R&A n. 4 Aprile 2008

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Freeservice Edizioni

n°4 Aprile 2008 Anno IX

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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APRILE

2008

Anno IX

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In copertina: Una delle tanti immagini create per celebrare Earth day 2008 (fonte www.townofbeloit.org/earth.gif)

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Rapporto Ambientale 2008 OCSE Cambiamenti climatici: i costi per la mitigazione abbordabili, elevati quelli dell’inazione Duro monito ai Paesi membri a modificare la struttura della propria economia

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

APAT IV Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano Piantiamo l’auto …e nascono i Parchi di Lorena Cecchini

18 SOLAREXPO e GREENBUILDING: un connubio di successo Torna in Fiera a Verona l’appuntamento con le rinnovabili e l’efficienza energetica di Francesca Zannin

20 Firenze, Fortezza Da Basso, 23-25 Maggio 2008 Terra Futura Mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità a cura di Ufficio Stampa di Terra Furtura


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Milano, 3 giugno 2008 - Convegno Nuove regole per la sicurezza alimentare Promosso da Assofoodtec e Federalimentare, con il contributo scientifico del TIFQ

IL COMMENTO

Decreto Legislativo n. 4/2008 VIA - VAS - AIA: profonde modifiche rispetto al Testo del D. Lgs. n. 152/2006 Rischio di spoils system normativo per la Parte II?

di MGP Srl - Ufficio stampa Assofoodtec e TIFQ

MATERIALE IN INSERTO

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D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (G.U. n. 24 del 29/01/2008 S. O. n. 24) Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (T.U.A.) Parte II - VIA - VAS - AIA (IPPC)

“Metropoli e clima” In un Convegno le grandi città rispondono alla sfida dell’efficienza energetica e della sostenibilità di Lorena Cecchini

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Presentati i dati 2007 dell’Osservatorio Nimby Forum® “Andare oltre il giardino”... senza calpestare quello delle future generazioni

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UNO SPAZIO DEDICATO A...

SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI (Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti della Provincia di Macerata) Dalla ricerca de “Il Sole 24ore” la conferma della validità delle scelte operate dal Consorzio Il Presidente Fabio Eusebi indica le maggiori novità e i programmi qualificanti del 2008 a cura di Luca Romagnoli

Acqua: dimensione globale e impegno locale di Lino Zanichelli



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PolieCo (Consorzio per il Riciclaggio dei Rifiuti di Beni in Polietilene) Novità e prospettive per il 2008 All’Assemblea dei Soci protagonista assoluta la Legge sulla normativa ambientale di Micaela Conterio

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Rapporto sullo Sviluppo Mondiale delle Energie Rinnovabili Boom di impianti e di investimenti Le località di Schönau e Samsø confermano che a beneficiarne è la qualità della vita

44 La comunicazione quale strumento efficace per l’implementazione delle fonti energetiche rinnovabili Intervista al Vicepresidente di BLUEconomia: Fulvio Mamone Capria di Fabio Bastianelli

QUALITÀ E AMBIENTE

L’applicazione del Regolamento EMAS nella Pubblica Amminstrazione di Mara D’Amico e Silvia Ubaldini

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AGENDA 21

Nuovo GdL del Coordinamento Agende 21L Italiane Dalla valorizzazione degli ambiti fluviali all’impegno dei contratti di Fiume Intervista al Vicepresidente di BLUEeconomia: Fulvio Mamone Capria a cura di Federico Ciarabelli e Massimo Bastiani

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere

47 Consiglio UE di Primavera Ribadite le proposte del Pacchetto Clima-Energia Rischi di tensioni geo-politiche per i cambiamenti climatici

GENIUS LOCI alla scoperta dell’identità del territorio

AMBIENTE MARCHE NEWS


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Rapporto Ambientale 2008 OCSE

CAMBIAMENTI CLIMATICI: I COSTI PER LA MITIGAZIONE ABBORDABILI, ELEVATI QUELLI DELL’INAZIONE

Duro monito ai Paesi membri a modificare la struttura della propria economia

Nella novella “Orfani”, a compare Meno che impreca contro la sventura che lo perseguita, essendogli morte due mogli in tre anni, cerca di infondere coraggio comare Licodiana: “Mondo di guai! - Esclamò la vicina - Anche a comare Angela, qui vicino, sta per morire l’asino, dalle doglie.” (Giovanni Verga: “Novelle Rusticane”, in “Tutte le Novelle”, A. Mondadori, Milano 1979, pag. 275). Sotto l’influenza del determinismo ambientale, che assegna all’ambiente un ruolo determinante nei cambiamenti che si verificano all’interno delle società umane, ossessionati dalla ricerca della rappresentazione oggettiva della realtà (l’impassibilité), Naturalisti e Veristi ne persero il senso gerarchico, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano, senza far distinzioni tra azioni importanti e quelle ininfluenti, tra uomini e animali. Anche l’odierna informazione rischia di offrire notizie prive di ordine delle cose, senza far differenza tra cause ed effetti, come ci sembra sia accaduto mercoledì 26 marzo 2008, alle ore 20.00, quando il TG1 ha dato le notizie di apertura: - “Un iceberg di oltre 400 km² di superficie si stacca dalle masse continentali dell’Antartide” [facendo confusione tra la superficie dell’area continentale collassata (405 km2) e le dimensioni del ghiaccio staccatosi (98,4 km2) che galleggia sul Mare Antartico, come risulta dalla notizia originaria fornita dal National Snow and Ice Data Center, Boulder (Colorado)]; - a seguire, “Rimbalzo positivo della Borsa dopo le voci su una cordata italiana che punta ad acquisire Alitalia”. Non scommettiamo sulla pedissequa riproposizione delle parole usate dall’annunciatrice, ma l’assunto era questo! Dare rilievo agli scenari del clima che cambia e offrire, subito dopo, notizie confortanti sul mercato azionario, costituisce, a nostro avviso operazione mistificatoria (meglio, esorcistica), perché dopo una notizia drammatica sugli

effetti del global warming, se ne offre un’altra confortante sul mercato azionario. I due avvenimenti sono correlati: il modello di sviluppo fin qui perseguito è, in qualche modo, responsabile dello scioglimento dei ghiacciai. Se con la prima notizia il telespettatore potrebbe sentirsi coinvolto, per aver concorso con il suo stile di vita a compromettere l’ecosistema del Pianeta e il futuro delle generazioni che non sono ancora nate, la seconda lo tranquillizza sulla necessità di continuare a praticare lo stesso way of life, affinché l’economia non subisca inopportuni rallentamenti. Come è noto gli individui sono poco disponibili a cambiare abitudini e i politici non sono, di certo, inclini ad incoraggiarli durante il corso del loro mandato, mentre l’informazione asseconda questa “complicità”. Quando nel gennaio 2007 abbiamo deciso di inserire con continuità, all’interno di Regioni&Ambiente, la rubrica Cambiamenti Climatici, nella consapevolezza che costituiva un argomento da non sottacere, ci siamo egualmente posti la domanda se una simile iniziativa potesse costituire, involontariamente, ulteriore motivo di allarmismi sensazionalistici. Dopo un anno, dobbiamo osservare che tali tematiche stanno interessando sempre più i mezzi di comunicazione di massa, a dimostrazione che il clima politico-culturale sull’argomento sta cambiando e non ci sono scienziati e uomini di governo che oggi mettono in discussione l’esistenza dei cambiamenti climatici, eccetto una piccola, sempre più esigua, pattuglia di “esperti”. Tuttavia, Rapporti, Dossier, Valutazioni e Studi, sull’argomento e sulle necessità di azioni di mitigazione, non ricevono sempre l’adeguata diffusione, com’è il caso del “Rapporto Ambientale 2008” dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), Organismo che svolge attività di integrazione e cooperazione economico-finanziaria tra 30 dei principali Paesi del cosiddetto “Occidente”.

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Presentato ad Oslo il 5 marzo u.s., le 520 pagine dell’“Environmental Outlook” costituiscono un duro monito ai Paesi affinché intraprendano al più presto azioni e misure volte a contrastare il cambiamento climatico, se si vuol evitare che le conseguenze dell’inazione abbiano impatti ambientali ed economici devastanti. Il Segretario generale OCSE, Angel Gurria, nel suo discorso di presentazione ha ribadito le considerazioni che aveva già espresso nella Prefazione alla pubblicazione: “I vari Paesi dovranno modificare la struttura delle loro economie, al fine di avviarle verso quelle a basso tenore di carbonio, per assicurare un futuro più ecologico e sostenibile”. Ci viene il sospetto che affermazioni come queste, poco idonee a fare da sfondo alla campagna elettorale in corso nel nostro Paese, abbiano contribuito alla scarsa diffusione delle indicazioni contenute nel Rapporto stesso, non certo “sovvertitrici”. “I costi di tale ristrutturazione sono abbordabili - ha tenuto a precisare Gurria - ma la transizione dovrà essere gestita con attenzione, sia per affrontare l’impatto sociale e sulla competitività come per trarre vantaggi dalle nuove opportunità”. “Dobbiamo essere consapevoli - ha osservato il Segretario OCSE - che quando si parla di ambiente, non basta individuare quel che c’è da fare e come farlo, ma deve essere affrontato il problema di chi deve pagare e cosa. Il costo globale delle azioni sarebbe molto più basso se tutti i Paesi cooperassero”. Dal momento che il Rapporto costituirà la base della discussione sulle sfide e opportunità di fronte ai cambiamenti climatici nel corso della Riunione dei Ministri dell’Ambiente dell’OCSE, allargata a quelli dei Paesi che si sono candidati ad aderirvi e a Brasile, India, Indonesia, Cina e Sud Africa, che avrà luogo a Parigi (28-29 aprile), abbiamo ritenuto opportuno pubblicarne un’ampia sintesi.


Quale sarà l’ambiente al 2030, se non viene intrapresa alcuna azione complementare? Nel corso degli ultimi decenni i Paesi dell’OCSE hanno compiuto importanti progressi nella lotta contro numerosi problemi ambientali. L’inquinamento di origine industriale è stato ridotto, la superficie forestale è aumentata, come aumentati sono pure il numero e l’entità delle zone protette (anche se la qualità delle zone protette non sia sempre molto elevata e le aree marine salvaguardate siano ancora troppe esigue), le sostanze che intaccavano la fascia dello ozono sono state in gran parte eliminate e l’utilizzazione delle risorse naturali, dell’acqua e dell’ener-

gia è stata disaccopiata dalla crescita economica (in altri termini è divenuta più efficiente per unità di PIL). Le politiche che hanno permesso di ottenere questi risultati dovrebbero essere mantenute e implementate a più grande scala. Tuttavia nella maggior parte dei casi l’incremento degli impatti esercitati sull’ambiente dalla crescita demografica ed economica ha annullato ogni beneficio apportato dai guadagni conseguiti in termini di efficienza. Le sfide ambientali che incombono sono sempre più complesse o di livello mondiale, e i loro effetti potrebbero farsi sentire soltanto a lunga scadenza. Tra i problemi più urgenti che si prospettano ai Paesi membri dell’OCSE, ma

anche a quelli che non vi appartengono, figurano il cambiamento climatico, la diminuzione della biodiversità, la gestione insostenibile dell’acqua, le conseguenze sulla salute dell’inquinamento e dei prodotti chimici pericolosi. Insomma, non siamo in grado di gestire il nostro ambiente in maniera durevole. Durante i prossimi decenni, le tendenze economiche ed ambientali si evolveranno in maniera diversa a seconda delle regioni. Nel 2030, l’economia mondiale dovrebbe quasi raddoppiarsi e la popolazione mondiale dovrebbe passare da 6,5 miliardi di oggi, agli 8,2 miliardi di persone. La maggior parte di entrambe le crescite avverrà nei Paesi ad economia emergente: Brasile, Russia,

PROSPETTIVE AMBIENTALI NEI PAESI OCSE AL 2030 (Elaborazione Regioni&Ambiente da fonte OCSE) Le prospettive indicate nel Rapporto dell’OCSE si basano sulle proiezioni delle tendenze economiche e ambientali da qui al 2030. Le principali sfide ambientali del futuro sono rappresentate tramite una segnaletica: - Verde, problemi ambientali che si stanno evolvendo positivamente o la cui gestione è sensibilmente migliorata negli ultimi anni , anche se i Paesi debbono rimanere vigili; - Giallo, problemi ambientali che permangono spinosi, ma la loro gestione è in fase di miglioramento o per i quali l’attuale situazione è ancora incerta o che pur essendo stati soppesati in passato, godono di minore attenzione oggi; - Rosso, problemi ambientali che non sono stati considerati, la situazione attuale dei quali è pessima o si sta aggravando e che, pertanto, necessitano di urgente attenzione. Tutte le tendenze sono mondiali, salvo indicazione contraria.

Cambiamento climatico

• Diminuzione delle emissioni di GES per unità di PIL

• Emissioni mondiali di GES • Prove ulteriori che il cambiamento climatico è già in atto

Biodiversità e risorse naturali rinnovabili

• Superficie forestale nei Paesi OCSE

• Gestione delle foreste • Zone protette

• • • • • •

Acqua

• Fonti puntuali di inquinamento dell’acqua nei Paesi OCSE (industrie e città)

• Qualità delle acque di superficie e depurazione delle acque reflue

• Carenza idrica • Qualità delle acque sotterranee • Utilizzazione e inquinamento delle risorse idriche dovute all’agricoltura

Qualità dell’aria

• Emissioni di SO2 e NOx dei Paesi OCSE

• Particelle e ozono troposferico • Emissioni dovute ai trasporti su strada

• Qualità dell’aria urbana

Rifiuti e prodotti chimici pericolosi

• Gestione dei rifiuti nei Paesi dell’OCSE • Emissioni di CFC dei Paesi dell’OCSE

• Produzione di rifiuti comunali • Emissioni di CFC dei Paesi in via di sviluppo

• Gestione e trasporto dei rifiuti pericolosi • Gestione dei rifiuti nei paesi in via di sviluppo • Sostanze chimiche nell’ambiente e nei prodotti

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Qualità degli ecosistemi Scomparsa di specie Specie esotiche invadenti Foreste tropicali Tagli illegali Frammentazione degli ecosistemi


India, Indonesia, Cina, Sudafrica ( i cosiddetti BRIICS) e in altri Paesi in via di sviluppo. La crescita continua e le aspirazioni ad un livello di vita più elevato accentueranno le pressioni esercitate sulle risorse naturali del Pianeta. Le prospettive economiche di molti dei Paesi più poveri sono minacciate dallo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, l’assenza di controllo dell’inquinamento nelle città a più rapida espansione e le ripercussioni del cambiamento climatico. I Paesi in via di sviluppo sono i più vulnerabili al cambiamento climatico, perché non dispongono di mezzi finanziari e capacità istituzionali, necessari per l’adattamento. L’importanza mondiale delle economie emergenti cresce in base al loro maggior ruolo all’interno delle relazioni economiche e commerciali, della concorrenza, dell’utilizzazione delle risorse e dell’inquinamento, toccando livelli paragonabili a quelli dei Paesi più grandi dell’OCSE. Il consumo di energia primaria di Brasile, Russia, India e Cina dovrebbe aumentare del 72% tra il 2005 e il 2030, mentre quello dei 30 Paesi dell’OCSE aumenterà del 29%. In assenza di azioni politiche ambiziose, le emissioni di gas ad effetto serra di questi 4 Paesi passeranno al 46%, da qui al 2030, superando le emissioni dei 30 Paesi dell’OCSE. Già ora, il 63% della popolazione di Brasile, Russia, India e Cina, vive in condizioni di stress idrico e questo dato si attesterà all’80% nel 2030, se non saranno prese misure adeguate per gestire meglio le risorse idriche. I costi delle azioni da intraprendere sono abbordabili, quelli dell’inazione elevati La protezione dell’ambiente può andare di pari passo con la crescita economica. Secondo le stime che si riferiscono ad uno scenario di prospettive che non prevede alcuna nuova politica, il PIL mondiale aumenterà di circa il 99% tra il 2005 e il 2030. In assenza di riforme, le conseguenze di questa crescita sull’ambiente saranno considerevoli. Ora, adeguate politiche dell’ambiente possono rivelarsi benefiche sia per l’ambiente stesso che per la salute umana e l’economia. Per dimostrare ciò, è stato definito un ipotetico pacchetto di misure globali, con un numero determinato di azioni specifiche, tendenti ad interfacciarsi simultaneamente a

molteplici problemi-chiave dell’ambiente. La messa in opera di misure determinerebbe una riduzione di poco più dell’1% del PIL mondiale, tal che esso aumenterebbe del 97% al 2030 rispetto ad oggi, anziché del 99%. In media corrisponderebbe a una base di 0,03 punti in percentuale della crescita annuale del PIL a livello mondiale al 2030. La lotta contro uno specifico problema ambientale in certi casi può offrire vantaggi connessi in termini di riduzione di altri impatti ambientali, e le soluzioni a problemi di ampiezza mondiale possono contribuire a ridurre i problemi ambientali locali, e viceversa. Per esempio, le misure volte a ridurre le emissioni dei veicoli possono contemporaneamente limitare le emissioni di gas ad effetto serra e migliorare la qualità dell’aria a livello locale, così come un miglior isolamento di appartamenti e uffici può alleggerire la bolletta energetica domestica e l’inquinamento imputabile alla produzione di energia. Così, la simulazione di politiche tendenti a stabilizzare a 450ppm le concentrazioni equivalenti di CO2 ha egualmente mostrato che, oltre alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, politiche ambiziose di contrasto al cambiamento climatico sono in grado di ridurre dal 20% al 30% dei SOX e dal 30% al 40% quelle dei NOX, entro il 2030. Egualmente, la regolamentazione tendente a limitare l’inquinamento dell’acqua, determinato dall’uso dei fertilizzanti azotati in agricoltura, può al contempo ridurre le emissioni in atmosfera di N2O, un potente gas serra. I Governi hanno la responsabilità di dar vita a sollecitazioni adeguate affinché le imprese e i consumatori facciano scelte in grado di contribuire ad evitare future problematiche ambientali. Le scelte effettuate oggi, in termini di investimenti, determineranno i risultati ambientali del futuro. Per esempio, le emissioni di gas a effetto serra dei prossimi decenni dipenderanno dalle tipologie infrastrutturali energetiche messe in campo oggi. Gli investimenti che sono attualmente destinati alle infrastrutture dei trasporti produrranno effetti sulla mobilità futura e sul suo impatto ambientale. L’efficienza energetica del nostro parco immobiliare, per i prossimi decenni, come per i secoli a venire, sarà determinata dalle regole in vigore ora in materia di costruzioni

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e di efficienza energetica degli edifici. Le economie in rapido sviluppo offrono grandi opportunità di investimenti nelle nuove tecnologie per migliorare l’efficienza energetica. La Cina, per esempio, sta costruendo a ritmo sostenuto nuove centrali a carbone, e il suo parco immobiliare di residenze urbane dovrebbe più che raddoppiare nel corso dei prossimi 20 anni. Un buon numero di azioni faranno sentire i loro effetti solo a lunga scadenza, per di più, le tante decisioni politiche di respiro breve, prese oggi, potrebbero tradursi in sfide ambientali a lungo termine. Ecco perché i tempi di intervento rivestono grande importanza per la progettazione e la messa in pratica di politiche ambientali nel corso dei prossimi decenni. I costi determinati dal rinvio potrebbero, tuttavia, divenire considerevoli, in particolare nel caso in cui le decisioni prese dai pubblici poteri abbiano ripercussioni irreversibili o a lungo termine sull’ambiente, ovvero quando sia impossibile prevedere con esattezza l’ampiezza e la natura dei danni. La perdita di biodiversità e l’estinzione delle specie offrono un esempio in merito. Stante il cambiamento climatico in atto, la scelta del tempo in cui intervenire presuppone che si possano mettere sulla bilancia i costi economici di una rapida, rispetto ad oggi, riduzione delle emissioni, e i rischi climatici futuri determinati da un rinvio delle decisioni. Ora ci viene offerta l’occasione di agire e dobbiamo coglierla prima che sia troppo tardi. Abbiamo necessità di mettere in atto politiche anticipative per evitare i costi elevati dell’inazione o del rinvio ad agire in termini più lunghi. Quale misura intraprendere? Porre attenzione all’uso razionale delle risorse e promuovere l’innovazione ecologica. La liberalizzazione degli scambi e degli investimenti può favorire una distribuzione globale delle risorse più efficiente, a condizione che strutture strategiche e solide istituzioni siano in campo a favore dell’ambiente, in mancanza delle quali la globalizzazione rischia di amplificare le incapacità di mercati e Governi, aggravando gli impatti sull’ambiente. Sono indispensabili, perciò, efficaci politiche sia a livello locale che nazionale, regionale e mondiale. La globalizzazione allarga i mercati e


favorisce la concorrenza, incentivando le imprese ad intraprendere azioni di adattamento ed innovazione. Alcuni dirigenti del settore privato procedono già in questa direzione, incoraggiati dai portatori di interesse e dalla domanda dei consumatori per prodotti innovativi ed ecologici. L’innovazione “verde” e la diffusione di tecnologie ecologiche, non producono solo l’effetto di migliorare le prestazioni ambientali, ma possono, altresì incrementare la produttività economica e, di conseguenza, la dinamicità delle imprese e dei Paesi. Il settore dei beni e servizi ambientali è chiamato ad uno sviluppo significativo, tale che le imprese possano trarre profitto dalla globalizzazione, a patto che si siano mosse in anticipo sulla strada dell’eco-innovazione. Soluzioni tecniche hanno già permesso di affrontare diverse problematiche ambientali e nuove soluzioni sono state messe a punto, come la cattura e lo stoccaggio del carbonio o i veicoli ibridi, che diverranno ancora più competitive nei prossimi decenni. Ad esempio, la diffusione, da qui al 2030, della tecnologia dei biocarburanti di “seconda generazione” (prodotti dai residui delle biomasse) potrebbero evitare l’espansione delle colture dedicate alla produzione dei

biocarburanti, l’aumento del consumo di pesticidi, di fertilizzanti e d’acqua, riducendo, al contempo, i rischi per la biodiversità e l’ecosistema che derivano da tale utilizzo dei suoli. Le imprese hanno un ruolo centrale da giocare nell’eco-innovazione, ma spetta alla Pubblica Amministrazione di mettere in campo un insieme di azioni adeguate a seconda delle situazioni nazionali: • un sistema di azioni a lungo termine che consenta di assorbire i costi ambientali nei prezzi delle attività economiche (per esempio, tramite eco-tasse e permessi negoziabili o di regolazione), in modo da assicurare la competitività economica delle tecnologie “verdi” e di sollecitare le imprese all’innovazione; • aiuti pubblici ben calibrati in favore della Ricerca e Sviluppo, fondamentali per l’eco-innovazione che li giustifichi, includendo il rafforzamento dei partenariati pubblico-privato; • un solido quadro strategico e istituzionale che favorisca il perseguimento di obiettivi ambientali e sociali, parallelamente agli sforzi di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti, e che armonizzi le regole del gioco in maniera da sfruttare le

potenziali sinergie tra la protezione dell’ambiente e la globalizzazione. La liberalizzazione degli scambi di beni e servizi ambientali contribuirebbe alla realizzazione di questi obiettivi. Il numero degli accordi commerciali tra le varie aree è ancora debole, ma in rapida crescita, e spesso questi accordi comportano ormai degli impegni in materia di cooperazione ambientale. Strumenti multilaterali, come la Raccomandazione dell’OCSE sull’Ambiente e sui Crediti all’Esportazione o i Principi di indirizzo dell’OCSE a proposito di Imprese Multinazionali, incoraggiano le imprese ad adottare comportamenti ecologicamente e socialmente responsabili e a darne conto. Rafforzare la cooperazione internazionale in campo ambientale Di fronte ad una economia globalizzata, come ai numerosi problemi ambientali, i Paesi aderenti e non all’OCSE devono unire i loro sforzi per individuare le sfide ambientali più urgenti ed adoperarsi in favore dello sviluppo sostenibile. • I Paesi in via di sviluppo hanno la possibilità di usufruire delle esperienze degli altri Paesi e di “saltare le tappe” per il loro coinvolgimento per uno

Pechino. Il rapido incremento del tasso di motorizzazione previsto nei paesi in via di sviluppo impone di incentivare veicoli che consumano minor quantità di carburanti e carburanti alternativi in modo da ridurre le emissioni dei gas serra imputabili ai trasporti che, secondo il Rapporto, crescerebbero del 58% al 2030

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sviluppo che economizzi energia e risorse, grazie alle nuove conoscenze e tecnologie disponibili. I Paesi aderenti e non all’OCSE, debbono cooperare per diffondere conoscenze, esperienze e tecnologie al fine di trarre reciproco profitto dai modelli di produzione e di consumo più sostenibili a scala globale. • Alcuni tra i Paesi più poveri sono lasciati ai margini della globalizzazione perché non riescono a conseguire una integrazione nell’economia mondiale, sia per mancanza di mezzi sufficienti per trarre profitto dalla globalizzazione, sia a causa degli ostacoli commerciali messi in campo dai Paesi OCSE. È indispensabile raddoppiare gli sforzi per integrare le preoccupazioni di tipo ambientale nei programmi di cooperazione allo sviluppo. • I Paesi BRIICS, in particolare, devono far parte delle soluzioni dei problemi ambientali a livello mondiale, visto il ruolo che stanno assumendo nell’economia mondiale e il peso, sempre crescente, del loro impatto sull’ambiente. Peraltro, il rafforzamento della cooperazione ambientale tra i Paesi OCSE e quelli BRIICS, può permettere di raggiungere gli obiettivi ambientali globali a minor costo per tutti. • Per quanto attiene al cambiamento climatico, più i Paesi che partecipano alle misure di mitigazione saranno numerosi, più tali azioni copriranno il settore dei gas serra, più basso sarà il costo per ridurre le emissioni su scala mondiale. Il Rapporto, poi, indica che solo introducendo dal 2008 nei soli Paesi OCSE una carbon tax di 25 $ per tonnellata di CO2, si otterrebbe, entro il 2030, una riduzione dei gas ad effetto serra del 45% in questi Paesi. Tuttavia, nel 2050 le emissioni globali sarebbero ancora superiori del 38% rispetto ai livelli del 2000. Se Brasile, Cina, India e Russia seguissero l’esempio dei Paesi OCSE nell’applicare la stessa misura entro il 2020, e il resto del mondo entro il 2030, il livello globale delle emissioni di gas serra, nel 2050 potrebbe ritornare a quello del 2000. • Occorre una maggior governance internazionale dell’ambiente per implementare gli accordi, in grado di far fronte ai problemi ambientali di carattere transfrontaliero e di ampiezza mondiale.

Agire con priorità nei principali settori che hanno effetti ambientali: energia, trasporti, agricoltura e pesca. La maggior parte dei problemi ambientali, può essere risolta mediando azioni coerenti di governo condotte in cooperazione con le imprese e la società civile. I Ministri coinvolti debbono unire i loro sforzi per elaborare politiche più coordinate, in modo tale che le preoccupazioni ambientali siano integrate con le azioni dei Ministeri-chiave, come Finanze, Commercio, Industria, Energia, Trasporti, Agricoltura e Salute. Per esempio, l’adattamento al cambiamento climatico, ormai inevitabile a causa delle emissioni del passato, dovrà sempre di più far parte integrante delle politiche che governano le infrastrutture energetiche, i trasporti e l’acqua, la gestione del territorio, la cooperazione per lo sviluppo. D’altra parte, lo sviluppo dei biocarburanti deve tener conto del loro impatto globale sull’ambiente e sui prezzi alimentari, lungo tutto il loro ciclo di vita. Per essere coerenti, le valutazioni dei politici devono coprire tutti i settori d’azione di pertinenza dei pubblici poteri: l’energia, l’agricoltura, l’ambiente, così come la Ricerca e lo Sviluppo tecnologico, per evitare che i Governi sovvenzionino forme di energia i cui effetti benefici sull’ambiente sono discutibili e che rischiano di trascinare una crescita dei prezzi dei prodotti agricoli di base. Le Autorità governative avranno sempre maggior necessità di collaborare, in special modo con i differenti livelli amministrativi (centrali, regionali, nazionali, locali) per assicurare lo sviluppo e l’implementazione di politiche ambientali coerenti. Il Rapporto OCSE sottolinea le azioni prioritarie necessarie nei Settori-chiave, per prevenire danni ambientali, proiettate al 2030. • Energia. L’uso di combustibili fossili è la prima fonte di emissione di CO2, il principale gas ad effetto serra responsabile del cambiamento climatico. Nelle proiezioni del Rapporto, le emissioni di CO2 dovute alla produzione energetica dovrebbero aumentare del 52%, da qui al 2030, secondo lo scenario di riferimento che non prevede alcuna nuova misura. Di contro, le emissioni mondiali di zolfo e azoto dovrebbero stabilizzarsi su un livello pari o infe-

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riore all’attuale. Nel momento in cui gli investimenti nelle infrastrutture “mettono sotto chiave” le tecnologie, i bisogni di combustibile e le emissioni per gli anni a venire, un quadro di azioni appropriato è ormai necessario per promuovere le fonti energetiche rinnovabili e per utilizzare processi e fonti di energia che emettano poco carbonio, comprese le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio. È essenziale fissare i prezzi dell’energia tenendo conto dei costi complessivi del carbonio, ma sono altrettanto necessari la regolamentazione e il sostegno nella ricerca e nell’innovazione della tecnologia. I Governi dovrebbero evitare di mettere in campo politiche che impongono determinate scelte tecnologiche o energetiche, e, in particolare, di definire obiettivi legati a particolari tecnologie (biocarburanti, per esempio), in modo da non tralasciare alcuna opzione, favorendo ulteriore innovazione. È urgente promuovere misure di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, dei trasporti e della produzione di elettricità che abbiano un buon rapporto costi-efficienza, soprattutto nelle economie in rapida crescita, dove le infrastrutture messe a punto ora dureranno parecchi anni. • Trasporti. L’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas serra imputabili ai trasporti, soprattutto la circolazione automobilistica, l’aviazione, i trasporti marittimi, sono in rapida crescita, contribuendo al cambiamento climatico su scala mondiale e causando problemi di salute in numerose aree urbane. Secondo le proiezioni del Rapporto, le emissioni di CO2 dovute ai trasporti, dovrebbero aumentare, da qui al 2030, del 58%, mentre le emissioni di zolfo e azoto diminuiranno tra 1/4 e 1/3 rispetto ai livelli attuali. I prezzi dei trasporti riflettono raramente la globalità dei costi sociali e ambientali, traducendosi in un uso eccessivo e in scelte poco opportune circa la tipologia di trasporto da utilizzare. Le tariffe dei trasporti dovrebbero tener conto dei danni ambientali e degli impatti sulla salute, per esempio attraverso la fiscalità sui carburanti (ivi compresa l’eliminazione degli esoneri fiscali) e la tariffa stradale. La ricerca e l’innovazione che offrono nuove tecnologie di trasporto, quali veicoli che consumano meno carburante, veicoli ibridi, ecc., dovrebbero essere incentivate,


soprattutto per compensare il rapido incremento del tasso di motorizzazione previsto nei Paesi non OCSE. L’offerta, la frequenza e la sicurezza dei trasporti pubblici dovrebbero essere promosse, al fine di avere una soluzione alternativa alle autovetture. È la mobilità e l’accesso che debbono essere assicurati, non il “trasporto” in sé. • Agricoltura. Questo settore, che è di gran lunga il principale utilizzatore di acqua, è pure, in gran parte, responsabile del suo inquinamento. Secondo le proiezioni del Rapporto, la produzione mondiale delle colture alimentari base aumenterà del 48% e la produzione animale del 46%, da

più i pagamenti legati alla produzione sono subordinati all’adozione di certe pratiche agricole con il fine di ridurre i rischi ambientali. Se una tale “eco-condizione” può aiutare nella lotta contro alcuni impatti ambientali imputabili alla produzione agricola, sarebbe più efficace cominciare a togliere le sovvenzioni pregiudizievoli per l’ambiente. Le tasse sui prodotti agro-chimici contribuiscono pure a limitarne l’uso, come pure una tariffa adeguata per l’acqua di irrigazione, favorirebbe un uso più razionale della risorsa e il recupero dei costi per le infrastrutture irrigue. • Pesca. Essa esercita impatti sugli ecosistemi e sulla biodiversità attra-

tendenti a limitare le quantità totali di pesca, a definire tempi e zone di pesca, a regolamentare i modi di pescare e ad eliminare le sovvenzioni per l’aumento della capacità di pesca. In questo settore è necessaria una maggior cooperazione internazionale. Quali gli ostacoli al cambiamento? Quantunque le riforme siano realizzabili ed abbordabili, vi sono però impedimenti che ne ostacolano la messa in pratica. • Paura di impatti sulla competitività industriale. Il rischio che le politiche ambientali costituiscano dei pericoli per la competitività industriale è uno

Secondo il Rapporto l’agricoltura è di gran lunga il principale utilizzatore di acqua e responsabile, in gran parte del suo inquinamento. Inoltre, se non venisse introdotta alcuna nuova politica, la conversione degli spazi naturali in terreni agricoli resterebbe un fattore determinante di perdita della biodiversità

qui al 2030. I Paesi OCSE vi contribuiranno in larga parte, soprattutto per i prodotti animali (37% al 2030, per nutrire il 17% della popolazione mondiale). Se non venisse introdotta alcuna nuova politica, la conversione degli spazi naturali in terreni agricoli resterebbe un fattore determinante di perdita della biodiversità. Secondo le attuali politiche, le superfici destinate alle colture energetiche dovrebbero aumentare del 242% tra il 2005 e il 2030. Le emissioni di gas serra derivanti dall’utilizzo dei terreni sono inferiori a quelle delle fonti energetiche, ma restano comunque importanti. Gli incentivi legati alla produzione contribuiscono spesso all’inquinamento delle risorse d’acqua e di suolo, provocando danni agli ecosistemi e ai paesaggi. Sempre di

verso la diminuzione degli stock ittici, la distruzione degli habitat e l’inquinamento. Queste pressioni ambientali possono ridurre la produzione derivante dalle attività di pesca e i mezzi sostentamento delle comunità di pescatori. Le attività di pesca sono sensibili alle condizioni dell’ambiente marino. Inoltre, le possibilità di pesca sono influenzate dai cambiamenti climatici, dalle fluttuazioni naturali e dagli impatti ambientali dovuti alle altre attività umane. Dal momento che si sono già realizzati progressi in direzione di un approccio ecosistemico di gestione per alcuni tipi di pesca, le prospettive di evoluzione inquietanti evocate nel Rapporto, per quanto attiene le attività di cattura, potrebbero essere invertite dall’introduzione di nuove misure

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dei fattori che ostacolano una azione decisa dei governi. La resistenza dei settori coinvolti compromette spesso la fattibilità politica di introdurre misure ambientali come norme sulle emissioni, obiettivi numerici ed ecotasse. Non di meno, i timori suscitati dall’impatto delle politiche ambientali sulla competitività, sono spesso esagerati. Occorrerebbe disporre di migliori informazioni sulle conseguenze reali di tali politiche per le imprese e i relativi settori, mettendo a confronto i maggiori vantaggi e la maggior sostenibilità che procurano i miglioramenti ambientali, così come i vantaggi di efficienza potenziale per l’insieme dei comparti economici. Nonostante ciò, alcuni settori possono effettivamente risentire di azioni intraprese per la protezione dell’ambiente,


specialmente se queste non sono intraprese a livello mondiale. • Incertezza in merito a quali azioni intraprendere e chi debba sopportarne i costi. Questo problema si pone in modo particolare in caso di problemi ambientali a scala mondiale come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, i cui costi e vantaggi dell’azione sono riportati in modo ineguale tra i Paesi e generazioni. Storicamente i Paesi sviluppati sono responsabili della maggiore quantità di emissioni di gas serra, ma sono i Paesi in via di sviluppo che dovrebbero risentire pesantemente degli effetti. In base alle proiezioni, le emissioni di CO2 dei Paesi non OCSE dovrebbero raddoppiarsi da qui al 2030, la cui parte rappresenta all’incirca il 73% dell’aumento globale. Tuttavia in rapporto agli abitanti le emissioni dei Paesi dell’OCSE saranno ancora triple o quadruple di quelle dei Paesi non OCSE. La distribuzione delle capacità costituirà un aspetto chiave dell’architettura climatica dopo il 2012. • La sottovalutazione del costo rappresentato dall’utilizzo delle risorse naturali e dell’inquinamento. Trovare il “prezzo giusto” è spesso un modo assai dubbio di limitare il costo delle politiche ambientali e di rendere “verde” l’economia. In pratica è oltremodo difficile quantificare con esattezza l’insieme dei costi relativi ai danni causati dalle attività economiche all’ambiente alla salute e alla produttività. Se tali costi fossero inclusi nei loro prezzi, le attività che causano inquinamento sarebbero più costose e i prezzi offrirebbero un chiaro invito a migliorare l’efficacia nell’utilizzo di risorse ed energia. Comunque, nella maggior parte dei Paesi, l’uso di risorse materiali scarse è ancora fissato ad un prezzo inadeguato, quando addirittura non è sovvenzionato, ed è raro che nel principale Paese inquinatore sia completamente implementato. Le sovvenzioni contrarie al principio di sostenibilità sono diffuse nel settore dell’industria, dell’agricoltura, dei trasporti e dell’energia nella maggior parte dei Paesi OCSE. Costano sia ai governi che ai contribuenti e possono determinare effetti sociali ed ambientali pregiudizievoli. Rimuovere i principali ostacoli al cambiamento I lavori dell’OCSE mostrano che una crescita adeguata ed intelligente non è

necessariamente costosa. Per altro, le politiche che permettono di proteggere l’ambiente possono rivelarsi benefiche per l’economia nel lungo periodo. A tal fine, si potrebbe prendere in esame di adottare gli approcci che seguono per elaborare e mettere in pratica le politiche. • Introdurre progressivamente le politiche in modo da permettere l’applicazione di misure di adattamento transitorio, riciclaggio di tassazione fiscale nei settori toccati, aggiustamenti fiscali, doganali in accordo con il WTO (World Trade Organization), e l’armonizzazione di regolamenti e tasse in base alla cooperazione. Ciò comporterà, al contempo, di sensibilizzare maggiormente il pubblico, sull’insieme dei costi e vantaggi delle azioni intraprese. Misure di transizione, possono essere integrate con le riforme per rendere più facile l’adattamento ed attenuare gli eventuali effetti indesiderati dei cambiamenti strutturali su particolari categorie della società, come l’aumento delle bollette energetiche per le famiglie a basso reddito. • Lavorare in partenariato con i portatori di interesse, in particolare con le imprese, le università, i sindacati e le organizzazioni della società civile, per trovare soluzioni creative e poco costose ai numerosi problemi ambientali. Il sostegno e l’adesione del pubblico, in particolare dei consumatori e dei settori di attività coinvolti, sono spesso indispensabili per una soddisfacente messa in opera di politiche ambiziose. • Mettere insieme i Paesi OCSE e non ad unire gli sforzi per definire soluzioni ecologicamente efficaci ed economicamente efficienti per le sfide ambientali comuni. I Paesi OCSE devono prendere l’iniziativa di lottare contro il cambiamento climatico ed aiutare i Paesi in via di sviluppo ed adattarsi e a rendere concreto il loro potenziale di attenuazione. Le azioni adeguate a mettere fine alla perdita di biodiversità e ad invertire tale tendenza riguardano essenzialmente i Paesi in via di sviluppo, che ospitano le più ricche risorse naturali, mentre i vantaggi della conservazione delle risorse si distribuiscono su scala mondiale. Se non si intraprende alcuna azione, o se le misure ambiziose continuano ad essere rinviate i costi a lungo termine per la società e l’ambiente rischiano di superare di molto quelli di

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una preventiva azione. • Generalizzare gli approcci basati sui meccanismi di mercato al fine di permettere miglioramenti in efficienza e settori di mercato grazie all’innovazione. Gli strumenti di mercato, come le tasse, i permessi negoziabili e la riforma o la soppressione delle sovvenzione dannose per l’ambiente, sono potenti strumenti che permettono di inviare alle imprese segnali di affari e ai privati di rendere produzioni e consumi più sostenibili. • Elaborare un insieme di misure o combinazioni di strumenti, adattati alle condizioni particolari di ogni paese, per fare fronte a un buon numero di urgenti problemi ambientali che permangono. La combinazione degli strumenti sono necessari in ragione della complessità dei problemi ambientali, che spesso riguardano parecchi settori. Sarà necessario quindi un modello regolamentare solido per i più disparati strumenti, come forti meccanismi di prezzo, dispositivi di scambio per i permessi ad emettere o diritti negoziabili, sollecitazioni di natura informativa come l’etichetta, la creazione di infrastrutture e codici per edificare. Una combinazione ben individuata comporta degli strumenti che possano supportarsi reciprocamente. Così, un sistema di etichettatura può migliorare la reattività di imprese e privati ad una tassa ambientale, in modo che l’esistenza delle tasse contribuisca ad attirare l’attenzione sul sistema di etichettatura. Il Rapporto ambientale OCSE dimostra che le soluzioni ai problemi ambientali sono pure economicamente razionali e tecnologicamente realizzabili. Visto in una prospettiva di lungo termine, i costi di una nuova azione sono molto più bassi di quelli dell’inazione: prima si agirà più facile sarà il compito e minore la spesa. I decisori politici, le imprese e i consumatori debbono concorrere a mettere in pratica riforme ambiziose, in grado di conseguire i miglioramenti ambientali molto efficaci in rapporto ai costi. In questo modo le generazioni future avranno la possibilità di scegliersi i modi per migliorare il proprio benessere.


MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

APAT

IV RAPPORTO SULLA QUALITÀ DELL’AMBIENTE URBANO Piantiamo l’auto …e nascono i Parchi di Lorena Cecchini foto di Paolo Moretti

“Verde prato e… grigio fumo” Si tingono di verde le città italiane. “Figlie degli alberi”, le nostre metropoli tendono una mano ad un rinnovato ecologismo, mostrando un incoraggiante incremento di verde pubblico, registrato in ben 24 città italiane sopra i 150.000 abitanti. A ridestare un sopito ottimismo sono i dati contenuti nel “IV Rapporto APAT sulla qualità dell’ambiente urbano”, presentato a Roma lo scorso 11 marzo nella Sala Auditorium dell’Agenzia per la Protezione e i servizi Tecnici. Verde urbano Con sorpresa vi si legge che è Napoli, sotto il grigiore della perenne monnezza, a evidenziare la migliore performance sul verde, segnando una crescita del 19,5% tra il 2000 e il 2006, seguita da Cagliari con l’8% e Torino col 5,6%. Ma non è così in tutte le città d’Italia: a Taranto, Foggia, Messina, Bari e Reggio Calabria, il verde urbano pubblico sulla superficie comunale, mostra valori piuttosto bassi. In percentuale ed in riferimento alle unità, è Verona la città che, con 363 m2 di verde a persona, ha il primo posto, seguita da Cagliari con 282 m2. Segnali positivi, dunque, nel cambiamento di stile di amministrazioni e

cittadini, all’insegna di una maggiore attenzione al benessere e alla salute. Un rinnovato interesse per l’ecologia è dimostrato anche da uno specifico Focus sulla “natura in città”, in cui biodiversità animale e vegetale sono fatte oggetto di segnalazione di esemplari esperienze a livello locale come il censimento sulla salute degli alberi avviato a Genova e l’integrazione della Rete ecologica nel Piano Regolatore del Comune di Roma.

