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n°8/9 Agosto-Settembre 2009 Anno X
Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona
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n° AGOSTO SETTEMBRE
8/9 2009
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n°8/9 Agosto-Settembre 2009 anno X
In copertina: Un’immagine del G8 a L’Aquila: Obama e Berlusconi davanti alle rovine del Palazzo del Governo (fonte: sito G8/ANSA, foto Ettore Ferrari)
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CAMBIAMENTI CLIMATICI
G8 - L’Aquila (8-10 luglio 2009) “Storico accordo sul clima” ma obiettivi a lungo termine e senza risorse Troppa enfasi alla riduzione delle emissioni e scarsi impegni per politiche economiche più sostenibili
10 Venezia, Meeting dell’IPCC (13-17 luglio 2009) Cambiamenti climatici: scenari dettagliati a livello di territorio Gettate le basi per il V Rapporto (2013-2014)
12 Bonn, Climate Change Talks (10-14 agosto 2009) “Camminando sulla sabbia bagnata” Sconfortanti risultati mettono a rischio la possibilità di raggiungere un accordo a Copenhagen
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QUALITÀ E AMBIENTE
L’UE attenta alla qualità della vita nelle città europee Alla ricerca della città sostenibile Da settembre le candidature per il Premio “Capitale Verde Europea 2012”
18 Dieci studi di fama mondiale ridisegnano il futuro di Parigi “Grand Paris” laboratorio della Grenelle dell’Ambiente Sarkozy ribadisce le opportunità di rilancio economico-sociale connesse alla riorganizzazione urbana della metropoli di Massimo Lombardi
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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE
Una Guida dall’esperienza della Provincia Autonoma di Trento Infrastrutture di trasporto e biodiversità IENE-Italia promuove la Road Ecology
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IL COMMENTO
Pubblicato il Decreto Ministero Sviluppo Economico 26.6.2009 (G.U. n. 158 del 10.07.2009) Linee Guida per la Certificazione energetica degli edifici Continua lo “spezzatino” normativo: ora manca il Regolamento sui Certificatori MATERIALE IN INSERTO D. M. n. 26.6.2009 (G.U. n. 158 del 10/07/2009) Linee Guida per la Certificazione energetica degli edifici
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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Adiconsum e ICMQ realizzano una Guida La Certificazione energetica degli edifici Gli obblighi, le scadenze, i benefici
36 MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Rimini, 28-31 ottobre 2009 A Rimini Fiera la “green economy”
Un nuovo sito UE sull’efficienza energetica in edilizia Build up: per essere informati sul risparmio energetico degli edifici Il portale interattivo verrà implementato direttamente dai suoi utenti
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38 Dopo 130 anni al bando la lampadina ad incandescenza trasparente La Rivoluzione europea delle lampadine La prossima generazione dei sistemi di illuminazione si baserà sugli OLED
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AGENDA 21
Maratona per gli Acquisti Verdi Dal 2 al 9 ottobre 2009 in tutt’Italia enti locali e imprese per promuovere gli acquisti verdi a cura della Segreteria del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane
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SERVIZI AMBIENTALI
UNIONPLAST - Federazione Gomma Plastica Bilancio economico del riciclo di materie plastiche 2008
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€CO-FINANZIAMENTI
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I QUESITI DEL LETTORE
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AGENDA - Eventi e Fiere
44 Agenda 21 della Valle Sangone Sostenibilità e azione nel governare negoziando Sottolineata la necessità di agire il più presto possibile a cura di Cinzia Zugolaro e Alessandra Cavone
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POLIECO MAGAZINE I PORTI D’ITALIA E D’EUROPA AMBIENTE ABRUZZO NEWS
UNO SPAZIO DEDICATO A...
Emilia-Romagna Il parco del futuro
CAMBIAMENTI CLIMATICI
G8 - L’Aquila (8-10 luglio 2009)
“STORICO ACCORDO SUL CLIMA” MA OBIETTIVI A LUNGO TERMINE E SENZA RISORSE Troppa enfasi alla riduzione delle emissioni e scarsi impegni per politiche economiche più sostenibili Le immagini diffuse dai media dei leader del G8, aggirantisi tra le rovine terremotate di L’Aquila, in occasione del Summit (8-10 luglio 2009), sono sembrate la metafora delle catastrofi economiche, sociali e ambientali, che le loro perseveranti inadempienze potrebbero provocare. Dal G8 era lecito attendersi che fossero finalmente affrontate le problematiche relative ad una pianificazione economica che riduca il consumo di risorse e tagli alle emissioni di CO2. Vero è che la lotta ai cambiamenti climatici è stata solo una delle principali tematiche discusse (le altre: la risposta alla crisi economica-finanziaria; la definizione di nuove regole per le attività economiche; l’attenzione alla dimensione sociale ed al lavoro; la lotta al protezionismo e la liberalizzazione del commercio mondiale; la risoluzione dei conflitti regionali; la sicurezza alimen-
tare), ma a guardar bene costituisce un fil rouge che interseca ed integra tutte le altre. Al di là delle roboanti e simboliche dichiarazioni, l’impressione che si ricava è che siano state rinviate a lungo termine le soluzioni concrete dei problemi di fondo. Emblematica al riguardo è la Dichiarazione sui cambiamenti climatici in cui si recita che i leader del G8 hanno condiviso l’opinione degli scienziati relativa alla necessità di contenere entro 2 °C l’aumento delle temperature globali sopra i livelli pre-industriali (impegno, preso nel corso del Major Economic Forum (MEF) del 9 luglio), e che si sono accordati sull’obiettivo a lungo termine di ridurre le emissioni globali di carbonio e gas serra di almeno il 50% entro l’anno 2050 e che in tale contesto i Paesi sviluppati arrivino ad una riduzione dell’80% o più entro lo stesso anno.
Fonte: sito G8/ANSA, foto Ettore Ferrari
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Senza voler minimizzare che è stato “un risultato di straordinaria portata storica l’accordo sul clima raggiunto a L’Aquila - come affermato dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo, perché - Per la prima volta nella storia i Paesi più industrializzati del mondo e quelli in via di sviluppo hanno messo nero su bianco l’impegno di contenere le emissioni di gas serra”, ci sembra tuttavia che non siano state esaudite completamente le richieste del mondo scientifico. I più importanti scienziati e climatologi mondiali avevano chiesto con una lettera indirizzata ai Ministri e ai Presidenti che hanno preso parte al Summit, di spingere per un’azione politica più efficace ed energica per una riduzione significativa di CO2 prima del 2020. “Questo è un momento cruciale per discutere di problematiche in vista del
Forum di Copenhagen, a dicembre, finalizzato a realizzare un accordo globale - ha dichiarato Michael Oppenheimer, Professore di Geoscienza alla Princeton University e firmatario della lettera - Gli scienziati di tutto il mondo sono chiamati ad inviare messaggi forti ai leader del G8 e del MEF perché, assieme alle altre nazioni ad alto inquinamento atmosferico, contribuiscano significativamente alla riduzione del rischio global warming e combattano la minaccia dei cambiamenti climatici. Questi Paesi dovrebbero promuovere la crescita di un’economia a basso uso di carbone e favorire una prosperità in casa come all’estero”. Di seguito elenchiamo le principali richieste sottoposte ai leader del G8 e del MEF: 1. Ammettere che l’attuale riscaldamento globale di 0.8 °C rispetto ai livelli pre-industriali ha già avuto un impatto significativo e che l’aumento delle temperature di 2 °C potrebbe creare grossi rischi e avere conseguenze irreversibili. 2. Impegnarsi a ridurre le emissioni di CO2 e di conseguenza l’effetto serra non più tardi del 2020 e di almeno il 50% entro il 2050 (il livello di riferimento è quello del 1990). 3. Per i Paesi sviluppati l’impegno di riduzione delle emissioni deve essere dell’80% entro il 2050 (il livello di riferimento è quello del 1990) con appropriati obiettivi intermedi da conseguire in vista del summit a Copenhagen. 4. I Paesi in via di sviluppo devono impegnarsi, in vista del vertice di Copenhagen, a sviluppare un programma di efficienza energetica, a ridurre la dipendenza dal carbone e tagliare le emissioni di CO2 nei prossimi 20 anni. Si dovrebbe poi delineare una strategia di crescita sostenibile, arrivando così ad una sostanziale riduzione delle emissioni. 5. Ammettere che l’impatto dei cambiamenti climatici esistenti dovrebbe portare ad una riduzione delle emissioni di CO2, prima nei Paesi industrializzati. Questi dovranno, quindi, aiutare i Paesi in via di sviluppo a perseguire obiettivi di crescita sostenibile e di un’economia più attenta all’ambiente attraverso azioni mirate e un importante supporto finanziario per la riduzione e il contenimento della deforestazione. Anche il Presidente dell’IPCC, Rajandra Pachauri ha evidenziato nel corso del
Meeting di Venezia (13-17 luglio) nel quale scienziati provenienti da tutto il mondo hanno fatto il punto sui rischi dei cambiamenti climatici e sulle misure necessarie per contrastarli (cfr: “Cambiamenti climatici: scenari dettagliati a livello di territorio - Gettate le basi per il V Rapporto (2013-2014)”, pag. 10 di questo stesso numero). “Il G8 non ha sufficientemente tenuto conto degli allarmi lanciati dagli scienziati sull’evoluzione del clima - ha osservato Pachauri - Da un lato i leader del G8 si sono accordati per arrivare all’obiettivo di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra dell’80% entro il 2050 di modo che la temperatura non aumenti oltre i 2 °C, ma dall’altro lato non hanno tenuto conto delle previsioni dell’IPCC secondo cui, per limitare l’aumento a 2 °C, dobbiamo fare in modo che le emissioni comincino a diminuire nel 2015”. “I leader avrebbero dovuto annunciare chiaramente la loro azione per ridurre le emissioni nel futuro prossimo - ha proseguito il Presidente IPCC - Non l’hanno fatto e io considero questa omissione come un vuoto che non è stato colmato”. Se l’IPCC è direttamente coinvolto sul piano scientifico, le dichiarazioni del Segretario dell’ONU Ban Ki-Moon assumono il valore di una bocciatura politica: “Il documento che è uscito dal G8 Clima de L’Aquila è strutturalmente insufficiente e nella sostanza inadeguato a combattere il grave problema dell’emergenza climatica mondiale. I traguardi finora indicati non bastano, il problema del clima è una responsabilità imperativa e storica per il futuro dell’umanità e del nostro Pianeta”. Inoltre, la IUNC (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) aveva chiesto che fossero rispettati gli impegni assunti con la Carta di Siracusa dove si evidenzia il ruolo fondamentale della biodiversità e degli ecosistemi nell’adattamento e nella mitigazione dei cambiamenti climatici. La IUNC ha denunciato una nuova corsa alla terra, soprattutto ai danni delle foreste africane e delle biodiversità e dei diritti dei popoli indigeni che ospitano, da parte di imprese europee, asiatiche e statunitensi, interessate all’espansione delle piantagioni dell’olio di palma per la produzione di biocarburante. Anche alcune delle più grandi imprese
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mondiali che partecipano alla campagna “Let The Clean Economy Begin”, tra cui Johnson&Johnson, Nike, Coca-Cola Company, Tetra Pak, Nokia, Lafarge, hanno rivolto un appello ai leader governativi affinché si raggiunga entro l’anno un accordo globale sul clima e vengano fissati ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. “Tradizionalmente sono i governi ad offrire alle imprese gli obiettivi ambientali - ha dichiarato Oliver Rapf, responsabile del Business & Industry Engagement WWF - Questa volta, molte aziende leader mondiali sono più avanti sulla questione e sono loro a sollecitare i governi a fornire un quadro di riferimento forte per ridurre le emissioni di CO2 a livello globale”. Non si tratta di un’operazione di greenwashing, perché tali imprese, pur vivendo uno sviluppo positivo con un aumento della loro redditività da quando hanno deciso di ridurre la propria impronta ecologica, contribuiscono in modo concreto a contrastare il global warming con un taglio di 50 milioni di tonnellate all’anno entro il 2010. “Chiamatela pulita, verde o semplicemente economia che crea posti di lavoro - ha dichiarato Dennis Jönsson, Presidente della Tetra Pack - Noi garantiamo la salvaguardia del clima tramite i nostri stessi prodotti, riducendo al minimo il nostro contributo netto al cambiamento climatico, tanto che Tetra Pack è impegnata a ridurre le proprie emissioni di CO2 del 10% entro il 2010”. Non ha avuto troppo peso sulle decisioni prese a L’Aquila nemmeno le “pagelle” alle politiche climatiche dei Paesi del G8 e dei principali Paesi emergenti (G5), diffuse una settimana prima e assegnate dal “G8 Climate Scorecards 2009” realizzato da Ecofys per conto del WWF e di Allianz Servizi Finanziari. Il Report, giunto alla 3a edizione considera ambiti come: - l’andamento delle emissioni di gas serra dal 1990; - la distanza dagli obiettivi nazionali del protocollo di Kyoto; - la quota di energie rinnovabili; - l’efficienza delle politiche climatiche. Nella considerazione generale che qualche sforzo è pur stato fatto, il Rapporto mette in evidenza che le azioni intraprese sono comunque insufficienti per
indirizzare il mondo verso un’economia a basso contenuto di carbonio e per limitare l’innalzamento della temperatura media globale al di sotto della soglia critica di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali; inoltre, si sottolinea che continua a mancare una chiara leadership tra le nazioni considerate. Nessuno dei Paesi G8 ha ottenuto la “promozione”. Come è possibile osservare dalla classifica generale (vedi figura), nessun Paese è stato “promosso” perché le pagelle mostrano “insufficienze” in varie materie (indicatori), in alcune casi anche “gravi”. I migliori, comunque, sono risultati Germania, Regno Unito e Francia per aver raggiunto o perché stanno avvicinando gli obiettivi nazionali previsti dal protocollo di Kyoto, mentre sono insufficienti le politiche di efficienza energetica e dei trasporti. L’Italia rimane al 4° posto per il terzo anno consecutivo, grazie alle basse emissioni pro-capite e PIL ma è ancora troppo lontana dagli obiettivi di Kyoto.
(Questa posizione di classifica potrebbe peggiorare a seguito delle recenti proposte politiche di ricorso al nucleare e delle centrali a carbone). Segue il Giappone che, pur avendo un’elevata efficienza energetica nel settore industriale, non diminuisce le sue emissioni totali. (Da osservare che le recenti elezioni politiche del 30 agosto ha rovesciato il precedente Governo restìo a tagliare drasticamente le emissioni, mentre il neo-Presidente Yukio Hatayama ha annunciato l’intenzione di dar seguito a quanto promesso in campagna elettorale di tagliare del 25% i gas serra entro il 2020 sulla base dei dati del 1990). Si colloca al 6° posto la Russia che, nonostante i trend positivi delle emissioni previsti da Kyoto, non attua misure per l’efficienza energetica. Recupera una posizione gli USA, nonostante non abbiano conseguito il disco verde in alcun indicatore, essendo il Paese G8 con le emissioni più elevate, che si prevedono in ulteriore crescita ed inefficaci politiche climatiche.
(C’è da osservare che l’Amministrazione Obama ha presentato piani ambiziosi per le politiche a favore del clima, che devono però ancora superare l’iter legislativo). Infine, il Canada che presenta un trend di emissioni in continua e costante crescita, nonostante il massiccio uso di energia idroelettrica le permetta di presentare tra i G8 il più basso livello di emissioni per ogni kW/h di elettricità prodotta. L’accordo globale c’è stato, ma solo sulla necessità di contenere a 2 °C il global warming, perché i G5 (Cina, India, Sudafrica, Messico, Brasile) non hanno sottoscritto gli obiettivi di riduzione delle emissioni, perché reputando che li penalizzino e li mettano sullo stesso piano dei Paesi industrializzati che hanno inquinato per 100 anni. Particolarmente agguerrita è stata l’India che ha accusato i Paesi ricchi di non aver voluto fissare obiettivi intermedi e che ha chiesto agli stessi un piano di finanziamenti per aiutare i Paesi emergenti a sostenere le conseguenze di un cambio nella politica degli approvvigionamenti energetici e, dunque, per tenere sotto controllo il riscaldamento globale entro i 2 °C proposti. Apparentemente meno intransigente dell’India, la Cina alterna dichiarazioni distensive con altre di avvertimento, mantenendo stretti contatti con l’India e con i Paesi africani in merito agli atteggiamenti da assumere per i Climate Change Talks. “Non c’è nessuno al mondo più ansioso di noi nel raggiungere il più presto possibile il picco delle emissioni” dichiarava il Capo negoziatore della delegazione cinese a Bonn, Yu Qingtai (Reuters, 5 agosto 2009), ma Su Wei, Direttore generale del Dipartimento di sviluppo internazionale e della Commissione per la riforma del cambiamento climatico, ha dichiarato che “le emissioni della Cina non continueranno ad aumentare dopo il 2050”, senza specificare tuttavia quando le emissioni di anidride carbonica potrebbero raggiungere il loro picco (Business Green, 17 agosto 2009). Nel suo discorso sulla sessione cambiamenti climatici all’11° Congresso nazionale del popolo (24-27 agosto 2009), Xie Zhenhua, Viceministro della Commissione di Stato per lo sviluppo e le riforme, nonché Capo dei negoziatori per Copenhagen, ha sollecitato il Comi-
Fonte: “G8 Climate Scorecards 2009” WWF - Allianz SF
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tato permanente NPC ad approvare la risoluzione proposta sui cambiamenti climatici per fare della Cina un Paese leader mondiale e per spingere affinché la Conferenza Mondiale sul Clima dell’UNFCCC consegua il successo di un accordo globale (la risoluzione è stata poi approvata il 27 agosto). Il giorno prima, però, incontrando il Ministro dell’Ambiente indiano Jairam Ramesh, aveva convenuto di intensificare le pressioni sui Paesi ricchi per abbandonare il target delle emissioni da loro proposte per i Paesi in via di sviluppo, nel corso dei Climate Change Talks dove “si parla molto, ma si fa ben poco” (Financial Time, 24 agosto 2009). Xie ha consegnato una sua relazione, secondo quanto riportato dal China Daily del 25 agosto, in cui spiega che “i Paesi sviluppati hanno sottostimato l’importanza dell’adattamento al cambiamento climatico, rapportandolo al rallentamento di velocità del cambiamento. Così, hanno contato sui meccanismi di mercato per il finanziamento e il trasferimento delle tecnologie, minimizzando le responsabilità dei loro Governi. I Paesi sviluppati hanno chiesto ai grandi Paesi in via di sviluppo di quantificare le loro emissioni. Però, i Paesi sviluppati hanno una responsabilità maggiore per gli attuali problemi del clima, dal momento che il loro rapporto tasso di emissione/abi-
tanti è assai elevato. I Paesi in via di sviluppo devono prendere la leadership del movimento, quantificando le loro riduzioni di emissioni e tenendo fede agli impegni presi per sostenere i Paesi in via di sviluppo con risorse finanziarie e tecnologiche”. Anche l’Africa, per bocca del Presidente della sessione ad alto livello African Partnership Forum (APF) che ha preso avvio il 24 agosto ad Addis Abeba, l’etiope Meles Zenawi ha minacciato di far saltare ogni accordo sui cambiamenti climatici se non saranno incluse chiare regole sulle compensazioni economiche che i Paesi ricchi dovranno versare per finanziare le misure di adattamento e mitigazione del global warming a cui i Paesi africani sono più soggetti di altri che, viceversa l’hanno determinato. “Se così non fosse siamo pronti ad uscire da ogni negoziato che rischia di diventare l’ennesima violenza nei confronti del nostro Continente”. Citando, poi, lo studio condotto dalla Maplecroft, società inglese di analisi dei rischi internazionali sul mondo degli affari che su un campione di 28 Paesi africani (166 sono stati quelli presi globalmente in considerazione) ne ha catalogati ben 22 “a rischio estremo”, Zenawi ha osservato che “Mentre il no-
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stro contributo al riscaldamento globale è trascurabile, l’impatto che esso ha su di noi è tutt’altro che trascurabile!” (African Press Organization, 27 agosto 2009). Non contribuirà di certo a creare un clima distensivo la recente decisione della Commissione UE di ridimensionare i piani finanziari per dare sostegno ai Paesi poveri per convincerli a combattere i cambiamenti climatici, mettendo pressione sui Paesi in via di sviluppo ad aumentare i loro contributi per un accordo a Copenhagen. L’indicazione prevista di un finanziamento annuo per i Paesi in via di sviluppo di 13-24 miliardi di euro entro il 2020 per un totale complessivo di circa 100 miliardi di euro, è stata abbassata secondo il progetto di relazione presentato dalla Commissione UE a 2-15 miliardi di euro. Il fatto è che si è data troppa enfasi alle percentuali di taglio delle emissioni e ai gradi di temperatura da non superare, sottacendo che i veri problemi sono di natura economico-finanziaria. La riduzione delle emissioni non può che discendere dalle politiche intraprese per percorsi economici più sostenibili, che evidentemente non si vogliono ancora imboccare.
Venezia, Meeting dell’IPCC (13-17 luglio 2009)
CAMBIAMENTI CLIMATICI: SCENARI DETTAGLIATI A LIVELLO DI TERRITORIO Gettate le basi per il V Rapporto (2013-2014)
A Venezia (13-17 luglio 2009), duecento esperti e scienziati nei veri campi della ricerca climatica (dalle osservazioni alla modellistica, dalla stima degli impatti fisici ed economici alle misure di mitigazione e di adattamento), provenienti da tutto il mondo, si sono riuniti per lo “Scoping Meeting del V Rapporto di Valutazione sui cambiamenti climatici dell’IPCC”. La scelta della località ha assunto un valore simbolico, dato che Venezia viene indicata dal Rapporto IPCC (2007) come città a rischio di sommersione per l’innalzamento del livello del mare, qualora continui l’attuale trend di aumento delle temperature globali. L’incontro ha costituito, l’inizio ufficiale dei lavori di realizzazione del prossimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), organismo nato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, la World Meteorological Organization (WMO) e l’United Nations Environment Programme (UNEP), a cui è affidata la valutazione dell’informazione tecnico-scientifica e socio-economica, considerata rilevante per comprendere i cambiamenti climatici, i possibili impatti sulla vita dell’uomo e le misure da mettere in atto per fronteggiarli. L’evento, organizzato dallo stesso IPCC e ospitato all’Isola di San Giorgio Maggiore, dove sorgerà il più grande centro di ricerca al mondo sul clima con 100 esperti provenienti da ogni angolo del Pianeta, si è avvalso della collaborazione del Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC), della Fondazione ENI Enrico Mattei (FEEM) e dell’International Center on Climate Governance (iniziativa
congiunta della FFEM e della Fondazione Giorgio Cini), è stato finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. “Questo lavoro preparatorio sarà forse più importante del V Rapporto IPCC stesso - ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo - perché già il prossimo anno i Governi e le Nazioni Unite avranno bisogno di indicazioni scientifiche e di valutazioni aggiornate sia sugli scenari climatici futuri sia sulla fattibilità delle misure di adattamento che dovranno essere adottate a partire dal 2012”. Non c’è alcun dubbio che gli aggiornamenti scientifici sono molti utili per evitare dubbi ed incertezze sulle azioni da intraprendere, ma il IV Rapporto reso noto nel 2007 “costituisce oggi il principale strumento scientifico per i responsabili politici per basare le loro decisioni in merito al cambiamento”, come ha osservato Rajendra Pachauri, Presidente IPCC, nel corso della Conferenza stampa tenuta a New York il 20 luglio nella sede dell’ONU, in merito agli impatti dei cambiamenti climatici che stanno divenendo “progressively serious”. Durante i 35 minuti del suo intervento (su YouTube è possibile ascoltarne una breve sintesi), Pachauri, dopo aver espresso il suo rammarico per l’assenza di obiettivi a medio termine per la riduzione delle emissioni al G8 de L’Aquila, ha spiegato che il V Rapporto IPCC verrà reso noto nel 2013-2014 e che non ci saranno relazioni più frequenti come richiesto da alcuni Governi: nel frattempo, “il quarto Assessment Report (AR4) è il cuore universale di riferimento
Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore che ha ospitato il Meeting dell’IPCC
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scientifico per l’attuale comprensione dei cambiamenti climatici. È la principale fonte di informazione scientifica per l’UNFCCC, sotto la quale Convenzione si terrà a Copenhagen nel dicembre 2009 la prossima Conferenza delle Parti. Se non otterremo un accordo soddisfacente a Copenhagen, è chiaro che le implicazioni umanitarie e i relativi costi umanitari saranno rilevanti, questo sfortunatamente sarà particolarmente grave per le comunità del mondo meno favorite”. Pachauri a Venezia, spogliandosi del suo ruolo istituzionale, ha voluto anche replicare alle critiche che sono state mosse al suo Paese (India) per aver guidato l’opposizione dei Paesi G5 al vertice de L’Aquila agli obiettivi proposti da USA-UE di una riduzione delle emissioni del 50% nei Paesi emergenti entro il 2050. “L’India prende in considerazione la questione del cambiamento climatico - ha osservato il Presidente IPCC - il Governo Indiano ha creato un piano d’azione per il cambiamento climatico i cui dettagli saranno resi noti in questi mesi. Come India produciamo una tonnellata di emissioni di CO2 pro capite rispetto alle venti degli USA. Quattro milioni di persone non accedono alla corrente elettrica. La nostra preoccupazione è che se le politiche di riduzione verrano implementate ovunque e nello stesso modo, in India le persone continueranno ad essere povere”. Recuperando il suo status, Pachauri ha dichiarato che “è molto importante che i Paesi maggiormente industrializzati siano da esempio nell’attuazione di politiche di riduzione delle emissioni di gas serra, che sarebbe la via più efficace, etica ed equa per far in modo che anche i Paesi in via di sviluppo possano ridurre le loro emissioni rispetto allo scenario previsto in assenza di politiche ad hoc”.
Ovviamente, l’obiettivo fissato al G8 de L’Aquila di mantenere l’innalzamento della temperatura globale entro i 2 °C entro la fine del secolo, a Venezia ha costituito motivo di discussione. La sensazione diffusa è stata improntata ad un certo pessimismo, perché difficilmente si riuscirà a raggiungerlo, ma è importante che la politica abbia segnato in maniera più chiara un limite. Servirebbero dieci anni di tempo, secondo Carlo Carraro, unico italiano nel Comitato esecutivo dell’IPCC e Responsabile della ricerca economica sul clima della Fondazione ENI Enrico Mattei e del CMCC, per fermare l’aumento a 2 °C. “Credo che l’obiettivo dei 2 °C non sia ormai più alla nostra portata - ha spiegato Carraro - è possibile però superarlo di poco e investire molto in adattamento. Il tempo stringe, se il Senato americano approverà a novembre il “Climate Bill” sul taglio delle emissioni [n.d.r: vedi “Obama vince la prima partita, ma con grande sofferenza” in Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 20009, pag. 20 e segg.], ci sono speranze che a Copenhagen si raggiungano risultati concreti”. Anche per Antonio Navarra, Presidente del CMCC, “l’impegno politico sul 2 °C è un obiettivo difficile da raggiungere. Per rispettare le promesse dovremmo assistere ad una brusca frenata dell’emissione di gas serra. È stata comunque fissata un’asticella ed è molto utile avere un limite definitivo su cui lavorare”. Navarra ha relazionato sul contributo che potrà fornire al V Rapporto IPCC, CIRCE (il più grande progetto di ricerca
sull’evoluzione del Mediterraneo), del quale è il coordinatore, dal momento che il lavoro dei prossimi anni dell’IPCC si concentrerà di più sui livelli regionali, e il “Climate Change and Impact Research: The Mediterranean Environment”, lanciato nel 2007, è stato un precursore di tale approccio. “L’obiettivo è ridurre le incertezze nelle nostre previsioni - ha affermato Riccardo Valentini, CMCC - Università della Tuscia - e affinarle con una regionalizzazione più locale”. Il V Rapporto, infatti, a differenza del precedente affronterà scenari di cambiamenti climatici molto più dettagliati sia a livello temporale che locale, anche per soddisfare le esigenze della Governance che vuole sapere che cosa avverrà nei prossimi decenni, non solo al 2100, e dove si verificheranno gli eventi, per meglio pianificare gli investimenti di adattamento. In questo contesto, verrà dato maggior risalto alle aree geografiche più critiche del Pianeta, quali i Poli, l’Asia monsonica, l’Africa, l’Amazzonia e il Mediterraneo. “Il Mediterraneo si sta distinguendo sempre più come una zona altamente significativa per lo studio globale dei cambiamenti climatici - ha osservato Sergio Castellari, Focal Point IPCC- Italia - è un’area di confine dove gli impatti dei mutamenti in atto possono aumentare più i quanto si sia finora immaginato: ondate di calore ravvicinate, risorse idriche a rischio, agricoltura e foreste danneggiate”. Il prossimo Rapporto IPCC porrà anche l’accento sugli aspetti economici e sociali causati dai cambiamenti climatici, vista la loro stretta connessione, mentre avranno un rilevo particolare le tecnologie e le strategie per ridurre la CO2 e i suoi effetti. “Dobbiamo definire i modelli scientifici che ci consentiranno di predire gli andamenti del clima - ha sottolineato Corrado Clini, Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e negoziatore per l’Italia - ma per la prima volta, oltre ai dati scientifici, il Rapporto IPCC conterrà anche i fattori economici e sociali che deriveranno dalle conseguenze dei cambiamenti climatici e tratterà anche il tema delle tecnologie necessarie a mitigarne gli effetti”. Di fatto quel che è uscito da Venezia è l’“indice” del Rapporto AR5, cioè la lista dei contenuti che saranno l’oggetto delle attività dei Gruppi di Lavoro (Working Groups) e del volume di sintesi (Synthesis Report): - il WG1 si occupa delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici; - il WG 2 tratta gli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi naturali e socio-economici e della loro vulnerabilità e delle opzioni di adattamento; - il WG3 studia i modi di mitigazione, ossia come ridurre le emissioni di gas serra. Il documento preparato sarà messo a disposizione di tutti i Paesi membri dell’IPCC e alle organizzazioni scientifiche per i commenti e le osservazioni e, successivamente, sarà esaminato dalle sessioni dei tre WG, per essere poi approvato, nella versione finale, dalla 31a Sessione Plenaria IPCC che si svolgerà a Bali (Indonesia), dal 26 al 29 ottobre 2009.
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Bonn, Climate Change Talks (10-14 agosto 2009)
“CAMMINANDO SULLA SABBIA BAGNATA”
Sconfortanti risultati mettono a rischio la possibilità di raggiungere un accordo a Copenhagen
Non ci sono state dichiarazioni ufficiali al termine delle riunioni informali delle sessioni Working Group Kyoto Protocol (WG-KP) e Long-term Cooperative Action (WG-LCA) dei Climate Change Talks, che si sono svolte a Bonn (10-14 agosto), ma che non abbiano prodotto risultati incoraggianti non c’è alcun dubbio. Forse, è stato il peggior Climate Change Talks dell’anno, nonostante si sia svolto a poco più di 100 giorni della riunione decisiva di Copenhagen, se il Presidente del Gruppo di Lavoro Michael Zammit Cutajar che solitamente mantiene sempre un atteggiamento positivo su come procedono i lavori, si è lasciato andare ad una dichiarazione quanto mai preoccupata: “I think we are walking trough wet sand” (Reuters, 2 settembre 2009). La similitudine di camminare tra la sabbia bagnata usata da Zammit Cutajar per indicare l’impervia e difficoltosa strada da percorrere, chiarisce che i colloqui per raggiungere un nuovo patto globale sul clima si sono impantanati. Sottolineando, poi, come il negoziato che si sta svolgendo è molto più difficile e complicato di quello che aveva portato al Protocollo di Kyoto, il Presidente della WG ha ricordato che due mesi
prima dell’accordo si mettevano a punto le opzioni sulla base di un testo di 30 pagine. Ora siamo già a 200 pagine “che nessuno leggerà per intero - ha osservato Zammit Cutajar - Ovviamente ci sono dei tatticismi, nessun Paese vuole esporre le sue reali intenzioni prima degli altri. Ma qualcuno dovrà pur iniziare”. “Con tale ritmo nessun accordo verrà raggiunto a Copenhagen - ha dichiarato Yvo de Boer, Segretario esecutivo dell’UNFCCC, sottolineando che i Paesi industrializzati dovranno dare prova di maggior ambizione, in termini di significativa riduzione delle emissioni nel medio termine. “C’è bisogno di una chiara indicazione - ha aggiunto de Boer - delle entità delle risorse finanziarie e tecnologiche che i Paesi industrializzati sono pronti a fornire per aiutare i Paesi PVS a continuare una crescita economica verde e ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici”. “Senza impegni in materia di finanziamenti, è impossibile pensare di raggiungere un solido accordo sul clima. È come chiedere ad un manager di dirigere una società senza fargli vedere il bilancio - ha detto Kim Carstensen, Responsabile del Global Climate Inizia-
tive del WWF, augurandosi che - I G20 a Pittsburgh a settembre siano in grado di mobilitare risorse al riguardo, pari a circa 160 miliardi di euro all’anno”. Perciò, c’è molta attesa per il vertice sui cambiamenti climatici di New York (22 settembre) a cui sono stati invitati dal segretario dell’ONU, Ban Ki-moon i leader mondiali, prima che il Gruppo G20 si riunisca a Pittsburgh (USA) il 24-25 settembre, dove sono previste discussioni, oltre che su problemi economici, sulle forme di finanziamento per misure di adattamento e mitigazione per i cambiamenti cliamatici. In rapida successione si svolgerà a Bangkok, dal 28 settembre al 9 ottobre 2009, la riunione formale dei Climate Change Talks. I colloqui informali di Bonn dovevano servire a ridurre il testo negoziale che si era notevolmente infoltito dopo la serie di emendamenti presentati ad vari Paesi nel corso dei Climate Change Talks di giugno, ma in realtà si sono enfatizzati i punti di maggior disaccordo costituiti da: - risorse finanziarie per le azioni di mitigazione ed adattamento nei Paesi in via di sviluppo;
Un veicolo commerciale, posto di fronte all’Hotel Maritime dove si sono svolti i Climate Change Talks, utilizzato da Greenpeace come sirena per richiamare l’attenzione sui rischi derivanti dai cambiamenti climatici (fonte: IISD)
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- entità del contributo di riduzione delle emissioni di ciascuna delle Parti, nello spirito del principio di responsabilità comuni, ma differenziate; - norme sulla proprietà intellettuale delle tecnologie verdi. Sul primo aspetto, i Paesi in via di sviluppo, mantenendo la loro posizione di continuare la crescita industriale, insistono sulla responsabilità storica delle nazioni ricche per il riscaldamento globale in atto, per cui questi dovrebbero aiutare i PVS ad acquisire le tecnologie necessarie per arrestare le emissioni di gas serra, mentre i Paesi industrializzati e l’Unione Europea vogliono che, prima di mettere soldi sul tavolo, i PVS definiscano almeno delle strategie nazionali di riduzione dei gas serra. L’altro nodo sul quale non sono stati fatti passi in avanti è, appunto, la definizione delle rispettive responsabilità. L’UNFCCC per l’occasione ha reso noto che, sulla base degli impegni presi dalle nazioni industrializzate si raggiungerebbe un taglio del 15-21% rispetto i livelli del 1990; ben lontano quindi dall’obiettivo del 25-40% che l’organismo scientifico delle Nazioni Unite (IPCC) indica come necessario per fermare il riscaldamento globale entro la soglia critica di 2°C. Da questi numeri, peraltro, sono esclusi gli USA che non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto, anche se l’Amministrazione Obama ha sempre ribadito di voler sottoscrivere il nuovo accordo. Tuttavia, il loro impegno a ridurre entro il 2020 le emissioni del 17% rispetto ai livelli del 2005, preferendo concentrarsi sul lungo periodo, non soddisfa i PVS che chiedono un impegno del 40% nel medio termine.
L’offerta più ambiziosa, tra il gruppo dei Paesi industrializzati, è stata fatta dall’Unione europea che è disponibile ad aumentare il taglio dal 20% al 30%, qualora gli altri Paesi sviluppati, in particolare gli USA, assumano impegni comparabili. Uno dei negoziatori dell’UE, Artur Runge-Metzger, ha ribadito, comunque, che i Paesi sviluppati hanno fornito indicazioni sull’entità del contributo, non altrettanto hanno fatto i PVS che debbono, comunque, partecipare alla lotta contro i cambiamenti climatici. Cina e India, da parte loro, hanno ribadito che non saranno disponibili a fissare obiettivi di limitazione delle emissioni se i Paesi sviluppati non si impegneranno a ridurre le proprie del 40% entro il 2020 sulla base dei livelli 1990 e finanziare l’adozione di tecnologie low-carbon. Proprio le tecnologie climate-friendly e i loro brevetti costituiscono il terzo pomo della discordia. Sono stati i Paesi del G77 a proporre che “vengono immediatamente intrapresi tutti i passi necessari per escludere per legge i brevetti sulle tecnologie verdi detenuti dai Paesi elencati nell’Allegato II, che possono essere utilizzate per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici”. I Paesi sviluppati, soprattutto Giappone, Austrialia, Canada, USA e Svizzera si oppongono a tale richiesta per poter garantire l’innovazione e lo sviluppo tecnologico. I G77 hanno rappresentato che i diritti di proprietà costituiscono un onere insostenibile per i Paesi più poveri, chiedendo di poter usufruire
delle compulsory licensing for patented technologies, previsto dal Trade Related Intellectual Property Rights (TRIPS) del WTO, che permettono di rilasciare licenze obbligatorie per la produzione o l’importazione di determinati prodotti brevettati, di fronte ad emergenze, calamità e pericoli per la salute pubblica. Ma hanno ricevuto un ulteriore diniego. Il negoziatore statunitense Todd Stern, nel corso di un’udienza svoltasi il 10 settembre al Senato in merito all’indipendenza energetica degli USA e ai colloqui in seno all’UNFCCC, ha dichiarato che i colloqui internazionali per ridurre le emissioni di carbonio sono risultati difficili. “Permettettemi di dire senza mezzi termini che il tenore dei negoziati, secondo l’iter formale tracciato dall’ONU è difficile. Il tempo è breve e le trattative si stanno arenando a causa delle posizioni troppo distanti tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo”. Stern ha osservato che l’approvazione prima della fine dell’anno, da parte del Senato Americano, dopo che è già stata varata dalla Camera, dell’American Clean Energy and Security Act (ACESA) darebbe un notevole impulso ai colloqui. Anche il negoziatore della Svezia che detiene la Presidenza di turno dell’Unione Europea, Andreas Turesson ha convenuto che i colloqui vanno a rilento e che a Bangkok dovrà verificarsi un vero e proprio cambiamento di marcia se si vuol raggiungere un accordo a Copenhagen.
Le firme dei partecipanti al Climate Change Talks di Bonn per sottoscrivere l’appello di Ban Ki-moon “Seal the Deal” (fonte: IISD)
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QUALITÀ E AMBIENTE
LʼUE attenta alla qualità della vita nelle città europee
ALLA RICERCA DELLA CITTÀ SOSTENIBILE Da settembre le candidature per il Premio “Capitale Verde Europea 2012” La Commissione UE si appresta a presentare una Relazione sullo stato delle città europee (prevista per il mese di settembre 2009) che fa un’analisi più dettagliata dei dati raccolti nell’ambito del progetto pilota Urban Audit, che dal 1998 fornisce una miniera di informazioni statistiche raccolte ogni tre anni in 321 città europee. La raccolta dei dati sulle condizioni di vita nelle città rappresenta uno strumento importante per una strategia di coesione europea, ma anche per le politiche dei vari livelli istituzionali (nazionale, regionale e locale) di misure ed investimenti più mirati in funzione dei bisogni rilevati. La popolazione della Terra vive, ormai, nelle metropoli e città: in Europa circa il 75% e si prevede che entro il 2020
la percentuale salirà all’80%. Ne consegue che la domanda di terra dentro ed attorno le città sta diventando un problema assillante e lo sprawl urbano modifica il paesaggio ed incide sulla qualità della vita e dell’ambiente in modo determinante. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization) considera la pianificazione urbana un fattore decisivo per la salvaguardia della salute dei cittadini e dello sviluppo economico. Nel frattempo, l’Agenzia Europea per l’Ambiente (Environmental European Agency) ha pubblicato di recente l’importante Report sulla condizione delle città d’Europa “Ensuring quality of life in cities and towns”, a cui sono seguite due comunicazioni sull’argo-
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mento “Urban frontrunners-cities and the fight against global warming” (sulla capacità delle metropoli e città europee di affrontare il riscaldamento climatico), e “Cities of the future - how will european cities adapt to new climate conditions?” (sulle soluzioni innovative di progettazione urbana che stanno predisponendo le città per adattarsi ai cambiamenti climatici). Il Report “Garantire la qualità della vita nelle città europee” mira ad analizzare da diverse prospettive la percezione della qualità della vita con un focus specifico sulla metropoli e città cittadine, senza per altro definire il concetto, perché gli autori riconoscono che esso presuppone aspetti soggettivi: sono gli individui e il loro rappresentanti politici che debbono accordarsi secondo i propri bisogni e scopi. Il concetto di qualità della vita comprende solitamente obiettivi ed indicatori sociali a lungo termine, talvolta in contrasto con quelli più specifici e a breve termine, che guidano maggiormente le misure politiche. Ma le politiche che si rivolgono in par-
ticolare a risolvere specifici problemi immediati, rischiano di provocarne altri a lungo termine. L’impatto climatico che affliggerà le città europee, determinerà un aggravamento delle condizioni sociali e una esasperazione dei problemi “urbani”, se non verranno adottate soluzioni innovative per ridurre i rischi alla salute, garantire le infrastrutture essenziali, la disponibilità di energia, trasporti e risorse idriche. La chiave per la soluzione a questi problemi consiste in una adeguata pianificazione urbana che, migliorando il mercato delle nuove tecnologie e delle architetture ecologiche, creerà anche nuove opportunità di lavoro. Tuttavia, sono ancora poche le città che, nella consapevolezza progettare adesso eviterà di sostenere enormi spese in futuro, si stanno attrezzando con soluzioni adeguate. Progetti a larga scala e di prospettive a lungo termine necessitano di responsabilità condivise a tutti i livelli della politica, con un approccio integrato: le città traggono supporto dalla politica dell’Unione Europea e l’Europa, a sua volta, assicura la complementarietà delle azioni locali, garantendo una piena rappresentanza delle aree regionali nelle operazioni di decisione delle strategie. Le città sono molto vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici per questo occorre trovare soluzioni innovative per ridurre i rischi: è questo il tema di “Aree urbane all’avanguardia nel combattere il riscaldamento globale”, pubblicato il 15 giugno. Le città d’Europa, grandi concentrazioni di attività umane, consumano il 69% del fabbisogno energetico del continente, e quindi producono la maggior parte delle emissioni di gas serra. Al contempo, però, le caratteristiche dei centri urbani offrono importanti opportunità di vita sostenibile. Già, la densità della popolazione nelle città significa brevi viaggi per lavoro e servizi, un maggiore uso del trasporto pubblico, inoltre le piccole abitazioni, tipiche delle grandi città, richiedono meno consumi energetici per illuminazione e riscaldamento. Di conseguenza, gli abitanti delle aree urbane consumano meno energia pro capite rispetto ai residenti delle aree rurali. In alcune città, i responsabili politici stanno guardando avanti, attuando una
serie di misure volte a combattere le emissioni di gas serra. L’aspetto cruciale è costituito dalla pianificazione delle città, in modo da facilitare il più basso consumo di energia pro capite, utilizzando strumenti come il trasporto urbano sostenibile e alloggi a basso consumo energetico. Nuove tecnologie per l’efficienza energetica e fonti rinnovabili, come quella solare o eolica e l’uso di combustibili alternativi, sono altrettanto importanti, come la possibilità per gli individui e le organizzazioni di cambiare il loro comportamento. In Spagna, a Barcellona, grazie al Piano per il miglioramento energetico 2002-2010, è in aumento l’uso di fonti energetiche rinnovabili (in particolare l’energia solare), si sta riducendo l’uso di fonti energetiche non rinnovabili e quindi le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia. Västra Hamnen è una nuova area residenziale a “carbonio neutro” a Malmö (Svezia). Le sue 1 000 case ottengono il proprio approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili: energia solare, energia eolica e l’acqua (attraverso una pompa di calore che estrae calore da acqua di mare e da una falda acquifera). Altre città, per esempio Rotterdam, l’Aia, Londra e Newcastle, si sono impegnate diventare a “carbonio neutro”. Una città da sola non può affrontare la sfida del cambiamento climatico. Ma lavorando insieme, le città stanno sviluppando azioni congiunte. Con il suo approccio ambizioso, Londra ha ispirato gli altri e ha preso la direzione politica del cambiamento climatico tra le grandi città, per esempio, è leader nel gruppo delle C40 Large Cities. Il Patto dei Sindaci è l’iniziativa più ambiziosa della Commissione europea, che coinvolge città e cittadini nella lotta contro il riscaldamento globale. Le autorità locali e regionali che aderiscono a questo patto si impegnino formalmente a ridurre le loro emissioni di CO2 di oltre il 20% entro il 2020. Per fare ciò, essi devono sviluppare e attuare piani d’azione per l’energia sostenibile e comunicare le misure e le azioni degli attori locali. L’ultimo intervento, “Città del futuro. Come si adatteranno le città europee alle nuove condizioni climatiche?”, pubblicato il 27 luglio 2009, prende in esame le azioni di adattamento, intra-
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prese da alcune città. Nel 2008, Barcellona ha dovuto far fronte all’importazione di acqua tramite navi-cisterna ordinato ingenti quantità di acqua erogata in cisterne per servire la sua popolazione e i turisti. Nel 2003, l’ondata di caldo estivo ha ucciso 14.800 persone in Francia, 18.000 in Italia, e nel complesso circa 52.000 in tutta Europa. Nel 2002, Dresda e altre città tedesche sono state sommerse dall’acqua per gli effetti delle inondazioni lungo il corso del fiume Elba. Con un clima che cambia, gli eventi estremi come questi sono previsti a verificarsi con maggiore frequenza. Due linee di azione sono necessarie a livello globale per mantenere entro confini gestibili i futuri impatti dei cambiamenti climatici: - tagliare le emissioni di gas ad effetto serra; - mettere in atto misure di adattamento. Le città hanno un ruolo importante da svolgere in entrambe le aree, ma mentre si stanno compiendo sforzi considerevoli per ridurre le emissioni, migliorare l’ efficienza energetica e accelerare l’uso delle energie rinnovabili, sono risultati scarsi i progressi compiuti in termini di adattamento. Tra queste, Londra e Copenhagen offrono spunti e approcci da imitare. Il progetto di Londra di Strategia di adattamento al cambiamento climatico propone iniziative per: - aumentare gli spazi verdi cittadini in modo di aumentare la frescura estiva; - gestire il rischio di alluvioni derivanti dagli affluenti del Tamigi e da precipitazioni abbondanti; - incoraggiare i londinesi a consumare meno acqua, sensibilizzando l’opinione pubblica. L’attuale Thames Barrier e le difese dalle maree proteggeranno Londra per i decenni a venire - difficilmente potrebbe risultare necessario un nuovo ostacolo prima della fine del secolo. Il piano di adattamento climatico proposto da Copenhagen si annuncia come piano che “crea una sinergia tra tutte le iniziative ambientali e continua a migliorare le opportunità ricreative della città”. La città sceglie con forza per la creazione di parchi tascabili, vale a dire piccoli spazi verdi che contribuiscono a raffreddare la città nei giorni più caldi e di assorbire acqua nei giorni di pioggia.
