R&A n. 7/8 Luglio-Agosto 2008

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Free Service Edizioni

n°7/8 Luglio-Agosto 2008 Anno IX

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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LUGLIO/AGOSTO

2008

Anno IX €

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ciano magenta giallo nero


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n°7/8 Luglio-Agosto 2008 anno IX

In copertina: Il pallone che dal 1999 sorvola il parco André-Citroen a Parigi (foto Aérophile)

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Modenabio 2008: cronaca di un Congresso Gli “Stati Generali” del movimento biologico mondiale si sono ritrovati nella città emiliana dal 16 al 20 giugno, chiamati a raccolta da IFOAM

12 Strategia di interventi a lungo termine in chiave di investimenti, di tecnologie e di politiche economiche Mais: cibo o combustibile? Convegno ENEA s Roma sulla sicurezza alimentare e sull’energia di Micaela Conterio

14 Energia da biomasse: la nuova sfida per l’agricoltura di Donatella Mancini

16 Ferrara, 24-26 settembre 2008 RemTech Expo 2008 Remediation Technologies 2° Salone sulle bonifiche dei siti contaminati Verso l’internazionalizzazione dell’evento di Silvia Paparella, Simona Campana e Gianrica Piva


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Bolzano, 8-10 ottobre KLIMAENERGY 2008 La Fiera specializzata delle energie rinnovabili per usi commerciali di Cristina Pucher

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SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI Capacità decisionale e coinvolgimento di tutti gli attori alla base dei successi Il Presidente Fabio Eusebi illustra le attività degli ultimi cinque anni del Consiglio d’Amministrazione del COSMARI di Luca Romagnoli

Roma, 23-24 ottobre KLIMAHOUSE Roma 08 1a Fiera-congresso per l’efficienza energetica e l’edilizia sostenibile Klimahouse va a Roma di Cristina Pucher

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IL COMMENTO

In vigore dall’11 giugno la Direttiva sulla Qualità dell’Aria L’aria più pulita in Europa costa Standard superiori alle Linee Guida dell’OMS

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MATERIALE IN INSERTO

Civitanova Marche (MC), 14-16 novembre 2008 ENERGY Expo 1° Salone del Mercato Energetico 1a Rassegna dell’Efficienza Energetica - 1° Expo delle Fonti rinnovabili

Direttiva 2008/50/CE del 21 maggio 2008 (G.U.C.E. 11 giugno 2008 L.152) Qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa

di Irina Berdini

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QUALITÀ E AMBIENTE

Iniziativa Italo-croata, DAMAC Conclusa l’iniziativa, non si ferma la corsa per lo sviluppo sostenibile Dai risultati di tre anni di studi e confronti interdisciplinari emergono le linee guida per una proposta di gestione integrata per il Bacino Adriatico-Ionico di Alberto Piastrellini

CAMBIAMENTI CLIMATICI

Celebrata il 17 giugno la Giornata Mondiale della Lotta alla Desertificazione Desertificazione: un problema globale che richiede una azione globale Anche l’Italia minacciata dal fenomeno



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Bonn, Climate Change Talks (2-13 giugno 2008) I paesi ricchi non fanno proposte concrete “Scoraggiante” la conclusione della seconda tappa della road map per Copenhagen

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Ecoprofit Club - Ecoefficienza nelle piccole imprese a cura del team Ecoprofit della Provincia di Modena

A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Vertice FAO sulla Sicurezza Alimentare Paura di nuovi modelli produttivi Deludenti conclusioni alla Conferenza ad alto livello

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere

ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI AMBIENTE ABRUZZO NEWS

Efficienza: prima fonte energetica In vigore dal 4 luglio il decreto sull’Efficienza degli usi e servizi energetici

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AGENDA 21

MOBILITÀ SOSTENIBILE

Tecnologie dell’informazione e della comunicazione Prospettive e opportunità per le città italiane di Leonardo Petraroli


MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

MODENABIO 2008: CRONACA DI UN CONGRESSO

Gli “Stati Generali” del movimento biologico mondiale si sono ritrovati nella città emiliana dal 16 al 20 giugno, chiamati a raccolta da IFOAM A tre anni dall’ultimo Congresso di Adelaide, il variegato mondo di IFOAM si è riunito per la sedicesima volta, dal 16 al 20 giugno a Modena. Ed è stato un successo. Circa 1.700 partecipanti provenienti dai cinque continenti si sono ritrovati nella cittadina emiliana per fare il punto su dov’è e dove sta andando il movimento per l’agricoltura biologica. Si è ripartiti da dove il discorso era stato sospeso, da quel che si era stabilito in Australia nel 2005, ovvero dai “Principles of Organic Agricolture” adottati dall’Assemblea Generale al precedente Congresso di Adelaide. Questi principi sono quattro e sono le radici condivise di IFOAM, Federazione Internazionale che riunisce i Movimenti per l’agricoltura organica e biologica di 108 Nazioni: salute, ecologia, precauzione ed equità. Cos”, le due sessioni plenarie del Congresso, nelle mattinate di mercoledì 18 e di giovedì 19, hanno visto i leader carismatici, coloro che guidano e legittimano il movimento, prendere a turno la parola per sottolineare la necessità di un’agricoltura che ponga l’attenzione sul benessere dell’intero ecosistema, che dovrà essere curato in maniera responsabile secondo criteri di ecologia e di equità tra i popoli. Abbiamo ascoltato rapiti l’accorato appello dell’indiana Vandana Shiva, fisica quantistica, economista nonché leader mondiale del movimento ecologista, che ci ha ricordato che abbracciare la sfida dell’agricoltura biologica “è essenziale se vogliamo vivere in futuro”. Il biologico è, secondo lei, l’unica soluzione reale per combattere il cambiamento climatico, grazie principalmente al suo minore dispendio idrico ed al limitato uso del petrolio, mentre il protocollo di Kyoto ha semplicemente monetizzato il problema, costruendo un commercio di emissioni di CO2.

Il biologico è inoltre l’unico sistema in grado di definire un’economia diversa, con una visione olistica dell’ecosistema ed un legame profondo tra scienza ed esperienza. Non è vero che la globalizzazione, i fertilizzanti e l’ingegneria genetica saranno la soluzione al problema della fame nel mondo, ha dichiarato Vandana Shiva, è soltanto una speculazione che sta avendo come prima conseguenza quella di affamare ancora di più i deboli, attraverso la cancellazione dei beni comuni e la biopirateria. Accanto a lei sedevano lo scienziato etiope Tewalde Egziabher, vincitore nel 2000 del Right Livelihood Awards, il premio Nobel alternativo per la Pace, l’importante genetista Howard Yana Shapiro ed il pediatra più famoso al mondo, Alan Greene, che, attraverso il suo sito www.drgreene.com, dispensa consigli ai genitori di ogni angolo del pianeta. Tutti e tre sono stati concordi nell’affermare che l’agricoltura tradizionale è un modello fallimentare per l’ecosistema ed è attualmente in crisi economica, a causa degli alti costi del petrolio. Occorre, perciò, difendere la biodiversità contro l’omologazione e serve, soprattutto, difendere noi stessi e la nostra salute, adottando abitudini alimentari sane: “i fast food devono sparire velocemente” ha sottolineato Egziabher. Simbolicamente il Dottor Greene, professore alla Stanford University, ha chiesto alla platea di passare di mano in mano una candela, quale impegno del movimento biologico per costruire ogni giorno un mondo migliore ed emblema al contempo della richiesta di riconoscimento e sostegno dalle alte sfere politiche, perché contribuiscano ad un cambiamento sostanziale. Un primo piccolo passo politico in questo senso, è venuto dalla Bolivia, presente al Congresso con il suo Ministro

Alan Greene

Una simbolica candela passa di mano in mano alla seconda sessione plenaria del Congresso

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colorata), si possa essere fieri di averle cambiate davvero. Entrando nel vivo del Congresso, è estremamente ampia la gamma dei temi trattati dai diversi workshop, incontri, convegni e dibattiti organizzati su e giù per Modena, a partire dal cambiamento climatico per arrivare al commercio equo-solidale, passando per tematiche più scientifiche come OGM e nanotecnologie ed aspetti economici, politici e sociali quali la giustizia, l’appoggio politico dei governi locali all’agricoltura biologica, la risposta dei mercati ed i maggiori canali distributivi. Insomma non c’è stato di che annoiarsi, anche perché sono numerosi i temi controversi su cui si sta discutendo a livello globale: su tutti i biocarburanti e l’energia da biomasse, ma anche la filiera corta, le certificazioni e l’accessibilità dei prezzi di vendita del bio. Ma la settimana, oltre che occasione di confronto e di dibattito, è stata anche una grande vetrina per Modena e per il suo territorio, che, avendo avuto per la prima volta l’occasione di mettere in mostra le sue eccellenze ad un’ampia platea internazionale, ha organizzato un folto calendario di eventi collaterali. Su tutti le pre-conferenze di lunedì 16 e martedì 17, dedicate ai prodotti di spicco dell’agricoltura locale. Si è parlato di frutticoltura a Vignola, di vino a Levizzano e di tessile a Carpi, sempre in chiave bio ovviamente. Si sono svolti concerti all’aperto in collaborazione con la Festa della Musica, e proiezioni di filmati e documentari, con il pluripremiato “The real dirt on farmer John” a farla da padrone, grazie anche alla presenza al Congresso dello stesso protagonista, John Peterson. Il centro città è stato animato nel fine settimana da un gustosissimo farmers market con prodotti da tutto il mondo. Da apprezzare, infine, l’iniziativa nata dalla collaborazione tra Foreste per Sempre e le GEV di Modena: un desk, presente nei

Frances Moore Lappé

dell’Agricoltura che ha dichiarato che l’appoggio all’agricoltura biologica sarà una delle principali strategie del Governo per gli anni a venire, non soltanto per le esportazioni, ma anche e soprattutto per il benessere del popolo boliviano. Infine, un’altra donna, la scrittrice Frances Moore Lappè, ha lanciato uno slogan che sicuramente i partecipanti al Congresso “porteranno a casa”, per farne tesoro: “È troppo tardi per il pessimismo”. È ora di darsi da fare per cambiare le cose. Nella speranza che tra tre anni, al prossimo Congresso (Korea del Sud o Taiwan? La campagna elettorale è avvincente e

Delegazione coreana al Congresso IFOAM; la Korea del Sud è candidata ad ospitare il meeting del 2011

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: I NUMERI Sono 30,4 milioni di ettari i terreni certificati biologici nel mondo, suddivisi in 720.000 aziende per un fatturato complessivo di circa 26 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuo che si aggira attorno al 10%. Queste cifre contraddistinguono oggi la realtà bio a livello mondiale e ci danno la dimensione di un settore dinamico ed ormai non più “di nicchia”. Il mercato europeo copre il 52% del totale, con un fatturato di circa 15 milioni di euro, mentre il 45% va al Nord America e soltanto il 3% ai Paesi in via di sviluppo. Quest’ultimo dato è figlio del fatto che i prodotti sono bio ma i mercati sono ancora “convenzionali” (ovvero troppo numerosi sono gli intermediari) e le certificazioni molto costose. Ciò determina per i prodotti biologici prezzi troppo alti per i consumatori del Sud del Mondo. In questo quadro, l’Italia riveste un ruolo chiave: con poco più di 1 milione di ettari è 5° posto nel mondo per terreni certificatii (preceduta da Australia, Argentina, Cina e Stati Uniti) e al 2°, ° dietro al Messico, per numero di aziende agricolee (quasi 51.000); è inoltre prima produttrice di grano, uva e olive bio. Questi dati collocano il nostro Paese in una posizione di leadership indiscussa in Europa per quanto riguarda la produzione di prodotti bio, mentre ancora siamo indietro rispetto al consumo. Basti pensare che ben il 60% dei prodotti è destinato all’esportazione, principalmente verso i Paesi UE15. Una delle cause di questa situazione è la scarsa reattività rispetto al biologico della grande distribuzione, dove solo una quota che si aggira tra lí1,3 e lí1,5% dei prodotti in vendita è proveniente da agricoltura biologica. La peculiarità del mercato italiano pare invece essere la ricchezza di canali più puntiformi, legati alla socialità territoriale ed in un certo qual modo informali: a partire dai piccoli negozi specializzatii per arrivare ai GAS S (Gruppi di Acquisto Solidale), ai farmers markett ed alla vendita diretta presso le aziende agricole. Importante, inoltre, è il consumo extra-casalingo, soprattutto in mense scolastiche ed ospedaliere. Infine, si deve lamentare, che in Italia l’assenza non esiste un logo nazionale che dia immediata ed univoca riconoscibilità ai prodotti da agricoltura biologica.

giorni del congresso al Palabio, per calcolare le emissioni di CO2 prodotte dai partecipanti nel viaggio di andata e ritorno da Modena, con la possibilità per questi ultimi di compensarle

facendo una donazione all’Associazione, che si occupa di numerosi progetti di riforestazione sia in Italia che all’estero.

Congressisti a pic nic

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Il PalaBio


BIORACCONTI DAI QUATTRO ANGOLI DEL PIANETA Alcune delle interessanti storie ascoltate a Modena, vanno a comporre un mosaico ricco e variegato di “ciò che bolle in pentola”. Il Congresso IFOAM è stato senza dubbio un’occasione per tracciare le linee guida del movimento e per divulgarle ai cittadini, coloro che portano i prodotti biologici in tavola e si spera lo facciano sempre più spesso. Ma è anche un momento per agricoltori, associazioni, addetti del settore, istituzioni e per tutti gli “addetti ai lavori” per guardarsi negli occhi e raccontarsi, condividendo la propria situazione nazionale attuale, piuttosto che piccoli progetti ed iniziative innovative che possano dare uno spunto a chi vive a migliaia di chilometri di distanza. Ad esempio, l’Associazione MOXA, in collaborazione con Comune e Provincia di Modena, ha dato vita ad un progetto di formazione e supporto per 35 apicoltori etiopi della regione di Hidya perché convertissero al biologico la loro produzione. Un’altra iniziativa di cooperazione che ha prodotto ottimi risultati è quella della Cooperativa Chico Mendess di Modena, che, pioniera nel commercio equo, ha attivato un’esportazione di noci brasiliane biologiche verso l’Italia che ha fatto sì che il prezzo pagato agli agricoltori aumentasse del 700%. Ma il Brasile non è solo noci. Sono 388 i milioni di ettari di terreno fertile brasiliano e di questi ben 90 milioni non sono utilizzati, pari alla somma delle estensioni di Spagna e Portogallo. Il settore agroalimentare occupa 17 milioni di brasiliani ed il mercato è molto vasto. Nonostante ciò, più del 60% dei prodotti alimentari consumati nel paese vengono da agricoltura familiare. In questo contesto non è difficile immaginare che la produzione biologica sia in costante crescita. Attualmente sono circa 14.000 le aziende agricole a produzione biologica, anche grazie al sostegno che il Governo federale ed i Governi locali stanno dando al settore: basti pensare che vi sono agevolazioni che consentono ad un agricoltore di ottenere un credito maggiore anche del 50% se la sua produzione è biologica o in via di conversione. Nel 2003 è stata inoltre promulgata una legge dedicata all’agricoltura biologica, redatta tramite processo partecipato che ha coinvolto ben 120 stakeholders. In questo contesto, sicuramente positivo, non mancano però problemi, legati principalmente alla carenza di conoscenze tecniche e di strumenti tecnologici e ad una legislazione sui controlli sanitari ormai obsoleta. Sono di altro genere le storie che provengono dalla Corea del Sud. d I primi approcci al biologico si sono avuti negli Anni í70, ma sono assolutamente sporadici e legati alla volontà di singoli agricoltori, perché in quel periodo il governo spingeva in realtà in direzione opposta, ovvero verso un’agricoltura intensiva ed un massiccio uso della chimica, per colmare il gap con i paesi del cosiddetto Primo Mondo. Solo a partire dagli Anni í90, il Governo coreano ha iniziato a supportare l’agricoltura biologica, attuando sistemi di pagamento diretto, aiutando le aziende agricole più piccole nella lotta ai parassiti senza il ricorso a composti chimici di sintesi, promuovendo i prodotti dell’agricoltura biologica, garantendo formazione agli agricoltori. Tornando all’America Latina, l’esperienza della regione colombiana di Trujillo o dimostra come l’agricoltura biologica possa essere un ottimo strumento di contrasto al degenerare della situazione economica e sociale. Qui, in un contesto dove l’agricoltura era ormai in mano a pochi latifondisti ed il territorio era controllato da bande armate e veri e propri eserciti di guerriglieri, a partire dal 2003 è stato avviato un progetto i cui promotori sono l’Autorità Ambientale CVC, la Fondacion San Isidro ed alcune associazioni di piccoli agricoltori e di vittime della violenza. Il progetto ha coinvolto ben 122 famiglie, scelte principalmente tra quelle rimaste prive del capo famiglia, a cui ha dato formazione, supporto nella ricerca di finanziamenti, aiuto nel processo di certificazione ed infine nel cercare uno sbocco sul mercato. Dello stesso tenore un progetto realizzato nel distretto di Jenin da alcune ONG locali ed italiane, in collaborazione con Banca Etica, per il recupero di alcuni terreni adiacenti al muro e il loro utilizzo per agricoltura biologica. La costruzione del muro, oltre ad un’insanabile ferita sociale, ha portato alla confisca di 650 ettari di terreno ed all’isolamento di altri 540, facendo schizzare, quale prima conseguenza, la disoccupazione a cifre superiori al 50%. Questo progetto, attivato in quattro villaggi tra i più colpiti dai danni del muro, ha dato lavoro a circa 200 disoccupati nel recupero di terreni incolti, poi adibiti principalmente a grano o leguminose e ha perseguito l’obiettivo di coinvolgere intere comunità, dando sostegno a cooperative già esistenti oltre che a singoli agricoltori. Ma il biologico può essere un ottimo strumento per pretendere e ottenere giustizia sociale anche nei cosiddetti paesi del “Primo mondo”, come negli Stati Uniti, dove il lavoro agricolo è continuamente svalutato e i lavoratori sono praticamente privi di tutele. Basti pensare che la legislazione sul lavoro USA non considera gli agricoltori per quanto riguarda la contrattazione collettiva. In questo contesto si situa l’Agricultural Justice Project, un progetto attivato da alcune associazione dell’East Coast e che ha creato una propria certificazione, una sorta di marchio per il cui ottenimento molto peso hanno la tutela del lavoratore, l’equità e la giustizia sociale. Perché il biologico può essere non solo un veicolo di salvaguardia della natura, ma anche un nuovo modello produttivo fondato sui diritti umani. Un’ultima storia da raccontare è quella dell’Austria, dove la domanda di prodotti da agricoltura biologica è in netta e costante crescita, ma purtroppo il mercato è caotico: la competizione tra prodotti regionali che si autodefiniscono “naturali” e “sostenibili” disorienta il consumatore e, soprattutto, rende diffidente buona parte dei piccoli produttori, che la interpretano come uno svendere le proprie cultura e tradizioni. Pertanto, questi soggetti sono portatori di comportamenti virtuosi, ma non li comunicano. Per fare maggiore chiarezza nel settore è necessario investire l’agricoltura biologica in processi di responsabilità sociale di impresa, che, essendo volontari, potrebbero aiutare a sgomberare il campo dai soggetti disonesti e conseguentemente ad aumentare la fiducia dei piccoli produttori, facendo così emergere l’approccio culturale trasversale, già ampiamente diffuso.

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Strategia di interventi a lungo termine in chiave di investimenti, di tecnologie e di politiche economiche

MAIS: CIBO O COMBUSTIBILE? Convegno ENEA a Roma sulla sicurezza alimentare e sull’energia

foto e testo di Micaela Conterio

La Conferenza della FAO dello scorso 5 giugno non è comprensibilmente riuscita a esaurire la questione della sicurezza alimentare e delle fame nel mondo, pur avendo in ogni caso il merito di aver puntato i riflettori su una problematica così urgente e cocente. Ma, come in ogni palcoscenico, una volta spente le luci e calato il sipario, termina lo spettacolo, così le condizioni di fame e miseria di milioni di persone che per qualche giorno sono state sotto le luci della ribalta, improvvisamente si sono di nuovo inabissate nell’oscurità, risultando ancor più irrisolte e irrisolvibili. Le misure d’emergenze adottate finora hanno, diciamo, tamponato un po’ la situazione, ma è indispensabile delineare una road map di interventi a lungo termine in chiave di investimenti, di tecnologie e di politiche economiche. Su questo tema l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) ha organizzato lo scorso 20 giugno un Workshop dal titolo “Sicurezza alimentare ed Energia: strategie per il futuro”. Non è una novità che le risorse alimentari non siano sufficienti a soddisfare il fabbisogno giornaliero di una popolazione in continua crescita. L’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli scaturisce da diverse concause: cambiamento di stile di vita delle economie emergenti (sostituire il riso con una bistecca che contiene 100 calorie implica la produzione di mangimi animali a base di cereali pari a 700 calorie), cambiamento climatico, aumento del prezzo del petrolio (con conseguente aumento dei costi per l’uso di mezzi agricoli e per il trasporto), conversione di colture in biocombustibili (sottrazione di terreni destinati all’agri-

coltura di sussistenza e all’alimentazione deputati ad un uso diverso). “Relativamente ai biocombustibili - ha dichiarato Maurizio Urbani, Direttore Generale dell’ENEA - si sta riservando una parte del mais alla produzione di bioetanolo. I tecnici sottolineano che per riempire un serbatoio di 100 litri di un SUV o di un automobile sportiva con il bioetanolo occorrono circa 240 kg di granella di mais. Lo stesso quantitativo serve per fornire in America Latina o in India un alimento di base per una persona per un anno. Decisioni politiche che promuovano la produzione incontrollata di biocarburanti possono quindi far aumentare enormemente il costo di generi alimentari in tutto il mondo, aggravando la situazione in cui versano quelli poveri”. L’ormai nota attenzione per l’impiego di materie prime di provenienza agricola in chiave energetica ha favorito la discussione sulle modalità di svolgimento di questo impiego e sulla tipologia di rapporto fra la produzione di alimenti, primo compito dell’agricoltura, e la destinazione di prodotti agricoli alla produzione di energia. In sostanza la questione verterà su “cibo o combustibile?”, domanda a cui il settore agro-alimentare dovrà rispondere sempre più spesso in futuro. Senza considerare il fatto che subentrano nettamente interessi di tipo economico, toccando elementi di mercato: si tratta di decidere se sia più conveniente ricavare biocombustibili, piuttosto che cercare di fronteggiare l’emergenza e la sicurezza alimentare o valutare e indagare le modalità di realizzazione di questi biocombustibili.

Da sinistra: Luigi Rossi (Enea Direttore dip BAS), Maurizio Urbani (Enea Direttore Generale) e Roberto Pasca di Magliano (Università di Roma La Sapienza)

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La curva del petrolio e quella del mais sono in crescente ascesa: da circa un anno salgono in parallelo, perché con i livelli raggiunti dal greggio il bioetanolo è sempre più richiesto, comportando un ingente assorbimento anche di mais e cereali. La fotografia che ne scaturisce è disorientante: laddove le scorte erano sufficienti all’alimentazione per 115 giorni, oggi bastano solo per 56. È stato stimato che occorrerebbero 6 anni di buoni raccolti per ripristinare le scorte del 2000! È chiaro che il problema energetico, derivante dell’utilizzo di combustibili fossili, non può essere risolto esclusivamente attraverso i biocarburanti, ma vi possono concorrere in misura non modesta per quel che concerne il settore dei trasporti. Oltre il 30% dei consumi energetici dei paesi UE, infatti, provengono da questo settore e il 98% dei carburanti derivano da combustibili fossili. Per quanto riguarda specificamente l’Italia “Abbiamo una capacità di produzione di biodiesel - ha spiegato Maria Rosaria Di Somma, Direttore Generale di Assocostieri, riferendosi alla situazione italiana - di circa 2 milioni di tonnellate all’anno, mentre consumiamo annualmente 40 milioni di tonnellate/anno di prodotto fossile di autotrazione. L’Italia non può rinunciare all’opportunità dell’utilizzo di biocarburanti che, oltre alla riduzione di CO2 assicurano la riduzione del PM10 fino al 30%, comportando la diminuzione generalizzata di fattori di inquinamento responsabili di patologie tumorali». Cibo o combustibile, dunque? Se da un lato il problema energetico è un problema all’ordine del giorno nelle agende mondiali, quello della fame lo è ancor di più. È stato calcolato che per conseguire l’obiettivo del 10% di utilizzo di biocarburanti per autotrazione (percentuale imposta dalla Direttiva europea sul “Pacchetto Energia” entro il 2020) dovrebbe essere deputato il 15% dei terreni agricoli dell’Unione Europea. E stiamo parlando di Paesi già sviluppati. Ma cosa accade nei Paesi in via di sviluppo? “In Mauritania e in tutta l’Africa – ha sottolineato Aichetou Traore, Presidente della ONG ADID – i problemi fondamentali continuano a essere quello sanitario, quello alimentare e quello della sicurezza alimentare, cioè non solo della quantità, ma anche della qualità e della varietà degli alimenti. Spesso, a causa del fenomeno della corruzione diffusa, arrivano e vengono distribuiti alimenti già scaduti, a cui è stato sostituito il timbro della scadenza”. “Utilizzare i terreni destinati all’agricoltura come terreni destinati alla produzione di biocarburanti – ha concluso Traore– non fa altro che aumentare il divario esistente fra il Nord e il Sud del mondo”. Ovviamente, nel tentativo di utilizzare strumenti tecnologici avanzati nei Paesi del Terzo Mondo, è fondamentale sforzarsi di adeguare la nostra tecnologia alle risorse e alle biodiversi-

tà locali, perché maggiormente adatte a quell’ecosistema, in compartecipazione con le comunità locali, gli agricoltori e le amministrazioni locali. Due facce della stessa medaglia. E la domanda si impone con maggior forza “mais: cibo o carburante?” Forse una soluzione potrebbe derivare dalle microalghe. “Le microalghe - ha dichiarato Roberto Pasca di Magliano, dell’Università di Roma “La Sapienza” - sono 10 volte energeticamente più efficienti delle piante terrestri. Possono essere allevate in acque reflue, salmastre e in atmosfera ricca di CO2 e, anche quando il livello di CO2 viene aumentato in maniera esagerata, continuano a crescere. Possono accumulare olio per la produzione di biodiesel. Questo è un settore della ricerca che si sta implementando” (ndr: su questo interessante argomento vedi l’articolo “… in Regioni&Ambiente, n.6 giugno 2008, pag. e segg.). La giornata, dunque, ha facilitato l’incontro fra i maggiori esperti del settore alimentare, mondo delle imprese e organismi di ricerca, coniugando competenze tecniche, emergenza alimentare ed emergenza energetica: questioni che debbono essere affrontate in maniera sistematica e non sensazionalistica, sulla scia dell’attualità di una notizia. L’Italia come si colloca in questa situazione? Non bisogna dimenticare, infatti, che il sistema agro-alimentare (agricoltura, industria alimentare, indotto e distribuzione) costituisce la prima filiera economica del Paese: la sola industria alimentare rappresenta il secondo comparto manifatturiero nazionale con un fatturato pari a 113 miliardi di Euro, di cui 18 di export. Questo significa oltre 32.000 imprese, di cui 6450 con più di 9 dipendenti e 2.600 sopra i 20, con un numero di occupati pari a 390.000. L’industria, infatti, acquista e trasforma oltre il 70% della produzione agricola nazionale e costituisce il 75% dell’export complessivo alimentare del Paese, investendo ogni anno in sicurezza, qualità e ricerca il 2,6% del fatturato (circa 3 miliardi di Euro). La ricerca in questo settore, evidentemente, è fondamentale, se si vuol tentare di ovviare contemporaneamente al problema della fame e alla questione energetica. È proprio in questa direzione che si sta muovendo l’ENEA. Prova ne è la partecipazione alle 4 piattaforme di ricerca: IT SusChem, diretta a incrementare la sostenibilità e la competitività dell’industria chimica (sviluppo di sorgenti di energia alternativa, risparmio energetico attraverso l’impiego di nuovi materiali e tecnologie, miglioramento di accumulo, trasporto e conversione dell’energia); IT Plants for the future; IT Food for life ; IT Biofuels,, dedicata allo sviluppo dei biocarburanti. A quel punto saremo in grado, forse, di rispondere alla domanda “mais: cibo o carburante”?

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ENERGIA DA BIOMASSE: LA NUOVA SFIDA PER L’AGRICOLTURA di Donatella Mancini

La Camera di Commercio di Ancona ha organizzato un seminario formativo, svoltosi nella sala “Carlo Urbani” di Monte San Vito (AN) il 1° Luglio u.s., dal titolo “Energia da biomasse - Una sfida dal mondo agricolo”, allo scopo di stimolare un dibattito aperto sull’uso energetico delle biomasse, cercando di superare i pregiudizi che ostacolano l’uso e la diffusione della bioenergia in Italia. Il Sindaco di Monte San Vito, Gloria Anna Sordoni, ha introdotto il seminario affermando che “il Comune di Monte San Vito è aperto alle esperienze dell’agricoltura da biomassa”. Di seguito, Alberto Bertinelli, Consigliere della Camera di Commercio di Ancona, ha parlato del seminario come di un’importante occasione per fare il punto sulla situazione della questione energetica. “L’elevato costo dell’energia - ha aggiunto - prodotta da fonti fossili ci spinge verso le rinnovabili. Per quanto riguarda l’utilizzo delle biomasse c’è il conflitto food-no food che potrebbe essere risolto con l’uso dello scarto agricolo”. Il prof. Giovanni Riva dell’Università Politecnica delle Marche ha presentato una relazione su “Le filiere agroenergetiche nel nuovo quadro congiunturale”. “La questione - ha detto - in questo ambito verrà analizzata da un punto di vista agricolo. Esistono, innanzitutto due tipologie di filiere agro-energetiche: • le filiere dell’azienda agricola con produzione di energia elettrica, termica o combustibili; • le filiere dei sistemi agricolo-industriali dove l’agricoltore rimane un produttore di materia prima da utilizzare come biocarburante.

Fino ad un paio di anni fa l’agricoltura era depressa: un ettaro di terreno era valutato 600-700 Euro. Con le filiere agroenergetiche, l’obiettivo è di arrivare a 1.000-1.200 Euro/h”. “Il Ministero dell’Agricoltura - ha continuato - è, in genere, poco sensibile al problema, per quanto nella Finanziaria 2008 sono previsti dei fondi per le filiere agro-energetiche sulla spinta degli obiettivi posti dall’UE. La produzione di energia è fondamentale per lo sviluppo di un Paese: nel dopoguerra in Italia il Nord ha raggiunto un maggiore sviluppo economico rispetto al Sud grazie all’energia idroelettrica che oggi, però, inizia a scarseggiare a causa dei cambiamenti climatici”. Le filiere agro-energetiche presentano molti aspetti positivi, tra i quali: • diminuzione della dipendenza dai combustibili fossili; • diversificazione del mix energetico; • riduzione delle emissioni gassose climalteranti; • rilancio del settore agricolo, con risvolti positivi sull’incremento dell’occupazione. Per il momento i risultati raggiunti in Italia non sono considerevoli. La filiera legno-energia è concentrata soprattutto al Nord. La filiera biodiesel non è ancora partita in termini concreti, ma il recente obbligo di miscelare benzina e gasolio con una percentuale di biocarburanti potrebbe incrementarne la produzione. La filiera etanolo, infine, è sostanzialmente assente tanto che il prodotto è quasi totalmente importato dall’estero. Sicuramente la diffusione delle filiere agro-energetiche non

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è stata proporzionale all’interesse che queste hanno suscitato. I principali motivi possono essere così riassunti: • PLV (Produzioni Lorde Vendibili) spesso limitate ed elevati costi dei servizi; • difficoltà nell’affrontare nuove tecnologie e nuovi mercati da parte dell’imprenditore agricolo; • tempi lunghi per l’attuazione dei progetti, • scarsa propensione ad una reale aggregazione e all’adesione a contratti poliannuali (l’agricoltore è riluttante ad impegnarsi per molti anni); • quadro normativo poco chiaro; • aumento delle PLV delle coltivazioni tradizionali. “Negli USA - ha concluso Riva - la produzione di alcool da mais ha consentito la riapertura di banche e asili nei piccoli centri. La Germania ha investito moltissimo nelle rinnovabili. In Italia la cultura delle energie alternative stenta a decollare, mentre sarebbe importante percorrere questa strada anche per creare nuovi posti di lavoro a fronte di un’industria che emigra sempre più all’estero. Per quanto riguarda il settore agricolo, inoltre, investire sulle biomasse significa garantire anche per il futuro prezzi più alti per le coltivazioni”. Di seguito, Eleonora Maldini dell’Università Politecnica delle Marche ha trattato l’argomento dal punto di vista legislativo, illustrando le normative europea e nazionale e le strategie regionali per lo sviluppo delle filiere agro-energetiche attraverso gli strumenti PSR (Programma di Sviluppo Rurale) e POR (Programmi Operativi Regionali). È stata poi la volta dell’ing. Mauro Moroni che ha illustrato il funzionamento dell’impianto di cogenerazione a biomasse, installato preso l’impianto sportivo “Palarossinii” di Ancona. “La pianta più idonea per la produzione di energia - ha sottolineato - è il sorgo. Sarebbero sufficienti 1.000-1.100 ettari coltivati a sorgo per fornire combustibile al Palarossini”. Ad illustrare le qualità del pellet (prodotto agricolo energetico derivato da un mix di: colture annuali; residui di potature; sottoprodotti dell’industria agroalimentare e scarti legnosi vergini) è intervenuta Serena Caucci. La tecnologia di processo non consente di utilizzare alcun

pellet

tipo di agente legante, sono le alte temperature che determinano un collaggio naturale il cui risultato finale è un prodotto di colore scuro. Il pellet viene utilizzato in ambito domestico, per caldaie e camini, ma anche nell’industria ed in agricoltura. Il suo utilizzo garantisce dei vantaggi, in quanto: • è un prodotto a 0 emissioni; • non presenta problemi di approvvigionamento; • sfrutta le risorse del territorio; • l’elevata densità assicura una maggiore efficienza energetica. Erano presenti al seminario anche esponenti delle Associazioni degli Agricoltori. “La Coldiretti - ha detto Maurizio Balducci - è interessata da anni alle agroenergie, ma come possibilità di attività collaterale. Per l’agricoltura è sicuramente importante sviluppare attività di compendio, ma senza svalutare la missione principale. Le Marche costituiscono un piccolo territorio le cui eccellenze agricole vanno difese. In questo momento l’approvvigionamento alimentare ed energetico sta destando preoccupazione, ma allo stesso tempo dà un’opportunità all’agricoltura che viene di nuovo messa al centro dell’attenzione”. “Ora dobbiamo spendere - ha commentato Fulvio Fileni dell’Unione Provinciale Agricoltori (UPA) - per il ritiro dei rifiuti agricoli, invece dobbiamo puntare al loro riutilizzo. L’obiettivo deve essere quello dell’abbattimento dei costi”. Per Renato Cocci Grifoni della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) la priorità è la riduzione dei consumi energetici. “La CIA - ha asserito - ha chiesto la collaborazione di professionisti del settore per realizzare impianti da fonti rinnovabili. Non esiste un’unica soluzione per la produzione di energia, bisogna valutare caso per caso”. “La coltivazione da biomasse - ha sottolineato Andrea Azzolini del Consorzio Energia Coltivata (CEC) - va bene, ma ci deve essere anche il ritorno economico per gli agricoltori. La tipologia delle aziende marchigiane è frammentaria, quindi la soluzione è quella di creare filiere semplici, installare piccoli impianti sul territorio e soprattutto puntare sul risparmio energetico”.

