Free Service Edizioni
n°4 Aprile 2009 Anno X
Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona
n° APRILE
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2009
Anno X
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16-02-2009
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terrafutura buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile
firenze - fortezza da basso
29-31 maggio 2009 abitare
VI edizione ingresso libero
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Terra Futura 2009 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus per conto del sistema Banca Etica (Banca Etica, Etica SGR, Rivista “Valori”), Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente. In collaborazione e con il patrocinio di Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA, AIEL-Associazione Italiana Energia dal Legno, Alleanza per il Clima, ANCIAssociazione Nazionale Comuni Italiani, APER-Associazione Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili, Associazione internazionale “Cultura & Progetto Sostenibili”, AUSER, AzzeroCO2, Centro SIeCI-Mani Tese, CGIL Nazionale-Dipartimento Welfare e Nuovi Diritti, CIA-Confederazione italiana agricoltori, CNCA-Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Coordinamento Agende 21 locali italiane, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, Fairtrade Italia, FIBA-CISL, Forum Ambientalista, GIFI-Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane, ICEA-Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, Istituto Italiano della Donazione, Lega delle Autonomie Locali, Kyoto Club, Metadistretto Veneto della Bioedilizia, Parlamento Europeo - Ufficio d’Informazione per l’Italia, Rete di Lilliput, Rete Nuovo Municipio, Touring Club Italiano, UNCEM-Unione Nazionale Comuni Comunità Enti montani, UNDP-United Nations Development Programme, UNEP-United Nations Environment Programme, UPI-Unione delle Province d’Italia, Valore Sociale, Wuppertal Institut, WWF.
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In copertina: Mercato galleggiante di Damnoen Saduak, 100 Km a Sud-Ovest di Bangkok (Thailandia)
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CAMBIAMENTI CLIMATICI
Gli scienziati IARU rivedono, peggiorandole, le previsioni IPCC Rischi, sfide e decisioni dei cambiamenti climatici Non c’è alibi all’inazione
12 Scenari di un’economia a bassa emissione di carbonio Se non ora quando? Ai decisori politici l’arduo compito di intervenire
16 Cambiamenti climatici, ambiente, energia: la ricetta del WWF I rischi della crisi climatica globale e le opportunità per il nostro Paese di Silvia Barchiesi
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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Informazione e comunicazione su tematiche ambientali Tra la scarsa attenzione dei media e la sindrome NIMBY della popolazione
24 Presentato il Rapporto dell’AEA sulle spedizioni transfrontaliere dei rifiuti Rifiuti senza confini in Europa? FISE-Assoambiente ha rilevato che in Italia dal 2002 al 2005 l’esportazione dei rifiuti speciali pericolosi si è più che triplicata
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Tanti i Rapporti diffusi nel mese di marzo Rifiuti: diamo i numeri! Si evidenzia sempre più la necessità di un sistema omogeneo di calcolo
DI GENNARO spa Impresa di eccellenza nell’innovazione e nella tradizione del territorio Recupero totale dei materiali riciclabili: il MUST della Di Gennaro di Silvia Barchiesi
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Studio condotto dall’Università di Roma “Tor Vergata” Misurare le performance Un sistema condiviso per il servizio di gestione dei RSU
IL COMMENTO
Il “Milleproroghe” sdoppiato Uno dei Decreti, cammin facendo, è diventato una sorta di piccolo Codice Ambientale
di Gustavo Eduardo Mizes
MATERIALE IN INSERTO
36 VIA e VAS dopo il D. Lgs. n.4/2008 La conoscenza di questi istituti normativi determinante per gli interventi programmati sul territorio
“Milleproroghe” 2008 D. L. 208/2008 convertito nella L. 13/2009 D. L. 207/2008 convertito nella L. 14/2009 (G. U. n. 49 del 28 febbraio 2009 e Suppl. Ordinario n. 28)
di Leonardo Filippucci
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SERVIZI AMBIENTALI
Direttiva 2008/99/CE: Tutela penale dell’ambiente L’Europa introduce il diritto penale Fondazione Santa Chiara, PolieCo e Diritto all’Ambiente hanno promosso una Tavola Rotonda di Alberto Piastrellini
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QUALITÀ E AMBIENTE
“Segnali Ambientali 2009” “Non a casa mia” Le spedizioni internazionali di rifiuti e l’ambiente
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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Genova, 5-7 Marzo 2009 Energethica® 2009 ha chiuso i battenti con un successo su tutti i fronti
COSMARI I successi nella raccolta differenziata di pari passo all’ampliamento dei servizi di Luca Romagnoli
a cura di Stefano Agostinelli
FORMAZIONE 2009 FORMULA Relazione + casi concreti più frequenti + question time
RELATORI Dott. Maurizio Santoloci - Magistrato di Cassazione
La nozione base di “rifiuto” e “non rifiuto”. Il sottoprodotto e materie prime secondarie disciplinate dal D.Lgs. n. 152/2006; confronto con le nuove definizioni di sottoprodotto e MPS poste dalla direttiva 2008/98/CE. La gestione dei rifiuti nella costruzione giuridica del D.L.gs n. 152/06; confronto con la nuova costruzione giuridica posta dalla direttiva 2008/98/CE Dott. Roberto Rossi - Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bari Fondazione Santa Chiara per lo studio del diritto e dell’economia dell’ambiente in Roma e Brussels
Aspetti penali della nuova direttiva europea in materia di rifiuti Prof. Franco S. Toni di Cigoli - Università degli Studi di Padova British Institute of International and Comparative Law (BIICL) in London Fondazione Santa Chiara per lo studio del diritto e dell’economia dell’ambiente in Roma e Brussels
Adattamento del diritto nazionale al diritto comunitario in materia di rifiuti, con riguardo alla gestione di questi e con riferimenti al sistema consortile
ORARIO ore 9:00 - 17:30
CALENDARIO Informazioni: Dott.ssa Claudia Salvestrini Consorzio PolieCo P.zza Santa Chiara, 49 - 00186 Roma Tel. 06 6896368 - info@polieco.it
Cagliari, 23 Aprile 2009 Treviso, 14 Maggio 2009 Bologna, 18 giugno 2009 Varese, 9 Luglio 2009 Lucca, 17 Settembre 2009 Napoli, 15 Ottobre 2009 Alessandria, 19 Novembre 2009 Pesaro, 17 Dicembre 2009
Per motivi organizzativi Programma e Calendario potrebbero subire variazioni
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Foreste: gestione sostenibile e valorizzazione del patrimonio “Garantire a se stessi e alle generazioni future una risorsa costante”
La Commissione UE sottolinea le relazioni tra suoli e clima Gestione adeguata dei suoli per ridurre le emissioni Le colture per biocarburanti potrebbero ridurre il carbonio dei suoli
di Micaela Conterio
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INNOVAZIONE E RICERCA
Come calcolare la sostenibilità del proprio cellulare Gli impatti ambientali del telefonino Il ruolo del consumatore per ridurre gli effetti
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di Lino Zanichelli
EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ
Rapporto di Revisione 2008 sulle dinamiche demografiche Crescita della popolazione e consumo delle risorse
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AGENDA 21
Il Contratto di Fiume del torrente Sangone: un’esperienza di governance ambientale a cura di Cinzia Zugolaro
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UNO SPAZIO DEDICATO A...
Regione Emilia-Romagna “È tempo di ambiente per concorrere alla ripresa” Il Piano di Azione di Ambientale 2008-2010
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L’Orto degli Obama Le azioni mediatiche di Michelle sono in sintonia con le scelte politiche del marito
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Libri e documenti di carta sintetica prodotta dalle bottiglie di plastica riciclata Il Brasile leader nella Ricerca per materiali sostenibili
EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE
AMBIENTE E ARTE
“Il piccolo giardino da mettere al dito” Gioielli che crescono al Reykjavick Art Museum di Anna Rita Rossi
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€CO-FINANZIAMENTI
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I QUESITI DEL LETTORE
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AGENDA - Eventi e Fiere
A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
La sicurezza alimentare al G8 agricolo Come alimentare 9 miliardi di individui Necessaria un’agricoltura solida, sostenibile ed equa
MARCHE - GREEN GOVERNANCE
CAMBIAMENTI CLIMATICI
A Copenhagen gli scienziati IARU rivedono, peggiorandole, le previsioni IPCC
RISCHI, SFIDE E DECISIONI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI Non c’è alibi all’inazione
l’aumento del livello dei mari, su cui c’è ormai, a suo dire, un vasto consenso su un innalzamento di un metro alla fine del secolo rispetto ai 40 cm previsti dall’IPCC. Il Congresso che è stato ospitato dall’Università di Copenhagen (10-12 marzo 2009) ha visto la partecipazione di circa 2.500 delegati (compresi ovviamente climatologi, naturalisti, economisti, sociologi) provenienti da 80 Paesi. Scopo dell’iniziativa era di discutere e raccogliere i più recenti studi e ricerche in merito alle influenze che i cambiamenti climatici esercitano sull’ambiente naturale, sull’economia mondiale e sulla salute umana, aggiornando la Relazione Finale 2007 dell’IPCC, perché “quel che stiamo verificando adesso è che alcuni aspetti sono peggiori del previsto - ha affermato Stefan Rahmstorf, Responsabile del Sistema di Analisi della Terra al Potsdam Institute per la ricerca sugli impatti climatici - Sono frustrato, come lo sono molti dei miei colleghi che, 30 anni dopo che l’Accademia Nazionale della Scienza degli Stati Uniti aveva annunciato un forte allarme sulla incidenza delle emissioni CO2 per il riscaldamento globale, l’estrema urgenza di questo problema non trova rispondenza nei politici e nel pubblico in generale”. Rivolgendosi ai delegati congressuali, l’economista inglese Nicholas Stern, noto per il Rapporto del 2006 che porta il suo nome dove i cambiamenti climatici sono descritti dal punto di vista delle esternalità economiche, ha dichiarato che i responsabili debbono prendere in seria considerazione le conseguenze per un aumento di temperatura di 6 °C.
“Perché la verità è che la promozione della scienza non fornisce solo risorse ma è anche protezione di una libera ed aperta informazione. Si tratta di garantire che fatti e parole non devono mai essere intrecciati od oscurati da politici o dalla ideologia” (Barack Obama). Atteso che i politici sembrano essere piuttosto timidi nell’affrontare le problematiche legate ai cambiamenti climatici, gli scienziati della IARU (International Alliance for Research Universities) hanno celebrato un Congresso dal titolo “Cambiamenti Climatici: Rischi, Sfide e Decisioni Globali” (Climate Change: Global Risks, Challenger & Decisions). La sede prescelta di Copenhagen non poteva risultare più pertinente, dal momento che la capitale danese ospiterà nel dicembre 2009 uno degli eventi più importanti del XXI secolo, che dovrà raggiungere un accordo sulle emissioni di gas ad effetto serra per quando scadrà (2012) il Protocollo di Kyoto. A dare un perentorio scossone al torpore dei politici aveva pensato Katherine Richardson, Biologa marina dell’Università di Copenhagen e uno dei promotori dell’evento dichiarando che quella che veniva organizzata “non era una normale conferenza scientifica, ma un deliberato tentativo di influenzare la politica” (The Guardian, “Scientist plan emergency summit on climatic change”, 9 Febbraio 2009), rincarando poi la dose quando ha affermato che il Rapporto IPCC è “wishy-washy” (annacquato) su alcuni temi come
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Proprio l’argomento dell’influenza del global warming sul livello dei mari con le rispettive ripercussioni sociali ed economiche è stato al centro dei lavori della prima giornata. Presentando la sua Ricerca, il Dott. John Church del Centro australiano per la ricerca sul clima e sulle previsioni del tempo di Hobart ha affermato che “le osservazioni più recenti via satellite e a terra mostrano che il livello del mare continua a salire di 3 millimetri l’anno dal 1993, ad un ritmo ben superiore a quello medio del XX secolo. Gli oceani continuano ad espandersi e lo scioglimento dei ghiacciai delle catene montuose e delle distese di ghiaccio di Groenlandia e Antartide contribuiscono all’innalzamento del livello del mare”. Secondo Church, se non ci sono impegni urgenti e significative azioni di mitigazioni: nel corso del XXI secolo il clima potrebbe attraversare un limite per il quale il mondo si ritroverebbe con un innalzamento dei mari di metri. Le discordanti valutazioni con il Rapporto IPCC deriverebbero dall’incertezza sulle reazioni dei ghiacciai di Groenlandia e Antartide al riscaldamento del clima. “I numeri dell’ultimo Rapporto IPCC sono di livello inferiore perché si è accettato che al momento vi è incertezza sul comportamento delle distese di ghiaccio - ha osservato Eric Rignot, Professore di Scienze della Terra presso la Irvine University of California e Ricercatore capo del Jet Propulsion Laboratory presso la NASA - i modelli raccolti negli ultimi 2-3 anni dimostrano che tali aspetti sono determinanti e non possono essere trascurati. L’accelerazione nello scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide contribuisce all’aumento del livello del mare superiore a quanto previsto”.
saranno cruciali per la crescita futura”. A Jeanette Whitaker del Centro di Ecologia e Idrologia di Lancaster (GB) è spettato il compito di presentare la Ricerca su Biomasse e Biocarburanti, dalla quale si può rilevare che i biocarburanti di seconda generazione, come l’etanolo prodotto da colture legnose e scarti agricoli, abbiano un fabbisogno energetico ed emissioni di gas serra sostanzialmente inferiori rispetto a quelli di prima generazione, come l’etanolo prodotto da colture alimentari, quali cereali e barbabietola da zucchero. “Questi risultati sono importanti e rilevanti - ha osservato la Whitaker - dato che l’attuale dibattito sui biocarburanti è incentrato sul tema della concorrenza tra le colture che sono utilizzate per i prodotti alimentari e quelle per il carburante”. La giornata conclusiva è stata dedicata alle opportunità di crescita e sviluppo connesse alla lotta al cambiamento climatico. Contrariamente a quanto diffusamente ritenuto che la riduzione delle emissioni di gas serra comporti elevati costi, un Gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, Dipartimento di Economia della Terra, ha presentato un nuovo modello economico che evidenzia la creazione di vantaggi macroeconomici, qualora i Governi procedessero nella giusta direzione, anche con tagli molto drastici. “Ci sono prove che obiettivi severi di riduzione e di regolamentazione di gas serra possono effettivamente aumentare le prestazioni e l’innovazione tramite una migliore distribuzione di tecnologie a bassa emissione di carbonio e un aumento delle entrate da imposte e permessi - ha spiegato Terry Barker, Direttore del Centro di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici e membro del Comitato di Controllo scientifico del Congresso - L’attuale crisi finanziaria mondiale deve essere vista come un tempestivo stimolo per affrontare i cambiamenti climatici, non un ostacolo. Se tutti gli Stati del G20 adottassero il Green New Deal proposto dal Presidente Obama, l’economia mondiale ne risulterebbe naturalmente rafforzata, in particolare nei settori di produzione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio”. Secondo Barker è necessario un coordinamento di livello mondiale, perchè, se si agisse contemporaneamente, aumenterebbero le esportazioni e si potrebbero creare occasioni di lavoro molto più rapidamente, generando, al contempo, fondi per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adeguarsi ai cambiamenti climatici che sono ormai inevitabili. “Questo Nuovo Piano Marshall per il clima sarebbe vantaggioso per tutte le parti - ha concluso Baker - visto che tutti sono stati concordi nell’affermare che i costi economici dell’inazione sarebbero di proporzioni enormi”. Nello Studio presentato da Tord Kjellström del Centro di Epidemiologia e Salute della Popolazione - Università Nazionale dell’Australia, si è messo in risalto come la produttività dei lavoratori all’aperto sia scesa nei paesi tropicali e la loro esposizione alle malattie è in crescita a seguito dell’aumento delle temperature globali. Uno studio, poi, condotto dall’Università di Friburgo - Istituto di Ricerca Forestale del Baden-Württemberg sulle foreste del Nord Europa, ha indicato che l’aumento di temperatura comprometterebbe la presenza di conifere a vantaggio delle latifoglie di minor valore economico, con una perdita di valore pari a 20 miliardi di euro. Mentre un altro Studio, presentato dall’Istituto Universitario di Studi Avanzati presso le Nazioni Unite, ha dimostrato che
La successiva giornata dell’11 marzo è stata dedicata al ruolo delle energie rinnovabili e al loro contributo per la riduzione della dipendenza energetica da fonti fossili. Base delle discussioni è stata la Ricerca presentata dal finlandese Peter Lund dell’Università dei Sistemi Energetici di Tecnologia Avanzata di Espoo, dal titolo “Energie Rinnovabili: quanto lontano possono portarci?”. Le precedenti proiezioni indicavano che le rinnovabili sarebbero state in grado di offrire solo il 12% dell’energia necessaria al 2030, mentre “i nostri risultati dimostrano che, con il sostegno dei politici e degli investimenti finanziari a livello mondiale, il potenziale delle energie rinnovabili limitato ad una frazione trascurabile è sbagliato - ha affermato Lund - Se la priorità è di riconoscere il valore delle tecnologie per le rinnovabili, allora il loro potenziale per fornirci l’energia di cui abbiamo bisogno è enorme”. Secondo la Ricerca con un’adeguata valorizzazione delle tecnologie, le rinnovabili sarebbero in grado di fornirci il 40% dell’energia necessaria al 2050; qualora fossero sottovalutate, rimarrebbero sotto il 15%. Sono state quindi prese in esame le potenzialità e i limiti dell’eolico, delle biomasse e dei biocarburanti. Secondo il danese Erik Lundtag Peterson, del Dipartimento di Energia del Vento del Risoe DTU di Roskilde, per sviluppare le sue potenzialità il settore eolico dovrebbe concentrarsi sul modo più efficiente di fornitura, installazione e collegamento di grandi quantità di energia eolica alla rete, con una forte attenzione per l’affidabilità, la disponibilità e l’accessibilità delle turbine. “Abbiamo individuato aree scientifiche di priorità per l’eolico con l’obiettivo globale di riduzione dei costi - ha riferito Peterson - Aree di ricerca specifiche, tra cui la tecnologia delle turbine, l’energia eolica off shore e la distribuzione,
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il Giappone dovrà spendere un miliardo di euro per difendere i suoi porti dalla maggior frequenza di venti e tempeste sempre più forti a seguito degli eventi estremi indotti dai cambiamenti climatici. Nel caso in cui non dovessero essere presi in considerazione gli interventi necessari, il Paese del Sol Levante avrebbe nel 2085 una perdita tra l’1,5% e il 3,4% del PIL, per l’aumento del numero di giorni in cui i porti dovranno rimanere chiusi per il maltempo. Tutte le informazioni raccolte a Copenhagen saranno inserite in un Documento base di 30 pagine che verrà pubblicato in giugno e consegnato a tutti i partecipanti della Conferenza dell’UNFCCC, che si svolgerà a dicembre sempre nella capitale danese. Se non avrà il rigore e l’autorità della Relazione IPCC 2007 “è improbabile che rappresenti un punto di vista - ha sentenziato Jason Lowe, Capo del Consiglio di mitigazione al Met Office del Regno Unito - Il valore effettivo di questo documento consiste nella sua attualità”.
Comunque, la Conferenza ha stilato 6 messaggi chiave (Key Message) preliminari, che raccomandiamo caldamente a politici ed economisti che pensano che i cambiamenti climatici siano un’invenzione degli scienziati per farsi finanziare le ricerche (vedi box della pagina accanto). Se poi c’è stato qualcuno, come il Prof. Mike Hulme che ha avuto da ridire sulle modalità di redazione di questi “messaggi preliminari”, predisposti dal Gruppo di scrittura scientifica del Congresso (cfr: Mike Hulme “What Was the Climate Change Conference Really About?”, in SeedMagazine.com, 13 marzo 2009), intervento subito ripreso dai negazionisti del riscaldamento globale e delle responsabilità dell’uomo in tale fenomeno, vogliamo rammentare all’insigne cattedratico che, per altro, non nega il cambiamento climatico, come inevitabilmente nelle grandi assise c’è sempre un ristretto gruppo che si incarica di redigere i documenti finali sulla base delle relazioni e discussioni intervenute.
Groenlandia. Zona di scioglimento del ghiaccio lungo la costa occidentale. L’immagine dell’area si scurisce dal color bianco al blu grigio nella versione positiva, mentre diventa dall’azzurro al blu scuro nell’immagine in negativo (immagine MODIS Rapid Response Team, NASA/GSFC)
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Dopo la Conferenza, Katherine Richardson che aveva gettato il sasso smuovendo provocatoriamente le acque stagnanti della politica con l’intervista che abbiamo menzionato in apertura, è intervenuta sullo stesso giornale con un suo scritto dal titolo “Calcio d’inizio per Copehangen. Lo scenario previsto dagli scienziati al nostro Summit sul Clima è tetro, ma la ricerca sta definendo la strada per agire”. La Richardson riconosce che il Rapporto IPCC sui Cambiamenti Climatici è probabilmente il più importante documento sulla materia, ma osserva che la Relazione è uscita nel 2007 sulla base di conclusioni scientifiche prodotte prima del 2005. Da allora altre nuove conoscenze sono emerse delle quali tener conto e delle quali la Conferenza ha analizzato alcuni rilevanti aspetti: in alcuni casi le pessimistiche previsioni del Rapporto sono state confermate; in altri, sono risultate ancora più tetre. “Una cosa che l’IPCC non avrebbe potuto conoscere è che
si dovessero prendere decisioni cruciali sui cambiamenti climatici nel bel mezzo di una crisi economica - ha dichirato la Richardson - La buona notizia è che non sussiste alcun alibi per non agire ora. Abbiamo gli strumenti economici, abbiamo le conoscenze di base e le tecnologie, abbiamo questa grande possibilità di realizzare lo sviluppo economico e sociale del futuro, sarebbe terribile se non dovessimo renderci conto che dobbiamo cambiare le nostre fonti energetiche”. “È mia convinzione che una volta compreso un problema, si sa come risolverlo al meglio - ha concluso - La cosa peggiore che potrebbe accadere consiste nel fatto che fra un paio d’anni, alcune delle persone che sono state a Copenhagen in questa settimana dicessero che si sarebbe dovuto fare qualcosa, poiché non si sapeva cosa stesse accadendo. Questa scusa non potrà essere accampata”. (The Guardian, 13 marzo 2009).
Messaggio chiave n. 1: Tendenze climatiche Le recenti osservazioni confermano che, a causa degli elevati tassi di emissioni di gas serra, si sta realizzando il peggiore scenario tracciato dall’IPCC (o anche peggio). Per molti parametri chiave, il sistema climatico si sta già muovendo al di là dei modelli di variabilità naturale entro i quali le nostre società ed economia si sono sviluppate ed hanno prosperato. Questi parametri includono la temperatura media globale di superficie, il livello del mare, la dinamica dei mari e ghiacci, l’acidificazione degli oceani e gli eventi climatici estremi. Vi è un significativo rischio che molte delle tendenze accelerino, portando a un pericolo crescente di improvvisi o irreversibili cambiamenti climatici. Messaggio chiave n. 2: Perturbazione sociale La comunità scientifica sta procurando quante più informazioni possibili a supporto del dibattito sulla “pericolosità dei cambiamenti climatici”. Recenti osservazioni indicano che le società sono altamente vulnerabili anche a modesti livelli di cambiamento climatico, con i Paesi e le comunità povere particolarmente a rischio. Le società contemporanee potrebbero molto difficilmente far fronte ad aumenti di temperature sopra i 2 °C e ad aumenti delle perturbazioni del clima globale nel corso del secolo. Messaggio chiave n. 3: Strategia a lungo termine Per evitare un “pericoloso cambiamento climatico”, indipendentemente da come è stato definito, è necessaria una rapida, sostenuta ed efficace opera di mitigazione coordinata a livello mondiale e regionale. Gli obiettivi previsti per il 2020 sono deboli ed espongono al rischio di non riuscire a determinare rivolgimenti, rendendo difficilmente raggiungibili gli obiettivi di riduzione dei gas serra previsti per il 2050. Il ritardo nel loro avvio effettivo fa aumentare significativamente costi sociali ed economici delle azioni di mitigazione a lungo termine, sia di adattamento che di mitigazione. Messaggio chiave n. 4: Misure di Equità Il cambiamento climatico sta avendo, e avrà, effetti fortemente differenziati sulle persone all’interno e fra i vari Paesi, Regioni e Continenti. Un fenomeno che interessa sia questa generazione che quelle future e le società umane e il mondo naturale. È richiesto una efficace e ben finanziato adeguamento della rete di adattamento per quelle persone che sono meno in grado di far fronte agli impatti dei cambiamenti climatici, ed è necessaria una strategia di mitigazione comune, ma differenziata, per proteggere i poveri e più vulnerabili. Messaggio chiave n. 5: L’inazione è imperdonabile Non esiste alcuna scusa per l’inazione. Ci sono già molti strumenti ed approcci economici, tecnologici, comportamentali e gestionali che possono permetterci di affrontare in modo efficace la sfida del cambiamento climatico. Ma devono essere vigorosamente ed ampiamente applicati per arrivare alle trasformazioni delle società richieste per decarbonizzare l’economia. Una vasta gamma di benefici deriverebbero da uno sforzo concertato per modificare adesso la nostra economia, includendo la crescita dei posti di lavoro per energia sostenibile, riduzione dei costi economici per il cambiamento climatico nel settore della sanità, il ripristino degli ecosistemi e la rivitalizzazione dei servizi ecosistemici. Messaggio chiave n. 6: Vincere la sfida Per realizzare le trasformazioni sociali necessarie per vincere la sfida del cambiamento climatico, dobbiamo superare una serie di importanti vincoli e cogliere essenziali opportunità. Per questo occorre ridurre l’inerzia dei sistemi economici e sociali; costruire un crescente impegno dell’opinione pubblica nei confronti dei governi affinché agiscano contro il cambiamento climatico; eliminare sovvenzioni implicite ed esplicite; ridurre l’influenza di interessi particolari che aumentano la resistenza nel ridurre le emissioni; agevolare la sostituzione di governi inefficaci e di deboli istituzioni con una leadership innovativa di governo, sia nel settore privato che nella società civile; coinvolgere la società nel processo di transizione verso le norme e pratiche che promuovano la sostenibilità.
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Scenari di unʼeconomia a bassa emissione di carbonio
SE NON ORA QUANDO? Ai decisori politici l’arduo compito di intervenire Primo Levi nel suo secondo vero romanzo (“Se non ora, quando?”, 1982), dal momento che i precedenti (“Se questo è un uomo”, 1947, “La Tregua”, 1962, ad esclusione del racconto lungo “La chiave a stella”, 1978) sono frutto di esperienze drammaticamente vissute dall’autore, racconta le vicissitudini di Mendel, un soldato ebreo-russo che dopo essersi disperso durate la travolgente avanzata delle truppe tedesche, si unisce ad un gruppo di partigiani che, secondo le istruzioni impartite, avrebbero dovuto infiltrarsi in territorio nemico per compiere atti di sabotaggio. Mal visto dai compagni per le sue origini, si associerà ad un gruppo di partigiani ebrei che attraversarono l’Europa, per raggiungere provvisoriamente l’Italia, prima di approdare nella terra degli avi. Lungo il tragitto intonano per farsi coraggio un ritornello, come chiarito dallo stesso Levi, riprendendo, adattandoli, alcuni versi epigrammatici del Pirké Avòt (Lezioni dei Padri), raccolta di massime, che fa parte del Talmud: “Se non io per me, chi sarà per me? E quand’anche io pensi a me, che cosa sono io? E se non ora, quando?” Che piaccia o no, i decisori politici debbono prendere atto che quelli in corso sono segnali inequivocabili di una crisi epocale che impone una svolta epocale. Finora, pur riconoscendo, che la situazione si presenta particolarmente seria, c’è stato il tentativo di avvalorare la tesi che, trascorsa l’attuale fase acuta della crisi, tutto ritornerà come prima, meglio di prima. Se i politici hanno il dovere di prendere decisioni in grado di limitare i danni “attuali”, anche per le ricorrenti prove elettorali a cui debbono rispondere, vi è un’altra responsabilità, quella etica che non segue i tempi della politica e che impone di non intraprendere oggi azioni che possono ragionevolmente compromettere le
opportunità delle future generazioni. “Vogliamo essere ricordati come l’epoca che ha iniziato a distruggere Amburgo, Venezia, New York, Rio de Janeiro?” ha chiesto provocatoriamente Carlo Jaeger del Potsdam Institute for Climate Impact Research, nel corso della VI Conferenza Internazionale sull’etica e le politiche ambientali di Padova (23-25 ottobre 2008). Crisi finanziaria e crisi climatica non sono indipendenti, anche se la prima, iniziata nel maggio del 2007, sta facendo sentire ora i suoi effetti, mentre la seconda si rivelerà nella sua drammaticità in tempi lunghissimi, che determinerà, se non bloccata, conseguenze sul benessere umano e disoccupazione di massa. La loro origine è, infatti, comune, un’avidità che non viene frenata dalle preoccupazioni per le popolazioni più povere del Sud del mondo e nemmeno per le generazioni future. Eppure, proprio la crisi finanziaria ed economica in corso, può aiutare ad affrontare la crisi climatica, non solo perchè la contrazione delle attività economiche provocherà una riduzione delle emissioni climalteranti, ma soprattutto perchè può fornire lo stimolo per investire in tecnologie e fonti alternative, creando nuovi posti di lavoro. Se non si vuol seguire l’esempio del pacchetto “Stimulus” che il Presidente Obama ha fatto approvare per gli USA, si prenda almeno atto che l’attuale crisi finanziaria può essere risolta solo con forti investimenti pubblici che avviino un rapido passaggio verso un’economia a bassa emissione di carbonio, comunque necessaria nei prossimi decenni, se vogliamo evitare i pericoli indotti dai cambiamenti climatici. Sarebbe oltremodo pericoloso pensare che in una fase di recessione economica le misure volte a ridurre l’impronta ecologica debbano essere accantonate, in attesa di momenti migliori. Gli investimenti nel Clean Tech, alme-
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no a medio termine, daranno profitti tanto che gli statunitensi scommettono in borsa sulle aziende delle tecnologie pulite, coniando l’aforisma “to make green with green”, letteralmente “fare il verde con il verde”, ossia far soldi (il colore verde del biglietto del dollaro con le tecnologie “verdi”). Nelle scorse settimane è stato presentato a Bruxelles uno studio commissionato da società energetiche come ENEL, Entergy, Shell, Vattenfall, imprese quali Honeywell e Volvo e appoggiato dal WWF: “Pathways to a Low-Carbon Economy”. Il Rapporto curato da McKinsey& Company, uno dei migliori studi di consulenza del mondo in materia di gestione di imprese, (negli ultimi due anni ha presentato 10 diversi distinti studi per la riduzione dei gas ad effetto serra), ha valutato oltre 200 misure in 10 settori principali in 21 regioni geografiche, con i relativi costi. Dall’analisi effettuata si rileva che: - esiste il potenziale per ridurre le emissioni di gas serra sufficientemente in grado da ora fino al 2030 per contenere il riscaldamento globale al di sotto di 2 °C; - le opportunità possono essere raggruppate in 3 categorie di misure tematiche (efficienza energetica, approvvigionamento energetico a basse emissioni di carbonio e carbonio terrestre); - l’acquisizione di tutti i potenziali costituirà una grande sfida che richiederà cambiamenti su vasta scala, forti azioni e impegni tra i vari settori e solido contesto politico; - mentre i costi e gli investimenti appaiono gestibili a livello globale, potrebbero risultare oltremodo impegnativi per i singoli settori; - ritardare l’azione anche di 10 anni potrebbe voler dire mancare l’obiettivo dei 2 °C (ogni anno di ritardo, secondo lo Studio, comporta l’equi-
valente di 1,8 miliardi di tonnellate di emissioni di carbonio). La Relazione si basa sul 1° Studio globale redatto da McKinsey e pubblicato nel gennaio 2007 (questo del 2009 è infatti una seconda versione) e sui successivi studi a carattere mondiale, ossia comprende una valutazione aggiornata sullo sviluppo delle tecnologie a basse emissioni di carbonio, delle tendenze macro-economiche e di una più approfondita analisi del potenziale di riduzione delle emissioni nelle varie regioni ed industrie. Inoltre, vengono valutati i requisiti di investimento e finanziamento e sono incorporati scenari di implementazione per una più dinamica comprensione di come le riduzioni potrebbero svolgersi. In particolare, nello Studio il filo conduttore è l’obiettivo 480, il numero delle parti per milione di gas serra presenti in atmosfera, che sono necessarie per stabilizzare il riscaldamento al di sotto dei 2 °C, secondo le indicazioni del Report 2007 IPCC. Le conclusioni dello Studio sono riassunte nella curva di “riduzione dei costi” che illustra graficamente i settori in cui il rapporto costo-efficacia può ridurre le emissioni di carbonio (vedi box nella pagina seguente).
vros Dimas, presente all’incontro, ha ribattuto ricordando come l’Italia abbia già ottenuto la maggior flessibilità richiesta, essendo tra quella dozzina di Stati membri a cui il Consiglio europeo ha concesso, in extremis, un aumento considerevole delle possibilità di ricorso ai CDM, per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni nei settori non indu-
Durante la Conferenza stampa di presentazione del lo stesso Rapporto, il Direttore del Dipartimento Regolamentazione e Ambiente dell’ENEL, Simone Mori, ha lamentato che il Pacchetto Europeo “Clima e Energia” abbia imposto, a suo dire, limiti troppo rigidi per i Meccanismi di Sviluppo Pulito (CDM), sperando in una revisione per renderli più flessibili, dopo il vertice di Copenhagen di dicembre 2009, come ha pure osservato che l’obiettivo fissato per l’Italia di coprire con le rinnovabili il 14% del proprio consumo energetico entro il 2020 non è raggiungibile. Il Commissario UE all’Ambiente Sta-
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striali. (n.d.r: per un’analisi puntuale del Pacchetto “Clima e Energia” e delle difficili trattative intercorse si rinvia a “Il Pacchetto della discordia”, in Regioni&Ambiente, n. 12 gennaio/febbraio 2009, pag. 12 e segg.). A quanto pare siamo ancora lontani dalle “forti azioni e impegni tra i vari settori e solido contesto politico” auspicate nel Rapporto.
Fonte: McKinsey&Company
COME LEGGERE LA CURVA DEI COSTI PER LA RIDUZIONE DEI GAS AD EFFETTO SERRA La “curva dei costi” del Rapporto Mckinsey per la riduzione globale dei gas ad effetto serra, sintetizza le opportunità tecniche (cioè, senza l’impatto materiale dello stile di vita dei consumatori) per ridurre le emissioni di gas serra ad un costo non superiore a 60 euro a tonnellata equivalente di CO2 di emissioni evitate. La “curva dei costi” mostra la gamma delle azioni di riduzione, che sono possibili con le tecnologie o che sono già disponibili o che offrono un alto grado di certezza in merito al loro potenziale nello scenario del 2030. L’ampiezza di ogni segmento rappresenta il potenziale di tali opportunità di riduzione delle emissioni di gas serra in un determinato anno, confrontato con gli abituali regimi di produzione (business as usual). Il potenziale di ogni misura presuppone un’azione aggressiva globale ad iniziare dal 2010 per cogliere tale specifica opportunità, e, quindi, rappresenta una previsione su come ogni misura si svilupperà. L’altezza di ogni segmento rappresenta il costo medio per evitare che venga emessa una tonellata di CO2 equivalente entro il 2030, tramite questa opzione. Il costo è una media ponderata tra le sotto-opzioni, le regioni e gli anni. Tutti i costi sono rapportati al valore dell’euro nel 2005. Il grafico è ordinato da sinistra a destra dai costi più bassi a quelli più alti delle misure di riduzione. Può risultare significativa l’incertezza per particolari misure, sia per il volume sia per i costi stimati, in particolare per il settore dell’Agricoltura e delle Foreste e per le tecnologie emergenti. La priorità nella ricerca è stata di analizzare le varie opportunità di riduzione delle emissioni globali con una metodologia coerente, piuttosto che approfondire ogni singola misura di riduzione delle emissioni. Perciò, la curva dovrebbe essere usata per ogni tipo di comparazione dall’ampiezza ai costi delle varie misure, l’importanza relativa di diversi settori e regioni e per le dimensioni complessive delle varie voci di riduzione delle emissioni, invece di fare previsioni sullo sviluppo delle singole tecnologie. La curva dei costi può essere anche usata come uno strumento di simulazione che verifica differenti scenari di attuazione, prezzi dell’energia, tassi di interesse e soluzioni tecnologiche. Il lettore dovrebbe rammentare che il costo di riduzione è calcolato sulla base di una prospettiva sociale (cioè, escludendo tasse, sussidi e con un costo di capitale analogo a quello delle cedole delle obbligazioni di Stato). Questa metodologia è vantaggiosa perchè permette di fare comparazioni delle misure e dei costi tra i Paesi, settori e singole opportunità. Comunque, rivela pure che i costi calcolati sono diversi dai costi che una società o un consumatore terrebbe in considerazione, dal momento che queste decisioni politiche includerebbero tasse, sussidi e tassi di interesse diversi nei loro calcoli. Quindi, la curva non può essere usata per determinare le differenze economiche tra gli investimenti e neache per prevedere i prezzi del carbonio. Il costo di ogni misura esclude pure i costi delle transazioni e dei programmi, per attuare la misura su vasta scala visto che questi sono fortemente dipendenti dal modo con cui i decisori politici scelgono di attuare ogni misura. Fonte: McKinsey&Company
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PIANO ANTI-CRISI
FONDI DI SOLIDARIETÀ, GARANZIA, AMMORTIZZATORI IN DEROGA
Aiuti concreti per lavoratori, famiglie e piccole imprese: MODALITÀ E CRITERI OPERATIVI DEGLI INTERVENTI REGIONALI CONTRATTI DI SOLIDARIETA’
CONTRIBUTI DI SOLIDARIETA’
Finalità
Finalità
Intervento della Regione Marche per sostenere i contratti di solidarietà difensivi sottoscritti dalle imprese e organizzazioni sindacali dal 1° settembre 2008, al fine di evitare in tutto o in parte licenziamenti collettivi a fronte di riduzioni concordate e incentivate dell’orario di lavoro.
Intervento della Regione Marche con contributi di solidarietà a favore di persone e nuclei familiari colpiti da crisi e difficoltà lavorative, per fronteggiare fragilità sociali conseguenti alle dinamiche del mercato del lavoro.
Beneficiari Tutte le imprese, che operano in tutti i territori ed i settori della regione Marche, che rientrano nel campo di applicazione della CIGS e che abbiano stipulato accordi dal 1 settembre 2008 con i sindacati maggiormente rappresentativi che prevedono una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro al fine di evitare i licenziamenti di lavoratori in esubero. Tra le imprese beneficiarie rientrano anche quelle non comprese nel campo di applicazione della CIGS e le imprese artigiane che occupino anche meno di 16 dipendenti che stipulano Contratti di Solidarietà in deroga.
Contributi
L’intervento consiste nell’erogazione di un’integrazione regionale di un quarto del monte retributivo non dovuto a seguito della riduzione dell’orario di lavoro per un periodo pari a quello di una singola annualità del contratto di solidarietà (12 mesi). Il 50% di detto contributo deve essere versato ai lavoratori interessati alla riduzione di orario come integrazione alla retribuzione, il restante 50% rimane a favore dell’azienda. Il contributo regionale destinato ai lavoratori deve essere evidenziato in busta paga e liquidato entro il mese successivo all’erogazione da parte della Regione. Il contributo regionale destinato all’impresa costituisce agevolazione a titolo de minimis ai sensi del Regolamento CE n. 1998/2006. Nel caso di imprese che non rientrano nel campo di applicazione della CIGS il contributo della Regione è concesso esclusivamente per l’integrazione della retribuzione dei lavoratori coinvolti nel Contratto di Solidarietà.
Modalità di accesso
Beneficiari Lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro dal 1° Settembre 2008, residenti nelle Marche e disoccupati a causa di: - licenziamento; - dimissioni per giusta causa; - mancato rinnovo di un contratto di lavoro a termine (vi rientrano i lavoratori che hanno perso il lavoro dopo il 30/08/2008 e che hanno maturato a partire dal 01/01/2008 un periodo lavorativo di almeno 6 mesi, ovvero 180 giorni, con uno o più contratti anche non continuativi). Sono ricompresi, con le stesse modalità, i lavoratori subordinati (anche quelli con contratto di somministrazione e di apprendistato) e i contratti di collaborazione.
Contributi L’entità del contributo di solidarietà erogato dalla Regione è di 200,00 euro mensili, da corrispondere per un periodo fino a 12 mesi, trattandosi di un intervento a carattere congiunturale che intende affrontare situazioni di particolare emergenza sociale. La graduatoria dei beneficiari sarà determinata sulla base del reddito ISEE corrente rimodulato abbattendo convenzionalmente il reddito stesso in considerazione delle diverse e attuali condizioni di disagio (lavoratore senza indennità, con mobilità in deroga, con disoccupazione ordinaria, con indennità di mobilità).
Modalità di accesso
Sottoscritto l’accordo sindacale e ottenuto il decreto ministeriale di approvazione i soggetti beneficiari possono ottenere il contributo d’integrazione regionale attraverso una domanda da presentare al Servizio Istruzione-Formazione-Lavoro della Regione Marche secondo le disposizioni del bando pubblicato sul BUR del 5 Marzo 2009 e sul sito www.regione.marche.it (link Fondi di solidarietà anti-crisi). Verranno formate graduatorie mensili e i contributi saranno erogati in un’unica soluzione, immediatamente dopo l’approvazione della graduatoria.
La scadenza per la presentazione delle domande è il 30 aprile 2009. I contributi saranno erogati in tre rate quadrimestrali, previa conferma delle condizioni di accesso ai benefici. L’intervento è attuato per il tramite dei Centri di Assistenza Fiscale convenzionati e prevede la compilazione dell’attestazione ISEE e ISEE rimodulato, per tener conto della situazione economica reale e corrente dei soggetti beneficiari. Il bando di accesso con l’elenco dei CAF convenzionati in ogni provincia, a cui rivolgersi per la presentazione delle domande alla Regione Marche, sono pubblicati sul sito www.regione.marche.it (link Fondi di solidarietà anti-crisi).
GARANZIE PER IL LAVORO E LE PMI
AMMORTIZZATORI IN DEROGA E ANTICIPI CIG
Finalità
Finalità
Beneficiari
L’intervento garantisce a tutte le piccole imprese (es. artigianali, industriali sotto i 15 dipendenti, ecc.), in situazione di crisi o difficoltà in tutte le Marche, per cui non sono previsti gli ammortizzatori sociali ordinari, la possibilità di usufruire di ammortizzatori sociali in deroga alle norme. Garantisce ai lavoratori delle stesse piccole imprese di beneficiare di una integrazione salariale o di una indennità mensile di sostegno al reddito.
Il Fondo regionale di garanzia mira a favorire l’accesso al credito soprattutto da parte delle micro e piccole imprese attraverso la concessione di garanzie di secondo grado, per attivare la massima liquidità possibile e superare la fase attuale di razionamento del credito, che potrebbero incidere negativamente su lavoro, occupazione e sviluppo del sistema regionale. Sono destinatari degli interventi di garanzia di secondo grado le micro, piccole e medie imprese, i confidi di primo grado, che operano in tutti i territori ed in tutti i settori economici della regione Marche.
Garanzie
Il Fondo accorda gratuitamente garanzie di secondo grado a favore di Confidi, definiti all’art. 13 della legge n. 326/2003, che a loro volta abbiano rilasciato garanzie alle PMI per finanziamenti con le seguenti caratteristiche: - rilasciati quale consolidamento di passività da breve a medio termine ovvero a sostegno di progetti di investimento per riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale. - assistiti da garanzia di primo grado fino al 60% dell’importo e comunque non inferiore al 50%; - erogati entro il 31/12/2010 e con tasso di interesse e spese di istruttoria della banca secondo i regimi concordati con i singoli confidi. La garanzia di secondo grado del Fondo è concessa nella misura del 70% della garanzia di primo grado, ed ha la durata massima di 60 mesi, indipendentemente dalla durata del finanziamento. L’importo massimo del finanziamento garantibile in secondo grado, per ogni PMI non può superare 500.000 euro, anche se frazionato.
Modalità di accesso
I Confidi, una volta compiuta l’istruttoria per la concessione di garanzia di primo grado ed aver verificato che siano rispettate le caratteristiche ed i criteri sopra descritti, attesta al gestore del Fondo di garanzia il rispetto di tutti gli elementi per la richiesta della protezione della garanzia di secondo grado. Sono garantibili con il Fondo le operazioni di consolidamento a medio termine effettuate da banche che contemporaneamente si impegnino a mantenere, a favore delle imprese in questione e per un periodo di almeno 12 mesi rinnovabili nel periodo di validità della garanzia, a richiesta delle imprese in questione, linee di credito a breve di importo non inferiore al valore iniziale della garanzia di primo grado ottenuta. Il soggetto gestore ha la facoltà di garantire le operazioni presso il Fondo di garanzia per le PMI di cui all’art. 2, comma 100, lettera a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per l’ottenimento di un grado superiore di copertura.
Beneficiari I lavoratori con contratti di lavoro subordinato delle piccole imprese di tutti i settori economici in tutti i territori delle Marche, per cui le norme non prevedono l’utilizzo degli ammortizzatori sociali ordinari.
Interventi Il beneficio per le piccole imprese, prive degli ammortizzatori ordinari, consiste nella possibilità di usufruire della Cassa Integrazione in deroga. Anche ai lavoratori di queste aziende, quindi, è consentito avere l’indennità (assegno mensile) prevista dalla Cassa Integrazione o nel caso di licenziamento l’indennità (assegno mensile) di mobilità. La Regione Marche ha utilizzato da tempo questo strumento, con 47 milioni di euro di interventi attivati fino al 2008. Per il 2009 sono previste altrettante risorse. Potendo utilizzare la Cassa integrazione in deroga, le piccole imprese hanno il beneficio di minori esborsi; l’occupato mantiene il rapporto di lavoro e percepisce dallo Stato circa l’ottanta per cento del suo salario; il lavoratore licenziato, attraverso la mobilità in deroga, ottiene un’indennità mensile.
Modalità di accesso Per accedere ai benefici occorre sottoscrivere l’accordo aziendale (impresa e organizzazioni sindacali) e richiedere l’autorizzazione, sulla base di una domanda specifica, da parte della Direzione Regionale del Lavoro, con la verifica successiva dell’Inps che procede all’erogazione dei benefici.