Tuttavia, le città di altri paesi potrebbero non avere tali conoscenze e risorse e necessitano di un sostegno continuo e di orientamento. In questa fase, sarebbe prezioso lo scambio di esperienze e di buone pratiche tra le città. L’Unione europea sta già lavorando su uno strumento on-line di gestione delle conoscenze (EU Clearing House Mechanism) per condividere e gestire dati sull’impatto del cambiamento climatico, la vulnerabilità e le migliori pratiche in materia di adattamento (ndr: per informazioni sulla proposta di piano della Commissione UE si veda “Presentato il Libro Bianco. Adattamento ai cambiamenti climatici: verso un Quadro d’Azione europeo”, in
Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2009, pag. 8 e segg.) La pianificazione e la gestione delle città, dalle politiche dei trasporti all’edilizia, sono le sfide del XXI secolo. Ma proprio dalle città può giungere l’impegno e l’innovazione necessari per vincerle, tant’è che la Commissione Europea da tempo riconosce l’importante ruolo che le autorità locali svolgono per migliorare l’ambiente e il loro elevato livello di impegno per un vero progresso. Così, al fine di promuovere e gratificare questi sforzi, è stato bandito il Premio “Capitale Verde Europea” che ogni anno una Giuria incaricata dalla
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Commissione UE assegna, tra le città candidate, sulla base di 10 indicatori relativi a: capacità di raggiungere livelli elevati di tutela ambientale; sviluppo sostenibile e qualità della vita; possibilità di fungere da modello e di promuovere le migliori pratiche nelle altre città europee. Per il 2010 sarà premiata Stoccolma, mentre Amburgo è stata scelta per il 2011. Stoccolma (800.000 abitanti), ha impressionato la Giuria con la sua valutazione olistica, che coniuga la crescita con lo sviluppo sostenibile. I suoi piani per il futuro la renderanno indipendente dai combustibili fossili entro il 2050 e i programmi urbanistici incrementeranno il verde all’interno della città e nelle pe-
riferie (vedi foto pagina accanto). Ha attivato, inoltre, un sistema integrato di smaltimento dei rifiuti che ha consentito elevati livelli di riciclaggio, soprattutto dei rifiuti biodegradabili, attraverso impianti pneumatici sotterranei e incrementato la mobilità sostenibile attraverso un sistema di pedaggio urbano che ha ridotto l’uso dell’automobile, ha aumentato l’uso dei trasporti pubblici e ha permesso di tagliare del 25% le emissioni pro-capite di CO2 dal 1990 (circa la metà della media nazionale svedese). Non è da meno Amburgo (1,8 milioni di abitanti) che ha adottato numerosi programmi di sensibilizzazione e ha fissato gli obiettivi di ridurre le sue emissioni di CO2 (già diminuite del 15% dal 1990) del 40% entro il 2020 e dell’80%
entro il 2050 (vedi foto sotto). Così sono stati adottati parametri di riferimento del rapporto costo/efficacia per le misure di risparmio energetico negli edifici pubblici e programmi di sostituzione di dispositivi di illuminazione (200.000 lampadine tradizionali sono state eliminate in 400 edifici pubblici), di caldaie (600 caldaie a condensazione hanno soppiantato altrettanti impianti obsoleti) e di frigoriferi. Quasi il 100% dei cittadini ha accesso ai trasporti pubblici in un raggio massimo di 300 metri da casa. Esiste, inoltre, una rete capillare di spazi verdi di facile fruibilità. Dal mese di settembre 2009 si apriranno le candidature per il Premio “Capitale Verde Europea 2012”, a cui
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possono partecipare tutte le città con oltre 200.000 abitanti dei 27 Paesi membri, dei Paesi candidati (Turchia, Croazia, Macedonia) e dei Paesi dello spazio economico europeo (Islanda, Norvegia, Lichenstein). All’edizione precedente del Premio nessuna delle 35 città partecipanti era italiana: questa asssenza significa qualcosa? La Giuria è composta da rappresentanti della Commissione UE, dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, dell’ICLEI - Governi Locali per la Sostenibilità, della Federazione Europea del il Trasporto e l’Ambiente (T & E), dell’Unione della Capitali dell’UE e dal Comitato delle Regioni.
Dieci studi di fama mondiale ridisegnano il futuro di Parigi
“GRAND PARIS” LABORATORIO DELLA GRENELLE DELL’AMBIENTE Sarkozy ribadisce le opportunità di rilancio economico-sociale connesse alla riorganizzazione urbana della metropoli
di Massimo Lombardi
“Dis-moi (puis que tu es si sensibile aux effets de l’architecture), n’as-tu pas observé, en te promentant dans cette ville, que entre les édifices dont elle est peuplée, les uns sont muets; les autres parlent; et d’autres enfin, qui sont les plus rares, chantent?” (Paul Valery, “Eupalinos ou l’architecte”, 1921)
Nello pseudo-dialogo, Valery immagina che Socrate ritrovi agli Inferi l’interlocutore del Dialogo di Platone “Fedro o della Bellezza”, con il quale riprende le conversazioni avute sulla terra a proposito di architettura, musica e arte e delle loro influenze sull’uomo. Fedro parla del grande architetto Eupalino di Megera, con cui aveva intrattenuto un cordiale rapporto e ampi discorsi. Rammenta quale riflessione di Eupalino circa la “divine analogie” tra architettura e musica. In architettura, gli riferiva, i sentimenti perdono ogni valore individuale e divengono simbolo Atelier Jean Nouvel, AREP, ACD
universale, pura forma. Ma, in cambio, la destinazione dell’edificio, il fine per cui è stato costruito, i calcoli matematici che precedono l’esecuzione, le leggi della fisica della costruzione trattengono l’artista profondamente “enraciné” (radicato) nel mondo delle conoscenza e lo costringono a non perdere mai di vista la realtà dell’universo. “Dimmi (dal momento che sei così sensibile agli effetti dell’architettura) hai mai osservato, passeggiando per questa città, che molti edifici di cui è popolato sono muti; altri parlano; altri, infine, molto più raramente, cantano?”. In occasione del ricevimento all’Eliseo, nel settembre 2007, di un ristretto gruppo di architetti di fama internazionale (Rem Koolhaas, Sir Norman Foster, Richard Rogers, Jacques Herzog, Zaha Hadid, Christian de Portzamparc, Thom Mayne e l’italiano Massimiliano Fuksas) per discutere del futuro di Parigi, il Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, ha citato il passo sopra richiamato prima di con-
cludere che “L’architettura è l’identità del nostro Paese per i cinquant’anni a venire. Ed è quindi del tutto normale che in quanto Capo dello Stato, io mi impegni appieno nella missione di restituire all’architettura la possibilità di essere audace. Perché se voi, signore e signori architetti, avete il gusto dell’audacia, non ne avete più la possibilità - quanto meno in un Paese come la Francia. Io vorrei ridarvela, questa possibilità e vi ringrazio” (“La Repubblica”, 19 settembre 2007). L’anno dopo è stato lanciato il progetto “Grand Paris”, una vera e propria consultazione nazionale sul futuro della Metropoli parigina, con l’invito rivolto a 10 studi di urbanistica, architettura e ingegneria (6 francesi e 4 stranieri, tra cui l’italiano Studio 09 di Bernardo Secchi e Paola Viganò) per proporre soluzioni per Parigi, in modo libero, con le sole due prescrizioni indicate dallo stesso Sarkozy: - prendere in considerazione i bisogni a lungo termine della popolazione;
- includere una strategia di sviluppo sostenibile. Si tratta di riorganizzare la metropoli di Parigi, città di 2 milioni di abitanti, circondata da una periferia sovraffollata di quasi 9 milioni di individui, il cui “cuore è staccato dalle braccia e dalle gambe”, come ha dichiarato in un’intervista sul “The Daily Telegraph” del 12 marzo 2009, Richard Rogers, uno dei dieci interpellati. Già tre anni fa, in un’intervista su La Repubblica, Massimiliano Fuksas aveva osservato che Parigi “non può più vivere da sola, ha bisogno del confronto, deve far saltare il periphérique [ndr: il raccordo anulare con tratti da 4-8 corsie che circonda la città con un traffico tra 1,2-1,3 milioni di veicoli al giorno]. Per avere massa critica una città non può avere meno di 10 milioni di abitanti, basti pensare a Londra, San Paolo, Shanghai, Tokyo. Del resto il concetto di metropoli si sostituisce a quello di città. La separazione città-banlieu a Parigi non funziona più, ce ne siamo tutti resi conto. Non perché fanno le rivolte e bruciano le macchine, ma perché e fittizia, visto che si può arrivare a Les Halles più facilmente dalla periferia che da certi quartieri centrali”. Nel 2005, infatti, si erano avute delle sommosse nei comuni della banlieu che a Clichy erano sfociate in due morti e anche più recentemente si sono registrati degli episodi di teppismo e di scontro con la polizia. Non c’è dubbio, quindi, che il risanamento socio-ambientale delle periferie sia un altro degli obiettivi del “Grand Paris”.
Più in generale, l’interesse dei Governi per le città metropolitane costituisce una delle sfide più rilevanti del XXI secolo. Pur occupando solo il 2% della superficie terrestre, esse concentrano la metà della popolazione mondiale e utilizzano il 75% delle risorse disponibili del Pianeta. Questa tendenza, secondo le stime dell’ONU e dell’OCSE, si accentuerà nei prossimi decenni, dal momento che grandi masse di popolazione sono attratte dai livelli di reddito più elevati delle aree metropolitane, rispetto alle aree territoriali dei singoli Paesi. Se le città sono importanti generatori di ricchezza e di opportunità di lavoro, sono altresì luoghi dove si concentrano criticità e problemi in misura sempre maggiore, come testimoniano i tassi di disoccupazione più elevati rispetto alle medie nazionali dei Paesi OCSE. Così fenomeni come disoccupazione, immigrazione e criminalità si intrecciano, creando processi di progressiva esclusione sociale e segregazione residenziale. C’è da aggiungere, poi, che le grandi conurbazioni sono esposte all’inquinamento da poveri sottili (PM), che si ripercuote principalmente sul livello di qualità dell’aria e sulla salute. Non è casuale che l’area dell’Île de France, la regione che comprende il territorio metropolitano di Parigi, sia stato individuata, per il carico di inquinamento piuttosto elevato e la densità significativa di popolazione, quale sito di ricerca nell’ambito del progetto MEGALOPOLI (Megacities: emission, urban, regional and global
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atmospheric pollution and climate effect, and integrated tools for assessment and mitigation), finanziato con 3,4 milioni di euro dell’Unione europea, in riferimento all’area tematica dedicata all’ambiente del 7° Programma Quadro. Con l’obiettivo di quantificare e descrivere le fonti di inquinamento nelle aree urbane, per tutto il mese di luglio, il territorio metropolitano di Parigi è stato oggetto della più grande campagna di monitoraggio che si sia effettuata sul territorio europeo, con 20 team di ricerca che hanno osservato e analizzato campioni di massa d’aria per la caratterizzazione fisica e chimica dell’inquinamento da polveri sottili, avvalendosi, oltre che di postazioni al suolo, sia fisse che mobili, di osservazioni in volo tramite l’ATR-42, aereo di ricerca di Météo-France, e il pallone aerostatico “Air de Paris”, ancorato al parco André Citroën (ndr: vedi “In vigore dall’11 giugno la Direttiva sulla Qualità dell’Aria. L’aria più pulita in Europa costa. Standard superiori alle Linee Guida dell’OMS”, in Regioni&Ambiente, n. 7-8 LuglioAgosto 2008, pag. 32 e segg.). Il progetto “Grand Paris” presuppone la risoluzione di vincoli amministrativi, tant’è che il Presidente Sarkozy ha affidato all’ex Premier Eduard Balladur, il compito di formulare una ridefinizione dei Departements, mentre l’ex Presidente di Air France, Christian Blanc è stato nominato Segretario di Stato allo Sviluppo della Regione-capitale con lo scopo di trovare soluzioni di tipo economico tramite la creazione di poli di ricerca industriali. Tali “architetture” istituzionali potrebbero risultare più difficili da approntare che non quelle di tipo urbanistico, stante la contrarietà di alcuni sindaci, in testa quello di Parigi, Bertrand Delanoë che vede il progetto “Grand Paris” sovrapporsi al suo “Paris Métropole” (cfr: Massimo Lombardi, “Polemiche verticali”, in Regioni&Ambiente, n. 12 dicembre 2007, pag. 36 e segg.) e che ha dichiarato che quella di Sarkozy è solo “un’operazione di comunicazione” e che il suo progetto ha “messo in cantiere in 7 anni il 10% del territorio, non abbiano aspettato Sarkozy”. Così negli stessi giorni di presentazione dei progetti “Grand Paris”, il Consiglio di Parigi ha approvato la realizzazione del progetto di rinnovamento del
Forum des Halles, su progetto degli architetti Patrick Berger e Jacques Anziutti, vera e propria riscostruzione de “Le ventre de Paris” dal momento che al di sopra della RER e del Metrò e al di sotto sarà tutto demolito e ricostruito sormontato dalla “Canopée” la copertura così denominata perché richiama per forma e colori la calotta arborea delle foreste tropicali. I progetti del Grand Paris sono in mostra presso la Cité de L’Architecture et du Patrimoine, a Palais de Chaillot dove rimarranno in visione fino al 22 novembre, al fine di darne ampia informazione e di conseguire diffusa partecipazione, sia da parte delle istituzioni sia da parte della cittadinanza. Pertanto, dopo quasi un secolo e mezzo dalle trasformazioni volute da Napoleone III ed attuate dal barone Haussmann che hanno prodotto i Campi Elisi e i Grand Boulevards, Parigi si appresta ad una radicale trasformazione del suo tessuto urbano. Anche se l’intento è di “andare oltre un monumento alla gloria dell’impero”, come ha precisato Henry Guaino, Consigliere del Presidente, per focalizzarsi sui problemi di potenziamento della rete dei trasporti, di riorganizzazione e
risanamento delle periferie, di azione di tecnologie ecocompatibili, non si può non osservare che tutti i Presidenti francesi degli ultimi decenni hanno legato il loro nome ad importanti opere e strutture di Parigi: Georges Pompidou a Beaubourg e al Musée d’Art Contemporaine; Valéry Giscard d’Estaing al Musée d’Orsay e alla Cité des Sciences; François Mitterand al Grand Louvre e alla Bibliothéque National; Jacques Chirac, per ultimo, al Musée du quai Branly, al quale abbiamo dedicato un precedente articolo (cfr: Massimo Lombardi, “La passerella tra le culture. Dal sogno di Chirac alla realizzazione di Nouvel”, in Regioni&Ambiente, n. 9 settembre 2006, pag. 44 e segg.). Inoltre, il progetto “Grand Paris” sarà il laboratorio della “Grenelle d’Environnement” (ndr: per l’origine del termine Grenelle, vedi Massimo Lombardi, “La Francia si accinge ad una svolta epocale. Grenelle dell’Ambiente” in Regioni&Ambiente, n. 11, novembre 2007, pag. 8 e segg.), come sono stati ribattezzati da Sarkozy gli Stati Generali dell’Ambiente, che erano stati avviati nel luglio 2007 sui temi dello Sviluppo Sostenibile e conclusi, dopo un’ampia consultazione sul lavoro prodotto da 6 Gruppi, il 24-25 ottobre 2007. Dopo varie procedure, i testi redatti sono sta-
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ti poi tradotti in un progetto di legge quadro, presentato al Parlamento nel gennaio 2009 e definitivamente approvato, praticamente all’unanimità, il 23 luglio u.s., che modifica la normativa e i codici esistenti su: “edilizia e urbanistica; trasporti; energia e clima; biodiversità; salute e rifiuti; governance delle aziende”. Il Ministro dell’Ecologia e dello Sviluppo Sostenibile e della Gestione del Territorio, Jean-Louis Borloo ha dichiarato che “si è trattato di un voto storico e di grande unità nazionale, riaffermata intorno alla Grenelle dell’Ambiente e ai suoi impegni che assicureranno la trasformazione sostenibile della nostra società”. Lo stesso Sarkozy aveva dedicato una parte del suo discorso al Congresso, tenuto a Versailles il 22 giugno u.s. al progetto Grand Paris e ai suoi rapporti con la Grenelle. Per l’occasione, il rilievo dato dai media all’avvenimento non è stato determinato solo dalla sua “storicità” (era dal 1848 che le due Camere del Parlamento non ricevevano la visita del Presidente della Repubblica, tant’è che si è dovuto cambiare il regolamento per renderla possibile), ma, e soprattutto, per la portata di quel che Sarkozy ha detto in quell’ora e mezzo.
Di fronte alla gravità della situazione economica, il Presidente francese non ha assunto temi rassicuranti, ma neppure drammatici, con l’intenzione di giungere subito al nocciolo del problema. “La crisi non è finita. Né sappiamo quando avrà termine [...] Niente sarà più come prima - ha esordito Sarkozy Una crisi di questa portata rinvia sempre ad una profonda causa. Non possiamo coesistere con una simile catastrofe, senza rimettere in discussione idee, valori, decisioni che hanno determinato un tale risultato, costringendoci a rimettere tutto sul piatto, sconvolgendo dogmi e certezze. La crisi ci renderà più liberi di immaginare un futuro diverso”. Toccando, poi, i vari aspetti connessi alla difficile situazione economicosociale, il Presidente non ha lesinato critiche alla “mondalisation”, soprattutto al modo con cui la globalizzazione è stata praticata, indicando possibili soluzioni per un futuro globale migliore. Affrontando, quindi, il tema della new economy, Sarkozy ribattendo “a coloro che trovano la Grenelle dell’Ambiente troppo costosa, viceversa essa ha il miglior rapporto costo-efficacia che si possa immaginare: creerà 600.000 posti di lavoro e farà fare alla Francia un notevole passo in avanti in quel che è noto per essere il nuovo modello di crescita globale”. Anche il “Grand Paris”, “costituisce un investimento - ha ribadito il Presidente - per questo mi impegno sulla metropoli del post-Kyoto, che costituirà una vetrina mondiale per il know-how e per la tecnologia francesi”.
Halles, un addensamento sotterraneo del Boulevard Périphérique con l’aggiunta di due autostrade anulari e una linea metropolitana sotterranea lungo la Senna. Lo spazio liberato con l’interramento delle infrastrutture sarà utilizzato per un programma di edilizia abitativa che consentirà di vivere in ambienti cittadini piacevoli e verdeggianti. “La Metropoli post-Kyoto del XXI secolo” dello studio tedesco LIN. Si immagina di far diventare la Grande Parigi un laboratorio avanzato della metropoli ad alta intensità, ma assai economica nel consumo di energia. Una città polinucleare, quindi, in grado di combinare densi agglomerati con spazi di minor intensità, paesaggistici e flessibili.
La “città intensa”, in cui il verde è l’elemento fondamentale, costituisce i luoghi di scambio e di alta connettività, presentando una grande offerta culturale e di servizi, collegati tra di loro da una rete rapida e leggera di trasporto pubblico. Il tessuto urbano poco denso, costituito oggi dalle banlieu e dallo sprawl, si trasformano nel progetto in una sorta di “città leggera” flessibile di bassa densità con ampi spazi naturali, centri di ricerca, appezzamenti di agricoltura urbana, reti leggere ma continue di servizi, commercio e micro-mobilità. La “città intensa”, compatta e perenne e la “città leggera”, paesaggistica e aperta, si completano, si condizionano e si alimentano reciprocamente. “Grand Paris”, dello Studio inglese Ro-
Antoine Gumbrach Associés
Sintesi delle 10 proposte per il progetto “Grand Paris” “Pari(s) plus petit” dell’olandese MVRDV, con la collaborazione di ACS e AAF. Viene proposta paradossalmente una Parigi “più piccola”, ovvero con uno sviluppo più “controllato”, ma laddove “plus” significa secondo il progetto: maggior ambizione, maggior ottimismo, maggior densità, maggior efficienza, maggior ecologia e maggior compattezza. Il nucleo della proposta è rappresentato da una serie di 17 interventi su larga scala il cui filo conduttore è dato dall’ambizione di rendere la città più accessibile, tramite la creazione di una grande stazione centrale a Les
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gers Stirk Harbour & Partners. Anche Richard Rogers immagina una metropoli leggera e policentrica in grado di affrontare le sfide ecologiche, socio-economiche e urbane della città del futuro. Parigi sarebbe ricca di tecnologie innovative e in grado di sostenersi energeticamente con fonti rinnovabili, pensata per ridurre il pendolarismo giornaliero individuale a non più di 30 minuti. Il progetto mira essenzialmente a porre fine alla “monocultura” della periferia dove vive un’alta percentuale di immigrati, mescolando uffici e residenze lussuose e modeste ed estendendo le reti di trasporto ad alta velocità che attraversano la città al di sopra di ampi spazi verdi, una delle quali dal centro di Parigi raggiungerebbe la periferia di sud-est, mentre un’altra di converso dal Louvre arriverebbe a La Défense, nella parte occidentale della città. Questa complessa rete di collegamenti dovrebbe riequilibrare l’economia dell’area ed aumentare la qualità della vita dei cittadini. “La Città porosa” dello Studio 09 degli italiani Bernardo Secchi e Paola Viganò. Il progetto punta sulla metafora-guida di “ville poreuse” che significa contrastare la tendenza alla separazione economico-sociale. Porosità anche in
Atelier Jean Nouvel, AREP, ACD
senso fisico, attraverso il verde, l’acqua, l’energia, le reti di trasporto. Attraverso la valorizzazione delle stratificazioni storiche, viene valorizzato il sistema delle acque dei tre fiumi (Senna, Marna, Briève), tenendo conto che a causa dei cambiamenti climatici aumenteranno i rischi di inondazioni. In considerazione che le strategie di demolizioni-riscostruzione non sono sufficienti da un punto di vista energetico, secondo lo studio si deve elevare le prestazioni energetiche dell’esistente, mentre un’estensione della rete TGV e RER renderà più fluidi i trasporti, modificando radicalmente la mobilità dell’area metropolitana. La città porosa ridisegna anche i rapporti tra spazi edificati e spazi aperti. Se i progetti dei gruppi stranieri offrono alcune ipotesi e soluzioni comuni, quelle presentati dai francesi sono più difformi e avveniristiche. “Seine Métropole” dello Studio Antoine Gumbrach Associés riprendendo un’idea di Napoleone Bonaparte che affermò “Parigi-Rouen-Le Havre: una sola città con la Senna quale strada principale”, propone la sostituzione della crescita urbana radiale dell’agglomerato di Parigi, con l’identità geografica della Valle della Senna, quale territorio della
metropoli del XXI secolo, che per ridurre le emissioni dovrà intensificare i trasporti marittimi, superando la tradizionale opposizione città-campagna e massimizzando le opportunità del territorio stesso in termini di “Green Valley” della III Rivoluzione Industriale. Trasporti distribuiti su tutto il territorio metropolitano saranno accessibili a tutti e renderanno più veloci gli spostamenti (Parigi - Le Havre in un’ora), in una architettura che associa ferrovia, strada e acqua: “rendere collettivi i trasporti privati e privatizzare trasporti collettivi”. Progetti comuni eviteranno di evitare nuovi livelli amministrativi. “La sfida Grand Paris” dello Studio Christian de Portzamparc. La proposta prevede una crescita a rizoma a partire dai punti critici del dinamismo economico e della fluidità di collegamenti, conciliando gli spazi funzionali su scala metropolitana e gli spazi fisici locali, dove il rizoma non costituisce un prolungamento del centro, avendo una relativa autonomia. La strategia propone 6 finestre-progetto adatte ad esemplificare situazioni diverse. Quale soluzione al problema dei trasporti c’è un avveniristico treno sospeso da costruire sopra il raccordo anulare per una circonferenza di linea
di 35,5 km con circa 20 fermate. “Grand Paris capitale del mondo” dello Studio Castro - Denissof- Casi. Il progetto ha l’ambizione di far della metropoli un centro d’influenza mondiale, un polo di attrazione per poeti, viaggiatori “flâneur” di baudelairiana memoria, dove i collegamenti saranno “poetici, rapidi e fluviali”. Grand Paris sarà formata da 8 entità compatte per un diametro complessivo di 40 km (15 volte più grande dell’attuale Parigi), collegate da metropolitana aerea e tramvia, in modo da rompere l’isolamento delle periferie. Così la Courneuve sarà all’interno di un nuovo quartiere verde centrale ideato, mentre parchi e giardini esistenti saranno migliorati, come saranno create piste ciclabili e zone pedonali, quali “Dalla Senna alla Senna”, il grande asse che collegherà Neuilly (periferia Nord) a Montesson (Sud). Per dar linfa a questo nuovo rapporto tra l’uomo e la creatività, l’innovazione e il sapere si propongono dei luoghisimbolo, come il canale dell’Onrq, il Canale della Cultura. “Parigi stimolata” dello studio AUC. Il progettista Djamel Klouche propone una Parigi aperta e collettiva, dove l’opposizione centro-periferia si scioglie nelle realtà del territorio e nelle pratiche degli abitanti. Atelier Jean Nouvel, AREP, ACD
“La metropoli post-Kyoto del XXI secolo è già qui”: prendendo atto dell’incapacità pianificatoria di affrontare realtà complesse, propone di stimolare le situazioni metropolitane già esistenti (“stimolazione di sostanze urbane”, “collettori metropolitani”). Non esiste più l’urbanistica dell’estensione, ma l’urbanistica del riciclo. “Grand Paris: 20 città sostenibili” dell’Atelier Lion Architectes Urbanistes. L’agglomerato urbano parigino viene suddiviso in 20 città sostenibili di 500.000 persone per “bloccare la tendenza di alienare gli abitanti”. Anche questo progetto, che propone di ridurre i costi delle proprietà fondiarie e di incoraggiare la densità, punta a ridurre i tempi di spostamento che costituiscono la causa principale di segregazione sociale. Interessante è l’ipotesi di contrastare il global warming, riducendo di 2°C la temperatura della metropoli, quale piano di azione, locale, attraverso la rigenerazione delle aree verdi e dei corsi d’acqua, operazione che contribuirà a ridefinire il paesaggio. Abbiamo lasciato per ultimo il progetto Atelier Jean Nouvel, AREP, ACD, perché ci sembra quello più concreto. “Quel pari sur Paris”, questo il motto scelto per il progetto, vuole sottolineare
che una scommessa sulla città è accettabile solo perché si tratta di Parigi. Riconoscendo la complessità del progetto Nouvel, Jean-Marie Duthilleul e Cantal Dupart scelgono di selezionare spazi pubblici non utilizzati ed edifici amorfi per dar loro una nuova identità, ripensando al ruolo del paesaggio. Quantunque si propongano torri e grattacieli, serre e sky garden ne sormontano gli ultimi piani, come si cerca di riportare in città le aziende agricole. Il progetto ParisM si basa su una strategia in 9 punti: 1. Parigi riassorbita da campi e boschi e vallate del bacino, recuperando piantagioni e terreni. 2. Mobilità non solo funzionale, ma contributiva all’immagine della città. 3. Riconversione delle aree industriali in luoghi di lavoro e di residenza, anche al fine di diminuire il pendolarismo. 4. Complementarietà tra abitazioni e luoghi di incontro e ricreazione. 5. Connessioni veloci tra i vari centri anziché radialità dei trasporti. 6. Interconnessioni principali fulcro di nuovi centri, con ParisM centro delle interferenze. 7. Creazione di poli di ricerca e competitività nelle 4 vallate di ParisM. 8. Salvaguardia della Parigi “storica”. 9. L’arte come “aire” della città.
BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE
Una Guida dallʼesperienza della Provincia Autonoma di Trento
INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO E BIODIVERSITÀ IENE-Italia promuove la Road Ecology Le infrastrutture di trasporto rto (autostrade, strade, ferrovie) sono ono una componente determinante delle strategie di sviluppo produttivo, vo, ma al contempo costituiscono una delle più grandi minacce alla sopravvivenza enza della gran parte delle specie di piante nte ed animali, determinando la frammentazione entazione o la distruzione del loro habitat. bitat. Pertanto la “conservazionee delle connessioni a livello di paesagesaggio, attraverso le quali piante, nte, animali e processi ecologici ci possono liberamente spostarsi da un habitat all’altro, è una componente basilare di qualsiasi nuovo piano territoriale ambientale con finalità di conservazione o protezione della biodiversità. In termini pratici, tuttavia, occorre essere consapevoli che mantenere, creare, restaurare, proteggere la connettività, in un mondo come quello dei nostri tempi, sempre più sezionato, è realmente una sfida ardua” (K.R. Crooks - M. Sanjayan, “Connectivity Conservation”, Cambridge University Press, 2006, pag. 726). Di queste problematiche si occupa IENE (Infra-Eco-Network-Europe), la rete di collaborazione a livello europeo, nata nel 1996, che incentiva misure di prevenzione, mitigazione e compensazione per rendere la rete di trasporto europeo più efficiente, sostenibile e sicura per automobilisti, animali selvatici e per lo stesso habitat naturale. La costruzione delle infrastrutture, infatti, non distrugge solo gli ecosistemi ed è causa non trascurabile di mortalità per molte specie di mammiferi, uccelli, anfibi e rettili, ma costituisce anche un pericolo per la sicurezza degli automobilisti. Nel decennio 1995-2005 in Italia si sono registrate 150 vittime e qualche centinaio di feriti gravi, oltre a milioni di euro di materiale danneggiato ogni anno. Per questo IENE promuove la Road
BirdLife BirdLife-Italia) - possono integrarsi efficacemente con la natura, o per lo efficace meno ri ridurre di gran lunga gli impatti negat negativi sugli ecosistemi. E’ la sfida odierna, quella che nel prossimo anno odierna dovrebbe vedere lo stop alla perdita di dovrebb biodiversità (Countdown 2010), ma è biodiver anche u una enorme sfida per la professionalità e la cultura: collaborando sionalit insieme si migliora la progettazione, l’ambiente naturale e la sicurezza l’ambie stradale”. strada
Ecology, una nuova innovativa disciplina che coniuga gli aspetti progettuali ed ingegneristici con quelli ecologici e faunistici, individuando le misure per mantenere la biodiversità e ridurre la quota degli incidenti stradali e le collisioni con la fauna. Come avviene per altri fenomeni negativi, è fondamentale la prevenzione: occorre fare scelte di pianificazione infrastrutturali che individuino tracciati a minor impatto, evitando la prossimità di aree protette. Altro passaggio importante è l’attività di mitigazione che si attua mediante la predisposizione di recinzioni antiattraversamento e passaggi per la fauna (per esempio: tunnel per mammiferi di media taglia, come volpi e tassi; sovrappassi per ungulati, quali cervi e caprioli). Infine, la compensazione costituisce azione altrettanto necessaria per la conservazione delle biodiversità, dal momento che la costituzione di nuove aree naturali (prati. boschi, stagni, etc.) vicino alle infrastrutture realizzate evitano un bilancio ecologico negativo. “Le reti tecnologiche necessarie alla società umana ha dichiarato - Mario Binetti (coordinatore IENE-Italia e responsabile Ecologia Urbana LIPU -
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Og tutti i Paesi europei stanno Oggi lavorando assiduamente e conla cretamente per progettare le infrastrutture nel rispetto degli ecosistemi, come testimonia il progetto comunitario COST 341 “Habitat fragmentation due to transportation infrastructure” che a tutt’oggi rimane il più importante prodotto a livello tecnico-scientifico sul tema delle interazioni tra infrastrutture e ambiente. In Italia manca ancora una diffusa consapevolezza nazionale, seppur non manchino iniziative a scala locale, tra le quali merita una segnalazione l’attività svolta dalla Provincia Autonoma di Trento, la cui esperienza maturata si è concretizzata con la pubblicazione predisposta dal Servizio Gestione Strade, in collaborazione con la LIPU, “Le problematiche del rapporto fauna/ traffico. Infrastrutture di trasporto e biodiversità”. Per le sue caratteristiche il territorio trentino è ricco di biodiversità, ma nello stesso tempo la fauna selvatica è maggiormente esposta ad impatti con veicoli con ripercussioni non trascurabili per la sicurezza stradale. Peraltro, la giurisprudenza riconosce un grado di responsabilità rispetto all’ente gestore dell’infrastruttura, che ha l’obbligo di incrementare misure tecniche, oggi disponibili, per mitigare gli impatti ecologici e migliorare la sicurezza per automobilisti ed animali. L’opuscolo, oltre a fornire una serie di informazioni in merito agli incidenti
che si verificano sui 2.300 chilometri di rete stradale provinciale, sugli animali coinvolti, sui tratti più a rischi, offre un quadro esauriente delle iniziative che la Provincia di Trento ha condotto in questi anni e degli interventi da realizzare, anche per sensibilizzare gli automobilisti ad attuare un comportamento responsabile per la propria incolumità e per quella degli animali. Quantunque la L.P. n. 24/1991 che prevede la facoltà della Giunta Provinciale di risarcire i danni causati da investimenti con animali, ne limiti l’indennizzo solo a casi di investimento di ungulati o di esemplari di orso bruno, è fatto egualmente obbligo al conducente del veicolo che ha investito un animale selvatico di comunicare il fatto al titolare della gestione del territorio interessato. Così, fin dal 1993, è stata possibile una raccolta sistematica dei dati sugli investimenti, la cui gestione informatizzata e georeferenziata ha permesso dal 2002 di realizzare “mappe di sensibilità”, utili per l’individuazione dei corridoi faunistici, la localizzazione degli interventi di prevenzione degli investimenti e, non ultima, la valutazione in fase di pianificazione degli impatti causati da nuove infrastrutture viarie sulle popolazioni di animali selvatici. La banca dati, quindi, ha permesso di realizzare un “modello predittivo per la valutazione del rischio di incidenti” che possono risultare mortali anche per gli occupanti del veicolo investitore, al di là della taglia dell’animale investito. Talvolta è il tentativo di evitare l’investimento a provocare l’incidente. Le indagini condotte hanno permesso di verificare che in Trentino in media si sono registrati nell’ultimo decennio 426 investimenti, in costante crescita, tanto che nel 2008, sono stati 616.
Il fenomeno riguarda essenzialmente caprioli (80%) e cervi (17%), le specie più rappresentative degli ungulati del territorio provinciale, che vengono investite in corrispondenza dei mesi primaverili e autunnali: quando maggiore è la mobilità degli animali. Tra le altre specie di mammiferi si evidenziano, poi, volpe, tasso, scoiattolo, lepre, faina. Per gli uccelli sono stati raccolti pochi dati: è evidente che le specie di taglia più piccola sfuggono al rilievo, a se-
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guito di mortalità diretta per l’impatto contro i fili elettrici e le superfici trasparenti, quali pannelli fonoisolanti. I piccoli animali, quali ricci e rospi, restano intrappolati nei pozzetti e nei canali con sponde ripide. Anche una strada larga 6 metri, per gli animali di piccola taglia, è una barriera invalicabile che impedisce di incontrare i propri simili. Comunque la Provincia di Trento ha pensato anche alla fauna minore, per tutelare la quale si sono allestite barriere temporanee. Lungo 160 tratti di strade, che interessano 101 km. sono stati installati degli speciali catadiottri “antifauna” ovvero dissuasori ottici riflettenti installati sui delineatori di margine, che di notte vengono attivati dai fari degli autoveicoli di passaggio: la luce viene riflessa verso l’esterno creando una barriera ottica che dovrebbe indurre l’animale che proviene dal bosco a bloccarsi. Non appena il veicolo è passato l’effetto cessa e gli animali possono attraversare la strada senza pericolo. Tuttavia, la prima analisi dei dati, gestiti con il GIS (Sistema Geografico Informatizzato), non ha evidenziato significative differenze tra la lunghezza dei tratti con catadiottri ed il numero di incidenti, tanto che la Provincia Autonoma di Trento sta studiando catadiottri con altre caratteristiche (ad esempio di colore bianco) e si valuta la possibilità di dimezzarne la distanza lungo i bordi delle strade. Inoltre, è in corso l’implementazione di iniziative volte, a creare dei sottopassi per l’attraversamento della fauna e per una segnaletica speciale che indichino i siti a più alta densità di passaggi e, pertanto, a maggior rischio di incidenti.
MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Rimini, 28-31 ottobre 2009
A RIMINI FIERA LA “GREEN ECONOMY” Rimini Fiera propone da mercoledì 28 a sabato 31 ottobre 2009 un grande appuntamento dedicato al mondo dell’ambiente e l’intero quartiere fieristico si caratterizzerà con tecnologie, prodotti e progetti tutti volti ad incrementare la tutela ambientale. Una grande kermesse nella quale intorno ad ECOMONDO, Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile, giunta alla 13a edizione, si sono affiancati negli anni altri progetti espositivi a completamento della proposta: KEY ENERGY (3a Fiera Internazionale per l’Energia e la Mobilità Sostenibile, il Clima e le Risorse per un nuovo Sviluppo), Ri3 (5a Rassegna della Rigenerazione, Ricarica e Riuso dei supporti di stampa, hardware e prodotti per informatica e telematica), ENERGYES (dedicato all’efficienza energetica) e COOPERAMBIENTE (2a Fiera dell’offerta cooperativa di energia e servizi per l’ambiente, in collaborazione con LegaCoop). La giornata inaugurale vedrà lo svolgimento del Convegno d’apertura, dal titolo “Politiche per il Green New Deal; come la sostenibilità può far ripartire l’economia globale” al quale interverranno personaggi di rilievo assoluto
come Jean Paul Fitoussi, membro del Consiglio economico del primo Ministro francese Jean-Pierre Raffarin e Christopher Flavin, Presidente Worldwatch Institute. Una delle grandi novità dell’edizione 2009 dell’evento di Rimini Fiera, punto di riferimento per la “green economy” è l’estensione al territorio di un calendario di iniziative dedicate all’educazione ambientale, alla diffusione di una cultura tesa al recupero e riuso di materia ed energia. Ambiente Festival sarà un evento nel quale gli studenti saranno protagonisti, con l’aggiunta dell’esposizione di progetti e di incontri con personalità del settore. Confermate le sezioni espositive Reclaim Expo (bonifiche ambientali di siti contaminati), Oro Blu (risparmio dell’acqua nell’industria e trattamento acque primarie e acque reflue), Inertech (demolizioni e riciclaggio nel comparto delle costruzioni), Metal-Eco (metalli ferrosi e non ferrosi). Come da tradizione, l’appuntamento di Rimini Fiera proporrà una mascotte che di anno in anno è una specie animale in via di estinzione, minacciata
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dall’inquinamento o dalle variate condizioni climatiche. Quest’anno la scelta è andata ad un cavalluccio marino rosa, l’Hippocampus bargibanti, una specie a rischio che vive nel pacifico occidentale, di color rosa-viola, con grosse verruche rosse su tutto il corpo. In Fiera sarà distribuito un gadget che lo riproduce, realizzato in collaborazione con Tetra Pak, in ecoallene, materiale derivato dal riciclo degli imballaggi poliaccopiati. Sul fronte delle energie, un’area sarà dedicata all’idrogeno ed alla possibilità di produrlo da energie rinnovabili, mentre una sezione espositiva sarà dedicata al mercato dei crediti di carbonio. Con l’adesione della Presidenza della Repubblica, verrà inoltre consegnato il “Premio per lo sviluppo sostenibile 2009”, destinato a imprese e loro associazioni, per realizzazioni, attività o gestioni che abbiano ottenuto efficaci risultati ambientali, economici e occupazionali, e che abbiano un contenuto innovativo e possibilità di diffusione. Il Premio è promosso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da ECOMONDO.
0UUPCSF 3JNJOJ 'JFSB 13a Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile
UNA VETRINA PER LE ISTITUZIONI NAZIONALI E LOCALI
Ecomondo è la fiera leader nel settore delle tecnologie ambientali e della sostenibilità . Fin dalla sua nascita, Ricicla e poi Ecomondo, ha dato risalto al ruolo centrale che le istituzioni rivestono nello sviluppo di politiche volte alla promozione e alla tutela del territorio, alla progettazione di città sostenibili, distretti e territori che abbiano come obiettivo maggiore efficienza nell’utilizzo di energia, dei trasporti volti e una maggiore sensibilizzazione del cittadino. Diviene sempre piÚ chiaro che senza un coinvolgimento attivo di Regioni ed Enti locali gli obiettivi del 2020 non saranno raggiungibili. Proprio per questo Ecomondo ha creato uno spazio espositivo dedicato alle istituzioni (Padiglione D3), dove le buone pratiche, i progetti virtuosi legati alle politiche ambientali, efficienza energetica, mobilità sostenibile, riciclo e riuso dei materiali, progettazione sostenibile e riqualificazione dei propri territori, trovino il giusto risalto sia mediatico che verso gli operatori professionali, gli stake holders e i cittadini. Nel ultimi anni hanno partecipato PA ed istituzioni locali e nazionali tra cui: Ministero dell’Ambiente, Ministero dello Sviluppo, numerose Regioni come Marche, Abruzzo, EmiliaRomagna, Lombardia, diverse Province e Comuni. in contemporanea con:
ALCUNI EVENTI DA SEGNALARE MercoledÏ 28 ottobre r &WFOUP EJ BQFSUVSB Politiche per il Green New Deal: come la sostenibilità può far ripartire l’economia globale r 1SFTFOUB[JPOF OVPWP BDDPSEP "/$* $0/"* r 5BWPMB SPUPOEB Problemi relativi all’adeguamento della rete degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane in attuazione della direttiva 91/271. r $POWFHOP C’è un futuro per il nucleare in Italia? GiovedÏ 29 ottobre r $POWFHOP Le novità normative in materia di rifiuti: la Direttiva 2008/98/CE e la revisione della Direttiva IPPC r 'PSVN 3"&& Il nuovo sistema RAEE: risultati e prospettive r $POWFHOP Il sole in città . Utilizzo intelligente delle tecnologie solari nei centri urbani r $POWFHOP Arena Città Sostenibile. La carta delle città e dei territori sul clima: una sfida e una grande opportunità di sviluppo Link in home page alla sezione dedicata: ECOMONDO PER LE PA
Elenco convegni e pacchetti ospitalitĂ su www.ecomondo.com organizzata da:
IL COMMENTO
Pubblicato il Decreto Ministero Sviluppo Economico 26.6.2009 (G.U. n. 158 del 10.07.2009)
LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI Continua lo “spezzatino” normativo: ora manca il Regolamento sui Certificatori I Decreti attuativi del D.Lgs 192/2005 che ha recepito la Direttiva 2002/91/CE, riguardante la Certificazione energetica degli edifici, sono tre. Il primo, che definisce il Regolamento sui metodi di calcolo, i requisiti minimi per edifici ed impianti termici, nonché per la ristrutturazione di quelli esistenti (D.P.R. 59/2009) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 giugno e del quale abbiamo pubblicato testo e commento sul numero dello scorso luglio (vedi Inserto normativo e relativo commento a pag 30 e segg.). Il secondo (D.M. 26/6/09), concernente le Linee Guida nazionali per la Certificazione energetica degli edifici, a cui il precedente decreto rinviava per le metodologie di calcolo della prestazione energetica, è stato pubblicato il 10 luglio (G.U. n 158), che si applicano alle Regioni e Province Autonome che non hanno ancora provveduto ad adottare propri strumenti di certificazione energetica degli edifici. “Rendere trasparente la qualità energetica degli immobili è un ulteriore passo avanti per garantire l’efficienza e il risparmio energetico e una maggiore sicurezza per i cittadini che acquistano una casa - ha dichiarato il Ministro Claudio Scajola, in una nota diffusa dal Ministero dello Sviluppo Economico dopo la firma del decreto - L’obiettivo è quello di promuovere adeguati livelli di qualità dei servizi di certificazione, assicurarne l’utilizzo e la diffusione omogenea sull’intero territorio nazionale”. “I cittadini - ha concluso Scajola - avranno così la possibilità di capire com’è stato realizzato l’alloggio che stanno acquistando dal punto di vista dell’isolamento, della coibentazione e degli impianti energetici, in modo che esso possa contribuire agli obiettivi di efficienza e risparmio energetico”. Manca ancora il terzo sul Regolamento che definirà la figura del Certificatore energetico, assicurando qualificazione e indipendenza degli esperti e degli organismi sul quale è in corso un aspro dibattito tra vari ordini professionali e categorie interessate. Come abbiamo evidenziato in occasione dell’articolo relativo al Regolamento per i metodi di calcolo sul precedente numero, questo “spezzatino” normativo, però, non solo determina frammentazione e disorganicità delle disposizioni, poiché la maggior parte delle Regioni si sono già dotate di proprie Linee, ma crea difficoltà interpretative tra operatori ed investitori che vedono allungarsi i tempi per la realizzazione di edifici ed impianti, anche per inevitabili errori formali che si verificano quando si rinviano a precedenti o successive disposizioni.
Dopo la pubblicazione delle Linee Guida non mancano incertezze e perplessità e molte altre ne sorgeranno a mano a mano che verranno applicate le disposizioni che sono in vigore dal 25 luglio 2009. Se si pensa che il nostro Paese con Legge n. 10/1991 era stato un anticipatore della Direttiva europea sulla certificazione energetica degli edifici, viene inevitabile chiedersi come sia stato possibile che dopo tanti anni non s’è fatta ancora chiarezza, tanto che la Commissione UE ha avviato in merito due procedure di infrazione nei confronti dell’Italia. L’ultima (messa in mora) è di fine Maggio ed è stata avviata dalla Commissione UE per aver abolito con Legge 133/2008 l’obbligo di allegare l’attestato di certificazione energetica agli atti di compravendita, mentre l’Art. 7 della Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia prevede che “Gli Stati membri provvedano a che in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi”. C’era tempo fino al 4 gennaio 2006, con possibilità di “un ulteriore periodo di 3 anni… in caso di mancata disponibilità di esperti qualificati e/o riconosciuti… fornendo alla Commissione le appropriate motivazioni” (Art.15). L’abrogazione dei commi 3-4 dell’Art. 6 del D. Lgs. 192/2005, attuativo della Direttiva 2002/91/CE, che prevedevano l’obbligo di allegazione e consegna dell’attestato di certificazione energetica e dei commi 8-9 dell’Art. 15 relativi alla sanzione di nullità dell’atto di compravendita, lasciava aperta la questione se tale soppressione potesse essere estesa anche a quelle Regioni e Province autonome che avessero provveduto ad emanare norme e delibere sulla certificazione energetica. Le Linee Guida nazionali nello specificare che la loro applicazione è destinata alle Regioni e Province autonome prive degli strumenti normativi e, comunque, fino all’entrata in vigore degli stessi, prevedono che le Regioni con strumenti normativi già in atto dovranno assicurare un graduale avvicinamento alle Linee Guida nazionali e fare in modo che esse siano coerenti con le disposizioni contenute nell’Articolo 4 (Elementi essenziali del sistema di certificazione energetica degli edifici). Tant’è che tra le novità del Decreto 26/06/2009 c’è la costituzione di un tavolo di confronto e coordinamento tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, finalizzato all’attivazione dei sistemi di raccordo e concertazione (Articolo 5). Ma il Decreto non abroga le norme regionali, perciò cosa
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accadrà se le Regioni che hanno già provveduto ad adottare propri strumenti di certificazione volessero ribadire le proprie decisioni in merito? Inoltre, le unità immobiliari oggetto di compravendita, quelle di nuova costruzione, e quelle soggette a ristrutturazione dovranno essere dotate di Attestato di Certificazione Energetica (ACE), redatto secondo le norme contenute negli Allegati, che nelle Regioni sprovviste di una propria legge in materia, andrà a sostituire l’Attestato di Qualificazione Energetica (AQE) che era stato introdotto in modo transitorio dall’art. 1, comma 1 bis del D. Lgs. 192/2005 e che veniva redatto dal Direttore dei Lavori e presentato al Comune di competenza contestualmente alla Dichiarazione di fine lavori, ma il suo modello era stato inserito nel D.M. 19/2/2007 che attuava la Finanziaria 2007 per la parte riguardante le detrazioni fiscali del 55% delle spese sostenute per opere di efficienza energetica degli edifici. L’Attestato di Qualificazione Energetica, vigente solo nelle Regioni che avevano disciplinato la materia, è strumento che favorisce e semplifica l’attività del certificatore, ma si differenzia da quella di certificazione sia per i soggetti che li redigono, sia perché l’Attestato di qualificazione non assegna una classe all’edificio. Tuttavia gli allegati alle Linee Guida propongono sia il prototipo di Attestato di Qualificazione Energetica (Allegato 5) che quello di Certificazione Energetica (Allegati 6 e 7), cosa che sarebbe priva di senso se l’AQE avesse perso ogni efficiacia con la contestuale entrata in vigore del decreto stesso. Inoltre, l’Allegato A precisa che l’AQE resta “obbligatorio per gli edifici di nuova costruzione e per gli interventi ricadenti nell’ambito di applicazione di cui all’Art. 3, comma 2, lettere a), b) e c) del D. Lgs. 192/2005, in quest’ultimo caso limitatamente alle ristrutturazioni totali”. Anche su questo punto le perplessità sorgono in merito alla definizione di “ristrutturazioni totali”, ossia se coinvolge tutte le superfici disperdenti dell’involucro e degli impianti di climatizzazione invernale in esso contenuti. La questione, peraltro, richiama le difficoltà interpretative sui Soggetti Certificatori dal momento che nulla in merito è stato definito poiché, come già detto, sarà emanato l’apposito Decreto. Secondo il Consiglio Nazionale del Notariato che è intervenuto sulla questione con una nota del 3 agosto 2009, nelle Regioni che non hanno legiferato in materia energetica o che hanno legiferato, ma la normativa non è stata attuata, vale quanto previsto dall’art. n. 18 del D. Lgs. n. 115/2008 che dispone di applicare l’Allegato III al Decreto
stesso, che inquadra i soggetti abilitati alla certificazione energetica degli edifici: “1. Sono abilitati, ai fini dell’attività di certificazione energetica, e quindi riconosciuti come soggetti certificatori i tecnici abilitati, così come definiti al punto 2. 2. Si definisce tecnico abilitato un tecnico operante sia in veste di dipendente di enti ed organismi pubblici o di società di servizi pubbliche o private (comprese le società di ingegneria) che di professionista libero od associato, iscritto ai relativi Ordini e Collegi professionali, ed abilitato all’esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici e di impianti, asserviti agli edifici stessi, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente. Il tecnico abilitato opera quindi all’interno delle proprie competenze. Ove il tecnico non sia competente nei campi sopra citati (o nel caso che alcuni di essi esulino dal proprio ambito di competenza), egli deve operare in collaborazione con altro tecnico abilitato in modo che il gruppo costituito copra tutti gli ambiti professionali su cui è richiesta la competenza. Ai soli fini della Certificazione Energetica, sono tecnici abilitati anche i soggetti in possesso di titoli di studio tecnico scientifici, individuati in ambito territoriale da Regioni e Province autonome, e abilitati dalle predette amministrazioni a seguito di specifici corsi di formazione per la Certificazione Energetica degli edifici con superamento di esami finali. I predetti corsi ed esami sono svolti direttamente da Regioni e Province autonome o autorizzati dalle stesse amministrazioni”. E le Regioni e le Province autonome, nell’ambito delle proprie competenze in materia di formazione e autorizzazione dei certificatori, avevano provveduto ad avviare appositi corsi e dato vita ad appositi Albi regionali. Ora cosa succederà, soprattutto quando verrà emanato il relativo decreto? Un altro aspetto controverso è la possibilità prevista nell’Allegato A che il proprietario di un immobile di superficie utile inferiore o uguale a 1.000 m2 al momento del suo trasferimento a titolo oneroso, “consapevole della scadente qualità energetica dell’immobile”, possa ricorrere ad una autodichiarazione, anziché all’attestato di Certificazione Energetica in cui afferma che l’edificio è di classe energetica G e che i costi per la gestione energetica dell’edificio sono molto alti. Ma questa procedura semplificata che viene introdotta per ridurre i costi a carico dei cittadini, vale anche se si tratta di riqualificazione energetica dell’immobile? E, soprattutto, non vanifica l’obiettivo normativo e la stessa direttiva UE? Procediamo con ordine.