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Ferrara, 24-26 settembre 2008

REMTECH EXPO 2008 REMEDIATION TECHNOLOGIES

2° SALONE SULLE BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI Verso l’internazionalizzazione dell’evento

di Silvia Paparella, Responsabile Rem Tech Expo - Vice Presidente Enecor srl, Simona Campana e Gianrica Piva

Le bonifiche dei siti inquinati e la loro riconversione o ripristino costituiscono la sfida ambientale che incombe su Amministratori pubblici e privati ed operatori del settore. I primi devono assolvere alla salvaguardia della salute dei cittadini e alla necessità di recupero di territorio. I secondi per aggiornare le proprie competenze ed acquisire la conoscenza delle tecnologie. Gli uni e gli altri sono costretti a tener conto di una normativa in continua evoluzione, maturata nel corso degli ultimi anni, e delle innovazioni scientifiche che ne sono derivate, tanto che l’Italia può considerarsi leader europeo del settore. RemTech Expo 2008, organizzato da Ferrara Fiere Congressi, che avrà luogo dal 24 al 26 settembre nella città estense, costituisce occasione per un confronto di esperienze e per prendere conoscenza e informazione su procedure e strumenti per bonificare siti inquinanati. Il Focus di RemTech è incentrato, infatti, sia su caratterizzazione, bonifica, monitoraggio ambientale, bonifica da amianto, discariche, attività di analisi, gestione dati e movimentazione prodotti di bonifica, sia nella predisposizione di un’ampia Area Espositiva, aperta ad Aziende private ed Enti pubblici, a livello nazionale ed internazionale. A caratterizzare RemTech sarà inoltre un’autorevole attività convegnistica, con il coordinamento del Comitato Scientifico. Il programma scientifico ufficiale sarà affiancato da Incontri Tecnici ad elevato contenuto tecnologico, organizzati dalle aziende espositrici ed Eventi Speciali, organizzati dalle Associazioni presenti, che saranno proposti in sessione parallela e plenaria. Varie delegazioni straniere provenienti dall’Est-Europa, in particolare da Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Polonia, visiteranno RemTech allo scopo di instaurare con gli Espositori importanti rapporti di collaborazione

per lo sviluppo di azioni congiunte nei rispettivi paesi. Il progetto di internazionalizzazione dell’evento è realizzato grazie al supporto della Regione Emilia Romagna. La prima edizione di Remtech Expo 2007, svoltasi a Ferrara il 26, 27 e 28 Settembre 2007, si è svolta con

piena soddisfazione da parte di tutti gli operatori intervenuti. La manifestazione ha registrato l’ingresso di oltre 2.000 Visitatori specializzati e competenti, la presenza di 70 Aziende tra le più rappresentative del settore bonifica dei siti contaminati sia pubbliche che private, l’organiz-

PRINCIPALI EVENTI IN PROGRAMMA Mercoledi 24 Settembre 10:00-13:00 - (sessione plenaria) CONVEGNO DI APERTURA LA GESTIONE DEI SITI CONTAMINATI NELL’OTTICA DI UNO SVILUPPO SOSTENIBILE (Coordinatore: Dott. Ing. Daniele Cazzuffi) 15:00 - 18:00 - (sessione parallela) CARATTERIZZAZIONE DEI SITI CONTAMINATI (Coordinatori: Prof. Francesco Dondi, Prof. Alberto Godio e Prof. Torquato Nanni) 15:00 - 18:00 - (sessione parallela) TOSSICOLOGIA AMBIENTALE (Coordinatori: Dott. Alessandro Bratti e Dott.ssa Annamaria Colacci) Giovedì 25 Settembre 09:30 - 12:30 - (sessione plenaria) CONVEGNO INTERNAZIONALE TECNOLOGIE DI BONIFICA ACQUE E SUOLI (Coordinatori: Prof. Gianni Andreottola, Prof. Paolo Bevilacqua e Dott. Ing. Laura D’Aprile) 15:00 - 18:00 - (sessione parallela) CASI APPLICATIVI (Coordinatori: Prof.ssa Maria Rosaria Boni e Dott. Ing. Giuseppe Rossi) 15:00 - 18:00 - (sessione parallela) DEMOLIZIONI E AMIANTO (Coordinatori : Prof. Federico Vagliasindi e Prof.ssa Mariachiara Zanetti) Venerdì 26 Settembre 09:30 - 12:30 - (sessione parallela) ANALISI DI RISCHIO (Coordinatrici: Dott.ssa Daniela Ballardini, Dott. Ing. Laura D’Aprile e Dott.ssa Loredana Musmeci) 09:30 - 12:30 - (sessione parallela) SEDIMENTI CONTAMINATI (Coordinatori: Prof. Luca Bonomo e Dott. Giuseppe Bortone) 14:30 - 17:00 - (sessione parallela) RECEPIMENTO DIRETTIVA EUROPEA DISCARICHE (Coordinatori: Prof. Raffaello Cossu e Prof. Nicola Moraci) 14:30 - 17:00 - (sessione parallela) GREEN BROWNFIELDS (Coordinatori: Dott. Ing. Alberto Bassi e Dott. Geol. Guido Paliaga)

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www.remtechexpo.com

zazione di 10 Convegni Ufficiali, coordinati dal Comitato Scientifico, 40 Incontri Tecnici tenuti dalle aziende espositrici e 3 Eventi Speciali. L’affluenza ai Convegni, tutti gratuiti, è stata considerevole, grazie anche al prestigio dei membri del Comitato Scientifico, coordinato dall’Ing. Daniele Cazzuffi - Ismes Div. Ambiente e Territorio di CESI S.p.a. Milano. L’indiscutibile bilancio positivo della prima edizione ha stimolato a consolidare e migliorare il percorso organizzativo al fine di offrire ad espositori e visitatori un evento di assoluta esclusività. L’obiettivo principale di Remtech Expo 2008 è rivolto a conferire un carattere internazionale all’evento, sia a livello espositivo che convegnistico. RemTech Expo si presenta quindi quest’anno in una veste consolidata e rinnovata. L’Area espositiva, decisamente ampliata, è stata aperta ad Aziende note a livello internazionale che, assieme ai funzionari ed esperti delle Delegazioni Straniere, lavoreranno al fine di dar vita a nuovi concreti progetti di sviluppo ed espansione. Il programma scientifico ufficiale quest’anno si arricchisce di nuovi temi congressuali, coordinati dagli autorevoli membri del Comitato Scientifico, tra cui il primo Convegno Internazionale, dedicato alle Tecnologie di Bonifica di acque e suoli. I temi principali che saranno sviluppati durante la Manifestazione e i relativi coordinatori sono riportati nel relativo Box La settorialità delle tematiche trattate, il contributo delle aziende espositrici e la professionalità dei nostri visitatori rendono RemTech Expo un evento unico, da includere nell’Agenda di Amministratori ed Operatori.

Arrivederci a REMTECH EXPO 2008 24/25/26 settembre 2008!

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Bolzano, 8-10 ottobre

KLIMAENERGY 2008 1 Fiera specializzata delle energie rinnovabili per usi commerciali a

di Cristina Pucher

Il cambiamento climatico in atto impone per i prossimi anni la sfida del risparmio di energia e di produrla con sistemi alternativi. Chi opera in comparti produttivi quali industria, alberghi, artigianato e nelle pubbliche amministrazioni e fa quindi largo consumo di energia deve affrontare fin d’ora queste tematiche. Dopo KLIMAHOUSE, Fiera leader in Italia del settore dell’Edilizia sostenibile e del Risparmio energetico, Fiera Bolzano lancia una nuova iniziativa: KLIMAENERGY, la nuova Fiera specializzata, dedicata alla produzione di energia da fonti rinnovabili per usi commerciali. La Fiera che si svolgerà dall’8 al 10 ottobre 2008 a Bolzano offre per la prima volta una occasione di scambio su temi inerenti soluzioni e applicazioni delle energie rinnovabili. In occasione della prima edizione di KLIMAENERGY, Fiera Bolzano propone un ampio ventaglio di eventi collaterali di estremo interesse per offrire spunti e approfondimenti inerenti al tema dello sfruttamento commerciale delle energie rinnovabili. Congresso internazionale: momento di scambio ad alto livello. Relatori di fama internazionale, in collaborazione con la Provincia Autonoma di Bolzano, presenteranno soluzioni ed applicazioni idonee per tutti i settori delle energie rinnovabili. Le principali tematiche che verranno affrontate in occasione del Convegno si suddivideranno in: - uso di biomassa, biogas e carburante alternativo nelle strutture pubbliche, in industrie ed aziende manifatturiere - uso dell’energia solare per la produzione di calore, elettricità e per il raffreddamento nelle strutture pubbliche, in industrie ed aziende manifatturiere - uso di energia eolica ed idroelettrica nelle strutture pubbliche, in industrie ed aziende manifatturiere - uso dell’idrogeno e delle celle a combustione

- finanziamento di progetti per l’efficienza energetica e per l’uso delle energie rinnovabili - efficienza energetica e progetti energetici nelle strutture pubbliche, in industrie ed aziende manifatturiere. Visite guidate: toccare con mano e informarsi alla fonte. In occasione di KLIMAENERGY, saranno organizzate delle visite guidate che forniranno ai visitatori esempi concreti di impianti a biomassa, a biogas, fotovoltaici, idroelettrici ed eolici. Tutti gli interessati potranno conoscere in prima persona le applicazioni tecnologiche realizzate in Alto Adige e confrontarsi con i progettisti e i gestori degli impianti. Il programma dei tour è già stato stilato ed offre un panorama amplissimo di innovazioni in tema di rinnovabili. Da mercoledì 8 a venerdì 10 ottobre 2008 saranno organizzati, ogni giorno, due tour, rispettivamente uno al mattino e uno nel primo pomeriggio per un totale di sei ognuno dei quali sarà dedicato ad una tematica ben precisa. La prima giornata di visite guidate sarà dedicata al mattino alla valorizzazione energetica della biomassa e, nel pomeriggio, all’idroelettrico e sfruttamento degli acquedotti per la produzione di energia elettrica. Durante la seconda giornata di visite guidate i temi saranno: sistema energetico comunale – utilizzo dell’energia eolica, solare, idrica e delle biomasse per la copertura del fabbisogno di energia elettrica e termica a livello comunale e il solare termico e raffrescamento solare. Venerdì 10 ottobre, ultima giornata di tour organizzati, è prevista la visita ad una centrale di cogenerazione a gas ed impianto di teleriscaldamento con tecnologia ORC, inoltre, sarà data la possibilità di visitare impianti fotovoltaici di grande taglia nella zona industriale di Bolzano.

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Seminari e workshop: importanti occasioni di confronto. Grande interesse per KLIMAENERGY è stato mostrato da parte delle Associazioni di categoria, quali l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), l’Unione Agricoltori e Coltivatori diretti Sudtirolesi, Unione Albergatori e Pubblici Esercenti, l’Associazione Provinciale Artiginani, Assoimprenditori Alto Adige e l’Unione Provinciale degli Artigiani e delle Piccole Imprese. Questa presenza massiccia conferma l’importanza dell’obiettivo di Fiera Bolzano di offrire una fiera specializzata in un settore nel quale l’Alto Adige è leader. Presso la sala Elena Walch dell’Hotel Four Points Sheraton/Fiera Bolzano, saranno organizzati Seminari e Workshop che accompagneranno la Manifestazione durante i tre giorni. Klimaenergy Award: le risorse di comuni e province italiane. Fiera Bolzano, in collaborazione con l’Agenzia per l’Ambiente della Provincia Autonoma di Bolzano e con l’Accademia Europea di Bolzano (EURAC), bandisce il concorso “Klimaenergy Award” rivolto ai Comuni e Province di tutta Italia. Fino al 1° settembre 2008, potranno iscriversi Comuni che abbiano promosso o cofinanziato progetti nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Sarà possibile presentare lavori portati a termine dal gennaio 2005 o quelli che saranno conclusi entro dicembre 2008. La partecipazione è gratuita e rivolta a tre categorie di Comuni in base al numero di abitanti: Comuni con meno di 20.000 abitanti; Comuni dai 20.000 ai 150.000 abitanti ; infine, Comuni con più di 150.000 abitanti e Province.


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Roma,23-24 ottobre

KLIMAHOUSE ROMA 08 a 1

FIERA-CONGRESSO PER L’EFFICIENZA ENERGETICA E L’EDILIZIA SOSTENIBILE

Klimahouse va a Roma

di Cristina Pucher

“Klimahouse” è nata a Bolzano, ed è stata pensata, fin dall’inizio, per il mercato italiano. Anche i dati delle tre edizioni già svolte, presso il quartiere fieristico di Bolzano, di questa fiera internazionale specializzata per l’efficienza energetica e l’edilizia sostenibile parlano chiaro: è stata travolgente la provenienza di operatori e pubblico da tutta l’Italia: all’ultima edizione di “Klimahouse”, tenutasi a gennaio 2008, l’83,2% degli intervistati è giunto da fuori provincia e il 2,3% dall’estero. L’edizione 2008 di “Klimahouse” ha superato ogni più rosea aspettativa ottenendo un grande successo. “Klimahouse” ha consolidato il proprio ruolo di rassegna leader in Italia anche grazie ai quasi 37.000 visitatori, soprattutto operatori del settore, giunti nei padiglioni di Fiera Bolzano per conoscere le novità presentate da 375 aziende. Quasi un 20% dei visitatori di “Klimahouse” proviene dal centro-sud del Paese, numero assolutamente decisivo e a conferma del grande interesse, ormai diffuso in tutt’Italia, di informarsi e conoscere prodotti innovativi per l’efficienza energetica nell’edilizia. Per promuovere l’informazione in questo settore innovativo, Fiera Bolzano, insieme con l’Agenzia CasaClima e l’Ufficio Aria e Rumore della Provincia Autonoma di Bolzano, organizza un Congresso internazionale, come cuore pulsante della manifestazione, al quale partecipano relatori di spicco provenienti da tutta Europa. Il congresso “Casa Clima – Costruire il futuro“ del 2008 ha messo in luce temi inerenti al risanamento, alle tecnologie abitative e ai relativi materiali, alla sostenibilità e alle certificazioni riportando un ottimo successo grazie alla partecipazione di oltre 900 operatori provenienti da tutta Italia. Dato il grande successo della fiera “Klimahouse” presso il quartiere fieristico bolzanino, Fiera Bolzano, dopo una

lunga fase di ricerche di mercato e dopo aver consultato sia espositori che visitatori, ha deciso di organizzare una edizione di “Klimahouse” con congresso anche nel centro d’Italia per diffondere sempre più l’informazione sul motore, che da sempre, gode di forte importanza per l’economia: l’edilizia abitativa. Nasce, così “KLIMAHOUSE ROMA”, 1a Fiera-congresso per l’Efficienza energetica e l’Edilizia sostenibile. La capitale offrirà, dal 23 al 24 ottobre 2008, un punto d’incontro più vicino e facilmente accessibile per chi già conosce “Klimahouse” e per tutti gli interessati al concetto CasaClima che non hanno potuto recarsi a Bolzano. Come luogo di svolgimento per questa prima edizione, Fiera Bolzano, ha scelto il “Palazzo dei Congressi”, situato nel cuore dell’EUR di Roma. La Fiera-congresso “KLIMAHOUSE ROMA” offre agli operatori del settore del centro e sud d’Italia, l’opportunità di informarsi sui sistemi, necessità e vantaggi del risparmio energetico nell’edilizia. A tale scopo saranno presenti circa 100 aziende con stand espositivi su una superficie di circa 2.500 m2. Il fulcro della Manifestazione sarà il Congresso internazionale e, come già avviene a Bolzano, saranno presenti, anche a Roma, relatori di fama internazionale che informeranno su tutti gli aspetti legati alla campagna energia sostenibile in Europa e sarà l’occasione per diffondere il concetto CasaClima, che ha l’obiettivo di coniugare comportamento ecologico e calcolo economico: una casa ad alta qualità abitativa non deve essere cara; al contrario, esistono molte possibilità di risparmio che consentono nello stesso tempo di tutelare l’ambiente, poiché l‘edilizia sostenibile ed il risparmio energetico sono di crescente attualità su tutto il territorio nazionale ed europeo. Con CasaClima, già oggi, è possibile un risparmio energetico fino al 90%!

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Civitanova Marche (MC), 14-16 novembre2008 1° Salone del Mercato Energetico 1a Rassegna dell’Efficienza Energetica - 1° Expo delle Fonti Rinnovabili di Irina Berdini

L’energia costituirà la sfida principale che l’umanità dovrà vincere entro i prossimi decenni se vorrà continuare a sopravvivere. Atteso che l’attuale consumo di risorse e di flussi di materia non potrà coesistere con la necessità di mantenere la Terra in condizioni tali da permettere alle future generazioni di usufruire dei suoi beni allo stesso grado di fruizione di cui ha goduto l’attuale, per rendere questo obiettivo realizzabile occorre fin d’ora provvedere al risparmio, all’efficienza e all’approvvigionamento da fonti rinnovabili dell’energia. Se la sfida è globale, le azioni di contrasto debbono essere diffuse ed implementate a livello locale, anche attraverso una adeguata informazione ai cittadini. In tal senso, è quanto mai opportuna l’iniziativa che l’ERF (Ente Regionale per le Manifestazioni Fieristiche delle Marche) ha intrapreso nell’organizzare nel Quartiere fieristico di Civitanova Marche, dal 14 al 16 Novembre 2008, la Rassegna ENERGY EXPO, la prima manifestazione del centro-Italia interamente dedicata al settore energetico. La Manifestazione si articolerà in tre eventi: - Salone del Mercato energetico; - Rassegna dell’Efficienza energetica; - Expo delle Fonti rinnovabili. 1° Salone del Mercato Elettrico L’energia elettrica è un bene di prima necessità per istituzioni, imprese e famiglie. Il mercato dell’energia ha subìto negli ultimi anni profondi cambiamenti dovuti al processo di liberalizzazione avviato a livello comunitario che ha posto fine al monopolio del settore elettrico. Dal 1° Luglio 2007 il mercato dell’energia è completamente liberalizzato: tutti i clienti finali possono scegliere il proprio fornitore sul mercato libero. È una rivoluzione che nel nostro Paese riguarda quasi 28 milioni di famiglie e tutte le aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, che potranno rivolgersi a fornitori di energia elettrica diversi da quelli dai cui sono stati serviti fino ad oggi, scegliendo l’offerta ritenuta più interessante ed uscendo, quindi, dal regolamento del mercato vincolato (dove il prezzo non è personalizzabile perché fissato dall’Autorità per l’Energia elettrica e del Gas) ed accedere al mercato libero che offre condizioni di mercato migliorative, maggiore flessibilità, contratti e servizi studiati sulla base di necessità effettive. 1a Rassegna dell’Efficienza Energetica Negli ultimi anni i costi dell’ energia elettrica hanno mostrato incrementi sostanziali pari a 25,64% dal 1°-01-2005 al 31-03-2007. Inoltre, studi recenti mostrano che nei prossimi anni è lecito attendersi ulteriori, consistenti aumenti delle tariffe energetiche per aver sottoscritto l’Italia il Protocollo di Kyoto, che prevede una consistente riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Bisogna quindi investire in efficienza energetica per un processo di sviluppo sostenibile e di rispetto per l’ambiente. I nostri edifici consumano quantità spropositate di energia. Il continuo aumento dei costi e la pericolosa dipendenza dell’importazione di energia, nonché minacciosi cambiamenti climatici, impongono rapide prese di posizione. Nel settore delle costruzioni esistono alternative tecniche ed economiche per il risparmio energetico e la protezione della natura. Da qui, una nuova cultura edificatoria che unisce sostenibilità, drastica riduzione dei costi energetici ed una perfetta climatizzazione. 1° Expo delle Fonti Rinnovabili L’energia è alla base di ogni sviluppo socio economico e la sua disponibilità è riconosciuta quale fattore sostanziale di crescita. Se si vuole, però, mirare ad uno sviluppo sostenibile, anche la produzione di energia che permetta tale sviluppo, deve seguire il principio della sostenibilità, cioè, provocare il minor danno possibile con il minor spreco di risorse possibili. In Italia vi è una grande disponibilità di fonti rinnovabili quali sole, vento, acqua con dislivello, biomasse da foreste e agricoltura, biogas da allevamenti zootecnici. Questa ricchezza naturale può essere sfruttata, oggi, da soluzioni tecnologiche d’avanguardia, tramite l’installazione di impianti fotovoltaici, solari, geotermici ed eolici. Caratteristiche della Manifestazione Alla manifestazione esporranno Società che gestiscono la vendita di energia elettrica e gas, private e municipalizzate, Multiutilities ed ESCo, Aziende produttrici ed Installatori di impianti per la produzione di energia, Aziende che producono e commercializzano prodotti e tecniche per il risparmio energetico in edilizia, Società di Consulenza energetica, Istituti di ricerca e formazione, Associazioni ed Enti. Oltre all’Esposizione avranno luogo numerosi appuntamenti con specialisti ed autorità per fare il punto sul settore, seminari ed incontri per gli operatori, workshop di presentazione aziendali. Profilo dei Visitatori La manifestazione è aperta sia agli operatori del settore che all’utente finale ed il profilo dei visitatori è rappresentato dai titolari di aziende, professionisti (geometri, ingegneri, architetti), imprese edili, energy managers, responsabili acquisti, amministratori pubblici, amministratori di condominio, università, scuole, istituti di ricerca, enti locali. Merceologie Espositive Le merceologie presenti in fiera sono rappresentate dalle seguenti categorie: Fornitori e gestori di energia - Multiutilities - Aziende energetiche - Consulenza -Progettazione energetica - Certificazione - Brokers intermediari - Assicurazioni -Banche - Servizi finanziari - Associazioni - Agenzie locali e governative - Produttori e rivenditori di

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componenti per il mercato dell’energia - Sistemi per la gestione ottimizzata dell’energia - Tecniche edilizie per il mercato energetico - Installatori di impianti- Stampa specializzata.

ERF Ente Regionale per le Manifestazioni Fieristiche Quartiere di Civitanova Marche Tel. 0733-780811 - Fax 0733-780820 - civitanova@erf.it www.erf.it

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QUALITÀ E AMBIENTE

Iniziativa italo-croata, DAMAC

CONCLUSA L’INIZIATIVA, NON SI FERMA LA CORSA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Dai risultati di tre anni di studi e confronti interdisciplinari emergono le linee guida per una proposta di gestione integrata per il Bacino Adriatico-Ionico di Alberto Piastrellini

Si avvia alla conclusione l’iniziativa DAMAC (Difesa Ambientale del Mare Adriatico e Comunicazioni), che dal 20 novembre 2004 vede impegnate la Regione Marche, nella persona di Leonardo Polonara - Dirigente Progetto P.P. Difesa e Sicurezza del Mare e la Contea di Zara, nella persona di Nives Kozulić - Assessore Ufficio Pianificazione Territoriale della Contea, in qualità di Partner dei Progetti che costituiscono l’ossatura dell’iniziativa: Il bacino Adriatico-Ionico

• Secur Sea (per la difesa del Mare Adriatico a partire dalle attività legate alla sua protezione), • Task Force (per la formazione di personale italo-croato specializzato nella raccolta ed elaborazione dati in materia di rischio ambientale) • Tac Line (per la gestione di un ponte telematico Ancona-Zara che faciliti lo scambio di dati utili). L’iniziativa è nata per perseguire l’obiettivo strategico dello sviluppo sostenibile del sistema terracqueo dell’Adriatico Centrale, tramite la gestione integrata del patrimonio biologico, naturalistico, paesaggistico, sociale ed economico in collaborazione con i Paesi trasfrontalieri, con la volontà di concretizzare il concetto di “economia di prossimità”. L’iniziativa DAMAC, finanziata attraverso un PIC Interreg IIIA Trasfrontaliero Adriatico, ha consentito un approccio sistematico all’analisi delle complesse dinamiche che insistono nell’area in esame e, attraverso le diverse strategie operative dei 3 Progetti, si è avvicinato alla realizzazione di un “Tavolo di confronto” fra Istituzioni ed Enti diversi. In questo senso si è inteso dare una risposta alla necessità di costruire un “linguaggio comune” col quale socializzare le singole problematiche e proporre soluzioni ad ampio spettro che travalichino i confini dei Paesi partner dell’iniziativa, per allargarsi a tutto il Bacino Adriatico-Ionico. In sostanza, l’iniziativa DAMAC è partita con la volontà di analizzare gli scenari

di rischio e crisi ambientale derivata dallo sversamento occasionale, volontario o accidentale di idrocarburi ed altre sostanze fortemente inquinanti contenute nelle acque di sentina, nelle acque di lavaggio e nelle acque di zavorra, delle navi da trasporto che transitano in Adriatico centrale. Se si considerano, poi: • la concentrazione di terminali di scarico e raffinazione del greggio in Adriatico (Trieste, Porto Marghera, Falconara Marittima, Ravenna); • l’ingente numero di navi petroliere superiori alle 170.000 tonnellate di stazza che annualmente effettua-

Quadro attuale del traffico di petrolio in Adriatico

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no la traversata dell’Adriatico da Otranto a Trieste (oltre 37.714.771 tonnellate di greggio scaricate nel solo 2006, dirette, tramite oleodotti alle raffinerie di Austria e Germania); • le caratteristiche fisiografiche del Bacino di riferimento (bassi fondali, larghezza limitata fra le due sponde, esiguo, sistema di correnti a flusso circolare Sud-Nord, limitato “corridoio” di acque internazionali); • la mancanza di adeguati controlli e garanzie normative circa la prevenzione ed il ripristino ambientale in caso di incidente, si può facilmente intuire come l’eventualità di uno sversamento incidentale di idrocarburi, avrebbe conseguenze disastrose non solo sull’ambiente marino, ma anche, e soprattutto, sulle attività economiche che insistono sulla costa. Data la vastità delle dinamiche naturali ed antropiche che muovono il destino del Mare Adriatico, i responsabili dell’iniziativa DAMAC (funzionari esperti della Regione Marche e della Contea di Zara), accanto ai supporter di Istituzioni ed Enti Pubblici di entrambi i Paesi coinvolti (Guardie Costiere,


Capitanerie di Porto, Protezione Civile, Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Sea, CRESM, Computing Center SRCE, RCARD, Universitàà Politecnica delle Marche, Università di Urbino, Università di Camerino, Università di Zara, Università di Zagabria) hanno scelto di condividere la prevenzione di futuri danni ambientali utilizzando una analisi di rischio di crisi ambientale, economica e sociale dell’Adriatico, in funzione di 3 grandezze:

delle Regioni nella politica di prossimità dell’Unione Europea per la tutela ambientale del mare; • la creazione di un Geographic Information System (GIS) interoperabile su Croazia e Italia per la raccolta dati analisi territoriale e zonazione di aree omogenee. Proprio quest’ultima azione, ha contribuito alla realizzazione di un “linguaggio comune”, cioè una cartografia condivisa che permette agli Amministratori Locali e ai politici dei

Area interessata da uno sversamento (punto rosso) di 1.920 tonnellate di “crude oil”. La diffusione della macchia di oil spill in condizioni meteo-marine “normali” avviene in parecchi giorni, in caso di forte vento avviene molto più rapidamente

Pericolosità - Studio dei traffici maritimi e flussi di merci potenzialmente pericolose, ma anche studi geomorfologici ed oceanografici sugli eventi naturali che potrebbero innescare eventuali disastri; Vulnerabilità Ambientale - studio delle caratteristiche geomorfologiche e biologiche degli ecosistemi presenti in Adriatico; Valore Economico – studio della microeconomia delle attività umane relative alla fascia costiera adriatica che si espone alla pericolosità Non solo, per addivenire ad una visione il più fedele possibile dell’area in oggetto e delle suo complesse dinamiche, si è dovuto implementare un bagaglio culturale che comprendesse: • l’analisi dettagliata delle normative nazionali ed internazionali sui sistemi della navigazione e della gestione dei rifiuti nelle aree portuali; • lo studio dei ruoli e delle competenze degli organismi delle Nazioni Unite, degli Stati nazionali e i ruoli

Paesi dell’Adriatico Orientale (PAO) e delle Regioni Adriatiche Italiane (RAI) di confrontarsi in un dialogo paritetico e trasparente sulle grandi scelte future per lo sviluppo del territorio, come quelle legate alla realizzazione di grandi infrastrutture e l’istituzione di Parchi naturali. In questo senso si dà ragione del fattore “amplificativo” dell’iniziativa DAMAC che si è rivelata un ottimo “banco di prova” di presupposto per la gestione integrata delle coste e del mare Adriatico che, ha avuto, in più il valore aggiunto di “guardare oltre” le sponde del Bacino di partenza. Il perseguimento di un auspicabile obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Adriatico, in particolare, e di tutto il Bacino Adriatico-Ionico, in generale, è tanto più urgente oggi, quando continuamente viviamo la crisi economica globale; la stagnazione degli investimenti e dei consumi. In questo scenario, di per sé drammatico, si inseriscono le complesse problematiche del global warming: scioglimento dei ghiacciai, diminuzione delle risorse idriche, desertificazione ed

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intensificazione dei fenomeni meteorici estremi, innalzamento del livello dei mari. Tutte queste problematiche ne ingenerano altre a cascata come: • l’evoluzione e l’intensificazione dei flussi migratori; • l’implementazione di politiche internazionali che spesso non tengono conto delle singole specificità locali; • la concentrazione delle strategie economiche più sul versante dell’implementazione dei traffici di merci (forte causa di inquinamento), che su quello della valorizzazione delle risorse naturali. Per conseguire lo Sviluppo Sostenibile dell’intero scacchiere Mediterraneo occorre dare risposte concrete alle domande di tutti gli stakeholders dei diversi comparti della società: le Istituzioni, le Imprese, i cittadini. Le prime, infatti, offrono regole che si spera siano sempre più condivise, le seconde chiedono la possibilità di intervenire e partecipare economicamente allo sviluppo, i terzi hanno solo la percezione di quanto accade intorno e giudicano di conseguenza. Ora, nel Bacino Adriatico-Ionico, per via della sua posizione strategica, insistono molti interessi e non tutti arrivano dai Paesi che vi si affacciano, bensì dai più lontani angoli dell’Europa. Ora, sin dai primi anni ’90, l’UE propone, fra le strategie per lo sviluppo socio-economico del sistema Europa, un apparato di “corridoi” per il flusso di merci per le direttrici Nord-Sud, Est-Ovest, corridoi che dovrebbero garantire la massimizzazione dei profitti economici e nel contempo la minimizzazione degli impatti ambientali. Per l’Area mediterranea è prevista l’istituzione del Corridoio V, del Corridoio VIII e dell’”Autostrada del Mare” che però, alla luce degli studi di cui sopra, presenta alcune problematicità, soprattutto in carico all’aumento del previsto traffico navale e alla inadeguatezza del sistema integrato terra-mare nel Bacino Adriatico Ionico. Da un punto di vista strettamente ambientale l’ipotesi di una implementazione tout court del traffico di merci via mare presenta le difficoltà che sono già state evocate poc’anzi: le navi-container previste sono di dimensioni tali da non essere compatibili con la maggior parte dei porti dell’Adriatico


e dello Jonio e con la conformazione geomorfologica del Bacino stesso (caratterizzato da fondali bassi). In più, l’implementazione del traffico navale in un Bacino ristretto, come quello in esame, aumenterebbe il rischio di eventi disastrosi accidentali (collisioni, naufragi, sversamenti accidentali e non). Non solo, tale traffico, andrebbe ad incidere ulteriormente su un ambiente marino altamente sensibile dal punto di vista della biodiversità, mentre già da tempo una speciale Commissione trilaterale italo-croata-slovena, sta valutando l’ipotesi di definire l’Adriatico come PSSA (Particular Sensitive Sea Area). Da un punto di vista strettamente lo-

punti nodali: Zagabria-Rijeka-ZaraSpalato, mentre per il tratto strategico terminale Spalato-Dubrovnik si attende la fine del 2008. Purtroppo il porto di Rijeka non è ancora collegato a Kooper in Slovenia e quindi a Trieste, mentre, se sul versante greco Igoumenitsa si sta collegando al resto del Paese con una strada a scorrimento veloce sino ad Istanbul, questa non è assolutamente collegata con l’Albania, il Montenegro e la Croazia. Anche le linee ferroviarie del versante orientale dell’Adriatico presentano notevoli carenze dal punto di vista strutturale e non sono adeguate all’attuale e al futuro flusso del traffico commerciale.

po economico, soprattutto di quei Paesi che finora sono stati ai margini dello sviluppo europeo si propone di:

gistico, poi, si dovrebbe tener conto che le eventuali merci in più che arriverebbero ai Porti, subirebbero ritardi di consegna o causerebbero ulteriori congestioni alle infrastrutture viarie preesistenti in quanto il trasporto su gomma e rotaia non è completamente realizzato ed integrato su entrambe le sponde dell’Adriatico. Sul versante italiano le autostrade A14 e A1 (Taranto-Bologna-Milano) non sono in grado di sopportare l’attuale carico di mobilità di merci e persone, mentre la perseguibile implementazione del trasporto-merci su ferrovia, non è stata adeguatamente predisposta. Sul versante orientale della fascia costiera adriatica, invece, è stata realizzata di recente l’autostrada che collega i

Quanto emerge dalle risultanze degli studi condotti dal gruppo di ricerca italo-croato, DAMAC, offre, invece, una valida alternativa alle proiezioni dell’UE ricordate poc’anzi e, in più, ha il vantaggio di prevedere un minor impatto sulle risorse biologiche marine e, di conseguenza, sulle attività economiche costiere, soprattutto pesca e turismo, come è stato recentemente discusso nel Convegno internazionale “Studio per il governo del Mare Adriatico e delle coste: inizio di un processo di gestione integrata” tenutosi ad Ancona il 3 luglio scorso, presso l’Hotel Jolly. In sostanza, per proteggere il Mare Adriatico dall’inquinamento del traffico navale, senza incidere pesantemente sulla comprensibile esigenza di svilup-

obbligate” per la manovra di avvicinamento/uscita dai porti o acque ristrette. Tali soluzioni rappresentano delle raccomandazioni (in sede internazionale) che possono essere condivise e ratificate da ciascuno degli Stati membri con apposite norme interne. Restano comunque validi i principi, in alto mare, (acque internazionali) del “mare libero” e, nelle acque territoriali, il diritto al passaggio inoffensivo. I corridoi longitudinali delle rotte di separazione del traffico marittimo potranno essere attraversati in ogni zona del traffico navale tra le due sponde dell’Adriatico; il concetto fondamentale è che, al momento di intersecare le corsie longitudinali, vengano rispettate le normative vigenti. In particolare, l’angolo di intersezione

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1. ridurre l’attuale traffico di navi pericolose (petroliere e chimichiere) in Adriatico attraverso il potenziamento e l’eventuale costruzione di nuovi oleodotti che colleghino direttamente alla rete europea le centrali di estrazione del Mar Nero e del Mar Caspio (via Romania, Serbia, Slovenia, Trieste); 2. Istituire corridoi longitudinali delle rotte di separazione Questi sono semplicemente “schemi di separazione” del traffico e non “corsie


delle rotte dovrà essere compreso tra 80° e 90° in modo da aumentare decisamente la sicurezza e ridurre, nel contempo, il rischio di collisione fra le navi. 3. ri-distribuire il traffico su gomma sulle due sponde dell’Adriatrico. (Infatti, se fino a qualche anno fa tutto il peso del traffico veicolare commerciale era sopportato unicamente dalle arterie italiane, oggi ci troviamo di fronte ad una situazione completamente nuova determinata dalla costruzione della nuova autostrada croata. Purtroppo il Montenegro, l’Albania e tutta l’area compresa nel massiccio delle Alpi albanesi, non sono ancora collegati con strade a scorrimento veloce alla rete europea. Di qui la necessità di realizzare l’autostrada Igoumenitsa-Valona-Tirana-Bar-Dubrovnik al fine di permettere lo sviluppo economico dei paesi sopracitati e l’effettiva ridistribuzione del traffico sulle due sponde dell’Adriatico, finalmente collegate direttamente ai “corridoi europei”); 4. potenziare la mobilità ferroviaria su entrambe le sponde del Bacino Adriatico-Ionico. Uno scambio veloce delle merci fra i Quadranti Orientali ed Occidentali del Mediterraneo, va implementato con un efficace trasporto ferroviario (noto per il minor impatto ambientale ed economico), nelle

tratte Durres-Veria o Ploce-Sarajevo, sulla sponda orientale, ma soprattutto nello strategico raddoppio della tratta Ancona-Orte-Civitavecchia, sulla sponda occidentale. Quest’ultima azione permetterà di decongestionare parte del traffico di merci e persone dirette verso l’Europa Occidentale (Spagna - Portogallo) o viceversa, sottraendolo dall’alto e medio Adriatico. In sostanza il raddoppio della ferrovia Ancona-Orte-Civitavecchia rappresenta un intervento strategico finalizzato allo sviluppo sostenibile di tutto il Mediterraneo in quanto è la migliore interconnessione fra la parte orientale e quella occidentale del bacino. 5. Omogeneizzare le norme internazionali sul traffico e l’inquinamento navale 6. Istituire ulteriori Parchi ed Aree protette per consentire la protezione ulteriore della ricchezza biologica LO SCENARIO FUTURO DEL BACINO ADRIATICO-IONICO Azioni mirate per la riduzione del rischio di crisi ambientale, sociale ed economica in tre progetti comunitari. Al fine di ridurre in modo significativo

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i rischi di inquinamento da parte del traffico marittimo con carichi pericolosi, garantendo nel contempo un adeguato sviluppo economico sostenibile, si ritiene che debba iniziare al più presto un processo di pianificazione e gestione integrata del mare e della costa con le proposte che vengono sin d’ora trasmesse ai rappresentanti della Euroregione Adriatica che successivamente interesseranno direttamente le JAJ. La IAI (Iniziativa Adriatico Ionica) formata dagli Stati che circondano l’Adriatico e con sede in Ancona, è lo strumento internazionale politico-amministrativo che può raccogliere le istanze degli stakeholders come le Regioni e le Province dell’Adriatico in rappresentanza delle realtà imprenditoriali locali, (soprattutto pesca ed il turismo) e confrontarle con gli interessi economici di aziende nazionali ed internazionali come quelle collegate al trasporto e alla lavorazione del petrolio. Si è consapevoli del ruolo ricoperto dalle persone che garantiscono il traffico marittimo e tutta la filiera derivante dai prodotti petroliferi. L’intera struttura economica e sociale è fortemente collegata al traffico del petrolio. Si propone pertanto di ricercare un modo per migliorare la qualità della vita ed il lavoro delle popolazioni costiere nel rispetto dell’economia petrolifera. Per meglio offrire al Lettore uno stru-


mento di informazione e valutazione su quanto si sta mettendo in moto per dare inizio ad un sano e costruttivo confronto per il governo del mare tra tutti i Soggetti e le realtà che lo vivono, a questo punto si da seguito alla presentazione di 3 Progetti Comunitari all’interno dell’iniziativa MEDEAH, sorta di ideale prosecuzione della precedente e conclusa iniziativa DAMAC. MEDEAH - Mediterranean Environmental Defence and Excellent Agency of Health L’iniziativa MEDEAH comprende i tre progetti comunitari IPA: BAIED, BAIEH E BAIEGH. Tali progetti includono un range di attività che vanno dalla difesa ambientale, all’economia legata ai trasporti e alla gestione e raccolta dei rifiuti. I progetti si presentano come azioni concrete, frutto di uno studio triennale nei settori in questione. PROGETTO BAIED - Environmental Defence of Adriatic and Ionian Basin 1. Implementazione e armonizzazione di vari sistemi di controllo di traffico marittimo e di soccorso; istituzione di un sistema di telecomunicazione tramite Ponti radio telematici SDH a banda larga; condivisione di data base da parte di esperti croati e italiani. 2. Miglioramento dei sistemi GIS; istituzione di sistemi radar per il rilevamento di oil-spills; studio degli effetti degli sversamenti di idrocarburi sugli ecosistemi naturali; valutazione economica dell’inquinamento; normative e accordi internazionali per il governo del mare. 3. Miglioramento dell’applicazione della metodologia per la valutazione del rischio di crisi ambientale, economico e sociale in Adriatico; creazione di una metodologia per la valutazione dei disastri di origine antropica e naturale. 4. Dichiarazione di area marina particolarmente sensibile (P.S.S.A.) del Mare Adriatico; istituzione di parchi costieri e di riserve marine in Adriatico; individuazione di siti archeologici e di discariche marine e costiere. 5. Assicurazioni preventive per danni ambientali ed attività di riduzione del rischio tramite la stipula di contratti preventivi tra “ricevitori” di petrolio greggio e “caricatori” di idrocarburi anche raffinati. 6. Istituzione di un tavolo di confronto

presso la sede IAI tra i grandi portatori d’interessi e gli stakeholders; istituzione dell’ufficio tecnico dell’Euroregione Adriatica; creazione di un programma di formazione continua di personale internazionale. PROGETTO BAIEH - Economical Highways of Adriatic-Ionian Basin 1. Potenziamento del traffico autostradale su gomma, miglioramento del traffico ferroviario e schema di separazione delle rotte del traffico marittimo per evitare collisioni. PROGETTO BAIEGH - Environment, Garbages and Health of Adriatic and Ionian Basin 1. Gestione della raccolta trattamento recupero e/o smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico. 2. Integrazione dell’applicazione del principio di sostenibilità tramite la conservazione dei boschi, delle catene montuose e ampliamento delle zone di parco e tutela ambientale ed adozione di navi ecologiche. 3. Istituzione di un processo sostenibile per tutelare la salute della popolazione e dell’ambiente, grandezze che condizionano la qualità della vita. Si ricordi, a questo punto che il Bacino Adriatico Ionico è un “frammento” rilevante per bellezza naturalistica, biodiversità e ricchezza di interventi umani, di quella “culla” dell’umanità rappresentata dall’intero Bacino del Mediterraneo. Giova, quindi, richiamare alla mente che la tutela dello stesso Mediterraneo

Il diagramma di Venn dello sviluppo sostenibile è formato da 3 insiemi: Economia, Ambiente e Comunità sociale. I 3 sottoinsiemi si approssimano allo sviluppo sostenibile. Il sottoinsieme centrale rappresenta lo sviluppo sostenibile.

