra, anche attraverso una disapplicazione di questo ultimo). Gli ultimi baluardi di resistenza a difesa di una ormai archeologica concezione del diritto (resistenza che potremmo parafrasare con “più Stato più Europa”) sembrerebbero a questo punto attestati sulla distinzione tra regolamenti [su questi, comunque, i resistenti si dichiarano ormai definitivamente sconfitti] e direttive [poichè su queste si vorrebbe fallacemente ancora esercitare qualche

distinzione affinché ciò che è giuridicamente già accaduto altrove - in Italia possa accadere dopo, molto tempo dopo, ed addirittura, non accadere]. A questo proposito si potrebbero invitare i detti “resistenti” a leggere una veramente bella sentenza della Corte di Cassazione italiana [9 novembre 2006, n. 23937] sufficientemente recente ed atta a confermare come consolidato un orientamento di indubbio interesse applicativo [anche perché consente di dare corpo e quindi carne e sangue al profilo teorico-giuridico fin qui, in estrema sintesi, enunciato]. Viene, in detta pronuncia, ribadito come le disposizioni di una direttiva comunitaria non attuata [o non compiutamente e correttamente attuata] abbiano efficacia diretta nell’ordinamento dei singoli Stati membri - sempre che siano sufficientemente precise e lo Stato destinatario sia inadempiente per inutile decorso del termine accordato per dare attuazione alla direttiva - limitatamente ai rapporti tra le Autorità dello Stato inadempiente e i singoli soggetti privati [cosiddetta efficacia verticale]; ciò in quanto esclusivamente in tal senso si è pronunciata la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea [vincolante per i giudici nazionali]. Stabilito ciò, è il caso, però, di aggiungere, come [nel paesaggio giuridico del diritto comunitario] esistano, o possano esistere, soggetti privati equiparati od equiparabili allo Stato: ed affinché un soggetto privato possa essere equiparato allo Stato, al fine dell’applicabilità nei suoi confronti delle disposizioni di direttive non attuate, è necessario non soltanto che si tratti di un organismo incaricato di un servizio di interesse pubblico, ma anche che esso disponga, a tale scopo, di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli. È chiaro, quindi, che quanto alle direttive comunitarie non attuate [o non compiutamente o correttamente attuate] esistono soggetti privati a cui le dette direttive “in deficit di attuazione” si applicano e tra questi, in Italia, proprio quei soggetti [il rinvio è all’ormai famosa ordinanza della Corte di Cassazione, Sezioni Civili Unite, del 15 febbraio 2006, n. 3275, emessa a favore del PolieCo, ma a valere, ovviamente per tutti i consorzi di gestione dei rifiuti ex Parte IV del d. lgs. del 3 aprile 2006, n. 152 e sue successive modificazioni] che siano depositari di un pubblico servizio ed abbiano autorità riconosciuta in materia [esattamente le stesse parole usate nell’ordinanza citata dallo stesso Giudice della Corte di Cassazione]. Ed a questo punto può essere utile tratteggiare una qualche morale di carattere giuridico circa “la piccola storia” sin qui illustrata: lo Stato-membro Italia ed i Consorzi nazionali in materia di gestione dei rifiuti [il detto PolieCo e gli altri] risultano essere sullo stesso piano giuridico circa le direttive e le loro attuazioni; ed il principio qui enunciato è ovviamente foriero di una qualche rilevanza applicativa [si pensi alla nuova direttiva in materia di rifiuti con cui presto si dovranno fare i conti]. E ci pare il caso, al momento, di non aggiungere altro, salvo una finale precisazione: “se gli Stati Membri non sono tenuti ad adottare le misure di recepimento di una direttiva prima della scadenza del termine previsto a tal fine, gli stessi Stati Membri, in pendenza di tale termine, devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere la realizzazione dello scopo previsto dalla direttiva stessa”, così si è pronunciata la Corte di Giustizia delle Comunità Europee con la sentenza del 14 giugno 2007 nella causa C - 422/05, Commissione delle Comunità Europee contro Regno del Belgio [ed è così disegnabile giuridicamente come inderogabile un “prima del dopo” circa le direttive ed il loro effetto sul diritto ambientale domestico (Italia, quindi, compresa)].

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Normativa

L’APPLICAZIONE (E LA RIDUZIONE) DELLA TASSA O TARIFFA PER I SERVIZI DEI RIFIUTI ASSIMILATI AGLI URBANI di Alberto Pierobon