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Tipologie di edifici interessati: - Edifici adibiti a residenza e assimilabili; - Edifici adibiti a uffici e assimilabili; - Edifici adibiti a ospedali, cliniche o case di cura e assimilabili; - Edifici adibiti ad attività ricreative, associative o di culto e assimilabili; - Edifici adibiti ad attività commerciali e assimilabili; - Edifici adibiti ad attività sportive e assimilabili; - Edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili; - Edifici adibiti ad attività industriali e artigianali e assimilabili. Non rientrano nelle categorie sopra indicate: box, cantine e autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, ecc se non limitatamente alle porzioni eventualmente adibite ad uffici e assimilabili, purché scorporabili agli effetti dell’isolamento termico. Nel caso di edifici esistenti nei quali coesistono porzioni di immobile adibite ad usi diversi, qualora non fosse tecnicamente possibile trattare separatamente le diverse zone termiche, l’edificio è valutato e classificato in base alla destinazione d’uso prevalente in termini di volume riscaldato. La procedura di Certificazione energetica degli edifici prevede che il possessore del titolo abilitativo a costruire o proprietario o detentore dell’immobile, richieda l’attestato, a proprie spese, ai soggetti certificatori, riconosciuti dal Decreto che ancora manca, i quali dovranno: - eseguire una diagnosi o una verifica di progetto, finalizzata alla determinazione della prestazione energetica dell’immobile e all’individuazione degli interventi di riqualificazione energetica che risultano economicamente convenienti; - reperire i dati di ingresso, relativamente alle caratteristiche climatiche della località, alle caratteristiche dell’utenza, all’uso energetico dell’edificio e alle specifiche caratteristiche dell’edificio e degli impianti; - determinare la prestazione energetica mediante applicazione di appropriata metodologia relativamente a tutti gli usi energetici, espressi in base a indici di prestazione energetica EP totale e parziali; - individuare le opportunità di intervento per il miglioramento della prestazione energetica, in relazione alle soluzioni tecniche proponibili, ai rapporti costi-benefici e ai tempi di ritorno degli investimenti necessari a realizzarle;
- classificare l’edificio in funzione degli indici di prestazione energetica e confronto con i limiti di Legge e le potenzialità di miglioramento in relazione agli interventi di riqualificazione individuati; - rilasciare l’attestato di certificazione energetica. Gli elementi essenziali, validi anche per i sistemi regionali, sono costituiti, come indicato dall’articolo 4, da: - i dati relativi all’efficienza energetica dell’edificio, i valori vigenti a norma di Legge, i valori di riferimento o classi prestazionali, che consentono agli utenti di valutare e raffrontare la prestazione energetica dell’edificio, i suggerimenti e le raccomandazioni in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione; - le norme tecniche di riferimento, conformi a quelle sviluppate in ambito europeo e nazionale; - le metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici, compresi i metodi semplificati finalizzati a minimizzare gli oneri a carico dei cittadini, tenuto conto delle norme di riferimento. Sono inoltre elementi essenziali del sistema di certificazione degli edifici: - i requisiti professionali e i criteri per assicurare la qualificazione e l’indipendenza dei soggetti preposti alla certificazione energetica; - la validità temporale massima dell’attestato, che l’articolo 6 fissa in 10 anni solo se vengono rispettate le prescrizioni normative che riguardano le operazioni di controllo di efficienza energetica degli impianti di climatizzazione asserviti agli edifici; qualora non siano state rispettate le disposizioni l’attestato di certificazione decade il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettate per predette operazioni di controllo di efficienza energetica; - le prescrizioni relative all’aggiornamento dell’attestato, a seguito di intervento di ristrutturazione, sia edilizia che impiantistica, che modifichi la prestazione energetica, nei casi previsti dall’articolo 6: • ad ogni intervento migliorativo della prestazione energetica a seguito di interventi di riqualificazione che riguardino almeno il 25% della superficie esterna dell’immobile; • ad ogni intervento migliorativo della prestazione energetica a seguito di interventi di riqualificazione degli impianti di climatizzazione e di produzione di acqua calda sanitaria che prevedono l’installazione di sistemi di produzione con rendimenti più alti di almeno il 5% rispetto ai sistemi preesistenti; • ad ogni intervento di ristrutturazione impiantistica o di
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Figura 1
sostituzione di componenti o apparecchi che, fermo restando il rispetto delle norme vigenti, possa ridurre la prestazione energetica dell’edificio. È facoltativo in tutti gli altri casi. Le metodologie per la determinazione della prestazione energetica degli edifici. Sono possibili diverse metodologie differenti per utilizzo e complessità, e utilizzabili a seconda che si tratti di edifici di nuova costruzione o completamente ristrutturati ed edifici esistenti: - per i primi, è previsto il metodo calcolato di progetto, che prevede la valutazione della prestazione energetica a partire dai dati di ingresso del progetto energetico dell’edificio come costruito e dei sistemi impiantistici a servizio dell’edificio come realizzati; - per i secondi, si utilizza il metodo di calcolo da rilievo sull’edificio o standard, che prevede la valutazione della prestazione energetica a partire dai dati d’ingresso ricavati da indagini svolte direttamente sull’edificio esistente. In tal caso le modalità di approccio possono essere: • mediante procedure di rilievo, anche strumentali, sull’edificio e/o sui dispositivi impiantistici, effettuate secondo le normative tecniche di riferimento, previste dagli organismi normativi nazionali, europei e internazionali o, in mancanza di tali norme, dalla Letteratura tecnico-scientifica; • per analogia costruttiva con altri edifici e sistemi impiantistici coevi, integrata da banche dati o abachi nazionali, regionali o locali; • sulla base dei principali dati climatici, tipologici, geometrici ed impiantistici. Non è forse una forzatura la possibilità di certificare anche gli edifici non dotati di impianti con procedure che li assimilano a quelli riscaldati? I metodi di calcolo della prestazione energetica richiedono
specifici riferimenti tecnici: - per il fabbisogno di energia per il riscaldamento e il raffreddamento dell’ambiente e per l’acqua calda sanitaria, per il metodo calcolato di progetto, le norme UNI/TS 11300 - parte 1 e 2; - per il metodo di calcolo da rilievo o standard, le norme UNI/TS 11300, il programma DOCET di ENEA/CNR e il metodo semplificato (Allegato 2). (Ma sul sito www.docet.itc.cnr.it, un comunicato del 7 settembre 2009 precisa che la versione ultima del software docet è del 7 ottobre 2008, quindi non pienamente rispondente alla nuova normativa e che attualmente è in fase di aggiornamento secondo la metodologia di calcolo semplificata, riportata all’interno delle norme tecniche UNI/TS11300. Norme che, peraltro, venivano richiamate dall’art. n. 4, comma 27 del DPR n. 59/2009). Per il rendimento e il fabbisogno di energia primaria degli impianti di climatizzazione estiva, essendo in fase di elaborazione la norma UNI/TS 11300 - parte 3, la valutazione qualitativa può essere effettuata mediante la UNI/TS 11300, considerando le caratteristiche specifiche dell’involucro legate a fattori di attenuazione e dallo sfasamento del flusso termico. Per gli immobili di superficie utile superiore a 200 m2 diviene obbligatoria l’indicazione della performance dell’involucro in relazione alla climatizzazione estiva, mentre è facoltativa nella certificazione di singole unità immobiliari ad uso residenziale di superficie utile inferiore a 200 m2 per le quali il calcolo dell’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale avvenga con il metodo semplificato, previsto nell’Allegato 2. In assenza della predetta valutazione, all’edificio viene attribuita una qualità prestazionale energetica estiva dell’involucro edilizio corrispondente al livello V - Prestazioni mediocri. Non si capisce perché la classificazione dell’involucro sia obbligatoria solo per gli edifici di superficie superiore a
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La Finanziaria 2007 e 2008 hanno introdotto nel testo unico dell’edilizia l’obbligo per gli edifici di nuova costruzione dell’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per garantire una produzione energetica non inferiore a 1KW per ciascuna unità abitativa, ma il termine per la decorrenza della norma è stato prorogato al 1° gennaio 2010 (Legge n. 14/2009). Alcune leggi regionali hanno ripreso il dettato del D.P.R. n. 380/2001, introducendo alcune variazioni che valgono per gli edifici di nuova costruzione, per le ristrutturazioni e/o per gli aumenti volumetrici.
Figura 2
200 m2. Rappresentazione grafica delle prestazioni In aggiunta al grafico ad istogrammi orizzontali colorati, aumentati di numero per la classe A+ (figura 2), viene introdotto il cosiddetto cruscotto con cui vengono indicate graficamente con una lancetta (figura 1): - la prestazione energetica globale, ovvero l’energia totale utilizzata dall’edificio per m2 di volume climatizzato; - la prestazione per il raffrescamento, l’energia utilizzata per raffrescare l’edificio per m2 di volume climatizzato; - la prestazione per il riscaldamento, ovvero l’energia utilizzata per riscaldare l’edificio per m2 di volume climatizzato; - la prestazione per l’acqua calda, l’energia utilizzata per la produzione di acqua calda sanitaria per m2 di volume climatizzato; - la prestazione energetica raggiungibile, ovvero il miglioramento della prestazione energetica conseguente alla realizzazione degli interventi di riqualificazione riportati nel paragrafo “Raccomandazioni” che presentano un tempo di ritorno degli investimenti inferiore a 10 anni. La rappresentazione grafica globale delle prestazioni energetiche (tachimetro) e della classificazione energetica è identificata come sommatoria delle prestazioni parziali relative alla climatizzazione invernale ed alla produzione di acqua calda sanitaria. Non c’è il rischio che la valutazione del limite sulla prestazione energetica sia del fattore forma (rapporto superficie disperdente e il volume riscaldato) che dei gradi/giorno, non comporta discordanze tra località e località e all’interno della stessa località per tipologie diverse? Le regioni più calde non sono penalizzate?
Sulla base di quanto sopra analizzato ci esponiamo ad alcune considerazioni. Ci sembra che vi siano delle “scappatoie” per non adempiere completamente alla Direttiva dell’Unione europea. Le Regioni che hanno legiferato prima delle Linee Guida, di fatto vengono “penalizzate”, avendo previsto norme severe e sistemi sanzionatori (assenti nelle Linee Guida) che si traducono in costi più elevati e procedure più macchinose per l’attestato di Certificazione Energetica. Tali contraddizioni rischiano di aprire contenziosi tra Stato e Regioni. Le difficoltà di interpretazione e di coordinamento delle norme troveranno ulteriore motivo di contrasto con l’entrata in vigore del cosiddetto “Piano Casa”. C’è il rischio che edifici che sorgono in aree limitrofe, ma amministrativamente diverse, abbiano classificazioni difformi a parità di prestazioni energetiche se non si andrà ad una normalizzazione sull’intero territorio nazionale, tanto che sarebbe più utile redigere un Testo Unico che raccolga le norme disperse su più dispositivi, anziché rivolgere l’invito ad una omogeneità delle norme regionali. Il terzo decreto che dovrà regolamentare i Certificatori avrà una lunga fase di gestazione, stante le polemiche e le minacce legali avanzate da ordini professionali o tecnici “abilitati” che si sentono discriminati e che rischiano di essere esclusi dagli appositi elenchi.
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LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI (ndr. Si avverte che il testo del Decreto Legislativo inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea).
Il Ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Vista la direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia; Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modifiche ed integrazioni, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia; Visto il Titolo I, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e in particolare: - l’articolo 4, comma 1, che prevede che con uno o più decreti sono definiti i criteri generali concernenti le metodologie di calcolo e i requisiti minimi, finalizzati al contenimento dei consumi energetici e al raggiungimento degli obiettivi dell’articolo 1, per la progettazione o la ristrutturazione di edifici ed impianti termici, per l’installazione, l’esercizio, manutenzione e ispezione dei medesimi impianti nonché i requisiti professionali ed i criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l’indipendenza degli esperti o degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici e l’ispezione degli impianti di climatizzazione; - l’articolo 6, comma 9, che dispone l’emanazione di Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, da parte del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture, d’intesa con la Conferenza Unificata e sentito il CNCU; - l’articolo 9, comma 1, che, fermo restando il rispetto dell’articolo 17, assegna alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano l’attuazione delle disposizioni per l’efficienza energetica contenute nel medesimo decreto legislativo; - l’articolo 5, comma 1, concernente iniziative di raccordo concertazione e cooperazione, tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali, per l’attuazione dei decreti di cui all’articolo 4, comma 1, anche con il supporto dell’ENEA e del CNR, finalizzate a favorire l’integrazione
della questione energetica e ambientale nelle diverse politiche di settore, a sviluppare e qualificare servizi energetici di pubblica utilità, a sviluppare un sistema per una applicazione integrata ed omogenea della normativa su tutto il territorio nazionale, minimizzando l’impatto e i costi di queste attività sugli utenti finali e a predisporre progetti mirati; Visto il comma 4, dell’articolo 16, decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modifiche ed integrazioni, concernente le modalità di modifica degli allegati al medesimo decreto legislativo; Visto il parere del Consiglio di Stato in merito al decreto attuativo di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), espresso nella sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 12 maggio 2008, che rileva la pertinenza di modifica degli allegati al decreto legislativo 19 agosto 2005, n.192, attraverso un decreto ministeriale e suggerisce l’utilizzo del presente atto; Ritenuto di accogliere le indicazioni fornite dal Consiglio di Stato; Vista la direttiva 2006/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006 concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio; Visto il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 di attuazione della predetta direttiva 2006/32/CE ed in particolare il comma 6 dell’articolo 18; Visti i due decreti del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 20 luglio 2004 recanti, rispettivamente, “nuova individuazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento dell’efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”, e “nuova individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164”, e successive modifiche ed integrazioni; Acquisito il parere del Consiglio nazionale consumatori ed utenti (CNCU), reso nella seduta del 12 dicembre 2007; Considerato che l’emanazione del presente decreto è funzionale alla piena attuazione della direttiva 2002/91/ CE, e in particolare dell’articolo 7, e che, in proposito, la Commissione Europea già il 18 ottobre 2006 ha avviato la procedura di messa in mora nei confronti della Repubblica italiana, ai sensi dell’articolo 226 del Trattato CE (procedura di infrazione 2006/2378); Considerato che, il decreto legislativo 19 agosto 2005,
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Regioni&Ambiente n° 8/9 Agosto-Settembre 2009
INSERTO
D. M. n. 26.6.2009 (G.U. n. 158 del 10/07/2009)
n. 192, e successive modifiche ed integrazioni, fissa in 180 giorni, decorrenti dal 9 ottobre 2005, il termine per l’emanazione del presente provvedimento; Acquisita l’intesa espressa dalla Conferenza unificata nella seduta del 20 marzo 2008 DECRETA Art. 1 ( Finalità e ambito di intervento) 1. Ai sensi dell’ articolo 6, comma 9, e dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e per le finalità di cui all’articolo 1 del medesimo decreto legislativo, per una applicazione omogenea, coordinata ed immediatamente operativa della certificazione energetica degli edifici su tutto il territorio nazionale, il presente decreto definisce: a) le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici; b) gli strumenti di raccordo, concertazione e cooperazione tra lo Stato e le Regioni. Art. 2 (Definizioni) 1. Ai fini del presente decreto con decreto legislativo si intende il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modifiche ed integrazioni. 2. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo e successive modifiche ed integrazioni e l’ulteriore definizione di cui al comma seguente. 3. Singole unità immobiliari, ai fini del presente decreto si intende l’insieme di uno o più locali preordinato come autonomo appartamento e destinato ad alloggio nell’ambito di un edificio, di qualsiasi tipologia edilizia, comprendente almeno due unità immobiliari. E’ assimilata alla singola unità immobiliare l’unità commerciale o artigianale o direzionale appartenente ad un edificio con le predette caratteristiche. Art. 3 (Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici) 1. Al fine di garantire la promozione di adeguati livelli di qualità dei servizi di certificazione, assicurare la fruibilità, la diffusione e una crescente comparabilità delle certificazioni energetiche sull’intero territorio nazionale in conformità alla direttiva 2002/91/CE, promuovendo altresì la tutela degli interessi degli utenti, sono riportate in allegato A le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, di seguito Linee guida. 2. Formano parte integrante delle Linee guida gli allegati 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7. 3. Ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo, fermo restando quanto disposto dal comma 5, le disposizioni contenute nelle Linee guida si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri strumenti di certificazione energetica degli edifici in applicazione della direttiva 2002/91/CE e comunque sino alla data di entrata in vigore dei predetti strumenti regionali di certificazione
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energetica degli edifici. 4. Nel disciplinare il sistema di certificazione energetica degli edifici le regioni e le province autonome, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nonché dei principi fondamentali desumibili dal decreto legislativo e dalla direttiva 2002/91/CE, tengono conto degli elementi essenziali di cui all’articolo 4. 5. Ai fini del comma 1, le regioni e le province autonome che alla data del presente decreto abbiano già provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE adottano misure atte a favorire un graduale ravvicinamento dei propri strumenti regionali di certificazione energetica degli edifici alle Linee guida. Le regioni e le province autonome provvedono affinché sia assicurata la coerenza dei loro provvedimenti con i contenuti dell’articolo 4. Art. 4 (Elementi essenziali del sistema di certificazione energetica degli edifici) 1. Sono elementi essenziali del sistema di certificazione degli edifici, desumibili dalle Linee guida di cui all’allegato A: a) i dati informativi che debbono essere contenuti nell’attestato di certificazione energetica, compresi i dati relativi all’efficienza energetica dell’edificio, i valori vigenti a norma di legge, i valori di riferimento o classi prestazionali che consentano ai cittadini di valutare e raffrontare la prestazione energetica dell’edificio in forma sintetica e anche non tecnica, i suggerimenti e le raccomandazioni in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione; b) le norme tecniche di riferimento, conformi a quelle sviluppate in ambito europeo e nazionale; c) le metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici, compresi i metodi semplificati finalizzati a minimizzare gli oneri a carico dei cittadini, tenuto conto delle norme di riferimento. 2. Sono elementi essenziali del sistema di certificazione degli edifici i requisiti professionali e i criteri per assicurare la qualificazione e l’indipendenza dei soggetti preposti alla certificazione energetica degli edifici desumibili dal decreto del Presidente della Repubblica di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c) del decreto legislativo; 3. Sono elementi essenziali del sistema di certificazione degli edifici, desumibili dall’articolo 6: a) la validità temporale massima dell’attestato; b) le prescrizioni relative all’aggiornamento dell’attestato in relazione ad ogni intervento che migliori la prestazione energetica dell’edificio o ad ogni operazione di controllo che accerti il degrado della prestazione medesima, di entità significativa. Art. 5 ( Coordinamento tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano) 1. Ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo, in merito all’attivazione di tutti i meccanismi di raccordo, concertazione e cooperazione tra lo Stato,
le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali, è istituito un Tavolo di confronto e coordinamento presso il Ministero degli affari regionali e delle autonomie locali, con la partecipazione di rappresentanti dei Ministeri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di Regioni, Province e Comuni, con il supporto del CNR, del CTI, dell’ENEA, del CNCU, dell’Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la contabilità ambientale (ITACA) e del Comitato Ecolabel. 2. Con successivo decreto del Ministero dello sviluppo economico d’intesa con i Ministeri degli affari regionali e delle autonomie locali, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e la Conferenza unificata sono definite composizione e modalità operative del Tavolo di confronto e coordinamento di cui al comma 1. 3. Sono obiettivi e compiti del Tavolo di confronto e coordinamento di cui al comma 1: a) il monitoraggio dell’applicazione della normativa sulla certificazione energetica degli edifici finalizzato a garantire le più efficaci modalità di trasferimento delle informazioni nei confronti degli acquirenti e dei conduttori degli immobili e alla massima diffusione e omogeneizzazione delle procedure sul territorio nazionale; b) il confronto e lo scambio di esperienze a supporto della predisposizione dei programmi di cui al comma 3bis dell’articolo 9, del decreto legislativo; c) la formulazione di proposte per la realizzazione di un sistema informativo regionale e nazionale, che favorisca la raccolta di dati, in materia di certificazione energetica e di controllo per l’efficienza energetica degli edifici; d) la formulazione di proposte per l’adeguamento delle disposizioni normative vigenti; e) la formulazione di proposte per lo sviluppo di iniziative coordinate di informazione dei cittadini favorendo lo scambio di strumenti e l’ottimizzazione delle risorse disponibili; f) valutazione dei costi di mercato e delle condizioni di accesso al servizio di certificazione energetica degli edifici, sentiti i Consigli nazionali dei professionisti; g) la formulazione di proposte inerenti lo sviluppo di certificazioni e marchi volontari di qualità energeticoambientale; h) le proposte volte ad assicurare la più ampia pubblicità delle condizioni di svolgimento del servizio di certificazione; i) la promozione del ravvicinamento degli strumenti regionali di certificazione energetica degli edifici alle Linee guida, di cui all’articolo 3, comma 5. Art. 6 (Disposizioni finali) 1. Gli attestati di certificazione hanno una validità temporale massima di dieci anni, ai sensi del comma 5, dell’articolo 6 del decreto legislativo. Tale validità non viene inficiata dall’emanazione di provvedimenti di aggiornamento del presente decreto e/o introduttivi
della certificazione energetica di ulteriori servizi quali, a titolo esemplificativo, la climatizzazione estiva e l’illuminazione. 2. La validità massima dell’attestato di certificazione di un edificio, di cui al comma 1, è confermata solo se sono rispettate le prescrizioni normative vigenti per le operazioni di controllo di efficienza energetica, compreso le eventuali conseguenze di adeguamento, degli impianti di climatizzazione asserviti agli edifici, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo. Nel caso di mancato rispetto delle predette disposizioni l’attestato di certificazione decade il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata per le predette operazioni di controllo di efficienza energetica. 3. Ai fini del comma 2, i libretti di impianto o di centrale di cui all’articolo 11, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, sono allegati, in originale o in copia, all’attestato di certificazione energetica. 4. Ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo l’attestato di certificazione energetica è aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione, edilizio e impiantistico, che modifica la prestazione energetica dell’edificio nei termini seguenti: a) ad ogni intervento migliorativo della prestazione energetica a seguito di interventi di riqualificazione che riguardino almeno il 25% della superficie esterna dell’immobile; b) ad ogni intervento migliorativo della prestazione energetica a seguito di interventi di riqualificazione degli impianti di climatizzazione e di produzione di acqua calda sanitaria che prevedono l’istallazione di sistemi di produzione con rendimenti più alti di almeno 5 punti percentuali rispetto ai sistemi preesistenti; c) ad ogni intervento di ristrutturazione impiantistica o di sostituzione di componenti o apparecchi che, fermo restando il rispetto delle norme vigenti, possa ridurre la prestazione energetica dell’edificio; d) facoltativo in tutti gli altri casi. 5. In relazione al premio per impianti fotovoltaici abbinati ad un uso efficiente dell’energia previsti in attuazione dell’articolo 7, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, l’indice di prestazione energetica, su cui determinare la riduzione per accedere al premio, si determina esclusivamente con il metodo di calcolo di progetto di cui al paragrafo 5.1, delle Linee guida di cui all’articolo 3. 6. Le disposizioni di cui al presente decreto e ai suoi allegati sono modificate e integrate con la medesima procedura. Art. 7 (Modifica allegati al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modifiche ed integrazioni) 1. All’ allegato A, del decreto legislativo, sono apportate le seguenti modifiche: a. nei commi 31 e 32, le parole: “l’equivalenza 9MJ = 1kWhe”, sono sostituite con le parole: “il valore di riferimento per la conversione tra kWh
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elettrici e MJ definito con provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, al fine di tener conto dell’efficienza media di produzione del parco termoelettrico, e suoi successivi aggiornamenti.” b. nei commi 16 e 17 la parola. “consumo” è sostituita da: “fabbisogno”. 2. I contenuti dell’allegato M, al decreto legislativo, sono integralmente sostituiti da quelli dell’allegato B, al presente decreto. 3. Alla lettera d), del comma 1, dell’allegato H, del decreto legislativo, le parole da: “90+2logPn” a “espressa in kW”, sono sostituite con le seguenti: “X + 2 log Pn; dove log Pn è il logaritmo in base 10 della potenza utile nominale del singolo generatore, espressa in kW, ed X vale 90 per le caldaie a condensazione, e vale 88 per tutte le altre tipologie di caldaie.” Art. 8 (Copertura finanziaria) 1. All’attuazione del presente decreto si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
ALLEGATI ALLEGATO A Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici ALLEGATO B Norme tecniche di riferimento ALLEGATO 1 Indicazioni per il calcolo della prestazione energetica di edifici non dotati di impianto di climatizzazione invernale e/o di produzione di acqua calda sanitaria ALLEGATO 2 Schema di procedura semplificata per la determinazione dell’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale dell’edificio ALLEGATO 3 Tabella riepilogativa sull’utilizzo delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche in relazione agli edifici interessati e ai servizi energetici da valutare ai fini della certificazione energetica ALLEGATO 4 Sistema di classificazione nazionale concernente la climatizzazione invernale degli edifici e la produzione di acqua calda sanitaria Per ragioni di spazio in questo Inserto non trascritto gli Allegati di seguito elencati, rinviando gli interessati al testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. ALLEGATO 5 Attestato di qualificazione energetica (ai sensi del comma 2, dell’articolo 8, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 e successive mm.e ii.) - Edifici residenziali ALLEGATO 6 Attestato di certificazione energetica edifici residenziali ALLEGATO 7 Attestato di certificazione energetica edifici non residenziali
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ALLEGATO A (articolo 3, comma 1) Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici Indice del documento 1. Finalità 2. Campo di applicazione 3. Prestazione energetica degli edifici 4. Metodologie per la determinazione della prestazione energetica degli edifici 5. Metodi di calcolo di riferimento nazionale 5.1 Metodo calcolato di progetto 5.2 Metodi di calcolo da rilievo sull’edificio 6. Valutazione qualitativa delle caratteristiche dell’involucro edilizio volte a contenere il fabbisogno per la climatizzazione estiva. Riferimenti nazionali. 6.1 Metodo basato sulla determinazione dell’indice di prestazione termica dell’edificio per il raffrescamento 6.2 Metodo basato sulla determinazione di parametri qualitativi 7. Metodologia di classificazione degli edifici 7.1 Rappresentazione delle prestazioni, struttura della scala delle classi e soglia di riferimento legislativo 7.2 Classi energetiche e prestazione energetica globale 7.3 Climatizzazione invernale dell’edificio 7.4 Preparazione dell’acqua calda per usi igienici e sanitari 7.5 Certificazione di edifici e di singoli appartamenti (climatizzazione invernale) 8. Procedura di certificazione energetica degli edifici 9. Autodichiarazione del proprietario 1. Finalità Le presenti Linee guida definiscono un sistema di certificazione energetica degli edifici in grado di: a. fornire informazioni sulla qualità energetica degli immobili e strumenti di chiara ed immediata comprensione: - per la valutazione della convenienza economica a realizzare interventi di riqualificazione energetica delle abitazioni. - per acquisti e locazioni di immobili che tengano adeguatamente conto della prestazione energetica degli edifici; b. contribuire ad una applicazione omogenea della certificazione energetica degli edifici coerente con la direttiva 2002/91/CE e con i principi desumibili dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, di seguito nominato decreto legislativo, attraverso la definizione di una procedura nazionale che comprenda: - l’indicazione di un sistema di classificazione degli edifici; - l’individuazione di metodologie di calcolo della prestazione energetica utilizzabili in modo alternativo in relazione alle caratteristiche dell’edificio e al livello di approfondimento richiesto; - la disponibilità di metodi semplificati che minimizzino gli oneri a carico dei cittadini. Ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo le disposizioni contenute nelle Linee guida si applicano per le
regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri strumenti di certificazione energetica degli edifici in applicazione della direttiva 2002/91/CE e comunque sino alla data di entrata in vigore dei predetti strumenti regionali di certificazione energetica degli edifici. Nel disciplinare il sistema di certificazione energetica degli edifici le regioni e le province autonome, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nonché dei principi fondamentali desumibili dal decreto legislativo e dalla direttiva 2002/91/CE, tengono conto degli elementi essenziali nel seguito indicati: a) i dati informativi che debbono essere contenuti nell’attestato di certificazione energetica, compresi i dati relativi all’efficienza energetica dell’edificio, i valori vigenti a norma di legge, i valori di riferimento o classi prestazionali che consentano ai cittadini di valutare e raffrontare la prestazione energetica dell’edificio in forma sintetica e anche non tecnica, i suggerimenti e le raccomandazioni in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione; b) le norme tecniche di riferimento, conformi a quelle sviluppate in ambito europeo e nazionale; c) le metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici, compresi i metodi semplificati finalizzati a minimizzare gli oneri a carico dei cittadini, tenuto conto delle norme di riferimento; d) i requisiti professionali e i criteri per assicurare la qualificazione e l’indipendenza dei soggetti preposti alla certificazione energetica degli edifici; e) la validità temporale massima dell’attestato; f) le prescrizioni relative all’aggiornamento dell’attestato in relazione ad ogni intervento che migliori la prestazione energetica dell’edificio o ad ogni operazione di controllo che accerti il degrado della prestazione medesima, di entità significativa. Ai fini di una applicazione omogenea della certificazione energetica, come precedentemente detto, le regioni e le province autonome che alla data del presente decreto abbiano già provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE adottano misure atte a favorire un graduale ravvicinamento dei propri strumenti regionali di certificazione energetica degli edifici alle presenti Linee guida. Le regioni e le province autonome provvedono affinché sia assicurata la coerenza dei loro provvedimenti con gli elementi essenziali di cui alle lettere da a) a f). 2. Campo di applicazione Ai sensi del decreto legislativo la certificazione energetica si applica a tutti gli edifici delle categorie di cui all’articolo 3, del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, indipendentemente dalla presenza o meno di uno o più impianti tecnici esplicitamente od evidentemente dedicati ad uno dei servizi energetici di cui è previsto il calcolo delle prestazioni. Si sottolinea che tra le categorie predette non rientrano, box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, ecc. se non limitatamente alle porzioni eventualmente adibite ad uffici e assimilabili, purché scorporabili agli effetti dell’isolamento termico. Specifiche indicazioni per i calcolo della prestazione
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energetica di edifici non dotati di impianto di climatizzazione invernale e/o di produzione di acqua calda sanitaria sono riportate nell’allegato 1. Nel caso di edifici esistenti nei quali coesistono porzioni di immobile adibite ad usi diversi (residenziale ed altri usi) qualora non fosse tecnicamente possibile trattare separatamente le diverse zone termiche, l’edificio è valutato e classificato in base alla destinazione d’uso prevalente in termini di volume riscaldato. 3. Prestazione energetica degli edifici La prestazione energetica complessiva dell’edificio è espressa attraverso l’indice di prestazione energetica globale EPgl. EPgl= EPi + EPacs + EPe + EPill dove: EPi: è l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale; EPacs: l’indice di prestazione energetica per la produzione dell’acqua calda sanitaria; Epe: l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione estiva; EPill: l’indice di prestazione energetica per l’illuminazione artificiale. Nel caso di edifici residenziali tutti gli indici sono espressi in kWh/m2anno. Nel caso di altri edifici (residenze collettive, terziario, industria) tutti gli indici sono espressi in kWh/m3anno. Le modalità di calcolo dell’energia primaria e i contributi delle fonti rinnovabili sono valutati, nell’ambito delle metodologie di riferimento nazionali di cui al paragrafo 5, con le modalità disposte ai decreti ministeriali 24 luglio 2004 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di efficienza energetica e sviluppo delle fonti rinnovabili”. L’indice di prestazione energetica globale EPgl tiene conto: - del fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione invernale ed estiva, per la produzione di acqua calda sanitaria e per l’illuminazione artificiale; - dell’energia erogata e dell’energia ausiliaria dei sistemi impiantistici, incluso i sistemi per l’autoproduzione o l’utilizzo di energia. Si ricorda che la determinazione dell’indice di prestazione energetica per l’illuminazione degli ambienti è obbligatoria per gli edifici appartenenti alle categorie E. 1, limitatamente a collegi, conventi, case di pena e caserme, E. 2, E. 3, E. 4, E. 5, E. 6, e E. 7, di cui all’articolo 3, del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tuttavia, nella fase di avvio, ai fini della certificazione degli edifici, si considerano nelle presenti Linee guida solamente gli indici di prestazione di energia primaria per la climatizzazione invernale e per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici e sanitari. Inoltre, per la climatizzazione estiva è prevista una valutazione qualitativa delle caratteristiche dell’involucro edilizio volte a contenere il fabbisogno energetico per l’erogazione del predetto servizio come definito al paragrafo 6. Con uno o più atti successivi, di integrazione al presente
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provvedimento, si procede ad estendere la certificazione a tutti i servizi energetici afferenti l’edificio, ed eventualmente ad integrare, ai metodi di valutazione delle prestazioni energetiche già indicati, i metodi a consuntivo o le valutazioni di esercizio. 4. Metodologie per la determinazione della prestazione energetica degli edifici Sulla base delle finalità, dell’esperienza e delle opportunità offerte dalla certificazione energetica possono essere usate diverse metodologie di riferimento per la determinazione della prestazione energetica degli edifici, differenti per utilizzo e complessità. Sono pertanto considerati: 1. “Metodo calcolato di progetto”, che prevede la valutazione della prestazione energetica a partire dai dati di ingresso del progetto energetico dell’edificio come costruito e dei sistemi impiantistici a servizio dell’edificio come realizzati. Questo metodo è di riferimento per gli edifici di nuova costruzione e per quelli completamente ristrutturati di cui all’articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto legislativo, per la predisposizione dell’attestato di qualificazione energetica e della relazione tecnica di rispondenza del progetto alle prescrizioni per il contenimento dei consumi energetici, previsti ai sensi del decreto legislativo, fermo restando le relative flessibilità (vedi i decreti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), e l’articolo 8, commi 1 e 2, del decreto legislativo); 2. “Metodo di calcolo da rilievo sull’edificio o standard”, che prevede la valutazione della prestazione energetica a partire dai dati di ingresso ricavati da indagini svolte direttamente sull’edificio esistente. In questo caso le modalità di approccio possono essere: i. mediante procedure di rilievo, anche strumentali, sull’edificio e/o sui dispositivi impiantistici effettuate secondo le normative tecniche di riferimento, previste dagli organismi normativi nazionali, europei e internazionali, o, in mancanza di tali norme dalla letteratura tecnico-scientifica; ii. per analogia costruttiva con altri edifici e sistemi impiantistici coevi, integrata da banche dati o abachi nazionali, regionali o locali; iii. sulla base dei principali dati climatici, tipologici, geometrici ed impiantistici. Queste metodologie trovano concreta applicazione nei metodi di calcolo illustrati al successivo paragrafo. 5. Metodi di calcolo di riferimento nazionale A partire dall’entrata in vigore del presente provvedimento, i metodi di cui ai paragrafi 5.1 e 5.2, in relazione ai diversi criteri del precedente paragrafo, costituiscono i metodi di riferimento nazionali per la determinazione della prestazione energetica dell’edificio. I metodi di cui al paragrafo 5.1 e 5.2, punto 1, utilizzano pienamente le metodologie di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo. Gli altri metodi riportati al paragrafo 5.2, rispondono ai requisiti di semplificazione, finalizzati a minimizzare gli oneri a carico dei richiedenti, conformemente alla disposizioni del comma 9, dell’articolo 6, del decreto legislativo. Gli strumenti di calcolo applicativi dei metodi di riferi-
mento nazionali (software commerciali) devono garantire che i valori degli indici di prestazione energetica, calcolati attraverso il loro utilizzo, abbiano uno scostamento massimo di più o meno il 5% rispetto ai corrispondenti parametri determinati con l’applicazione dei pertinenti riferimenti nazionali. La predetta garanzia è fornita attraverso una verifica e dichiarazione resa da: - CTI ed UNI per gli strumenti che hanno come riferimento i metodi di cui al paragrafo 5.1 e 5.2, punto 1; - CNR, ENEA per gli strumenti che hanno come riferimento i metodi di cui al paragrafo 5.2, punti 2 e 3. Nelle more del rilascio della dichiarazione di cui sopra, la medesima è sostituita da autodichiarazione del produttore dello strumento di calcolo, in cui compare il riferimento della richiesta di verifica e dichiarazione avanzata dal predetto soggetto ad uno degli organismi pubblici nazionali citati. 5.1 Metodo calcolato di progetto Per il calcolo degli indici di prestazione energetica dell’edificio per la climatizzazione invernale (EPi) e per la produzione dell’acqua calda sanitaria (EPacs), attuativo del “Metodo calcolato di progetto o di calcolo standardizzato” di cui al punto 1 del paragrafo 4, si fa riferimento alle metodologie di calcolo definite ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo, e precisamente alle norme della serie UNI/TS 11300 e loro successive modificazione e integrazioni. Di seguito si riportano le norme a oggi disponibili: a) UNI/TS 11300 – 1 Prestazioni energetiche degli edifici – Parte 1: Determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edificio per la climatizzazione estiva ed invernale; b) UNI/TS 11300 – 2 Prestazioni energetiche degli edifici – Parte 2: Determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria; In particolare: - la norma tecnica di cui alla lettera a) definisce il metodo di calcolo della prestazione energetica dell’involucro edilizio per il riscaldamento ed il raffrescamento; - la norma tecnica di cui alla lettera b), a partire dalla prestazione dell’involucro edilizio, permette di calcolare la prestazione del sistema edificio-impianti in relazione allo specifico impianto termico installato. A oggi queste norme permettono il calcolo per il riscaldamento invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria e non per il raffrescamento estivo. Il corrispondente foglio di calcolo, che costituisce il riferimento applicativo delle predette norme, e significativi esempi numerici, sono reperibili sul sito internet del CTI a partire dall’entrata in vigore del presente provvedimento. Questa procedura è applicabile a tutte le tipologie edilizie degli edifici nuovi ed esistenti indipendentemente dalla loro dimensione. 5.2 Metodi di calcolo da rilievo sull’edificio Per il calcolo degli indici di prestazione energetica dell’edificio per la climatizzazione invernale (EPi) e per la produzione dell’acqua calda sanitaria (EPacs), attuativo del “Meto-
do di calcolo da rilievo sull’edificio” di cui al punto 2 del paragrafo 4, sono previsti i seguenti tre livelli di approfondimento. 1. In merito al metodo di cui al punto 2i, per il calcolo degli indici di prestazione energetica dell’edificio per la climatizzazione invernale (EPi) e per la produzione dell’acqua calda sanitaria (EPacs), si fa riferimento alle norme tecniche di cui al paragrafo 5.1 e alle relative semplificazioni previste per gli edifici esistenti. Infatti le predette norme prevedono, per gli edifici esistenti, modalità di determinazione dei dati descrittivi dell’edificio e degli impianti sotto forma di abachi e tabelle in relazione, ad esempio, alle tipologie e all’anno di costruzione. Questa procedura è applicabile a tutte le tipologie edilizie degli edifici esistenti indipendentemente dalla loro dimensione. 2. In merito alla metodologia di cui al punto 2ii del paragrafo 4, per il calcolo degli indici di prestazione energetica dell’edificio per la climatizzazione invernale (EPi) e per la produzione dell’acqua calda sanitaria (EPacs), si fa riferimento al metodo di calcolo DOCET, predisposto da CNR ed ENEA, sulla base delle norme tecniche di cui al paragrafo 5.1, il cui software applicativo è disponibile sui siti internet del CNR e dell’ENEA. Questa procedura è applicabile agli edifici residenziali esistenti con superficie utile fino a 3000 m2. 3. In merito alla metodologia di cui al punto 2iii del paragrafo 4, per il calcolo dell’indice di prestazione energetica dell’edificio per la climatizzazione invernale (EPi) si utilizza come riferimento il metodo semplificato di cui all’allegato 2, mentre per il calcolo dell’indice energetico per la produzione dell’acqua calda sanitaria (EPacs) alle norme UNI/TS 11300 per la parte semplificata relativa agli edifici esistenti; Questa procedura è applicabile agli edifici residenziali esistenti con superficie utile fino a 1000 m2. Ai fini delle presenti Linee guida sono edifici residenziali gli edifici classificati E1, in base alla destinazione d’uso, all’articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, con l’esclusione di collegi, conventi, case di pena e caserme. Nell’allegato 3 si riporta una tabella riepilogativa sull’utilizzo delle metodologie di calcolo delle prestazione energetica in relazione agli edifici interessati e ai servizi energetici da valutare. 6. Valutazione qualitativa delle caratteristiche dell’involucro edilizio volte a contenere il fabbisogno per la climatizzazione estiva. Riferimenti nazionali. In considerazione della rilevanza crescente dei consumi per il raffrescamento degli edifici e per non fornire valutazioni fuorvianti circa la qualità energetica dell’edificio nei casi in cui, anche per le particolari condizioni climatiche, l’esposizione al calore e l’attitudine a trattenerlo possono determinare condizioni gravose per la prestazione energetica in estate, si ritiene utile tenere conto di questi aspetti pure nelle more della predisposizione di norme tecniche consolidate in materia di impianti per la climatizzazione estiva. A tal fine, a far data dal 1 luglio 2008, per la valutazione della qualità termica estiva dell’involucro edilizio sono
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riferimenti nazionali le metodologie di cui ai paragrafi 6.1 e 6.2, in relazione alle procedure utilizzate per la determinazione degli indici di prestazione energetica di cui al paragrafo 4. L’indicazione della qualità termica estiva dell’involucro edilizio deve essere riportata negli attestati di qualificazione e certificazione energetica. In assenza di un quadro di normativa tecnica sperimentato e consolidato, in materia di climatizzazione estiva degli edifici, che, al momento, rende difficile la definizione di specifici metodi semplificati e ritenuto che, ancorché qualitativi, i metodi di valutazione indicati ai successivi paragrafi 6.1 e 6.2 non presentano le condizioni di semplicità e di minimizzazione degli oneri disposti all’articolo 6, comma 9, del decreto legislativo, la valutazione di cui al presente paragrafo è resa in ogni caso facoltativa nella certificazione di singole unità immobiliari ad uso residenziale di superficie utile inferiore o uguale a 200 m2, che per la determinazione dell’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale utilizzino il metodo semplificato di cui al paragrafo 5.2, punto 3. In assenza della predetta valutazione, all’unità immobiliare viene attribuita una qualità prestazionale corrispondente al livello “V” delle tabelle di cui ai paragrafi 6.1 e 6.2 . 6.1 Metodo basato sulla determinazione dell’indice di prestazione termica dell’edificio per il raffrescamento (EPe,invol) Congiuntamente all’applicazione delle metodologie di cui al paragrafo 5.1 e al paragrafo 5.2, punti 1 e 2, sia in applicazione di disposizioni legislative che per scelta di utilizzo, si procede alla determinazione dell’indice di prestazione termica dell’edificio per il raffrescamento (EPe,invol), espresso in kWh/m2anno, pari al rapporto tra il fabbisogno di energia termica per il raffrescamento dell’edificio (energia richiesta dall’involucro edilizio per mantenere negli ambienti interni le condizioni di comfort, non tiene conto dei rendimenti dell’impianto che fornisce il servizio e quindi non è energia primaria) e la superficie calpestabile del volume climatizzato. Il riferimento nazionale per il calcolo del fabbisogno di energia termica per il raffrescamento, direttamente o attraverso il metodo DOCET del CNR/ENEA, sono le norme tecniche di cui al paragrafo 5.1, e, a oggi, per il caso specifico la seguente norma tecnica e sue successive modificazioni e integrazioni: UNI/TS 11300 – 1 Prestazioni energetiche degli edifici – Parte 1: Determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edificio per la climatizzazione estiva ed invernale; Sulla base dei valori assunti dal parametro EPe,invol, calcolati con la predetta metodologia, si definisce la seguente classificazione, valida per tutte le destinazioni d’uso: EPe,invol (kWh/m2anno) Prestazioni Qualità prestazionale EPe,invol < 10 ottime I 10< EPe,invol < 20 buone II 20< EPe,invol < 30 medie III
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30< EPe,invol < 40 sufficienti IV EPe,invol > 40 mediocri V 6.2 Metodo basato sulla determinazione di parametri qualitativi Congiuntamente all’applicazione delle metodologie di cui al paragrafo 5.2, punto 3, e con le limitazioni ivi previste, in alternativa alla metodologia di cui al paragrafo 6.1, si può procedere alla determinazione di indicatori quali: lo sfasamento (S), espresso in ore, ed il fattore di attenuazione (fa), coefficiente adimensionale. Il riferimento nazionale per il calcolo dei predetti indicatori è la norma tecnica UNI EN ISO 13786, dove i predetti parametri rispondono rispettivamente alle seguenti definizioni: a) fattore di attenuazione o fattore di decremento è il rapporto tra il modulo della trasmittanza termica dinamica e la trasmittanza termica in condizioni stazionarie. b) sfasamento è il ritardo temporale tra il massimo del flusso termico entrante nell’ambiente interno ed il massimo della temperatura dell’ambiente esterno. Sulla base dei valori assunti da tali parametri si definisce la seguente classificazione valida per tutte le destinazioni d’uso: Sfasamento (ore) Attenuazione Prestazioni Qualità prestazionale S> 12 Fa<0,15 ottime I 12 >S > 10 0,15<fa<0,30 buone II 10 >S > 8 0,30<fa<0,40 medie III 8 >S > 6 0,40<fa<0,60 sufficienti IV 6>S 0,60<fa mediocri V Nei casi in cui le coppie di parametri caratterizzanti l’edificio non rientrano coerentemente negli intervalli fissati in tabella, per la classificazione prevale il valore dello sfasamento. 7. Metodologia di classificazione degli edifici L’attestato di certificazione energetica degli edifici, con l’attribuzione di specifiche classi prestazionali, è strumento di orientamento del mercato verso gli edifici a migliore rendimento energetico, permette ai cittadini di valutare la prestazione energetica dell’edificio di interesse e di confrontarla con i valori tecnicamente raggiungibili, in un bilancio costi/benefici. Le esperienze in atto a livello internazionale ed europeo, i provvedimenti adottati in argomento da parte di alcune Regioni e Province Autonome dimostrano che esistono diversi sistemi di classificazione energetica degli edifici, che possono coprire anche aspetti di sostenibilità ambientali. Nel seguito è indicata la metodologia di classificazione che si ritiene più efficace per il raggiungimento degli obiettivi posti dalla direttiva 2002/91/CE in relazione al patrimonio edilizio nazionale valutato nella sua globalità territoriale. 7.1 Rappresentazione delle prestazioni, struttura della scala delle classi e soglia di riferimento legislativo In merito alla rappresentazione delle prestazioni energetiche globali e parziali dell’edificio, si ritiene opportuno, per la
massima efficacia comunicativa, affiancare ad una rappresentazione grafica diretta delle predette prestazioni, conforme al punto 3 degli allegati 6 e 7 (comprensiva quindi dell’indicazione della prestazione raggiungibile con la realizzazione degli interventi di riqualificazione raccomandati) un sistema di valutazione basato su classi. La classe energetica globale dell’edificio è l’etichetta di efficienza energetica attribuita all’edificio sulla base di un intervallo convenzionale di riferimento all’interno del quale si colloca la sua prestazione energetica complessiva. La classe energetica è contrassegnata da una lettera. Possono coesistere delle maggiori specificazioni all’interno della stessa classe (a titolo esemplificativo classe B, B+). Le classe energetica globale dell’edificio comprende sottoclassi rappresentative dei singoli servizi energetici certificati: riscaldamento, raffrescamento, acqua calda sanitaria e illuminazione. Per la classificazione della prestazione relativa al servizio di climatizzazione invernale, tenendo conto dell’evoluzione normativa (che prevede nuovi requisiti minimi concernenti gli edifici di nuova costruzione a partire dal 1 gennaio 2008 e dal 1 gennaio 2010), è stato posto il requisito minimo fissato a partire dal 2010 quale limite di separazione tra le classi C e D (soglia di riferimento legislativo). In considerazione del livello medio di efficienza del parco immobiliare nazionale e soprattutto per stimolare interventi di riqualificazione diffusi, che possano concretizzarsi agevolmente in passaggi di classe, si ritiene opportuno, avere a disposizione un congruo numero di classi, soprattutto al di sopra della soglia di riferimento legislativo. A tali esigenze si può rispondere con classi identificate dalle lettere dalla A alla G, nel senso di efficienza decrescente, con l’introduzione di una classe A+ (relativamente alla prestazione globale e a quelle concernenti la climatizzazione invernale ed estiva). 7.2 Classi energetiche e prestazione energetica globale a scelta del sistema di classificazione degli edifici in base alle loro prestazioni energetiche, pur nella sua inevitabile convenzionalità, rappresenta certamente un aspetto importante per l’efficacia e la correttezza delle informazioni fornite ai cittadini. A tal fine si ritiene opportuno che il certificato energetico esprima il confronto della prestazione energetica globale propria dell’edificio: EPgl= EPi + EPacs + EPe + EPill
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con “n” classi di riferimento, i cui limiti inferiori sono determinati attraverso la seguente espressione: EPgl (CLASSE) n= K1 nEPi L (2010)+ EPacs n + K2 nEPe L + EPill n (2) dove: K1n e K2n sono dei parametri adimensionali; EPi L (2010) è il limite massimo ammissibile dell’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale in vigore a partire dal 1 gennaio 2010.