Anticipazione della CIG Definita una specifica intesa per accelerare l’erogazione dei trattamenti economici di CIG attraverso forme di anticipazioni volontarie da parte del sistema bancario. Maggiori informazioni su www.regione.marche.it (link Fondi di solidarietà anti-crisi)
MARCHE, LA REGIONE
DI TUTTI I CITTADINI
Presentato il Rapporto con le linee guida per una strategia di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici
CAMBIAMENTI CLIMATICI, AMBIENTE, ENERGIA: LA RICETTA DEL WWF I rischi della crisi climatica globale e le opportunità per il nostro Paese di Silvia Barchiesi
Mille barili di petrolio al secondo. È quanto “brucia” oggi l’astronave “Terra”per sostenere i suoi consumi. E pensare che la stessa Terra non è più in grado di sostenere questo ritmo. Lo rivela l’ultimo Rapporto WWF “Cambiamenti Climatici, Ambiente ed Energia: linee guida per una strategia nazionale di mitigazione e adattamento”. Secondo il Dossier, presentato proprio in occasione della chiusura della Conferenza Scientifica Internazionale sul clima di a Copenhagen (vedi “Rischi, sfide e decisioni dei cambiamenti climatici”, in Regioni&Ambiente, pag. 8 e segg. di questo stesso numero), per alimentare l’economia mondiale ai ritmi di oggi (con i combustibili fossili che coprono l’89,9% dell’energia primaria utilizzata), servirebbero 856 miliardi di tonnellate di petrolio. Attualmente, però la Terra tra carbone, gas naturale e uranio ne ha appena 800 mila. Le conseguenze? Di questo passo entro il 2050 l’astronave “Terra” esaurirà tutto il suo
combustibile e tutte le risorse non rinnovabili saranno per sempre out. La soluzione? Di certo non il nucleare, secondo il WWF, che sull’onda dell’accordo nucleare Italia-Francia, ne smantella il mito. In primo luogo, l’Italia non possiede miniere di uranio, pertanto il nucleare condannerebbe l’Italia alla dipendenza da fonti di importazione. A fronte della sua discutibile economicità, non deve essere sottovalutato il problema delle scorie: l’uso dell’atomo lascerà scorie a circa 5000 generazioni (con i tempi di decadimento radioattivo che vanno da 10 mila a 100 mila anni). Lo ha riferito il Prof. Vincenzo Balzani, Ordinario di Chimica all’Università di Bologna ed esperto di energia a margine della presentazione del Rapporto. La sistemazione delle scorie rimane poi la grande questione aperta. “ Forse non riusciranno a risolverlo nemmeno in USA, figuriamoci in Italia dove abbiamo problemi per il pattume”,
Consumi di energia per fonte in Italia nel 2007 (Fonte: elaborazione ENEA su dati del Bilancio Energetico Nazionale)
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commenta lo stesso Prof. Balzani. Insomma l’attuale accordo sul nucleare per il WWF non conviene, (né dal punto di vista economico, né dal punto di vista ambientale), se non alla Francia. La vera soluzione? Secondo il WWF, le fonti rinnovabili: il sole in primis. “La Terra riceve dal sole in un’ora una quantità di energia pari a quella che l’umanità consuma in un anno”, ha sottolineato il Prof. Balzani. “Basterebbe coprire di panelli fotovoltaici lo 0,8 del territorio per soddisfare tutti i consumi nazionali di elettricità”. Eppure, nonostante una geomorfologia del territorio avvantaggiata dal punto di vista delle ore di soleggiamento, della copertura forestale e del potenziale idroelettrico, l’Italia basa la sua fornitura di energia quasi esclusivamente su fonti fossili (fig.1). E le prospettive future sembrano ricalcare la tendenza. Secondo uno studio del Ministero delle Attività Produttive entro il 2020 le rin-
novabili potrebbero coprire appena il 9% del fabbisogno energetico nazionale (fig. 2). Di fronte tuttavia all’ “emergenza clima” lanciato dalla comunità scientifica internazionale e alla necessaria riduzione delle emissioni di gas serra (dell’80% entro il 2050 e del 20% entro il 2020) per contenere il global warming, la possibilità di rinnovare lo scenario energetico nazionale diventa un imperativo. Per questo il WWF chiede al Governo un “Piano nazionale per l’energia” e un “Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici che sono già in atto” con l’obiettivo, si legge nel Dossier dell’Associazione ambientalista, di “ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti rinnovando uno scenario energetico attuale ormai del tutto privo di prospettive”. Il modello energetico in atto non solo non è sostenibile dal punto di vista ambientale, ma non lo è più nemmeno dal punto di vista temporale: il suo futuro è limitato a pochi decenni.
Nel delineare il quadro energetico ideale, il WWF lancia la sua ricetta “tricolore” (fig. 3): più verde delle rinnovabili, più bianco dell’efficienza energetica e meno rosso delle fonti fossili. Tradotta in numeri, la proposta sarebbe dunque: -50% dei consumi, -50% delle fonti fossili, fonti rinnovabili più che triplicate entro il 2030 (con un investimento iniziale ampiamente ricompensato dalla convenienza a medio termine). Lo scenario complessivo prevede che il fabbisogno energetico nazionale sia assicurato al 50% da fonti rinnovabili e combustibili fossili. Se dunque mitigare, ovvero “ridurre drasticamente le emissioni dei gas climalteranti” è il primo imperativo urgente descritto nel Dossier, adattarsi ai cambiamenti climatici è per il WWF la seconda imminente urgenza. Mitigazione e adattamento sono dunque le due linee guida sui cui il Governo dovrebbe essere chiamato ad
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intervenire, dove per adattamento si intende, secondo la definizione dell’IPCC, “aggiustamento nei sistemi ecologici, sociali ed economici in risposta a stimoli climatici attuali o previsti, ai suoi effetti, ai suoi impatti”, ovvero “cambiamento in processi, pratiche strutture per moderare o bilanciare eventuali danni o approfittare di eventuali opportunità derivanti dal cambiamento climatico”. Se si considera che il 90% dei disastri naturali verificatisi in Europa dal 1980 sono attribuibili ad eventi meteorologici o climatici, è evidente come adattarsi ai cambiamenti climatici sia non solo una necessità, ma una vera e propria urgenza. Fondamentale diventa dunque per il WWF “il monitoraggio degli ambienti più delicati, a partire dalle foreste per poi intervenire sui sistemi agricoli, sugli ecosistemi marini e su quelli di acqua dolce”. La sfida ai cambiamenti climatici, infatti, non consiste solamente nel “contenere i danni”, cercando di ren-
dere gli ecosistemi e le specie meno vulnerabili e favorendo la cosiddetta “resistenza ecologica”, ma nell’incrementare la possibilità di “recupero” e di “ripristino” dei sistemi naturali da riconnettere insieme per ricomporne l’equilibrio (Restoration Ecology). Guardando agli ecosistemi di casa nostra, per quanto riguarda la biodiversità agricola per esempio, la sfida della conservazione e dell’adattamento si gioca sull’abbandono di pratiche che sprecano risorse di acqua dolce e che non aiutano a mantenere l’umidità del suolo, l’incentivazione alle produzioni capaci di adattarsi più velocemente agli stress del cambiamento climatico. Per quanto riguarda invece gli ecosistemi marini c’è necessità di “creare un network di aree marine protette, estendere la protezione dei sistemi costieri a quelli profondi del Mediterraneo (es. coralli di profondità), sostenere pratiche di pesca sostenibile”. Egual preoccupazione destano gli ecosistemi forestali e quelli di acqua dolce “a rischio perenne di esondazio-
ni calamitose e con livelli scadenti di qualità delle acque e dei prelievi esorbitanti di risorsa idrica per usi spesso sconsiderati”. Ad ispirare dunque il “Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici” suggerito dal WWF, è proprio il principio del “ripristino ecologico” ( o rinaturazione), ovvero, si legge nel Dossier, “il processo destinato a coadiuvare il risanamento di un ecosistema che è stato degradato, danneggiato distrutto” . A beneficiarne sarebbero tutti gli ecosistemi, in primis i più malati di casa nostra: Mediterraneo e Po; il primo, in preda ad un rapido processo di aumento della temperatura e di perdita della biodiversità con specie che migrano a nord, ingresso di specie aliene, mortalità massiva di 28 specie di invertebrati; il secondo, in balìa di prolungati periodi di siccità, modificazione dei tassi di evotraspirazione e intensificazione delle piene catastrofiche. Così, mentre l’ultimo rapporto IPCC lancia l’allarme per quanto riguarda
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l’avvicinarsi di “soglie critiche” globali, la cui gestione potrebbe diventare impossibile, (i cosiddetti tipping elements), i punti critici del sistema climatico globale, come la formazione di ghiaccio marino artico, la calotta continentale della Gronlandia, la calotta continentale dell’Antartico occidentale, il cosiddetto El Nino, la circolazione termoalina dell’Atlantico, il monsoni estivo indiano, quello occidentale Sahara-saheliano, la foresta tropicale amazzonica e quella boreale, la tundra, il permafrost, gli idrati di metano nel mare, l’acidificazione degli oceani e l’ozono artico), il WWF accorcia lo sguardo e denuncia la presenza di “soglie critiche” locali, di cui il surriscaldamento veloce del Mediterraneo è solo un esempio. Di qui, si legge nel Dossier del WWF, la necessità di una “grande opera pubblica per il nostro Paese attraverso il ripristino del nostro territorio. Una simile opera renderebbe l’Italia ai mutamenti climatici e rafforzerebbe le nostre capacità di resistenza ad essi”.
INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE SU TEMATICHE AMBIENTALI Tra la scarsa attenzione dei media e la sindrome NIMBY della popolazione
“I cambiamenti climatici non saranno presi sul serio fino a quando mezzi di informazione non ne metteranno in evidenza il loro significato”. Questa è la sintesi pronunciata dal Dott. Neil Gavin di una Ricerca condotta dall’Università di Liverpool-Istituto degli Studi Politici e della Comunicazione, che ha analizzato il numero totale degli articoli sul cambiamento climatico stampati in tre anni. Secondo quanto apparso il 25 febbraio su ScienceDaily on line, il loro numero è stato inferiore in ogni mese considerato a quello dedicato a problemi di salute e riguardano solo l’immediata gravità del problema. Secondo i ricercatori britannici con una copertura limitata dei media è improbabile che i lettori si convincano che i cambiamenti climatici abbiano bisogno di azioni di contrasto e mitigazione, decisive e immediate. “La nostra ricerca suggerisce che i media non trattano queste tematiche con la serietà che gli scienziati ritengono meritare - ha spiegato Gavin - Non avendo una copertura da parte di mezzi di informazione non può destare una preoccupazione nell’opinione pubblica tale da stimolare la politica ad assumere azioni concertate”. A riprova di ciò, è stata citata un’indagine condotta dalla Società di ricerche Ipsos-MORI, che attesterebbe come il 50% delle persone intervistate pensano che non è stata raggiunta nessuna conclusione sulle cause del global warming. Questa situazione di scarsa informazione dell’opinione pubblica, secondo i Ricercatori dell’Università di Liverpool continuerà fintanto che le risorse economiche saranno scarse e la popolarità del Governo in declino, così che gli investimenti verranno dirottati su settori di immediato impatto sui cittadini. “Anche se il Governo britannico ha tentato di innalzare l’attenzione su questo problema - ha concluso Gavin - questa posizione non ha trovato corrispondenza sui media, tale da implementare un dibattito”.
Se poi, aggiungiamo noi, i giornali di maggior tiratura sono nelle mani di società, i cui azionisti sono Banche e Gruppi economico-finanziari, si può ben comprendere come difficilmente Direttori e Redattori si astengano dall’inserire articoli o inchieste che possano spingere i cittadini a sollecitare azioni che avrebbero, come presupposto, un cambiamento dell’attuale modello di sviluppo. Questa premessa serve anche a cogliere alcuni aspetti che difficilmente emergono nelle varie inchieste e sondaggi che vengono condotti circa il grado di informazione e comunicazione della cittadinanza, che sono poi alla base di forme di protesta ed opposizione alla realizzazione di impianti ed infrastrutture delle quali non sa le eventuali ripercussioni sull’ambiente o sulla salute della propria e delle future generazioni. Nel corso di BICA 2009, V edizione della Biennale Internazionale della Comunicazione Ambientale, promossa da Federambiente, che si è svolta presso la Casa dell’Architettura a Roma (11-12 marzo 2009), è stata presentata la Ricerca commissionata da Federambiente all’Istituto di ricerca Ipsos su “Lo stato dell’arte della comunicazione ambientale”. Più che di una ricerca si è trattato di una rilevazione che per la prima volta ha messo a confronto le modalità di comunicazione delle aziende di pubblico servizio, grazie all’invio di un questionario alle aziende associate a Federambiente, e la percezione che i cittadini hanno delle forme di comunicazione adottate dalle aziende, mediante un sondaggio telefonico, svolto da novembre 2008 a febbraio 2009. Da quanto risultato, la comunicazione ambientale viene valutata positivamente dal 54% del campione, a fronte del 43% che ne dà una valutazione negativa. Un dato che, pur essendo sostanzialmente positivo, dimostra che
COME VALUTA LA CHIAREZZA DELLA COMUNICAZIONE SU TEMATICHE AMBIENTALI?
fonte: Ipsos
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LA COMUNICAZIONE AMBIENTALE RIGUARDA PRINCIPALMENTE…? confronto popolazione e aziende - possibili più risposte
fonte: Ipsos
esistono ancora ampi margini di miglioramento. Per quanto riguarda l’ambito di competenza della comunicazione ambientale è interessante il confronto aziende/ cittadini. Le aziende indicano come nettamente prioritaria la raccolta differenziata, con una quota del 95% (contro il 64% dei cittadini), seguita dalle energie alternative 33% (37% per gli utenti) e il 22% di risparmio idrico/acqua (26% per il campione popolare). Dai dati Ipsos emerge l’esistenza di un grande desiderio di ricevere informazioni attraverso i nuovi media, con il 17% del campione che desidererebbe ricevere comunicazioni via e-mail e internet (rispetto alla quota attuale di comunicazioni ricevute via web del 10%), alla pari (17%) con la richiesta di invio di materiale informativo allegato alla bolletta (che attualmente è pari al 14%). Di contro le aziende comunicano per il 36% attraverso pubblicità su mezzi tradizionali e per una quota uguale attraverso attività di ufficio stampa. Il 29% delle comunicazioni viene affidato invece al numero verde, il 26% agli sportelli informativi, il 21% a eventi/fiere e il 14% ai media non tradizionali. Un focus particolare rispetto al web evidenzia che il 70% delle aziende possiede un sito internet “vetrina”, cioè con scarso livello di interattività, mentre il 28% possiede un sito che permette la partecipazione attraverso strumenti come forum, test, valutazione dei servizi. Il 2% delle aziende dichiara di non possedere un sito internet. Rispetto agli strumenti da adottare per aumentare il senso civico il 37% degli italiani ritiene necessario aumentare le iniziative di educazione ambientale nelle scuole, il 18% maggiore educazione al rispetto della collettività, il 13% chiede un maggior controllo del territorio e l’11% auspica
un maggiore coinvolgimento dei cittadini nelle scelte che riguardano i temi ambientali. Il 62% degli italiani giudica positivamente il servizio di igiene urbana della sua città, contro un giudizio negativo del 37%, con una predominanza nei giudizi positivi dei residenti nel Nord e dei residenti in comuni fino a 10.000 abitanti, mentre le “lamentele” si concentrano al Sud e nelle Isole e nei comuni con più di 100.000 abitanti. La raccolta differenziata effettuata nelle città soddisfa il 64% dei residenti (Nord e residenti in comuni fino ai 10.000 abitanti), mentre lascia insoddisfatto il 34% degli utenti (Centro Sud, Isole, comuni con più di 100.000 abitanti). Il 54% del campione chiede più informazioni sull’utilizzo che viene fatto dei rifiuti “separati”, il 22% su come differenziare i rifiuti e il 13% vorrebbe essere più informato sulle modalità (tempi e modi) della raccolta differenziata. La raccolta differenziata viene considerata dall’87% un indicatore di senso civico, per la sua caratteristica di essere di “pubblica utilità”, mentre l’11% la considera semplicemente “un modo migliore di smaltire i rifiuti”. Rispetto al servizio idrico la voglia di comunicazione riguarda principalmente il risparmio idrico (36%), seguito dalle tariffe (35%) e dai tempi di ripristino del servizio (11%). Per quanto riguarda il gas, anche in questo caso prevale il risparmi (37%), seguito dalla questione della sicurezza (23%) e dalle tariffe (15%). Nel campo dell’energia a prevalere è la richiesta di informazioni rispetto al risparmio energetico (47%), al secondo posto le tariffe (17%), al terzo la sicurezza (16%) e al quarto le modalità con le quali contattare l’azienda in caso di necessità (7%).
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Anche ARIS, Agenzia di Ricerche Informazione e Società, che gestisce dal 2004 Nimby Forum®, Progetto finalizzato a sviluppare e diffondere la cultura della comunicazione, del dialogo e della partecipazione in ambito territoriale, come fattori indispensabili nella realizzazione di impianti e infrastrutture strategiche per lo sviluppo del Paese ha presentato il 13 marzo nel corso di un Convegno Nazionale a Milano i dati della IV edizione dell’Osservatorio Media Nimby Forum®. L’edizione 2009 fotografa un Paese in cui il fenomeno delle contestazioni territoriali ambientali è in continua crescita. I media riportano un numero sempre maggiore di casi di contestazione, come testimoniano i 264 impianti censiti oggetto di 4.874 ritagli di stampa. Sui media italiani continuano a prevalere le istanze degli oppositori ai progetti, mentre risulta ancora marginale la voce delle aziende proponenti. Questo atteggiamento alimenta un clima generale di sfiducia che continua a determinare una forte opposizione popolare ai progetti di sviluppo territoriale. Sempre più evidente è la necessità di attuare processi di coinvolgimento sui territori di riferimento che consentano ai cittadini di ricevere informazioni chiare e corrette sugli impianti in questione, limitando così l’insorgere di contestazioni spesso legate a paure lecite, ma non sempre motivate. Tra le principali argomentazioni addotte contro l’insediamento degli impianti prevalgono i timori connessi alle ripercussioni sull’ambiente, sulla salute e sulla qualità della vita anche a fronte di progetti innovativi e compatibili con i principi dello sviluppo sostenibile. L’approccio volontaristico attualmente adottato dalle imprese in termini di coinvolgimento del territorio appare non sufficiente. È necessario prevedere una regolamentazione di queste procedure, nell’ottica di fornire alle aziende un quadro di riferimento entro cui operare, nel rispetto di tempi e procedure. Tempi e procedure che costituiscono il punto debole anche delle normative inerenti gli iter autorizzativi per i vari impianti. La confusione in materia di suddivisione delle competenze è di frequente all’origine delle contestazioni degli enti pubblici, fenomeno in crescita rispetto alla precedente edizione, e causa di lungaggini burocratiche. Il Paese risulta così bloccato da un fenomeno sempre più radicato, come conferma il dato relativo al perdurare di ben 45 casi di contestazione fin dalla prima edizione dell’Osservatorio: centrali, termovalorizzatori, infrastrutture che dal 2004 a oggi non hanno fatto passi avanti significativi in termini di accettazione da parte del territorio. Risultati dell’Osservatorio sulla carta stampata I dati emersi nel corso del 2008 denotano un consolidarsi del fenomeno Nimby (Not in my backyard). Le proteste non accennano a diminuire e nel corso del 2008 il numero degli impianti, censiti attraverso l’analisi di 4.874 articoli di stampa, ha raggiunto quota 264. (Tabella 1).
Nota: il database impianti, che costituisce parte dell’Osservatorio Nimby Forum® viene creato ex novo all’inizio di ogni edizione. Questa scelta metodologica consente un censimento delle contestazioni strettamente legato al periodo di analisi. Per questo il totale degli impianti contestati non è dato dalla sommatoria degli impianti rilevati dalla precedente edizione e dai nuovi casi monitorati. I 264 casi rilevati nel corso della quarta edizione di Nimby Forum® raggruppano contestazioni trasversali alle varie edizioni ed episodi di protesta rilevati nel 2008. Da sottolineare che alcuni casi rilevati dall’edizione precedente sono scomparsi dalla ribalta dei media.
Le posizioni e i commenti riportati negli articoli Dall’analisi delle posizioni riportate negli articoli, si può osservare che sui media prevalgono le istanze degli oppositori. Le posizioni “contro”, che si attestavano attorno al 55% nel corso della prima edizione, sono risultate in costante aumento nel corso degli anni, fino a raggiungere il dato rilevato nel 2008 che vede il 68% degli articoli analizzati riportare in prevalenza, se non esclusivamente, posizioni di opposizione all’impianto. (Figura 1)
Le voci più diffuse restano quelle degli amministratori pubblici locali (40%) e dei comitati spontanei dei cittadini (23,1%), dato facilmente comprensibile se si riflette sul fatto che questi soggetti rappresentano i più diretti portatori di interesse sui territori dove si prevede l’ubicazione dell’impianto. Resta marginale la presenza di interventi sui media delle aziende proponenti, dato che scende dal 5,2% della scorsa edizione al 4,8% rilevato nel 2008. Tendenza confermata dall’assenza della citazione del nome dell’azienda proponente nel 63,8% degli articoli. (Tabella 2)
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Le tipologie della contestazione Il fenomeno Nimby resta ancora prevalentemente originato dalla nascita sui territori di movimenti spontanei di cittadini accomunati dall’opposizione all’insediamento di opere nel “loro giardino”: nel 55,2% dei casi la contestazione è infatti riconducibile a episodi di contestazione da parte della popolazione. In aumento la presa di posizione contro gli impianti da parte degli enti pubblici (17%), indice della confusione circa le procedure autorizzative e la suddivisione delle competenze in materia (Figura 2)
settore altro, che rileva impianti afferenti al settore industriale (acciaierie, ferriere, cementifici, ecc.). È interessante osservare che i timori relativi alle ripercussioni sull’ambiente, sulla salute e sulla qualità della vita, toccano sempre più frequentemente anche impianti “virtuosi” come quelli per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (centrali idroelettriche, parchi eolici, centrali geotermiche) e impianti fondamentali per completare il ciclo di smaltimento dei rifiuti (centri di compostaggio, impianto per il trattamento dei rifiuti urbani). Le 10 infrastrutture di cui si è più parlato La tabella seguente riporta la classifica dei dieci impianti che nel corso della quarta edizione hanno fatto registrare il maggior numero di articoli. (Tabella 4) Nota: va ricordato che la classifica si riferisce a una graduatoria
Nota: Fanno parte della categoria “Contestazioni NO” gli articoli di scenario che accennano al fenomeno Nimby, senza però riportare di opposizioni a progetti specifici, e gli articoli a favore degli impianti censiti.
L’oggetto delle contestazioni L’analisi degli articoli permette di tracciare un quadro delle tipologie di impianti e dei settori che sono maggiormente colpiti dal fenomeno Nimby. La quarta edizione dell’Osservatorio vede al primo posto gli impianti per la produzione di energia elettrica (voce che raggruppa centrali termoelettriche, parchi eolici, centrali a biomasse, centrali idroelettriche, centrali geotermiche), con un’incidenza del 36,7%, seguiti nelle tre posizioni successive da impianti afferenti al settore rifiuti. (Tabella 3)
Proprio il settore rifiuti, pur registrando un andamento costante rispetto alla scorsa edizione (dal 46,1% del 2007 al 46,2% del 2008), rimane il più osteggiato. Indiscutibile è l’ascesa del comparto elettrico che raggiunge il 44,3%, a fronte del 38,9% rilevato dalla terza edizione, mentre restano sostanzialmente stabili i dati relativi alle infrastrutture e al
stilata da Nimby Forum® sulla base del numero di articoli pubblicati sui giornali per ogni singolo impianto contestato. Quindi, più che di opere maggiormente contestate, si dovrebbe parlare di impianti di cui si è più parlato L’alta velocità Torino - Lione essendo stata l’oggetto di 331 articoli riconquista il primo posto della classifica, già ottenuto nel corso della seconda edizione. Da osservare come nelle prime cinque posizioni si classifichino alcuni degli impianti che hanno catalizzato l’attenzione dei media durante le fasi dell’emergenza Campania, la discarica di Chiaiano, quella di Pianura e il termovalorizzatore di Acerra. Come testimonia questa classifica, il fenomeno Nimby nelle ultime edizioni dell’Osservatorio ha raggiunto una diffusione trasversale su tutti i settori. Al contrario, nel corso della prima edizione tutte le dieci posizioni erano occupate da impianti di termovalorizzazione, prevalenti anche nel corso della seconda edizione.
Distribuzione geografica degli impianti contestati Per quanto concerne la distribuzione geografica degli impianti, permane una maggiore concentrazione al nord dove sono ubicati il 49,1% degli impianti oggetto di contestazione. Da registrare un avanzamento anche di Sud e Centro che si attestano rispettivamente al 26,4% e al 18,5%. Il grafico seguente riporta tutti gli impianti censiti dall’Osservatorio suddivisi per macro regioni e per edizione di rilevazione. La quarta edizione ha registrato 132 casi di nuove contestazioni, ai quali si aggiungono le proteste che proseguono dalle edizioni precedenti. Nel dettaglio si registrano 59 impianti contestati dalla terza edizione, 28 dalla seconda e ben 45 il cui primo rilevamento risale all’edizione 2004/2005 dell’Osservatorio. Si può quindi osservare un consolidarsi del fenomeno che vede un numero crescente di casi di contestazione prolungarsi negli anni.
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Presentato il Rapporto dell’AEA sulle spedizioni transfrontaliere dei rifiuti
RIFIUTI SENZA CONFINI IN EUROPA? FISE-Assoambiente ha rilevato che in Italia dal 2002 al 2005 l’esportazione dei rifiuti speciali pericolosi si è più che triplicata
Nel corso dell’annuale Conferenza IMPEL (European Union Network for the Implementation and Enforcement of Environmental Law)-TFS (Transfrontier Shipments of Waste), la rete dei rappresentanti governativi degli Stati membri dell’UE e di alcuni altri Paesi europei che si occupano di questioni sulle spedizioni transfrontaliere di rifiuti, svoltasi a Ostersund (Svezia), dal 18 al 20 marzo 2009, l’Agenzia Europea dell’Ambiente ha presentato la Relazione “Waste without borders in the EU? Transboundary shipments of waste” (Rifiuti senza confini in Europa? Le spesizioni transfrontaliere dei rifiuti), redatta sulla base di un Report stilato nel 2008 dall’European Topic Centre on Resource and Waste Management (ETC/RWM) Il Rapporto AEA segnala che i dati relativi agli Stati membri “mostrano un numero crescente di spedizioni illegali”. Tra il 2001 e il 2005 le quantità di spedizioni di rifiuti sono passate nella migliore delle ipotesi “da 6.000 a 47.000 tonnellate” e “si prevede che i casi citati rappresentino solo una parte del numero effettivo delle spedizioni illegali, già notevole”. L’esportazione illecita di rifiuti avviene sia all’interno dell’UE che in Paesi terzi, compresi i Paesi in via di sviluppo, nonostante l’esportazione in Paesi non OCSE (Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo) sia vietata in quanto quei Paesi non hanno adeguata e sufficiente capacità di adeguamento. Ad esempio, le statistiche dimostrano, che molti televisori vengono spediti in Africa, nonostante l’esportazione di RAEE in Africa sia vietata. Ha fatto molto scalpore la notizia diffusa dall’Indipendent il 18 febbraio che un televisore portato in un centro di raccolta dell’Hampshire County per essere riciclato dagli specialisti del settore
è stato viceversa ritrovato in Nigeria. Nonostante che il televisore sia classificato come rifiuto pericoloso e come tale non può essere esportato, è stato seguito via satellite nei suoi spostamenti
tramite un dispositivo di tracking con collegamento GPS, inserito dai giornalisti del quotidiano britannico e di Sky News che, assieme ad ambientalisti di Greenpeace, hanno condotto l’inchiesta. Ne è pure scaturita una polemica tra il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e Greenpeace che accusava l’Italia di aver cumlato ritardi nell’implementazione della Direttiva RAEE. Le ONG ci avvertono che le operazioni di smantellamento avvengono senza le necessarie attrezzature e protezioni del personale addetto e in assenza di misure di controllo sulla tossicità delle sostanze trattate, con grave pregiudizio per l’ambiente e la salute umana. In base alla Convenzione di Basilea del 1992, ogni Stato membro deve presentare alla
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Commissione UE una relazione sulla quantità annuale di rifiuti pericolosi e problematici importati ed esportati. Tuttavia, i 47 codici della Convenzione non riescono a riassumere i 120 codici con i quali i rifiuti esportati per lo smaltimento e quelli pericolosi avviati a recupero sono notificati alle autorità nazionali. Di conseguenza un terzo dei rifiuti notificati non viene codificata perché non c’è il codice più adatto, rendendo impossibile determinare l’esatta natura dei rifiuti spediti. Nel Rapporto si sostiene che per migliorare la qualità dei dati notificati dall’UE, relativi alle spedizioni transfrontaliere, occorrerebbe un report più dettagliato che fornisca una chiara e precisa panoramica delle spedizioni a livello UE e che, al contempo, offrirebbe un livello migliore di indicazioni sulle pratiche illegali. “Quanto maggiore sarà la conoscenza delle attività legali - si legge nel Rapporto - migliore sarà la comprensione delle attività illegali”. Al riguardo, la rete IMPEL ha messo in piedi un Progetto per l’individuazione del traffico dei RAEE (E-Waste project), sulla base che “le informazioni correnti suggeriscono che pur essendo in incremento, la sostituzione dei beni elettrici ed elettronici da parte dei consumatori, sono ancora pochi coloro che riportano gli obsoleti indietro in conformità alla Direttiva sui RAEE e i costi relativamente elevati per il recupero e il riciclaggio negli Stati membri rispetto a quelli dell’esportazione per riciclaggio o a seguito di insufficiente capacità di recupero e riciclaggi in qualche Stato membro fa ritenere che sia scarsa l’osservanza della Direttiva con conseguente spedizioni illegali di RAEE esportati su larga scala fori dall’Europa”. Il Report dell’AEA ha spiegato che “l’incapacità a seguire i flussi di rifiu-
fonte: Greenpeace
ti elettrici ed elettronici costituisce un serio problema per quanto riguarda l’applicazione della normativa che vieta l’esportazione di alcuni tipi di rifiuti pericolosi verso Paesi non OCSE”. In particolare, per i RAEE, la Relazione ha sottolineato “che è molto difficile seguirne il percorso tramite spedizioni transfrontaliere” a causa dell’ambiguità dei codici di riferimento che spesso non permettono di valutare quali parti possano essere esportate. Si sottolinea, inoltre, che le spedizioni legali di rifiuti tra i Paesi UE e Paesi terzi sono quadruplicate tra il 1997 e il 2005 e hanno contribuito ad alimentare un mercato del riciclaggio dei rifiuti di materiali quali carta, plastica e metalli (in particolare, in Estremo Oriente, anche se ora si assiste ad un rallentamento a causa della crisi economica). “Considerando che l’impatto ambientale ed economico delle spedizioni legali di rifiuti possono risultare anche negative, le spedizioni illegali di rifiuti sono chiaramente una fonte di preoccupazione per l’ambiente, nonché per l’economia”, conclude la relazione, visto che il riciclaggio dei materiali in UE, secondo stime, è in grado di sostenere 1,5 milioni di posti di lavoro, soprattutto nelle piccole e medie imprese. “Se poi si continua a spedire rifiuti conclude il Rapporto - gli Stati membri difficilmente riusciranno ad avvicinarsi agli obiettivi di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti, come prevede la Direttiva Quadro”.
sa al movimento transfrontaliero dei rifiuti speciali tra l’Italia e gli altri Paesi, europei e non, ha pensato FISEAssoambiente, l’Associazione che in Confindustria rappresenta le aziende che operano in campo ambientale che ha presentato ai primi di marzo il 1° Rapporto su “Il movimento transfrontaliero dei rifiuti”. Lo Studio è stato condotto sulla base dei dati confrontabili e disponibili dal 2002 al 2005 desunti dai MUD. Dal Rapporto emerge come nel 2005 siano state esportate dall’Italia oltre 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi e circa 573.000 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, per un totale di 1,9 milioni di tonnellate di rifiuti. Nello stesso anno l’Italia ha importato circa 1,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi e circa 33.000 tonnellate di rifiuti pericolosi. Rispetto alla produzione nazionale di rifiuti speciali, il trasporto transfrontaliero, in entrata ed uscita dai confini nazionali, riguarda complessivamente
il 3% dei rifiuti speciali gestiti nel 2005 (il 2,7% dei rifiuti non pericolosi e circa il 10% di quelli pericolosi). La tendenza registrata evidenzia una forte crescita, soprattutto per i rifiuti speciali pericolosi, la cui esportazione è cresciuta, dal 2002 al 2005, di oltre il 350%. I flussi di esportazione e di importazione si muovono su due binari ben distinti: da una parte si esportano rifiuti provenienti da processi produttivi per il trattamento finale (ceneri, scorie, polveri) e, dall’altra, si ricorre all’importazione di materie prime seconde destinate all’industria del recupero (legno, vetro, plastiche, metalli). Oltre il 90% dei rifiuti speciali sono esportati in Paesi europei e in particolare in Germania dove, nel 2005, è stato trasferito il 47% dei rifiuti speciali (pericolosi e non pericolosi), e la quasi totalità dei rifiuti speciali pericolosi. Nella specifica graduatoria dei Paesi che accolgono i rifiuti spe-
Andamento nazionale delle esportazioni dei rifiuti speciali
Resta da capire se quanto avviene sia dovuto ad un aumento di spedizioni illegali o ad una carenza di controlli.
Ad analizzare la situazione connes-
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ciali italiani, la Germania è seguita da Grecia (18% dei rifiuti italiani esportati), Regno Unito (10%), Cina (8%) e Francia (4%). La necessità di esportare rifiuti speciali all’estero è legata all’insufficiente presenza sul territorio nazionale di impianti in grado di smaltire alcuni
tecnologica. Negli ultimi anni le esportazioni dei rifiuti speciali sono cresciute grazie all’aumento dei flussi dei “non pericolosi” (+30% dal 2002 al 2005), ma soprattutto di quelli “pericolosi”, passati dalle 116.000 tonnellate del 2002 a circa 573.000 tonnellate nel 2005. Tale
Esportazione di rifiuti speciali per Paese di destinazione (2005)
quantitativi e tipologie di rifiuti e ai loro costi di gestione: in Germania, ad esempio, questi rifiuti vengono smaltiti attraverso l’utilizzo per la messa in sicurezza delle miniere di sale che mette fuori gioco ogni competizione
sostanziale incremento ha coinvolto soprattutto i rifiuti prodotti dal trattamento meccanico, il fluff, le ceneri/ scorie e le apparecchiature fuori uso. Infatti, su un totale di 1,350 milio-
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ni di tonnellate di rifiuti speciali esportati, 723.000 tonnellate (quasi il 50%) derivano da esportazioni di ceneri e scorie da processi termici provenienti dalle attività produttive; 257.000 tonnellate (20%) sono legate all’esportazione di ceneri e scorie da trattamento dei rifiuti. Le rimanenti 367.000 tonnellate sono per la maggior parte costituite da rifiuti del consumo finale, apparecchiature fuori uso e pneumatici (132.000 tonnellate), imballaggi e materiali vari (112 mila tonnellate), materiali ferrosi da costruzioni e demolizioni (68.000 mila tonnellate) e 55.000 tonnellate da rifiuti non differenziati. Oltre 276.000 tonnellate di rifiuti pericolosi sono esportati e sono composti da terra e rocce, vetro, plastiche e legno contenenti sostanze pericolose e rifiuti provenienti da attività di costruzione e demolizione. Un’importante frazione dei rifiuti pericolosi esportati (206.000 tonnellate) è rappresentata da rifiuti contenenti sostanze pericolose, stabilizzati, rifiuti da filtrazione fumi, da fanghi e da ceneri. Ammonta a oltre 80.000 tonnellate l’esportazione dei rifiuti da processi chimici, oli e catalizzatori. Il Paese in cui si esporta la maggior parte di rifiuti pericolosi è la Germania (542.000 tonnellate). Sul piano territoriale, dalle regioni del Nord si esporta complessivamente quasi il 60% del totale e, in particolare, quasi l’80% dei rifiuti speciali pericolosi. Dal Centro si esporta il 6% del totale dei rifiuti, mentre dal Sud arriva il 32% del totale dei rifiuti esportati. Anche per aspetti connessi alla indu-
strializzazione, il primato regionale spetta alla Lombardia che produce il 32% del totale esportato, seguita dalla Puglia con il 22%, dal Piemonte con l’11% e dal Veneto con il 7%. In particolare, dalla Lombardia nel 2005 sono state esportate oltre 389.000 tonnellate di rifiuti non pericolosi, com-
Germania (25%), dalla Svizzera (23%), dalla Francia (21%) e, in ugual misura per il 6%, dalla Slovenia e dall’Austria. La tipologia di rifiuto maggiormente importato è il legno, il cui flusso discontinuo di quantitativi movimentati provoca di anno in anno evidenti fluttuazioni nel trend generale: 861.000
Importazione di rifiuti speciali per Paese di provenienza (2005)
posti prevalentemente da apparecchi fuori uso (66.000 tonnellate in Cina), rifiuti da trattamento meccanico (65.000 tonnellate in Germania) e ceneri (61.000 tonnellate in Germania) prodotte dalle attività di termovalorizzazione. Sono stati, inoltre, esportate 229.000 tonnellate, di cui in Germania 125.000 tonnellate di rifiuti pericolosi (terra e rocce contenenti sostanze pericolose). Contestualmente, sono stati esportati in Germania 188.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi mentre in Cina sono arrivate 108.000 tonnellate (tutti materiali recuperabili o riciclabili). L’importazione di 1,4 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti speciali è dovuta quasi esclusivamente agli “speciali non pericolosi” provenienti dalla
tonnellate di rifiuti importati nel 2002, 900.000 tonnellate nel 2004, 1,2 milioni di tonnellate nel 2003 e 1,4 milioni di tonnellate nel 2005. A differenza dei flussi di rifiuti esportati (ceneri, scorie, polveri), l’importazione di rifiuti speciali non pericolosi riguarda soprattutto materie prime seconde dirette agli impianti di riciclaggio italiani: 734.000 tonnellate di legno (per la maggior parte verso impianti di produzione di pannelli truciolati), 198.000 tonnellate di metalli, 129.000 tonnellate di vetro e 350.000 tonnellate di altri materiali (plastica, metalli, veicoli fuori uso, imballaggi). L’importazione di rifiuti speciali è quindi legata alla esigenza di materie prime seconde per i settori produttivi
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interessati che, nonostante gli sforzi di incremento della raccolta differenziata, hanno richiesto il supporto di materiale dall’estero. Le importazioni di tali rifiuti (per la maggior parte non pericolosi) hanno interessato principalmente la Lombardia, che nel 2005 ha importato 919.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, dei quali circa 580.000 tonnellate di legno, 76.000 tonnellate di vetro e 210.000 tonnellate di metalli non ferrosi. Per quanto riguarda i Paesi di provenienza dei rifiuti importati, anche in questo caso la Germania conferma la leadership con 158.000 tonnellate di legno, oltre 100.000 tonnellate di metalli, imballaggi e plastica esportate in Italia. Segue la Svizzera con 240.000 tonnellate circa di legno, oltre 50.000 tonnellate di vetro e metalli vari. Dalla Francia si importano circa 180.000 tonnellate di legno, 36.000 tonnellate di imballaggi in plastica, metalli (10.000 tonnellate) e altri materiali quali vetro e plastiche. Per quanto concerne le importazioni di rifiuti pericolosi, su 33.000 tonnellate importate ben 14.000 provengono dall’Australia e si tratta di materiali provenienti dalle lavorazioni metallurgiche. Vi sono, inoltre, 6.000 tonnellate di rifiuti solidi dovuti al trattamento dei fumi e, con percentuali ridotte, a sostanze in genere legate ad attività chimiche e di lavaggio. In particolare la dinamica importexport dei rifiuti recuperabili riscontra oggi, a differenza delle attività di smaltimento, una sostanziale inversione di tendenza dovuta da una parte agli sviluppi delle raccolte differenziate nazionali e dall’altra alla forte attuale contrazione dei mercati di sbocco dei rifiuti recuperati e delle materie prime seconde. Anche FISE-Assoambiente osserva come sia necessario un nuovo Regolamento che armonizzi la normativa europea alle disposizioni di quelle della Convenzione di Basilea e a quelle dell’OCSE. “Sarebbe auspicabile un maggior allineamento dei livelli di efficacia ambientale dei sistemi di trattamento a livello europeo e un’esportazione dei rifiuti destinati a smaltimento condizionata alle disponibilità impiantistiche di trattamento nazionale, analogamente a quanto avviene in altri Paesi europei”.
Tanti i Rapporti diffusi nel mese di marzo
RIFIUTI: DIAMO I NUMERI! Si evidenzia sempre più la necessità di un sistema omogeneo di calcolo
Il servizio statistico Eurostat dell’Unione Europea ha fornito il 9 marzo 2009 i dati sulla gestione dei rifiuti nei Paesi membri relativi al 2007. Mediamente un cittadino europeo produce 522 Kg. di rifiuti urbani, costituiti, in larga parte, da rifiuti domestici e gestiti dalle municipalità. Non sono contabilizzati i rifiuti agricoli ed industriali e non vengono presi in considerazione quelli esportati. Debbono essere aggiunti, tuttavia, in proporzioni diverse, nei singoli territori e sulla base di sistemi locali di gestione, quelli delle attività artigianali e delle piccole imprese, che in Italia si definiscono “assimilati agli urbani”. Complessivamente, il dato è stabile rispetto agli anni precedenti, ma rispetto al Programma di Azione che prevedeva di mantenere stabile la produzione media pro-capite a livelli del 1985, ossia 300 Kg., si deve rilevare che l’obiettivo è stato clamorosamente mancato. Guardando i numeri a livello nazionale si può notare che sussiste una “forbice” ampia tra i 294 Kg. della Repubblica Ceca e gli 801 Kg. della Danimarca, differenze che si rive-
lano anche a livello di macro aree, visto che la produzione nella UE a 15 Paesi sale a 562 Kg. L’Italia si pone nella fascia compresa tra i 500 Kg. e i 600 Kg. pro-capite all’anno, assieme a Spagna, Germania, Francia e Gran Bretagna. Se analizziamo le opzioni per la loro gestione, la discarica (deposito di rifiuti sul o nel suolo, comprese le discariche appositamente progettate e il deposito temporaneo di oltre un anno), troviamo che l’Italia avvia a questa forma di smaltimento il 46% dei rifiuti, contro una media europea del 42%. Anche in questo caso le differenze tra i vari Paesi sono macroscopiche con i Paesi dell’Est che avviano alle discariche più del 90% dei rifiuti (la Bulgaria addirittura il 100%) e altri paesi del Centro-nord Europa che hanno tassi inferiori al 5% (la Germania è in testa con l’1%). Per quanto concerne l’incenerimento dei rifiuti (trattamento tecnico dei rifiuti in un impianto dedicato), tale
Fonte: Eurostat
soluzione interessa il 20% dei Paesi europei, con Danimarca, Svezia, Lussemburgo, che ne conferiscono tra il 53% e il 47%. L’Italia ne incenerisce l’11%. Ovviamente, vi sono Paesi, quelli che utilizzano essenzialmente la discarica, che hanno lo 0% (11 Paesi). All’opzione riciclaggio, (qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono ritrattati in prodotti, materiali o sostanze per la loro originaria funzione o per altri scopi), a fronte di una media europea del 22%, troviamo Paesi “virtuosi” come Germania (46%), Belgio (39%), Svezia (37). L’Italia risulta inserita con una percentuale dell’11% che testimonia la nostra difficoltà a raggiungere l’obiettivo del 50% previsto dalla nuova Direttiva sui Rifiuti per il 2020, anche se si deve tener conto che per alcune categorie merceologiche, derivanti dai RSU, i nostri Consorzi hanno già ora superato tale percentuale, ma delle quali Eurostat non tiene conto, basandosi sulla quantità totale di rifiuti prodotti. Infine le percentuali di RSU, che sono trattati per compostaggio (la parte biodegradabile) l’UE 27 ha un 17%; in questo caso l’Italia, secondo Eurostat, con il 33% risulta tra le più virtuose, dopo l’Austria (38%).
Nel Rapporto annuale di Legambiente sullo stato di salute del Paese, elaborato dall’Istituto Ricerche Ambiente Italia, quest’anno è stato aggiunto “Rifiuti made in Italy”, quasi a dire che è impossibile analizzare le condizioni dell’ambiente in Italia senza porre in evidenza la questione dei rifiuti che rappresentano secondo Ambiente Italia 2009 la metafora delle politiche ambientali, soprattutto per la cronica mancanza di impianti nel Sud.
Secondo il Rapporto, il 54% dei rifiuti urbani vengono smaltiti in discarica, con il record del 94% in Sicilia e un aumento del 12% nel 2006 rispetto al 2000 (per l’Eurostat l’aumento è dell’8% con un calo dell’1% nel 2007). Ma in Italia “nel 2005 sono scomparsi nel nulla 19,7 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, formando un’immaginaria montagna con base di 3 ettari e alta 1.970 metri, alimentando un business illegale di circa 4,5 miliardi di euro”. Ovviamente, questi dati non sono “confrontabili” con quelli di Eurostat. Il Rapporto, tuttavia, vuole mettere in evidenza le iniziative virtuose del settore dei rifiuti, anche se l’immagine del Paese risulta diversificata a seconda delle aree geografiche. - al Nord si supera abbondantemente il 40% di raccolta differenziata con Trentino e Veneto quasi al 50%. - al Centro si raggiunge poco più del 20%. - al Sud il tasso di raccolta differenziata non supera il 12%. Nel Rapporto si sottolinea, comunque, che i Consorzi nazionali che gestiscono alcune categorie merceologiche di rifiuti urbani o assimilati agli urbani, hanno conseguito risultati di eccellenza con tassi di raccolta differenziata tra il 70% e il 90%. Ci sono, inoltre, 1.081 Comuni (dati 2007) che hanno superato l’obiettivo del 40% di raccolta differenziata e 130 sono state le esperienze concrete sulla prevenzione avviate in tutta Italia da enti locali, gestori del servizio di igiene urbana e privati, tanto da far dichiarare a Stefano Ciafani, Responsabile scientifico di Legambiente e curatore assieme a Duccio Bianchi del Rapporto, che “L’emergenza rifiuti non è una condanna definitiva per l’Italia e se ne può uscire, imboccando la strada della gestione sostenibile, come dimostrano gli esempi storici delle regioni del Nord Italia e quella più recente della Sardegna. Per concretizzare questo scenario in tutta Italia, occorre definire meglio le regole del
gioco a livello centrale e locale, replicare le best practices sulla raccolta differenziata e sulla prevenzione già attuate nel nostro Paese, parallelamente, costruire tanti impianti per il recupero e il trattamento dei rifiuti. Solo così la discarica diventerà davvero l’ultima opzione per smaltire le quantità residuali di rifiuti, come ci chiede l’Europa”. Sono 10 le proposte che Legambiente allega per risolvere concretamente e con positivi risultati sul piano economico ed occupazionale il problema: 1) L’aumento del costo dello smaltimento in discarica, fondamentale per rendere convenienti le ipotesi alternative. 2) Diffondere le raccolte differenziate domiciliari in tutti i comuni italiani, incentivando l’abbandono del sistema cassonetti stradali, oltre a favorire la qualità delle raccolte differenziate per facilitare il successivo riciclaggio. 3) Completare la rete impiantistica per il recupero e il trattamento dei rifiuti, garantendo la trasparenza e la partecipazione dei cittadini. 4) Rivedere il sistema di premialità/penalità, rendendo la discarica l’opzione più costosa e il riciclaggio e la prevenzione quelle più economiche. 5) Cancellare il Cip6. 6) Promuovere la diffusione delle buon pratiche locali sulla prevenzione. 7) Avviare la redazione del programma nazionale di prevenzione (come previsto dalla nuova direttiva europea). 8) Garantire la certezza normativa, a partire dal passaggio tassa/tariffa, senza ulteriori proroghe e slittamenti. 9) Chiudere la stagione dei commissariamenti per l’emergenza rifiuti nel Centro-sud che ha portato solo sperpero di risorse pubbliche e deresponsabilizzazione degli enti locali indipendenti.