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La disciplina dei rifiuti speciali assimilabili od assimilati agli urbani assume rilievo sostanzialmente almeno sotto tre profili: a) appartenenza alla gestione del servizio in privativa, per certe fasi, da parte dei Comuni; b) soggezione all’obbligo di pagamento della tassa (TARSU), ovvero della tariffa (TIA), per la fruizione di tale servizio; c) possibilità di smaltimento in discariche di prima categoria e/o in altri impianti destinati ai rifiuti urbani. In base al D.Lgs n. 152/2006 “Ai rifiuti assimilati, entro un anno, si applica esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantità conferite che deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, è determinata dall’amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li producono. A tale tariffazione si applica una riduzione, fissata dall’amministrazione comunale, in proporzione alle quantità dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti urbani”. La riduzione dell’ammontare della TARSU o TIA è prevista da norme di legge, ed è obbligatoria, ma la sua determinazione va disciplinata da una norma regolamentare, non potendo il funzionario responsabile del tributo direttamente determinare la riduzione della tariffa in base ad un criterio meramente proporzionale alla quantità e qualità dei rifiuti assimilati avviati al recupero direttamente dall’operatore (criterio che incide limitatamente alla quota variabile della futura tariffa), in quanto occorre tenere conto dei costi fissi e generali del servizio e dei costi dei servizi collettivi o comuni coperti dalla tassa ed in futuro dalla tariffa (ad esempio, spazzamento della viabilità pubblica, del verde pubblico e dei cimiteri, dei costi di manutenzione delle discariche esaurite e di finanziamento dell’investimento nonché dell’attività di controllo sulla gestione). Tali costi rimangono, sia pure in parte, a carico degli operatori, anche se in ipotesi dimostrino di avere avviato al recupero tutti i rifiuti assimilati (ottenendo la riduzione della tassa o l’esonero completo della quota variabile della tariffa) oltre alla gestione in proprio degli eventuali rifiuti speciali e pericolosi. Circa la misura di riduzione della tassa, la Circolare del Ministero delle Finanze n. 111 del 21.05.1999 ritiene che “la stessa possa essere calcolata in base ad un coefficiente attenuato di proporzionalità ai rifiuti destinati al recupero, eventualmente ancorato alle percentuali obbligatorie di raccolta differenziata e di recupero e riciclo prescritte dalle direttive comunitarie (artt.24 e 37 del D.Lgs. 22/97). Il valore massimo di tale coefficiente va

comunque determinato in modo che, anche nel caso di documentato recupero totale dei rifiuti assimilati, non comporti l’esonero integrale del prelievo per tener conto del residuo carico relativo ai costi comuni e collettivi da coprire con la tassa…”. Si tenga presente che il Comune, una volta adottata la dichiarazione di assimilabilità, ha l’obbligo di provvedere allo smaltimento (anche) dei rifiuti ‘’assimilati’’ ed il correlativo diritto di applicare la tassa o la tariffa con riferimento alla superficie dei locali dove questi si formano. Si badi che nel nuovo Codice ambientale la gestione integrata riguarda le sole attività di smaltimento dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, non dei rifiuti speciali e nemmeno le attività di recupero. I Comuni hanno però la facoltà di istituire dei servizi integrativi per lo smaltimento dei rifiuti speciali assimilati e non, con conferimento previo convenzionamento da parte dei detentori al gestore di tali servizi, salvo l’autosmaltimento e/o il conferimento a terzi autorizzati. Non esiste un obbligo per il produttore e/o il detentore di conferimento dei propri rifiuti assimilati al servizio pubblico, salvo quelli destinati allo smaltimento, ma questi soggetti potrebbero venire indotti a preferire il conferimento dei rifiuti assimilati al gestore del servizio pubblico (fin dalla fase della raccolta) non soltanto dalla presumibile convenienza economica, ma anche perché, in tale caso, essi si liberano immediatamente da ogni responsabilità in ordine ai rifiuti conferiti (art.188, comma terzo, D.Lgs. n.152/2006) rimanendo esonerati dalla dichiarazione annuale per il catasto dei rifiuti (art.189, comma 5° D.Lgs. cit.). Le stime di riscossione dei proventi tariffari sono poi condizionate dalla previsione dell’art.238, comma 10, del D.Lgs. 152/2006, ove “Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi”. Ma il mancato gettito non può essere spalmato sugli altri utenti. La riduzione che, come notato, riveste carattere obbligatorio, opera nella tariffa per la sola parte variabile, con un criterio di proporzionalità, tant’è che sembra essere più che opinabile, sotto vari profili, una determinazione della riduzione che sia meno che proporzionale di questa quota, oppure laddove siano posti dei “limiti”, quali ad esempio: il rimborso non può essere superiore ad una certa percentuale della quota variabile pur versandosi in una situazione di completo mancato conferimento di rifiuti,ecc., oppure, ancora, la riduzione percentuale della quota variabile non potrà comunque essere totale (al 100%) ma, al massimo l’80%, eccezion fatta se i rifiuti vengano ad essere conferiti ai servizi integrativi svolti dal servizio pubblico, nel qual caso la riduzione potrà essere totalitaria, e così via. Diverse sono le considerazioni che riguardano le riduzioni, delle superfici, le esclusioni e le esenzioni (parziali o totali). Inoltre ogni valutazione e scelta in merito richiama degli scenari (o bilanci) di convenienza che vanno formulati caso per caso dai produttori e/o detentori dei rifiuti di cui trattasi.