I significati degli altri simboli sono riportati al paragrafo 3. Come già detto al paragrafo 3, si avvia la certificazione energetica limitando la valutazione dell’indice di prestazione EP ai servizi di climatizzazione invernale e produzione di acqua calda sanitaria. In tal caso le precedenti espressioni (1) e (2) diventano rispettivamente: EPgl= EPi + EPacs
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EPgl (CLASSE) n= K1 nEPi L (2010)+ EPacs n
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Nell’allegato 4 si riportano le scale delle classi energetiche per le prestazioni parziali e globale, questa ultima, indicata al punto 3 del predetto allegato, definita con l’espressione (4), con cui confrontare la prestazione energetica globale propria dell’edificio, calcolata con l’espressione (3). 7.3. Climatizzazione invernale dell’edificio Il sistema di classificazione nazionale, relativo alla climatizzazione invernale, è definito sulla base dei limiti massimi ammissibili del corrispondente indice di prestazione energetica in vigore a partire dal 1 gennaio 2010 (EPiL(2010)), di cui alle tabelle 1.3 e 2.3 dell’allegato C al decreto legislativo, e quindi parametrato al rapporto di forma dell’edificio e ai gradi giorno della località dove lo stesso è ubicato. Un sistema così definito: - è pienamente coerente con le finalità di cui al paragrafo 1; - garantisce la stessa classe a tutti gli edifici, anche di diversa tipologia, che rispettano i limiti del decreto legislativo (EPiL), in pari misura, ponendoli in maniera certa al di sopra della soglia di riferimento; - permette una politica energetica degli edifici basata su una corretta comunicazione ai cittadini, su incentivi e premialità, facilmente integrabili o cumulabili tra loro, a partire dal rispetto degli obblighi di legge e con l’utilizzo delle classi; - assicura piena coerenza tra la metodologia di calcolo dell’indice di prestazione energetica EPi e l’attribuzione della classe energetica. Al punto 1 dell’allegato 4 si riporta la scala nazionale di classi espressione della prestazione energetica per la climatizzazione invernale. Al fine di fornire all’utente tutte le informazioni necessarie per individuare i provvedimenti atti migliorare le prestazioni energetiche, nell’attestato di certificazione devono essere riportati, oltre all’indice di prestazione energetica dell’edificio (energia primaria specifica), quelli relativi alle prestazioni parziali, quali il fabbisogno energetico dell’involucro e il rendimento medio stagionale dell’impianto. Si richiama l’attenzione sul fatto che nel costruire la scala di confronto, per gli edifici residenziali gli indici di prestazione sono espressi in kWh/m2 anno, mentre per residenze collettive o edifici non residenziali, i medesimi indici sono espressi in kWh/m3 anno. Nell’ambito di quanto disposto all’articolo 4 del presente
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decreto, nel contesto delle specifiche realtà regionali possono essere adottati altri sistemi di classificazione in conformità all’articolo 7 della direttiva 2002/91/CE e dei principi generali fissati dal decreto legislativo. Ai fini di tutela degli interessi degli utenti, di cui al comma 1, dell’articolo 3 del presente decreto, è essenziale assicurare un livello di confrontabilità delle prestazioni degli edifici su tutto il territorio nazionale. La predetta confrontabilità è garantita dalla rappresentazione grafica, eventualmente aggiuntiva, di cui ai punti 3 e 4, degli allegati 6 e 7. 7.4. Preparazione dell’acqua calda per usi igienici e sanitari La prestazione energetica, rappresentata dal relativo indice per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici e sanitari (EPacs), in chilowattora per metro quadrato di superficie utile dell’edificio per anno (kWh/m2 anno), viene messa a confronto con una scala di valori costituenti le classi energetiche. Al punto 2 dell’allegato 4 si riporta la scala nazionale delle classi, espressione della prestazione energetica per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici e sanitari, determinata sulla base di considerazioni tecnicoeconomiche. 7.5. Certificazione di edifici e di singoli appartamenti (climatizzazione invernale) Per gli edifici residenziali la certificazione energetica riguarda il singolo appartamento. Nel caso di una pluralità di unità immobiliari in edifici multipiano, o con una pluralità di unità immobiliari in linea, si potrà prevedere, in generale, una certificazione originaria comune per unità immobiliari che presentano caratteristiche di ripetibilità logistica e di esposizione, (piani intermedi), sia nel caso di impianti centralizzati che individuali, in questo ultimo caso a parità di generatore di calore per tipologia e potenza. Per i predetti edifici, si può quindi prevedere: a) in presenza impianti termici autonomi o centralizzati con contabilizzazione del calore, un certificato per ogni unità immobiliare determinato con l’utilizzo del rapporto di forma proprio dell’appartamento considerato (Lo stesso che si utilizza per la determinazione dell’indice di prestazione energetica limite EPLi); b) in presenza di impianti centralizzati privi di sistemi di regolazione e contabilizzazione del calore, l’indice di prestazione energetica per la certificazione dei singoli alloggi è ricavabile ripartendo l’indice di prestazione energetica (EPLi) dell’edificio nella sua interezza in base alle tabelle millesimali relative al servizio di riscaldamento; c) in presenza di appartamenti serviti da impianto centralizzato che si diversifichino dagli altri per l’installazione di sistemi di regolazione o per la realizzazione di interventi di risparmio energetico, si procede conformemente al punto a). In questo caso per la determinazione dell’indice di prestazione energetica si utilizzano i parametri di rendimento dell’impianto comune, quali quelli relativi a produzione, distribuzione, emissione e regolazione, ove pertinenti. A tal fine è fatto obbligo agli amministratori degli stabili di fornire ai condomini le informazioni e i dati necessari.
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8. Procedura di certificazione energetica degli edifici La certificazione va richiesta, a proprie spese, dal titolare del titolo abilitativo a costruire, comunque denominato, o dal proprietario, o dal detentore dell’immobile, ai Soggetti certificatori riconosciuti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo, con le disposizioni, ivi previste, per assicurare indipendenza ed imparzialità di giudizio dei medesimi soggetti nei differenti casi di edifici nuovi od esistenti. La procedura di certificazione energetica degli edifici comprende il complesso di operazioni svolte dai Soggetti certificatori ed in particolare: 1. l’esecuzione di una diagnosi, o di una verifica di progetto, finalizzata alla determinazione della prestazione energetica dell’immobile e all’individuazione degli interventi di riqualificazione energetica che risultano economicamente convenienti: a) il reperimento dei dati di ingresso, relativamente alle caratteristiche climatiche della località, alle caratteristiche dell’utenza, all’uso energetico dell’edificio e alle specifiche caratteristiche dell’edificio e degli impianti, avvalendosi, in primo luogo dell’attestato di qualificazione energetica; b) la determinazione della prestazione energetica mediante applicazione di appropriata metodologia, secondo quanto indicato ai precedenti paragrafi 4 e 5, relativamente a tutti gli usi energetici, espressi in base agli indici di prestazione energetica EP totale e parziali; c) l’individuazione delle opportunità di intervento per il miglioramento della prestazione energetica in relazione alle soluzioni tecniche proponibili, ai rapporti costi-benefici e ai tempi di ritorno degli investimenti necessari a realizzarle; 2. la classificazione dell’edificio in funzione degli indici di prestazione energetica di cui alla lettera b), del punto 1, e il suo confronto con i limiti di legge e le potenzialità di miglioramento in relazione agli interventi di riqualificazione individuati; 3. il rilascio dell’attestato di certificazione energetica. Le modalità esecutive della diagnosi di cui al punto 1 possono essere diverse e commisurate al livello di complessità della metodologia di calcolo utilizzata per la valutazione della prestazione energetica, come precisato al paragrafo 4. Il richiedente il servizio di certificazione energetica può, ai sensi dell’articolo 6, comma 2bis, del decreto legislativo, rendere disponibili a proprie spese i dati relativi alla prestazione energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare. Lo stesso può richiedere il rilascio dell’attestato di certificazione energetica sulla base di: - un attestato di qualificazione energetica relativo all’edificio o alla unità immobiliare oggetto di certificazione, anche non in corso di validità, evidenziando eventuali interventi su edifici ed impianti eseguiti successivamente; - le risultanze di una diagnosi energetica effettuata da tecnici abilitati con modalità coerenti con i metodi di valutazione della prestazione energetica attraverso cui si intende procedere. Il Soggetto certificatore è tenuto ad utilizzare e va-
lorizzare i documenti sopra indicati (ed i dati in essi contenuti), qualora esistenti e resi disponibili dal richiedente. L’attestato di qualificazione e la diagnosi predetti, in considerazione delle competenze e delle responsabilità assunte dai firmatari degli stessi, sono strumenti che favoriscono e semplificano l’attività del Soggetto certificatore e riducono l’onere a carico del richiedente. In particolare l’attestato di qualificazione, di cui al comma 2, dell’articolo 8, del decreto legislativo, è obbligatorio per gli edifici di nuova costruzione e per gli interventi ricadenti nell’ambito di applicazione di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a), b) e c), del medesimo decreto legislativo, in questo ultimo caso limitatamente alle ristrutturazioni totali. L’attestato di qualificazione energetica deve essere predisposto da un tecnico abilitato non necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione dell’edificio. L’attestato di qualificazione energetica degli edifici si differenzia da quello di certificazione, essenzialmente per i soggetti che sono chiamati a redigerlo e per l’assenza dell’attribuzione di una classe di efficienza energetica all’edificio in esame (solamente proposta dal tecnico che lo redige). Al di fuori di quanto previsto dall’articolo 8, comma 2, del decreto legislativo l’attestato di qualificazione energetica è facoltativo e può essere predisposto dall’interessato al fine di semplificare il successivo rilascio della certificazione energetica. Uno schema di attestato di qualificazione energetica, con i suoi contenuti minimi è riportato nell’allegato 5. Entro i quindici giorni successivi alla consegna al richiedente dell’attestato di certificazione energetica, il Soggetto certificatore trasmette copia del certificato alla Regione o Provincia autonoma competente per territorio. Nel caso di edifici di nuova costruzione o di interventi ricadenti nell’ambito di applicazione di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a), b) e c), del medesimo decreto legislativo, in questo ultimo caso limitatamente alle ristrutturazioni totali, la nomina del Soggetto certificatore avviene prima dell’inizio dei lavori. Nei medesimi casi, qualora fossero presenti, a livello regionale o locale, incentivi legati alla qualità energetica dell’edificio (bonus volumetrici, ecc.), la richiesta dell’attestato di certificazione energetica può essere resa obbligatoria prima del deposito della richiesta di autorizzazione edilizia. In tali ambiti, al fine di consentire controlli in corso d’opera, può essere previsto che il direttore dei lavori segnali al Soggetto certificatore le varie fasi della costruzione dell’edificio e degli impianti, rilevanti ai fini delle prestazioni energetiche dell’edificio. Il Soggetto certificatore, nell’ambito della sua attività di diagnosi, verifica o controllo, può procedere alle ispezioni e al collaudo energetico delle opere, avvalendosi, ove necessario di tecniche strumentali. Le condizioni e le modalità attraverso cui è stata effettuata la valutazione della prestazione energetica di un edificio o di una unità immobiliare viene indicata esplicitamente nel relativo attestato, anche ai fini della determinazione delle conseguenti responsabilità. Schemi di attestato di certificazione energetica, con i
suoi contenuti minimi sono riportati negli allegati 6 ed 7, rispettivamente per edifici residenziali e non residenziali. 9. Autodichiarazione del proprietario Per gli edifici di superficie utile inferiore o uguale a 1000 m2 e ai soli fini di cui al comma 1bis, dell’articolo 6, del decreto legislativo, mantenendo la garanzia di una corretta informazione dell’acquirente, il proprietario dell’edificio, consapevole della scadente qualità energetica dell’immobile, può scegliere di ottemperare agli obblighi di legge attraverso una sua dichiarazione in cui afferma che: - l’edificio è di classe energetica G; - i costi per la gestione energetica dell’edificio sono molto alti; Entro quindici giorni dalla data del rilascio di detta dichiarazione, il proprietario ne trasmette copia alla Regione o Provincia autonoma competente per territorio.
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ALLEGATO 1 (Allegato A, paragrafo 2) Indicazioni per il calcolo della prestazione energetica di edifici non dotati di impianto di climatizzazione invernale e/o di produzione di acqua calda sanitaria 1. In assenza di impianti termici, come definiti al comma 14, dell’allegato A, al decreto legislativo, per la climatizzazione invernale e/o la produzione di acqua calda sanitaria e quindi nell’impossibilità di poter determinare le conseguenti prestazioni energetiche e l’energia primaria utilizzata dall’edificio, per tutti gli edifici delle categorie di cui all’articolo 3, del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, si procede con le seguenti modalità. a) Climatizzazione invernale i. In presenza di edifici che hanno un indice di prestazione dell’involucro edilizio maggiore del valore limite riportato nelle seguenti tabelle 1 e 2, in funzione della fascia climatica, rispettivamente per edifici ad uso residenziale e non residenziale, con l’esclusione degli edifici industriali (categoria E.8), in considerazione del concetto di certificazione della prestazione basato sull’ipotesi di utilizzo convenzionale e standard dell’edificio in esame, si presume che le condizioni di comfort invernale siano raggiunte grazie ad apparecchi alimentati dalla rete elettrica. Il valore di riferimento per la conversione tra kWh elettrici e MJ è definito con apposito provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, al fine di tener conto dell’efficienza media di produzione del parco termoelettrico, e suoi successivi aggiornamenti. ii. In presenza di edifici che hanno un indice di prestazione dell’involucro edilizio non superiore al valore limite riportato nelle seguenti tabelle 1 e 2, in funzione della fascia climatica, rispettivamente per edifici ad uso residenziale e non residenziali, con l’esclusione degli edifici industriali (categoria E.8), si presume un rendimento globale medio stagionale dell’impianto termico pari al valore calcolato con la formula riportata al comma 5,
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dell’allegato C, del decreto legislativo. Per l’applicazione della predetta formula, in luogo della potenza utile nominale del generatore si utilizza la potenza richiesta dall’edificio calcolata secondo la norma UNI EN 12831 (carico invernale). iii. In presenza di edifici industriali (categoria E.8) che non rispettino i pertinenti valori limite di trasmittanza delle pareti, opache e trasparenti, di cui ai decreti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo, in considerazione del concetto di certificazione della prestazione basato sull’ipotesi di utilizzo convenzionale e standard dell’edificio in esame, si presume che le condizioni di comfort invernale siano raggiunte grazie ad apparecchi alimentati dalla rete elettrica. Il valore di riferimento per la conversione tra kWh elettrici e MJ è definito con apposito provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, al fine di tener conto dell’efficienza media di produzione del parco termoelettrico, e suoi successivi aggiornamenti. iv. In presenza di edifici industriali (categoria E.8) che rispettino i pertinenti valori limite di trasmittanza delle pareti, opache e trasparenti, di cui ai decreti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo, si presume un rendimento globale medio stagionale dell’impianto termico pari al valore calcolato con la formula riportata al comma 5, dell’allegato C, del decreto legislativo. Per l’applicazione della predetta formula, in luogo della potenza utile nominale del generatore si utilizza la potenza richiesta dall’edificio calcolata secondo la norma UNI EN 12831 (carico invernale). b) Produzione di acqua calda sanitaria In assenza di impianto di produzione di acqua calda sanitaria ed in mancanza di specifiche indicazioni, sulla base delle considerazioni riportate alla lettera precedente si presume che lo specifico servizio sia fornito grazie ad apparecchi alimentati dalla rete elettrica. Il valore di riferimento per la conversione tra kWh elettrici e MJ definito con apposito provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, al fine di tener conto dell’efficienza media di produzione del parco termoelettrico, e suoi successivi aggiornamenti.
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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Adiconsum e ICMQ realizzano una Guida
LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI Gli obblighi, le scadenze, i benefici Nell’ambito dell’area Mediterranea, l’Italia, secondo le stime dell’ENEA, è il Paese con il maggior impiego di energia nel patrimonio edilizio, con un aumento dei consumi energetici del settore civile, residenziale e terziario di quasi il 2% all’anno. Gran parte degli edifici ha, infatti, consumi molto elevati: per il solo riscaldamento, si consumano in media tra 140 e 170 kWh/m2/a. Per meglio comprendere questi dati, basti pensare che esistono oggi in edilizia, tecnologie costruttive ed impiantistiche che consentono di abbassare i consumi per il riscaldamento a meno di 15 kWh/ m2/a. Ancora, la Provincia Autonoma di Bolzano, forse la più fredda provincia italiana, ha posto come limite massimo di consumo di 70 kWh/m2/a, per ottenere il certificato di abitabilità degli edifici di nuova costruzione. Oltre ai consumi invernali, è quanto mai opportuno considerare anche i consumi per il raffrescamento estivo: spesso oggi, in Italia, specie al Sud, si consuma più per raffrescare che per riscaldare. Per questioni climatiche e per il desiderio di incrementare gli standard di comfort sia nei luoghi di lavoro che nelle abitazioni, si è assistito, in Italia, al continuo incremento dei consumi energetici, legato soprattutto all’aumento di quelli elettrici, con crescita del loro “picco estivo”, dovuto, in particolare agli usi civili. Il consumo estivo di energia elettrica ha registrato, infatti, un incremento notevole negli ultimi anni (nel 2007 l’Italia con 1,9 milioni di condizionatori fissi e 190.000 portatili è risultato il 2° mercato europeo, dopo la Spagna) a causa del boom del condizionamento nel residenziale, esploso a partire dall’estate 2004, a seguito dell’estate 2003, durante la quale il caldo e l’afa erano stati particolarmente lunghi e pesanti, con numerose vittime, soprattutto tra la popolazione anziana. Occorre poi considerare che la gran parte dell’energia necessaria alle nostre case è
prodotta con combustibili fossili, le cui emissioni si anidride carbonica contribuiscono ad incrementare il cosiddetto “effetto serra”. Il riscaldamento del Pianeta, dovuto sia a cause naturali che alle attività umane, produce effetti preoccupanti i quali, nel tempo, potrebbero anche diventare catastrofici (desertificazione, nuovi flussi migratori delle popolazioni, fusione dei ghiacciai con conseguente sommersione delle coste, ecc). Anche il prezzo dell’energia è progressivamente crescente: ormai l’ammontare della bolletta energetica diventa ogni giorno più insostenibile per la famiglia media italiana. Per questi motivi è urgente intervenire per raggiungere un nuovo equilibrio energetico in armonia con l’ambiente, rispettoso del diritto delle future generazioni di vivere in un ambiente ben conservato e ricco di risorse naturali, finalizzato a ridurre i pesanti costi energetici che gravano sulle famiglie e sul sistema produttivo italiano. Senza sottovalutare l’apporto delle fonti rinnovabili , ma, anzi, incrementando gli sforzi per il loro sviluppo, nell’orizzonte temporale dei prossimi anni saranno le misure di efficienza energetica a generare i maggiori benefici con i minori costi. Il comparto delle costruzioni ha quindi un ruolo strategico e una grande responsabilità nell’implementazione di politiche per il risparmio energetico e il contenimento delle emissioni dei gas serra. Nonostante ciò non si ritiene possibile il perseguimento degli obiettivi imposti dalla Comunità Europea operando solo sul miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici di nuova costruzione. Oggi, grazie ad una attenta gestione degli impianti termici e all’utilizzo di tecnologie e materiali innovativi, i consumi energetici degli edifici civili vecchi e nuovi, si possono ridurre anche del 40-50% mantenendo le medesime condizioni di comfort o, addirittura, migliorandole.
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Per questo motivo, Adiconsum, (Associazione Nazionale dei Consumatori) e ICMQ, (Istituto di Certificazione e Marchio di Qualità per prodotti e servizi per le costruzioni), hanno deciso di realizzare un nuovo strumento per la gestione attenta degli impianti termici e l’utilizzo di materiali innovativi: “La certificazione energetica degli edifici Gli obblighi, le scadenze, i benefici”. La Guida vuole fornire alle famiglie, agli amministratori di condominio , agli Enti Locali, alle Amministrazioni Pubbliche e a tutti gli altri soggetti interessati indicazioni chiare per la comprensione e l’uso della Certificazione energetica, per contenere i consumi diminuendo la spesa energetica delle famiglie e delle imprese. “Abbiamo deciso di realizzare questo opuscolo per informare i consumatori che decidono di comprar casa o che ne hanno una, ma vogliono migliorarne le condizioni, che è possibile diminuire i consumi e nel contempo agire in maniera sostenibile - ha affermato Pieraldo Solani, Responsabile settore energia e ambiente di Adiconsum – ma soprattutto che avere un’abitazione a basso impatto energetico è un diritto/dovere di ogni di ogni cittadino. Fortunatamente adesso è possibile richiedere tutte le informazioni necessarie per capire se un edificio possiede oppure no le caratteristiche necessarie per essere definito di qualità, sicuro e a basso impatto ambientale. Si tratta di aiutare i cittadini italiani ad avere una coscienza nei confronti della qualità non solo delle abitazioni di nuova costruzione, ma soprattutto del patrimonio edilizio esistente. I vantaggi di una ristrutturazione più consapevole delle vecchie abitazioni sono molteplici, non solo meno costi dal punto di vista dei consumi, ma anche una minore spesa per ciò che riguarda i lavori di manutenzione”. In particolare, la Guida contiene un’ampia sezione dedicata agli interventi suggeriti per risparmiare energia, mettendo in relazione i costi e i benefici
energetici (e quindi monetari) che ne derivano. Si parte da indicazioni sull’orientamento, la forma la distribuzione degli ambienti, il tipo di involucro, per arrivare agli interventi migliorativi negli edifici esistenti, che si possono prevedere in occasione di lavori di manutenzione straordinaria. Agendo sull’isolamento termico delle coperture e delle facciate si possono ridurre i consumi di energia per il riscaldamento anche del 30%, così come migliorando le prestazioni dei serramenti , sostituendo le vecchie caldaie con impianti ad alta efficienza, isolando i tubi di distribuzione, installando valvole termostatiche per regolare l’erogazione di calore in relazione all’effettivo fabbisogno. “Ritengo che la Guida possa contribuire a promuovere ed incentivare gli interventi di riqualificazione energetica e di sviluppo del patrimonio immobiliare con criteri di sostenibilità – ha sostenuto Lorenzo Orsenigo, Vice Presidente ICMQ - Favorire il processo di ammodernamento delle caldaie e degli impianti termici, migliorare la coibentazione degli edifici, sviluppare l’utilizzo di energie rinnovabili e gli accorgimenti per il miglioramento energetico significa favorire gli investimenti che alimentano le attività produttive di molte aziende, di installatori , di professionisti, proprio in un momento di forte crisi economica. Una conferma sono i buoni risultati ottenuti nel 2007 e nel 2008 dal provvedimento di sgravio fiscale del 55% dei costi sostenuti per questi interventi. Noi di ICMQ promuoviamo da sempre la qualità del costruire, per questo abbiamo messo a punto Sistema Edificio ®, uno schema semplice di regole da rispettare per avere un’abitazione sostenibile, efficiente, e confortevole. Sistema Edificio ® e la Guida alla Certificazione energetica degli edifici costituiscono, se utilizzati in sinergia, un unico strumento di conoscenza e consapevolezza per ottenere i massimi benefici dalla propria
abitazione, sia essa di nuova o vecchia costruzione”. Hanno supportato l’iniziativa: ANACI (Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari), ASSOBETON (Associazione Nazionale Industrie Manufatti Cementizi), ANDIL ASSOLATERIZI, AGEMONT (Agenzia per lo Sviluppo Economico della Montagna della Regione Friuli Venezia Giu-
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lia), ENEL, Fondazione AEM - Casa dell’Energia, Consorzio ALVEOLATER, ASSOGESSO. È possibile scaricare la Guida (in formato pdf), collegandosi ai siti web: www.adiconsum.it e www.icmq.it Per il formato cartaceo inviare una richiesta direttamente ad Adiconsum (Tel. 06.4417021) o ICMQ (Tel. 02. 7015081).
Un nuovo sito UE sull’efficienza energetica in edilizia
BUILD UP: PER ESSERE INFORMATI SUL RISPARMIO ENERGETICO DEGLI EDIFICI
Il portale interattivo verrà implementato direttamente dai suoi utenti
Come noto, più del 40% del consumo totale di energia in Europa è dovuto ai consumi energetici delle abitazioni, per edificarle, illuminarle, riscaldarle, raffrescarle, ecc. Va da sé che ogni strategia di riduzione dei consumi energetici passa attraverso normative di promozione dell’efficienza energetica nel settore edile. L’Unione Europea, ha adottato nel 2002 la Direttiva EPBD (sulle performances energetiche delle costruzioni), che si base su quattro elementi chiave: • metodologia per il calcolo del rendimento energetico integrato degli edifici; • norme minime sul rendimento energetico degli edifici di nuova costruzione e degli edifici esistenti sottoposti ad importanti ristrutturazioni; • sistema di certificazione energetica degli edifici nuovi ed esistenti; • ispezione periodica delle caldaie e sistema centrale di condizionamento degli edifici. La Commissione ha poi proposto nel novembre 2008 una rifusione della Direttiva EPBD per aiutare i proprietari di case ed inquilini a migliorare l’efficienza energetica delle loro case e consentire al settore edile di costruire edifici di qualità migliore. Con le modifiche introdotte il Certificato di rendimento energetico dovrebbe diventare un marchio per la certificazione energetica degli edifici. Inoltre, il livello di ambizione per implementare norme nazionali o regionali che disciplinino il rendimento energetico, dovrebbe essere aumentato, utilizzando uno specifico sistema di benchmarking. Il campo di applicazione della Direttiva dovrebbe essere esteso, ad esempio, a tutti Aktiv House: quando la casa, oltre a consumare, produce energia
gli edifici esistenti quando subiscono ristrutturazioni importanti, non solo limitato a quelli superiori a 1.000 m2. Peraltro, la Pubblica Amministrazione dovrebbe prendere l’iniziativa di investire in edifici a basse o nulle emissioni di carbonio. Tuttavia, nella convinzione che la legislazione può fare solo una parte e al suo fianco necessita di adeguata informazione e formazione, nei mesi scorsi la Commissione UE ha inaugurato un nuovo portale (per ora solo in lingua inglese, mentre i contributi e le pubblicazioni sono nella lingua originale) che si propone come strumento di condivisione delle informazioni sulla riduzione dei consumi nelle abitazioni. Si chiama BUILD UP (www.buildup.eu) e potrà essere implementato direttamente dai suoi utenti con la segnalazione di eventi, nuove pubblicazioni sul tema, scambio di buone pratiche, o semplicemente per essere utilizzato per chiedere consulenze ed informazioni agli altri utenti; inoltre, si potranno scaricare gratuitamente tutti i testi e documenti presenti. “Il portale internet BUILD UP - ha sottolineato il Commissario UE all’Energia, Andris Piebalgs - darà ad ognuno, proprietario o costruttore, la possibilità di cercare e scambiare buone pratiche ed informazioni. Inoltre è un mezzo per informare il mercato sull’attualità dell’inquadramento legislativo. BUILD UP può essere uno strumento molto utile per migliorare la resa energetica degli edifici”. Insomma, è un utile strumento anche per i pubblici amministratori che vi possono reperire riferimenti normativi, per gli operatori del settore e per i cittadini che di fronte all’acquisto o all’affitto di una casa possono giungere più informati, anche grazie ai numerosi blog presenti.
Il Portale BUILD UP si articola in numerose sezioni: Servizi • Consentire ai proprietari di abitazioni ed inquilini interessati a ridurre i costi energetici della loro casa per scoprire dove ottenere informazioni pratiche di risparmio energetico nel proprio Paese d’origine. • Aiutare i professionisti delle costruzioni a migliorare le competenze e a conoscere meglio le più recenti informazioni sulla normativa in materia di energia. L’aiuto consiste nell’opportunità di interagire con altri acquisendo le ultime notizie ed eventi nel settore e accedendo ad un data-base di esempi concreti. • Fornire al personale delle Pubbliche Amministrazioni, responsabile delle questioni energetiche, l’accesso a molte risorse sulla legislazione, a strumenti e linee guida elaborate da altre Città, Regioni o Paesi; un modo per condividere l’esperienza acquisita con dei loro colleghi. • Coinvolgere la rete di organizzazioni del settore quali le Agenzie per l’energia, le Associazioni industriali o le ONG che abbiano interessi nel risparmio energetico degli edifici, e permettere loro di riferire ad altri le proprie esperienze e condividere i successi ottenuti. Non soltanto tali organizzazioni sono in grado di aumentare la visibilità e la condivisione di risorse, quali linee guida e buone pratiche, ma potranno avere, altresì l’opportunità di lanciare comunità tematiche virtuali attraverso il portale web. Pubblicazioni Più di 1.000 risorse del settore (pubblicazioni, rapporti, guide, articoli, ecc.) da ogni parte d’Europa sull’efficienza energetica e sulle normative sono già disponibili sul database delle pubblicazioni del portale. Tra loro ci sono molte recenti pubblicazioni e rapporti sullo stato di implementazione da parte degli Stati membri della Direttiva EPBD, come pure rapporti finali sulle azioni condotte. Volete acquisire informazioni pertinenti sull’efficienza energetica degli edifici o sulla legislazione in merito? Accedete direttamente al Portale. Casi Il Portale dà ampio spazio alla raccolta di casi concreti ed esempi di buone pratiche realizzate in termini di risparmio energetico e azioni quali le nuove certificazioni. La casistica riporta aspetti diversi, tra cui le tecnologie per il risparmio energetico, strumenti finanziari di gestione dell’energia negli edifici, marchi ed etichette per edifici a basso consumo di energia, soluzioni ed attività di educazione e monitoraggio. Il primo caso inserito descrive i risultati finali del progetto europeo HOPE, che indicano come l’efficienza energetica degli edifici può risultare contemporaneamente salutare e confortevole per i loro abitanti. Comunità Il concetto di comunità costituisce la caratteristica essenziale
del Portale. Una comunità tematica virtuale che mette in relazione utenti che hanno interessi comuni, consentendo loro di: • Condividere scambiare informazioni specifiche sull’efficienza energetica degli edifici e/o la legislazione su aspetti topici; • Newsletter su specifiche iniziative; • Iniziare dibattiti su certe tematiche; • Inviare messaggi, dar vita a blog e stilare calendari. Eventi Un’importante sezione del Portale è il data-base di eventi che avvengono nei vari Paesi europei, relativi all’efficienza energetica e alle politiche energetiche degli edifici. Naturalmente, i più importanti eventi internazionali al di fuori d’Europa saranno ugualmente inseriti. Gli eventi promossi in questo data-base sono tutti ugualmente liberi da costi e senza canoni di registrazione. Attualmente il data-base contiene informazioni su 36 eventi che avranno luogo nel 2009 e nel 2010. Tra i principali prossimi si segnalano: • Conferenza sugli Edifici Salutari (12-16 settembre 2009); • 30° Conferenza AIVC “Tendenze sulle performances degli edifici e il ruolo della ventilazione” (30 settembre-10 ottobre 2009); • 6° Simposio Internazionale su “Riscaldamento, Ventilazione ed Aria Condizionata” (5-8 novembre 2009. Strumenti Una delle innovative sezioni del Portale è il data-base degli strumenti. L’obiettivo è di raggruppare , organizzare e presentare strumenti che possono essere di supporto per il risparmio energetico negli edifici, specialmente per le Pubbliche Amministrazioni, di facilitazione per organizzatori e professionisti del settore. Tali sono gli strumenti usati per passare a modalità di implementazione delle azioni di risparmio energetico degli edifici come, per esempio: software applicativi (certificazione di performances energetiche, calcoli di regolazione, calcoli economici ambientali e applicazioni multidisciplinari), lineeguida e liste di controllo per professionisti. News Inoltre, il Portale fornisce agli utenti con una newsletter, inviata per e-mail, che offre una volta al mese tutti i contributi evidenziati nel Portale stesso, tra cui notizie su temi di attualità, nuove pubblicazioni che si aggiungono al database del portale, le pubblicazioni più recenti, gli eventi e i principali collegamenti. Il Portale BUILD UP è finanziato dal Programma Energia Intelligente ed è gestito dall’Agenzia esecutiva per la Competitività e l’Innovazione (EACI) della Comunità Europea.
Dopo 130 anni al bando la lampadina ad incandescenza trasparente
LA RIVOLUZIONE EUROPEA DELLE LAMPADINE La prossima generazione dei sistemi di illuminazione si baserà sugli OLED Dopo 130 anni la lampadina ad incandescenza trasparente che Thomas Edison aveva acceso per la prima volta nel 1879, dal 1° settembre 2009 non potrà più essere prodotta e commercializzata in Europa. Ecco di seguito il calendario delle messe al bando: - settembre 2009, tutti i rifornimenti di lampadine incandescenti tradizionale e chiare da 100 Watt; - settembre 2010, le chiare incandescenti tradizionali da 75 Watt; - settembre 2011 le chiare incandescenti tradizionali da 60 Watt; - settembre 2012 le chiare incandescenti tradizionale da 40 e 25 Watt; - settembre 2013, entrano in vigore requisiti più severi per lampadine fluorescenti e LED; - settembre 2016, i requisiti più severi vengono estesi alle lampadine alogene. I negozi, tuttavia, potranno continuare a vendere le scorte rimaste nei magazzini fino al 2016, tant’è che i consumatori stanno invadendo un po’ dappertutto i punti di vendita per rifornirsi di quelle tradizionali, con il rischio di una corsa all’accaparramento che potrebbe indurre commercianti senza scrupoli ad importare illegalmente “bulbi” dalle fabbriche cinesi, nonostante le pesanti multe previste. Le motivazioni che inducono i consumatori a fare uno stoccaggio di lampadine ad incandescenza (in Germania già nei primi 6 mesi del 2009 la vendita era aumentata del 34%, rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente) sono le più diverse, ma essenzialmente possono riassumersi in: • sono di gran lunga meno costose; • fanno più luce; • non c’è necessità di attendere che si riscaldino (warm up); • sono meno ingombranti e si adattano meglio ai vari accessori e utilizzazioni. Inoltre, BEUC (Bureau Européen des Unions de Consommateur) e ANEC (The European Consumer Voice in Standardisation) hanno rilasciato una dichiarazione congiunta il 26 agosto 2009 in cui chiedono alla Commissione UE di “adottare misure immediate” per garantire che la transizione si svolga senza intoppi. Le organizzazioni, pur sottolineando la validità degli obiettivi della Direttiva 2005/32/CE Energy Using Products, meglio nota come la “Direttiva sull’Ecodesign”, invitano la Commissione UE a considerare che vi sono alcuni consumatori che per motivi connessi a problemi di salute, quali, ad esempio, la sensibilità alla luce, ai quali deve essere garantita la possibilità di continuare ad acquistare lampadine ad incandescenza, fino a valide alternative sul mercato. Sono stante espresse anche preoccupazioni che la luce tremolante delle efficienti lampade fluorescenti compatte (CFL) possa provocare emicranie e scatenare attacchi di epilessia.
Le organizzazioni succitate, sostenendo la necessità di porre maggior attenzione anche all’elevato contenuto di mercurio delle nuove lampadine, invitano la Commissione “ad abbassare il valore limite di mercurio, fissato a 5 mg per lampada, dal momento che le migliori tecnologie disponibili consentono di lavorare con solo 1-2 mg, e di introdurre un sistema migliore di riciclaggi, consentendo ai consumatori un servizio gratuito di riconsegna delle lampade obsolete presso i negozi”. Sul fronte ambientalista il WWF sostiene che la Commissione non è stata sufficientemente coraggiosa, perché avrebbe dovuto estendere il divieto anche a tutti gli standard di lampade alogene che, quanto ad efficienza non sono molto meglio. In un comunicato del 28 agosto 2009, Mariangiola Fabbri, responsabile delle politiche energetiche dell’European Policy Office - WWF, ha dichiarato: “Liberarsi delle lampade ad incandescenza è coretto, ma le alogene sono altrettante inefficienti; abbiamo bisogno di vedere l’Unione europea spingersi verso innovative soluzioni di mercato”. Dando eco alle preoccupazioni dei consumatori, la Fabbri ha spiegato che essi “hanno bisogno di ricevere informazioni semplici e corrette sulle molte alternative già disponibili sul mercato. Semplici informazioni sugli imballaggi e sui sistemi di racolta e riciclaggio presso i punti vendita sono essenziali per raggiungere un reale risparmio economico e di cambiamento delle abitudini dei consumatori”. La Commissione ha risposto a queste critiche mettendo in evidenza: • Entro il 2020 queste misure dovrebbero portare ad un risparmio energetico pari al consumo di 11 milioni di famiglie all’anno e ad una riduzione di anidride carbonica di 15 milioni di tonnellate all’anno; • Le lampadine fluorescenti costano certo di più al momento dell’acquisto, ma risultano più economiche nel tempo perché consumano meno (il 65-80%), e durano più a lungo (ogni famiglia può risparmiare fino a 50 Euro all’anno sulla bolletta passando a questo tipo di illuminazione); • In aggiunta alle lampade CFL, le lampade alogene ad alta efficienza che offrono la stessa qualità di luce, continueranno ad essere vendute; • Le lampade LED (Light Emitting Diode), pur nella prima fase di commercializzazione, diverranno la reale alternativa in futuro. “Le grandi idee a volte tardano ad affermarsi - ha spiegato il Commissario UE per l’Energia, Andris Piebalgs - come è accaduto per l’auto ed il telefono che per imporsi hanno avuto bisogno di tempo, è possibile che un giorno sia apprezzata questa nuova era dell’illuminazione”.
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La nuova normativa riguarda esclusivamente l’illuminazione diffusa, ovvero quella emessa in modo uniforme in tutte le direzioni. Una analoga legislazione per le lampade direzionali, come gli spot, è prevista per il 2010. Va osservato poi, che le lampadine fluorescenti ad alta efficienza energetica esaurite o sostituite, sono considerate rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e come tali debbono essere conferiti nell’apposito raggruppamento presso i centri di raccolta comunali e/o autorizzati. Il costo della gestione dei rifiuti di apparecchi illuminanti è a carico dei produttori indipendentemente dalla data di immissione sul mercato e dall’origine domestica o professionale degli stessi, come prevede il Decreto 12 maggio 2009, che con 3 anni di ritardo individua 2 modalità per il loro finanziamento: una per le apparecchiature di illuminazione generiche (art. 3) e una per le apparecchiature fluorescenti o a vapore di sodio. Per accompagnare, comunque, il passaggio, la Commissione UE offre sul suo sito una serie di utili informazioni. Le lampade europee consumano meno L’UE ha stabilito nuovi requisiti di efficienza energetica che le lampade prodotte per ilmercato comunitario dovranno rispettare a partire dal 1° settembre 2009. Le lampadine alogene e quelle a incandescenza tradizionali saranno gradualmente ritirate dalmercato entro la fine del 2012. Tuttavia, è stata posta particolare attenzione per garantire ai consumatori la disponibilità di altre lampade e di offrire la medesima qualità di luce o un maggiore risparmio energetico. Questo documento illustra il contenuto del provvedimento, le altre lampade disponibili, i vantaggi per il consumatore e qualche retroscena del procedimento legislativo. Desideriamo evidenziare quanto segue con riferimento al passaggio in esame: • anche le lampadine migliorate a incandescenza con tecnologia alogena e le lampade con diodi ad emissione di luce (LED) saranno disponibili come alternativa alle lampadine a incandescenza tradizionali, non solo le lampade fluorescenti compatte. Le lampadine migliorate a incandescenza, che producono anche luce per incandescenza, forniscono esattamente la stessa qualità di luce di quelle tradizionali. • Le lampadine vietate non verranno rimosse dagli scaffali il 1° settembre. I rivenditori sono autorizzati a vendere i pezzi ancora in stock. • Sono state poste molte richieste sulle lampade fluorescenti
compatte (CFL, talvolta denominate anche lampadine a risparmio energetico). Informazioni più dettagliatesulla loro resa, sull’impatto ambientale e le questioni legate alla salute sonodisponibili nelle FAQ allegate. [presto disponibile]. Cosa cambia per il consumatore: risparmio energetico e di denaro Le lampadine a incandescenza tradizionali e quelle alogene che non sono in grado di rispettare i requisiti saranno gradualmente ritirate dal commercio all’interno dell’UE a partire dal 2009 ed entro il 2012. Esistono, tuttavia, molte alternative che offrono la stessa qualità di luce e/o un maggiore risparmio energetico. Distinguiamo: • le lampadine migliorate a incandescenza con tecnologia alogena, del tutto equivalenti a quelle tradizionali quanto a forma e qualità di luce; • le lampade fluorescenti compatte, efficienti e di lunga durata; • le lampade efficienti di ultima tecnologia, i diodi a emissione di luce (LED). Tutte queste, anche se costano di più, forniscono al consumatore un risparmio energetico notevole e generale grazie al loro consumo inferiore. Il risparmio energetico potrà essere di 25-50 euro l’anno, a seconda delle dimensioni della casa e della scelta di lampadine alternative. Le alternative disponibili - una scelta più ampia di lampade Lampadina a incandescenza migliorata (etichetta energetica classe C, lampada alogena allo xenon) Questa lampadina utilizza il 20-25 % in meno di energia per la stessa emissione di luce rispetto alle migliori lampadine a incandescenza tradizionali. Fornisce la stessa qualità di luce delle lampadine a incandescenza tradizionali ma in condizioni di uso normale dura il doppio (2 anni). La sua dimensione è pienamente compatibile con quella degli apparecchi di illuminazione ed è dimmerabile su qualunque regolatore di intensità. Lampadina a incandescenza migliorata (etichetta energetica classe B, lampada alogena con rivestimento a infrarossi) Questa lampadina utilizza circa il 45 % in meno di energia
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per la stessa emissione di luce rispetto alle migliori lampadine a incandescenza tradizionali. ca Fornisce la stessa qualità di Forn luce del delle lampadine a incandescenza tradizionali tradizio ma in condizioni di uso normale dura il triplo (3 anni). È dimmerabile su qu qualsiasi regolatore di intensità. Lampadine fluorescenti compatte (CFL) Le CFL sono formate da tubi di lampade fluorescenti che utilizzano tra il 65% e l’80% in meno di energia rispetto alle lampadine a incandescenza tradizionali. Sono note per essere “risparmiatrici” e possono avere una durata di 6-15 anni, a seconda del tipo e dell’uso (rispetto a alla durata di 1 anno di una lampadina a incandescenza). Esistono modelli di tutte le forme e molte sono dimmerabili. Le CFL sono anche disponibili con un involucro esterno che nasconde i tubi e le rende ancor più simili alle normali lampadine. Consigli per l’acquisto di lamp padine fluorescenti compatte •P Prima di scegliere una lampadi padina fluorescente compatta, controllare quanto segue sulla concontrol fezione: • quantità d di luce prodotta: 1300-1400 lumen equivalgono alla luce di una lampadina a iincandescenza d d da 100W 100W, 920-970 lumen a una da 75W, 700-750 lumen a una da 60W, 410-430 lumen a una da 40W e 220-230 lumen a una da 25W; • colore della temperatura (2700K o “bianco caldo” per una luce rilassante, oltre 4000K o “bianco freddo” per lavorare); • se la lampadina è dimmerabile (se serve); • se la lampadina può sopportare frequenti commutazioni (se serve); • se la lampadina può funzionare con temperature molto fredde se è per uso esterno; • non gettare una lampadina fluorescente compatta nel bidone della spazzatura e smaltirla presso apposite strutture di raccolta; • Se la lampadina si rompe, è bene arieggiare la stanza
prima di pulirla con un panno umido ed evitare che i frammenti vengano in contatto con la pelle. Non usare aspirapolvere Diodi a emissione di luce (LED) I LED sono una rapida tecnologia emergente e la loro efficacia è pari a quella delle CFL; questi, però, non contengono mercurio e durano anche di più. I LED per l’illuminazione di interni sono oggi nella fase iniziale di commercializzazione ma sin da ora possono sostituire le lampadine a luce bianca e non. È probabile che diventeranno un’alternativa all’intera gamma di lampadine nel prossimo futuro. Vantaggi del provvedimento Il provvedimento apporta vantaggi ai cittadini, all’ambiente e all’economia. Farà risparmiare circa 40TWh l’anno entro il 2020, l’equivalente dell’utilizzo energetico di 11 milioni di abitazioni europee per lo stesso periodo, e, caratteristica assai importante, porterà a una riduzione di emissioni di CO2 fino a 15 milioni di tonnellate l’anno. Si inserisce nell’obiettivo dell’UE di tagliare le emissioni di gas serra del 20% entro il 2020. Creerà un risparmio di circa 5 miliardi di euro, che rientreranno ogni anno nell’economia dell’Europa. Infine, la bolletta media per il consumo domestico complessivo subirà una riduzione tra i 25 e i 50 euro l’anno, a seconda delle dimensioni della casa, del numero e del tipo di apparecchi usati per l’illuminazione. Ambito del provvedimento Le lampade non in grado di rispettare i requisiti minimi di efficienza energetica (ad es. la durata) saranno gradualmente ritirate dal commercio all’interno dell’UE a partire da settembre 2009 ed entro il 2012. Sono previste altre misure per i riflettori, come le luci di proscenio. Il provvedimento distingue tra lampade “chiare” (trasparenti) e non. Le lampade non trasparenti dovranno essere di classe A, secondo l’etichetta energetica dell’UE, che significa un risparmio energetico di almeno il 75 % rispetto alle lampadine a incandescenza tradizionali. Solo le lampade fluorescenti compatte e i LED sono in grado di raggiungere questo livello elevato di efficienza. I consumatori che per motivi estetici e di dimensioni desiderano altre tecnologie potranno acquistare le lampade trasparenti.
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Nel frattempo, anche le lampade trasparenti non efficienti saranno gradualmente ritirate dal mercato e, a partire da settembre 2009, le equivalenti di quelle a incandescenza chiare da 100 o più Watt dovranno essere prodotte secondo una tecnologia più efficiente (es. alogene efficienti). Questo limite si applicherà gradualmente fino al 2012 anche alle potenze elettriche inferiori (75W nel 2010, 60W nel 2011, 40W e meno nel 2012). Vengono altresì introdotti nuovi requisiti sulle funzionalità delle lampade (tempi di illuminazione, durata, ecc.) così che saranno ammesse sul mercato solo le lampade di qualità in linea con le aspettative degli utenti finali. Sulla confezione dovranno inoltre figurare ulteriori informazioni per aiutare i consumatori a fare la scelta d’acquisto giusta in base alle loro necessità. Il provvedimento si applica alle lampade prodotte e vendute da produttori o importatori a partire dal 1° settembre 2009. I grossisti e i dettaglianti potranno continuare a vendere le scorte di magazzino anche dopo tale data. Questo significa che le lampade vietate scompariranno gradualmente dagli scaffali. Il processo legislativo Il presente provvedimento sulle lampade per uso domestico è solo uno di una serie di misure che il Parlamento europeo e il Consiglio degli Stati membri hanno chiesto alla Commissione europea di adottare in base alla direttiva sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia (Direttiva 2005/32/CE), ciò al fine di migliorare l’efficienza energetica e il risultato ambientale di oltre 30 gruppi di prodotti (es. televisori, lavatrici, motori elettrici, caldaie, ecc.). Il provvedimento sulle lampade per uso domestico è stato predisposto dopo un approfondito studio tecnico ed economico, un’ampia consultazione di tutte le parti interessate - tra cui organizzazioni di consumatori, ONG ambientali e produttori di lampade e apparecchi per l’illuminazione - ed è stato approvato dal Consiglio degli Stati membri e dal Parlamento europeo e formalmente adottato dalla Commissione il 18 marzo 2009 (Regolamento n. 244/2009 sulla progettazione ecocompatibile delle lampade per uso domestico). Il percorso per illuminare con il minor consumo di energia L’Unione europea nell’ambito del 7° Programma quadro ha finanziato un progetto integrato di ricerca (OLED 10.EU) che riunisce specialisti di illuminazione di 6 Paesi al fine di lavorare per lo sviluppo della tecnologia Organic LightEmitting Diode che sta velocemente conquistando il favore di progettisti e designer illuminotecnici di tutto il mondo. Si tratta di una tecnologia basata sulla proprietà di speciali sostanze organiche che poste tra due elettrodi, al passaggio
della corrente si illuminano. Il principale ostacolo che ne impedisce attualmente la commercializzazione diffusa è che attualmente possono essere prodotti solo OLED di piccole dimensioni. Il progetto si concentra su 5 obiettivi principali: - l’efficiacia dell’alto potenziale (100 Lm/W) - si rammenta che la Commissione europea vuol sostituire l’unità di misura Watt, che si riferisce alla potenza di una lampadina, con il Lumen che misura la quantità di luce prodotta; - la lunga durata (100 mila ore); - un’ampia area di illuminazione (100x100 cm2); - il basso costo (100 euro a m2); - la standardizzazione delle misure/la ricerca applicativa. “Il Consiglio europeo ha deciso di tagliare di almeno il 20% le emissioni di CO2 entro il 2020 e OLED 100.EU è un’iniziativa importante per far progredire lo sviluppo delle soluzioni di illuminazione energeticamente efficienti - ha dichiarato il Dott. Stefan Grabowski della sezione Ricerca di Philips e Direttore del progetto OLED 100.EU - Basandosi sul successo di OLLA, OLED 11.EU offrirà delle lampade OLED con il doppio di efficienza e, 10 volte la durata di vita e 10 volte dimensione del substrato. La partecipazione delle aziende leader del settore, come Philips e Osram assicura un rapido trasferimento di ogni risultato in prodotto concreto”.