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è stata oggetto di numerosi interventi di organi nazionali e sovranazionali, proprio per l’importanza storica, culturale, naturalistica ed economica delle realtà che vi si affacciano da millenni. La mutata percezione delle dinamiche economiche prevede, per oggi e per il futuro, l’utilizzo di 3 parametri che vanno rispettati e perseguiti per la definizione dello Sviluppo sostenibile: forza lavoro, capitale prodotto e conservazione del capitale naturale. Conclusioni Lo sviluppo sostenibile nel Bacino Adriatico-Ionico consiste nel preparare le condizioni atte alla costruzione di una società capace di coniugare la tutela dell’ambiente con lo sviluppo economico, migliorando, da un lato la qualità della vita e garantendo, dall’altro, il rispetto della natura e della salute delle popolazioni delle comunità locali. Come dall’integrazione dei 3 parametri sopra citati si arriverà al risultato dello sviluppo sostenibile, così, dal confronto fra tutti gli stakeholders dei Paesi trasfrontalieri, si addiverrà ad una serie di proposte condivise e facilmente perseguibili, perché espressione di tutti e non solo imposizione da un “alto” non così ben identificabile. I due esperti italo-croati Leonardo Polonara e Nives Kozulić supportati dall’Architetto Rodolfo Novelli, Dirigente del Servizio 9 “Governo del Territorio, Mobilità e Infrastrutture” e dal Dott. Marco Bellardi, Dirigente P.F. Cooperazione Territoriale e allo Sviluppo della Regione Marche, hanno verificato che non si può pensare di tutelare un sistema parziale di mare come l’Adriatico centrale con le sue coste, se non si ha una visione integrata dell’insieme di tutte le problematiche costiere marine del Bacino Adriatico Ionico. Infatti le stesse correnti marine possono trasportare l’inquinamento da oil spill dall’Adriatico centrale, per esempio, in quello Settentrionale o viceversa. Inoltre trasporti troppo congestionati di merci e passeggeri su gomma o su rotaia su una sponda dell’Adriatico possono essere equilibrati sull’altra sponda dove ancora non esistono adeguate vie di comunicazione. Solo con una equilibrata pianificazione è quindi possibile avviare un processo di gestione integrata per lo sviluppo sostenibile nel bacino Adriatico-Ionico. Sono stati quindi individuati tramite una


Sintesi grafica degli interventi proposti dal Gruppo DAMAC

valutazione speditiva quattro interventi di “chirurgia ambientale” a basso impatto da eseguire sul traffico commerciale, in particolare del traffico che trasporta idrocarburi e del traffico passeggeri. Tali interventi di “chirurgia mininvasiva”, se realizzati, potrebbero garantire l’avvio del processo di sviluppo sostenibile nel BAI e di conseguenza su tutto il Mediterraneo. Gli interventi sono: 1. costruzione di un oleodotto che dai terminali petroliferi del Mar Nero, transitando per il bacino del Danubio sino a Trieste, convogli più di 40 milioni di ton di petrolio grezzo negli oleodotti che già collegano Trieste alle raffinerie austriache e tedesche. Infatti, le regioni e le province che circondano l’Adriatico e lo Ionio dovrebbero supportare tutti quegli interventi e le iniziative tendenti a ridurre il trasporto di petrolio via mare verso i porti dell’alto Adriatico, tramite la costruzione di oleodotti che possono interconnettere i terminali petroliferi del Mar Nero ai porti dell’alto Adriatico; 2. istituzione di corridoi rotte di separazione del traffico navale nel senso longitudinale dell’Adriatico e dello Ionio; 3. completamento dell’autostrada Adriatica Est sulla sponda orientale;

4. raddoppio della linea ferroviaria Ancona-Roma-Civitavecchia. I quattro interventi mininvasivi dovrebbero essere accompagnati da una cura “intensiva” la cui ricetta si potrebbe riassumere nei punti seguenti: a) aumento della superficie di parchi naturali sottoposti a tutela ambientale e di riserve marine sul territorio delle due sponde dell’Adriatico e dello Ionio; b) adozione di normative condivise della lotta all’inquinamento derivanti da traffici in particolare navali e terrestri; c) monitoraggio e controllo del traffico navale e terrestre. Con i quattro interventi principali e con le azioni sopra citate si ritiene che sarebbe garantita la qualità della vita per i futuri decenni nel Bacino Adriatico Ionico, andando ad incidere sui parametri che condizionano la stessa

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qualità come: l’Ambiente, la Salute (intesa anche come occupazione ed economia diffusa), lottando allo stesso tempo contro l’inquinamento. Queste Linee Guida rappresentano una concreta applicazione del diagramma di Venn sopra riportato e potrebbero essere considerate una soluzione pratica al problema dello sviluppo sostenibile del Bacino Adriatico-Ionico. In più, costituiscono una sfida non solo per le Amministrazioni Pubbliche dei Paesi transfrontalieri del Bacino Adriatico-Ionico, ma soprattutto per tutti gli abitanti dell’Area in questione, i quali da millenni devono il loro sviluppo economico alle risorse naturali locali e il loro sviluppo culturale all’intensa rete di comunicazioni offerta dai traffici commerciali nel Bacino stesso. Ovviamente, le Linee Guida descritte rappresentano solo delle ipotesi che potrebbero essere verificate, ad esempio, con l’Iniziativa MEDEAH e i 3 progetti che la compongono.


SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI

CAPACITÀ DECISIONALE E COINVOLGIMENTO DI TUTTI GLI ATTORI ALLA BASE DEI SUCCESSI

Il Presidente Fabio Eusebi illustra le attività degli ultimi cinque anni del Consiglio d’Amministrazione del COSMARI di Luca Romagnoli

Nel corso dell’ultima Assemblea dei Comuni soci del COSMARI, il Presidente Fabio Eusebi ha illustrato con una breve quanto completa relazione, per conto dell’intero Consiglio d’Amministrazione, il Programma di mandato dal 2003 ad oggi, confrontando la previsione programmatica con quanto sinora attuato. Vari Sindaci sono intervenuti per sottolineare il lavoro positivo portato avanti in questi anni dai Presidenti e dai componenti del Consiglio di Amministrazione che, in stretta sinergia con la Direzione aziendale e con le maestranze, hanno saputo dare un forte impulso, consentendo al COSMARI di divenire un esempio di gestione virtuosa, sia nei servizi che dal punto di vista degli investimenti e del contenimento della spesa, certamente da prendere a modello. “Come per i precedenti mandati amministrativi - ha esordito il Presidente Eusebi - l’attività del Consorzio è stata rivolta anche nell’ultimo quinquennio agli scenari futuri pur essendo stati, questi ultimi, alquanto incerti. La capacità decisionale non è comunque mai venuta meno, sorretta dalla convinzione della bontà di un’iniziativa industriale che ha oggi pieno riscontro nei risultati e si presenta come una delle migliori gestioni di servizi pubblici a livello nazionale. Se da una parte gli scenari legislativi e normativi sono cambiati repentinamente a ritmi più veloci di quelli che in Italia vedono succedersi i Governi del paese, è altrettanto vero che tale situazione non ha, paradossalmente, determinato scelte amministrative errate. L’unità della politica della nostra provincia sulla materia rifiuti e, soprattutto, le decisioni

assembleari prese dai Sindaci, al di la di posizioni politiche o ideologiche, hanno determinato ottime scelte derivate dalla conoscenza delle situazioni, dalla ragionevolezza e, forse, dal necessario timore di emergenze territoriali che altre zone d’Italia hanno ben conosciuto. Sottolineando, quindi, il lavoro continuo e puntuale svolto dal COSMARI nell’informazione alla cittadinanza della provincia di Macerata, che sta dando, in maniera sempre più evidente, i suoi frutti, il Presidente ha dichiarato che “con soddisfazione ed orgoglio possiamo affermare che i maceratesi hanno ormai una coscienza ambientale di grande livello ed hanno ben chiaro che la sfida su una corretta gestione del ciclo rifiuti è semplicemente una questione di civiltà. In questi anni è fortemente migliorato il rapporto delle popolazioni con COSMARI, visto oggi come una risorsa importante per la salvaguardia e il decoro del territorio e per il buon servizio offerto ai comuni a tariffe molto al di sotto delle medie nazionali e vicinissime a quelle più basse in assoluto praticate in Italia”. Eusebi ha rilevato, poi, che il grande sforzo, economico e di ricerca, profuso dal Consorzio al fine di ridurre le emissioni di cattivi odori ha contribuito fortemente al recupero di fiducia da parte delle popolazioni residenti in prossimità dell’impianto. Passando a tracciare un quadro delle evoluzioni dell’assetto societario del COSMARI e dei scenari futuri che si prospettano, il Presidente ha osservato che “le trasformazioni societarie che nel 2003, attraverso la modifica statutaria, ha dato vita al Consorzio obbligatorio, vanno oggi nella direzione dell’as-

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sunzione del ruolo di Autorità d’Ambito e della contestuale trasformazione del COSMARI in Società di gestione, al fine di poter continuare a svolgere, con assetto societario diverso, il servizio pubblico di raccolta e smaltimento. Importante è stato in questi anni lo sviluppo di capacità gestionali su attività in precedenza non svolte come, per esempio, le gestioni discarica, ma anche le trasformazioni profonde dei sistemi di raccolta, ai fini di un grosso aumento della differenziata ed i recuperi energetici dagli impianti di abbancamento chiusi. Assolutamente decisiva è risultata l’attività di progettazione di siti discarica che, seppure svolta da tecnici esterni, è stata strettamente seguita ed indirizzata dal COSMARI allo stesso modo di come sta avvenendo per i recuperi e la termovalorizzazione del biogas da discarica”. Per ultimo, ed questione di questi giorni, il Presidente ha tenuto ad informare che il COSMARI sta definendo una

Convenzione con il Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) e probabilmente con l’Ente per le Nuove tecnologie l’Energia e l’Ambiente (ENEA), per effettuare i test di un impianto di dissociazione molecolare di rifiuti solidi urbani ai fini della produzione di combustibile. “Un sincero, doveroso plauso e ringraziamento - ha concluso Eusebi - al Direttore Ing. Giuseppe Giampaoli per la grande competenza e la totale dedizione al suo lavoro e a tutti i dipendenti del COSMARI per aver svolto sempre egregiamente, con senso di appartenenza ed orgoglio e senza alcuna remora un’attività così importante per il territorio. Mi sia consentito, infine, ringraziare tutto il Consiglio di Amministrazione, Franco Capponi che nei primi due anni ha presieduto il C.d.A. e Giuseppe Foglia che per diversi mesi lo ha sostituito alla guida del Consorzio”.

Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net - www.cosmari.sinp.net

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IL COMMENTO

In vigore dall’11 giugno la Direttiva sulla Qualità dell’Aria

L’ARIA PIÙ PULITA IN EUROPA COSTA Standard superiori alle Linee Guida dell’OMS Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dell’11 giugno 2008 è stata pubblicata la Direttiva 2008/50/CE relativa alla “Qualità dell’Aria ambiente e per un’Aria più pulita in Europa”, ribattezzata semplicemente Direttiva sulla Qualità dell’Aria. La Direttiva, proposta integralmente nell’Inserto normativo delle pagine accanto, è stata adottata in via definitiva il

ha successivamente scritto ai 23 Stati membri che hanno segnalato sforamenti dei valori limite nel 2006 per i PM 10 di fornire entro il 30 settembre 2008 informazioni sulle misure adottate per mettersi in regola; ne sono stati esclusi Bulgaria e Romania che non erano al 2006 ancora entrate nell’UE, e Irlanda e Lussemburgo, che non avevano alla stessa data notificato sforamenti.

migliorata nei Paesi Bassi, esistono ancora luoghi dove vi sono superamenti dei PM 10 e di biossido di azoto (NO2). Questi “punti caldi” si trovano vicino alle autostrade nelle grandi città e nelle strade urbane dell’agglomerato nella parte occidentale del paese (Randstad). Se non verranno introdotte le limitazioni imposte da Euro 6, soprattutto per quanto attiene alle emissioni dei

Il pallone che dal 1999 sorvola il parco André-Citroen a Parigi, portando 30 passeggeri fino ad una altezza di 150 m sopra la capitale francese, ora si illumina per fornire in tempo reale informazioni sulla qualità dell’aria, grazie ai dati elaborati dai sensori della rete Airparif , installati in diversi punti della città. Il colore del pallone, grazie ad una illuminazione creata da proiettori situati all’interno dell’involucro, indica la quantità in atmosfera dei tre inquinanti più nocivi (anidride carbonica, ozono e particolato), variando dal verde intenso, quando la qualità dell’aria è ottima, al verde chiaro, al giallo, all’arancione, al rosso, quando è pessima, vedi più oltre a pag. 34. (foto Aérophile)

14 aprile 2008, allorché la Commissione accoglieva il testo del Consiglio e del Parlamento europeo, che riprendeva quasi integralmente la proposta che la Commissione stessa aveva presentato nel settembre del 2005. La Direttiva è corredata di una Dichiarazione della Commissione sui risultati ottenuti nell’elaborazione e adozione di altri provvedimenti destinati a contenere le emissioni provenienti da altre fonti e di una Dichiarazione dei Paesi Bassi. La prima, vuol ribadire l’importanza che la Commissione UE annette nel contrastare l’inquinamento atmosferico, tant’è che la Commissione stessa

Nel secondo caso si tratta di un rafforzamento delle richieste avanzate in più occasioni dai Paesi Bassi per ottenere misure più incisive per contrastare alla base le emissioni inquinanti. Ricordando la sua condizione geografica transfrontaliera e il suo costante impegno per il rispetto della qualità dell’aria, richiama l’attenzione sulla necessità che le norme europee siano rispettatela tutti gli Stati membri. Nel gennaio scorso l’Agenzia Olandese per l’Ambiente ha pubblicato lo studio “Impatto della normativa Euro 6 per i mezzi pesanti diesel sulla situazione olandese”, in cui si evidenzia che nonostante negli ultimi anni la qualità dell’aria sia nettamente

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TIR con motori diesel, lo studio prevede che al 2015 in quei siti vi sarà un incremento del 35% di concentrazioni di NO2 e PM 10. Chiaramente, i Paesi Bassi giudicano tardiva l’entrata in vigore degli standard di emissioni di Euro 6, previste da aprile 2013 per i nuovi modelli e da ottobre 2014 per tutti i veicoli esistenti. Il Commissario all’Ambiente, Stavros Dimas, dopo aver salutato la nuova Direttiva quale passo decisivo nella lotta contro una delle principali cause che colpiscono l’ambiente e la salute dei cittadini, ha sottolineato che “è una risposta ai timori dei cittadini perché fissa standard elevati, ma realistici, per


combattere l’inquinamento dovuto alle particelle sottili (PM2.5)nell’Unione europea”. Vengono riunificate in un’unica Direttiva 4 precedenti Direttive e una Decisione del Consiglio (Direttiva quadro 1996/62/CE, Direttiva 1999/30/CE, Direttiva 2000/69/CE, Direttiva 2002/3/ CE e la Decisione 97/101/CE), ad eccezione della Direttiva 2004/107/CE. La nuova Direttiva, senza modificare i limiti definiti per gli altri inquinanti: - Introduce nuovi obiettivi per il PM2.5, obbligando gli Stati membri a portare i livelli di esposizione nelle aree urbane al di sotto di 20 µg/m3 e sul territorio nazionale sotto i 25 µg/ m3 mediamente, entro il 2015 e, se possibile, entro il 2010. Per una riduzione generale dell’esposizione, inoltre, gli Stati membri debbono misurare il PM2.5. in siti di fondo urbano e costruire strategie di azione per ottenere riduzioni differenziate nei livelli medi, sulla base dei valori di inquinamento rilevati nel 2010. Tale misura si è resa necessaria dopo che recenti ricerche hanno rivelato che le particelle più sottili sono più pericolose del PM10, tanto che una dose massiccia di esposizione al PM2.5, accorcerebbe la vita di un individuo di 8,6 mesi mediamente. - Dà la possibilità di un’estensione dei limiti temporali già previsti dalla precedente Direttiva, sulla base di condizioni specifiche e conseguente valutazione positiva della Commissione, che possono slittare di 3 anni per i valori limite di PM10, dopo che entrerà in vigore la Direttiva stessa, e di 5 anni per il biossido di azoto (NO2) e il benzene (2010-2015), purché vengano applicate integralmente le normative UE in merito, come la Direttiva IPPC sulla Prevenzione e Riduzione Integrate dell’Inquinamento e siano state messe in atto delle misure opportune di abbattimento dell’inquinamento.La Direttiva fornisce un elenco delle misure da considerare. Tale opportunità si è resa necessaria dal momento che in 25 dei 27 Paesi membri i limiti per il PM10, già validi nel 2005 ( 40 µg/m3 come media annua e di 50 µg/m3 quale media giornaliera, da non superare più di 35 volte nell’arco di un anno), vengono superati, almeno in una parte del territorio.

- Consente di conteggiare le fonti naturali di inquinamento nella valutazione del rispetto degli obiettivi. Questa novità è opportuna perché alcune aree geografiche europee subiscono un inquinamento atmosferico dovuto anche a fenomeni naturali quali eruzioni vulcaniche, aerosol marino, incendi boschivi, erosione eolico dei suoli e relativo trasporto… - Ribadisce la necessità di una costante informazione alla cittadinanza, sottolineando l’importanza della qualità dei dati prodotti dalle reti di monitoraggio. Questa sottolineatura è da apprezzare dal momento che non tutti gli enti preposti, per ragioni di ordine tecnico o per mancanza di finanziamenti ovvero per scarsità di personale, non ottemperano tempestivamente e adeguatamente a quelle che sono le norme europee sul diritto all’informazione dei cittadini sui temi ambientali. Pur salutando positivamente le novità introdotte dalla nuova Direttiva, non possiamo esimerci dal formulare alcune osservazioni. In merito ai valori-limite, da più parti si era segnalata la necessità che questi dovessero essere aggiornati in base alle Linee Guida di qualità dell’aria, predisposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui le medie annuali di PM10 non dovrebbero essere superiori a 20 µg/m3 e per i PM2.5 rimanere entro il limite dei 10 µg/m3. Viceversa, i limiti confermati dei PM10 e quelli relativamente alti quelli di PM2.5 denunciano che le preoccupazioni per i costi che ne deriverebbero e l’impossibilità concreta di garantirne il rispetto hanno avuto sulla Commissione UE un impatto superiore a quello dei rischi per la salute dei cittadini europei, dal momento che i più recenti studi sostengono che le particelle inferiori al diametro di 2.5 µg/m3 (le Ultra Fine Particles-UFP). Pur mantenendo l’obbligo di intervenire nel caso in cui i valori superino le soglie fissate dalla legge, non vengono dettagliatamente specificate le misure da intraprendere e i tempi entro cui rientrare nei limiti. La possibilità di allungare i tempi per raggiungere gli obiettivi, seppur condizionata dalla predisposizione di piani e programmi, non riuscirà a far conseguire gli obiettivi. Costituisce comunque

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una vera e propria “boccata di ossigeno” per gli amministratori dei Paesi europei, soprattutto per quelli italiani, delle cui attività o, meglio, inazioni in merito si sta interessando la magistratura. Per aver disatteso la normativa europea che impone un limite ai giorni di superamento di sostanze inquinanti in atmosfera e per non aver adottato con urgenza tutti i provvedimenti e le misure per tutelare la salute dei cittadini, in merito ad eventi del 2005, sono stati rinviati a giudizio il Presidente della Regione Toscana, l’ex Assessore all’Ambiente della Regione ed alcuni Sindaci ed Assessori all’Ambiente di Comuni della piana fiorentina. Senza voler entrare nel merito della vicenda su cui non abbiamo le competenze tecnico-giuridiche, riteniamo che, oltre a quelli toscani, siano molti i pubblici amministratori che potrebbero incorrere in simili procedimenti. Resta il fatto che gli amministratori possono al momento intraprendere solo misure “tampone” allorché si superano i limiti di legge, sulle quali sono in molti ad esprimere perplessità sulla loro validità, ma che hanno un impatto negativo sui cittadini-utenti. Per risolvere il problema della qualità dell’aria, soprattutto nelle città, occorrono politiche di medio-lungo periodo, in grado di governare il rapporto tra flussi di traffico e la capacità della rete viaria di sopportarne il peso. Nelle proposte urbanistiche e di pianificazione del territorio si trovano gli strumenti e le soluzioni per prevenire o ridurre l’inquinamento atmosferico. Sono le scelte inopportune, allorché si adottano ed approvano i Pian, che sono all’origine del fenomeno. Prevedere insediamenti di centri commerciali, senza le adeguate infrastrutture stradali è ben più grave che non aver introdotte le targhe alterne o i blocchi di traffico. Non c’è però una legislazione che ne preveda la punibilità. Anche l’assenza nella nuova Direttiva di un sistema sanzionatorio, lasciato alle decisioni del singoli Paesi, non sollecita di certo gli Amministratori ad intraprendere azioni efficaci per migliorare la qualità dell’aria. C’è poi il nodo dei trasporti e del tasso di motorizzazione, che non agevola di certo il risanamento, visto che in Italia continuano a crescere i veicoli pesanti e le auto che circolano sulle nostre strade. Se, tuttavia, i decisori politici conti-


Valori indice di qualità dell’Aria (AQI)

Livelli di preoccupazione per la salute

Colori

Quando l’AQI è in questa gamma:

... le condizioni della qualità dell'aria sono:

... come simboleggiato da questo colore:

Da 0 a 50

Buono

Verde

Da 51 a 100

Moderata

Giallo

Da 101 a 150

Malsana per Gruppi sensibili

Arancione

151 a 200

Insalubre

Rosso

201 a 300

Molto insalubre

Viola

301 a 500

Pericolosi

Marrone

Indice di qualità dell’Aria Livelli di preoccupazione per la salute

Valore Numerico

Significato

Buono

0-50

La qualità dell’aria è considerata soddisfacente, e l’inquinamento atmosferico pone poco o nessun rischio.

Moderata

51-100

La qualità dell’aria è accettabile; tuttavia, per alcuni agenti inquinanti ci può essere una moderata preoccupazione per la salute per un numero molto ristretto di persone che sono particolarmente sensibili all’inquinamento atmosferico.

Malsana per Gruppi sensibili

101-150

Membri di gruppi sensibili potrebbero avvertire effetti sulla salute. Le persone in generale è improbabile che ne risentano.

Insalubre

151-200

Ognuno può iniziare a sperimentare gli effetti sulla salute; membri di gruppi sensibili possono avvertire effetti sulla salute più gravi.

Molto insalubre

201-300

Allarme salute: tutti possono sperimentare effetti più gravi sulla salute.

Pericolosi

> 300

Avvertenze per la salute in condizioni di emergenza. Tutta la popolazione è più probabilmente interessata.

nuano a proclamare la necessità di costruire strade ed autostrade, rammaricandosi del calo delle immatricolazioni di auto nel giugno scorso., che ha negativamente influito sul calo dei listini borsistici, crediamo che difficilmente la situazione potrà evolversi nel medio termine in senso positivo. A meno che proprio il prezzo dei carburanti determini il cambiamento delle abitudini e stili di vita che hanno influenzato finora il degrado ambientale e la salute stessa dei cittadini, visto che neppure la Commissione UE sembra riuscire a difendere la sua proposta di ridurre entro il 2012 le emissioni di CO2 delle auto europee, limitandole mediamente a 120 gr. per ogni chilometro percorso, dalle attività lobbistiche delle Case automobilistiche che, spalleggiate dai governi nazionali, vogliono continuare a produrre auto di grossa cilindrata e non vogliono rivedere in tempi rapidi i processi innovativi e le tecnologie impiegate.

livello di informazione ai cittadini rischia di avere scarsi effetti se non supportato da sollecitazioni ai Paesi membri ad usare le leve fiscali per incentivare comportamenti virtuosi e ridurre la mobilità. Oggi, tramite Internet è possibile conoscere l’inquinamento atmosferico della propria città, ma sono pochi i cittadini che ne fanno uso. Se poi le centraline non sono posizionate adeguatamente nei punti più critici, è difficile che riescano ad offrire una situazione reale e aggiornata. Oltre ai dati “nudi e crudi”, c’è bisogno di comunicare alla popolazione il rischio cui è sottoposta. Alcuni Paesi hanno messo a punto un metodo per fornire in modo semplice ed immediato l’informazione sulla qualità dell’aria. Negli USA l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA) utilizza l’Air Quality Index (AQI). Si tratta di un metodo che utilizza le registrazioni quotidiane delle centraline sulle concentrazioni degli inquinanti (ozono, articolato

Lo stesso invito a mantenere alto il

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atmosferico, monossido di carbonio, biossido di azoto e anidride solforosa); il rapporto tra la concentrazione giornaliera della sostanza e il livello normativo della stessa definisce l’AQI: il valore di AQI più alto costituisce il valore di qualità dell’aria di quel giorno. Affinché i cittadini possano percepire subito la situazione si è costruita una scala suddivisa in 6 categorie di concentrazione da 0 a 500: più alto è il valore, più elevato è il livello di inquinamento e, quindi, il pericolo per la salute (vedi tabelle). In Europa un metodo similare è utilizzato Francia, con l’ATMO Index messo a punto dall’omonima Federazione delle Associazioni Abilitate al Monitoraggio della Qualità dell’Aria, che prevede una scala di 10 gradi. Si spera che in Italia un certo impulso ad intraprendere azioni efficaci in merito possa derivare dalla recente approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri nella seduta del 30 maggio u.s., del Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva sulla limitazione in aria di metalli ed idrocarburi policiclici aromatici, l’unica, come si osservava all’inizio, a non essere stata accorpata nella nuova Direttiva. Entro 4 mesi dalla data di emanazione del Decreto, le Regioni dovranno effettuare una rilevazione preliminare dell’aria, individuare poi le zone dove la concentrazione delle sostanze inquinanti è più alta, provvedere quindi all’installazione delle stazioni di misurazione dell’inquinamento (nel numero che riterranno opportuno e nei limiti delle risorse disponibili!) ed, infine, utilizzare pannelli informativi. I valori obiettivi, da raggiungere entro il 31 dicembre 2012, fissati nel Decreto, in base alle concentrazioni di ciascun inquinante nella frazione di PM10, calcolati come media annua, non debbono comportare comunque l’adozione di misure che implichino costi che le imprese non sono in grado di sostenere. Vale a dire: limitiamo la dispersione degli inquinanti in atmosfera, ma evitiamo il rischio che l’impresa chiuda. Peraltro, il tempo trascorso per recepire nell’ordinamento nazionale una Direttiva che doveva essere trasposta entro il 15 febbraio 2007 avrà pure una motivazione!


Si avverte che il testo di legge inserito in queste pagine non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea.

DIRETTIVA 2008/50/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2008 relativa alla Qualità dell’aria ambiente e per un’Aria più pulita in Europa IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni

(2)

,

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, adottato con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 luglio 2002 (4), sancisce la necessità di ridurre l’inquinamento a livelli tali che limitino al minimo gli effetti nocivi per la salute umana, con particolare riferimento alle popolazioni sensibili, e per l’ambiente nel suo complesso, di migliorare le attività di monitoraggio e valutazione della qualità dell’aria, compresa la deposizione degli inquinanti, e di informare il pubblico. (2) Ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso, è particolarmente importante combattere alla fonte l’emissione di inquinanti nonché individuare e attuare le più efficaci misure di riduzione delle emissioni a livello locale, nazionale e comunitario. È opportuno pertanto evitare, prevenire o ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici nocivi e definire adeguati obiettivi per la qualità dell’aria ambiente che tengano conto delle pertinenti norme, orientamenti e programmi dell’Organizzazione mondiale della sanità. (3) La direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della

qualità dell’aria ambiente (5), la direttiva 1999/30/ CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (6), la direttiva 2000/69/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, concernente i valori limite per il benzene ed il monossido di carbonio nell’aria ambiente (7), la direttiva 2002/3/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2002, relativa all’ozono nell’aria (8), e la decisione 97/101/CE del Consiglio, del 27 gennaio 1997, che instaura uno scambio reciproco di informazioni e di dati provenienti dalle reti e dalle singole stazioni di misurazione dell’inquinamento atmosferico negli Stati membri (9), devono essere modificate sostanzialmente per incorporarvi gli ultimi sviluppi in campo scientifico e sanitario e le esperienze più recenti degli Stati membri. A fini di chiarezza, semplificazione ed efficienza amministrativa è pertanto opportuno sostituire i cinque atti citati con un’unica direttiva e, se del caso, con disposizioni di attuazione. (4) Quando sarà stata maturata un’esperienza sufficiente a livello di attuazione della direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente l’arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell’aria ambiente (10), si potrà prendere in considerazione la possibilità di incorporare le disposizioni di tale direttiva nella presente direttiva. (5) È opportuno seguire un’impostazione comune nella valutazione della qualità dell’aria ambiente sulla (1)

GU C 195 del 18.8.2006, pag. 84. GU C 206 del 29.8.2006, pag. 1. (3) Parere del Parlamento europeo del 26 settembre 2006 (GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 102), posizione comune del Consiglio del 25 giugno 2007 (GU C 236 E del 6.11.2007, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo dell’11 dicembre 2007. Decisione del Consiglio del 14 aprile 2008. (4) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1. (5) GU L 296 del 21.11.1996, pag. 55. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (6) GU L 163 del 29.6.1999, pag. 41. Direttiva modificata dalla decisione 2001/744/CE della Commissione (GU L 278 del 23.10.2001, pag. 35). (7) GU L 313 del 13.12.2000, pag. 12. (8) GU L 67 del 9.3.2002, pag. 14. (9) GU L 35 del 5.2.1997, pag. 14. Decisione modificata dalla decisione 2001/752/CE della Commissione (GU L 282 del 26.10.2001, pag. 69). (10) GU L 23 del 26.1.2005, pag. 3. (2)

I

Regioni&Ambiente n° 7/8 Luglio-Agosto 2008

QUALITÀ DELL’ARIA AMBIENTE E PER UN’ARIA PIÙ PULITA IN EUROPA

INSERTO

Direttiva 2008/50/CE del 21 maggio 2008 (G.U.C.E. 11 giugno 2008 L. 152)


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II

base di criteri comuni di valutazione. Nel determinare la qualità dell’aria ambiente è opportuno tener conto della dimensione delle popolazioni e degli ecosistemi esposti all’inquinamento atmosferico. È pertanto opportuno classificare il territorio di ciascuno Stato membro in base a zone o agglomerati che rispecchino la densità della popolazione. Ove possibile, è opportuno utilizzare tecniche di modellizzazione onde consentire un’interpretazione dei dati puntuali in termini di distribuzione geografica della concentrazione. Ciò potrebbe costituire una base per il calcolo dell’esposizione collettiva della popolazione nella zona interessata. Per garantire che le informazioni raccolte sull’inquinamento atmosferico siano sufficientemente rappresentative e comparabili in tutta la Comunità, ai fini della valutazione della qualità dell’aria ambiente è importante utilizzare tecniche di misurazione standard e criteri comuni per quanto riguarda il numero e l’ubicazione delle stazioni di misurazione. Per la valutazione della qualità dell’aria ambiente possono essere utilizzate tecniche diverse dalle misurazioni ed è pertanto necessario definire i criteri per l’utilizzo delle suddette tecniche e per la necessaria accuratezza delle stesse. È opportuno procedere a misurazioni dettagliate del materiale particolato sottile in siti di fondo rurali per poter meglio comprendere l’impatto di questo tipo di inquinante e formulare politiche adeguate al riguardo. Tali misurazioni dovrebbero essere effettuate in maniera coerente con quelle effettuate nell’ambito del programma concertato per la sorveglianza e la valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (EMEP), istituito dalla convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza approvata dalla decisione 81/462/ CEE del Consiglio dell’11 giugno 1981 (1). Lo stato di qualità dell’aria dovrebbe essere mantenuto, se già buono, o migliorato. Qualora gli obiettivi di qualità dell’aria ambiente fissati dalla presente direttiva non siano raggiunti, gli Stati membri dovrebbero intervenire per ottenere la conformità ai valori limite e ai livelli critici e per raggiungere, ove possibile, i valori-obiettivo e gli obiettivi a lungo termine. Il rischio che l’inquinamento atmosferico rappresenta per la vegetazione e per gli ecosistemi naturali è più rilevante in siti distanti dalle zone urbane. Ai fini della valutazione di tali rischi e della conformità ai livelli critici per la tutela della vegetazione è opportuno, pertanto, prendere in esame principalmente i luoghi distanti dalle zone edificate. Il materiale particolato sottile (PM2,5) ha impatto molto negativo sulla salute umana. Finora, inoltre, non esiste una soglia identificabile al di sotto della quale il PM2,5 non rappresenti un rischio. Per tale motivo la disciplina prevista per questo inquinante dovrebbe essere differente da quella di altri inquinanti atmosferici. Tale approccio dovrebbe mirare ad una riduzione generale delle concentrazioni

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nei siti di fondo urbani per garantire che ampie fasce della popolazione beneficino di una migliore qualità dell’aria. Tuttavia, per garantire un livello minimo di tutela della salute su tutto il territorio, a tale approccio è opportuno affiancare la definizione di un valore limite, preceduto in una prima fase da un valore-obiettivo. Gli attuali valori-obiettivo e obiettivi a lungo termine finalizzati a garantire una protezione efficace contro gli effetti nocivi per la salute umana, la vegetazione e gli ecosistemi dovuti all’esposizione all’ozono dovrebbero rimanere invariati. È opportuno fissare una soglia di allarme e una soglia di informazione per l’ozono al fine di tutelare, rispettivamente, la salute della popolazione in generale e delle fasce vulnerabili dalle esposizioni di breve durata a concentrazioni elevate di ozono. Il raggiungimento di tali soglie dovrebbe far scattare l’obbligo di informare il pubblico in merito ai rischi dell’esposizione e l’applicazione, se del caso, di provvedimenti a breve termine per ridurre i livelli di ozono nelle zone in cui le soglie di allarme sono superate. L’ozono è un inquinante transfrontaliero che si forma nell’atmosfera dall’emissione degli inquinanti primari disciplinati dalla direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo edel Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (2). I progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di qualità dell’aria e degli obiettivi a lungo termine per l’ozono che la presente direttiva intende realizzare dovrebbero essere determinati dagli obiettivi e dai limiti di emissione previsti nella direttiva 2001/81/CE e, se del caso, dall’attuazione di piani per la qualità dell’aria come previsto dalla presente direttiva. Nelle zone e negli agglomerati in cui gli obiettivi a lungo termine per l’ozono o le soglie di valutazione per altri inquinanti sono superati è opportuno rendere obbligatoria la misurazione in siti fissi. Le informazioni tratte dalle misurazioni in siti fissi potrebbero essere completate con tecniche di modellizzazione e/o misurazioni indicative onde consentire un’interpretazione dei dati puntuali in termini di distribuzione geografica delle concentrazioni. Il ricorso a tecniche di valutazione supplementari dovrebbe anche consentire di ridurre il numero minimo di punti di campionamento fissi. I contributi da fonti naturali possono essere valutati, ma non possono essere controllati. Pertanto, qualora i contributi naturali a inquinanti nell’aria ambiente possano essere determinati con sufficiente certezza e qualora i superamenti siano dovuti in tutto o in parte a tali contributi naturali, questi possono essere detratti, alle condizioni previste dalla presente direttiva, al momento della valutazione del rispetto dei valori limite della qualità dell’aria. I contributi ai superamenti dei valori limite per il materiale