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Formazione n. 2 - Settembre 2008

Scuola del Corpo Forestale dello Stato LE NUOVE STRATEGIE PER COMBATTERE I CRIMINI AMBIENTALI di Donatella Mancini

I crimini ambientali stanno assumendo vaste proporzioni, destando sempre maggiori preoccupazioni tra coloro i quali sono delegati a contrastrali. La piaga degli incendi, in particolare, tormenta da anni le estati italiane, raggiungendo in alcuni casi, come nella stagione del 2007, livelli di altissima drammaticità, non solo in termini di ettari di vegetazione distrutta, ma anche di vittime umane causate dalla furia incendiaria. Nel 2008, considerando i dati registrati a fine Luglio, gli incendi sono diminuiti, rispetto all’anno precedente, del 60% grazie ad un maggior utilizzo da parte dei Comuni del Catasto delle aree bruciate, al crescente coordinamento tra le Forze di Polizia ed i Vigili del Fuoco ed anche a condizioni climatiche meno a rischio. Ma questo miglioramento non deve spingere ad abbassare la guardia. Lo sanno bene gli operatori del Corpo Forestale dello Stato che il 30 Luglio u.s. hanno organizzato, presso la Scuola del Corpo di Cittaducale (RI), una giornata di lavoro su “Le nuove strategie investigative per il contrasto ai crimini incendiari”, alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Guido Bertolaso, e del Capo del Corpo Forestale dello Stato, Cesare Patrone. All’incontro hanno partecipato, inoltre, Gaetano Priori, Comandante delle Scuole del Corpo Forestale dello Stato, e Maurizio Santoloci, Direttore del Centro Studi per la Promozione Scientifica e le Tecniche di Polizia Giudiziaria Ambientale. È stata anche l’occasione, come ha sottolineato il Comandante Priori, per presentare il 1° lavoro prodotto dal Centro Studi diretto da Santoloci, un documento operativo che tratta delle “novità” nel campo degli incendi boschivi e delle conseguenti strategie da mettere in atto per contrastare il fenomeno in evoluzione. Guido Bertolaso ha ricordato il 25° anniversario dell’incendio di Curraggia e Tempio Pausania (Sardegna) in cui persero la vita 9 persone e la recente tragedia di Peschici (Puglia) dello scorso anno. “Venticinque anni fa - ha detto - la Protezione Civile ancora non esisteva, mentre a Peschici ho vissuto in prima persona, insieme a Patrone, il dramma di quei giorni. In quell’occasione venne detto che lo Stato aveva abbandonato i cittadini, ma in

realtà noi eravamo presenti, mentre non ho visto rappresentanti di altre Istituzioni”. “Ritengo necessario - ha concluso - rivedere la Legge 353 (ndr: Legge quadro in materia di incendi boschivi - 21 Novembre 2000) per ridefinire ruoli e competenze”. Di seguito ha preso la parola Maurizio Santoloci, presentando le nuove strategie contro i crimini incendiari. “I crimini ambientali - ha affermato - sono in continua evoluzione, quindi la legge deve evolversi di conseguenza. Nel campo ambientale le leggi sono poco chiare, dunque la Polizia giudiziaria può in alcuni casi fornire elementi per la giurisprudenza: è necessario uno scatto di coraggio nell’interpretazione della legge. Nel caso dei crimini incendiari vanno modificati anche i termini: non si può più parlare di piromane, che è un malato, quando gli incendi, nella quasi totalità dei casi, vengono appiccati da criminali. Anche l’approccio verso l’incendio colposo va rivisto: in alcuni casi di incendio boschivo di natura colposa, messo in atto quando i fattori predisponenti l’incendio, climatici e di stato di vegetazione, sono estremi è possibile configurare l’ipotesi di dolo eventuale, in quanto il reo ha posto in atto la sua condotta senza alcuna preoccupazione per le conseguenze”. Cesare Patrone ha rivendicato la forte presenza dello Stato nelle situazioni di emergenza, bollando le polemiche come derivanti dalla scarsa conoscenza dei fatti. “Bertolaso - ha asserito - ha ragione quando parla della necessità di fare il tagliando alla 353 e l’organo più idoneo a fornire informazioni per eventuali modifiche alla legge sugli incendi boschivi è proprio il Corpo Forestale dello Stato, perché sperimenta sul campo i pregi, ma anche i limiti della normativa”. Interventi successivi da parte di Comandanti regionali e provinciali della Forestale hanno posto il problema delle terre abbandonate dagli agricoltori che prima erano le sentinelle del territorio. La mancanza della presenza umana ha reso il territorio più vulnerabile non solo agli incendi, ma alle aggressioni in genere. Santoloci, infine, ha fatto notare che bruciare residui agricoli, soprattutto da parte di aziende agricole, è un illecito, in quanto il Decreto Ronchi lo vieta. Pertanto sarebbe già sufficiente rispettare la normativa sui rifiuti speciali per evitare incendi di natura colposa.

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Da sx: Gaetano Priori, Cesare Patrone, Guido Bertolaso, Maurizio Santoloci

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