Piccole molecole colorate con Novaled PIN OLEDTM (foto: Novaled)
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AGENDA 21
MARATONA PER GLI ACQUISTI VERDI
Dal 2 al 9 ottobre 2009 in tutt’Italia enti locali e imprese per promuovere gli acquisti verdi a cura della Segreteria del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane
Nell’ambito del progetto LIFE+ GPPinfoNet The Green Public Procurement Information Network (La Rete Informativa sugli Acquisti Pubblici Verdi), dal 2 al 9 ottobre 2009 viene promossa la Maratona per gli Acquisti Verdi, una settimana interamente dedicata alla promozione degli acquisti verdi che avrà il suo epilogo con la Giornata Nazionale del GPP il 9 ottobre a Cremona con l’evento “Dai le tue buone notizie sul GPP”, nell’ambito del Forum Internazionale degli Acquisti Verdi CompraVerdeBuyGreen (Fiera di Cremona, 8-10 ottobre 2009). Obiettivi della Maratona e della Giornata Nazionale del GPP sono quelli di
coinvolgere il maggior numero possibile di soggetti (enti locali, istituzioni, imprese, associazioni, scuole,…) a livello nazionale nella promozione di iniziative per il green public procurement, al fine di creare quella “massa critica” necessaria a richiamare e tenere alta l’attenzione sui temi fondamentali della produzione e del consumo sostenibile nella nostra società, anche con il coinvolgimento di organi di stampa e di comunicazione. Favorire l’adozione di criteri ambientali nelle procedure d’acquisto della Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali delle attività della PA e di promuovere le tecnologie ambientali,
Il progetto “Life GPPinfoNET - La rete per la diffusione degli acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni.” Il progetto dispone di un budget complessivo di 2.120.500 euro, per il 50% finanziato dall’Unione Europea, e coinvolge direttamente come partner, oltre alla Provincia di Cremona in qualità di leader, le Regioni Liguria e Sardegna, la società di consulenza Ecosistemi e il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane. Attraverso gli acquisti verdi gli enti pubblici possono ridurre in maniera significativa gli impatti ambientali associati all’utilizzo dei beni e servizi che acquistano ed avere un’influenza significativa sul mercato, ovvero sul lato della produzione di beni e servizi ad impatto ambientale ridotto e sulla diffusione delle tecnologie ambientali. Tuttavia risultano ancora pochi gli enti pubblici che adottano criteri ambientali in maniera sistematica al momento dell’acquisto di beni e servizi, in Italia ma anche in molte regioni d’Europa. Come mai? Gli ostacoli principali alla diffusione del GPP sono la scarsa consapevolezza del ruolo che gli acquisti verdi possono giocare come strumento per raggiungere obiettivi di sostenibilità e di protezione ambientale e la mancanza di informazione degli acquirenti pubblici sulle possibilità di inserire i criteri ecologici nelle procedure d’acquisto. L’esperienza di questi anni, maturata attraverso le iniziative realizzate dal Gruppo di Lavoro GPPnet del Coordinamento Agende 21 Locali, insegna che il Green Public Procurement è un processo che richiede impegno e motivazione notevoli della struttura organizzativa e politica dell’ente. Redigere una legge o un regolamento per il GPP, in particolare a livello nazionale o comunitario, sono necessari, ma non sufficienti: informazione e formazione; confronto tra amministrazioni; competenze specifiche a seconda dei settori interessati. Il progetto Life GPPinfoNET, nei sui tre anni di attività, si propone proprio di accrescere la consapevolezza del ruolo del GPP per l’attuazione di strategie per il consumo e la produzione sostenibili, inclusa la promozione delle tecnologie ambientali, e di colmare i vuoti di informazione che ostacolano l’attuazione del GPP. Per maggiori info: www.gppinfonet.it
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vuol dire dare alla Pubblica Amministrazione un ruolo centrale nella spinta al cambiamento e all’innovazione. Con la “Comunicazione Acquisti pubblici per un ambiente migliore COM(2008)400/2”, la Commissione Europea ha sottolineato una volta di più il ruolo degli acquisti verdi nell’ambito delle strategie per il con-
sumo e la produzione sostenibili, e ha proposto che gli Stati Membri - attraverso l’adozione di criteri ambientali comuni nelle procedure d’acquisto per i beni e servizi individuati come prioritari - raggiungano un target di diffusione del GPP del 50% entro il 2010. Facile immaginare i potenziali rilevanti effetti di promozione culturale e, nel contempo, di fondamentale
COMPRAVERDE-BUYGREEN - Forum Internazionale degli Acquisti Verdi Giunta alla sua terza edizione, l’innovativa Mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi di Green Procurement pubblico e privato avrà luogo alla Fiera di Cremona dall’8 al 10 ottobre 2009. L’evento, punto d’incontro tra i diversi attori coinvolti nella diffusione e attuazione degli acquisti verdi pubblici e privati, è promosso da Provincia di Cremona, Coordinamento Nazionale delle Agende 21 Locali Italiane, Regione Lombardia, Ecosistemi e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. e vede l’adesione di numerose realtà e istituzioni. CompraVerde-BuyGreen si compone di un programma culturale articolato (convegni, seminari per operatori, dibattiti, laboratori) e una qualificata area espositiva. Intende promuovere una cultura diffusa degli Acquisti Verdi, proporsi come rassegna delle buone prassi di enti pubblici, realtà del mondo economico e produttivo e organizzazioni non profit, favorire il confronto e le relazioni tra istituzioni, imprese e società civile, e ancora far incontrare la domanda e l’offerta, favorendo la produzione e il mercato di prodotti e servizi “green”. “Comprare verde” significa operare scelte di acquisto di servizi e beni sostenibili ed ecocompatibili, tenendo conto del loro impatto ambientale nella produzione, nell’utilizzo e, infine, nello smaltimento, dunque considerando l’intero loro ciclo di vita. Si va dagli arredi all’edilizia, dai prodotti tessili e calzature alla cancelleria (carta e materiali di consumo), la ristorazione (servizio mensa e fornitura alimenti), le attrezzature elettriche ed elettroniche,…; e ancora, servizi di gestione e manutenzione degli edifici, servizi urbani e al territorio (verde pubblico, arredo urbano), gestione dei rifiuti, servizi energetici trasporti pubblici e mezzi di trasporto… In occasione del Forum CompraVerde-BuyGreen saranno assegnati anche due importanti riconoscimenti: il Premio CompraVerde 2009 per il miglior bando e la migliore politica di GPP; il Premio MensaVerde, per il cibo buono, giusto e pulito, che vuole valorizzare le esperienze virtuose di ristorazione collettiva sia di organizzazioni pubbliche che private. Per informazioni: www.forumcompraverde.it.
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promozione economica dei prodotti e dei servizi sostenibili, se solo si pensa che in Italia il volume di domanda espresso dagli enti pubblici tocca il 17% del Prodotto Interno Lordo. Ma anche le imprese e i cittadini possono, e in maniera molto più flessibile rispetto alle amministrazioni pubbliche, concretamente manifestare il loro impegno per uno sviluppo più sostenibile scegliendo prodotti e servizi a minore impatto ambientale e contribuire a far crescere la green economy nel nostro Paese. Tutti i soggetti interessati sono quindi invitati ad aderire alla Maratona per gli Acquisti Verdi, promuovendo e sostenendo seminari informativi, conferenze stampa, messaggi pubblici, azioni di comunicazione mirate e ogni altra iniziativa che si riterrà opportuna nella settimana dal 2 al 9 ottobre. Per partecipare alla Maratona acquisti verdi è necessario compilare la scheda scaricabile dal sito www.gppinfonet.it
LIFE 07 INFO/IT/000410 La piena responsabilità dei contenuti del presente articolo è attribuita agli autori. Non rappresenta l’opinione della Comunità Europea. La Commissione Europea non è responsabile per alcun utilizzo illecito che può essere fatto delle informazioni ivi contenute.
Agenda 21 della Valle Sangone
SOSTENIBILITÀ E AZIONE NEL GOVERNARE NEGOZIANDO Sottolineata la necessità di agire il più presto possibile
a cura di Cinzia Zugolaro e Alessandra Cavone Studio Sferalab
Sostenibilità e Azione Nel GOvernare NEgoziando non è solo lo scioglimento di un acronimo ma è un vero e proprio modus operandi che caratterizza il territorio nell’area della Val Sangone a sud-ovest di Torino. Il percorso di Agenda 21 locale, programma ONU per la sostenibilità ambientale basato sui processi decisionali partecipati, prende il via nel 2006 con il supporto metodologico dello Studio Sferalab e si articola in diverse fasi. I fattori vincenti si possono riassumere in tre elementi: - partecipazione e condivisione; - coordinamento; - continuità. La fase iniziale del processo è stata caratterizzata dall’attivazione del Gruppo Intercomunale, un tavolo fisso di lavoro composto da una componente politica e una componente tecnica per ogni comune partecipante. Questa tipologia di gestione ha garantito il confronto tra le differenti realtà amministrative locali rendendo possibile lo scambio continuo di informazioni e la definizione di una strategia comune per l’area. Un elemento fondamentale per una corretta impostazione del processo è rappresentato inoltre, dall’esistenza del Patto Territoriale del Sangone e dall’Agenzia del Sud Ovest di Torino (ASSOT) che lo gestisce. ASSOT, infatti, costituitasi nel 1998 per volontà della Provincia di Torino e dei comuni dell’area (Beinasco, Bruino, Orbassano, Piossasco, Rivalta e Volvera e successivamente anche della Comunità Montana Val Sangone e dei
comuni di Coazze, Giaveno Trana, Sangano) ha garantito la continuità delle azioni e delle politiche avviate sul territorio e ha costituito il fulcro attorno al quale si sono concertate le strategie sovralocali nate da un continuo dialogo e confronto con gli attori locali. Agenda 21 Sangone nasce quindi all’interno di un contesto in cui la logica della trasversalità, della concertazione e della pianificazione partecipata erano già di casa come anche il principio della sostenibilità, infatti, dal 2000 Assot discute e approva al tavolo di concertazione il Protocollo d’Intesa per la Sostenibilità Ambientale con la Provincia di Torino. La prima fase di Agenda 21, porta quindi sui tavoli di concertazione quelli che sono i temi d’interesse e le criticità per l’area del Sangone: Ambiente, Pianificazione Territoriale, Sviluppo Economico e Turismo. Dai lavori dei gruppi tematici, condotti dai facilitatori dello Studio Sferalab, sono emerse di volta in volta diverse problematiche specifiche del territorio. Uno dei temi prioritari per l’area è sempre stato quello della riqualificazione fluviale. Il Torrente Sangone, che attraversa la Valle è un affluente del Po che presenta forti criticità ambientali, dalla qualità delle acque alla perdita di biodiversità, e contestualmente presenta anche grandi potenzialità date dalle valenze paesistiche e fruitive. Per una corretta gestione e manutenzione del corso d’acqua le amministrazioni locali congiuntamente agli enti competenti si stanno impegnando in un grosso sforzo di coordinamento. Iniziative importanti
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sono state infatti portate avanti dai comuni del Patto territoriale per la sensibilizzazione del territorio sulla questione della risorsa idrica e sulla tutela del paesaggio fluviale. Una di queste, il progetto di sensibilizzazione INFEA “IDRA: Immaginare, Decidere, Riqualificare, Agire!” che ha visto la partecipazione di moltissimi studenti delle scuole elementari e medie inferiori e superiori, nuclei famigliari, ed ora, giunto alla seconda edizione, porta il contributo degli studenti universitari per uno sguardo più tecnico alla questione fluviale. Contemporaneamente si è lavorato per portare all’attenzione delle autorità competenti le questioni legate alla sicurezza e alla manutenzione del Bacino Idrico del Sangone, sulle quali si stava lavorando dal 2003 con i progetti “Un Sangone per tutti” e “Progetto 33”, così come le tematiche della fruizione e della riqualificazione del paesaggio fluviale che possono costituire un elemento di richiamo sul territorio. Giunti alla firma del “Contratto di Fiume del Bacino Idrico del Torrente Sangone” nel marzo 2009, gli attori coinvolti in questo lungo percorso di concertazione si sono impegnati a sviluppare e ad attuare un Piano d’Azione per la tutela e la riqualificazione dell’area. Quest anno in particolare anche gli studenti del Politecnico e dell’Università degli Studi hanno dato il loro contributo realizzando i Masterplan, rappresentazioni grafiche e cartografiche, degli interventi realizzabili con l’applicazione del Piano d’Azione, che saranno oggetto di una mostra . Altra tematica che questa riapertura del Forum mutua dalla prima fase di concertazione è quella della Sostenibilità Energetica. Dai lavori dei tavoli precedenti era emersa l’esigenza di istituire un’agenzia sovralocale per la raccolta e lo scambio di dati in materia energetica, in risposta a questa necessità si è costituito lo Sportello Intercomunale Energia del Patto del Sangone. Un servizio innovativo che vanta una grande accessibilità grazie alle 5 sedi distribuite sul territorio presso i Comuni di Rivalta, Nichelino, Sangano, Volvera e Orbassano (presso Assot) e al Festival delle energie rinnovabili, un festival itinerante che ha portato lo sportello in strada andando incontro alla cittadinanza alle imprese, agli amministratori, agli artigiani e a tutti i soggetti interessati a ricevere informazioni sul tema energetico ambientale per tenersi aggiornati su bandi, incentivi,
e normativa vigente. La gestione di un’area vasta sulla quale insistono molteplici progettualità richiede però attività di ccordinamento intense per questo il tavolo sulla Pianificazione Territoriale ha avuto molto da lavorare quest’anno. In particolare, sono state prese in considerazione le azioni inserite nel Contratto di Fiume del Bacino del Sangone, nel Piano Territoriale Integrato e le azioni previste per la compensazione del termovalizzatore del Gerbido. Una delle problematiche emerse è quella relativa ai finanziamenti per gli interventi, senza contare la difficoltà di mantenere una gestione coordinata delle opere e delle attività locali. Proprio il forum di Agenda 21 è stato individuato come sede adatta per queste attività di affiancamento e coordinamento. Un’altra importante sfida che ASSOT e il Patto territoriale ha colto è quella di far fronte al mutamento del clima, partecipando al paternariato del progetto europeo Climage 21, volto all’integrazione dei Piani d’Azione Locale di Agenda 21 coi Piani Nazionali di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Il partenariato del progetto vede coinvolti 5 stati membri (Spagna, Italia, Francia, Grecia, Bulgaria) e prevede una progettazione coordinata di tre anni. In attesa di novità da Bruxelles, in autunno 2009 la Val Sangone presenterà il Piano d’Azione Locale, documento programmatico per il futuro sostenibile del territorio che proporrà azioni concrete e fattibili, modalità e tempi d’attuazione, soggetti imputati alla realizzazione dei progetti con la finalità di perseguire il miglioramento del contesto locale secondo le linee strategiche concertate con la comunità territoriale. Per informazioni: C/so Massimo D’Azeglio, 30 10125 Torino Tel/ Fax 01/ 66.80.434 Dott.ssa Cinzia Zugolaro e-mail: zugolaro@sferalab.it
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UNO SPAZIO DEDICATO A...
Emilia-Romagna
IL PARCO DEL FUTURO di Lino Zanichelli, Assessore all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile Regione Emilia-Romagna
Il nostro primo obiettivo è arrestare la perdita di biodiversità e contrastare i cambiamenti climatici. Come? Facendo dei parchi luoghi di interscambio col territorio circostante, dove si realizza la migliore integrazione tra natura, turismo, storia, cultura, agricoltura di qualità. Valorizziamo la biodiversità e il patrimonio naturale; promuoviamo le offerte di turismo compatibile e l’educazione ambientale nelle Aree protette: si innescherà un circolo virtuoso che crea occupazione e spinge il sistema regionale a cercare risposte più avanzate. Questa è la ricetta che abbiamo scelto in Emilia-Romagna, regione dove urbanesimo e sviluppo economico hanno determinato forti pressioni, in particolare sulle risorse naturali fluviali e costiere. Il nuovo Programma triennale delle Aree protette e dei siti Rete Natura 2000 contribuisce a invertire la tendenza in modo innovativo, ponendo le basi di una vera e propria Rete Ecologica regionale. Abbiamo stanziato 21 milioni di euro per nuovi parchi e riserve naturali, ma soprattutto per costruire aree di collegamento ecologico tra i boschi e i parchi esistenti, i Siti di Interesse Comunitario (SIC) e le Zone di Protezione Speciale (ZPS); per un utilizzo migliore di corsi d’acqua dell’Appennino, che sono i principali vettori di naturalità e per
incrementare la forestazione in pianura. Il Paesaggio Protetto è poi una nuova forma di tutela, più leggera, che viene proposta in particolare nelle aree della collina con una visione unitaria di questi territori, dove non prevalgano i vincoli ma la copianificazione tra enti. Le aree protette rientrano nelle programmazioni e strategie generali della nostra Regione perché impediscono di fatto l’impoverimento del territorio e le spinte speculative, offrendo invece qualità e opportunità di sviluppo sostenibile. Il Programma Regionale di Sviluppo Rurale (PRSR), ad esempio, stanzia ben 9 milioni di euro per la forestazione pubblica, di cui circa l’80% destinato alla montagna e il 60% alle aree protette. Del resto, se i parchi di prima generazione sono stati oggetto di tensioni, oggi sono in molti, specie gli agricoltori, a riflettere sulle opportunità di questi progetti. Gli accordi agroambientali previsti dalla nostra normativa sono uno strumento concreto di coinvolgimento degli operatori, anche nella gestione dei parchi, che porterà a valorizzare sia i paesaggi agrari che le produzioni tipiche. Attualmente, a livello nazionale, abbiamo l’impressione che le aree naturalistiche siano considerate un “prodotto” come un altro, da vendere in forme intensive. Se prende piede questa idea il passo successivo non può che essere lo sfruttamento e il degrado. Noi vogliamo consegnare queste aree alle generazioni che verranno, intatte nella loro bellezza e nelle funzioni ambientali che svolgono.
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Qualità dell’aria, dell’acqua e del paesaggio; sicurezza e promozione del territorio; ricchezza naturale che mantiene in equilibrio il nostro ecosistema, emozioni e cultura accessibili a tutti: ecco il Parco del futuro, quello su cui stiamo lavorando con impegno.
Scoprire l’emozione della natura in autunno, quando le aree protette dell’Emilia-Romagna si accendono di mille colori… Tante le opportunità per conoscere questi territori, dove natura e cultura sono strettamente intrecciati: il ricco programma 2009 delle escursioni, mostre, corsi e attività ambientali, è presente in un Catalogo, “L’emozione dei parchi”, consultabile sul sito www.ermesambiente.it/parchi
PROGRAMMA PER IL SISTEMA REGIONALE DELLE AREE PROTETTE E DEI SITI RETE NATURA 2000 Previsto dalla L.R. 6/2005 (art.12) e preceduto da un lungo percorso di consultazione e concertazione con istituzioni e rappresentanze locali, il Programma (2009-2011) è stato varato lo scorso luglio dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. Sono stati stanziati 21 milioni di euro totali così ripartiti: - 11 milioni andranno direttamente al sistema dei parchi e alle riserve naturali, per finanziare interventi volti al recupero e alla valorizzazione delle risorse ambientali; 6 milioni saranno rivolti alle Province per progetti a favore della biodiversità e conservazione degli habitat; - 3 milioni di euro di fondi FAS sono destinati ai due Parchi nazionali presenti in regione, quelli dell’“Appennino Tosco-Emiliano” e delle “Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna” e al parco regionale Delta del Po; - circa 700 mila euro finanzieranno iniziative di informazione ed educazione ambientale nelle Aree protette. A regime la superficie tutelata passerà in Emilia-Romagna da 294.000 a 385.500 ettari, ovvero dal 13% al 17,4% del territorio, mentre il numero dei parchi regionali salirà a 15 e quello delle riserve a 16. Rappresentano una novità di questo Programma i “Paesaggi naturali e seminaturali protetti” (parte maggioritaria della superficie di incremento) e le “Aree di riequilibrio ecologico” (piccole aree naturali già tutelate attraverso gli strumenti urbanistici comunali), forme più leggere di tutela naturalistica affidate direttamente alle Province o ai Comuni. Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano - Monte Prado (Foto: F. Liverani)
Parco Foreste Casentinesi (Foto: Archivio Servizio Parchi)
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SERVIZI AMBIENTALI
UNIONPLAST - Federazione Gomma Plastica
BILANCIO ECONOMICO DEL RICICLO DI MATERIE PLASTICHE 2008 Come ogni anno sono stati quantificati, ad opera di UNIONPLAST (Unione Nazionale Industrie Trasformatrici Materie Plastiche), i volumi di polimeri avviati a riciclo. Lo Studio, unico nel suo genere anche per la completezza dei dati oggetto di analisi, ha rivelato i numeri del settore del riciclo. Più che un anno di contrazione del comparto riciclo di polimeri, il 2008 si può ben definire di stagnazione, con un lieve decremento (attorno all’1%) dei volumi di plastiche rigenerate. La situazione poteva presentarsi a consuntivo ben peggiore, sia sulla base delle forti criticità congiunturali caratterizzanti la seconda parte dell’anno, sia sulla base degli scadenti risultati ottenuti dal settore della trasformazione. Il mercato nazionale del consumo di polimeri ha infatti registrato un de-
cremento pari all’8% rispetto al 2007 (Fonte: Plastic Consult), attestandosi sui 6,5 milioni di tonnellate. Il settore ha risentito del forte rallentamento macroeconomico a partire dal mese di settembre, a causa della crisi finanziaria, dovuta alla caduta del settore immobiliare e alla conseguente decelerazione americana. Il peggioramento dello scenario economico-finanziario ha quindi portato ad una pesante contrazione dei consumi privati, degli investimenti, specialmente nel settore residenziale, e della produzione industriale. Nel settore delle materie plastiche si è avuto un andamento negativo soprattutto in quei settori (film per palletizzazione, sacchi industriali, imballaggio di protezione) la cui economia dipende dallo sviluppo della produzione industriale. L’imballaggio
Fonte: Federazione Gomma Plastica - UNIONPLAST
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rigido, sostenuto dai contenitori per liquidi,ha mostrato una flessione inferiore alla media, mentre l’imballaggio flessibile e quello di protezione hanno risentito della produzione industriale in calo e dell’accentuarsi della tendenza verso il trasporto sfuso, che si riflette in un sensibile calo degli imballaggi terziari. Il settore dell’edilizia, da sempre forte acquirente di prodotti in plastica da riciclo (casseri, vespai, lastre bugnate, etc.), ha vistosamente rallentato sulla scorta della crisi del settore immobiliare. Restrizioni al credito hanno poi creato problemi di liquidità e limitato gli investimenti in mezzi tecnici; questo il motivo per cui la capacità di riciclo è cresciuta meno di quanto fosse ipotizzabile. Sin qui i fattori che hanno frenato le
performance del comparto. Il regime dei prezzi dei polimeri vergini, da sempre indicatore capace di influenzare pesantemente i numeri del comparto del riciclo, ha di contro sostenuto la crescita di quest’ultimo settore per la prima parte del 2008. In questa fase, abbondante è stato il ricorso alle materie prime seconde da parte dei trasformatori, fenomeno poi venuto meno nella seconda parte del 2008. La tassonomia del settore anche per il 2008 rimane invariata: prevalgono le medio-piccole imprese. Sembra però ormai tramontata l’epoca del “piccolo è bello”. Se un tempo essere piccoli garantiva maggiore flessibilità, oggi su questo stesso t terreno i paesi emergenti aggiungono il vantaggio di prezzi spesso irraggiungibili per le aziende del riciclo, costrette perciò a percorrere strade alternative. Una di queste sta portando all’integrazione, alla fusione, alla consociazione. Ad aumentare sono soprattutto le medie aziende, dal momento che questa “taglia” appare la più idonea ad affrontare il mercato globale di quanto non lo siano le aziende di piccole e grandi dimensioni. Il dato di cui sopra suggerisce l’idea che l’innovazione abbia rappresentato
per queste imprese la risposta creativa ad una situazione competitiva sempre più difficile. Le imprese del comparto, esposte alla delocalizzazione dei flussi di rifiuti verso la Cina, pare abbiano reagito alla debolezza della domanda ed alla crisi dei mercati di sbocco che caratterizzano l’inizio del decennio, puntando alla sperimentazione di nuove idee sul mercato. In particolare sembra abbia prevalso l’innovazione simultanea di prodotto e di processo, mediante il ricorso ad un modello complesso di innovazione, dove lo sviluppo di nuovi prodotti è strettamente connesso al miglioramento del processo produttivo, realizzato il più delle volte attraverso integrazioni tra le operazioni di selezione, il riciclo e la trasformazione. I flussi di scarti post consumo valorizzati per via meccanica hanno nuovamente superato i cd. residui pre uso (scarti industriali), a causa dello stato di emergenza in materia di rifiuti in cui si trova gran parte del Mezzogiorno, fronteggiato con decreti commissariali prevedenti un programma di interventi urgenti, e che hanno contribuito massivamente a ridurre la fase di messa in discarica dei rifiuti, a tutto vantaggio del circuito
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del riciclo. L’allargamento della raccolta differenziata ad ulteriori classi merceologiche di rifiuti plastici (rispetto agli imballaggi a fine vita) ha generato nel 2008 significativi volumi di materiali polimerici da riciclo; il fenomeno sconta ancora non pochi ritardi (soprattutto normativi, con esplicito riferimento ai RAEE) ma si avvertono comunque i primi segnali connessi a quell’insieme di garanzie necessarie per l’avvio di un sistema di mercato. Va segnalato poi, quale fattore di traino per il settore qui analizzato, l’ulteriore continuo consolidamento delle attività di collettamento di rifiuti di imballaggi plastici ad opera di COREPLA, cui si aggiunge un ridotto ricorso allo smaltimento in discarica, causato dagli alti costi connessi a tale tipologia di conferimento. Restando in tema di imballi plastici a fine vita va detto che il 31 dicembre 2008 era il termine per il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclo fissati dal d.lgs. 152/06 (almeno il 60% di recupero e almeno il 55% di riciclo complessivo degli imballaggi immessi sul mercato nazionale; specificamente per gli imballaggi in plastica almeno il 26% di riciclo sotto forma di plastica). Pare di poter dire, numeri alla mano, che l’obiettivo sia stato raggiunto e superato, non senza, però, effetti collaterali. Nel 2008 i prodotti avviati a riciclo tramite aste da parte di Corepla sono stati sostanzialmente i contenitori per liquidi (PET – HDPE), con risultati complessivamente positivi; a seguito della crisi delle materie prime seconde che ha caratterizzato gli ultimi mesi del 2008, il film di imballaggio ed i nuovi prodotti costituiti da imballaggi misti in poliolefine, hanno registrato sensibili contrazioni rispetto all’anno precedente Quanto sopra ha portato CoRePla ad annunciare, in vista del 2009, sensibili aumenti contributivi a carico dei produttori di imballi, aumenti resisi necessari per poter garantire l’equilibrio economico della filiera consortile, dati i crescenti costi legati all’aumento della raccolta e alla valorizzazione del materiale, con l’obiettivo di confermare anche per gli anni futuri i positivi risultati raggiunti nel campo del recupero e riciclo degli imballaggi in plastica.
Ministero dello Sviluppo Economico BANDO Start-up - D.M. 7 luglio 2009 (G.U. 25 Luglio 2009 n. 171)
Finalità Il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il D.M. 7 luglio afferente i Programmi di sviluppo sperimentali comprendenti eventualmente anche attività non preponderanti di ricerca industriale, attuati da imprese start up, finalizzati alla realizzazione di innovazione di prodotto e/o di processo nei settori tecnologici. L’intervento attuato sotto forma di bando, a favore di progetti proposti da start-up in settori di alta e medio-alta tecnologia nell’ambito degli interventi previsti per l’anno 2009 relativi al Fondo per l’Innovazione Tecnologica (FIT) di cui alla legge n. 46/82. Soggetti beneficiari I soggetti richiedenti devono essere formalmente costituiti entro la data del 25 luglio 2009 e operanti da non oltre cinque anni solari. Per la data di costituzione si intende la data dell’atto costitutivo per i soggetti costituiti sotto forma di società ovvero la data di iscrizione nel Registro delle Imprese per tutti gli altri soggetti. I destinatari del contributo sono: • le imprese che esercitano attività di cui all’art. 2195 c.c. n. 1) e 3); • le imprese agro-industriali che svolgono prevalentemente attività industriale; • le imprese artigiane di produzione di beni di cui alla legge 8 agosto 1985 n. 443; • centri di ricerca con personalità giuridica autonoma. Possono beneficiare degli interventi i Consorzi e le Società consortili. Risorse finanziarie Le risorse disponibili ammontano a 35 milioni di euro a valere sul Fondo Speciale Rotativo per l’Innovazione Tecnologica (FIT). Sono, inoltre, disponibili risorse aggiuntive pari a 20 milioni di euro a valere sul PON Ricerca e Competitività 2007-2013 per le Regioni della Convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Alle agevolazioni sono ammessi i programmi che comportano costi non inferiori ad 500.000,00 euro e non superiori a 2 milioni di euro. Programmi ammissibili I programmi ammissibili alle agevolazioni del bando deb-
bono riguardare la realizzazione di innovazioni di prodotto e/o di processo nei seguenti settori tecnologici: • biotecnologie; • ICT limitatamente a: Internet dei contenuti (multimediali e multidimensionali); Internet dei servizi piattaforme); Internet delle cose (componenti aggiuntivi e oggetti intelligenti); • Materiali innovativi; • Sistemi robotici, domotica e sistemi meccanotronici; • Tecnologie, processi e sistemi di gestione e controllo per la produzione e utilizzo ecosostenibile di energia, combustibili e prodotti finiti o semilavorati, basati sullo sfruttamento di fonti rinnovabili e/o sull’utilizzo di materie prime o seconde di origine naturale. Spese ammissibili Le spese ammissibili che costituiscono il costo d’investimento riguardano: • il personale del soggetto proponente, o in rapporto di collaborazione con contratto a progetto o interinale, limitatamente a tecnici, ricercatori ed altro personale ausiliario, adibito alle attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale oggetto del programma, con esclusione del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali; • gli strumenti e le attrezzature di nuovo acquisto, nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il programma di ricerca e sviluppo, nel limite delle quote di ammortamento fiscali ordinarie; • i servizi di consulenza ed altri servizi utilizzati per le attività di programma, inclusa l’acquisizione dei risultati di ricerca, di brevetti e di know-how, di diritti di licenza; • le spese generali imputabili all’attività del programma, da determinare forfettariamente in misura non superiore al 30% del valore della voce di costo di cui alla lett. a); • i materiali utilizzati per lo svolgimento del programma. Entità del contributo Le agevolazioni previste possono essere concesse nelle seguenti forme: • finanziamento agevolato; • contributo in conto interessi; • contributo diretto alla spesa. Per i programmi che comportano una spesa non superiore a 3 milioni di euro, il finanziamento agevolato è pari al 50% dei costi riconosciuti ammissibili, con una durata massima di 8 anni, a valere del FIT. Per i programmi che comportano una spesa superiore a 3 milioni di euro, l’agevolazione è concessa nella forma di contributo in conto interessi in relazione ad un finanziamento bancario a tasso di mercato destinato alla copertura finanziaria del programma pari al 50% dei costi riconosciuti
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ammissibili, con una durata massima di 8 anni. Il contributo diretto alla spesa è concesso in misura pari al 20% nominale dei costi riconosciuti ammissibili, in aggiunta alle predette agevolazioni. Durata del progetto La durata del programma dovrà essere non inferiore ai 18 mesi e non superiore ai 36 mesi. Il beneficiario può richiedere una proroga del termine, non superiore a 12 mesi. Presentazione della domanda Il Modulo per la richiesta delle agevolazioni e la Scheda tecnica devono essere compilati utilizzando esclusivamente, pena invalidità della domanda, lo specifico software predisposto dal Ministero, disponibile all’indirizzo http://www. Innovazione.incentivialleimprese.it/Legge46, secondo le istruzioni ivi contenute, allegando, in formato elettronico non modificabile, il Piano di sviluppo del programma ed una dichiarazione sostitutiva di atto notorio relativa alla dimensione dell’impresa. La domanda potrà essere presentata dal 23 settembre 2009 al 21 gennaio 2010. Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare Bando di gara per l’affidamento dei servizi di progettazione tecnica del Sistema Ambiente 2010
cogliere, coordinare e produrre le informazioni relative ad un determinato settore o livello della biodiversità; • Progettare un sistema in grado di supportare l’inserimento di dati certificati geo e cronoreferenziati e dati storici, collegato con le grandi iniziative internazionali con le loro (meta) banche dati come ad esempio: GBIF, Species 2000 e Catalogue of Life, CoBOL (DNA Barcoding Consortium), Encyclopedia of Life, Fauna Europea, etc.; • Definire, attraverso un intervento di consulenza scientifica specialistica, la classificazione e le tipologie dei dati che si intende considerare e che copriranno l’intero arco strutturale della biodiversità, dalle banche dati tassonomiche, a geni, specie, habitat, paesaggi con una restituzione a livello cartografico; • Promuovere conoscenza, responsabilità e consenso presso l’opinione pubblica attraverso la messa in opera del sistema informativo denominato “Clearing House Mechanism”, ossia un sistema dinamico di scambio di informazioni fra chi ha avuto una esperienza o si è trovato di fronte ad un problema e chiunque voglia fare tesoro di tale esperienza e condividere le proprie. Il progetto, prevede la collaborazione costante e istituzionalizzata tra MATTM ed Università, Musei e Centri di Ricerca, favorendo l’integrazione e lo scambio tra questi comparti. Dotazione finanziaria L’importo complessivo massimo, non superabile, a base d’asta e oggetto di ribasso, è pari ad Euro 1.070.000,00.
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha pubblicato on line il bando di gara per l’affidamento dei servizi di progettazione tecnica del Sistema Ambiente 2010, iniziativa che si propone di coinvolgere i principali interlocutori istituzionali e non governativi in materia di biodiversità e di contribuire alla diffusione dei dati sulla biodiversità in Italia, conformemente allo spirito della Convenzione sulla Biodiversità biologica e del Piano di azione comunitario denominato “EU Action Plan to 2010 and beyond”. Finalità Il progetto “Sistema Ambiente 2010” sarà sviluppato in due fasi realizzative: 1) progettazione dell’intero Sistema Ambiente 2010; 2) realizzazione e messa in opera del sistema informatico. Oggetto del bando è la prima fase, ossia l’impostazione generale dell’iniziativa, che si pone dei precisi obiettivi generali: • Creare una rete di centri di eccellenza, ciascuno dei quali coordina un sistema di focal Points, attraverso i quali rac-
Destinatari Il bando ammette la partecipazione di Enti, Centri di ricerca, Università e Soggetti temporaneamente raggruppati o raggruppandi dei quali possono far parte Imprese individuali, Società commerciali, Società cooperative secondo la disciplina stabilita dall’art. 37 del D.Lgs. 163/2006 in quanto applicabile, nonché di Consorzi di Imprese o altri Enti, secondo la disciplina prevista dagli artt. 34, 35, e 36, del D.Lgs. 163/2006 in quanto applicabile. Sarà, inoltre, ammessa la partecipazione dei Soggetti stabiliti in altri paesi membri dell’UE, nelle forme previste nei paesi di residenza. I soggetti concorrenti non potranno partecipare alla gara in forma individuale e contemporaneamente in forma associata, ovvero partecipare in più Raggruppamenti temporanei o Consorzi, pena l’esclusione dalla gara del Soggetto singolo e del Raggruppamenti temporaneo o Consorzio ai quali il Soggetto medesimo partecipi. Scadenze Il termine ultimo per la presentazione delle offerte è fissato per le ore 12 del 5 novembre 2009.
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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci
È vero che non è più dovuta l’IVA sulla tariffa dei rifiuti? Per quanto concerne la Tariffa di Igiene Ambientale (TIA) disciplinata dall’art. 49 del D. Lgs. n. 22 del 1997, la Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009 n. 238, ha definitivamente chiarito che essa presenta tutte le caratteristiche del tributo, in quanto si caratterizza per la doverosità della prestazione, per la mancanza di rapporto sinallagmatico tra parti e per il collegamento della prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante; pertanto, la TIA non è inquadrabile tra le entrate non tributarie, ma costituisce una mera variante della Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani (TARSU) disciplinata dal D. Lgs. n. 507 del 1993, conservando la qualifica di tributo propria di quest’ultima. Da ciò consegue non solo che le controversie aventi ad oggetto la TIA di cui all’art. 49 D. Lgs. 22/1997 appartengono alla cognizione delle commissioni tributarie, ma anche che non è corretta l’applicazione dell’IVA su detta tariffa. Ulteriore conseguenza di quanto affermato dai giudici delle leggi è che, nei limiti in cui non sia intervenuta la prescrizione, può essere richiesta la restituzione dell’IVA indebitamente riscossa dai Comuni, anche se è immaginabile un intervento del legislatore che disciplini tempi e modalità di tale restituzione. Per quanto concerne, invece, la tariffa prevista dall’art. 238 D. Lgs. n. 152 del 2006, sempre la Corte Costituzionale, con la più recente sentenza 24 luglio 2009 n. 247, nel sancire la competenza legislativa statale in materia, ha lasciato aperta la questione in ordine alla qualificazione della stessa tariffa come tributo. Afferma infatti la Consulta: “A fronte dell’affermazione esplicita del legislatore delegato che, all’art. 238, ha testualmente previsto che la «tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio prestato», la natura della tariffa in
agenda
esame non è ancora definita, riflettendosi necessariamente sulla stessa il dibattito che si è svolto sulla tariffa di igiene ambientale di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997. La precedente giurisprudenza di legittimità riteneva, infatti, prevalente la natura impositiva della tariffa di igiene ambientale, negando che essa potesse costituire il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, e affermando, invece, che essa costituiva una forma di finanziamento del servizio pubblico attraverso l’imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricavava, nel suo insieme, un beneficio (Cass. civ., sez. V, sent. n. 17526 del 2007; Cass. civ., sez. I, sent. n. 5297 del 2009). È opportuno, al riguardo, evidenziare che solo con la recente sentenza n. 238 del 2009 si è posto fine alla incertezza interpretativa sulla natura della “tariffa” di cui all’art. 49 del “decreto Ronchi”, chiarendone, alla luce delle risultanze cui la Corte di legittimità era pervenuta, il carattere tributario, ma non si è affrontata, in quanto estranea all’oggetto di tale giudizio, la questione della natura della diversa “tariffa” prevista dall’art. 238 del Codice dell’ambiente”. Chi voglia chiedere un risarcimento per i danni subiti dal mancato svolgimento del servizio di nettezza urbana a quale giudice deve rivolgersi? Al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR). Così infatti hanno recentemente stabilito le Sezioni Unite della Cassazione Civile (ordinanza 21 maggio 2009, n. 11832). I giudici di legittimità hanno ritenuto che, avendo l’art. 33 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205) devoluto alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi nelle quali già esercitava la giurisdizione generale di legittimità, detta giurisdizione non può essere esclusa nel caso di atti o comportamenti della Pubblica Amministrazione che ledano diritti, anche se considerati fondamentali e tutelati dalla Costituzione, quali quello alla salute tutelato dall’art. 32, Cost., salve le ipotesi in cui, come chiarito dalle sentenze della Corte Costituzionale nn. 204/2004, 191/2006 e 140/2007, l’attività da questa svolta non si configuri, nemmeno mediatamente, come esercizio di un pubblico potere.
Eventi e Fiere
Città di Castello (PG), 8-11 ottobre 2009 Fiera delle Utopie Concrete Sede: Città di Castello Informazioni: Agenzia Fiera delle Utopie Concrete Via Marconi, 8 06012 - Città di Castello (Pg) Tel./Fax 075 8554321 segreteria@utopieconcrete.it www.utopieconcrete.it Arezzo, 6-8 novembre 2009 AgriEnergie - Fiera sulla produzione delle Energie rinnovabili da Fonte Agricola e Forestale e perl’Agricoltura Sede: Centro Affari e Convegni - via Spallanzani, 23 - 52100 Arezzo
Informazioni: Tel. 0575 936265 www.agrienergieitalia.it - info@ agrienergieitalia.it Roma, 12-15 novembre 2009 Expo Edilizia, 3a Fiera Professionale per l’Edilizia e l’Architettura in contemporanea con SITE - Salone dell’Impiantistica Termoidraulica ed Elettrica Sede: Nuova Fiera di Roma Organizzazione: Senaf srl - Mestiere Fiere via di Corticella 181/3 - 40128 Bologna Tel. 051 325511 - fax 051 5880078 Informazioni: www.senaf.it/expoedilizia - edil@senaf.bo.it
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M A G A Z I N E n. 6 - Agosto-Settembre 2009
EDITORIALE A poco meno di un anno dalla pubblicazione della Direttiva 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio che ha introdotto non solo l’importante novità rappresentata dall’introduzione del Diritto Penale nelle norme a tutela dell’ambiente, ma anche una precisa gerarchia nel metodo relativo alla gestione dei rifiuti; e proprio nel momento in cui la crisi economica globale che ha ingessato il mercato degli ultimi mesi, sembra allentare i suoi lacci, corre l’obbligo, per quanto hanno a cuore le sorti dell’ambiente prima e della salute delle imprese, poi, non far cadere l’attenzione sulle problematiche insite nella visione economica dell’approccio ai rifiuti. In questo senso, il PolieCo negli ultimi mesi, ha promosso due importanti momenti di riflessione: uno interno, rappresentato dall’Assemblea, di cui si dà conto nelle successive pagine ed uno più ampio e di spiccata rilevanza nazionale (Ischia 25-26 settembre 2009, 1° Forum Economia dei rifiuti), di cui per problemi legati ai tempi di pubblicazione di questo numero del PolieCo Magazine, non è possibile dare informazione. Sono tuttavia certo che le risultanze dell’evento ischitano saranno oggetto di approfondita trattazione sul prossimo nu-
mero, per consentire a tutti i nostri Soci, nello spirito della comunicazione capillare che caratterizza questa iniziativa editoriale, la conoscenza e l’informazione - quantunque certamente sintetica - di quanto accaduto in una kermesse che ha visto la presenza prestigiosa di rappresentanti del Governo, delle Istituzioni locali, del Legislatore, del mondo dell’Informazione e dell’Industria, delle Imprese e delle Associazioni Ambientali, riuniti a discutere su problematiche che riguardano, in definitiva, tutti i settori della società. Proseguendo nella lettura di questo numero, daremo notizia di due significativi Studi che mettono in evidenza l’importanza
non solo dei “materiali” nella produzione di imballaggi (nella fattispecie, sacchi per la spazzatura), ma soprattutto della loro effettiva e corretta riciclabilità. Infine, una nota informativa sulla possibilità di replicare l’iniziativa “Rigiochiamo con poco”, nell’Abruzzo colpito dal terremoto; in sintesi, si sta studiando la possibilità di ripetere l’esperienza già maturata nel 2006, nelle piazze abruzzesi in occasione delle prossime festività natalizie, allorquando l’attenzione verso il prodotto-giocattolo sarà più avvertita dalla popolazione. Al di là della rilevanza educativa ed ambientale, sarà occasione per dimostrare una vicinanza ulteriore ai bambini abruzzesi colpiti dal sisma. Inoltre, non posso non ricordare il prossimo appuntamento autunnale con ECOMONDO 2009, dove la presenza del PolieCo sarà occasione di incontro ed approfondimento per tutti gli operatori del settore del riciclo, che fin d’ora invitiamo presso l’Area del Riciclo, Pad. D3. Buona lettura!