GU L 171 del 27.6.1981, pag. 11. GU L 309 del 27.11.2001, pag. 22. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/105/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 368). (2)


particolato PM10 dovuti alla sabbiatura o salatura invernali delle strade possono anch’essi essere detratti all’atto della valutazione della conformità ai valori limite per la qualità dell’aria, sempreché siano state adottate misure ragionevoli per diminuire le concentrazioni. (16) Per le zone e gli agglomerati in cui le condizioni sono particolarmente difficili, dovrebbe essere possibile prorogare il termine entro il quale deve essere garantita la conformità ai valori limite per la qualità dell’aria nei casi in cui, nonostante l’attuazione di adeguate misure di abbattimento, in alcune zone o agglomerati specifici persistano problemi acuti di conformità. Le eventuali proroghe per una determinata zona o agglomerato dovrebbero essere corredate di un piano globale sottoposto alla valutazione della Commissione e finalizzato a garantire la conformità entro il termine così prorogato. La disponibilità delle necessarie misure comunitarie che riflettono il livello di ambizione scelto nella strategia tematica sull’inquinamento atmosferico per ridurre le emissioni alla fonte è importante ai fini di un’effettiva riduzione delle emissioni nel periodo fissato dalla presente direttiva per la conformità ai valori limite e dovrebbe essere presa in considerazione al momento di valutare le richieste di posticipare i termini per la conformità. (17) Le misure comunitarie necessarie per ridurre le emissioni alla fonte, in particolare quelle volte a migliorare l’efficacia della legislazione comunitaria in materia di emissioni industriali, a limitare le emissioni di scarico dei motori dei veicoli pesanti, a ridurre ulteriormente le emissioni nazionali di inquinanti chiave consentite dagli Stati membri e le emissioni connesse all’approvvigionamento di carburante degli autoveicoli a benzina nelle stazioni di servizio, nonché ad affrontare la questione del tenore di zolfo dei combustibili, compresi quelli marini, dovrebbero essere debitamente esaminate in via prioritaria da tutte le istituzioni interessate. (18) È opportuno predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati entro i quali le concentrazioni di inquinanti nell’aria ambiente superano i rispettivi valoriobiettivo o valori limite per la qualità dell’aria, più eventuali margini di tolleranza provvisori. Gli inquinanti atmosferici provengono da molte fonti e attività diverse. Per garantire la coerenza tra le varie politiche, tali piani per la qualità dell’aria dovrebbero, se possibile, essere in linea ed integrati con i piani e i programmi formulati a norma della direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (1), della direttiva 2001/81/CE e della direttiva 2002/49/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale (2). Si terrà altresì pienamente conto degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente previsti nella presente direttiva quando vengono concesse autorizzazioni per

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attività industriali a norma della direttiva 2008/1/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (3). I piani d’azione dovrebbero indicare i provvedimenti da adottare nel breve termine nei casi in cui sussista il rischio di superare una o più delle soglie di allarme al fine di ridurre il rischio in questione e di limitarne la durata. Allorché il rischio riguarda uno o più valori limite o valori-obiettivo, gli Stati membri possono, se opportuno, elaborare tali piani d’azione a breve termine. Per quanto riguarda l’ozono, i piani d’azione a breve termine dovrebbero tener conto delle disposizioni contenute nella decisione 2004/279/CE della Commissione, del 19 marzo 2004, concernente orientamenti per l’attuazione della direttiva 2002/3/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’ozono nell’aria (4). Gli Stati membri dovrebbero consultarsi con un altro Stato membro qualora, in seguito ad un inquinamento rilevante che abbia origine in quest’ultimo, il livello di un inquinante superi o è probabile che superi gli obiettivi di qualità dell’aria del caso più l’eventuale margine di tolleranza o, a seconda dei casi, la soglia di allarme. In caso di natura transfrontaliera di alcuni inquinanti specifici, come l’ozono e il materiale particolato, può essere necessario un coordinamento fra Stati membri limitrofi ai fini della predisposizione e dell’attuazione di piani per la qualità dell’aria e di piani d’azione a breve termine e dell’informazione del pubblico. Gli Stati membri dovrebbero avviare, se del caso, una cooperazione con i paesi terzi, privilegiando una tempestiva partecipazione dei paesi candidati. È necessario che gli Stati membri e la Commissione raccolgano, scambino e diffondano le informazioni sulla qualità dell’aria per meglio comprendere gli effetti dell’inquinamento atmosferico e formulare politiche adeguate al riguardo. È opportuno fornire prontamente al pubblico informazioni aggiornate sulle concentrazioni nell’aria ambiente di tutti gli inquinanti disciplinati. Per agevolare il trattamento e la comparazione delle informazioni sulla qualità dell’aria, i dati presentati alla Commissione dovrebbero avere un formato standard. È necessario adeguare le procedure riguardanti la fornitura dei dati, la valutazione e la comunicazione delle informazioni sulla qualità dell’aria per consentire l’utilizzo di strumenti elettronici e di Internet quali strumenti principali permettere a disposizione le informazioni, e per rendere tali procedure compatibili con la direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2007, che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE) (5).

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GU L 309 del 27.11.2001, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/105/CE del Consiglio. (2) GU L 189 del 18.7.2002, pag. 12. (3) GU L 24 del 29.1.2008, pag. 8. (4) GU L 87 del 25.3.2004, pag. 50. (5) GU L 108 del 25.4.2007, pag. 1.

III


(24) È opportuno prevedere la possibilità di adeguare all’evoluzione scientifica e tecnica i criteri e le tecniche utilizzati per la valutazione della qualità dell’aria ambiente e di adattare le informazioni da fornire. (25) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e a causa della natura transfrontaliera degli inquinanti dell’aria e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (26) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva e ne garantiscano l’applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive. (27) Alcune disposizioni degli atti abrogati dalla presente direttiva dovrebbero rimanere in vigore per garantire il mantenimento dei valori limite esistenti, ai fini della qualità dell’aria, per il biossido di azoto fino alla loro sostituzione a decorrere dal 1o gennaio 2010, il mantenimento delle disposizioni in materia di comunicazione delle informazioni sulla qualità dell’aria fino all’adozione di nuove modalità di applicazione e, infine, il mantenimento degli obblighi riguardanti la valutazione preliminare della qualità dell’aria di cui alla direttiva 2004/107/CE. (28) L’obbligo di attuazione della presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe limitarsi alle disposizioni che costituiscono un cambiamento rilevante rispetto alle direttive precedenti. (29) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale “Legiferare meglio” (1), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la direttiva e i provvedimenti di recepimento. (30) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, la presente direttiva intende promuovere l’integrazione nelle politiche dell’Unione di un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della qualità dell’ambiente secondo il principio dello sviluppo sostenibile stabilito all’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (31) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (2). (32) La Commissione dovrebbe avere il potere di modificare gli allegati da I a VI, da VIII a X e l’ allegato XV. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5

IV

bis della decisione 1999/468/CE. (33) La clausola di recepimento prevede che gli Stati membri provvedano a predisporre le necessarie misurazioni in siti di fondo urbani in tempo utile per definire l’indicatore di esposizione media, al fine di garantire il rispetto dei requisiti in materia di valutazione dell’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione e in materia di calcolo dell’indicatore di esposizione media. HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto La presente direttiva istituisce misure volte a: 1) definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso; 2) valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri sulla base di metodi e criteri comuni; 3) ottenere informazioni sulla qualità dell’aria ambiente per contribuire alla lotta contro l’inquinamento dell’aria e gli effetti nocivi e per monitorare le tendenze a lungo termine e i miglioramenti ottenuti con l’applicazione delle misure nazionali e comunitarie; 4) garantire che le informazioni sulla qualità dell’aria ambiente siano messe a disposizione del pubblico; 5) mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove sia buona, e migliorarla negli altri casi; 6) promuovere una maggiore cooperazione tra gli Stati membri nella lotta contro l’inquinamento atmosferico. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva s’intende per: 1) “aria ambiente”: l’aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro quali definiti dalla direttiva 89/654/CEE (3) a cui si applichino le disposizioni in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e a cui il pubblico non ha accesso regolare; 2) “inquinante”: qualsiasi sostanza presente nell’aria ambiente e che può avere effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso; 3) “livello”: concentrazione nell’aria ambiente di un inquinante o deposizione dello stesso su una superficie in un dato periodo di tempo; 4) “valutazione”: qualsiasi metodo utilizzato per misurare, calcolare, prevedere o stimare i livelli; (1)

GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (3) Direttiva 89/654/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (GU L 393 del 30.12.1989, pag. 1). Direttiva modificata dalla direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 165 del 27.6.2007, pag. 21). (2)


5) “valore limite”: livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e in seguito non deve essere superato; 6) “livello critico”: livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al di sopra del quale vi possono essere effetti negativi diretti su recettori quali piante, alberi o ecosistemi naturali, esclusi gli esseri umani; 7) “margine di tolleranza”: percentuale di tolleranza del valore limite consentita alle condizioni stabilite dalla presente direttiva; 8) “piani per la qualità dell’aria”; piani che stabiliscono misure per il raggiungimento dei valori limite o dei valori-obiettivo; 9) “valore-obiettivo”: livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguirsi, ove possibile, entro un termine prestabilito; 10) “soglia di allarme”: livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata della popolazione nel suo insieme e raggiunto il quale gli Stati membri devono adottare provvedimenti immediati; 11) “soglia di informazione”: livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il quale sono necessarie informazioni adeguate e tempestive; 12) “soglia di valutazione superiore”: livello al di sotto del quale è possibile combinare le misurazioni in siti fissi con le tecniche di modellizzazione e/o le misurazioni indicative al fine di valutare la qualità dell’aria ambiente; 13) “soglia di valutazione inferiore”: livello al di sotto del quale è possibile utilizzare solo tecniche di modellizzazione o di stima obiettiva al fine di valutare la qualità dell’aria ambiente; 14) “obiettivo a lungo termine”: livello da raggiungere nel lungo periodo, salvo quando ciò non sia realizzabile tramite misure proporzionate, al fine di garantire un’efficace protezione della salute umana e dell’ambiente; 15) “contributi da fonti naturali”: emissioni di inquinanti non causate direttamente o indirettamente da attività umane, inclusi eventi naturali quali eruzioni vulcaniche, attività sismiche, attività geotermiche, incendi spontanei, tempeste di vento, aerosol marini o trasporto o risospensione atmosferici di particelle naturali dalle regioni secche; 16) “zona”: parte del territorio di uno Stato membro da esso delimitata, ai fini della valutazione e della gestione della qualità dell’aria; 17) “agglomerato”: zona in cui è concentrata una popolazione superiore a 250 000 abitanti o, allorché la popolazione è pari o inferiore a 250 000 abitanti, con una densità di popolazione per km2 definita dagli Stati membri; 18) “PM10”: il materiale particolato che penetra attraverso un ingresso dimensionale selettivo conforme al metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10, norma EN 12341, con un’efficienza di penetrazione del 50% per materiale particolato di un diametro

aerodinamico di 10 µm; 19) “PM2,5”: il materiale particolato che penetra attraverso un ingresso dimensionale selettivo conforme al metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM2,5 norma EN 14907 con un’efficienza di penetrazione del 50% per materiale particolato di un diametro aerodinamico di 2,5 µm; 20) “indicatore di esposizione media”: livello medio determinato sulla base di misurazioni in siti di fondo urbano in tutto il territorio di uno Stato membro e che rispecchia l’esposizione della popolazione. È utilizzato per calcolare l’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione e l’obbligo di concentrazione dell’esposizione; 21) “obbligo di concentrazione dell’esposizione”: livello fissato sulla base dell’indicatore di esposizione media al fine di ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana, da raggiungere nell’arco di un determinato periodo; 22) “obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione”: riduzione percentuale dell’esposizione media della popolazione di uno Stato membro fissata per l’anno di riferimento al fine di ridurre gli effetti nocivi per la salute umana, da raggiungersi, ove possibile, entro un termine prestabilito; 23) “sito di fondo urbano”: sito all’interno delle zone urbane dove i livelli sono rappresentativi dell’esposizione della popolazione urbana generale; 24) “ossidi di azoto”: la somma dei rapporti in mescolamento in volume (ppbv) di monossido di azoto (ossido nitrico) e di biossido di azoto espressa in unità di concentrazione di massa di biossido di azoto (µg/m3); 25) “misurazione in siti fissi”: misurazione effettuata in postazioni fisse, in continuo o con campionamento casuale, per determinare i livelli conformemente ai pertinenti obiettivi di qualità dei dati; 26) “misurazione indicativa”: misurazione che rispetta obiettivi di qualità dei dati meno stringenti rispetto a quelli richiesti per la misurazione in siti fissi; 27) “composti organici volatili” (COV): i composti organici provenienti da fonti antropiche e biogeniche, diversi dal metano, che possono produrre ossidanti fotochimici per reazione con gli ossidi di azoto in presenza di luce solare; 28) “precursori dell’ozono”: sostanze che contribuiscono alla formazione dell’ozono troposferico, alcune delle quali sono elencate nell’allegato X. Articolo 3 Responsabilità Gli Stati membri designano, ai livelli adeguati, le autorità competenti e gli organismi responsabili: a) della valutazione della qualità dell’aria ambiente; b) dell’approvazione dei sistemi di misurazione (metodi, apparecchiature, reti e laboratori); c) della garanzia dell’accuratezza delle misurazioni; d) dell’analisi dei metodi di valutazione; e) del coordinamento, sul proprio territorio, degli eventuali programmi di garanzia della qualità su scala comunitaria organizzati dalla Commissione; f) della cooperazione tra gli altri Stati membri e la Commissione. Se del caso, le autorità e gli organismi competenti si conformano alle disposizioni dell’allegato I, punto C.

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Articolo 4 Istituzione di zone e agglomerati Gli Stati membri istituiscono zone e agglomerati in tutto il loro territorio. Le attività di valutazione e di gestione della qualità dell’aria sono svolte in tutte le zone e gli agglomerati. CAPO II VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA AMBIENTE SEZIONE 1 Valutazione della qualità dell’aria ambiente con riferimento al biossido di zolfo, al biossido di azoto e agli ossidi di azoto, al particolato, al piombo, al benzene e al monossido di carbonio Articolo 5 Regime di valutazione 1. Le soglie di valutazione superiore e inferiore indicate nell’allegato II, punto A si applicano al biossido di zolfo, al biossido di azoto e agli ossidi di azoto, al particolato (PM10 e PM2,5), al piombo, al benzene e al monossido di carbonio. Ciascuna zona e agglomerato è classificata/o in base alle suddette soglie di valutazione. 2. La classificazione di cui al paragrafo 1 è riesaminata almeno ogni cinque anni, secondo la procedura di cui all’allegato II, punto B. Tuttavia, la classificazione è riesaminata con maggiore frequenza nel caso di cambiamenti significativi delle attività che influenzano la concentrazione nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto o, se del caso, ossidi di azoto, particolato (PM10 e PM2,5), piombo, benzene o monossido di carbonio. Articolo 6 Criteri di valutazione 1. Gli Stati membri valutano la qualità dell’aria ambiente con riferimento agli inquinanti di cui all’articolo 5 in tutte le loro zone e i loro agglomerati, secondo i criteri fissati nei paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo e secondo i criteri fissati nell’allegato III. 2. In tutte le zone e gli agglomerati nei quali il livello degli inquinanti di cui al paragrafo 1 supera la soglia di valutazione superiore stabilita per tali inquinanti, la qualità dell’aria ambiente è valutata tramite misurazioni in siti fissi. Tali misurazioni possono essere integrate da tecniche di modellizzazione e/o da misurazioni indicative al fine di fornire informazioni adeguate sulla distribuzione nello spazio della qualità dell’aria ambiente. 3. In tutte le zone e gli agglomerati nei quali il livello degli inquinanti di cui al paragrafo 1 è inferiore alla soglia di valutazione superiore stabilita per tali inquinanti, la qualità dell’aria ambiente può essere valutata con una combinazione di misurazioni in siti fissi e tecniche di modellizzazione e/o misurazioni indicative. 4. In tutte le zone e gli agglomerati nei quali il livello degli inquinanti di cui al paragrafo 1 è inferiore alla soglia di valutazione inferiore stabilita per tali inquinanti, la qualità dell’aria ambiente può essere valutata anche solo con tecniche di modellizzazione o con tecniche di stima obiettiva o con entrambe.

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5. Oltre alle valutazioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, sono effettuate delle misurazioni presso siti di fondo rurali distanti da fonti significative di inquinamento atmosferico allo scopo di fornire almeno informazioni sulla concentrazione di massa totale e sulle concentrazioni per speciazione chimica del materiale particolato sottile (PM2,5) su base media annua; le misurazioni sono effettuate utilizzando i seguenti criteri: a) è previsto un punto di campionamento ogni 100.000 km2; b) ciascuno Stato membro allestisce almeno una stazione di misurazione oppure, previo accordo con Stati membri confinanti, può allestire una o più stazioni di misurazione comuni a copertura delle zone limitrofe interessate al fine di disporre della necessaria risoluzione spaziale; c) se opportuno, le attività di monitoraggio sono coordinate con la strategia di monitoraggio e il programma di misurazioni del programma concertato per la sorveglianza e la valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (EMEP); d) l’allegato I, punti A e C, si applica in riferimento agli obiettivi di qualità dei dati per le misurazioni della concentrazione di massa del particolato; l’allegato IV si applica nella sua interezza. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i metodi utilizzati per la misurazione della composizione chimica del materiale particolato sottile (PM2,5). Articolo 7 Punti di campionamento 1. I punti di campionamento per la misurazione del biossido di zolfo, del biossido di azoto e degli ossidi di azoto, del particolato (PM10, PM2,5), del piombo, del benzene e del monossido di carbonio nell’aria ambiente sono ubicati secondo i criteri di cui all’allegato III. 2. In ciascuna zona o agglomerato nei quali le misurazioni in siti fissi sono l’unica fonte di informazione per valutare la qualità dell’aria, il numero dei punti di campionamento per ogni inquinante interessato non dev’essere inferiore al numero minimo di punti di campionamento indicato nell’allegato V, punto A. 3. Tuttavia, nelle zone e negli agglomerati nei quali le informazioni provenienti dai punti di campionamento per le misurazioni in siti fissi sono integrate da informazioni ottenute con la modellizzazione e/o con misurazioni indicative, il numero complessivo dei punti di campionamento di cui all’allegato V, punto A, può essere ridotto fino ad un massimo del 50 % purché siano rispettate le seguenti condizioni: a) i metodi supplementari consentano di pervenire a un livello d’informazione sufficiente per la valutazione della qualità dell’aria con riferimento ai valori limite o alle soglie di allarme e ad un adeguato livello d’informazione del pubblico; b) il numero di punti di campionamento da installare e la risoluzione spaziale di altre tecniche consentano di accertare le concentrazioni dell’inquinante interessato conformemente agli obiettivi di qualità dei dati di cui all’allegato I, punto A e facciano sì che i risultati della valutazione soddisfino i criteri di cui all’allegato I, punto B. Ai fini della valutazione della qualità dell’aria in riferimento ai valori limite si tiene conto dei risultati della modellizzazione e/o delle misurazioni indicative.


4. L’applicazione negli Stati membri dei criteri per la selezione dei punti di campionamento è monitorata dalla Commissione in modo da agevolare l’applicazione armonizzata di detti criteri in tutta l’Unione europea. Articolo 8 Metodi di misurazione di riferimento 1. Gli Stati membri applicano i metodi di misurazione di riferimento e i criteri indicati nell’allegato VI, punti A e C. 2. Sono consentiti altri metodi di misurazione a condizione che soddisfino i criteri di cui all’allegato VI, punto B. SEZIONE 2 Valutazione della qualità dell’aria ambiente con riferimento all’ozono Articolo 9 Criteri di valutazione 1. Nelle zone o negli agglomerati nei quali, durante uno qualsiasi dei cinque anni precedenti di rilevamento, le concentrazioni di ozono hanno superato gli obiettivi a lungo termine di cui all’allegato VII, punto C, si effettuano misurazioni in siti fissi. 2. Se i dati disponibili coprono un periodo inferiore a cinque anni, al fine di determinare se in tale periodo sono stati superati gli obiettivi a lungo termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono combinare i risultati ottenuti dalle campagne di misurazione di breve durata effettuate nel periodo dell’anno e nei siti rappresentativi dei massimi livelli di inquinamento, con le informazioni ricavate dagli inventari delle emissioni e dalla modellizzazione. Articolo 10 Punti di campionamento 1. L’ubicazione dei punti di campionamento per la misurazione dell’ozono è determinata utilizzando i criteri definiti nell’allegato VIII. 2. In ciascuna zona o agglomerato in cui la misurazione è l’unica fonte di informazioni per valutare la qualità dell’aria, il numero dei punti di campionamento per la misurazione in siti fissi dell’ozono non deve essere inferiore al numero minimo di punti di campionamento di cui all’allegato IX, punto A. 3. Nelle zone e negli agglomerati nei quali le informazioni ottenute dai punti di campionamento per la misurazione in siti fissi siano integrate da informazioni ricavate dalla modellizzazione e/o da misurazioni indicative, il numero dei punti di campionamento di cui all’allegato IX punto A può essere ridotto purché siano rispettate le seguenti condizioni: a) i metodi supplementari forniscano informazioni sufficienti per la valutazione della qualità dell’aria con riferimento ai valori-obiettivo, agli obiettivi a lungo termine o alle soglie di allarme e d’informazione; b) il numero di punti di campionamento da installare e la risoluzione spaziale di altre tecniche siano sufficienti per accertare la concentrazione di ozono conformemente agli obiettivi di qualità dei dati di cui all’allegato I, punto A e far sì che i risultati della valutazione soddisfino i criteri di cui all’allegato I, punto B;

c) in ciascuna zona o agglomerato il numero di punti di campionamento sia almeno uno per due milioni di abitanti o uno per 50 000 km2, se ciò produce un numero maggiore di punti di campionamento; in ogni caso, il numero non dev’essere inferiore a uno per ciascuna zona o agglomerato; d) il biossido di azoto sia misurato in tutti i rimanenti punti di campionamento, ad esclusione delle stazioni rurali di fondo, quali definite nell’allegato VIII, punto A. Ai fini della valutazione della qualità dell’aria in riferimento ai valori-obiettivo si tiene conto dei risultati della modellizzazione e/o delle misurazioni indicative. 4. In corrispondenza di almeno il 50 % dei punti di campionamento dell’ozono previsti all’allegato IX, punto A, è effettuata anche la misurazione del biossido di azoto. Queste sono misurazioni in continuo, ad eccezione delle stazioni rurali di fondo, quali definite nell’allegato VIII, punto A, nelle quali possono essere utilizzati altri metodi di misurazione. 5. Nelle zone e negli agglomerati in cui, durante ciascuno dei precedenti cinque anni di misurazione, le concentrazioni siano state inferiori agli obiettivi a lungo termine, il numero dei punti di campionamento per le misurazioni in siti fissi è stabilito ai sensi dell’allegato IX, punto B. 6. Ciascuno Stato membro provvede affinché nel suo territorio sia allestito e mantenuto operativo almeno un punto di campionamento per rilevare dati sulle concentrazioni dei precursori dell’ozono elencati nell’allegato X. Ogni Stato membro stabilisce il numero e l’ubicazione delle stazioni nelle quali misurare i precursori dell’ozono, attenendosi agli obiettivi e ai metodi indicati nell’allegato X. Articolo 11 Metodi di misurazione di riferimento 1. Gli Stati membri applicano il metodo di riferimento per la misurazione dell’ozono indicato nell’allegato VI, punto A.8. Sono consentiti altri metodi di misurazione a condizione che soddisfino i criteri di cui all’allegato VI, punto B. 2. Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione i metodi utilizzati per il campionamento e la misurazione dei COV, secondo quanto indicato all’allegato X. CAPO III GESTIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA AMBIENTE Articolo 12 Prescrizioni per i casi in cui i livelli siano inferiori ai valori limite Nelle zone e negli agglomerati nei quali i livelli di biossido di zolfo, biossido di azoto, PM10, PM2,5, piombo, benzene e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente sono inferiori ai rispettivi valori limite indicati negli allegati XI e XIV, gli Stati membri mantengono i livelli di tali inquinanti al di sotto dei valori limite e si adoperano per preservare la migliore qualità dell’aria ambiente che risulti compatibile con lo sviluppo sostenibile. Articolo 13 Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione della salute umana 1. Gli Stati membri provvedono affinché i livelli di bios-

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sido di zolfo, PM10, piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI. Per quanto riguarda il biossido di azoto e il benzene, i valori limite fissati nell’allegato XI non possono essere superati a decorrere dalle date indicate nel medesimo allegato. Il rispetto di tali requisiti è valutato a norma dell’allegato III. I margini di tolleranza fissati nell’allegato XI si applicano a norma dell’articolo 22, paragrafo 3 e dell’articolo 23, paragrafo 1. 2. Le soglie di allarme applicabili per le concentrazioni di biossido di zolfo e biossido di azoto nell’aria ambiente sono indicate nell’allegato XII, punto A. Articolo 14 Livelli critici 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano rispettati i livelli critici indicati nell’allegato XIII valutati a norma dell’allegato III, punto A. 2. Nei casi in cui la misurazione in siti fissi è l’unica fonte di informazioni per valutare la qualità dell’aria, il numero dei punti di campionamento non dev’essere inferiore al numero minimo indicato nell’allegato V, punto C. Se le informazioni in questione sono integrate da informazioni provenienti da misurazioni indicative o dalla modellizzazione, il numero minimo di punti di campionamento può essere ridotto fino ad un massimo del 50% a condizione che le concentrazioni valutate dell’inquinante interessato possano essere determinate secondo gli obiettivi di qualità dei dati indicati nell’allegato I, punto A. Articolo 15 Obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione al PM2,5 per la protezione della salute umana 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie, che non comportano costi sproporzionati, per ridurre l’esposizione al PM2,5 al fine di conseguire l’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione di cui all’allegato XIV, punto B, entro l’anno indicato nello stesso allegato. 2. Gli Stati membri garantiscono che l’indicatore di esposizione media per l’anno 2015, stabilito conformemente all’allegato XIV, punto A, non superi l’obbligo di concentrazione dell’esposizione previsto al punto C di tale allegato. 3. L’indicatore di esposizione media per il PM2,5 è valutato secondo i criteri dell’allegato XIV, punto A. 4. Ciascuno Stato membro provvede, a norma dell’allegato III, affinché la distribuzione e il numero dei punti di campionamento su cui si basa l’indicatore di esposizione media per il PM2,5 rispecchino adeguatamente l’esposizione della popolazione in generale. Il numero dei punti di campionamento non deve essere inferiore a quello determinato secondo i criteri dell’allegato V, punto B. Articolo 16 Valore-obiettivo e valore limite del PM2,5 per la protezione della salute umana 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie, che non comportano costi sproporzionati, per garantire che le concentrazioni di PM2,5 nell’aria ambiente non superino il valore-obiettivo definito nell’allegato XIV,

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punto D, a decorrere dalla data ivi indicata. 2. Gli Stati membri garantiscono che le concentrazioni di PM2,5 nell’aria ambiente non superino il valore limite definito nell’allegato XIV, punto E, in tutte le loro zone e agglomerati a decor- rere dalla data ivi indicata. Il rispetto di tale requisito è valutato a norma dell’allegato III. 3. I margini di tolleranza fissati nell’allegato XIV, punto E, si applicano a norma dell’articolo 23, paragrafo 1. Articolo 17 Prescrizioni per le zone e gli agglomerati nei quali la concentrazione di ozono supera i valori-obiettivo e gli obiettivi a lungo termine 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie, che non comportano costi sproporzionati, per garantire che i valori-obiettivo e gli obiettivi a lungo termine siano conseguiti. 2. Per le zone e gli agglomerati nei quali un valoreobiettivo risulta superato, gli Stati membri garantiscono che il programma predisposto a norma dell’articolo 6 della direttiva 2001/81/CE e, se del caso, un piano per la qualità dell’aria siano messi in atto al fine di raggiungere i valori-obiettivo a decorrere dalla data indicata nell’allegato VII, punto B, della presente direttiva salvo quando ciò non sia realizzabile attraverso misure che non comportano costi sproporzionati. 3. Per le zone e gli agglomerati nei quali i livelli di ozono nell’aria ambiente superano gli obiettivi a lungo termine ma sono inferiori o uguali ai valori-obiettivo, gli Stati membri predispongono e attuano provvedimenti efficaci dal punto di vista dei costi finalizzati al conseguimento degli obiettivi a lungo termine. Tali provvedimenti sono almeno in linea con i piani per la qualità dell’aria e con il programma di cui al paragrafo 2. Articolo 18 Prescrizioni per le zone e gli agglomerati nei quali la concentrazione di ozono soddisfa gli obiettivi a lungo termine Nelle zone e negli agglomerati nei quali i livelli di ozono soddisfano gli obiettivi a lungo termine, e nella misura in cui lo consentano fattori quali, ad esempio, la natura transfrontaliera dell’inquinamento da ozono e le condizioni meteorologiche, gli Stati membri mantengono tali livelli al di sotto degli obiettivi a lungo termine e preservano, tramite provvedimenti proporzionati, la migliore qualità dell’aria ambiente che risulti compatibile con lo sviluppo sostenibile e un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana. Articolo 19 Misure in caso di superamento delle soglie di informazione o di allarme Se la soglia di informazione di cui all’allegato XII o una qualsiasi delle soglie di allarme specificate nello stesso allegato sono superate, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per informare il pubblico a mezzo radio, televisione, stampa o via Internet. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione, in via provvisoria, informazioni sui livelli registrati e sulla durata del superamento della soglia di allarme o della soglia di informazione.


Articolo 20 Contributi da fonti naturali 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per un determinato anno, l’elenco delle zone e degli agglomerati nei quali il superamento dei valori limite per un determinato inquinante è imputabile a fonti naturali. Gli Stati membri forniscono informazioni sulla concentrazione e sulle fonti, nonché elementi che dimostrino come il superamento sia imputabile a fonti naturali. 2. Nei casi in cui la Commissione è informata di un superamento imputabile a fonti naturali ai sensi del paragrafo 1, detto superamento non è considerato tale ai fini della presente direttiva. 3. Entro l’11 giugno 2010 la Commissione pubblica orientamenti per la dimostrazione e la detrazione dei superamenti imputabili a fonti naturali. Articolo 21 Superamenti dovuti alla sabbiatura o salatura invernali delle strade 1. Gli Stati membri possono designare zone o agglomerati nei quali i valori limite per il PM10 sono superati nell’aria ambiente a causa della risospensione del particolato a seguito della sabbiatura o salatura delle strade nella stagione invernale. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un elenco di tali zone o agglomerati, insieme alle informazioni sulle concentrazioni e sulle fonti di PM10. 3. Nell’informare la Commissione a norma dell’articolo 27, gli Stati membri forniscono la documentazione necessaria per dimostrare che ogni superamento è dovuto alla risospensione di particolato e che sono stati adottati provvedimenti ragionevoli per diminuire le concentrazioni. 4. Fatto salvo l’articolo 20, per le zone e gli agglomerati di cui al paragrafo 1 del presente articolo, gli Stati membri sono tenuti a predisporre il piano per la qualità dell’aria di cui all’articolo 23 solo se il superamento dei valori del PM10 è dovuto a cause diverse dalla sabbiatura o salatura invernali delle strade. 5. La Commissione pubblica orientamenti per la determinazione dei contributi provenienti dalla risospensione di particolato a seguito di sabbiatura o salatura delle strade entro l’11 giugno 2010. Articolo 22 Proroga del termine per il conseguimento e deroga all’obbligo di applicare determinati valori limite 1. Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile raggiungere i valori limite fissati per il biossido di azoto o il benzene entro i termini di cui all’allegato XI, uno Stato membro può prorogare tale termine di cinque anni al massimo per la zona o l’agglomerato in questione, a condizione che sia predisposto un piano per la qualità dell’aria a norma dell’articolo 23 per la zona o per l’agglomerato cui s’intende applicare la proroga; detto piano per la qualità dell’aria è integrato dalle informazioni di cui all’allegato XV, punto B, relative agli inquinanti in questione e dimostra come i valori limite saranno conseguiti entro il nuovo termine. 2. Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile conformarsi ai valori limite per il PM10 di cui all’allegato XI, per le caratteristiche di dispersione speci-

fiche del sito, per le condizioni climatiche avverse o per l’apporto di inquinanti transfrontalieri, uno Stato membro non è soggetto all’obbligo di applicare tali valori limite fino all’11 giugno 2011 purché siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 1 e purché lo Stato membro dimostri che sono state adottate tutte le misure del caso a livello nazionale, regionale e locale per rispettare le scadenze. 3. Qualora gli Stati membri applichino i paragrafi 1 o 2, provvedono affinché il valore limite per ciascun inquinante non sia superato oltre il margine di tolleranza massimo indicato nell’allegato XI per ciascun inquinante interessato. 4. Gli Stati membri notificano alla Commissione i casi in cui ritengono applicabili i paragrafi 1 o 2 e le comunicano il piano per la qualità dell’aria di cui al paragrafo 1, comprese tutte le informazioni utili di cui la Commissione deve disporre per valutare se le condizioni pertinenti sono soddisfatte. In tale valutazione la Commissione tiene conto degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente negli Stati membri, attualmente e in futuro, delle misure adottate dagli Stati membri e degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente delle attuali misure comunitarie e delle misure comunitarie previste che la Commissione proporrà. Se la Commissione non solleva obiezioni entro nove mesi dalla data di ricevimento di tale notifica, le condizioni per l’applicazione dei paragrafi 1 o 2 sono considerate soddisfatte. In caso di obiezioni, la Commissione può chiedere agli Stati membri di rettificare i piani per la qualità dell’aria oppure di presentarne di nuovi. CAPO IV PIANI Articolo 23 Piani per la qualità dell’aria 1. Se in determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV. In caso di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini. Tali piani per la qualità dell’aria contengono almeno le informazioni di cui all’allegato XV, punto A, e possono includere misure a norma dell’articolo 24. Detti piani sono comunicati alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento. Qualora occorra predisporre o attuare piani per la qualità dell’aria relativi a diversi inquinanti, gli Stati membri, se del caso, predispongono e attuano piani integrati per la qualità dell’aria riguardanti tutti gli inquinanti interessati. 2. Gli Stati membri garantiscono, per quanto possibile, la co-

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erenza con altri piani previsti a norma della direttiva 2001/80/ CE, della direttiva 2001/81/CE o della direttiva 2002/49/CE al fine di realizzare gli obiettivi ambientali del caso. Articolo 24 Piani d’azione a breve termine 1. Se in determinate zone o agglomerati sussiste il rischio che i livelli degli inquinanti superino una o più soglie di allarme di cui all’allegato XII gli Stati membri provvedono a elaborare piani d’azione contenenti indicazioni sui provvedimenti da adottare nel breve termine per ridurre il rischio o la durata del superamento. Se il rischio riguarda uno o più valori limite o valori-obiettivo di cui agli allegati VII, XI e XIV, gli Stati membri possono, se opportuno, elaborare tali piani d’azione a breve termine. Tuttavia, se sussiste il rischio che venga superata la soglia di allarme per l’ozono indicata nell’allegato XII, punto B, gli Stati membri preparano i piani d’azione a breve termine solo se, a loro parere, alla luce delle condizioni geografiche, meteorologiche ed economiche nazionali, le possibilità di ridurre il rischio, la durata o la gravità del superamento sono significative. Nella redazione dei piani d’azione a breve termine gli Stati membri tengono conto della decisione 2004/279/CE. 2. I piani d’azione a breve termine di cui al paragrafo 1 possono, in funzione del caso singolo, contemplare provvedimenti efficaci per limitare e, se necessario, sospendere le attività che contribuiscono al rischio che i rispettivi valori limite, valori-obiettivo o soglie di allarme siano superati. Tali piani d’azione possono prevedere provvedimenti connessi con la circolazione dei veicoli a motore, i lavori di costruzione, le navi all’ormeggio e con l’attività degli impianti industriali e l’uso di prodotti nonché il riscaldamento domestico. Nel quadro di tali piani possono anche essere prese in considerazione azioni specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini. 3. Quando gli Stati membri elaborano un piano d’azione a breve termine, mettono a disposizione del pubblico e delle associazioni interessate, quali le associazioni ambientaliste, le associazioni dei consumatori, le associazioni che rappresentano gli interessi dei gruppi di popolazione sensibili, gli altri organismi sanitari pertinenti e le associazioni di categoria interessate, sia i risultati delle loro indagini sulla fattibilità e sul contenuto dei piani d’azione specifici a breve termine, sia informazioni sull’attuazione di tali piani. 4. Per la prima volta anteriormente all’11 giugno 2010 ed a intervalli regolari successivamente, la Commissione pubblica esempi delle migliori pratiche per l’elaborazione dei piani d’azione a breve termine, compresi esempi delle migliori prassi per la protezione di gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini. Articolo 25 Inquinamento atmosferico transfrontaliero 1. Se le soglie di allarme, i valori limite o i valori-obiettivo più il margine di tolleranza del caso o gli obiettivi a lungo termine sono superati a causa del trasporto transfrontaliero di quantitativi significativi di inquinanti o loro precursori, gli Stati membri interessati cooperano e, se opportuno, formulano iniziative congiunte, quali la preparazione di piani comuni o coordinati per la qualità dell’aria a norma