10) Introdurre finalmente i delitti ambientali nel codice penale, con l’istituzione di un fondo per le bonifiche dei siti orfani.
Anche l’Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA, ex APAT) ha presentato nei giorni scorsi (11 marzo 2009) il Rapporto Rifiuti 2008 che è redatto sulla base dei dati 2007. Secondo quanto riportato nella nota stampa dell’ISPRA, nel 2007 gli italiani hanno prodotto meno rifiuti pro capite rispetto al passato, mentre si è fermata la crescita della produzione totale nazionale. Il V Rapporto Rifiuti mette in evidenza come il miglioramento della situazione sia dovuto principalmente all’attivazione di specifiche politiche di prevenzione a livello territoriale, che l’anno scorso hanno sortito i primi effetti sulla produzione di rifiuti. In particolare, la produzione pro capite registra una contrazione fino a 546 kg/abitante, rispetto ai 550 del 2006, con il valore più alto registrato nel Centro Italia, dove si producono 630 chilogrammi a persona, seguito dal Nord con 539 e dal Sud che si ferma a 508 kg. Si ferma anche la crescita nella produzione totale nazionale, che nel 2007 si è attestata a 32,5 milioni di tonnellate, con un incremento di “sole” 40 mila tonnellate pari ad appena lo 0,1 per cento. L’incremento è stato di 14 mila 800 tonnellate al Nord, meno di 500 al Centro e circa 23 mila 800 tonnellate al Sud del Paese: questo rallentamento, secondo l’ISPRA sarebbe il primo frutto delle politiche di molte amministrazioni locali, che da qualche anno operano per prevenire e minimizzare la produzione di rifiuti.
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Notizie positive anche per la raccolta differenziata, che nel Paese ha raggiunto il 27,5% della produzione totale di rifiuti, in aumento dell’1,7% nel 2007, per quanto ancora lontana dal target del 40% fissato per il 2007 dalla legislazione. Il Nord supera abbondantemente l’obiettivo, con il 42,4%, mentre ne restano lontani il Centro, con il 20,8%, e il Sud che si ferma all’11,6%: la conferma dai dati per regione, con il Trentino Alto Adige e il Veneto che vanno oltre il 50%, rispettivamente con il 53,4% e il 51,4%, mentre balza al terzo posto il Piemonte, che col 44,8% cresce di quattro punti e scavalca la Lombardia (44,5%). Al Sud, una menzione speciale per la Sardegna, che con l’attivazione di specifici sistemi di raccolta anche domiciliare fa un grande balzo in avanti, passando dal 9,9% del 2005 al 27,8% di oggi, mentre restano sotto il 10% le altre regioni del Mezzogiorno, esclusa la Campania. Qui si raggiunge infatti un 13,5% complessivo, ma ci sono situazioni molto differenziate per provincia, con Avellino e Salerno che superano il 25% e Benevento che arriva al 15,9%, mentre Napoli e Caserta si fermano rispettivamente al 10,3% e 7,1%. Nel capoluogo di regione, nonostante il permanere dell’emergenza, cresce la raccolta differenziata, passata dall’8,9% del 2006 all’11,5% dell’anno scorso: in generale, tra le città con più di 150mila abitanti Reggio Emilia si conferma la più virtuosa con il 46,6%, seguita da Padova col 39,4% e Torino col 38,7%. Come conseguenza del miglioramento nella differenziata, diminuisce la quantità di rifiuti conferita in discarica, che pure continua ad essere la forma più diffusa di gestione, raccogliendo nel 2007 il 46,7% del totale, con un calo del 2,4% rispetto all’anno precedente, riduzione in termini quantitativi di oltre 614 mila tonnellate, merito quasi esclusivo del Nord Italia. Già nel 2006 il numero di discariche in esercizio era diminuito di 34 unità, di cui 23 al Sud e addirittura 15 nella sola Sicilia, mentre in Campania il loro numero è stato molto variabile causa l’emergenza, che nel 2007 ha vissuto una fase particolarmente critica. In questa regione proprio per far fronte ai periodi di emergenza perdura lo stoccaggio delle “ecoballe”, che nel 2007 ha riguardato circa un milione di tonnellate di rifiuti, per un totale di 12 milioni dal 2002 ad oggi. Il primato della Regione che smaltisce meno in discarica rimane alla Lombardia con appena il 10% dei rifiuti prodotti nella Regione che ha questa destinazione, peraltro con una
consistente contrazione dell’11% rispetto al 2006: bene lo smaltimento anche in Veneto, dove il conferimento in discarica si ferma al 29% del totale, in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige, che totalizzano entrambe il 28%. Nel Lazio, le discariche hanno accolto nel 2007 circa 2,8 milioni di tonnellate, circa l’83% di quanto prodotto, con la sola città di Roma che ha conferito 1,4 milioni di tonnellate, a fronte dei 2 milioni dell’intera provincia. Resta indietro l’incenerimento, che interessa il 10,3% dei rifiuti prodotti nell’anno 2007, quantità pari a 3,9 milioni di tonnellate, mentre scende il numero degli impianti, passati da 50 a 47, col fermo impianto di tre inceneritori nelle province di Verona, Siena e Taranto. Ruolo importante per il compostaggio di matrici selezionate, con un incremento del 4,7% e una quantità di rifiuti trattati che è arrivata a 2,4 milioni di tonnellate; altrettanto significativo il risultato del riciclaggio di rifiuti da imballaggio, con oltre 7,1 tonnellate di rifiuti provenienti da superfici pubbliche e private nel corso del 2007, con il recupero del 68% dell’immesso al consumo, percentuale che a livello nazionale supera l’obiettivo del 60% previsto dalla legge per fine 2008. A valle della raccolta differenziata, sempre più determinante il trattamento meccanico biologico, che permette una gestione più corretta del rifiuto residuo, con la frazione organica che viene poi usata nella copertura delle discariche o in attività paesaggistiche e di ripristino ambientale. Nel 2007, quasi il 23% dei rifiuti urbani, pari a circa 8,8 milioni di tonnellate, è stato avviato ad impianti di biostabilizzazione e produzione di CDR, con un incremento, rispetto al 2006, del 7,6% circa. Cresce la produzione di rifiuti speciali: nel 2006 erano 73,4 milioni di tonnellate quelli non pericolosi, 9,2 milioni quelli pericolosi, e 52 milioni i rifiuti provenienti da attività di costruzione e demolizione, per un totale di oltre 134 milioni. La forma prevalente di gestione è il recupero di materia, che interessa circa 57,7 milioni di tonnellate, mentre 45,6 milioni di tonnellate sono i rifiuti destinati ad attività di smaltimento. Un quantitativo pari a 13,4 milioni di tonnellate viene invece avviato ad impianti di stoccaggio. Aumentano i costi del servizio di igiene urbana, ogni italiano nel 2006 ha speso in media 127,93 euro, il 3,9% in più rispetto all’anno precedente, destinati per il 48,2% alla gestione dei rifiuti indifferenziati, per il 17,9% alla differenziata e per il 14,7% alla pulizia delle strade.
Raccolta differenziata in Italia, Rapporto Rifiuti 2008
fonte: ISPRA
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Studio condotto dall’Università di Roma “Tor Vergata”
MISURARE LE PERFORMANCE Un sistema condiviso per il servizio di gestione dei RSU di Gustavo Eduardo Mizes
Del complesso settore della gestione dei rifiuti urbani, si vuole approfondire in questa sede una problematica di tipo economico-gestionale non direttamente connessa alle emergenze attuali, ma di estrema rilevanza nell’ottica di un miglioramento del servizio di gestione: la definizione di un sistema condiviso di misurazione della performance per il servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani. La realizzazione di tale sistema innovativo presenta una serie di difficoltà, fortemente dipendenti da: a) specificità dei contesti sociali, economici, culturali all’interno dei quali gli indicatori stessi vengono sviluppati; b) specificità delle infrastrutture informative localmente presenti;
c) infrastruttura organizzativa fortemente dislocata territorialmente ed orientata agli utenti; d) comportamento degli stakeholders coinvolti nel ciclo di produzione e gestione dei rifiuti, non controllabile direttamente dal gestore (utenza, produttori imballaggi,...). Ciò fa sì che a livello nazionale ed internazionale esista una varietà piuttosto estesa di indicatori, non emergendo peraltro alcuna tassonomia condivisa e non esistendo ovviamente uno standard di riferimento. Partendo da tali considerazioni, l’Università di Roma Tor Vergata ha dapprima portato a termine una analisi con l’obiettivo di formalizzare un “processo costruttivo” degli indicatori, in modo da rendere comparabile ciò
Figura 1
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che viene sviluppato localmente sulla base delle specificità di contesto, identificando un metodo per definire una “tassonomia costruttiva” di indicatori attraverso l’identificazione delle “classi” a cui gli indicatori sono riferibili, e successivamente, sulla base di tale primo risultato, ha definito e costruito, in via sperimentale, indicatori di performance per il servizio di raccolta differenziata dell’intero Comune di Roma. Il lavoro che l’Università di Roma Tor Vergata ha realizzato assume, nel suo complesso, un sistema articolato di obiettivi: di metodo, di merito e di tipo tecnico. Dal punto di vista del metodo, ciò che si è teso a perseguire è la formalizzazione di un processo costruttivo di
definizione degli indicatori di performance per il servizio di gestione di rifiuti. Nel merito, si sono identificati e costruiti alcuni indicatori delle performance riferiti a specifici segmenti del servizio di gestione della raccolta differenziata nel caso del Comune di Roma. Infine, dal punto di vista tecnico, è stata sviluppata una procedura di associazione di informazioni geografiche e gestionali mediante la quale derivare le misure necessarie per la costruzione degli indicatori. Il framework di riferimento per la determinazione degli indicatori è definito dalle seguenti assunzioni: a) gli indicatori di performance sono sempre riferiti ad una gerarchia di obiettivi (strategici, tattici ed operativi); b) gli indicatori di performance sono definibili per classi; c) le classi sono determinate all’interno di un sistema di variabili a tre dimensioni: i) finalità: determina lo scopo generale per il quale l’indicatore viene costruito, rispetto alle funzioni proprie del soggetto gestore del servizio (definizione di politiche, pianificazione del servizio, gestione del servizio); ii) contesto: specifica se gli indicatori vengono riferiti al processo generale di gestione dei rifiuti ovvero al rapporto fra tale processo e l’ambiente; iii) processo: determina lo specifico segmento funzionale per il quale si vogliono costruire gli indicatori (generazione dei rifiuti, sistema di conferimento, raccolta e trasporto, trattamento del rifiuto e recupero di energia, smaltimento finale, amministrazione). Le dimensioni degli indicatori sono: a) Economia; b) Efficienza; c) Efficacia; d) Equità. Un singolo indicatore può essere determinato dalla seguente formula: I = f (S, C, E) in cui I rappresenta un output del servizio di gestione del rifiuto; a loro volta, S, C ed E rappresentano indicatori “interni” a ciascuna delle componenti che intervengono nel processo generale di produzione e gestione del rifiuto. S è un indicatore delle risorse, materiali, economiche, umane ed organizzative, utilizzate per assicurare ciascun segmento del processo di gestione; C è
Tabella 1: diversificazioni tra le tipologie di utenza servita
un indicatore che descrive le componenti, fisiche e socio economiche, che costituiscono la domanda; E è un indicatore che descrive le componenti ambientali coinvolte nella produzione del servizio, viste sia come risorse che come elementi ricettori degli impatti ambientali generati dalla produzione del servizio. L’immagine diagrammatica del framework proposto è illustrata in figura 1. L’approccio seguito nella definizione degli indicatori, applicato al caso specifico del Comune di Roma, vede come condizioni assunte nella definizione degli indicatori: a) Finalità: gestione; b) Contesto: servizio di gestione dei rifiuti; c) Processo: raccolta differenziata; d) Dimensione: efficacia ed efficienza. Le variabili direttamente influenti sul contenuto degli indicatori sono: a) Utilizzatori: managers aziendali; b) Aggregazione spaziale: ambiti locali di erogazione del servizio, in particolare le sezioni di censimento sono utilizzate quale contesto informativo in cui sviluppare gli indicatori; c) Aggregazione temporale: mensile; d) Aggregazione settoriale: tipologia del rifiuto: carta e multimateriale; e) Misure: domanda di servizio, risorse impegnate e servizio prodotto. Per quanto concerne i dati di input del lavoro, avendo assunto di costruire tali indicatori in maniera spazializzata, e cioè volendo verificare l’efficacia e l’efficienza del servizio in riferimento ad ambiti locali di domanda, si è pensato di riferire i dati ad un partizionamento territoriale che rendesse realistica la valutazione dei rapporti tra domanda ed offerta, le sezioni censuarie ISTAT. Per effettuare l’analisi a livello territoriale è stato inoltre necessario collocare in geografia i dati relativi all’utenza ed alle unità di servizio, implementando un processo di codifica (address matching e geocoding) che ha qualificato tutti gli input dal punto di vista del loro riferi-
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mento ad una sezione censuaria. Scopo della costruzione degli indicatori è fornire una misura del rapporto complessivo tra una potenzialità di servizio erogabile ed una potenzialità di rifiuto producibile, per ciascuna unità di analisi. Dal punto di vista del rifiuto potenzialmente producibile, occorre valutare che gli utenti sono diversificati per categoria e dimensione e che tale diversificazione deve essere valutata in termini di coefficienti relativi tra utenti secondo lo schema della tabella 1. Per valutare la potenzialità di rifiuto complessivamente producibile, si è resa necessaria una normalizzazione degli utenti rispetto alle loro diversificazioni. Il DPR 158 del 1999 stabilisce dei parametri di rapporto tra le varie categorie di utenza in funzione della loro potenziale produttività (coefficienti di produttività). Sulla base di tali parametri, anche se non del tutto soddisfacenti poiché non relazionati alla tipologia di rifiuto producibile, è stato definito il concetto di utente equivalente per ciascuna tipologia di domanda come prodotto del numero di utenze per un coefficiente potenziale di produzione del rifiuto connesso alla tipologia di utenza descritta dalle due grandezze precedenti. In particolare si sono assunti come coefficienti quelli relativi al DPR 158 attualmente vigente e rispetto ai quali viene calcolata la parte fissa della tariffa. La valutazione complessiva della domanda potenziale di ciascun servizio è stata calcolata combinando i valori della domanda domestica e non domestica, ottenendo: a) domanda potenziale per il servizio di raccolta della carta; b) domanda potenziale per il servizio di raccolta del multimateriale. Una volta ottenute tutte le informazioni necessarie, il progetto realizzato dall’Università di Roma Tor Vergata ha portato al calcolo di una serie di indi-
Figura 2: diagramma di flusso della costruzione degli indicatori
catori di performance del servizio di gestione del rifiuto urbano, di seguito descritta. Indice di efficacia Questo indice misura i rapporti intercorrenti tra domanda ed offerta; nel caso corrente, in particolare, si è presa in considerazione l’offerta teorica allocata sul territorio misurata dalla seguente formulazione:
dove: VSPE: servizio potenzialmente erogabile (litri/mese); Vc: Volume contenitore (litri); Fc: frequenza movimentazione contenitore (frequenza mensile); N : numero di matricole per sezione di censimento. L’indice di efficacia diventa quindi: IE = COMBINAZIONE IDP con ISPE
Figura 3: Indice di efficacia: carta e multimateriale
Figura 4: Indice di efficienza: carta e multimateriale
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dove: IDP: indice di domanda potenziale; ISPE: indice di servizio potenzialmente erogabile. Il calcolo dell’indice di efficacia è stato effettuato secondo le seguenti fasi: a) suddivisione dei valori assunti dalle variabili relativi alla domanda e all’offerta potenziali di servizio in 4 classi secondo il metodo natural breaks; b) associazione agli elementi di ciascuna classe di ciascuna variabile di un valore indice da 1 a 4 attribuiti per valori crescenti delle variabili (valore pari ad 1: basso: 2: medio basso; 3: medio alto; 4: alto); c) determinazione di tutte le possibili combinazioni dei valori assunti dalle due variabili: matrice delle combinazioni; d) riduzione della matrice delle combinazioni a 3 classi di valori: indice di efficacia. Si è adottato di procedere ad una classificazione secondo le precedenti modalità poiché l’indicatore non deve fornire una misura analitica del rappor-
to domanda/offerta quanto, piuttosto, deve far emergere i casi in cui si registra un andamento squilibrato di tale rapporto, nel verso della domanda o in quello dell’offerta. In altre parole, l’ipotesi gestionale del servizio che si è assunta è che sul tutto il territorio dovrebbe darsi una stessa quantità di offerta a fronte di una stessa quantità di domanda. È peraltro per tale motivo che tanto la domanda che l’offerta sono state valutate nelle loro dimensioni complessive. I valori assunti dall’indice corrispondono alle seguenti classi: - classe 1 (in blu in figura: Efficacia) è quella di equilibrio; - classe 2 (in verde in figura: Surplus di servizio) aggrega i casi in cui i valori di offerta per unità di domanda sono superiori rispetto a quelli della classe 1; - classe 3 (in rosso in figura: Deficit di servizio) aggrega i casi in cui i
valori di domanda superano quelli dell’offerta rispetto ai valori in classe 1 (figura 3). Indice di efficienza L’efficienza di un servizio pubblico è data dal rapporto tra il servizio potenziale ed il servizio effettivamente erogato. Il metodo di calcolo dell’efficienza del servizio di raccolta differenziata di RU è consistito nella costruzione dell’ indice rappresentativo del servizio potenzialmente erogabile e dell’ indice rappresentativo del servizio effettivamente erogato. Il servizio effettivamente erogato è stato così calcolato:
dove: VSEE: servizio effettivamente erogato (litri/mese); Vri: volume di rifiuto raccolto per iesima matricola al mese;
Figura 5: Indice di performance totale
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sr: stato di riempimento dell’ i-esima matricola nel mese; Vi: volume del contenitore relativo all’iesima matricola; M: numero di matricole movimentate per sezione di censimento. Il calcolo dell’indice di efficienza è dato dal rapporto: VSPE/VSEE (figura 4). Indice di performance totale La valutazione complessiva della performance del servizio di raccolta differenziata può esser determinata mediante un indice che contenga in sé sia l’informazione dell’efficienza che dell’efficacia. Pertanto l’indice di performance totale è dato dalla combinazione degli indici di efficienza ed efficacia (figura 5).
VIA E VAS DOPO IL D. LGS. N.4/2008 La conoscenza di questi istituti normativi determinante per gli interventi programmati sul territorio di Leonardo Filippucci
Ospitiamo in questo numero il prezioso contributo del Dott. Leonardo Filippucci in merito alla VIA, strumento di supporto per l’autorità decisionale per individuare e valutare in termini ambientali gli effetti della realizzazione dei progetti specifici. Leonardo Filippucci, avvocato, esercita la libera professione forense e dirige uno studio legale associato, con sede in Macerata. Specializzato in Diritto dell’Ambiente, svolge in tale settore attività di consulenza, fornendo un’assistenza mirata per quanto concerne il contenzioso amministrativo e penale. Ha di recente pubblicato il volume “La Valutazione di Impatto Ambientale e la valutazione strategica alla luce delle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 4/2008” (Edizioni Ambiente, 2009), dove si dedica particolare attenzione ad alcune tipologie specifiche di impianti quali quelli per il recupero dei rifiuti e quelli per la produzione di energia.
Il 13 febbraio 2009, trascorso un anno dall’entrata in vigore del D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4, ha assunto piena efficacia, anche a livello regionale, la disciplina sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) prevista dalla vigente Parte Seconda del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152. Infatti, entro il 13/02/2009 tutte le Regioni hanno dovuto adeguare il proprio ordinamento alla nuova disciplina nazionale e, qualora non lo abbiano fatto, le disposizioni regionali incompatibili non potranno più trovare applicazione. Molteplici sono le novità introdotte dal D. Lgs. n. 4/2008 in materia di VIA e VAS, così come molteplici sono le criticità interpretative che emergono dalla lettura della normativa. Iniziamo dalla VIA, che, come noto, ha ad oggetto la valutazione ambientale di singoli progetti od opere.
In primo luogo, per quanto riguarda le finalità della VIA, l’art. 4, comma 4, lett. b) del D. Lgs. n. 152/2006, in linea con la Direttiva 85/337/CEE, stabilisce che la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso partico-
lare, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: 1) l’uomo, la fauna e la flora; 2) il suolo, l’acqua, l’aria e il clima; 3) i beni materiali ed il patrimonio culturale; 4) l’interazione tra i fattori di cui sopra. Peraltro, il successivo art. 5, alla lett. c), nel dare la definizione di “impatto ambientale”, stabilisce che per “impatto ambientale” deve intendersi l’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a
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lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti. Il legislatore nazionale, pertanto, sembra introdurre nella VIA la considerazione di non meglio specificati fattori agricoli ed economici, non contemplati nella normativa comunitaria. Quale sia l’esatta rilevanza dei fattori agricoli sembra potersi desumere dall’allegato V alla Parte Seconda, il quale, nell’elencare le zone sensibili da tenere in particolare considerazione ai fini dell’assoggettamento a VIA in sede di screening, attribuisce rilevanza ai territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all’art. 21 del D. Lgs. n. 228/2001. Tali territori sono: a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT); b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell’agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991; c) le zone aventi specifico interesse agrituristico. Per quanto riguarda, invece, i fattori economici, si ritiene che gli stessi possano assumere rilevanza nei limiti in cui l’autorità competente debba giudicare l’adozione, da parte del proponente l’opera, delle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi. Tali tecniche,
infatti, a norma dell’allegato VII alla Parte Seconda devono essere espressamente illustrate nello studio di impatto ambientale che accompagna il progetto definitivo dell’opera. Si ritiene, invece, meno conforme allo spirito della direttiva comunitaria, l’interpretazione secondo la quale i fattori economici da valutare in sede di VIA sarebbero costituiti dalle potenziali ricadute del progetto sul tessuto socio-economico (es.: risvolti occupazionali, indotto economico, ecc.). Va detto, peraltro, che l’art. 1, comma 9, lett. f) della Leggedelega 308/2004 poneva al Governo l’obiettivo di “semplificare [..] le procedure di VIA che dovranno tenere conto del rapporto costi-benefìci del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale”. Un secondo aspetto che merita di essere sottolineato con riferimento alla VIA è il mutato criterio di ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. Attualmente, infatti, la competenza in materia di VIA non è più posta in relazione con la competenza al rilascio della successiva autorizzazione alla realizzazione dell’opera, bensì viene fissata in base al tipo di progetto. Infatti, a seguito del D. Lgs. n. 4/2008, lo Stato (e, per esso, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) è competente a compiere la VIA per i progetti di opere elencati nell’allegato II alla Parte Seconda del D. Lgs. n. 152/2006, mentre le Regioni - o meglio le Pubbliche Amministrazioni con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuate secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome - sono competenti a compiere la VIA e la verifica di assoggettabilità rispettivamente per i progetti di cui agli allegati III e IV alla Parte Seconda. Un ulteriore profilo di novità introdotto dal D. Lgs. n. 4/2008 è quello relativo alla pubblicità on line del procedimento di VIA.
Infatti, tutti gli atti del procedimento di VIA, a partire dal progetto e dai suoi allegati fino agli atti istruttori per arrivare al provvedimento conclusivo, devono essere pubblicati sul sito web dell’autorità competente. In tal modo viene di fatto notevolmente facilitata la partecipazione al procedimento da parte del cosiddetto pubblico interessato, il quale, anziché recarsi materialmente presso gli uffici dell’autorità competente per estrarre copia della voluminosa documentazione, potrà ora agevolmente scaricarla dalla rete. A tal riguardo, si ricorda che per “pubblico” si intende una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone; mentre per “pubblico interessato” si intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure (le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse). Particolari problematiche interpretative, poi, è destinata a sollevare l’efficacia del provvedimento di VIA. Ai sensi dell’art. 5, lett. o) del D. Lgs. n. 152/2006 per “provvedimento di VIA” deve intendersi il provvedimento dell’autorità competente che conclude la fase di valutazione del processo di VIA. È un provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale. Se da un lato è chiaro l’intento del legislatore di coinvolgere in un unico momento procedurale tutti i soggetti competenti in materia ambientale per arrivare ad una valutazione unitaria di
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tutti gli impatti determinati da un’opera sull’ambiente, dall’altro non v’è chiarezza su come ciò debba avvenire. Infatti, un conto è se il provvedimento finale di VIA sostituisce tutte le varie autorizzazioni ambientali; altra cosa è se la procedura di VIA rappresenti il luogo in cui si coordinano diversi procedimenti che poi sfociano in distinti atti autorizzatori. La questione non è di poco momento, laddove si consideri che per il provvedimento di VIA non è prevista una durata (scaduta la quale si deve procedere a rinnovo) e che, sul piano sanzionatorio, la realizzazione di un’opera in carenza del prescritto provvedimento di VIA o in violazione delle prescrizioni in esso contemplate non costituisce reato o illecito amministrativo, bensì può portare solamente ad un ordine di ripristino dello stato dei luoghi. In materia di semplificazione e coordinamento dei vari procedimenti, l’art. 10 del D. Lgs. n. 152/2006 si limita a stabilire che provvedimento di VIA fa luogo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per i progetti per i quali la relativa valutazione spetta allo Stato e che ricadono nel campo di applicazione dell’allegato V del D. Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 (in altri termini il provvedimento di VIA sostituisce l’AIA - e tutte le autorizzazioni ambientali da questa assorbite - nei soli casi in cui sia la VIA che l’AIA appartengano alla competenza statale). Nei casi in cui la VIA sia di competenza regionale, saranno le singole Regioni a stabilire le modalità di coordinamento tra le varie procedure di loro competenza. L’ultimo aspetto che merita indubbiamente di essere sottolineato è l’introduzione, nell’ambito del processo di VIA, del monitoraggio, vale a dire di un’attività pubblica, successiva al rilascio del provvedimento di VIA, con la quale si assicura il controllo sugli impatti ambientali significativi sull’ambiente provocati dalle opere approvate, nonché la corrispondenza
alle prescrizioni espresse sulla compatibilità ambientale dell’opera, anche al fine di individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e di consentire all’autorità competente di essere in grado di adottare le opportune misure correttive. Il monitoraggio rappresenta un novità assoluta in materia di VIA, addirittura non prevista dalla Direttiva 85/337/ CEE, verosimilmente introdotta per consentire quella semplificazione o quel coordinamento procedimentale con la procedura di AIA di cui si faceva cenno poc’anzi. In merito al monitoraggio si evidenzia che la relativa spesa è a carico del proponente l’opera (i costi del monitoraggio rientrano, infatti, negli oneri istruttori) e che le autorità competenti possono avvalersi per l’espletamento dell’attività di controllo del sistema delle agenzie ambientali. *** Passiamo ora ad una breve disamina della disciplina sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS), che costituisce attuazione della Direttiva comunitaria 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente. Scopo della VAS è quello di garantire che, nella fase di elaborazione di quei piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente, siano integrate nel processo decisionale considerazioni relative a tali effetti, onde promuovere uno sviluppo sostenibile. Si può dunque affermare che la VAS e la VIA costituiscono entrambe due istituti di tutela preventiva dell’ambiente, ma mentre la VAS fornisce una valutazione sulla “sostenibilità ambientale” di una scelta di carattere strategico, la VIA assicura una valutazione della “compatibilità ambientale” di un singolo progetto. Ciò si riflette sulla natura giuridica dell’atto valutativo. Infatti, mentre la
procedura di VIA si conclude con un provvedimento di carattere autorizzatorio, nella procedura di VAS la relazione tra l’autorità che elabora il piano/programma e l’autorità con competenze ambientali è di tipo consultivo. Vediamo ora il campo di applicazione della normativa sulla VAS. Per “piani e programmi” devono intendersi gli atti e i provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche: 1) che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e 2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. Mentre taluni piani e programmi sono necessariamente soggetti a VAS, altri sono soggetti a verifica di assoggettabilità (screening) e soggiacciono alla procedura di VAS solo allorquando possano avere effetti significativi sull’ambiente. In particolare, la VAS deve essere necessariamente effettuata per tutti i piani e i programmi: a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV della Parte Seconda del D. Lgs. n. 152/2006; b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati
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come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni. Sono, invece, soggetti a screening: a) i piani e i programmi che, pur dovendo essere necessariamente assoggettati a VAS, determinano l’uso di piccole aree a livello locale; b) le modifiche minori dei piani e dei programmi che dovrebbero essere necessariamente assoggettati a VAS; c) i piani e i programmi, diversi da quelli necessariamente assoggettati a VAS, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione della Parte Seconda del D. Lgs. n. 152/2006: a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato; b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio; c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l’incolumità pubblica; c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati. La procedura di VAS, come detto, è una procedura di tipo consultivo che vede coinvolti i seguenti soggetti: a) la “autorità procedente”, che è quella che elabora il piano/programma, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano/programma
sia un diverso soggetto pubblico o privato, la Pubblica Amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano/programma; b) il “proponente”, ossia il soggetto pubblico o privato che elabora il piano/programma (il proponente può coincidere con l’autorità procedente); c) la “autorità competente”, che elabora un proprio parere motivato sulla proposta di piano/programma e sul rapporto ambientale (in materia di VAS vige un principio di parallelismo, per cui per i piani/programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato l’autorità competente per la VAS è il Ministero dell’Ambiente, mentre per i piani/ programmi la cui approvazione compete alle Regioni o agli enti locali l’autorità competente per la VAS è la Pubblica Amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali). Le cadenze del procedimento di VAS possono essere così sintetizzate. Nei casi in cui un piano/programma, per diretto disposto normativo o a seguito di verifica, sia da assoggettare a VAS, il proponente o l’autorità procedente deve anzitutto redigere un rapporto ambientale, costituente parte integrante del piano/programma, nel quale devono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l’attuazione del piano/programma proposto potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano/ programma stesso. Una volta redatto il rapporto ambientale, il proponente o l’autorità procedente deve metterlo a disposizione dei soggetti destinatari della consultazione, unitamente alla proposta di piano/ programma.
A tal fine: - la proposta di piano/programma è comunicata all’autorità competente ed è altresì messa a disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale; - la documentazione è depositata, oltre che presso gli uffici dell’autorità competente, anche presso gli uffici delle Regioni e delle Province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione; - onde consentire la partecipazione del pubblico interessato, l’autorità procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale o nel B.U.R.; - in caso di piani o programmi che possono avere impatti rilevanti sull’ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato così richieda, il Ministero dell’Ambiente, provvede alla notifica di una sintesi della documentazione concernente il piano/ programma, fissando il termine, non superiore ai 60 giorni, entro il quale lo Stato estero può esprimere il proprio interesse a partecipare alla procedura; - l’autorità competente e l’autorità procedente, infine, mettono a disposizione del pubblico la proposta di piano/programma ed il rapporto ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione sul proprio sito web. Entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione dell’avviso sulla G.U. o sul B.U.R., chiunque può prendere visione della proposta di piano/programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. Una volta raccolte tutte le osservazioni, l’autorità competente procede alla valutazione del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, redigendo, come accennato, un proprio parere motivato sulla proposta di piano/programma e sul rapporto ambientale
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nonché sull’adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie. A questo punto, il piano/programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato dell’autorità competente e la documentazione acquisita nell’ambito della consultazione, sono trasmessi all’organo competente all’adozione o approvazione del piano/ programma. Ove necessario, l’autorità procedente, in collaborazione con l’autorità competente, provvede alla revisione del piano/programma alla luce del parere motivato espresso prima della presentazione del piano/programma per l’adozione o approvazione. In ogni caso, all’atto dell’adozione o approvazione del piano/programma, l’autorità procedente deve redigere una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano/programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate. La decisione finale, con la quale viene adottato o approvato il piano/programma, è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale o nel B.U.R. con l’indicazione della sede ove si possa prendere visione del piano/programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell’istruttoria. Sono inoltre rese pubbliche, anche attraverso la pubblicazione sui siti web delle autorità interessate: a) il parere motivato espresso dall’autorità competente; b) la sopra indicata dichiarazione di sintesi redatta dall’autorità procedente; c) le misure adottate in merito al monitoraggio.
SERVIZI AMBIENTALI
Direttiva 2008/99/CE: Tutela penale dellʼambiente
LʼEUROPA INTRODUCE IL DIRITTO PENALE Fondazione Santa Chiara, PolieCo e Diritto all’Ambiente hanno promosso una Tavola Rotonda con tutti gli stakeholders in vista del recepimento da parte dello Stato italiano di Alberto Piastrellini
L’internazionalizzazione dei reati ambientali, soprattutto in capo al settore rifiuti, tema passato negli ultimi anni da problema puntuale dei singoli Paesi UE a diffuso fenomeno che nasconde dinamiche malavitose, ha spinto l’Europa e i suoi organi di Governo, ad adottare una precisa Direttiva (2008/99) che ha l’obiettivo di elevare il livello di tutela dell’ambiente in tutto l’ambito comunitario, onde contenere il depauperamento dell’ambiente e proteggere la conservazione delle specie, ivi compresa quella umana, dall’inquinamento derivante dalla dispersione illecita di sostanze ed elementi nocivi nel terreno, nelle falde acquifere e nei corsi d’acqua. La nuova normativa dà mandato agli Stati membri di prevedere, nella legislazione nazionale, nuove sanzioni penali più efficaci e dissuasive (ancorché proporzionate alla gravità del delitto commesso), in presenza di violazioni delle regole del diritto dell’Unione. La novità, che non ha mancato di destare l’interesse maggiore negli operatori, è determinata dal fatto che la Direttiva introduce l’obbligo di individuare la responsabilità in diversi soggetti, comprese le persone giuridiche, e contempla azioni preventive e repressive secondo le logiche del diritto
penale, laddove, finora ci si era limitati ad applicare sanzioni amministrative e meccanismi di risarcimento tipici del diritto civile. Per approfondire l’argomento e promuovere un dibattito libero da censure, Fondazione Santa Chiara per lo studio del Diritto e dell’Economia dell’Ambiente; Consorzio PolieCo (Consorzio Nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene); e Diritto all’Ambiente - Rivista on-line, hanno promosso nella giornata di mercoledì 25 marzo una Tavola Rotonda dal titolo: “Il diritto penale comunitario in materia di tutela dell’ambiente”, alla presenza di importanti esponenti del Governo, del mondo dell’impresa e della giurisprudenza, riuniti per l’occasione, in Roma, presso la Sala delle Conferenze di Piazza Montecitorio. Grande è stata l’affluenza di pubblico, convenuto non solo dalla Capitale ma anche da diverse Regioni italiane, e a conferma del notevole interesse suscitato dall’argomento e dal parterre dei relatori, si è registrata una cospicua presenza della Stampa, delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), degli Enti Pubblici, delle Aziende del settore recupero/riciclo, delle Associazioni Ambientaliste
Da sinistra: Francesco Paolo Sisto, Maurizio Santoloci, Enrico Bobbio, Crescenzo Fiore e Mariella Maffini
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e degli Organi di controllo: Guardia di Finanza, Carabinieri e Corpo Forestale dello Stato. L’evento si inserisce nel solco delle tante iniziative - compreso il Ciclo di Formazione 2009 - che il PolieCo e la Fondazione Santa Chiara, hanno deciso di proporre, ai Soci del Consorzio e alle Pubbliche Amministrazioni, nella precisa convinzione che la sensibilità ambientale e le singole “buone pratiche” non bastano a formare un comparto industriale e produttivo che giornalmente si confronta con le tematiche dell’ambiente e che non cerca di eludere, pur misurandosi con norme stratificate e di difficile interpretazione, anche per gli addetti ai lavori e dagli stessi Organi di controllo. Di qui la necessità di informare e comunicare puntualmente quanto di nuovo “bolle in pentola”, confrontandosi con le esigenze della base imprenditoriale del settore del riciclo e promuovendo, all’occasione, tavoli di confronto fra gli stessi operatori e i rappresentanti delle Istituzioni, nella certezza che solo una dialettica comune potrà portare all’applicazione seria e condivisa delle regole a tutela dell’ambiente. “Questo meeting è nato a seguito di diversi incontri con le Autorità com-
petenti - ha dichiarato in apertura il Presidente di PolieCo, Enrico Bobbio, ricordando alcuni eventi che hanno contribuito alla genesi dell’iniziativa – le quali, all’indomani dell’uscita della Direttiva sollecitavano un momento di particolare approfondimento. È per questo che abbiamo voluto promuovere questo incontro, riunendo tanti esperti che analizzassero le prospettive future dal loro punto di vista”. A rimarcare le istanze che hanno mosso il Legislatore europeo alla scrittura della Direttiva, è stato il Prof. Crescenzo Fiore, antropologo, qui in veste di moderatore, che nell’introdurre i lavori ha precisato come “il sentimento di minaccia e preoccupazione che l’Europa avverte nei confronti della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, accanto ad una rinnovata sensibilità ambientale e ad un corpus di leggi, spesso insufficiente, ha spinto l’UE nella direzione di colmare alcuni deficit normativi locali nella convinzione che, quando si tratta di ambiente, la dimensione nazionale non basta più”. Qualche preoccupazione nei confronti del mondo dell’impresa, già in difficoltà per la crisi economica in atto e per lo stratificarsi di una normativa nazionale sull’ambiente piuttosto confusa, l’ha espressa l’On. Francesco Paolo Sisto, membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, il quale, pur plaudendo all’iniziativa comunitaria tesa alla maggior tutela dell’ambiente, ha ribadito che il mondo dell’impresa ha bisogno di norme che accompagnino l’esercizio in tutte le sue fasi e che il diritto penale andrebbe considerato un valore aggiunto e non una barriera allo sviluppo.
Maurizio Santoloci
A cura della Dott.ssa Mariella Maffini, Responsabile della missione tecnico operativa della raccolta differenziata nell’ambito della struttura del Sottosegretario Guido Bertolaso, c’è stata una disamina della gestione del sistema-ambiente, con particolare riferimento a quanto accaduto nella Regione Campania, nel quadro della normativa nazionale e comunitaria. Un’altra preoccupazione è emersa dall’intervento dell’On. Angelo Alessandri, Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, il quale ha stigmatizzato il pericolo derivante da approcci estremistici nei confronti dello sviluppo industriale tout court e dell’ambientalismo. A gettare acqua sul fuoco è intervenuto l’On. Rocco Buttiglione, ricordando come: “il diritto comunitario è diritto vigente in Italia, con l’esclusione dei principi fondanti della Costituzione”. Anche l’eurodeputato Marcello Vernola, relatore-ombra della Direttiva, ha preferito puntare l’indice sugli effetti benefici che la Direttiva stessa produrrà nei confronti degli inquinamenti derivanti dalle imprese dei Paesi emergenti che si affacciano sull’Europa, piuttosto che sulle possibili conseguenze per gli imprenditori italiani. Importante il contributo scientifico del Prof. Matteo Benozzo, Docente di diritto ambientale all’Università di Macerata e autore, insieme al Prof. Francesco Bruno (presente anch’egli al Convegno), del Commentario al Codice dell’Ambiente. Puntuale ed esauriente, poi, la disamina dell’evoluzione dei crimini ambientali, tra regole normative nazionali, prassi
Rocco Buttiglione
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giurisprudenziali e direttive UE, compiuta dal Magistrato di Cassazione, Maurizio Santoloci, mentre il punto di vista degli organi deputati al controllo dei processi industriali è stato a cura del Tenente Colonnello della Guardia di Finanza, Amedeo Antonucci, Comandante Reparto Operativo Aeronavale - Comando Regionale “Puglia”. A concludere la Tavola Rotonda è stato il doppio intervento WWF Italia ad opera del Presidente Onorario, Fulco Pratesi, che ha stigmatizzato la falsa convinzione che sia conflittuale il rapporto fra sviluppo e ambiente e del Direttore Gaetano Benedetto, il quale ha focalizzato l’attuazione del diritto comunitario ambientale nel nostro Paese, sottolineando la gravità di ben 200 procedure di infrazione comminate all’Italia, di cui ben 64 relative a questioni ambientali. “L’importanza della tematica in oggetto - ha dichiarato il Presidente Bobbio - imporrebbe ben altri tempi di riflessione”. “Come operatori dell’ambiente - ha infine proseguito - siamo preoccupati della corretta informazione delle nostre imprese e del rapporto fra queste, legislatore e Organi di controllo, pertanto ci impegneremo affinché le riflessioni che sono scaturite oggi non rimangano isolate ed improduttive, bensì promuoveremo altre occasioni di confronto onde contribuire a stimolare nel Paese una cultura dell’ambiente intesa come più responsabile e consapevole partecipazione dei cittadini ai problemi della tutela del territorio”.
COSMARI
I SUCCESSI NELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA DI PARI PASSO ALL’AMPLIAMENTO DEI SERVIZI Importante pure il ruolo delle iniziative di informazione e comunicazione di Luca Romagnoli
“Il Consiglio di Amministrazione del COSMARI - ha dichiarato il Presidente Fabio Eusebi nel corso dell’ultima Assemblea dei Comuni Soci - tenuto conto della attuale situazione di bilancio che stanno vivendo i comuni, ha ritenuto di dover impegnare tutte le risorse presenti nel proprio bilancio economico che saranno ripartite tra i Comuni che hanno attivato il sistema di raccolta differenziata “porta a porta” per un totale di 845 mila euro”. “Va precisato - ha osservato il Presidente - che 120 mila euro sono stanziati nel fondo annuale di bilancio, a cui vanno aggiunti poco più 100 mila euro derivanti da un bando di gara finanziato dalla Regione Marche e 625 mila euro messi a disposizione dal Consorzio a seguito di una escussione con esito favorevole della prima istanza di un contenzioso con la Slia spa. Pertanto ai Comuni che hanno attivato la raccolta differenziata “porta a porta” tra il 2007 ed il 2008 saranno assegnati 3,2 euro per abitante servito. Tale importo, in pratica, contribuirà di fatto a compensare i comuni delle spese sostenute per l’attivazione del servizio porta a porta”. “Sono soldi spesi bene - ha concluso Eusebi - che vanno a favorire un progetto che ha dato risultati che sono andati oltre le più ottimistiche previsioni”. La proposta di riparto e distribuzione dei contributi consortili ai Comuni che attuano la raccolta differenziata “porta a porta” è stata approvata all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione. In particolare il fondo annuale di Bilancio stanziato dal COSMARI verrà ripartito tenendo conto dei Comuni la cui media annuale della raccolta differenziata è stata superiore alla media provinciale: il 10% sarà assegnato ai Comuni con popolazione al di sotto di 5 mila abitanti; il 50% in parti uguali per tutti i comuni che hanno attivato il “porta a porta”; il 20% in rapporto alla popolazione; infine, il 20% in rapporto alla percentuale di raccolta differenziata.