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PolieCo MagazineSOMMARIO Assemblea PolieCo, 30 giugno, Roma ANCHE PER IL 2008 CENTRATI GLI OBIETTIVI: 359.000 TONNELLATE RICICLATE di Micaela Conterio
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“DALLA CULLA ALLA TOMBA” Sorprendenti risultati sulla LCA delle plastiche di Stefano Agostinelli
Iniziativa “Rigiochiamo con poco” GIOCHIAMO AL RICICLO… SERIAMENTE! L’iniziativa allo studio del PolieCo intende offrire ai bambini abruzzesi un Natale di solidarietà e di crescita nella consapevolezza della bontà del riciclo di Alberto Piastrellini p. 7
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News n. 6 - Agosto-Settembre 2009
Assemblea PolieCo, 30 giugno, Roma
ANCHE PER IL 2008 CENTRATI GLI OBIETTIVI: 359.000 TONNELLATE RICICLATE di Micaela Conterio
Riflettori puntati su PolieCo (Consorzio Nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene), in occasione dell’Assemblea annuale (Roma, 30 giugno). Il Consorzio, nato con lo scopo precipuo di raccogliere, recuperare e riciclare i rifiuti di bene in polietilene, raggiunge ogni anno l’obiettivo minimo di raccolta e riciclaggio sull’immesso al consumo. I dati parlano da soli: nel 2007 sono state infatti riciclate oltre 350.000 tonnellate su un immesso di 1.000.000, pari al 35%. Poiché centrare per una seconda volta questo traguardo sarebbe stato difficile, utilizzando solo l’attività tradizionale, nel 2008 il Consorzio ha indirizzato il suo impegno verso il riciclaggio di alcuni materiali che sono vere e proprie nicchie di mercato: i bossoli delle cartucce utilizzate dai cacciatori nelle riserve e nei poligoni di tiro (oltre 400 tonnellate); i giocattoli dismessi, di cui, quelli in buono stato sono stati recuperati e distribuiti agli istituti per l’assistenza all’infanzia e ad ONG, quelli non più utilizzabili sono stati avviati al riciclo; le reti di delimitazione e protezione delle piste da sci che precedentemente venivano avviate in discarica o, ancor peggio, bruciate ai piedi delle piste a fine stagione; le reti da pesca, sia quelle dismesse dai pescatori, sia quelle sequestrate. Su questo ultimo aspetto si sottolinea l’importanza del Protocollo d’intesa siglato da PolieCo con le Capitanerie di Porto e la Marina Militare e Mercantile. Il risultato si è rivelato oltremodo positivo: nel 2008 sono
state riciclate 359.000 tonnellate, di cui 7.000 destinate al recupero energetico. Si sta ora valutando l’opportunità di recuperare e riciclare le cialde del caffè, mercato che avrebbe importanza anche per l’agricoltura: mentre PolieCo si occuperebbe del recupero delle cialde in plastica per il loro riciclo, i compostatori potrebbero utilizzare i fondi del caffè come fertilizzante e ammendante per le colture. Il Consorzio ha, inoltre, intavolato una serie di accordi e convenzioni, che gli consentono di ricoprire un ruolo da protagonista nella filiera del recupero e riciclo di materiali in polietilene. Primo fra tutti quello con la Regione Lazio e l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, per il riutilizzo del materiale riciclato; a seguire, l’accordo quello con gli Organi che gestiscono i rifiuti presso le Autorità portuali per avviare al riciclo i materiali plastici di scarto, che vengono eliminati dalle navi; da non trascurare, infine, quello stilato con la Provincia di Bari per la corretta gestione dei rifiuti derivanti dall’attività agricola, che presenta, rispetto alle tradizionali convenzioni, anche la novità di un programma di formazione per la corretta gestione dei rifiuti provenienti dalla lavorazione dei terreni e dai macchinari utilizzati. Nel corso dell’Assemblea si sono pure messi in evidenza una serie di questioni aperte e critiche. La crisi economica che ha investito il 2008 (la crescita del PIL italiano è stata pari allo 0,2%) sta lasciando segni evi-
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denti anche nel corso del 2009: la fase di stagnazione e di recessione deve essere ricondotta a fenomeni congiunturali su scala mondiale. “Oggi si continua a parlare di aiuti economici - ha dichiarato Enrico Bobbio, Presidente di PolieCo - al comparto auto ed a quello edile, trascurando la grave crisi che ha investito e che continua ad investire il comparto del riciclo. Per questo Polieco ha avviato rapporti di collaborazione e trattativa con i diversi Ministeri interessati, per ottenere sgravi fiscali o energetici. Questo per far sì che le nostre aziende riescano a competere con quelle straniere che, invece, godono di questi benefici”. Nonostante la forte riduzione di materia prima immessa al consumo, il comparto è riuscito ugualmente a centrare un risultato stabile in termini di obiettivi, ma non è stato semplice: molti riciclatori si sono visti costretti a fermare gli impianti, limitandosi a stoccare il materiale in attesa di tempi migliori e le piattaforme di selezione sono state arrestate per mancanza di richieste da parte degli impianti di riciclo. “Ancora oggi, purtroppo - ha continuato Enrico Bobbio - la piccola e media impresa italiana deve far fronte alle grandi lobby che agevolano i riciclatori-recuperatori e dei produttori della materia prima (intendo la “grande chimica”, ormai nelle mani degli stranieri)”. In questo senso, il Consorzio ha intrapreso azioni indirizzate alla ricerca di sbocchi commerciali, non in termini di collocazione dei materiali da riciclare, ma di commercializzazzione. È stata infatti avviata una collaborazione con il Ministro dell’Ambiente e quello dello Sviluppo della Repubblica Popolare di Cina per intraprendere una serie di attività di commercializzazione dei materiali riciclati e di progettazione industriale. Per quanto riguarda i rapporti con la Cina, il Consorzio si è impegnato attraverso il controllo doganale a controllare l’importazione e l’esportazione dei materiali plastici provenienti dall’Oriente: “Questa collaborazione è stata accolta di buon grado - ha spiegato Enrico Bobbio - perché è indice della serietà con cui PolieCo affronta questo tipo di problematiche. Abbiamo intrapreso una serie di azioni per contrastare l’esportazione illegale in Cina per evitare di incorrere in sanzioni: i codici d’esportazione devono essere quelli corretti e corrispondere a materiale contenuto nei container, la norma contrattuale deve essere sempre indicata e infine deve essere sempre segnalato l’impianto di riciclo di destinazione”. Si è tentato di comprendere il fenomeno dei flussi in Cina per reimportare materiale illegale: è notizia dei giorni scorsi, infatti, il primo ordine di acquisto di materiale riciclato, comperato in Italia. È evidente come questo contributo costituisca un riconoscimento diretto e indiretto della valenza degli Organi di controllo del Consorzio. E non solo. Diversamente da quanto accadeva prima, è stato stabilito che la partecipazione di PolieCo all’edizione 2009 di ECOMONDO si limiterà allo spazio istituzionale, mentre si svolgeranno sul territorio una serie di attività, nella forte convinzione
dell’ineluttabilità della penetrazione su scala locale attraverso un lavoro capillare: riunioni, corsi di formazione e incontri destinati ad aziende ed amministrazioni. In questo senso va interpretata la costituzione di Fondazione Santa Chiara: attraverso la cooperazione fra giuristi, avvocati, magistrati e tecnici, infatti, trovano risposta una serie di problematiche e criticità sorte in seno alle aziende o dovute a carenze giuridiche. In aggiunta, la Fondazione che ha preso il posto del Centro Studi PolieCo, come negli anni precedenti, sta attivando una serie di corsi di formazione, che, seguendo la normativa comunitaria e, conseguentemente, quella nazionale, siano orientati alle regole e procedure che Aziende e Organi di Controllo devono rispettare per ultimare gli accertamenti previsti, con il chiaro intento di agevolare le aziende affinché evitino di incorrere in sanzioni amministrative o penali. La formazione, che verrà svolta in maniera capillare su tutto il territorio italiano e che utilizzerà come centro nodale le Province, sarà anche in larga parte di tipo ambientale, vertendo sulla corretta gestione e il corretto smaltimento di oli o pneumatici. Il Consorzio si è dimostrato sensibile alla catastrofe verificatasi in Abruzzo: dopo aver preso contatti, infatti, con le autorità che si occupano di risolvere la crisi, è stato dato un contributo in termini di recupero di materiali quali tubi flessibili, passacavi, finestre e tutto ciò che è plasticamente recuperabile da destinare al riciclo. Contestualmente si è pensato di devolvere il gettone di presenza di una seduta del Consiglio di Amministrazione al WWF per la formazione ambientale all’interno delle scuole. Da segnalare, in conclusione, il primo Forum su Economia dei rifiuti che si svolgerà ad Ischia nel mese di settembre.
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Informazione e aggiornamento n. 6 - Agosto-Settembre 2009
“DALLA CULLA ALLA TOMBA”
Sorprendenti risultati sulla LCA delle plastiche di Stefano Agostinelli
Come risaputo, lo sviluppo industriale ha provocato un enorme impatto poiché qualsiasi “prodotto” ha avuto e ha un effetto negativo per l’ambiente. Per valutare il “peso” ambientale di un prodotto si deve considerare l’analisi del suo ciclo di vita (Life Cycle Analysis) che comprende i seguenti aspetti:
Tra i vari studi per valutare la sostenibilità di un prodotto “dalla culla alla tomba” (Cradle to Grave), quelli sugli imballaggi stanno avendo grande diffusione e assumono grande rilievo per le notevoli problematiche che implicano, sia in termini di gestione dei rifiuti, sia per gli effetti sulla salute. La riduzione degli imballaggi e la loro sicurezza costituiscono dei caposaldi della politica a ambientale dell’UE che in più di una occasione, tramite Direttive e Comunicazioni, ha indicato la necessità di limitarne peso e volume e di utilizzare materiali che non abbiano conseguenze sulla salute dell’uomo e dell’ambiente. Infatti, oltre al consumo di risorse e alla possibilità di un loro efficiente recupero si deve tener conto pure delle emissioni prodotte dai vari materiali utilizzati, anche in termini di trasporto, di consumo di acqua e connessi rischi di inquinamento, di condizioni di lavoro durante le fasi di produzione, ecc. Tra gli imballaggi, di certo quelli in plastica sono stati sottoposti a critiche, tanto che sono tuttora in corso dibattiti e prese di posizione che tendono a penalizzarne il loro utilizzo, anche attraverso severe misure fiscali. Tuttavia, alcuni Studi eseguiti di recente hanno dimostrato che tali atteggiamenti nei confronti delle plastiche tradizionali non hanno fondamento, almeno in confronto con altri materiali utilizzati per imballaggio. Tra gli altri, nel corso del 2009, sono stati pubblicati due Report che per le tipologie dei manufatti analizzati e per la
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Fonte: ENVIS Environmental Information System, Volume 7, issue 1, gennaio-marzo 2009
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diversa area geografica di uso e di studio, sono meritevoli di considerazioni. Il primo, condotto in Asia dall’Indian Center for Plastics in the Environment (ICPE), task-force del Ministero dell’Ambiente e delle Foreste, ha analizzato i sacchi utilizzati per imballaggio di prodotti in alcuni Stati dell’Unione Indiana, diversi per misure e spessore, mettendo a confronto quelli di PP-HDPE con quelli fabbricati con iuta e carta-cartone. Il Report più recente, compiuto dall’Institute für Energie und Umweltforschung (IFEU), il prestigioso Istituto di ricerca tedesco su Energia e Embiente con sede a Heidelberg, a cui il Ministro dell’Ambiente della Germania Sigmar Gabriel affida studi e ricerche, ha realizzato un approfondito studio di Life Cycle Assessment (LCA) sui sacchi per la spazzatura indifferenziata di diversa capacità venduti in Germania (da 20 a 120 litri) e Francia (da 30 litri, il più diffuso nel paese), prodotti in Cina e Polonia. L’analisi ha preso in considerazione materiali diversi: Biopolimeri di vario tipo, Polietilene ad alta e bassa densità (HDPE, LDPE, LLDPE) e Polietilene riciclato.
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Così sia il primo che il secondo studio citato, a sorpresa, indicano che le plastiche sono più “sostenibili” degli altri materiali. In particolare, lo studio indiano ha verificato che tra le materie prime esaminate, le plastiche tradizionali, di gran lunga, consumano meno risorse ed inquinano poco rispetto a iuta e carta. In quello tedesco, i sacchi prodotti con Polietilene riciclato sono di gran lunga preferibili, seguiti da quelli in Polimero vergine, con alcune differenze in funzione del mercato e della tipologia del sacco. Nonostante il verdetto, IK considera comunque con interesse l’impiego di biopolimeri, specie in alcune applicazioni, anche se ritiene ingiustificate le azioni
che penalizzano le plastiche tradizionali. I risultati dello studio indicano che la fase di produzione del polimero è l’elemento chiave che determina in larga parte le prestazioni ambientali del manufatto, mentre assumono importanza minore i processi di trasformazione e la distribuzione dei prodotti nei punti vendita, ad eccezione di due casi: se i sacchi al termine della loro vita utile vengono inceneriti o se provengono da produttori asiatici invece che dall’Europa. “Di conseguenza - si legge nelle conclusioni - l’impatto ambientale di ogni tipo di sacchetto considerato nello studio risulta minore quanto più è sottile il prodotto”. I risultati indicano anche che il polietilene risulta tanto più sostenibile all’aumentare dello spessore e della resistenza richiesta al sacco: 12.5 micron di calibro di quelli in PE rispetto a 15-25 micron per i tipi biodegradabili. I Biopolimeri, secondo lo studio, scontano attualmente processi di produzione su impianti non ancora perfettamente ottimizzati per quanto concerne efficienza e volumi di produzione. L’analisi compiuta dall’IFEU sottolinea pure che in futuro il bilancio ambientale dei biomateriali potrebbe migliorare in modo significativo in termini di efficienza di produzione delle resine e di prestazioni dei materiali. Ovviamente, è bene ricordarlo, i risultati degli studi si riferiscono all’unità funzionale scelta per l’analisi (sacchi per imballaggio e per la spazzatura) e non possono essere estesi in modo generalizzato ad altri manufatti. Abbiamo, però, una conferma che l’aspetto più rilevante della insostenibilità di certi imballaggi, oltre le loro dimensioni, è una impropria gestione dei loro rifiuti. Spesso si demonizzano i materiali con cui vengono fabbricati, mentre è un inadeguato riciclaggio, spesso determinato da scarsa educazione ed informazione dei cittadini, a provocare i più gravi danni all’ambiente.
Fonte: IFEU - LCA of waste bags - giugno 2009
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Iniziative n. 6 - Agosto-Settembre 2009
Iniziativa “Rigiochiamo con poco”
GIOCHIAMO AL RICICLO… SERIAMENTE!
L’iniziativa allo studio del PolieCo intende offrire ai bambini abruzzesi un Natale di solidarietà e di crescita nella consapevolezza della bontà del riciclo di Alberto Piastrellini
Più volte, nelle discussioni pubbliche e nei Tavoli di concertazione e programmazione, ancorché negli uffici deputati alla produzione di norme atte a migliorare la qualità della vita dei cittadini, si è ribadito il concetto della necessità di una adeguata formazione/informazione dei cittadini stessi circa le complesse problematiche attinenti la questione ambientale. Troppo spesso, purtroppo, l’approccio comune alla tutela delle risorse, del territorio e del patrimonio costituito dalla biodiversità, si ferma ad un interesse di tipo emotivo, facile ad accendersi durante campagne ed iniziative mirate, ma altrettanto facile a spegnersi nel medio e lungo periodo. Viceversa, indirizzare azioni e spendere energie per iniziative di carattere formativo, se, solo apparentemente, sembra non produrre effetti nell’immediato, ha il pregio di determinare effetti positivi nel lungo periodo. Inoltre, si contribuisce alla crescita sociale e al miglioramento della qualità della vita dei cittadini che, sempre più, diventano soggetti attivi dello sviluppo sostenibile. In questo senso anche il mondo dell’imprenditoria può essere di stimolo e di aiuto alle Istituzioni pubbliche, tanto più quando queste sono impegnate in situazioni emergenziali. È quanto si sta ipotizzando con l’iniziativa “Rigiochiamo con poco”, per la quale è tutt’oggi allo studio una sua replicabilità nell’Abruzzo colpito dal terremoto. Vediamo di ripercorre le tappe dell’iniziativa. Nell’ambito dell’attività di implementazione della propria mission di raccolta di rifiuti dei beni a base di polietilene, onde avviarli all’effettivo recupero/riciclo, il Consorzio PolieCo, insieme ai suoi Associati, ha elaborato, nel 2006 l’idea di promuovere una raccolta puntuale di giocattoli dismessi, lesionati o comunque in buon stato. Da una ricerca di mercato, infatti, è emerso che la quantità di giocattoli inutilizzati ed il loro possibile riciclaggio potrebbe diventare un’attività ambientale di notevole rilevanza. Si pensi che in base alla popolazione dei bambini in Italia, al ritmo attuale, si potrebbero recuperare 50.000 m3 di materiali plastici all’anno, da sottrarre alle discariche e da reimmettere nel ciclo produttivo con grande risparmio di materia prima vergine ne ed energia. Pertanto, grazie alla collaborazione con Boz Carta, Servizi Ecologici Integrati, nel periodo compreso fra il 17 novembre ed il 16 dicembre 2006 è stato approntato un programma di appuntamenti che hanno coinvolto gli alunni delle Scuole d’infanzia ed elementari della Provincia di Pordenone. A questi sono stati dedicati diversi incontri con la mascotte “Carlotta” che, grazie alla strategia di una animazione semplice e gradevole, ha saputo veicolare re nei più piccoli l’importanza del riciclo e della
corretta gestione del bene-rifiuto. Nei week end del periodo, poi, sono stati raccolti, presso appositi centri gestiti da volontari in alcuni centri commerciali, i giocattoli dismessi, mentre apposite manifestazioni in piazza hanno permesso ai genitori dei piccoli di ricevere le giuste informazioni circa la riciclabilità dei giocattoli stessi, la marcatura CE, la provenienza dei giocattoli, il costo, il danno ambientale derivante dalla produzione di giocattoli con materiale vergine e la durata della vita media di un giocattolo. Nell’ambito dell’iniziativa PolieCo ha anche messo in evidenza il valore sociale ed educativo di questo tipo di raccolta, in quanto i giocattoli raccolti (molti dei quali, ancora in ottimo stato), sono stati donati ad Organizzazioni che promuovono attività ed iniziative per l’infanzia disagiata. Se la raccolta sperimentale ha permesso, in pochi giorni, di radunare 110m3 di giocattoli “esausti” (successivamente selezionati ed avviati al riciclo dopo la cernita di quelli in buon stato), il risultato maggiore, quello che per intenderci è stato riportato dalla stampa nazionale come esempio di pratica virtuosa per l’educazione dei cittadini al riciclaggio, è stato proprio l’aver pensato in termini di lungo periodo, promuovendo e stimolando adeguatamente i cittadini di domani. Dall’iniziativa sperimentale di 3 anni fa, il PolieCo ha cercato di avviare ulteriori occasioni di replica dell’iniziativa, coinvolgendo ed informando anche i Ministeri interessati (Ministero della Salute, Ministero dell’Ambiente e della Protezione del Territorio e del Mare), onde ottenerne l’appoggio. Oggi, si sta studiando la possibilità di ripetere l’esperienza nelle piazze abruzzesi in occasione delle prossime festività natalizie, allorquando l’attenzione verso il prodotto-giocattolo sarà più avvertita dalla popolazione. Inoltre, al di là della rilevanza educativa ed ambientale, sarà occasione per dimostrare una vicinanza ulteriore ai bambini abruzzesi colpiti dal sisma. Anche per questa ipotesi, che è tuttora in fase di studio, il WWF Italia ha evidenziato un’attenzione ed un interesse particolari a dimostrazione della validità del progetto, capace di coniugare istanze educative e sociali, accanto ad una attenta ca valutazione degli impatti ambientali e della promozione delle dinamiche di recupero, riciclo e riutilizzo, così come indicato nelle normative internazionali e nazionali di riferimento. A questo punto, che i giochi abbiano inizio e, per citare una celebre battuta dello scomparso John Belushi, ricordiamo che: “Quando il gioco si fa duro, i duri incominciano a giocare”!
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D’ITALIA e D’EUROPA
Inserto aperiodico della rivista Regioni&Ambiente
Porto di Genova
AGOSTO-SETTEMBRE 2009
Dopo un’assenza durata più di un anno, I Porti ritornano come inserto all’interno di Regioni & Ambiente. L’editrice Free Service Srl ha ritenuto di non abbandonare il progetto, nato nel 2002, da una collaborazione con ANSEPUNITAM, che, negli ultimi anni, si era conclusa. La rivista, quindi, continuerà a dare spazio ai servizi ecologici portuali e alla prevenzione dell’inquinamento del mare, ma soprattutto, verrà dato risalto agli aspetti normativi e di governance, superando i limiti territoriali nazionali, visto che le politiche del mare vengono ormai definite a livello europeo, per non dire globale. Di conseguenza la testata prenderà una titolazione diversa e più ampia: “I Porti d’Italia e d’Europa”; assumendo una diffusione aperiodica, in luogo dell’uscita bimestrale, come avveniva in passato. Qualora questo nuovo orientamento trovi adeguata accoglienza tra il pubblico degli operatori e delle Istituzioni, la Casa Editrice si impegna fin d’ora a garantirne una continuità. In questo numero i Lettori troveranno, oltre a notizie di carattere normativo, un focus specifico sul Porto di Genova, in particolare sull’iter svolto dalla locale Capitaneria di Porto per raggiungere, prima in Italia, la Registrazione EMAS e un articolo dedicato alla nuova Strategia Marittima Integrata dell’Unione Europea. Buona lettura Free Service Srl
CONCILIARE CRESCITA ECONOMICA E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE ......... p. III Previsto un finanziamento di 34 milioni di Euro. NUOVA STRATEGIA PER IL MEDITERRANEO ................................................. p. IV Il Commissario Joe Borg: “sviluppare un’economia marittima sostenibile” ALLA CAPITANERIA DI PORTO DI GENOVA LA PRIMA REGISTRAZIONE AMBIENTALE EMAS................................................ p. VI Migliorare le prestazioni della struttura per proteggere l’ambiente RIFIUTI PORTUALI: CAMBIA LA MODULISTICA ............................................ p. XIV
FEBBRAIO 2007
Inserto aperiodico della rivista Regioni&Ambiente
La Commissione UE lancia un bando per “L’Oceano di Domani”
CONCILIARE CRESCITA ECONOMICA E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE Previsto un finanziamento di 34 milioni di Euro.
D’ITALIA e D’EUROPA
La Commissione Europea, nell’ambito della Strategia Europea per la Ricerca Marittima e Marina, adottata nel settembre 2008, ha ora rivolto l’invito a presentare proposte per progetti di ricerca finalizzati a conciliare le attività umane che si svolgono in mare con la sostenibilità ambientale: “L’Oceano di Domani” (codice identificativo FP7-OCEAN-2010). Si tratta di una delle azioni previste dal 7° Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico e dimostra come sia possibile affrontare questioni globali in modo multidisciplinare. I progetti selezionati saranno, infatti, finanziati con fondi di diversi temi: Alimentazione, Agricoltura, Pesca e Biotecnologie (9.000.000 di Euro); Energia (6.000.000 di Euro); Ambiente (10.500.000 Euro); Trasporti (7.500.000 di Euro); Scienze socioeconomiche e umane (1.000.000 di euro). Il Commissario UE per la Scienza e la Ricerca, Janez Potočnik, ha dichiarato che: “le attvità marittime dell’uomo hanno ripercussioni sulla vita marina e viceversa. Noi vogliamo incoraggiare gli scienziati marini, oceanografi e ricercatori nei diversi settori marittimi, come i trasporti e l’energia, a lavorare insieme al fine di meglio comprendere l’interconnessione tra gli ecosistemi marini e le attività marittime. Il bando “L’Oceano di Domani”, ci aiuterà a conciliare gli obiettivi potenzialmente concorrenti di una crescita economica sostenibile e la conservazione dei nostri mari ed oceani. Ciò non può che giovare alle attuali e future generazioni”. Il budget complessivo indicativo è di 34.000.000 di Euro, suddivisi tra i tre argomenti del bando: •all’argomento che concerne le conseguenze economiche ed ambientali del mutamento delle condizioni dell’Artico, 11.000.000 di euro; •all’argomento che attiene gli impatti umani e naturali sulla vita marina e le conseguenze che ne derivano per settori economici quali i trasporti, la pesca o il turismo, 12.500.000 di euro; •all’argomento riguardante il potenziale impatto sulla vita marina dello stoccaggio del carbonio (carbon storage) sui fondali, 10.500.000 di Euro. La scadenza per la presentazione delle relative domande è fissata per il 14 gennaio 2010, mentre i progetti scelti saranno resi noti entro l’autunno 2010. Il 16 settembre, a Bruxelles, ci sarà una giornata informativa sul bando con la presenza dei Commissari UE, Janez Potočnik e Joe Borg, nel corso della quale, saranno date tutte le delucidazioni sul bando e le risposte alle domande dei partecipanti. Per informazioni: www.cordis.europa.eu/fp7
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Comunicazione della Commissione UE
NUOVA STRATEGIA PER IL MEDITERRANEO Il Commissario Joe Borg: “sviluppare un’economia marittima sostenibile”
La Commissione europea ha presentato l’11 settembre una Comunicazione nella quale propone una Strategia su come risolvere i problemi che il settore marittimo deve affrontare nel bacino del Mediterraneo. Potenziare la gestione degli affari marittimi condurrebbe ad una crescita più sostenibile nella regione, permettendo nel contempo di far fronte ad alcune preoccupazioni comuni. La concorrenza per l’utilizzo dello spazio marino, le minacce alla sicurezza marittima, il degrado ambientale e gli effetti negativi dei cambiamenti climatici indicano la necessità di una governance marittima più coordinata nella regione, che preveda anche la collaborazione con partner mediterranei non appartenenti all’UE. Joe Borg, Commissario europeo responsabile degli Affari marittimi e della Pesca, ha dichiarato che: “lo sviluppo di processi decisionali più integrati nell’area del Mediterraneo avrà certamente effetti positivi su tutte le parti interessate e sulle amministrazioni. La garanzia di un futuro sostenibile per le industrie marittime e la conservazione dell’ambiente marino nell’area del Mediterraneo dipenderanno dal nostro sforzo nel potenziare la governance marittima in ogni suo aspetto. L’UE deve lavorare per una politica marittima maggiormente integrata e inclusiva, in collaborazione con tutti i nostri vicini.” La Politica Marittima Integrata, avviata nel 2007, ha sviluppato e promosso numerosi strumenti di ausilio alla governance marittima, quali: - la pianificazione dello spazio marittimo (PSM), per un migliore utilizzo dello spazio marino (la Commissione sta avviando uno studio per valutare la possibilità di applicare la PSM nell’area del Mediterraneo, che sarà seguito da una verifica volta a incoraggiare le pratiche trasversali di PSM);
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- la gestione integrata delle zone costiere (GIZC), per un approccio più coerente sui due lati della frontiera terra/ mare (la Commissione fornirà un inventario accessibile via Internet relativo alle migliori pratiche relative a tutti i bacini marittimi e accrescerà ulteriormente la “base di conoscenze” sulla GIZC nel Mediterraneo attraverso il Settimo programma quadro UE per la ricerca); - le iniziative di ricerca integrata, per rafforzare la ricerca, in conformità della Strategia europea per la ricerca marina e marittima (nella fattispecie, verrà sviluppata, nell’ambito del Settimo programma quadro, un’importante opportunità di ricerca intersettoriale per l’area del Mediterraneo); - la sorveglianza marittima integrata, per rendere più sicuro il mar Mediterraneo ed attuare un sistema di sorveglianza più coerente in tutta l’area (sei Stati membri costieri hanno già intrapreso un progetto pilota per potenziare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali responsabili del monitoraggio e della sorveglianza marittima). La stretta cooperazione tra i Paesi coinvolti in tali sfide rappresenta soltanto metà della soluzione al problema. I responsabili delle decisioni devono abbandonare la politica “per settore” e adottare una politica più ampia che tenga conto dei collegamenti tra le varie attività marittime. Nella comunicazione la Commissione propone dunque di: - incoraggiare le parti interessate e le amministrazioni nella regione a gestire gli affari marittimi in maniera più integrata e a stabilire le priorità per la governance marittima; - studiare quali potrebbero essere i modi per promuovere una maggiore cooperazione tra le parti interessate e le amministrazioni di tutti i settori marittimi e di tutta l’area del Mediterraneo;
L’intervento del Commissario Joe Borg Le vite e le culture dei popoli che vivono sulle rive del Mediterraneo - su quelle meridionali e su quelle settentrionali, oltre che sulle innumerevoli isole - sono sempre state fortemente collegate le une alle altre ed influenzate dal loro comune patrimonio marittimo. Ancora oggi questo “mare tra le terre”, al crocevia di tre continenti, è caratterizzato da un’economia marittima intensa e vitale. Il Mediterraneo è un’importante fonte d’occupazione per coloro che vivono lungo le sue rive, con oltre 450 porti e stazioni marittime. Esso è inoltre una delle più importanti vie navigabili del mondo: un quarto del trasporto marittimo mondiale di petrolio passa infatti per il Mediterraneo. Malgrado queste premesse, le prospettive non sono del tutto incoraggianti. Vi sono indizi di un grave deterioramento dell’ambiente marino mediterraneo. L’eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche e il degrado costiero richiedono che si corra urgentemente ai ripari, se non si vuole che i danni diventino irreversibili. Il fatto che il traffico marittimo sia in rapida crescita non fa altro che aumentare la necessità di vie marittime più sicure e più sostenibili. È necessario approntare risposte efficaci per il caso in cui, com’è probabile, i cambiamenti climatici avranno gravi conseguenze economiche e sociali. La situazione che vediamo attorno a noi ci indica che occorrono nuovi strumenti per affrontare realtà nuove. Quanto più precisamente saremo in grado di identificare le minacce, tanto più facilmente potremo trovare le soluzioni, e ciò dovrebbe rafforzare la nostra motivazione a collaborare per attuare tali soluzioni. Per risolvere tutti questi problemi occorre che nell’elaborare la politica marittima mediterranea si adotti una strategia olistica o, in altre parole, onnicomprensiva. Lo scopo principale della politica marittima integrata dell’UE
è quello di migliorare la gestione dei nostri oceani e dei nostri mari, e ciò nei contesti sia nazionali che regionali e subregionali. Ne consegue che dobbiamo creare meccanismi e strumenti che stimolino la prosperità marittima in tutto il bacino mediterraneo. Riconosciamo dunque che è essenziale rafforzare il dialogo e la cooperazione sugli affari marittimi con i nostri partner mediterranei. Senza una progettazione e una gestione maggiormente integrate, sarà sempre più difficile per gli Stati essere in grado di affrontare i problemi connessi con la crescente concorrenza di cui è oggetto lo spazio marittimo nelle zone costiere. Riteniamo inoltre che le nostre politiche debbano essere fondate su validi contributi del mondo scientifico e degli operatori interessati. Lo sviluppo di pratiche e di tecnologie più sostenibili dipende da questo. Ecco perché è di cruciale importanza che gli Stati si impegnino attivamente ad applicare gli orientamenti indicati nella tabella di marcia della Commissione europea sulla pianificazione dello spazio marittimo. Questa politica è tutta volta a sostituire misure a breve termine, non coordinate e settoriali con una strategia di più ampio respiro che sia imperniata sulle esigenze dell’ecosistema. È in tale contesto che la Commissione europea ha appena adottato una Strategia per una politica marittima integrata volta a garantire una migliore gestione delle risorse marine in tutto il bacino mediterraneo. Sebbene soltanto sette degli Stati costieri del Mediterraneo siano membri dell’UE, è chiaro che l’Europa ha un ruolo fondamentale per la prosperità politica, economica e sociale della regione. Spero con tutto il cuore che anche i nostri partner mediterranei accoglieranno a braccia aperte le nuove opportunità che un approccio integrato può offrire. Ecco perché intendiamo, tra l’altro, istituire un gruppo di lavoro ad hoc sul Mediterraneo al quale partecipino tutti gli Stati costieri, per coinvolgerli ulteriormente nell’elaborazione della politica marittima integrata e per favorire lo scambio di buone pratiche e know-how. Inoltre pensiamo di realizzare uno studio per capire quali potrebbero essere i costi e i benefici dell’eventuale creazione di zone marittime nel Mediterraneo. Infine, nell’ambito del settimo programma quadro UE per la ricerca verranno finanziati studi interdisciplinari al fine di integrare la conoscenza del Mediterraneo con contributi su questioni di grande importanza per la gestione delle risorse marine e la politica marittima, come a esempio i cambiamenti climatici o l’impatto delle attività umane sugli ecosistemi costieri e marini. Il compito che ci siamo dati è difficile ma non insormontabile. Crediamo che questo approccio, nuovo ma logico, gioverà in egual misura a tutti gli operatori interessati, gli Stati e i cittadini. In ultima analisi, un’economia marittima mediterranea sostenibile è una buona notizia per tutti coloro la cui vita dipende, più o meno direttamente, da questo mare.
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- favorire lo scambio delle migliori pratiche tra gli Stati mediterranei membri dell’UE nel quadro di una politica marittima integrata, ad esempio con il supporto di finanziamenti UE per la cooperazione territoriale; - rendere disponibile l’assistenza tecnica nel quadro dello strumento europeo di vicinato e partenariato per i Paesi del Mediterraneo non appartenenti all’UE che desiderino perseguire un approccio più integrato agli affari marittimi; - promuovere la ratifica e l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982; - istituire un gruppo di lavoro sulla politica marittima integrata, esteso all’intero bacino, per promuovere il dialogo e la cooperazione con i partner del Mediterraneo non appartenenti all’UE; - potenziare la cooperazione multilaterale e intersettoriale attraverso studi specifici e una più completa conoscenza degli attuali accordi internazionali e regionali che regolano le attività marittime nel Mediterraneo.
ALLA CAPITANERIA DI PORTO DI GENOVA LA PRIMA REGISTRAZIONE AMBIENTALE EMAS Migliorare le prestazioni della struttura per proteggere l’ambiente
di Paolo Tallone Capitano di Fregata Responsabile S.G.A. Capitaneria di Porto Genova
Nel 1987 venne reso noto, nell’ambito del programma delle Nazioni Unite, il rapporto Our common future; in esso la Commissione Brundtland introduceva ufficialmente il concetto di sviluppo sostenibile inteso, secondo la definizione originaria, come uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Nell’anno 2001, poi, la Commissione Europea, nel proprio “libro verde”, dichiarava..“sono socialmente responsabili le organizzazioni che decidono, di propria iniziativa, di contribuire a migliorare la società e a proteggere l’ambiente”. Come si può ben vedere, negli ultimi vent’anni l’ambiente è diventato un obiettivo centrale delle politiche economiche e sociali Europee e la teoria dello sviluppo sostenibile si propone sempre più come alternativa realistica ai modelli di produzione e consumo. In tale contesto la Forza Armata Marina ed in particolare con il proprio Corpo delle Capitanerie di Porto/GuardiaCostiera, che svolge un servizio di pubblico interesse atto a soddisfare molteplici esigenze della collettività, consapevole delle ricadute sull’ambiente degli effetti che inevitabilmente scaturiscono dall’espletamento delle attività Istituzionali assegnate, ha riconosciuto fra le proprie priorità essenziali l’adozione volontaria di nuovi modelli di produzione di servizi, secondo una nuova “vision” d’impresa improntata sulla tutela ambientale. Il perché? Ci siamo mai chiesti che impatto hanno la nostra vita e le nostre attività per il mondo che ci circonda? Per dare un’idea di quello che un cittadino (Europeo) consuma mediamente durante la propria esistenza, dobbiamo ragionare in unità di misura di grosso “taglio”. Se, per esempio consideriamo la carne, abbiamo un consumo medio di circa quattro bovini interi, ventuno pecore, millecinquecento polli e quindici maiali. Per frutta ci “mangiamo” a testa quasi seimila mele; come verdura diecimila
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carote, in più tremila uova e ben due tonnellate e mezzo di pane. E che dire poi della pasta il cui consumo pro-capite si aggira attorno alle due tonnellate (con un picco, naturalmente, per gli Italiani). La “musica” non cambia se consideriamo altri generi di consumo, come l’acqua che si attesta attorno al mezzo milione di litri, le settecento saponette, le duecento confezioni di shampoo o le trecento di deodorante… e ancora, quasi seicento chili di detersivo per lavatrice, trecento dentifrici ecc. Ma poi, uno per l’altro, cambiamo anche otto automobili, con le quali percorriamo oltre settecentomila chilometri, tre lavastoviglie, tre lavatrici, cinque televisori, quindici PC, ecc. Una tal quantità di consumi causa, naturalmente, una produzione di rifiuti pazzesca: ben quaranta tonnellate di “monnezza” per ognuno, comprensivi di tre tonnellate di “scarti” corporei, la produzione di trecento metri cubi di spazzatura non compattata e l’immissione in atmosfera di una quantità enorme di ossido di carbonio, derivato anche dal consumo di circa centotrenta tonnellate di carburante per auto. Se pensiamo che anche solo per eliminare completamente i residui inquinanti prodotti dall’utilizzo di una semplice confezione di bagno schiuma ci voglio-
no ben ottant’anni e che per “sciogliere” completamente una bottiglia di plastica oltre trecento, non v’è dubbio che uno dei più importanti problemi del futuro sarà quello dello smaltimento dei rifiuti. Ma cosa c’entra tutto questo con un Organo periferico della Pubblica Amministrazione, per di più militare? C’entra eccome, perché enormi sono anche i suoi consumi, che vanno a sommarsi in larga parte a quelli delle singole persone... “Ma lo Stato è lo Stato, eppoi noi abbiamo le stellette!...” diranno i più accaniti detrattori. Allora apriamo subito una parentesi; a parte il fatto che abbiamo la fortuna di vivere in un periodo di pace (quantomeno in casa nostra) e che quindi non dobbiamo lottare per la sopravvivenza, è necessario prestare attenzione alla questione proprio approfittando di questo, adottando prassi lavorative virtuose per quanto concerne la difesa dell’ambiente. Peraltro, credo si debbano prima o poi fissare “regole di ingaggio” Internazionali anche per non inquinare troppo nei conflitti, in quanto è proprio durante le guerre che avvengono i peggiori danni all’ambiente ad opera dell’uomo; dopo ogni scontro armato le ferite alla natura sono immense ed eliminare i danni ambientali (comunemente definiti effetti
componente aerea e sott’acqua mediante Gruppi di sommozzatori. I compiti sono di soccorso, polizia giudiziaria, lotta al narcotraffico, antimmigrazione clandestina, tutela dei beni archeologici marini, controllo delle coste e del demanio, protezione civile, lotta alle ecomafie ed agli inquinamenti, funzioni amministrative e quant’altro. Per fare tutto questo, vengono utilizzate motovedette iscritte nel naviglio militare dello Stato (foto), alcune di grandi dimensioni come la serie ‘900 “Saettia” o ‘400, altre più piccole come le serie ‘300 ‘200, 500 e 600, autovetture ed aerei del tipo Piaggio “P166” (foto), “ATR 42”, ma anche elicotteri Agusta “BELL 412” (foto), strutture e comprensori, uffici,
banchine e caserme. L’Organizzazione funzionale è articolata in un Comando Generale, Direzioni di Zona Marittima (Regionali), Compartimenti marittimi, Circondari marittimi, Squadriglie navali, Nuclei aerei ed una miriade di Uffici (circa 300), definiti “minori”, presso i piccoli porti e spiagge. Il Corpo delle Capitanerie di Porto/ Guardia Costiera, facente parte della Forza Armata Marina, è uno dei Corpi Armati dello Stato più sensibili nel campo della tutela ambientale, per la dipendenza funzionale e la presenza stessa all’interno del Ministero dell’Ambiente (presso il quale ha il Reparto Ambientale Marino), ma soprattutto per la decennale attività di controllo
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bellici collaterali) si presenta estremamente complesso per tutta una serie di fattori, quali la possibile presenza di ordigni inesplosi, di sacche di guerriglia, di residui di vario genere ecc. e quindi è tanto rischioso quanto costoso. In tali contesti, la Guardia Costiera, ha partecipato, sulla base di apposito accordo bilaterale, alle operazioni di monitoraggio e disinquinamento delle aree marittime interessate dall’ultimo conflitto armato in terra Libanese, avvalendosi soprattutto dei modernissimi sistemi per il telerilevamento “ATM ENHANCED” e “SLAR” , installati sui mezzi aerei ATR “42” in dotazione (foto). L’operazione di bonifica era, in un certo qual modo, dovuta, anche per confermare l’impegno a suo tempo assunto nell’ambito di un’Organizzazione Internazionale operante nel Mediterraneo, denominata REMPEC. Tale Organismo (Regional Maritime Pollution Emergency Reponce Centre for the Mediterranean Sea) è un’Agenzia tecnica del International Maritime Organization (IMO), con sede a Malta, istituita nel 1976 per fornire assistenza agli stati costieri del Mediterraneo per l’implementazione dell’Emergency protocol (per la cooperazione nel combattere l’inquinamento da oli ed altre sostanze nocive in casi di emergenza), nell’ambito della ben nota Convenzione di Barcellona. Come si può ben vedere, compiti militari e civili per il Corpo delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera si intrecciano, in quanto lo stesso fa parte integrante, sì, della Forza Armata Marina, ma espleta anche una gran quantità di compiti Istituzionali di natura civile. Funzionalmente il Corpo dipende da vari Dicasteri fra i quali, appunto, la Difesa, ma anche dai Ministeri Infrastrutture e Trasporti, Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, Politiche Agricole, Beni Culturali, Dipartimento della Protezione Civile e Interni. Per intenderci, è un’Organizzazione civile e militare allo stesso tempo, fatta di oltre trecentocinquanta Sedi ed undicimila uomini, che operano indistintamente in superficie con le proprie Unità navali, nell’aria con una propria
nel settore sulle navi, nell’ambito dei porti e sul demanio marittimo. I dati statistici parlano chiaro! La Guardia Costiera si colloca sempre al primo posto in Europa nel numero di controlli ambientali alle navi: migliaia e migliaia di ore di moto sono impiegate nella vigilanza antinquinamento; migliaia di chilometri percorsi (anche a piedi) per controllare gli scarichi a mare e l’abusivismo; innumerevoli infrazioni riscontrate, navi e beni sequestrati; soprattutto, una continua attività preventiva effettuata ovunque, presso le Istituzioni, Scuole, Convegni e tramite i mass-media. La prima grande Sede di Zona del Corpo, partendo dal confine Francese, è la Direzione Marittima della Liguria, con sede a Genova, allo stesso tempo sede di Compartimento marittimo, di Circondario e di “semplice” Capitaneria di Porto. Ho virgolettato il “semplice” perché in realtà la Capitaneria di Porto/Guardia Costiera di Genova è la più grande come dimensioni, preposta al più grande porto nazionale e composta da molti Distaccamenti, nella cui giurisdizione vi sono un Aeroporto Internazionale e una Zona marina protetta denominata “Santuario dei cetacei”. Inoltre, la stessa Sede svolge funzio-
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ni di 1° MRSC (Marittime Rescue Sub Center) nell’apposita torre di controllo, Autorità marittima (da non confondere con l’Autorità portuale) e presidio territoriale della Marina militare sotto la dipendenza gerarchica dello Stato Maggiore Marina e del Dipartimento militare marittimo dell’Alto Tirreno, con sede a La Spezia. Si può dire, in attesa di una ormai prossima riorganizzazione funzionale, che il Comandante della Capitaneria di Porto di Genova, attualmente l’Ammiraglio Ispettore Ferdinando Lolli, sia allo stesso tempo Comandante della Capitaneria di Porto/Guardia Costiera di Genova con giurisdizione sul porto della città,
Capo del relativo Circondario marittimo con giurisdizione estesa alla zona costiera di Arenzano e Camogli, Capo del Compartimento per una giurisdizione pressappoco Provinciale e Direttore Marittimo per tutta la Regione Liguria. Per tutti questi fattori ed in linea con le specifiche disposizioni a suo tempo emanate dallo Stato Maggiore della Difesa, l’allora Comandante del Porto di Genova ed oggi Comandante Generale del Corpo, l’Ammiraglio Ispettore Capo Raimondo Pollastrini con lungimiranza strategica ed in considerazione del ruolo e delle responsabilità amministrative attribuite quale Titolare di un Organo periferico di un ramo della Pubblica Amministrazione incaricato di gestire la fascia costiera, il porto ed il mare, nell’anno 2002 decise di implementare presso il proprio Comando un “Sistema” gestionale che si occupasse di regolamentare, nel complesso, gli impatti e gli aspetti ambientali derivati dalle attività Istituzionali espletate. Ed il modello di riferimento prescelto fu, appunto, quello indicato dai superiori Comandi militari di diretta dipendenza funzionale, rappresentati dalla Stato Maggiore Difesa (SMD) e precisamente quello di cui alla Norma UNI EN ISO 14001. Le Norme ISO (International Standard Organization) come noto, sono norme
zione delle Leggi e adeguamento delle strutture, ed in particolare per la Difesa, essendo l’impatto ambientale del settore militare, anche in tempo di pace, di gran lunga superiore a quello di altre Amministrazioni, per la qualità di armi e mezzi in dotazione e per le attività di tipo industriale esercitate. Per quanto sopra, da parte dello stesso Stato Maggiore, venne data per acquisita la necessità di realizzare presso ciascuna realtà lavorativa un idoneo Sistema di Gestione Ambientale, avendo maturato la convinzione che l’adozione del “format ISO 14001” prescelto, rappresentasse il modo migliore per mantenere un adeguato livello di prontezza operativa e per assicurare o facilitare la interoperabilità delle Forze Armate anche nell’ambito dei Paesi NATO. La scelta dello standard ISO 14001, peraltro, fu consigliata all’Amministrazione Difesa Italiana da parte di apposito gruppo di lavoro operante sotto il Comitato NATO/CCMS (Nato’s Committee on the Challenges of the Modern Society) che condusse uno studio pilota per condividere esperienze e conoscenze nell’attuazione di un EMS/SGA. Le conclusioni furono che la scelta della Norma ISO 14001 fosse da prescegliere perché prevedeva il modello di “formattazione” più recente, era l’unico standard riconosciuto in tutto il mondo (compresa l’UE nell’ambito del proprio EMAS) e poteva essere facilmente aggiunto ed integrato da altri standards, quali quello di qualità di cui all’ISO 9000, già normalmente utilizzato dalle Forze NATO per la gestione della qualità. L’orientamento del Ministero della Difesa, pertanto, non poteva che essere conforme alle indicazioni del gruppo di lavoro NATO, per realizzare un SGA efficace ad abbattere l’impatto ambientale prodotto dalle proprie varie componenti Istituzionali ed essere in grado di evitare sprechi di risorse finanziarie ed umane. Alla luce di tutto ciò, per la Capitaneria di Porto di Genova il Sistema di cui sopra parve essere proprio la “carta vincente” per ridurre gli impatti ambientali, assicurare l’osservanza di regolamenti e
leggi sull’ambiente, ridurre i costi con sensibile risparmio di risorse, diminuire i rischi ambientali imprevisti, sensibilizzare le persone coinvolgendo attivamente il personale nella gestione dell’ambiente, sviluppare nuove specializzazioni e professionalità, ma soprattutto aumentare l’affidabilità e il prestigio dell’Amministrazione. Per prima cosa fu costituito un gruppo di lavoro che si occupasse di studiare la Norma per l’implementazione del Sistema di Gestione Ambientale, individuando le attività o sottoattività di interesse tramite la cosiddetta valutazione ambientale iniziale. Successivamente, furono allineati i requisiti di sistema alle Leggi ed ai Regolamenti vigenti ed individuati gli aspetti ambientali da considerare, nonchè gli impatti ambientali, identificando quelli più significativi. Sulla base di ciò fu redatta una dichiarazione di politica ambientale e vennero fissati gli obiettivi e traguardi ambientali nell’ambito della suddetta politica, elaborando un crono programma relativo. Per quanto riguarda la struttura del Sistema di Gestione, furono definite le responsabilità e le relative risorse, messe a punto attività didattiche di informazione, formazione ed addestramento per assicurare un giusto livello di conoscenza e professionalità da parte del personale impegnato direttamente o indirettamente al funzionamento del Sistema, fu elaborato un Manuale ambientale con relativa documentazione (procedure, istruzioni operative, modelli ecc.), stabilita una metodologia per il controllo operativo e la verifica dell’efficacia del Sistema, e, infine, curato l’aggiornamento continuo del tutto. Il meccanismo del Sistema è del tipo “spiraliforme” (spirale di Jurin), comprendente cinque distinte fasi (figura pagina seguente) per gestire in maniera dinamica ed ottenere il miglioramento continuo delle performance dell’Organizzazione e precisamente: Riesame Ambientale Preliminare e Politica ambientale, Pianificazione, Attuazione e funzionamento, Controllo e azioni correttive, Riesame della direzione.