Biodiversità nelle città Fra i dati della biodiversità, curioso quello sulla temuta “zanzara tigre” che, fra le 24 città indagate, al 2007 continua ad essere assente solo a Catania e Cagliari. A Venezia, Trieste, Livorno e Foggia è segnalata solo in Provincia, mentre nelle altre città esiste anche a livello comunale. Presenze di turisti Certo è che il fenomeno “zanzara tigre”

Da sinistra: Maurizio Mannoni (giornalista RAI), Giancarlo Viglione, Alfonso Pecoraro Scanio, Gianfranco Tiezzi (Assessore Comune di Genova, Emilio Floris (Sindaco di Cagliari) e Sergio Marino (Direttore generale ARPA Sicilia)

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non spaventa i potenziali turisti del Belpaese, infatti non sembra pregiudicato il dato positivo del Report, che mostra il rapporto che misura il carico di turisti nelle città (valore che si nota in crescita nella metà di quelle considerate). Il numero di notti trascorse dai turisti nelle 24 città italiane ha superato nel 2006 i 60 milioni, con un più 5% (poco meno di tre milioni di notti) rispetto al 2005. Roma guida la graduatoria delle città con le maggiori presenze di turisti (oltre 23 milioni) e, insieme a Venezia, registra le migliori performance in campo alberghiero con un tasso di occupazione nel settore che nella città della laguna è addirittura superiore al 73% e nella capitale supera il 60%. Qualità dell’aria Ma Roma appare anche in un’altra

classifica, in questo caso negativa, che vede la capitale al 1° posto tra le 24 città campione, con più auto ogni mille abitanti (699 veicoli), nonostante la percentuale sia scesa nell’ultimo anno del 4,5%, seguita nel sud da Catania (680) e nel nord da Modena (651). Aumentano da nord a sud anche i motocicli: a Brescia +25,4%; a Palermo +103,5%. Sempre parlando di veicoli, sono in aumento le auto a basse emissioni: le euro 4 salgono oltre il 10% ovunque: in percentuale, è Roma (24,6%) che detiene il primato con un aumento del 129% in sei anni. Sempre più numerose sono, però, le auto a gasolio, con percentuali oltre il 30% a Torino, Parma, Foggia, Bari e Taranto. I dati relativi al parco veicolare, sono valori che testimoniano la

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necessità di rafforzare il risanamento della qualità dell’aria con appositi piani, insistendo con interventi mirati ai trasporti, che continuano ad essere il primo fattore di inquinamento in 19 delle 24 città analizzate. È ancora Roma, ma anche Torino e Messina, che presentano le percentuali più elevate di emissioni (superiori al 60%). In ben 18 città la maggior parte delle emissioni sono dovute al traffico, con eccezioni a Venezia e Taranto, dove è l’industria a incidere maggiormente, rispettivamente con il 74% e il 91%. Non dissimile è la situazione relativa al monossido di carbonio e benzene, mentre gli ossidi di zolfo arrivano soprattutto dall’industria, anche se a Napoli (63%), Cagliari e Palermo (entrambe 77%), la gran parte delle emissioni proviene dai porti. Occorre precisare che riguardo ai dati relativi all’inquinamento dell’aria, l’APAT ha provveduto a ritrattare quanto un primo tempo affermato (n.d.r. sembra per un errore sistematico avvenuto nella compilazione degli elaborati), sostituendo successivamente alla presentazione del Rapporto, le tabelle illustrative della situazione del trasporto su strada consultabili sul sito web dell’Agenzia. Acqua Passando dall’aria all’acqua per uso domestico, c’è da dire che a partire dal 2002, il consumo pro-capite ha iniziato una sostanziosa diminuzione attestandosi nel 2006 a 69,4 m3 per abitante. I consumi maggiori nel 2006 si sono registrati a Torino (88,8 m3/ab), Brescia (84,4 m3 /ab), Roma (83,4 m3/ ab), Catania (78,3 m3/ab) e, a seguire, Napoli (75,5 m3/ab). Consumi minori si sono avuti a Livorno (47,4 m3/ab), Foggia (48,7 m3/ab) e Prato (50,3 m3/ab). Con l’estate alle porte i dati riguardanti il mare delle principali città e delle loro province, risultano estremamente attuali. La situazione dei rilevamenti, secondo il monitoraggio dell’ambiente marino costiero effettuato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, da febbraio 2006 a gennaio 2007, in corrispondenza di 63 punti critici prefissati, mostra che la qualità delle acque risulta generalmente critica nei pressi di Roma ed in provincia di Foggia. Le acque del mare di Genova, Livorno, Napoli e Bari, rientrano invece nella media. Viceversa l’indice di qualità registra solitamente valori medio alti in prossimità delle città di Venezia, Catania e Cagliari ed alti


per Taranto, Reggio Calabria, Palermo e Catania. Inquinamento acustico I dati relativi all’inquinamento acustico risultano estremamente insufficienti per l’inadempienza di molte città alla legge per la classificazione acustica. Vi hanno ottemperato 14 città, mentre solo 6 hanno approvato il Piano di risanamento e 5 (Padova, Milano, Bologna, Firenze, Livorno) sono in regola con la relazione biennale sullo stato acustico. Energia elettrica, gas metano e riscaldamento in città Il gas metano per uso domestico e riscaldamento a livello nazionale segnala, tra il 2000-2006, un aumento medio del 6,7%. Sono in testa Palermo (40,3%), Catania (34,9%), Genova (25,5%) e Bari (24,5%). Riducono invece i loro consumi Milano (-22,1%), Brescia (-20,5%) e Cagliari (-11,9%). Nel 2006, rispetto all’anno precedente, si nota una consistente diminuzione dei consumi di gas metano per uso domestico, corrispondente in media al 4,8%. In 14 città è presente un aumento dei consumi di energia elettrica per uso domestico (3,67%), rispetto al 2000; mentre le rimanenti 10 attestano una riduzione (6,2%). La città che registra una forte diminuzione sempre rispetto al 2000 è Genova (-13,1%) e a seguire Bologna (-10,9%). Per il 2006 la città con il consumo di energia elettrica pro capite più basso è stata Foggia (843,65 kWh/ab), mentre

la città più “energivora” risulta Cagliari, che nel 2006 ha consumato 1559,5 kWh per abitante e a seguire Roma (1503,2 kWh/ab). Soddisfatte le Istituzioni Il Presidente dell’APAT, Giancarlo Viglione, nell’aprire la giornata di presentazione del Report ha ribadito il suo impegno a garantire un’azione sempre più incisiva dell’Agenzia nella produzione e diffusione delle informazioni relative all’ambiente urbano, quale presupposto per pianificare interventi. “Impegnandoci - ha detto Viglione - a fornire il nostro apporto a quanti ce lo chiederanno, come avvenuto in altri contesti, a partire dalle aree emergenziali della Campania, dove l’APAT ha collaborato proprio in questi giorni alla redazione del Piano comunale per la raccolta differenziata dei rifiuti”. Viglione non ha mancato di sottolineare, rivolgendosi al Ministro Alfonso Pecoraro Scanio, anch’egli presente, come dal momento della sua nomina abbia assolto, all’interno dell’Agenzia, vari ruoli: da Direttore generale a Commissario e infine Presidente. Ricordando che all’atto della sua nomina l’APAT era un dipartimento del Ministero dell’Ambiente, Viglione ha sottolineato come il suo incarico abbia coinciso con la riforma dell’Agenzia, secondo le modalità volute fortemente dal Ministro dell’Ambiente, dal Governo e dal Parlamento che l’ha votata. “La fase della diffusione delle informazioni - ha dichiarato a sua volta Alfonso

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Pecorario Scanio - è rilevante almeno quanto quella dell’elaborazione e della conoscenza, un elemento essenziale per affermare un sistema più sostenibile per l’ambiente”. Alla presentazione del Report sull’ambiente urbano erano inoltre presenti, tra gli altri il Sindaco di Cagliari, Emilio Floris che nel suo intervento ha rivendicato l’urgenza di “Politiche di vasta area, dedicate non solo alle città, ma anche agli agglomerati urbani che le circondano, i cui destini non possono essere separati”. “O si lavora tutti insieme o si è condannati - ha proseguito Floris che ha pure sottolineato - che il 58% dell’area urbana di Cagliari è di interesse naturale nazionale o comunitario, per cui i cagliaritani devono essere grati a madre natura per ciò che ha loro regalato e cercare di conservarlo al meglio”. Il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, intervenuto in videoconferenza alla presentazione del Rapporto, ha osservato che: “È essenziale un coordinamento tra le varie istituzioni, che consenta di tutelare l’ambiente e al tempo stesso la grande attività economica che caratterizza l’area padana”. Il Presidente dell’APAT Giancarlo Viglione, nel congratularsi con Formigoni per il lavoro svolto dall’ARPA della Lombardia, ha auspicato che nel futuro si possa continuare e sviluppare una proficua collaborazione tra gli Enti.


SOLAREXPO E GREENBUILDING: UN CONNUBIO DI SUCCESSO Torna in Fiera a Verona l’appuntamento con le rinnovabili e l’efficienza energetica di Francesca Zannin

850 espositori tra diretti e rappresentati; 58.000 mq occupati; un calendario ricco di appuntamenti convegnistici: questi sono i risultati finora conseguiti da SOLAREXPO e GREENBUILDING, i due eventi su Energie rinnovabili ed Efficienza energetica, che si terranno dal 15 al 17 maggio prossimi in Fiera a Verona. Con una crescita del 50% degli espositori e del 75% delle aree espositive (rispetto all’edizione 2007), SOLAREXPO e GREENBUILDING si sono definitivamente imposti come eventi da non perdere, per promuovere i propri prodotti nell’ambito delle fonti ed energie rinnovabili (SOLAREXPO) e nei settori dell’architettura sostenibile e dell’efficienza energetica (GREENBUILDING). L’elevato tasso di internazionalizzazione (al momento il 30% dei partecipanti proviene dall’estero) sarà testimoniato dalla presenza di paesi come Cina, India, Turchia, Israele, Stati Uniti, Canada, Giappone, oltre alle conferme “storiche” di Germania e Spagna. Le numerose tecnologie in rassegna nei 6 padiglioni occupati vanno dai pannelli solari, per ridurre i costi di riscaldamento e di acqua calda, ai pannelli fotovoltaici in grado di produrre energia elettrica. Ma non solo, sono in mostra impianti di riscaldamento radiante a parete o a pavimento per un uso razionale del calore domestico, riduttori di flusso e rompigetto aereati, caldaie ad alta efficienza, infissi ad elevate prestazioni termiche. E ancora, troveranno spazio eco-materiali, case in legno, LED e impianti di recupero e riciclo delle acque piovane e domestiche.

La sfida di SOLAREXPO e GREENBUILDING è di fornire soluzioni e strategie per rispondere in maniera efficace ai cambiamenti climatici e alla necessità di sostituire le fonti energetiche “convenzionali”, in via di esaurimento. Obiettivi, questi, che sono in grado non solo di promuovere l’attenzione all’ambiente e all’utilizzo critico delle risorse, ma anche di favorire la crescita del mercato di questi settori: dal fotovoltaico al solare termico, dalla micro-cogenerazione a tutte le tecnologie “efficienti”, rivolte, in particolare, al settore edilizio e impiantistico. Oltre alla parte espositiva i due eventi proporranno un programma di Convegni di assoluto rilievo: dall’immancabile appuntamento dedicato al fotovoltaico, realizzato con il contributo di Sharp, al Convegno sul solare termico che vede il contributo di Sonnenkraft, agli appuntamenti specifici sui temi dell’efficienza energetica e dell’architettura sostenibile. A questi si affiancheranno, come di consueto, corsi di formazione che spazieranno dal fotovoltaico al solare termico, dal verde pensile alla termografia. Le novità di SOLAREXPO In questo percorso di promozione di soluzioni e strategie per un futuro sostenibile si inserisce anche POLYGEN, l’evento specializzato di SOLAREXPO su cogenerazione e trigenerazione. La produzione combinata di energia elettrica e calore rappresenta infatti un interessante strumento di promozione dell’efficienza energetica e delle riduzioni delle emissioni climalteranti. La generazione distribuita (impianti di produ-

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zione energetica vicini al consumatore) è inoltre considerata da più parti come un modello che avrà un forte impulso nel prossimo futuro, accompagnato dall’evoluzione delle tecnologie di produzione di energia elettrica e termica. L’iniziativa, che vede il patrocinio di Cogena, Italcogen, Fire e Kyoto Club, sarà caratterizzata da un’area espositiva dedicata, dove si daranno appuntamento le aziende del settore, e da un Convegno nazionale per approfondire il quadro normativo dettato dal D. Lgs. 20/2007, le nuove regole per l’allacciamento e lo scambio, l’evoluzione della normativa tecnica, le reali opportunità del mercato. POLYGEN spazierà dai componenti per impianti di cogenerazione ai motori Stirling, dagli impianti chiavi in mano di solar cooling a quelli di trigenerazione, dalle turbine a gas con recupero di calore ai refrigeratori ad assorbimento a fiamma diretta. In esposizione la filiera del fotovoltaico Troverà spazio, all’interno del padiglione 2, un’area dedicata alla filiera del fotovoltaico che vedrà appunto la partecipazione di produttori di macchine e linee automatizzate complete, nonché di materiali e consumables per la produzione di wafer di silicio, celle e moduli fotovoltaici. L’esposizione tecnologica sarà affiancata dal Convegno “L’industria italiana del fotovoltaico: l’integrazione a monte della supply chain e i programmi di ricerca e sviluppo”, un’occasione di approfondimento e confronto sulle prospettive di innovazione industriale di breve-medio termine, così come sulle frontiere della ricerca sul più lungo periodo, innescate per lo sviluppo dell’industria nazionale del fotovoltaico. ILLUMINAZIONI, lo showroom tecnologico di GREENBUILDING A GREENBUILDING fa il suo esordio ILLUMINAZIONI, lo showroom dedicato a tecnologie, applicazioni e materiali innovativi per l’efficienza energetica e l’architettura sostenibile. ILLUMINAZIONI inaugura un nuovo linguaggio espositivo, per offrire esperienze di visita diverse rispetto alla classica dimensione fieristica e una fruizione del tutto particolare degli oggetti esposti. L’idea di fondo è che tecnologie da sempre viste solo nel

loro utilizzo pratico abbiano pienamente diritto a essere considerate anche sotto una luce nuova. La denominazione stessa, da una parte fa riferimento ai fasci di luce che colpiranno le tecnologie, quasi fossero delle opere d’arte, dall’altra richiama l’idea di un percorso “illuminante” per il visitatore, un percorso in grado di far vedere le soluzioni per una nuova cultura del progettare e del costruire. Il tutto in un’ambientazione elegante e discreta. Lo showroom sarà posizionato al centro del padiglione 6 per sottolineare il prestigio e il valore dell’iniziativa e spazierà dal settore dell’efficienza energetica nell’involucro edilizio a quello degli impianti tecnologici (climatizzazione, illuminazione, domotica), dall’architettura sostenibile all’integrazione del solare sia termico che fotovoltaico. Nel cuore di GREENBUILDING, i riflettori saranno puntati sull’innovazione tecnologica per la nuova architettura. Perché visitare SOLAREXPO e GREENBUILDING I 6 padiglioni del quartiere espositivo offriranno la più aggiornata rassegna di prodotti e servizi nell’ambito delle rinnovabili, dell’edilizia sostenibile e dell’efficienza energetica. I due eventi sono rivolti quindi a professionisti del settore che possono trovare in fiera le tecnologie più innovative e di frontiera, ma anche alle aziende interessate a ridurre i costi energetici grazie alle energie rinnovabili e che desiderano aggiornarsi su tutti gli incentivi economici e fiscali a riguardo. Non vengono trascurate le famiglie che nell’ambito della parte fieristica avranno la possibilità di toccare con mano tutte le soluzioni alternative per una casa ecologica e per il risparmio energetico. Un tema quest’ultimo caro a tutti, visti i continui annunci di aumenti delle tariffe energetiche.

Informazioni utili: SOLAREXPO e GREENBUILDING si terranno dal 15 al 17 maggio prossimi presso la Fiera di Verona con orario continuato dalle ore 9.00 alle ore 19.00. Per usufruire di un biglietto ridotto ed evitare code all’ingresso è possibile acquistare il biglietto con carta di credito su www.solarexpo.com e www.greenbuildingexpo.eu.

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Firenze, Fortezza Da Basso, 23-25 Maggio 2008

TERRA FUTURA Mostra-convegno internazionale l d delle ll b buone pratiche di sostenibilità a cura di Ufficio Stampa di Terra Futura

Torna dal 23 al 25 maggio 2008 TERRA FUTURA. La Fortezza da Basso, a Firenze, ospiterà la V edizione della Mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Al centro della tre giorni, pensata per comprendere come agire al fine di garantire un futuro alla terra e come costruire un modello di sviluppo diverso, più equo e sostenibile, ci sono i temi della salvaguardia del pianeta, dello sviluppo umano e dei beni comuni. Nell’ampia rassegna espositiva saranno presenti: associazioni e realtà del non profit, imprese eticamente orientate, enti locali e istituzioni. L’intento è quello di offrire testimonianze su come sia possibile comportarsi in modo “sostenibile” in ogni ambito: dall’abitare al produrre, dal coltivare all’agire, fino al governare. Come sempre, ricco anche il Programma culturale, fra Convegni, Seminari e Dibattiti, che vedranno intervenire a Firenze numerosi esperti e testimoni provenienti dal mondo della politica, dell’economia e della ricerca scientifica,

dal terzo settore, dalla cultura e dallo spettacolo. TERRA FUTURA - promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus per conto del sistema Banca Etica (Banca Etica, Consorzio Etimos, Etica SGR, Rivista ”Valori”) e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c., realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente, in collaborazione con Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA - quest’anno avrà come tema centrale le “Alleanze”. Se aria, acqua, terra, ma anche lavoro, pace, cultura e informazione sono ormai indicati come beni comuni, i mondi dell’economia, della politica e della società civile rimangono lontani dall’adozione di un piano condiviso che riunisca sulla stessa piattaforma di diritti tutti gli abitanti della terra e renda concreto l’impegno per la sostenibilità economica, ambientale e sociale del pianeta. Nessuno degli attori in gioco può farcela da solo: oggi è necessario

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porre l’accento sul tema delle politiche strategiche e di lunga portata dei governi e delle imprese, perché solo un’alleanza trasversale e duratura fra le varie componenti della società può portare a risultati significativi. Dopo anni di riflessione sulla sostenibilità e sperimentazione di tante buone pratiche, ciò di cui si ha bisogno oggi è uno sforzo di sintesi, efficacia e concretezza: TERRA FUTURA 2008 continuerà in questa cornice il suo impegno verso un futuro sostenibile. Per informazioni: www.terrafutura. Relazioni istituzionali e Programmazione culturale: Fondazione culturale Responsabilità Etica Onlus tel. +39 049 8771129 - fax +39 049 7399760 fondazione@terrafutura.it Organizzazione evento ADESCOOP - Agenzia dell’Economia Sociale s.c. tel. +39 049 8726599 info@terrafutura.it Ufficio stampa e comunicazione Marta Giacometti tel. +39 049 8764542 cell +39 338 6719974 giacometti.stampa@terrafutura.it



Milano, 3 giugno 2008 - Convegno

NUOVE REGOLE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE

Promosso da Assofoodtec e Federalimentare, con il contributo scientifico del TIFQ di MGP Srl - Ufficio stampa Assofoodtec e TIFQ

“Igiene alimentare in primo piano. Nuove regole per la sicurezza” è il titolo del Convegno che avrà luogo il 3 giugno 2008 presso l’Università degli Studi di Milano - Facoltà di Agraria. Promosso da Assofoodtec (Associazione italiana dei costruttori di macchine, impianti e attrezzature per la produzione, la lavorazione e la conservazione alimentare) in collaborazione con Federalimentare (Federazione italiana dell’industria alimentare), si avvale del contributo scientifico di TIFQ (Istituto per la qualità igienica delle tecnologie alimentari). L’introduzione di nuove regole sulla sicurezza alimentare, volte a migliorare le tecnologie produttive e di conseguenza la qualità dei prodotti, rende necessari notevoli cambiamenti in tutte le componenti che contribuiscono al processo produttivo. Il Decreto Legislativo 193/07 che attua la Direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei Regolamenti comunitari nel medesimo settore, abroga l’autorizzazione sanitaria, ma richiede alle imprese alimentari di emettere la Dichiarazione di Inizio Attività (DIA). In questa dichiarazione, l’imprenditore - con la dovuta competenza - deve dichiarare che la struttura, gli ambienti di lavoro, le attrezzature e i macchinari siano conformi alle normative vigenti. Questa procedura responsabilizza totalmente l’imprenditore sull’utilizzo delle tecnologie, sulla gestione del processo e sulla scelta delle attrezzature, dei macchinari e la loro manutenzione. L’etichettatura, la stampigliatura che verrà applicata sul prodotto finale conterranno tutte le informazioni di ciò che è stato attuato, affinché si garantisca l’idoneità ai piani prestabiliti del prodotto finale. Ossia se siano state rispettate le normative vigenti, che consentono di stabilire la rintracciabilità dei materiali utilizzati, la definizione dei

lotti di produzione, la data di immissione sul mercato e tutte le informazioni utili al consumatore. Un secondo riferimento normativo è il Regolamento Quadro 1935/2004 CE che indica i criteri base, la marcatura e a cosa si devono conformare i materiali e gli oggetti. È superfluo sottolineare la vastità di questo provvedimento e la ricaduta sul mercato. È pertanto necessario indicare un percorso che permetta principalmente di trasferire maggiori conoscenze per supportare le imprese, permettendo loro di migliorare il sistema progettuale per favorire l’innovazione, migliorando di conseguenza le performance gestionali e dei processi, principalmente verso le medie e piccole imprese. Infatti, sono proprio queste realtà produttive ad avere le maggiori difficoltà di accesso all’informazione e all’innovazione tecnologica. È necessario quindi un coordinamento delle attività per assicurare il trasferimento delle conoscenze. L’obiettivo che il Comitato organizzatore si pone è quello di evidenziare i principali cambiamenti del settore, e richiamare l’attenzione di imprenditori e aziende verso quegli Istituti che possono supportarli fornendo competenza e professionalità. Segreteria Organizzativa: MGP Srl Viale Montenero,17 - 20135 Milano Tel. 02 55199416 - fax 02 55199376 morena.dittongo@mgpcomunicazione.it federica.giribaldi@mgpcomunicazione.it

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In collaborazione con:



“METROPOLI E CLIMA”

Convegno: le grandi città rispondono alla sfida dell’efficienza energetica e della sostenibilità di Lorena Cecchini foto di Paolo Moretti

Un’economia “leggera e pulita”, questo serve alle grandi metropoli affinchè possano rispondere alla sfida dell’efficienza energetica e della sostenibilita. Le città italiane crescono e con esse crescono i consumi, energetici mostrando valori doppi rispetto alla media europea. Su questi temi si è svolta a Roma, l’8 aprile scorso, l’iniziativa sul tema “Metropoli e Clima”, Convegno organizzato da ISES Italia, promosso dal Borgo della Conoscenza, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente. Al Teatro dei Dioscuri, è andato in scena un argomento che riguarda le nostre città, ma genericamente tutti i grandi agglomerati urbani del mondo, ossia popolazioni concentate in aree ristrette, “divoratrici” di consumi, quelli energetici in primo piano. “Una sfida ancora irrisolta, o quantomeno, incerta quella sulla produzione e consumo sostenibile di energia, sul trattamento dei rifiuti, uso delle risorse idriche, infrastrutture e mobilità, modalità di costruzione per garantire la qualità degli edifici, e molto altro ancora. Qui si trovano i rebus insoluti che rischiano di rimanere senza soluzione ancora per molto tempo. Come rispondere allora per cercare di orientare lo sviluppo verso un futuro più accogliente riguardo al principio di sostenibilità? Sembra ormai tempo che dall’analisi dei fatti e dall’individuazione degli obiettivi si passi rapidamente alla caratterizzazione e all’uso di strumenti adeguati, peraltro già determinati a livello euorpeo. Dalla letteratura, dove questi temi sembrano sfruttare al massimo le loro potenzialità di coinvolgimento e la loro capacità di attrazione, sarebbe il momento di trasferirli al centro della Politica e delle Amministrazioni, che devono necessariamente dare dimostrazione di

saper creare innovazione e accompagnare l’intero percorso, ma anche dalle imprese si attendono nuove modalità di intervento, certamente favorite dalla costruzione di una rete di imprenditori motivati all’investimento e all’innovazione. Ma per tutti, cittadini compresi, la sfida richiede un ampio grado di responsabilità e una dinamica più convinta”. Tra gli Enti che hanno voce in capitolo sui modi per cercare di abbattere i consumi di energia primaria di fonte fossile, c’è l’ENEA, Ente che attraverso Mauro Annunziata, ha fornito la spiegazione sulla teoria definita di sostituzione efficiente. L’approccio prevede in definitiva la sostituzione delle componenti tecnologiche ad alto consumo energetico con alternative a più basso consumo e introduzione di sistemi di generazione di energia basati su fonti rinnovabili. Stando a quanto riferito da Annunziata, c’è il rischio però di perdere potenzialmente il vantaggio ottenibile con una visione più sistemica e in grado di valutare un insieme coordinato di nuove tecnologie di consumo e generazione locale di energia, in armonia con le condizioni territoriali e le esigenze locali. Obiettivo quest’ultimo più facilmente raggiungibile utilizzando l’approccio dello sviluppo integrato dell’efficienza, un vero e proprio modello di sviluppo, con un alto potere di coinvolgimento dell’intera realtà territoriale, che prevede di ottimizzare, attraverso un mix di soluzioni tecnologiche, l’interazione tra consumo e generazione locale dell’energia, con consumi ridotti e ricorso significativo alle fonti rinnovabili. Praticamente, la descrizione è quella del distretto energetico ad alta efficienza, applicabile ad insediamenti omogenei di varia natura e grandezza (aziende, distretti industriali, quartie-

Tor Tre Teste (Roma). La Chiesa “Dives in Misericordia” di Richard Meier, costruita con cemento TX Millenium.

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ri, paesi). L’ENEA su questo fronte, si è impegnato a definire una roadmap per l’applicazione del modello dello sviluppo integrato, anche se ammette l’esistenza di lacune sulle tecnologie di sistema e sull’offerta di soluzioni integrate. Per l’Associazione Clinton Climate Iniziative, è intervenuta Eugenie Bisulco, che ha rappresentato l’esigenza di un programma di coordinamento internazionale per ridurre le emissioni dovute ai consumi nelle città. L’esponente della CCI ha parlato di un programma per la riqualificazione degli edifici che contribuiscono al 70% delle emissioni, spiegando che l’attività include anche la mediazione con gli Istituti di credito per i necessari finanziamenti. Diversi progetti sono stati avviati per numerose città, tra cui Londra, dove il progetto di riqualificazione ha richiesto una cifra di 10 milioni di dollari; a Parigi il progetto ha riguardato 600 edifici scolastici; poi, Toronto, dove la pianificazione degli interventi ha impegnato 55 milioni di dollari; a New York, invece, è in corso un progetto per 6 mila metri quadri di edifici. Accordi di collaborazione, mirati ad una maggiore razionanalizzazione delle risorse, sono in corso anche con la città di Roma, dove l’inizio del progetto per attrezzare la città a contenere maggiori consumi, ha riguardato edifici scolastici, uffici e impianti sportivi per un’area complessiva di 500.000 m2. Un piano tematico condiviso ed integrato dell’ambiente urba-

no, è un’irrinunciabile strategia anche per Emilio D’Alessio, del Comitato Esecutivo ICLEI - Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, secondo il quale le città italiane vanno opportunamente organizzate sulla base di queste esigenze. D’Alessio nel suo intervento ha insistito sul ruolo determinante dell’Italia nell’assumere una posizione leader nel Mediterraneo, anche grazie alle specifica competenza e rilevanza che assume Agenda 21 Locale, che sostiene l’iniziativa denominata “Patto dei Sindaci”, quale ispiratrice e coordinatrice delle varie Amministrazioni (vedi box). La seconda parte della mattinata sui temi delle grandi metropoli, è stata dedicata ad una Tavola Rotonda, che ha visto un momento centrale nell’intervento di Corrado Clini, Direttore generale del Ministero dell’Ambiente, che ha parlato di fondi per il clima. “Sono già anni che in Finanziaria viene previsto un fondoper il clima per finanziare progetti simili a quelli di Roma per Kyoto - ha sottolineato Clini - ma il problema è che il fondo non è mai stato attivato, per mancanza di un soggetto attivatore”. Clini ha concluso con la proposta che in futuro tali iniziative si rendano efficaci con progetti pilota attuati in sinergia tra Pubblica Amministrazione e Settore privato, fatta salva una maggiore concertazione a livello istituzionale.

TEMPO DI ALLEANZE CITTÀ PIÙ SOLIDALI, CITTÀ PIÙ SOSTENIBILI di Lorena Cecchini Emilio D’Alessio è Presidente del Coodinamento Agende 21 Italiane, una rete volontaria di circa 400 Enti locali italiani, che si è consolidata in pochi anni divenendo un laboratorio molto importante per i temi della sosenibilità. Della definizione sulla dimensione urbana si è discusso molto in Europa quando si è parlato anni fa di strategia tematica dell’ambiente urbano. “La Commissione Europea aveva allora un progetto ambizioso - ha ricordato D’Alessio durante il suo intervento al Convegno Metropoli e Clima - quello di produrre una direttiva che si occupasse di dare linee guida per una strategia tematica urbana. Alla fine, stemperando il significato iniziale, si è approdati alla redazione di una comunicazione, e ne è scaturita la decisione che una città è quella che ha 100 mila abitanti: questo è il parametro della dimensione urbana europea”. Nell’Europa dei 27 sono circa 450 le città con più di 100 mila abitanti. Nel Vecchio Continente complessivamente la popolazione urbana arriva al 75%, una cifra che lascia ragionevolmente comprendere che le politiche urbane decidono il destino del continente, e non solo. “La Conferenza delle Parti di Bali, tenutasi in dicembre, durante il Vertice Mondiale, ha chiarito con l’adesione finale degli Stati Uniti e la sottoscrizione dell’Austrialia al protocollo di Kyoto, che esiste finalmente una condivisione globale sulla necessità di ridurre le emissioni atmosferiche e per l’Italia - ha ricordato D’Alessio - in tema di sforzi per la riduzione, si profila un obiettivo difficile, ossia entro il 2020 dovremmo arrivare a produrre il 17% di energia rinnovabile. Oggi ne produciamo il 5,2%. In 12 anni, la sfida, piuttosto ardua, è quella di riuscire a triplicare la capacità di produrre energia rinnovabile”. Per quanto riguarda i fautori dell’alternativa al nucleare, D’Alessio ha ricordato che “una centrale anche progettata domani, potrebbe essere funzionante, facendo una stima ottimistica, solo nel 2019...!”. Cosa possono fare quindi gli Stati? La risposta è: aiutarsi proprio con le città e l’idea di cui si è fatto cenno al Convegno, si chiama “Patto dei Sindaci”. Si tratta di un documento che obbliga chi lo sottoscrive a raggiungere obiettivi precisi e che deriva dall’assunsione di responsabilità alla lotta ai cambiamenti climatici, attraverso un percorso ben mirato, chiaro, trasparente, verificato dai cittadini, comunicato ed eventualmente anche rescisso, se gli obiettivi non vengono raggiunti. Il Patto, che impegna i Sindaci a ridurre le emissioni di CO2 con l’attuazione di un Piano d’Azione sull’Energia Sostenibile, è attualmente in fase di registrazione e dovrebbe essere pubblicato nella sua versione definitiva in autunno e da allora potrà essere sottoscritto. Hanno già dichiarato interesse molte città europee, anche italiane, prima fra tutte e molto attiva, Milano. Alla base di questa iniziativa c’è la necessità di costituire un asse diretto, Città-Regioni-Governo-Unione Europea, sull’efficienza energetica delle città. “Nel primo semestre del 2007 è stato firmato un documento molto importante - ha ricordato D’Alessio - La Carta di Lipsia sulle Città Europee Sostenibili, dove si chiede in definitiva ai Ministri degli Stati Membri, che ci siano piani di gestione integrata urbana”. “Ma una città non deve essere solo efficiente - ha osservato D’Alessio - deve essere anche bella, nel senso che deve avere la capacità di attrarre investimenti, popolazione, una città dove si vive e si lavora in migliori condizioni e fiinalmente queste caratteristiche stanno diventando temi importanti per costruire città in grado di competere con le esigenze del mondo contemporaneo”. L’importante è capire che non si stanno chiedendo sacrifici, ma offrendo opportunità. L’indicazione è quella di non subire un processo dunque, ma governarlo e anticiparne gli effetti negativi. In tema di costi, D’Alessio ha spiegato che il Pacchetto energia della Commissione UE, oltre a definire progetti ambiziosi rispetto alle emissioni e alle rinnovabili, punta a creare un mercato interno all’energia: “dovrebbe costare ad ognuno circa 150 euro, in termini di PIL dallo 0,5% allo 0,6%. Ma se l’Europa non si muove per accelerare la capacità di risposta ai cambiamenti climatici, anche a livello di singola città, perderemo dal 5% al 20% di PIL”. D’alessio ha concluso dicendo che “Non dobbiamo dimenticare la nostra specificità di Paese mediterraneo, sia a livello di città che di Nazione. Per questo dobbiamo pensare a mettere in atto una strategia climatica mediterranea. L’Italia ha opportunità, caratteristiche e contesti diversi dai quali partire, a differenza di altri validissimi Paesi europei posti ad altre latitudini, specificità che possono consentirle di divenire nazione leader in Europa ed esempio positivo per altri Paesi. Verticalmente resta comunque necessario praticare chiaramente la sussidiarietà”.

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Presentati i dati 2007 dell’Osservatorio Nimby Forum®

“ANDARE OLTRE IL GIARDINO” ... SENZA CALPESTARE QUELLO DELLE FUTURE GENERAZIONI “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”. (Hans Jonas, “Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica”, Torino, Einaudi, 1993, pag. 16). Quando nel 1979, il filosofo Hans Jonas, uno dei primi promotori del dibattito sulla bioetica, scrisse “Il principio responsabilità”, si era reso conto che l’uomo, in virtù di scienza e tecnica, stava diventando più pericoloso per la natura di quanto la natura lo sia stata nei suoi confronti in passato. Partendo da questa constatazione, Jonas ha tentato di dare fondamento filosofico al principio di responsabilità che riguarda non solo la sopravvivenza, ma la dignità della specie stessa, messa in pericolo dagli stili di vita e dallo spreco di risorse. Anticipava di qualche decennio il dissidio moderno tra il mondo e l’umanità di oggi e il mondo e l’umanità di domani, cercando una mediazione tra le posizioni di chi vede l’uomo in condizioni di superiorità nei confronti della natura (antropocentrismo) e chi considera la Natura principale attore della biosfera (biocentrismo). Il pensiero “ontologico” di Jonas riporta in primo piano la responsabilità della politica, rispetto ai comportamenti privati che hanno, comunque, peso e valore etico. Di fronte al rischio dell’estinzione della specie umana,l’“Unica soluzione è modificare il proprio stile di vita - ha scritto di recente su Mosaico di Pace, rivista promossa da Pax Christi, padre Francisco Gearoid O’ Connor (O.F.M.) - nell’etica, prima che nella tecnica”. Le preoccupazioni delle varie Chiese cristiane per le condizioni della Terra erano presenti nel 1992, quando in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro, si svolse contemporaneamente in Brasile il Consiglio Ecumenico delle Chiese (la Chiesa cattolica vi partecipa come “osservatrice”, mentre è membro a pieno titolo della Commissione “Fede e Costituzione”) al termine del quale fu redatta una “Lettera alle Chiese” (Letter to the Churches, Baixada Fluminense, Brazil, 1992), che iniziava in questo modo: “Cari sorelle e fratelli, vi scriviamo con un senso di urgenza. La terra è in pericolo. La nostra sola casa è minacciata. Siamo sul precipizio della distruzione. Per la prima volta nella storia della creazione, l’azione umana sta distruggendo alcuni sistemi di supporto alla vita del pianeta”. Anche la Chiesa cattolica, quantunque impronti la sua azione pastorale ad una visione positiva, si sta interessando, infatti, degli effetti che l’attività dell’uomo provoca sull’ambiente, dedicando all’ecologia un’attenzione particolare attraverso l’insegnamento della Dottrina sociale. Nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Libreria editrice Vaticano, 2004) l’attenzione della Chiesa cattolica verso l’am-

biente si precisa, dedicandogli uno dei capitoli più ampi “Salvaguardare l’ambiente” (Capitolo Decimo), con titoli di sezioni quali “La crisi nel rapporto tra uomo e ambiente” (III, 461-463), “Una comune responsabilità” (IV, 467-487), mentre è possibile rinvenire all’interno del Compendio stesso continui riferimenti a temi ambientali. Non casualmente, il Vaticano è stato il primo Stato a compensare le sue emissioni di carbonio con la riforestazione di un’ampia area del Parco nazionale di Bukk (Ungheria). Seppur l’entità delle emissioni è modesta, rispetto alle quantità globali, è pur sempre l’espressione delle preoccupazioni che la Santa Sede nutre per le questioni ambientali. Papa Benedetto XVI, parlando all’Agorà dei Giovani (Loreto,1-2 settembre 2007) ha detto: “Uno dei campi nei quali appare urgente operare è senz’altro quello della salvaguardia del creato” in cui “sono evidenti i segni di uno sviluppo che non sempre ha saputo recuperare i delicati equilibri della natura”. Il Papa ha esortato, poi, i giovani convenuti “ad adottare scelte coraggiose che sappiano ricreare un’alleanza tra l’uomo e la terra, prima che sia troppo tardi”. Nel Messaggio “Una nuova sobrietà per abitare la terra”, diffuso il 14 febbraio, per la terza Giornata per la Salvaguardia del Creato che sarà celebrata il 1° settembre 2008, la Conferenza Episcopale (CEI) ha chiesto “una conversione ecologica” e un “profondo rinnovamento delle forme di consumo” poiché “l’impatto ambientale della società dei consumi sta diventando insopportabile per il pianeta”. Lo scorso mese di marzo, infine, ha avuto grande risalto, soprattutto sui giornali stranieri, la notizia ripresa da una corrispondenza da Roma (“Vatican list new sins, including pollution”, Reuters, 10 marzo 2008), secondo la quale il Vaticano avrebbe aggiornato i peccati capitali, includendovi l’inquinamento. In realtà si è trattato di una forzatura, tanto che è stato necessario l’intervento del Vaticano stesso per chiarire che non c’è alcun nuovo elenco di peccati. Il fraintendimento è sorto per un’intervista, rilasciata al termine di un Corso per confessori e pubblicata il 9 marzo da “L’Osservatore Romano”, in cui Mons. Gianfranco Girotti, Vescovo reggente della Penitenzieria Apostolica, alla domanda “Quali sono i nuovi peccati secondo lei”, ha risposto che “Vi sono varie aree all’interno delle quali oggi cogliamo atteggiamenti peccaminosi nei riguardi dei diritti individuali e sociali. Innanzitutto l’area della bioetica… Un’altra area, propriamente sociale, è l’area della droga… Ancora l’area delle sperequazione sociali ed economiche… l’area dell’ecologia, che riveste oggi un rilevante interesse”. Comunque la “novità” è stata osservata. Secondo quanto riportato sul sito della BBC News, in data 10 marzo 2008, padre Gerald O’ Cornell, ex professore di Teologia morale presso l’Università Pontificia di Roma, insegnante di alcuni tra i più importanti Vescovi e Cardinali della Chiesa cattolica, ha dichiarato: “È stato interessante il fatto che queste osserva-

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Una delle tanti immagini create per celebrare Earth day 2008 (fonte www.townofbeloit.org/earth.gif)

zioni siano venute dal capo della Penitenzieria Apostolica. Non riesco a ricordare un momento in cui si fosse così preoccupati per problemi come l’inquinamento ambientale e le ingiustizie sociali. È un nuovo modo di pensare”. I mezzi di informazione italiani, però, impegnati a riferire sui programmi elettorali, dove le parole sviluppo economico e ripresa dei consumi sono state tra le più citate dai vari leader politici, non sono sembrati particolarmente interessati a cogliere il messaggio contenuto in tali notizie. La riprova di come la fase elettorale della vita politica e sociale italiana abbia attratto maggiormente l’attenzione dei media, è venuta dall’interesse con cui la stampa ha riportato i dati 2007 della III edizione dell’Osservatorio Nimby Forum che sono stati discussi nel corso di un Convegno tenutosi a Milano il 13 marzo 2008, ma che hanno avuto un’anticipazione su “L’Espresso” del 6 marzo, a dimostrazione che mai come in questo momento la politica segue le problematiche legate alla situazione energetica e allo sviluppo infrastrutturale del paese e, conseguentemente, al dibattito che su tali temi si è acceso. Anche il Financial Times ha dedicato il 29 febbraio 2008 un articolo del suo corrispondente da Roma, Guy Dinmore, dal titolo “I Partiti italiani hanno per bersaglio la sindrome NIMBY” (ricordiamo che l’acronimo deriva dall’inglese Not In My Back Yard - Non nel mio giardino). Secondo il prestigioso quotidiano economico-finanziario britannico, l’attacco ai Nimbis è l’elemento di novità della campagna elettorale, visto che “Con Napoli che si arrotola nell’immondizia non raccolta e i responsabili dell’energia che mettono in guardia sull’eventualità che quest’inverno nelle abitazioni manchi il gas, tutti e due i principali partiti dichiarano che cambieranno le modalità con cui l’Italia funziona o, più correttamente, non funziona”. Osserviamo che due prestigiose Università quali Siena e Pisa hanno deciso di mettere insieme le proprie esperienze per organizzare un Master in “Gestione dei conflitti socio-ambientali” che ha preso avvio il 1° marzo 2008,

evidentemente sarà difficile che il proposito elettorale e l’impegno dei partiti possanno risolvere in breve il problema che non può essere riduttivamente “identificato come una delle ragioni del declino economico del paese e della carenza di infrastrutture”, come sembra voler accreditare, invece, il Financial Times. Posta in questi termini la questione Nimby rischia di essere liquidata come una stupida posizione conservazionistica che tenta di opporsi aprioristicamente alla dinamicità del progresso. Il fatto che siano state le Istituzioni stesse ad aver promosso studi e ricerche per comprendere il fenomeno, significa che si riconosce come non c’è all’origine solo un conflitto tra interessi diversi ma anche una deficienza di governance. Su Regioni&Ambiente avevamo dato risalto alle conclusioni dei primi anni dei lavori dell’Osservatorio Nimby Forum® sul tema dei conflitti territoriali legati alla costruzioni di nuovi impianti o infrastrutture (cfr: “Nimby Forum 04/05”, n. 9 settembre 2005, pagg. 22-23 e “L’Italia dei sì, l’Italia dei no”, n. 11 novembre 2006, pagg. 56-57), così come abbiamo riportato le conclusioni della Ricerca svolta dall’Istituto di Economia e Politica dell’Energia e dell’Ambiente (IEFE) dell’Università Bocconi di Milano sull’informazione e la partecipazione pubblica in campo ambientale, che evidenziava come la Pubblica Amministrazione fosse assai carente in termini di accessibilità ai dati ambientali e nel coinvolgimento dei cittadini ai processi decisionali, tanto che “anche quando i processi partecipativi vengono realizzati - come ha dichiarato il Coordinatore dello Studio-IEFE, Edoardo Croci - spesso si riducono a semplice rito burocratico, piuttosto che rappresentare un’opportunità di miglioramento dei processi decisionali e, possibilmente di condivisione delle soluzioni”. (cfr: “Sindrome Nimby o Amministrazioni poco trasparenti?”, Regioni&Ambiente, n. 1/2 gennaio-febbraio pag. 42 e segg.). Quando poi si afferma che solo in Italia ci si oppone ad impianti o infrastrutture che nel nord d’Europa non trovano ostacoli da