A Montelupone saranno assegnati 9.578,94 euro, a Potenza Picena 9.083,31, a Urbisaglia 9.247,77, a Camerino 7.113,79 euro, a San Ginesio 9.186,60 euro, a Loro Piceno 8.940,68 euro, a Civitanova Marche 12.623,95 euro, a Corridonia 8.340,94 euro, a Appignano 9.715,32 euro, a Montecosaro 6.849,69 euro, a Porto Recanati 4 mila euro, a San Severino Marche 8.133,07 euro, a Tolentino 9.186,32 euro, a Ripe San Ginesio ed a Recanati 4 mila euro. Va ricordato che attualmente sono coinvolti nel servizio porta a porta 143.838 abitanti. Sempre nel corso dell’Assemblea, è stata approvata all’unanimità la Delibera di attuazione del programma di acquisizione delle società miste operanti in provincia e approvato, sempre all’unanimità il Regolamento consortile per la concessione di contributi e di altre utilità economiche a favore di soggetti pubblici e privati. Sono state inoltre discusse e prese in esame iniziative connesse alla definizione del Piano Industriale. Per quanto concerne la definizione delle linee generali atte alla formazione del prossimo bilancio di previsione per l’anno in corso, dopo una serie di interventi è stata accolta la richiesta del Comune di Pollenza per la modifica dell’equo indennizzo per l’attività dell’impianto. In particolare, il Sindaco di Pollenza aveva chiesto l’abbattimento della tassa dei rifiuti per i residenti nella zona circostante la sede consortile e che quindi venisse erogato un adeguato eco indennizzo. Il Presidente Eusebi ha proposto la composizione di una Commissione per valutare la proposta di Pollenza composta dai Comuni che percepiscono l’eco indennizzo, oltre a Pollenza, Tolentino, Urbisaglia, Macerata e Corridonia. Il Sindaco di Tolentino, invece, ha chiesto che venga riconosciuto il ruolo di tutte quelle comunità, anche più piccole, che
Lo stand COSMARI al centro fieristico di Villa Potenza di Macerata
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hanno fin dai primi anni creduto nel progetto COSMARI. Al termine il Presidente ha illustrato i costi di smaltimento e dei servizi erogati dal COSMARI a confronto con quelli di altre realtà, risultando che quelli del Consorzio sono tra i più bassi praticati in Italia. Il Comune di Appignano, nello scorso mese di febbraio, ha infranto la soglia dell’80% nella raccolta differenziata, limite ritenuto difficilmente valicabile. Grazie all’impegno dei cittadini, alla perseveranza dell’Amministrazione comunale e ai servizi del COSMARI e Sintegra, Appignano ha raggiunto l’82,02% nella raccolta differenziata dei rifiuti. È stato così raggiunto un altro importante traguardo per merito del sistema “porta a porta” coordinato dal COSMARI in diversi comuni maceratesi. Ottima anche la percentuale media provinciale che si è attestata, sempre nel febbraio scorso, al 50,08%, salendo di quasi 15 punti in confronto allo stesso mese del 2008 quando era di poco superiore al 35%. Da sottolineare che in totale la raccolta dei RSU indifferenziati (4.140.960 Kg) è risultata inferiore rispetto alla raccolta differenziata (4.276.163 Kg), ribaltando così valori che vedevano i rifiuti finire in discarica, anziché essere riciclati. Ottime anche le performances degli altri Comuni che hanno adottato il “porta a porta”. Queste le percentuali: Montelupone 75,08%; Montecosaro 73,44%; Loro Piceno 72,67%; Corridonia 72,08%; Tolentino 70,10%; Potenza Picena 70,09%; Urbisaglia 69,21%; San Severino Marche (coinvolta una parte della popolazione) 64,95%; Ripe San Ginesio 64,81%, Civitanova Marche 63,31%; Camerino 58,97%; Recanati 53,28% e Porto Recanati 40,30% (anche in questi ultimi due comuni è stata coinvolta solo una parte della popolazione). La chiesa di San Francesco a Civitanova Alta ha ospitato la presentazione del CD “La Città nelle tue mani” realizzato dagli alunni della classe V B anno scolastico 2007/08 dell’Istituto Comprensivo “Sant’Agostino”. L’iniziativa è stata promossa dal COSMARI, dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Civitanova Marche e dall’Istituto Comprensivo “Sant’Agostino”. In pratica, da un’idea di questi giovani alunni, è scaturito un lavoro, particolarmente curato, interamente dedicato ai temi ambientali e più precisamente alla raccolta differenziata. Grazie alla collaborazione con il COSMARI e l’Amministrazione
comunale, l’attività prodotta si è ampliata tanto da divenire un utile strumento interattivo per informarsi, giocando. Infatti il lavoro multimediale, realizzato sotto la guida delle insegnanti Paola Propeti e Vilma Castignani, con la consulenza tecnica di Empix e la consulenza scientifica dell’Ufficio Comunicazione del COSMARI, presenta una fiaba, scritta illustrata e letta dai bambini che vede come protagonisti “Linda” e “Pinto”, oltre a una serie di altri interessanti argomenti ed approfondimenti dedicati alla raccolta differenziata, alla metodologia di conferimento nei 57 comuni maceratesi, al COSMARI e ai suoi servizi in generale e al “porta a porta” in particolare. Divertenti e coinvolgenti, i vari giochi proposti consentono di apprendere molte eco-nozioni specifiche. Va evidenziato il fatto che questo supporto educativo multimediale è pensato e realizzato dai bambini per i bambini, con un linguaggio semplice e giocoso, che educa ad assumere, fin da piccoli, atteggiamenti virtuosi ed a comportarsi in maniera rispettosa verso l’ambiente e la natura, adottando comportamenti eco-sostenibili. Il COSMARI, anche per l’edizione 2009, ha partecipato alla Fiera del Verde ed alla Fiera Energeticasa tenutesi presso il centro fieristico di Villa Potenza di Macerata. Oltre ad essere presente con un proprio stand istituzionale allestito grazie alla collaborazione della Meridiana, dove era disponibile il materiale informativo sulla raccolta differenziata e sulle attività del Consorzio - per favorire la conoscenza del compost e per far comprendere in maniera approfondita l’importanza della raccolta differenziata della frazione umida che, presso gli impianti consortili, viene trasformata in ammendante (compost) da utilizzare in agricoltura, negli orti o nel floravivaismo. Al Convegno di studio avente per argomento: “L’impianto di compostaggio del COSMARI: un’opportunità per la fertilità dei nostri terreni”, sono intervenuti il Presidente Fabio Eusebi e il Direttore Giuseppe Giampaoli ed hanno partecipato gli alunni dell’Istituto Tecnico di Recanati, dell’Istituto Tecnico di San Severino Marche e del Liceo Scientifico di Civitanova Marche. Nel corso dell’incontro sono state illustrate le qualità specificochimiche, le fasi del processo di produzione, le caratteristiche dell’impianto di produzione e sono stati forniti utili consigli per l’utilizzo del compost che è stato distribuito gratuitamente a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta per provarne l’efficacia in orti e giardini.
Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net - www.cosmari.sinp.net
La copertina del CD “La Città nelle tue mani”
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IMPRESA DI ECCELLENZA NELL’INNOVAZIONE E NELLA TRADIZIONE DEL TERRITORIO Recupero totale dei materiali riciclabili: il MUST della Di Gennaro
di Silvia Barchiesi
Anche le grandi realizzazioni nascono da piccoli sogni: la Di Gennaro Spa non fa eccezione in questo senso. Nata agli inizi del ’900 come impresa individuale, dopo una prima trasformazione in Società in nome collettivo, nel 1997 approda all’attuale configurazione giuridica. Ben quattro generazioni sono state coinvolte in un dinamico management familiare che vanta numerosi primati nel comparto italiano del recupero, tanto che i fratelli Di Gennaro sono stati pionieri, nel Mezzogiorno, nell’avviare un’attività specifica nel settore del recupero materiali. Nel 2000 l’azienda è stata la prima nel settore gestione rifiuti a raggiungere la certificazione di qualità ISO 9000 che gli ha consentito l’ingresso nel contesto operativo dell’Unione Europea. I frutti di un così duro lavoro non sono tardati ad arrivare, come attestano i riconoscimenti ufficiali, da parte delle Istituzioni del Paese. Il più importante proprio nel 2008, all’indomani dell’emergenza rifiuti, allorché l’Unione Industriale di Napoli ha inteso premiare la Di Gennaro Spa per la sua puntuale attività svolta nel territorio nel settore del recupero totale dei materiali riciclabili. “Impresa di Eccellenza nell’Innovazione e nella Tradizione del Territorio”: è con questa motivazione che è stata riconosciuta, anche dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’attività svolta dalla Di Gennaro Spa. Ma al di là dell’ufficialità dei titoli e dei riconoscimenti, punto
di forza del suo successo aziendale e della sua competitività è proprio la sua accentuata “vocazione” ambientalista, frutto di una cultura aziendale incentrata sul recupero e sul riciclo. “Lavoriamo per un ambiente migliore” è la vera mission della Di Gennaro Spa che fa della tutela dell’ambiente una delle priorità del suo core business. Ne è la prova l’obiettivo ISO 14001, raggiunto nell’agosto 2001 e il suo impegno nel raggiungimento della registrazione EMAS. Ma non solo. A testimoniare la sua forte sensibilità ambientalista sono tutte le iniziative di cui l’azienda si fa promotrice, come le visite guidate ai propri impianti da parte di scolaresche, affinché anche i più piccoli possano toccare con mano e assistere a tutte le fasi del riciclo, in una sorta di viaggio ludico-didattico nella cultura del recupero, attraverso la figura di “Battista - il pellicano ecologista”, testimonial e mascotte dell’azienda. Formazione, educazione, quindi, ma non solo. Tra gli impegni della Di Gennaro Spa c’è anche la sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti della difesa del territorio. Di qui la sponsorizzazione di eventi, la promozione di iniziative in collaborazione con Legambiente o di eventi artistici come la mostra “Ri-ciclo. Uno sguardo oltre i rifiuti”: tutte attività volte alla formazione di una coscienza ecologica collettiva che testimoniano la forte responsabilità sociale dell’impresa.
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Tra i fattori chiave del successo aziendale della Di Gennaro Spa c’è anche l’attenzione alla ricerca e la forte spinta all’innovazione. Ne è la prova il suo stretto legame con il mondo accademico e scientifico e in particolare l’Accordo di collaborazione con il Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università Federico II di Caserta, finalizzato al costante monitoraggio del rapporto tecnologia impiantistica/impatto ambientale attraverso lo strumento della LCA (analisi del ciclo di vita). Attenta al territorio, sensibile alle sue problematiche e aperta alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie: sono queste le connotazioni che fanno della Di Gennaro Spa, un’azienda dinamica e in continua crescita. Nel 2004 si è reso necessario l’ampliamento delle sue strutture, con l’esigenza di trasferimento in un nuovo insediamento; individuato nella zona industriale di Caivano (NA), dove l’azienda può oggi contare su di un moderno ed innovativo impianto esteso su una superficie di 40.000 m2, divenuto subito il principale punto di riferimento campano per i Consorzi di filiera: Comieco, Corepla, Rilegno, Cial, Cna, Conip, PolieCo. Ed è proprio con l’ampliamento dell’impianto che aumenta la capacità produttiva e cresce in maniera consistente l’offerta dei servizi e dei prodotti trattati. Accanto alla più tradizionale attività di valorizzazione della carta da macero, l’azienda affianca infatti quella di sele-
zione per polimero/colore degli imballaggi in plastica provenienti dalla raccolta differenziata. Tra i prodotti trattati ci sono anche allumino, materiali ferrosi e non, rifiuti in legno. Questi materiali, provenienti dalla raccolta differenziata vengono smistati e avviati a diverse fasi di trattamento, un passaggio fondamentale per la trasformazione del “rifiuto” in una “risorsa” per il sistema industriale. Insomma, se il recupero dei materiali riciclabili è il core business della Di Gennaro Spa, il rispetto dell’ambiente è la sua mission. Professionalità, efficienza, competenza sono invece gli ingredienti che stanno alla base della sua forte competitività e del suo successo aziendale: fattori che hanno portato la Di Gennaro Spa a trasformarsi da modesta ditta pionieristica nel settore del recupero d’inizio secolo, a moderna azienda odierna e punto di riferimento più importante del territorio in cui opera.
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Di Gennaro spa S.S. 87 Sannitica - Zona ASI Loc. Pascarola - 80023 Caivano (NA) Tel. 081 8808311 - fax 081 8808312 info@digennarospa.it www.digennarospa.it
IL COMMENTO
Il “MILLEPROROGHE” SDOPPIATO Uno dei Decreti, cammin facendo, è diventato una sorta di piccolo Codice Ambientale Negli anni passati con il primo numero dell’anno eravamo in grado di offrire ai lettori l’Inserto con le principali norme in materia ambientale contenute nel cosiddetto Milleproroghe, corredate da un commento con cui segnalavamo i punti più importanti e le conseguenze più rilevanti degli articoli di legge. Quest’anno non abbiamo potuto ottemperare a questa prassi con la stessa tempestività, non tanto perché il Decreto Milleproroghe si è sdoppiato in due decreti (D. L. n. 207 del 30 dicembre 2008 “Proroga di termini previsti da disposizioni finanziare urgenti” e D. L. n. 208 del 30 dicembre 2008 “Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente”), ma per il fatto che fino all’ultimo momento non vi è stata certezza sulla conferma delle norme previste e sugli accoglimenti da parte del Parlamento degli emendamenti che venivano via via proposti, tanto che i due decreti in questione sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28/02/2009, con modifiche sostanziali intervenute durante il loro percorso di conversione in Legge. Né si poteva sperare diversamente dato che, pur con qualsivoglia orientamento politico del Governo, puntuale come il Natale, a fine anno ci si ritrova sempre con un Decreto che solo per la definizione che gli è stata affibbiata suona come un’offesa al buon senso e conferma come il nostro Paese non riesce ancora a trarsi fuori dalle emergenze, urgenze, rinvii e proroghe che eufemisticamente si denominano come “straordinarie”. Vediamo, ora, quali sono le principali novità di carattere ambientale introdotte dai due decreti, soprattutto dal 208 che ha assunto le caratteristiche di un piccolo codice dell’ambiente o meglio di un collegato ambientale visto che il Governo ha preannunciato un nuovo correttivo al D. Lgs. n. 152: sarebbe il terzo che viene introdotto ad ogni cambio di Governo. D. L. 208/2008 come convertito dalla relativa Legge n. 13/2009. Acque (Art. 1) I Piani di gestione dei bacini idrografici, come previsti dalla Direttiva 2000/60/CE, dovranno essere adottati dai Comitati delle Autorità di Bacino di rilievo nazionale entro il 22 dicembre 2009. Sono ben 9 anni che la Direttiva UE/2000 aveva imposto ai Paesi membri di riorganizzare il settore in distretti idrografici. Danni ambientali (Art. 2) Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare può chiudere in via transattiva i contenziosi relativi ad azioni risarcitorie per danni ambientali aperti con imprese. Le imprese che stipulano con il MATTM i contratti transattivi relativi ad azioni risarcitorie per danni ambientali
avranno facoltà di utilizzare i terreni inquinati per l’esercizio delle loro attività, qualora ciò non sia incompatibile con gli interventi di bonifica pianificati. Speriamo che questa misura, volta ad intervenire per snellire i contenziosi tra chi ha provocato il danno e lo Stato che interviene in sua vece, non diventi un mezzo per mettere una pietra su quanto è accaduto in questi anni in molte aree della penisola, con buona pace dei cittadini che attendono il ripristino ambientale di quei territori. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Art. 3) Solo indirettamente questo articolo assume valenza ambientale, dal momento che è finalizzato a fornire il supporto tecnico-operativo ad organismi del settore. Per l’espletamento, quindi, dei compiti istituzionali, vengono permessi assunzioni e contratti di collaborazione. L’ISPRA continuerà ad avvalersi fino al 30 giugno 2009 del personale precario in possesso di determinati requisiti. Il Collegio dei Revisori dei Conti già operante in seno all’APAT (ora ISPRA) eserciterà le sue funzioni anche in luogo dei corrispondenti organi che operavano in seno all’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (INFS) e all’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM), che, come noto, sono stati assorbiti all’interno dell’ISPRA. Continuità operativa della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (Art. 4) Anche in questo caso non sussiste una corrispondenza con la tutela ambientale se non per quanto riguarda la possibilità che la Commissione tecnica del VIA e VAS possa continuare a svolgere in pienezza le sue funzioni. Continuità operativa della Commissione istruttoria per l’Autorizzazione Ambientale integrata - IPPC (Art. 4 bis) Vale quanto sopra detto. Tariffa per lo smaltimento dei rifiuti urbani (TIA) - Disposizioni in materia di adeguamento delle discariche nonché di Modello Unico di Dichiarazione ambientale (Art. 5) Fino al 30 giugno 2009 viene confermata la vigenza dell’attuale TARSU” (Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani), a partire da tale data, se il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare non avrà stabilito con proprio regolamento (previsto dal D. Lgs. 152/2006, art. 238, il cosiddetto Testo Unico Ambientale) componenti e costi per la TIA (Tariffa Integrata Ambientale), i Comuni potranno adottarla in base alle vigenti norme giuridiche. Passa da 1 anno a 18 mesi (entro il 13 agosto 2009) il termine per applicare ai rifiuti assimilati una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani.
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La nuova modulistica prevista da DPCM 2 dicembre 2008 (G.U. del 17 dicembre 2008, n. 294) viene sospesa, continuando a presentare il MUD entro il prossimo 30 aprile, con la modulistica recata dal DCPM 24 dicembre 2002 (come modificato dal DCPM 22 dicembre 2004). Il nuovo modello sarà utilizzato solo a partire dal 2010. Forse, ci si era resi conto che le novità erano tali sia in termini di informazione che di trasmissione da rendere necessaria la proroga, anche in relazione al fatto che era prevista la presentazione del MUD da parte dei produttori di AEE. Resta il fatto, tuttavia, che il vecchio modello non dà garanzie sulla contabilizzazione dei rifiuti prodotti e smaltiti, soprattutto quelli del settore produttivo. CONAI. Il Consorzio Nazionale Imballaggi dovrà acquisire da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi. Su questa norma è intervenuta l’Authority della concorrenza che sul Bollettino del 10 marzo segnala che il peso significativo attribuito al CONAI nell’ambito del processo di riconoscimento di un sistema autonomo di gestione dei rifiuti, che è di competenza, sostiene la nota dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti (ONR). La disposizione dà un vantaggio al Consorzio di filiera rispetto alla possibilità di realizzare sistemi alternativi di adempimento degli obblighi di riciclaggio e recupero. Come già era avvenuto per il COBAT, l’antitrust osserva che tale privilegio sarebbe censurabile in sede europea, costituendo un ostacolo alla concorrenza. Rifiuti ammessi in discarica (Art. 6) Viene prorogata al 30 giugno 2009 (ampliabile al 31 dicembre 2009 su richiesta motivata del Presidente della Regione interessata, da presentare entro il 15 marzo 2009 e limitatamente alle discariche per i rifiuti inerti o non pericolosi l’ammissibilità in discarica dei rifiuti previsti dal D. Lgs. 36/2003 art. 17. Viene prorogato al 31 dicembre 2009 il divieto di smaltire in discarica i rifiuti con Potere Calorifico Inferiore (PCI), superiore di 13 mila Kg. di cui al D. Lgs. 36/2003, art. 6. C’è da scommettere che ritroveremo la stessa proroga al prossimo dicembre 2009. Intanto la Commissione UE ha aperto una nuova procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per scorretta ed incompleta applicazione della Direttiva discariche che, è il caso di rammentarlo risale al 1999. Materia prima secondaria. Viene introdotta una categoria di MPS “ex lege”, tramite la statuizione che dovranno essere considerate destinate in modo effettivo e oggettivo all’utilizzo nei cicli di consumo o di produzione, secondo i requisiti previsti dal D. M. 5 febbraio 1998, per cui i prodotti, le so-
stanze e le materie secondarie stoccati presso gli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti in base alle vigenti norme ambientali, che effettuano una o più operazione di recupero dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata urbana o dalle raccolte dedicate di rifiuti speciali recuperabili in carta e cartone, vetro, plastica e legno. Disposizioni in materia di acqua potabile (Art. 6 bis) Viene prevista la possibilità di accedere ai finanziamenti previsti dalla Finanziaria 2007 anche alle “Acque naturalizzate”, al fine di incentivare la fruizione dell’acqua di rubinetto. Normale tollerabilità delle immissioni acustiche (Art. 6 ter) Il limite di “normale tollerabilità” delle immissioni ed emissioni acustiche, previsto dall’art. 844 del Codice Civile dovrà essere accertato nel rispetto delle norme vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso. Rifiuti contenenti idrocarburi (Art. 6 quater) L’assegnazione della caratteristica di pericolo “H7” (cancerogeno) di rifiuti contenenti idrocarburi deve essere effettuata in base ai parametri recati dal D. M. 7 novembre 2008, quello che disciplina le operazioni di dragaggio nei siti di bonifica di interesse nazionale (SIN). Finalmente si fa chiarezza sulla modalità univoca di analisi, dopo le tante polemiche intervenute in questi anni. Apparecchiature elettriche ed elettroniche (Art. 7) Viene prorogato al 31 dicembre 2009 il termine per la definizione di un sistema europeo di identificazione di produttori per il finanziamento delle operazioni di gestione dei RAEE immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005. A partire dal 18 giugno 2009 i produttori di AEE, contenenti pile e accumulatori, sono tenuti a corredare di istruzioni i prodotti, indicando come rimuovere tali pile e accumulatori senza pericolo e a informare gli utilizzatori finali circa le tipologie di quelli incorporati. Riduzione utilizzo di carta presso le Pubbliche Amministrazioni (Art. 7 bis) Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare realizzerà ed incentiverà progetti e campagne volte alla riduzione dei consumi di carta presso le Pubbliche Amministrazioni, anche facendo ricorso al formato elettronico. Questa norma si inserisce nel piano nazionale del GPP, dando continuità anche alle disposizioni del Decreto “Tagliacarta” che prevede la riduzione dal 1° gennaio 2009 del 50% del consumo di carta rispetto al 2007. Modifica all’art. 4 del decreto legge n. 314 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 368 del
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2003 (Art. 7 ter) Si tratta delle misure risarcitorie previste per i territorio che ospitano i siti di deposito delle scorie radioattive. Mentre il D. L. n. 314/2003 “Disposizioni urgenti per la raccolta e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi”, come convertito dalla L. 368/2003, prevedeva una ripartizione del contributo per gli enti territoriali, così suddiviso: 20% ai comuni che li ospitano; 30% ai comuni confinanti; 25% alla provincia; 25% alla regione, ora, l’entità del contributo sarà del 50% a favore del comune ospitante; il 25% ai comuni confinanti; il 25% alla provincia. Progetti ed iniziative di educazione ambientale (Art. 7 quater) Vengono stanziate somme per iniziative di educazione ambientale, comunicazione istituzionale e valorizzazione delle aree protette e della biodiversità. Se sul piano dei princìpi si può essere d’accordo, si ritiene che questa misura sia troppo generica. Progetti di promozione della sensibilità ambientale nella scuola secondaria superiore e nell’università (Art. 7 quinquies) Al fine di sensibilizzare le giovani generazioni alla conservazione di un ambiente sano, vengono realizzati progetti e iniziative nell’ambito di sistemi di istruzione superiore e universitaria. Come l’articolo precedente anche questo è generico dal momento che non vi sono previsti limiti di tempo per la sua attuazione e, soprattutto, non viene previsto alcun inserimento nei programmi scolastici di una materia quale l’educazione ambientale o alla sostenibilità che dir si voglia. Valorizzazione a fini ecologici del mercato dell’usato (Art. 7 sexies) Sarà cura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare incentivare lo svolgimento di mercati di compravendita di beni usati, stabilendo standard minimi per la tutela dell’ambiente e della concorrenza. Agli Enti Locali rimarranno le competenze per la loro effettiva realizzazione. Disposizioni in materia di protezione civile (Art. 8) Zone di protezione speciale. Viene spostato al 2011 il divieto di apertura di nuove cave e di ampliamento di quelle esistenti nelle zone di protezione speciale (ZPS), previste dal Decreto del Ministero dell’Ambiente del 17 ottobre 2007, recante le regole su zone speciali di conservazione e protezione. E noi ci apprestiamo ad ospitare a Siracusa dal 22 al 24 aprile 2009 il G8 Ambiente sul tema della tutela e valorizzazione della biodiversità che si dovrebbe concludere con l’approvazione di una “Carta di Siracusa” che fissi le priorità del lavoro da svolgere nei prossimi anni.
Misure in materia di ripartizione della quota minima di incremento dell’energia elettrica da fonti rinnovabili (Art. 8 bis) Si tratta del cosiddetto Burden Sharing, ossia la ripartizione degli sforzi tra le varie regioni per raggiungere entro il 2020 il 17% di consumo totale di energia prodotta da fonti rinnovabili. Il Ministro dello Sviluppo economico di concerto con quello dell’Ambiente dovrà emanare entro maggio 2009 uno o più decreti per la definizione delle quote minime di incremento dell’energia rinnovabile, tenendo conto: a) della definizione dei potenziali regionali in base all’attuale livello di produzione delle energie rinnovabili; b) dell’introduzione di obiettivi intermedi al 2012, 2014, 2016, 2018 calcolati coerentemente con gli obiettivi, intermedi nazionali concordati a livello comunitario; c) della determinazione delle modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione, nei casi di inadempienza delle regioni per il raggiungimento degli obiettivi individuati. Mancano ancora le Linee Guida nazionali che a nostro avviso garantirebbero maggiore omogeneità territoriale. Modifiche all’art. 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materie di terre e rocce da scavo e di residui di lavorazione della pietra (Art. 8 ter) Viene ampliata la possibilità di riutilizzo delle terre, mediante modifica del D. Lgs. 152/2006, stabilendo che tali materiali (inclusi i residui da estrazione dei marmi e pietre con valori inquinanti previsti dal Codice Ambientale) possano essere impiegati per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. In sostanza le terre e rocce da scavo possono essere escluse dal regime dei rifiuti a certe condizioni e come loro anche i residui della lavorazione delle pietre e del marmo purché non siano stati impiegati agenti o reagenti non naturali. Accordi di programma per la gestione dei rifiuti (Art. 8 quater) Gli Accordi di Programma stipulati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con Enti Pubblici, con imprese del settore, con soggetti pubblici e privati e con Associazioni di categoria potranno contenere semplificazioni amministrative, purché non contrastino con le norme comunitarie. Scopo della norma è quello di evitare il diffondersi di situazioni di emergenza dando un carattere di atto legislativo ad un semplice patto. Pur superando gli obblighi del MUD, questa misura non può disattendere, laddove previsti, formulari e registri. Modifica all’art. 243 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Art. 8 quinquies)
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Si tratta del regime diversificato per le acque emunte durante gli interventi di bonifica di siti inquinati.
la progettazione di edifici strategici, devono essere applicate comunque le norme del D. M. 208.
Disposizioni in materia del servizio idrico integrato (Art. 8 sexies) Gli oneri relativi alla progettazione, realizzazione e completamento degli impianti di depurazione delle acque, costituiranno parte della tariffa del servizio idrico e, come tali, dovuti dall’utente al gestore fin dall’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione, completamento delle opere necessarie al servizio di depurazione. Questo intervento è stato introdotto a seguito del pronunciamento in termini di incostituzionalità da parte della Consulta su alcuni componenti della definizione della tariffa del servizio, specialmente laddove si prevedeva con l’articolo 14 della Legge Galli (1194), abrogato e confluito nell’articolo 175 del D. Lgs. 152/2006, che prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione sia dovuta dagli utenti “anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi”.
Nuova edilizia ed energie rinnovabili (Art. 29, comma 1 octies) L’obbligo per i comuni di redigere regolamenti edilizi che vincolano il rilascio del permesso di costruire nuovi edifici all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili viene differito al 1° gennaio 2010. La relazione tecnica che accompagnava nelle aule parlamentari questo provvedimento per la richiesta di differimento indicava, tra l’altro, che era determinata anche per tener conto della nuova proposta di Direttiva UE sul rendimento energetico degli edifici. Questa considerazione è condivisibile, ma bisogna poi ricordare che la Direttiva originaria è del 2002 e noi l’abbiamo recepita in ritardo (2005) tanto che nell’ottobre 2006 era già stato avviato un contenzioso tra Commissione e Italia per non corretta attuazione della Direttiva. Nel frattempo, abbiamo cancellato l’obbligatorietà della certificazione energetica dell’edificio nell’atto di compravendita, cosicché la Commissione, è fresca notizia, ha avviato un’altra procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese. Se poi si vogliono trovare appigli giustificativi di tali ritardi nella nuova Direttiva proposta nell’ottobre 2008 dalla Commissione, bisogna anche riconoscere che noi non siamo ancora riusciti a metterci in regola con le norme di una Direttiva che l’Unione Europea ha ritenuto obsoleta.
D. L. 207/2008 come convertito dalla relativa Legge n. 14/2009. Si tratta del vero “Milleproroghe” che è stato approvato dopo ben 13 voti di fiducia. Abbiamo stralciato solo le parti che hanno riflessi di carattere ambientale. Class action (Art. 19) Viene introdotto un ulteriore slittamento di altri 6 mesi all’operatività dello strumento del ricorso collettivo risarcitorio su cui la Confindustria non ha mai nascosto la sue perplessità. La norma, prevista dalla Finanziaria 2008, era già stata prorogata in estate dal 30 giugno al 31 dicembre e questo ulteriore differimento è stato giustificato con la necessità di modificare un articolo del D. Lgs. 206/2005, il cosiddetto Codice del Consumo e di organizzare in modo adeguato gli uffici finanziari che si preannunciano intasati dai contenziosi. Norme Tecniche per le Costruzioni (Art. 9 comma 1 septies) Il periodo transitorio di 18 mesi per la redazione delle NTC previsto dal D. L. 136/2004, prorogato dal D. L. 300/2007 al 31 dicembre 2007 e successivamente al 30 giugno 2009, è stato fatto slittare al 30 giugno 2010, deludendo molti operatori del settore che avevano già predisposto il passaggio alla nuova normativa. In pratica, fino al 30 giugno 2010 sarà possibile scegliere se applicare nel nuove NTC approvate con D. M. 14 gennaio 2008 o quelle del D. M. 14 settembre oppure quelle ancora precedenti previste dai DD. MM. 9 e 16 gennaio 1966. Per
Autorizzazione paesaggistica (Art. 38) Viene prorogata al 30 giugno 2009 la disciplina transitoria per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche di cui al Codice del Paesaggio. Le regioni avrebbero dovuto verificare entro il 30 dicembre 2008 se le amministrazioni delegate al rilascio delle autorizzazioni (per lo più province e comuni) avessero i requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica per garantire la differenziazione tra le attività di tutela paesaggistica e le funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia. Si rammenta che il regime transitorio prevede che l’autorizzazione deve essere negata o concessa entro 60 giorni dalla richiesta. Qualora l’autorizzazione sia rilasciata, dovrà esserne data immediata comunicazione alla Soprintendenza che avrà, a sua volta, altri 60 giorni per annullare con provvedimento motivato l’autorizzazione, se ritenga che non sia conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio.
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D. L. 208/2008 CONVERTITO NELLA L. 13/2009 D. L. 207/2008 CONVERTITO NELLA L. 14/2009 (G. U. n. 49 del 28 febbraio 2009 e Suppl. Ordinario n. 28) (ndr. Si avverte che il testo dei Decreti Legge inseriti nelle pagine di questo Inserto non rivestono carattere di ufficialità e non sono sostitutivi in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea). Legge 27 febbraio 2009, n. 13 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2009) (omissis) Art. 1 Autorità di bacino di rilievo nazionale 1. Il comma 2-bis dell’articolo 170 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente: «2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al titolo II della parte terza del presente decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2, dell’articolo 63 del presente decreto». 2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 1, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle Autorità di bacino di cui al presente articolo dal 30 aprile 2006. 3. Fino alla data di cui al comma 2, le Autorità di bacino di rilievo nazionale restano escluse dall’applicazione dell’articolo 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, fermi restando gli obiettivi fissati ai sensi del medesimo articolo 74 da considerare ai fini dell’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2. 3-bis. L’adozione dei piani di gestione di cui all’articolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, è effettuata, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre il 22 dicembre 2009, dai comitati istituzionali delle autorità di bacino di rilievo nazionale, integrati da componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel distretto idrografico al quale si riferisce il piano di gestione non già rappresentate nei medesimi comitati istituzionali.
Ai fini del rispetto del termine di cui al primo periodo, le autorità di bacino di rilievo nazionale provvedono, entro il 30 giugno 2009, a coordinare i contenuti e gli obiettivi dei piani di cui al presente comma all’interno del distretto idrografico di appartenenza, con particolare riferimento al programma di misure di cui all’articolo 11 della citata direttiva 2000/60/CE. Per i distretti idrografici nei quali non è presente alcuna Autorità di bacino di rilievo nazionale, provvedono le regioni. 3-ter. Affinché l’adozione e l’attuazione dei piani di gestione abbia luogo garantendo uniformità ed equità sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle risorse finanziarie necessarie al conseguimento degli obiettivi ambientali e ai costi sopportati dagli utenti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, emana, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, linee guida che sono trasmesse ai comitati istituzionali di cui al comma 3-bis. 3-quater. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino alla data di cui al comma 2, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 3 dicembre 1999, recante ripartizione dei fondi finalizzati al finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo per il quadriennio 1998-2001, e all’articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 2001, n. 331, recante ripartizione dei fondi finalizzati al finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo per il quadriennio 2000-2003. Art. 2. Danno ambientale 1. Nell’ambito degli strumenti di attuazione di interventi di bonifica e messa in sicurezza di uno o più siti di interesse nazionale, al fine della stipula di una o più transazioni globali, con una o più imprese interessate, pubbliche o private, in ordine alla spettanza e alla quantificazione degli oneri di bonifica, degli oneri di ripristino, nonché del danno ambientale di cui agli articoli 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e 300 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e degli altri eventuali danni di cui lo Stato o altri enti pubblici territoriali possano richiedere il risarcimento, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può, sentiti l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) di cui all’articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e la Commissione di valutazione degli investimenti e di supporto alla programmazione e gestione
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Regioni&Ambiente n° 4 Aprile 2009
INSERTO
“Milleproroghe” 2008
degli interventi ambientali (COVIS) di cui all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, predisporre uno schema di contratto, che viene concordato con le imprese interessate e comunicato a regioni, province e comuni e reso noto alle associazioni ed ai privati interessati mediante idonee forme di pubblicità nell’ambito delle risorse di bilancio disponibili per lo scopo. 2. Entro trenta giorni dalle comunicazioni e pubblicazioni di cui al comma 1, gli enti ed i soggetti interessati possono fare pervenire ai partecipanti alla conferenza di cui al comma 3 note di commento sullo schema di contratto. 3. Previa assunzione, sullo schema di transazione, del parere dell’Avvocatura generale dello Stato, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge, nei successivi trenta giorni, una conferenza di servizi decisoria, fra i soggetti pubblici aventi titolo, per acquisire e comporre gli interessi di cui ciascuno risulti portatore, ai sensi dell’articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto applicabile. Le determinazioni assunte all’esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza. 4. Acquisite le determinazioni di cui al comma 3, lo schema di contratto di transazione, sottoscritto per accettazione dalla impresa, è trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’autorizzazione da parte del Consiglio dei Ministri, sulla proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 5. La stipula del contratto di transazione, non novativo, conforme allo schema autorizzato ai sensi del comma 4, comporta abbandono del contenzioso pendente e preclude ogni ulteriore azione per rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino ed ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale, ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, o della Parte VI del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché per le altre eventuali pretese risarcitorie azionabili dallo Stato e da enti pubblici territoriali, per i fatti oggetto della transazione. Sono fatti salvi gli accordi transattivi già stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché gli accordi transattivi attuativi di accordi di programma già conclusi a tale data. 5-bis. La stipula del contratto di transazione comporta altresì la facoltà di utilizzare i terreni o singoli lotti o porzioni degli stessi, in conformità alla loro destinazione urbanistica, qualora l’utilizzo non risulti incompatibile con gli interventi di bonifica, alla luce del contestuale decreto direttoriale di approvazione del progetto di messa in sicurezza e di bonifica del suolo e della falda, sia funzionale all’esercizio di un’attività di impresa e non contrasti con eventuali necessità di garanzia dell’adempimento evidenziate nello schema di contratto. 6. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest’ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni, può dichiarare risolto il contratto di
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transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai suddetti soggetti privati sono trattenute dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1. 7. I soli proventi di spettanza dello Stato, derivanti dalle transazioni di cui al presente articolo, introitati a titolo di risarcimento del danno ambientale, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, allo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per le finalità previamente individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Nei casi in cui nella transazione sia previsto che la prestazione complessivamente dovuta dall’impresa o dalle imprese abbia carattere soltanto pecuniario, le modalità e le finalità di utilizzo della quota di proventi diversa da quella introitata a titolo di risarcimento del danno ambientale sono definite negli strumenti di attuazione. 8. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 14 e 16 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, all’avvio delle procedure di cui alla Parte VI del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, provvede il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare se il danno ambientale è quantificabile in un ammontare uguale o superiore a dieci milioni di euro, ovvero i titolari dei competenti uffici dirigenziali generali se l’ammontare del danno ambientale è inferiore. 9. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Art. 3 Funzionalità dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Estensione delle funzioni del collegio dei revisori dell’APAT 1. L’articolo 1, comma 347, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, si interpreta nel senso che l’autorizzazione ad assumere ivi prevista spiega effetto nei confronti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) fino al completamento delle relative procedure, a condizione che le stesse siano concluse entro il 31 dicembre 2009. 2. Nel limite delle disponibilità dei posti di cui al citato articolo 1, comma 347, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, l’ISPRA è autorizzato ad assumere il personale risultato vincitore di concorsi pubblici a tempo indeterminato inserito in graduatorie ancora vigenti e non ancora assunto. 3. Per fare fronte ai propri compiti istituzionali ed alle esigenze connesse con la protezione civile, fino al 30 giugno 2009 l’ISPRA è autorizzato, con oneri a carico del relativo bilancio, ad avvalersi del personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. 3-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il collegio dei revisori dei conti già operante in seno all’Agenzia
per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) esercita le sue funzioni anche in luogo dei corrispondenti organi già operanti in seno all’Istituto nazionale per la fauna selvatica di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e all’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, i quali, dalla medesima data, sono soppressi. Art. 4. Continuità operativa della commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale 1. Al fine di rendere disponibili sin dall’inizio di ogni esercizio finanziario le risorse occorrenti per il funzionamento della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale - VIA e VAS di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, sulla proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le occorrenti variazioni di bilancio sulla corrispondente unità previsionale di base, a titolo di anticipazione e nei limiti del trenta per cento delle somme impegnate per le medesime finalità nell’anno precedente, con utilizzo del fondo di cui all’articolo 2, comma 616, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 1-bis. All’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, le parole: «di natura regolamentare,» sono soppresse. 1-ter. In relazione all’esigenza di assicurare l’efficiente svolgimento dei compiti e la pienezza delle funzioni della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale, anche con riferimento ai suoi compiti di valutazione ambientale strategica nell’ambito della strategia energetica nazionale, all’articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. I componenti della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale provenienti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti in posizione di comando, distacco o fuori ruolo, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti, conservando il diritto al trattamento economico in godimento. Le amministrazioni di rispettiva provenienza rendono indisponibile il posto liberato. In alternativa, ai componenti della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale provenienti dalle medesime amministrazioni pubbliche si applica quanto previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, per il personale in regime di diritto pubblico, quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai componenti della Commissione nominati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123».
Art. 4-bis Continuità operativa della Commissione istruttoria per l’autorizzazione ambientale integrata - IPPC 1. Le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 1, del presente decreto si applicano anche alla Commissione istruttoria per l’autorizzazione ambientale integrata IPPC, di cui all’articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90. 2. Ferma restando l’invarianza del compenso complessivo spettante, ai sensi del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 5 marzo 2008, a ciascun componente della Commissione istruttoria per l’autorizzazione ambientale integrata - IPPC, ai soli fini delle modalità di corresponsione dei compensi, gli stessi sono erogati, nella misura del 50 per cento del loro importo totale, all’avvio di ciascuna istruttoria, e, nella misura del restante 50 per cento, successivamente al rilascio o al diniego di rilascio della autorizzazione ambientale integrata. Art. 5 Tariffa per lo smaltimento dei rifiuti urbani. Disposizioni in materia di adeguamento delle discariche nonché di modello unico di dichiarazione ambientale 1. All’articolo 1, comma 184, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni: a) alla lettera a), le parole: «e per l’anno 2008» sono sostituite dalle seguenti: «e per gli anni 2008 e 2009»; 1-bis. Fermo quanto previsto dall’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativo ai piani regionali di gestione dei rifiuti, il regime transitorio di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, è prorogato fino al 30 giugno 2009. Il presidente di una regione o di una provincia autonoma può chiedere, limitatamente alle discariche per rifiuti inerti o non pericolosi, che tale termine sia ulteriormente prorogato con richiesta motivata, da presentare entro il termine del 15 marzo 2009, corredata da dettagliata relazione indicante modalità e tempi di adeguamento delle discariche alle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. L’adeguamento dovrà essere perentoriamente ultimato entro il 31 dicembre 2009. La proroga è disposta con provvedimento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa valutazione tecnica della documentazione effettuata dallo stesso Ministero, ed avrà efficacia a decorrere dal 1° luglio 2009 e fino al termine massimo del 31 dicembre 2009. 2. All’articolo 195, comma 2, lettera e), secondo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «entro un anno» sono sostituite dalle seguenti: «entro diciotto mesi». 2-bis. All’articolo 220, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo le parole: «il Consorzio Nazionale degli Imballaggi di cui all’articolo 224» sono inserite le seguenti: «acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e».
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2-ter. All’articolo 221, comma 5, sesto periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione da parte del» sono sostituite dalle seguenti: «sulla base dei necessari elementi di valutazione forniti dal». 2-quater. Ove il regolamento di cui al comma 6 dell’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non sia adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 giugno 2009, i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (TIA) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti. 2-quinquies. Il modello unico di dichiarazione ambientale allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 dicembre 2008, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 294 del 17 dicembre 2008, sarà utilizzato, con le relative istruzioni, per le dichiarazioni da presentare, entro il 30 aprile 2010, con riferimento all’anno 2009, da parte dei soggetti interessati. Per le dichiarazioni da presentare entro il 30 aprile 2009, con riferimento all’anno 2008, il modello da utilizzare resta quello allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 dicembre 2002, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2003, come rettificato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 30 dicembre 2004, con le relative istruzioni.
2006, n. 296, e successive modificazioni, dopo le parole: «a favore della potabilizzazione,» è inserita la seguente: «naturizzazione,».
Art. 6. Rifiuti ammessi in discarica
1. All’articolo 3, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il numero 4) è sostituito dal seguente: «4) per le sole apparecchiature elettriche ed elettroniche destinate esclusivamente all’esportazione, il produttore è considerato tale ai fini degli articoli 4, 13 e 14. Ai fini del presente decreto non è considerato produttore chi fornisce finanziamenti esclusivamente sulla base o a norma di un accordo finanziario, salvo che agisca in qualità di produttore ai sensi dei numeri 1), 2) e 3); ». 2. All’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».
1. All’articolo 6, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009». 1-bis. Fatto salvo il disposto di cui all’articolo 181-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e a condizione che siano rispettate le disposizioni in materia di tutela della sicurezza dei lavoratori, di prevenzione incendi e le norme in tema di protezione dell’ambiente e della salute, per il periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si considerano destinati in modo effettivo ed oggettivo all’utilizzo nei cicli di consumo e di produzione, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, le materie, le sostanze ed i prodotti secondari stoccati presso gli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti in base alle vigenti norme ambientali, che effettuano una o più delle operazioni di recupero dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata urbana o da raccolte dedicate di rifiuti speciali recuperabili in carta e cartone, vetro, plastica e legno. I quantitativi stoccati di dette materie, sostanze e prodotti secondari non possono comunque superare la capacità annua autorizzata dell’impianto o, in mancanza della stessa, la potenzialità dell’impianto. Art. 6-bis Disposizioni in materia di acqua potabile 1. Al comma 1284-bis dell’art. 1 della legge 27 dicembre
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Art. 6-ter Normale tollerabilità delle immissioni acustiche 1. Nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso. Art. 6-quater Rifiuti contenenti idrocarburi 1. La classificazione dei rifiuti contenenti idrocarburi ai fini dell’assegnazione della caratteristica di pericolo H7, «cancerogeno», si effettua conformemente a quanto indicato per gli idrocarburi totali nella Tabella A2 dell’Allegato A al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 4 dicembre 2008. Art. 7. Apparecchiature elettriche ed elettroniche
Art. 7-bis Riduzione dell’utilizzo di carta presso le pubbliche amministrazioni 1. Ai fini della diffusione presso le pubbliche amministrazioni di comportamenti, prassi, procedure, tecniche e mezzi di gestione che riducano i consumi di carta, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, oltre ad organizzare iniziative e strumenti di monitoraggio e verifica, realizza progetti e campagne di comunicazione anche con riferimento alla riduzione dei formati di stampa ed all’uso del fronte-retro, all’utilizzo di carta con spessore ridotto o di carte generate da macero, all’utilizzo di testi in formato elettronico in alternativa alla stampa cartacea, al riutilizzo delle stampe di prova e dei vecchi documenti per funzionalità di carta per appunti. 2. Il Ministero provvede all’attuazione del presente articolo con l’utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 7-ter Modifica all’articolo 4 del decreto-legge n. 314 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 368 del 2003
Art. 7-quinquies Progetti di promozione della sensibilità ambientale nella scuola secondaria superiore e nell’università
1. All’articolo 4 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, e successive modificazioni, il secondo e il terzo periodo del comma 1-bis sono sostituiti dai seguenti: «Il contributo è assegnato annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica sulla base delle stime di inventario radiometrico dei siti, determinato annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), valutata la pericolosità dei rifiuti, ed è ripartito, per ciascun territorio, in misura del 50 per cento in favore del comune nel cui territorio è ubicato il sito, in misura del 25 per cento in favore della relativa provincia e in misura del 25 per cento in favore dei comuni confinanti con quello nel cui territorio è ubicato il sito. Il contributo spettante a questi ultimi è calcolato in proporzione alla superficie ed alla popolazione residente nel raggio di dieci chilometri dall’impianto».
1. Al fine della sensibilizzazione delle giovani generazioni in riferimento alla conservazione di un ambiente sano, nonché alla promozione delle prassi e dei comportamenti ecocompatibili, sono realizzati progetti e iniziative di interesse generale nell’ambito dei sistemi di istruzione secondaria superiore e universitaria. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le relative modalità attuative, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 7-quater Progetti ed iniziative di educazione ambientale 1. Le somme di cui al comma 10 dell’articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, iscritte nel conto dei residui al 31 dicembre 2008 e non più dovute, quantificate in euro 9.000.000 complessivi, sono mantenute nel conto medesimo per essere versate all’entrata del bilancio dello Stato, quanto ad euro 4.500.000 per ciascuno degli anni 2009 e 2010, per essere riassegnate ad un apposito fondo di parte corrente istituito nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ripartito su proposta del Ministro medesimo, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze per essere impiegate in progetti ed iniziative di educazione ambientale, comunicazione istituzionale e valorizzazione, anche attraverso il ricorso alle nuove tecnologie, delle aree protette e della biodiversità, ivi inclusa la promozione delle attività turistico-ambientali e interventi di manutenzione ed efficientamento degli immobili di pertinenza del predetto Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 2. Alla compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica conseguenti all’applicazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente utilizzo, per euro 2,5 milioni per l’anno 2009, euro 4,5 milioni per l’anno 2010 ed euro 2 milioni per l’anno 2011 in termini di sola cassa, del fondo di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, come incrementato dall’articolo 1, comma 11, e dall’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201.