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dell’articolo 23, al fine di eliminare il superamento, ricorrendo a provvedimenti adeguati ma proporzionati. 2. La Commissione è invitata a partecipare e ad assistere a tutte le iniziative di cooperazione di cui al paragrafo 1. Se opportuno, la Commissione esamina, alla luce delle relazioni presentate a norma dell’articolo 9 della direttiva 2001/81/CE, se sia necessario intervenire ulteriormente a livello comunitario per ridurre le emissioni di precursori che causano l’inquinamento transfrontaliero. 3. Gli Stati membri predispongono e attuano, ove opportuno ai sensi dell’articolo 24, piani d’azione a breve termine concertati che si applicano alle zone confinanti di altri Stati membri. Gli Stati membri assicurano che le zone confinanti degli altri Stati membri che hanno predisposto piani d’azione a breve termine ricevano tutte le informazioni appropriate. 4. Allorché si verifichino superamenti della soglia di informazione o della soglia di allarme in zone o agglomerati in prossimità dei confini nazionali, le autorità competenti degli Stati membri limitrofi interessati devono essere informate quanto prima. Dette informazioni sono rese disponibili anche al pubblico. 5. Nel predisporre i piani di cui ai paragrafi 1 e 3 e nell’informarne il pubblico come previsto al paragrafo 4, gli Stati membri si adoperano, se del caso, per cercare una cooperazione con i paesi terzi, in particolare con i paesi candidati all’adesione. CAPO V INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DEI DATI Articolo 26 Informazione del pubblico 1. Gli Stati membri provvedono ad informare adeguatamente e con tempestività il pubblico e le associazioni interessate, quali le associazioni ambientaliste, le associazioni dei consumatori, le associazioni che rappresentano gli interessi dei gruppi sensibili di popolazione, gli altri organismi sanitari pertinenti e le associazioni di categoria interessate, in merito: a) alla qualità dell’aria ambiente secondo quanto disposto dall’allegato XVI; b) a tutte le decisioni riguardanti le proroghe di cui all’articolo 22, paragrafo 1; c) ad ogni esenzione a norma dell’articolo 22, paragrafo 2; d) ai piani per la qualità dell’aria di cui all’articolo 22, paragrafo 1, e all’articolo 23 e ai programmi di cui all’articolo 17, paragrafo 2. Le informazioni sono rese disponibili gratuitamente e attraverso mezzi facilmente accessibili tra cui Internet o altri mezzi di telecomunicazione adeguato e tengono conto delle disposizioni della direttiva 2007/2/CE. 2. Gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico le relazioni annuali riguardanti tutti gli inquinanti disciplinati dalla presente direttiva. Tali relazioni contengono in sintesi i livelli del superamento di valori limite, valori-obiettivo, obiettivi a lungo termine, soglie di informazione e soglie di allarme per i periodi di calcolo dei valori medi interessati. Oltre a queste informazioni è presentata una valutazione sintetica degli effetti del superamento dei valori predetti. Tali relazioni possono com-


prendere, se del caso, ulteriori informazioni e valutazioni sulla tutela delle foreste e dati su altri inquinanti per i quali sono previste disposizioni di monitoraggio nella presente direttiva, quali, ad esempio, alcuni precursori dell’ozono non regolamentati indicati nell’allegato X, punto B. 3. Gli Stati membri informano il pubblico in merito all’autorità o all’organismo competenti designati per espletare i compiti di cui all’articolo 3. Articolo 27 Trasmissione di informazioni e relazioni 1. Gli Stati membri provvedono a far pervenire alla Commissione le informazioni sulla qualità dell’aria ambiente entro i termini richiesti, stabiliti dalle disposizioni d’attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2. 2. In ogni caso, al fine specifico di valutare la conformità ai valori limite e ai livelli critici nonché al raggiungimento dei valori obiettivo, tali informazioni sono messe a disposizione della Commissione entro nove mesi dalla fine di ciascun anno ed includono: a) le modifiche apportate nell’anno in questione all’elenco e alla delimitazione delle zone e degli agglomerati istituiti ai sensi dell’articolo 4; b) l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti sono superiori ai valori limite più, ove applicabile, il margine di tolleranza o superiori ai valori-obiettivo o ai livelli critici, nonché, per tali zone o agglomerati: i) i livelli valutati e, se del caso, le date e i periodi in cui tali livelli sono stati riscontrati; ii) se opportuno, una valutazione dei contributi da fonti naturali ai livelli valutati e dei contributi relativi alla risospensione del particolato a seguito di sabbiatura o salatura delle strade nella stagione invernale, come dichiarati alla Commissione ai sensi degli articoli 20 e 21. 3. I paragrafi 1 e 2 si applicano alle informazioni raccolte a decorrere dall’inizio del secondo anno civile successivo all’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2. Articolo 28 Disposizioni di attuazione 1. Le misure destinate a modificare gli elementi non essenziali della presente direttiva, vale a dire gli allegati da I a VI, gli allegati da VIII a X e l’allegato XV, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 29, paragrafo 3. Le modifiche non possono, tuttavia, avere l’effetto di modificare, direttamente o indirettamente: a) i valori limite, gli obiettivi di riduzione dell’esposizione, i livelli critici, i valori-obiettivo, le soglie di informazione, le soglie di allarme o gli obiettivi a lungo termine di cui all’allegato VII e agli allegati da XI a XIV; né b) le date alle quali dev’essere garantita la conformità a uno qualsiasi dei parametri di cui alla lettera a). 2. La Commissione stabilisce, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 29, paragrafo 2, le informazioni supplementari che agli Stati membri devono far pervenire a norma dell’articolo 27 nonché il calendario per la trasmissione di tali informazioni. La Commissione individua inoltre le soluzioni per razionalizzare il sistema di comunicazione dei dati e lo

scambio reciproco di informazioni e di dati provenienti dalle reti e dalle singole stazioni di misurazione dell’inquinamento atmosferico presenti negli Stati membri, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 29, paragrafo 2. 3. La Commissione formula orientamenti in merito agli accordi sull’allestimento delle stazioni di misurazione comuni di cui all’articolo 6, paragrafo 5. 4. La Commissione pubblica orientamenti sulla dimostrazione dell’equivalenza di cui all’allegato VI, punto B. CAPO VI COMITATO, DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Articolo 29 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato, il “comitato per la qualità dell’aria ambiente”. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE, è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 30 Sanzioni Gli Stati membri determinano il regime di sanzioni da comminare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

Articolo 31 Abrogazione e disposizioni transitorie 1. Le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69/CE e 2002/3/CE sono abrogate a decorrere dall’11 giugno 2010, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri riguardanti i termini per il recepimento o dall’applicazione delle suddette direttive. Tuttavia, a decorrere dall’11 giugno 2008 si applica quanto segue: a) l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 96/62/CE è sostituito dal seguente: “1. Le disposizioni dettagliate per la trasmissione delle informazioni da fornire ai sensi dell’articolo 11 sono adottate secondo la procedura di cui al paragrafo 3.”; b) l’articolo 7, paragrafo 7, la nota 1 al punto I dell’allegato VIII e il punto VI dell’allegato IX della direttiva 1999/30/CE sono soppressi; c) l’articolo 5, paragrafo 7, e il punto III dell’allegato VII della direttiva 2000/69/CE sono soppressi; d) l’articolo 9, paragrafo 5, e il punto II dell’allegato VIII della direttiva 2002/3/CE sono soppressi. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, primo comma, i seguenti articoli rimangono in vigore:

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a) l’articolo 5 della direttiva 96/62/CE: fino al 31 dicembre 2010; b) l’articolo 11, paragrafo 1 della direttiva 96/62/CE e l’articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3 della direttiva 2002/3/ CE: fino della fine del secondo anno civile successivo all’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2 della presente direttiva; c) l’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della direttiva 1999/30/ CE: fino al 31 dicembre 2009. 3. I riferimenti alle direttive abrogate si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato XVII. 4. La decisione 97/101/CE è abrogata con effetto dalla fine del secondo anno civile successivo all’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2 della presente direttiva. Tuttavia, il terzo, quarto e quinto trattino dell’articolo 7 della decisione 97/101/CE sono soppressi a decorrere dall’11 giugno 2008. Articolo 32 Riesame 1. Nel 2013 la Commissione riesamina le disposizioni relative al PM2,5 e, se opportuno, ad altri inquinanti e presenta una proposta al Parlamento europeo e al Consiglio. Per quanto riguarda il PM2,5, il riesame è effettuato allo scopo di stabilire un obbligo nazionale giuridicamente vincolante per la riduzione dell’esposizione in sostituzione dell’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione e per la verifica dell’obbligo di concentrazione dell’esposizione stabilito all’articolo 15, tenendo conto, tra l’altro, dei seguenti elementi: - le ultime informazioni scientifiche dell’OMC e delle altre pertinenti organizzazioni, - la situazione della qualità dell’aria e le potenzialità di riduzione negli Stati membri, - la revisione della direttiva 2001/81/CE, - i progressi conseguiti nell’attuazione delle misure comunitarie di riduzione degli inquinanti atmosferici. 2. La Commissione tiene conto della possibilità pratica di adottare un valore limite più ambizioso per il PM2,5, sottopone a riesame il valore limite indicativo della seconda fase per il PM2,5 ed esamina se confermare o modificare detto valore. 3. Nell’ambito del riesame, la Commissione prepara inoltre una relazione sull’esperienza e la necessità di monitoraggio del PM10 e PM2,5, tenuto conto dei progressi tecnici nelle tecniche di misurazione automatica. Se opportuno, sono proposti nuovi metodi di riferimento per la misurazione del PM10 e PM2,5.

pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono determinate dagli Stati membri. 2. Tuttavia, gli Stati membri provvedono a predisporre, entro il 1o gennaio 2009, un numero sufficiente di stazioni di fondo urbano per la misurazione dell’esposizione al PM2,5, necessarie per calcolare l’indicatore esposizione media a norma dell’allegato V, punto B, al fine di rispettare i termini e le condizioni di cui all’allegato XIV, punto A. 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 34 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 35 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 21 maggio 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. LENARČIČ

ALLEGATO I OBIETTIVI DI QUALITÀ DEI DATI A. Obiettivi di qualità dei dati per la valutazione della qualità dell’aria ambiente

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Articolo 33 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente all’11 giugno 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di dette disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della

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Gli Stati membri possono applicare misurazioni discontinue invece delle misurazioni in continuo per il benzene, il piombo e il particolato se dimostrano alla Commissione che l’incertezza, anche quella dovuta al campionamento casuale, risponde all’obiettivo di qualità del 25 % e che il periodo di copertura rimane superiore al periodo minimo di copertura per le misurazioni indicative. Il campionamento casuale deve essere equamente distribuito nel corso dell’anno per evitare di falsare i risultati. L’incertezza dovuta al campionamento casuale può essere determinata secondo le procedure stabilite nella norma ISO 11222:2002 “Qualità dell’aria - Determinazione dell’incertezza della media temporanea delle misure di qualità


dell’aria”. Se le misurazioni discontinue sono utilizzate per valutare i requisiti del valore limite del PM10, occorre valutare il 90,4 percentile (che dev’essere inferiore o uguale a 50 ug/m3) anziché il numero di superamenti, che è fortemente influenzato dalla copertura dei dati. (2) Distribuita nell’arco dell’anno in maniera tale da essere rappresentativa delle varie condizioni climatiche e di traffico. (3) Misurazione in un giorno scelto a caso di ogni settimana in modo che le misurazioni siano uniformemente distribuite nell’arco dell’anno, oppure 8 settimane di misurazioni distribuite equamente nell’arco dell’anno. (4) Una misurazione alla settimana a caso, in modo che le misurazioni siano uniformemente distribuite nell’arco dell’anno, oppure 8 settimane di misurazioni distribuite equamente nell’arco dell’anno.

L’incertezza (con un intervallo di fiducia del 95 %) dei metodi di misurazione sarà valutata in base ai principi della guida CEN per l”Espressione dell’incertezza nelle misure” (ENV 13005-1999), alla metodologia della norma ISO 5725:1994 e alle indicazioni contenute nella relazione CEN sulla “Qualità dell’aria - Approccio alla stima dell’incertezza per i metodi di misura di riferimento per l’aria ambiente” (CR 14377:2002E). Le percentuali di incertezza riportate nella precedente tabella sono indicate per le misurazioni individuali medie nel periodo considerato ai fini del calcolo del valore limite (o dal valore obiettivo in caso di ozono) per un intervallo di fiducia del 95 %. L’incertezza per le misurazioni in siti fissi va interpretata come applicabile nell’interno dell’opportuno valore limite (o dal valore obiettivo in caso di ozono). L’incertezza per la modellizzazione è definita come lo scarto massimo dei livelli di concentrazione misurati e calcolati del 90 % dei singoli punti di monitoraggio, nel periodo considerato, dal valore limite (o dal valore obiettivo in caso di ozono), a prescindere dalla tempistica degli eventi. L’incertezza per la modellizzazione va interpretata come applicabile nell’intorno dell’opportuno valore limite (o valore obiettivo in caso di ozono). Le misurazioni in siti fissi selezionate ai fini di un raffronto con i risultati della modellizzazione sono rappresentative della scala coperta dal modello. L’incertezza per la stima obiettiva è definita come lo scarto massimo dei livelli di concentrazione misurati e calcolati, nel periodo considerato, dal valore limite (o dal valore obiettivo in caso di ozono), a prescindere dalla tempistica degli eventi. Le prescrizioni per la raccolta minima dei dati e il periodo minimo di copertura non comprendono le perdite di dati dovute alla calibrazione periodica o alla manutenzione ordinaria della strumentazione. B. Risultati della valutazione della qualità dell’aria Per le zone o gli agglomerati dove si ricorre a fonti diverse dalle misurazioni per completare le informazioni ottenute con le misurazioni, oppure dove queste fonti sono l’unico mezzo per valutare la qualità dell’aria è necessario presentare anche le seguenti informazioni: - descrizione delle attività di valutazione svolte, - metodi specifici utilizzati e loro descrizione, - fonti dei dati e delle informazioni,

- descrizione dei risultati, comprese l’incertezza e, in particolare, l’estensione di qualsiasi area o, se del caso, la lunghezza della strada all’interno di una zona o di un agglomerato dove le concentrazioni superano il(i) valore(i) limite, il(i) valore(i)-obiettivo o l’obiettivo a lungo termine più il margine di tolleranza applicabile, e di ogni area dove le concentrazioni superano la soglia di valutazione superiore o la soglia di valutazione inferiore, - popolazione potenzialmente esposta a livelli superiori rispetto ai valori limite per la protezione della salute umana. C. Garanzia di qualità per la valutazione della qualità dell’aria ambiente: convalida dei dati 1. Per garantire l’accuratezza delle misurazioni e il rispetto degli obiettivi di qualità dei dati istituiti nel punto A, le autorità e gli organismi competenti del caso designati a norma dell’articolo 3 devono garantire che: - tutte le misurazioni effettuate ai fini della valutazione della qualità dell’aria ambiente a norma degli articoli 6 e 9 siano tracciabili secondo i requisiti stabiliti nella sezione 5.6.2.2. della norma ISO/IEC 17025:2005, - le istituzioni che gestiscono reti e singole stazioni di misurazione dispongano di un sistema consolidato di garanzia qualità e controllo qualità che preveda una manutenzione periodica per assicurare l’accuratezza degli strumenti di misura, - sia istituita una procedura di garanzia/controllo qualità per il rilevamento e la comunicazione dei dati rilevati e che le istituzioni designate a tale scopo partecipino attivamente ai programmi correlati di garanzia qualità su scala comunitaria, - i laboratori nazionali, designati dall’autorità competente o dall’organismo di cui all’articolo 3 e che partecipano alle attività di intercalibrazione a livello comunitario per gli inquinanti disciplinati dalla presente direttiva, siano accreditati secondo la norma EN/ISO 17025 entro il 2010 per i metodi di riferimento di cui all’allegato VI. I laboratori devono partecipare al coordinamento, sul territorio degli Stati membri, dei programmi di garanzia qualità di scala comunitaria che la Commissione organizza e devono anche coordinare, a livello nazionale, l’esecuzione adeguata dei metodi di riferimento e le attività di dimostrazione dell’equivalenza per i metodi diversi da quelli di riferimento. 2. Si considera che tutti i dati comunicati a norma dell’articolo 27 siano validi, eccettuati quelli indicati come provvisori.

ALLEGATO II Determinazione dei requisiti per la valutazione delle concentrazioni di biossido di zolfo, biossido di azoto e ossidi di azoto, particolato (pm10 e pm2,5), piombo, benzene e monossido di carbonio nell’aria ambiente in una zona o in un agglomerato A. Soglie di valutazione superiore e inferiore Si applicano le seguenti soglie di valutazione superiore e inferiore:

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ne e monossido di carbonio nell’aria ambiente A. In generale La qualità dell’aria ambiente è valutata in tutte le zone e gli agglomerati secondo i seguenti criteri: 1. La qualità dell’aria ambiente è valutata in tutti i siti, eccettuati quelli di cui al paragrafo 2, secondo i criteri stabiliti nei punti B e C per l’ubicazione dei punti di campionamento per le misurazioni in siti fissi. I principi enunciati nei punti B e C si applicano anche se sono utili per individuare le ubicazioni specifiche in cui è stabilita la concentrazione degli inquinanti interessati, qualora la qualità dell’aria ambiente sia valutata attraverso misurazioni indicative o la modellizzazione. 2. La conformità con i valori limite finalizzati alla protezione della salute umana non è valutata nelle seguenti ubicazioni: a) tutte le ubicazioni situate nelle zone cui il pubblico non ha accesso e in cui non vi sono abitazioni fisse; b) a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, all’interno di stabilimenti o impianti industriali ai quali si applicano tutte le pertinenti disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) sulle carreggiate delle strade e sugli spartitraffici, salvo se i pedoni hanno normalmente accesso allo spartitraffico.

B. Determinazione dei superamenti delle soglie di valutazione superiore ed inferiore I superamenti delle soglie di valutazione, superiore ed inferiore, devono essere determinati sulla base delle concentrazioni del quinquennio precedente per il quale sono disponibili dati sufficienti. Una soglia di valutazione si considera superata se, sul quinquennio precedente, è stata superata durante almeno tre anni non consecutivi. Se i dati disponibili non coprono il quinquennio, per determinare i superamenti delle soglie di valutazione superiore ed inferiore gli Stati membri possono combinare campagne di misura di breve durata nel periodo dell’anno e nei siti rappresentativi dei massimi livelli di inquinamento con le informazioni ricavate da inventari delle emissioni e da modellizzazioni.

ALLEGATO III Valutazione della qualità dell’aria ambiente e ubicazione dei punti di campionamento per la misurazione di biossido di zolfo, biossido di azoto e ossidi di azoto, particolato (PM10 e PM2,5), piombo, benze-

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B. Ubicazione su macroscala dei punti di campionamento 1) Protezione della salute umana a) I punti di campionamento installati ai fini della protezione della salute umana devono essere situati in modo da fornire dati: - sulle aree all’interno di zone ed agglomerati dove si verificano le concentrazioni più elevate alle quali la popolazione può essere esposta, direttamente o indirettamente, per un periodo significativo in relazione al periodo di mediazione del(i) valore(i) limite, - sui livelli nelle altre aree all’interno delle zone e degli agglomerati rappresentativi dell’esposizione della popolazione in generale. b) In generale, i punti di campionamento devono essere situati in modo da evitare misurazioni di micro-ambienti molto ridotti nelle immediate vicinanze dei punti; in altri termini, ciò significa che il punto di campionamento deve essere situato in modo che, se possibile, l’aria campionata sia rappresentativa della qualità dell’aria su un tratto di strada lungo almeno 100 m per i siti legati alla circolazione e di una superficie pari ad almeno 250 m × 250 m per i siti industriali. c) I siti di fondo urbano devono essere ubicati in modo tale che il livello di inquinamento cui sono esposti sia influenzato dal contributo integrato di tutte le fonti sopravvento rispetto alla stazione. In relazione al livello di inquinamento non deve prevalere un’unica fonte, a meno che tale situazione non sia caratteristica di un’area urbana più vasta. Questi punti di campionamento devono, in genere, essere rappresentativi di vari chilometri quadrati.


d) Se si devono valutare i livelli di fondo rurale, il punto di campionamento non deve essere influenzato da agglomerati o siti industriali situati nelle vicinanze, cioè siti a una distanza inferiore a cinque chilometri. e) Quando devono essere valutati i contributi delle fonti industriali, almeno un punto di campionamento deve essere installato sottovento rispetto alla fonte all’interno della zona residenziale più vicina. Se la concentrazione di fondo è sconosciuta, è necessario installare un altro punto di campionamento nella direzione principale del vento. f) Per quanto possibile, i punti di campionamento devono anche essere rappresentativi di località simili non nelle loro immediate vicinanze. g) Si deve tener conto della necessità di installare punti di campionamento nelle isole, dove ciò sia necessario per la protezione della salute umana. 2) Protezione della vegetazione e degli ecosistemi naturali I punti di campionamento finalizzati alla protezione della vegetazione e degli ecosistemi naturali devono essere situati a più di 20 km di distanza dagli agglomerati o a più di 5 km di distanza da altre zone edificate, impianti industriali o autostrade o strade principali con conteggi di traffico superiori a 50.000 veicoli al giorno; ciò significa che un punto di campionamento deve essere situato in modo tale che l’aria campionata sia rappresentativa della qualità dell’aria presente in una superficie circostante di almeno 1.000 km2. Gli Stati membri possono provvedere affinché un punto di campionamento venga posto ad una distanza inferiore o sia rappresentativo della qualità dell’aria di un’area meno estesa tenendo conto delle condizioni geografiche o delle possibilità di protezione delle zone particolarmente vulnerabili. Si deve tener conto della necessità di valutare la qualità dell’aria sulle isole. C. Ubicazione su microscala dei punti di campionamento Per quanto possibile devono applicarsi i seguenti criteri: - l’ingresso della sonda di campionamento deve essere libero (per un angolo di almeno 270°) e non vi debbono essere ostacoli che possano disturbare il flusso d’aria nelle vicinanze del campionatore (di norma ad alcuni metri da edifici, balconi, alberi ed altri ostacoli e, nel caso di punti di campionamento rappresentativi della qualità dell’aria sulla linea degli edifici, ad almeno una distanza di 0,5 m dall’edificio più prossimo), - di regola, il punto di ingresso dell’aria deve situarsi tra 1,5 m (fascia di respirazione) e 4 m sopra il livello del suolo. Possono essere talvolta necessarie posizioni più elevate (fino ad 8 m). Può anche essere opportuna un’ubicazione più elevata se la stazione è rappresentativa di un’ampia area, - l’ingresso della sonda non deve essere collocato nelle immediate vicinanze di fonti inquinanti per evitare l’aspirazione diretta di emissioni non miscelate all’aria ambiente, - lo scarico del campionatore deve essere collocato in modo da evitare il ricircolo dell’aria scaricata verso

l’ingresso del campionatore, - per tutti gli inquinanti le sonde di campionamento legate al traffico devono essere situate ad almeno 25 m di distanza dal bordo dei grandi incroci e a non più di 10 m dal bordo stradale; Si può anche tener conto dei fattori seguenti: - fonti di interferenza, - sicurezza, - accesso, - disponibilità di energia elettrica e di linee telefoniche, - visibilità del punto di campionamento rispetto all’ambiente circostante, - sicurezza del pubblico e degli addetti, - opportunità di ubicare punti di campionamento per diversi inquinanti nello stesso sito, - vincoli di pianificazione. D. Documentazione e riesame della scelta del sito I metodi di scelta del sito devono essere pienamente documentati nella fase di classificazione mediante fotografie dell’area circostante che riportino le coordinate geografiche e una mappa particolareggiata. I siti devono essere riesaminati ad intervalli regolari, aggiornando la documentazione per garantire che i criteri di selezione restino validi.

ALLEGATO IV MISURAZIONI NEI SITI DI FONDO RURALI A PRESCINDERE DALLA CONCENTRAZIONE A. Obiettivi Queste misurazioni servono principalmente a rendere disponibili informazioni sufficienti sui livelli di fondo. Si tratta di informazioni essenziali per valutare i livelli più elevati nelle zone più inquinate (come il fondo urbano, i siti connessi ad attività industriali, i siti relativi al traffico), determinare il possibile contributo dato da inquinanti atmosferici trasportati su lunghe distanze, contribuire all’analisi della ripartizione tra le varie fonti e capire il comportamento di inquinanti specifici come il particolato. È altresì essenziale per utilizzare maggiormente le tecniche di modellizzazione anche nelle zone urbane. B. Sostanze La misurazione del PM2,5 deve comprendere almeno la concentrazione di massa totale e le concentrazioni dei componenti più opportuni per determinarne la composizione chimica. Devono essere comprese almeno le specie chimiche che figurano nell’elenco della tabella seguente.

C. Ubicazione Le misurazioni devono essere effettuate in particolare in zone di fondo rurali, secondo le modalità definite nell’allegato III, punti A, B e C.

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ALLEGATO V

cidere con quelli previsti al punto A.

Criteri per determinare il numero minimo di punti di campionamento per la misurazione in siti fissi delle concentrazioni di biossido di zolfo, biossido di azoto e ossidi di azoto, particolato (PM10 e PM2,5), piombo, benzene e monossido di carbonio nell’aria ambiente

C. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi al fine di valutare la conformità ai livelli critici per la protezione della vegetazione in zone diverse dagli agglomerati

A. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi al fine di valutare la conformità ai valori limite per la protezione della salute umana e le soglie di allarme nelle zone e negli agglomerati dove la misurazione in siti fissi è l’unica fonte di informazione

Nelle zone insulari, il numero dei punti di campionamento per le misurazioni in siti fissi deve essere calcolato tenendo conto del probabile profilo di distribuzione dell’inquinamento dell’aria ambiente e della potenziale esposizione della vegetazione.

1. Fonti diffuse ALLEGATO VI Metodi di riferimento per la valutazione delle concentrazioni di biossido di zolfo, biossido di azoto e ossidi di azoto, particolato (PM10 e PM2,5), piombo, benzene, monossido di carbonio, e ozono

(1)

Per il biossido di azoto, il particolato, il benzene e il monossido di carbonio: prevedere almeno una stazione di monitoraggio di fondo urbano e una stazione orientata al traffico, a condizione che ciò non comporti un aumento del numero di punti di campionamento. Per questi inquinanti il numero totale di stazioni di fondo urbano e il numero totale di stazioni orientate al traffico presenti in uno Stato membro come previsto al punto A, 1), non devono differire per un fattore superiore a 2. I punti di campionamento con superamenti del valore limite del PM10 negli ultimi tre anni sono mantenuti, a meno che non sia necessaria una delocalizzazione per circostanze speciali, in particolare lo sviluppo territoriale. (2) Se il PM2,5 e il PM10 sono misurati conformemente all’articolo 8 nella stessa stazione di monitoraggio, questa si considera come due punti di campionamento distinti. Il numero totale di punti di campionamento del PM2,5 e, quello dei punti di campionamento del PM10 presenti in uno Stato membro come previsto al punto A, 1) non devono differire per un fattore superiore a 2 e il numero di punti di campionamento del PM2,5 presenti nei fondi urbani degli agglomerati e dei centri urbani deve soddisfare i requisiti di cui all’allegato V, punto B.

2. Fonti puntuali Per valutare l’inquinamento nelle vicinanze di fonti puntuali, si deve calcolare il numero di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi tenendo conto delle densità delle emissioni, del probabile profilo di distribuzione dell’inquinamento dell’aria ambiente e della potenziale esposizione della popolazione. B. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi al fine di valutare la conformità all’obiettivo di riduzione dell’esposizione al PM2,5 per la protezione della salute umana. A tal fine deve essere predisposto un punto di campionamento per milione di abitanti per l’insieme degli agglomerati e altre zone urbane con più di 100 000 abitanti. Questi punti di campionamento possono coin-

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A. Metodi di misurazione di riferimento 1. Metodo di riferimento per la misurazione del biossido di zolfo Il metodo di riferimento per la misurazione del biossido di zolfo è descritto nella norma EN 14212:2005 “Ambient air quality - Standard method for the measurement of the concentration of sulphur dioxide by ultraviolet fluorescence”. 2. Metodo di riferimento per la misurazione del biossido di azoto e degli ossidi di azoto Il metodo di riferimento per la misurazione del biossido di azoto e degli ossidi di azoto è descritto nella norma EN 14211:2005 “Ambient air quality - Standard method for the measurement of the concentration of nitrogen dioxide and nitrogen monoxide by chemiluminescence”. 3. Metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del piombo Il metodo di riferimento per il campionamento del piombo è descritto nel presente allegato, punto A.4. Il metodo di riferimento per la misurazione del piombo è descritto nella norma EN 14902:2005 “Standard method for measurement of Pb/Cd/As/Ni in the PM10 fraction of suspended particulate matter”. 4. Metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10 Il metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10 è descritto nella norma EN 12341:1999 “Qualità dell’aria - Procedura di prova in campo per dimostrare l’equivalenza di riferimento dei metodi di campionamento per la frazione di PM10 del materiale particolato”. 5. Metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM2,5 Il metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM2,5 è descritto nella norma EN 14907:2005 “Standard gravimetric measurement method for the determination of the PM2,5 mass fraction of suspended particulate matter”. 6. Metodo di riferimento per il campionamento e la mi-


surazione del benzene Il metodo di riferimento per la misurazione del benzene è descritto nella norma EN 14662:2005, parti 1, 2 e 3, “Ambient air quality - Standard method for measurement of benzene concentrations”. 7. Metodo di riferimento per la misurazione del monossido di carbonio Il metodo di riferimento per la misurazione del monossido di carbonio è descritto nella norma EN 14626:2005 “Ambient air quality - Standard method for the measurement of the concentration of carbon monoxide by nondispersive infrared spectroscopy”. 8. Metodo di riferimento per la misurazione dell’ozono Il metodo di riferimento per la misurazione dell’ozono è descritto nella norma EN 14625:2005 “Ambient air quality - Standard method for the measurement of the concentration of ozone by ultraviolet photometry”. B. Dimostrazione dell’equivalenza 1. Gli Stati membri possono utilizzare qualsiasi altro metodo di campionamento e misurazione a condizione che riescano a dimostrare che esso dà risultati equivalenti a quelli dei metodi di cui al punto A o, nel caso del particolato, qualsiasi altro metodo per il quale gli Stati membri interessati riescano a dimostrare che presenta un rapporto coerente con il metodo di riferimento prescritto. In tal caso, i risultati ottenuti con il metodo utilizzato devono essere rettificati con un fattore di correzione per ottenere risultati equivalenti a quelli che si sarebbero conseguiti con il metodo di riferimento. 2. La Commissione può chiedere agli Stati membri di preparare e presentarle un rapporto per dimostrare l’equivalenza a norma del paragrafo 1. 3. Nel valutare l’accettabilità del rapporto di cui al paragrafo 2, la Commissione fa riferimento ai suoi orientamenti sulla dimostrazione dell’equivalenza (non ancora pubblicati). Se gli Stati membri hanno applicato fattori di correzione provvisori per ottenere un’approssimazione dell’equivalenza, questi ultimi devono essere confermati e/o modificati con riferimento agli orientamenti della Commissione. 4. Gli Stati membri garantiscono che, ove opportuno, la correzione sia anche applicata retroattivamente ai dati sulle misurazioni ricavati in passato per ottenere una migliore comparazione dei dati. C. Standardizzazione Per gli inquinanti gassosi il volume deve essere standardizzato alla temperatura di 293 K e alla pressione atmosferica di 101,3 kPa. Per il particolato e le sostanze in esso contenute da analizzare (ad esempio il piombo), il volume di campionamento si riferisce alle condizioni ambiente in termini di temperatura e di pressione atmosferica alla data delle misurazioni. D. Introduzione di nuove apparecchiature Tutte le nuove apparecchiature acquistate per l’attuazione della presente direttiva devono essere conformi al metodo di riferimento o equivalenti entro l’11 giugno 2010. Tutte le apparecchiature utilizzate per le misurazioni in siti fissi devono essere conformi al metodo di riferimento o equivalenti entro l’11 giugno 2013.

E. Riconoscimento reciproco dei dati Nell’effettuare l’omologazione per dimostrare che l’apparecchiatura soddisfa i requisiti di prestazione dei metodi di riferimento elencati nel punto A, le autorità e gli organismi competenti designati ai sensi dell’articolo 3 accettano le relazioni sulle prove rilasciate in altri Stati membri da laboratori accreditati secondo la norma EN ISO 17025 per eseguire tali prove.

ALLEGATO VII VALORI-OBIETTIVO E OBIETTIVI A LUNGO TERMINE PER L’OZONO A. Definizioni e criteri 1. Definizioni Per AOT40 (espresso in µg/m3 · h) s’intende la somma della differenza tra le concentrazioni orarie superiori a 80 µg/m3 (= 40 parti per miliardo) e 80 µg/m3 in un dato periodo di tempo, utilizzando solo i valori orari rilevati ogni giorno tra le 8:00 e le 20:00, ora dell’Europa centrale (CET). 2. Criteri Per verificare la validità dell’aggregazione dei dati e del calcolo dei parametri statistici devono essere usati i seguenti criteri:

(1)

Qualora non siano disponibili tutti i dati misurati possibili, i valori AOT40 saranno calcolati in base ai seguenti fattori:

(*)

il numero di ore compreso nel periodo di tempo di cui alla definizione di AOT40 (ossia tra le 8:00 e le 20:00, CET, dal 1o maggio al 31 luglio di ogni anno per la protezione della vegetazione e dal 1o aprile al 30 settembre di ogni anno per la protezione delle foreste).

B. Valori-obiettivo

(1)

La conformità con i valori obiettivo sarà valutata a decorrere da tale data. Ciò vale a dire che il 2010 sarà il primo anno in cui i dati saranno utilizzati per calcolare la conformità nei 3 o 5 anni successivi, se del caso. (2) La massima concentrazione media giornaliera su 8 ore deve

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essere determinata esaminando le medie consecutive su 8 ore, calcolate in base a dati orari e aggiornate ogni ora. Ogni media su 8 ore così calcolata sarà assegnata al giorno nel quale finisce; in pratica, la prima fascia di calcolo per ogni singolo giorno sarà quella compresa tra le ore 17:00 del giorno precedente e le ore 01:00 del giorno stesso; l’ultima fascia di calcolo per ogni giorno sarà quella compresa tra le ore 16:00 e le ore 24:00 del giorno stesso. (3) Se non è possibile determinare le medie su tre o cinque anni in base ad una serie intera e consecutiva di dati annui, i dati annui minimi per verificare la conformità ai valori-obiettivo saranno i seguenti: - per il valore-obiettivo ai fini della protezione della salute umana: dati validi relativi a un anno, - per il valore-obiettivo ai fini della protezione della vegetazione: dati validi relativi a tre anni.

C. Obiettivi a lungo termine

ALLEGATO VIII Criteri per la classificazione e l’ubicazione dei punti di campionamento per la valutazione delle concentrazioni di ozono

(1)

I punti di campionamento devono, nella misura del possibile, essere rappresentativi di zone analoghe non ubicate nelle immediate vicinanze.

Per le stazioni rurali e rurali di fondo occorre eventualmente coordinare l’ubicazione dei punti di campionamento con le disposizioni relative al monitoraggio prescritte dal regolamento (CE) n. 1737/2006 della Commissione, del 7 novembre 2006, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 2152/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al monitoraggio delle foreste e delle interazioni ambientali nella Comunità (GU L 334 del 30.11.2006, pag. 1). B. Ubicazione su microscala Se possibile deve essere seguita la procedura per l’ubicazione su microscala indicata nell’allegato III, punto C, assicurandosi inoltre che l’ingresso della sonda sia posizionato ben distante da fonti quali fornaci e camini di incenerimento e a più di 10 m dalla strada più vicina e via via più distante in funzione dell’intensità di traffico. C. Documentazione e riesame della scelta del sito Devono applicarsi le procedure descritte nell’allegato III, punto D, con un’adeguata selezione ed interpretazione dei dati di monitoraggio nel contesto dei processi meteorologici e fotochimici che determinano le concentrazioni di ozono rilevate nei rispettivi siti.