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parte delle popolazioni coinvolte, non si fa corretta informazione. Il 29 gennaio la Commissione Ambiente del Parlamento UE a Strasburgo ha tenuto un’audizione pubblica per dibattere le due petizioni, “con decine di migliaia di firme”, presentate da due cittadini (un polacco e un lituano) che chiedono “chiarezza sul progetto del Nord Stream”, il gasdotto che dovrà portare il gas dalla cittadina russa di Vyborg a quella tedesca di Greifswald, snodandosi nel Mar Baltico per 1.200 km. I edizione

II edizione III edizione

Totale articoli censiti

2.760

4.020

4.116

Articoli al mese (media)

251

309

343

Articoli giorno (media)

8

10

11

Massimo numero articoli giorno

45

66

46

Totale impianti contestati

190

171

193

Nuovi impianti contestati*

-

90

105

L’iniziativa ha espresso la preoccupazione delle popolazioni baltiche per l’impatto ambientale del progetto, mettendone in dubbio il rispetto e chiedendo all’Europarlamento di assicurare nel processo il coinvolgimento della Commissione UE. La Commissione parlamentare (erano presenti il Commissario all’Ambiente Stavros Dimas e quello all’Energia Andris Piebalgs), pur sottolineando la “delicatezza” delle relazioni UE-Russia e i fabbisogni energetici dell’Europa, ha assicurato maggior trasparenza e informazione ai cittadini e la presentazione al riguardo di una relazione al Parlamento in seduta plenaria. “ANDARE OLTRE IL GIARDINO. INFRASTRUTTURE E CONSENSO PER UNO SVILUPPO DURATURO” (fonte ARIS) Nimby Forum® ha intercettato da tempo la centralità di queste tematiche nella questione nazionale istituendo nel 2004 un Osservatorio Permanente che studia come il fenomeno viene riportato dai Media, con un’analisi costante della stampa italiana. Dall’analisi dell’Osservatorio Nimby Forum® 2007 emerge che il fenomeno delle contestazioni territoriali ambientali riscuote un crescente interesse da parte dei media italiani, che sono specchio fedele di quanto accade nel Paese e riportano quotidianamente di opposizioni alla costruzione di grandi opere. Nel corso della III edizione è stato riscontrato un progressivo aumento degli articoli censiti che hanno raggiunto quota 4.116, e del numero di impianti contestati, ben 193. Tabella 1 - Le tre edizioni a confronto *Nota: Il Database Impianti viene creato ex novo a ogni edizione sulla base delle sole contestazioni di cui i media danno

Tipologie di impianti contestati

%

Impianto per la produzione di energia elettrica

32,1%

Termovalorizzatore

22,8%

Rifiuti (altro)

12,4%

Discarica RU

10,9%

Rigassificatore

5,7%

Infrastruttura stradale

5,2%

Infrastruttura generica

4,7%

Infrastruttura ferroviaria

3,1%

Altro

2,1%

Energia (altro)

1,0%

notizia nel corso del periodo di analisi: per questo motivo ai nuovi casi di contestazione rilevati si aggiungono alcuni degli impianti contestati nelle precedenti edizioni e che ancora continuano a essere oggetto di attenzione da parte della stampa. I comitati di cittadini sono indubbiamente i protagonisti sulla stampa nazionale, che riporta con più ampio spazio soprattutto le ragioni di opposizione agli impianti. Nella maggior parte dei casi la voce del proponente è assente, il che contribuisce ad alimentare un clima generale di sfiducia verso la politica e il mondo delle imprese. La necessità di coinvolgere il territorio sin dalle prime fasi di progettazione di un impianto viene sottovalutata dalle aziende che spesso comunicano solo quando la crisi è già in atto. Questo atteggiamento viene inoltre enfatizzato dall’assenza di obblighi normativi sufficienti a ovviare a carenze di comunicazione, come invece accade in altri paesi europei. L’assenza di procedure di coinvolgimento dei cittadini e di una programmazione di sviluppo a livello nazionale concorrono così a generare il dissenso e la paralisi del Paese. In questo contesto la politica prende sempre più spesso il dibattito come pretesto per scopi propagandistici, perdendo così di vista l’interesse generale e Tabella 3 - Tipologie di impianti contestati Principali commenti riportati negli articoli

%

Amministratori pubblici locali

39,4%

Comitati spontanei dei cittadini

24,3%

Amministratori pubblici nazionali

7,9%

Associazioni ambientaliste

7,8%

Altro

6,9%

Azienda costruttrice e/o gestore

5,2%

Enti pubblici

2,9%

Associazioni di categoria

2,7%

le ricadute positive legate alla costruzione di un’opera. Questa situazione trova conferma nei dati dell’Osservatorio che fanno registrare proteste legate a politici e amministratori locali nel 30% degli articoli analizzati. Dato che viene ulteriormente rafforzato

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dall’analisi dei commenti riportati negli articoli che fanno rilevare al primo posto della classifica la voce degli amministratori pubblici locali, riportata nel 39% degli articoli analizzati, seguita in terza posizione da quella degli amministratori pubblici nazionali che si attesta attorno all’8% (Tabella 2). Tabella 2 - Principali commenti riportati negli articoli La protesta appare sempre più ampia e generalizzata anche considerando che quest’anno le contestazioni non hanno riguardato in maniera preponderante una sola tipologia di opera, ma si sono rivolte a impianti afferenti a diversi comparti industriali. Rispetto alle precedenti edizioni dell’Osservatorio va inoltre sottolineata la mancanza di un caso emblematico, quale ad esempio il caso Tav Val di Susa che

nella scorsa edizione aveva fatto registrare da solo 1.100 articoli. I timori della gente appaiono sempre più indifferenziati, anche a causa dell’assenza della voce del mondo scientifico e di un’informazione attendibile sulle reali ripercussioni di un impianto. Relativamente alle tipologie di impianti contestati un dato che merita particolare attenzione è quello che riporta l’aumento delle contestazioni legate agli impianti per la produzione di energia elettrica che con il 32,1% sono la tipologia di opera più contestata nel corso della terza edizione, mentre i tanto temuti termovalorizzatori con il 22,8% si collocano al secondo posto (Tabella 3). La maggior attenzione rivolta agli impianti afferenti al comparto elettrico, che fanno registrare una crescita del 6,9% rispetto alla scorsa edizione, è un dato emblematico soprattutto in considerazione del fatto che le proteste non risparmiano nemmeno gli impianti a fonti rinnovabili come le centrali a biomasse, le centrali idroelettriche e gli impianti eolici. Dall’Osservatorio si evince che la protesta è sempre più diffu-

sa anche dal punto di vista geografico. E’ interessante notare infatti come anche al sud la protesta sia vivace e sempre più organizzata. Anche se il numero di impianti contestati è percentualmente più alto al nord (51,6%), possiamo infatti registrare rispetto alle edizioni precedenti una più equa distribuzione delle contestazioni lungo lo stivale. Si registra infatti un incremento degli impianti contestati al sud, che passa dall’8,2% al 10,3%, e nelle isole,dal 5,8% al 6,2% (Grafico 1). Grafico 1 - Impianti contestati suddivisi per macroregioni I dati della terza edizione dell’Osservatorio Nimby Forum® fotografano un Paese che non ha più fiducia nella politica e nelle imprese. Si sente estromesso dai processi decisionali, non vede tutelata la propria salute, il territorio, l’ambiente. La conseguenza è il blocco indifferenziato di ogni progetto che cambi la situazione pregressa. Le cause sono disparate, ma tutte si possono riassumere nella carenza di informazione, da parte dei media stessi innanzitutto, che, come emerge dall’Osservatorio, danno una visione spesso parziale del problema, evidenziando solo le ragioni contrarie all’opera. Le imprese poi non intervengono per invertire questo processo, se non quando una crisi è già in atto. Come superare dunque il malcontento in un Paese che conta 193 impianti contestati, con proteste che riguardano tutta la penisola, da nord a sud? Come rendere i cittadini più consapevoli e informati da media che per il 62% riportano posizioni negative e la voce solo di alcune delle parti in gioco? C’è bisogno di un ritorno del senso di responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, una visione del futuro che porti a una programmazione di sviluppo nel lungo termine. Per fare questo l’Italia deve ritrovare il senso del bene comune, cercare un rinnovamento delle procedure democratiche nella convinzione che tutela del territorio e sviluppo possono e devono convivere, per riuscire ad andare oltre il giardino.

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UNO SPAZIO DEDICATO A...

ACQUA: DIMENSIONE GLOBALE E IMPEGNO LOCALE di Lino Zanichelli Assessore all’Ambiente e Sviluppo sostenibile Regione Emilia-Romagna

“Occorre assicurare ampia divulgazione di corrette ed aggiornate informazioni sull’uso responsabile delle risorse idriche e promuovere la diffusione delle strategie e delle pratiche più efficaci per garantirne una equilibrata distribuzione e conservazione.” Con queste parole il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto esprimere “vivo apprezzamento al Forum nazionale sul risparmio e conservazione della risorsa idrica e alla Regione Emilia-Romagna per l’istituzione del premio “Pianeta Acqua”, strumento di valorizzazione delle esperienze più innovative introdotte in Italia nella gestione di questa fondamentale fonte di vita e sviluppo.” È successo a Bologna lo scorso 19 marzo, in occasione di un Convegno organizzato dalla Regione Emilia-Romagna per celebrare la Giornata Mondiale dell’Acqua e, soprattutto, per dare al tema l’attenzione che merita. Per quanto la consapevolezza civile e politica sullo spreco delle risorse naturali si stia allargando, nonostante gli stessi mass media diano più spazio alle crisi ambientali, non si fa mai abbastanza per invertire una tendenza che mette a rischio la sopravvivenza di molti e il benessere di tutti. Basti ricordare che nel mondo solo 16 persone su 100 dispongono di acqua dal rubinetto e che ormai in Europa l’11% della popolazione ed il 17% del territorio vive uno

stato di crisi idrica. Mitigare i crescenti fenomeni di siccità e carenza d’acqua richiede una strategia a 360°, che attraversa settori e confini. Per questo promuoviamo politiche di bacino che garantiscano interventi di regolazione e tutela ambientale tali da equilibrare gli usi della risorsa e le esigenze dei diversi territori; e al tempo stesso lavoriamo per sostenere una rete di regioni che in tutta Europa realizzino quelle politiche di risparmio e di conservazione indispensabili a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. La Regione Emilia-Romagna sarà a Saragozza a fine giugno per discuterne all’interno della 8a Conferenza sull’Ambiente delle Regioni d’Europa (ENCORE) e dell’EXPO H2O, organizzato dalla Spagna e dalla Regione Aragona. Questa è la dimensione giusta su cui muoversi, la stessa del resto indicata dalla Direttiva quadro 2000/60/CE, che pone l’accento su responsabilità, partecipazione e cooperazione a tutti i livelli. L’Italia, non vi è dubbio, ha accumulato colpevoli ritardi nell’applicazione

della Direttiva rispetto ad altre realtà europee. Eppure la strada è stata tracciata da leggi di settore che negli anni ’90 hanno introdotto il ciclo idrico integrato e favorito lo sviluppo di una gestione industriale. È di fatto mancato un impegno delle istituzioni capace di superare le divisioni e i “campanili” a vantaggio di una gestione efficiente ed una strategia unitaria, col risultato che quello che dovrebbe essere un bene pubblico da salvaguardare e utilizzare secondo criteri di solidarietà, viene sprecato, inquinato e spesso sottratto a chi ne ha più bisogno. Anche in Emilia-Romagna resta molto da fare per raggiungere gli obiettivi stringenti di qualità e di risparmio, ma grazie all’impegno coerente dell’Amministrazione Regionale si è passati da oltre 80 gestioni a 11 e si sono investiti in tre anni i proventi della tariffa, pari a circa 400 milioni di euro, per la rete acquedottistica, la depurazione e la riduzione delle perdite. Il nuovo metodo tariffario regionale, entrato in vigore quest’anno, incentiva i gestori a ridurre

Nato in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua 2007, il “Forum nazionale sul risparmio e la conservazione della risorsa idrica”, promosso dalla Regione Emilia-Romagna, conta oggi circa 500 aderenti tra Istituzioni, Gestori, Associazioni ambientaliste, Istituti di ricerca, Università, ONG, Aziende private. Il Forum vuole essere un luogo di confronto e di partecipazione, ma anche di promozione di iniziative per una migliore tutela delle risorse idriche. Tra gli obiettivi, la costituzione di un “Tavolo tecnico” con le Regioni per definire un programma nazionale e per collaborare con la UE nell’applicazione della Direttiva sull’acqua. Al momento il Forum ha 5 gruppi di lavoro tematici: risparmio idrico settore civile; gestione delle perdite in acquedotto; comunicazione; risparmio in ambito industriale; risparmio in ambito agricolo. www.forumrisparmioacqua.it

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anziché ad aumentare i consumi e a potenziare la qualità del servizio. Introduce, inoltre, una misura di equità sociale rivolta alle famiglie più numerose o in difficoltà economica. I progetti realizzati in Emilia-Romagna (riduzione dei consumi irrigui nel comparto agricolo; campagne di sensibilizzazione al risparmio e distribuzione ai cittadini dei riduttori di flusso; riuso dell’acqua nel settore industriale; e molto altro ancora) rappresentano un patrimonio di buone pratiche da conoscere, condividere e diffondere. Si tratta di colmare prima di tutto un gap informativo e lo strumento del Forum, promosso dall’Emilia-Romagna, ha dimostrato già nel suo anno di vita di essere una iniziativa utile e dalle grandi potenzialità. Anche un premio come “Pianeta Acqua”, pur nella sua valenza

simbolica, ha coinvolto quasi duecento organizzazioni pubbliche e private di tutta Italia, mettendo in luce quelle

esperienze virtuose e concrete che spiegano meglio di mille parole l’impegno quotidiano per la sostenibilità.

PREMIO PIANETA ACQUA Al Premio, sostenuto da Federutility, hanno partecipato oltre 180 tra ONG, Gestori, Imprese, Cooperative, ATO, Enti locali, Università e Centri di ricerca, con progetti di risparmio idrico nel settore civile, agricolo e industriale, di solidarietà internazionale, educativi e comunicativi. A sottolineare la qualità dei progetti realizzati, ci sono state anche 25 menzioni speciali. I vincitori sono stati premiati dal presidente della giuria, il Rettore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Pier Francesco Ghetti. I 7 VINCITORI Risparmio civile - Acquedotto Pugliese spa Progetto per razionalizzare il sistema di gestione della risorsa disponibile attraverso una serie di interventi coerenti con l’obiettivo. Risparmio agricoltura - ICRAM Progetto di un sistema innovativo di trattamento ecologico dei reflui di impianti di piscicoltura in acque dolci per il contenimento degli impatti sul corpo idrico recettore e per il riciclo e il riuso dell’acqua di allevamento. Risparmio industriale - ASA spa Programma di interventi per consegnare acque reflue provenienti dai depuratori civili a 2 grandi industrie che assorbono notevoli quantità di acqua (Solvay e Lucchini) del territorio tra Livorno e Piombino. Progetti educativi - Centro Studi Ambientali Progetto “T.V.B. - Ti Voglio Bere” per l’uso consapevole e la valorizzazione dell’acqua del rubinetto che ha coinvolto gli studenti di istituti superiori dell’area torinese, e le loro famiglie, attraverso l’adozione di buone pratiche. Progetti di governance - Istituto Superiore di Sanità Sistema innovativo di ripristino dell’arenile lungo un tratto di costa laziale che, attraverso tubi drenanti che si snodano sotto il piano spiaggia e che favoriscono l’abbassamento del livello di saturazione in prossimità della linea di riva, riduce la quantità di acqua che ritorna al mare e l’erosione della spiaggia. Progetti di comunicazione - Publiacqua Progetto che dal 2003 coinvolge ogni anno nelle province di Firenze, Livorno e Pistoia circa 1 milione di cittadini, sviluppando l’idea base che ciascuno può fare la sua parte per preservare la risorsa più importante per la vita: acqua. Progetti di solidarietà internazionale - Associazione Solidarietà e Sviluppo (ASES di Mestre) Progetto per fornire di acqua dolce la regione del Chaco (Paraguay) poiché quella del sottosuolo è salmastra, tramite la costruzione di invasi e depositi per la raccolta delle acque pluviali.

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IL COMMENTO

Decreto Legislativo n. 4/2008

VIA - VAS - AIA: PROFONDE MODIFICHE RISPETTO AL TESTO DEL D. LGS. n. 152/2006 Rischio di spoils system normativo per la Parte II? Proseguiamo con la pubblicazione delle Parti del D. Lgs. n. 152/2006, così come modificato dal Decreto Legislativo n. 4 del 16 Gennaio 2008. Sul precedente numero abbiamo inserito la Parte IV, relativamente al settore dei Rifiuti che costituisce l’argomento più ampio del cosiddetto Testo Unico Ambientale e quello di maggiore attualità (confronta: “Regioni&Ambiente” n. 3 Marzo 2008 pag. 32 e seguenti e relativo Inserto normativo). Non meno importante è la Parte II che riguarda che riguarda VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e, in parte, AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). È stata una delle parti più contrastate a livello di iter legislativo, anche per le condizioni poste dalle Commissioni parlamentari al Testo proposto dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che sono state tutte accolte dal Governo. Evidentemente, “l’ecomostro giuridico” che sarebbe stato abbattuto in pochi mesi, come annunciato in modo un po’ avventato, si rivelava più saldo di “Punta Perotti”, tanto che lo stesso Ministro aveva dovuto ammettere che “… le buone pratiche, anche quelle contenute nell’attuale codice, saranno mantenute”. Come abbiamo osservato nel precedente numero, non siamo in grado di sapere se si completerà il quadro normativo con il testo dei decreti riguardanti “Aria”, “Danno ambientale” e, in parte, “Acque”, dal momento che i termini concessi dalla Legge Delega n. 308/2004 (2 anni dall’entrata in vigore del D. Lgs. n. 152/2006) per la revisione e/o le modifiche del testo scadranno il 13 Aprile 2008, giorno in cui saranno celebrate le Elezioni politiche. Per sanare la Parte III (Acque), rispetto alle norme in contrasto con la Direttiva 2000/60/CE, alle sentenze della Corte di Giustizia europea, nonché alle procedure di infrazione avviate dalla Commissione UE, è stato emanato il D. L. n. 59/2008, dove all’Articolo 3 sono state inserite le relative modifiche apportate al D. Lgs. n. 152/2006. Comunque, il Decreto Legislativo del 16 Gennaio 2008 ha inglobato la parte VIA-VAS-AIA del III Decreto correttivo che era decaduto per non aver ottemperato ad un termine perentorio previsto dalla stessa Legge Delega. Alla luce di quanto avvenuto, tuttavia, sorgono dubbi che si sia trattato di trascuratezza, quanto piuttosto di divergenze all’interno della maggioranza di Governo. Anche il Consiglio di Stato - Sezione consultiva si era interessato della vicenda con il pronunciamento del 5 novembre 2007. Pur ritenendo che l’incidente procedurale non esaurisse la delega legislativa di “correzione” entro il termine complessivo dei 2 anni, esprimeva perplessità sulle modalità di esercizio del potere correttivo, sia per quel che attiene ai criteri direttivi previsti dalla Delega che per le abrogazioni di alcune disposizioni della Delega stessa, inserite nel testo correttivo. Veniva chiarito, comunque, che non veniva rav-

visato alcun profilo di illegittimità. Non sono mancate, peraltro, polemiche che hanno accompagnato il lungo e tormentato percorso del T. U. A., tra tutte la presa di distanza, dal testo che si andava definendo, di Maurizio Santoloci, Magistrato di Cassazione e Direttore della Testata giornalistica on line “Diritto all’Ambiente”, chiamato a guidare, a titolo gratuito, l’“Osservatorio nazionale sui crimini ambientali” e a far parte della Commissione tecnica per la revisione del cosiddetto T.U.A. In un editoriale dal titolo “Correttivo del T.U. Ambientale: dove stiamo veramente andando?”, pubblicato dalla testata da lui diretta il 2 Novembre 2007, sottolineava che l’impianto originario proposto un anno prima dalla Commissione ed accolto favorevolmente dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 16 Ottobre 2006 lungo l’iter previsto del doppio passaggio alle competenti commissioni di Camera e Senato, oltre al confronto di rito con le parti sociali ed istituzionali, non “ha subito qualche modifica o adeguamento (sempre fisiologico in questo successivo iter istituzionale) ma è stato totalmente e radicalmente stravolto. In peggio…”. Dobbiamo osservare, poi, che, stante le dichiarazioni di esponenti politici contrari al nuovo testo, potrebbero intervenire ulteriori modifiche. Senza esprimerci in giudizi di merito, constatiamo che lo spoils system (termine che indica la pratica delle forze politiche al Governo di distribuire le cariche e gli incarichi a propri affiliati o simpatizzanti) in Italia sembra estendersi anche a leggi e norme, con modalità del tutto bipartisan. Così, la Parte II sarà probabilmente quella più rivisitata, sia perché è stata completamente riscritta rispetto al contenuto del D. Lgs. n. 152/2006, sia perché è di per sé parte “sensibile”: - non c’è praticamente progetto di attività imprenditoriale che non sia assoggettato alle procedure di VIA; - vengono recepite le normative europee che prevedono la pubblicità, l’informazione e le eventuali osservazioni dei cittadini sui procedimenti. Su quest’ultimo aspetto c’è da dire che da quando è in vigore il Decreto (13 febbraio 2008), si registra un’intensa attività di Enti e Pubbliche Amministrazioni per diffondere e fornire dati e informazioni ambientali, sia di tipo telematico che cartaceo. In realtà, gli obblighi, almeno ordinatori, sussistevano già: - la Legge n. 24/1990 su procedimenti amministrativi, come modificata dalla Legge n. 15/2005; - la Convenzione di Aarhus (1998), ratificata dall’Italia con Legge n. 108/2001, che costituisce un modello di governace ambientale, basato sull’accesso all’informazione ambientale, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali, l’accesso alla Giustizia; - la Direttiva 2003/4/CE sull’accesso del Pubblico all’informazione ambientale, attuata in Italia con il D. Lgs. n. 195 del 19/08/2005, che obbliga le Amministrazione a

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rendere disponibili i dati a chiunque, senza che questi debba dimostrare il proprio interesse; - la Direttiva 2003/35/CE sulla partecipazione del Pubblico nell’elaborazione di taluni Programmi in materia ambientale che non era stata ancora attuata dall’Italia, nonostante avrebbe dovuto essere recepita entro giugno 2005, e che prevede la possibilità di esprimere pareri e osservazioni quando le opzioni sono aperte, la considerazione delle risultanze della partecipazione nell’adozione delle decisioni, l’informazione in merito alle decisioni adottate. Non ci sembra che solo con il D. Lgs. n. 152/2006 e le modifiche successive del D. Lgs. n. 4/2008, si siano concretizzate le modalità per fornire le dovute informazioni. Se poi le varie Amministrazioni hanno potuto accampare difficoltà dovute alla mancanza di specifici Decreti attuativi, nessuna giustificazione possono addurre quegli Enti ed Amministrazioni che non abbiano precedentemente adempiuto a tali incombenze, pur avendo aderito alle Agende 21 Locali Italiane e come tali hanno volontariamente sottoscritto i 10 Impegni di Aalborg (2004), il primo dei quali (Governance) prevede proprio di rafforzare la partecipazione nei processi decisionali. Vediamo quali sono le principali disposizioni e modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 4/2008. Sono stati aggiunti 2 Articoli al D. Lgs. n. 152/2006 che hanno incidenze anche nella Parte II: - si esprimono valutazioni di principio circa i rapporti che debbono intercorrere tra Stato, Regioni ed Enti Locali in materia ambientale, improntati sulla sussidiarietà e sulla collaborazione, stabilendo che le Regioni possono comunque adottare forme di tutela ambientale giuridicamente più restrittive, se la situazione del territorio lo richiede (Art. 3 quinquies); - si stabilisce, come sopra analizzato più diffusamente, che le informazioni sullo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale, debbono essere accessibili a chiunque, anche se non ne abbia specifico interesse (Art. 3 sexies). Parte II Principi generali per le procedure di VIA, di VAS e per la valutazione di incidenza dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) - Titolo I Sono stati abrogati gli articoli dal 4 al 52 dell’originario D. Lgs. n. 152/2006 e i relativi 5 Allegati, sostituiti da 33 articoli (dal 4 al 36) e da 7 Allegati, individuando modalità di semplificazione e coordinamento per dare uniformità in tutto il territorio nazionale, per quanto attiene ai principi generali e alle procedure autorizzative. In particolare, qualora i procedimenti presuppongano sia una VIA che una AIA, la VIA funge da AIA per i progetti di competenza statale; le Regioni/Province autonome, per i progetti

di loro competenza sono invitate a coordinare la procedura per il rilascio dell’AIA nell’ambito del procedimento di VIA con la facoltà di prevedere che la VIA funga anche da AIA, in tal caso è sufficiente una sola consultazione del pubblico (Art. 4 comma 2). Viene definito un coordinamento tra VIA e AIA, ma rimarchiamo che l’Autorizzazione Integrata Ambientale rimane regolamentata da specifica normativa che non trova inserimento in questo decreto. L’AIA è stata introdotta con la Direttiva 91/61/CE, riguardante la Prevenzione e Riduzione integrate dell’Inquinamento (IPCC) ed è il provvedimento con cui viene autorizzato uno o più impianti o parti di essi, purché siano localizzati sullo stesso sito e abbiano il medesimo gestore. Le modalità definite dal D. Lgs. n. 59/2005 che impogono le misure in grado di evitare oppure ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo con l’obiettivo di conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Le attività che ricadono nella sfera del Decreto succitato sono indicate nell’Allegato I dello stesso. L’AIA sostituisce ogni altro parere, nulla osta o autorizzazione in materia ambientale. Le funzioni di controllo sono attribuite all’APAT, per gli impianti di competenza statale, alle ARPA/APPA, per gli altri impianti, con oneri a carico del gestore. VAS e VIA sono finalizzate ad assicurare la sostenibilità delle attività umane (Art. 4, comma 3 e 4) in riferimento alla protezione dell’ambiente (VAS) e a quella della salute (VIA). Oltre alla ridefinizione di VAS e VIA (Art. 5), vengono introdotte altre definizioni, modificando, peraltro, anche quelle originarie, come: - patrimonio culturale; - rapporto ambientale; - progetto preliminare; - progetto definitivo; - studio di impatto ambientale; - modifica; - modifica sostanziale; - verifica di assoggettabilità; - provvedimento di verifica; - provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale; - autorizzazione integrata ambientale, rimandando al D. Lgs. n. 59/2005; - autorità competente; - autorità procedente; - proponente; - soggetti competenti in materia ambientale; - consultazione; - pubblico; - pubblico interessato.

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Vengono definiti i piani e i programmi a cui vengono applicati i procedimenti di VAS e VIA (Allegati II, III e IV), e quelli che ne sono esclusi (Art. 6). In particolare, la VAS ha esteso il suo campo di applicazione, includendo i piani di telefonia mobile e tutte le opere strategiche anche al fine di evitare procedimenti di infrazione comunitari. L’Art. 7 chiarisce poi i criteri di ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni/Province autonome in materia di VAS e VIA. Sono sottoposti a VAS e VIA Statali (Ministero dell’Ambiente di concerto con quello dei Beni culturali) i progetti elencati nell’Allegato II; sono di competenza Regionale/ Provinciale i progetti elencati negli Allegati III e IV. La Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale di VIA e VAS di cui all’Art. 9 del D.P.R. n. 90/2007, composta da 62 membri, assicurerà il supporto tecnico-scientifico per l’attuazione delle norme procedurali (Art. 9). Lo stesso Decreto ha creato la Commissione istruttoria per l’IPPC (Art. 10) che si compone di 25 membri per il rilascio dell’AIA statale. In tutto le due Commissioni assommano a 87 membri contro i 101 previsti dall’originario D. Lgs. n. 152/2006. Il 31 marzo 2008 è stato nominato nuovo Presidente della Commissione tecnica, Claudio De Rose, Presidente onorario della Corte dei Conti e già Procuratore generale, che ha sostituito il dimissionario Prof. Stefano Rodotà. Qualora i progetti di competenza statale ricadano anche nel campo di applicazione del D. Lgs. n. 59/2005, attuativo della Direttiva 96/61/CE relativa all’IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) per il rilascio dell’AIA, debba essere assicurato il coordinamento con la Commissione istruttoria per l’AIA (Art. 8). In relazione alla partecipazione del pubblico al procedimento, l’autorità competente convoca Conferenze di servizi, nonché stipula accordi con il proponente o l’autorità procedente e le altre amministrazioni interessate, ferma restando la facoltà del proponente di formulare con adeguata motivazione la richiesta di non rendere pubblica parte della documentazione per ragioni di tutela del segreto industriale o commerciale (Art. 9). Per le opere soggette a VAS e VIA, Regioni/Province automome possono prevedere che la VIA sostituisca l’AIA, qualora le autorità competenti a rilasciare i due provvedimenti coincidano. Al fine di prevedere strumenti di semplificazione documentale “sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS” (Art. 10 comma 5). Valutazione Ambientale Strategica - Titolo II Introdotta dalla Direttiva 2001/42/CE, la VAS è un processo precauzionale che consiste nell’integrazione dell’interesse ambientale rispetto ad altri interessi (socio-economici), all’interno delle politiche di pianificazione e programmazione, fornendo supporto alle relative decisioni e scelte. La VAS valuta e comprende gli effetti ambientali determinati

dalla realizzazione di piani e programmi, attraverso un’azione di monitoraggio degli stessi, favorendo al contempo iter trasparenti e partecipativi, tramite il coinvolgimento di PP.AA. e cittadini. Il procedimento si articola attraverso le seguenti fasi: - svolgimento di una verifica di assoggettabilità, sulla base dei criteri presenti nell’Allegato I (Art. 12); - elaborazione del rapporto ambientale, in riferimento all’Allegato VI (Art. 13); - svolgimento di consultazioni, i cui tempi per presentare osservazioni vengono allungati da 45 a 60 giorni decorrenti dalla pubblicazione dell’avviso recante i principali elementi relativi al piano o programma (Art. 14); - valutazione del rappporto ambientale e gli esiti delle consultazioni (Art. 15); - decisione con eventuale approvazione del piano/programma, da assumersi entro 90 giorni, mentre in precedenza erano 60 (Art. 16); - informazione pubblica sulla decisione finale, attraverso la pubblicazione sulla G.U. o nel B.U.R. (Art. 17); - monitoraggio, al fine di assicurare il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del conseguimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati (Art. 18). In questo svolgimento procedurale assume particolare rilievo il Rapporto ambientale che diventa il documento cardine della VAS e viene elaborato a cura dell’autorità procedente o del proponente d’intesa con l’autorità competente per la VAS. In esso si riportano, secondo l’Allegato VI, l’individuazione, la descrizione e la verifica degli effetti significativi che l’attuazione del piano/programma potrebbe avere sull’ambiente e le alternative in riferimento agli obiettivi prefissati e all’ambito territoriale di riferimento. In linea generale si può dire che la VAS precede, ma non necessariamente determina una procedura di VIA, dal momento che le informazioni sull’impatto ambientale di un piano debbono poter fluire in tutti i passaggi della pianificazione e progettazione ed essere utilizzabili nella VIA. L’iter procedurale dovrà concludersi in 360 giorni dall’inizio della verifica di assoggettabilità. Valutazione d’Impatto Ambientale - Titolo III Introdotta per la prima volta con la Direttiva 85/337/CE, è una procedura tecnico-amministrativa di supporto per le autorità che hanno il potere decisionale in merito (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare o Regioni/Province autonome). Lo scopo consiste nell’avere una valutazione preventiva degli effetti di un progetto sull’ambiente, per evitare e/o limitare che si debbano poi continua a pag. 35

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ULTERIORI DISPOSIZIONI CORRETTIVE ED INTEGRATIVE DEL D. LGS. 3 APRILE 2006, N. 152 (T.U.A.)

PARTE II - VIA - VAS - AIA (IPPC) Si avverte che il testo di legge inserito in queste pagine non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea, anche in considerazione che, essendovi errori formali, dovrà essere emanato un decreto correttivo. Art. 1. MODIFICHE ALLE PARTI PRIMA E SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO 3 APRILE 2006, N. 152 ... omissis... Art. 3-quinquies. Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione 1. I principi desumibili dalle norme del decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale; 2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell’ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purché ciò non comporti un’arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali. 3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell’azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell’entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati. 4. Il principio di sussidiarietà di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra regioni ed enti locali minori. Art. 3-sexies. Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo 1. In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale. PARTE SECONDA PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC) TITOLO I PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA).

Art. 4. Finalità 1. Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione: a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull’ambiente; b) della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata ed integrata con la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e con la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003. 2. Il presente decreto individua, nell’ambito della procedura di Valutazione dell’impatto ambientale modalità di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi comprese le procedure di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, come parzialmente modificato da questo decreto legislativo. 3. La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalità di assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione. 4. In tale ambito: a) la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull’ambiente ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile. b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: 1) l’uomo, la fauna e la flora; 2) il suolo, l’acqua, l’aria e il clima; 3) i beni materiali ed il patrimonio culturale; 4) l’interazione tra i fattori di cui sopra.

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Regioni&Ambiente n° 4 Aprile 2008

INSERTO

D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (G.U. n. 24 del 29/01/2008 S. O. n. 24)


Art. 5. Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) valutazione ambientale di piani e programmi, nel seguito valutazione ambientale strategica, di seguito VAS: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l’elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un parere motivato, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio; b) valutazione ambientale dei progetti, nel seguito valutazione d’impatto ambientale, di seguito VIA: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo III della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, la definizione dei contenuti dello studio d’impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del progetto, dello studio e degli esiti delle consultazioni, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio; c) impatto ambientale: l’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti; d) patrimonio culturale: l’insieme costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici in conformità al disposto di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; e) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche: 1) che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e 2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative; f) rapporto ambientale: il documento del piano o del programma redatto in conformità alle previsioni di cui all’articolo 13; g) progetto preliminare: gli elaborati progettuali predisposti in conformità all’articolo 93 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale; h) progetto definitivo: gli elaborati progettuali predisposti in conformità all’articolo 93 del decreto n. 163 del 2006 nel caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale; i) studio di impatto ambientale: elaborato che integra il progetto definitivo, redatto in conformità alle previsioni di cui all’articolo 22; l) modifica: la variazione di un piano, programma o progetto approvato, comprese, nel caso dei progetti,

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le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull’ambiente; l-bis) modifica sostanziale: la variazione di un piano, programma o progetto approvato, comprese, nel caso dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti negativi significativi sull’ambiente; m) verifica di assoggettabilità: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi o progetti possono avere un impatto significativo sull’ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto; n) provvedimento di verifica: il provvedimento obbligatorio e vincolante dell’autorità competente che conclude la verifica di assoggettabilità; o) provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale: il provvedimento dell’autorità competente che conclude la fase di valutazione del processo di VIA. È un provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina, tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale; o-bis) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento previsto dagli articoli 5 e 7 e seguenti del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59”; p) autorità competente: la pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità, l’elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l’adozione dei provvedimenti conclusivi in materia di VIA, nel caso di progetti; q) autorità procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma; r) proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto soggetto alle disposizioni del presente decreto; s) soggetti competenti in materia ambientale: le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull’ambiente dovuti all’attuazione dei piani, programmi o progetti; t) consultazione: l’insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti; u) pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone; v) pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse.