Art. 7-sexies Valorizzazione a fini ecologici del mercato dell’usato 1. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare conclude con le regioni, le province ed i comuni, in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un accordo di programma, che può prevedere la partecipazione di associazioni particolarmente rappresentative a livello territoriale, al fine di regolamentare, a fini ecologici, la rinascita e lo sviluppo, in sede locale, dei mercati dell’usato. 2. Sulla base di tale accordo, gli enti locali, a partire dal 2009, provvedono all’individuazione di spazi pubblici per lo svolgimento periodico dei mercati dell’usato. 3. Gli accordi sono aperti alla partecipazione delle associazioni professionali ed imprenditoriali interessate. 4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’interno, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettati gli standard minimi che tali mercati devono avere a tutela dell’ambiente e della concorrenza, ferme per il resto le competenze delle regioni e degli enti locali in materia di commercio. 5. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione del presente articolo con l’utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Art. 8. Disposizioni in materia di protezione civile 1. Per fronteggiare in termini di somma urgenza le esigenze derivanti dalle situazioni emergenziali oggetto del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 18 dicembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 24 dicembre 2008, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro, da assegnare al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
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2. Alla ripartizione delle risorse di cui al comma 1 si provvede con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 3. Alla copertura degli oneri di cui al presente articolo, pari complessivamente a 100 milioni di euro per l’anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. 4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 5. L’articolo 5, comma 5-bis, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è sostituito dal seguente: 5-bis. Il termine di cui all’articolo 5, comma 1, lettera n), del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 258 del 6 novembre 2007, è prorogato di ulteriori diciotto mesi. 5-ter. Gli articoli 9 e 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 2001, n. 194, si applicano anche alla componente volontaristica dell’Associazione italiana della Croce Rossa ed ai volontari del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico impiegati in attività di protezione civile, con oneri a carico dei rispettivi bilanci, ovvero con risorse provenienti da finanziamenti esterni. 5-quater. Per la prosecuzione degli interventi conseguenti agli eventi sismici del 23 dicembre 2008, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 gennaio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2009, è autorizzata la spesa di 19 milioni di euro per l’anno 2009. Le risorse sono assegnate al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, per essere trasferite al commissario delegato nominato per il superamento dell’emergenza. Le risorse di cui al presente comma sono utilizzate, ad integrazione delle somme stanziate a carico del Fondo di protezione civile, prioritariamente per il ripristino dei fabbricati dichiarati inagibili. Al relativo onere, pari a 19 milioni di euro per l’anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e successive modificazioni. 5-quinquies. Le risorse finanziarie disponibili nella contabilità speciale intestata al commissario delegato di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3294 del 19 giugno 2003 sono trasferite al Dipartimento della protezione civile per la realizzazione di attività di cooperazione con la Repubblica di Albania in ambito di protezione civile, con particolare riferimento alle iniziative previste dalla Piattaforma nazionale per la riduzione del rischio da disastri di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 7 marzo 2008. 5-sexies. All’articolo 7, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 353, e successive modificazioni, le parole: «unità operative territoriali da istituirsi con decreto del direttore generale» sono sostituite dalle seguenti: «nuclei
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operativi speciali e di protezione civile da istituire con decreto del capo». Art. 8-bis Misure in materia di ripartizione della quota minima di incremento dell’energia elettrica da fonti rinnovabili 1. Il comma 167 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è sostituito dal seguente: «167. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, uno o più decreti per definire la ripartizione fra regioni e province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili per raggiungere l’obiettivo del 17 per cento del consumo interno lordo entro il 2020 ed i successivi aggiornamenti proposti dall’Unione europea. I decreti di cui al primo periodo sono emanati tenendo conto: a) della definizione dei potenziali regionali tenendo conto dell’attuale livello di produzione delle energie rinnovabili; b) dell’introduzione di obiettivi intermedi al 2012, 2014, 2016 e 2018 calcolati coerentemente con gli obiettivi intermedi nazionali concordati a livello comunitario; c) della determinazione delle modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione nei casi di inadempienza delle regioni per il raggiungimento degli obiettivi individuati». Art. 8-ter Modifiche all’articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di terre e rocce da scavo e di residui di lavorazione della pietra 1. All’articolo 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 7 sono aggiunti i seguenti: «7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni: a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali; b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane; c) un miglioramento della percezione paesaggistica. 7-ter.Ai fini dell’applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall’estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi derivanti da attività nelle quali non vengono usati agenti o reagenti non naturali. Tali residui, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per even-
tuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell’Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente derivanti dall’utilizzo della sostanza o dell’oggetto». Art. 8-quater Accordi di programma per la gestione dei rifiuti 1. All’articolo 206 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative». Art. 8-quinquies Modifica all’articolo 243 del decreto legislativo n. 152 del 2006 1. All’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al comma 1, dopo le parole: «interventi di bonifica» sono inserite le seguenti: «o messa in sicurezza». Art. 8-sexies Disposizioni in materia di servizio idrico integrato 1. Gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e programmati dai piani d’ambito, costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall’utente. Detta componente è pertanto dovuta al gestore dall’utenza, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati. 2. In attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008, i gestori del servizio idrico integrato provvedono anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 1° ottobre 2009, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all’esercizio del servizio di depurazione. Nei casi di cui al secondo periodo del comma 1, dall’importo da restituire vanno dedotti gli oneri derivati dalle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento avviate. L’importo da restituire è individuato, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, dalle rispettive Autorità d’ambito. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche agli enti locali gestori in via diretta dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione. In tali casi all’individuazione dell’importo da restituire provvedono i medesimi enti locali. 4. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, su proposta del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche,
il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare stabilisce con propri decreti i criteri ed i parametri per l’attuazione, coerentemente con le previsioni dell’allegato al decreto del Ministro dei lavori pubblici, d’intesa con il Ministro dell’ambiente, 1° agosto 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 16 ottobre 1996, tenute presenti le particolari condizioni dei soggetti non allacciati che provvedono autonomamente alla depurazione dei propri scarichi e l’eventuale impatto ambientale, di quanto previsto dal comma 2, nonché le informazioni minime che devono essere periodicamente fornite agli utenti dai singoli gestori in ordine al programma per la realizzazione, il completamento, l’adeguamento e l’attivazione degli impianti di depurazione previsto dal rispettivo Piano d’ambito, nonché al suo grado di progressiva attuazione, e le relative forme di pubblicità, ivi inclusa l’indicazione all’interno della bolletta. 5. Nell’ambito delle informazioni fornite all’utenza devono rientrare anche quelle inerenti al consuntivo delle spese già sostenute ed al preventivo delle spese che il gestore deve ancora sostenere, a valere sulla quota di tariffa vincolata a coprire gli oneri derivanti dalle attività di cui al comma 4, nonché all’osservanza dei tempi di realizzazione previsti. 6. Il Comitato provvede al controllo e al monitoraggio periodico del corretto adempimento degli obblighi informativi da parte del gestore, al quale, nell’ipotesi di inadempienze, si applicano, ai fini dell’osservanza delle disposizioni di cui al presente articolo, le disposizioni di cui all’articolo 152, commi 2 e 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Art. 9. Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
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Legge 27 febbraio 2009, n. 14 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti. (GU n. 49 del 28-2-2009 - Suppl. Ordinario n. 28) Testo Coordinato del Decreto-Legge 30 dicembre 2008, n. 207: Testo del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 304 del 31 dicembre 2008), coordinato con la legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14 (in questo stesso supplemento ordinario alla pag. 1), recante: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti». (GU n. 49 del 28-2-2009 - Suppl. Ordinario n.28)
Art. 19. Class action 1. All’articolo 2, comma 447, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall’articolo 36 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «decorso un anno» sono sostituite dalle seguenti: «decorsi diciotto mesi». Riferimenti normativi: - Si riporta il testo del comma 447 dell’art. 2 della già citata legge n. 244 del 2007, come modificato dall’art. 36 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dalla presente legge: «447. Le disposizioni di cui ai commi da 445 a 449 diventano efficaci decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.». Art. 29 Concessioni aeroportuali (omissis) 1-septies. Al comma 1 dell’articolo 20 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «30 giugno 2009» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2010». «1. Il termine di cui al comma 2-bis dell’articolo 5 del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, gia’ prorogato al 31 dicembre 2007, ai sensi dell’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, è differito al 30 giugno 2010.». 1-octies. La scadenza del 1 gennaio 2009 prevista dall’articolo 4, comma 1-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è differita al 1° gennaio 2010. - Si riporta il testo del comma 1-bis dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia): «1-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2009, nel regolamento
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di cui al comma 1, ai fini del rilascio del permesso di costruire, deve essere prevista, per gli edifici di nuova costruzione, l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unita’ abitativa, compatibilmente con la realizzabilita’ tecnica dell’intervento. Per i fabbricati industriali, di estensione superficiale non inferiore a 100 metri quadrati, la produzione energetica minima è di 5 kW.». (...) CAPO XIII Beni e attivita’ culturali Art. 38. Autorizzazione paesaggistica 1. All’articolo 159, comma 1, primo, secondo e quarto periodo, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2009». Riferimenti normativi: - Si riporta il testo del comma 1 dell’art. 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) e successive modificazioni, cosi’ come modificato dalla presente legge: «1. Fino al 30 giugno 2009 il procedimento rivolto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è disciplinato secondo il regime transitorio di cui al presente articolo. La disciplina dettata al capo IV si applica anche ai procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 30 giugno 2009 non si siano ancora conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione. Entro tale data le regioni provvedono a verificare la sussistenza, nei soggetti delegati all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica stabiliti dall’articolo 146, comma 6, apportando le eventuali necessarie modificazioni all’assetto della funzione delegata. Il mancato adempimento, da parte delle regioni, di quanto prescritto al precedente periodo determina la decadenza delle deleghe in essere alla data del 30 giugno 2009».
QUALITÀ E AMBIENTE
“Segnali Ambientali 2009”
“NON A CASA MIA”
LE SPEDIZIONI INTERNAZIONALI DI RIFIUTI E L’AMBIENTE In questo numero proponiamo un’altra delle storie inserite in “Segnali Ambientali 2009” che l’Agenzia Europea dell’Ambiente ha pubblicato il 23/02/2009 sul suo sito, alla vigilia della presentazione del Rapporto di cui abbiamo illustrato i punti salienti nell’articolo “Rifiuti senza confini in Europa?” a pag. 24 e segg. di questo stesso numero, per la correlazione tra i due eventi, riteniamo che questa storia possa costituire l’occasione di facilitazione alla compresioni del grave fenomeno. La traduzione della storia è del Centro di Traduzione degli organismi dell’Unione Europa (CdT).
to. Quantità crescenti, soprattutto di rifiuti di carta, plastica e metalli, vengono spedite dai paesi industrializzati in paesi dove le norme ambientali sono meno rigorose. Navi enormi solcano i mari ogni giorno trasportando in Occidente i beni provenienti dai mercati asiatici emergenti. Invece di fare ritorno vuoti e dover usare qualcos’altro come zavorra, gli armatori sono ben contenti di tornare in Asia con a bordo i rifiuti da riciclare provenienti dall’Europa.
Rifiuti senza confini: Zhang Guofu, 35 anni, guadagna 700 euro al mese - uno stipendio enorme per chi vive nella provincia cinese - separando rifiuti che vanno dalle borse della spesa di una catena di supermercati britannici a DVD in lingua inglese. La realtà è che i rifiuti gettati in un bidone della spazzatura a Londra possono finire molto facilmente a 5.000 miglia di distanza in un centro di riciclaggio nel delta del Fiume delle Perle in Cina. Ci sono rifiuti di tutti i tipi in movimen-
Questo non significa che le spedizioni di rifiuti non siano disciplinate. Le Nazioni Unite e l’Unione europea applicano norme rigorose in merito a cosa può essere spedito e dove. A livello globale, il commercio internazionale di “rifiuti pericolosi” (rifiuti che sono potenzialmente pericolosi per l’uomo o per l’ambiente) è disciplinato dalla Convenzione di Basilea delle Nazioni Unite. Il divieto contenuto in questa Convenzione non è stato sottoscritto da un numero di paesi tale da permetterne l’applicazione a livello globale. L’Unione europea applica però le sue restrizioni e permette l’esportazione dei “rifiuti pericolosi” soltanto verso “paesi industrializzati” dove esistano le necessarie tecnologie e siano in vigore leggi adeguate in materia di sicurezza e ambiente. Si definisce “paese industrializzato” ai fini delle restrizioni un paese membro dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). L’obiettivo a lungo termine dell’Unione europea è che ogni Stato membro smaltisca i propri rifiuti a casa propria (il “principio di prossimità”). Tuttavia, poiché le spedizioni di rifiuti pericolosi e problematici da smaltire provenienti
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dagli Stati membri dell’UE sono pressoché quadruplicate tra il 1997 e il 2005, questo obiettivo deve ancora essere raggiunto. I fattori che determinano l’esportazione e l’importazione di rifiuti sono vari e vanno dalla disponibilità della tecnologia per il trattamento speciale alla scarsità di materiali fino alle differenze di prezzo per lo smaltimento o il recupero. La politica dell’Unione europea, che fissa obiettivi per il riciclaggio, è anche all’origine della spedizione di rifiuti dagli Stati membri che non sono in grado di raggiungere i loro obiettivi entro i propri confini. I volumi di rifiuti sul mercato tengono bassi i costi per un paese come la Cina, che ha bisogno di materie prime a un prezzo conveniente. Se questi rifiuti non devono essere smaltiti una volta giunti a destinazione e non contengono materiali pericolosi, vengono considerati un commercio accettabile. Il vostro vecchio televisore ha viaggiato più di voi? L’Europa attua un corpus normativo in materia di spedizione di rifiuti pericolosi e problematici. Servono però ulteriori prove dell’efficacia della legislazione in termini di riduzione della pressione sull’ambiente. I rifiuti elettronici, che sono considerati pericolosi, rappresentano un caso importante. In Africa e in Asia lo smaltimento avviene con dispositivi di protezione individuale o misure di controllo dell’inquinamento assenti o inadeguati. I componenti vengono spesso bruciati all’aperto per recuperare i metalli, emettendo solitamente particelle di cenere volante cariche di metalli pesanti e altri materiali tossici, che causano una maggiore esposizione delle persone e la contaminazione degli alimenti, del suolo e delle acque di superficie. Non abbiamo un quadro chiaro dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) spediti internamente ed esternamente all’UE, in parte perché vengono usati codici ambigui per segnalare le spedizioni di rifiuti elettronici. È difficile dire se un televisore viene esportato come apparecchio di seconda mano, la qual cosa è accettabile, oppure come rifiuto da smaltire, nel qual caso l’esportazione non sarebbe accettabile. In generale, l’esportazione di RAEE dall’Unione
europea verso paesi non appartenenti all’OCSE è vietata. L’esportazione di un televisore ancora funzionante è però perfettamente accettabile. Vi sono stati casi ben documentati di violazione di questo divieto. Sembra infatti che una percentuale significativa dei televisori, computer, monitor e telefoni usati esportati in paesi non appartenenti all’OCSE siano rifiuti acquistati con l’intento di recuperare i componenti e gli elementi sopra menzionati. Se l’Unione europea non riuscirà a imporre in misura sufficiente il suo veto all’esportazione di RAEE verso paesi non appartenenti all’OCSE, questo potrebbe pregiudicare seriamente la ratifica del divieto a livello globale ai sensi della Convenzione di Basilea. Rintracciare dati utili sui rifiuti elettrici ed elettronici Nonostante le difficoltà associate al reperimento, alla verifica e all’analisi dei dati sui rifiuti, l’AEA in collaborazione con il “Centro tematico europeo Gestione delle risorse e dei rifiuti” ha condotto un’analisi delle spedizioni di rifiuti dall’Unione europea verso altre regioni. Utilizzando le statistiche sul commercio europeo, è possibile identificare le quantità, le dimensioni e il valore dell’esportazione di prodotti elettrici ed elettronici usati spediti dall’Unione europea verso altre regioni (Figura 1). Nel 2005 più di 15 000 tonnellate di televisori a colori sono state esportate dall’UE verso i paesi africani. Solo in
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Nigeria, Ghana ed Egitto arrivavano giornalmente circa 1.000 televisori. Il valore medio dei televisori a colori esportati in Africa è molto basso: per l’Africa nel suo complesso il prezzo unitario era pari a 64 euro, con una media di 28 euro per i tre paesi sopra elencati. A confronto, i televisori commerciati in Europa hanno un valore medio di 350 euro. Il basso valore unitario dei televisori spediti in Africa suggerisce che molte di queste esportazioni sono di fatto prodotti usati, molti dei quali saranno probabilmente rifiuti. Poiché queste cifre riguardano esclusivamente i televisori, l’esportazione totale di computer, telefoni cellulari, lettori CD usati, ecc. verso queste regioni sarà presumibilmente molto più alta. Ciò suggerisce che il veto dell’Unione europea al commercio di rifiuti pericolosi con paesi non appartenenti all’OCSE viene sistematicamente violato. Rifiuti non pericolosi Tra il 1995 e il 2007 (Figura 2) sono aumentate drasticamente fuori dell’Unione europea, soprattutto verso l’Asia e in particolare la Cina, anche le spedizioni di rifiuti non pericolosi come carta, plastica e metalli. La quantità di rifiuti di carta esportata in Asia è decuplicata. La plastica ha registrato un incremento di undici volte, i metalli di cinque volte. I rifiuti spediti sono anche aumentati all’interno dell’UE, ma a un livello molto inferiore.
Nel 2007 sono stati spediti in Asia tanti rifiuti di carta quanti ne sono stati spediti da un paese dell’UE a un altro. La quantità di metalli spediti all’interno dell’Unione europea è stata superiore alla quantità spedita in Asia. Tuttavia, l’Unione europea ha spedito più rifiuti di plastica verso il mercato asiatico che all’interno dei propri confini. Forze trainanti dietro il riciclaggio Per più di un decennio il costo delle materie prime è stato molto alto e questo, a sua volta, ha incrementato il valore delle materie prime secondarie recuperate tramite il riciclaggio. I rifiuti di metalli, carta, plastica e altri materiali di scarto dall’Europa stanno alimentando il boom dell’economia asiatica, cui non bastano i materiali “vergini”. La legislazione dell’Unione europea (come la direttiva sugli imballaggi), che impone agli Stati membri di raggiungere determinati livelli di riciclaggio, incoraggia anche indirettamente la spedizione dei materiali di scarto per il riciclaggio. I requisiti dell’UE sulle percentuali specifiche di riciclaggio hanno fatto crescere le quantità di materiali di scarto riciclabili sul mercato. Per esempio, la quantità di “rifiuti di imballaggio” sotto forma di carta e cartone che viene riciclata è aumentata da circa 24 a 30 milioni di tonnellate tra il 1997 e il 2005. Il quantitativo di imballaggi di plastica riciclati è salito da circa 10 a 14 milioni di tonnellate nello stesso periodo. Questo è un bene per l’ambiente? L’utilizzo di materiali di scarto riciclati al posto dei materiali vergini è generalmente positivo per l’ambiente. Per esempio, un chilo di carta ottenuta da materie prime riciclate richiede la metà dell’energia assorbita dalla produzione usando materiali vergini. L’alluminio prodotto da alluminio riciclato richiede solo il 5% dell’energia necessaria usando materiali vergini. In generale, quindi, il riciclaggio contribuisce in misura sostanziale alla riduzione delle emissioni di CO2 legate all’energia, nonché di altre pressioni ambientali. Tuttavia, poiché spesso non sappiamo cosa accade ai rifiuti dopo che hanno lasciato un porto europeo, non possiamo dire se una singola spedizione, e quindi le spedizioni in generale, facciano bene o male all’ambiente.
Guardando avanti All’interno dell’Unione europea, le spedizioni transfrontaliere di rifiuti destinati allo smaltimento, nonché di rifiuti “pericolosi e problematici” da recuperare, devono essere notificate alle autorità nazionali. Questa notifica “nazionale” è molto dettagliata. La Commissione europea riceve però soltanto una versione sintetica dei dati sulle spedizioni, il che impedisce una panoramica chiara a livello di Unione europea. Se venissero riferite informazioni più dettagliate, soprattutto sui tipi di rifiuti spediti, la panoramica permetterebbe una valutazione molto migliore delle conseguenze ambientali ed economiche delle spedizioni. Potrebbe aiutarci a dire se le spedizioni di rifiuti sono determinate da migliori opzioni di trat-
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tamento, maggiore capacità o prezzi efficaci. Comprenderemmo meglio il ruolo di norme meno rigorose, di leggi mancanti e di una più debole applicazione quali fattori trainanti delle spedizioni verso le regioni meno sviluppate. Una visione più chiara delle spedizioni consentite a livello di Unione europea fornirebbe anche un’indicazione migliore delle spedizioni non consentite. Poiché questo livello di rendicontazione è già in atto a livello nazionale (molti paesi generano già statistiche nazionali più dettagliate sull’importazione e sull’esportazione di rifiuti), la maggiore rendicontazione non accrescerebbe in misura significativa l’onere a carico degli Stati membri.
MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Genova, 5-7 Marzo 2009
ENERGETHICA® 2009 HA CHIUSO I BATTENTI CON UN SUCCESSO SU TUTTI I FRONTI Il pubblico e gli operatori hanno espresso fiducia in uno sviluppo sostenibile a cura di Stefano Agostinelli
Più espositori da più Paesi, più contenuti e più visitatori: ecco il bilancio positivo di un evento che, ruotando attorno all’energia sostenibile, ha affrontato vari aspetti di uno sviluppo rispettoso dell’ambiente. Sono stati 14.383 (+12,8%) i visitatori da tutta Italia e da vari Paesi esteri che hanno visitato gli stand delle 351 aziende presenti (+15%), di cui quasi 1/4 proveniente dall’estero (22%, il doppio rispetto al 2008), con prodotti in mostra da ben 20 Paesi (+60%). Gli stand della 4a edizione di ENERGETHICA sono risultati sempre più curati come ha testimoniato la crescente fiducia degli espositori della Manifestazione che ha ospitato diverse aree dimostrative: Acquaethica (risparmio idrico); Ecocasa (edilizia ecosostenibile); Domotica (automazione al servizio del risparmio energetico) per citarne solo alcune. Enti ed Associazioni hanno completato la partecipazione istituzionale all’evento con un’offerta culturale ampia e approfondita, incontrandosi in questo laboratorio interattivo con l’industria e l’utenza. Grande interesse, infatti, ha suscitato il nutrito programma convegnistico, con ben 40 convegni ed incontri nazionali ed internazionali, tra cui gli Energethica Congress, durante i quali si sono affrontati nuovi temi legati all’energia e alla sostenibilità. Il 4° Energethica Congress inaugurale di giovedì 5 marzo si è concentrato sui Porti Verdi e sul trasferimento del trasporto merci su rotaia (intermodalità), quale contributo essenziale al trasporto sostenibile. Secondo l’On. Mino Giachino, Sottosegretario ai Trasporti e alle Infrastrutture, presente al Convegno in qualità di relatore, si tratta di “sbloccare il Paese, rilanciare le infrastrutture e l’intermodalità”: traguardi che possono essere raggiunti
solo “mettendosi tutti attorno a un tavolo, per favorire un progetto comune di rilancio e permettere al Paese di tornare a crescere”. Il portavoce del Ufficio Federale Svizzero per il Trasporto, Davide Demicheli, punta proprio in quella direzione: la Svizzera, per salvaguardare un ecosistema alpino piuttosto fragile, ha predisposto varie infrastrutture per consentire il flusso delle merci attraverso le Alpi su ferrovia e vede con soddisfazione la rivalutazione da parte dell’Italia del traffico merce su ferro per l’allacciamento ai Paesi del nord-Europa con intermodalità. Genova ne diventa così il porto naturale della Svizzera per le merci provenienti dal Mediterraneo. Il 5° Energethica Congress di venerdì 6 marzo ha focalizzato l’attenzione sulla contabilizzazione del calore nei condomini come punto di partenza per premiare gli atteggiamenti virtuosi dei singoli inquilini, onde innescare la riqualificazione energetica dell’edificio nel suo insieme. Questo tema tocca il 70% degli italiani che, abitando in condominio, spesso non possono direttamente influire sul costo del riscaldamento né intervenire tecnicamente sull’impianto centralizzato, beneficiando così solo in minima parte del risparmio generato dalle loro azioni responsabili. Energethica ha varato un’apposita campagna di sconti per gli amministratori che hanno approfittato del Salone per aprire una trattativa con le aziende aderenti, dotando così i condomini di loro competenza di sistemi di contabilizzazione del calore. Non è stato da meno il successo riscosso dalla giornata dedicata al tema dell’energia nucleare, focus del 6° Energethica Congress di sabato 7 marzo, dove ai numerosi partecipanti sono stati forniti dati e numeri spesso lasciati in secondo piano. Secondo Nicola Armaroli, primo Ricercatore presso il CNR di Bologna e membro del Comitato Promotore www.energiaperilfuturo.it, il nucleare non risolverebbe due gravi problemi: la
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dipendenza energetica dall’estero del nostro Paese, “visto che tutti i produttori di uranio sono al di fuori dell’Unione Europea”, e il progressivo esaurimento delle risorse petrolifere, “perché con gli attuali consumi, anche l’uranio si esaurirà in 70 anni”. “Se si tornasse al nucleare - continua Armaroli - si produrrebbe solo il 4% dell’energia che serve in Italia. E fra una decina d’anni”. Sul fronte occupazionale Giuseppe Onufrio, Direttore di Greenpeace Italia, ha affermato che “l’occupazione prodotta dall’indotto creato dalle fonti energetiche rinnovabili è 10 volte superiore a quella del nucleare”. Tenendo in conto le potenzialità delle misure di risparmio energetico (l’UE parla del 30% entro l’ipotetica fine dei lavori di costruzione delle centrali) e della crescita dell’apporto delle rinnovabili (oltre il 40% complessivamente solo nell’ultimo anno con 60.000 posti di lavoro creati!) viene da pensare che quel 4% di apporto complessivo e di sola elettricità presto potrebbe risultare insignificante rispetto al rischio che comporta per le prossime 10.000 generazioni... Il IV Salone dell’Energia rinnovabile e sostenibile è stato anche una piattaforma di lancio di nuovi progetti: sarà in fatti presentato in occasione del prossimo Salone Internazionale della Nautica di Genova il progetto “Nautica ad idrogeno” che si sperimenterà per la prima volta a livello mondiale proprio in Liguria: questo infatti l’accordo raggiunto al Salone di Genova tra H2U-Università dell’Idrogeno di Bari e l’Assessorato all’Ambiente della Regione Liguria. È stato presentato in anteprima il progetto Lisalab, di cui Energethica è tra i fondatori, che prevede la messa in rete di una serie di soggetti pubblici ed associazioni di categoria liguri per trovare aziende desiderose di sottoporsi ad uno screening relativo alle loro attuali performance nella sostenibilità. Questo permetterà a diversi istituti (tra cui DIP-ARCH dell’Università di Genova, Legambiente, Muvita e C&PS) di elaborare un piano di consulenza specifico che dovrà essere messo in atto dalle stesse aziende. Successivamente, verranno effettuati nuovi rilevamenti per verificare se tali misure abbiano concretamente contribuito a riqualificare il territorio e
dato nuove opportunità economiche alle imprese aderenti. Energethica ha pensato anche ai giovani, che influenzeranno il futuro con le loro decisioni, preparando insieme a Legambiente un’offerta dedicata: diversi laboratori didattici della durata di un’ora ciascuno hanno visto la partecipazione di scuole primarie e secondarie da varie regioni d’Italia. Anche gli studenti universitari e di scuole superiori hanno seguito le lezioni tenute in fiera. “Bel segnale! Significa che i giovani non sono poi così disattenti come si crede - ha sottolineato Edgar Mäder, Presidente di Emtrad srl, Organizzatore del Salone - intravedono nelle soluzioni proposte il loro futuro, e soprattutto hanno la possibilità di confrontarsi con il mercato reale mettendo a frutto ciò che hanno imparato a scuola”. “Siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti, è un chiaro segno che questo settore con un’economia reale e benefici distribuiti viene visto come una possibile via d’uscita dalla crisi”, ha commentato ancora Mäder. “Oltre all’aumento del numero degli espositori, c’è stato un salto di qualità, segnalato dagli espositori stessi, per quanto riguarda i visitatori: molto più qualificati, oltre che numerosi. E molti più stranieri rispetto allo scorso anno”. Il successo della IV edizione di Energethica spinge gli organizzatori a guardare già al futuro: “Arricchiremo ancora il circuito dell’energia sostenibile, cercando di essere presenti sul territorio anche durante l’anno, con altri interventi congressuali oltre a quelli programmati durante il Salone - ha concluso Mäder, che ha promesso di aumentare anche gli spazi dedicati all’acqua, “perché la prossima emergenza sarà legata proprio all’acqua dolce”, e di dedicare maggiore attenzione ai contabilizzatori di calore, “perché monitorando i comportamenti dei singoli, possiamo scoprire dove intervenire e come favorire ulteriormente gli atteggiamenti virtuosi”. ulteriori informazioni: Emtrad srl Via D. Galimberti 7 - 12051 Alba (Cn) Tel. +39 0173 280093 - press@emtrad.it - www.energethica.it
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Al via il Programma Quadro per il Settore Forestale
FORESTE: GESTIONE SOSTENIBILE E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO “Garantire a se stessi e alle generazioni future una risorsa costante”
di Micaela Conterio
Quando parliamo di gestione sostenibile del territorio spesso trascuriamo che i benefici derivanti in termini ambientali possono avere considerevoli ricadute anche in termini di valorizzazione economica, obiettivo questo che si pone il Programma Quadro per il Settore Forestale, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso 18 dicembre e in vigore dal 1° gennaio 2009 con validità decennale. Il Programma è nato dalla sinergia di un Gruppo di Lavoro Interistituzionale, composto da rappresentanti del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF), del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), del Corpo Forestale dello Stato (CFS), dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA), dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo-alimentare (ISMEA), da una rappresentanza delle Regioni nominata dalla Conferenza Stato-Regioni (Basilicata, Molise, Puglia, Toscana e Veneto). Il 2008, in particolare, ha visto la partecipazione attiva dei ricercatori dell’Osservatorio Foreste dell’INEA alla redazione del documento approvato, in qualità di coordinamento e supporto tecnico.
Scendendo nel particolare questo obiettivo generale si articola in quattro sotto obiettivi: - gestione attiva del territorio; - integrazione delle diverse politiche; - coordinamento delle diverse politiche; - salvaguardia della biodiversità e contenimento dei cambiamenti climatici. In altri termini, parliamo dello sviluppo di un’economia forestale efficiente e innovativa, di tutela del territorio e dell’ambiente, in particolare della biodiversità, della diversità paesaggistica, dell’assorbimento del carbonio, dell’integrità e della salute degli ecosistemi forestali. Valorizzare, anche, la dimensione sociale e culturale delle foreste, quale strumento di sviluppo, coesione sociale e territoriale e sviluppo del coordinamento e della comunicazione è un’altra delle finalità del Programma. Al crescente numero di fruitori delle aree boschive, richiedenti servizi diversificati, si deve accompagnare, infatti, necessariamente una gestione attiva e sostenibile, che ne assicuri le funzioni ambientali, produttive e sociali proprie e, quindi, la sua multifunzionalità.
Ma nel dettaglio di cosa si tratta? Nato per mettere in atto gli impegni internazionali sottoscritti dal Governo Italiano, il Programma si prefigge lo scopo di fornire l’orientamento per la gestione del settore forestale, coadiuvando la creazione di sinergie fra le Amministrazioni competenti. Strumento, quindi, fondamentale per la progettazione è il coordinamento delle azioni da intraprendere in base alla programmazione nazionale. Obiettivo principale dichiarato è di incentivare la gestione forestale sostenibile attiva, tutelando il territorio e cercando di contenere il cambiamento climatico, legata però al consolidamento dell’intera filiera forestale, partendo proprio dalla sua base. “Questi due aspetti, quello economico produttivo e quello ambientale - ha spiegato Raul Romano, Ricercatore INEA dell’Osservatorio Foreste, curatore del documento - non sono separati, ma devono muoversi in parallelo, a maggior ragione in una politica comunitaria e internazionale che punta in grande misura ad utilizzare il settore forestale e, quindi la risorsa foresta, come strumento per lo sviluppo socio-economico delle aree rurali e delle aree montane. Sviluppo socioeconomico che deve muoversi parallelamente alla tutela ambientale, intesa dal punto di vista della salvaguarda della biodiversità e del paesaggio”. Sostenibilità ambientale attiva viene, quindi, correlata alla valorizzazione del territorio da un punto di vista sociale come patrimonio per la società e come strumento di sviluppo economico del territorio. Questi sono in sostanza i macro obiettivi del Programma.
Quali sono state le fasi attraverso le quali si è giunti alla definizione del progetto? Progressivamente diversificati i passi compiuti fino ad oggi sono stati scanditi da alcune tappe fondamentali. Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nel settembre 2007, ha accolto il mandato europeo di pianificare una strategia di intervento a lungo termine per il settore forestale che tenesse conto anche delle componenti economica e ambientale, attraverso la creazione di un Gruppo di Lavoro Tecnico Interistituzionale. Il risultato prodotto è stato un documento approvato, a un anno di distanza, dal Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro (CNEL) e dalla rappresentanza delle Regioni e, successivamente, presentato in un Forum aperto ai soggetti del partenariato economico, sociale e scientifico, per acquisire contributi prima della sua definitiva approvazione. Come far convivere sostenibilità ambientale e sostenibilità economica nel settore forestale? “I due aspetti - ha evidenziato Romano - possono convivere, in quanto la silvicoltura, la gestione delle foreste, non è una scienza nata ieri. Per millenni le foreste hanno garantito il sostegno per tutto l’anno per le popolazioni residenti: gestire le foreste in un certo modo, significava garantire a se stessi e alle generazioni future una risorsa costante. Oggi noi abbiamo perso la concezione del patrimonio forestale, ma abbiamo gli strumenti scientifici e tecnologici per garantire una gestione attiva del soprasuolo che sia conforme alla salvaguardia del patrimonio biologico, del suolo e della tutela del cambiamento climatico. È sufficiente applicarli”.
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Circa il 60% del territorio italiano, infatti, non è gestito. Questo significa che le conseguenze hanno un peso specifico rilevante, in quanto, non entrando in foresta da almeno 30-40 anni, la situazione si presenta disordinata e caotica. La silvicoltura, infatti, proprio come l’agricoltura, nasce come coltura del bosco per ottenere certi tipi di prodotti, quali il legno, i prodotti del sottobosco, le foglie secche per l’allevamento. “Oggi culturalmente questo utilizzo si è perso - ha continuato il Ricercatore INEA - perché si pensa che la gestione della foresta consista esclusivamente nel taglio degli alberi, ma non è così. Significa soprattutto garantire benessere per i cittadini, benessere che deriva dalla possibilità di utilizzare queste foreste da parte della popolazione, dalla possibilità di poter accedere a questi spazi verdi, vivendo la foresta da un punto di vista ambientale, scoprendone ed apprezzandone l’alto valore dell’ecosistema”. “Gestire - ha concluso Romano - significa inoltre garantire la sicurezza dei cittadini, perché laddove non ci sono foreste gestite si verificano i disastri dovuti ad accumuli di detriti, di foglie secche e di legnami nei corsi d’acqua, che si trasformano presto in vere e proprie dighe naturali, che, quando cedono, creano calamità da un punto di vista non solo di infrastrutture, ma anche di vite umane umane”. e. Questo non Qu n accade nelle foreste gestite gest stite e tutelate attraverso una strategia chiara che identifichi ad esempio i turnii e laa
quantità di materiali (funghi, legname ecc.) da asportare. Questo tipo di pianificazione comporta un risparmio in termini economici, ma soprattutto in termini ecologici, garantendo la presenza e la sopravvivenza di alcune specie che corrono il rischio di estinguersi proprio a causa della mancanza di una gestione attiva. In ultima analisi la gestione sostenibile delle aree forestali consente anche un indotto produttivo che garantisce la vita di numerose zone che possono provvedere al loro sostentamento, beneficiando quindi di un benessere aggiunto nel momento in cui vengono munite di infrastrutture primarie o secondarie quali internet, favorendo, al contempo, la presenza e la permanenza dell’uomo in queste aree. Questo obiettivo ambizioso necessita dell’integrazione di programmi settoriali e territoriali sia regionali e nazionali, sia comunitari, completati da un’analisi continuamente aggiornata della situazione economica e ambientale e dal costante coordinamento fra i soggetti coinvolti. Sinergie e partecipazioni confluiscono, poi, nella prevista creazione di un Gruppo Tecnico Interistituzionale permanente di lavoro: il “Tavolo di coordinamento forestale”, composto da rappresentanti del MIPAAF, MATTM, di Regioni e Province Autonome, designati dalla Conferenza Stato-Regioni, del CFS, con il supporto tecnico dall dall’Osservatorio Osservatorio Foreste dell’INEA, con ffunzioni unzi un zion o i di Comitato di SSorveglianza orve or vegl glia ianzza de del PQSF PQS e di coo coordinamento, ord r in nam amen ento to, indirizzo e inform informazione. maz azio one ne.
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INNOVAZIONE E RICERCA
Come calcolare la sostenibilità del proprio cellulare
GLI IMPATTI AMBIENTALI DEL TELEFONINO Il ruolo del consumatore per ridurre gli effetti Le performance dei telefonini cellulari (GPS, Wi-Fi, MP3, Fotocamera, Bluetooth, ecc.) sono diventate così complesse ed evolute cha l’originaria funzione è ormai una delle tante. Così la vita media dei telefonini si accorcia sempre più, non tanto perché sul mercato cominciano a circolare prodotti “usa e getta”, che speriamo, non abbiano diffusione, bensì per il fatto che il consumatore, smanioso di godere di nuove prestazioni, li sostituisce dopo pochi mesi con modelli nuovi e diversi. Secondo una ricerca condotta lo scorso anno da ABI Res Research è risultato che son sono i Giapponesi i più an ansiosi di sostituire il proprio pr telefonino (dopo 9 mesi di uso), mentre gli Europei ne mentr attendono 15 e gli Staattend tunitensi 18. tunite È cchiaro che la prod produzione, e il ricicl ciclaggio di questi strumenti elettronistru ci p presuppongono notevoli costi econo nomici, ambientali no e sociali. Infatti, seppur in In modeste quantità, m metalli preziosi m come c oro e arggento, ma anche metalli pesanti quali piombo e cadmio che sono pericolosi per n l’ambiente e la salute. l’ambi Ci sono poi le batterie che sono essenzialmente al litio, metallo che finora è stato poco utilizzato se non come eccipiente per farmaci. Da quando si è scoperto che è il più grande accumulatore di energia, il suo costo è notevolmente aumentato, anche in prospettiva di electric-car. Ebbene, più della metà delle riserve terrestri si trovano nell’America Meri-
dionale (soprattutto Bolivia, ma anche Cile), sotto la coltre delle sterminate distese di sale (salar), si può ben comprendere che questa area geografica potrebbe scatenare tensioni internazionali come è accaduto al Medio Oriente con il petrolio. Poiché non si può sperare che le aziende produttrici di tali dispositivi provvedano, con alto senso di responsabilità di impresa, ad immettere sul mercato “prodotti sostenibili”, anche se si deve riconoscere che molte aziende hanno compiuto notevoli sforzi per rendere sempre più “verdi” i loro prodotti ed adeguarsi alle nuove normative del settore, deve essere il consumatore che con il suo comportamento può indurre il produttore verso soluzioni meno impattanti per l’ambiente e più efficienti economicamente. La scelta e l’uso di un telefonino in modo corretto, badando anche al risparmio di energia e alla sua riciclabilità, costituisce un’azione importante da un punto di vista ambientale. Si pensi all’utilizzo dei biopolimeri per la loro carrozzeria o ai carica batteria ad energia rinnovabile (oggi in commercio si trovano giubbotti, occhiali, borsette, persino cravatte con il carica batteria per il cellulare ad energia solare). Per aiutare l’utente a conoscere la sostenibilità di questi gioielli elettronici ci sono guide apposite, ma tra le tante iniziative, purtroppo ancora poco diffuse, vogliamo segnalarne una che ci sembra assai interessante. L’Agenzia Francese dell’Ambiente e della Gestione dell’Energia (ADEME) ha messo sul suo sito (www.ademe.fr) uno strumento di facile utilizzo con cui è possibile calcolare l’impatto ambientale del proprio telefonino cellulare. La scelta di un telefonino, come abbiamo sopra accennato, ha un suo “peso” ambientale, come peraltro ce l’ha il suo utilizzo. Cliccando sulle opzioni proposte sulla base delle proprie scelte di consumo è possibile verificare se l’impatto ambientale che ne deriva è
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maggiore o minore di quello di riferimento (vedi lo schema della pagina accanto). Questo strumento, che è stato messo a punto dal Centro di Competenza Ambientale delle Industrie Elettriche ed Elettroniche (CODDE), si basa sui risultati dell’analisi del ciclo di vita (LCA) di un telefono cellulare. Lo scopo dello studio era, in un primo momento, di valutare uno scenario di riferimento rappresentativo delle abitudini dei consumatori per illustrare l’impatto ambientale del loro modo di usare il telefono. In un secondo momento lo studio doveva comparare differenti opzioni di competenza e di utilizzo al fine di identificare le soluzioni alternative più rispettose dell’ambiente. Lo studio ha permesso di dimostrare che la fase più impattante per l’ambiente è il momento di fabbricazione, seguito da quello dell’uso, quello relativo ai trasporti è quasi insignificante. Il consumatore può dunque giocare un ruolo nel ridurre gli impatti del suo telefonino, seguendo le seguenti raccomandazioni: - evitare di acquistare un telefonino con grande schermo (LCD); - evitare i telefonini a scatto o quelli con varie funzioni GPS, FM e fotografico; - evitare di lasciare acceso il carica batterie quando è terminata la ricarica; - fare la scelta di acquistare il carica batterie a dinamo, piuttosto di quello standard, quando tale scelta vi viene proposta al momento dell’acquisto; - sforzarsi di prolungare la durata di vita del cellulare; - privilegiare il deposito del telefonino fuori uso o a fine vita in un contenitore per rifiuti da riciclare piuttosto che lasciarlo in un cassetto o abbandonarlo tra le cianfrusaglie.
Le vostre scelte di consumatori hanno ricadute ambientali: calcolate e riducete gli impatti sull’ambiente del vostro telefono cellulare Gli impatti del vostro telefonino Per ogni indicatore, il vostro schema:
Esaurimento delle risorse naturali
corrisponde al consumo di risorse naturali provocato dall’estrazione di 7,4 kg di rame Produzione di rifiuti pericolosi
consuma energia pari a quella di un aereo che percorra 57 km
180 Consumo di energia 150 120
genera tanto gas ad effetto serra quanta ne produce un’auto a benzina in 85 km
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distrugge lo strato di ozono per un’altezza pari allo 0,36% dell’ impatto quotidiano individuale
30 Eutrofizzazione dell’acqua
Effetto serra
corrisponde al 49% dell’impatto quotidiano individuale sull’inquinamento dell’aria
ha lo stesso impatto sull’inquinamento delle acque dello 0,38% del ciclo di lavaggio di una lavastoviglie Acidificazione dell’aria
Distruzione della fascia d’ozono
genera il 236% della produzione quotidiana individuale di rifiuti
Questi valori sono determinati sulla base degli impatti medi di un europeo Lo schema di riferimento è determinato per difetto. Cliccando sulle opzioni che vi riguardano vedrete se il vostro impatto sull’ambiente è maggiore o minore di quello dello schema di riferimento.
Le vostre scelte : come scegliete di utilizzare il vostro telefono cellulare? A fine vita
12 mesi 24 mesi Tipo di caricatore
Caricatore standard Caricatore a dynamo
Dimensioni dello schermo
schermo da 20 cm schermo da 15 cm
Tipo di telefono
Con o senza opzioni
Telefono standard Telefono a scatto
Abitudini di ricarica
Carica durante tutta la notte Carica durante giorno e notte Ricarica di 45 minuti
GPS, FM o video Senza Fine vita
Accomodare Gettare via Reciclare
Importante processo nel campo del riciclaggio di rifiuti solidi urbani
LIBRI E DOCUMENTI DI CARTA SINTETICA PRODOTTA DALLE BOTTIGLIE DI PLASTICA RICICLATA
Il Brasile leader nella Ricerca per materiali sostenibili
Dopo che la TV brasiliana Globo aveva mandato in onda il 15 febbraio 2009 un filmato in cui si comunicava che alcuni ricercatori avevano messo a punto un processo per ottenere carta dalla plastica riciclata, la notizia si è diffusa rapidamente. In Italia è stata data per la prima volta, a quanto ci risulta, da Greenreport, il quotidiano on line di informazione ambientale, che il 18 marzo, riprendendo un articolo di Tierramérica, titolava “La carta sintetica brasiliana di plastica riciclata”. Se la divulgazione della “scoperta” è recente, la letteratura scientifica ne era informata già dal 2006, quando i ricercatori dell’Università Federale di San Carlos (230 Km da San Paolo) che hanno partecipato al progetto, avevano pubblicato i risultati della sperimentazione (cfr. Cristiano R. De Santi, Ana Carolina Corréa, Sati Manrich, “Films of post-consumer polypropylene, composites for the support layer in synthetic paper”, in Polimeros, vol. 16 n. 2, giugno 2006), mentre a livello meno specialistico il 15 gennaio 2009 sulla Rivista della Ricerca FAPESP era comparso l’articolo “Papel de plastico reciclado”. L’idea era nata alla fine del 1995, ma gli studi preliminari sono del 1996. Solo nel 2005 è stato possibile effettuare i test in un impianto pilota della Vitopel, azienda latino-americana leader nella produzione di film flessibili, che entrò nel Progetto con la partecipazione del loro Responsabile di Tecnologia dei Processi, Lorenzo Giacomazzi. Come chiarito dalla Responsabile e Coordinatrice del Progetto
Sati Manrich del Dipartimento di Ingegneria dei Materiali della UFSCar, l’équipe non ha pagato alcunché per utilizzare le apparecchiature necessarie per gli esperimenti, in cambio l’azienda ha ricevuto un terzo della proprietà intellettuale. Il procedimento è già stato brevettato e l’Università sta valutando diverse proposte di industrie disponibili a produrre questo materiale, ma ovviamente spetta alla Vitopel l’opzione, qualora dovesse declinare l’opportunità, si aprirà una gara tra le imprese interessate, non solo brasiliane ma anche statunitensi. In cosa consiste la novità “Vi sono numerosi brevetti e prodotti commercializzati che utilizzano soprattutto materie prime di derivazione dal petrolio - ha spiegato la Prof.ssa Sati Manrich - ma non c’è alcun brevetto che riguardi carta sintetica fatta da plastica riciclata”. La materia “prima”, in effetti, è costituita da scarti plastici delle famiglie, anziché da materie vergini. “Noi utilizziamo polipropilene e polietilene, impiegati su vasta scala in contenitori per l’acqua, detersivi, shampoo, yogurt e per tanti altri prodotti domestici”, ha osservato Oswaldo Josè Donnella Jr., un altro dei Ricercatori del Progetto, che ha pure precisato che non possono essere utilizzati altri prodotti di sintesi, come nylon e policarbonati. Oltre a risparmiare risorse, visto che con 850 Kg. di plastica riciclata si ottiene una tonnellata di carta sintetica, quando per quella tradizionale si richiedono 30 alberi, la produzione di questa carta necessita di minor consumo d’acqua e meno energia rispetto alla cellulosa.