Per le misurazioni in siti fissi si applicano i seguenti criteri:

ALLEGATO IX

A. Ubicazione su macroscala

Criteri per calcolare il numero minimo di punti di campionamento per la misurazione in siti fissi delle concentrazioni di ozono A. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in continuo in siti fissi atte a valutare la qualità dell’aria in vista della conformità a valori-obiettivo, obiettivi a lungo termine e soglie di informazione e di allarme se la misurazione in continuo è l’unica fonte di informazione

(1)

Almeno una stazione nelle zone suburbane, dove può verificarsi la maggiore esposizione della popolazione. Negli agglomerati almeno il 50 % delle stazioni deve essere situato nelle zone suburbane. (2) Si raccomanda 1 stazione per 25 000 km2 per terreni complessi.

B. Numero minimo di punti di campionamento per le misurazioni in siti fissi in zone ed agglomerati che raggiungono gli obiettivi a lungo termine Il numero di punti di campionamento per l’ozono, unito

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ad altri metodi di valutazione supplementari quali le tecniche di modellizzazione della qualità dell’aria e la misurazione contestuale di biossido di azoto, deve essere sufficiente per esaminare la tendenza dell’inquinamento da ozono e verificare la conformità agli obiettivi a lungo termine. Il numero di stazioni situate negli agglomerati e nelle altre zone può essere ridotto ad un terzo del numero indicato al punto A. Qualora le informazioni raccolte da stazioni di misurazione in siti fissi siano l’unica fonte di informazione, deve essere mantenuta almeno una stazione di monitoraggio. Se nelle zone in cui esistono altri metodi di valutazione a seguito di ciò una zona rimane priva di stazioni, deve essere istituito un coordinamento con un numero di stazioni nelle zone limitrofe tale da garantire una corretta valutazione delle concentrazioni di ozono rispetto agli obiettivi a lungo termine. Il numero delle stazioni rurali di fondo deve essere pari a 1 per ogni 100 000 km2.

ALLEGATO XI VALORI LIMITE PER LA PROTEZIONE DELLA SALUTE UMANA A. Criteri Fatto salvo l’allegato I, per verificare la validità dell’aggregazione dei dati e del calcolo dei parametri statistici devono essere usati i seguenti criteri:

(1)

La prescrizione per il calcolo della media annuale non comprende le perdite di dati dovute alla calibrazione periodica o alla manutenzione ordinaria della strumentazione.

B. Valori Limite ALLEGATO X MISURAZIONE DEI PRECURSORI DELL’OZONO A. Obiettivi Obiettivi principali di queste misurazioni sono l’analisi delle tendenze dei precursori dell’ozono, la verifica dell’utilità delle strategie di riduzione delle emissioni, il controllo della coerenza tra gli inventari delle emissioni e la correlazione delle fonti di emissione alle concentrazioni di inquinamento rilevate. Ci si prefigge inoltre di approfondire la conoscenza dei processi di formazione dell’ozono e di dispersione dei precursori, e di migliorare l’applicazione di modelli fotochimici. B. Sostanze La misurazione dei precursori dell’ozono deve comprendere almeno gli ossidi di azoto (NO ed NO2) e i pertinenti composti organici volatili (COV). È di seguito riportato un elenco dei composti organici volatili raccomandati ai fini della misurazione.

C. Ubicazione Le misurazioni devono essere effettuate principalmente nelle aree urbane o suburbane, presso tutti i siti di monitoraggio istituiti ai sensi della presente direttiva e considerati idonei alla luce degli obiettivi di monitoraggio di cui al punto A.

(1)

Gia in vigore dal 1° gennaio 2005. La massima concentrazione media giornaliera su 8 ore sarà determinata esaminando le medie consecutive su 8 ore, calcolate in base a dati orari e aggiornate ogni ora. Ogni media su 8 ore così calcolata sarà assegnata al giorno nel quale finisce; in pratica, la prima fascia di calcolo per ogni singolo giorno sarà quella compresa tra le ore 17:00 del giorno precedente e le ore 01:00 del giorno stesso; l’ultima fascia di calcolo per ogni giorno sarà quella compresa tra le ore 16:00 e le ore 24:00 del giorno stesso. (3) Gia in vigore dal 1o gennaio 2005. Valore limite da soddisfare soltanto entro il 1o gennaio 2010 nelle immediate vicinanze delle specifiche fonti industriali localizzate in siti contaminati da decenni di attività industriali. In tali casi il valore limite fino al 1o gennaio 2010 sarà di 1,0 µg/m3. L’area in cui si applicano valori limite superiori non deve estendersi per più di 1.000 m da tali fonti specifiche. (2)

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ALLEGATO XII SOGLIE DI INFORMAZIONE E DI ALLARME A. Soglie di allarme per inquinanti diversi dall’ozono Le soglie devono essere misurate su tre ore consecutive in siti rappresentativi della qualità dell’aria su almeno 100 km2 oppure in una zona o un agglomerato interi, se tale zona o agglomerato sono meno estesi.

B. Soglie di informazione e di allarme per l’ozono

(1)

Ai fini dell’attuazione dell’articolo 24, il superamento della soglia deve essere misurato o previsto per tre ore consecutive.

L’IEM per l’anno 2015 è dato dalla concentrazione media su tre anni consecutivi (2013, 2014 e 2015) ricavata dalla media di tutti questi punti di campionamento. L’IEM è utilizzato per esaminare se l’obbligo di concentrazione dell’esposizione è raggiunto. B. Obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione

Se l’IEM nell’anno di riferimento è uguale o inferiore a 8,5 µg/ m3, l’obiettivo di riduzione dell’esposizione è fissato a zero. L’obiettivo di riduzione è zero anche nei casi in cui l’IEM raggiunge il livello di 8,5 µg/m3 in qualsiasi momento nel periodo dal 2010 al 2020 ed è mantenuto a questo livello o al di sotto di esso. C. Obbligo di concentrazione dell’esposizione

ALLEGATO XIII LIVELLI CRITICI PER LA PROTEZIONE DELLA VEGETAZIONE

D. Valore-obiettivo

E. Valore limite

ALLEGATO XIV OBIETTIVO NAZIONALE DI RIDUZIONE DELL’ESPOSIZIONE, VALORE-OBIETTIVO E VALORE LIMITE PER IL PM2,5 A. Indicatore di esposizione media L’indicatore di esposizione media, espresso in µg/m3 (IEM), deve basarsi sulle misurazioni effettuate in siti di fondo urbano in zone e agglomerati situati in tutto il territorio degli Stati membri. Deve essere valutato come concentrazione media annua su 3 anni civili ricavata dalla media di tutti i punti di campionamento allestiti a norma dell’allegato V, punto B. L’IEM per l’anno di riferimento 2010 è dato dalla concentrazione media degli anni 2008, 2009 e 2010. Tuttavia, qualora non siano disponibili dati per il 2008, gli Stati membri possono basarsi sulla concentrazione media degli anni 2009 e 2010 o sulla concentrazione media degli anni 2009, 2010 e 2011. Gli Stati membri che ricorrono a queste possibilità comunicano la loro decisione alla Commissione entro l’11 settembre 2008. L’IEM per l’anno 2020 è dato dalla concentrazione media su tre anni consecutivi (2018, 2019 e 2020) ricavata dalla media di tutti questi punti di campionamento. L’IEM è utilizzato per esaminare se l’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione è raggiunto.

XX

(1)

Fase 2 - valore limite indicativo che la Commissione deve verificare nel 2013, alla luce di ulteriori informazioni in materia di conseguenze sulla salute e sull’ambiente, fattibilità tecnica ed esperienza del valore obiettivo negli Stati membri.

ALLEGATO XV Informazioni da includere nei piani per la qualità dell’aria locali, regionali o nazionali di miglioramento della qualità dell’aria ambiente A. Informazioni da fornire a norma dell’articolo 23 (piani per la qualità dell’aria) 1. Luogo in cui il superamento del valore limite è stato rilevato a) regione; b) città (mappa); c) stazione di misurazione (mappa, coordinate geografiche). 2. Informazioni generali a) tipo di zona (centro urbano, area industriale o rurale); b) stima della superficie inquinata (km2) e della popolazione esposta all’inquinamento;


c) dati utili sul clima; d) dati topografici utili; e) informazioni sufficienti sui tipi di obiettivi da proteggere nella zona interessata. 3. Autorità responsabili nome e indirizzo delle persone responsabili dell’elaborazione e dell’attuazione dei piani di miglioramento. 4. Natura e valutazione dell’inquinamento a) concentrazioni registrate in anni precedenti (prima dell’attuazione dei provvedimenti di miglioramento); b) concentrazioni misurate dall’inizio del progetto; c) tecniche di valutazione applicate. 5. Origine dell’inquinamento a) elenco delle principali fonti di emissione responsabili dell’inquinamento (mappa); b) quantità totale di emissioni prodotte da tali fonti (tonnellate/anno); c) informazioni sull’inquinamento proveniente da altre regioni. 6. Analisi della situazione a) informazioni particolareggiate sui fattori che hanno causato il superamento dei valori (ad esempio i trasporti, compresi quelli transfrontalieri, o la formazione di inquinanti secondari nell’atmosfera); b) informazioni particolareggiate sui possibili provvedimenti per il miglioramento della qualità dell’aria. 7. Informazioni sui provvedimenti o progetti di miglioramento esistenti anteriormente all’11 giugno 2008, vale a dire a) provvedimenti di carattere locale, regionale, nazionale e internazionale; b) effetti riscontrati di tali provvedimenti. 8. Informazioni sui provvedimenti o progetti adottati allo scopo di ridurre l’inquinamento e posteriori all’entrata in vigore della presente direttiva a) elenco e descrizione di tutti i provvedimenti messi a punto nell’ambito del progetto; b) calendario di attuazione; c) stima del miglioramento programmato della qualità dell’aria e dei tempi previsti per conseguire questi obiettivi.

degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l’inquinamento atmosferico con le emissioni dei veicoli a motore (1); 2) direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio (2); 3) direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (3); 4) direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l’emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all’installazione su macchine mobili non stradali (4); 5) direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (5); 6) direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell’11 marzo 1999, sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti (6); 7) direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (7); 8) direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull’incenerimento dei rifiuti (8); 9) direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione; 10) direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici; (1)

10. Elenco delle pubblicazioni, dei documenti, dei lavori, ecc. utilizzati a complemento delle informazioni richieste a norma del presente allegato.

GU L 76 del 6.4.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). (2) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 24. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (3) GU L 24 del 29.1.2008, pag. 8. (4) GU L 59 del 27.2.1998, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/105/CE. (5) GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (6) GU L 85 del 29.3.1999, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2004/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 87). (7) GU L 121 dell’11.5.1999, pag. 13. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 191 del 22.7.2005, pag. 59). (8) GU L 332 del 28.12.2000, pag. 91.

B. Informazioni da fornire a norma dell’articolo 22, paragrafo 1 1. Tutte le informazioni di cui al punto A del presente allegato. 2. Le informazioni sullo stato di attuazione delle direttive indicate di seguito: 1) direttiva 70/220/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni

11) direttiva 2004/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria (1); 12) direttiva 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005, che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combu-

9. Informazioni sui provvedimenti o progetti programmati o oggetto di ricerca a lungo termine

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stibili per uso marittimo (2); 13) direttiva 2005/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 settembre 2005, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da prendere contro le missioni di inquinanti gassosi e di particolato prodotti dai motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione di veicoli e contro l’emissione di inquinanti gassosi prodotti dai motori ad accensione comandata alimentati con gas naturale o con gas di petrolio liquefatto destinati alla propulsione di veicoli (3); 14) direttiva 2006/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici (4). 3. Informazioni su tutte le misure di abbattimento dell’inquinamento atmosferico da mettere in atto, a livello locale, regionale o nazionale, in connessione con il raggiungimento degli obiettivi di qualità dell’aria, compresi: a) riduzione delle emissioni da fonti fisse garantendo che gli impianti di combustione di piccole e medie dimensioni che costituiscono fonti di inquinamento fisse (anche per la biomassa) siano dotati di dispositivi di limitazione delle emissioni o siano sostituiti; b) riduzione delle emissioni dei veicoli dotandoli di dispositivi di controllo delle emissioni. Deve essere valutata la possibilità di ricorrere ad incentivi economici per accelerare l’adozione di tali dispositivi; c) acquisto da parte delle amministrazioni pubbliche, secondo le modalità descritte nel manuale sugli appalti pubblici compatibili con l’ambiente, di veicoli stradali, carburanti/combustibili e impianti di combustione per ridurre le emissioni, compreso l’acquisto di: - veicoli nuovi, compresi quelli a basse emissioni, - servizi di trasporto con veicoli più ecologici, - fonti di combustione fisse a basse emissioni, - combustibili a basse emissioni per fonti fisse e mobili; d) provvedimenti per limitare le emissioni dei trasporti attraverso la pianificazione e la gestione del traffico (comprese tariffazione della congestione, tariffe differenziate per i parcheggi o altri incentivi economici; istituzione di “zone a basse emissioni”); e) provvedimenti per incentivare il passaggio verso modi di trasporto meno inquinanti; f) garanzia che vengano utilizzati combustibili a basse emissioni in fonti fisse di piccola, media e grande scala e in fonti mobili; g) provvedimenti per ridurre l’inquinamento atmosferico attraverso il sistema di autorizzazioni di cui alla direttiva 2008/1/CE, i piani nazionali previsti dalla direttiva 2001/80/CE e il ricorso a strumenti economici come imposte, tasse, tariffe o scambi delle quote di emissione; h) eventualmente, provvedimenti destinati a proteggere la salute dei bambini o di altre categorie sensibili. (1)

GU L 143 del 30.4.2004, pag. 87. GU L 191 del 22.7.2005, pag. 59. (3) GU L 275 del 20.10.2005, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 715/2007 (GU L 171 del 29.6.2007, pag. 1). (4) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 64. (2)

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ALLEGATO XVI INFORMAZIONE DEL PUBBLICO 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano messe sistematicamente a disposizione del pubblico informazioni aggiornate sulle concentrazioni nell’aria ambiente degli inquinanti disciplinati dalla presente direttiva. 2. Le concentrazioni nell’aria ambiente ottenute devono essere presentate come valori medi secondo i periodi di mediazione applicabili indicati nell’allegato VII e negli allegati da XI a XIV. Le informazioni devono indicare almeno i livelli superiori agli obiettivi di qualità dell’aria, in particolare i valori limite, i valori-obiettivo, le soglie di allarme, le soglie di informazione o gli obiettivi a lungo termine fissati per l’inquinante interessato. Deve inoltre essere presentata una breve valutazione riguardo agli obiettivi di qualità dell’aria e informazioni adeguate sugli effetti per la salute o, se del caso, per la vegetazione. 3. Le informazioni sulle concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, particolato (almeno PM10), ozono e monossido di carbonio devono essere aggiornate almeno ogni giorno e, se fattibile, anche su base oraria. Le informazioni sulle concentrazioni nell’aria ambiente di piombo e benzene, presentate come valore medio degli ultimi 12 mesi, devono essere aggiornate almeno su base trimestrale e, se fattibile, su base mensile. 4. Gli Stati membri provvedono affinché il pubblico disponga di informazioni tempestive sui superamenti, effettivi o previsti, delle soglie di allarme e di qualsiasi soglia di informazione. I dati forniti devono riguardare almeno le seguenti informazioni: a) informazioni sui superamenti registrati: - località o area in cui si è verificato il fenomeno, - tipo di soglia superata (di informazione o di allarme), - ora d’inizio e durata del fenomeno, - concentrazione oraria più elevata corredata, per l’ozono, dalla concentrazione media più elevata su 8 ore; b) previsione per il pomeriggio/giorno/i seguenti e/i: - area geografica prevedibilmente interessata dai superamenti della soglia di informazione e/o di allarme, - cambiamento previsto nell’inquinamento (miglioramento, stabilizzazione o peggioramento) e motivo del cambiamento previsto; c) informazione sui settori colpiti della popolazione, possibili effetti sulla salute e condotta raccomandata: - informazione sui gruppi di popolazione a rischio, - descrizione dei sintomi riscontrabili, - precauzioni che i gruppi di popolazione interessati devono prendere, - dove ottenere ulteriori informazioni; d) informazioni sulle azioni preventive per la riduzione dell’inquinamento e/o dell’esposizione ad esso; indicazione dei principali settori cui appartengono le fonti; azioni raccomandate per la riduzione delle emissioni; e) qualora i superamenti siano solo previsti, gli Stati membri s’impegnano affinché i dati al riguardo siano forniti nella misura del possibile.


ALLEGATO XVII TAVOLA DI CONCORDANZA

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DICHIARAZIONE DELLA COMMISSIONE La Commissione prende atto del testo adottato dal Consiglio e dal Parlamento europeo per la direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa. In particolare, la Commissione rileva l’importanza attribuita dal Parlamento europeo e dagli Stati membri alle misure comunitarie miranti a ridurre le emissioni atmosferiche inquinanti alla fonte, di cui all’articolo 22, paragrafo 4, e al considerando 16 della direttiva. La Commissione riconosce la necessità di ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici nocivi per conseguire progressi significativi verso gli obiettivi stabiliti nel Sesto programma d’azione per l’ambiente. La comunicazione della Commissione su una strategica tematica concernente l’inquinamento atmosferico propone una serie di possibili misure comunitarie. Da quando è stata adottata questa strategia si sono registrati significativi passi avanti in relazione a queste e ad altre misure: - il Consiglio e il Parlamento hanno già adottato una nuova normativa concernente la limitazione delle emissioni di gas di scarico dei veicoli leggeri, - la Commissione ha adottato una proposta legislativa per migliorare l’efficacia della legislazione comunitaria in materia di emissioni industriali, ivi compresi gli impianti di agricoltura intensiva, e misure riguardanti le fonti di combustione industriali di dimensioni ridotte, - la Commissione ha adottato una proposta legislativa che limiterà le emissioni dei gas di scarico dei motori installati nei veicoli commerciali pesanti, - nel 2008 la Commissione intende presentare nuove proposte legislative destinate a: - ridurre ulteriormente, per le principali sostanze inquinanti, le emissioni che ciascuno Stato membro è autorizzato a produrre, - ridurre le emissioni legate al rifornimento degli autoveicoli a benzina nelle stazioni di servizio, - affrontare la questione del contenuto di zolfo nei carburanti (ivi compresi i combustibili marittimi), - inoltre sono in corso lavori preparatori per valutare la fattibilità di: - miglioramento dell’ecoprogettazione delle caldaie e degli scaldacqua ad uso domestico e riduzione delle loro emissioni, - riduzione del tenore di solventi nelle pitture, nelle vernici e nei prodotti per carrozzeria, - riduzione delle emissioni di scarico delle macchine mobili non stradali e ottimizzazione dei benefici tratti dai carburanti non stradali a ridotto contenuto di zolfo già proposti dalla Commissione, - la Commissione continua inoltre a esercitare pressioni sull’Organizzazione marittima internazionale (IMO) per una riduzione sostanziale delle emissioni delle navi e si è impegnata a presentare delle proposte comunitarie qualora l’IMO non dovesse presentare proposte sufficientemente ambiziose entro il 2008. La Commissione tuttavia, è vincolata dagli obiettivi della sua iniziativa “legiferare meglio” e dall’esigenza di fondare le sue proposte su una valutazione precisa degli impatti e dei benefici. A questo proposito e conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione continuerà a valutare l’esigenza di presentare nuove proposte legislative, riservandosi il diritto di decidere se e quando è opportuno presentare tali proposte.

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DICHIARAZIONE DEI PAESI BASSI I Paesi Bassi si sono sempre impegnati e continueranno ad impegnarsi a favore dell’attuazione di una politica europea in materia di qualità dell’aria ambiziosa ed effettiva. I Paesi Bassi si rallegrano pertanto per il fatto che il Consiglio e il Parlamento europeo abbiano raggiunto un compromesso e si congratulano con il Parlamento europeo, la Commissione e la presidenza per il risultato ottenuto. La direttiva relativa alla qualità dell’aria attualmente stabilita rappresenta un passo avanti ad un tempo per l’ambiente e la salute umana. Come già affermato nel contesto della posizione comune, la qualità dell’aria nei Paesi Bassi, per via del suo carattere transfrontaliero, è fortemente dipendente e trae grande beneficio da un approccio europeo effettivo. Per i Paesi Bassi è fondamentale disporre di una direttiva costituita da un pacchetto equilibrato di misure europee e nazionali, corredato di tabelle di marcia che rendano realistiche le norme. È soltanto così che gli Stati membri hanno la possibilità di realizzare effettivamente le ambiziose norme previste. I Paesi Bassi si rallegrano per la dichiarazione della Commissione secondo cui presenterà misure comunitarie in tempo utile. Per poter realizzare ovunque ed entro i tempi previsti le norme in questione è necessario disporre di un’adeguata politica europea in materia di fonti. In questo contesto, i Paesi Bassi richiamano anche l’attenzione sull’assenza e sull’incertezza dei dati sulle emissioni e concentrazioni in particolare di PM2,5. Naturalmente, i Paesi Bassi si adopereranno al massimo per conformarsi per tempo alle norme della direttiva. Lo stato attuale delle conoscenze dovrebbe rendere tale obiettivo in gran parte possibile. Il programma di cooperazione nazionale sulla qualità dell’aria, che i Paesi Bassi stanno elaborando, dovrebbe consentire di soddisfare in tempo utile a dette norme anche negli ultimi luoghi in cui esse sono infrante. I Paesi Bassi si compiacciono che il Consiglio e il Parlamento europeo abbiano concluso la seconda lettura della direttiva sulla qualità dell’aria in tempo per l’entrata in vigore della direttiva all’inizio del 2008. Si tratta di un aspetto importante per il nostro approccio nazionale, ma anche per quello dei Paesi che ci circondano. Ovviamente, i Paesi Bassi si impegneranno a fondo affinché con il programma di cooperazione nazionale e con tutte le misure adottate a livello locale e regionale le norme europee possano essere effettivamente rispettate.


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Celebrata il 17 giugno la Giornata Mondiale della Lotta alla Desertificazione

DESERTIFICAZIONE: UN PROBLEMA GLOBALE CHE RICHIEDE UNA AZIONE GLOBALE Anche l’Italia minacciata dal fenomeno Allorché nel novembre 2007 il Parlamento europeo adottò in prima lettura la proposta di Direttiva quadro sui Suoli, esprimendo il nostro consenso per l’avvenimento, gli dedicammo uno specifico articolo. Purtroppo i nostri entusiasmi sono stati subito sopiti dal Consiglio ambiente di dicembre che bloccò l’adozione, tramite il voto contrario di alcuni Paesi membri dell’UE. Per superare lo stallo, la Commissione UE che aveva lanciato la proposta, ha avviato successivamente una serie di negoziati con gli Stati che si sono opposti. Per rimettere in Agenda la Direttiva che considera cruciale nella lotta al cambiamento climatico, la Commissione ha ospitato a Bruxelles il 12 giugno u.s. la Conferenza ad alto livello su “Suolo e Cambiamento Climatico”. Il Commissario all’Ambiente, che ha aperto i lavori ha dichiarato che “Settanta 70 miliardi di tonnellate di carbonio sono stoccate nei suoli dell’Unione Europea e anche le perdite minime possono avere enormi ripercussioni sulle emissioni di gas serra.

Chiedo pertanto al Consiglio di riconoscere l’importanza del suolo per lo sviluppo sostenibile dell’intera Europa e di riconsiderare la necessità di tutelare questa preziosissima risorsa legiferando a livello comunitario”. Il suolo, infatti, contiene carbonio sotto forma di sostanza organica che, a contatto con l’ossigeno dall’atmosfera, si lega per formare il diossido di carbonio (CO2) che contribuisce in modo massiccio all’effetto serra e al riscaldamento globale. La riduzione di sostanza organica libera una parte di questa riserva, in grado di annullare tutti gli sforzi di riduzione compiuti in altri settori. Solo i suoli del Regno Unito (uno dei Paesi che si sono opposti alla proposta di Direttiva) stanno perdendo 13 milioni di tonnellate di carbonio all’anno. Alla Conferenza hanno partecipato eminenti scienziati e ricercatori che hanno presentato gli ultimi risultati degli studi sui temi quali: la quantità di carbonio stoccato nei suoli europei; l’evoluzione di tali depositi negli ultimi vent’anni; le prospettive future in relazione al pre-

La desertificazione colpisce in maniera pesante le popolazioni di Paesi più poveri

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visto innalzamento della temperatura media globale; il ruolo delle pratiche agricole e silvicole per la mitigazione dei possibili effetti negativi, risultanti da una maggior concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. Nel corso della Conferenza si è anche parlato della situazione delle e della che, vere riserve di carbonio e fonti potenziali di metano e protossido di azoto, stanno inopinatamente scomparendo, liberando tali gas in atmosfera. La Commissione, pertanto, è convinta che l’attuazione della Direttiva rafforzerebbe la tutela del suolo e ne preserverebbe certe funzioni essenziali, quali il sequestro del carbonio. In tal senso, un suolo resistente e sano aiuterebbe la Comunità europea ad un miglior adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici. È, tuttavia, a livello regionale, come prevedeva la Direttiva “bocciata” che possono essere meglio individuate le “aree a rischio” e i “programmi di azione” per ridurre le minacce più gravi di perdita di sostanza organica, che avviene per molteplici cause:


erosione, impermeabilizzazione, riduzione di biodiversità, smottamenti e frane, inondazioni, cambiamento di pratiche di gestione dei terreni, nuove tecniche di gestione dei suoli, variazioni dei regimi delle temperature e delle precipitazioni.

agricoltura intensiva sia per prodotti alimentari che per i fabbisogni energetici. Dobbiamo rinnovare il nostro impegno per arrestare il degrado il terreno e la desertificazione”.

La data di svolgimento della Conferenza non è stata casuale perché è stata collocata alla vigilia della Giornata mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità che fin dal 1994 l’ONU ha dichiarato tale il 17 giugno, dando mandato alla Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD) di promuoverne la celebrazione. Quest’anno, poi, ha assunto un significato particolare per gli effetti combinati dei cambiamenti climatici e del forte rincaro dei prezzi dei prodotti agricoli. Il tema della Giornata, “Combattere il degrado delle terre per un’agricoltura sostenibile”, ha voluto significare l’importanza del territorio come patrimonio universale del quale nessun essere umano può essere privato. “Il degrado del suolo compromette una parte significativa delAtlante desertificazione Italia (fonte INEA 2007) le terre coltivabili del mondo - ha dichiarato nel suo messaggio per la Giornata “Il degrado dei suoli è in continuo auil Segretario generale dell’ONU, Ban mento in molte parti del mondo” ha Ki-moon - coinvolgendo direttamente sentenziato lo studio “Land Degrail benessere delle persone e lo sviluppo dation Assessment in Drylands” dei Paesi. Esso, inoltre, causa perdite (LADA), finanziato dal Fondo per lo economiche di tipo agricolo, instabi- Sviluppo Mondiale, che la FAO ha prelità politica sociale, e crea disagi nei sentato a fine giugno. mercati dei generi alimentari locali e Definito come un declino a lungo termine della funzione e della produttività regionali”. “È giunto il momento - ha concluso degli ecosistemi, prendendo in esame i il Segretario ONU - che la comunità dati di un periodo di 20 anni, il degrado internazionale riconosca le terre ari- del territorio è in grave aumento e si sta de e i territori di confine, dove vivono propagando in molte parti del mondo: quasi la metà dei poveri del mondo, oltre il 20% delle terre coltivabili; il 30% non come terre inutili, piuttosto devo- delle foreste; il 10% delle praterie. no essere considerate potenziali aree di Si stima che 1,5 miliardi di persone dipen-

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dano direttamente da territori degradati che causano scarsa produttività agricola, immigrazione, insicurezza alimentare, danni alle risorse alimentari e agli ecosistemi di base, e perdita di biodiversità, attraverso le modifiche degli habitat, si ripercuotono, a livello genetico, sia sulle specie vegetali che su quelle animali. “Il degrado delle terre coltivabili ha anche importanti ripercussioni sulla mitigazione e sull’adattamento al cambiamento climatico - ha osservato Parviz Koohafkan, Direttore della Divisione Terra e Acqua della FAO - La perdita di biomassa e di materie organiche incide sulla qualità del terreno e sulla sua capacità di trattenere le acque e le sostanze nutritive”. Purtroppo, nonostante la ratifica da parte di 193 Paesi della Convenzione ONU per la Lotta alla Desertificazione, il degrado delle terre coltivabili sta peggiorando anziché migliorare. Circa il 22% delle terre degradate è situata in aree molto aride e secche, mentre il 78% di esso è in regioni umide. Dallo studio emerge, anche, che il degrado è causato soprattutto dalla cattiva gestione del territorio. Facendo un confronto con le valutazioni precedenti, lo studio dimostra che, dopo 1991, il degrado del territorio ha colpito nuove zone, mentre altre aree storicamente degradate sono state così gravemente colpite che oggi sono riuscite a stabilizzarsi dopo sono state abbandonate o gestite a bassi livelli di produttività. Nello studio si evidenza, altresì, che nei casi in cui la terra è stata usata in modo sostenibile (19% delle terre agricole) si è riscontrato un miglioramento della qualità e della produttività (10% delle foreste e il 19% dei pascoli). La maggior parte dei miglioramenti indi-


viduati nelle terre agricole è associata all’irrigazione. Si sono osservati anche dei progressi nell’agricoltura pluviale, nei pascoli, nelle praterie e nelle pianure dell’America settentrionale e dell’India occidentale. Effetti vantaggiosi, derivanti da una politica di riforestazione, sono stati riscontrati soprattutto in Europa e nell’America settentrionale, accompagnata da alcune significative opere di bonifica, come per esempio nel Nord della Cina. Non si deve credere che l’espansione delle zone aride sia fenomeno che interessi solo i Paesi poveri dell’Africa sub-Sahariana e dell’Asia centro-occidentale, poiché ormai coinvolge anche Paesi ricchi come Stati Uniti, Australia, e quelli che si affacciano sul Mediterraneo, come è stato denunciato dai risultati finale del Progetto “DesertNet II ”, finanziato dall’Unione Europea, presentati il 16 giugno a Roma presso la sede dell’ENEA. Il Progetto a cui ha partecipato, appunto, l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, ha realizzato una piattaforma per un sistema comune di servizi nel quadro della messa a punto delle politiche nazionali e comunitarie di lotta contro la desertificazione e di gestione sostenibile delle risorse territoriali, in particolare il suolo e le acque. È il caso di rammentare che la lotta alla desertificazione nella regione mediterranea riveste importanti aspetti socio-economici, oltre che ambientali,dal momento che i paesi che ne fanno parte rappresentano: - il 5,7% della superficie della Terra;

- il 7% della popolazione mondiale; - il 13% del PIL mondiale; - il 33% del turismo mondiale vi si indirizza; - vi sono più di 200 siti che l’UNESCO ha dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità. La consapevolezza di tanta importanza economica dovrebbe sollecitare i Paesi coinvolti ad intraprendere con tempestività le necessarie azioni di contrasto. In Europa, i Paesi più colpiti sono Portogallo, Spagna, Grecia e Italia, dove la desertificazione minaccia ormai il 27% del territorio nazionale e, secondo l’ “Atlante nazionale delle aree a rischio desertificazione”, Rapporto pubblicato dall’INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria), ben il 51,8% del territorio italiano è potenzialmente a rischio: la totalità di Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria; parti delle regioni Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise. Non c’è dubbio che l’agricoltura sostenibile costituisca il mezzo più efficace per contrastare il degrado dei suoli, senza tralasciare il ruolo importante della ricerca scientifica, nonché dell’informazione e aggiornamento delle pratiche agricole, tenendo conto di quelle tradizionali delle popolazioni indigene e delle piccole comunità rurali, magari adeguandole alle moderne condizioni di produzione. Nel suo messaggio del 17 giugno il Segretario esecutivo dell’UNCCD, Luc Gnacadja ha sottolineato che “In passato, un approccio frammentario alla

produzione agricola ha minacciato la biodiversità e la conservazione delle sementi. La ricerca scientifica deve essere integrata con provate politiche e strategie finalizzate allo sviluppo sostenibile, orientato ai meccanismi di mercato e da adeguate capacità produttive. Le conoscenze locali devono essere identificate, conservate e condivise, nel rispetto dei diritti dei proprietari di tali conoscenze, così come di quelli degli uomini e delle donne che vivono sul territorio e che spesso hanno sviluppato a lungo pratiche per ridurre i rischi di degrado del Suolo”. Se le grandi multinazionali di biotecnologie agricole sono in grado di mettere a disposizione delle popolazioni africane semi di cereali che maturano anche se piove, per migliorare le rese delle produzioni alimentari locali, non vi si ricostituiscono, tuttavia, le preesistenti condizioni ambientali. Circa un decennio fa , alcuni studiosi di sistemi agricoli si interessarono di una tecnica agroalimentare praticata da alcune comunità indigene dell’Honduras, chiamata “Quezungual”, che consiste nel coltivare mais, sorgo e fagioli tra la vegetazione esistente, soprattutto di alberi da frutto, come il guayabo (Psidium guajava). Questa tecnica, oltre a conservare la biodiversità, mantiene un elevato grado di umidità del suolo, offre disponibilità di frutta e legname, permette di utilizzare più a lungo il suolo, per lasciarlo poi a maggese (cfr.: J. Hellin, L. William, I. Cherret “The Quezungual System: an indigenous agroforestry system from western Honduras”,in Agroforestry Systems, Vol. 46, n. 3, novembre 1999, pp 229-237). Ora, la Banca Mondiale riconosce questa tecnica come una delle pratiche a basso impatto ambientale, dopo che si è appurato che l’uragano Mitch, che ha colpito le regioni dell’America centrale nel 1998, vi ha fatto meno danni rispetto alle altre aree agricole dove non veniva praticata. A tale proposito assumono maggior senso le parole in sanscrito del libro dei Veda (1500 a.C.) con le quali Gnacadja ha voluto concludere il suo messaggio: “Da questa manciata di suolo dipende la nostra sopravvivenza, o marito. È qui che cresce il nostro cibo, il nostro combustibile, il nostro rifugio e che ci circonda la bellezza. L’abuso di questo suolo determinerà il crollo e la morte, tenendo con sé l’umanità”.