Art. 6. Oggetto della disciplina 1. La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale. 2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi: a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto; b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni. 3. Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l’autorità competente valuti che possano avere impatti significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12. 3-bis. L’autorità competente valuta, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull’ambiente. 4. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del presente decreto: a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato; b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio; c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l’incolumità pubblica. 5. La valutazione d’impatto ambientale, riguarda i progetti che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale. 6. Fatto salvo quanto disposto al comma 7, viene effettuata altresì una valutazione per: a) i progetti di cui agli allegati II e III al presente decreto; b) i progetti di cui all’allegato IV al presente decreto, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394. 7. La valutazione è inoltre necessaria per: a) i progetti elencati nell’allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni; b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell’allegato II; c) i progetti elencati nell’allegato IV; qualora in base alle disposizioni di cui al successivo articolo 20 si ritenga che possano avere impatti signifi-

cativi sull’ambiente. 8. Per i progetti di cui agli allegati III e IV, ricadenti all’interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per cento. 9. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire, per determinate tipologie progettuali o aree predeterminate, sulla base degli elementi indicati nell’allegato V, un incremento nella misura massima del trenta per cento o decremento delle soglie di cui all’allegato IV. Con riferimento ai progetti di cui all’allegato IV, qualora non ricadenti neppure parzialmente in aree naturali protette, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi di cui all’allegato V, criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di assoggettabilità. 10. L’autorità competente in sede statale valuta caso per caso i progetti relativi ad opere ed interventi destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale. La esclusione di tali progetti dal campo di applicazione del decreto, se ciò possa pregiudicare gli scopi della difesa nazionale, è determinata con decreto interministeriale del Ministro della difesa e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 11. Sono esclusi in tutto in parte dal campo di applicazione del presente decreto, quando non sia possibile in alcun modo svolgere la valutazione di impatto ambientale, singoli interventi disposti in via d’urgenza, ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, al solo scopo di salvaguardare l’incolumità delle persone e di mettere in sicurezza gli immobili da un pericolo imminente o a seguito di calamità. In tale caso l’autorità competente, sulla base della documentazione immediatamente trasmessa dalle autorità che dispongono tali interventi: a) esamina se sia opportuna un’altra forma di valutazione; b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa; c) informa la Commissione europea, tramite il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nel caso di interventi di competenza regionale, prima di consentire il rilascio dell’autorizzazione, delle motivazioni dell’esclusione accludendo le informazioni messe a disposizione del pubblico. Art. 7. Competenze 1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui all’articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato. 2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all’articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali. 3. Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all’allegato II al presente decreto. 4. Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui agli allegati III e IV al presente decreto. 5. In sede statale, l’autorità competente è il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di via e il parere motivato in sede di VAS sono

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espressi di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria. 6. In sede regionale, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome. 7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali. Disciplinano inoltre: a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati; b) i criteri specifici per l’individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale; c) eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, per l’individuazione dei piani e programmi o progetti da sottoporre alla disciplina del presente decreto, e per lo svolgimento della consultazione; d) le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia. 8. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di valutazione in corso. Art. 8. Norme di organizzazione 1. La Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale, istituita dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, assicura al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il supporto tecnico-scientifico per l’attuazione delle norme di cui al presente decreto. 2. Nel caso di progetti per i quali la valutazione di impatto ambientale spetta allo Stato, e che ricadano nel campo di applicazione di cui all’allegato V del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, il supporto tecnico-scientifico viene assicurato in coordinamento con la Commissione istruttoria per l’autorizzazione ambientale integrata ora prevista dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90. 3. I componenti della Commissione sono nominati, nel rispetto del principio dell’equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, per un triennio. 4. I componenti della Commissione provenienti dalle amministrazioni pubbliche sono posti, a seconda dei casi, in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o in aspettativa nel rispetto dei rispettivi ordinamenti. Nel caso prestino la propria prestazione a tempo parziale sono posti dall’amministrazione di appartenenza in posizione di tempo definito. In seguito al collocamento fuori ruolo o in aspettativa del personale, le Amministrazioni pubbliche rendono indisponibile il posto liberato. Art. 9. Norme procedurali generali 1. Le modalità di partecipazione previste dal presente decreto, soddisfano i requisiti di cui agli articoli da 7 a 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, concernente norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. 2. L’autorità competente, ove ritenuto utile indice, così come disciplinato dagli articoli che seguono, una o più conferenze

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di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate. 3. Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, nell’ambito delle procedure di seguito disciplinate, l’autorità competente può concludere con il proponente o l’autorità procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti. 4. Per ragioni di segreto industriale o commerciale è facoltà del proponente presentare all’autorità competente motivata richiesta di non rendere pubblica parte della documentazione relativa al progetto, allo studio preliminare ambientale o allo studio di impatto ambientale. L’autorità competente, verificate le ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando l’interesse alla riservatezza con l’interesse pubblico all’accesso alle informazioni. L’autorità competente dispone comunque della documentazione riservata, con l’obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in materia. Art. 10. Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti 1. Il provvedimento di valutazione d’impatto ambientale fa luogo dell’autorizzazione integrata ambientale per i progetti per i quali la relativa valutazione spetta allo Stato e che ricadono nel campo di applicazione dell’allegato V del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono, a tale fine, anche le informazioni previste ai commi 1 e 2 dell’articolo 5 e il provvedimento finale le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 7 e 8 del medesimo decreto n. 59 del 2005. 2. Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d’impatto ambientale sia di loro attribuzione e che ricadano nel campo di applicazione dell’allegato I del decreto legislativo n. 59 del 2005, la procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell’ambito del procedimento di VIA. È in ogni caso assicurata l’unicità della consultazione del pubblico per le due procedure. Se l’autorità competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, le disposizioni regionali e delle province autonome possono prevedere che il provvedimento di valutazione d’impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione. In questo caso, lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1 e 2 dell’articolo 5 e il provvedimento finale le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 7 e 8 del medesimo decreto n. 59 del 2005. 3. La VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d’incidenza di cui all’articolo 5 del decreto n. 357 del 1997; a tal fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale contengono gli elementi di cui all’allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell’autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione d’incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione di incidenza. Le modalità di informazione del pubblico danno specifica


evidenza della integrazione procedurale. 4. La verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell’ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale. 5. Nella redazione dello studio di impatto ambientale di cui all’articolo 22, relativo a progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzate le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale. Nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS. TITOLO II LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA Art. 11. Modalità di svolgimento 1. La valutazione ambientale strategica è avviata dall’autorità procedente contestualmente al processo di formazione del piano o programma e comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 18: a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità; b) l’elaborazione del rapporto ambientale; c) lo svolgimento di consultazioni; d) la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni; e) la decisione; f) l’informazione sulla decisione; g) il monitoraggio. 2. L’autorità competente, al fine di promuovere l’integrazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale nelle politiche settoriali ed il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali, nazionali ed europei: a) esprime il proprio parere sull’assoggettabilità delle proposte di piano o di programma alla valutazione ambientale strategica nei casi previsti dal comma 3 dell’articolo 6; b) collabora con l’autorità proponente al fine di definire le forme ed i soggetti della consultazione pubblica, nonché l’impostazione ed i contenuti del Rapporto ambientale e le modalità di monitoraggio di cui all’articolo 18; c) esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti competenti in materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul rapporto ambientale nonché sull’adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie;. 3. La fase di valutazione è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua approvazione o all’avvio della relativa procedura legislativa. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione . 4. La VAS viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo conto dell’esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni. 5. La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati

senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge. Art. 12. Verifica di assoggettabilità 1. Nel caso di piani e programmi di cui all’articolo 6, comma 3, l’autorità procedente trasmette all’autorità competente, su supporto cartaceo ed informatico, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell’allegato I del presente decreto. 2. L’autorità competente in collaborazione con l’autorità procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere è inviato entro trenta giorni all’autorità competente ed all’autorità procedente. 3. Salvo quanto diversamente concordato dall’autorità competente con l’autorità procedente, l’autorità competente, sulla base degli elementi di cui all’allegato I del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi sull’ambiente. 4. L’autorità competente, sentita l’autorità procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni. 5. Il risultato della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, deve essere reso pubblico. Art. 13. Redazione del rapporto ambientale 1. Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi dell’attuazione del piano o programma, il proponente e/o l’autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell’attività di elaborazione di piani e programmi, con l’autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale. 2. La consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro novanta giorni. 3. La redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all’autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l’intero processo di elaborazione ed approvazione. 4. Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l’attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma stesso. L’allegato VI al presente decreto riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Per evitare duplicazioni della valutazione, possono essere utilizzati, se

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pertinenti, approfondimenti già effettuati ed informazioni ottenute nell’ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative. 5. La proposta di piano o di programma è comunicata, anche secondo modalità concordate, all’autorità competente. La comunicazione comprende il rapporto ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso. Dalla data pubblicazione dell’avviso di cui all’articolo 14, comma 1, decorrono i tempi dell’esame istruttorio e della valutazione. La proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale sono altresì messi a disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato affinché questi abbiano l’opportunità di esprimersi. 6. La documentazione è depositata presso gli uffici dell’autorità competente e presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione. Art. 14. Consultazione 1. Contestualmente alla comunicazione di cui all’articolo 13, comma 5, l’autorità procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia autonoma interessata. L’avviso deve contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il proponente, l’autorità procedente, l’indicazione delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può consultare la sintesi non tecnica. 2. L’autorità competente e l’autorità procedente mettono, altresì, a disposizione del pubblico la proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione sul proprio sito web. 3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 1, chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. 4. Le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione, disposte ai sensi delle vigenti disposizioni per specifici piani e programmi, sono coordinate al fine di evitare duplicazioni con le norme del presente decreto. Art. 15. Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della consultazione 1. L’autorità competente, in collaborazione con l’autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell’articolo 14 ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui all’articolo 14. 2. L’autorità procedente, in collaborazione con l’autorità competente, provvede, ove necessario, alla revisione del piano o programma alla luce del parere motivato espresso prima della presentazione del piano o programma per l’adozione o approvazione. Art. 16. Decisione 1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell’ambito della consultazione, è trasmesso

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all’organo competente all’adozione o approvazione del piano o programma. Art. 17. Informazione sulla decisione 1. La decisione finale è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino Ufficiale della Regione con l’indicazione della sede ove si possa prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell’istruttoria. Sono inoltre rese pubbliche, anche attraverso la pubblicazione sui siti web della autorità interessate: a) il parere motivato espresso dall’autorità competente; b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate; c) le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all’articolo 18. Art. 18. Monitoraggio 1. Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive. Il monitoraggio è effettuato avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali. 2. Il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle le risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio. 3. Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data adeguata informazione attraverso i siti web dell’autorità competente e dell’autorità procedente e delle Agenzie interessate. 4. Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione. TITOLO III LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE Art. 19. Modalità di svolgimento 1. La valutazione d’impatto ambientale comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 20 a 28: a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità; b) la definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale; c) la presentazione e la pubblicazione del progetto; d) lo svolgimento di consultazioni; f) la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni; g) la decisione; h) l’informazione sulla decisione; i) il monitoraggio. 2. Per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è conclusa positivamente la procedura di VAS, il giudizio di VIA negativo ovvero il contrasto di valutazione su ele-


menti già oggetto della VAS è adeguatamente motivato. Art. 20. Verifica di assoggettabilità 1. Il proponente trasmette all’autorità competente il progetto preliminare, lo studio preliminare ambientale e una loro copia conforme in formato elettronico su idoneo supporto nel caso di progetti: a) elencati nell’allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni; b) inerenti modifiche dei progetti elencati negli allegati II che comportino effetti negativi apprezzabili per l’ambiente, nonché quelli di cui all’allegato IV secondo le modalità stabilite dalle Regioni e dalle province autonome, tenendo conto dei commi successivi del presente articolo. 2. Dell’avvenuta trasmissione è dato sintetico avviso, a cura del proponente, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale, nel Bollettino Ufficiale della regione per i progetti di rispettiva competenza, nonché all’albo pretorio dei comuni interessati. Nell’avviso sono indicati il proponente, l’oggetto e la localizzazione prevista per il progetto, il luogo ove possono essere consultati gli atti nella loro interezza ed i tempi entro i quali è possibile presentare osservazioni. In ogni caso copia integrale degli atti è depositata presso i comuni ove il progetto è localizzato. Nel caso dei progetti di competenza statale la documentazione è depositata anche presso la sede delle regioni e delle province ove il progetto è localizzato. I principali elaborati del progetto preliminare e lo studio preliminare ambientale, sono pubblicati sul sito web dell’autorità competente. 3. Entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 2 chiunque abbia interesse può far pervenire le proprie osservazioni. 4. L’autorità competente nei successivi quarantacinque giorni, sulla base degli elementi di cui all’allegato V del presente decreto e tenuto conto dei risultati della consultazione, verifica se il progetto abbia possibili effetti negativi apprezzabili sull’ambiente. Entro la scadenza del termine l’autorità competente deve comunque esprimersi. 5. Se il progetto non ha impatti ambientali significativi o non costituisce modifica sostanziale, l’autorità competente dispone l’esclusione dalla procedura di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce le necessarie prescrizioni. 6. Se il progetto ha possibili impatti significativi o costituisce modifica sostanziale si applicano le disposizioni degli articoli da 21 a 28. 7. Il provvedimento di assoggettabilità, comprese le motivazioni, è pubblico a cura dell’autorità competente mediante: a) un sintetico avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione o della provincia autonoma; b) con la pubblicazione integrale sul sito web dell’autorità competente. Art. 21. Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale 1. Sulla base del progetto preliminare, dello studio preliminare ambientale e di una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per la

redazione dello studio di impatto ambientale, il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l’autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni da includere, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare. La documentazione presentata dal proponente, della quale è fornita una copia in formato elettronico, include l’elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati necessari alla realizzazione ed esercizio del progetto. 2. L’autorità competente apre una fase di consultazione con il proponente e in quella sede: a) si pronuncia sulle condizioni per l’elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale; b) esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero; c) sulla base della documentazione disponibile, verifica, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto, l’esistenza di eventuali elementi di incompatibilità; d) in carenza di tali elementi, indica le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso, senza che ciò pregiudichi la definizione del successivo procedimento. 3. Le informazioni richieste tengono conto della possibilità per il proponente di raccogliere i dati richiesti e delle conoscenze e dei metodi di valutazioni disponibili 4. La fase di consultazione si conclude entro sessanta giorni e, allo scadere di tale termine, si passa alla fase successiva. Art. 22. Studio di impatto ambientale 1. La redazione dello studio di impatto ambientale, insieme a tutti gli altri documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento, ed i costi associati sono a carico del proponente il progetto. 2. Lo studio di impatto ambientale, è predisposto, secondo le indicazioni di cui all’allegato VII del presente decreto e nel rispetto degli esiti della fase di consultazione definizione dei contenuti di cui all’articolo 21, qualora attivata. 3. Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni: a) una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni; b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti; c) i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull’ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio; d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale; e) una descrizione delle misure previste per il monitoraggio. 4. Ai fini della predisposizione dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati necessari per l’espletamento della fase di valutazione, il proponente ha facoltà di accedere ai dati ed alle informazioni disponibili presso la pubblica amministrazione, secondo quanto disposto dalla normativa vigente in materia.

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5. Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali del progetto e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso inclusi elaborati grafici. La documentazione dovrà essere predisposta al fine consentirne un’agevole comprensione da parte del pubblico ed un’agevole riproduzione. Art. 23. Presentazione dell’istanza 1. L’istanza è presentata dal proponente l’opera o l’intervento all’autorità competente. Ad essa sono allegati il progetto definitivo, lo studio di impatto ambientale, la sintesi non tecnica e copia dell’avviso a mezzo stampa, di cui all’articolo 24, commi 1 e 2. Dalla data della presentazione decorrono i termini per l’informazione e la partecipazione, la valutazione e la decisione. 2. Alla domanda è altresì allegato l’elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati, già acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione e dell’esercizio dell’opera o intervento, nonché di una copia in formato elettronico, su idoneo supporto, degli elaborati, conforme agli originali presentati. 3. La documentazione è depositata in un congruo numero di copie, a seconda dei casi, presso gli uffici dell’autorità competente, delle regioni, delle province e dei comuni il cui territorio sia anche solo parzialmente interessato dal progetto o dagli impatti della sua attuazione. 4. Entro trenta giorni l’autorità competente verifica la completezza della documentazione. Qualora questa risulti incompleta viene restituita al proponente con l’indicazione degli elementi mancanti. In tal caso il progetto si intende non presentato. Art. 24. Consultazione 1. Contestualmente alla presentazione di cui all’articolo 23, comma 1, del progetto deve essere data notizia a mezzo stampa e su sito web dell’autorità competente. 2. Le pubblicazioni a mezzo stampa vanno eseguite a cura e spese del proponente. Nel caso di progetti di competenza statale, la pubblicazione va eseguita su un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione direttamente interessata. Nel caso di progetti per i quali la competenza allo svolgimento della valutazione ambientale spetta alle regioni, si provvederà con la pubblicazione su un quotidiano a diffusione regionale o provinciale. 3. La pubblicazione di cui al comma 1 deve contenere, oltre una breve descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti ambientali, l’indicazione delle sedi ove possono essere consultati gli atti nella loro interezza ed i termini entro i quali è possibile presentare osservazioni. 4. Entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione di cui all’articolo 23, chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. 5. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale deve tenere in conto le osservazioni pervenute, considerandole contestualmente, singolarmente o per gruppi. 6. L’autorità competente può disporre che la consultazione avvenga mediante lo svolgimento di un’inchiesta

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pubblica per l’esame dello studio di impatto ambientale, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle osservazioni dei cittadini senza che ciò comporti interruzioni o sospensioni dei termini per l’istruttoria. 7. L’inchiesta di cui al comma 6 si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, che sono acquisiti e valutati ai fini del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. 8. Il proponente, qualora non abbia luogo l’inchiesta di cui al comma 6, può, anche su propria richiesta, essere chiamato, prima della conclusione della fase di valutazione, ad un sintetico contraddittorio con i soggetti che hanno presentato pareri o osservazioni. Il verbale del contraddittorio è acquisito e valutato ai fini del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. 9. Quando il proponente intende modificare gli elaborati presentati in relazione alle osservazioni, ai rilievi emersi nell’ambito dell’inchiesta pubblica oppure nel corso del contraddittorio di cui al comma 8, ne fa richiesta all’autorità competente nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 4, indicando il tempo necessario, che non può superare i sessanta giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori sessanta giorni. In questo caso l’autorità competente esprime il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati. L’autorità competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti, dispone che il proponente curi la pubblicazione di un avviso a mezzo stampa secondo le modalità di cui ai commi 2 e 3. Nel caso che il proponente sia un soggetto pubblico, la pubblicazione deve avvenire nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente. Nel caso che il proponente sia un soggetto pubblico, la pubblicazione deve avvenire nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente. 10. In ogni caso tutta la documentazione istruttoria deve essere pubblica sul sito web dell’autorità competente. Art. 25. Valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti della consultazione 1. Le attività tecnico-istruttorie per la valutazione d’impatto ambientale sono svolte dall’autorità competente. 2. L’autorità competente acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell’articolo 24, nonché, nel caso dei progetti di competenza dello Stato, il parere delle regioni interessate, che dovrà essere reso entro sessanta giorni dalla presentazione di cui all’articolo 23, comma 1. 3. Contestualmente alla pubblicazione di cui all’articolo 24, il proponente, affinché l’autorità competente ne acquisisca le determinazioni, trasmette l’istanza, completa di allegati, a tutti i soggetti competenti in materia ambientale interessati, qualora la realizzazione del progetto preveda autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale. Le amministrazioni rendono le proprie determinazioni entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui all’articolo 23, comma 1, ovvero nell’ambito della Conferenza dei servizi eventualmente indetta a tal fine dall’autorità competente. Entro il medesimo termine il Ministero per i beni e le


attività culturali si esprime ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e negli altri casi previsti dal medesimo decreto. 4. L’autorità competente può concludere con le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione delle procedure. Art. 26. Decisione 1. L’autorità competente conclude con provvedimento espresso e motivato il procedimento di valutazione dell’impatto ambientale nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione dell’istanza di cui all’articolo 23, comma 1. Nei casi in cui è necessario procedere ad accertamenti ed indagini di particolare complessità, l’autorità competente, con atto motivato, dispone il prolungamento del procedimento di valutazione sino ad un massimo di ulteriori sessanta giorni dandone comunicazione al proponente. 2. L’inutile decorso del termine di centocinquanta giorni, previsto dal comma 1, da computarsi tenuto conto delle eventuali interruzioni e sospensioni intervenute, ovvero, nel caso di cui al comma 3 del presente articolo, l’inutile decorso del termine di trecentotrenta giorni dalla data di presentazione del progetto di cui all’articolo 23, comma 1, implica l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all’organo competente ad adempire entro il termine di venti giorni. Per i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede non statale, si applicano le disposizioni di cui al periodo precedente fino all’entrata in vigore di apposite norme regionali e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina comunitaria vigente in materia e del principio della fissazione di un termine del procedimento. 3. L’autorità competente può richiedere al proponente entro centoventi giorni dalla presentazione di cui all’articolo 23, comma 1, in un’unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l’indicazione di un termine per la risposta che non può superare i sessanta giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori sessanta giorni. Il proponente può, di propria iniziativa, fornire integrazioni alla documentazione presentata. L’autorità competente, ove ritenga rilevante per il pubblico la conoscenza dei contenuti delle integrazioni, dispone che il proponente depositi copia delle stesse presso l’apposito ufficio dell’autorità competente e dia avviso dell’avvenuto deposito secondo le modalità di cui all’articolo 24, commi 2 e 3. In tal caso chiunque entro sessanta giorni può presentare osservazioni aggiuntive. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale è espresso entro il termine di novanta giorni dalla trasmissione della documentazione integrativa. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle richieste di integrazioni o ritiri la domanda, non si procede all’ulteriore corso della valutazione. L’interruzione della procedura ha effetto di pronuncia interlocutoria negativa. 4. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o intervento inclusa, nel caso

di impianti che ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l’autorizzazione integrata ambientale di cui al medesimo decreto. 5. Il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti. In nessun caso può farsi luogo all’inizio dei lavori senza che sia intervenuto il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. 6. I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall’autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere reiterata. Art. 27. Informazione sulla decisione 1. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale è pubblicato per estratto, con indicazione dell’opera, dell’esito del provvedimento e dei luoghi ove lo stesso potrà essere consultato nella sua interezza, a cura del proponente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione, per i progetti di rispettiva competenza. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ovvero dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati. 2. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale deve essere pubblicato per intero e su sito web dell’autorità competente indicando la sede ove si possa prendere visione di tutta la documentazione oggetto dell’istruttoria e delle valutazioni successive. Art. 28. Monitoraggio 1. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale contiene ogni opportuna indicazione per la progettazione e lo svolgimento delle attività di controllo e monitoraggio degli impatti. Il monitoraggio assicura, anche avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali, il controllo sugli impatti ambientali significativi sull’ambiente provocati dalle opere approvate, nonché la corrispondenza alle prescrizioni espresse sulla compatibilità ambientale dell’opera, anche, al fine di individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e di consentire all’autorità competente di essere in grado di adottare le opportune misure correttive. 2. Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data adeguata informazione attraverso i siti web dell’autorità competente e dell’autorità procedente e delle Agenzie interessate. Art. 29. Controlli e sanzioni 1. La valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.

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2. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, l’autorità competente esercita il controllo sull’applicazione delle disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto nonché sull’osservanza delle prescrizioni impartite in sede di verifica di assoggettabilità e di valutazione. Per l’effettuazione dei controlli l’autorità competente può avvalersi, nel quadro delle rispettive competenze, del sistema agenziale. 3. Qualora si accertino violazioni delle prescrizioni impartite o modifiche progettuali tali da incidere sugli esiti e sulle risultanze finali delle fasi di verifica di assoggettabilità e di valutazione, l’autorità competente, previa eventuale sospensione dei lavori, impone al proponente l’adeguamento dell’opera o intervento, stabilendone i termini e le modalità. Qualora il proponente non adempia a quanto imposto, l’autorità competente provvede d’ufficio a spese dell’inadempiente. Il recupero di tali spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. 4. Nel caso di opere ed interventi realizzati senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di assoggettabilità o di valutazione in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, nonché nel caso di difformità sostanziali da quanto disposto dai provvedimenti finali, l’autorità competente, valutata l’entità del pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e può disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità. In caso di inottemperanza, l’autorità competente provvede d’ufficio a spese dell’inadempiente. Il recupero di tali spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. 5. In caso di annullamento in sede giurisdizionale o di autotutela di autorizzazioni o concessioni rilasciate previa valutazione di impatto ambientale o di annullamento del giudizio di compatibilità ambientale, i poteri di cui al comma 4 sono esercitati previa nuova valutazione di impatto ambientale. 6. Resta, in ogni caso, salva l’applicazione di sanzioni previste dalle norme vigenti. TITOLO IV VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE Art. 30. Impatti ambientali interregionali 1. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS e di progetti di interventi e di opere sottoposti a procedura di VIA di competenza regionale che risultino localizzati anche sul territorio di regioni confinanti, il processo di valutazione ambientale è effettuato d’intesa tra le autorità competenti. 2. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS e di progetti di interventi e di opere sottoposti a VIA di competenza regionale che possano avere impatti ambientali rilevanti su regioni confinanti, l’autorità competente è

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tenuta a darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonché degli enti locali territoriali interessati dagli impatti. Art. 31. Attribuzione competenze In caso di piani, programmi o progetti la cui valutazione ambientale è rimessa alla regione, qualora siano interessati territori di più regioni e si manifesti un conflitto tra le autorità competenti di tali regioni circa gli impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una delle regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può disporre che si applichino le procedure previste dal presente decreto per i piani, programmi e progetti di competenza statale. Art. 32. Consultazioni transfrontaliere 1. In caso di piani, programmi o progetti che possono avere impatti rilevanti sull’ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato così richieda, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero degli affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640, nell’ambito delle fasi di cui agli articoli 13 e 21, provvede alla notifica dei progetti e di una sintesi della documentazione concernente il piano, programma e progetto. Nell’ambito della notifica è fissato il termine, non superiore ai sessanta giorni, per esprimere il proprio interesse alla partecipazione alla procedura. 2. Qualora sia espresso l’interesse a partecipare alla procedura, si applicano al paese interessato le procedure per l’informazione e la partecipazione del pubblico definite dal presente decreto. I pareri e le osservazioni delle autorità pubbliche devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso al pubblico di cui agli articoli 14 e 24. Salvo altrimenti richiesto, verrà trasmessa, per la partecipazione del pubblico e l’espressione dei pareri delle autorità pubbliche, contestualmente alla ricezione della comunicazione, la sintesi non tecnica di cui agli articoli 13 e 23. La decisione di cui all’articolo 26 e le condizioni che eventualmente l’accompagnano sono trasmessi agli Stati membri consultati. 3. Fatto salvo quanto previsto dagli accordi internazionali, le regioni o le province autonome informano immediatamente il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare quando progetti di loro competenza possono avere impatti ambientali transfrontalieri e collaborano per lo svolgimento delle fasi procedurali di applicazione della convenzione. 4. La predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria sono a cura del proponente o dell’autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 5. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero degli affari esteri, d’intesa con le regioni interessate, stipulano con i Paesi aderenti alla Convenzione accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e rendere più efficace l’attuazione della convenzione.


TITOLO V NORME TRANSITORIE E FINALI Art. 33. Oneri istruttori 1. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, sono definite, sulla base di quanto previsto dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, le tariffe da applicare ai proponenti per la copertura dei costi sopportati dall’autorità competente per l’organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo previste dal presente decreto. 2. Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti. 3. Nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad applicare le norme vigenti in materia. 4. Al fine di garantire l’operatività della Commissione di cui all’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e fino all’entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta Commissione è posto a carico del richiedente il versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, e da apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le somme di cui al presente comma si intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l’obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all’eventuale differenza risultante a quanto stabilito dal decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso. Art. 34. Norme tecniche, organizzative e integrative 1. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, provvede alla modifica ed all’integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione ambientale nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e

di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell’ordinamento nazionale. Resta ferma altresì, nelle more dell’emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma, l’applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988. 2. Al fine della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 1, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare acquisisce il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. 3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Governo, con apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome, ed acquisito il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede all’aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 2 agosto 2002. 4. Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento della strategia nazionale di cui al comma 3, le regioni si dotano, attraverso adeguati processi informativi e partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci regionali, di una complessiva strategia di sviluppo sostenibile che sia coerente e definisca il contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Le strategie regionali indicano insieme al contributo della regione agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le priorità, le azioni che si intendono intraprendere. In tale ambito le regioni assicurano unitarietà all’attività di pianificazione. Le regioni promuovono l’attività delle amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di strumenti strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia regionale. 5. Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto. Dette strategie, definite coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto sull’ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilità ecologica, la salvaguardia della biodiversità ed il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali quali presupposti necessari per la crescita della competitività e dell’occupazione. 6. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le province autonome cooperano per assicurare assetti organizzativi, anche mediante la costituzione di apposite unità operative, senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento di funzioni finalizzate a: a) determinare, nell’ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti per una piena integrazione della dimensione ambientale nella definizione e valutazione di politiche, piani, programmi e progetti; b) garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo nei processi decisionali della

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pubblica amministrazione; c) assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale; d) favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilità dell’integrazione ambientale; e) agevolare la partecipazione delle autorità interessate e del pubblico ai processi decisionali ed assicurare un’ampia diffusione delle informazioni ambientali. 7. Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure di valutazione. In particolare, assicurano che la valutazione ambientale strategica e la valutazione d’impatto ambientale si riferiscano al livello strategico pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di piani, programmi e progetti alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore. Il processo di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare che piani, programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti. 8. Il sistema di monitoraggio, su base regionale, anche con le Agenzie per la protezione dell’ambiente regionali, e nazionale, Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (APAT) e Sistema statistico nazionale (SISTAN), garantisce la raccolta dei dati concernenti gli indicatori strutturali comunitari o altri appositamente scelti. 9. Le modifiche agli allegati alla parte seconda del presente decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Art. 35. Disposizioni transitorie e finali 1. Le regioni adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi dall’entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto. 2. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili. 2-bis. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei relativi statuti. 2-ter. Le procedure di VAS e di VIA avviate precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento. Art. 36. Abrogazioni e modifiche 1. Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati. 2. Gli allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dagli allegati al presente decreto. 3. Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono inoltre abrogati: a) l’articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349; b) l’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;

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c) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377; d) l’articolo 7 della legge 2 maggio 1990, n. 102; e) il comma 2, dell’articolo 4, ed il comma 2, dell’articolo 5, della legge 4 agosto 1990, n. 240; f) il comma 2, dell’articolo 1, della legge 29 novembre 1990, n. 366; g) l’articolo 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380; h) l’articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 9; i) il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 460; l) l’articolo 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412; m) articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100; n) articolo 1 della legge 28 febbraio 1992, n. 220; o) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1992; p) il comma 6, dell’articolo 17, della legge 5 gennaio 1994, n. 36; q) il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526; r) il comma 1, dell’articolo 2-bis, della legge 31 maggio 1995, n. 206 (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96); s) il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996; t) il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998; u) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1998; v) la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 1999; z) il decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1999, n. 348; aa) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 302; bb) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell’11 ottobre 2000; cc) l’articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93; dd) l’articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289; ee) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5; ff) l’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; gg) l’articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62. 4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto: a) nell’articolo 5, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, alla fine sono inserite le seguenti parole: “nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l’intervento dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente”; b) nell’articolo 5, comma 10, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole “convoca” sono sostituite dalle seguenti: “può convocare”; c) nell’articolo 5, comma 11, del decreto legislativo 18


febbraio 2005, n. 59, le parole “Nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.” Sono sostituite dalle seguenti: “L’autorità competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui al comma 7, trascorsi i quali l’autorità competente rilascia l’autorizzazione anche in assenza di tali espressioni, ovvero nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10, le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché il parere dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici per gli impianti di competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente negli altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente.”; d) nell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole “L’autorità ambientale rinnova ogni cinque anni le condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale, o le condizioni dell’autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermandole o aggiornandole, a partire dalla data di cui all’articolo 5, comma 18, per gli impianti esistenti, e, a partire dalla data di rilascio dell’autorizzazione negli altri casi, salvo per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici ai quali si applica il disposto dell’articolo 17, comma 4, per i quali il primo rinnovo dell’autorizzazione ambientale è effettuato dopo sette anni dalla data di rilascio dell’autorizzazione.”, sono sostituite dalle seguenti: “L’autorità ambientale rinnova ogni cinque anni l’autorizzazione integrata ambientale, o l’autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio dell’autorizzazione.”; e) nell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono abrogate le seguenti parole: “Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio adotta le determinazioni relative all’autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del presente decreto, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per gli impianti già muniti di valutazione di impatto ambientale, il predetto termine di sessanta giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione negativa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, la decisione definitiva in ordine all’autorizzazione integrata ambientale è rimessa al Consiglio dei Ministri.”; f) nell’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono soppresse le seguenti parole “fino al termine fissato nel calendario” nonché le parole “entro tale termine””. 5. Sono fatte salve le disposizioni contenute nel presente articolo, nel caso in cui dalla loro abrogazione o modifica derivino effetti diretti o indiretti a carico della finanza pubblica.

Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall’amministrazione competente per materia, ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al sono fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operante il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note ... omissis... - L’art. 5 della legge 4 agosto 1990, n. 240, come modificato dal presente decreto è il seguente: “Art. 5. - 1. Nella convenzione di cui all’art. 4 devono essere previsti: a) il programma di costruzione dell’infrastruttura; b) la procedura per l’accertamento della validità tecnica della progettazione esecutiva, ivi comprese le infrastrutture complementari di adduzione alla infrastruttura primaria, e della esecuzione dei lavori in corso d’opera, nonché i collaudi provvisori e definitivi; c) i contributi spettanti ai soggetti interessati secondo quanto disposto dall’art. 6; d) l’assunzione, da parte dei soggetti interessati, di tutti gli oneri di costruzione; e) l’assunzione, da parte dei soggetti interessati, dell’esercizio; f) i criteri di determinazione delle tariffe di prestazione dei servizi resi dagli interporti, secondo i principi di economicità della gestione. 2. (Abrogato).”. - L’art. 1, della legge 29 novembre 1990, n. 366, recante “Completamento ed adeguamento delle strutture del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 6 dicembre 1990, n. 285, come modificato dal presente decreto, è il seguente: “Art. 1. - 1. L’Azienda nazionale autonoma delle strade (ANAS) è autorizzata a progettare il definitivo completamento del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso relativamente alle seguenti opere: a) due nuove sale laboratorio in sotterraneo; b) una galleria carrabile di accesso e servizio per il collegamento autonomo del laboratorio in sotterraneo con l’esterno sul versante aquilano, ivi compresa la corsia di attesa, le nicchie ospitanti il monitoraggio ambientale e gli eventuali cunicoli di emergenza; c) l’ampliamento ed adeguamento del centro direzionale-laboratorio esterno, nell’area adiacente il fabbricato esistente, nonché il suo allaccio alla galleria di collegamento con il laboratorio sotterraneo. 2. (Abrogato). 3. L’ANAS è autorizzata a realizzare le opere di cui al comma 1 in caso di esito positivo della valutazione di impatto ambientale, o parte di esse in caso di esito parzialmente positivo della suddetta valutazione, conformemente alle indicazioni del Ministero dell’ambiente, assumendo, se necessario, le opportune misure di mitigazione e le eventuali alternative indicate. 4. Ricorrendo i motivi previsti dalle lettere b), c) e d) del primo comma, dell’art. 5, della legge 8 agosto 1977, n. 584, l’ANAS può curare l’esecuzione degli interi lavori di cui alla presente legge secondo le modalità già previste dai commi secondo, quarto e quinto dell’art. 1, della legge 9 febbraio 1982, n. 32. 5. Completate le opere di cui al comma 1, l’ANAS le consegna all’Istituto nazionale di fisica nucleare, il quale provvede con propri fondi all’attrezzatura, alla sperimentazione, alla gestione ed alla manutenzione delle stesse.”.

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- L’art. 77 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2002, n. 305, supplemento ordinario, come modificato dal presente decreto è il seguente: “Art. 77. - 1-5 (Abrogati). 6. Al fine della bonifica e del risanamento ambientale dell’area individuata alla lettera p-quater) del comma 4, dell’art. 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2003, di 1 milione di euro per l’anno 2004 e di 1 milione di euro per l’anno 2005. 7. Aggiunge i seguenti commi 2-bis, 2-ter, 2-quater e 2-quinquies dell’art. 15, della legge 5 gennaio 1994, n. 36: 2-bis. Il pagamento del corrispettivo dei servizi di depurazione e fognatura deve essere effettuato dal diverso gestore entro sessanta giorni dal ricevimento delle fatture per effetto del riparto. 2-ter. Previa richiesta del gestore del servizio di acquedotto e contestuale versamento degli interessi, calcolati con l’applicazione del tasso legale aumentato di due punti, il termine di pagamento, di cui al comma 2-bis, è differito di un anno dal ricevimento delle fatture. 2-quater. Per omesso o ritardato pagamento oltre l’anno dall’emissione delle fatture è dovuta una penalità pari al 10 per cento dell’importo dovuto, oltre agli interessi. 2-quinquies. Per le fatture o per i corrispettivi dovuti per il servizio di depurazione e fognatura maturati prima del 1° gennaio 2003 il termine di pagamento è fissato al 31 dicembre 2003.”. - L’art. 5, del citato decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, come modificato dal presente decreto, è il seguente: “Art. 5 (Procedura ai fini del rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale). - 1. Ai fini dell’esercizio di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell’adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni del presente decreto, si provvede al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale di cui all’art. 7. Fatto salvo quanto disposto dal comma 5 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve comunque descrivere: b) le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l’energia usate o prodotte dall’impianto; c) le fonti di emissione dell’impianto; d) lo stato del sito di ubicazione dell’impianto; e) il tipo e l’entità delle emissioni dell’impianto in ogni settore ambientale, nonché un’identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull’ambiente; f) la tecnologia utilizzata e le altre tecniche in uso per prevenire le emissioni dall’impianto oppure per ridurle; g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall’impianto; h) le misure previste per controllare le emissioni nell’ambiente, nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l’intervento dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente; i) le eventuali principali alternative prese in esame dal gestore, in forma sommaria; j) le altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all’art. 3. 2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) ad l) del comma 1 e l’indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore non devono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprietà intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni contenute nell’art. 12, della legge 24 ottobre 1977, n. 801, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all’autorità competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai

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fini dell’accessibilità al pubblico. 3. Per le attività industriali di cui all’allegato I l’autorità competente stabilisce il calendario delle scadenze per la presentazione delle domande per l’autorizzazione integrata ambientale per gli impianti esistenti e per gli impianti nuovi già dotati di altre autorizzazioni ambientali alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tali calendari sono pubblicati sull’organo ufficiale regionale o, nel caso di impianti che ricadono nell’ambito della competenza dello Stato, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Per gli impianti di competenza statale di cui all’allegato V del presente decreto il calendario di cui al presente comma è stabilito sentiti i Ministeri delle attività produttive e della salute. 4. Per gli impianti di competenza statale la presentazione della domanda è effettuata all’autorità competente con le procedure telematiche, il formato e le modalità stabiliti con il decreto di cui all’art. 13, comma 3. 5. Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o più dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere utilizzate ai fini della presentazione della domanda. Tali informazioni possono essere incluse nella domanda o essere ad essa allegate. 6. L’autorità competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico. 7. L’autorità competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai sensi dell’art. 9, comma 4, contestualmente all’avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la sede degli uffici di cui al comma 6. Entro il termine di quindici giorni dalla data di ricevimento della comunicazione il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono nell’ambito della competenza dello Stato, di un annuncio contenente l’indicazione della localizzazione dell’impianto e del nominativo del gestore, nonché il luogo individuato ai sensi del comma 6 ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 8. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui al comma 7, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all’autorità competente, osservazioni sulla domanda. 9. (Abrogato). 10. L’autorità competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, può convocare apposita conferenza dei servizi ai sensi degli articoli 14, 14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla quale invita le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell’interno, della salute e delle attività produttive. 11. L’autorità competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui al comma 7, trascorsi i quali l’autorità competente rilascia l’autorizzazione anche in assenza di tali espressioni, ovvero nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10, le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché il parere dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici per gli impianti di competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente


negli altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente. In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell’autorizzazione di cui al presente decreto, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, chiede all’autorità competente di verificare la necessità di riesaminare l’autorizzazione rilasciata, ai sensi dell’art. 9, comma 4. 12. Acquisite le determinazioni delle amministrazioni coinvolte nel procedimento e considerate le osservazioni di cui al comma 8, l’autorità competente rilascia, entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda, un’autorizzazione contenente le condizioni che garantiscono la conformità dell’impianto ai requisiti previsti nel presente decreto, oppure nega l’autorizzazione in caso di non conformità ai requisiti di cui al presente decreto. L’autorizzazione per impianti di competenza statale di cui all’allegato V del presente decreto è rilasciata con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio; in caso di impianti sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale, il termine di cui sopra è sospeso fino alla conclusione di tale procedura. L’autorizzazione integrata ambientale non può essere comunque rilasciata prima della conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale. 13. L’autorità competente può chiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il termine massimo non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa; in tal caso, il termine di cui al comma 12, nonché il termine previsto per la conclusione dei lavori della conferenza dei servizi di cui al comma 10, si intendono sospesi fino alla presentazione della documentazione integrativa. 14. L’autorizzazione integrata ambientale, rilasciata ai sensi del presente decreto, sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione, fatte salve le disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e le autorizzazioni ambientali previste dalla normativa di recepimento della direttiva 2003/87/CE. L’autorizzazione integrata ambientale sostituisce, in ogni caso, le autorizzazioni di cui all’elenco riportato nell’allegato II. L’elenco riportato nell’allegato II, ove necessario, è modificato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, d’intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 15. Copia dell’autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è messa a disposizione del pubblico, presso l’ufficio di cui al comma 6. Presso il medesimo ufficio sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento. 16. L’autorità competente può sottrarre all’accesso le informazioni, in particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell’allegato I, qualora ciò si renda necessario per l’esigenza di salvaguardare, ai sensi dell’art. 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. L’autorità competente può inoltre sottrarre all’accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell’impianto nell’ambiente, per ragioni di tutela della proprietà intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o personale. 17. Ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale entro i termini previsti dal comma 12, si applica il potere sostitutivo di cui all’art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 18. Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalità previste per la protezione dell’ambiente nel suo complesso di cui al presente decreto, secondo quanto indicato

all’art. 7, nonché l’indicazione delle autorizzazioni sostituite. L’autorizzazione integrata ambientale concessa agli impianti esistenti prevede la data, comunque non successiva al 31 marzo 2008, entro la quale tali prescrizioni debbono essere attuate. Nel caso in cui norme attuative di disposizioni comunitarie di settore dispongano date successive per l’attuazione delle prescrizioni, l’autorizzazione deve essere comunque rilasciata entro il 31 marzo 2008. L’autorizzazione integrata ambientale concessa a impianti nuovi, già dotati di altre autorizzazioni ambientali all’esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, può consentire le deroghe temporanee di cui al comma 5, dell’art. 9. 19. Tutti i procedimenti di cui al presente articolo per impianti esistenti devono essere comunque conclusi in tempo utile per assicurare il rispetto del termine di cui al comma 18. Le Autorità competenti definiscono o adeguano conseguentemente i propri calendari delle scadenze per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale. Anche se diversamente previsto in tali calendari, le domande di autorizzazione integrata ambientale relative agli impianti esistenti devono essere presentate in ogni caso entro il 31 gennaio 2008 all’autorità competente ovvero, qualora quest’ultima non sia stata ancora individuata, alla regione o alla provincia autonoma territorialmente competente. 20. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell’impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d’intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l’autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 18, assicura il necessario coordinamento tra l’attuazione dell’accordo e la procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma il termine di centocinquanta giorni di cui al comma 12 è sostituito dal termine di trecento giorni.”. - Il comma 1, dell’art. 9 del citato decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 59, come modificato dal presente decreto, è il seguente: “Art. 9 (Rinnovo e riesame). - 1. L’autorità ambientale rinnova ogni cinque anni l’autorizzazione integrata ambientale, o l’autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio dell’autorizzazione. A tale fine, sei mesi prima della scadenza, il gestore invia all’autorità competente una domanda di rinnovo, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all’art. 5, comma 1. Alla domanda si applica quanto previsto dall’art. 5, comma 5. L’autorità competente si esprime nei successivi centocinquanta giorni con la procedura prevista dall’art. 5, comma 10. Fino alla pronuncia dell’autorità competente, il gestore continua l’attività sulla base della precedente autorizzazione.”. - L’art. 17 del citato decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 59, come modificato dal presente decreto, è il seguente: “Art. 17 (Disposizioni transitorie). - 1. Le disposizioni relative alle autorizzazioni previste dalla vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, si applicano fino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi dell’art. 5. I gestori degli impianti di cui all’art. 2, comma 1, lettera s), del decreto ministeriale 16 gennaio 2004, n. 44 del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, che intendono conformarsi alle disposizioni di cui all’allegato II dello stesso decreto ministeriale e ricadenti nel campo di applicazione del presente decreto, presentano la relazione e il progetto di adeguamento di cui all’art. 6, comma 3, del decreto ministeriale 16 gennaio 2004, n. 44 del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, contestualmente alla domanda di autorizzazione integrata ambientale nel rispet-

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to dei termini previsti dall’art. 5, comma 3. Nel caso in cui la relazione e il progetto di cui sopra siano stati già presentati alla data di entrata in vigore del presente decreto la loro valutazione è effettuata nell’ambito del procedimento integrato. 2. I procedimenti di rilascio di autorizzazioni che ricomprendono autorizzazione integrata ambientale, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono portati a termine dalla medesima autorità presso la quale sono stati avviati. 3. Le linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili emanate ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, tengono luogo, per gli impianti esistenti, delle corrispondenti linee guida di cui all’art. 4, comma 1, nelle more della loro approvazione. È facoltà del gestore di integrare la domanda già presentata a seguito della pubblicazione del pertinente decreto di cui all’art. 4, comma 1. In tale caso il termine di cui all’art. 5, comma 12, decorre dalla

data di presentazione dell’integrazione. 4. Fermo restando il disposto dell’art. 9, comma 1, sono fatte salve le autorizzazioni integrate ambientali già rilasciate, nonché le autorizzazioni uniche e quelle che ricomprendono per legge tutte le autorizzazioni ambientali richieste dalla normativa vigente alla data di rilascio dell’autorizzazione, rilasciate dal 10 novembre 1999 alla data di entrata in vigore del presente decreto. La stessa autorità che ha rilasciato l’autorizzazione verifica la necessità di procedere al riesame del provvedimento ai sensi dell’art. 9, comma 4. 5. Quanto previsto dall’art. 16, comma 1, non si applica al gestore di una attività industriale per la quale è prevista l’emanazione di un calendario ai sensi dell’art. 5, comma 3, per la presentazione della domanda di autorizzazione integrata ambientale, e nelle more della conclusione del procedimento relativo alla domanda presentata.”.