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“L’unica acqua che serve - ha dichiarato la Prof.ssa Manrich a Siete Dìas, Magazine del giornale El Comercio, diffuso in molti Paesi latino-americani - è quella che serve per lavare i rifiuti plastici, mentre nel caso della pasta da carta, l’acqua entra nel processo di fabbricazione per lavare dal terriccio i tronchi che sono introdotti nella fabbrica, come durante il taglio e nella fase di sbiancamento”. “L’aspetto finale è lo stesso di quello di un prodotto a base di resine vergini - aveva dichiarato Giacomazzi sulla Rivista della Ricerca FAPESP (Fondazione per il Sostegno della Ricerca dello Stato di San Paolo), che ha reso possibile il progetto, grazie ai suoi finanziamenti - con il vantaggio che deriva da materiali destinati, insieme ad altri rifiuti, a finire in discarica” (“Papel de plastico reciclado”, n. 155, gennaio 2009). Le plastiche dopo essere state lavate vengono arricchite di particelle minerali che danno loro proprietà ottiche (brillantezza, lucentezza, contrasto, dispersione e assorbimento della luce), mentre altre sostanze le rendono resistenti alla lacerazione e trazione. La miscela ottenuta è poi sottoposta ad alte temperature in un macchinario che le ammorbidi-
sce fino a fondersi completamente. Viene poi raffreddata e macinata in granuli; quindi dal materiale granulare viene prodotto un grande foglio sottile, simile alla carta di cellulosa, che sarà arrotolotato e tagliato sulla base dell’utilizzo, per etichette di bottiglie, manifesti, scacchiere e superfici da gioco, biglietti, libri scolastici, ecc. Il Brasile da anni ha intensificato la ricerca sulle plastiche, tanto che già in altre occasioni ci siamo occupati degli innovativi materiali prodotti (cfr. Massimo Lombardi “Al GP del Brasile un trofeo in polietilene verde” in Regioni&Ambiente, n. 11, novembre 2008 pag. 68 e segg.), come sono avanzati nel Paese gli studi sui biopolimeri, ma questo processo si presenta ancora più interessante. Va a merito del Brasile che, pur avendo un immenso patrimonio forestale da cui trarre materia prima, preferisce trovare soluzioni sostenibili. Certo, come osservato da un post del 4 febbraio 2009 sul blog match.com del sito www.noticias.terra.br: “questa carta sarebbe ancor meno impattante sull’ambiente se fosse biodegradabile”.
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UNO SPAZIO DEDICATO A...
Regione Emilia-Romagna
“È TEMPO DI AMBIENTE PER CONCORRERE ALLA RIPRESA” Il Piano di Azione Ambientale 2008-2010 di Lino Zanichelli Assessore regionale all’ambiente e sviluppo sostenibile
In un periodo molto difficile per l’economia o si punta su terreni di innovazione e qualità o si rischia di rimanere al palo. Nuove opportunità di crescita vengono dall’efficienza energetica, dalle fonti rinnovabili, dalla riduzione e recupero dei rifiuti, dalla valorizzazione dei territori a forte vocazione ambientale. La sfida è saperle cogliere e farlo subito. In questo senso il Piano di Azione Ambientale 2008-2010 della Regione Emilia-Romagna offre un contributo importante, all’interno di un orizzonte di sviluppo sostenibile che è regionale nel suo complesso. Infatti, abbiamo scelto di concentrare le risorse sui punti non coperti da altri filoni d’azione, ma ogni intervento e progetto che finanzieremo è in stretto rapporto con gli altri Piani e strategie regionali: penso in primo luogo ai trasporti e mobilità, alle aree produttive ecologicamente attrezzate, al piano energetico, al mercato di prodotti ecologici incrementato dagli acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni. L’intento è innescare un circolo virtuoso che sosterrà imprese e territori. E proprio dai territori abbiamo deciso di partire, co-finanziando i progetti costruiti con le Province in materia di conservazione della biodiversità, razionalizzazione ed efficienza della gestione dei rifiuti, bonifica dei siti inquinati, tutela delle acque e risanamento atmosferico. Quello dello smog è un problema ambientale e sanitario di grande rilevanza in tutta la pianura Padana e noi investiremo a livello regionale alcuni milioni di euro in più per dotare di
filtri antiparticolato i mezzi commerciali, una misura nuova che si aggiungerà agli interventi dell’Accordo di programma per la qualità dell’aria che ogni anno stipuliamo con gli enti locali. La nostra scelta è di “seminare ambiente” in tutti i settori. Quando regole e incentivi si muovono di pari passo, favoriscono l’innovazione e il rilancio economico. Un esempio concreto è la gestione e il recupero dei rifiuti, che rappresentano un onere per ogni impresa, ma nel contempo un’opportunità per la ricerca tecnologica e per il mercato. Le stesse certificazioni EMAS, Ecolabel e la Dichiarazione ambientale di prodotto sono importanti, dal momento che danno una maggiore visibilità a certe filiere e orientano i consumi alla sostenibilità. Dedico un ultimo cenno agli investimenti sulle Aree protette contenuti nel nostro Piano. Da un lato l’Europa ci incalza sulla delicata questione della perdita di biodiversità e sul necessario contrasto ai cambiamenti climatici, dall’altro possiamo intercettare un turismo che si sta spostando sempre più su prodotti di elevato pregio naturalistico. La nostra idea è quella di collegare il sistema del crinale emiliano al mare Tirreno e Ligure (le Cinque terre) e, in Romagna, di mettere a rete il turismo Adriatico con i parchi del Delta del Po e delle Foreste Casentinesi. Lavoriamo poi per valorizzare il Po ed i suoi principali affluenti, che sono bacini di naturalità e di grande importanza turistico-ambientale. Su tali basi, il sostegno alle Aree protette e ai Progetti di educazione all’ambiente nei parchi porterà il sistema a cercare risposte più avanzate. Coesione e innovazione saranno le carte da giocare per fronteggiare la crisi ed arrivare preparati alla ripresa.
Parco regionale dei Sassi di Roccamalatina (foto di Fabrizio Dell’Aquila - Archivio Regionale ER)
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IL PIANO DI AZIONE AMBIENTALE 2008-2010 DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA Approvato lo scorso dicembre dall’Assemblea legislativa regionale, il Piano delinea linee e priorità per un plafond complessivo di risorse pari a 148 milioni 700 mila euro, tra fondi nazionali, comunitari e stanziamenti regionali, questi ultimi pari a 41 milioni 700 mila euro. Per i Rifiuti, il Piano traccia tre filoni di azione: - la riduzione della produzione, con 15,5 milioni di euro stanziati; - la loro “tracciabilità” ed etichettatura (2 milioni di euro); - la riduzione e riutilizzo delle emissioni di anidride carbonica - il gas maggiormente responsabile dell’effetto serra - provenienti dalle operazioni legate allo smaltimento, che riceve altri 2 milioni di euro. Ci sono poi 5 milioni per un progetto che coinvolgerà diverse Province per il recupero dei fanghi di depurazione delle acque reflue urbane e industriali. I fondi destinati alla riduzione dei rifiuti verranno spesi attraverso le Province.
Oltre ad azioni per migliorare la raccolta differenziata, che in Emilia-Romagna già raggiunge il 45% del totale, saranno finanziate altre azioni concrete, quali la diffusione dei detersivi alla spina nei supermercati, l’abolizione di stoviglie usa e getta o l’utilizzo di acqua del rubinetto filtrata nelle mense scolastiche ed aziendali. La difesa della biodiversità è il secondo grande tema su cui ruota il Piano d’azione ambientale. Il punto di riferimento è quello individuato dall’Unione Europea: arrestarne la perdita entro il 2010. La “filosofia” del Piano mira ad una miglior tutela degli ambienti naturali di pregio e all’integrazione fra salvaguardia e valorizzazione. Verranno spesi, attraverso le Province, 7 milioni di euro, stanziati direttamente dalla Regione, per rafforzare e migliorare il sistema delle Aree naturali protette, con particolare riguardo ai siti individuati dalla Rete di Natura 2000. Sarà possibile anche l’allargamento di queste stesse aree. Ammontano, poi, ad un milione di euro gli stanziamenti per l’educazione e la divulgazione ambientale e per lo sviluppo della conoscenza naturalistica.
Bosco della Frattona (foto di Fabio Liberani - Archivio Servizio Parchi Regione ER)
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Itinerario ciclabile nel Delta del Po (foto di Milko Marchetti - Archivio Servizio Parchi Regione ER)
Il Progetto “Valle del Po”, da 34 milioni di euro, consentirà di riqualificare il grande fiume e rinaturalizzarne l’alveo. Sul versante idraulico e di difesa del suolo, si vuole mantenere il più possibile costante l’assetto idrometrico del Po, anche per garantirne la navigabilità. Ancora in materia di acque, sono previsti interventi da 15 milioni di euro nella fascia costiera, per completare gli impianti di depurazione e per razionalizzare l’uso agricolo ed industriale. Interventi saranno realizzati per 6 milioni di euro sul Canale Emiliano-Romagnolo, una delle più importanti opere idrauliche italiane, per fruire delle acque sia per scopi industriali che per l’approvvigionamento potabile, in una zona soggetta al fenomeno della subsidenza e in cui la risorsa idrica tende ad essere scarsa. Viene finanziato con 15 milioni un Accordo di Programma sulla Mobilità sostenibile che coinvolge il Ministero dell’Am-
biente e della Tutela del Territorio e del Mare, la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Bologna, per promuovere il risparmio energetico, la costruzione di piste ciclabili, l’ampliamento delle corsie preferenziali degli autobus e la diffusione di filtri antiparticolato. A breve uscirà uno specifico bando di ecoincentivi per la rimozione e lo smaltimento dei manufatti contenenti cemento-amianto nei luoghi di lavoro, finanziato con 4.100.000 euro regionali. Per incentivare nelle imprese modelli di produzione e consumo sostenibili sono disponibili 300.000 euro. La stessa cifra viene destinata al GPP (Green Public Procurament), che negli uffici pubblici finanzia gli acquisti sostenibili. Sempre, per quanto riguarda le imprese, si pensa a progetti pilota su cluster o su intere filiere con lo scopo di evidenziare le eccellenze e migliorarne le prestazioni ambientali, sia attraverso l’analisi della “supply chain”, sia attraverso l’ottenimento di marchi come l’Environmental Product Declaration o la Carbon Label.
Tenuta Orsi-Mangielli (foto di Dario Barbieri - Archivio Regione ER)
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EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ
Presentato il Rapporto di Revisione 2008 sulle dinamiche demografiche
CRESCITA DELLA POPOLAZIONE E CONSUMO DELLE RISORSE Se non inserita nell’agenda politica, la questione rischia di risolversi nel riconoscimento clamoroso che Malthus aveva ragione
Come ben sanno i demografi è più facile controllare l’indice di mortalità (basterebbe qualche nuova scoperta di ordine medico-scientifico) che non quello della natalità in cui entrano in gioco fattori storico-culturali e religiosi, oltre che quelli socio-economici. “Sarà estremamente importante che si incrementi il finanziamento per i progetti di pianificazione familiare - ha dichiarato la Zlotnik - perchè, se così non fosse, le nostre proiezioni di declino della fertilità non troverebbero riscontri”. È questa la prima Chiave di Ricerca (Key La popolazione dei Findings) delle 26 con49 Paesi meno sviluptenute nel Rapporto pati (PMS) è ancora di Revisione 2008 in rapida crescita, atdel “World Population torno al 2,3% annuo; Prospect”, presentato a quella dei Paesi in New York il 12 marzo via di sviluppo (PVS) dalla Divisione Popopasserà, secondo le lazione delle Nazioni previsioni del RapUnite. porto, da 5,6 miliardi Il Rapporto che ha di individui del 2009 una cadenza biennale ai 7,9 miliardi del rivede i dati demo2050; mentre nelle grafici, sulla base dei Regioni più sviluppiù recenti censimenpate del mondo viene ti della popolazione previsto un debole dei singoli Paesi, e incremento, passangli indicatori relativi do dagli attuali 1,23 agli studi specializzamiliardi di persone ti sulla popolazione ai 1,28 miliardi del mondiale, per valutare 2050, grazie ai flussi le tendenze demogramigratori dagli altri fiche a livello globale, Paesi meno sviluppati regionale, nazionale, o in via di sviluppo per il periodo 1950ad una media di 2,4 2050. milioni all’anno dal Hania Zlotnik, Di2009 al 2050, altrirettore della Divisione menti si avrebbe un Popolazione del Didecremento di 80 mipartimento degli Affari lioni di individui. Economici e Sociali Le tendenze demo(DESA) dell’ONU, ha grafiche del Rapporto affermato che “Non presuppongono un ci sono stati grandi progressivo successo cambiamenti nelle degli sforzi per ridurpiù recenti stime rire e contrastare la spetto al passato e non diffusione dell’AIDS, abbiamo cambiato ma tengono conto, le ipotesi per il futualtresì, che sarà imro”, ma le cifre sono Mercato galleggiante di Damnoen Saduak, 100 Km a Sud-Ovest di Bangkok (Thailandia) “A luglio del 2009, la popolazione mondiale raggiungerà 6,8 miliardi di individui, 313 milioni di più che nel 2005, con un incremento di 78 milioni di persone all’anno. Supponendo che i tassi di fertilità continuino a decrescere, si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà i 9,1 miliardi di persone nel 2050, con una crescita annuale media di circa 33 milioni durante tale periodo”.
egualmente impressionanti. Il Rapporto indica che 9 Paesi avranno la metà della crescita mondiale che si verificherà tra il 2010 e il 2050: India, Pakistan, Nigeria, Etiopia, Stati Uniti, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Cina e Bangladesh. Tali proiezioni si basano sul presupposto che la fecondità femminile da qui al 2050 dimuisca dagli attuali 2,5 figli ai 2,1 figli per donna. Senza tale ipotesi la popolazione mondiale aumenterebbe del doppio di quanto previsto.
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probabile per i Paesi in via di sviluppo raggiungere uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDG): ridurre di 2/3 la mortalità infantile sotto i 5 anni entro il 2015. Nel Rapporto si sottolinea, inoltre, che i Governi debbono pianificare per assicurare un’attività remunerativa ad una platea di 1 miliardo di giovani e di 1,7 miliardi di bambini in età scolare, che un giorno saranno in età da lavoro. Durante la Conferenza stampa, la Zlotnik, alla richiesta di un giornalista se a suo avviso vi sia una correlazione tra la crescita economica e la riduzione dei tassi di natalità, si è limitata ad affermare che la questione è oggetto di dabattito tra i demografi, ma la convinzione che i due fenomeni siano legati ha indotto già alcuni governi a trasferire risorse dai giovani a quelli in età riproduttiva: “Vi è una forte correlazione - non significa rapporto di causa ed effetto - in questo momento, tra alto tasso di natalità e prestazioni economiche povere”. Viene alla mente quella frase provocatoria pronunciata negli anni ’70, durante i dibattiti accesi dalla pubblicazione del libro “I Limiti dello Sviluppo”, da un famoso economista: “La bistecca è il miglior contraccettivo”. Non sappiamo se sia stato voluto, ma la pubblicazione del Rapporto di Revisione è avvenuta alla vigilia di un altro importante evento qual è il Forum sull’Acqua di Instanbul. Nell’articolo “When Population Growth and Resource Availability Collide”, pubblicato da Earth Policy Institute il 12 febbraio 2009, il suo Presidente, Lester R. Brown, ha scritto che “allorchè la terra e l’acqua diventeranno scarse, si intensificherà la competizione per tali
vitali risorse all’interno della società, in particolare tra ricchi e coloro che sono poveri e diseredati”. “Il restringimento delle risorse che sono alla base della vita degli individui, che si determina con la crescita della popolazione - prosegue Brown - minaccia di far precipitare il tenore di vita di milioni di persone al di sotto del livello di sopravvivenza, innescando tensioni sociali potenzialmente ingestibili”. Albert A. Bartlett, già professore emerito di Fisica nucleare alla Colorado University di Boulder, ricordando che il modello del MIT aveva predetto che l’economia globale avrebbe subìto un grave impatto alla metà del XXI secolo, senza trovare ascolto tra politici ed economisti di allora, raccomanda loro ora di tener conto almeno delle leggi di natura che non prevedono la possibilità di una crescita oltre i limiti della biosfera. La crescita dell’economia va di pari passo con il consumo di risorse e con la crescita della popolazione (“Sustainability 101: Arithmetic Population and Energy” - University of Nebraska-Lincoln- Center for Science, Mathemetics and Computer Education, 2004). “Seppur crescere in modo intelligente è senz’altro meglio di una crescita stupida - affermava Bartlett - si distrugge egualmente l’ambiente”. Non ha paura l’anziano professore di essere accusato di neomaltusianesimo, tanto che in un altro scritto, parlando delle teorie di Thomas Robert Malthus il cui “Saggio sul principio della popolazione” (1798), che tanta influenza ha avuto anche sul giovane Darwin, relativamente agli effetti della progressiva crescita della popolazione sulle risorse e l’economia globale, concludeva un paragrafo con “la tecnologia e il petrolio
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hanno soltanto differito di 200 anni la crisi prevista da Malthus, ma ora è evidente che Malthus aveva ragione” (“Thoughts on Immigration into United States”, NPG, n. 111 dicembre 2007, pagg 10-11). Quasi a riassumere il suo pensiero, nel suo sito internet il prof. Bartlett ha inserito questa frase: “Come si può pensare che qualsiasi problema in qualsivoglia settore delle attività umane a qualsiasi scala, dalla microscopica alla globale, la cui soluzione a lungo termine sia in qualche modo dimostrabile essere aiutata, assistita o anticipata dall’ulteriore incremento della popolazione locale, nazionale o globale?” “Il più grande difetto della razza umana - conclude Bartlett - è l’incapacità a comprendere la funzione esponenziale”. Ci auguriamo che questi temi siano almeno nelle menti di decisori politici che parteciperanno al G20 che avrà luogo ai primi di aprile a Londra, visto che non è nell’agenda dei colloqui. È certo, comunque, che se non interverrà una governance planetaria, in grado di tener conto dei dati numerici che la Terra ci fornisce e quelli che potrebbero derivare dal global warming che accentuerà la disparità economica tra il Nord e il Sud del Mondo, difficilmente le risoluzioni che verranno approntate saranno in grado di dare una risposta adeguata e convincente. Speriamo che Nicolas Sarkozy non debba abbandonare l’assise, come ha minacciato di fare, se ancora una volta prevarrà vaghezza e inconcludenza, altrimenti c’è il rischio che Malthus si prenda la rivincita su quanti, anche ideologicamente, avevano sbeffeggiato le sue teorie.
A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
La sicurezza alimentare al G8 agricolo
COME ALIMENTARE 9 MILIARDI DI INDIVIDUI Necessaria un’agricoltura solida, sostenibile ed equa Dal 18 al 20 Aprile 2009 a Cison di Valmarino (TV) si svolgerà il 1° Vertice dell’Agricoltura dei G8, allargato a Brasile, Cina, India, Messico, Sud Africa ed Egitto, oltre alla presenza di WB, FAO, IFAD e PAM. La richiesta di tenere una specifica riunione era venuta dai leader dei Paesi G8 nel corso del Vertice di Toyako (7-9 luglio 2008), in piena corsa dei prezzi delle derrate alimentari, dei prodotti energetici e delle materie prime. Anche in questa occasione la sicurezza alimentare costituirà la base della discussione per individuare una strategia comune che evidenzi la centralità dell’agricoltura come fattore di sviluppo e motore dell’economia. Ci sono già degli economisti che sono pronti a scommettere su una crescita nei prossimi decenni delle attività agricole rispetto al settore terziario. Al di là di ipotesi e congetture varie, non c’è alcun dubbio che negli anni passati gli investimenti in agricoltura sono andati calando e scarso è stato il
sostegno alle aree rurali. Il Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia che farà gli onori di casa e presiederà il vertice, preannunciando l’evento, ha dichiarato che: “arriveremo a questo importante appuntamento con un carnet di proposte concrete. A partire dal ruolo centrale che l’Italia intende assumere proponendo un modello di agricoltura ispirato a un liberismo virtuoso, non rinnegando il mercato ma riconoscendo la necessità di preservare la propria identità produttiva. L’Italia è il Paese dei 4.500 prodotti tipici, è il Paese delle centinaia di piccole e medie aziende che producono veramente. Il modello di cui l’Italia si vuole fare portavoce è quello di un’agricoltura intensiva che dà vita a un’economia solida e reale, contro quella di carta che negli ultimi mesi abbiamo visto vacillare pericolosamente. Del resto, alcuni punti cardine di questo modello agricolo li ritroviamo nella filosofia che il Presidente Barack Obama sta cercando di diffondere ne-
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gli Stati Uniti: autonomia produttiva, cultura della prossimità, agricoltura sostenibile, difesa dei prodotti locali. E, se si può dire, con Obama parleremo anche di “autarchia intelligente”. Quello che l’Italia chiederà ai Ministri dell’Agricoltura sarà un impegno concreto su sicurezza alimentare, sviluppo sostenibile e lotta contro la speculazione in ambito rurale”. Non possiamo che condividere, anche se ci piacerebbe che ci fosse altrettanto impegno contro una cementificazione incontrollata dei suoli che ha nelle inutili infrastrutture viarie e nei capannoni vuoti gli aspetti più evidenti di una cattiva pianificazione territoriale. Numerosi sono stati in questi mesi gli studi e i rapporti sulle prospettive future del settore agro-alimentare. In questa occasione vogliamo proporre una sintesi del Rapporto che un giovane ricercatore non residente del Center on International Coperation - New York University e Consigliere speciale del
Segretario di Stato Hilary Benn presso il Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale di Gran Bretagna, Alex Evans ha pubblicato in gennaio: “The Feeling of the Nine Billion – Global Food Security for the 21st Century” – A Chatman House Report. Ci aveva colpito, in particolare, l’annotazione fatta a “L’alimentazione dei nove miliardi - Sicurezza alimentare globale per il 21° secolo” da Pam Bickersteth, Capo delle Politiche di Programma di Oxfam International (Confederazione di 13 ONG che lavorano con 3.000 partner in più di 100 Paesi per trovare soluzioni alla povertà e all’ingiustizia: “Questa relazione dovrebbe costituire un campanello d’allarme per tutti coloro che credono che la crisi alimentare degli ultimi due anni sia finita. I leader mondiali hanno l’opportunità di agire ora per impedire un’ulteriore escalation della crisi. Essi debbono agire con azioni coordinate, invertendo decenni di sottoinvestimenti in agricoltura per evitare che altri milioni di persone patiscano la fame”. La sfida che abbiamo di fronte I prezzi alimentari mondiali hanno raggiunto un record nella prima parte del 2008. Come in tutto il mondo la recessione economica ha preso intenso ritmo e i mercati si sono indeboliti significativamente. Nell’ ottobre 2008, l’indice dei
prezzi della FAO si è attestato a 164, lo stesso livello dell’ agosto 2007 (il 25% in meno rispetto all’indice più alto di 219 del mese di giugno 2008. Tuttavia, ciò non significa che i responsabili politici di tutto il mondo possano iniziare a tirare un sospiro di sollievo. Anche se i livelli attuali dei prezzi sono diminuiti, restano estremamente problematici per i Paesi a basso reddito, dipendenti dalle importazioni alimentari e per i Paesi poveri del mondo. La Banca Mondiale stima che l’aumento dei prezzi alimentari ha incrementato il numero delle persone sottonutrite di più di 100 milioni, rispetto alle 850 milioni che c’erano al momento in cui si è verificato il picco dei prezzi. Guardando al medio-lungo termine, inoltre, la relazione sostiene che i prezzi dei prodotti alimentari sono pronti a risalire. Anche se molti politici hanno avuto un certo sollievo dal Rapporto OCSE-FAO sulle prospettive del mondo agricolo al 2017, dove si sostiene che a breve i prezzi dei prodotti alimentari potrebbero riprendere a scendere, anche se sono rimasti in media più elevati rispetto ai loro livelli di pre-picco. Il Rapporto in gran parte ha sottostimato il potenziale impatto di lungo termine, determinato dalle tendenze di una scarsità di risorse, dal cambiamento climatico, dalla sicurezza energetica e dalla disponibilità di acqua. Questa
relazione, invece, sostiene che queste tendenze - insieme alla competitività per la terra, la crescente domanda di benessere e l’aumento della popolazione mondiale - rappresentano una sfida importante per la sicurezza alimentare globale. • Il cambiamento climatico si tradurrà in un aumento da 40 a 170 milioni di individui sottoalimentati in tutto il mondo, in base al Report 2007 del Gruppo di esperti intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). Mentre le temperature medie più elevate possono determinare un aumento di produzione a latitudini superiori, a più basse latitudini, dove si collocano la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo, si comincerà a vedere immediatamente i negativi effetti. L’aumento di frequenza e la gravità degli eventi meteorologici estremi, nonché la scarsità d’acqua, indotti dai cambiamenti climatici, interesseranno anche la produzione alimentare - come la necessità di ridurre le emissioni di gas serra del settore agricolo che rappresenta più del 32% delle emissioni, se si include la deforestazione. • La sicurezza energetica influisce sui prezzi dei prodotti alimentari in vari modi: dai fertilizzanti, all’energia necessaria all’azienda, ai costi dei trasporti, alla più recente tendenza di utilizzare le colture per la produzione
di biocarburanti, che ha dato l’impulso maggiore all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari negli ultimi anni. Quantunque i prezzi del petrolio siano crollati drasticamente dopo l’estate del 2008 (da un massimo di $ 147 nel mese di luglio fino a circa $ 50 al momento della stesura della relazione), l’attuale mancanza di investimenti per la ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e il declino di produzione di quelli coltivati, suggeriscono che i prezzi del petrolio sono destinati ad un brusco rimbalzo, quando il mondo si riprenderà dalla recessione, tirando la corsa anche ai prezzi dei prodotti alimentari. La scarsità d’acqua sta già diventando un grave problema in quanto la popolazione cresce e aumenta il consumo pro capite. Mezzo miliardo di persone vive in Paesi cronicamente a corto di acqua; entro il 2050, questa condizione affliggerà più di 4 miliardi di individui, non solo a causa del cambiamento climatico, ma anche a seguito di un insostenibile prelievo da fiumi, laghi e acque sotterranee. L’agricoltura, che consuma il 70% a livello mondiale di
acqua dolce, ne sarà particolarmente colpita. • La Competizione per la terra rischia di diventare un grave problema in futuro. Per soddisfare l’incremento della domanda mondiale di cibo, può non essere sufficiente l’aumento delle rese, è probabile che sia necessario estendere la superficie coltivata. Tuttavia, si sta intensificando la domanda di suolo per altri usi - come per biocarburanti, legname, sequestro del carbonio, conservazione delle foreste mondiali, l’urbanizzazione che continua a crescere su alcune delle aree più produttive del territorio. Inoltre una significativa percentuale di terreno utilizzato per la coltivazione degli alimenti, è già degradato. • La domanda di cibo aumenterà nei prossimi decenni con il contemporaneo aumento della popolazione mondiale che si avvia verso i 9,2 miliardi di individui nel 2050, anche se il tasso di crescita ha rallentato in maniera significativa dal 1960, tanto che sulla base delle tendenze attuali la popolazione mondiale si stabilizzerà nel 2200 a 10 mi-
liardi di persone (ndr: per questi aspetti demografici si rinvia ai dati aggiornati inseriti nell’articolo “Crescita della popolazione e consumo delle risorse” pagg. 68-69 di questo stesso numero). Al contempo, il crescente benessere e l’aumento dell’ aspettativa di vita farà sì che un numero sempre crescente di persone mangeranno all’ “occidentale” con pasti ricchi di carne e prodotti lattiero-caseari, determinando un aumento della domanda per le colture alimentari per animali. La Banca Mondiale prevede che la domanda mondiale di cibo aumenterà del 50% per cento entro il 2030 e quella per la carne dell’ 85%. Vi è quindi il rischio reale di una minaccia alimentare (food crunch) in futuro, che potrebbe avere ricadute particolarmente pesanti sui paesi importatori e sui poveri di tutto il mondo. Ma tale risultato non è inevitabile - sarebbe grave che si cadesse in un determinismo malthusiano o che si ammettesse che la strada che viene seguita debba sfociare in una competizione senza fine per le risorse sempre più scarse.
Viceversa, i responsabili politici dovrebbero usare l’attuale periodo di ribasso dei prezzi alimentari come occasione di opportunità in cui individuare e concordare gli elementi chiave per una strategia globale di sicurezza alimentare. Essi dovrebbero iniziare ad apportare contributi più consistenti al problema che stanno cercando di risolvere. Molte recenti decisioni politiche hanno sottolineato la necessità di aumentare drasticamente la produzione alimentare mondiale. Anche se questo obiettivo non è perseguibile facilmente, tuttavia è essenziale per rendere i sistemi alimentari globali in grado di produrre cibo: - più sicuro, atteso che i prossimi decenni saranno caratterizzati da forte turbolenze quale risultato di contraccolpi (come eventi metereologici estremi o picchi del prezzo del petrolio), di impatti striscianti (quali il degrado dei suoli o l’ inflazione continua dei prezzi), di incidenti o di ignoranza (come le conseguenze indesiderate di restrizioni all’esportazione di cibo) o di azioni premeditate (come attacchi intenzionali di sistemi alimentari da parte di terroristi o di insurrezioni di guerriglieri; - più sostenibile, atteso che la produzione di cibo è spesso un indicatore dell’insufficienza di risultati e al contempo capro espiatorio degli stessi, indotti da cattive conduzioni agricole ( ad esempio, eccessi di pascolo o di aratura), da uso inefficiente di risorse (come di acqua, fertilizzanti o energia) o da proprio contributo al cambiamento climatico (per esempio con l’utilizzo energetico dell’azienda, con i trasporti, con la produzione di carni e la deforestazione); - più equo, atteso che il motivo per cui oggi quasi un miliardo di persone soffre la fame non è dato da un’insufficiente quantità di cibo in circolazione (uno stesso numero di persone a livello mondiale è in sovrappeso), bensì dall’impossibilità
dei poveri ad accedere al cibo. Per raggiungere questi obiettivi, occorre una strategia globale per una globale sicurezza alimentare. A tale fine il Rapporto propone 10 raccomandazioni - chiave: 5 azioni nei Paesi in via di sviluppo e 5 azioni di carattere internazionale. Le misure nei Paesi in via di sviluppo consistono: 1. Maggiori investimenti per il cibo e l’agricoltura Negli ultimi 20 anni c’è stato un disastroso declino degli investimenti esteri nel settore agricolo, diminuito in termini reali del 58%. I Paesi sviluppati dovrebbero invertire questa tendenza. 2. Dar vita ad una Rivoluzione Verde del XXI secolo La Rivoluzione verde del XX secolo ha raggiunto risultati sorprendenti in termini di rese,ora c’è bisogno non solo di rendimenti più elevati, ma di un nuovo modello di agricoltura che passi da un intenso utilizzo di risorse (acqua, fertilizzanti, pesticidi ed energia) ad uno che punta sull’ “intensità” di conoscenze, dove gli OGM potrebbero avere un ruolo da svolgere solo se si dà più potere agli agricoltori rispetto alle imprese di sementi. 3. Gettare le basi per la ripresa I Governi dei Paesi sviluppati debbono concentrarsi a sostenere le aziende agricole su 5 punti: - attività (terra, macchinari o risorse rinnovabili come l’acqua); - mercati (per esempio, infrastrutture adeguate, reti di comunicazione per attingere informazioni sui prezzi e norme); - credito (per evitare che i piccoli agricoltori siano predati dagli istituti e per migliorare i sistemi produttivi); - conoscenza (estendere i servizi di divulgazione scientifica e dei risultati della Ricerca); - gestione dei rischi (attraverso siste-
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mi di protezione sociale, coperture assicurative contro il maltempo e miglioramento dei sistemi di stoccaggio). 4. Concentrarsi sui piccoli agricoltori Circa 1,5 miliardi di persone vivono in famiglie che dipendono dai redditi di piccole aziende agricole, il cui sostegno, contrariamente a quanto si è ritenuto, può costituire una soluzione per uscire dalla crisi alimentare, favorendone l’aggregazione e gli sbocchi di mercato. 5. Migliorare l’accesso alla protezione Sociale. Solo il 20% della popolazione agricola mondiale ha forme di protezione sociale per problemi più di ordine politico che tecnico, quale strumento dei gruppi al potere per limitarne l’emancipazione, offrendo in cambio sussidi o controllo dei prezzi dei prodotti alimentari quando questi crescono. Ma tali strumenti sono del tutto inefficaci e riducono ogni incentivazione a produrre più da parte degli agricoltori. I Paesi sviluppati debbono premere sui Governi locali affinché aprano gli spazi politici per i più poveri, misura che avrebbe un valore ben superiore a quello del controllo dei prezzi. Le 5 azioni di livello internazionale prevedono di: 1. Dar vita ad un’agenzia internazionale dei prodotti alimentari Sulla falsariga dell’Agenzia Internazionale per l’Energia per la gestione delle riserve di petrolio in caso di emergenza, si dovrebbe creare un organismo per resistere alla volatilità dei prezzi come quella verificatasi l’anno scorso, quando le riserve alimentari si erano notevolmente abbassate. La gestione dovrebbe essere affidata al Programma Alimentare Mondiale (PAM) dell’ONU, che agisca come assistenza emergenziale, non già per sostenere i prezzi per i produttori o per la gestione stabile degli aiuti umanitari.
2. Migliorare l’assistenza tecnica per accordi a lungo termine di sicurezza degli approvvigionamenti Molti Paesi, grandi importatori di prodotti alimentari, stabiliscono accordi con Paesi terzi per acquistare o produrre derrate a prezzi iniqui, che spesso i Paesi poveri non sono in grado di contrastare (come il caso del Madagascar che ha affittato per 99 anni metà dei suoli agricoli ad un’azienda sudcoreana). Bisogna far in modo che tali Paesi siano assistiti durante la fase di negoziazione, affinché gli accordi si risolvano positivamente per entrambe le parti: acquisire sicurezza di approvvigionamenti per i Paesi importatori e, al contempo, conoscenze ed infrastrutture per aumentare le rese da parte di Paesi produttori. 3. Liberalizzare l’agricoltura dei Paesi in via di sviluppo Il sostegno alla riforma agricola dei Paesi in via di sviluppo è determinante per la sicurezza alimentare, anche se la liberalizzazione può comportare nel breve termine un aumento
dei prezzi dei prodotti alimentari. La politica agricola degli USA e la PAC dell’Unione Europa, sovvenzionando i prodotti alimentari ed incentivandone l’esportazione, di fatto, compromettono strutturalmente l’agricoltura dei Paesi in via di sviluppo. È quindi indispensabile una loro revisione verso forme di aiuto in denaro, che possa essere investito nel settore agricolo, non in prodotti alimentari. I Paesi che danno sovvenzioni per i biocarburanti (come per l’etanolo da mais negli USA o per il biodiesel in UE) debbono rivedere urgentemente queste politiche alla luce del loro impatto sulla sicurezza alimentare. 4. Integrare nelle regole del commercio mondiale la sicurezza degli approvvigionamenti Per evitare che la sicurezza alimentare globale cada nel protezionismo che sarebbe un passo indietro, con il rischio che alcuni Paesi limitino o sospendano le loro esportazioni (le Nazioni Unite hanno cercato di spiegare che autosufficienza e sicurezza alimentare non
sono la stessa cosa), bisogna inserire nelle regole del commercio mondiale (WTO) norme che evitino tale rischio, dal momento che quelle regole erano state costruite per risolvere le controversie di accesso al mercato, non già per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. 5. Raggiungere un accordo globale sui cambiamenti climatici Un accordo per stabilizzare le emissioni di gas ad effetto serra è la condizione indispensabile, anche se non l’unica, per la sicurezza alimentare mondiale. Se il prezzo del petrolio, come previsto da recenti studi, dovesse salire, trascinerebbe nell’aumento dei prezzi anche i prodotti alimentari. L’accordo sul clima per la riduzione di CO2 avrebbe il vantaggio di prevedere la futura domanda di petrolio, trainando investimenti nel settore per una maggiore produzione, in grado di stabilizzarne i prezzi, e conciliando così tale obiettivo con quello di affrontare seriamente i cambiamenti climatici.
La Commissione UE sottolinea le relazioni tra suoli e clima
GESTIONE ADEGUATA DEI SUOLI PER RIDURRE LE EMISSIONI Le colture per biocarburanti potrebbero ridurre il carbonio dei suoli La Commissione UE ha pubblicato il 5 marzo 2009 il Rapporto “Revisione delle informazioni esistenti sulle interrelazioni tra suolo e cambiamenti climatici” che costituisce una sintesi dei migliori dati disponibili sulle connessioni tra suoli e cambiamenti climatici. Il Rapporto “ClimSoil” (Climate Change - Soil Carbon), è stato commissionato all’Istituto di Ricerca Alterra (Paesi Bassi), come soggetto capofila e come associati CEH (Gran Bretagna), Syke (Finlandia) e UNAB (Gran Bretagna), nel quadro della proposta legislativa Direttiva Quadro sui Suoli (2006), presentata dalla Commissione UE e che, dopo aver trovato ampio sostegno nel Parlamento UE che l’ha approvata nel novembre 2007, si trova bloccata in Consiglio UE per l’opposizione di 5 Stati membri. Per superare lo stallo e sensibilizzare gli Stati più riottosi, la Commissione aveva indetto il 12 giugno 2008 una Conferenza ad alto livello a cui avevano partecipato eminenti scienziati e ricercatori, nel corso della quale si era posta all’attenzione la grave perdita delle riserve di carbonio dei suoli europei (cfr: “Desertificazione: un problema globale che richiede un’azione globale” in Regioni&Ambiente n. 7/8, luglio-agosto 2008, pag. 35 e segg.). Il nuovo Rapporto rafforza la necessità di sequestrare il carbonio nei suoli, la cui tecnica è competitiva in termini di costi ed è già disponibile, non richiedendo tecnologie nuove o sperimentali e presenta un potenziale di mitigazione comparabile a quello di qualsiasi altro settore economico. Ciò che occorre, quindi, è una protezione dei suoli per ottenere un maggior sequestro di carbonio, invertendo l’attuale andamento di degrado del suolo e migliorarne le pratiche di gestione. Il Commissario UE all’Ambiente Stavros Dimas ha dichiarato che “con un’adeguata gestione, i suoli possono assorbire enormi quantitativi di carbonio dell’atmosfera, facendoci guadagnare tempo prezioso per ridurre
le emisioni e avviarci verso la sostenibilità. Ma i suoli europei devono essere protetti meglio e subito e per questo ci vuole una soluzione coordinata. Questo Rapporto è importante perché rafforza il messaggio trasmesso dalla Conferenza del giugno 2008 e fornisce indicazioni chiare sulla strada che dobbiamo seguire”. Se l’obiettivo della Strategia Tematica sulla Protezione del Suolo è quello che i suoli europei rimangano sani e in grado di sostenere le attività umane e gli ecosistemi, quello, più specifico, ma non meno importanti, del Rapporto ClimSoil è di fornire una più completa comprensione del legame esistente tra l’utilizzo dei suoli e i cambiamenti climatici, attraverso una rivisitazione degli studi compiuti e dei contributi finora offerti dagli esperti. Di seguito si propone la Sintesi con i relativi Messaggi Chiave. 1. Stock di carbonio nel suolo UE La quantità di carbonio nel suolo europeo è stimata da 73 a 79 miliardi di tonnellate. Queste stime sono basate sull’applicazione di una metodologia comune in tutta Europa, la stima maggiore si basa su un metodo sviluppato dal Centro di Ricerca … (JRC) della Commissione Europea e la più bassa deriva dalla mappa relativa al carboni organico contenuto sul suolo del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti. queste due metodologie hanno denunciato stime simili per la maggior parte dei paesi europei. Le valutazioni sono state dello stesso ordine di grandezza delle stime basate sulle metodologie nazionali e sono pertanto ritenute affidabili. Il carbonio sul suolo dei 27 Paesi UE è concentrato in determinate regioni: circa il 50% del totale degli stock di carbonio si trova in Svezia, Finlandia, Regno Unito (perché sono in questi paesi la maggior parte delle torbiere) e circa il 20% degli stock di carbonio e nelle torbiere, soprattutto nelle regioni
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settentrionali d’Europa. Il restante carbonio del suolo si trova nei minerali, la cui maggior consistenza è, ancora, nelle regioni settentrionali. 2. Suoli serbatoio o fonte di emissioni di CO2 in Europa L’assorbimento di anidride carbonica (CO2) attraverso la fotosintesi e la crescita delle piante e la perdita di materiale organico dagli ecosistemi terrestri sono entrambe importanti flussi in Europa. Tuttavia, la rete terrestre dei flussi di carbonio (minor capacità di vegetazione e suoli ad assorbire di CO2 è generalmente minore rispetto alle emissioni dell’uso di combustibile fossile. Gli attuali cambiamenti di consistenza del carbonio dei suoli europei sono stati stimati da vari studi che utilizzano metodologie diverse, attraverso l’utilizzo di modelli di categorie d’uso dei suoli, che simulano il ciclo del carbonio sul suolo. I risultati dei diversi studi si sono discostati notevolmente l’uno dall’altro e le conclusioni sono state accompagnate da un tasso di incertezza. Alcuni studi effettuati sulla base di misurazioni sul carbonio del suolo a lungo termine effettuate in Gran Bretagna, Belgio e Francia mostrano una perdita di carbonio soprattutto nei terreni coltivati; altri studi effettuati sempre in Gran Bretagna e Paesi Bassi evidenziano che non c’è nel lungo periodo alcun cambiamento o incremento di carbonio. I suoli a pascolo in tutti gli studi vengono considerati accumulatori di carbonio, anche se differiscono sul quantitativo accumulato. In uno studio, la forbice di immagazzinamento varia a 1 a 45 milioni di tonnellate annue, in un altro la media stimata era pari a 101 milioni di tonnellate annue, quindi con un alto grado di incertezza. I terreni coltivati agiscono generalmente come fonte di emissioni di carbonio, anche se le attuali stime variano di molto. In uno studio, le stime sul bilancio del ciclo del carbonio dei terreni agricoli vanno da una fonte di
emissioni di circa 10 milioni di tonnellate di carbonio all’anno a circa 39 milioni di tonnellate. In un altro studio, i terreni agricoli sono stati valutati in grado di rilasciare più di 300 milioni di tonnellate di carbonio all’anno, con una ampia sovrastima. I suoli boschivi in generale assorbono carbonio in ogni regione d’Europa. I calcoli differiscono da 17 a 39 milioni di tonnellate di carbonio all’anno, con una differenza di 26 milioni di tonnellate all’anno fino al 1995 ed uno scarto di 38 milioni di tonnellate al 2005. Sembrerebbe che, in netta prevalenza, i suoli in Europa siano dei serbatoi di carbonio. Tuttavia, dato che sussistono elevate incertezze tra le stime dei terreni agricoli e quelli a pascolo, non sembrerebbe preciso e legittimo cercare di usare i dati aggregati e fornire una stima sul bilancio del ciclo del carbonio dei suoli europei. 3. Torba e suoli organici L’attuale area di diffusione della torba negli Stati membri dell’UE e dei Paesi candidati supera 318.000 Km2. Più del 50% di questa superficie si concentra in
pochi Paesi dell’Europa Settentrionale (Norvegia, Finlandia, Norvegia, Regno Unito); la parte restante in Irlanda, Polonia e Paesi baltici. Di questa area, circa il 50% della superficie è stata drenata, mentre le superfici intatte sono in Finlandia e Svezia. Anche se sussistono lacune in merito alle informazioni sulle torbiere, si può stimare che i suoli saturi d’acqua e ricchi di sostanze organiche (torbiere) siano stati drenati per: - agricoltura, oltre 65.000 Km2 (il 20% delle torbiere europee); - silvicoltura, quasi 90.000 Km2 (28%); - estrazione di torba, solo 2.273 km² (07%). Tali dati sono molto importanti in quanto la maggior parte delle emissioni di carbonio dai suoli deriva dal loro cambio di destinazione d’uso e dal relativo drenaggio dei suoli organici per un quantitativo da 20 a 40 tonnellate per ettaro all’anno. Le emissioni dai suoli agricoli e drenati nei suoli dei 27 Paesi dell’UE è approssimativamente pari a 100 milioni di tonnellate all’anno. Lo strato di torba che è andato distrutto
tramite ossidazione durante l’utilizzo del suolo e che in base ai dati disponibili è di circa 18.000 Km2 è, con ogni probabilità, sottostimato. 4. L’uso del suolo e il carbonio del suolo L’uso del terreno ha ridotto significativamente gli stock di carbonio dei suoli, le cui perdite avvengono quando i terreni a pascoli e silvicoltura o gli originari ecosistemi vengono convertiti ad agricoli. Viceversa, gli stock di carbonio vengono ripristinati quando i coltivi, a loro volta, sono convertiti in pascoli, boschi e ecosistemi naturali. La conversione di aree forestali a pascolo non pregiudica in ogni caso il carbonio dei suoli, ma non deve essere ridotto il carbonio dell’intero ecosistema per asportare la biomassa superficiale. Il carbonio più è presente sul terreno, maggiore è la probabilità di rilasciarlo. Pertanto, le potenziali perdite delle trasformazioni di utilizzo dei suoli ad alta concentrazione organica, come le torbiere, sono il rischio maggiore. La strategia più importante ed efficace per la prevenzione della perdita di
Suolo e acqua. La combinazione essenziale per la vita del pianeta, costituisce anche un grande stoccaggio di Carbonio
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carbonio dal suolo sarebbe di limitare la trasformazione dei terreni per uso agricolo, ma tale azione configgerebbe con la crescente domanda globale di cibo, a meno che non si continui ad accrescere la produttività per unità di superficie coltivata. 5. Gestione del suolo e il carbonio del suolo Le pratiche di gestione del suolo sono elementi importanti in grado di influenzare gli stock di carbonio. Le strategie di gestione sono state analizzate all’interno di tutti i differenti modi di utilizzo del suolo e sono affidabili e soggette ad essere diffuse. Queste sono: - su Coltivi, gli stock di carbonio sono essere aumentati tramite: (a) azioni agronomiche che aumentino il rientro del carbonio da biomassa. (b) gestione dei residui delle colture, (c) gestione dell’acqua, (d agro-silvicoltura; - su Pascoli, gli stock di carbonio possono essere ridotti da: (a) intensità dei pascoli, (b) produttività dei pascoli, (c) pratiche di dar fuoco, (d) gestione delle specie; - sulle Aree Forestali, gli stock di carbonio possono essere aumentati tramite: (a) selezione di specie, (b) gestione degli impianti, (c) un minimo di preparazione del sito, (d) controllo delle piante infestanti, (e) aumento della produttività, (f) protezione dalle perturbazioni, (g) prevenzione di rimozione dei residui del taglio; - sulle Torbiere, la perdita di carbonio può essere ridotta da: (a) un maggior livello della falda freatica; - sulle Torbiere e Brughiere meno intensamente o sottoutilizzate gli stock di carbonio si riducono a causa di: (a) utilizzo d’acqua (drenaggio), (b) pH (calcificazione) e fertilizzazione, (c) fuoco, (d) pascolo; - sulle Terre degradate, gli stock
possono esssere aumentati a seguito di ripristino dopo una situazione di produttività. Dato che il cambiamento d’uso del terreno è spesso indotto dalla domanda e dai guadagni a breve termine, l’opzione più valida per migliorare gli stock di carbonio dei suoli è di: a) proteggere i suoli ricchi di sostanze organiche, come le torbiere dell’Europa settentrionale; b) migliorare le modalità per mezzo delle quali il terreno riesce a massimizzare il rientro del carbonio al suolo e a minimizzare le perdite. L’aumentato uso di nitrati per fertilizzare ha dato un notevole contributo all’incremento di produzione, ma un suo prolungato utilizzo causerà una maggior quantità di emissioni di protossido di azoto (N2O). Pertanto, in futuro l’attenzione dovrebbe essere concentrata sugli altri vettori di produttività, p.e. miglioramento delle varietà colturali. 6. Il sequestro del carbonio I suoli contengono circa tre volte la quantità di ossido di carbonio di quanto ne immagazzina il mondo vegetale e quasi il doppio di quello dell’atmosfera. C’è una significativa ed ampia incertezza relativa sulla risposta che darà il carbonio dei suoli (e gli altri ammassi di carbonio della biosfera) ai futuri cambiamenti climatici. Le principali risposte sono calcolate con modelli di simulazione, alcuni dei quali prevedono grandi emissioni di carbonio supplementare dal suolo e dalla vegetazione. La quantità massima di carbonio che il suolo potrebbe sequestrare è circa 1/3 degli attuali incrementi annuali degli stock in atmosfera(come CO2). Questo a sua volta è circa 1/7 delle emissioni annuali di carbonio di origine antropica (7.500 milioni di tonnellate). In Europa le emissioni di gas ad effetto serra ammontano a 4.100 milioni di tonnellate di CO2 (corrispondenti a 1.000 milioni di tonnellate di C). Oggi, i suoli europei con ogni probabilità sono serbatoi con le stime più attendibili propendono per una capacità di sequestro superiore ai 100 milioni di tonnellate di C all’anno. Un sequestro maggiore è possibile con una adeguata gestione del terreno. Il sequestro di C da solo con può costituire un “pallottola d’oro” per sconfiggere i cambiamenti climatici, ma è realistico collegare il cambiamento climatico con la conservazione del carbonio al suolo. Il sequestro del carbonio è competitivo
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in quanto ai costi, immediatamente disponibile e non richiede lo sviluppo di nuove, e da sperimentare, tecnologie e fornisce un potenziale di attenuazione comparabile a quello disponibile in altri settori. Pertanto, preso atto che i cambiamenti climatici devono essere affrontati con urgenza, se le concentrazioni di biossido di carbonio atmosferico debbono stabilizzarsi al di sotto dei livelli ritenuti irreversibili, il sequestro del carbonio nel suolo o, ancor più, un’efficace conservazione degli stock di carbonio che sono attualmente nel suolo ha un ruolo chiave da svolgere in ogni tipo di misura messa in atto per contrastare i cambiamenti climatici. 7. Effetti dei cambiamenti climatici sui serbatoi di carbonio del suolo Non è stata rilevata una chiara e forte corrispondenza sia negativa che positiva degli impatti dei cambiamenti climatici (aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, della temperatura e delle precipitazioni) sugli stock di carbonio sulla Terra. Ci sono indicazioni di un aumento delle riserve di carbonio terrestre in concomitanza alla concentrazione più elevata di CO2 in atmosfera e di riduzione delle riserve di C del suolo, quando salgono le temperature. Molti studi hanno preso in considerazione moderati aumenti delle temperature e non sono stati considerati improvvisi e assai dannosi cambiamenti nel regime delle precipitazioni, come pure gli impatti che la gestione dei terreni e del suolo, indotta dai cambiamenti climatici, provoca sul carbonio del suolo. Tutti i fattori del cambiamento climatico ( aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, della temperatura e delle precipitazioni) influenzano il carbonio del suolo, con l’effetto indiretto di aumentarne le emissioni di CO2 (tramite la fotosintesi) e quello di incidere sui fattori meteorologici sia direttamente che indirettamente. I cambiamenti climatici hanno ripercussioni sulle riserve di carbonio del suolo influenzando ciascuno dei processi del ciclo del C: assorbimento di C attraverso la fotosintesi; la riduzione dello strame; la decomposizione; l’erosione superficiale; il dilavamento idrico. In relazioni a questi grandi scambi di CO2 tra atmosfera e suolo e le riserve di carbonio del suolo, nonché i grandi scambi tra questi grandi ma opposti flussi di CO2
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possono avere un significativo impatto sul clima e sulla qualità dei suoli. Pertanto, governare questi flussi (attraverso una vera e propria gestione dei suoli) può aiutare considerevolmente a mitigare i cambiamenti climatici.