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volontarie emanate da un’Organizzazione non Governativa, nate proprio negli ambienti militari e perfezionatasi nel dopoguerra in contesti civili per unificare e coordinare tipologie costruttive industriali, che definiscono “linee guida” di qualità di prodotti o servizi, estremamente pratiche e versatili, che ben si adattano a qualsiasi contesto lavorativo ivi compreso, naturalmente, quello militare. Per dare, a sua volta, impulso all’attività nel campo della tutela ambientale, lo Stato Maggiore della Marina costituì una propria struttura organizzativa che si occupasse dell’articolata materia ed approvò una politica ambientale tale da riconoscere l’ambiente come bene principale ed assoluto ai sensi degli artt. 2, 9 e 32 della Costituzione e delle Direttive Comunitarie. Con una serie di disposizioni interne stabilì, poi, regole finalizzate all’implementazione di Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) presso i propri Comandi, atti a disciplinare, in qualità, attività quali il controllo delle acque di scarico (navi, strutture, basi, ecc.), il trattamento delle acque potabili, la verifica delle immissioni di prodotti gassosi in aria (caldaie, motori, ecc), la gestione del sottosuolo (serbatoi interrati, siti inquinanti o potenzialmente inquinanti), la gestione di idrocarburi (carburanti, acque di sentina delle navi, oli, ecc), il monitoraggio di materiali contenenti amianto e lo smaltimento di prodotti inquinanti. Alla base di tutto fu, da subito, posto il sistema corretto EMS (Environmental Management System) - SGA di cui alla Norma UNI EN ISO 14001, per la gestione della qualità già da tempo collaudato dall’industria, nell’intento di aiutare gli Enti a gestire le proprie attività in modo da contribuire alla protezione dell’ambiente che ci circonda ed alla prevenzione dall’inquinamento. Il principio fu riconosciuto perfettamente valido per le Amministrazioni dello Stato in quanto, proprio in funzione del ruolo Istituzionale assegnato, per prime avrebbero dovuto dare l’esempio, ponendo in atto politiche ambientali e di sicurezza a garanzia dell’applica-
Riesame Ambientale Preliminare e politica ambientale: Il Riesame Ambientale Preliminare (RAP) costituisce un elemento fondamentale nell’organizzazione e implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale; il vero e proprio punto di partenza e riferimento della “Dichiarazione di politica della Direzione per l’ambiente”, che definisce gli obiettivi da perseguire per il miglioramento delle prestazioni ambientali dell’Organizzazione. I risultati devono permettere di acquisire sia una completa conoscenza, approfondita e documentata, degli effetti ambientali connessi con l’attività eseguita nel Sito interessato, sia di individuare tra gli effetti ambientali, quelli più significativi su cui concentrare gli obiettivi di miglioramento delle prestazioni. Al riguardo, il Regolamento CEE 1836/93, noto come EMAS I, definiva l’analisi ambientale iniziale come “un’esauriente analisi iniziale dei problemi ambientali, degli effetti e dell’efficienza ambientali, relativi alle attività svolte nel Sito”. Va evidenziato che nella traduzione italiana del testo inglese del Regolamento venivano usati i termini “effetti” (dall’inglese aspects) ed “efficienza” (dall’inglese performance) che, in riferimento alla ISO 14050, sarebbe stato più opportuno tradurre rispettivamente in “aspetti” e “prestazioni”. Il nuovo Regolamento CEE n. 761/2001 che tratta, invece, l’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione ad audit, noto come EMAS II (figura), rileva principalmente il passaggio del concet-
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to di “sito” a quello di “organizzazione” con la conseguente estensione della registrazione EMAS anche ad entità diverse da quelle industriali. Importantissima è anche la maggiore integrazione con le Norme serie ISO 14000, prese come riferimento per l’attuazione del sistema di gestione ambientale richiesto dall’EMAS. Con tale riferimento, il Regolamento EMAS II acquista valenza internazionale (extra-europea), avendo assunto come parte “prescrittiva” l’intero testo della norma ISO. Il Riesame Ambientale Preliminare ha considerato, in buona sostanza, l’intera
gamma delle situazioni lavorative di bordo e di terra sulla base delle prescrizioni legislative e regolamentari applicabili, identificando gli aspetti ambientali correlati alle attività svolte, prodotti o servizi, in modo da determinare quelli che possono avere impatti ambientali significativi o implicare responsabilità. Inoltre, lo stesso elaborato ha valutato le prestazioni in rapporto a criteri interni pertinenti, Norme esterne, regolamenti, codici di buona pratica, princìpi e linee guida, ma anche prassi interne già esistenti e conformi. Ai fini del RAP sono state identificate le politiche e le procedure esistenti in materia di approvvigionamenti ed appalti, valutate le conoscenze derivate da indagini su precedenti incidenti o non conformità rilevate, tenendo conto dei punti di vista delle parti interessate (stakeholder), e individuate le funzioni o attività di altri sistemi organizzativi che potessero aiutare od ostacolare la prestazione ambientale globale. L’attività di RAP (richiamata nell’appendice A della Norma ISO 14001), pur non essendo richiesta esplicitamente, deve essere attuata per esperienza e buona pratica. È stato constatato, infatti, che la proget-
cio; gestione degli automezzi; logistica; gestione delle unità militari; contatti con l’utenza e con soggetti esterni che effettuano attività negli ambiti di competenza dell’Amministrazione, sulle quali si può esercitare una qualche azione di influenza (figura). Attraverso l’impiego di appositi diagrammi di flusso, queste attività sono state poi ricondotte nei rispettivi ambiti di interrelazione con l’ambiente circostante (aspetti ambientali), e precisamente le emissioni in aria, acqua e suolo, la produzione di rifiuti, il consumo di energia derivata da fonti non rinnovabili, il depauperamento delle risorse naturali, ecc. Sulla base di un criterio che tiene conto contestualmente di intensità, sensibilità ambientale, localizzazione, frequenza, visibilità e presenza di obblighi di legge, si è attribuito, poi, un valore di significatività ad ogni impatto ambientale e al di sopra di una determinata soglia è stato stabilito che gli stessi debbano essere controllati. Oltre tale limite gli stessi dovranno essere anche oggetto di obiettivi di miglioramento ai fini di una graduale riduzione (figura). La “Politica ambientale”, invece, è il punto di partenza del SGA vero e pro-
prio, che si deve articolare in una serie di regole e principi fondamentalmente documentati, adottati dall’Organizzazione per gestire le sue prestazioni ambientali. Tale dichiarazione di intenti, che costituisce l’impegno del Comando (Alta Direzione), viene sviluppata inizialmente dopo l’analisi preliminare ed aggiornata almeno una volta all’anno nell’ambito del riesame della Direzione anche in ragione di cambi verticistici, nuove Leggi e Regolamenti. La dichiarazione di politica, ai sensi della Norma ISO 14001, riguarda le performance ambientali, tuttavia nel caso un Comando volesse valutare quale obiettivo globale perseguibile, quello di realizzare un sistema integrato (ad es. “qualità-ambiente-sicurezza” di cui alle Norme ISO 9001 e OHSAS 18001), la dichiarazione di politica ambientale potrebbe essere compresa in un’unica dichiarazione mirata ai tre sistemi. Pianificazione: Una buona pianificazione è alla base di qualsiasi attività gestionale e senza di essa la programmazione delle attività si svolge in modo casuale, senza prevenzione e senza possibilità di effettuare
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tazione del sistema, la definizione degli obiettivi di miglioramento e l’applicazione dei concetti espressi nella Politica Ambientale, sono risultati più efficaci se preceduti da attenta analisi condotta secondo le regole sopraccitate. Tutto ciò ha permesso di individuare i cinque settori “chiave”, quali: cernita delle disposizioni legislative e regolamentari; identificazione degli aspetti ambientali importanti; descrizione di criteri secondo cui valutare l’importanza degli impatti ambientali; esame di tutte le pratiche e procedure gestionali esistenti in materia di ambiente; valutazione dell’insegnamento tratto da analisi ed incidenti precedenti. Detto processo, che può prevedere interviste, elenchi di controllo ed ispezioni, deve poter evidenziare gli aspetti ambientali impostati (diretti ed indiretti, positivi e negativi) associati alle varie attività espletate, quali le emissioni in aria, gli scarichi in acqua, la gestione dei rifiuti, la contaminazione del terreno, l’uso di materie prime e di risorse naturali, nonché altri aspetti locali legati all’ambiente ed alla collettività. Il tutto, naturalmente, in situazioni operative normali, di avviamento o arresto, con i possibili impatti significativi associati a situazioni reali, prevedibili o di emergenza. Successivamente si è passati al “nocciolo” del lavoro, focalizzando l’attenzione sugli aspetti ed impatti ambientali correlati alle attività svolte, suddivise per tipologia omogenea rispetto ai presumibili impatti sull’ambiente. Per la Capitaneria di Genova sono stati individuati 6 segmenti principali, a loro volta ulteriormente scomposti, costituiti da: attività d’uffi-
controlli efficaci ai processi produttivi. Al fine di poter effettuare la pianificazione, è necessario conoscere alla perfezione tutte le condizioni lavorative di riferimento, affinando la precedente valutazione sugli impatti ambientali in funzione soprattutto di una periodica revisione del sistema. Devono poi essere stabiliti i target e risultati ambientali da raggiungere, che necessitano di un crono-programma per la loro realizzazione. Fra gli obiettivi e traguardi ambientali più “visibili” per la Capitaneria di Porto/ Guardia Costiera di Genova, si fa cenno all’installazione di pannelli solari finalizzati all’utilizzo di fonti energetiche alternative per la produzione di acqua calda ed energia elettrica: i primi sono già presenti sulla terrazza di un distaccamento aeroportuale per il soccorso aeronavale presso l’aeroporto Cristoforo Colombo; mentre i secondi sono ormai di prossima installazione sulla sede principale, grazie anche ad un finanziamento Regionale. Attuazione e funzionamento: Per accrescere l’efficacia del Sistema di Gestione Ambientale si è reso necessario individuare, comunicare e documentare ruoli, responsabilità ed autorità nell’ambito organizzativo della Capitaneria di Porto interessata, ma anche destinare risorse specifiche per l’implementazione ed il controllo del “meccanismo”, in particolare quelle umane, opportunamente formate e competenti. È stata così definita una struttura gestionale interna che prevede un’Alta Direzione identificata nel Comando, un suo Rappresentante (RAD) ossia il Vice-Comandante, un Responsabile generale (RSGA), la Commissione ambientale (CA), un Auditor di sistema ed uno “staff”. Per il funzionamento del Sistema, poi, sono state predisposte apposite Procedure ed Istruzioni operative, come ad esempio per la comunicazione, la formazione, le manutenzioni, il controllo documentale, ecc. È stato necessario, inoltre, prevedere appositi strumenti per la misurazione delle cosiddette “performances” am-
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bientali, gli indicatori o strumenti di verifica, come ad esempio i controlli effettuati, il numero di miglia percorse, i chilometri, le misurazioni strumentali ed altro ancora. Controllo: Nella fase di controllo è stata definita una procedura specifica per sorvegliare costantemente le principali caratteristiche delle attività e delle operazioni che, sulla base dell’analisi “pianificatoria”, potrebbero aver impatto significativo sull’ambiente. Si tratta della procedura di audit, (dal latino “ascolto”), che prevede l’esecuzione di verifiche ispettive interne mediante personale opportunamente formato e ritenuto idoneo a tale scopo. Per evitare eventuali problemi di interrelazione, inoltre, è stata nominata una “Commissione ambientale” , presieduta dal più alto in grado dopo il Titolare dell’Ente e composta da tutte quelle persone in qualche modo coinvolte nella gestione del sistema. Fra le attribuzione della commissione ambientale, oltre alla predisposizione di quanto attiene gli atti oggetto di riesame, di cui si dirà in seguito, vi è anche la gestione delle non-conformità riscontrate in sede di verifica e controllo e la decisione sull’avvio di eventuali sanzioni a carico di responsabili con azioni di Follow-up. Riesame della Direzione: Il momento del riesame chiude un processo gestionale e nello stesso tempo lo ricomincia, con l’intento di ottenere un continuo miglioramento del sistema di gestione ambientale. Infatti, riesaminando i risultati della gestione ambientale di un dato periodo, si può “fasare” la politica e gli obiettivi ambientali per i periodi successivi. Naturalmente, per condurre in modo appropriato questa fase strategica è necessario avere a disposizione i dati e documenti significativi desumibili dalla documentazione ufficiale dell’Organizzazione, verificare lo stato di attuazione degli obiettivi, analizzare le necessità in termini di risorse, sanare eventuali mancanze (denominate
“Raccomandazioni o Non conformità”) rilevate dall’Organismo di verifica esterno, e quant’altro ritenuto opportuno a migliorare le performance ambientali dell’Organizzazione. Il riesame deve anche tener conto di eventuali novità salienti intervenute nel periodo interessato, quali aggiornamenti legislativi, nuove linee di attività, diverse sedi di servizio, l’evoluzione di mezzi a disposizione, variazioni di personale, ecc. Il momento del riesame, pertanto, ha particolare rilevanza ai fini del miglioramento continuo; uno degli scopi , ad esempio, è quello di individuare le occasioni per attuare miglioramenti, attraverso la valutazione delle prestazioni ambientali, rapportate alla propria politica ambientale ed ai propri obiettivi e traguardi. Documentazione di sistema La documentazione del Sistema comprende il Manuale ambientale, le Procedure, le istruzioni operative e la modulistica varia. Il Manuale altro non è che una descrizione del sistema, con le sue sedi, i suoi mezzi, le attività svolte e relativa documentazione, mentre le Procedure sono regole inerenti argomenti di interesse, quali la gestione delle emergenze, la formazione, la comunicazione, la gestione dei rifiuti ecc. Proprio quest’ultima, però merita un approfondimento, in quanto si occupa di gestire correttamente tutti gli “scarti”, prodotti sia a terra che a bordo, urbani e non, speciali o pericolosi. Tale procedura prevede l’analisi di tutti i prodotti che devono essere distinti e catalogati sulla base degli appositi Codici Europei “CER” ed essere inseriti nel cosiddetto “MUD”, ossia il modello unico annuale differenziato. L’elaborato prevede, inoltre, idonei punti di stoccaggio per oli, acque di sentina, batterie, ferro, legno, ma anche ritrovamenti effettuati in mare da parte delle motovedette. Questi ultimi sono un po’ una particolarità dell’attività delle unità navali e scaturiscono sia da recuperi veri e propri di relitti o oggetti vari, che da beni dissequestrati dall’A.G. privi di valore e divenuti inservibili.
gia costruttiva delle unità stesse e, in particolare, le navi militari più grandi che intendono sbarcare i rifiuti devono predisporre, all’arrivo nei porti, una situazione dei rifiuti di bordo che devono notificare per la prevista autorizzazione, mentre le unità navali più piccole non hanno obblighi del genere, ma devono comunque smaltire i rifiuti secondo le vigenti norme. Si precisa, tuttavia, che per disposizione interna tutte le dipendenti Unità navali non possono scaricare le acque reflue e di sentina nelle acque portuali entro le tre miglia dalla costa, similmente a quanto previsto per le imbarcazioni da diporto; una presa di posizione di coerenza comportamentale nei confronti della collettività, secondo i dettami della propria Politica ambientale e del relativo Sistema di Gestione Ambientale. Dopo l’implementazione del SGA, avvenuto nell’anno 2002, ed un “rodaggio” di circa due anni, nell’anno 2004 la Capitaneria di Porto di Genova/Guardia Costiera ha ottenuto la “Certificazione” del proprio Sistema di Gestione Ambientale conformemente alla Norma UNI EN ISO 14001 ad opera del RINA Spa, Ente Certificatore all’uopo accreditato dalla Comunità Internazionale. Successivamente, lo stesso Comando ha voluto nuovamente cimentarsi in una nuova “impresa”, predisponendo una apposita “Dichiarazione Ambientale” e chiedendo all’ISPRA (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Ricerca Ambientale), Organo tecnico del Ministero dell’Ambiente, la verifica della sussistenza dei requisiti di cui al Regolamento 761/2001- EMAS II, ai fini dell’inserimento dell’Ente negli appositi Albi Internazionali. Dopo un lungo iter procedurale, la sezione EMAS-Italia del Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit dello stesso Ente ha ufficializzato la “Registrazione” del Circondario Marittimo di Genova (Capitaneria e due Uffici Locali adiacenti) negli appositi Albi Internazionali, comunicando l’informazione alla Comunità Europea per il suo inserimento nella propria Gazzetta Ufficiale (GUCE). Si tratta di una nuova Certificazione (la
più importante perché Pubblica) che attesta il massimo livello di affidabilità di un Sistema di Gestione Ambientale, implementato ai sensi della Norma ISO 14001 riferita, nella fattispecie, al Circondario Marittimo di Genova (che è il livello organizzativo superiore alla Capitaneria), sempre per le importanti attività Istituzionali svolte, quali sono la tutela ambientale, la ricerca ed il soccorso, la sicurezza della navigazione, la security, la vigilanza sulla pesca marittima, l’attività di presidio territoriale della Marina militare con compiti di difesa costiera, nonché la gestione delle Unità navali e degli automezzi in dotazione. L’iniziativa si inquadra in un ben più ampio Programma Nazionale, sviluppato dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto, che mira a raggiungere, seppur attraverso un percorso graduale, un simile modello di sviluppo per tutti gli Uffici marittimi del Corpo mediante la “formalizzazione di tutte quelle attività del resto già individuate, che concretizzano quella sensibilità ambientale che quotidianamente il personale coltiva, assicura e diffonde con convinta professionalità”. Per concludere, si può affermare senza ombra di dubbio che il primo importante obiettivo sia stato brillantemente raggiunto, grazie soprattutto alla sensibilità ambientale posseduta dal personale del Corpo applicata alla “rotta” di Forza Armata e del Comando Generale del Corpo. L’esperienza, inoltre, ha permesso di constatare che per generare un cambiamento incisivo sulle performance ambientali di un’organizzazione non serve operare in maniera “impositiva” sui soggetti, ma occorre agire dall’Alto proprio con una “mission” d’insieme ed una strategia che permetta politiche locali da tutti condivise, nella speranza che ognuno lavori e presti attenzione a quello che fa grazie ad una motivazione e a un indirizzo forte e radicato.
XIII
D’ITALIA e D’EUROPA
Per quello che riguarda le Unità navali, inoltre, vale la pena di citare un’importante Norma, precisamente il Decreto del Ministro della Difesa emanato in data 19 marzo 2008, “Misure necessarie per il conferimento da parte delle navi militari da guerra ed ausiliarie, dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n.182”. Tale norma “sana” una vecchia deroga della direttiva comunitaria 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico, in particolare l’art.3 il quale, nell’escludere dall’ambito di applicazione le navi militari da guerra o ausiliarie, prevede che gli Stati membri adottino misure per assicurare che tali navi conferiscano i loro rifiuti e i residui del carico secondo le modalità coerenti con la direttiva stessa, nella misura del ragionevole e del praticabile. Peraltro, anche il D. Lgs. 182 del 2003, nell’escludere dall’ambito di applicazione le navi militari, da guerra e ausiliarie, prevedeva che il Ministro della Difesa stabilisse misure necessarie ad assicurare che le stesse conferissero, comunque, i loro scarti in conformità alla normativa vigente, pur tenendo conto delle specifiche prescrizioni tecniche previste per tali costruzioni e delle caratteristiche di ogni classe di unità. In base al Decreto Ministeriale recentemente emanato, i Comandi territoriali della Marina, per assicurare, in autonomia funzionale, il servizio di raccolta dei rifiuti di bordo delle navi militari in sosta presso le basi militari, sono stati obbligati ad adottare specifiche soluzioni tecniche, nel rispetto della normativa vigente, conforme al D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 ed al Regolamento CE n. 1774/2002. Le stesse istruzioni tecniche sono previste per il naviglio militare dell’Arma dei Carabinieri, delle Guardia di Finanza ed anche del Corpo delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera. Al di fuori delle basi militari, invece, il conferimento di quanto trattasi viene differenziato a seconda della tipolo-
Pubblicato sulla G.U. del 15 luglio 2009 il D.M. Ambiente di modifica del D. Lgs. n. 182/2003
Rifiuti portuali: Cambia la modulistica Con il ritardo di un solo mese rispetto ai tempi prefissati dalla Commissione UE (15 giugno 2009), è stata recepita nel nostro ordinamento la Direttiva 2007771/CE che reca modifiche all’Allegato II della Direttiva 2000/59/CE, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui di carico, trasposta nella disciplina nazionale con D. Lgs. n. 152 (Modulo di dichiarazione contenente le informazioni da notificare prima dell’entrata nel porto), anche per applicare le direttive della Circolare MEPC. 1/644 del 4 novembre 2008, approvata dal Comitato di Protezione dell’Ambiente marino dell’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale), che stabilisce un formato standard per il modello di notifica anticipata per i rifiuti da consegnare ad impianti di raccolta portuali. Si tratta di un format unico che risponde a requisiti di trasparenza e semplificazione, che ha per obiettivo l’intento di raccogliere informazioni aggiuntive per quanto riguarda i quantitativi dei rifiuti annoverati negli allegati II e VI della Convenzione Internazionale sulla prevenzione dell’inquinamento causato dalle navi (MARPOL 73/78) che, peraltro, sono le stesse richieste dalla Direttiva 2007/71/CE.
ALLEGATO
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Ci sembra doveroso sottolineare che il recepimento tempestivo della modulistica, prevista dalla sopracitata Direttiva, è ben poca cosa rispetto alla mancata implementazione degli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi. Per tale inadempienza la Commissione europea il 3 luglio 2009 ha deciso di rivolgersi alla corte europea di Giustizia contro l’Italia, dopo che le precedenti procedure erano rimaste inevase perché non ci si è adeguatamente conformati all’obbligo di elaborare, approvare ed applicare piani di raccolta e di gestione dei rifiuti in tuti i porti di pesca e i porti turistici- si legge nella nota della Commissione UE- Tali piani sono un elemento chiave di una strategia intesa ad assicurare che siano messi a disposizione impianti portuali di raccolta adeguati a rispondere alle esigenze delle navi che utilizzano normalmente il porto senza causare ingiustificati ritardi alle navi e che le tariffe applicate siano eque, trasparenti e non discriminatorie. La nota, si conclude, rammentando che gli Stati membri avrebbero dovuto elaborare ed applicare i piani di raccolta e di gestione dei rifiuti in tutti i loro porti entro il 27 dicembre 2002.
Altro (specificare) Residui del carico (2) (specificare)
MARPOL Allegato II – Sostanze Liquide Nocive – (m3)/nome Sostanza di categoria X Sostanza di categoria Y Sostanza di categoria Z Altre Sostanze Residui del carico (2) MARPOL Allegato IV – Acque di scarico Acque di scarico (1) MARPOL Allegato V – Rifiuti Rifiuti Alimentari Plastica Rifiuti associati al carico (2) (accessori di trattenuta e copertura del carico, materiali da imballaggio, ecc.) Prodotti di carta macinati, stracci, vetri, metalli, bottiglie, stoviglie, ecc Ceneri di incenerimento
D’ITALIA e D’EUROPA
Altri rifiuti (specificare) Residui del carico (2) (specificare)
MARPOL Allegato VI – Inquinamento dell’aria Sostanze distruttive dell’Ozono e apparecchiature contenenti tali sostanze Residui di pulizia di gas di scarico (1) Le acque di scarico possono essere scaricate in mare conformemente alla regola 11 dell’allegato IV del protocollo Marpol 73/78. Le caselle corrispondenti non devono essere contrassegnate se si intende effettuare uno scarico autorizzato. (2) Può trattasi di stime
Note: 1. Tali informazioni possono essere usate per i controlli degli Stati di approdo e per altri scopi connessi con le ispezioni. 2. La presente notifica deve essere trasmessa all’Autorità Marittima del porto di approdo. 3. Il presente modulo deve essere compilato in ogni sua parte, salvo nel caso in cui la nave sia esentata a norma dell'articolo 9 della direttiva 2000/59/CE.
Confermo — che le informazioni riportate nella presente notifica sono accurate e corrette e — che a bordo vi è una capacità dedicata sufficiente per stoccare tutti i rifiuti prodotti tra il momento della notifica ed il successivo porto in cui saranno conferiti i rifiuti Data ........................................................................... Ora .............................................................................
Firma…………………..................................................
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D’ITALIA e D’EUROPA
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N째
AGOSTO-SETTEMBRE 2009
In copertina: Canyon Orta (foto Fernando Di Fabrizio) retro copertina: Farfalla (foto di Alessandro Di Federico)
INDICE ISTITUZIONI La Regione rilancia la collaborazione con il CONAI Rifiuti: rinnovato l’accordo Regione-CONAI Migliorare quantità e qualità della Raccolta Differenziata è lo scopo del nuovo accordo che spinge l’Abruzzo verso la crescita del riciclo di Roberto Paoloni p. 4 NEWS Smaltimento rifiuti urbani Contro l’emergenza, al via l’accordo Abruzzo-Molise di Silvia Barchiesi p.
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La Regione Abruzzo contro il rischio amianto Dalla Regione proposte per difendersi dai pericoli derivanti dall’amianto In arrivo anche contributi a fondo perduto per Comuni e soggetti privati alle prese con la rimozione e lo smaltimento di rifiuti e materiali contenenti amianto di Silvia Barchiesi
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Siglato un protocollo d’intesa tra Regione Abruzzo, Arcoconsumatori e aziende di distribuzione commerciale per la riduzione, il recupero e il riuso dei rifiuti Meno rifiuti a partire dalla spesa: al via “ecospesa” ! Promuovere nuove pratiche di acquisto ecologiche e consumi più sostenibili è lo scopo del progetto avviato in via sperimentale per ridurre la produzione di rifiuti di Silvia Barchiesi p.
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Approvato il regolamento per la gestione di stazioni ecologiche e centri di raccolta Con l’Ecocard previste anche agevolazioni fiscali per i cittadini che avvieranno a riciclo i rifiuti di Alberto Piastrellini
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Per insegnare a “sprecare di meno e riciclare di più” la Regione Abruzzo lancia il volontariato ecologico sulla raccolta differenziata e il riciclo In arrivo la rete degli amici del riciclo Informazione, educazione e promozione ambientale. Queste le attività dei volontari di Alberto Piastrellini
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DECO spa Come valorizzare la frazione residua degli RSU Nel comune di Chieti un innovativo impianto di trattamento meccanico biologico (TMB) a cura di Mirco D’Amico
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GRUPPO MAIO Fare impresa con l’ambiente: conoscenza, innovazione, condivisione, responsabilità Ma anche aperture esterne per veicolare valori e princìpi a cura di Area Comunicazione - Gruppo MAIO p.
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ISTITUZIONI
La Regione rilancia la collaborazione con il CONAI
RIFIUTI: RINNOVATO L’ACCORDO REGIONE-CONAI Migliorare quantità e qualità della Raccolta Differenziata è lo scopo del nuovo accordo che spinge l’Abruzzo verso la crescita del riciclo di Roberto Paoloni
Daniela Stati, Assessore regionale all’Ambiente
Migliora la raccolta differenziata in Abruzzo. Lo dimostrano i dati che dal 2007 al 2008 registrano un’impennata della raccolta e dell’avvio al recupero dei rifiuti di imballaggio. Con un totale di 44.402 tonnellate di imballaggi recuperati, la Regione Abruzzo chiude infatti il bilancio della raccolta differenziata con un + 18,39% rispetto all’anno precedente. Seppur incoraggianti, i dati del 2008 non bastano. “È necessario - afferma l’Assessore regionale all’Ambiente Daniela Stati- che la Regione Abruzzo faccia un salto di qualità sulla raccolta differenziata. Per raggiungere gli obiettivi di legge c’è bisogno di un maggior impegno da parte di tutte le istituzioni e degli operatori coinvolti”. Di qui la necessità di rinnovare l’Accordo già sottoscritto nel 2006 con il CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) finalizzato all’ottimizzazione del recupero e riciclo dei rifiuti di imballaggio provenienti dalla raccolta differenziata. I buoni risultati conseguiti fino ad oggi, grazie all’accordo, non sono tuttavia sufficienti. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, la media nazionale del 26% è per l’Abruzzo un obiettivo ancora da raggiungere, anche se permangono forti differenze nei quantitativi di imballaggi raccolti e conferiti al sistema consortile, con il Nord che si attesta su 84 Kg/ab, il Centro su 51 Kg/ ab e il Sud su 31 Kg/ab. Occorre differenziare di più. E meglio. Nasce da questa esigenza il rinnovo del Protocollo d’Intesa, della durata di tre anni (2009-2012), siglato tra Regione Abruzzo e CONAI che “spinge” verso un miglioramento qualitativo, oltre che quantitativo della raccolta differenziata. Obiettivo dell’accordo è infatti quello di promuovere e incentivare la diffusione di modelli organizzativi della raccolta differenziata, al fine di garantire uno standard qualitativo più elevato, secondo modalità il più possibile funzionali al riciclo, in grado
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di contenere i costi, ottimizzare le rese della raccolta stessa ed evitare di mandare in discarica il materiale raccolto. Per poter riciclare di più e meglio è dunque fondamentale la corretta separazione domestica dei rifiuti. Grazie all’Accordo questo “salto di qualità” sarà finalmente possibile. É quanto ha ribadito l’Assessore Daniela Stati nel corso della conferenza stampa di presentazione del Protocollo d’Intesa: “L’Accordo Regione Abruzzo- CONAI rappresenta un valido strumento per sperimentare e attuare azioni innovative sul nostro territorio e per garantire il massimo recupero alle frazioni merceologiche di rifiuti raccolti con sistemi differenziati”. Sono due in particolare gli obiettivi a cui mira l’Accordo: - incrementare i livelli di raccolta differenziata di imballaggi e di rifiuti di imballaggio perseguendo le percentuali stabilite dalla normativa nazionale e regionale in vigore; - promuovere, attraverso l’implementazione di specifiche azioni che coinvolgano i diversi attori locali e la sottoscrizione di eventuali accordi volontari, sistemi di raccolta differenziata volti a migliorare la qualità dei servizi e il conseguente avvio a riciclo dei materiali. Puntare a una maggiore qualità, sostenendo la crescita del riciclo. È questo in sintesi lo scopo del nuovo accordo che “spinge” verso il miglioramento qualitativo della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio. È quanto ha sottolineato lo stesso vice- Direttore del CONAI Walter Falciotto: “Siamo soddisfatti dell’attività svolta insieme alla Regione Abruzzo - ha dichiarato Falciotto- per questo abbiamo deciso di rinnovare l’impegno, per favorire al massimo la destinazione dei rifiuti di imballaggio a risorsa recuperabile attraverso il riciclo. Nell’abito di questa intesa, infatti, CONAI rappresenta la garanzia che tutti i rifiuti di imballaggio (acciaio, alluminio, carta, plastica, legno e vetro) provenienti dalla raccolta differenziata vengano effettivamente avviati a realtà industriali in grado di trasformarli in materia prima seconda utilizzabile in nuovi cicli produttivi”. Maggiori garanzie per la raccolta differenziata e per l’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio: è quanto prevede l’Accordo ed è quanto Regione e CONAI si impegnano ad offrire grazie ai seguenti strumenti e alle seguenti azioni: - analisi dei fllussi dei rifiuti (attività di monitoraggio delle quantità effettive di imballaggi presenti nei diversi flussi di rifiuti, sia nella raccolta differenziata e CDR, sia nel rifiuto indifferenziato destinato allo smaltimento in discarica); - analisi delle piattaforme e delle stazioni ecologiche (incremento della quantità, ma soprattutto della qualità dei materiali conferiti, attraverso un’analisi dei punti di debolezza dei convenzionamenti delle piattaforme ecologiche e delle stazioni ecologiche); - ecofiscalità (attuazione del sistema ECOCARD, un sistema di premialità per i cittadini virtuosi che incentiva alle
Italia Macro area geografica SUD SUD SUD SUD
Regione
Abruzzo Abruzzo Abruzzo Abruzzo Totale Abruzzo
Prov.
Acciaio
Alluminio
Carta
Legno
Plastica
Vetro
Totale
Imballaggi
Imballaggi
Imballaggi
Imballaggi
Imballaggi
Imballaggi
Imballaggi
AQ CH PE TE
83 348 669 178 1.278
2 7 19 4 32
4.061 6.882 5.982 5.515 22.441
113 283 139 758 1.293
1.863 980 1.955 2.519 7.316
2.435 4.543 2.796 2.267 12.041
8.557 13.043 11.561 11.241 44.402
Anno 2008 al 31 dicembre, dati espressi in tonnellate Italia Macro Area Regione geografica SUD Abruzzo SUD Abruzzo SUD Abruzzo SUD Abruzzo Totale Abruzzo
Acciaio
Alluminio
Prov
Totale
Totale
AQ CH PE TE
5.231 21.993 42.296 11.250 80.771
0 6.273 1.959 6.078 14.310
Carta
Legno
Plastica
Vetro Totale
Congiunta
Selettiva
Totale
Totale
Totale
104.385 166.645 157.883 14.250 569.163
269.140 454.175 344.326 313.114 1.380.755
373.524 620.820 502.209 453.365 1.949.918
1.037 3.399 1.707 9.250 15.393
470.816 247.637 494.106 636.593 1.849.152
20.015 139.555 0 139.476 299.045
Totale corrispettivi 870.623 1.039.678 1.042.277 1.256.013 4.208.590
Sintesi dei corrispettivi economici erogati dal sistema CONAI-Consorzi
buone pratiche ambientali che introduce un meccanismo di fiscalità ecologica). Grazie all’ECOCARD, una sorta di carta magnetica su cui saranno registrati dei punti ecologici assegnati in base alla quantità/qualità dei rifiuti riciclabili conferiti sarà infatti possibile “guadagnare” uno sconto sulla tassa o tariffa. L’ammontare dello “sconto” varierà in funzione della quantità di rifiuti conferiti in una delle 4 stazioni ecologiche, (una per Provincia), che la Regione ha in programma di realizzare. Grazie alla collaborazione con il CONAI, la Regione Abruzzo sperimenterà dunque un nuovo meccanismo di fiscalità ecologica, volto a premiare quei cittadini virtuosi che, con la loro collaborazione, inseriranno il rifiuto nel circolo del riciclaggio, permettendo il raggiungimento di grandi risultati nella raccolta dei rifiuti e in materia di tutela dell’ambiente. Incentivare la raccolta differenziata, promuoverne l’ottimizzazione e sostenere il riciclo sono dunque le priorità della Regione e dell’Accordo silgato con il CONAI. Ma non solo. Oltre ad offrire maggiore garanzie per la raccolta differenziata, l’Accordo è in grado di offrire anche alrti tipi di garanzie, non solo garanzie “ecologiche” dunque, ma anche “garanzie “economiche”. “La garanzia dei corrispettivi- sottolinea Walter Falciotto- è un’altra garanzia fondamentale che possiamo offrire ai Comuni. É importante, specie in questo momento di crisicontinua Falciotto- garantire ai Comuni la certezza del ritiro di tutti gli imballaggi e la corresponsione dei corrispettivi”. Ai Comuni che sottoscrivono le Convenzioni, infatti, viene riconosciuto e garantito nel tempo un corrispettivo economico per i rifiuti di imballaggio raccolti e conferiti al sistema consortile che ne garantisce l’avvio al riciclo. Sulla base dell’Accordo nazionale ANCI-CONAI, i Comuni abruzzesi convenzionati, alla luce dei risultati raggiunti nella raccolta differenziata, hanno ricevuto dal Sistema CONAIConsorzi, 4.208.590 euro di cui: - 870.623 euro sono stati distribuiti nella provincia de L’Aquila; - 1.039.678 euro in quella di Chieti; - 1.042.277 in quella di Pescara; - 1.256.013 in quella di Teramo. Sono questi, in soldoni, i frutti della raccolta differenziata
in Abruzzo, numeri incoraggianti, ma di certo insufficienti perché l’Abruzzo possa rientrare nell’Olimpo delle regioni virtuose in materia di raccolta diferenziata. Occorre lavorare di più in questo senso. E non solo nella direzione della quantità della raccolta, ma anche nella qualità. “Sull’onda dell’emergenza rifiuti a Napoli, abbiamo registrato una sorta di Effetto Campania anche in Abruzzo- commenta Walter Falciotto, vice- Direttore del CONAI- Abbiamo cioè assistito ad un’impennata della raccolta differenziata e ad un incremento dei quantitativi raccolti. Ma ora bisogna fare un salto di qualità, incrementando non solo la quantità, ma anche la qualità del materiale raccolto. Occorre prestare attenzione anche alla qualità dell’imballaggio e parallelamente occorre far capire ai cittadini-utenti che la raccolta differenziata non è un optional, ma un obbligo”. “Bisogna che prenda piede un nuovo modo di pensare i rifiuti - aggiunge l’Assessore all’Ambiente Daniela Stati. “In questo senso diventa fondamentale partire dalla formazione dei cosiddetti ‘cittadini del domani’ che devono essere educati alle buone pratiche ambientali e procedere con la capillare sensibilizzazione della cittadinanza”. Per questo motivo, ad ulteriore supporto dell’iniziativa verranno infatti sviluppate campagne di comunicazione, informazione e di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, attività di promozione del mercato dei prodotti riciclati e di prevenzione nella produzione dei rifiuti. Informazione ed educazione sono punti di partenza fondamentali perchè l’accordo siglato con il CONAI possa decollare e dare presto i suoi frutti. “Abbiamo già instaurato un rapporto di proficua collaborazione con la Regione Abruzzo, oltre che con i Comuni abruzzesi. Sono state riscontrare alcune difficoltà a causa del terremoto, ma i risultati positivi ottenuti nel 2008, ovvero l’aumento della raccolta differenziata al 19%, lasciano ben sperare”. Di qui la necessità di un impegno congiunto tra gli Enti e le Istituzioni coinvolte e l’Accordo tra Regione e CONAI costituisce un altro passo verso gli obiettivi fissati dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti.
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NEWS
Smaltimento rifiuti urbani
CONTRO L’EMERGENZA, AL VIA L’ACCORDO ABRUZZO-MOLISE di Silvia Barchiesi
Un milione e mezzo di metri cubi di immondizia. È quanto ancora sono in grado di accogliere le discariche abruzzesi. A breve alcune discariche saranno colme. Nella mappa delle discariche abruzzesi, dove la situazione cambia da provincia a provincia, le criticità più evidenti sono a Teramo e a L’Aquila. Considerata la produzione annuale di rifiuti, la volumetria residua è quasi al limite a L’Aquila, dove si stima di non arrivare a dicembre 2010, mentre è ormai off limits a Teramo dove è già “emergenza smaltimento rifiuti”. I passi in avanti compiuti dall’Amministrazione regionale in materia di raccolta differenziata, che attualmente supera di molto la media nazionale e gli ambiziosi traguardi raggiunti nella riduzione della produzione di rifiuti, non bastano ad arginare l’emergenza. Nelle due provincie abruzzesi, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le criticità permangono. Eppure i progetti per ampliare le discariche già esistenti e per aprirne di nuove, evitando così il collasso, nel teramano ci sono. Si tratta di progetti fattibili, ma ancora sulla carta. Perché vengano realizzati occorrerà almeno 6 mesi. Tra questi c’è il progetto di ampliamento della discarica, sita in località “S. Lucia” di Atri (TE) per una volumetria di 90.000 mc, per la quale sono state avviate le procedure di appalto dei relativi lavori di costruzione. Sono invece in fase di esame, di autorizzazione e di inizio lavori: • l’impianto di smaltimento e trattamento rifiuti nella “Zona industriale Villa Pavone di S..Nicolò” a Teramo con una potenzialità di circa 130.000 t/a; • la discarica per rifiuti non pericolosi (485.000 mc) in località “Casette di Grasciano” a Notaresco; • la discarica per rifiuti non pericolosi (260.000 mc), in località “Salino”, nel Comune di Tortoreto. Seppur tali progetti siano realizzabili in tempi brevi, per il ripristino dell’autosufficienza nello smaltimento dei
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rifiuti, il teramano dovrà attendere alcuni mesi. Di fronte alla saturazione degli impianti, i disagi sono sempre più evidenti: le imprese sono addirittura costrette ad esportare i propri rifiuti in altre regioni con notevoli aggravi di costi, finanziari ed amministrativi. Nell’attesa di interventi strutturali volti ad eliminare, una volta per tutte, i disagi, la Regione Abruzzo si mobilita per arginarli con una “soluzione tampone”. Di qui l’Accordo sottoscritto con la Regione Molise, predisposto dal Servizio Gestione Rifiuti e previsto dal D.G.R. n. 428 del 10/08/2009: “Accordo di programma tra la Regione Abruzzo e la Regione Molise per lo smaltimento e/o recupero di rifiuti urbani non pericolosi”. Già la DGR n. 1190 del 23.11.2007 aveva previsto, per quanto riguarda le attività di smaltimento dei rifiuti urbani, un programma di interventi, di carattere emergenziale, previa una ricognizione di impianti già autorizzati e/o nuovi siti potenzialmente attivabili. La DGR n. 304 del 18.06.2009 invece autorizza al 31.12.2009 il conferimento di rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e/o trattamento ubicati in Province e/o Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi. In particolare, l’Accordo, della durata di un anno, prevede una collaborazione tra la Regione Abruzzo e la Regione Molise per lo smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, prodotti nei Comuni della Provincia di Teramo, presso l’impianto di smaltimento situato nel Comune di Guglionesi (CB). Tra gli obiettivi dell’Accordo: a. assicurare una elevata protezione dell’ambiente ed un’adeguata valorizzazione delle frazioni organiche provenienti dalle raccolte differenziate (es. compostaggio di qualità); b. favorire il recupero ed il riciclaggio dei rifiuti adottando il principio di prossimità, tenuto conto delle potenzialità degli impianti esistenti nelle
due Regioni e della loro ottimizzazione tecnico- economica; c. concordare iniziative di mutuo soccorso in occasione del verificarsi di situazioni di emergenza che interessano territori delle due Regioni; d. scambiare reciproche informazioni sulla situazione dei rispettivi sistemi regionali di smaltimento e/o recupero in essere o previsti negli strumenti di pianificazione regionale; e. promuovere accordi di programma, ai sensi del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., al fine di attuare interventi di mutuo soccorso che comportino l’impiego di impianti di smaltimento, in occasione di situazioni di emergenza. L’accordo, nell’ottica di un processo di ottimizzazione della gestione integrata dei rifiuti, non esclude dunque ulteriori forme di collaborazione tra le due Regioni. “Tale Accordo - sottolinea Franco Gerardini, Dirigente del Servizio Rifiuti - non è altro che una misura tampone, volta ad arginare una situazione di criticità per le attività di smaltimento dei rifiuti nell’attesa della realizzazione di nuovi impianti attualmente in corso di autorizzazione (Gioia dei Marsi e Notaresco). “Si tratta di una misura temporanea, ma necessaria, che punta ad affiancare un programma di pianificazione che l’amministrazione regionale sta portando avanti ormai da diverso tempo e che presto darà i suoi frutti”. “La realizzazione di altri impianti di smaltimento rifiuti è un obiettivo a breve e medio periodo - continua Gerardini - Stiamo proseguendo nella linea degli obiettivi previsti dal Piano Regionale Gestione Rifiuti; in questo senso la nostra priorità è diminuire la quantità dei rifiuti conferiti in discarica implementando le attività di raccolta differenziata e riciclo”.
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La Regione Abruzzo contro il rischio amianto
DALLA REGIONE PROPOSTE PER DIFENDERSI DAI PERICOLI DERIVANTI DALL’AMIANTO In arrivo anche contributi a fondo perduto per Comuni e soggetti privati alle prese con la rimozione e lo smaltimento di rifiuti e materiali contenenti amianto di Silvia Barchiesi
La tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori, oltre che la salvaguardia dell’ambiente rientra da sempre tra le priorità strategiche attorno a cui ruotano le politiche ambientali della Regione Abruzzo. Mai sottovalutato, il “problema amianto” è da tempo oggetto di indagini, sopralluoghi e provvedimenti. A cominciare dall’elaborazione di un “Piano regionale di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica; ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto” (L.R. 30.08.1996, n. 75), all’approvazione delle “Linee guida per la realizzazione del Piano” , alla realizzazione del “Sistema Informativo Territoriale per la mappatura dei siti della Regione Abruzzo con presenza di amianto - Amianto map” (DGR n. 689 del 9.07.2007), fino all’approvazione delle “Direttive in materia di realizzazione e gestione di discariche per rifiuti costituiti da materiali di matrice cementizia contenente amianto” DGR n. 258 del 19.03.2007). La Regione Abruzzo nel 2007 ha concluso 10.167 sopralluoghi che hanno consentito l’individuazione di 2.375 siti (1900 edifici pubblici e 475 siti industriali) con amianto. Ulteriori passi in avanti nella lotta all’amianto sono stati compiuti dalla Regione proprio di recente con i DGR N. 211 e N. 212 del 4.05.2009, concernenti rispettivamente “Programma per la rimozione e lo smaltimento di piccoli quantitativi di materiali contenenti amianto” e “Norme per la protezione dell’ambiente, decontaminazione, smaltimento e bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto”. Ridurre la permanenza sul territorio regionale di situazioni determinate da presenza di amianto e/o rifiuti contenenti amianto che siano in grado di costituire un potenziale rischio per la salute pubblica, la Regione ha ritenuto opportune dettare disposizioni per l’elaborazione e l’approvazione del “Piano Regionale Amianto” (P.R.A.). Tale Piano, predisposto grazie al contributo di un Comitato tecnico scientifico e soggetto alla procedura di Valutazione
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Ambientale Strategica (VAS), contiene le linee di indirizzo generale di protezione, decontaminazione, smaltimento e bonifica dell’ambiente ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto. Secondo gli indirizzi forniti dalla Regione, il Piano, oltre che uno strumento operativo, volto a fornire indicazioni e linee guida, dovrà essere anche uno strumento conoscitivo del “problema amianto” nella Regione: dovrà infatti contenere una mappatura del rischio nel territorio regionale, oltre che un censimento degli impianti, degli edifici, dei siti e dei mezzi di trasporto con presenza di amianto o di materiali contenenti amianto. Tali dati confluiranno poi nel “Sistema Informativo Regionale Ambientale” (SIRA), e contribuiranno alla creazione di un “Sistema Informativo Territoriale” (denominato SIT), aperto anche agli organi di vigilanza e di controllo tecnico. Ma non solo. Il d.d.L.R stabilisce anche la tipologia delle azioni e degli strumenti che il Piano dovrà prevedere, a partire dalla definizione delle modalità di gestione dell’amianto, dalla definizione delle procedure per la bonifica e lo smaltimento di materiali contenenti amianto, all’indivuazione dei criteri di priorità degli interventi di bonifica, fino alla definizione delle linee di indirizzo e di coordinamento delle attività delle ASL e dell’ARTA (Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente) per uniformare le attività o all’individuazione degli strumenti per la formazione e l’aggiornamento degli operatori. Tra le attività disciplinate dal d.d.L.R. ci sono anche la rimozione e lo smaltimento di piccoli quantitativi di amianto. Oltre a discplinare le modalità per la rimozione e lo smaltimento di piccole quantità di rifiuti contenenti amianto e di piccole quantità di materiali contenenti amianto ancora in opera, il presente disegno di legge stabilisce anche le norme per l’erogazione di contributi a fondo perduto previsti per i Comuni alle prese con la rimozione e lo smaltimento di piccole quantità di rifiuti contenenti amianto e di piccole quantità di materiali contenenti amianto in opera. I Comuni che rinvengono rifiuti contenenti amianto abban-
donati possono quindi richiedere l’erogazione di contributi a fondo perduto alla Regione Abruzzo purché siano rispettati i seguenti requisiti: a) i materiali contenenti amianto devono essere classificabili come “compatti”; b) il quantitativo di materiale da rimuovere e da conferire in idonea discarica, deve avere una superficie non superiore a 30 metri quadrati e, comunque, deve avere un peso non superiore a kg 450 (è ammessa una tolleranza al peso lordo nella misura massima del 20% comprensiva degli imballaggi). Contributi a fondo perduto sono previsti, non solo per i Comuni, ma anche per i sogetti privati alle prese con la rimozione di materiali contenenti amianto ancora in opera e che, per lo stato di deterioramento in cui versano e/o per la tipologia della loro ubicazione, possono costituire un elevato rischio di esposizione a fibre d’amianto per gli occupanti e per la salute pubblica in generale. Possono pertanto richiedere i contributi: - privati proprietari degli edifici residenziali utilizzati dagli stessi o ceduti in uso ad altri soggetti privati in virtù di specifici contratti (quali, ad esempio, locazione e comodato); - privati proprietari di edifici adibiti ad attività artigianali a conduzione familiare o ceduti in uso ad altri soggetti privati (che svolgono attività artigianali), in virtù di specifici contratti (quali, ad esempio, locazione e comodato). La richiesta di contributi per la rimozione dei materiali contenenti amianto può riguardare sia strutture edilizie ad uso civile, commerciale o industriale aperte al pubblico o comunque di utilizzazione collettiva, sia quelle ad uso privato. Comunque sia, indipendentemente all’ammissione dei finanziamenti, tutti i fabbricati per i quali vengono richiesti contributi, dovranno essere oggetto di interventi di rimozione nelle modalità e nei tempi previsti dalle normative vigenti in materia. I materiali da rimuovere devono però soddisfare le seguenti condizioni: a. devono essere stati installati o in servizio prima del 14.12.2004; b. in nessun caso, detti materiali si devono presentare in forma friabile; c. i materiali da rimuovere devono avere una superficie non superiore a 30 metri quadrati e, comunque, di peso non superiore a kg 450 (è ammessa una tolleranza al peso lordo nella misura massima del 20% , compreso di imballaggi). Sono invece esclusi materiali la cui rimozione esponga a rischio di caduta o precipitazione. La presentazione della domanda soddisfa anche l’obbligo, per il soggetto privato, di comunicare al SIT la presenza di
amianto negli edifici, impianti o luoghi, limitatamente ai materiali oggetto della domanda stessa. Il presente d.d.L.R inoltre individua gli “organismi di controllo”, ovvero gli organismi preposti a sovrintendere e monitorare la realizzazione delle azioni previste dal P.R.A: Dipartimenti di prevenzione delle ASL, ARTA - Centro regionale di riferimento amianto e Province. Ma non solo. La Regione prevede anche una sorta di “sorveglianza epidemiologica” grazie all’istituzione di un Gruppo di coordinamento, in collegamento con gli Enti Centrali (ISS ed ISPESL), che esamina l’andamento epidemiologico dei tumori patognonomici e/o strettamente correlati con l’esposizione all’amianto e formula proposte di intervento ai fini della programmazione delle attività di controllo. La salvaguardia e la tutela della salute nei luoghi di vita e di lavoro dalla possibile esposizione da fibre aerodisperse di amianto è il fine principale che la Regione Abruzzo intende perseguire con il presente disegno di legge, a cui sono a loro volta subordinati altri importanti obiettivi, come: a) la gestione e bonifica di siti, impianti, edifici, mezzi di trasporto e manufatti in cui sia stata rilevata la presenza di amianto e/o materiali contenti amianto; b) la promozione di attività finalizzate alla tutela dei rischi per la salute e per l’ambiente dall’amianto e la collaborazione con enti pubblici per la ricerca e la sperimentazione nel settore; c) la promozione di iniziative di educazione, formazione ed informazione, finalizzate ad accrescere la conoscenza sui rischi derivanti dalla presenza di amianto e/o materiali contenenti amianto ed alla sua corretta gestione. “Le malattie collegate all’amianto costituiscono uno dei più concreti pericoli per la salute non solo dei lavoratori che ne sono venuti a contatto, ma per l’intera popolazione – sottolinea Franco Gerardini, Dirigente del Servizio regionale Rifiuti. L’amianto è un killer silenzioso. Per la sua natura fibrosa invade l’aria e penetra nei nostri organismi causando patologie gravissime, la cui incubazione oscilla tra i 20 e i 30 anni. Di qui l’impegno della Regione Abruzzo, in linea con la legge nazionale, ad emanare direttive univoche in materia di tutela della salute pubblica e bonifica dei siti contaminati. Ma non solo. Le chiare prescrizioni relative allo smaltimento e alla rimozione dell’aminato si affiancano a quelle sulla prevenzione e l’informazione” “Al centro dell’interesse della Regione- conclude Gerardini- c’è infatti anche la promozione di iniziative di educazione ed informazione finalizzate a ridurre la presenza di amianto”.