ALLEGATO I CRITERI PER LA VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ DI PIANI E PROGRAMMI DI CUI ALL’ARTICOLO 12. 1. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi: • in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l’ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse; • in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati; • la pertinenza del piano o del programma per l’integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile; • problemi ambientali pertinenti al piano o al programma; • la rilevanza del piano o del programma per l’attuazione della normativa comunitaria nel settore dell’ambente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque). 2. Caratteristiche degli impatti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi: • probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli impatti; • carattere cumulativo degli impatti; • natura transfrontaliera degli impatti; • rischi per la salute umane o per l’ambiente (ad es. in caso di incidenti); • entità ed estensione nello spazio degli impatti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate); • valore e vulnerabilità dell’area che potrebbe essere interessata a causa: - delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale, - del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite dell’utilizzo intensivo del suolo; • impatti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.

ALLEGATO II PROGETTI DI COMPETENZA STATALE 1)

Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonchè impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi, nonchè terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto.

2)

Installazioni relative a: centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW; centrali per la produzione dell’energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti; Impianti per l’estrazione dell’amianto, nonchè per il trattamento e la trasformazione dell’amianto e dei prodotti contenenti amianto; centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smantellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori (esclusi gli impianti di ricerca per l aproduzione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW di durata permanente termica).

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3)

Impianti destinati: al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati; alla produzione o all’arricchimento di combustibili nucleari; al trattamento di combustibile nucleare irradiato o di residui altamente radioattivi; allo smaltimento definitivo dei combustibili nucleari irradiati; esclusivamente allo smaltimento definitivo di residui radioattivi; esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o di residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione.

4)

Elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri”.

5)

Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio.

6)

Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi si trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro: per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie1 di seguito indicate Classe di prodotto

1

Soglie* (Gg/anno)

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici)

200

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi

200

c) idrocarburi solforati

100

d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati

100

e) idrocarburi fosforosi

100

f) idrocarburi alogenati

100

g) composti organometallici

100

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa)

100

i) gomme sintetiche

100

j) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile

100

k) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati

100

l) basi, quali idrossido d’ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio

100

Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un’unica riga

-

7)

per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) con capacità produttiva complessiva annua superiore a 300 milioni di chilogrammi (intesa come somma delle capacità produttive relative ai singoli composti elencati nella presente classe di prodotto). prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare.

8)

Stoccaggio: di prodotti chimici, petrolchimici con capacità complessiva superiore a 80.000 m3; superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3; di prodotti di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva superiore a 40.000 m3; di prodotti petroliferi liquidi di capacità complessiva superiore a 80.000 m3; di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 t.

9)

oleodotti, gasdotti o condutture per prodotti chimici di lunghezza superiore a 40 km e diametro superiore o uguale a 800 mm.

10) Opere relative a tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonchè aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 metri di lunghezza; - autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l’altro l’arresto e la sosta si autoveicoli; strade extraurbane a quattro o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie, sempre che la nuova strada o il tratto di strada raddrizzato e/o allargato abbia una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km; parcheggi interrati che interessano superfici superiori ai 5 ha, localizzati nei contri storici o in aree soggette

XVII


a vincoli paesaggistici decretati con atti ministeriali o facenti parte dei siti UNESCO. 11) Porti marittimi commerciali, nonchè vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1350 tonnellate. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare per il carico e lo scarico dei prodotti, collegati con la terraferma e l’esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto), che possono accogliere navi di stazza superiore a 1350 tonnellate, comprese le attrezzature e le opere funzionalmente connesse. 12) Interventi per la difesa del mare: terminali per il carico e lo scarico degli idrocarburi e sostanze pericolose; piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi; condotte sottomarine per il trasporto degli idrocarburi; sfruttamento minerario piattaforma continentale. 13) impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d’invaso superiore ad 1.000.000 m3, nonchè impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d’invaso superiore a 100.000 m3. 14) Trivellazioni in profondità per lo stoccaggio dei residui nucleari. 15) Interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240 e successive modifiche, comunque comprendenti uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione. 16) Opere ed interventi relativi a trasferimenti d’acqua che prevedano o possano prevedere trasferimento d’acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183. 17) Stoccaggio di gas combustibile e di CO2 in serbatoi sotterranei naturali in unità geologiche profonde e giacimenti esauriti di idrocarburi. 18) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sè sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.

ALLEGATO III Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano a) b)

Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 200 ettari. Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui al derivazione superi i 1.000 litri al secondo e di acque sotterranee ivi comprese acque minerali e termali, nei casi in cui la derivazione superi i 100 litri al secondo. c) Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenz atermica complessiva superiore a 150 MW; c bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica, con procedimento nel quale è prevista la partecipazione obbligatoria del rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali; d) Impianti industriali destinati: alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose; alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno. e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro: per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base (progetti non inclusi nell’Allegato II); per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base (progetti non inclusi nell’Allegato II); per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) (progetti non inclusi nell’Allegato II); per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi; per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico; per la fabbricazione di esplosivi. f) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore alle 35.000 t/ anno di materie prime lavorate. g) Produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 35.00 t/anno di materie prime lavorate.

XVIII


h) i) l) m) n)

o)

p)

q)

r) s) t) u) v) z) aa)

ab) ac)

ad) ae) af)

ag)

Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici pericolosi a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 40.000 m3. Impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno. Porti turistici e da diporto quando lo specchio d’acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri. Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all’allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Impianto di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D9, D10 e D11, ed allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante operazioni di raggruppamento o ricondizionamento preliminari e deposito preliminare, con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettere D13 e D14, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m3 (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); discariche di rifiuti speciali non pericolosi (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legisaltivo 152/2006), ad esclusione delle discariche per inerti con capacità complessiva sino a 100.000 m3. Impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m3 oppure con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152). Impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 100.00 abitanti equivalenti. Cave e torbiere con più di 500.000 m3/a di material estratto o di un’area interessata superiore a 20 ettari. Dighe e altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacitò superiore a 100.000 m3. Attività di coltivazione sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’art. 2, comma 2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443. Attività di coltivazione sulla terraferma degli idrocarburi liquidi e gassosi delle risorse geotermiche. Elettrodotti per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km. Impianti di smaltimento di rifiuti mediante operazioni di iniezione in profondità, lagunaggio, scarico di rifiuti solidi nell’ambiente idrico, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino, deposito permanente (operazioni di cui all’allegato B, lettere D3, D4, D6, D7 e D12, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3. Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: 85000 posti per polli da ingrasso, 60000 per galline; 3000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 900 posti per scrofe. Impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonchè concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici. Sistemi di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell’acqua ricaricata sia superiore a 10 milioni di metri cubi. Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un’eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi all’anno. In tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un’erogazione media pluriennale del bacino in questione superiore a 100 milioni di metri cubi all’anno. In tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un’erogazione media pluriennale del bacino in questione superiore a 2000 milioni di metri cubi all’anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5% di detta erogazione. In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni. Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sè sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.

XIX


ALLEGATO IV Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilitò di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano. 1.

Agricoltura a) cambiamento di uso di aree non coltivate, semi-naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con una superficie superiore a 10 ettari; b) iniziale forestazione di una superificie superiore a 20 ettari; deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5 ettari; c) Impianti per l’allevamento intensivo di animali il cui numero complessivo di capi sia maggiore di quello derivante dal seguente rapporto: 40 quintali di peso vivo di animali per ettaro di terreno funzionalmente asservito all’allevamento. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione, gli allevamenti con numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli, 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovicaprini, 50 posti bovini; d) i progetti di gestione delle risorse idriche per l’agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari; e) piscicoltura per superficie complessiva di oltre i 5 ettari; f) progetti di ricomposizione fondiaria che interessano una superficie superiore a 200 ettari.

2.

Industria energetica ed estrattiva a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW; b) attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi compese le risorse geotermiche, incluse le relative attività minerarie; c) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda; d) impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell’acqua calda, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km; e) impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento; f) installazione di oleodotti e gasdostti con la lunghezza complessiva superiore ai 20 km; g) attività di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma; h) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all’art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale; i) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite; l) impianti di superficie dell’industria di estrazione di carbon fossile, di petrolio, di gas naturale e di minerali metallici nonchè di scisti bituminose; m) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100 kW. n) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone.

3.

Lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali a) impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metalliferi che superino i 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; b) impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria) compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2, 5 tonnellate all’ora; c) impianti destinati alla trasformazione dei metalli ferrosi mediante: laminazione a caldo con capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo al’ora, forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorchè la potenza calorifera è superiore a 20 MW; applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all’ora; d) fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno; e) impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia) con una capacità di fusione superiore a 10 tonnellate per il piombo e il cadmio o a 50 tonnellate per tutti gli altri metalli al giorno; f) impianti per il trattamento di superficie di metalli e materia plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche detinate al trattamento abbiano un volume superiore a 30 m3; g) impianti di costruzione e montaggio di auto e motoveicoli e costruzioni dei relativi motori; impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili; costruzione di materiale ferroviario e rotabile che superino 10.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; h) cantieri navali di superficie complessiva superiore a 2 ettari; i) imbutitura di fondo con esplosivi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; l) cockerie (distillazione a secco di carbone);

XX


m)

n) o) p)

4.

fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con densità di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo; impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno; impianti per la produzione di vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno; impianti destinati alla produzione di cinkler (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in latri tipi di forni aventi una capacità di produzione do oltre 50 tonnellate al giorno.

Industria dei prodotti alimentari a) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno; b) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno su base trimestrale; c) impianti per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari con capacità di lavorazione superiore a 200 tonnellate al giorno su base annua; d) impianti per la produzione di birra o malto con capacità di produzione superiore a 500.000 hl/anno; e) impianti per la produzione di farina di pesce o di olio di pesce con capacità di lavorazione superiore a 50.000 q/anno di prodotto lavorato; h) molitura dei cereali, industria dei prodotti amidacei, industria dei prodotti alimentari per zootecnia che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; i) zuccherifici, impianti per la produzione di lieviti con capacità di produzione o raffinazione superiore a 10.000 t/giorno di barbabietole. 5. a) b) c) d)

Industria dei tessili, del cuoio, del legno della carta impianti di fabbricazione di pannelli di fibre, pannelli di particelle e compensati, di capacità superiore alle 50.000 t/anno di materie lavorate; impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa, fabbricazione di carta e cartoni di capacità superiore a 50 tonnellate al giorno; impianti per il pretrattamento (operazioni quali il lavaggio, l’imbianchimento, la mercerizzazione) o l atintura di fibre tessili, di lana la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno; impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 3 tonnellate di prodotto finito al giorno.

6. Industria della gomma e delle materie plastiche a) fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate. 7.

progetti di infrastrutture a) progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari; b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreti legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”; parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 50 posti auto; c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonchè impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1800 persone; d) derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonchè le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo; e) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali; f) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili; g) strade extraurbane secondarie; h) costruzioni di strade di scorrimento in area urbana o potenziamento di esistenti a quattro o più corsie con lunghezza, in area urbana o extraurbana, superiore a1500 metri; i) linee ferroviarie a carattere regionale o locale; l) sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane), funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di passeggeri; m) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;

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n)

opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare; o) opere di regolazione del corso dei fiumi e dei torrenti, canalizzazione e interventi di bonifica ed altri simili destinati ad incidere sul regime delle acque, compresi quelli di estrazione di materiali litoidi dal demanio fluviale e lacuale; p) aeroporti; q) porti turistici e da diporto, quando lo specchio d’acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonchè progetti di intervento su porti già esistenti; r) impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettere D13 e D14 del decreto legislativo 152/2006); s) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento (operazioni di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); t) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacità massima superiore a 30.000 m3 oppure con capacità superiore a 40 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettera D15 della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); u) discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); v) impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 10.000 abitanti equivalenti; z) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e son tracciato di lunghezza superiore a 3 km. z.a) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all’allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. z.b) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all’allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. 8.

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Altri progetti a) villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 30 posti-letto o volume edificato superiore a 25.000 m3 o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, esclusi quelli ricedenti all’interno di centri abitati; b) piste permanenti per corse e prove di automobili, motociclette ed altri veicoli a motore; c) centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro; d) banchi di prova per motori, turbine, reattori quanto l’area impegnata supera i 500 m2; e) fabbricazione di fibre minerali artificiali che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; f) fabbricazione, condizionamento, carico o messa in cartucce di esplosivi con almeno 25.000 tonnellate/ anno di materie prime lavorate; g) stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 1.000 m3; h) recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 10 ettari; i) cave e e torbiere; l) trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore a 10.000 t/anno di materie prime lavorate; m) produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 10.000 t/anno in materi eprime lavorate; n) depositi di fanghi diversi da quelli disciplinati dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con capacità superiore a 10.00 metri cubi; o) impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive; p) stabilimenti di squartamento con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno; q) terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari; r) parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari; s) progetti di cui all’allegato III, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per più di due anni. t) modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato III o all’allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato III).


ALLEGATO V Criteri per la Verifica di assoggettabilità di cui all’art. 20 1. Caratteristiche dei progetti Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare: - delle dimensioni del progetto, - del cumulo con altri progetti, - dell’utilizzazione di risorse naturali, - della produzione di rifiuti, - dell’inquinamento e disturbi alimentari - del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate. 2. Localizzazione dei progetti Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare: - dell’utilizzazione attuale del territorio; - della ricchezza relativa, della qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona; - della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone: a) zone umide; b) zone costiere; c) zone montuose o forestali; d) riserve e parchi naturali; e) zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; f) zone nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione comunitaria sono già stati superati; g) zone a forte densità demografica; h) zone di importanza storica, culturale o archeologica; i) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all’art. 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228. 3. Caratteristiche dell’impatto potenziale Gli impatti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo conto, in particolare: - della portata dell’impatto (area geografica e densità di popolazione interessata); - della natura transfrontaliera dell’impatto; - dell’ordine di grandezza e della complessità dell’impatto; - della probabilità dell’impatto; - della durata, frequenza e reversibilità dell’impatto.

ALLEGATO VI Contenuti del Rapporto ambientale di cui all’art. 13. Le informazioni da fornire con i rapporti ambientali che devono accompagnare le proposte di piani e di programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica sono: a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi; b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell’ambiente e sua evoluzione probabile senza l’attuazione del piano o del programma; c) caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate; d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali le zone designate come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, nonchè i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228. e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale; f) possibili impatti significativi sull’ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l’acqua, l’aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche archi-

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g) h)

i)

j)

tettonico e archeologico, il paesaggio e l’interrelazione tra i suddetti fattori. Devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi; misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o del programma; sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonchè le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o difficoltà derivanti dalla novità dei problemi e delle tecniche per risolverli) nella raccolta delle informazioni richieste; descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione del piani o del programma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare; sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.

ALLEGATO VII Contenuti dello Studio di impatto ambientale di cui all’art. 22. 1.

Descrizione del progetto, comprese in particolare: a) una descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento; b) una descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con l’indicazione, per esempio, della natura e delle quantità dei materiali impiegati; c) una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti (inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione, eccetera) risultanti dall’attività del progetto proposto; d) la descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e delle altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l’utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili. 2. Una descrizione delle principali alternative prese in esame dal proponente, compresa l’alternativa zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale, e la motivazione della scelta progettuale, sotto il profilo dell’impatto ambientale, con una descrizione delle alternative prese in esame e loro comparazione con il progetto presentato. 3. Una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, nonchè il patrimonio agroalimentare, al paesaggio e all’interazione tra questi vari fattori. 4. Una descrizione dei probabili impatti rilevanti (diretti ed eventualmente indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi) del progetto proposto sull’ambiente: a) dovuti all’esistenza del progetto; b) dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali; c) dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti; nonchè la descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli impatti sull’ambiente. 5. Una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e se possibile compensare rilevanti impatti negativi del progetto sull’ambiente. 5.bis. Una descrizione delle misure previste per il monitoraggio; 6. La descrizione degli elementi culturali e paesaggistici eventualmente presenti, dell’impatto su di essi delle trasformazioni proposte e delle misure di mitigazione e compensazione necessarie. 7. Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei numeri precedenti. 8. Un sommario delle eventuali difficoltà (lacune tecniche o mancanza di conoscenze) incontrate dal proponente nella raccolta dei dati richiesti e nella previsione degli impatti di cui al numero 4.

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prosegue da pag. 34 correggere effetti negativi e indesiderati. In sostanza la VIA è l’espressione di un giudizio di compatibilità ambientale. La differenza della VIA rispetto alla VAS consiste nel fatto che la Valutazione Ambientale Strategica assolve al compito di verificare la coerenza delle proposte programmatiche e pianificatorie con gli obiettivi di sostenibilità, mentre la Valutazione d’Impatto Ambientale è applicabile a singoli progetti di opere. Attualmente la materia della VIA è inserita nel Titolo III del D. Lgs. n. 4/2008, dove la precisazione esplicita che il provvedimento di VIA “sostituisce o coordina tutte le altre autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi, comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o intervento” (Art. 26 comma 4), compresa l’AIA, ove dovuta, è senz’altro la riforma più importante. Altre novità sono che: - la VIA dovrà essere eseguita sul progetto definitivo e non come avveniva finora su quello preliminare; - viene eliminato il meccanismo automatico in base al quale, in assenza di risposte, si considerava rifiutata; - si stabiliscono tempi certi di conclusione della procedura che vanno da un minimo di 150 giorni a un massimo di 330 per le opere più complesse, superato il quale limite, la decisione verrà presa dal Consiglio dei Ministri. Anche per la VIA vengono definite le modalità di svolgimento (Art. 19): - verifica di assoggettabilità di un progetto a VIA (il cosiddetto screening), da parte dell’autorità competente del progetto preliminare, secondo l’Allegato V (Art. 20), volta ad effettuare una valutazione preliminare della significatività dell’impatto ambientale di un progetto, determinando se lo stesso lo richieda lo svolgimento successivo della procedura di valutazione preliminare dell’impatto ambientale, e verificando, quindi, la necessità di uno Studio di Impatto Ambientale (SIA) per il progetto proposto; - definizione dei contenuti del SIA (il cosiddetto scooping), strumento tecnico che dimostri come la soluzione prescelta ha preso in esame gli impatti e le misure di mitigazione e che gli impatti prodotti sono sostenibili (Art. 21); - redazione del SIA, predisposto secondo le indicazioni dell’Allegato VII (Art. 22); - presentazione e pubblicazione del progetto, a carico del proponente (Art. 23); - consultazioni e tempi per presentare l’istanza di partecipazione al procedimento da parte di chiunque vi abbia ineteresse (Art. 24); - valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti delle consultazioni (Art. 25); - decisione ovvero espressione del giudizio di compatibilità

ambientale, allungando i termini per la conclusione del procedimento da 90 a 150 giorni salvo casi di particolare complessità per i quali i termini possono essere prorogati fino a un massimo di 330, stabilendo che i progetti debbono essere realizzati entro i 5 anni dal provvedimento decisionale, pena la reiterazione della procedura (Art. 26); - informazione sulla decisione (Art. 27); - monitoraggio o indicazioni per la progettazione e lo svolgimento delle attività di monitoraggio degli impatti delle opere approvate (Art. 28); - controlli e sanzioni attraverso una riforma dei sistemi di controllo con la possibilità delle autorità competenti di avvalersi del Sistema Agenziale (APAT, ARPA/APPA) e la possibilità di recuperare le spese sostenute per l’adeguamento delle opere, qualora il proponente sia inadempiente (Art. 29). Valutazioni Ambientali Interregionali e Transfrontaliere - Titolo IV Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS o di progetti o opere sottoposti a VIA, che abbiano carattere interregionale debbono essere ricercate le intese tra le autorità competenti (Art. 30). Qualora si ravvisi un conflitto circa la valutazione degli impatti ambientali su un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una regione, il Presidente del Consiglio potrà decidere di applicare le procedure di competenza statale (Art. 31). L’Articolo 32 disciplina la partecipazione e il ruolo di altri Stati alle procedure relative a piani, programmi o progetti che abbiano carattere transfrontaliero. Norme transitorie e finali - Titolo V Al Ministro dell’Ambiente viene assegnata la potestà regolamentare di individuazione delle tariffe per le attività istruttorie, di monitoraggio e di controllo da parte dell’autorità competente (Art. 33). Viene fissato in 2 anni dalla data di entrata in vigore del Decreto stesso, l’emanazione di disposizioni in materia di aggiornamento delle Norme Tecniche per la VIA e delle strategie di sviluppo sostenibile (Art. 34). Le Regioni dovranno adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni del Decreto entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore (13 febbraio 2009). Qualora le Regioni ne siano sprovviste trovano diretta applicazione le norme del Decreto. Viene chiarito poi, che gli interventi per i quali la VAS e VIA sono in corso si applicano le regole vigenti al momento dell’avvio del procedimento (Art. 35). Il successivo ed ultimo Articolo 36 abroga le disposizioni previgenti in materia di VIA e modifica alcune disposizioni del D. Lgs. n. 59/2005, relative all’AIA per quanto attiene al procedimento e alle Conferenze dei Servizi.

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SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI COSM SM M (Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti della Provincia di Macerata

DALLA RICERCA DE “IL SOLE 24ORE” LA CONFERMA DELLA VALIDITÀ DELLE SCELTE OPERATE DAL CONSORZIO Ill P Presidente Fabio Eusebi indica le maggiori novità e i programmi qualificanti del 2008 a cura di Luca Romagnoli

che è all’avanguardia in Italia. Siamo l’unico impianto nelle Marche ad avere un termovalorizzatore, un impianto di compostaggio, un impianto di selezione manuale e a gestire direttamente le discariche di appoggio. Il COSMARI eroga servizi di qualità, con una raccolta effettuata quotidianamente su tutto il territorio provinciale, festivi compresi. Attualmente la percentuale di raccolta differenziata è superiore, su media provinciale, al 35% con eccellenze registrate nei comuni dove è stato attivato il servizio “Porta a porta” come Montelupone oltre il 75%, Appignano Potenza Picena e Urbisaglia 72%, Camerino, Loro Piceno e San Ginesio oltre il 60%. Sensibile aumento anche per Civitanova Marche con una popolazione interessata di circa 10 mila abitanti del centro e di Civitanova Alta”.

Il Presidente del COSMARI, Ing. Fabio Eusebi

Il recente tam tam mediatico sulla vicenda dei rifiuti della Campania, la soglia di attenzione dei cittadini particolarmente sensibilI e la recente pubblicazione da parte del quotidiano “Il Sole 24Ore” sui costi dello smaltimento rifiuti in Italia, ci consente di fare, insieme al Presidente Ing. Fabio Eusebi, un serio ed approfondito ragionamento ed un costruttivo confronto sui costi praticati dal COSMARI per o smaltimento dei cosiddetti RSU per abitante e per quantitativo prodotto. “Analizzando quanto riportato dal quotidiano economico milanese - spiega Eusebi - si evince che il costo medio nei comuni in cui la raccolta differenziata è al 30%, come la nostra media provinciale, è di 120 euro/abitante/anno. Ovviamente questa spesa sale nei comuni in cui la raccolta differenziata è inferiore al 30%, attestandosi su valori medi pari a 156 euro/ab/an. Il costo minimo registrato in Italia è quello di Brescia dove ogni cittadino, in un anno, spende 70 euro. In termini di costi di smaltimento valutati in euro per tonnellata il record negativo spetta a Napoli con 281euro per ogni tonnellata di rifiuti prodotti contro i 114 euro/tonnellata di Brescia. Il COSMARI, in provincia di Macerata, smaltisce per i Comuni soci a 65 euro/abitante per anno mentre il costo per tonnellata è pari a 130 euro”. “Come è chiaramente dimostrato dai dati riportati - sottolinea il Presidente - i prezzi applicati dal COSMARI sono molto inferiori a quelli nazionali e regionali. Da sottolineare che il costo per abitante è più basso anche di quello praticato da Brescia. Troppo spesso, da più parti, si è alimentata una polemica contro il COSMARI volta solo a criticare senza mai analizzare i dati di fatto e solo l’emergenza napoletana ha fatto risaltare l’effettivo valore dell’operato di un Consorzio

Peraltro, i dati offerti e i risultati conseguiti sono attestati dai Bilanci Sociali stessi del Consorzio, l’ultimo dei quali, il Bilancio preventivo esercizio 2008, è stato di recente approvato. Le maggiori novità e i programmi qualificanti che lo contraddistinguono, sono sinteticamente analizzate dal Presidente Eusebi. “Il Bilancio preventivo per l’esercizio 2008, che è stato approvato praticamente all’unanimità evidenzia come le tariffe rimangono invariate rispetto all’anno precedente, ad eccezione dell’adeguamento ISTAT per i costi di smaltimento. Anche la raccolta RSU da parte della società Sintegra si incrementerà del solo indice ISTAT (in realtà l’incremento è anche inferiore se si considera che nell’anno 2007 è stato accantonato parte dell’aumento previsto e sarà restituito ai comuni l’adeguamento corrispondente all’1% che quindi andrà ad abbattere la tariffa dell’anno 2008)”. “Il conto economico del Bilancio - precisa Eusebi - ammonta in totale a 23.987.847,88 di euro. Gli investimenti previsti sono superiori ai 6 milioni di euro. Tra i programmi più qualificanti previsti per l’anno in corso ricordiamo l’incremento e l’ampliamento del progetto di raccolta differenziata porta a porta che andrà ad interessate oltre 115 mila cittadini. Il prossimo mese di aprile il servizio sarà esteso ai comuni di Corridonia e San Severino Marche ed a giugno ai comuni di Tolentino, Montecosaro, Ripe S. Ginesio ed ad un’altra consistente parte di Civitanova Marche, tra cui la zona industriale”. Il COSMARI, con questo nuovo Bilancio e con i nuovi programmi presentati, si conferma un punto qualificante per la gestione dei rifiuti sia in ambito regionale che al di fuori delle Marche, tale da costituire un esempio da imitare per altre realtà. “Certamente, l’impegno principale del Consorzio e di tutti i soggetti interessati - ha confermato il Presidente - dovrà essere proprio quello di operare, nelle scelte ormai attuali di revisione societaria, nel senso di salvaguardare il patrimonio del

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servizio pubblico, evitando in tal modo la creazione di situazioni contingenti le quali potrebbero mettere in grave pericolo quanto finora si è costruito”. “Proprio in tale direzione vanno le scelte oggi effettuate sull’assetto delle gestioni, sulle linee del Piano Industriale e nell’imminente futuro sull’individuazione dei prossimi siti di discarica - ha indicato Eusebi - Naturalmente tali strategie dovranno attuarsi in maniera sinergica con il raggiungimento degli obiettivi perseguiti nell’ambito dei programmi e delle prospettive consortili che sono ben sintetizzate nel bilancio, nella relazione della Direzione Aziendale e in quella della Presidenza. Si ricorda solo che con il progetto porta a porta si potrà ottenere l’autosufficienza impiantistica e che con l’attuazione di linee del Piano industriale, il Consorzio potrà anche divenire soggetto produttore di energia e di economie che daranno luogo ad ulteriori contenimento tariffari per lo smaltimento dei rifiuti: dall’energia un introito da utilizzare a vantaggio di tutti in termini di riduzione dei costi per i comuni! L’organo amministrativo ha confermato ulteriormente l’assoluto impegno rivolto alla partecipata Sintegra SpA, nel rispetto delle determinazioni dell’A.G. (?), degli impegni assunti e di rispondenza delle prestazioni rese ai parametri stabiliti. Infine il Cda ha assicurato il massimo impegno al raccordo con gli enti soci, con la Provincia e la Regione nel perseguire, nell’ottica della massima collaborazione tra gli enti, ogni azione volta a mantenere un’esperienza economica in mano al territorio ed il ruolo primario della gestione pubblica in tale settore, che oggi dimostra essere una importante realtà anche in termini occupazionali: unitamente alla controllata Sintegra si contano circa 180 dipendenti”.

Sindaci, approvando a larga maggioranza una delibera che, di fatto, sancisce l’attribuzione dei poteri dell’Autorità d’Ambito al COSMARI”. “Quello che si è concluso - ha sottolineato Eusebi - è stato un percorso arduo, intrapreso con tenacia sia dalla Commissione dei Sindaci che dal Consiglio d’Amministrazione. La scelta fatta, anche se si sono manifestate alcune contrarietà da parte di qualche Sindaco, vuole salvaguardare alcuni principi che, come detto, vogliono una gestione pubblica del sistema rifiuti, l’integrità del COSMARI e l’affidamento, in house ad una società di totale proprietà COSMARI, dei servizi integrati di gestione rifiuti nell’ATO di competenza. Del resto i risultati raggiunti, l’impiantistica finora realizzata, il costante contenimento dei costi, la soddisfazione espressa dai cittadini-utenti, la qualità dei servizi, fanno del COSMARI un modello da prendere ad esempio e da imitare. È normale che un sistema così funzionale ed economicamente sano possa attirare qualche “appetito” ma la volontà politica espressa nel corso dell’Assemblea dei Comuni Soci è e deve restare quella di un completo e diretto controllo e gestione nelle mani del pubblico”. “Voglio esprimere la profonda soddisfazione - ha aggiunto infine il Presidente Eusebi - perché il Consorzio che mi onoro di presiedere è stato indicato dalla seguitissima trasmissione televisiva REPORT, come una delle poche realtà veramente virtuose nella gestione rifiuti in ambito nazionale”.

Di recente, l’Assemblea dei Comuni soci del COSMARI ha anche discusso ed approvato le modifiche statutarie ai fini dell’attribuzione al Consorzio delle funzioni di Autorità d’Ambito. “Con l’approvazione di questo importante dispositivo - ha ribadito il Presidente - il Consorzio compie, ancora una volta, una scelta che si proietta al futuro, mantenendo la gestione integrata dei rifiuti provenienti dai Comuni maceratesi, completamente pubblica. Questa è la volontà espressa dai

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Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net - www.cosmari.sinp.net


PolieCo (Consorzio per il Riciclaggio dei Rifiuti di Beni in Polietilene)

NOVITÀ E PROSPETTIVE PER IL 2008 All’Assemblea dei Soci protagonista assoluta la Legge sulla normativa ambientale di Micaela Conterio

Lo stato dell’arte al 2007: questo l’argomento principale emerso dall’Assemblea di PolieCo, Consorzio per il Riciclaggio dei Rifiuti di Beni in Polietilene, tenutasi a Roma lo scorso 29 febbraio. Focal point dell’incontro è stata la Legge N° 152 del 2006, che regolamenta la normativa ambientale, incluso il regime dei rifiuti. La legge, come più volte sottolineato da Enrico Bobbio, Presidente PolieCo, “è stata una battaglia impegnativa portata avanti dal Consorzio nei confronti del sistema legislativo”. “Questo - ha continuato - perché ci eravamo resi conto che il sistema del riciclo in Italia è un puzzle sfaccettato e diversificato, che si traduce in uno scenario composito in cui ogni tipologia di materiale ha le regole, le sue burocrazie, le sue deleghe e non”. “Tutto ciò - ha dichiarato il Presidente Bobbio - si va a sommare al fatto che ogni provincia ha le sue regole, che sono diverse da provincia a provincia e perfino tra regione a regione. Non solo, tutti gli organi di controllo hanno dei sistemi differenti uno dall’altro… Questo determina, nel settore del riciclo un enorme difficoltà operativa per i soggetti coinvolti dal punto di vista imprenditoriale”. Salutando con favore le novità introdotte dal nuovo Testo Unico Ambientale, Il Presidente del Consorzio PolieCo ha voluto sottolineare in un passaggio della sua relazione come: “In questo senso la 152 dovrebbe aiutare a semplificare tutto il processo perché uniforma il sistema”. Ma procediamo con ordine. Nato in seguito all’attuazione del cosiddetto Decreto Ronchi nel 1998, il Consorzio si propone di agevolare il riciclaggio e il recupero dei beni a base di polietilene a fine ciclo di vita. In questo senso l’at-

tività di PolieCo è incentrata su quelle operazioni inerenti la gestione del flusso di questi beni, dalla valorizzazione delle parti non riutilizzabili allo smaltimento dei rifiuti qualora il riciclaggio non sia possibile. La discussione ed il contributo del PolieCo all’interno del processo di revisione del Testo Unico Ambientale, si è orientata soprattutto relativamente alle questioni della responsabilità di chi produce (obbligato dunque alla corresponsione del contributo) e alla corresponsabilità di tutta la filiera nella gestione del Consorzio. E ancora all’unicità del Consorzio e al mantenimento dell’equilibrio tra chi immette materiale sul mercato e chi lo richiede. Ma in concreto cosa afferma la Legge 152? Essa riconosce ai Consorzi la possibilità di operare in maniera paritetica, attribuendogli, quindi, uguale dignità, uguale organizzazione, uguale sistema operativo. Ciò è dovuto al fatto che è prevalsa nel legislatore l’idea dell’unicità dei Consorzi, non in dispregio alla concorrenza, ma solamente perché il fine ambientale era e rimane superiore a quello di mercato. In quest’ottica il sistema consortile deve iniziare a collaborare con le amministrazioni per operare scelte indirizzate in tal senso. “L’appartenenza al Consorzio - ha spiegato il Presidente Enrico Bobbio - determina degli effetti in tutti gli step del sistema del riciclo: dalla fase operativa, a quella organizzativa, fino a quella autorizzativa; non solo per chi ricicla… La novità consiste nel fatto che l’appartenenza al Consorzio determina effetti anche sui soggetti che producono ed immettono sul mercato, in quanto se non correttamente inquadrati nel sistema consortile, potrebbero causare dinamiche turbative dell’intero sistema del riciclo”. “Ne deriva - ha dichiarato il Presidente - una sempre maggiore responsabilità da parte di chi gestisce i Consorzi per non incorrere in una serie di problemi”. Tutto ciò comporta un ampio rafforzamento del primato detenuto da PolieCo nel settore del polietilene, dal momento che chi opera in tale comparto, è in regola con le leggi ed è iscritto al Consorzio, automaticamente è autorizzato a trattare, lavorare, riciclare, i beni in polietilene. Il Presidente, in seguito, ha richiamato le motivazioni ultime di tale risultato positivo, derivanti dalle stesse strategie gestionali del Consorzio; quali la non interferenza nelle decisioni imprenditoriali dei singoli associati e il prestare attenzione a organizzazioni sindacali, ad Associazioni ambientaliste, a quelle Il Presidente di PolieCo Enrico Bobbio (a sinsitra) durante lo svolgimento dell’Assemblea dei Soci

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dei Consumatori, che riescono a penetrare nella sfera sociale ed economica del Paese. È stata effettuata un’ampia carrellata sulle attività svolte nel 2007 e da implementarsi nel corso del 2008. Promozione, raccolta e riciclaggio di bossoli, cartucce e reti da pesca, istituzione di un trust operativo in ambito comunitario, progetti e iniziative di sostegno al comparto delle fonti energetiche alternative: sono solo alcuni degli obiettivi prefissati per il 2008. E ancora avvio di un progetto sperimentale per il riciclaggio di rifiuti agricoli in Campania e in Puglia e progetti di formazione per Soci e autorità esterne. “Abbiamo sempre considerato - ha continuato il Presidente - l’appuntamento annuale della Fiera ECOMONDO a Rimini come un evento spartiacque. La nostra presenza ha sempre rivestito un ruolo fondamentale, in quanto essere presenti significava che il Consorzio era esistente, in vita. La nostra partecipazione è sempre stata foriera di novità: testimonianza di ciò sta nel fatto che nell’edizione le nostre iniziative erano prese a modello da imitare. Mi riferisco,ad esempio, al fatto di aver ospitato all’interno del nostro stand le aziende o di avervi inserito la sala riunioni per gli incontri e gli appuntamenti”. “Gli eventi che abbiamo organizzato a Rimini – ha proseguito ricordando le ultime edizioni - sono stati basilari per avvicinare quanti operano nel settore dei riciclaggio del polietilene con il sistema degli inquirenti, con il Procuratore della Repubblica e le forze di controllo. Il cerchio si è chiuso lo scorso anno con la promozione di un Corso di Formazione Ambientale, previsto anche per l’edizione 2008, sui temi della prevenzione e della sicurezza. Abbiamo pensato per il prossimo anno di indirizzare la formazione verso la qualità ambientale, perché un buon prodotto nasce da un buon riciclato”. Fra le novità per il 2008, emerse nel corso dell’Assemblea, è stata annunciata la partecipazione a ECOMONDO di Rimini secondo modalità diverse rispetto alle passate edizioni che si spera possa riscuotere un grande interesse per le aziende associate, come accaduto negli anni precedenti. Ampio spazio è stato dedicato all’accordo siglato con il MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) e Corpo delle Capitanerie di Porto della Marina Militare Italiana per la custodia e il riciclaggio delle reti da pesca dismesse o accidentalmente perdute e del relativo materiale accessorio. “In questo momento - ha dichiarato il Presidente Bobbio siamo depositari di circa 200 Km di reti, sequestrati dalla Marina Militare per pesca abusiva, ed essendo per larga parte composti da polietilene saremo quelli che li smaltiranno, portandoli, se possibile al recupero e al riciclo”. Sono 200 i chilometri di reti e attrezzi da pesca confiscati, distribuiti lungo tutto il territorio nazionale, che PolieCo recupererà e

avvierà al riciclaggio o allo smaltimento. Diverso sarà l’iter per gli accessori (come cordame o galleggianti), che verranno dislocati presso aree di stoccaggio nelle vicinanze delle zone portuali e successivamente avviati al riciclaggio. Fondamentale è stato, inoltre, l’altro accordo sottoscritto con CAR (Confederazione Autodemolitori Riuniti), in quanto la presenza di materiali plastici nella autovetture è notevole. “Tutto quello che è serbatoio – ha ricordato il Presidente – tutto quello che è moquette, tutto quello che è rivestimento interno è polietilene”. “Questo accordo - ha sottolineato - è fondamentale perché ci consente di ampliare la nostra piattaforma e di aprirci a quella dei professionisti del settore del fine vita dell’auto”. “È indispensabile, in questo senso, istituire un sistema organico di raccolta, di distribuzione e di collaborazione lungo tutta la penisola, che concorra alla nascita della sinergia fra i due soggetti”. “In questo modo - ha concluso il Presidente Bobbio - CAR può agevolmente raggiungere gli obiettivi di riciclaggio prefissati dalla normativa di riferimento e contestualmente PolieCo, incamerato questo ingente quantitativo di polietilene che finora era disseminato sul territorio nazionale, potrà occuparsi del suo riciclaggio e del relativo smaltimento”. Ma non solo, fra le proposte messe in campo da PolieCo, durante il 2007, il Presidente ha voluto ricordare l’iniziativa “Rigiochiamo con poco” inerente il recupero e il riciclo di giocattoli usati. Quest’ultima si è articolata su due fronti: da un lato l’educazione e la formazione all’acquisto sicuro del giocattolo (con apposite attività dedicate ai più piccoli e alle famiglie), dall’altro il riciclo vero e proprio. Si è voluto sottolineare, inoltre, come l’iniziativa abbia avuto anche risvolti benefici non solo sull’ambiente, infatti la parte dei giocattoli raccolti che è risultata in buono stato, è stata destinata ai meno abbienti.

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Rapporto sullo Sviluppo Mondiale delle Energie Rinnovabili

BOOM DI IMPIANTI E DI INVESTIMENTI Le località di Schönau e Samsø confermano che a beneficiarne è la qualità della vita

Nel corso della Conferenza sulle Energie Rinnovabili, svoltosi a Washington (4-6 marzo), è stato presentato il Rapporto sullo Sviluppo Mondiale delle Energie Rinnovabili curato da REN21 (Renewable Energy Policy Network for the 21 st Century), Agenzia che sviluppa idee ed incentiva la promozione delle energie rinnovabili, con la collaborazione del World Watch Institute. “È accaduto così tanto nel settore delle energie rinnovabili nel corso degli ultimi cinque anni - ha dichiarato Mohamed El-Ashry, Presidente di REN21 - che la percezione di alcuni politici e analisti del settore energetico è rimasta così indietro rispetto alla realtà, che non riescono a comprendere i grandi risultati raggiunti da questo settore”. Da quanto si evince dalla Rapporto a cui hanno lavorato 140 esperti, infatti, la loro crescita è davvero impressionante: nel 2007 la potenza prodotta da impianti di elettricità da rinnovabili è stata di circa 240 GW (240.000 MW), doppia rispetto al 2004, energia pari a quella di 25-30 centrali nucleari, occupando 2,4 milioni di addetti (1,1 milioni nei biocombustibili). Se si passa ai singoli settori, si osserva: - eolico, +25% di incremento con una potenza complessiva installata di 95 GW; - solare fotovoltaico, +50% e una potenza di 10 GW; - solare termico, +19% e una potenza di 105 GW; - biomasse, aumenta dovunque la produzione; - geotermia, sono 2 milioni le pompe di calore a disposizione di circa 50 milioni di case; - biocarburanti (etanolo e biodiesel), sono cresciuti del 43%; - biogas, 25 milioni di famiglie cucinano e illuminano le loro abitazioni. Emerge dal Rapporto anche un altro dato significativo: la Cina e gli altri Paesi in via di sviluppo producono più del 40% della potenza di impianti da fonte rinnovabile installati nel mondo.

Si prevede che un forte incremento allo sviluppo delle energie rinnovabili ci sarà da parte dei Paesi europei per l’obiettivo che si sono dati di raggiungere il 20% entro il 2020. Cospicui, ovviamente, sono gli investimenti che nel 2007 hanno raggiunto circa i 100 miliardi di $ (compresi 15 miliardi del grande idroelettrico).