Esempio di Quezungual System (fonte FAO)

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Bonn, Climate Change Talks (2-13 giugno 2008)

I PAESI RICCHI NON FANNO PROPOSTE CONCRETE

“Scoraggiante” la conclusione della seconda tappa della road map per Copenhagen

“La strada che sta davanti a noi è scoraggiante”, così si è espresso Yvo de Boer, Segretario esecutivo dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), a conclusione della seconda sessione dei Climate Change Talks che dal 2 al 13 giugno ha riunito a Bonn più di 2.000 rappresentanti di oltre 170 Paesi per discutere dei futuri impegni delle Parti del Protocollo di Kyoto. Secondo quanto stabilito a Bali nel dicembre scorso, attraverso una serie di 8 negoziati da svolgersi entro il 2009, si dovrà definire un nuovo accordo sulla tutela del clima ( il cosiddetto Kyoto 2) che sarà firmato a Copenhagen, proprio nel corso della Conferenza ONU sui Cambiamenti Climatici che si svolgerà nella capitale danese nel dicembre del 2009 e che avrà effetti a partire dalla fine del 2012. È pur vero che le aspettative in questa occasione non erano improntate all’ottimismo, ma di certo i progressi non sono stati mai così lenti. Hanno pesato le preoccupazioni per le crisi finanziarie, alimentari ed energetiche che si sono sovrapposte e che hanno attratto le attenzioni dei paesi industrializzati, impedendo di prendere decisioni urgenti e coraggiose. Alcuni rappresentanti hanno osservato che difficilmente si riuscirà a concludere nel corso del 2008 i negoziati, poiché manca una governance in grado di offrire indicazioni forti. L’allusione alle conclusioni delle Elezioni presidenziali degli USA è evidente. Dopo che Gorge W. Bush non ha ratificato il Protocollo di Kyoto, ritenendolo troppo costoso, si spera che un forte impulso ad intraprendere un nuovo accordo per la riduzione dei gas climalteranti possa venire dal nuovo Presidente USA, visto che entrambi i candidati hanno dichiarato durante la campagna di volersi impegnare per frenare le emissioni. L’Unione Europea, che si proponeva come punto di riferimento e di affidabilità per i Paesi in via di sviluppo ha dimostrato di giungere a questo ap-

puntamento impreparata, limitandosi a riconoscere che da questi colloqui si sarebbe aspettata maggiori progressi. Se vuole avere il ruolo di leadership deve avere proposte innovative in grado di trascinare i grandi Paesi industrializzati (USA, Canada, Australia, Giappone) verso un’economia a basse emissioni di carbonio e rassicurare i Paesi in via di sviluppo della loro equità C’era grande attesa, infatti, per valutare quale ruolo avrebbero assunto questi Paesi nella tutela del clima e quali strumenti e capitali avrebbero loro offerto i Paesi industrializzati. In effetti, Messico, Cina e Brasile, hanno avanzate delle idee concrete per il trasferimento di tecnologie pulite, tali che lo stesso de Boer ha riconosciuto la grande volontà dimostrata dai Paesi in via di sviluppo ad impegnarsi, ma non ne è seguito il coinvolgimento dei paesi ricchi. Al di là dei rituali proclami, a Bonn non si è fatto alcun passo in avanti: i Paesi in via di sviluppo hanno accusato i Paesi ricchi di rallentare ogni possibile decisione e di attuare pratiche dilatorie, facendo così naufragare le proposte da loro presentate di condividere le nuove tecnologie con i Paesi più poveri, per aiutarli ad adattarsi ai cambiamenti climatici; i Paesi ricchi, a loro volta, erano troppo preoccupati dei costi economici che impegni severi avrebbero comportato, che non sono stati in grado di presentare proposte e modalità per operare i necessari tagli alle emissioni, tanto che il rappresentante indiano Chandrashekhar Dasgupta ha dichiarato che sulla questione c’è stato un loro “assordante silenzio”. Proprio per evitare pregiudizievoli fratture, i Paesi partecipanti erano stati divisi in due gruppi: - i Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto (Working Group on Further Committments for Annex I Parties under the Kyoto Protocol) hanno discusso principalmente dei futuri doveri dei Paesi industrializzati, relativi alle riduzioni di gas serra, che nello specifico comprendono l’obiettivo di riduzione

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nel 2020 del volume delle emissioni del 25%-40% rispetto ai livelli del 1990, dei problemi sulla transazione delle emissioni e dell’organismo di tutela ambientale, sui quali si era raggiunto un accordo nella prima sessione dei Talks a Bangkok (31 marzo-4 aprile 2008); - i Paesi non firmatari del Protocollo di Kyoto (Working Group on Long-Term Cooperative Action under the Convention) hanno svolto le loro discussioni sulla base della Convenzione quadro sul cambiamento climatico dell’ONU, incentrate sulle misure per la riduzione delle emissioni di gas serra adottate dai Paesi industrializzati non firmatari e i contributi dei Paesi in via di sviluppo per il futuro organismo di tutela ambientale. Altri temi in agenda erano : misure per l’adattamento ai cambiamenti climatici; le tecnologie per la riduzione delle emissioni di gas serra; gli investimenti nella tutela ambientale. I risultati migliori si sono raggiunti in merito alle proposte di adeguamento a tecnologie pulite, compresa una tassa sui trasporti internazionali, la vendita di quote di emissione dei Paesi industrializzati, la costituzione di un Fondo a cui i vari paesi contribuiranno sulla base di quanto ognuno inquina. Il continuo slittamento di orario della Seduta finale era, tuttavia un chiaro segno delle difficoltà a trovare soluzioni che evitassero una conclusione apertamente fallimentare. Il Gruppo di lavoro sulla revisione del protocollo di Kyoto, in particolare, non riusciva a chiudere il negoziato, fino a che non si è optato per un compromesso che sarà rivisitato a Poznan (Polonia) nel corso della Conferenza ONU sul Clima, in programma dal 1°-12 dicembre 2008. Se il cambiamento climatico deve coinvolgere tutti i paesi, bisogna che i Paesi ricchi si mettano in testa che in un consesso mondiale si devono prendere le decisioni, senza cercare soluzioni alternative o scorciatoie, come le riunioni del G 8, che rischiano di alimentare diffidenze e timori nei Paesi poveri


preoccupati che le misure intraprese siano a loro discapito. Un altro motivo del prolungarsi dei negoziati è stato il divario di opinioni in merito all’inclusione o meno di nucleare e cattura e stoccaggio della CO2 (CCS), tra i meccanismi di credito (CDM) per produrre i tagli dei gas ad effetto serra. Anche in questo caso i negoziati riprenderanno nel 3° Climate Change Talks, che avrà luogo ad Accra (Ghana) del 21 al 27 agosto 2008. Di rinvio in rinvio si rischia di non giungere per tempo alla definizione di un Kyoto 2, in grado di mettere un freno al riscaldamento globale. Un rappresentante delle Maldive ave-

va provato a richiamare l’attenzione dei Paesi convenuti, dicendo che il ciclone Nargis aveva suonato la campanella d’allarme per tutti (cfr.: “Riscaldamento globale e uragani” in Regioni&Ambiente, n. 6 giugno 2008, pag. 8), ma, aggiungiamo noi, i Paesi ricchi sembrano avvertirla solo quando le catastrofi ambientali, anziché abbattersi su Myanmar o Bangladesh, investono le aree urbanizzate dei loro territori, salvo poi ridurla al silenzio per inopportuno sensazionalismo informativo. Parafrasando Yvo de Boer che dopo i Bangkok Talks aveva sottolineato che

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“Il treno per Copenhagen ha lascito la stazione” (cfr: Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2008, pagg. 8 e 9), si potrebbe osservare che la partenza dalla stazione di Bonn è avvenuta con notevole ritardo, avendo dovuto dare la precedenza ad altri due convogli: - quello proveniente da Roma, che aveva un pesante carico di preoccupazioni per la crisi agricola e i rincari del prezzo degli alimentari; - quello in partenza per Hokkaido su cui viaggiavano i leader del G8+5, che non sapevano in qual modo fronteggiare la crisi finanziaria e l’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio.


A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Vertice FAO sulla Sicurezza Alimentare

PAURA DI NUOVI MODELLI PRODUTTIVI Deludenti conclusioni alla Conferenza ad alto livello

La Conferenza ad alto livello sulla Sicurezza Alimentare, svoltasi a Roma dal 3 al 5 giugno 2008, che la FAO ha organizzato assieme all’IFAD (Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo) e al WFP (Programma Alimentare Mondiale), non è stato un successo. La litote usata non alleggerisce le responsabilità dei 43 Capi di Stato presenti, oltre ai 4.749 delegati in rappresentanza di 181 Paesi, che, riuniti per discutere delle cause dell’attuale crisi alimentare mondiale e delle strategie da adottare per migliorare l’agricoltura, soprattutto nelle comunità rurali dei Paesi in via di sviluppo, non sono riusciti a trovare una posizione comune che potesse offrire la speranza ad alcune decine di milioni di individui di non andare ad incrementare quel già cospicuo numero di 862 milioni di persone che soffrono la fame e la malnutrizione, nonostante la ridda di ricerche, rapporti, pubblicazioni presentati e le numerose opinioni di scienziati e ricercatori espresse e valutate nell’occasione. Neppure l’accenno fatto nel discorso d’apertura dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, dopo aver sottolineato la drammaticità della crisi, ha osservato che per fronteggiarla “non basta il mercato”, è servito a far incanalare la discussione lungo un tracciato più rispondente alle esigenze di gran parte della popolazione mondiale. Già in altra occasione abbiamo espresso l’opinione che se sono diverse e concorrenti le cause della crisi alimentare e dell’aumento dei prezzi dei prodotti, non c’è dubbio che le responsabilità maggiori debbono essere addebitate alla speculazione finanziaria che ora, dopo la crisi borsistica e la bolla immobiliare, sta investendo ingenti somme di denaro sulla produzione di cibo (cfr.: “LoTsunami Silenzioso”, in Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2008, pag. 37 e segg.). Il clima in cui si è svolta la Conferenza era già teso, non certo per la preannunciata presenza del Presidente dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad che negli incontri con stampa e televisione non ha risparmiato le sue minacce nucleari, quanto per le polemiche che erano insorte circa le responsabilità della crisi alimentare e che sono seguite più duramente all’indomani del presentazione qualche giorno prima di “Agricultural Outlook (2008-2017)”, il periodico Rapporto sulle prospettive agricole che la FAO ha predisposto per la quarta volta congiuntamente all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e che analizza le tendenze del mercato mondiale per i principali prodotti agricoli e fornisce valutazioni sulle prospettive di produzione, consumo, commercio, le scorte e prezzi delle materie prime incluse. Nel Rapporto si afferma, tra l’altro, che nei prossimi 10 anni i prezzi reali (i prezzi nominali corretti per l’inflazione) dei prodotti alimentari, rispetto al decennio precedente cresceranno: di poco meno del 10% per riso e zucchero; del 20% per il frumento; del 30% per gli altri cereali, burro e semi oleosi; fino ad oltre il 50% degli oli vegetali. Potrebbero subire incrementi più forti, qualora il livello delle scorte

rimanesse basso come attualmente, a seguito della siccità che ha colpito negli ultimi anni i principali paesi produttori; se continuasse l’attuale massiccio investimento sul mercato agricolo a futures; se il cambiamento climatico dovesse pregiudicare i prossimi raccolti. Questi elementi sono, secondo il Rapporto, fattori transitori, mentre dietro la previsione di aumento dei prezzi medi dei prossimi 10 anni ci sono fattori di lungo periodo quali il prezzo del petrolio, il cambiamento delle abitudini alimentari, l’urbanizzazione, l’espansione economica di alcuni Paesi in via di sviluppo. La crescente domanda di biocarburanti è un’altra delle cause all’origine dell’aumento dei prezzi, visto che dal 2000 al 2007 alla produzione di etanolo per autotrazione è triplicata e dovrebbe raddoppiarsi al 2017, e quella di biodiesel da 11 miliardi di litri prodotti nel 2007 raggiungerà i 24 miliardi nel 2017, incidendo sulla domanda di cereali, semi oleosi, zucchero, e sui relativi prezzi delle colture. Tra le altre conclusioni del Rapporto segnaliamo: - il consumo e la produzione agricola stanno crescendo molto rapidamente nei Paesi in via di sviluppo, tale che nel 2017 saranno questi Paesi a dominare il commercio della maggior parte dei prodotti agricoli; - se i prezzi più elevati costituiranno un beneficio anche per gli agricoltori, quelli dei Paesi non collegati ai mercati internazionali non ne trarranno alcun beneficio; - le scorte alimentari non torneranno, con ogni probabilità, ai livelli del passato decennio; - il consumo di oli vegetali, sia derivanti da oleaginose che da palma, crescerà rapidamente; - il Brasile aumenterà l’esportazione di carni del 30% entro 2017; - gli attuali elevati prezzi dei prodotti alimentari colpiranno duramente le persone povere e affamate e quelli che sono gli acquirenti netti di tali prodotti, che vivono nelle aree urbane di Paesi a basso reddito e i produttori di generi alimentari delle zone rurali di questi paesi. Anche un altro Rapporto, presentato il 15 aprile presso la sede centrale dell’UNESCO conteneva elementi di riflessione che tuttavia non ha avuto il risalto che avrebbe meritato. Si tratta del Rapporto sulle Risorse naturali e le Pratiche agricole che l’IAASTD (International Assessment of Agricultural Science and Technology for Development), organismo nato nel 2002 in occasione del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg e finanziato dalla Banca Mondiale e da cinque Agenzie dell’ONU, che studia l’impatto delle attività sull’ambiente. Il Rapporto è il risultato di tre anni di attività collaborativi di 400 scienziati, dei Governi dei paesi sviluppati e di quelli in via di sviluppo, dei rappresentanti della società civile e del settore privato. Prendendo in esame alcune delle più

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importanti questioni come i biocarburanti, le colture geneticamente modificate, l’uso delle conoscenze tradizionali, l’impatto del cambiamento climatico, il Rapporto giunge alla conclusione che è urgente modificare le norme in materia di agricoltura moderna. “Business as usual is no longer an option” (?… non è più un’opzione) sottolinea la relazione. Mentre scienze e tecnologie agricole hanno permesso di aumentare notevolmente la produttività degli ultimi cinquant’anni, la ripartizione dei vantaggi è stata tutt’altro che equa. Inoltre, sono stati compiuti progressi in molti casi ad elevato costo ambientale. Gli autori del Rapporto consigliano, altresì, le scienze agrarie di porre maggiormente l’accento sulla salvaguardia delle risorse naturali e sulle pratiche agricole ecosostenibili, tra le quali vengono segnalate: l’utilizzazione di fertilizzanti naturali e di sementi tradizionali, intensificando i processi naturali e riducendo la distanza tra produzione agricola e consumatore. Dal marzo 2007, i prezzi di soia e grano sono aumentati del 87% e del 130% rispettivamente, mentre a livello mondiale le riserve cerealicole sono oggi ai livelli più bassi. I prezzi di alimenti-base come riso, mais e grano continueranno a crescere a causa di un aumento della domanda, soprattutto di Cina ed India, e per l’utilizzo di mais e soia per i biocarburanti. Inoltre, afferma la relazione il 35% dei suoli della Terra è gravemente degradato dalle pratiche agricole. Il Rapporto passa poi in rassegna la situazione per singole aree geografiche. Nel Nord-America e in Europa, le spese per la ricerca in agricoltura sono sostenute dal settore privato sono notevolmente aumentate, e questo ha condizionato in larga misura l’indirizzo della ricerca stessa, tale che le grandi imprese multinazionali esercitano una notevole influenza sulle scienze agrarie e sulle sue priorità. In Asia Centro-occidentale e in Nord-Africa, che costituiscono il cuore della biodiversità agricola, si sta verificando una sua riduzione. La regione è particolarmente a rischio dei cambiamenti climatici e probabilmente nei prossimi anni subirà le conseguenze negative delle limitate risorse idriche. Già ora, quasi la metà delle sue risorse idriche rinnovabili sono al di sotto del livello minimo necessario per lo sviluppo. Nell’Asia Sud-orientale e nel Pacifico, l’attuale percorso di sviluppo agricolo sta producendo inquinamento, in particolare da azoto. Di certo, il cambiamento climatico produrrà su vasta scala movimenti migratori. Tra oggi e il 2020 la quantità di acqua disponibile per persona diminuirà di circa un terzo di quello che è stato nel 1950 o anche meno. In America Latina e nei Carabi, l’aumento della resa della produzione agricola non ha portato ad una diminuzione significativa della povertà che colpisce ancora il 37% della popolazione. L’importazione di prodotti alimentari ha creato dipendenza e interrotto la produzione locale. Gli autori raccomandano ai Governi di limitare il consumo e la

coltivazione di organismi geneticamente modificati in Paesi che sono luoghi di origine delle piante, al fine di evitare la contaminazione e di preservare la diversità genetica. Nell’Africa Sub-sahariana, l’agricoltura rappresenta una meta del 32% del PIL della regione. La scarsità d’acqua tuttavia colpisce circa l’80% dei terreni agricoli. Inoltre, la perdita della diversità genetica rappresenta un problema, perché un certo numero di specie e di sementi che rappresenta una parte molto piccola degli scambi mondiali sono gli alimenti-base delle popolazioni locali. Il Documento finale approvato per acclamazione a Roma, dopo una serie di rinvii e lunghe discussioni che hanno testimoniato le profonde divergenze (anche dopo il voto finale alcuni Paesi dell’America Latina hanno esplicitato il loro malcontento), seppur salutato dal Direttore generale della FAO Jacques Diouf un “risultato all’altezza delle aspettative”, è un testo di compromesso che non approfondisce le questioni più controverse (OGM e biocarburanti), ma ha cercato una via d’uscita secondaria tramite le solite promesse di aiuti (sono stati annunciati dai vari organismi e governi stanziamenti per 6,5 miliardi di Dollari) che dovrebbero puntellare lo sviluppo agricolo delle popolazioni più colpite. Forse, la decisione più rilevante presa è stata la sottoscrizione di un’intesa tra FAO, IFAD, WFP e l’Alleanza per una rivoluzione verde in Africa (AGRA), volta ad incrementare la produzione alimentare locale, anche offrendo nuove opportunità agli agricoltori del luogo, e ad incentivare le rese nelle aree che sono tradizionalmente vocate alla produzione cerealicola. “Speriamo si sviluppi una rivoluzione verde in Africa - ha dichiarato Kofi A. Annan, ex-Segretario dell’ONU ed ora Presidente di AGRA - che rispetti la biodiversità e le diverse regioni del continente e la grande varietà di raccolti; dal miglio al sorgo nel Sahel, alle radici e tuberi coltivati nelle zone umide dell’Africa Occidentale, al mais negli altipiani e nelle pianure dell’Africa Orientale e del Sud”. Vediamo quali sono i principali contenuti del documento. “Occorre da subito aiutare i paesi in via di sviluppo e i paesi in transizione ad espandere il settore agricolo della produzione alimentare, incrementando gli investimenti nell’agricoltura, nell’industria agroalimentare e nello sviluppo rurale, con fondi sia pubblici che privati”, si legge nella dichiarazione. Ai donatori e alle istituzioni finanziarie internazionali si chiede di fornire “assistenza in materia di bilancia dei pagamenti e/o un sostegno economico alle importazioni alimentari dei paesi a basso reddito. Altre misure sono necessarie per migliorare la situazione finanziaria dei paesi in difficoltà, per esempio laddove necessario il riesame del servizio del debito pubblico”. La dichiarazione finale fa poi appello ai Governi affinché assicurino alle Agenzie delle Nazioni Unite “le risorse ne-

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cessarie per allargare e rafforzare gli aiuti alimentari, per sostenere le reti di sicurezza sociale ed affrontare fame e malnutrizione attraverso,laddove possibile, acquisti di cibo a livello locale o regionale”. Il vertice ha lanciato un appello ad intervenire per portare l’immediata assistenza umanitaria a coloro che sono stati maggiormente colpiti dall’attuale crisi dei prezzi alimentari, esortando ad “adottare misure che nel medio periodo possano rafforzare la fragilità dei sistemi alimentari per ridurre il numero di coloro che soffrono la fame nel mondo e riuscire a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e del Vertice Mondiale dell’Alimentazione” (si tratta rispettivamente degli 8 obiettivi che nel 2000 i 191 Stati aderenti all’ONU si sono impegnati a raggiungere entro il 2015, tra i quali: 1- sradicare la povertà estrema e la fame; 7 - garantire la sostenibilità ambientale; 8 - sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo; nonché, della Conferenza di Roma del 1996, nel corso della quale 176 Capi di stato si impegnarono a dimezzare il numero di coloro che soffrono la fame nel mondo entro il 2015, per raggiungere il qual obiettivo si riconosceva la necessità di investire in agricoltura). Nella dichiarazione si esorta i partner per lo sviluppo a partecipare e contribuire “alle iniziative internazionali e regionali sul rialzo dei prezzi alimentari ed assistere i paesi ad implementare nuove politiche e misure che aiutino gli agricoltori, particolarmente i produttori su piccola scala, ad incrementare la produzione ed avere accesso ai mercati locali, regionali ed internazionali”. Vengono, quindi, raccomandate quelle iniziative volte a tenere sotto controllo fluttuazioni insolite dei prezzi dei cereali, facendo appello “alle istituzioni preposte affinché assistano i paesi a ricostituire le scorte alimentari e a prendere in considerazione altre misure per rafforzare la gestione dei rischi relativa alla sicurezza alimentare dei paesi colpiti”. In relazione al cambiamento climatico la dichiarazione dice che “è essenziale trovare i modi per aumentare la capacità di reazione e resistenza degli attuali sistemi di produzione alimentare al cambiamento climatico... Esortiamo i governi a dare la giusta priorità al settore agricolo-forestale ed ittico, includendo le popolazioni indigene, in particolare nelle aree più vulnerabili, per riuscire a partecipare e beneficiare dei meccanismi e degli investimenti a sostegno dell’adattamento e della mitigazione, appoggiando l’istituzione di sistemi agricoli e di pratiche di gestione sostenibile che possano positivamente contribuire a mitigare il cambiamento climatico ed il generale equilibrio ecologico”. Sulla controversa questione dei biocombustibili nella dichiarazione si afferma che “è essenziale prendere in considerazione le sfide e le opportunità posta dai biocarburanti, tenendo sempre presente la sicurezza alimentare a livello mondiale e le esigenze energetiche di uno sviluppo sostenibile. Nella convinzione che siano necessari studi approfonditi per assicurare

la produzione e l’impiego dei biocarburanti siano sostenibili e tengano in considerazione la necessità di raggiungere e mantenere la sicurezza alimentare del pianeta”. Si fa appello a tutte le organizzazioni intergovernative, FAO inclusa, affinché nell’ambito dei rispettivi mandati e delle rispettive aree di competenza, con il coinvolgimento dei governi nazionali, del settore privato e della società civile, venga promosso “un dialogo internazionale sui biocarburanti nel contesto della sicurezza alimentare e dello sviluppo sostenibile, un dialogo che sia coerente, efficace e che punti ai risultati”. Secondo la dichiarazione i membri del WTO (l’Organizzazione internazionale con il compito di supervisione dei numerosi accordi commerciali tra i 152 Paesi membri) hanno riaffermato il loro impegno affinché si raggiunga una rapida e positiva conclusione del Round di Doha (il primo grande negoziato multilaterale a favore dello sviluppo che ha avuto inizio nel 2001 nella capitale del Qatar, i cui lavori sono stati sospesi sine die per l’inconciliabilità delle posizioni dei principali attori) e hanno reiterato la loro volontà a raggiungere un risultato esauriente ed ambizioso che possa contribuire ad una maggior sicurezza alimentare dei paesi in via di sviluppo. “Incoraggiamo la comunità internazionale a continuare nel suo impegno verso la liberalizzazione del commercio internazionale in agricoltura mediante la riduzione delle barriere doganali e le politiche di distorsione del mercato - si legge nella dichiarazione finale, aggiungendo che - Queste misure daranno agli agricoltori, particolarmente a quelli dei paesi in via di sviluppo, nuove opportunità per vendere i propri prodotti nei mercati mondiali e contribuiranno a far aumentare la loro produttività e produzione”. “La dichiarazione finale, purtroppo è stata molto diluita rispetto alle ambizioni iniziali - ha dichiaro il nostro Ministro degli Esteri Franco Frattini - se i leader mondiali non riescono a mettersi d’accordo, almeno per evitare gli sprechi, in una situazione di drammatica emergenza alimentare questo mi preoccupa”. Non si può che condividere questo giudizio del titolare della Farnesina, dobbiamo osservare, tuttavia che le proposte del Governo italiano non vanno nella direzione della sostenibilità, ossia verso la costruzione di un modello economicamente e socialmente sostenibile che riduca i flussi di materia e di energia, dal momento che si punta essenzialmente su ripresa dei consumi, OGM, nucleare e infrastrutture. Da un recentissimo studio, condotto da alcuni ecologi sudamericani che hanno preso in esame 12 Paesi in modo da rappresentare un po’ tutte le diverse realtà mondiali, attraverso l’utilizzo di 3 diversi Indici di Sostenibilità, risulta che l’Italia ha un’impronta ecologica migliore solo di Stati Uniti e Danimarca (vedi: R. Siche, F. Agostinho, E. Ortega, A. Romeiro “Sustainability of Nations by Indices: Comparative Study between Environmental Sustainability Index, Ecologi-

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cal Footprint and Emergy Index”, in Ecological Economics, 66 (4), pag. 628-637, July 2008) Non vorremmo che, tornata l’agricoltura in primo piano sugli scenari economici mondiali che ne riconoscono ora il ruolo chiave, scoprissimo di non avere più terra sufficiente per le nostre necessità. Non possiamo sottacere, infatti, che negli ultimi cinquant’anni abbiamo consumato, cementificando, una ampia porzione di territorio, fenomeno che negli ultimi anni si è ulteriormente intensificato. Il Censimento dell’Agricoltura del 1990 rilevava in Italia una superficie agricola utile (SAU) di oltre 15 milioni di ettari. Un rilevamento ISTAT-INEA del 2003 indicava che, in soli 13 anni, erano scomparsi circa 3 milioni di ettari agricoli, pari al 19,6%. Di recente, con una conferenza stampa dell’aprile scorso, le Associazioni delle imprese agricole della Lombardia (Coldiretti, Confagricoltura, Confederazione Italiana Agricoltori) hanno denunciato che il cemento sta consumando i campi della regione, lanciando l’allarme sull’ulteriore consumo di suolo che si verificherebbe con le previste infrastrutture stradali che si assommerebbero al già sconsiderato sviluppo urbanistico. Proprio le organizzazioni agricole del nostro Paese non hanno lesinato critiche per la conclusione del vertice. In particolare, la Coldiretti che, per voce del suo Segretario generale Franco Pasquali, in una dichiarazione rilasciato a greenreport.it del 16 giugno, dopo aver osservato che “non è certamente incoraggiante il fatto che dopo la Dichiarazione FAO i prezzi dei prodotti agricoli siano aumentati in un sol giorno con incrementi del 4% per grano e riso e del

5% per mais e orzo”, sottolineava, riprendendo, in maniera più esplicita, il messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che non è possibile lasciare il compito di sfamare le persone solo al mercato. “Una situazione inaccettabile - ha concluso Pasquali - della quale devono farsi carico i principali organismi internazionali che non possono limitarsi a lanciare allarmi e chiedere risorse economiche per affrontare le emergenze”. Se per molti Stati il presupposto di ogni decisione da prendere in seno alla Conferenza era di mantenere tout court questo modello di sviluppo agricolo che ormai evidenzia grossi limiti e che rischia di trascinare in una spirale perversa anche economie che sembrano solide, si può facilmente comprendere come il Summit di Roma non poteva essere un successo. Da parte nostra ci limitiamo ad esprimere condivisione a quanto espresso da Joseph Stiglitz, Premio Nobel per l’Economia 2001, a conclusione di un suo articolo, apparso una settimana dopo il Vertice: “ I paesi ricchi devono limitare, se non eliminare del tutto, le politiche agricole ed energetiche distorcenti e aiutare nei paesi più poveri i produttori di beni alimentari a migliorare la propria capacità produttiva. Ma questo è solo l’inizio: abbiamo considerato come gratuite le nostre risorse più preziose, l’acqua pulita e l’aria. Ora è soltanto con nuovi modelli di consumo e produttivi - un nuovo modello economico - che saremo in grado di affrontare questo fondamentale problema delle risorse”. (La Repubblica,11 giugno 2008). Anche in Cina si sono avute dimostrazioni per il caro alimenti

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

EFFICIENZA: PRIMA FONTE ENERGETICA In vigore dal 4 luglio il decreto sull’Efficienza degli usi e servizi energetici È ora on-line il libro “Financing Energy Efficency: Lesson from Brazil, China, India and Beyond”, edito da The International Bank for Reconstruction and Development- World Bank Editions (dicembre 2007). Il suo principale autore, a capo di uno staff di specialisti, Robert P. Taylor, economista energetico della World Bank, vi afferma che “Diventare ecoenergetici contribuisce a ridurre l’impatto ambientale dell’utilizzo di energia; si tratta con tutta evidenza del metodo meno caro e più remunerativo, con un notevole potenzial,e solo in minima parte oggi sfruttato”. Presentando i risultati del “Three Country Energy Efficency Project”, iniziativa congiunta di Banca Mondiale e Environment Programme’s Risoe Centre dell’ONU, il volume mette in evidenza che in Brasile, Cina e India, diventati rapidamente tra i più grandi consumatori di energia al mondo, l’efficienza energetica “è essenziale per questi Paesi per ragioni di sicurezza dell’offerta energetica, di competitività economica, di miglioramento delle condizioni di vita e di sostenibilità ambientale” (vedi Tabella). Dopo aver osservato che a livello mondiale migliaia di progetti di risparmio ed efficienza energetica, in grado di offrire solidi rendimenti finanziari, non si sono sviluppati per mancanza di investimenti, nel rapporto si mette in risalto come nei Paesi sopra menzionati si sta assistendo alla implementazione di programmi e prestiti volti al miglio-

ramento dell’efficienza energetica. Il libro esamina, poi, le diverse possibilità esistenti per finanziare l’efficienza energetica: - ricorrere alle società di servizio ecoenergetico (le cosiddette ESCo) che lavorano in collaborazione con le imprese o i Governi per identificare progetti, elaborarli, trovare finanziamenti e metterli in opera; - finanziare prestiti e garanzie di prestiti per incoraggiare le banche commerciali a prestare denaro per progetti; - ricorrere a società di servizio pubblico per la distribuzione di energia per finanziare e sviluppare programmi. Si mette in guardia, però, da investimenti energetici decisi all’estero per aiutare lo sviluppo che non permettono mai di risolvere davvero i problemi, perché “sono molto più benefici quando puntano ad aiutare a sviluppare mercati che si rivolgono spontaneamente verso l’efficienza energetica ed a farne attività redditizie, senza che un rappresentante del governo o una persona straniera abbia niente a che fare o a pensare”. Anche il Rapporto 2008 “Energy Efficency Policies around the World: Review and Evaluation” che il World Policies Council ha realizzato in collaborazione con le agenzie francesi Ademe ed Enerdata, ha preso in esame le politiche di efficienza energetica, messe in atto da 70 paesi. Vi si evidenzia che a

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livello mondiale la quantità di energia utilizzata per unità di prodotto è diminuita in media dell’1,6% all’anno, tra il 1990 e 2006. Tuttavia, si legge nello studio, l’incremento dei consumi energetici in valori assoluti, specialmente nell’ultimo decennio, se è sintomo di sviluppo e crescita per aree che prima erano povere, dall’altra è portatore di rischi ambientali e di sicurezza degli approvvigionamenti (vedi Figura pagina seguente). Pochi Paesi al mondo sono riusciti a produrre il loro fabbisogno energetico da fonti rinnovabili, con un conseguente incremento di utilizzo degli idrocarburi e di emissioni di CO2. Secondo lo studio due sono i settori dove i governi debbono incidere maggiormente, oltre alle manovre di agevolazione fiscale per l’utilizzo di tecnologie pulite: il prezzo dell’energia e una regolamentazione più severa per auto ed edifici. Dobbiamo constatare che per al primo punto sta già pensando il prezzo raggiunto dal petrolio ad imporre una riduzione dei consumi. Per il secondo aspetto, la situazione è più complicata per quanto attiene la riduzione delle emissioni da parte delle auto, poiché al miglioramento dell’efficienza (quando non si oppongono le attività lobbistiche delle case produttrici, come dimostrano Francia e Germania che cercano di contrastare le proposte della Commissione UE per impegni temporali di riduzione delle


emissioni delle auto) si contrappone un aumento del numero dei mezzi circolanti. Più facile è l’intervento sull’efficienza energetica degli edifici, vero e proprio caposaldo per conformarsi al protocollo di Kyoto, che tra costruzione e manutenzione assorbono il 40% di energia primaria. In Italia il patrimonio edilizio è più energivoro di quello degli altri Paesi europei, essendo l’involucro costruito con materiali meno efficienti dal punto di vista energetico, come testimonia l’impennata dei consumi domestici in estate per la proliferazione degli impianti di condizionamento dell’aria. Perciò, è stata salutata con favore l’approvazione del Decreto Legislativo 30/5/2008 di recepimento la Direttiva 2006/32/CE, relativa all’Efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici, che doveva essere trasposta nella legislazione nazionale dei Paesi membri

entro il 2 giugno 2008 e che prevede per l’Italia la riduzione dei consumi energetici del 10% entro il 2016. Il Decretoera stato elaborato nei mesi scorsi dal precedente Governo, per cui il Consiglio dei Ministri approvandolo si è riservato di apportarvi alcune modifiche. Secondo la nota del Ministero dello Sviluppo Economico, co-proponente con il Ministero delle Politiche Europee del Decreto, con un successivo provvedimento sarebbero stati introdotti alcuni miglioramenti per semplificare ulteriormente le procedure per gli interventi di efficienza energetica ed estendere l’area di applicazione per gli impianti di produzione. Tali miglioramenti, secondo la nota, riguarderebbero,in particolare: - l’estensione della disciplina agevolata per gli impianti di produzione, alimentati con fonti rinnovabili o cogenerazioni ad alto rendimento, da 10 a 20 MW elettrici, con facilitazioni agli scambi commerciali, nel rispetto

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dei principi del mercato e della concorrenza; - maggiori semplificazioni all’utilizzo del fondo rotativo di € 25 milioni per incentivare gli investimenti di efficienza energetica; - il rafforzamento dell’indirizzo e del controllo del Ministero dello Sviluppo Economico sull’attività dell’ENEA, nel ruolo di Agenzia Nazionale per l’Efficienza Energetica, esplicitamente richiesta dalla Direttiva europea, con il compito di verificare, anche attraverso la propria rete territoriale, l’efficacia degli investimenti e il rispetto degli obiettivi di risparmio; - ulteriori semplificazioni per la realizzazione di interventi di coibentazione e isolamento degli edifici, realizzazione di impianti solari e singoli generatori eolici di piccola dimensione e impianti di cogenerazione; - migliore coordinamento tra lo Stato, che fisserà le linee generali, e le Regioni che le attueranno con proprie norme; - maggiore efficacia dei certificati


bianchi (crediti ambientali a vantaggio delle imprese che effettuano investimenti in efficienza). Questo atteggiamento è auspicabile che venga assunto anche per quel che riguarda i decreti del D.Lgs 192/2005, attuativo della Direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico in edilizia, e relative disposizioni correttive ed integrative introdotte dal D.Lgs 311/2006. Trattasi di due DPR, riguardanti le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici (il primo) e i criteri di riconoscimento per assicurare la qualificazione e l’indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica (il secondo), che costituiscono il presupposto per le tanto attese e contrastate Linee Guida per la Certificazione Energetica degli Edifici, contenute in Allegato ad un Decreto Interministeriale (Sviluppo-Ambiente-Infrastrutture) che dovràdefinire le procedure applicative della certificazione energetica degli edifici. Dopo aver superato l’esame della Conferenza Stato-Regioni, le Linee Guida hanno trovato sulla loro strada la conclusione anticipata della legislatura. C’è bisogno di un indirizzo univoco sul territorio nazionale, dal momento che alcune Regioni e Province Autonome hanno anticipato le nuove norme sulla certificazione energetica, con il rischio che diventi difficile riprendere in mano la situazione e si abbiano effetti distorcenti del mercato immobiliare nazionale, oltre a probabili ripercussioni negative per il conseguimento degli obiettivi di risparmio ed efficienza energetica degli edifici. La clausola di cedevolezza prevede, infatti, la piena validità delle norme regionali, qualora adottate, anche se dovrebbe intervenire un riallineamento per eventuali scostamenti dalle Linee Guida nazionali. Altrettanto importanti per uniformare la situazione nazionale dovrebbero risultare le norme tecniche sulle prestazioni energetiche degli edifici UNI/TS 11300 - 1:2008, messe a punto di recente dal

Comitato Termotecnico Italiano (CTI) e coerenti con la serie di norme elaborate dal Comitato Europeo di Normazione (CEN) che forniscono univocità di valori e di metodi per consentire la riproducibilità e il confronto dei risultati. Il Decreto, che si compone di 20 Articoli e 3 Allegati, è finalizzato a definire un quadro di misure volte al miglioramento dell’efficienza degli usi finali dell’energia sotto il profilo costi/ benefici, individuando obiettivi, meccanismi, incentivi e il quadro istituzionale finanziario e giuridico, necessari ad eliminare le barriere e le imperfezioni esistenti sul mercato che ostacolano un efficiente uso finale dell’energia, creando le condizioni per lo sviluppo e la promozione di un mercato dei servizi energetici e la fornitura di altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica agli utenti finali (Art 1). Con l’Art. 2 vengono recepite le Definizioni quali contenute nella Direttiva europea, con l’aggiunta della definizione di ESPCo, che vengono riportate per intero stante l’importanza che il lessico riveste per chi voglia addentrarsi in questa materia (Vedi Box). Nell’Art.3 si specifica che gli obiettivi di risparmio energetico sono individuati tramite Piani di azione sull’efficienza energetica (il primo è già stato inoltrato alla Commissione UE dal precedente Ministro per lo Sviluppo Economico nel luglio del 2007). Vengono definiti, inoltre, i fattori di conversione delle unità di misura. È l’ENEA il soggetto pubblico che svolgerà le funzioni previste dalla Direttiva europea in materia di efficienza energetica, assumendo il ruolo di Agenzia (Art.4). Nell’Art. 5 vengono individuate le modalità per il monitoraggio e per la redazione dei rapporti a cura dell’Agenzia per la redazione dei Piani di azione in materia di efficienza energetica (PAEE), predisposti dall’Agenzia stessa, sulla base dei rapporti annuali, approvati dal Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d’intesa con

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la Conferenza Stato-Regioni. Con l’Art.6 si provvede ad armonizzare le funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di efficienza energetica. Per le fonti rinnovabili viene introdotta la non cumulabilità dei Certificati Verdi con ogni altra forma di incentivo; invece, per l’efficienza energetica si introduce il criterio di deroga alla cumulabilità degli incentivi nazionali con i certificati bianchi e con gli altri incentivi. L’Art. 7 armonizza il quadro legislativo nazionale in materia di Certificati Bianchi con i dettami della Direttiva. Viene introdotta l’estensione dell’obbligo di incremento dell’efficienza energetica degli usi finali di energia, il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, già previsto per i distributori, anche ai venditori di energia, se pur con una gradualità, accogliendo le preoccupazioni espresse dalla Commissione Attività Produttive della Camera del Deputati. All’Agenzia viene attribuito il ruolo di definire le procedure tecniche di quantificazione dei risparmi energetici, anche standardizzate, che finora erano attribuite all’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG). Viene introdotta la possibilità di redigere Accordi in materia di mobilità sostenibile tra gli operatori del settore (Art.8), inclusi quelli che immettono al consumo benzina e gasolio, secondo le priorità e gli ambiti di intervento segnalati dalle Regioni (come era stato richiesto dalla Conferenza Stato-Regioni). L’Art. 9 istituisce un fondo di rotazione per sovvenzionare la fornitura di programmi di miglioramento dell’efficienza energetica e per promuovere lo sviluppo del mercato delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica, come previsto dall’art. 11 della Direttiva. Viene delegata l’AEEG (Art.10) a definire un quadro regolatorio che elimini le barriere e le imperfezioni esistenti sul mercato dell’energia elettrica, con riferimento ai sistemi efficienti di utenza. Con l’Art. 11 viene rivisto il quadro istituzionale e giuridico per eliminare le barriere e le imperfezioni che ostacolano