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8. Sistemi di monitoraggio delle variazioni di carbonio del suolo Oggi, il monitoraggio e le conoscenze sull’utilizzo del suolo e dei suoi cambiamenti nei 27 Paesi dell’UE è inadeguato, malgrado l’uso di suolo e i cambi nell’utilizzo siano la fonte principale di emissioni di gas serra degli stessi Paesi. Il monitoraggio dei suoli dell’Unione europea sembra la Torre di Babele: ogni Paese tende ad avere i propri sistemi, in qualche caso più di uno, tanto che i risultati non sono pienamente comparabili tra loro. Quei pochi sistemi esistenti che sono stati approntati per finalità diverse, spesso non prevedono quella di fornire elementi di prova circa l’impatto dei cambiamenti climatici sui giacimenti di carbonio del suolo. Questa mancanza di dati sistematici e comparabili, ostacola seriamente ogni tentativo di fornire elementi attendibili degli stock di carbonio e delle loro variazioni sullo
scenario dell’Unione europea. Inoltre, il nuovo obiettivo di monitorare le variazioni delle scorte di carbonio, anziché la loro entità, necessita di significativi cambiamenti nelle procedure di campionamento dei suoli. Attese l’assenza di affidabili sistemi di controllo nazionali e la mancanza di un sistema di rilevamento del carbonio in loco, armonizzato a livello di UE, sarebbe un passo significativo se l’Unione europea chiedesse di approntare o iniziare la diffusione di un sistema armonizzato di controllo sugli usi del terreno e per le specifiche attività che influiscono sugli stock di carbonio del suolo e sulle emissioni di CO2. Tale monitoraggio consentirebbe pure una adeguata rappresentazione dei cambiamenti di carbonio nel terreno dei Paesi dell’UE, a confronto del Rapporto dell’ UNFCCC. 9. Le politiche dell’UE e il carbonio dei suoli L’analisi critica delle politiche adottate dall’UE che potrebbero avere impatti sul carbonio dei terreni è stata effettuata al fine di individuare quali azioni di governo potrebbero determinare negative ripercussioni sul C del terreno
nel lungo periodo. Sono state prese in esame: la Politica Agricola Comune (PAC); la Direttiva Nitrati; la Direttiva sulle Fonti Energetiche Rinnovabili; la Direttiva sui Biocarburanti; la Direttiva Rifiuti; la Strategia Tematica di Protezione dei Suoli. La legislazione che incentiva la diffusione di colture per produrre energia rinnovabile è forse quella più suscettibile a determinare una diminuzione del carbonio sui suoli dell’Europa. Mentre degli studi indicano che gran parte della domanda può avere risposta dall’importazione da Paesi extra-europei, quindi con un impatto minimo sul carbonio all’interno dell’UE, vi sarebbero serie implicazioni sulle riserve di carbonio e sui substrati di quei Paesi che forniscono energia rinnovabile. Occorre, quindi, rispettare le condizioni di salvaguardia e/o valorizzazione ambientali, (Cross Compliance) richieste come contropartita dalla PAC, strumento per mantenere SOC. Le misure prescritte dall’UNFCCC non sono suscettibili di avere influenze negative sul C del terreno, come non ne hanno le azioni previste dalla Direttiva Quadro sulla Protezione del Suolo .
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tra i colori della natura
Fonte: Centro Europeo p del Suolo - “Soil Alas off Europe” p
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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE
L’Orto degli Obama
LE AZIONI MEDIATICHE DI MICHELLE SONO IN SINTONIA CON LE SCELTE POLITICHE DEL MARITO
Sarà anche a causa dell’aumento al dettaglio dei prezzi dei prodotti agroalimentari, ma non c’è dubbio che c’è una maggior attenzione dell’opinione pubblica alla qualità e sostenibilità del cibo. Così, sono sempre più numerosi coloro che coltivano un orto proprio o se non posseggono un pezzetto di terra in proprietà, se il Comune dove risiedono non ha attrezzato apposite aree da affidare a neofiti ortolani, se non riescono a rinvenire lungo argini di torrenti e in zone abbandonate terreno da dissodare e recintare alla buona, è il terrazzo e balcone dell’appartamento che abitano a supplire a queste deficienze. Secondo una recente indagine di Coldiretti basata su dati ISTAT, il 37% degli italiani dedica parte del proprio tempo libero al giardinaggio e all’orticoltura. Se un tempo questa scelta era effettuata soprattutto da persone anziane, ora sta coinvolgendo sempre più giovani generazioni che vogliono riassaporare i sapori “veri” di ortaggi e frutta. Questo diritto al gusto può essere rivendicato solo se c’è
la consapevolezza che gran parte del cibo che assumiamo non solo non segue i naturali cicli vegetativi, ma può anche avere effetti negativi sulla salute a causa di un’alimentazione sbagliata o abitudinaria, ricca di grassi (il cosiddetto “cibo spazzatura”) che provoca una crescente obesità, specialmente tra i bambini. C’è poi l’aspetto culturale legato alla raccolta e al consumo di erbe ed ortaggi che presuppone conoscenza di pratiche e varietà che si stanno perdendo. (cfr: “Misticanza a rischio? Aromi e sapori della tradizione” in Regioni&Ambiente, n. 4 aprile 2006, pag. 61 e segg.). Occorre quindi una campagna di educazione e di informazione, non solo alimentare, ma anche sensoriale, che riscopra il piacere della conoscenza. Meritano in tal senso di essere segnalate quelle iniziative scolastiche che coinvolgono gli alunni in esperienze di laboratorio e orti didattici per sviluppare le conoscenze, le pratiche di coltivazione, di trasformazione e di consumo dei prodotti e la trasmissione dei saperi tra le generazioni.
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Come assume un grande valore mediatico la scelta operata da Michelle Obama, moglie del Presidente USA, di voler dedicare una parte del lato sud del giardino della Casa Bianca ad orto. “Voglio fare in modo che la nostra famiglia, così come il personale e tutte le perone che sono ospitate alla Casa Bianca e vi mangiano abbiano accesso a frutta e verdura veramente fresca e genuina - ha dichiarato la First Lady - Quel che ho verificato con le mie figlie di 10 e 7 anni è che a loro le verdure piacciono di più quando hanno un buon sapore”. Il valore simbolico dell’orto alla Casa Bianca è tale che farà necessariamente riflettere gli statunitensi (e non solo) sul loro conflittuale rapporto con il cibo e l’ambiente, visto che mangiare biologico e consumare il locale non fa bene solo alla salute, ma all’ambiente per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Seppur piccolo, il messaggio è in linea con le azioni che il marito sta predisponendo per far fronte alla crisi economicofinanziaria. Per anni i modelli alimentari americani hanno influenzato le giovani generazioni provocando gravi problemi alla salute, ora Obama vuol imprimere una svolta. Ha già sostituito i vertici della Food and Drug Administration, organismo preposto al controllo dei cibi e dei farmaci di largo consumo che per anni si era dedicata più a questi ultimi che non alla sicurezza alimentare, mettendovi a capo Margaret Hamburg che è considerata un’autorità nel campo della salute pubblica. Non bisogna dimenticare, inoltre, che nel suo programma elettorale, Obama ha inserito l’agricoltura con un ruolo da protagonista, incentivando quella “biologica” e “sostenibile”, sostenendo i piccoli agricoltori e le realtà locali, incoraggiando i giovani e diventare agricoltori. Resta comunque il fatto che la famiglia Obama non ha mai nascosto di prediligere un mangiar sano e gustoso. Il TG1, riportando quanto scritto dal New York Times, ha ricordato che l’ispiratore è stato un operatore agricolo
dell’agro pontino, Giovanni Bernabei che è divenuto il fornitore ufficiale dell’American Academy di Roma, individuato a tale scopo da Alice Waters, Vicepresidente di Slow Food International, che aveva pubblicamente sollecitato i coniugi a cambiar modo di mangiare e ad organizzare un orto. L’iniziativa ha riportato alla memoria i “Victory Gardens”, quando gli Americani furono spinti a trasformare parti del proprio giardino in orti per affrontare le ristrettezze imposte dalla II Guerra Mondiale, seguendo l’esempio di Eleanore Roosvelt, moglie del Presidente Franklin Delano, che adibì un angolo del giardino circostante il palladiano edificio in un’area ad orticoltura. In questa sua decisione Michele ha voluto coinvolgere una ventina di scolari della Brancroft Elementary School che l’hanno aiutata, assieme alle figlie, a mettere a dimora nuove piantine e semi che sono stati selezionati per il “White House Kitchen Garden”. Non solo insalate, spinaci e rucola che tanto piace al Presidente, ma anche zucchine, broccoletti, peperoni e frutti di bosco (fragole, lamponi, ribes e mirtilli) sono stati distribuiti su circa 400 m2, per un totale di 55 specie. “Vogliamo utilizzarlo come un posto di istruzione, per parlare di salute e come sia delizioso mangiare prodotti freschi, raccogliere il cibo e renderlo parte di una sana dieta - ha dichiarato la signora Obama in un’intervista all’Oprah’s Magazine - Come voi ben sapete, il sapore del pomodoro del vostro giardino ha un gusto assai diverso da qualsivoglia altra provenienza. I piselli poi, cosa c’è di più piacevole che mangiare i piselli di stagione? Quindi,vogliamo che la Casa Bianca sia un luogo di educazione e sensibilizzazione. Con l’augurio che i bambini saranno interessati perché qui vivono dei bambini”. Michelle ha dichiarato pure che presto verranno introdotte delle arnie “anche se le mie ragazze non sono molto entusiaste. Ma vogliamo produrre il nostro miele qui”.
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AGENDA 21
IL CONTRATTO DI FIUME DEL TORRENTE SANGONE: UNʼESPERIENZA DI GOVERNANCE AMBIENTALE Presentato lo scorso 11 marzo dalla Provincia di Torino l’Accordo Istituzionale per l’attuazione del Piano d’Azione del Contratto di Fiume del bacino del torrente Sangone a cura di Cinzia Zugolaro Sferalab Torino
Il Torrente Sangone Il torrente Sangone è un affluente di sinistra del Po e rappresenta uno dei corpi idrici maggiormente compromessi del territorio della provincia di Torino. Il quadro conoscitivo, realizzato a partire dal 2005 attraverso un processo di coinvolgimento e confronto con i soggetti portatori di interesse locali, ha permesso di evidenziare le criticità del torrente Sangone, raggruppandole in 5 tematiche principali: qualità ambientale; idrologia; funzionalità fluviale e criticità idrogeologiche; aree degradate; manufatti inattivi. Il quadro conoscitivo denuncia un progressivo peggioramento della qualità delle acque da monte verso valle e, soprattutto nel tratto montano a causa delle numerose derivazioni irrigue (anche sui tributari minori del Sangone) ed idroelettriche, una evidente carenza d’acqua in alveo in alcuni periodi dell’anno. Inoltre, lungo tutto il corso emergono problemi legati all’elevata artificializzazione delle sponde, dovuta soprattutto alla presenza di difese spondali e di aree urbanizzate o terreni coltivati direttamente prospicienti il corso d’acqua senza la presenza di aree perifluviali vegetate. In tali tratti è evidente la scarsa naturalità del corso d’acqua che, combinata ad altri fattori di degrado, non favorisce una buona funzionalità ed una condizione di equilibrio dell’ecosistema fiume. Pertanto se da un lato il Sangone offre ancora scorci di elevato livello paesaggistico, dall’altra presenta numerosi livelli critici che interessano quasi la totalità dell’asta fluviale. Perché il Contratto di Fiume Il Contratto di Fiume è uno strumento volontario di programmazione negoziata finalizzato alla gestione condivisa dei processi di sviluppo locale. Nel Contratto di Fiume sono coinvolti tutti i soggetti competenti e interessati nella gestione e/o utilizzo della risorsa acqua per condividere una strategia di interventi e progetti di tutela, riqualificazione, valorizzazione e
promozione dell’intera area del bacino idrografico. Si fonda su un approccio interattivo di progettazione negoziata e si configura come un accordo volontario fra soggetti pubblici e privati che definisce obiettivi, strategie d’intervento, azioni da attuare e competenze. È un vero “contratto” in quanto promuove accordi formali fra le parti contraenti per l’attuazione di azioni ed interventi condivisi con oggetto il fiume e il suo territorio, coerentemente con le disposizioni del Piano di Tutela delle Acque della Regione Piemonte. Il processo del Contratto di Fiume prende avvio da una preventiva conoscenza ed analisi delle criticità che insistono sul bacino idrografico, quale base conoscitiva per la condivisione, attraverso il confronto con il territorio, degli obiettivi e delle strategie da approfondire nel corso dei lavori di concertazione. In sintesi, le fasi attraverso cui si articola un processo di Contratto di Fiume sono le seguenti. • informazione e condivisione relativamente allo scenario delle criticità locali; • condivisione, coerentemente con le indicazioni normative e le specifiche criticità locali, degli obiettivi di recupero, tutela, sicurezza e sviluppo a scala di bacino idrografico; • individuazione e condivisione delle azioni e degli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi; • concertazione delle azioni in funzione del raggiungimento di tali obiettivi; • raccolta sistemica delle azioni condivise nel Piano di Azione del Contratto di Fiume; • acquisizione di responsabilità da parte di tutti i soggetti competenti ad operare per l’attuazione degli interventi inseriti nel Piano di Azione. In particolare, la metodologia prevede che i lavori di concertazione e confronto con il territorio si svolgano attraverso incontri di Forum del Contratto di Fiume, articolati in Focus Group tematici
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relativi agli ambiti ritenuti di prioritario interesse per il territorio. Compito dei Focus Group, gestiti da facilitatori esperti di progettazione partecipata, è di condividere obiettivi generali, azioni progettuali, tempistiche di realizzazione, e di individuare i soggetti coinvolti e le risorse finanziarie, al fine di definire una piattaforma di interventi che rappresenteranno il Piano di Azione del Contratto di Fiume. Il Piano di Azione rappresenta, dunque, il documento programmatico di riferimento per la sottoscrizione di accordi volontari fra gli enti istituzionali, quali Regione e Province, e soggetti privati e pubblici del territorio relativi alla realizzazione degli interventi condivisi. Il percorso di governance L’esperienza del Contratto di Fiume sul torrente Sangone, attivata dalla Provincia di Torino, è nata dalla necessità di intervenire su uno dei bacini idrici più compromessi sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo e dall’opportunità di lavorare su un territorio in cui la concertazione rappresentava già una prassi consolidata di confronto tra le amministrazioni locali aderenti al Patto territoriale del Sangone. L’Agenzia per lo sviluppo del sud-ovest di Torino (Assot), infatti, con la sottoscrizione del Protocollo di Sostenibilità Ambientale, nell’ambito del processo di Agenda 21 della Provincia di Torino, ha dato avvio, con i Comuni dell’area del Sangone e la Comunità Montana Val Sangone, a processi partecipati di pianificazione di progettualità locali con l’obiettivo di monitorare e riqualificare l’intero asse del torrente. Operativamente, il processo del Contratto di Fiume del bacino del Torrente Sangone si è articolato attraverso tre differenti fasi di lavoro, ciascuna caratterizzata da specifici obiettivi, attività e materiali prodotti. La sottoscrizione del Protocollo di Intesa, nell’ambito della Fase di avvio, ha dato inizio formale al processo istituendo la Cabina di Regia rappre-
sentativa sia della componente politica sia tecnica delle istituzioni coinvolte per la condivisione degli obiettivi e delle attività e formalizzando la costituzione della Segreteria tecnica, quale struttura di coordinamento tecnico e di facilitazione, attività affidate allo Studio Sferalab. Attraverso la Fase partecipativa, che ha costituito il cuore del processo, si sono coinvolti tutti i soggetti locali portatori di interesse in un primo momento di confronto e dialogo attraverso il workshop di progettazione partecipata denominato “Verso il Contratto di Fiume del bacino del Torrente Sangone”. Sulla base dei risultati emersi dalle sessioni di lavoro e coerentemente con il quadro conoscitivo relativo alle criticità del territorio, si sono costituiti cinque Focus Group di approfondimento. Il territorio è stato parte attiva dell’intero processo. Si sono discusse e condivise, infatti, le azioni e gli interventi inseriti nel documento di Piano di Azione del Contratto di Fiume, quale riferimento per la programmazione in funzione della riqualificazione, tutela, conservazione e promozione del paesaggio e del territorio del Bacino idrografico del Torrente Sangone. La metodologia seguita ha inoltre previsto, al fine di supportare i lavori dei Focus Group, una ricognizione delle progettualità in fase di realizzazione o pianificate dal territorio per contribuire a definire un quadro conoscitivo del bacino più completo ed esaustivo. La Fase attuativa, infine, ha rappresentato l’occasione in cui strutturare i partenariati ed individuare gli opportuni canali di finanziamento necessari per trasformare le azioni condivise in progetti concreti sul territorio. I tre assi strategici che hanno accompagnato l’articolazione di tutto il processo relativo al
Contratto di Fiume sono: • Tutela, riqualificazione e qualità ambientale del Torrente Sangone; • Riqualificazione territoriale e paesaggistica delle aree perifluviali e del bacino del Torrente Sangone; • Promozione, fruizione e valorizzazione economica dell’area del Torrente Sangone. Successivamente, sulla base dei risultati emersi dal workshop e coerentemente con le criticità rilevate sul territorio, la partecipazione locale si è strutturata in 5 ambiti tematici di interesse, relativi ai tre assi strategici, da approfondire attraverso i lavori dei Focus Group: • Qualità ambientale del corso d’acqua; • Portata idrica adeguata in alveo; • Difesa idraulica; • Recupero della qualità ambientale del bacino; • Promozione integrata di iniziative di fruizione ed eventi di sensibilizzazione.
Il Piano d’Azione del Contratto di Fiume del Torrente Sangone contenente le azioni condivise nel corso dei lavori dei cinque Focus Group rappresenta, dunque, il risultato finale del processo di confronto e dialogo con il territorio relativamente alla tutela, conservazione, riqualificazione e promozione del bacino idrografico del Torrente Sangone. Tutte le azioni condivise, sono state sistematizzate in un quadro sinottico in base ai rispettivi assi strategici ed obiettivi generali e specifici evidenziandone i collegamenti e le sinergie con gli strumenti di pianificazione, gli strumenti progettuali, la Programmazione territoriale e la Pianificazione strategica in atto. Al fine di dare reale operatività al Piano di Azione, la Provincia di Torino ha presentato e condiviso con i portatori di interesse locali l’Accordo Istituzionale “Contratto di Fiume del bacino del torrente Sangone”, firmato lo scorso 11 marzo 2009 a Torino nell’ambito di un Convegno Internazionale sui Contratti di Fiume. La sottoscrizione, avvenuta in presenza di 268 partecipanti al Convegno, sigla l’inizio della parte attuativa del Contratto, il primo nel panorama regionale con una esperienza innovativa sia in termini di processo sia in termini di partecipazione e coinvolgimento locale. La firma dell’Accordo rappresenta il presupposto istituzionale affinché sul territorio del bacino del torrente Sangone si consolidi e si legittimi un autentico processo negoziale e di corresponsabilità, teso alla sempre crescente condivisione di uno scenario strategico di riqualificazione fluviale e territoriale che dovrà rappresentare la cornice entro cui inserire le attività di tutti i soggetti operanti sul territorio.
Per maggiori info: zugolaro@sferalab.it
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AMBIENTE E ARTE
“IL PICCOLO GIARDINO DA METTERE AL DITO” Gioielli che crescono al Reykjavik Art Museum
di Anna Rita Rossi
Che cosa direste se qualcuno vi proponesse di indossare un minigiardino al dito? Non si tratta di un follia, ma di una originale creazione di un designer islandese, Hafsteinn Juliusson, per il quale le piante possono diventare dei gioielli. Chissà cosa avrebbe commentato Marilyn Monroe a questa notizia, lei che cantava “diamonds are a girl’s best friend” (i diamanti sono i migliori amici di una ragazza). I “Growing Jewelry”, letteralmente “gioielli che crescono”. sono ospitati nello store del Reykjavik Art Museum e contenuti in minuscole serre che sostituiscono le classiche scatole in velluto dei gioielli tradizionali. L’idea del suo creatore è quella di fondere insieme gioielli
e giardinaggio per creare degli oggetti davvero esclusivi da indossare. Juiliusson invece delle pietre preziose, dell’oro e dell’argento ha creato dei gioielli viventi che sono un misto tra organico e inorganico. Se è vero che le perle vere si rovinano se non vengono indossate, questi gioielli, davvero singolari, hanno bisogno di essere curati: il muschio incastonato deve essere innaffiato regolarmente e va coltivato come qualsiasi altra pianta. A questo scopo Hafsteinn ha previsto un apposito kit con l’acqua per innaffiarlo. Leggere questa notizia fa ritornare alla memoria un’altra moda molto singolare nata nei primi anni ’90 e cioè quella dei Tamagotchi, il gioco elettronico portatile creato da Aki Maita il cui
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scopo era quello di dedicarsi alle cure di un cucciolo virtuale, cercando di crescerlo e di farlo vivere il più a lungo possibile. La soluzione del designer islandese sembra muoversi attorno a un pensiero ecologico, infatti, Juliusson sostiene che il suo è un tentativo di riportare la natura all’uomo metropolitano, anche se c’è chi pensa che la sua proposta non sia poi tanto ecologica, visto che i muschi, hanno requisiti di crescita poco conformi all’ambiente in cui si muovono coloro che dovrebbero indossare simili “gioielli”. Questi oggetti semiviventi sembrano già incuriosire molto
il mercato, visti anche i commenti dei visitatori del sito di Juliusson. Per ora, comunque, non sono in vendita. Il loro geniale autore li ha creati con l’intenzione di sensibilizzare le persone sul rapporto uomo-natura. Se però l’interesse attorno a questo curioso esperimento dovesse continuare, magari il loro ideatore potrebbe decidere di mettere le sue opere in produzione. Se dovessero entrare nel mercato c’è da chiedersi dove sarebbero acquistabili: dal gioielliere o dal fioraio? Sul sito del suo creatore è possibile ottenere informazioni in merito all’implementazione del progetto.
Hafsteinn Juliusson, nato a Reykjavik (Islanda), si è laureato nel 2008 in Product Designn all’Accademia delle Arti islandese (Iceland Academy of the Arts). Nel suo curriculum on line sostiene di aver aspirato a risolvere i suoi progetti con pochi obiettivi in mente. Ha scelto di approcciarsi al design secondo una nuova prospettiva che cerca di raggiungere una vasta gamma di persone. Vuole sentirsi coinvolto dalla società, dall’ecologia e tenta di evitare la produzione di massa e questo spiega perché tutti i suoi progetti finora sono solo dei prototipi. Al suo attivo ha diverse mostre e un considerevole numero di singolari progetti tra cui: “Chair Me Up”, “Funstackable Stools”, “Furniture Heroes”, “Just Food”, d “The napBook”. k Queste sue creazioni sono delle vere e proprie opere d’arte con delle funzioni piuttosto curiose che, ovviamente, ne rendono difficile líutilizzo a scopo commerciale.
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Stante l’importanza dei relativi bandi e delle scadenze ravvicinate, diamo risalto in questo numero a 3 importanti misure di carattere nazionale. Si tratta in particolare di: - un Bando europeo per la presentazione di proposte per progetti di cooperazione in materia di Protezione Civile; - un Bando nazionale per la mobilità sostenibile e la qualità dell’aria in città; - un Bando nazionale per progetti cofinanziati di ricerca energetica.
COMMISSIONE EUROPEA - Direzione Generale Ambiente - Unità Protezione Civile Strumento finanziario per la protezione civile - Progetti di cooperazione in materia di preparazione e prevenzione - Invito a presentare proposte 2009 (GUUE, C 57, 11 marzo 2009)
La Commissione UE Direzione Generale dell’Ambiente, unità “Protezione civile” ha pubblicato un invito a presentare proposte finalizzato alla selezione di progetti di cooperazione in materia di preparazione e prevenzione, che potrebbero beneficiare di un sostegno finanziario nell’ambito della decisione 2007/162/CE del Consiglio, che istituisce lo Strumento Finanziario per la Protezione Civile (2007-2013) finalizzato principalmente alla protezione delle persone, ma anche dell’ambiente e dei beni, compreso il patrimonio culturale in caso di catastrofi naturali e provocate dagli uomini. “Le catastrofi naturali costituiscono una minaccia sempre più forte per gli Stati membri dell’UE e si prevede che nei prossimi anni, per effetto del cambiamento climatico, aumentino di numero e intensità - ha dichiarato il Commissario all’Ambiente Stavros Dimas, presentando il 23 febbraio 2009 le due comunicazioni sulle catastrofi adottate dalla Commissione UE - Dobbiamo fare il possibile per ridurne l’impatto, preparandoci al meglio”.
Progetti di prevenzione Proposte per attività di preparazione
2.250.000 euro 1.400.000 euro
Beneficiari I settori interessati, la tipologia e il contenuto delle azioni, nonché le condizioni di finanziamento, sono descritti nella relativa guida per la richiesta di sovvenzioni, che contiene anche istruzioni dettagliate su tempi e modi per la presentazione delle proposte. La guida e i relativi moduli di domanda di sovvenzione possono essere scaricati dal sito Europa al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/environment/funding/intro_en.htm Selezione delle proposte La procedura per la concessione delle sovvenzioni si articola nelle seguenti fasi: - ricevimento, registrazione e avviso di ricevimento da parte della Commissione; - valutazione delle proposte da parte della Commissione; - decisione di aggiudicazione e notifica dell’esito ai richiedenti. I beneficiari verranno scelti in base ai criteri indicati nella guida di cui al punto I.2, nei limiti degli stanziamenti disponibili. In caso di decisione positiva da parte della Commissione, verrà stipulata una convenzione di sovvenzione (espressa in euro) tra la Commissione e il proponente. Tutte le fasi della procedura sono strettamente riservate. Presentazione delle proposte Le proposte devono pervenire all’indirizzo della Commissione indicato nella guida per la richiesta di sovvenzioni entro il 18 maggio 2009 od inviate per posta o tramite corriere. Possono essere anche recapitate a mano presso l’apposito indirizzo indicato nella guida, entro le ore 17 del 18 maggio 2009 (fa fede la ricevuta datata e firmata dal funzionario competente). Non saranno accettate proposte inviate per fax o posta elettronica, fascicoli incompleti o fascicoli suddivisi in più spedizioni.
Risorse finanziarie Il sostegno finanziario verrà concesso sotto forma di sovvenzioni.
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MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE Bando di cofinanziamento per la diffusione di azioni finalizzate al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane ed al potenziamento del trasporto pubblico rivolto ai Comuni non rientranti nelle aree metropolitane (G. U. n. 67 del 21/03/2009) Finalità Realizzazione degli interventi per il miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico. Aree di intervento Per le finalità previste il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare provvede a cofinanziare sulla base delle richieste presentate per interventi volti a: a) realizzazione di servizi e infrastrutture che favoriscano l’uso del mezzo pubblico e riducano l’uso dei veicoli privati; b) potenziamento e sostituzione con veicoli a basso impatto ambientale della flotta dei veicoli del trasporto pubblico locale e potenziamento dei servizi di infomobilità; c) realizzazione e potenziamento di interventi di razionalizzazione e miglioramento del processo di distribuzione delle merci in ambito urbano, ma anche tramite interventi multimodali di interesse di più comuni e attraverso l’utilizzo di tecnologie telematiche e di veicoli a basso impatto ambientale; d) realizzazione di parcheggi di interscambio da localizzare nei principali punti di ingresso alle aree metropolitane per ridurre la circolazione dei mezzi privati nelle zone centrali e favorire l’intermodalità ed un maggiore utilizzo del servizio di trasporto pubblico; e) diffusione ed utilizzo dei carburanti a basso impatto ambientale e potenziamento delle relative reti di distribuzione con specifico riferimento alle utilizzazioni per le flotte pubbliche; f) diffusione della figura del mobility manager nelle aree geografiche in cui risulta poco diffusa o assente e potenziamento di tale figura ove esistente attraverso il sostegno alle nuove iniziative e a quelle già avviate particolarmente significative. g) potenziamento dei servizi integrativi al trasporto pubblico locale e di quelli complementari, con particolare previsione allo sviluppo della gestione dei sistemi di car pooling e all’implementazione e diffusione del car sharing, anche attraverso la previsione da parte dei Comuni di forme di facilitazione per la gestione di tale servizio, l’espansione territoriale sia nelle aree urbane che in quelle più peri-
feriche, l’integrazione con altre modalità di trasporto, l’incentivazione all’utilizzo da parte delle amministrazioni pubbliche e delle aziende private, il consolidamento della struttura dell’offerta; h) promozione della mobilità ciclistica attraverso la creazione di reti urbane dedicate, dell’intermodalità tra bici ed il treno e i mezzi di trasporto pubblico anche attraverso la realizzazione di intese con le Ferrovie dello Stato s.p.a. e le aziende di trasporto pubblico, e predisposizione di strutture mobili e di infrastrutture atte a favorire tale intermodalità; i) realizzazione di interventi specifici per aumentare la sicurezza degli utenti deboli della strada, tra cui i bambini, gli scolari e i pedoni. Risorse finanziarie Per l’attuazione del presente bando di cofinanziamento sono destinate risorse finanziarie pari a 34,9 milioni di euro del Fondo per la Mobilità e Sostenibilità. Soggetti beneficiari dei cofinanziamenti Possono presentare istanza di cofinziamento i Comuni con una popolazione pari o superiore a 30.00 mila abitanti, che ricadano nelle zone individuate dalle autorità competenti ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 351/99 alla data di pubblicazione del presente bando e non ricadono nelle aree metropolitane. I Comuni possono anche presentare istanza in forma associata. Limiti di cofinanziamento Tutti gli interventi, fermo restando il limite di cofinanziamento del 70% al totale dei costi ammissibili sono soggetti ai seguenti limiti: - il limite massimo dei cofinanziamenti previsti dal presente bando e i limiti di ammissibilità delle singole voci di costo determinanti dal presente comma, sono pari a: - 1.200.000 euro se il soggetto proponente ha una popolazione superiore a 150.000 abitanti; - 800.000 se il progetto proponente ha una popolazione compresa tra 50.001 e 150.000 abitanti; - 400.000 se il soggetto proponente ha una popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti. Sono ammissibili le seguenti tipologie di spesa, sulla base delle modalità sotto indicate: I) le spese per la progettazione esecutiva sono ammissibili fino ad un massimo del 2% del costo complessivo dell’intervento; II) le spese per le attività di informazione, comunicazione all’utenza, marketing e pubblicità dell’intervento sono ammissibili fino ad un massimo del 10% del costo complessivo dell’intervento;
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III) le spese per imprevisti sono ammissibili fino ad un massimo del 2% del costo complessivo delle opere civili e stradali eventualmente previste dall’intervento; IV) le spese di gestione relativi ai servizi attivati nell’ambito degli interventi per i quali si richiede il cofinanziamento, inclusa l’istituzione del mobility manager, sono ammissibili limitatamente alle attività strettamente funzionali alla realizzazione dell’intervento, per una durata massima di 24 mesi. Tali spese includono le spese per il personale, inclusa la formazione, le spese per le licenze d’uso di specifici software, i costi di esercizio dei servizi di trasporto integrativi al trasporto pubblico locale, le spese di manutenzione e i canoni di affitto e/o leasing di infrastrutture, apparecchiature e risorse tecniche. Presentazione delle istanze di cofinanziamento I soggetti interessati devono trasmettere un’unica istanza, sottoscritta dal legale rappresentante o da un funzionario delegato, relativa ad un intervento di cui si richiede il cofinanziamento. L’istanza deve essere corredata dai documenti previsti dal bando. I soggetti presentano istanza in forma associata devono allegare all’istanza di cofinanziamento la documentazione attestante l’individuazione del Comune referente. Le istanze di cofinanziamento devono pervenire al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione Generale per la salvaguardia ambientale, sezione mobilità sostenibile, via Cristoforo Colombo n 44 00147 Roma, entro e non oltre 60 (sessanta) giorni dalla data di pubblicazione del presente bando di cofinanziamento sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Fa fede il timbro postale di partenza.
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Bando per la selezione dei progetti di ricerca energetica relativi al piano 2006-2008, cofinanziati dalle imprese (G. U. n. 64 del 18/03/2009) “Abbiamo messo a disposizione della ricerca, delle università e delle imprese risorse complessive per oltre 250 milioni - ha detto il Ministro Claudio Scajola - che hanno il duplice scopo di dare una spinta all’innovazione nel settore fondamentale
dell’energia e di contribuire ad alleviare le difficoltà in questo momento di crisi. Si tratta di un forte sostegno alle ricerche relative alla razionalizzazione ed al risparmio nell’uso dell’energia elettrica, allo sviluppo delle conoscenze per l’utilizzo della fonte nucleare e alla produzione di energia elettrica e protezione dell’ambiente”. Obiettivi generali Finanziare i progetti di ricerca finalizzati all’innovazione tecnica e tecnologica di interesse generale per il settore elettrico. In particolare, il bando è indetto per la selezione di progetti rispondenti ai temi di ricerca contenuti nel Piano operativo annuale 2006, parte integrante del Piano Triennale della ricerca di sistema elettrico 2006-2008. Dotazione finanziaria L’ammontare massimo delle risorse del Fondo destinate al finanziamento dei progetti ammessi alla contribuzione ai sensi del presente bando è stabilito in 53.200 k€. L’ambito d’intervento del presente bando è definito nella tabella accanto, il contributo massimo previsto per ogni singolo tema di ricerca, nella quale sono riportati i temi di ricerca cui dovranno riferirsi le proposte di progetto oggetto di selezione, la loro aggregazione in gruppi tematici e l’area di appartenenza. Soggetti ammissibili Sono ammessi a beneficiare dei contributi di cui al presente bando, a condizione che possiedano una stabile organizzazione di ricerca sul territorio nazionale, i seguenti soggetti: a) imprese che esercitano le attività industriali dirette alla produzione di beni e/o di servizi, anche di ricerca; b) Organismi di ricerca. Formulazione delle Proposte di progetto Ciascuna Proposta di progetto deve riferirsi, a pena di inammissibilità, ad uno solo dei temi riportati nella tabella di cui all’art. 3, da indicare con evidenza. I Proponenti possono presentare, singolarmente o congiuntamente, più Proposte di progetto, purché afferenti a temi diversi. Le Proposte di progetto devono essere redatte come specificato nell’Allegato 2. Forma ed intensità dei contributi Le intensità dei contributi di cui al presente bando sono regolate ai sensi della Disciplina Comunitaria. In particolare l’intensità del contributo, calcolato in base ai costi ammissibili del progetto, non potrà comunque superare il 50% per le attività di ricerca industriale (RI) e il 25% per le attività di sviluppo sperimentale (SS).
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Costi ammissibili Sono considerati ammissibili, nella misura congrua e pertinente, i costi di cui all’Allegato 3. Procedura concorsuale e criteri di valutazione Il CERSE organizza l’attività di valutazione delle Proposte di progetto presentate nell’ambito del presente bando. La valutazione delle Proposte di progetto viene effettuata dagli Esperti sulla base dei criteri di seguito indicati: a) Innovazione nella conoscenza e nello sviluppo tecnologico b) Qualità scientifica e tecnologica dei Proponenti c) Coerenza e qualità della proposta d) Benefici attesi per gli utenti del sistema elettrico nazionale e valorizzazione dei risultati Presentazione delle Proposte di progetto Le Proposte di progetto, redatte come definito all’art. 6, dovranno pervenire, a pena di esclusione, con plico anonimo e debitamente sigillato, entro il termine perentorio delle ore 12.00 del 60° giorno successivo alla pubblicazione del presente bando sulla GURI, a mezzo raccomandata A/R, al seguente indirizzo: Cassa conguaglio per il settore elettrico - Segreteria Operativa - Via Cesare Beccaria 94 - 00196 - Roma. Per maggiori informazioni e chiarimenti: info@ccse.cc. Il modello per la predisposizione della Proposta di progetto e gli allegati possono essere scaricati dal sito: www.ccse.cc
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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE L’autorizzazione unica prevista per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili assorbe anche tutte le autorizzazioni ambientali? L’art. 12, comma 3 del D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 stabilisce che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate dalla Regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. Il successivo comma 4 prevede che la predetta autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla Legge n. 241/1990 e che, in caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle Regioni, è rimessa alla Giunta regionale. Da tale disposizioni sembrerebbe dedursi che l’autorizzazione unica comprenda anche le autorizzazioni di natura ambientale. Tuttavia, è fondamentale osservare che, secondo la giurisprudenza, l’autorizzazione unica non assorbe il provvedimento di VIA, in quanto “l’esame del pertinente quadro normativo porta ad affermare che la procedura di V.I.A. costituisca un procedimento autonomo rispetto a quello finalizzato all’autorizzazione dell’impianto nel suo complesso, se pure le determinazioni adottate all’esito del primo (endo-)procedimento risultano necessarie e strumentali al fine dell’adozione delle determinazioni conclusive del diverso (e principale) procedimen-
agenda
to autorizzativi” (T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, sentenza 10 gennaio 2008, n. 59). Pertanto, laddove si consideri che oggigiorno il provvedimento di VIA “sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale” (art. 5, lett. o) del D. Lgs. n. 152/2006), se ne ricava che anche per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili vige il principio generale per cui le valutazioni di natura ambientale devono essere compiute prima di tutte le altre che confluiscono nel procedimento unico di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003. Chi effettua il monitoraggio nei procedimenti di VIA e VAS? A carico di chi sono le relative spese? Nel procedimento di VIA le autorità competenti possono (e non devono) avvalersi, per la progettazione e lo svolgimento delle attività di controllo e monitoraggio degli impatti, del sistema delle agenzie ambientali (art. 28 Dlgs 152/2006, così come modificato dal Dlgs 4/2008). I relativi costi sono sopportati dal proponente, rientrando negli oneri istruttori che l’art. 33 pone appunto a carico di chi presenta l’istanza. In mancanza di espresse indicazioni normative, deve ritenersi che la quantificazione degli oneri istruttori finalizzati alle attività di monitoraggio debba essere fatta dall’autorità competente in seno al provvedimento favorevole di VIA e che il versamento debba essere effettuato al momento del rilascio dello stesso (è evidente infatti che, in caso esito negativo del procedimento di VIA, nessun onere istruttorio sia dovuto per un’attività di monitoraggio che non sarà mai espletata). Per quanto concerne la VAS, invece, l’art. 18 del Dlgs 152/2006 stabilisce che “il monitoraggio è effettuato avvalendosi del sistema delle agenzie ambientali” e che “il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio”. Pertanto, l’autorità che adotta o approva il piano o programma (cosiddetta autorità procedente), oltre ad indicare le misure adottate in merito al monitoraggio, dovrà stanziare le risorse economiche destinate al medesimo monitoraggio, procedendo successivamente a concordare l’esecuzione delle connesse attività con l’agenzia ambientale di riferimento.
Eventi e Fiere
Verona, 7-9 maggio 2009 GREENBUILDING - Mostra e Convegno Internazionale su efficienza ed energia sostenibile Sede: Fiera di Verona Organizzazione: Expoenergy srl - Piazzetta Trento Trieste, 10/b - 32032 Feltre (BL) Tel. 0439 849855 - fax 0439 849854 www.greenbuildingexpo.eu 15-23 maggio 2009 European Solar Days - Campagna di informazione dedicata all’Energia solare Sede: nelle città che aderiscono all’iniziativa
Informazioni: Tel. 3494278098 solardays@ambiente.italia.it - www.europeansolardays.it Bologna, 9-13 giugno 2009 2a Conferenza internazionale sul paesaggio e l’orticoltura urbana. Dall’orticoltura urbana alle soluzioni innovative per la gestione delle aree verdi Sede: Università di Bologna - Facoltà di Agraria Informazioni: Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana (SOI) - Segreteria Generale Tel. 055 4574067/70 - Fax 055 4574071 soifi@unifi.it - www.soihs.it
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Editoriale: Azioni concrete per i cittadini Informatizzazione: Aree montane: la banda larga entra nelle scuole Erosione costiera: Parte da Grottammare la riqualificazione del litorale regionale Edilizia scolastica: Oltre 26 milioni di euro per l’adeguamento degli edifici scolastici Piano Casa: 434 buoni casa assegnati alle giovani coppie Difesa del Suolo: Prevenzione e corretta gestione del territorio Rilancio delle aree portuali: Partono le operazioni di dragaggio
In retro copertina: Panorama di Grottammare
INDICE Azioni concrete per i cittadini di Gianluca Carrabs
p. 3
Aree montane: la banda larga entra nelle scuole Assessorato ai Lavori Pubblici, Sistemi Telematici ed Informativi, Società dell’Informazione
p. 5
Erosione costiera: parte da Grottammare la riqualificazione del litorale regionale Assessorato ai Lavori Pubblici e Difesa della Costa
p. 6
La Regione Marche in prima linea per l’adeguamento strutturale degli edifici scolastici Assessorato ai Lavori Pubblici e Edilizia Pubblica
p. 8
Casa ai giovani: un sogno che si avvera Assessorato ai Lavori Pubblici e Edilizia Pubblica
p. 10
Prevenzione e corretta gestione per la riduzione dei rischi Assessorato ai Lavori Pubblici e Difesa del Suolo
p. 12
Rilancio delle aree portuali: partono le operazioni di dragaggio Assessorato ai Lavori Pubblici e Difesa della Costa
p. 14
Assessorato Lavori Pubblici, Edilizia Pubblica, Difesa del Suolo e della Costa, Territori montani e Politiche per la Montagna, Sistemi Telematici e Informativi Palazzo Li Madou -Via Gentile da Fabriano, 2/4 - Tel 071.8064344 - Ancona
Green Governance è consultabile e scaricabile dal sito: www.gianlucacarrabs.it
Nuovo Piano Casa Regionale
AZIONI CONCRETE PER I CITTADINI L’intento del Governo Regionale è quello di alleggerire i cittadini che più soffrono il peso della crisi economico e finanziaria, coloro che non hanno una casa di proprietà e che vivono in affitto. Pertanto la Regione, su mia proposta, ha stanziato 6,2 milioni di euro per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione. A seguito dei bandi comunali per l’anno 2008 sono già stati ripartiti i fondi tra i Comuni marchigiani per concedere tali contributi ai cittadini meno abbienti allo scopo di ridurre l’incidenza dei canoni locativi sul reddito familiare: ne hanno beneficiato ben 9.000 famiglie. Inoltre la Giunta Regionale, su proposta del Presidente Gian Mario Spacca, ha bloccato per due anni il canone d’affitto degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica con lo scopo di ridurre ogni aumento dell’affitto. A questa manovra si è aggiunto lo stanziamento di 3 milioni di euro che serviranno per la riqualificazione e ristrutturazione degli alloggi ERAP. I tre milioni, infatti, saranno utilizzati per avviare i cantieri di manutenzione degli stessi alloggi e far ripartire tutta l’economia edile legata a questo settore. Proprio in questi giorni, per favorire le iniziative volte al rilancio dell’economia, rispondere anche ai bisogni abitativi delle famiglie e per introdurre misure di semplificazione procedurale dell’attività edilizia, è stato firmato un accordo tra Stato, Regioni ed Autonomie Locali. Il testo prevede: • un incremento del 20% della volumetria esistente degli edifici residenziali mono e bi-familiari, per un incremento complessivo massimo di 200 metri cubi; • la regolamentazione degli interventi di abbattimento e ricostruzione con l’incremento del 35% della volumetria esistente. Questi aumenti di volumetria devono perseguire un miglioramento della qualità architettonica, dell’efficienza energetica e dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e devono realizzarsi secondo criteri di sostenibilità ambientale. Tali interventi non possono riferirsi ad edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta.