Se i dati che abbiamo segnalato costituiscono elementi di riflessione macroeconomici, c’è pure chi in piccolo si è premunito per tempo contro il rincaro petrolifero e la penuria di fonti energetiche tradizionali. D’altra parte il coinvolgimento delle piccole realtà territoriali sarà determinante per l’implementazione delle fonti energetiche rinnovabili. Segnaliamo di seguito 2 casi.

fonte: REN21 “Renewables 2007 Global Status Report”

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“Saggio è colui che staziona sulla frontiera: i piedi al di qua, sul suo territorio, e con lo sguardo rivolto dall’altra parte” (Filone di Alessandria, 13 a.C.-45 d.C.). Schönau è un paese con poco più di 2.500 individui, situato nel circondario rurale di Lorrach, vicino al confine con la Svizzera, nel land del Baden-Wuttemberg. Immerso nel verde della Foresta Nera e meta turistica di persone in cerca di relax e ambiente sano, Schönau è famoso, anche se pochi ne parlano (se ne è occupata di recente la trasmissione televisiva Report nel corso della puntata del 16 marzo 2008), perché è divenuto il primo paese al mondo dove esiste l’autogestione energetica, grazie ai suoi abitanti che, dopo essere riusciti a comprare le linee elettriche comunali, hanno cominciato a produrre energia con tecnologie alternative decentrate, all’insegna dell’efficienza energetica, ma soprattutto del rispetto dell’ambiente. Tutto ebbe inizio nel 1986, quando la nube radioattiva, sprigionatasi dalla centrale di Chernobyl, raggiunse la Germania meridionale, provocando tra gli abitanti allarmi e timori circa l’alimentazione da offrire ai propri figli e la possibilità che questi continuassero

a giocare all’aperto come erano soliti fare. In quella situazione, i cittadini di Schonau presero coscienza che il problema energetico non poteva essere risolto affidandosi all’energia nucleare. Si formò così il Gruppo “Genitori per un futuro senza nucleare” che, dopo aver risolto problemi pratici immediati, si rese conto che lo spreco costituiva il principale problema del consumo e della produzione di energia. Tale consapevolezza indusse il Gruppo ad acquisire e diffondere, quindi, tutte le conoscenze necessarie per ridurre il consumo di energia, scrivendo, quindi, opuscoli da distribuire alla popolazione locale. Quando nel 1990, la società che forniva l’energia elettrica alla cittadina propose un rinnovo di contratto ventennale prima della scadenza del vecchio (1994), offrendo una imposta di concessione più elevata, il Comune chiese di poter inserire nel contratto tariffe progressive e un più alto compenso per l’elettricità cogenerata, immessa nella rete. Al rifiuto della concessionaria i cittadini fondarono l’organizzazione “Netkauf Schonau” (Acquistare Schonau) che si offrì di rimborsare al Comune le tasse di concessione che sarebbero mancate. Contemporaneamente fu fondata una

Schönau (Germania - fonte www.schoenau-im-schwarzwald.de/)

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nuova impresa che più tardi si sarebbe rinominata Elektrizität Werke Schönau (EWS), per chiedere il controllo della rete elettrica quando il vecchio contratto sarebbe scaduto. La Netkauf riuscì a trovare i cittadini disponibili ad investire denaro non solo dove sono più alti gli interessi, ma per il futuro delle generazioni che verranno. Il Consiglio comunale, tuttavia, decise in favore di un nuovo contratto con la società concessionaria. I cittadini non si scoraggiarono e promossero un referendum per annullare la delibera del Consiglio, che diede un esito a loro favorevole. Così, quando il contratto giunse a conclusione, il Consiglio comunale affidò la concessione della rete elettrica alla EWS; delibera che venne confermata da un successivo referendum, questa volta promossa dagli oppositori al progetto. Il progetto poggia essenzialmente su un sistema di micorgenerazione diffuso di energia e calore, distribuito su 100 siti opportunamente individuati da un punto di vista ecologico ed economico. Il promotore e artefice è stato il medico Michael Sladek, al quale nel 1996 venne assegnato il premio “Ecomanager dell’anno” dalla rivista Capital e dal WWF. Ogni abitazione è stata dotata di im-


pianti di cogenerazione per creare energia pulita e calore, come sottoprodotto, tramite solare, eolico, biomasse, ecc. In tal modo, la distribuzione capillare riduce notevolmente gli sprechi di energia e le emissioni, favorendo il risparmio sia economico che ambientale. L’energia prodotta in eccesso non viene sprecata ma finisce in rete. Una speciale tecnologia permette di garantire la produzione quando è richiesta, in modo da consentire agli impianti di far fronte ai carichi di picchi, che sono peraltro contenuti grazie ad un alto livello di partecipazione e responsabilità dei cittadini-utenti. La EWS, non producendo, ma distribuendo solamente l’elettricità non è in alcun modo interessata ad incentivare i consumi, mentre i finanziamenti governativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili sono utilizzati per finanziare progetti per la produzione di

energia solare ad alta efficienza, proiettata al futuro. L’esperienza di Schönau dimostra quanto sia importante la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini nei progetti di risparmio ed efficienza energetica, recuperando al contempo quel sentimento di responsabilità etica individuale di cui ci siamo interessati in altra parte della Rivista (cfr: “Andare oltre il giardino... senza calpestare quello delle future generazioni”), senza del quale è difficile programmare il futuro. Di carattere più istituzionale è l’esperienza che stanno vivendo i 4.300 abitanti dell’isola di Samsø (Danimarca), tanto che il relativo progetto è stato recentemente citato dalla Commissaria UE per la Politica Regionale, Danuta Hubner, come una buona pratica da imitare, essendo le rinno-

vabili e l’efficienza energetica parte integrante della Politica di Coesione europea e le Regioni sono essenziali nel raggiungimento degli obiettivi che l’Unione Europea si è data al 2020. Anche il programma televisivo “Superquark” il 26 luglio 2007 ha mandato in onda un servizio su questo singolare progetto. Nel 1997, a seguito di un concorso nazionale indetto dal Ministero dell’Ambiente danese, l’isola venne prescelta perché, non avendo disponibilità di alcuna risorsa energetica tradizionale, si prestava per un esperimento controllato verso una conversione energetica da fonti rinnovabili. Così dal 1998, la Samsø Energy Academy studia ed opera per far diventare l’isola completamente autosufficiente da un punto di vista energetico. Dieci turbine eoliche off-shore (da 2,3 MW ciascuna) e altre 15 (da 750 kW

Samsø (Danimarca) Le turbine eoliche off-shore allineate per ridurre l’impatto visivo (fonte Samso Energy Academy - foto di Kirstine M. Jacobsen)

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ciascuna) sulla terraferma producono l’energia elettrica per il fabbisogno di Samsø, compensando così le emissioni di carbonio per i trasporti, compresi i traghetti, e tutte le altre fonti non rinnovabili, tanto che l’isola è divenuta carbon neutral. In talune circostanze, la produzione in eccesso di energia elettrica dal vento viene venduta alla terraferma. Peraltro, la produzione di elettricità da questa fonte rinnovabile in Danimarca è tale che il 90% della produzione viene venduta, soprattutto alla Germania. Oltre all’energia eolica, sull’isola si utilizza l’energia solare per il riscaldamento. Poiché il costo per i pannelli solari individuali è piuttosto elevato, vengono utilizzati impianti collettivi in grado di servire ampie aree (district heating), che pompano acqua calda per i circostanti edifici. L’acqua a sua volta viene riscaldata da cogenerazione tra il solare e l’impianto a biomasse che brucia pellets di paglia e legno, prodotti localmente. Anche in condizioni di cielo nuvoloso il sistema è in grado di produrre acqua calda. È stato calcolato che il costo complessivo è inferiore del 20-25% rispetto a

quello che si sarebbe dovuto spendere per ottenere il riscaldamento attraverso derivati del petrolio. Per poter raggiungere una totale autonomia, Samsø ha bisogno di colmare il gap del 20% dei combustibili necessari per i trasporti. Per risolvere tale problema sono in corso di attuazione due progetti. Il primo prevede la produzione di biocarburante dall’olio di colza, brassicacea assai diffusa nei paesi del Nord Europa, che permetterà ai veicoli di essere alimentati con energia pulita senza bisogno di essere addizionato all’etanolo. I residui della lavorazione costituiranno mangime per i bovini da latte dei locali allevamenti. Il secondo consiste nel costruire un impianto a idrogeno da utilizzare per l’autotrazione, alimentato dalla produzione in eccesso di energia eolica: il biocarburante non sarebbe in grado di garantire l’autosufficienza energetica per auto, camion e trattori di Samsø, poiché la colza può essere coltivata su 600 ha all’anno che non bastano a produrre l’olio occorrente. Il successo di questo progetto va al di là della rivoluzione “verde” attua-

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ta, avendo provocato un vero proprio cambiamento nello stile di vita dei suoi abitanti che, attraverso investimenti e co-finanziamenti stanno acquisendo il controllo della loro vita. Inoltre, l’economia dell’isola ne ha tratto giovamento, sia con la creazione di nuovi e più qualificati posti di lavoro sia per l’incremento del turismo, attratto dalla novità di poter trascorrere un periodo di relax in un ambiente pulito. Anche in questo caso, come accaduto per Schönau, la partecipazione attiva della comunità locale è determinante per il successo dell’impresa. Il progetto prevede la sua ultimazione al 2010, ma la Danimarca spera che possa essere completato prima dello svolgimento a Copenhagen (30 novembre - 11 dicembre 2009) della COP15 (XV Conferenza dei Paesi firmatari della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite), in cui si dovrebbe stipulare il nuovo accordo post-Kyoto. Le autorità danesi vogliono presentare, ai numerosi rappresentanti degli Stati che vi prenderanno parte, un vero e proprio dossier sul progetto affinché possa costituire un esempio da imitare, nella lotta al global warming.


LA COMUNICAZIONE QUALE STRUMENTO EFFICACE PER L’IMPLEMENTAZIONE DELLE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI Intervista al Vicepresidente di BLUEconomia: Fulvio Mamone Capria

di Fabio Bastianelli

politiche energetiche ambientali. Ci sono poi le imprese, che stanno ora percependo quanto sia economicamente vantaggioso autoprodursi energia pulita. Occorre fare uno sforzo in più: serve una comunicazione ancora più diffusa ed incisiva nei confronti dei cittadini. Per esempio, non sono ben conosciute le opportunità offerte dallo Stato, attraverso incentivi e detrazioni fiscali, a favore di chi, cittadino o impresa, intende autoprodursi energia. Ritengo che il prossimo Governo debba rafforzare l’attività di comunicazione su questo tema.

Fulvio Mamone Capria

L’Associazione senza scopo di lucro BLUEconomia nasce nel 2007 con l’obiettivo di promuovere le energie rinnovabili e favorire lo scambio tra Istituzioni Pubbliche e Private per realizzare nuovi impianti che servono al Paese e per evitare di continuare ad essere ancora dipendenti dai combustibili fossili. L’Associazione ha già concluso una serie di protocolli di intesa con Enti e Organismi che vogliono promuovere le energie rinnovabili e, a breve, firmerà anche un accordo con la Testata “Rinnovabili.it”, per diffondere una forte iniziativa di promozione delle energie pulite, soprattutto tra gli Enti Pubblici che sono decisivi nell’implementazione delle fonti energetiche alternative e senza il cui apporto non è possibile avvicinarsi agli obiettivi e alle scadenze del Protocollo di Kyoto. Abbiamo intervistato il Vice-presidente Fulvio Mamone Capria, dirigente presso il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Consigliere d’Amministrazione dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo-alimentare) e del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nonché Vicepresidente LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) Il recente Pacchetto “Clima-Energia” adottato dalla Commissione UE pone obiettivi ambiziosi agli Stati membri. All’Italia viene chiesto di ridurre del 13%, rispetto al 2005, le emissioni di gas-serra e di raggiungere entro il 2020 la percentuale del 17% di rinnovabili rispetto alla domanda finale di energia. Ritiene che il nostro Paese sia in grado di conseguire tale risultato? L’Italia deve raggiungere questo risultato. Gli obiettivi della Commissione UE sono lungimiranti, ma non c’è dubbio che l’Italia rispetto ad altri Paesi europei è molto indietro nella produzione di energie alternative. Stiamo facendo, comunque, grazie alla nuova normativa in merito, passi avanti importanti, favorendo l’avvio di nuove

Tra le varie forme e fonti di energia rinnovabile, su quali il nostro Paese può fare maggior affidamento? Ovviamente il solare, sia fotovoltaico che termico, che hanno un bassissimo impatto ambientale o addirittura pari a zero. Oggi, con le nuove tecnologie è possibile catturare più energia occupando meno spazio con il solare termodinamico. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con il supporto scientifico del Prof. Carlo Rubbia, ha già avviato, in merito, protocolli di intesa con tre Regioni del Sud Italia. Questo è un primo passo, tuttavia dobbiamo fare in modo che anche il solare termodinamico sia sostenuto con un “conto energia” come il fotovoltaico, perché potrebbe favorire lo sviluppo di una tecnologia innovativa e ancora più efficiente di quelle del “tradizionale” fotovoltaico e solare termico. Nel suo curriculum c’è una pluriennale esperienza nel settore delle politiche agricole. Pensa che le agroenergie possano assolvere al compito di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, senza determinare un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari agricoli? Ritengo che quello delle agroenergie sia uno dei temi fondamentali per affrontare e risolvere il problema energetico del nostro Paese. Abbiamo tralasciato per troppo tempo fonti energetiche importanti, come le biomasse, senza alcun sostegno o provvedimento. Viceversa, attraverso i distretti agroenergetici (cosiddetta “filiera corta”), potremmo utilizzare gli scarti della produzione agricola, per realizzare importanti, e non invasivi, impianti, recuperando energia ed evitando inutili importazioni dall’estero di biomasse. D’altro canto, dobbiamo stare attenti alle politiche di sviluppo dei bio-combustibili, perché abbiamo limitazioni in termini di superficie agricola da destinare alla produzione di no-food da trasformare in bio-diesel o bioetanolo. Ovviamente, questa attività non potrà ottenere risultati come in Brasile o come in altri Paesi che hanno dimensioni geografiche maggiori delle nostre, per questo dovrà essere avviata e gestita con una certa cautela. Dobbiamo tener conto, inoltre, che le produzioni tipiche agroalimentari italiane non possono essere sostituite con

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prodotti destinati all’energia o alla trasformazione come biocombustibili. C’è la necessità, perciò, di regolamentare il limite massimo di campi “no food” o comunque sostitutivi per riconversioni agricole da destinare alla produzione di piante da trasformare in biocombustibili. Occorre una Banca Dati in modo tale che lo Stato e le Regioni possano vigilare affinché non ci sia una eccessiva sostituzione di terreni agricoli, oggi impiegati nella produzione di tipicità, da destinare al no-food per i biocombustibili. Lei è anche vicepresidente della LIPU, l’Associazione che si è dimostrata più scettica sull’impatto ambientale minimo che deriverebbe dagli impianti eolici. Può offrirci delle considerazioni al riguardo? La LIPU è l’Associazione che in maniera più scientifica ha affrontato il tema dell’impatto degli impianti eolici nei confronti dell’avifauna. Alla fine degli anni ’90 abbiamo visto sorgere in una serie di ambienti delicati degli impianti eolici dove, al di là dell’impatto ambientale tout court, non fu fatta una valutazione attenta su quelli che erano i possibili danni nei confronti dei flussi migratori degli uccelli. Così come è accaduto in Spagna dove sono scomparsi alcuni avvoltoi grifoni o in altri Paesi per altre specie.

La LIPU non dice “no” all’eolico, dice “no” all’eolico dove c’è un impatto che al di là dell’aspetto paesaggistico ambientale possa anche nuocere a quei flussi migratori che nel nostro Paese hanno dei precisi andamenti che vanno tutelati. La LIPU dà, quindi, una risposta attenta e scientifica e non estremista come hanno fatto altri. Spagna e Germania, pur dipendendo fortemente come l’Italia dai combustibili fossili, hanno dato un impulso tale alle rinnovabili da superare gli obiettivi che si erano poste qualche anno fa. Crede che siano le condizioni ambientali ad avere permesso tali risultati o gli investimenti fatti in ricerca ed innovazione? Ritengo che la ricerca nel settore delle energie rinnovabili sia importante. Anche il nostro Paese deve dotarsi, non solo di un Piano Energetico Nazionale, che ancora non abbiamo, ma anche di rafforzare quella sinergia tra Università, Enti di Ricerca e Centri specializzati che possa promuovere la ricerca delle energie alternative. L’Italia si trova indietro perché non c’è mai stata attenzione al tema delle rinnovabili; non c’è mai stata una classe politica, dirigente o imprenditoriale che spingesse verso questo tema, mentre altri Paesi acceleravano tali processi. Noi dobbiamo recuperare questo tempo, non soltanto immaginando di produrre energia pulita, ma facendo degli

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investimenti in innovazione, tecnologia e ricerca. Questo settore determinerà anche nuove possibilità occupazionali nell’immediato futuro. Gli incentivi e le misure previsti ed adottati con le ultime due Leggi Finanziarie sono in grado di rilanciare l’efficienza energetica nel nostro Paese? Gli incentivi di queste due ultime Finanziarie sono stati una operazione straordinaria per il Paese, unica nel suo genere. Nessun Governo aveva affrontato prima una sfida del genere. C’è da ricordare, inoltre, che rischiamo continuamente una serie di condanne da parte dell’Unione Europea se non vengono raggiunti gli obiettivi assegnatici in materia di riduzione di gas serra. L’obiettivo è quindi che l’Italia, come Germania, Spagna, Austria e altre, si inserisca nella top ten delle nazioni che producono energia rinnovabile. E questo è possibile. Le due precedenti Leggi Finanziarie hanno offerto la possibilità a tutti di poter godere di una serie di incentivi e di vantaggi, ma occorrerà, e mi ripeto, che queste misure siano fortemente comunicate con efficacia, affinché il messaggio possa esser percepito da tutti. In questi ultimi mesi sui media hanno trovato ampio spazio il nucleare e i termovalorizzatori. A suo avviso debbono essere incentivate come forme energetiche o, viceversa, saranno destinate ad essere accantonate dopo la querelle elettorale? Durante il periodo elettorale si tende a parlare di qualsiasi cosa. Da un punto di vista scientifico per quello che ho potuto leggere, per il nucleare ci sono due problemi importanti. Il primo, è che per ipotizzare nuovi impianti, dal progetto al suo realizzo, impegnerebbe un tempo minimo di 20 anni; e in un Paese come l’Italia in cui è già difficile individuare un sito per una discarica, immagino come sarebbe complicato individuare un Comune che accetti sul suo territorio la costruzione di una centrale nucleare. La seconda questione, forse quella più importante, è relativa agli scarti (scorie nucleari) sui quali, ancora non c’è una risposta in termini di sicurezza nello stoccaggio. Ricordiamoci che l’Italia è anche un Paese a rischio attentati terroristici – fortunatamente per ora non ce ne sono stati - e, quindi, la presenza di una centrale nucleare potrebbe essere un’occasione appetibile per qualche scellerato gruppo estremista che volesse compiere un disastro. Sui termovalorizzatori ritengo che tali impianti siano l’anello finale di una catena dove per primo si colloca la riduzione dei rifiuti e poi la raccolta differenziata e il recupero dei materiali. C’è, comunque, una quota di rifiuti, tra il 20-30%, che non può essere utilizzata e che deve andare negli impianti di termovalorizzazione che, ovviamente, devono essere progettati e costruiti con la “migliore tecnologia possibile”.

Non possiamo pensare di costruire termovalorizzatori enormi, senza aver fatto a monte la raccolta differenziata. Il rischio sarebbe quello di bruciare tutto, per mantenere l’efficienza economica dell’impianto. Viceversa, io sono favorevole ad impianti di piccole dimensioni che vanno a completare quel passaggio finale dove quel residuo di rifiuti di cui si accennava non può essere trattato diversamente dalla combustione ma, ripeto, è solo una piccola quota. L’informazione ha sottaciuto che la principale fonte energetica è il risparmio. In tale contesto quale ruolo può avere un’Associazione senza fini di lucro qual è BLUEconomia? Come ripeto l’Associazione punta a favorire e ad informare gli Enti Pubblici ma, riconosce un forte ruolo anche al settore privato, affiancandoli nella: promozione/produzione di energia rinnovabile e il risparmio energetico. Purtroppo siamo ancora indietro nella progettazione e nella costruzione di nuovi edifici ed abitazioni, pensati con tutti quegli accorgimenti che possano ridurre il consumo e lo spreco di energia. Dobbiamo stimolare le imprese di costruzione a realizzare abitazioni e uffici sempre più efficienti dal punto di vista del risparmio energetico e della qualità della vita. Ma, anche il cittadino deve cominciare a capire che è necessario risparmiare energia. I recenti aumenti del costo del petrolio ci stanno mettendo di fronte a questa realtà: siamo ancora troppo dipendenti dalle fonti fossili che prima o poi andranno ad esaurirsi. Spero, e l’Associazione se ne farà carico, che il prossimo Governo, d’intesa con le Regioni, avvii un’importante campagna di comunicazione, una sorta di “porta a porta” per far comprendere ai cittadini quanto sia importante l’autoproduzione di energia. D’altra parte, servono norme obbligatorie per le per nuove costruzioni e per le importanti ristrutturazioni che saranno necessarie per molte delle nostre aree urbane, all’uso di energie alternative. Solo così possiamo rispettare i nuovi obiettivi che l’Unione Europea si è data al fine di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

via Ostiense 168/D, 00154 Roma. www.blueconomia.it

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Consiglio UE di Primavera

RIBADITE LE PROPOSTE DEL PACCHETTO CLIMA-ENERGIA Rischi di tensioni geo-politiche per i cambiamenti climatici È pur vero che il Consiglio UE di Primavera, svoltosi a Bruxelles il 13 e 14 marzo 2008 sotto la Presidenza slovena, aveva in agenda questioni prevalentemente economiche, ma sul punto relativo a “Il cambiamento climatico e l’energia” era lecito aspettarsi conclusioni che segnalassero un qualche progresso della Road Map di Bali. Viceversa, leggendo le conclusioni del Presidente Janez Janša si ha la sensazione che la Commissione, tramite il Presidente José Manuel Barroso che ha illustrato il pacchetto clima-energia adottato a gennaio u.s. (ndr: per un’analisi delle proposte formulate dalla Commissione si veda l’articolo “Pacchetto clima ed energia. Per promuovere crescita ed occupazione”, in Regioni&Ambiente n. 3 Marzo 2008, pag. 35 e segg.), come il Parlamento, tramite il Presidente Hans Gert Pöttering che ha relazionato sul dibattito intervenuto, abbiano preferito in questa occasione limitarsi a confermare posizioni già acquisite, senza sostanziali novità. L’attenzione all’evento si è così spostata sulla polemica seguita alle indiscrezioni sul contenuto del Rapporto riservato che il 13 marzo Javier Solana, Segretario generale del Consiglio UE e responsabile della sua Politica estera, ha consegnato ai Capi di Governo. Secondo quanto pubblicato da alcuni quotidiani europei, il Rapporto mette in guardia i Paesi membri sulla possibilità i cambiamenti climatici costituirebbero “un moltiplicatore di minacce, che esacerba le tendenze, le tensioni e le instabilità esistenti” (Le Monde, 11 marzo 2008). Più oltre, il quotidiano francese asserisce che nel Rapporto è scritto che “le megalopoli e le loro infrastrutture di supporto, come le installazioni portuali e le raffinerie di petrolio, sono spesso collocate in prossimità del mare o nel delta dei fiumi, pertanto il ritiro costiero e la sommersione di vaste aree potrebbe provocare la perdita di territori e, addirittura, la scomparsa di interi paesi”. The Guardian ha pubblicato per primo i contenuti del Rapporto di 70 pagine di cui era entrato in possesso, mettendo in risalto che Solana mette in allerta circa l’eventualità che lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico potrebbe determinare gravi rischi di conflitto tra i Paesi occidentali e la Russia. Il quotidiano inglese riportava, infatti, che nel Rapporto è scritto che “Il rapido scioglimento della calotta polare - annota il Rapporto - in particolare quella Artica, sta aprendo nuovi passaggi marittimi e nuove rotte internazionali che permettono l’accesso alle immense risorse di idrocarburi della regione artica, cambiando le dinamiche geopolitiche strategiche della regione. Potrebbe emergere un serio conflitto tra Russia e Norvegia, trascinando nella potenziale crisi USA, Canada e Danimarca, in una competizione per le immense e vitali risorse energetiche e per le preziose materie prime” (“Climate change may spark conflict with Russia, EU told”, 10 marzo 2008 - in corsivo i passi del Rapporto).

Le conclusioni del Rapporto sono state giudicate un fatto “molto inquietante” da Igor Barinov, Vicepresidente del Comitato Parlamentare Russo per la Difesa, che ha dichiarato all’agenzia russa d’informazione internazionale, che considera le conclusioni di Solana “del tutto inadeguate circa l’imminenza di conflitti tra certune potenze occidentali e la Russia per la spartizione delle risorse energetiche nell’Artico” (RIA Novosti, 14 marzo 2008). Le vivaci reazioni della Russia debbono essere considerate nel particolare momento in cui il Rapporto di Solana è stato diffuso: 3 settimane prima del Vertice NATO di Bucarest che avrà in agenda l’installazione del cosiddetto “scudo spaziale”e l’allargamento ad Est dell’Organizzazione Atlantica, con l’ingresso di Ucraina e Georgia, eventi che non sono ben visti da Mosca. Sono, tuttavia, reali le conseguenze ambientali, sociali, economiche e politiche, connesse al global warming di cui la regione Artica potrebbe divenire il primo esempio, come abbiamo indicato anche noi, in altre occasioni (cfr: “Il ghiaccio che si scioglie è un tema scottante?”, in Regioni&Ambiente n. 6, giugno 2007, pag. 8 e segg.). Come sopra accennato queste erano le questioni poste all’ordine del giorno: 1. il secondo ciclo della rinnovata Strategia di Lisbona (2008-2010); 2. il cambiamento climatico e l’energia; 3. la stabilità dei mercati finanziari. I tre punti erano tra loro interconnessi e correlati. Infatti, le riforme strutturali intraprese nel quadro della strategia di Lisbona, se hanno permesso negli ultimi 3 anni di dimezzare il disavanzo pubblico dei Paesi membri e il loro debito pubblico, sceso al di sotto del 60%, abbisognano ora di maggior coesione, soprattutto a seguito dell’aumento del prezzo del petrolio e delle materie prime che rischia di compromettere le prospettive di sviluppo economico. Cogliere, quindi, le opportunità offerte dalle misure di mitigazione del cambiamento climatico e dalle innovazioni tecnologiche necessarie per una sicurezza energetica, costituisce la sfida che attende l’UE, anche al fine di dare maggior stabilità ai mercati finanziari che necessitano, comunque, di regolamentazione e vigilanza da parte delle autorità UE. Forse, è opportuno rammentare che il Piano del Trattato di Lisbona, che è stato approvato nel 2000 e che ha pure istituzionalizzato il Consiglio di Primavera, prevede che entro il 2010 l’Unione Europea abbia “l’economia, basata sulla conoscenza, più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggior coesione sociale”. In occasione di questo ultimo Consiglio di Primavera gli Stati membri e l’UE sono stati invitati, tra l’altro, a rimuovere le barriere alla libera circolazione delle conoscenze da realizzare attraverso:

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- il potenziamento della mobilità transfrontaliera dei ricercatori, come pure di studenti, scienziati e docenti universitari; - un mercato del lavoro più aperto e competitivo per i ricercatori europei, che offra migliori strutture di carriera, trasparenza e condizioni favorevoli alla famiglia; - l’ulteriore attuazione delle riforme dell’istruzione superiore; - l’agevolazione e la promozione dell’uso ottimale della proprietà intellettuale originata in organismi di ricerca pubblici, al fine di potenziare il trasferimento delle conoscenze all’industria, in particolare attraverso una “Carta sulla PI” da adottare entro la fine dell’anno; - la promozione dell’accesso aperto alla conoscenza e dell’innovazione aperta; - la promozione dell’eccellenza scientifica; - il lancio di una nuova generazione di infrastrutture di ricerca di livello mondiale; - la promozione del reciproco riconoscimento delle qualifiche. Come si può constatare il Consiglio europeo riconosce la necessità di coordinare gli sforzi volti a migliorare le condizioni quadro dell’innovazione, attraverso il rafforzamento dei collegamenti tra scienza e industria e tra programmazione e ricerca. Cambiamenti climatici ed energia Venendo al punto che più ci interessa, la relazione conclusiva di Janša, dopo aver ricordato gli impegni fermi ed ambiziosi assunti nella primavera 2007, nell’ambito della politica in materia di clima ed energia (ndr: per un’analisi dettagliata confronta l’articolo “Il numero 20: dai sogni all’azione” in Regioni&Ambiente, n.4 Aprile 2007, pag. 31 e segg.) ha ribadito che oggi, nel 2008, la sfida consiste nel mantenere tali impegni.

A dicembre dello scorso anno, la conferenza di Bali sui cambiamenti climatici ha segnato una tappa fondamentale, che ha messo in evidenza la determinazione dell’UE a mantenere un ruolo di leader a livello internazionale in materia di cambiamenti climatici e di energia e conservare lo slancio dei negoziati sulla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e sul relativo Protocollo di Kyoto, in particolare nella prossima Conferenza delle Parti a Poznan (Polonia), dal 1° al 12 dicembre 2008. L’obiettivo è raggiungere un accordo ambizioso, globale e completo post-2012 sui cambiamenti climatici a Copenaghen nel 2009 coerente con l’obiettivo dei 2° C dell’UE. Secondo il Consiglio, una sfida centrale consisterà nell’assicurare che tale transizione verso un’economia a bassa emissione di carbonio sicura e sostenibile sia gestita in modo compatibile con lo sviluppo sostenibile, la competitività, la sicurezza dell’approvvigionamento, la sufficienza alimentare, finanze pubbliche sane e sostenibili e la coesione economica e sociale dell’UE. L’UE propone di contribuire a un impegno accelerato e concertato ad alto livello a sostegno della UNFCCC e del Piano d’azione di Bali, per sviluppare un’architettura coerente e conseguente per un accordo post-2012 che assicuri un aumento graduale dei flussi di finanziamento e investimento per la mitigazione e l’adattamento. Tenendo conto del fatto che l’energia e il clima sono parte integrante della strategia di Lisbona, essi contribuiranno positivamente anche all’obiettivo di aumentare la crescita e l’occupazione. Il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a continuare a sostenere gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra mediante politiche e misure comunitarie globali e ambiziose.

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Per passare all’obiettivo più ambizioso di una riduzione del 30% nel quadro di un accordo globale e completo è necessario operare, in maniera esplicita, equilibrata, trasparente ed equa. Il Consiglio europeo ha riconosciuto che in un contesto globale di mercati competitivi, il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio costituisce una preoccupazione in taluni settori, quali le industrie ad alta intensità energetica, particolarmente esposti alla concorrenza internazionale, che occorre analizzare e affrontare urgentemente nella nuova Direttiva “sistema di scambio”, in modo che si possano prendere misure appropriate in caso di fallimento dei negoziati internazionali. Un accordo internazionale resta il modo migliore di affrontare la questione. Il Consiglio europeo ha indicato che il Sistema UE di scambio delle quote di emissione (ETS) forma parte essenziale di una politica integrata in materia di clima e di energia e riconosce l’importanza di un unico limite massimo a livello di UE per tale sistema e di una traiettoria di riduzione delle emissioni. Il Consiglio europeo ha sottolineato, inoltre, la necessità di flessibilità nel conseguimento degli obiettivi nazionali che non rientrano nel Sistema UE di scambio delle quote di emissione e in materia di energie rinnovabili in linea con il piano d’azione adottato dal Consiglio europeo nel marzo 2007 e rileva l’importanza di regimi nazionali di sostegno efficaci per le energie rinnovabili e di un meccanismo di flessibilità efficace fondato sulle garanzie di origine, come proposto dalla Commissione, e ha sottolineato, pure, la necessità che la politica in materia di energia della Comunità e degli Stati membri aumenti l’efficienza energetica e la sicurezza degli approvvigionamenti, quali elementi fondamentali per realizzare la politica integrata dell’UE in materia di clima e di energia ed uno sviluppo economico sostenibile. Il Consiglio europeo ha ricordato che l’obiettivo di proporre un quadro normativo per la cattura e lo stoccaggio di CO2 (CCS) è assicurare che questa nuova tecnologia venga utilizzata in modo sicuro sotto il profilo ambientale, da dimostrarsi attraverso progetti, come convenuto nella primavera del 2007. Nel realizzare l’obiettivo ambizioso dell’uso di biocarburanti è essenziale elaborare e rispettare criteri di sostenibilità efficaci per assicurare la reperibilità sul mercato dei biocarburanti di seconda generazione, che in futuro potranno essere presi in considerazione, anche per l’uso di altre forme di biomassa per la produzione di energia. È necessario sviluppare maggiori sinergie tra la politica sui cambiamenti climatici e quella sulla biodiversità quale mezzo per conseguire benefici comuni, in particolare potenziando attività e misure che si rafforzano reciprocamente riguardo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento alla produzione e al consumo di biocarburanti nonché al commercio degli stessi. Il Consiglio europeo ha incoraggiato gli Stati membri e la Commissione ad accrescere gli sforzi volti ad arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre. La 9a Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), che si terrà nel maggio 2008 a Bonn, e il completamento della rete Natura 2000 sono passi essenziali per raggiungere tale obiettivo.

interconnesso è una condizione essenziale per un approvvigionamento energetico sicuro, sostenibile e competitivo in Europa. Il Consiglio europeo ha esortato, pertanto, il Consiglio a mettere a profitto i recenti progressi compiuti in relazione al terzo pacchetto di misure per il mercato interno del gas e dell’energia elettrica, al fine di raggiungere un accordo politico entro giugno 2008. L’analisi strategica della politica energetica sarà incentrata in particolare sulla sicurezza dell’approvvigionamento, inclusi i dispositivi di interconnessione, e sulla politica energetica esterna. Il Consiglio europeo attribuisce particolare importanza al fatto che l’UE e i suoi Stati membri si esprimano con una sola voce sulle questioni relative all’energia nei confronti di terzi. La transizione verso un’economia a bassa emissione di carbonio sicura e sostenibile avrà un impatto su numerose politiche e sulla vita economica e quotidiana dei cittadini. Occorre attuare politiche coerenti che sfruttino le sinergie in materia di energia e cambiamenti climatici negli altri tre settori prioritari della strategia di Lisbona, nonché nell’ambito di altre politiche dell’UE, in particolare: - sviluppare politiche coerenti in materia di ricerca e sviluppo e d’innovazione a livello europeo e nazionale; - liberare il potenziale economico delle eco-industrie ed elaborare una politica industriale sostenibile e sviluppare mercati guida sostenibili e competitivi a livello mondiale, pur tenendo conto dell’impatto sulla competitività delle misure in materia di energia e cambiamenti climatici; - promuovere un sistema di trasporti sostenibile che permetta agli Stati membri, nel quadro delle politiche dell’UE, di adottare le misure necessarie per lottare efficacemente contro i cambiamenti climatici; - prendere in considerazione una revisione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici per renderla più conforme con gli obiettivi dell’UE in materia di energia e di cambiamenti climatici; - migliorare l’efficienza energetica e delle risorse in tutti i settori; - informare il consumatore sull’uso efficiente dell’energia per far fronte alle ripercussioni sociali e cogliere le possibilità offerte dal settore dell’energia e dei cambiamenti climatici. Il Consiglio europeo ha invitato, inoltre, la Commissione, a presentare le sue proposte legislative sulle aliquote IVA attese per l’estate del 2008, e in collaborazione con gli Stati membri, a esaminare in quali settori gli strumenti economici, fra cui le aliquote IVA, possano contribuire ad aumentare il ricorso a materiali che consentono di risparmiare energia e a prodotti efficienti sul piano energetico. Il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di significativi investimenti in ricerca e sviluppo e dell’utilizzo di nuove tecnologie energetiche. Il Consiglio europeo ha riconosciuto che il trattamento dei temi dell’energia e dei cambiamenti climatici è anche una questione di formazione di valori e di cambiamento del comportamento dei cittadini. Esorta pertanto i governi nazionali e le istituzioni europee a dare l’esempio compiendo significativi progressi nell’assicurare una riduzione del consumo energetico dei loro edifici e parchi auto.

Un mercato interno dell’energia pienamente funzionante e

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QUALITÀ E AMBIENTE

L’APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO EMAS NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE di Mara D’Amico e Silvia Ubaldini APAT - Servizio interdipartimentale per le certificazioni ambientali

Premessa La consapevolezza dell’interazione tra l’elemento umano, le attività produttive e gli effetti sull’ambiente è ormai ben radicata nella mentalità di tutti noi. Sempre di più alle parti sociali viene richiesto un fattivo coinvolgimento nei processi decisionali riguardanti la protezione dell’ambiente e la salute dei cittadini, dando rilevanza al contributo che possono fornire per incidere positivamente sulla sostenibilità dello sviluppo. L’ambiente infatti costituisce ad oggi un elemento centrale nelle politiche comunitarie. Inoltre la normativa nazionale, negli anni recenti, ha introdotto anche per gli enti locali i concetti di efficacia ed efficienza, avviando un inevitabile cambiamento culturale. La certificazione ambientale (ISO 14001 ed EMAS) ha offerto l’opportunità, per gli enti locali, di coniugare queste due tendenze, utilizzando uno strumento che permette di perseguire lo Sviluppo Sostenibile attraverso criteri di ecoefficienza. In particolare, l’applicazione del Regolamento CE 761/2001 (EMAS) per un ente pubblico può rappresentare, in termini di efficienza, in aggiunta ai vantaggi determinati dall’attuazione del Sistema di Gestione Ambientale (SGA), uno schema per valutare la sostenibilità ambientale delle proprie attività nell’ottica del miglioramento continuo e nella piena conformità alla normativa ambientale (efficacia). Appare limitativo considerare le Pubbliche Amministrazioni solo soggetti che erogano servizi, in quanto esse sono localmente responsabili dello sviluppo della politica ambientale del territorio. Le motivazioni sostanziali che possono indurre un Ente locale all’adozione di un Sistema di Gestione Ambientale risultano quindi: - il miglioramento dell’efficienza interna; - il miglioramento della qualità del territorio di pertinenza e della vita dei cittadini. È proprio in quest’ultimo caso che tale applicazione, in particolare nell’ambito dello schema EMAS, dimostra la sua validità. Il forte incremento che si osserva nel numero delle registrazioni e delle certificazioni degli enti pubblici in tutta Europa mostra che le possibilità offerte dalla certificazione

ambientale, in particolare dalla registrazione EMAS, si sono dimostrate stimolanti. In una recente indagine condotta in materia di “Sistemi di gestione volontari e Pubblica Amministrazione”1 gli enti intervistati hanno attribuito per il 49% anche all’adesione ad EMAS il miglioramento delle proprie performance ambientali. Tale fenomeno, con l’apertura nella revisione del regolamento EMAS del 2001 a tutti i settori produttivi e dei servizi (si ricorda che il primo Regolamento EMAS era destinato alle sole industrie manifatturiere) era ampiamente atteso. Confrontando i dati italiani di fine dicembre 2007 con il resto d’Europa emerge che in quest’ambito non solo presentiamo dati congruenti, ma che siamo il paese leader per numero di registrazioni di enti pubblici, in particolare Amministrazioni Comunali e Provinciali (figura 1), anche grazie alle politiche di incentivo promosse a livello Regionale e Provinciale2 destinate ad Enti Locali. Tale risultato si rileva sia in termini assoluti che percentualmente rispetto al numero di registrazioni. Ricordiamo che l’Italia vanta il terzo posto per registrazioni EMAS dopo la Germania e la Spagna, con una curva di crescita in costante ascesa.

figura 1 Negli ultimi mesi inoltre sono state registrate numerose Amministrazioni Comunali che hanno contribuito ad aumentare ulteriormente il divario fra l’Italia e gli altri stati membri. A marzo 2008 infatti risultano registrate EMAS ben 95 Pubbliche Amministrazioni (figura 2); ciò ha permesso al settore di attestarsi al secondo posto per diffusione della registrazione EMAS a livello nazionale, superando settori storicamente molto sensibili e che hanno ritenuto di poter

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figura 2 trarre vantaggio dall’applicazione del Regolamento EMAS (settore chimico, settore energetico, settore rifiuti) fin dalla sua prima emanazione. Essendo il settore della Pubblica Amministrazione quello con il più alto trend di crescita, è lecito supporre che nel breve periodo potrebbe diventare il settore in cui maggiore è l’adesione al Regolamento EMAS. Analisi delle Dichiarazioni Ambientali della Pubblica Amministrazione In ambito italiano i risultati illustrati rappresentano il frutto di un decennale percorso di applicazione dello Schema di cui può essere significativo ripercorrere alcuni passi principali tramite l’analisi di uno strumento chiave di riferimento ovvero le Dichiarazioni Ambientali (DA) redatte dalle Pubbliche Amministrazioni stesse. Le prime Pubbliche Amministrazioni Italiane (prevalentemente Comuni) che sceglievano EMAS si caratterizzavano per la redazione di DA particolarmente dettagliate che presentavano una descrizione molto articolata dei seguenti punti: - descrizione del territorio in tutte le sue componenti (storiche, demografiche, sociali, politiche, economiche e ambientali); - descrizione dettagliata del Sistema di Gestione Ambientale, spesso supportata dagli elenchi delle principali procedure e istruzioni operative implementate; - metodologia utilizzata per la individuazione e valutazione della significatività aspetti ambientali; - analisi degli aspetti ambientali diretti delle sedi di pertinenza dell’Amministrazione supportati dalla relative rappresentazioni grafiche (ad esempio trend dei consumi di energia, acqua, produzione indifferenziata dei rifiuti,

riciclo della carta da ufficio, toner, etc.); - programma ambientale con obiettivi di miglioramento principalmente correlati agli aspetti ambientali diretti. Era evidente, per la maggior parte di esse, che l’obiettivo principale era funzionale alla Pubblica Amministrazione stessa che in questo modo poteva avere in un unico documento tecnico un quadro di sintesi sulla situazione sociale, politica e ambientale del territorio gestito. Particolarmente carente appariva invece la valutazione della significatività degli aspetti ambientali indiretti che solo nelle DA più lungimiranti si traducevano prevalentemente in pochi obiettivi, come ad esempio la selezione mediante criteri ambientali di fornitori di beni e di servizi. Inoltre le DA, spesso prolisse e di taglio tecnico, risultavano scarsamente fruibili da un pubblico medio, mancando uno degli obiettivi principali del Regolamento che vede in tale documento uno strumento chiave di trasparenza e dialogo tra le parti. Nel corso del tempo, grazie anche a svariate attività formative, informative e di promozione, l’applicazione di EMAS tra gli Enti Pubblici sta assumendo gradualmente un ruolo diverso. Di fatto EMAS dovrebbe rafforzare i poteri istituzionali di governo e gestione del territorio di una Pubblica Amministrazione che si esprimono con la capacità di influenzare attraverso la pianificazione, la programmazione, il controllo e il corretto esercizio delle mansioni amministrative, le attività e i comportamenti ambientali dei cittadini e delle organizzazioni. Molte Pubbliche Amministrazioni stanno acquisendo sempre più la consapevolezza che EMAS può essere anche uno strumento di governance territoriale, infatti, già nelle più recenti Dichiarazioni Ambientali si ravvisano nei Programmi Ambientali obiettivi di miglioramento inerenti a scelte strategiche legate alla gestione del territorio. Un valido contributo in tale direzione è stato fornito dalle Pubbliche Amministrazioni stesse confrontatesi nell’ambito del Open Group TANDEM3, in cui uno studio maggiormente approfondito degli aspetti ambientali indiretti ha portato ad individuare le seguenti tematiche che dovrebbero essere prese in considerazione nell’applicazione del Regolamento: 1. Pianificazione territoriale e di settore (individuazione di

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nuovi insediamenti produttivi, recupero e/o bonifica di aree degradate, Piani Regolatori, mobilità e viabilità). Ad esempio un Comune a vocazione industriale potrebbe inserire nel Programma Ambientale progetti per la creazione di nuovi insediamenti che agevolano quelle organizzazioni con elevata compatibilità ambientale (aziende certificate ISO 14001 e/o EMAS, aziende che si dotano delle “Migliori Tecnologie Disponibili”, etc.) stabilendo per la concessione di nuove aree requisiti ambientali quali reti fognarie separate, impianti di depurazione consortili, cunicoli tecnologici, mobilità sostenibile etc. 2. Gestione del territorio in condizioni straordinarie (variazioni della pressione antropica in comuni turistici o in occasione di grandi eventi culturali o sportivi). La Pubblica Amministrazione dovrebbe dimostrare ad esempio come intende affrontare criticità quali l’ incremento della produzione di rifiuti, dell’uso di risorse (acque ed energia) la depurazione delle acque, la viabilità, il rumore, il rischio di incidenti. 3. Accordi con gli altri soggetti presenti sul territorio (associazioni di categoria). Il coinvolgimento dei principali attori sul territorio potrebbe riguardare progetti di certificazione ambientale e/o interventi strutturali di miglioramento ambientale degli insediamenti (ad es. potenziamento degli impianti di depurazione, dei trasporti, attività di formazione per le PMI etc). 4. Strumenti di supporto alle politiche ambientali (incentivazione alla Certificazione ambientale, uso di tecnologie a fonti energetiche rinnovabili, GPP, semplificazioni amministrative, l’adozione di sgravi fiscali etc).

bito, come abbiamo visto, EMAS può divenire elemento di miglioramento ambientale continuo e un impegno per accrescere il livello di protezione e valorizzazione del territorio. Tale impegno dovrebbe tradursi per le Pubbliche Amministrazioni nel miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini. Sotto questo aspetto assume particolare rilievo il potenziale comunicativo che deriva da un’adeguata e trasparente informazione sullo stato dell’ambiente attraverso la Dichiarazione Ambientale. Il miglioramento continuo perseguito tramite programmi ambientali finalizzati ad una gestione strategica del territorio è il principio guida che deve tradursi in obiettivi concreti applicando i requisiti metodologici specificati dal Regolamento. Ovviamente per il raggiungimento dei suoi obiettivi una Pubblica Amministrazione non può prescindere dalla condivisione di essi con gli altri soggetti presenti sul territorio: le associazioni di categoria, le aziende, i cittadini. La Pubblica Amministrazione nel futuro, dunque, dovrà convogliare tutti gli sforzi che finora sono stati principalmente dedicati al miglioramento della gestione interna per realizzare sul territorio azioni di promozione e significativo coinvolgimento di tutte le parti interessate. Solo così il Regolamento EMAS troverà davvero efficace applicazione, configurandosi come strumento d’eccellenza per la governace territoriale e per il conseguimento degli obiettivi tesi allo sviluppo sostenibile.