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Siglato un protocollo d’intesa tra Regione Abruzzo, Arcoconsumatori e aziende di distribuzione commerciale per la riduzione, il recupero e il riuso dei rifiuti
MENO RIFIUTI A PARTIRE DALLA SPESA: AL VIA “ECOSPESA” ! Promuovere nuove pratiche di acquisto ecologiche e consumi più sostenibili è
lo scopo del progetto avviato in via sperimentale per ridurre la produzione di rifiuti di Silvia Barchiesi
La riduzione dei rifiuti comincia dalla spesa. Anche tra gli scaffali dei supermercati si può così dare una mano all’ambiente. Basta scegliere i prodotti con il contenitore più “ecologico”, magari quelli con meno strati di carta o plastica o quelli “sfusi” evitando packaging, sacchetti o bottiglie di plastica, preferendo invece detersivi “alla spina”, pasta o riso sfusi, bottiglie d’acqua con vuoto a rendere, prodotti senza imballaggio o con confezioni biodegradabili. La rivoluzione della spesa in Abruzzo è già realtà. Qui infatti è stato sottoscritto un accordo tra la Regione, ARCOCONSUMATORI, (Associazione dei consumatori dell’Abruzzo) e le Aziende di distribuzione commerciale, volto a lanciare l’ecospesa, ovvero un modo intelligente, economico ed ecologico di acquistare. L’obiettivo del Protocollo d’Intesa che dà l’avvio al progetto sperimentale “Ecospesa” è ridurre il peso dei rifiuti sull’ambiente cercando di incidere sulle patiche di acquisto che ne determinano la produzione. Sensibilizzare i consumatori verso nuovi comportamenti d’acquisto più sostenibili è lo scopo del progetto sperimentale che punta a prevenire e ridurre la produzione dei rifiuti, anche attraverso il loro recupero e riuso. Nel fare spesa, quindi, occhio al prezzo, occhio alla qualità, ma occhio anche ai rifiuti che i prodotti che acquistiamo producono. Il nuovo modo di fare spesa, lanciato in Abruzzo, strizza così l’occhio anche all’ambiente. Del resto, tra le priorità della Regione Abruzzo, da sempre sensibile alle problematiche dei rifiuti, c’è proprio la riduzione dei rifiuti all’origine. Lo stesso Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti fissa come obiettivo da raggiungere al 2011 la riduzione dei rifiuti del 5% rispetto al 2005. In ques’ottica si inquadra l’accordo già siglato con il CONAI (Consorzio
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Nazionale Imballaggi) sulla gestione integrata degli imballaggi e rifiuti di imballaggio. Ma la lotta alla produzione dei rifiuti della Regione Abruzzo comincia a monte e continua a valle. Considerato infatti che il settore della distribuzione commerciale e, in particolare, quello della grande distribuzione organizzata (GDO) costituisce un rilevante vettore di formazione di imballaggi e rifiuti di imballaggio, a seguito sopratutto del boom degli ultimi anni nella Regione Abruzzo, diventa fondamentale intervenire anche sull’ultimo anello della catena, sperimentando presso la grande distribuzione modalità di acquisto più ecologiche ed economiche e sensibilizzando i clienti/ consumatori verso consumi e stili di vita più sostenibili. È questo lo scopo dell’accordo siglato da Regione Abruzzo, ARCOCONSUMATORI e Aziende di Distribuzione commerciale, che insieme si impegnano a sviluppare una nuova cultura dell’acquisto attraverso diversi strumenti e modalità: a) un’ampia informazione e sensibilizzazione dei cittadini verso un contenimento ed una effettiva riduzione della produzione di rifiuti e verso acquisti sostenibili, frutto di scelte consapevoli; b) la diffusione di una sensibilità per l’ambiente nei soggetti che svolgono attività commerciale, incoraggiandoli ad intraprendere specifiche iniziative al riguardo; c) l’introduzione di sistemi alternativi di confezionamento e/o distribuzione delle merci; d) l’individuazione di programmi e strategie condivise tra Enti Locali e soggetti economici della grande distribuzione dei beni, in grado di attivare azioni finalizzate alla riduzione della produzione dei rifiuti; e) la conoscenza e la diffusione di “buone pratiche”, ovvero delle esperienze di enti pubblici e di privati nel campo della prevenzione
e minimizzazione dei rifiuti e potenziamento dell’offerta di “prodotti ecologici” nel settore della distribuzione commerciale; f) la sensibilizzazione dei produttori a prendere in considerazione i criteri ecologici nell’offerta dei prodotti e nel confezionamento, anticipando eventuali tendenze di mercato. Non solo. Limitatamente ai rifiuti prodotti all’interno dei centri commerciali, l’accordo prevede la sperimentazione di modalità di gestione che consentano la possibilità del riuso e recupero degli stessi, valutando possibili sinergie e collaborazioni fra Enti locali, soggetti gestori, operatori privati e utenti, in coerenza con i sistemi di raccolta e gli obiettivi previsti dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR) di cui alla L.R. 45/07 e s.m.i. Ma è sul versante dell’offerta dei prodotti che la grande distribuzione deve agire in primis. Siglando l’accordo, le aziende si impegnano infatti ad applicare nelle proprie strutture, almeno tre delle seguenti azioni volte alla riduzione della produzione dei rifiuti: - vendita alla spina o comunque con modalità refill, per varie tipologie di prodotti; - adesione a circuiti del tipo last-minute market per il recupero degli alimenti in fase di scadenza; - iniziative volte al recupero dell’invenduto, destinabile ad altri scopi (es. last-minute market, accordi con canili, collaborazione con il Banco Alimentare o altre organizzazioni, donazione computer ancora funzionanti, etc.); - vendita acqua o altre bevande con vuoto a rendere; - introdurre la distribuzione di prodotti sfusi quali pasta, riso, cereali, frutta secca, etc., attraverso specifici eco-punti ben segnalati all’interno del punto vendita; - azioni per ridurre gli imballaggi relativi a banco del fresco (eventualmente lasciare al cliente la possibilità
di scegliere un imballaggio “leggero” piuttosto di quello tradizionale); - vendita pannolini riutilizzabili; - shopper riutilizzabili; - utilizzo di prodotti per “Acquisti verdi - GPP”. Tali azioni si devono configurare come interventi nuovi o di potenziamento, rispetto a quelli già in essere nel/i punto/i vendita. Comunque l’impegno delle Aziende di distribuzione commerciale non si esaurisce di certo qui. Tra i loro compiti, infatti, non c’è solo quello di rendere possible la cosidetta “ecospesa”, ma anche quelle di promuoverla e incentivarla rispetto ad altre pratiche di acquisto meno ecologiche e meno sostenibili. Informazione, promozione e pubblicità della “spesa ecologica” rientrano così nelle azioni a carico delle Aziende di distribuzione commerciale che si assumono l’impegno di: • trasmettere le informazioni sulle azioni intraprese alla propria clientela, attraverso l’utilizzo e la diffusione di eventuale materiale informativo e promozionale, prodotto dalle parti, comprendente il logo dei firmatari dell’accordo ed il marchio dell’azienda, fra i soci ed i clienti; • svolgere iniziative di collaborazione con Regione Abruzzo - Servizio Gestione Rifiuti/ORR, volte alla raccolta di dati relativi alla produzione dei rifiuti ed alla raccolta differenziata realizzata nella/e strutture commerciale/i interessate; • sensibilizzare le imprese di produzione e/o distribuzione ad immettere sul mercato merci con ridotto imballaggio; • rendersi disponibili a dar vita a iniziative specifiche di educazione ambientale interessanti l’utenza e le istituzioni scolastiche, in collaborazione con le parti. La Regione Abruzzo si impegna invece a: • implementare il progetto sperimenta-
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le “Ecospesa”, estendendolo, in caso di risultati positivi, ad altre strutture commerciali, su scala regionale; realizzare e dare visibilità alle azioni previste dal presente accordo con la creazione di iniziative di comunicazione congiunte, tra Regione e i singoli soggetti aderenti, in modo da informare consumatori e cittadini delle buone pratiche di gestione applicate all’interno dei singoli punti vendita; pubblicare il materiale informativo per far conoscere ai cittadini le scelte ambientali della GDO; realizzare un marchio ecologico che diverrà marchio di qualità e dunque di garanzia per il consumatore; incentivare campagne di comunicazione in grado di orientare i consumatori e i produttori verso l’utilizzo di quei prodotti che producono meno rifiuti; compartecipare alla realizzazione del progetto sperimentale con un finanziamento da corrispondere all’ARCOCONSUMATORI con le seguenti modalità: - 30% all’invio della comunicazione di inizio attività; - la restante somma alla presentazione del rendiconto al Servizio Gestione Rifiuti delle spese sostenute per le iniziative realizzate; coinvolgere il CONAI ed i Consorzi nazionali di filiera interessati per partecipare, anche con un finanziamento, alla realizzazione del progetto; divulgare mediante i propri canali di comunicazione (sito web incluso) e con opportune conferenze stampa le notizie relative al progetto e i suoi risultati.
All’Associazione dei consumatori, invece, spetta il ruolo di supporto e sostegno del progetto, anche dal punto di vista finanziario, oltre che di coordinamento e monitoraggio. Compito di ARCONSUMATORI sarà infatti quello di predisporre il rendiconto
delle spese e di redigere e pubblicare un dettagliato “Rapporto finale” delle diverse attività svolte e dei risultati raggiunti. Ma il più, in realtà, spetta ai consumatori. Sono loro che dovranno cambiare modo di acquistare: detersivi, vino e latte fresco alla spina, pasta, riso e caffè sfusi, usando contenitori biodegradabili o riciclabili , usati e portati da casa, senza pacchi o confezioni. Bottiglie, flaconi, pacchi, scatole e scatolette, dal packaging spesso ammiccante e seducente, finiscono in realtà nell’immondizia finendo con l’occupare il 50% della nostra pattumiera. Colorati e attraenti, in realtà si rivelano anti- economici e anti-ecologici perchè ingombranti, inquinanti e costosi. Ha il sapore un po’ retrò la ricetta per vincere la guerra all’immondizia lanciata dalla Regione Abruzzo in collaborazione con la grande distribuzione e l’associazione dei consumatori ARCONSUMATORI. “Il progetto Ecospesa è un’opportunità unica che consente ai consumatori di spendere il loro potere di acquisto per la tutela dell’ambiente- ha spiegato il Dirigente regionale del Servizio Rifiuti Franco Gerardini - Con le loro scelte di acquisto i consumatori possono contribuire seriamente alla riduzione della produzione dei rifiuti. Di qui l’impegno della Regione, della grande distribuzione e dell’ARCONSUMATORI a collaborare insieme nel progetto, attualmente in fase sperimentale, ma destinato ad essere replicato su scala regionale”. “L’accordo siglato - ha continuato Gerardini- è un’ulteriore tappa verso l’obiettivo fissato dal Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti (ridurre la produzione dei rifiuti del 5% di qui al 2011) e solo un esempio della virtuosa sinergia che è possibile creare in nome dell’ambiente. Collaborare per raggiungere un unico obiettivo è possibile, anche quando sono in gioco soggetti diversi, portatori di interessi diversi”.
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APPROVATO IL REGOLAMENTO PER LA GESTIONE DI STAZIONI ECOLOGICHE E CENTRI DI RACCOLTA
Con l’Ecocard previste anche agevolazioni fiscali per i cittadini che avvieranno a riciclo i rifiuti di Alberto Piastrellini
La gestione integrata dei rifiuti e la promozione delle raccolte differenziate secondo modelli integrati “porta a porta” e di “prossimità” rientrano ormai da tempo tra le priorità strategiche della Regione Abruzzo in campo ambientale volte ad incentivare la riduzione dei rifiuti destinati allo smaltimento finale, in linea con gli obiettivi fissati dal “VI° Programma d’Azione per l’Ambiente” e dal “Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti” (PRGR). Tra le politiche ambientali perseguite dalla Regione, di recente, quelle volte al recupero-riciclo dei rifiuti, alla creazione di un mercato dei prodotti riciclati e alla realizzazione di una “rete regionale” di Stazioni Ecologiche e Centri di Raccolta, hanno assunto carattere di prioritaria importanza. Scopo di queste aree recintate, rispettivamente autorizzate dalle Province e dai Comuni e vigilate dagli operatori dei servizi d’igiene urbana è quello di integrare i servizi di raccolta differenziata, al fine di consentire una migliore e maggiore intercettazione dei rifiuti riciclabili, spesso costituiti anche da rifiuti ingombranti, beni durevoli (RAEE), rifiuti urbani pericolosi come batterie, oli minerali, e quant’altro. Attualmente la “Rete regionale” in fase di realizzazione è costituita da 10 stazioni ecologiche in esercizio e 30 in fase di autorizzazione o realizzazione da parte degli Enti preposti. Sebbene il D.M. 8 aprile 2008, “Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato - Articolo 183, comma 1, lett. cc) del D.Lgs 152/06” e s.m.i., pubblicato sulla G.U lo scorso 28.04.2008, abbia già delineato la disciplina di queste strutture dedicate al conferimento in raccolta differenziata di rifiuti urbani da parte del cittadino utente, mediante raggruppamento per frazioni omogenee, la Regione Abruzzo ha ritenuto di approvare delle direttive regionali che fungano da linee guida per gli Enti interessati (Comuni, Consorzi Com-
prensoriali/AdA, Comunità Montane, etc.). Obiettivo del L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i. - “Regolamento tipo per la gestione di una Stazione Ecologica e/o Centro di raccolta” è infatti quello di uniformare la gestione delle “Stazioni Ecologiche” nonché dei “Centri di raccolta”, prevedendo, allo stesso tempo, l’introduzione di disposizioni per le utenze interessate, strumenti di incentivazione all’attività di riciclo (come l’ “ecocard”) ed un elenco, non esaustivo, di rifiuti (CER) che può essere gestito nei suddetti impianti. Tra i rifiuti ammessi nelle strutture in oggetto, troviamo: • i rifiuti domestici recuperabili provenienti da civile abitazione; • i rifiuti ingombranti e rifiuti pericolosi provenienti da civile abitazione; • i rifiuti assimilati agli urbani recuperabili provenienti da attività produttive: artigianali, industriali, commerciali, di servizio, ..etc.; • i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi pubbliche e private quali: giardini, parchi, ..etc. nonché da aree cimiteriali; • i rifiuti abbandonati e rinvenuti nell’ambito del territorio comunale; • i rifiuti derivanti dallo spazzamento di strade ed aree pubbliche; • i rifiuti inerti provenienti da civile abitazione (es. calcinacci, scarti edilizi provenienti da piccoli lavori di manutenzione domestica). Ma non solo. Il Regolamento stabilisce anche gli utenti ammessi alla fruizione delle aree in oggetto, disciplina le modalità di gestione dei rifiuti da conferire e i divieti a cui sono soggetti gli utenti. Sono infatti ammessi alla fruizione dell’area: a) utenti regolarmente iscritti al ruolo per il pagamento della TARSU/TIA nei Comuni serviti dalle Stazioni ecologiche e dai centri di raccolta; b) gestori affidatari del servizio di raccolta differenziata operanti nei Comuni serviti dalla strutture in
oggetto. Di seguito invece le regole per un corretto conferimento dei rifiuti da parte dei cittadini in tali aree: a) i rifiuti devono essere asciutti e già separati per frazioni omogenee per il conferimento; c) i rifiuti, ove possibile, dovranno essere compattati al fine di ridurre al minino l’ingombro; d) i rifiuti saranno presi in consegna dal personale addetto che, previo controllo, provvederà a conferirli negli appositi contenitori secondo le varie tipologie; e) prima del conferimento dei rifiuti saranno espletate le procedure di accettazione degli utenti, dei rifiuti e le relative pesature. È, invece, vietato: • accedere alle strutture al di fuori degli orari di apertura indicati; • asportare materiale precedentemente conferito; • conferire rifiuti e materiali diversi da quelli indicati al presente Regolamento e depositarli al di fuori dei previsti contenitori e box di raccolta. Se da un lato, il Regolamento prevede l’applicazione di sanzioni amministrative e pecuniarie per i trasgressori; dall’altro, per i corretti utilizzatori delle Stazioni Ecologiche e dei Centri di Raccolta, lo stesso Regolamento prevede un sistema di premialità basato sull’ECOCARD, una sorta di carta magnetica su cui saranno registrati dei punti ecologici in rapporto alla quantità/qualità dei rifiuti riciclabili che saranno conferiti agli impianti. Il premio della raccolta punti? Uno sconto sulle tasse. Il progetto rientra infatti nel sistema di fiscalità ecologica che la Regione Abruzzo propone ai Comuni di realizzare per premiare le buone pratiche ambientali ed incentivare le attività di riciclo dei cittadini. L’ECOCARD permetterà infatti di ricevere uno sconto sulla tassa o tariffa, in proporzione alla quantità di rifiuti
che verranno conferiti nelle stazioni ecologiche della Regione. “È necessario che ai cittadini che attuano buone pratiche ambientali, secondo gli indirizzi di legge, siano riconosciuti bonus fiscali - ha precisato Franco Gerardini, Dirigente del Servizio regionale Rifiuti - non è possibile che si mettano tutti sullo stesso piano nel pagare la TARSU o la TIA. É necessario dare una svolta qualitativa ai servizi di igiene urbana, fornendone di più efficaci ed economici. Ma non solo. É necessario anche coinvolgere i cittadini, renderli protagonisti e incentivarli alle buone pratiche ambientali affinchè vedano riconosciuti gli sforzi collaborativi per rendere le città più pulite ed ordinate. L’obiettivo dell’ECOCARD è dunque quello di premiare quei cittadini che, con la loro collaborazione, aiuteranno ad inserire il rifiuto nel circolo del riciclaggio, consentendo di raggiungere grandi risultati nella raccolta dei rifiuti”. “Il nostro è un piccolo segnale - ha concluso Gerardini - ma sicuramente un aiuto e allo stesso tempo uno stimolo, per chi otterrà più punti, per pagare meno tasse”. L’entità del bonus fiscale verrà determinato ed erogato annualmente dal Comune di pertinenza sulla base del raggiungimento di un punteggio, rilevato attraverso il sistema di lettura dell’ECOCARD ed assegnato in base ai quantitativi di rifiuti conferiti, all’importanza economica del materiale conferito, (a sua volta in relazione alle sue effettive possibilità di recupero) e in base alle esigenze ecologiche volte ad evitare la dispersione di rifiuti particolarmente inquinanti. Naturalmente i punteggi verranno attribuiti dal personale addetto ed inseriti nell’ECOCARD solo se i quantitativi conferiti e la tipologia dei rifiuti ammessi rientreranno nei limiti fissati dal Regolamento. Al di fuori di questi limiti, i rifiuti confe-
riti non contribuiranno all’attribuzione dei punteggi. Basterà invece accumulare 500 punti per aver diritto al rimborso economico e/o agevolazione tariffaria annuale del pagamento della TARSU/TIA. La Regione, dunque, tramite il Regolamento, istituisce e disciplina un meccanismo di premialità per i cittadini virtuosi, da realizzare in collaborazione con il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) con cui è già stato siglato un accordo, mentre i Comuni avranno la possibilità di personalizzare il sistema di accredito del bonus. Oltre alle agevolazioni fiscali, il Regolamento prevede anche altre misure, come l’istituzione nei pressi delle Stazioni Ecologiche e dei Centri di Raccolta di un vero e proprio “mercatino dell’usato” che possa prevedere la distribuzione, il baratto e lo scambio tra gli utenti di oggetti e di materiali suscettibili di riuso. E non solo. Il Gestore di tali strutture, secondo quanto disposto dal
Regolamento, dovrà anche rendersi disponibile alle eventuali visite guidate e ad attività di informazione, promozione ed educazione ambientale in collaborazione con scolaresche, associazioni di volontariato, dei consumatori, etc. Inoltre dovrà anche rendersi disponibile a collaborare con gruppi di cittadini volontari per la divulgazione di buone pratiche ambientali. “Il presente Regolamento - ha commentato Franco Gerardini, Dirigente del Servizio regionale Rifiuti- è ancora un passo in avanti verso gli obiettivi che la Regione Abruzzo intende perseguire in campo ambientale. Tale Regolamento contiene infatti le linee guida per una corretta gestione e fruizione delle Stazioni Ecologiche e dei Centri di Raccolta, in linea con la strategia di ottimizzazione e massimizzazione delle raccolte differenziate dei rifiuti urbani, ai fini del loro riciclo, recupero e riutilizzo, contribuendo così alla riduzione dei rifiuti destinati allo smaltimento finale”.
Sistema per l’attribuzione del punteggio (punti ecologici) Frazione Organico Rifiuti verdi Carta e cartone Vetro Plastica Legno Metalli e alluminio Tessili e abbigliamento RAEE Rifiuti ingombranti Pile Batterie e/o accumulatori Oli vegetali Oli minerali Cartucce e/o toner Inerti
Quantità 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 pezzo 1 pezzo 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg 1 Kg
Punti ecologici 5 5 5 5 10 5 10 5 20 15 10 10 5 10 10 0,5
* fino ad un massimo di 10Kg/ab/a
ELENCO RIFIUTI AMMESSI ALLA STAZIONE ECOLOGICA E/O CENTRO DI RACCOLTA** Scarti di cucina TIPO DI RIFIUTO
CER
DEFINIZIONE
Frazione organica dei RSU
200108
Rifiuti biodegradabili di cucine e mense
Oli vegetali ed animali
200125
Oli e grassi commestibili
DESCRIZIONE materiale organico putrescibile ad alto tasso di umidità proveniente dalla raccolta differenziata dei RSU e costituito da residui alimentali materiali, ovvero scarti di cucina Oli esausti e grassi provenienti da mense e cucine domestiche o di ristorazione
Frazioni secche recuperabili TIPO DI RIFIUTO
CER
Multimateriale
150106
DEFINIZIONE
DESCRIZIONE
Imballaggi in materiali misti
Raccolta differenziata multimateriale
150101
Imballaggi in carta e cartone
Carta e cartone che costituiscono imballaggio oggetto di RD tipo: contenitori della pasta, biscotti e altri alimenti
200101
Carta e cartone
Carta diversa dagli imballaggi tipo carta di giornale
150107
Imballaggi in vetro
Vetro che costituisce imballaggio oggetto di RD tipo vasi, bottiglie
200102
Vetro
Vetro diverso dagli imballaggi tipo: oggetti e lastre di vetro
150102
Imballaggi in plastica
Plastica che costituisce imballaggio oggetto di RD tipo: contenitori per liquidi o altro materiale
200139
Plastica
Plastica diversa dagli imballaggi tipo: oggetti in plastica da giardino, giocattoli
Lattine in alluminio o banda stagnata
150104
Imballaggi metallici
Imballaggi oggetto di RD tipo: lattine in alluminio e barattoli in banda stagnata
Ferrosi
200140
Metallo
Altri oggetto in metallo diversi dagli imballaggi tipo: reti in ferro
Legno
200138
Legno diverso da quello di cui alla voce 200137
Legno che non contiene sostanze pericolose compreso il mobilio
Legno
200137*
Legno contenente sostanze pericolose
Legno che contiene sostanze ritenute pericolose 8es. catrami, solventiâ&#x20AC;Ś)
Imballaggi in legno
150103
Imballaggi in legno
Legno che costituisce imballaggio oggetto di RD tipo cassette per ortaggi e frutta
Carta e cartone
Vetro
Plastica
Indumenti usati
200110
Abbigliamento
Indumenti usati tipo abiti, scarpe
Altri prodotti tessili diversi dagli indumenti usati
200111
Prodotti tessili
Stracci
150109
Imballaggi in materia tessile
Tipo sacchi in iuta, cotone
Imballaggi compositi
150105
Imballaggi compositi
Oggetto di RD (es. tetrapak)
RAAE e Rifiuti ingombranti TIPO DI RIFIUTO
CER
DESCRIZIONE
Frigoriferi, surgelatori, congelatori, condizionatori dâ&#x20AC;&#x2122;aria
200123*
Apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi
200136
200135 TV, computer, stampanti
Lavatrici, lavastoviglie ed altre apparecchiature fuori uso non contenenti componenti pericolose
Pneumatici usati
Apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci: 200121, 200123 e 200135 Apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci: 200121 e 200123 contenenti sostanze pericolose
DEFINIZIONE Solo nel caso in cui le apparecchiature contengono CFC Qualora non contengano CFC perchĂŠ di nuova generazione Normalmente questo tipo di apparecchiatura elettronica viene codificata con questo codice Solo nel caso in cui questo tipo di apparecchiatura elettronica non contenga delle sostanze pericolose
200136
Apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci: 200121, 200123 e 200135
200135*
Apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci: 200121, 200123, contenenti componenti pericolose, schede elettroniche
Solo nel caso in cui questo tipo di apparecchiatura elettrica contenga delle sostanze pericolose, tipo condensatori al P (situazione molto rara e da verificarsi solo in sede di recupero)
200136
Apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci: 200121, 200123 e 200135
5010 nel caso in cui questo tipo di apparecchiatura elettronica non contenga delle sostanze pericolose
200307
Rifiuti ingombranti
Quando si tratta di rifiuti ingombranti eterogenei per i quali non sia individuabile un materiale prevalente e che non rientra nelle categorie precedenti
160103
PFU
Rifiuti particolari TIPO DI RIFIUTO
CER
DESCRIZIONE
DEFINIZIONE Gruppo cartuccia toner per stampanti laser, contenitore toner per fotocopiatrici, cartucce per stampanti, fax, e calcolatrici a getto d’inchiostro, cartucce nastro per stampanti ad aghi non contenente sostanze pericolose
150102 080318 160216
Imballaggi in plastica
150106
Imballaggi in più materiali
150110* 080317* 160215*
Imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze
Come sopra ma contenente sostanze pericolose
150110*
Imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze
Si utilizza solo per le RD attualmente utilizzate
200127*
Vernici, inchiostri ed adesivi e resine contenenti sostanze pericolose
200128
Vernici, inchiostri ed adesivi e resine diversi da quelli di cui alla voce 200127
Solventi
200133*
Solventi
Acidi
200114*
Acidi
Rifiuti alcalini
200155*
Sostanze alcaline
200129*
Detergenti contenenti sostanze pericolose
200130*
Detergenti diversi da quelli di cui alla voce 200129
200117*
Prodotti fotochimici
200132
Medicinali diversi da quelli di cui alla voce 200131
200131*
Medicinali citotossici e citostatici
Pesticidi
200119*
Pesticidi
Pile e batterie
200133*
Alle voci 160601, 160602 e 160603 nonché batterie e accumulatori non suddivisi contenenti tali batterie
200134
Diversi da quelli di cui alla voce 200133
Tubi al neon
200121*
Tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio
Aerosol
160504*
Gas in contenitori a pressione (compresi gli halon), contenenti sostanze pericolose
Accumulatori al piombo
200133*
Batterie ed accumulatori di cui alle voci 160601
Accumulatori al piombo tipo batterie d’auto
200126*
Oli e grassi diversi da quelli commestibili
Tipo oli esausti da motore, trasmissioni e ingranaggi, contenenti composti organici non clorurati
130205*
Scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione non clorurati
170107 170904 200399
Miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle
Cartucce esaurite e toner (v. D.M. 22 ottobre 2008)
Contenitori etichettati T e/o F
Vernici, inchiostri ed adesivi
Detergenti
Prodotti fotochimici
Medicinali scaduti
Oli minerali
Rifiuti inerti
Medicinali tipo chemioterapici
Rifiuti da C & D, provenienti da piccole manutenzioni domestiche
Rifiuti prodotti da giadini e parchi inclusi rifiuti provenienti da cimiteri TIPO DI RIFIUTO
CER
DESCRIZIONE
200201 Residui verdi
Rifiuti biodegradabili 020103
DEFINIZIONE Rifiuto urbano proveniente dalla lavorazione del verde pubblico e privato, incluso il rifiuto dei cimiteri, sfalci, foglie, potature, piante intere e ceppi. Rifiuti vegetali di coltivazioni agricole
Terreno e rocce
200202
Terra e rocce
Altri rifiuti non comportabili
200203
Altri rifiuti non biodegradabili
Altri rifiuti urbani TIPO DI RIFIUTO
CER
DESCRIZIONE
DEFINIZIONE
Rifiuti urbani misti
200301
Rifiuti urbani non differenziati
RU formato dalla frazione residua delle RD comprensiva anche di frazioni ingombranti non destinate a recupero, dei rifiuti mercatali misti non biodegradabili e costituito da un aggregato eterogeneo di versi materiali con caratteristiche merceologiche dipendenti dal tipo e dalle entitĂ delle RD attuate
Rifiuti di mercati
200302
Rifiuti di mercati
Rifiuti misti dei mercati ortofrutticoli contenenti scarti vegetali, cassette in legno.
Residui della pulizia stradale
200303
Residui della pulizia stradale
Rifiuto urbano derivante dallâ&#x20AC;&#x2122;attivitĂ di pulizia e spezzamento di strade e aree pubbliche, strade e aree private comunque soggette ad uso pubblico, spiagge marittime e lacuali
Rifiuti da vagliatura meccanica del rifiuto indifferenziato e scarti del multimateriale
191212
Altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli 191211
Sovvallo derivante dalla selezione meccanica dei rifiuti urbani e scarti selezione dal multimateriale da RD
Gestione operativa del Polo Tecnologico Cirsu Spa 10 anni di esperienza nella gestione impianti di trattamento riďŹ uti, imballaggi da raccolte differenziate, produzione e commercializzazione compost di qualitĂ , gestione discariche per riďŹ uti non pericolosi. Gestione e sviluppo di sistemi di raccolta stradale e porta a porta
Per insegnare a “sprecare di meno e riciclare di più” la Regione Abruzzo lancia il volontariato ecologico sulla raccolta differenziata e il riciclo
IN ARRIVO LA RETE DEGLI AMICI DEL RICICLO Informazione, educazione e promozione ambientale. Queste le attività dei volontari di Alberto Piastrellini
Riciclano costantemente i propri rifiuti e quotidianmente si impegnano ad effettuare la raccolta differenziata. Ma non solo. Insegnano anche agli altri a sprecare di meno e riciclare di più. Sono gli “Amici del riciclo”, la schiera dei volontari impegnati nella diffusione delle buone pratiche ambientali relative alla raccolta differenzata. Sensibilizzare l’opinione pubblica, promuovere la raccolta differenziata e informare sulle sue modalità pratiche sono i principali compiti di questi operatori volontari che agiscono su base territoriale e che grazie alla Regione Abruzzo sono finalmente in rete. Educare i cittadini alle “buone pratiche ambientali” e promuovere la loro partecipazione attiva alle politiche ambientali dei Comuni è, infatti, da sempre una delle priorità della Regione Abruzzo, da lungo tempo impegnata nella prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti. Lo stabilisce anche l’art. 30 della L. R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione
1188
integrata dei rifiuti”, relativa all’ “Educazione e formazione nell’ambito dei servizi”: “La Regione considera prioritaria l’educazione e formazione nel settore dei servizi per favorire lo sviluppo di una cultura del servizio pubblico che coinvolga le istituzioni, gli operatori ed i cittadini-utenti”. Un impegno, quello della Regione, che non è di certo rimasto sulla carta, ma che si è presto concretizzato in un vero e proprio progetto volto a promuovere la mobilitazione volontaria dei cittadini in campo ambientale. Con il DGR n. 348 del 13.07.2009 la Regione ha infatti istituito la “Rete regionale degli amici del riciclo”, una rete composta da volontari ecologici, riuniti in gruppi locali dai Comuni ed Enti aderenti, coordinati attraverso un “portale”, animato da informazioni, approfondimenti tematici, proposte, eventi e pratiche di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità e del ciclo dei rifiuti. Ne possono far parte tutti coloro che,
su base volontaria, nelle singole realtà territoriali, intendono impegnarsi per promuovere il volontariato ecologico e la diffusione delle buone pratiche ambientali nell’ambito della gestione integrata dei rifiuti. Monitarare localmente le raccolte differenziate, fornire informazioni sulle modalità attuative da seguire e coinvolgere attivamente l’utenza per incrementare la raccolta differenziata e migliorarne i risultati sono i principali compiti degli “Amici del riciclo”. Per svolgere queste attività gli operatori volntari dovranno però ricevere un’adeguata formazione sui temi ambientali e sulla raccolta differenziata. L’Amico del riciclo è infatti molto di più di un semplice operatore volontario. É allo stesso tempo un informatore e un educatore ambientale. Di seguito le attività di competenza degli “Amici del riciclo”: a. diffondere informazioni e sensibilizzare sui temi ambientali, in particolare sui temi della raccolta
differenziata, sulla prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti; b. costruire una rete di relazioni che permetta di ricevere e trasmettere informazioni, utilizzando i metodi tradizionali e le tecnologie informatiche e telematiche; c. partecipare ad iniziative di diffusione delle informazioni: promozione del portale regionale degli “Amici del riciclo”, segnalazione di news, supporto alle serate pubbliche, allestimento di punti informativi, distribuzione materiale e volantini, rapporti con attività commerciali e altre associazioni di volontariato presenti sul territorio; d. organizzare progetti specifici con i servizi sociali degli Enti, monitoraggio della qualità dei servizi di gestione intergrata dei rifiuti attivi sul territorio, attività di supporto agli anziani per la raccolta differenziata, progetti di educazione ambientale per istituzioni scolastiche, università ed altri soggetti interessati alla diffusione di buone pratiche ambientali. Ogni “Amico del riciclo” svolge la propria attività di monitoraggio, informazione ed educazione ambientale su una zona di territorio, definita sulla base della migliore copertura territoriale e dell’integrazione ottimale con i servizi operativi di raccolta differenziata. L’integrazione e la comuniczione tra gli “Amici del riciclo” è invece possibile attraverso l’utilizzo delle tecnologie informatiche. Grazie ad internet tutti gli “Amici del riciclo” sono finalmente in rete. A coordinare la “Rete regionale degli amici del riciclo” è la Regione Abruzzo - Servizio Gestione Rifiuti - Osservatorio Regionale Rifiuti. Il suo compito è quello di uniformare le attività e realizzare un luogo di riferimento informativo al servizio delle realtà territoriali interessate e dei volontari impegnati, singoli ed associati.
Un ruolo strategico nella costituzione della “Rete” lo gioca, in realtà, l’apposito “portale”, creato sul sito web della Regione Abruzzo, secondo criteri di massima efficacia ed efficienza della comunicazione e di visibilità, animato da informazioni, approfondimenti tematici, proposte, eventi e pratiche di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità e del ciclo dei rifiuti. La “Rete regionale degli amici del riciclo” non mancherà inoltre di coordinarsi con altre esperienze similari presenti sul territorio nazionale, aderendo nei modi che saranno ritenuti più efficaci ed efficienti, per garantire la massima visibilità dell’esperienza regionale abruzzese. A livello logistico-organizzativo sarà il Comune di riferimento ad istituire, con un proprio atto deliberativo, il servizio di volontariato “Amici del riciclo”. Il Comune potrà coordinare le attività direttamente o potrà affidarsi ad altri soggetti come: - associazioni senza fini di lucro (ambientaliste, di volontariato, dei consumatori, etc.); - centri di educazione ambientale di interesse regionale riconosciuti ai sensi della L.R.122/99 s.m.i. C.E.A.); - società e cooperative di educazione ambientale, operatori dei servizi di igiene urbana (Consorzi comprensoriali e/o loro Società SpA). Sarà quindi compito del Comune provvedere alla pubblicazione di un “bando” per la selezione e la formazione dei volontari, necessariamnete maggiorenni, che intendono costituire il gruppo locale degli “Amici del riciclo”. Sempre il Comune provvederà a definire il programma del corso di formazione, dalla durata minima di 10 ore, i criteri di partecipazione, i criteri di valutazione e selezione e il numero massimo dei partecipanti. Tra le materie trattate durante il corso particolare rilevo verrà dato a quelle inerenti la legislazione ambientale di
settore, sia nazionale che regionale, oltre che a quelle relative alla comunicazione e all’educazione ambientale. Il Comune per l’organizzazione del corso di formazione potrà pertanto richiedere la collaborazione e il sostegno dell’Osservatorio Regionale Rifiuti (ORR) e dell’Osservatorio Provinciale Rifiuti (OPR). D’altronde, l’input del progetto viene proprio dalla Regione. “Ridurre la produzione dei rifiuti da qui al 2011 è una delle priorità della Regione Abruzzo e uno degli obiettivi strategici fissati dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti- spiega il Dirigente regionale del Servizio Gestione Rifiuti Franco Gerardini- Tuttavia, per raggiungere tale scopo (-5% dei rifiuti nell’arco temporale 2005-2011) riteniamo sia opportuno infondere una cultura ambientale del riciclo. Obblighi, imposizioni e divieti non bastano. È importante che i cittadiniutenti interiorizzino l’importanza della pratica del riciclo. Bisogna pertanto educare ai valori ambientali e iniziare i cittadini alle corrette pratiche ambientali: sprecare di meno e riciclare di più. Per questo è necessaria una capillare campagna di sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza. E la Rete degli amici del riciclo è solo un esempio delle attività di educazione ed informazione ambientale che la Regione intende promuovere e sostenere. “L’esempio personale dei volontari continua Gerardini- può valere più di ogni altro insegnamento o divieto. Per questo, gli ‘Amici del riciclo’ sono una risorsa fondamentale nell’infondere nella cittadinanza uno spirito civico-ecologico. E non solo. L’esercito dei volontari del riciclo è anche un valido aiuto operativo per la realizzazione delle pratiche del riciclo. La loro attività ci aiuterà concretamente ad incrementare la raccolta differenziata e il riciclo”.
19
DECO SPA
COME VALORIZZARE LA FRAZIONE RESIDUA DEGLI RSU Nel comune di Chieti un innovativo impianto di trattamento meccanico biologico (TMB) a cura di Mirco D’Amico Ingegnere Deco S.p.A.
Nell’ottica delle recenti normative europee recepite a livello nazionale dal D.Lgs. 152/06 la Deco S.p.A. ha sviluppato un approccio innovativo per la valorizzazione energetica dei Rifiuti Urbani indifferenziati (quanto resta a valle della raccolta differenziata). Tale approccio si è concretizzato in un moderno impianto ricadente in prossimità della discarica “Casoni” di Chieti, a servizio dell’ATO n. 2, individuato dal nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti comprendente, oltre il comune di Chieti, l’intera provincia di Pescara. L’impianto è autorizzato per una potenzialità massima di 270.000 t/anno e, dal punto di vista funzionale, si articola nelle seguenti fasi: - ricezione e trattamento meccanico; - trattamento biologico; - raffinazione per la produzione di Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR). Ciascuna fase si svolge in ambienti distinti e separati nei quali sono presenti impianti di aspirazione dedicati per la captazione delle arie esauste e polveri e per il loro successivo convogliamento al trattamento finale, mediante idonei sistemi di depurazione. L’impianto è stato configurato con due linee di trattamento parallele in modo da assicurare un’elevata flessibilità gestionale e da garantire la continuità del servizio in caso di interventi manutentivi: tutte le operazioni svolte durante le varie fasi di trattamento sono presidiate da una sala di controllo e gestite mediante software dedicato, nonché da un sistema di supervisione e di telecamere. La tecnologia utilizzata consente di operare in modo totalmente automatizzato e di individuare con immediatezza qualsiasi tipo di anomalia che si dovesse presentare in fase di lavorazione: ciò permette di intervenire con altrettanta celerità, per ripristinare le condizioni ottimali di funzionamento. Nel dettaglio, la fase di ricezione e trattamento meccanico
2200
si effettua in una zona completamente chiusa, corredata da un impianto di aspirazione per garantire i necessari ricambi ora e munita di tutti gli accorgimenti necessari ad evitare la fuoriuscita di materiale ed odori. I rifiuti, attraverso una serie di portoni gestiti dal sistema, vengono scaricati dagli automezzi nelle fosse di ricezione e, successivamente, trasferiti al trattamento meccanico mediante un sistema automatizzato costituito da “carroponte con benna”. Tale fase, finalizzata alla preparazione del rifiuto per il successivo trattamento biologico, prevede l’apertura dei sacchi e l’omogeneizzazione della pezzatura del materiale (triturazione/ dilacerazione), la rimozione ed il recupero dei materiali ferrosi (deferrizzazione) e la separazione dei materiali non processabili, di ostacolo alla successiva fase biologica (vagliatura). Tutte le macchine presenti in questa prima fase sono, per quanto possibile, totalmente chiuse e protette mediante carter, in modo da minimizzare le emissioni odorigene e la quantità di polvere - intrinsecamente presente nella tipologia di materiale trattato - disperse nell’ambiente di lavoro. In tale contesto, allo scopo di ottimizzare la depurazione dell’aria, è stato opportunamente dimensionato e realizzato un sistema di aspirazione che, in maniera diffusa, consente la rimozione degli odori in corrispondenza delle vasche di accumulo dei rifiuti e, in maniera puntuale, la rimozione delle polveri mediante cappe poste localmente su ogni singola macchina. La fase di trattamento biologico, di tipo aerobico, è condotta anch’essa in due linee distinte e parallele. Scopo di tale fase è quello di essiccare e (attraverso spontanee reazioni microbiologiche a carico della frazione biodegradabile dei rifiuti) igienizzare il materiale in modo da ottenere una riduzione della putrescibilità della massa dei rifiuti. Durante tale operazione, i rifiuti stazionano per ca. 14 giorni in enormi spazi dedicati e la loro movimentazione viene effettuata, per ciascuna linea, da una coppia di “carroponti con benna”, gestiti e comandati attraverso un sistema di controllo totalmente automatizzato. Il processo viene attivato e “catalizzato” apportando alla massa in bioessiccazione un eccesso di ossigeno: tale apporto avviene tramite una serie di ventilatori dedicati ed un software di gestione
che consente, non solo il convogliamento diretto dell’aria aspirata ai biofiltri per la sua depurazione e consequenziale rimozione degli odori, ma anche un controllo in continuo (mediante il monitoraggio di parametri significativi) dell’evoluzione del processo. Ciò consente di minimizzare - congruentemente alla tecnologia utilizzata - il grado di putrescibilità del residuo e, conseguentemente, la qualità del materiale destinato alla successiva fase. Degna di nota è l’attenzione rivolta al rispetto dei presìdi ambientali, grazie all’estrema accuratezza dedicata alla progettazione ed alla scelta dei sistemi di abbattimento degli odori. Oltre alla presenza dei biofiltri (tecnologia ampiamente collaudata per questa tipologia di attività produttiva), è opportuno sottolineare la scelta del miglior materiale di riempimento attualmente esistente sia per caratteristiche fisiche che morfologiche. Ultima ed essenziale, ai fini di una completa valorizzazione dei rifiuti conferiti, è la fase di raffinazione che prevede una serie di operazioni meccaniche (vagliatura, separazione aeraulica, triturazione secondaria, separazione dei metalli ferrosi e non
ferrosi) finalizzate alla produzione di CDR - da avviare al recupero energetico in impianti dedicati (termovalorizzatori) e non (ad es. i cementifici). Dal trattamento si originano, peraltro: - sottoprodotti costituiti da una componente organica stabilizzata da destinare a impieghi alternativi (riempimenti, ripristini ambientali, copertura giornaliera dei rifiuti in discarica, etc.); - flussi di materiali ferrosi e non ferrosi da avviare a recupero; - una componente residuale non altrimenti recuperabile, da conferire in discarica. È opportuno, infine, sottolineare che l’impianto è stato progettato e corredato di tutti i sistemi di sicurezza ed i dispositivi ausiliari atti a garantire i più elevati standard di sicurezza, non solo per l’ambiente, ma anche per i luoghi di lavoro e per il personale in esso presente. DECO spa 66020 San Giovanni Teatino (CH) Italy - via Salara, 14/bis Tel. +39 085 440931 - fax +39 085 44093200 info@decogroup.it - www.decogroup.it
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GRUPPO MAIO
FARE IMPRESA CON L’AMBIENTE: CONOSCENZA, INNOVAZIONE, CONDIVISIONE, RESPONSABILITÀ
Ma anche aperture esterne per veicolare valori e princìpi
a cura di Area Comunicazione - Gruppo MAIO
Conoscenza, innovazione, condivisione e responsabilità sono le quattro componenti fondamentali per fare impresa in un settore importante e delicato come quello dell’ambiente. La valorizzazione e l’ampliamento delle conoscenze è, di fatto, la piattaforma sulla quale un’azienda costruisce le proprie fortune. È vero, però, che da tempo la nozione di “conoscenza” si è trasformata da semplice know-how tecnico-scientifico relativo al proprio core business a un concetto più vasto che afferisce a tutto l’ambiente circostante. Ambiente inteso come un sistema complesso, all’interno del quale l’azienda vive e opera, composto di elementi che di per sé
Guglielmo Maio
costituiscono microcosmi a loro volta complessi ed eterogenei: il mercato dei competitor; il mercato dei partner e dei fornitori; il mercato dei clienti; il mercato degli stakeholder; il mercato delle Istituzioni; il “mercato interno”, rappresentato dalle stesse risorse umane utilizzate in azienda; infine, ma più importante di tutti, l’Ambiente, inteso come ambiente naturale, che rappresenta il contenitore nell’ambito del quale si muovono tutte le realtà appena elencate. Con il crescere del patrimonio di co-
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noscenze, applicato alle varie sfere d’interesse, cresce proporzionalmente la complessità della gestione di queste conoscenze. Ciò rappresenta un dato certamente problematico poiché la “conoscenza” costituisce l’intero patrimonio informativo aziendale, uno dei suoi principali asset competitivi. La definizione dei contenuti e delle informazioni richiede la partecipazione di diverse risorse, umane e tecnologiche, per essere opportunamente conservati, condivisi e accresciuti. Parlando di conoscenza abbiamo già introdotto altri due princìpi inseparabili e necessari: la valorizzazione e l’ampliamento.
mentare la competitività. Se è vero questo, in linea generale, per tutte le aziende è ancora più vero per le aziende che si occupano di ambiente, che devono essere quanto più possibile “aperte”, al proprio interno e all’esterno, all’innovazione e al confronto. Così l’innovazione si configura non come un’attività intermittente fatta di una serie di “balzi nel futuro”, ma come un processo continuo, organico, graduale, pianificato. In quest’ottica, lo sviluppo della Pianificazione delle Risorse d’Impresa (Enterprise Resource Planning - ERP) sta avendo un ruolo decisivo e sta diventando uno strumento fondamentale
Valentina e Franco Maio
Il concetto di conoscenza non è un concetto statico, ma estremamente dinamico, in continua crescita, sia sotto il profilo quantitativo sia sotto il profilo qualitativo ed è strettamente interconnesso con quello di innovazione, concetto altrettanto dinamico. Infatti, quando si parla di innovazione si fa riferimento a una forma di cambiamento teso a produrre benefici di natura gestionale, economica e sociale; concretamente, a perseguire il miglioramento delle performance aziendali sotto molteplici profili: in breve, au-
per la condivisione della conoscenze come motore dello sviluppo dell’impresa. Nuove figure professionali sono emerse per sviluppare e governare i processi di condivisione delle conoscenze, di questa parte immateriale e intangibile che è il più prezioso patrimonio aziendale: i Manager del Capitale Intellettuale (Intellectual Capital Director). Queste nuove figure professionali, responsabili della conservazione e della circolazione del patrimonio delle conoscenze in azienda, rappresentano un importante passo
in avanti; il grado e l’efficacia della cooperazione fra quest’area e quella del Teambuilding sono alla base del successo dei processi di condivisione. Ma la condivisione non può limitarsi al perimetro interno dell’azienda o allo scambio tra le diverse società di uno stesso gruppo imprenditoriale; essa deve allargare il proprio orizzonte ed entrare in relazione con tutti gli interlocutori esterni all’azienda, condividendo principi generali, finalità, idealità. A questo punto entra in gioco un fattore che negli ultimi anni ha dettato l’agenda a tutte le imprese, ma che, storicamente, appartiene all’imprenditore impegnato nel campo ambientale: la responsabilità sociale o, come si
e il coinvolgimento delle parti sociali con attività di incontro (meeting, conferenze, seminari, fiere, focus group), di comunicazione e di trasparenza (house organ, newsletter, sito internet, pubblicazioni scientifiche, informative e divulgative). Il Gruppo MAIO ha dato grande importanza negli ultimi anni a questo fattore di apertura all’esterno, aggiungendo anche la registrazione EMAS al ricco carnet di certificazioni in possesso delle proprie aziende; spingendosi, anche, ad allacciare legami sempre più forti con il mondo dello sport, mezzo notoriamente straordinario per veicolare valori e principi verso un pubblico molto ampio e diversificato,
stata curata la presenza a ECOMONDO (Rimini) dove anche quest’anno, dal 28 al 31 ottobre, il Gruppo MAIO sarà presente con una proprio Stand (Area Abruzzo - Padiglione D3 - stand n. 2), proponendo nel contempo due seminari dal diverso profilo, ma ugualmente significativi: - il primo, più vicino al core business del Gruppo, su “Recupero e Discarica. Alternativa irrimediabile o convivenza necessaria? Quadro attuale, scenari futuri, soluzioni possibili”; - il secondo, più correlato alla partnership sportiva creata con la Virtus Lanciano, prevede la Presentazione di un progetto di stadio multi-
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preferisce definirla nel Gruppo MAIO, il business ethic. La Commissione Europea identifica la responsabilità sociale come “l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”. In breve e concretamente, si tratta di tutte quelle azioni di prevenzione e tutela nei confronti dei legittimi interessi sociali, culturali e ambientali della collettività nella fase gestionale,
spesso composto da giovani in corso di formazione. Così, una Società del Gruppo, la BLEU s.r.l., ha avviato nel giugno 2008 una partnership, che si sta rivelando di grandissima efficacia, con la Virtus Lanciano 1924 (Società professionistica di calcio di Prima Divisione). Effetto immediato di questo nuovo orientamento del Gruppo è stata anche l’accurata programmazione delle partecipazioni a momenti d’incontro collettivo, come le Fiere più significative del settore. In particolar modo è
funzionale di terza generazione (integrato in un complesso molto ampio con area parcheggio, pista ciclabile, area fieristica, centro direzionale, centro congressi, area commerciale, centro sportivo, centro medico, etc.), in grado di offrire una totale integrazione di tutti quegli elementi improntati alla ecosostenibilità: dai criteri di progettazione, alla scelta dei materiali, all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili per garantire l’autosufficienza energetica di tutti gli impianti.
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