Inoltre la Regione sta elaborando le Linee Guida di attuazione per, da un lato promuovere ulteriori forme di incentivazione e dall’altro regolamentare la compatibilità ambientale degli interventi. Con questo accordo non cambierà nulla nelle regole di rispetto ambientale e tutela paesaggistica. Anzi dovrà esserci la massima attenzione al risparmio energetico degli edifici e alla riqualificazione urbana. Cambierà sicuramente qualcosa, ci auguriamo: la mentalità del costruire. In questo contesto sta prendendo forma il nuovo Piano Casa Regionale retto da una sinergia tra pubblico e privato, per consegnare in tempi rapidi un patrimonio immobiliare a canone sostenibile, destinato, questa volta, ad una fascia di popolazione che non è in grado di rivolgersi al libero mercato immobiliare, ma nel contempo non ha i requisiti reddituali tali da poter accedere alle graduatorie dell’edilizia residenziale pubblica. A tal proposito è stato costituito un tavolo tecnico con esponenti dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili), con Legacoop e Confcooperative, con l’Upi (Unione delle Province Italiane), l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e l’Uncem (Unione Nazionale Comunità Enti Montani), Banche, Fondazioni e Associazioni di Categoria che entro 45 giorni dovranno predisporre un progetto di “housing sociale” che avrà l’obiettivo di costituire un Fondo immobiliare etico che possa governare le operazioni finanziarie e quelle prettamente costruttive per realizzare alloggi a canone calmierato; in tale logica, rientra anche la possibilità di acquistare il patrimonio edile invenduto e quello pubblico non utilizzato per consentire immediatezza di risposte ai bisogni più urgenti di alloggio e liquidità finanziaria da poter reinvestire. In sintesi questo strumento consentirà di poter realizzare alloggi ad un canone mensile di affitto che varierà tra i 300 e i 400 euro, che dopo 25-30 anni darà all’inquilino la possibilità di riscattare l’immobile divenendone proprietario. Con il nuovo Piano Casa Regionale si potranno esprimere tutte la potenzialità per trasformare questa difficile congiuntura economica in una opportunità di rilancio del settore edilizio e dell’occupazione locale, attraverso la costruzione di alloggi sociali ad alta efficienza energetica. La riqualificazione e l’efficienza energetica degli edifici, rappresenta una grande sfida e sono ormai le direttrici comuni della Regione che si è dotata tra le prime in Italia di una Legge sull’Edilizia Sostenibile molto avanzata.
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Green Governance
Edilizia sostenibile per dare qualità, efficienza e occupazione locale
Sono buone regole che dovrebbero uniformare tutti i Piani Casa, sapendo che non possiamo più permetterci di sprecare risorse energetiche: l’edilizia impegna i 2/3 del budget energetico nazionale sprecandolo in perdite energetiche degli edifici, realizzati con una scarsa efficienza energetica. È lo stesso quantitativo che il nostro paese importa come fonti fossili dall’estero. Incidendo sul risparmio energetico delle costruzioni si interviene sullo spreco, riducendo i consumi e di conseguenza la spesa economica delle famiglie marchigiane. Gli edifici tradizionali impegnano 20 litri di gasolio per mq, mentre quelli realizzati con la Bioedilizia, nella fattispecie, quelle in classe C consumano 6 litri, quelle in classe B 3 litri e quelle in classe A 1,5 litri, addirittura quelle passive 0 litri e l’energia in eccesso possono anche
rivenderla. Questo è un esempio chiaro e concreto di come la prima ed assoluta fonte di energia è il risparmio energetico. È chiaro allora che il settore edilizio ha un ruolo chiave per l’attuazione del Protocollo di Kyoto e il raggiungimento degli obiettivi 20-20-20 previsti dall’Unione Europea. Queste misure approvate dal Governo Regionale sono una risposta concreta alle istanze della comunità marchigiana che da un lato ha l’esigenza di ripartire con il comparto edile e dell’altro necessita di un contributo indirizzato a quelle famiglie con difficoltà economiche.
Il Presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca e l’Assessore Gianluca Carrabs
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Gianluca Carrabs
AREE MONTANE: LA BANDA LARGA ENTRA NELLE SCUOLE Si sperimentano nuove tecnologie satellitari per superare il Digital Divide, per il quale la Regione Marche ha investito circa 45,5 milioni di Euro
Assessorato ai Lavori Pubblici, bbl Sistemi Telematici ed Informativi, Società dell’Informazione
“service provider” di servizi di comunicazioni satellitari, in particolare verso i soggetti gravitanti in tali aree che potrebbero beneficiare particolarmente di tali servizi. Soggetti appartenenti sia al mondo pubblico che privato come istituzioni didattiche o aziende agricole innovative. L’attività satellitare dà continuità alle azioni già intraprese dall’Amministrazione regionale che nel 2008 ha avviato un’azione di contrasto al digital divide culturale - sociale con una iniziativa promossa dall’Assessorato ai Sistemi Informativi e Telematici che prevede l’assegnazione, a favore di 16 Istituti scolastici localizzati nelle zone montane e di altrettante mini aule didattiche-informatiche, ciascuna dotata di: • 3 PC desktop multimediali completi di monitor LCD 19”, tastiera, mouse e lettore smart card; • 1 Stampante laser a colori A4; • Switch Ethernet 10/100BaseT RJ45 5 porte; • garanzia e assistenza per 3 anni su pc, switch e stampante; • 3 Confezioni da 20 dischi DVD±R; • installazione, collegamento in rete, configurazione collaudo e produzione dischi di ripristino dei mini-laboratori in loco; • pacchetto software “Open Source” - S.O. Linux e software didattico. In attesa del completamento del piano telematico, le stesse scuole beneficiarie della fornitura possono valorizzarla al meglio beneficiando di una sperimentazione (Test Bed) del servizio da parte di operatori di telecomunicazioni, in quanto assicurano così il pieno utilizzo della banda a loro disposizione tramite i contenuti generati dai sistemi informativi in loro dotazione. Dopo una fase di sperimentazione la Regione Marche potrà ben decidere di allocare fondi specifici per l’attuazione di tali servizi di comunicazione nell’interesse pubblico ed in una logica complementare rispetto al Piano Telematico Regionale. “L’intervento - spiega l’Assessore Regionale all’Informatizzazione e alle Politiche per la montagna, Gianluca Carrabs - contribuirà, oltre che alla riduzione del divario tecnologico, a beneficio dei docenti, degli studenti e delle famiglie, a favorire lo sviluppo delle competenze e conoscenze utili al rilancio ed alla crescita economica del territorio montano. Ridurre lo scarto tra aree svan-
taggiate ed aree più sviluppate è un obiettivo fondamentale di questa legislatura che mira a creare un sistema integrato di sviluppo tra la costa e l’entroterra”.
ISTITUTI MARCHIGIANI BENEFICIARI Provincia di Pesaro-Urbino Plesso
Istituto
Pennabilli Casteldelci Sant’Agata Feltria
ISC - Pennabilli
Sassocorvaro
ISC “A. Battelli” - Sassocorvaro
Apecchio Piobbico
ISC “Scipione Lapi” Apecchio
Serra S. Abbondio Frontone
ISC “G. Bigotti” - Pergola
Orciano Modavio San Giorgio Barchi
ISC “Giò Pomodoro” - Orciano
Provincia di Ancona Plesso
Istituto
Serra S. Quirico Rosora Mergo
ISC “Don M. Costantini” Serra S. Quirico
Provincia di Macerata Plesso
Istituto
Apiro Castelraimondo Pioraco
ISC Coldigioco - Apiro ISC “N. Strimpelli” Castelraimondo
Muccia Fiastra
ISC “G.Boccati” - Fiastra
Pievebovigliana Visso Ussita
ISC “Mons. Paoletti” Pievebovigliana
Caldarola Serrapetrona Cessapalombo Belforte del Chienti
ISC - Caldarola
Sarnano Gualdo Penna S. Giovanni Monte S. Martino
ISC “G. Leopardi” - Sarnano
Provincia di Ascoli Piceno Comune Montemonaco Force Rotella Montedinove
Istituto ISC - Amandola
Appignano del Tronto
ISC - Castel di Lama
Roccafluvione Venarotta Montegallo
ISC - Roccafluvione
ISC “L. Da Vinci” - Force
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Green Governance
“Realizzare la banda larga su tutto il territorio regionale e dare un computer ad ogni famiglia grazie ad un contributo regionale nella spesa pari al 50%”. Sono due degli obiettivi che si è prefissato nel corso del suo mandato l’Assessore all’Informatizzazione e alle Politiche per la Montagna, Gianluca Carrabs. Ebbene, la Regione Marche ha sviluppato ed approvato da circa un anno il Piano Telematico Regionale per lo sviluppo della Banda Larga ed il superamento del Digital Divide (approvato con Deliberazione dell’Assemblea Legislativa delle Marche n. 95 del 15/07/2008) per assicurare le connettività a larga banda a tutti i cittadini e imprese della Regione; ciò con il supporto di autorevoli soggetti che assumeranno il ruolo di autentici partner, appartenenti sia al mondo pubblico/istituzionale che privato. Giunti nella fase di piena attuazione del Piano e nella prospettiva di obiettivi di copertura di connettività a larga banda sempre più performanti anche in termini temporali, si stanno valutando anche soluzioni basate sulle tecnologie di comunicazione satellitare (che consentono la riduzione del digital divide infrastrutturale). All’uopo sono stati effettuati e sono previsti incontri di approfondimento con i principali provider/operatori di tali soluzioni. La connettività a larga banda basata su tecnologie di comunicazioni satellitari ha, per sua natura, la rapidità di implementazione e la peculiarità di poter raggiungere, con un costo relativamente basso, zone disagiate poste in vallate strette o siti allocati in zone collinari/montagnose/remote. Tali zone possono essere sicuramente a fallimento di mercato, ma in aggiunta, poste in aree logisticamente assai lontane rispetto anche a dove sarà realizzata l’infrastruttura di accesso (backhauling) con il supporto dei fondi strutturali di natura pubblica. In alcune aree si potrebbero presentare tempi di realizzazione lunghi anche con una connettività basata sul sistema di accesso standard Wimax (wireless); ciò indipendentemente dai tempi di attuazione del Piano Telematico, ma solo in relazione alla natura singolare del territorio, della orografia e della stesse caratteristiche delle tecnologie di accesso classiche (wired e wireless). Per tali aree, i servizi di connettività a larga banda possono essere realizzati tramite
Ministero dell’Ambiente, Regione Marche ed ex ICRAM insieme per la salvaguardia della costa marchigiana
EROSIONE COSTIERA: PARTE DA GROTTAMMARE LA RIQUALIFICAZIONE DEL LITORALE REGIONALE L’investimento per l’attuazione del 1° intervento è pari a 11.750.000 Euro Assessorato ai Lavori Pubblici bb e Difesa della Costa
Contrastare l’erosione costiera e contribuire allo stesso tempo al rilancio turistico della spiaggia e alla valorizzazione socio economica della città. È questo l’obiettivo del progetto di riqualificazione della spiaggia a sud del fiume Tesino elaborato dalla Regione Marche che prevede il ripascimento del litorale nel tratto di costa tra Civitanova e Grottammare. L’intervento, il primo di una serie di 5 progetti previsti dal Protocollo d’intesa sottoscritto il 28 dicembre 2007 tra il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, la Regione Marche e l’ex ICRAM, l’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (attuale ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), e che rientra nel
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più ampio complesso di azioni volte a riqualificare il litorale sud marchigiano, coinvolgendo un totale di 7 Comuni (da Civitanova Marche a Grottammare), punta infatti alla salvaguardia costiera e contemporaneamente al ripristino delle condizioni di fruibilità del territorio marittimo e della sua economia turistica e ricreativa. “L’intervento nel Comune di Grottammare - sottolinea l’Assessore regionale alla Difesa della Costa, Gianluca Carrabs - permetterà di fruire una spiaggia più ampia dell’attuale, di migliorare i servizi e le infrastrutture necessarie alla fruizione turistico-balneare e quindi contribuirà alla valorizzazione socio economica della città”. Della stessa opinione è il Sindaco di Grottammare, Luigi Merli: “Con
quest’opera si completa la difesa dell’intero tratto di costa comunale, lungo sei chilometri e mezzo, dove insistono numerosi stabilimenti balneari e importanti attività economiche: un percorso iniziato negli anni 90 con la realizzazione di interventi tipologicamente diversi, anche per far fronte all’erosione marina. La riqualificazione della spiaggia è importante per la valorizzazione turistica della città che nel biennio 2007-2008, ha registrato un aumento del 13% degli arrivi del 4% delle presenze”. L’intervento, che nel tratto di costa antistante Grottamare, interesserà circa 650 metri di litorale (dalla foce sud del fiume Tesino alla concessione balneare “Aquarius”), consiste tecnicamente nel prelievo di sabbia sottomarina a 2030 miglia dalla costa, nel suo riporto
lungo il tratto in questione e nella realizzazione di barriere protettive sotto il livello del mare. L’opera di ripascimento sostituisce così il progetto di sbarramento artificiale, proposto in passato dal Comune di Grottammare che prevedeva invece la realizzazione di scogliere emerse. 75.000 m3 di sabbia distribuita su 650 metri di litorale con un costo complessivo di circa 1.500.000 euro. Sono questi, in sintesi, i numeri dell’opera di ripascimento che entro l’estate renderà l’intero litorale cittadino (con la sola esclusione del tratto di 200 metri in prossimità della foce del Tesino) completamente fruibile da turisti e cittadini. Il ripascimento, che punta a risolvere in maniera definitiva il problema dell’erosione della costa di Grottammare, mira così anche al rilancio turistico della località balneare. Oltre alla salvaguardia della costa, il ripristino delle condizioni di fruibilità del territorio marittimo è infatti una delle finalità del Protocollo d’intesa siglato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dalla Regione
Marche e dall’ICRAM. Il Protocollo punta infatti ad una giusta ed equilibrata sinergia economico-ambientale cercando, si legge nel testo, di “garantire la conservazione del patrimonio territoriale dove è incentrata un’economia turistica e ricreativa” e “di preservare il paesaggio naturale e con esso garantire lo sviluppo sostenibile”. Seppur fortemente orientato a sostenere l’economia turistica locale, il progetto di riqualificazione elaborato dalla Regione Marche non esclude l’attenzione per le problematiche ambientali. “Attualmente l’erosione rappresenta la maggior minaccia per le risorse naturali ed economiche delle aree costiere”, sottolinea l’ assessore regionale alla Difesa della Costa, Gianluca Carrabs. Di qui la necessità di attuare efficaci misure di protezione della costa, con attente analisi ambientali da parte di organismi nazionali e regionali accreditati, quali l’ex ICRAM (attuale ISPRA) e l’ARPAM, “istituti - precisa il Consigliere comunale dei Verdi Daniele Mariani - dai quali abbiamo ricevuto tutte le rassicurazioni del caso e le ne-
cessarie garanzie per il buon esito del ripascimento”. Lo stesso Protocollo d’intesa siglato nel dicembre 2007 prevede verifiche pre e post operam, oltre alla costituzione di un apposito Comitato tecnico di coordinamento con il compito di monitorare le fasi di progettazione e realizzazione dell’intervento. Ma il progetto di ripristino della spiaggia di Grottammare si inserisce in realtà all’interno di un progetto ben più ampio e molto più ambizioso di riqualificazione del litorale regionale. Il suo costo? 33,5 milioni di euro volti a finanziare il pacchetto di interventi a salvaguardia della costa marchigiana previsti dal Protocollo. La riqualificazione dunque non riguarderà solo il tratto di litorale compreso tra Civitanova Marche e Grottammare (per cui si renderanno necessari 11,75 milioni di euro), ma anche quello di pertinenza dei Comuni di Sirolo e Numana, Porto Recanati, Ancona, Falconara, Senigallia e Pesaro. Il tutto in un’ottica integrata di riqualificazione del litorale regionale.
Da sinistra: Gianluca Carrabs , Daniele Mariani e Luigi Merli
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Green Governance
Area interessata dall’intervento
Edilizia Scolastica
LA REGIONE MARCHE IN PRIMA LINEA PER L’ADEGUAMENTO STRUTTURALE DEGLI EDIFICI SCOLASTICI
Oltre 26.000.000 di Euro per 104 interventi in altrettanti edifici del territorio Assessorato ai Lavori Pubblici bb e Edilizia Pubblica
La Giunta Regionale, su proposta dell’Assessore ai Lavori - il Piano triennale di Edilizia Scolastica (Legge Pubblici ed Edilizia Pubblica Gianluca Carrabs, recependo n. 23/1996). l’Intesa tra Governo e Regioni del 28 gennaio 2009 per la Sulla base di questi presupposti, nel corso della presente legisicurezza delle scuole, ha deliberato, il 2 marzo, che tutti slatura, sono stati predisposti e sono in corso di attuazione: gli edifici scolastici delle Marche verranno monitorati sul - il II Programma Stralcio del Piano straordinario per posto da esperti messi a disposizione del Provveditorato la messa in sicurezza degli edifici scolastici, approvato alle Opere Pubbliche (ex Genio Civile) di Emilia Romagna con Delibera CIPE n. 143/2006; e Marche, nonché da quelli degli Enti Locali proprietari degli - il Piano triennale 2007-2009, formalizzato con la sottoedifici (Province e Comuni) coadiuvati dai Responsabili della scrizione del “Patto per la Sicurezza”, siglato il 20 dicembre Sicurezza delle singole scuole. 2006 tra il Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe “L’indagine - ha spiegato l’AsFioroni e l’Assessore ai Lavori sessore Carrabs - riguarderà gli Pubblici Gianluca Carrabs. elementi non strutturali degli La Legge n. 23/1996, con le edifici, in modo da prevenire insuccessive proroghe concesse, cidenti come quello accaduto il 22 prevedeva che l’adeguamento novembre 2008 al Liceo “C. Dara norma degli edifici scolastici win” di Rivoli, in Piemonte, dove fosse portato a termine entro il il cedimento di un controsoffitto 2006. Con la sottoscrizione del ha purtroppo fatto perdere la giopatto per la sicurezza tale termine vane vita di uno studente”. è stato prorogato al 31/12/2009, Le Marche partono avvantaggiasollevando così anche gli enti te anche perché sono una delle proprietari degli edifici dalle gravi poche regioni ad aver ultimato responsabilità a cui sarebbero anl’Anagrafe degli edifici scoladati incontro in caso di eventuali stici: un censimento di tutte le incidenti causati da carenze nelle scuole, per accertare consistencondizioni di sicurezza. za, situazione e funzionalità degli “Si è concluso un complesso iter immobili. operativo, che ha coinvolto ReLa precedenza nei sopralluoghi va gioni, Province e Comuni - ha agli edifici per i quali l’Anagrafe dichiarato l’Assessore Carrabs - che dell’edilizia scolastica ha evidarà impulso al completamento denziato situazioni di potenziale del processo di adeguamento a pericolo e di carenza di manunorma e messa in sicurezza L’immagine di una ristrutturazione tenzione. delle nostre scuole che, nonostanLa sicurezza delle scuole è una priorità della Regione e un te il costante impegno di Comuni e Province e i rilevanti problema che si pone all’attenzione della pubblica ammini- interventi attivati negli anni da Regione e Ministero, è ancora strazione con forza. L’avvio dei sopralluoghi è imminente. lontano dall’essere ultimato”. Confidiamo nella sensibilità e nella massima collaborazione da parte delle amministrazioni locali e del personale INTERVENTI AVVIATI E/O PROGRAMMATI DI EDILIZIA SCOLASTICA NELLA CORRENTE LEGISLATURA tecnico. La Regione Marche, comunque, si era già mossa nel corso Importi in euro n° interventi di questa legislatura per affrontare il tema della sicurezza Province 2007 2007/09 2007 2007/09 scolastica che è una vera e propria emergenza nazionale ma che viene alla ribalta solo in occasione della emotività Ancona 1.825.752,66 10.048.091,84 5 21 provocata dalle tragedie che, purtroppo, si ripetono con Ascoli Piceno 698.895,73 3.954.821,48 4 19 frequenza. Fin dal suo insediamento, il Governo Regionale ha intenFermo 505.840,40 2.493.480,40 2 14 sificato le attività e gli interventi nel settore dell’Edilizia Macerata 841.602,99 4.692.723,26 6 17 Scolastica, trovando impulso normativo e sostegno finanziario in due Accordi di Programma con lo Stato: Pesaro Urbino 1.078.683,57 5.261.978,52 7 33 - Piano straordinario per la messa in sicurezza degli ediTotali 4.950.775,35 26.451.095,50 24 104 fici scolastici dal rischio sismico (Legge n. 289/2000).
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Un momento della riunione operativa del 27 novembre 2008
Le operazioni di rilevamento hanno interessato 1.346 edifici scolastici su 1.355, per ognuno dei quali le informazioni rilevate forniscono: - notizie generali sull’edificio (ubicazione, epoca di costruzione, consistenza e caratteristiche del manufatto, dotazioni, utilizzazione e dimensione degli spazi); - notizie sullo stato di conservazione del corpo di fabbrica principale e degli impianti (strutture portanti verticali ed
orizzontali, finiture, impianto elettrico, termico, impianto idrico, igienico sanitario etc); - notizie sulle condizioni di sicurezza dell’edificio e della sua area di pertinenza (documentazione relativa alla sicurezza antincendio, documento valutazione rischi e piano di emergenza ex D. Lgs. n. 626/1974, ora T. U. approvato con D. Lgs. n. 81/2208, presenza barriere architettoniche). Sulla base dell’Anagrafe curata dalla Regione, il 46% degli edifici scolastici marchigiani dispone del certificato di agibilità. 1.062 non sono stati progettati in base alla normativa antisismica, perché costruiti antecedentemente all’entrata in vigore della legge (n. 64 del 1974, operativa dal 1983); tuttavia, una parte di questi immobili è comunque oggetto di interventi di miglioramento sismico, a seguito della ricostruzione post-terremoto. La testimonianza del fatto che l’attività svolta in questi anni dall’Assessorato ai Lavori Pubblici sta dando dei risultati, viene indirettamente dal IX° Rapporto “Ecosistema Scuola 2009” che Legambiente ha presentato il 12 marzo 2009 e che ogni anno segnala la condizione dell’edilizia scolastica. Pur in una situazione di complessiva difficoltà (si tenga conto che il 100% delle scuole marchigiane vengono considerate a rischio sismico dichiarato), si legge che nelle Marche le scuole che negli ultimi 5 anni hanno goduto di interventi di manutenzione sono il 70,67% contro il 62,82% delle scuole italiane; che è salito al 62,4% il tasso di scuole che sono in possesso del certificato di agibilità statica contro il 41,86% dell’anno precedente e che tutte le nostre scuole sono dotate di impianti elettrici a norma, contro l’89,57% del dato nazionale. “È fondamentale - conclude l’Assessore Carrabs - investire sulla prevenzione, non solo quando ci si trova di fronte alle catastrofi post-calamità”.
Istituto “G. e M. Montani” di Fermo prima e dopo la ristrutturazione
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Green Governance
“Ancora un volta - ha proseguito l’Assessore - la sinergia tra Governo nazionale e regionale premiano le Marche, evidenziando l’attivismo della Giunta Regionale a farsi carico della sicurezza dei cittadini”. Il Decreto Ministeriale che recepiva il Patto, assegnava tutto il finanziamento previsto nella Legge Finanziaria 2007, al definitivo compimento delle attività della messa in sicurezza degli edifici scolastici, con una compartecipazione in parti eguali tra Stato, Regioni ed Enti locali. Con decreto del 16 luglio 2007 il Ministero assegnava alla Regione Marche per il triennio 2007-2009 risorse per un totale di 6.803.820 euro, che la Regione Marche inseriva nel Piano triennale con un eguale somma di fondi propri. Si ricorda che alla Regione è attribuita la responsabilità della programmazione delle politiche e degli interventi nel settore dell’edilizia scolastica, provvedendo alla ripartizione su base territoriale dei finanziamenti, stabilendo indirizzi e criteri territoriali per la formazione dei Piani e curando il monitoraggio degli interventi. Sono altresì le Province che hanno il compito di individuare i fabbisogni e localizzare gli interventi. Ai 104 interventi complessivi del Piano triennale devono essere aggiunti i 34 predisposti nel II Programma stralcio per la messa in sicurezza degli edifici scolastici dal rischio sismico, per un importo complessivo di 13.222.000 euro.
Piano Casa
CASA AI GIOVANI: UN SOGNO CHE SI AVVERA 434 “buoni” a titolo di contributo, assegnati ad altrettante giovani coppie marchigiane per un totale di circa 17.000.000 di Euro investiti Assessorato ai Lavori Pubblici bb e Edilizia Pubblica
È noto come in Italia il valore sociale assegnato alla casa di proprietà sia molto alto e viene percepito dalla maggioranza dei cittadini come un traguardo imprescindibile nella corsa verso la sicurezza e la stabilità economica. Se da un lato questa dinamica ci differenzia notevolmente dalla percezione comune nei diversi Paesi d’Europa, dove la “stanzialità” è sinonimo di scarso dinamismo e poca propensione a mettersi in gioco, dall’altro garantisce un rapporto continuativo e “familiare” col territorio, che, nel tempo, diventa legame quasi indissolubile, al punto da lasciare segni indelebili ed evidenti nell’urbanistica e nelle singole comunità civili. E questo non vale solo per le tante ferite inferte all’ambiente e al territorio, bensì anche per la positiva gestione del territorio stesso che, nei secoli, i residenti hanno apportato per conseguire lo sviluppo dell’intera comunità. Peccato che, con la deregulation del mercato del lavoro e la crisi economica derivante dalla caduta dei mutui sub prime d’oltreoceano (guarda caso legati proprio alla concessione di mutui per acquisti immobiliari), per molte famiglie italiane (e le Marche non fanno eccezione da questo punto di vista), quello della casa di proprietà è sempre più un vago traguardo, ostacolato da pesanti canoni di affitto o da rate di mutuo difficili da onorare con l’aumento dei prezzi. E la crisi economica, come si accennava poc’anzi, non ha fatto che peggiorare le cose, trasformando un’esigenza diffusa in una emergenza sociale dai caratteri nazionali. Come sempre, in questi casi, le fasce più colpite sono quelle già più deboli in partenza, soprattutto: lavoratori precari, in mobilità o con contratti atipici, giovani coppie, famiglie monoparentali o monoreddito, anziani al minimo del livello pensionistico ed immigrati. Per rispondere adeguatamente a questa problematica, la Regione Marche, con una certa lungimiranza, già a partire dal 2005, ha focalizzato una serie di risorse economiche
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a sostegno di ben 2 Piani Casa (Piano Casa Regionale per il biennio 2004/2005 e Piano Casa Regionale per il Triennio 2006/2008), per un totale impegnato pari a 200 milioni di Euro. I focal point del primo intervento pianificatorio del settore “Casa” erano: • incrementare l’offerta di alloggi pubblici (ERP) da assegnare alle categorie sociali più deboli; • incrementare l’offerta di alloggi a canone moderato; • favorire l’accesso alla proprietà della prima casa, in particolare per le giovani coppie; • riqualificare le aree più degradate dei comuni marchigiani, mediante interventi che migliorino la qualità edilizia ed ambientale, l’integrazione sociale dei quartieri e valorizzino il patrimonio storico-architettonico; • finanziare interventi di edilizia sperimentale che migliorino la qualità dell’abitare, mediante la bioarchitettura, l’abbattimento delle barriere architettoniche e lo studio di nuove tipologie residenziali. Raccolti i frutti della prima pianificazione, sintetizzati nelle seguenti cifre: • 2.080 alloggi programmati, di cui il 55% già iniziati ed il 21% ultimati, per un investimento complessivo pari a 82 milioni di euro; • 6.900 famiglie beneficiarie dei contributi per il sostegno alla locazione, per un importo globale di 7,7 milioni di euro; • 5 i Comuni della Regione (uno per ogni Provincia) che hanno ottenuto finanziamenti per riqualificare zone urbane degradate, per un investimento globale di 36,5 milioni di euro; • 3 progetti di edilizia sperimentale, per la realizzazione di alloggi ad elevata sostenibilità ambientale e a facile accessibilità architettonico-funzionale e per residenze miste studenti/anziani.
Nel giugno 2007 la Regione Marche ha deliberato il secondo provvedimento che, di fatto, costituisce il primo “Piano casa”, approvato dopo l’entrata in vigore della Legge Regionale 16 dicembre 2005, n. 36. Obiettivi dell’intervento: • incremento dell’offerta di alloggi pubblici (ERP), da assegnare alle categorie sociali più deboli; • sostegno alla locazione, mediante incremento dell’offerta di abitazioni a canone moderato e mediante contributi alle famiglie per le quali il rapporto canone/reddito risulti particolarmente gravoso; • agevolazioni per l’accesso alla proprietà della prima casa, mediante contributi (buoni casa) per giovani coppie; • istituzione di un fondo di garanzia per mutui accesi da giovani coppie con contratti di lavoro precario o atipico; • riqualificazione del patrimonio abitativo pubblico, tramite interventi di abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici abitati da famiglie con persone aventi disabilità motorie permanenti; • elevata qualità del prodotto edilizio (nuovi alloggi ERP accessibili al 100%, parametri obbligatori di bioedilizia, sperimentazione di soluzioni di edifici autosufficienti energeticamente e forme organizzative nuove di autocostruzione in cooperative miste italiani - immigrati). Un primo, entusiastico bilancio, ancorché parziale in quanto arriva ad appena un anno dall’attuazione del Piano, evidenzia: • circa 1.450 gli alloggi programmati o interessati da interventi di riqualificazione, di cui il 12% già iniziati ed il 3% ultimati, per un investimento complessivo di 110 milioni di euro; • 434 i buoni casa consegnati a giovani coppie, da un minimo di 10.000 ad un massimo di 30.000 euro; • 9.200 le famiglie che hanno beneficiato dei contributi per il sostegno alla locazione per un importo globale, messo a disposizione dalla Regione, di 10,7 milioni di euro, oltre all’annualità 2008, pari a 6,7 milioni di euro ancora da ripartire; • 2 gli interventi di edilizia sperimentale programmati per la realizzazione di alloggi energeticamente autosufficienti e in autocostruzione ad opera di cooperative miste italiani-immigrati; • finanziamento di un fondo di garanzia per mutui prima casa, accesi da giovani coppie di lavoratori precari che hanno difficoltà di accesso al credito. Buoni casa per giovani coppie e fondo di garanzia per mutui prima casa a favore di lavoratori atipici Il problema della casa per diverse famiglie marchigiane è una questione fondamentale e soprattutto per i giovani. Oltre a questo disagio, i giovani sono sempre più alle prese con il problema del precariato nel mondo del lavoro, che determina tipologie contrattuali sempre più flessibili e senza
alcuna garanzia, non dando la possibilità di progettare il proprio futuro e tantomeno l’acquisto della prima casa. Il Governo Regionale, su proposta dell’Assessore Gianluca Carrabs, consapevole di questa difficoltà, ha avviato una strategia in grado di sviluppare un fondo che garantisca i giovani lavoratori precari nei confronti degli Istituti di Credito che così possono erogare il mutuo per l’acquisto della prima casa a tutte quelle giovani coppie con un contratto di lavoro atipico, ovvero: una collaborazione coordinata continuativa o di progetto, un contratto d’inserimento, formazione e lavoro, intermittente, oppure di tipo apprendistato, un contratto a tempo determinato o una borsa lavoro. La garanzia del fondo ammette tutte quelle operazioni che abbiano l’importo del mutuo non superiore a 150.000,00 euro e della durata di massimo 25 anni ed è concessa agli istituti finanziatori convenzionati nella misura non superiore al 50% dell’importo del mutuo erogato e per un periodo massimo di 5 anni dall’inizio dell’ammortamento per un mutuo di durata da 1 a 10 anni, di 8 anni per un mutuo di durata da 11 a 20 anni e di 10 anni per uno da 21 a 25 anni. Se andiamo ad approfondire, i dati soffermandoci sulle cifre relative alla categoria delle “giovani coppie”, quelle più interessate - come abbiamo sopra indicato - dalla problematica dell’acquisto prima casa, possiamo verificare che nella sola Provincia di Pesaro-Urbino, sono state ben 149 le giovani coppie che hanno beneficiato dei “buoni casa”, ovvero contributi all’acquisto quantificati nelle cifre di 10.000, 20.000, fino a 30.000 euro, a seconda del reddito calcolato sul modello ISEE. 156 sono le coppie beneficiarie nel territorio della Provincia di Ancona; 86 quelle abitanti nella Provincia di Ascoli Piceno; 57 quelle della Provincia di Fermo e 128 quelle della Provincia di Macerata. Non è nascosta, inoltre, in questa, programmazione edilizia, la volontà di promuovere una nuova cultura della casa, intesa come “organismo attivo” nei processi di risparmio, efficienza energetica, cooperazione sociale ed interculturale, allorquando si intendono incrementare dinamiche virtuose e cooperative di costruzione miste tra italiani e stranieri. Il tutto nell’ambito di un orizzonte culturale che vede la Regione Marche attiva nella promozione sociale, nella tutela dell’ambiente e del territorio e nelle buone pratiche per lo sviluppo sostenibile. “Il Piano di edilizia residenziale 2006-2008 - ha sottolineato l’Assessore Carrabs - in maniera innovativa promuove sempre più formule che favoriscono i giovani rispecchiando in pieno le istanze della collettività marchigiana. Infatti, in primo luogo sono le giovani coppie a godere dei benefici anche in presenza di contratti di lavoro precario. Difatti, il piano tocca con mano le esigenze dei cittadini che hanno diritto a poter vivere in una propria abitazione”.
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Green Governance
Un momento della consegna dei buoni casa alla presenza dell’Assessore Gianluca Carrabs e del Presidente della Provincia di Pesaro e Urbino, Sen. Palmiro Ucchielli
Difesa del suolo
PREVENZIONE E CORRETTA GESTIONE PER LA RIDUZIONE DEI RISCHI Investimenti per 63.512.517,11 euro per 200 interventi mirati Assessorato ai Lavori Pubblici bb e Difesa del Suolo
“La manutenzione del Territorio è una priorità infrastrutturale, con pari dignità delle altre opere pubbliche, quali scuole, strade, aeroporti ecc…”. È questo l’assunto che l’Assessore alla Difesa del Suolo, Gianluca Carrabs, pronuncia in più occasioni per sottolineare quanto sia più importante prevenire che intervenire per riparare i danni provocati dagli eventi calamitosi. Frane, alluvioni e smottamenti da sempre costituiscono, per il nostro Paese, un problema di notevole rilievo sia per i danni prodotti che per le vittime che provoca. Dal dopoguerra ad oggi sul nostro territorio si sono moltiplicate le catastrofi idrogeologiche e, nella maggior parte dei casi, esse sono conseguenza di interventi umani che hanno privilegiato lo sfruttamento di aree naturali e attuato uno sviluppo mal coordinato. Questo fenomeno, che coinvolge anche la nostra Regione, è causato dalla sua conformazione geologica e geomorfologica e aggravato dallo sviluppo insediativo e infrastrutturale che non ha tenuto conto dei fattori fisici del territorio. Non a caso, dall’Inventario dei fenomeni franosi in Italia, è emerso che il rapporto tra la superficie complessiva in frana e la superficie delle aree collinari e montane, pone le Marche al 3° posto nella gradua-
toria dei territori a più elevata instabilità, dopo Lombardia ed Emilia Romagna. Il dato conferma le valutazioni contenute nel Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) della Regione Marche, lo strumento di pianificazione vigente, che ha individuato per ciascun fenomeno franoso, sulla base della pericolosità, vulnerabilità e esposizione, una classe di rischio: da basso a molto elevato. Tale piano è il riferimento dell’azione tecnica e amministrativa della Regione che sulla base della classe di rischio, individua gli interventi prioritari su cui fare convergere i finanziamenti statali disponibili per mitigare il rischio idrogeologico. “Se fino a non molto tempo fa, si operava a posteriori, in termine di soccorso e di ripristino dopo i danni subiti - sottolinea l’Assessore Carrabs - oggi si tende ad intervenire prima, prevedendo e prevenendo scenari che potrebbero mettere a rischio la vita dei cittadini e il nostro patrimonio naturale e culturale”. Con questo obiettivo l’Assessorato Regionale alla Difesa del Suolo, ha lavorato in questi anni sviluppando una serie di iniziative, sia con gli Enti locali che con il Ministero dell’Ambiente, per condividere un percorso finalizzato all’individuazione di criteri e metodologie progettuali in grado di mitigare i rischi da frana e da esondazione.
Tale metodo di lavoro ha premiato le Marche. Infatti, con i Decreti di ripartizione delle annualità 2005-2006-2007-2008 del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è stato assegnato alla Regione un finanziamento complessivo di 63.512.517,11 euro. È importante evidenziare che i finanziamenti derivanti dalla ripartizione annuale sono tre volte superiori a quelli precedentemente assegnati alla Regione Marche, sulla base dei criteri di ripartizione stabiliti dallo Stato e dalle Regioni. Questo risultato è stato conseguito grazie alla capacità e qualità progettuale delle proposte di intervento concordate con gli enti territoriali coinvolti (Province e Comuni). Gli interventi finanziati sono ubicati in aree geomorfologiche e geografiche differenti: aree montane, collinari, fluviali, costiere e zone urbanizzate soggette a rischi naturali. “Complessivamente - ha ricordato l’Assessore Carrabs - sono stati avviati oltre 200 cantieri per la bonifica di frane, di corsi d’acqua, della sistemazione di tratti di sponda fluviale o per la realizzazione di casse di espansione, nonché opere di difesa costiera”. MANUTENZIONE DEL TERRITORIO: I PRINCÌPI DELLA REGIONE MARCHE L’impegno della Regione in questo settore deriva dalla convinzione che: - la questione del dissesto idrogeologico, non è solo priorità regionale, ma anche nazionale, come dimostrano le recenti frane attivatesi in Calabria, l’esondazione del fiume Tevere e le mareggiate che hanno eroso le spiagge del centrosud; conseguentemente, la Difesa del Suolo deve essere considerata una infrastruttura pubblica, al pari di altre, a cui destinare maggiori risorse economiche; - per risolvere questi problemi è necessario focalizzare l’attenzione sul corretto utilizzo e sulla costante manutenzione del territorio; - investire risorse nella prevenzione vuol dire risparmiare somme circa 10 volte superiori a quelle necessarie per interventi post-calamità.
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RILANCIO DELLE AREE PORTUALI: PARTONO LE OPERAZIONI DI DRAGAGGIO 18.000.000 di Euro da destinare alla riqualificazione di porti e al ripristino della sicurezza della navigazione
bb Assessorato ai Lavori Pubblici e Difesa della Costa
La sicurezza dei porti è un tema delicato e di grande importanza per le Marche dal momento che interessa, non solo la tutela dell’ambiente, ma anche molte importanti attività economiche: pesca, cantieristica, turismo. Per rendere praticabile e sicuro l’approdo è necessario che il fondale sia continuamente dragato. Un tempo, tale attività era di competenza dello Stato che, attraverso la struttura operativa del Servizio Escavazione Porti (SEP) del Ministero dei Lavori Pubblici, provvedeva alla mautenzione e all’escavo delle aree portuali. Con il decentramento delle funzioni dello Stato, tali compiti sono stati assunti dalla Regione che, di fatto, ha dovuto riorganizzare tutta l’attività. Il Governo delle Marche ha assegnato le funzioni di manutenzione e dragaggio portuale ai Comuni, trasferendo anche le relative risorse finanziarie. L’escavo dei porti è, comunque, un’attività estremamente complessa, poiché le normative di carattere ambientale finalizzate alla salvaguardia della qualità delle acque costiere hanno imposto una diversa modalità di smaltimento dei sedimenti. Infatti, fino a metà degli anni ’90 era consentito lo sversamento dei materiali di dragaggio direttamente in mare aperto con gravi ripercussioni sull’equilibrio dell’ecosistema marino. In particolare, gli inquinanti contenuti nei fanghi dragati sono stati rinvenuti addirittura nei prodotti ittici destinati all’alimentazione umana. Successivamente, con la modifica della normativa in materia ambientale, tale procedura non è più permessa e soprattutto è necessario
Porto di Ancona
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che venga svolta, prima dell’escavazione, una campagna di campionamento dei sedimenti per caratterizzare i materiali da un punto di vista chimico-fisico e granulometrico. La definizione della natura dei depositi e l’eventuale presenza di sostanze inquinanti è indispensabile per individuare le modalità di smaltimento (discarica o cassa di colmata) o per pianificarne l’utilizzo per il ripascimento artificiale delle spiagge, nel caso in cui il materiale risulti non inquinato. I Comuni della Regione, sedi di porto, si sono trovati, quindi, ad affrontare una tematica estremamente complessa sia dal punto di vista amministrativo che tecnico e, nel caso in cui i sedimenti sono risultati inquinati, a dover far fronte a costi elevati per il loro trasporto e smaltimento in discariche a terra. Tali difficoltà hanno di fatto bloccato la sicurezza della navigabilità interna dei nostri porti con gravi ripercussioni sulle attività economiche. Le problematiche emerse hanno sollecitato una riflessione tra i diversi soggetti istituzionali per individuare soluzioni programmatorie e sinergiche a livello regionale in grado di assicurare, a breve e medio termine, il dragaggio delle aree portuali e, perciò, la loro funzionalità, il riutilizzo per il ripascimento delle spiagge dei materiali idonei per granulometria e qualità, nonché per avere una economia di sistema in un quadro di sostenibilità ambientale. A tal fine, l’Assessore alla Difesa del Suolo e della Costa,
L’Accordo rappresenta quindi un passaggio molto importante per lo sviluppo delle aree portuali marchigiane, dal momento che coniuga parte di questo settore dell’economia regionale (pesca, cantieristica e turismo) con la sicurezza degli operatori e con la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali. Nel frattempo, dall’ottobre del 2008 sono state segnalate da Comune e operatori economici che operano nel porto di Senigallia, le difficoltà di manovra e di navigazione dei natanti in considerazione della diminuzione del battente d’acqua in tale specchio. “Per individuare una soluzione immediata all’emergenza del porto di Senigallia - afferma l’Assessore Carrabs - ho promosso la stipula di un Protocollo d’Intesa tra la Regione Marche, il Provveditorato alle Opere Pubbliche Interregionale Emilia-Romagna-Marche e il Comune di Senigallia per la progettazione dei lavori urgenti di escavo e il conferimento degli stessi a S. Benedetto del Tronto. Una procedura questa che intendiamo estendere anche al comune di Fano, così da completare definitivamente la cassa di colmata di S. Benedetto del Tronto per realizzarvi un piazzale per carico e scarico merci”. “La risoluzione ad un problema così complesso - conclude l’Assessore Carrabs - è frutto della sinergia tra gli Enti pubblici preposti, senza la quale le istituzioni non sarebbero in grado di dare quelle risposte che i cittadini si attendono in tempi brevi”.
Alfonso Pecoraro Scanio, Gian Mario Spacca, Gianluca Carrabs
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Green Governance
Gianluca Carrabs, ha promosso la stipula di un Accordo di Programma Quadro tra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Regione Marche, Comuni di Civitanova Marche, Fano, Numana, Senigallia, Autorità Portuale di Ancona e Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Applicata al Mare (ICRAM, oggi assorbita dall’ISPRA), che prevede il dragaggio dei porti regionali e conferimento dei sedimenti di escavo inquinati nella cassa di colmata prevista all’interno del Porto di Ancona. L’Accordo, sottoscritto dal Governatore Gian Mario Spacca e dal Ministro Alfonso Pecoraro Scanio, ha stanziato ben 18 milioni di euro da destinare alla riqualificazione dei porti e al ripristino della sicurezza della navigazione. La capacità della cassa di colmata in costruzione nell’area portuale di Ancona, pari a circa 200.000 m3, potrà ricevere tutti i fanghi dragati dai porti regionali che ad oggi sono in difficoltà; inoltre, considerando che la tecnica della cassa di colmata è la soluzione ai problemi dello smaltimento dei fanghi, sono in corso delle verifiche per valutare la possibilità di realizzare ulteriori casse in vicinanza di altri porti, al fine di anticipare le loro future esigenze. Sono in corso, inoltre, le attività di caratterizzazione chimico-fisico dei materiali di escavo, da parte dell’ISPRA e dell’ARPAM, che selezioneranno i sedimenti da destinare in cassa di colmata da quelli che, per granulometria e qualità, potranno essere utilizzate per il ripascimento delle spiagge.
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16-02-2009
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mostra-convegno internazionale
terrafutura buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile
firenze - fortezza da basso
29-31 maggio 2009 abitare
VI edizione ingresso libero
produrre coltivare
• appuntamenti culturali • aree espositive • laboratori • animazioni e spettacoli
agire
governare
Terra Futura 2009 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus per conto del sistema Banca Etica (Banca Etica, Etica SGR, Rivista “Valori”), Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente. In collaborazione e con il patrocinio di Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA, AIEL-Associazione Italiana Energia dal Legno, Alleanza per il Clima, ANCIAssociazione Nazionale Comuni Italiani, APER-Associazione Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili, Associazione internazionale “Cultura & Progetto Sostenibili”, AUSER, AzzeroCO2, Centro SIeCI-Mani Tese, CGIL Nazionale-Dipartimento Welfare e Nuovi Diritti, CIA-Confederazione italiana agricoltori, CNCA-Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Coordinamento Agende 21 locali italiane, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, Fairtrade Italia, FIBA-CISL, Forum Ambientalista, GIFI-Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane, ICEA-Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, Istituto Italiano della Donazione, Lega delle Autonomie Locali, Kyoto Club, Metadistretto Veneto della Bioedilizia, Parlamento Europeo - Ufficio d’Informazione per l’Italia, Rete di Lilliput, Rete Nuovo Municipio, Touring Club Italiano, UNCEM-Unione Nazionale Comuni Comunità Enti montani, UNDP-United Nations Development Programme, UNEP-United Nations Environment Programme, UPI-Unione delle Province d’Italia, Valore Sociale, Wuppertal Institut, WWF.
Relazioni istituzionali e Programmazione culturale Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus via N.Tommaseo, 7 - 35131 Padova tel. +39 049 8771121 fax +39 049 8771199 email fondazione@bancaetica.org
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n°4 Aprile 2009 Anno X
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