Note 1 Studio EVER in Seminario sui “Supporti metodologici e linee guida per l’applicazione del Sistema di Gestione Ambientale ISO 14001 ed EMAS agli Enti della Pubblica Amministrazione” Marco Frey - Scuola Superiore si Sant’Anna - PISA. 2 ad es. Fondo per lo sviluppo sostenibile della Provincia Autonoma di Trento: Legge provinciale n. 28 del 29/08/1988 e s.m. art. 12 bis (incentivazione degli interventi di promozione dello sviluppo sostenibile); DG.R. n°7/13277 del 13/06/2003 - Documento di programmazione economico finanziaria regionale 2004/2007 - Regione Lombardia. 3 L’Open Group Tandem è costituito da una rete di oltre 60 Enti Pubblici.

Conclusioni La tutela dell’ambiente deve essere considerata uno degli obiettivi primari nel governo di un territorio. In questo am-

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AGENDA 21

Nuovo GdL del Coordinamento Agende 21L Italiane

DALLA VALORIZZAZIONE DEGLI AMBITI FLUVIALI ALL’IMPEGNO DEI CONTRATTI DI FIUME a cura di Federico Ciarabelli assessore dl Comune di Umbertide e coordinatore A21L Alta Umbria e Massimo Bastiani di Ecoazioni srl e Segreteria Tecnica del Gruppo di Lavoro “Contratti di Fiume”

Il Gruppo di Lavoro (GdL) del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane Valorizzazione dei bacini fluviali attraverso la promozione dei Contratti di fiume, promosso dal Forum di Agenda 21 dell’Alta Umbria, ha lo scopo di contribuire alla diffusione di un nuovo approccio non tecnocratico alla materia, aprire un dialogo ed un confronto, scambiare buone pratiche, diffondere le linee guida e lanciare un “Manifesto”. Operativamente gli obiettivi delle attività del GdL sono: - individuare pratiche positive di partecipazione dei cittadini, delle associazioni e dei movimenti rispetto alla gestione dell’acqua a livello locale, secondo i principi della democrazia partecipativa; - studiare e raccogliere esperienze per promuovere accordi volontari, la go-

vernance e le politiche settoriali in campo ambientale e territoriale per la valorizzazione dei bacini fluviali. Il GdL, con il contributo della Regione Umbria e del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, come primo passaggio ha dato vita ad un Tavolo Nazionale che si propone come occasione di confronto, a partire dalle diverse esperienze locali già attivate, e di dialogo diretto tra i partecipanti per fornire indicazioni condivise per una gestione sostenibile dei fiumi. Tra gli obiettivi che ci si ripropone di raggiungere vi è quello di diffondere pratiche partecipative nella gestione dei fiumi ed i Contratti di Fiume, anche nei territori del sud Italia che a tutt’oggi, ad eccezione di un tentativo condotto in Basilicata, non hanno ancora trovato attuazione. Al fine di attivare anche un luogo di promozione e d’incontro “virtuale” è

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stato creato il sito www.a21fiumi.eu che si propone di divenire un database delle esperienze realizzate in Italia e un riferimento per le Amministrazioni e comunità che intendono portare avanti questi processi nei loro territori. L’idea di collegare i Contratti di Fiume alle Agende 21 Locali nasce dalla considerazione che queste ultime rappresentano in Italia un’esperienza consolidata di approccio partecipato alle questioni ambientali ed in molti casi si sono dimostrate anche una via per affrontare con successo i conflitti locali. A 16 anni di distanza dalla Dichiarazione di Rio de Janeiro, le Agenda 21 rappresentano ancora uno strumento utile a promuovere la “Partecipazione e l’attuazione di programmi locali di sostenibilità”. Il World Summit di Johannesburg del 2002, il summit mondiale delle Nazioni


Unite dedicato alla questione Sviluppo Sostenibile, ha dato un nuovo impulso affinché le strategie messe in atto a sostegno delle politiche ambientali siano sempre più efficaci. Durante il Summit è emersa chiaramente la necessità di accelerare la realizzazione dei processi di A21L attraverso campagne e programmi di “Local Action 21”. Il caso dell’acqua rappresenta sicuramente uno dei campi più interessanti per applicare processi di partecipazione. Nella gestione dell’acqua è infatti essenziale un coinvolgimento attivo e propositivo di tutti gli attori sociali al fine di promuovere soluzioni collettive ed evitare l’insorgere di conflitti. Fin dal 2° Forum Mondiale dell’Acqua (marzo 2000) sono stati introdotti in tutta Europa i “Contratti di Fiume” quali strumenti che permettono di “adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale”. L’Unione Europea (UE) ha definito un quadro comunitario per la protezione e la gestione delle acque. La Direttiva Quadro 2000/60/CE prevede in particolare l’individuazione delle acque europee e delle loro caratteristiche, classificate per bacino e per distretto idrografico di appartenenza, nonché l’adozione di piani di gestione e di programmi di misure adeguate per ciascun corpo idrico. In particolare la Direttiva evidenzia soprattutto il carattere collaborativo e partecipativo delle iniziative (art. 1: “L’acqua è un diritto e un patrimonio comune appartenente all’umanità e a tutte le specie viventi, bene pubblico essenziale per l’ambiente e per il progresso economico e sociale, da proteggere, condividere e utilizzare in quanto tale. …Allo stesso fine tutte le istituzioni competenti in materia improntano il loro operato ai principi di reciproca leale collaborazione e di partecipazione effettiva dei cittadini sin dalla fase di elaborazione delle azioni attuative del Piano di tutela delle acque, in modo da garantire trasparenza al processo decisionale, rafforzando consapevolezza e sostegno dei cittadini sulle decisioni relative”) ed introduce i Contratti di fiume o di lago, quali strumenti di programmazione negoziata (art. 10: “…Sono promosse modalità di gestione integrata a livello di bacino e sottobacino idrografico, che perseguono la tutela

e valorizzazione delle risorse idriche e degli ambienti connessi, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico. In tal caso gli strumenti di programmazione negoziata sono denominati contratto di fiume o contratto di lago”). La prima sessione del Tavolo Nazionale sui Fiumi “Dalla valorizzazione degli ambiti fluviali all’impegno dei Contratti di fiume” si è tenuto ad Umbertide il 4 aprile 2008. Il Tavolo ha voluto fare incontrare esperienze e modelli di gestione dei fiumi, evidenziando iniziative e ipotesi di lavoro per il futuro. Le iniziative che riguardano i fiumi dovranno trovare un sempre maggiore interesse ed un ruolo rilevante anche nell’agenda del nuovo Governo. Ai lavori del Tavolo sono intervenuti Paolo Camerieri del CRIDEA, e Endro Martini della Direzione Regionale Ambiente, Territorio e Infrastrutture della Regione Umbria, che hanno rispettivamente illustrato le linee essenziali dell’Agenda 21 Locale regionale e del Progetto Tevere, uno dei cinque progetti strategici contenuti nel documento “Disegno Strategico Territoriale”, attualmente all’attenzione della Giunta Regionale. Un importante contributo è venuto da Giorgio Pineschi, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del

Mare, che ha ricordato gli elementi essenziali costitutivi della Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE), nata con lo scopo di ottenere la graduale riduzione delle emissioni di sostanze pericolose nelle acque per raggiungere l’obiettivo finale di eliminare le sostanze pericolose prioritarie e contribuire a raggiungere valori vicini a quelli del fondo naturale per le concentrazioni in ambiente marino di sostanze presenti in natura. Altri contributi importanti sono stati apportati da Danilo Campanella, Associazione TECLA, che ha evidenziato il ruolo della cooperazione internazionale riguardo ai fiumi; da Elena Porro, Servizio Pianificazione Risorse Idriche per la Provincia di Torino, Mario Clerici, Regione Lombardia, e Giuseppe Tomasello, Provincia di Alessandria. La Provincia di Torino ha attualmente all’attivo due Contratti di fiume (quello del fiume Stura di Lanzo del 2004 e quello del torrente Sangone del 2008) e un Contratto di lago (quello del Viverone del 2006), mentre la Regione Lombardia ha stipulato nel 2004 il primo Contratto, quello del fiume Olona. Per iscriversi al GdL o per ulteriori informazioni: m.bastiani@ecoazioni.it. Dal sito www.a21italy.it/a21italy/gdl.php è scaricabile la scheda di presentazione del GdL.

La prima sessione del Tavolo Nazionale sui Fiumi si è svolta a Umbertide il 4 aprile 2008

Il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane è un’associazione nazionale volontaria di Comuni, Comunità Montane, Enti Parco, Province e Regioni che hanno a cuore la promozione dei processi di Agenda 21 Locale e la diffusione dei principi per rendere sostenibile lo sviluppo, integrando aspetti economici, sociali ed ambientali. Compiti del Coordinamento sono: facilitare lo scambio di buone pratiche e di esperienze, diffonderne la conoscenza e la pratica, favorire nuove progettualità, promuovere la crescita delle competenze tecniche e operative dei propri soci, agire presso il governo e le altre istituzioni nazionali ed europee per sostenere politiche ispirate ai principi della sostenibilità. Visitate il sito www.a21italy.it

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La rubrica €CO-FINANZIAMENTI segnala un bando nazionale e un bando regionale. Il primo, emanato dal Ministero dell’Ambiente, promuove il risparmio energetico, le fonti rinnovabili e la mobilità sostenibile nelle isole minori. Il secondo, della Regione Marche, promuove la ricerca e lo sviluppo sperimentale prioritariamente in settori ben determinati, tra i quali quello dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili.

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Bando fonti rinnovabili, risparmio energetico e mobilità sostenibile nelle isole minori Comunicato pubblicato su G.U. n. 61 del 12 marzo 2008

Obiettivi e descrizione della misura Il bando punta a contenere i consumi energetici, a promuovere l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili e la mobilità sostenibile nelle isole minori. Tipologia degli interventi Per gli interventi relativi all’utilizzo di tecnologie da fonte rinnovabile e al risparmio energetico, sono ammessi al cofinanziamento le seguenti tipologie di progetto: utilizzo di collettori solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria, riscaldamento dell’acqua delle piscine, riscaldamento e raffrescamento degli ambienti; interventi di bioedilizia da effettuarsi sulle strutture pubbliche, che comportino un risparmio energetico negli edifici; impiego di tecnologie rinnovabili per la generazione di energia elettrica e termica: fotovoltaico, eolico (anche offshore), biomasse e geotermia; impiego di tecnologie innovative (es. celle a combustibile, solare termodinamico) per la generazione di energia e per l’integrazione in sistemi di generazione, distribuzione e uso dell’energia elettrica e del calore, anche in cogenerazione; dissalazione con tecnologie che impieghino fonti rinnovabili e tecnologie innovative. Per gli interventi relativi alla mobilità sostenibile, possono essere ammessi le seguenti tipologie di progetto: introduzione di veicoli a minimo impatto ambientale (es. veicoli elettrici, ibridi e alimentati a GPL o metano quali autobus, autoveicoli e motoveicoli) e di colonnine di ricarica di mezzi elettrici, anche alimentate da fonti rinnovabili); immissione in consumo di biocarburanti; progettazione e realizzazione di servizi flessibili di trasporto

collettivo (es. servizi a chiamata, taxi collettivo, car sharing, utilizzo plurimo dei veicoli di proprietà delle amministrazioni o delle aziende pubbliche, anche di località diverse dal Comune proponente il progetto, servizi di noleggio di veicoli a due o quattro ruote elettrici o a minimo impatto ambientale); acquisto di strumentazione per la realizzazione di centri servizi per la manutenzione di veicoli a trazione alternativa. Per quanto riguarda i criteri di selezione dei progetti si rinvia al bando. Le spese ammissibili sono riferibili esclusivamente alle seguenti voci: studi di fattibilità (massimo 5% del costo dell’investimento); direzione dei lavori; progettazione dell’intervento; fornitura dei beni, dei materiali e dei componenti necessari; installazione e posa in opera degli impianti di produzione di energia elettrica e/o termica da fonte rinnovabile e delle colonnine di ricarica dei mezzi elettrici; eventuali opere edili strettamente necessarie alla realizzazione dell’intervento; sistemi di acquisizione dati e analisi delle prestazioni; extracosto del biocarburante rispetto al carburante tradizionale; sistema di monitoraggio. Tipologia del contributo Le risorse disponibili ammontano a quasi 3,5 milioni di Euro, di cui circa 2,2 destinati alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico e circa 1,3 per la mobilità sostenibile. Il contributo ministeriale può raggiungere la quota massima dell’80% del costo di investimento ammissibile (IVA esclusa). La quota restante è a carico del Comune beneficiario, il quale potrà concorrere in associazione con altri soggetti pubblici o privati quali cofinanziatori, purché la sua quota di partecipazione al progetto non risulti inferiore al 2% dell’investimento. Beneficiari Possono presentare domanda i Comuni delle isole minori sedi di aree marine protette già istituite o in corso di istituzione, nonché i Comuni delle isole minori interessate da Parchi con perimetrazioni a mare, così come individuati dall’Associazione nazionale Comuni isole minori. La documentazione va inviata all’indirizzo: Direzione Generale per la Salvaguardia Ambientale - Divisione IX - EN - Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Via Cristoforo Colombo, 44 - 00147 Roma. Localizzazione geografica Comuni delle isole minori sedi di aree marine protette istituite o in corso di istituzione. Comuni delle isole minori interessate da Parchi con perimetrazioni a mare così co-

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me individuati dall’Associazione nazionale Comuni isole minori. Presentazione domande e scadenza La domanda, redatta secondo il modello riportato nell’allegato A del bando, va spedita per raccomandata con ricevuta di ritorno dal 21 aprile all’8 settembre 2008. Nel caso il Comune intenda presentare più domande relative a più isole su cui ha competenza, dovrà presentare più domande, una per ciascuna isola. Le informazioni e il bando sono reperibili nel sito internet del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (www.minambiente.i) nella sezione Bandi.

REGIONE MARCHE POR MARCHE 2007-2013 - Intervento 1.1.1.04.02 - Promozione della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale in filiere tecnologico-produttive - Approvazione bando Decreto dirigente P.F. Innovazione, ricerca, sviluppo economico e competitività dei settori produttivi n. 4/IRE_11 del 7 febbraio 2008 (BUR Marche n. 16 del 14 febbraio 2008)

Obiettivi e descrizione della misura Il bando mira a promuovere le attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in cluster di imprese, organismi di ricerca e centri per l’innovazione e il trasferimento tecnologico, al fine di stimolare l’innovazione nel sistema produttivo. Si intende stimolare nelle imprese la propensione a innovare lungo filiere tecnologico-produttive, con particolare attenzione agli interventi in specifici ambiti tematici strategici per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo regionale. Su cosa si intenda per filiera tecnologica-produttiva si rimanda al bando. Tipologia degli interventi Sono ammessi i progetti che prevedono lo svolgimento di attività di ricerca industriale e/o sviluppo sperimentale lungo una filiera tecnologico-produttiva, i cui risultati potranno essere utilizzati ai fini della creazione di nuovi prodotti, processi o servizi o del sensibile miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti rispetto allo stato dell’arte del settore. Il costo ammesso per ogni progetto deve essere superiore a 250mila Euro e al massimo pari a 2 milioni di Euro. Le spese ammissibili sono le seguenti: spese per il personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario purché impiegati per il progetto di ricerca) nel limite massimo del 60% dei costi ammissibili; costi degli strumenti e delle attrezzature nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il progetto di ricerca; costi della ricerca contrattuale, delle competenze tecniche e dei brevetti, acquisiti o ottenuti in licenza da fonti esterne a prezzi di mercato, così come i costi dei servizi di consulenza e di servizi equivalenti utilizzati esclusivamente ai fini dell’attività di ricerca, nel limite massimo del 40% del totale dei costi ammissibili;

spese generali supplementari nel limite massimo del 10% dei costi ammissibili; altri costi di esercizio, inclusi costi di materiali, forniture e prodotti analoghi, sostenuti direttamente per effetto dell’attività di ricerca. Si sottolinea che per la valutazione dei progetti si tiene conto, tra l’altro, della concentrazione dell’intervento di ricerca e sviluppo in settori e/o ambiti tematici e/o aree di interesse regionale, che sono i seguenti: demotica, nuovi materiali, meccatronica, biotecnologie, efficienza energetica e fonti rinnovabili. Tipologia del contributo Le risorse disponibili ammontano a 8 milioni di Euro. Le agevolazioni consistono in un contributo in conto capitale sul totale delle spese ammissibili, secondo le seguenti percentuali: per quanto riguarda le attività di ricerca industriale: 50% per le grandi imprese; 75% per le medie imprese; 80% per le micro e piccole imprese; per quanto riguarda le attività di sviluppo sperimentale; 35% per le grandi imprese; 50% per le medie imprese; 60% per le micro e piccole imprese. Beneficiari Possono partecipare alla realizzazione del programma di investimenti i raggruppamenti di almeno tre imprese, di cui non più di una grande impresa, che abbiano stipulato e sottoscritto un accordo di partenariato. Nei suddetti raggruppamenti possono beneficiare delle agevolazioni le imprese aventi l’unità produttiva sede dell’intervento ubicata nel territorio della Regione Marche. Le imprese partecipanti devono inoltre coinvolgere nella realizzazione del progetto almeno uno dei seguenti soggetti operanti nell’ambito della ricerca e sviluppo: organismi di ricerca; centri per l’innovazione e il trasferimento tecnologico (centri servizi; parchi scientifici e tecnologici) Per quanto riguarda le condizioni in base alle quali si verifica la collaborazione e il coinvolgimento tra le imprese, e per quanto riguarda i soggetti operanti nel campo della ricerca e sviluppo, si rinvia al bando. Localizzazione geografica La maggioranza delle imprese facenti parti del raggruppamento deve avere l’unità produttiva sede dell’intervento ubicata nella Regione Marche. Presentazione domande e scadenza La domanda deve essere presentata esclusivamente utilizzando la procedura informatica di invio telematico disponibile all’indirizzo internet www.impresa.marche.it/ita/por1110402 entro il 14 maggio 2008. I moduli compilati e stampati nel formato prodotto dalla procedura informatica devono essere anche inviati con raccomandata con ricevuta di ritorno entro tre giorni lavorativi successivi alla data dell’invio telematico e comunque entro il 14 maggio 2008. I moduli vanno inviati all’indirizzo: Giunta Regione Marche - Servizio Industria Artigianato Energia - P.F. Innovazione, ricerca, distretto tecnologico e competitività dei settori produttivi - Via Tiziano, 44 - 60125 Ancona. Il bando è disponibile nel sito internet della Regione Marche dedicato alle politiche europee (www.europa.marche.it).

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE In quali casi è ammessa la sanatoria in materia paesaggistica? In base al combinato disposto degli articoli 146, comma 12 e 167, comma 4 del D. Lgs. n. 42/2004 l’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, fatta eccezione per i seguenti casi nei quali l’autorità amministrativa può accertare la compatibilità paesaggistica: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Un’apertura rispetto a tale rigida disciplina proviene da un’interessante sentenza del T.A.R. Lombardia, Brescia (sentenza 19 marzo 2008, n. 317) nella quale i giudici amministrativi argomentano nei seguenti termini: “La vigente normativa sull’autorizzazione paesistica risultante dal combinato dell’art. 146 comma 12 e dell’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004 è particolarmente severa, in quanto esclude la sanatoria ambientale per le opere non preventivamente assentite, con l’eccezione di alcune fattispecie marginali. La finalità della norma è di costituire un più solido deterrente contro gli abusi dei privati. Il regime previgente, che affidava all’amministrazione la scelta tra la remissione in pristino e il pagamento di un risarcimento ambientale (da individuare nel maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito dal trasgressore), riconosceva un certo rilievo al fatto compiuto alterando i rapporti di forza tra la parte pubblica e quella privata a favore di quest’ultima. Il regime attuale invece fa prevalere l’interesse pubblico a un’utilizzazione controllata (e quindi preventivamente assentita) del territorio caratterizzato da valori o fragilità ambientali. Si può quindi verifi-

agenda agend

care nelle fattispecie concrete un’asimmetria tra la situazione urbanistico-edilizia (che potrebbe ammettere la sanatoria ordinaria mediante la verifica di conformità dell’art. 36 del DPR 380/2001) e la situazione ambientale (dove la mancanza formale dell’autorizzazione paesistica rappresenta un ostacolo insormontabile alla sanatoria). La norma attualmente vigente presuppone tuttavia che nella fattispecie concreta si confrontino unicamente l’interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e l’interesse del privato alla sanatoria. Verificandosi questa condizione, che dà forma alla fattispecie tipica, prevale il suddetto interesse pubblico e lo stato dei luoghi deve essere ripristinato. La situazione è però diversa se la sanatoria corrisponde anche a un differente e ulteriore interesse pubblico, che si affianca a quello privato. Questa ipotesi può verificarsi quando dall’attività edilizia oggetto di sanatoria derivi, direttamente o indirettamente, in via convenzionale, per atto unilaterale d’obbligo o sulla base di una previsione dello strumento urbanistico, un vantaggio ambientale. Tale vantaggio può avere molteplici contenuti purché sia apprezzabile in modo distinto rispetto alla semplice modificazione dello stato dei luoghi apportata dal privato. Sotto questo profilo si può ritenere che tanto l’assunzione di oneri da parte del privato per migliorare le infrastrutture pubbliche o gli standard urbanistici quanto l’impegno del privato a svolgere un’attività produttiva già insediata secondo criteri ispirati a una maggiore sensibilità ambientale (ossia le obbligazioni contenute nella convenzione tra il Comune e la ricorrente: v. sopra al punto 4) consentano di superare il rigido rapporto di anteriorità tra l’autorizzazione paesistica e l’attività edificatoria. Si tratta di risultati che assicurano una tutela dei valori e delle fragilità ambientali più ampia di quella derivante dalla semplice remissione in pristino e dunque non possono considerarsi vietati dal meccanismo di protezione stabilito dall’art. 146 comma 12 e dall’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004. Se il privato è disposto ad assumere oneri specifici per migliorare la situazione ambientale, e se è accertato che dalle opere abusive non può derivare alcun danno collaterale all’ambiente, l’ordine di demolire quale condizione necessaria per poi ottenere l’autorizzazione di opere identiche appare fondata su un’interpretazione irragionevole del quadro normativo e impone al privato un sacrificio non conforme al principio di proporzionalità”.

Eventi e Fiere

Padova, 9-11 maggio 2008 CIVITAS Mostra-convegno della Solidarietà dell’Economia sociale e civile Sede: Fiera di Padova Organizzazione: Asa Ethike-Soc. Coop. via del Commissario, 42 (PD) asa@ethike.it - info@asacoop.org Roma, 12-15 maggio 2008 FORUM P.A. Mostra Convegno dell’Innovazione nella P.A. e nei sistemi territoriali Sede: Fiera di Roma Informazioni: via Alberico II, 33 - 00193 Roma

Tel. 06.684251 - Fax 06.68802433 - info@forumpa.it 12-18 maggio 2008 I GIORNI DEL SOLE - Edizione Italiana di European Solar Days Campagna di Informazione per promuovere l’utilizzo dell’Energia solare Sede: le località italiane dove verrà celebrato l’evento Informazioni: www.europeansolardays.it Roma, 22-25 maggio 2008 MotechEco - Salone della mobilità sostenibile Sede: Nuova Fiera di Roma Organizzazione: G-IMAGINE srl Tel. 06 87451674 - www.motecheco.it

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CITTÀ DI FIUMICINO

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APRILE 2008


INDICE Presentata la Guida Naturalistica della Riserva Statale del Litorale Romano La coscienza dell’appartenenza al territorio è il primo passo verso la sua valorizzazione Efficace l’impegno del Comune di Fiumicino

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Quasi assente l’uomo nel Mesolitico Litorale Romano: da oasi incontaminata a terreno agricolo e pascolo Prima estesa metamorfosi con l’Impero Romano

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Primo itinerario suggerito Architettura della natura e dell’uomo a Fregene Patrimonio inestimabile alle porte di Roma

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Un corso e un gioco per il coinvolgimento attivo della cittadinanza Il comportamento responsabile nasce dalla conoscenza “Rilevatori ambientali” ed “Eco-squad”: due nuovi progetti del Comune di Fiumicino p. 7 Hanno collaborato: Floriana Cicatiello, Micaela Conterio, Ernesto Dello Vicario e Regina Geloso.

PRESENTAZIONE Come ha chiarito quel profondo conoscitore della mitologia indoeuropea qual è stato Georges Dumézil, nella religione romana Genius era il nume tutelare proprio di ogni individuo (“La religione romana arcaica” - 1977). Come gli uomini, anche uno Stato, una Città, un Luogo, avevano uno spirito protettore, rappresentato iconograficamente, per lo più, da un serpentello. “Genius Loci” è il titolo che abbiamo scelto per questo Periodico, dove si raccoglieranno quegli elementi storico-ambientali che caratterizzano il territorio del Comune di Fiumicino, al fine di scoprirne l’identità culturale, presupposto indispensabile per formare una coscienza civica, nazionale ed europea. Questo principio assume maggior validità per i cittadini di Fiumicino, Comune che solo di recente (L. R. n. 25/1992) ha avuta riconosciuta la propria autonomia amministrativa, pur insistendo su un’area che affonda le proprie radici storiche nella civiltà italica e romana. La riforma del Titolo V della Costituzione, decentrando molte funzioni ai Comuni, assegna loro un forte ruolo nel governo del territorio per lo sviluppo economico, il benessere sociale e la qualità della vita, a favore delle comunità amministrate, ossia di svolgere il ruolo di Genius Loci. Ci auguriamo, pertanto, che questo agile strumento di comunicazione, rivolto ad un vasto pubblico, riesca a far emergere e valorizzare le peculiarità del territorio del Comune di Fiumicino, con la consapevolezza, comunque, che solo promuovendo azioni in equilibrio tra gli elementi naturali e quelli culturali, ovvero congeniali alla sua identità, si eviterà di far irritare e, quindi, dileguare il Genius Loci... Assessore alle Politiche Ambientali e Turistiche del Comune di Fiumicino Ing. Pasquale

Proietti


Presentata la Guida Naturalistica della Riserva Statale del Litorale Romano

La coscienza dell’appartenenza al territorio è il primo passo verso la sua valorizzazione Efficace impegno del Comune di Fiumicino di Micaela Conterio e Floriana Cicatiello

Forse non tutti i Laziali sanno quali e quante meraviglie riserva il proprio territorio, la cui riscoperta è diventata l’obiettivo principale del Comune di Fiumicino. In particolare, l’Area Ambiente e Turismo ha realizzato la prima “Guida Naturalistica della Riserva Statale del Litorale Romano”. Il cofanetto, pratico e maneggevole, comprende oltre alla Guida naturalistica, la Carta della Riserva e una Brochure con interessanti Itinerari naturalistici e storico-archeologici. Non bisogna dimenticare, infatti, che questa Guida è dedicata a una zona, quella del litorale romano e del paesaggio agrario di Maccarese ed Ostia, designata come Riserva e, conseguentemente, Area protetta, da un Decreto Ministeriale del 1996. L’area ricopre una superficie complessiva di circa 15.900 ettari, di cui 8.150 nel comune di Roma e 7.750 nel comune di Fiumicino. Si sviluppa lungo la costa tirrenica dalla Marina di Palidoro alla spiaggia di Capocotta, racchiudendo la fascia pianeggiante costiera, e si spinge nell’entroterra, comprendendo le zone di Castel di Guido e Macchiagrande di Galeria, le sponde del Tevere, fino al Raccordo Anulare. I confini nell’entroterra risultano molto complessi perché includono tutte le aree di rilevanza naturalistica, che necessitano, quindi, di un livello maggiore di tutela, e quelle che, sebbene parzialmente antropizzate, ne richiedono un grado inferiore per la loro funzione di connessione ecologica e di tutela del paesaggio. Scopo precipuo è la salvaguardia di luoghi originari sopravvissuti ai progressivi interventi dell’uomo, quali bonifiche, disboscamenti, edificazioni di insediamenti residenziali e produttivi che nei secoli hanno trasfigurato gradualmente il territorio. Sono escluse dalla riserva quelle aree fortemente urbanizzate (Ostia, Fiumicino, Focene, Fregene e Passoscuro), quelle di espansione insediativa intorno all’aeroporto di Fiumicino e lungo il raccordo autostradale Roma-Fiumicino. Ne fanno parte, diversamente, tutte le zone agricole, una

fitta rete di valenze naturalistiche, storiche e archeologiche. Questo si spiega in quanto rappresentano segmenti degli ambienti naturali che suggeriscono un ritorno al passato, dal momento sono rimasti pressoché inalterati rispetto a 150 anni fa. Emerge, inconfutabilmente, una visione del paesaggio del tutto diversa, filtrata attraverso lenti che permettano di apprezzare il valore di piante, animali e resti storici che devono continuare a contraddistinguere questo territorio. Tutela e valorizzazione del patrimonio, quindi, tra le finalità primarie. La regione interessata, infatti, vanta una dimensione storica-archeologica-culturale di non poco conto. Chiare, dunque, sono le motivazioni che hanno spinto l’Amministrazione Comunale a intraprendere un percorso di divulgazione e di promozione del territorio: tutela dei valori paesistici e realizzazione di programmi di educazione ambientale. Anche questa “oasi”, come molte altre in Italia sta correndo il rischio di smarrirsi: il fenomeno dell’urbanizzazione estrema, che interessa la capitale, seppur nelle zone periurbane, porta sensibilmente alla ribalta il pericolo di una ulteriore frammentazione degli ambienti naturali ancora esistenti e la conseguente fragilità ecologica di questa area. La Guida, scritta da Fulco Pratesi e Alessandro Bardi, vuole concorrere a riscoprire - e in alcuni casi a scoprire per la prima volta - le “gemme” incastonate nel territorio agricolo alle porte di Roma. Interamente curata dal Comune di Fiumicino e di facile consultazione, la Guida è destinata all’ambiente e a far risaltare le opportunità turistiche del territorio. La Riserva del Litorale Romano ha, infatti, la funzione basilare di custodire la peculiarità dei luoghi limitrofi a Fiumicino, in sostanza di orientare le politiche territoriali e le azioni strategiche verso uno sviluppo che sia realmente sostenibile in ambito ambientale, sociale ed economico. In questo senso, la Guida è stata organizzata in Sezioni distinte.

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La prima dedicata alla storia naturale e umana di questo territorio, a partire dall’antica morfologia fino all’attuale configurazione paesaggistica. La seconda riservata alle aree naturali protette, alle biodiversità che le abitano e alle geodiversità che le compongono, includendo anche gli aspetti storico-culturali presenti. L’ultima, infine, deputata a proposte di itinerari a piedi, in auto o in bicicletta. In aggiunta un vademecum di informazioni e indirizzi utili concorre a far gustare completamente il patrimonio naturale, culturale, storico e archeologico della Riserva. È un’occasione, questa, per osservare in maniera diversa l’ambiente agricolo e naturale nelle vicinanze di Roma, poiché il concetto di territorio, in realtà, rimanda a un’idea più ampia, quale quella di interconnessione, intesa come rapporti tra gli esseri che vi abitano e l’ambiente sul quale agiscono e concorrono a modificare. In questo senso, l’acquisizione della consapevolezza di tale interdipendenza (il nostro habitat), si rivela un imperativo irrinunciabile. Con un approccio diverso, quindi, si riesce a conseguire il senso di appartenenza, di riconoscimento, cioè, della relazione e del legame con il territorio. Ciò diventa possibile

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solo attraverso una più ampia divulgazione e condivisione delle informazioni. È questo, infatti, l’obiettivo prioritario del progetto che è sfociato in questa pubblicazione, nata attraverso la partecipazione e il coinvolgimento diretto della cittadinanza. L’impulso è scaturito proprio per favorire e stimolare la creazione di un rapporto responsabile tra i cittadini e il territorio, volto a non dissipare o disperdere il capitale inestimabile e impareggiabile delle tradizioni del passato e della storia del paesaggio. Anche salvaguardare e gestire con oculatezza le risorse disponibili per tramandarle alle generazioni future, è l’altro obiettivo che giustifica pienamente la pubblicazione che spazia dalla nozionistica di settore, alla trattazione dei temi maggiormente affascinanti, al portale web. La conoscenza si rivela, dunque, il presupposto indispensabile e lo strumento basilare per la tutela degli ambienti naturali caratterizzanti il comune di Fiumicino, in particolare, e il Litorale Romano, in generale: le dune costiere, la macchia mediterranea, gli ambienti agricoli, le zone umide e gli ambienti fluviali; tutti habitat questi che sono ricchi di numerose specie floristiche e faunistiche.


Quasi assente l’uomo nel Mesolitico

LITORALE ROMANO: DA OASI INCONTAMINATA A TERRENO AGRICOLO E PASCOLO Prima estesa metamorfosi con l’Impero Romano

di Micaela Conterio

Per poter penetrare all’interno dell’antro della riscoperta della valenza e della rilevanza del territorio della Riserva Naturale del Litorale Romano e schiudere lo scrigno contenente un tesoro dal valore inestimabile, abbiamo pensato di accompagnare metaforicamente il lettore lungo un cammino immaginario che si snoderà a partire da questo numero. Il terreno da esplorare è squisitamente composito, a seconda della tipologia di occhiali (intesi come predisposizione e stato d’animo) che ci mettiamo, quale filtro per conoscere la realtà. Vista la complessità e l’eterogeneità delle tematiche da affrontare, si è ritenuto opportuno articolare le questioni in appuntamenti cadenzati e progressivi. La prima lente che intendiamo indossare non può che essere quella colorata dalla storia e memoria del territorio, offrendo in due tappe un rapido excursus di questa area, da quando

cervi e caprioli, cinghiali e lepri, tori selvatici e castori, gru e oche selvatiche, anitre e cicogne. E l’uomo? È stato stimato che la presenza umana fosse veramente esigua (una persona ogni 800 ettari, circa 18-20 individui disseminati sui 15.000 ettari dell’attuale Riserva), e che si limitasse a servirsi di ciò che la natura offriva (bacche, radici, foglie, erbe, frutti selvatici, lumache, testuggini, ricci, molluschi marini e prede cacciate). Sono state rinvenute in zona punte di freccia in selce e canoe preistoriche scavate in un tronco d’albero. Con un salto di circa 3.500 anni ci spostiamo nel Neolitico, quando (circa 6.500 a.C.) si verificano le migrazioni dall’Est europeo delle popolazioni Indoeuropee già dedite all’allevamento del bestiame e alle prime tecniche agricole. La diretta conseguenza, quindi, è una rapida trasformazione del paesaggio, tra cui l’abbattimento di buona parte della primitiva copertura

l’impatto dell’uomo era ancora insignificante fino ad oggi. Dobbiamo cioè risalire indietro fino alla fine del Mesolitico, a circa 10.000 anni fa, alla conclusione dell’ultima glaciazione. Come si presentava alla sguardo la riserva del litorale laziale? Un lungo tratto di spiaggia adornato da resti naturali lasciati dal mare (foglie e rizomi di posidonia, comunemente dette alghe, rami, conchiglie, ecc.) laddove la costa è più bassa. Addentrandoci un po’, un lembo di terra ricoperta di piante pioniere (cardi marini e pastinache dalle foglie coriacee e spinose, ciuffi di gramigna marina, pulvini di camomilla marina e gigli di mare). Spingendoci ancora più all’interno si staglia la duna, alle cui spalle si erge la macchia mediterranea (arbusti sempreverdi quali ginepri, mirti, rosmarini, ecc.). Alle spalle della duna, la grande foresta sempreverde con lecci, allori, oleastri, edera, pungitopi, felci, ecc. Le acque dolci, inoltre, provenienti dall’entroterra convogliano in aree specifiche a formare paludi e lagune salmastre con canneti foltissimi, acquitrini fioriti di ranuncoli d’acqua e, alle spalle, pioppi bianchi, ontani, salici, olmi e frassini. Un habitat naturale, dunque, perfetto per molte specie animali:

forestale per la necessità di pascoli invernali per le greggi. Ma la prima estesa metamorfosi subentra con l’Impero Romano. Quasi totale è l’eliminazione dell’antica vegetazione. Diverse le cause: la richiesta di suoli coltivabili e di pascoli per il bestiame, di legname per le costruzioni civili e navali e la creazione dei grandi porti sul Tevere, con gli insediamenti di Ostia e di Porto. In aggiunta, la presenza di ville, depositi e magazzini di merci, ostacolano la ricomparsa dell’habitat originario. Solo in seguito alla caduta dell’Impero Romano si riaffacciano, nei territori attraversati dal tratto finale del Tevere, gli antichi ecosistemi palustri e forestali. Nei secoli successivi l’area non subisce profonde trasformazioni anche per la presenza di numerosi acquitrini che rendono pressante il timore della malaria. D’estate, quindi, viene frequentata esclusivamente da braccianti al tempo della mietitura; mentre d’inverno viene calcata dalle greggi appenniniche in transumanza e dai cacciatori in cerca di selvaggina. L’oblìo secolare di queste terre è dovuto sia al pericolo della malaria che alla minaccia dei pirati Saraceni che dalle coste del Nord Africa hanno compiuto scorrerie lungo il litorale tirrenico fino al 1830, anno della conquista francese di Algeri.

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Primo itinerario suggerito

ARCHITETTURA DELLA NATURA E DELL’UOMO A FREGENE Patrimonio inestimabile alle porte di Roma

di Micaela Conterio

Se la Guida nasce con l’intento di raccontare la storia della Riserva del Litorale Romano e le sue valenze naturalistiche, gli Itinerari nella Riserva del Litorale Romano vogliono condurre per mano il visitatore all’interno della Riserva stessa, fornendo istruzioni per la visita dei luoghi peculiari e descrivendo i percorsi turistico-naturalistici e storicoarcheologici. Anche in questo caso si è pensato di affascinare e incuriosire il lettore presentando in ogni numero un itinerario diverso. La zona di Fregene è il nostro punto di partenza in questo viaggio lungo il litorale romano. L’itinerario proposto dal Comune di Fiumicino alterna momenti squisitamente immersi nelle ricchezze naturalistiche, con momenti dedicati alla visita di costruzioni architettoniche realizzate dall’uomo. Il punto di partenza è costituito dall’Oasi Macchiagrande di Focene, per proseguire in auto/bicicletta, Via Castellammare fino alla Pineta di Fregene e a piedi fino alla Torre di Primavera. In aggiunta si può arricchire l’itinerario con una passeggiata in bicicletta nel centro e sul Lungomare di Fregane, costellati da alcune ville dal fascino particolarmente accentuato. Istituita nel 1986 dal WWF, l’Oasi di Macchiagrande conserva le tracce degli ecosistemi presenti prima della grande bonifica di fine ’800. Il percorso si snoda per 4 km consentendo di cogliere i molteplici ambienti dell’area protetta con la presenza di cartelloni illustrativi, bacheche e strutture per l’approfondimento di temi specifici. La natura, in termini di flora e di fauna, è stata particolarmente generosa con questo territorio che si estende per circa 280 ettari. Nell’area racchiusa fra il litorale e la foresta si possono incontrare le specie vegetali pioniere tipiche degli arenili (cardi marini, gigli di mare, camomilla marina, erba medica marina, etc.), le piante della classica macchia mediterranea (ginepri, mirto, corbezzolo, lecci, eriche, rosmarino), rari pini marittimi, la foresta sempreverde (lecci, allori, pioppi bianchi, pini domestici,

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pungitopo e ciclamini). Questa zona è abitata da uccelli marini, quali gabbiano mediterraneo e gabbiano comune, cornacchie grigie, storni, falchi pescatori, nibbi bruni, capinere, usignoli, merli, conigli selvatici, volpi, faine, testuggini terrestri, istrici, tassi, ricci, ecc. La parte rimanente dell’Oasi (il 20% circa) si compone di una prateria seminaturale formata da piante erbacee (gramigna, finocchio selvatico e carota selvatica), di una foresta sempreverde (lecci, pioppi bianchi, allori, olmi, ontani neri e frassini), di una piccola pineta e di un paesaggio palustre più ampio (con cannucce di palude, mazzesorde, carici, ecc.). Questa parte è abitata da allodole, fringuelli, cardellini, passere mattugie, verdoni, cormorani, aironi cenerini, gallinelle d’acqua, anatre selvatiche, martin pescatore, lucertole, bisce d’acqua, testuggini palustri, ramarri, cefali e anguille. Seconda sosta è la Pineta di Frege-

ne, creata nel 1666 da papa Clemente IX, con i pini dell’Anatolia. Ad oggi, dopo l’intensa opera di bonifica e di edificazione insediativa, si è conservato integro solo il nucleo centrale della pineta monumentale, formata principalmente dalla foresta mediterranea sempreverde e lecci, in cui nidificano i picchi rossi maggiori e i picchi verdi. Terza tappa dell’itinerario è rappresentata dalla Torre Primavera, situata poco al di fuori dell’area maggiormente urbanizzata di Fregene ed eretta nel 1574 a protezione dalle scorribande saracene. Quarta e ultima tappa consigliata è una delle ville di Fregene. Gli anni ’30, infatti, hanno rappresentato per Fregene un momento molto florido in chiave di edificazioni di ville da parte dell’aristocrazia romana, che oggi è possibile visitare: Villa dei Pini dei prìncipi Borghese, oggi albergo-ristorante “Villa Gemma”, Villa La Busiriana, la Casa albero e Villa Ciardi.


Un corso e un gioco per il coinvolgimento attivo della cittadinanza

IL COMPORTAMENTO RESPONSABILE NASCE DALLA CONOSCENZA

“Rilevatori ambientali” ed “Eco-squad”: due nuovi progetti del Comune di Fiumicino di Micaela Conterio e Regina Geloso

Quanto il Comune di Fiumicino sia incisivo nell’opera di sensibilizzazione e di coinvolgimento diretto e attivo della cittadinanza è sotto gli occhi di tutti. Gli interventi attuati, infatti, sono stati rivolti alla informazione e formazione, in quanto la conoscenza diviene requisito indispensabile ed essenziale per una tutela degli ambienti naturali realmente efficace, come dimostrano i progetti messi in campo fino ad oggi. Il progetto “Rilevatori ambientali”, promosso dall’Amministrazione Comunale con la collaborazione di Diritto all’Ambiente Corsi&Formazione, e fortemente voluto dall’Assessorato alle Politiche Ambientali e Turistiche, ha per obiettivo precipuo il ripristino del legame tra la popolazione e il proprio territorio. La creazione di volontari con il compito di monitorare regolarmente la situazione territoriale, sotto la diretta supervisione degli Uffici comunali, coadiuvati dalla polizia statale e locale. Sotteso è l’intento condiviso di adeguarsi alle ricorrenti richieste di salvaguardia ambientale che scaturiscono all’interno di un ecosistema composito, qual’è quello del litorale romano, ricco di habitat diversificati (dune costiere, macchia

mediterranea, ambienti agricoli, zone umide e ambienti fluviali). Per realizzare un progetto così ambizioso è stato indispensabile attivare un corso di formazione professionale mirato a offrire strumenti normativi e procedurali e conoscenze generali per la gestione delle attività di monitoraggio e tutela ambientale e dei contenuti delle norme di settore. Formati sui reati ambientali da una équipe di docenti coordinata dal Magistrato di Cassazione, Maurizio Santoloci, circa cento volontari hanno ricevuto alla fine del corso un Attestato di partecipazione e un Diploma di merito, in base alla valutazione del test finale sostenuto. Dopo la prossima consegna del tesserino di riconoscimento, i rilevatori ambientali avvieranno la loro attività di sorveglianza del territorio comunale, incentivando, quindi, la creazione di un’azione sinergica tra cittadinanza attiva, amministrazione locale e polizia giudiziaria ambientale. Un altro progetto meritevole di menzione è indubbiamente “Eco-Squad”, un videogioco pensato per insegnare ai bambini delle scuole primarie e secondarie di 1° grado il rispetto del territorio e la conoscenza del patrimonio paesaggistico della Riserva Naturale del Litorale Romano. Grazie a schede esplicative sulle aree di maggior interesse, con una grafica e un linguaggio facilmente comprensibili, ma al contempo invitanti, i più piccoli vengono

accompagnati per mano nella scoperta delle tematiche ambientali, con lo scopo di accrescere la conoscenza e consapevolezza nei confronti del territorio. Gratuitamente disponibile on line (sul sito www.ecosquad.it), si prefigge di ampliare il numero di cittadini direttamente coinvolti nella gestione sostenibile dell’ambiente attraverso un percorso di formazione di un piccolo rilevatore ambientale virtuale. La missione del gioco consiste nell’avanzare all’interno di una zona boschiva (la Riserva del Litorale Romano) dotati di una pistola ad acqua, con l’intento di ripulirla dall’inquinamento (immondizia, copertoni abbandonati, nuvole di smog) e di liberare gli animali che la popolano. I giovani giocatori, superato l’ultimo quadro, riceveranno un attestato virtuale di Rilevatori ambientali onorari. Entrambe le iniziative, quindi, intendono stimolare la formazione di una vera a propria coscienza ambientale, che veicoli la sostenibilità come priorità all’ordine del giorno dei nostri comportamenti. L’intento vuole essere quello di imprimere un cambiamento di coscienza così profondo da determinare un cambiamento di percezione, di interpretazione e, dunque, di modus vivendi. In questo senso, il messaggio lanciato deve comunicare la fiducia in possibilità nuove per l’avvenire e sviluppare nell’uomo la volontà di agire e di modificare abitudini e stili di vita, spesso insostenibili.

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G IUS LOCI

Comune di Fiumicino - Area Ambiente e Turismo Via del Buttero, 3 - 00054 Fiumicino loc. Maccarese Ufficio Turismo - 06 619940728 Comunicazioni - 06 619940745 Segreteria Assessore - 06 619940738 Centro di Educazione Ambientale (C.E.A.) - 06 619940729 servizio.ambiente@fiumicino.net ambiente.turismo@fiumicino.net www.fiumicino.net


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APRILE 2008



INDICE Regione Marche Terza corsia a14, buone pratiche ambientali… in corso

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Efficienza energetica e fonti rinnovabili: stanziati 1,3 milioni di euro

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Una nuova Riserva Naturale

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Il piano di risanamento della qualità dell’aria p.

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Progetto EASY di Donatella Mancini

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PICENAMBIENTE spa 1998-2008: 10 anni di PicenAmbiente a cura di Donatella Mancini

SOMACIS pcb industries La sicurezza dell’ambiente di lavoro di Paride Piancatelli

Seminario Camera di Commercio di Ancona “Innovazione ambientale ed efficienza energetica” di Donatella Mancini

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REGIONE MARCHE

Seminario organizzato dalla Regione Marche in collaborazione con Autostrade per l’Italia Spa

TERZA CORSIA A14, BUONE PRATICHE AMBIENTALI… IN CORSO La Regione Marche è tra le prime regioni italiane ad aver promosso e prescritto l’utilizzo di pratiche ambientali per la realizzazione della terza corsia dell’A14. Il Servizio Ambiente della Regione Marche, infatti, nell’ambito della procedura nazionale di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), ha individuato alcune prescrizioni alle quali la Società Autostrade si sta attenendo nel corso dei lavori. La terza corsia del tratto Rimini Nord - Pedaso, che passa lungo la costa marchigiana, sarà infatti realizzata nel rispetto di buone pratiche ambientali che vanno oltre le comuni prescrizioni. Di questi temi si parlerà nella sede regionale l’8 maggio 2008, nel corso del Seminario “Terza corsia A14, Buone pratiche ambientali…in corso”, organizzato dalla Regione Marche - Assessorato Ambiente, in collaborazione con Autostrade per l’Italia spa. Diversi e interessanti gli argomenti di dibattito: il sistema di monitoraggio ambientale, la sperimentazione di malte foto-catalitiche per ridurre l’impatto sulla qualità dell’aria, fino ai rimboschimenti in tutta la regione. Durante i lavori già avviati del tratto autostradale summenzionato, la stessa Società Autostrade è andata oltre le prescrizioni, scegliendo di utilizzare tecniche innovative per il riutilizzo dei materiali provenienti dalle demolizioni. Il Seminario è stato organizzato per presentare alla comunità

Un tratto della A14 nei pressi di Ancona

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regionale le principali pratiche ambientali adottate per l’ampliamento di una grande infrastruttura regionale. I risultati di tali buone prassi potranno fornire utili indicazioni a Imprese, Associazioni di categoria e Ordini professionali del settore, nonché agli Enti Locali interessati da lavori infrastrutturali. I lavori del Seminario, coordinati dal Dirigente del Servizio Ambiente e Paesaggio, Antonio Minetti, saranno aperti da Loredana Pistelli - Regione Marche, Assessore Viabilità a cui farà seguito Franco Tolentino - Autostrade per l’Italia spa, project manager del progetto ampliamento A14, che illustrerà il progetto, i lavori in corso e le principali innovazioni introdotte. Duilio Bucci - ARPA Marche si soffermerà sul sistema di monitoraggio, mentre Lorenzo Antonelli - Regione Marche, Gabriele Fava - Università Politecnica delle Marche e Walter Vignaroli - ARPA Marche tratteranno il tema dell’utilizzazione di malte foto-catalitiche. Quindi, Felice Santagata e Maurizio Bocci dell’Università Politecnica delle Marche e Stefano Orilisi dell’ARPA Marche, Dirigente Servizio Rifiuti, Suolo e Territorio - Dip.to prov.le Ancona, illustreranno le varie Tecniche di riciclo dei materiali destinati a rifiuto. Antonio Minetti svolgerà una relazione sulla realizzazione di Boschi urbani. Infine, seguirà un dibattito mentre le conclusioni saranno lasciate all’Assessore Regionale all’Ambiente, Marco Amagliani.


EFFICIENZA ENERGETICA E FONTI RINNOVABILI: STANZIATI 1,3 MILIONI DI EURO

Amagliani: “Grazie ai fondi europei, finanziati altri 14 progetti coerenti con il PEAR”

Impianti fotovoltaici sui tetti delle scuole per la produzione di elettricità; impianti solari a collettori per produrre acqua calda destinata agli spogliatoi dei campi sportivi; impianti di cogenerazione per la produzione di elettricità e riscaldamento nelle case di riposo e nelle piscine; sistemi a pompa di calore per il riscaldamento e condizionamento: sono questi alcuni dei progetti presentati dagli Enti Locali e finanziati dalla Regione Marche. I progetti, in totale 14, per un contributo complessivo pari a 1,28 milioni di Euro, concorreranno a raggiungere gli obiettivi del Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), incrementando la produzione regionale di energia e, allo stesso tempo, riducendo le emissioni, coerentemente agli impegni di Kyoto per contrastare i cambiamenti climatici. La concessione dei contributi regionali è avvenuta utilizzando i fondi europei della nuova programmazione 2007-2013, in particolare per l’attuazione del Programma operativo regionale per la competitività e l’occupazione (POR-FESR 2007-2013). Si è così proceduto attingendo alla graduatoria, già approvata, relativa a un precedente bando (misura 2.8 del Docup Ob.2) volto all’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica mediante impianti di cogenerazione. Ciò è stato possibile grazie alla coincidenza tra gli obiettivi della precedente misura del Docup e quelli del nuovo programma regionale POR che, nell’asse 3, si prefigge di promuovere uno svi-

luppo energetico sostenibile attraverso l’utilizzo delle fonti rinnovabili, il miglioramento dell’efficienza energetica e la promozione del risparmio energetico. Rispetto al POR, i progetti risultano coerenti anche in termini di soggetti beneficiari e di spese ammissibili. Dato l’enorme successo del bando, in precedenza non si era riusciti a soddisfare completamente le richieste di finanziamento. Grazie allo scorrimento della graduatoria è stato quindi possibile procedere con le oltre 70 domande pervenute dagli Enti Locali, per un investimento complessivo di quasi 18 milioni di Euro. Tramite questi progetti sarà possibile ridurre il fabbisogno energetico regionale e contemporaneamente ridurre le emissioni climalteranti di quasi 9 mila tonnellate annue. “A fronte della corsa al rialzo del prezzo del petrolio - sottolinea l’Assessore all’Ambiente Marco Amagliani - e all’improbabilità, a detta degli esperti del settore, che i prezzi tornino ai livelli visti nella prima parte di questo decennio, le misure del PEAR risultano perfettamente strategiche. Grazie al risparmio energetico, all’efficienza energetica e allo sviluppo delle rinnovabili, sarà possibile rendere il sistema regionale sempre meno dipendente dall’esterno e capace di dare il proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Occorre proseguire su questa strada facendo leva sul fermento diffuso su tutto il territorio regionale e dimostrato dall’ottima risposta riscontrata rispetto agli obiettivi strategici del Piano Regionale.”

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UNA NUOVA RISERVA NATURALE L’Assessore all’Ambiente ha proposto di modificare la denominazione in Riserva Naturale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito

Istituire a Roti, Acqua dell’Olmo e Canfaito una Riserva Naturale Regionale: è quanto prevede la delibera della Giunta trasmessa al Consiglio Regionale. Si tratta anche della prima riserva a carattere regionale nella provincia di Macerata che vanta altre due riserve naturali nazionali (Abbadia di Fiastra e Torricchio) e una porzione del Parco Nazionale dei Sibillini. La nuova Riserva (oltre 2.540 ettari di superficie) presenta un elevato valore naturale testimoniato dalla presenza del sito di importanza comunitaria “Monte San Vicino”, dalla Zona di Protezione Speciale “Monte San Vicino e Monte Canfaito”, dai tenimenti demaniali regionali e dalla aree floristiche “Monte San Vicino” e “Piani di Canfaito”. “Un territorio di particolare pregio - osserva l’Assessore all’Ambiente, Marco Amagliani che ha proposto, su richiesta degli Enti Locali, la denominazione di Riserva Naturale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito - non solo sotto il profilo naturalistico, che va tutelato con le giuste misure di conservazione. È dotato di un mosaico di valli di “alta montagna” difficilmente rintracciabili in altri ambiti territoriali della Regione, e di ricchezze di carattere storico e culturale. Due valori che, anche da soli,

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potrebbero motivare, in futuro, un possibile allargamento dell’area protetta”. Considerato l’altissimo valore ambientale dell’intera area, l’iter per l’istituzione della Riserva, iniziato dalla Regione nel gennaio del 2006, ha visto da subito il pieno sostegno di WWF, Legambiente, Club Alpino Italiano, Italia Nostra, Federazione nazionale Pro natura e delle Associazioni “Spizzichino” e “Lupus in fabula”. Tra le finalità, alla base dell’istituzione della riserva, c’è la necessità di conservare le tipologie vegetali, in particolare le aree floristiche e i biotipi di interesse geologico, paesaggistico e naturalistico (come la Gola di Jana, Bocca de Pecu o Sasso Forato). I segni antropologici e archeologici come grotte, anfratti e ripari sotto roccia, abitati fin dalla preistoria; la tutela di specie animali presenti, in particolare lupo, capriolo, gatto selvatico, gufo reale, falco pellegrino e picchio rosso: sono le testimonianze che indicano la necessità di conservare un habitat idoneo. Occorre poi salvaguardare il patrimonio storico monumentale, come l’abbazia di Santa Maria de Rotis, e i valori storici con i segni lasciati dalla resistenza dei gruppi partigiani attivi in questi territori durante la seconda guerra mondiale. A tal propo-

sito l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) ha più volte sottolineato lo straordinario rilievo storico dell’area, fulcro di numerose e importanti battaglie partigiane culminate con la sconfitta delle truppe nazifasciste del 24 marzo del 1944. Il regolamento disciplinerà la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti, lo svolgimento delle attività artigianali o commerciali, sportive, agricole e pastorali, di ricerca scientifica e biosanitaria da affidare ad interventi di occupazione giovanile, di volontariato, con riferimento alle comunità terapeutiche e al servizio civile. Regola, inoltre, il soggiorno e la circolazione dei mezzi di trasporto, limita le emissioni sonore e provvede all’accessibilità nel territorio del parco attraverso percorsi idonei per disabili. Nel territorio della Riserva sono vietate tutte le attività che possano compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali. La gestione della riserva sarà affidata alla Provincia di Macerata che dovrà comunque conformarsi agli atti che saranno adottati da un Comitato di indirizzo composto dai rappresentanti di tutti gli Enti Locali interessati, delle Associazioni Ambientaliste e dell’ANPI.


Approvato dalla Giunta Regionale

IL PIANO DI RISANAMENTO DELLA QUALITÀ DELL’ARIA Ora all’esame del Consiglio Regionale La Giunta Regionale ha approvato la proposta di deliberazione sul Piano di risanamento e mantenimento della qualità dell’aria. L’atto, presentato dall’Assessorato all’Ambiente, definisce, ai sensi del D. Lgs. n. 351/1999, la lista delle zone e degli agglomerati con livelli di inquinamento superiori o inferiori al valore limite, al fine di adottare, a seconda dei casi, il Piano di risanamento o di mantenimento della qualità dell’aria; se il superamento del valore limite è dovuto a più sostanze inquinanti, la Regione è tenuta a predisporre uno specifico Piano integrato di risanamento. In base alla delibera, che passa ora all’esame del Consiglio regionale per la definitiva approvazione, le misure antinquinamento consistono in una serie di interventi da realizzare nel settore dei trasporti urbani e della mobilità: parcheggi scambiatori; servizi di collegamento con il centro; zone di

penalizzazione o a traffico limitato; mobilità ciclistica. Sono previsti anche incentivi per il rinnovo del materiale rotabile dei mezzi di trasporto pubblico locale, per l’uso del treno e per l’acquisto di auto alimentate a metano o Gpl. Per quanto riguarda l’industria, in programma interventi finalizzati al risparmio energetico e all’utilizzo delle fonti rinnovabili. Ulteriori misure di incentivazione interessano il settore dell’edilizia (posa in opera di “tetti verdi”, finanziamento di esperienze pilota, inserimento di meccanismi premiali per la bioedilizia), il comparto dei consumi (conversione degli impianti di riscaldamento da olio combustibile e da gasolio a metano o a Gpl) e quello produttivo, con il sostegno alle aree ecologicamente attrezzate e l’utilizzo di tecnologie “pulite” di protezione ambientale. Sul piano territoriale, le zone maggiormente interessate dall’inquinamento

dell’aria, oltre la fascia costiera, caratterizzata da densità demografica e presenza di importanti infrastrutture viarie sono, e le valli del Foglia, dell’Esino, del Chienti, e del Tronto, dove si registra un’elevata concentrazione di agglomerati urbani, impianti industriali e importanti vie di comunicazione. Particolarmente delicata risulta l’area compresa tra Ancona, Falconara e la bassa valle dell’Esino, dove, accanto a impianti produttivi di forte impatto ambientale, come la raffineria Api e le centrali termoelettriche, si affiancano grandi infrastrutture, quali l’area portuale, l’aeroporto e l’interporto. In base ai rilievi della rete regionale di monitoraggio atmosferico, i Comuni nei quali il livello delle polveri sottili (PM10) rischia di superare le soglie di allarme sono 61: 20 nelle province di Ascoli Piceno e Fermo; 18 in provincia di Ancona; 12 in provincia di Macerata; 11 in provincia di Pesaro Urbino.

Foto di Davide Amicucci

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CONVEGNI E MANIFESTAZIONI

PROGETTO EASY

Sistema Energetico Locale per piccole e medie aree urbane decentralizzate di Donatella Mancini

Il Comune di Ancona ha presentato il progetto EASY (Energy Actions System) il 17 Marzo u.s., presso l’Hotel “La Fonte” di Portonovo (AN), luogo prescelto per la realizzazione di detto progetto volto allo sviluppo di un Sistema Energetico Locale. Il progetto, della durata di 2 anni, finanziato al 50% dai fondi europei dedicati al programma europeo IEE (Intelligence Energy Europe), vede coinvolti, oltre al Comune di Ancona, altri 7 partner dell’area Mediterranea (vedi box). Oltre alla Baia di Portonovo, le altre aree interessate all’applicazione del Sistema sono: • Villa Real (Spagna); • Isola di Brač (Croazia); • Sikies (Grecia). L’obiettivo generale del progetto è quello di definire, attraverso un processo partecipativo e concertato, un modello di Sistema Energetico Locale per piccole e medie aree urbane

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decentralizzate, al fine di garantire la massima efficienza energetica, la produzione energetica integrata e la diffusione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. La Conferenza di presentazione è stata aperta dall’Assessore allo Sviluppo Sostenibile del Comune di Ancona, Emilio D’Alessio. “Il Comune di Ancona - ha detto - è leader di questo progetto che premia l’innovazione. Si tratta di creare un Sistema di Gestione Integrato di energia negli ambiti non urbani, ma che presentano delle emergenze ambientali. Il Sistema sarà esportabile presso altre realtà analoghe. Gli obiettivi iniziali del progetto EASY sono già stati riformulati. I soggetti coinvolti avrebbero dovuto ridurre del 20% le emissioni di CO2 entro il 2025, ma l’UE ha anticipato i tempi al 2020. L’incremento dell’uso delle energie rinnovabili per l’Italia si attestava al 14%, ma ora l’UE chiede di raggiungere il 17%, per cui ciò che prima era considerato un obiettivo ambizioso ora è diventato un requisito minimo. La Finanziaria 2008


aiuta in questo senso, perchè prevede robusti finanziamenti per le energie rinnovabili. La vita cambierà per tutti, è necessario, quindi, dotarci di strumenti per anticipare e non subire questo processo. Il Protocollo di Kyoto è in fase di dismissione, si sta già lavorando al Protocollo di Copenaghen, che detterà ai Paesi aderenti dei limiti ancora più restrittivi. La scelta verso le rinnovabili, quindi, pur essendo ambiziosa è obbligata”. Di seguito ha preso la parola Marco Cardinaletti, Coordinatore del Progetto EASY. “Si tratta di un progetto - ha sostenuto - che necessita di entusiasmo anche da parte della comunità, perché coinvolge i privati, gli operatori e le istituzioni. Nei Comuni il maggiore consumo riguarda l’energia elettrica. Anche ad Ancona c’è stata una crescita esponenziale delle emissioni di CO2: nel 2004 è stata registrata una produzione pro capite di 9,75 tonnellate di emissioni in atmosfera. Il progetto mira a realizzare un sistema energetico integrato su aree urbane decentrate con peculiarità dal punto di vista energetico ed economico. Il progetto ha una dimensione transnazionale che prevede: • un’agenzia per l’organizzazione degli eventi e per tenere i contatti tra i partner coinvolti; • un Comitato direttivo che garantisca il rispetto del programma; • un gruppo di lavoro di tecnici; • un organo di comunicazione. Mentre a livello locale saranno realizzati: • un forum Portonovo, spazio aperto di discussione per la definizione, presentazione ed approvazione dei risultati ottenuti attraverso le attività locali; • un gruppo di esperti locali; • gruppi tematici di lavoro”. Era presente all’incontro, anche Lanfranco Giacchetti, Presidente Ente Regionale Parco del Conero, che ha manifestato la disponibilità al ricorso all’uso di energie rinnovabili nell’area di Portonovo, purché la scelta non prescinda dalla tutela ambientale dell’area protetta. Per l’ing. Alessandro Rabini, Agenzia di Risparmio Energetico (ARE) partner tecnico in questo progetto, “si tratta innanzitutto di migliorare il sistema energetico già vigente”. “La scelta è caduta sulla Baia di Portonovo - ha affermato - per diversi fattori. Innanzitutto per la conformazione geomorfologia che la rende difficilmente raggiungibile, inoltre per la sua vocazione turistica che determina un picco di consumo di energia nel periodo estivo, infine, per l’aspetto ambientale, trovandosi nell’area protetta del Parco del Conero”. A seguire è intervenuto il prof. Costanzo Di Perna dell’Uni-

versità di Ingegneria - Dipartimento di Energia che collabora da un punto di vista tecnico alla realizzazione del progetto. “Lo scopo del progetto - ha detto - è ridurre i consumi dell’area di Portonovo e di conseguenza le emissioni di CO2, inoltre il modello deve essere replicabile nelle altre località interessate. Portonovo è un’area turistica isolata con difficoltà di approvvigionamento di energia. Per ridurre le emissioni di CO2 si potrebbe pensare di costruire un parcheggio con tettoie fotovoltaiche, come una centrale a biomasse, ma il primo provvedimento da prendere è quello della riduzione dei consumi, intervenendo sugli edifici onde limitare le perdite energetiche. Ad esempio si potrebbe realizzare una ristrutturazione energetica con i cappotti, applicando schermature solari ed aumentando l’inerzia termica. Un altro aspetto importante è costruire un grafico dei consumi per capire la loro distribuzione sia nel tempo che nelle modalità”. A questo punto l’ing. Di Perna ha chiamato in causa il collega ing. Mauro Moroni che ha parlato di impianti centralizzati e distribuiti. Tra gli impianti centralizzati utilizzabili per la produzione di energia ci sono: • fotovoltaico; • eolico; • cogenerazione; • solare termodinamico; • idroelettrico. Tra gli impianti distribuiti: • piccolo fotovoltaico; • minieolico; • microgenerazione; • idroelettrico. “Per ridurre le emissioni di gas in atmosfera - ha sostenuto Moroni - oltre all’utilizzo delle fonti rinnovabili è necessario intervenire sul traffico costruendo piste ciclabili, utilizzare i mezzi pubblici e le auto collettive. Inoltre bisogna intervenire sull’illuminazione pubblica con applicazione di sistemi LED

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e riduttori di flusso luminoso. Si potrebbe operare anche sugli impianti a gas per la cottura dei cibi, sostituendoli con sistemi elettrici e forni a legna”. L’evento mattutino (la giornata è proseguita nel pomeriggio con tavoli tematici di lavoro) è stata chiusa dall’intervento di Giorgio Pesaresi, Presidente Portonovo Srl che si occupa della gestione ambientale dell’area (raccolta rifiuti; cura del verde; trasporti; gestione campeggio la Torre; gestione parcheggi; cura della chiesa Santa Maria di Portonovo) “Portonovo - ha dichiarato - costituisce un laboratorio ottimale per realizzare un uso delle risorse energetiche rinnovabili. La zona è bella, ma difficile da gestire perché dobbiamo conciliare un turismo di massa con un turismo di èlite. Il

Comune ha già realizzato un’opera molto importante: l’impianto di depurazione. La società Portonovo Srl, da parte sua, con la Raccolta Porta a Porta ha raggiunto livelli eccezionali di Raccolta Differenziata. Utilizza, quindi, bus a metano, ma rimane il grosso problema dell’approvvigionamento dell’energia elettrica. Perciò la società è molto favorevole all’utilizzo delle fonti rinnovabili. Per il campeggio “La Torre” si era pensato di realizzare pannelli solari ed impianto fotovoltaico, ma poi l’Ente Parco del Conero ha frenato gli entusiasmi, soprattutto sul solare, in quanto i pannelli sarebbero visibili dall’alto. L’autonomia energetica a Portonovo sarà difficile da realizzare, ma nel frattempo si possono migliorare i comportamenti dei residenti”.

Portonovo (AN). La splendida baia sotto il promontorio del Conero dove si è svolta la presentazione del Progetto EASY

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PICENAMBIENTE SPA

1998-2008: 10 ANNI DI PICENAMBIENTE a cura di Donatella Mancini

Picenambiente ha celebrato il 29 Marzo u.s. il decennale della sua costituzione con il Convegno “Un successo in continuo sviluppo, per il territorio” che è stato un momento di confronto e di dialogo con tutte le istituzioni pubbliche e le forze sociali del territorio sul modello della gestione dei servizi pubblici locali. Al convegno è poi seguita una cena conviviale presso l’Hotel “Parco dei Principi” di Grottamare. PicenAmbiente è una società mista pubblico-privata della provincia di Ascoli Piceno costituita, appunto, nel 1998 ai sensi della Legge n. 142 del 1990, da Comuni per affidarle la Gestione integrata dei servizi pubblici ambientali. L’azienda ha avuto una veloce crescita dimensionale e produttiva che l’ha vista, nel corso degli anni, assumere progressivamente le attività connesse alla gestione dei rifiuti, che oggi vengono svolte in ben 35 Comuni, con un bacino d’utenza di oltre 150.000 abitanti. La Compagine societaria, costituita in società per azioni, vede il 50,5% del capitale posseduto dai Comuni e per il 49,5% da 3 partners privati, aziende specializzate nei servizi pubblici ambientali: - EcoService Srl di Corridonia; - Edra Ambiente di Senigallia Soc Coop; - Idro Pompe Srl di Fermo. Attualmente opera in 14 sedi dislocate in tutta la provincia di Ascoli Piceno, di cui due di proprietà: la sede direzionale di San Benedetto del Tronto e il

complesso immobiliare di Pagliare del Tronto nel Comune di Spinetoli. È dotata di un parco automezzi specifici di oltre 155 unità ed ha un organico che conta circa 160 dipendenti, assunti a tempo indeterminato, che in Estate, per far fronte alle esigenze di potenziamento dei servizi, raggiungono 200 unità. Il fatturato aziendale è in continua crescita. Nei dieci anni di attività PicenAmbiente ha svolto una gestione operativa tesa a consolidare e sviluppare continuamente le proprie aree di business, attraverso continui processi di innovazione, organizzativa e tecnologica, e ottimizzazione dei servizi. Picenambiente svolge la propria attività in 4 settori operativi che ne fanno a tutti gli effetti l’unica MultiUtility del Piceno: - servizi ambientali integrati; - depurazione e fognatura; - energia; - gestione di un canile comprensoriale. PicenAmbiente, inoltre, è fortemente e continuamente impegnata - insieme alle Amministrazioni Comunali - nelle attività educative-formative, promuovendo nel territorio molte campagne informative e attività di sensibilizzazione ambientale rivolte, in particolare, alle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di 1° grado, ed attività di comunicazione rivolte alle famiglie e agli operatori commerciali, attraverso l’organizzazione di eventi, concorsi,

Da sinistra: il Presidente della Provincia di Ascoli Piceno Massimo Rossi, il Presidente di PicenAmbiente Federico Olivieri e il Direttore generale di Picenambiente Leonardo Collina

manifestazioni, incontri pubblici, giornate ecologiche. Nel corso degli anni, Picenambiente ha organizzato manifestazioni che hanno coinvolto tutti i plessi scolastici dei Comuni serviti e che hanno visto una partecipazioni entusiastica di migliaia di studenti: dalla “Balena Riciclona” al gioco EcoEnigm@; dal gioco “Papà Salviamo l’ambiente” ai concorsi “CicloRiciclo” e “15 minuti… da non buttare via”. Inoltre, partecipa attivamente ai “Progetti Eco School”, promossi dai plessi scolastici del comprensorio. PicenAmbiente è impegnata a raggiungere livelli sempre più alti di qualificazione professionale nello svolgimento delle attività di gestione dei servizi ambientali, attraverso un costante miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle proprie prestazioni e la continua ricerca della soddisfazione degli utenti, delle istituzioni, dei collaboratori interni ed esterni, dei soci, in definitiva di tutti gli stakeholders. Oltre ad avere tutte le Iscrizioni all’Albo Gestori dei Rifiuti e Autorizzazioni di legge per il corretto trattamento dei rifiuti nei propri impianti, Picenambiente dal 2006 è certificata ISO 9001 e dal 2008 ha ottenuto anche la Certificazione ambientale ISO 14001, oltre a possedere attestazioni di qualificazioni alla esecuzione di lavori pubblici SOA e a stipulare diverse convenzioni con i Consorzi nazionali di filiera del recupero.

A sinistra il Direttore generale Leonardo Collina mentre viene premiato, in rappresentanza dello staff Aziendale, dal Responsabile dell’Ufficio Marketing e Comunicazione Paolo Mercuriali

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SOMACIS pcb industries

LA SICUREZZA DELL’AMBIENTE DI LAVORO Obiettivo fondamentale per una moderna e avanzata industria di Paride Piancatelli

rivolto anche alla molteplicità delle aziende del territorio, che vuole e deve essere uno stimolo per far capire l’imprescindibile binomio lavoro dell’industria - rispetto dell’ambiente.

Paride Piancatelli, Responsabile Ambiente & Sicurezza SOMACIS pcb industries

SOMACIS pcb industries, azienda da sempre consapevole dell’ormai precario stato di salute del mondo che ci circonda e che rappresenta il futuro per le nuove generazioni, crede che solamente mettendo costantemente le problematiche ambientali all’ordine del giorno nello sviluppo della propria attività produttiva si possa effettivamente perseguire e raggiungere obiettivi di miglioramento, utili per noi e la comunità in cui viviamo. Oggettività, trasparenza e coscienza etico-ambientale devono essere punti fermi per una moderna industria. Il nostro è certamente un piccolo, ma significativo messaggio,

Da anni SOMACIS è impegnata in un percorso di ottimizzazione, attraverso monitoraggi costanti, dei consumi di risorse naturali, come gas metano, acqua ed energia elettrica, ricercando il miglioramento continuo nella gestione degli aspetti ambientali collegati ai suoi processi produttivi: - gli scarichi idrici; - la gestione dei rifiuti vincolata al loro recupero; - le emissioni in atmosfera, con controlli e manutenzioni sistematici; - il rumore emesso verso l’esterno; - la salvaguardia di suolo e sottosuolo. Tra i principali obiettivi ambientali che l’Azienda si pone per il 2008 c’è la riduzione delle emissioni di fibre di amianto incluse nella copertura in eternit di una parte, meno recente, dello stabilimento. La tutela della salute dei propri collaboratori, dovrebbe essere un valore fondante per ogni impresa. Per questo motivo si è deciso l’incapsulamento del materiale contenente amianto, quale soluzione preferibile a quella della rimozione, proprio per non determinare il conferimento di ulteriori rifiuti pericolosi nelle discariche del nostro territorio e per non provocare eventuali immissioni in atmosfera di fibre di amianto.

Nelle foto: interni dei laboratori di ricerca SOMACIS pcb industries

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Naturalmente questo obiettivo ha previsto tempi mediolunghi. Il primo passo è stato compiuto nel 2005, allorché si decise, di “mettere in sicurezza” una parte interna del tetto, quella più vicina ai vari operatori. Nel 2006 tale operazione è stata estesa ad un’altra parte, potenzialmente pericolosa. Poi, nel 2007 è stata completata la bonifica della totalità della parte interna. Entro l’anno in corso, infine, è prevista la bonifica dell’intera parte esterna. Gli obiettivi che erano stati indicati per il 2007 sono stati raggiunti: - è in fase di ultimazione il potenziamento dei sistemi periferici di raccolta contro eventuali sversamenti di prodotti chimici su siti potenzialmente pericolosi, per la salvaguardia dell’integrità dell’ambiente circostante al proprio stabilimento e al suo interno; - installazione di una sirena di allarme per l’evacuazione generale in caso di incidente; - è stato sviluppato un programma di comunicazione verso le parti esterne interessate quali scuole, enti, clienti atto a far conoscere le proprie prestazioni ambientali in modo trasparente e univoco;

- si sono sviluppati sistemi di gestione ambientale, coadiuvati anche da istituzioni come Assindustria, Confindustria, Camera di Commercio; - abbiamo partecipato a Fiere specializzate come ECOMONDO di Rimini. L’impegno per il futuro continuerà ad essere profuso nel miglioramento continuo della programmazione e della gestione. In questa direzione abbiamo compreso che anche i risultati non pienamente soddisfacenti sono la base da cui partire per conseguire crescita e sviluppo.

Headquarters: Via Jesina, 17 - 60022 Castelfidardo (AN) - Italia Tel.(+39) 071721531 - Fax(+39) 07172153239 / 07172153242

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CAMERA DI COMMERCIO DI ANCONA

Seminario

“INNOVAZIONE AMBIENTALE ED EFFICIENZA ENERGETICA” di Donatella Mancini

La Camera di Commercio di Ancona ha organizzato un seminario su “Innovazione ambientale ed efficienza energetica”, svoltosi l’11 Aprile u.s. presso la sala del Parlamentino. L’incontro è stato aperto da Sonia Carbone, responsabile del progetto DINTEC (partnership fra Unioncamere nazionale ed ENEA - Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) che ha presentato le misure atte ad incentivare l’efficienza energetica. Il Consiglio europeo del 9 Marzo 2007 ha fissato gli obiettivi in tema di energia ed ambiente da perseguire entro il 2020: coprire almeno il 20% del fabbisogno energetico con energia da fonti rinnovabili; ridurre di almeno il 20% le emissioni in atmosfera di gas serra, soprattutto CO2, rispetto a quelle del 1990; abbassare di almeno il 20% i consumi energetici. Per raggiungere questi obiettivi sarà necessario definire ed attuare politiche, programmi ed incentivi sia al sistema delle imprese che al sistema della ricerca così da agevolare: un cambiamento nel modo di produrre e consumare energia; l’introduzione di tecnologie innovative; la nascita e lo sviluppo di nuove imprese che facilitino l’innovazione energetica. “In Italia è stato varato - ha detto Carbone - un pacchetto di misure che ben si inseriscono nel quadro comunitario. Gli incentivi rivolti alle imprese sono raggruppabili in 2 categorie: misure per le imprese che consumano energia e misure per le imprese che offrono soluzioni innovative per l’energia. Le agevolazioni fiscali per l’efficienza energetica sono state introdotti nella Finanziaria 2007 e confermati dalla Finanziaria 2008 (vedi box). Un bando (ndr. pubblicato su “Regioni&Ambiente” n. 3 Marzo 2008) al quale si potrà accedere dal 30 Aprile al 30 Giugno 2008, prevede, inoltre, agevolazioni per programmi di ricerca finalizzati

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a realizzare sistemi di produzione di efficienza energetica in aree tecnologiche ad alto potenziale innovativo ed applicativo. La partecipazione al bando deve essere congiunta: un’impresa e un organismo di ricerca. Il costo deve essere di almeno 10 milioni di Euro e la durata non inferiore ai 36 mesi”. Giovanni Manzotti, Camera di Commercio di Ancona, ha ricordato che la Camera di Commercio concede dei contributi alle piccole e medie imprese che adottano Sistemi di Gestione Ambientale (ISO 14001, EMAS) e/o di Responsabilità Sociale di Impresa (SA 8000). È possibile scaricare la documentazione all’indirizzo: www.an.camcom. it home page. Di seguito ha preso la parola Luciano Calvarese, Dirigente Energia Fonti Rinnovabili e Risparmio energetico Regione Marche che ha trattato il tema del PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale) e delle opportunità offerte alle piccole e medie imprese marchigiane. “Le Marche - ha affermato - vivono una situazione di difficoltà rispetto all’approvvigionamento di energia. Il deficit maggiore è rappresentato dal settore elettrico, dove la carenza di energia è pari al 50% del fabbisogno. A livello nazionale l’obiettivo è di raggiungere il 25% di energia da fonti rinnovabili entro il 2012. A livello locale si potrebbero utilizzare varie fonti energetiche, favorite dal PEAR: idroelettrica, già largamente sfruttata; eolica, ancora inesistente; solare, sia per l’energia termica che elettrica; biomasse, produzione “no food”; geotermica, con buoni margini di sviluppo soprattutto per quella a bassa entalpia (ndr: funzione di stato di un sistema che esprime la quantità di energia che esso può scambiare con l’ambiente). La tecnologia dei pannelli solari ancora stenta a decollare in Italia, dove praticamente non esistono aziende che li

producono: soltanto una nelle Marche. Per quanto riguarda, invece, l’utilizzo delle biomasse, recentemente si è assistito ad una inversione di tendenza, in quanto la produzione di piante per scopi energetici aggraverebbe il problema della fame nel mondo. Il PEAR non prevede lo sfruttamento dei rifiuti a scopi energetici perché si deve attenere al Piano dei Rifiuti che punta al raggiungimento della RD al 35%, come conditio sine qua non per l’utilizzo dei termovalorizzatori: per ora esiste solo un piccolo impianto del COSMARI a Civitanova Marche. L’apporto energetico derivante dallo sfruttamento dei rifiuti non sarebbe tuttavia notevole, anche se non trascurabile”. Ha poi preso la parola l’Ing. Gabriele Comodi, Professore Ordinario Università Politecnica delle Marche che ha illustrato la pianificazione energetica all’interno di un’azienda. “Il costo dell’energia - ha detto - è aumentato notevolmente (in 4 anni +24% il costo dell’elettricità al netto delle imposte; + 15% metano al lordo delle imposte), quindi l’efficienza energetica è importante innanzitutto per ridurre il costo delle bollette, oltre che per migliorare l’immagine aziendale. L’audit energetico è uno strumento di valutazione dei consumi, è la fotografia di quanto e come consuma l’azienda dalla quale partire per intervenire nella successiva fase della riduzione dei consumi. È necessario mettere in atto le seguenti operazioni: reperire bollette aziendali relative ad un periodo significativo (ad esempio i consumi dell’Inverno 2006/2007, che è stato molto mite, non fanno testo); verificare se c’è sul mercato un fornitore che garantisce lo stesso servizio ad un costo inferiore; reperire i dati per ricostruire i consumi nell’arco della giornata (1 per ogni mese) e della settimana; censire le utenze elettriche e tecniche; consultare i tecnici dell’azienda; rielaborare i dati e formulare ipotesi


di intervento da quelle più classiche a quelle più futuribili. La scelta delle aziende si basa su criteri economici, ma spesso l’investimento economico le spaventa. Ecco allora che entra in gioco il finanziamento ESCO che investe il capitale per poi dividere con l’azienda stessa gli utili derivanti dal risparmio energetico conseguente”. Di seguito Andrea Forni, Ricercatore ENEA, ha parlato dell’importanza dell’energia fornita dagli impianti fotovoltaici. “I russi - ha commentato - nonostante possiedano giacimenti di gas, in cucina usano l’energia elettrica perché il gas presenta problemi di sicurezza. Entro 10 anni anche in Italia il gas di forni e fornelli sarà sostituito dalle piastre elettriche”. L’ultimo intervento della mattina (il seminario è proseguito nel pomeriggio con un tavolo di lavoro tecnico) è stato quello di Ivano Olivetti, Ricercatore ENEA. “Per risparmiare energia - ha detto oltre che migliorare i sistemi di gestione bisogna rendere i motori più efficienti. L’industria consuma il 50% delle energia elettrica di cui il 70% per l’uso dei motori elettrici. I motori ad alta efficienza possono raggiungere un risparmio di energia del 29%. Sostituendo progressivamente i motori nel giro di 10 anni si riuscirebbe ad ammortizzare i costi, senza tener in conto poi degli incentivi previsti dalla Finanziaria 2008”.

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ENTE MARCHE NEWS



Freeservice Edizioni

n°4 Aprile 2008 Anno IX

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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APRILE

2008

Anno IX

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