D.Lgs n. 115/2008 “Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE” -Art. 2, comma 1 ART.2 (Definizioni) 1. Esclusivamente ai fini del presente decreto, si applicano le seguenti definizioni: a) «energia»: qualsiasi forma di energia commercialmente disponibile, inclusi elettricità, gas naturale, compreso il gas naturale liquefatto, gas di petrolio liquefatto, qualsiasi combustibile da riscaldamento o raffreddamento, compresi il teleriscaldamento e il teleraffreddamento, carbone e lignite, torba, carburante per autotrazione, ad esclusione del carburante per l’aviazione e di quello per uso marina, e la biomassa quale definita nella direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, recepita con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità; b) «efficienza energetica»: il rapporto tra i risultati in termini di rendimento, servizi, merci o energia, da intendersi come prestazione fornita, e l’immissione di energia; c) «miglioramento dell’efficienza energetica»: un incremento dell’efficienza degli usi finali dell’energia, risultante da cambiamenti tecnologici, comportamentali o economici; d) «risparmio energetico»: la quantità di energia risparmiata, determinata mediante una misurazione o una stima del consumo prima e dopo l’attuazione di una o più misure di miglioramento dell’efficienza energetica, assicurando nel contempo la normalizzazione delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico; e) «servizio energetico»: la prestazione materiale, l’utilità o il vantaggio derivante dalla combinazione di energia con tecnologie ovvero con operazioni che utilizzano efficacemente l’energia, che possono includere le attività di gestione, di manutenzione e di controllo necessarie alla prestazione del servizio, la cui fornitura è effettuata sulla base di un contratto e che in circostanze normali ha dimostrato di portare a miglioramenti dell’efficienza energetica e a risparmi energetici primari verificabili e misurabili o stimabili; f) «meccanismo di efficienza energetica»: strumento generale adottato dallo Stato o da autorità pubbliche per creare un regime di sostegno o di incentivazione agli operatori del mercato ai fini della fornitura e dell’acquisto di servizi energetici e altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica; g) «programma di miglioramento dell’efficienza energetica»: attività incentrate su gruppi di clienti finali e che di norma si traducono in miglioramenti dell’efficienza energetica verificabili e misurabili o stimabili; h) «misura di miglioramento dell’efficienza energetica»: qualsiasi azione che di norma si traduce in miglioramenti dell’efficienza energetica verificabili e misurabili o stimabili; i) «ESCO»: persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici ovvero altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell’utente e, ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti; l) «contratto di rendimento energetico»: accordo contrattuale tra il beneficiario e il fornitore riguardante una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, in cui i pagamenti a fronte degli investimenti in siffatta misura sono effettuati in funzione del livello di miglioramento dell’efficienza energetica stabilito contrattualmente; m) «finanziamento tramite terzi»: accordo contrattuale che comprende un terzo, oltre al fornitore di energia e al beneficiario della misura di miglioramento dell’efficienza energetica, che fornisce i capitali per tale misura e addebita al beneficiario un canone pari a una parte del risparmio energetico conseguito avvalendosi della misura stessa. Il terzo può essere una ESCO; n) «diagnosi energetica»: procedura sistematica volta a fornire un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto industriale o di servizi pubblici o privati, ad individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costibenefici e riferire in merito ai risultati; o) «strumento finanziario per i risparmi energetici»: qualsiasi strumento finanziario, reso disponibile sul mercato da organismi pubblici o privati per coprire parzialmente o integralmente i costi del progetto iniziale per l’attuazione delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica; p) «cliente finale»: persona fisica o giuridica che acquista energia per proprio uso finale; q) «distributore di energia», ovvero «distributore di forme di energia diverse dall’elettricità e dal gas»: persona fisica o giuridica responsabile del trasporto di energia al fine della sua fornitura a clienti finali e a stazioni di distribuzione che vendono energia a clienti finali. Da questa definizione sono esclusi i gestori dei sistemi di distribuzione del gas e dell’elettricità, i quali rientrano nella definizione di cui alla lettera r); r) «gestore del sistema di distribuzione» ovvero «impresa di distribuzione»: persona fisica o giuridica responsabile della gestione, della manutenzione e, se necessario, dello sviluppo del sistema di distribuzione dell’energia elettrica o del gas naturale in una data zona e, se del caso, delle relative interconnessioni con altri sistemi, e di assicurare la capacità a lungo termine del sistema di soddisfare richieste ragionevoli di distribuzione di energia elettrica o gas naturale; s) «società di vendita di energia al dettaglio»: persona fisica o giuridica che vende energia a clienti finali; t) «sistema efficiente di utenza»: sistema in cui un impianto di produzione di energia elettrica, con potenza non superiore a 10 Mwe e complessivamente installata sullo stesso sito, alimentato da fonti rinnovabili o in assetto cogenerativo ad alto rendimento, anche nella titolarità di un soggetto diverso dal cliente finale, è direttamente connesso, per il tramite di un collegamento privato, all’impianto per il consumo di un solo cliente finale ed è realizzato all’interno dell’area di proprietà o nella piena disponibilità del medesimo cliente; u) «certificato bianco»: titolo di efficienza energetica attestante il conseguimento di risparmi di energia grazie a misure di miglioramento dell’efficienza energetica e utilizzabile ai fini dell’adempimento agli obblighi di cui all’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e successive mo-

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dificazioni, e all’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164; v) «sistema di gestione dell’energia»: la parte del sistema di gestione aziendale che ricomprende la struttura organizzativa, la pianificazione, la responsabilità, le procedure, i processi e le risorse per sviluppare, implementare, migliorare, ottenere, misurare e mantenere la politica energetica aziendale; z) «esperto in gestione dell’energia»: soggetto che ha le conoscenze, l’esperienza e la capacità necessarie per gestire l’uso dell’energia in modo efficiente; aa) «ESPCo»: soggetto fisico o giuridico, ivi incluse le imprese artigiane e le loro forme consortili, che ha come scopo l’offerta di servizi energetici atti al miglioramento dell’efficienza nell’uso dell’energia; bb) «fornitore di servizi energetici»: soggetto che fornisce servizi energetici, che può essere uno dei soggetti di cui alle lettere i), q), r), s), z) ed aa); cc) «Agenzia»: è la struttura dell’ENEA di cui all’articolo 4, che svolge le funzioni previste dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2006/32/CE.

un efficiente uso finale dell’energia. In particolare si introducono delle deroghe nei calcoli dei volumi e delle distanze minime, al fine di consentire il miglioramento dei livelli di isolamento termico o di inerzia termica degli edifici, in considerazione che la certificazione energetica è condizione necessaria per il trasferimento oneroso degli immobili. Gli impianti solari e i microimpianti eolici (ad asse verticale), integrati negli edifici, avranno procedure semplificate. Mentre la Legge Finanziaria 2007 permetteva l’utilizzo del fondo triennale per la realizzazione di edifici ad elevata efficienza energetica a quelli iniziati entro il 31dicembre 2007, viene ora prevista l’individuazione di un’ulteriore data ultima di inizio lavori al 31 dicembre 2009, in modo da consentire l’utilizzazione delle risorse per le suddette annualità residue. L’Art.12 individua le modalità per l’identificazione della responsabilità amministrativa dell’esecuzione degli obblighi, oltre che per il monitoraggio delle azioni già avviate. Vengono quindi introdotti (Art.13) taluni obblighi nel settore degli edifici pubblici, volti a migliorarne le prestazioni energetiche. Vengono, inoltre, definiti criteri e modalità per l’acquisto di impianti da parte della Pubblica Amministrazione, senza individuare le prestazioni energetiche minime come era stato previsto nel precedente schema di decreto legislativo. Con l’Art. 15 si dispongono le modalità per l’effettuazione di gare che assegnino congiuntamente a soggetti, quali ad esempio le ESCo, la progettazione e la successiva esecuzione di interventi di

miglioramento dell’efficienza energetica, facendo ricorso allo strumento del finanziamento tramite terzi. Viene prevista (Art.16) l’emanazione della procedura di certificazione volontaria per ESCo, esperti in gestione dell’energia, diagnosi energetiche e sistemi di gestione dell’energia, nell’ambito delle disposizioni della Direttiva sui sistemi di qualificazione e certificazione dei fornitori e dei servizi energetici. L’Art. 17 delega l’AEEG a dare attuazione alle disposizioni della Direttiva in materia di misurazione e fatturazione del consumo energetico. Viene affidato all’Agenzia (Art. 18) il compito di assicurare la disponibilità dei sistemi di diagnosi energetiche. Il certificato energetico degli edifici viene equiparato ad una diagnosi energetica. Le attività di informazione in materia di efficienza energetica vengono imputate al Ministero dello Sviluppo Economico. Gli Allegati del Decreto stesso verranno aggiornati (Art. 19) tramite decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e le Province Autonome di Trento e Bolzano Si definisce,infine, la sua entrata in vigore (Art. 20) il giorno successivo a quello della data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. L’Allegato I riporta il tenore di energia di una serie di combustibili per il consumo finale. L’Allegato II provvede a disciplinare il Contratto Servizi Energia. Mentre l’Allegato III riporta le metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche

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degli edifici e degli impianti degli edifici e i soggetti abilitati per l’effettuazione delle diagnosi energetiche e delle certificazioni energetica degli edifici. Dobbiamo osservare che il DPEF per gli anni 2009-2013, che il Consiglio dei Ministri ha deliberato il 18 giugno, avrebbe dimenticato di inserire quelle misure di ordine economico necessarie per far fronte agli impegni di riduzione della CO2, sottoscritti con il protocollo di Kyoto, che ci vedono in forte ritardo, né sarebbero previste voci di spesa per i previsti costi delle sanzioni che saranno comminate per non ottemperarvi. Il D.L. 112 del 25 giugno, poi, ha abolito l’obbligo di allegare ai contratti di compravendita o di locazione di immobili usati la “dichiarazione di conformità” degli impianti, previsto dall’articolo 13 del D.M. 37/2008. Sembra che nell’iter di trasformazione del decreto legge ci sia da parte della maggioranza in Parlamento una proposta di emendamento che prevede di abolire alcune delle norme sull’obbligo della certificazione energetica degli edifici. Staremo a vedere! Se così fosse, più che di “semplificazioni procedurali” si potrebbe parlare di “prodigalità ed inefficienza” energetica. Ma quanto dovremo ancora attendere per vedere inserito un annuncio immobiliare, come avviene già in altre nazioni europee, del tenore: “Vendesi appartamento di 70 m2, situato in località Pietralacroce di Ancona… diagnosi di rendimento energetico D”?



MOBILITÀ SOSTENIBILE

TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE Prospettive e opportunità per le città italiane

di Leonardo Petraroli Comunicazione e Marketing - Mobilè srl

Nel dedicare ampio spazio in questo numero alla nuova Direttiva “Qualità dell’aria dell’ambiente e per un’aria più pulita in Europa” (2008/50/CE) e all’adozione da parte del Consiglio d’Europa - Congresso dei poteri locali e regionali del “Manifesto per una Nuova Urbanità” (risoluzione 269/2008), “Regioni&Ambiente” propone il testo della relazione presentata a Terra Futura da Mobilè, Società di Firenze da tempo impegnata nella predisposizione e realizzazione di Piani e Progetti per l’ambiente, i trasporti e la mobilità, per conto degli Enti locali. Proprio per sviluppare la sezione ICT, sulle tecnologie per il monitoraggio del traffico, l’elaborazione dati e l’informazione ai cittadini è nata la sezione MobilèICT, azienda con la partecipazione maggioritaria di Mobilè Srl, si pone sul mercato quale azienda ad alto contenuto tecnologico e con una forte e continua attività di ricerca e sviluppo (attraverso la collaborazione, per altro già avviata, con Università e Centri di ricerca) per la produzione di servizi e prodotti innovativi.

LA SFIDA DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE Le città protagoniste del dinamismo economico europeo (quasi l’85% del PIL si genera nelle città dove risiedono più del 60% della popolazione della EU - fonte Eurostat) sono impegnate in una grande sfida, vista come la nuova rivoluzione dopo quella industriale: conciliare lo sviluppo economico urbano e l’accessibilità del loro territorio con la qualità della vita e la tutela ambientale. Per fare questo le città devono ridurre la congestione cronica diminuendo il traffico cittadino. La strada è obbligata per un duplice motivo: - la congestione dei centri abitati provoca una perdita nell’economia europea di 100 miliardi di euro l’anno, ovvero l’1% del PIL della EU; - al traffico urbano è imputato il 40% delle emissioni di CO2 e il 70% delle altre emissioni inquinanti prodotte dagli autoveicoli (fonte: Public consultation in preparation for the Green Paper on urban mobility- Europea Commission SEC 2007 1209). Per affrontare questa sfida e questa nuova rivoluzione le città europee ed ogni singolo Stato sono alla ricerca di soluzioni innovative ed ambiziose tali da rendere le città vivibili, accessibili e sicure, in grado di permetterela crescita economica degli operatori che svolgono la loro attività in città. L’infomobilità e i sistemi ITS, nei paesi dove si sono diffusi, secondo la Commissione Europea, hanno dato sensibili benefici alla riduzione dei flussi di traffico e allo sviluppo locale e nazionale, contribuendo alla competitività complessiva dei territori che, a sua volta, ha generato sviluppo efficiente, sostenibile e di profitto.

Tali risultati sono stati raggiunti grazie all’integrazione di tecnologie di comunicazione fissa e mobile, di localizzazione e di acquisizione ed elaborazione dell’informazione georefenziata per la localizzazione dei veicoli. Il monitoraggio del traffico La gestione della mobilità da parte degli enti preposti richiede un adeguato sistema di monitoraggio dei flussi e degli spostamenti, in grado di fornire dati utilizzabili sia per la costruzione di modelli di simulazione (di supporto nella progettazione e sviluppo di nuove infrastrutture) sia per apportare modifiche migliorative alla viabilità, sia per fornire servizi di infomobilità ai cittadini. Gli Enti Pubblici (Comuni, Province e Regioni) hanno iniziato da alcuni anni ad installare infrastrutture e apparati in grado di fornire strumenti di controllo ed analisi di flussi di traffico viari. Nello stesso contesto gli operatori del trasporto pubblico si sono dotati di sistemi di gestione delle flotte con apparecchi che permettono di monitorare il percorso dei veicoli ed informare gli utenti sui tempi di attesa. Quali criticità stanno emergendo Molto spesso sui territori urbani i vari operatori della mobilità adottano sistemi diversi di monitoraggio delle varie flotte e di infomobilità. Le ultime frontiere sul monitoraggio del traffico Il Floating Phone Data: pregi e difetti Il fondamentale passaggio, nel “data traffic collection”, dalle tecnologie statiche a quelle dinamiche è stato attuato con la diffusione delle tecnologie GPS e, contestualmente, con l’estensione a livelli “consumer” della telefonia mobile di seconda generazione (GSM). L’autoveicolo, dotato di GPS, è così diventato un vero “sensore mobile” un “fornitore di notizie”, si pensi alle flotte di veicoli del trasporto pubblico, delle centrali taxi, dei mezzi di pubblica assistenza. Maggiore è il numero di veicoli in grado di erogare tali notizie, più significativa è la qualità delle medesime. L’applicazione combinata di queste tecnologie, nota con la denominazione tecnica Floating Car Data (FCD), ha quindi portato alla nascita di sistemi di raccolta dati basati su flotte veicolari più o meno ampie.

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Solo di recente è stato messo a punto un nuovo sistema di raccolta dati: il Floating Phone Data (FPD). Lo schema è simile al FCD, con la differenza che il monitoraggio del traffico non viene attuato mediante la rete satellitare, bensì attraverso il rilevamento degli spostamenti dei terminali mobili. Per la modalità di funzionamento stessa del sistema GSM (UMTS), il terminale telefonico trasmette periodicamente un segnale (con frequenza variabile a secondo se è in fase di comunicazione o in stand-by) all’antenna dell’operatore telefonico. Tale scambio dati tra terminale e antenna può fornire informazioni utili sulla localizzazione del terminale stesso. Problematiche Soluzioni e Opportunità Lo scambio dati tra terminale e antenna può fornire informazioni utili sulla localizzazione del terminale stesso. Tali dati, anche in ambito urbano, dove la concentrazione di antenne è maggiore, danno solo stime di localizzazione con raggio di errore anche di 200m. È tuttavia preferibile usare le informazioni dei GSM, rispetto alla maggior precisione dei GPS, per carenza di terminali con GPS installato e per la non totale copertura del segnale in tutte le città. Inoltre il dato fornisce informazione sulla densità di terminali presenti in un’area senza fare distinzione tra cellulari presenti in autoveicoli e cellulari su postazioni fisse. È quindi necessario, per una maggior accuratezza e utilità di impiego delle informazioni acquisite, ricorrere ad ulte-

riori elaborazioni tali che, sulla base di dati storici o sotto supervisione, offrono la capacità di apprendere da esempi e di generalizzare su nuovi casi. Così facendo il sistema acquisirebbe la capacità di conoscere il grado di congestione su archi strada. Per migliorare la qualità dei dati rilevati, le informazioni possono essere integrate con altre informazioni provenienti da altre fonti. Il livello attuale di sviluppo Il rilievo dei flussi di traffico in tempo reale, grazie ai soli spostamenti dei telefoni portatili è stato applicato con successo sin dagli anni ’90. Sperimentazioni su vasta scala in Francia, Olanda e Stati Uniti hanno dimostrato la validità sostanziale dell’approccio. Due aziende all’estero hanno immesso sul mercato prodotti e servizi concreti, basati sul FDP ed integrati da reti di sensori su infrastruttura. Si delinea pertanto uno scenario in cui la concezione del “sensore mobile”, interagendo con le tecnologie tradizionali, porta ad un processo di cambiamento la cui ultima frontiera passa per la creazione di grandi mappe interattive, in continuo aggiornamento. L’ultima esperienza italiana è stata fatta a Roma: il progetto Real Time Rome è stato realizzato dal SENSEable City Lab del MIT di Boston. L’idea portante di questo progetto è quella di lanciare una nuova era nella mappatura e nella gestione delle città, per poter garantire la massima efficienza delle

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infrastrutture urbane, sia in situazioni standard sia in fasi di emergenza. Le applicazioni delle ICT sul sistema mobilità L’applicazione delle ICT sul sistema mobilità e che spesso rientrano sotto il nome infomobilità sono: • gestione di trasporto passeggeri, merci e flotte di veicoli • servizi di monitoraggio del traffico (dedicati spesso al controllo degli accessi in ZTL, gestione parcheggi) • servizi di pagamento in mobilità • servizi per il controllo avanzato dell’autoveicolo con tecnologie “on-board”, televigilanza, sistemi di navigazione • servizi per la comunicazione delle informazioni Le tecnologie per il trasporto pubblico Nelle Città italiane le aziende di trasporto pubblico si sono dotate, o si stanno dotando, di sistemi di monitoraggio delle flotte di veicoli e di una centrale di controllo dove i dati vengono rielaborati per dare informazioni, nella maggior parte dei casi attraverso pannelli a messaggio variabile posti alle fermate, agli utenti/clienti del servizio di trasporto pubblico. Le nuove opportunità che le tecnologie ICT stanno aprendo sono quelle della possibilità di fornire informazione diretta e personalizzata attraverso tecnologie RFID e “contact less” su ogni dispositivo mobile: telefonini, palmari, ecc. L’altra frontiera è quella dell’acquisto del ticket sempre attraverso tecnologie elettroniche integrate come smartcards, dispositivi mobili (telefoni cellulari, palmari) e tecnologie contact less (ad esempio NFC - Near Field Communication). È facile comprendere come le stesse tecnologie possono essere utilizzate anche per il pagamento dei parcheggi e degli accessi alle aree protette delle Città (Ecopass di Milano), ma di questo parleremo nel capitolo dedicato. Le tecnologie per il trasporto merci Nel campo del trasporto merci, ai fini di una maggiore sicurezza ed efficienza, le funzionalità ICT in gioco vanno dalla localizzazione del veicolo, alla comunicazione dati tra il conducente e la centrale operativa. Per quanto riguarda il trasporto merci crediamo interessante riportare l’esperienza di Mobilè srl che si è occupata della redazione di piani di riorganizzazione del trasporto merci in ambito urbano ed in particolare all’interno dei centri storici e delle ZTL di città di medie e grandi dimensioni. Tali piani sono al centro dell’attenzione di molte città che stanno concentrando risorse economiche, spesso anche importanti per risolvere un problema ormai evidente: la congestione e l’inquinamento provocato dai veicoli per il trasporto delle merci. I piani di riorganizzazione del trasporto merci in ambito urbano devono essere studiati in modo tale da non alterare l’equilibrio economico in gioco e non aumentare i costi della consegna della merce, ma essere di supporto per lo sviluppo dell’economia, migliorando l’efficienza e la sostenibilità ambientale dei soggetti coinvolti. In molti progetti il supporto dato dalle tecnologie ICT ha permesso alle Amministrazioni sia di controllare il flusso dei veicoli e di decidere misure di disincetivazione all’utilizzo di orari di punta e di mezzi inquinanti, sia di impegnare gli operatori del settore su alcuni requisiti di qualità che prevedevano l’introduzione e lo sviluppo di tecnologie adeguati all’interno delle aziende con ricadute vantaggiose sia a livello gestionale, che economico aumentandone la competitività.

Pagamenti per la mobilità In questo specifico settore le tecnologie ICT possono permettere di raggiungere obiettivi vantaggiosi per l’utente e per le Aziende di trasporto. L’utente potrà disporre di sistemi di acquisto facile e veloce (attraverso telefono cellulare, palmare,ecc), magari integrato sulle varie linee e modalità presenti sullo stesso territorio. Sono sempre più applicati i sistemi di pagamento intelligenti che utilizzano smartcards o carte elettroniche intelligenti e contact-less, che utilizzano tecnologie a radio frequenza di comunicazione senza fila e non più a banda magnetica per la trasmissione dei dati. L’obiettivo è rendere questi strumenti di pagamento interoperabili tra i diversi modi di trasporto. Inoltre si stanno diffondendo i sistemi di pagamento del parcheggio tramite telefonino con l’invio di SMS, tramite l’utilizzo di tecnologie RFID/NFC. Sperimentazioni sono state fatte in alcune città italiane, tra cui Milano. Le linee guida dei Piani Regionali per l’Infomobilità A supporto del forte contributo che lo sviluppo delle tecnologie ICT possono dare alle città nella sfida di conciliare lo sviluppo economico urbano e l’accessibilità del loro territorio con la qualità della vita e la tutela ambientale, il ministero dei Trasporti, in concomitanza con la Legge Finanziaria 2007, ha valutato fondamentale la necessità di intraprendere l’elaborazione di un nuovo Piano Generale per la Mobilità, uno strumento di programmazione e indirizzo, che sia di riferimento per il complesso di azioni che verranno intraprese da soggetti diversi: Ministeri, Regioni, Province e Comuni, Enti pubblici e privati, Operatori del settore, ciascuno per le sue competenze e con modalità e strumenti diversi. Il 31 maggio 2007 è stato firmato l’accordo tra Governo, Regioni e autonomie locali in materia di infomobilità che prevedeva la redazione entro il 31 dicembre 2007 da parte di Regioni e Province dei Piani Regionali per l’Infomobilità sulla base delle Linee Guida per lo sviluppo dei servizi di infomobilità nelle regioni e negli enti locali. Il Piano Regionale per l’infomobilità rappresenta un piano di sviluppo, definendo le modalità di attuazione e sviluppo, dei servizi ICT finalizzati allo sviluppo ed alla sostenibilità di processi innovativi, applicati ai sistemi di mobilità pubblica e privata. I temi portanti delle Linee Guida possono essere riassunti in: - accessibilità e affidabilità dei servizi per tutti i cittadini e diritti dei passeggeri; - incremento dell’efficienza energetica e propulsione ecocompatibile; - riduzione dell’inquinamento ambientale prodotto dal sistema dei trasporti con particolare riferimento alla qualità dell’aria nelle aree metropolitane. Nelle Linee Guida sono individuati i servizi prioritari per le azioni in tema di infomobilità: - road pricing urbano ed extraurbano; - gestione trasporto merci; - gestione trasporto pubblico persone; - gestione traffico urbano; - soluzioni integrate per la sicurezza del veicolo; - integrazione gestionale tecnologica e tariffaria; - distribuzione dei contenuti. La convinzione alla base del nuovo approccio è che l’infomobilità, attraverso azioni concrete, possa portare allo sviluppo di progetti di eccellenza del sistema per la mobilità, connettività e sostenibilità.

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Al termine del 31 dicembre 2007, 15 Regioni avevano presentato il loro Piano Regionale per l’Infomobilità, le altre lo stanno predisponendo, mentre già sono partiti i primi progetti in Piemonte e Toscana. Opportunità di finanziamento Gli organi di governo italiani ed europei hanno attivato varie linee di finanziamento dedicate alle Città che adottano soluzioni integrate di infomobilità, credendo nel supporto che le tecnologie ICT e più in generale l’Infomobilità possono dare, allo sviluppo sostenibile delle città, alla riduzione dell’inquinamento da traffico e all’incremento dell’uso del trasporto pubblico. In Italia il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, insieme al Ministero dei Trasporti, ha istituito un programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico attraverso interventi e progetti finalizzati all’attuazione delle politiche di gestione della mobilità. Al programma è destinata una somma complessiva di 270 milioni di euro per le annualità 2007-2008-2009. I finanziamenti vengono trasferiti dal Ministero alle Regioni che provvederanno a finanziare i progetti degli Enti Locali. Tra gli interventi finanziabili c’è anche il potenziamento dei servizi di infomobilità. Inoltre, ancora a livello italiano, La Legge Finanziaria 2007 ha previsto (comma 893) l’istituzione del “Fondo per il sostegno agli investimenti per l’innovazione negli enti locali”. La dotazione finanziaria del “Fondo”, pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Con successivo Decreto Interministeriale, il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione ed il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Locali hanno definito i criteri di utilizzo del Fondo, formalizzandoli attraverso la pubblicazione di Avvisi nei quali sono stati specificati sia la tipologia di progetti da finanziare che i criteri e le modalità per l’erogazione dei finanziamenti.

La finalità del finanziamento è di permettere la realizzazione di progetti sviluppati da Enti Locali, preferibilmente aggregati fra loro. Il Programma, denominato ELISA e, più in particolare, l’ambito di intervento dei progetti, dovrà rientrare nelle seguenti macrocategorie, meglio specificate nell’avviso: - Gestione integrata della logistica e dell’infomobilità nel trasporto pubblico locale, nella mobilità urbana ed extraurbana, pubblica e privata; - Sistemi di misurazione, basati su tecnologie ICT, per la valutazione della qualità dei servizi erogati dagli EELL; - Gestione digitale integrata dei servizi locali in materia fiscale e catastale mediante modelli di cooperazione applicativa; - Integrazione e potenziamento dei sistemi informativi del lavoro. Nell’ambito del trasporto merci, il Ministero dei Trasporti, con Decreto del 14 dicembre 2007 “Modalità di ripartizione e di erogazione del fondo per le misure di accompagnamento della riforma dell’autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica” considera tra le priorità, per accedere ai contributi per le aziende di autotrasporto “l’acquisizione di sistemi telematici e satellitari innovativi per la gestione unitaria ed il controllo della merce durante ogni singola fase del trasporto, nonché di tecnologie innovative e sistemi informatici per l’ammodernamento dell’organizzazione aziendale”. A livello europeo, il 7° Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo di Tecnologie prevede un budget, per il periodo 20072013, di 50,5 miliardi di euro destinati a soluzioni ICT (ndr: sul n.6, giugno 2008, nella Rubrica €cofinanziamenti, Regioni&Ambiente ha dato notizia del Bando di selezione delle proposte per il Piano di Azione Eco-Innovation, per l’implementazione di tecnologie innovative a favore della tutela ambientale).

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AGENDA 21

ECOPROFIT CLUB - ECOEFFICIENZA NELLE PICCOLE IMPRESE a cura del team Ecoprofit della Provincia di Modena

Otto imprese della provincia di Modena hanno rinnovato la certificazione Ecoprofit, il programma per l’ecoefficienza dei processi produttivi ideato dalla città di Graz (Austria) e già diffuso in numerose realtà del centro Europa (50 città solo in Germania) e recentemente approdato anche in Cina (nella città di Panzhihua), Corea del Sud (in tre città) e Centro America. Si tratta di un programma molto concreto, volto a stimolare l’impresa o l’organizzazione ad adottare azioni per migliorare gli effetti sull’ambiente dei propri processi produttivi, facendole nel contempo risparmiare denaro. È im-

portante sottolineare questo connubio tra ambiente e risparmio economico perché è sempre più evidente che tutto quello che riguarda l’ambiente per un’impresa non rappresenta più solo un costo ma può diventare, con una gestione oculata ed efficiente, una fonte di risparmio economico (si pensi al costo dell’energia !), oltre che di prestigio e di vantaggio per la collettività ed il territorio. Fondamentale il ruolo dell’ente pubblico, per coordinare l’attività, cofinanziarla e predisporre un’adeguata informazione e pubblicizzazione sul territorio. Ecoprofit Club è riservato a quelle imprese che hanno già ottenuto la certificazione Ecoprofit (erano 12 in provincia di Modena nel 2006) ed è stato ideato per assicurare uno sviluppo ed un’applicazione continua delle nuove misure correttive all’interno delle aziende partecipanti e per incoraggiare la cooperazione tra imprese, consulenti ed Enti Locali. L’appena conclusosi programma Ecoprofit Club della Provincia di Modena, l’8 di luglio si è svolta la cerimonia di conferimento degli awards, ha visto i referenti delle imprese partecipare a tre workshop su tematiche specifiche (risparmio ed efficienza energetica, da Ecoprofit a ISO14001/EMAS, analisi costi e benefici) e ad altrettanti Wor-

Un momento della cerimonia di consegna degli award “Ecoprofit Club 2008”

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kgroup nell’ambito dei quali sono state approfondite le conoscenze acquisite, delineati nuovi ambiti di intervento e “personalizzate” le modalità di intervento. Contemporaneamente sono state attuate, da parte dei consulenti Ecoprofit, una serie di visite in ciascuna delle imprese coinvolte per supportare i rispettivi referenti Ecoprofit delle imprese e facilitare l’individuazione e adozione di nuove misure per ottenere risparmi sia economici sia ambientali. I risultati ottenuti sono davvero significativi: - 42 le misure adottate e 37 quelle programmate; - quasi 350.000 euro/anno risparmiati; - quasi 400.000 kWh/anno di elettricità e 244 m3/anno di metano risparmiati; - circa 110 t/anno di rifiuti in meno; - oltre 18 t/anno di materie prime di cui si è riusciti a fare a meno; - 763.800 litri di acqua e acque reflue risparmiate. Si sottolinea che i risparmi si registreranno ogni anno: un aumento permanente di competitività e di salvaguardia delle risorse naturali. Il 7 luglio un’apposita Commissione, costituita da rappresentanti dell’Amministrazione Provinciale, del Cleaner Production Center Austria l’agenzia creata dalla Città di Graz per applicare e diffondere il modello Ecoprofit - della CNA e della Coldiretti di Modena, ha valutato i risultati conseguiti ed effettuato una visita a ciascuna impresa per la verifica diretta delle misure adottate. In seguito alla valutazione positiva, è stata assegnata ad ogni organizzazione la Certificazione Ecoprofit Club 2008. Le misure? Si tratta di interventi prevalentemente di ottimizzazione dei processi tecnologici (50% delle misure adottate) ma anche di cambiamento organizzativo, sensibilizzazione e formazione del personale, di riciclo e recupero degli scarti di produzione, di sostituzione delle materie prime.


Ecoprofit si è confermato un programma molto efficace per migliorare l’ecoefficienza delle imprese coinvolte. Una nota conclusiva degna di rilievo. I costi per la realizzazione di Ecoprofit Club sono stai sostenuti dalla Provincia e, per circa il 25%, dalle imprese coinvolte. A dimostrazione che i benefici reali ci sono e le imprese che provano Ecoprofit sono disposte a riconoscerlo.

Per contatti e maggiori informazioni: rossi.e@provincia.modena.it Carrozzeria Imperiale Installazione di un distillatore per solventi da lavaggio Risparmi economici e ambientali: 25.000 euro/anno e 25 t/anno in meno di solventi

energetici e gestione dei rifiuti sono risultati i più efficaci.

Az. Agr. Ferrarini Acquisto di un’ala gocciolante da utilizzare su 12 ettari di orticole Risparmi economici e ambientali: 665 euro/anno 713 mc/anno d’acqua

Ind. Casearia Pelloni Potenziamento dell’impianto di lavaggio automatico delle cisterne con un ulteriore serbatoio per lo stoccaggio simultaneo dei detergenti acido e basico Risparmi economici e ambientali: 2.700 euro/anno e minor impiego di solventi per 2 t/anno

Polisportiva Olimpia Installazione di fari a basso consumo energetico Risparmi economici e ambientali: 2.700 euro/anno e 3.150 kWh/anno in meno di consumi elettrici

AGC Riduzione fogli macchina nella fase di avviamento della stampa, tramite formazione e interventi del personale più esperto Risparmi economici e ambientali: 2.635 euro/ anno e riduzione materie prime Acquisto dei detergenti in tanica “a rendere” da 200 lt Risparmi economici e ambientali: 600 euro/anno e risparmio di rifiuti, trasporti e imballaggi

Come si evince dal grafico successivo il 31% delle misure non ha comportato costi per la loro adozione mentre per circa un quarto il rientro dall’investimento è stimato in un tempo inferiore ai due anni. Per interventi importanti, come ad esempio l’impianto fotovoltaico della Carrozzeria Imperiale o l’impianto di produzione di biogas dei Giardini del Duca, evidentemente il periodo d’ammortamento è superiore ai due anni.

Le principali aree d’intervento sono state quelle dell’efficienza energetica e dell’ottimizzazione della utilizzazione delle materie prime e della gestione dei rifiuti. Anche in termini di risparmi economici gli interventi su consumi

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In questo numero la rubrica Ecofinanziamenti segnala due misure. La prima a carattere nazionale si riferisce al bando per l’efficienza energetica per l’innovazione industriale di cui al Progetto Industria 2015 emanato dal Ministero dello Sviluppo economico, del quale abbiamo analizzato le finalità nel numero di Aprile. Nel mese di Maggio abbiamo dato risalto solo al Bando per la Mobilità sostenibile. Dal momento che il termine di presentazione delle domande, già previsto per il 30 giugno, è stato prorogato al 15 settembre 2008, abbiamo ritenuto opportuno proporlo in questa occasione, rinviando gli interessati al bando “Mobilità sostenibile”, del quale è stato prorogato egualmente al 15 settembre il termine di presentazione delle domande, a consultare il n. 5 Maggio 2008 di Regioni&Ambiente. L’altra misura egnala l’azione della Camera di Commercio di Ancona che eroga contributi volti alla certificazione ambientale e della responsabilità sociale.

CAMERA DI COMMERCIO DI ANCONA Contributi alle PMI per l’adozione di sistemi di gestione aziendale e/o della responsabilità sociale ISO 14001, EMAS, SA 8000 Delibera del Consiglio camerale n. 8 del 16 giugno 2005 e successive modifiche

Obiettivi e descrizione della misura I contributi mirano a diffondere l’adozione, da parte delle imprese della Provincia di Ancona, dei sistemi di gestione ambientale e/o della responsabilità sociale, secondo uno o più degli schemi ISO 14001, EMAS, SA 8000. Tipologia degli interventi Sono ammissibili le spese sostenute per il conseguimento: intervento Ambiente - della certificazione di conformità alla norma ISO 14001 del sistema di gestione ambientale, rilasciata da un organismo di certificazione accreditato dal Sincert od organismo riconosciuto in sede EA (European cooperation for accreditation); - della registrazione dell’impresa (o parte di essa, purché residente nel territorio provinciale) presso il Comitato per l’Ecolabel e per l’Ecoaudit - sezione EMAS in conformità al Regolamento C.E. 761/2001; intervento Responsabilità sociale della certificazione di conformità alla norma SA 8000 del sistema di gestione della responsabilità sociale, rilasciata da un organismo di certificazione accreditato dal SAI (Social accountability international). Le certificazioni o la registrazione devono essere ottenute per la prima volta.

Sono ammissibili: spese di formazione del personale sostenute nell’ambito della realizzazione di progetti finalizzati all’implementazione di sistemi di gestione ambientale ISO 14001 ed EMAS e/o della responsabilità sociale SA 8000; spese di consulenza sostenute nell’ambito degli stessi progetti di cui prima; spese per la registrazione EMAS; spese relative al rilascio della certificazione ISO 14001 e/o SA 8000. Tipologia del contributo Il contributo ammonta al 50% delle spese ammissibili fino a un massimo di Euro 6.000,00. Nel caso di progetti di “certificazione integrata” finalizzati alla realizzazione contestuale degli interventi di tipo A e B, il limite massimo del contributo sale a Euro 9.000,00. Beneficiari Possono accedere ai benefici le imprese di tutti i settori, loro cooperative e consorzi, che rientrino nella definizione di piccola e media impresa con sede e/o almeno una unità operativa nella provincia di Ancona. Localizzazione geografica Provincia di Ancona. Presentazione domande e scadenza Le domande devono essere spedite tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o consegnate a mano alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Ancona - Ufficio Promozione Attività Economiche - Piazza XXIV Maggio, 1 - 60124 Ancona. La documentazione è scaricabile dal sito internet della Camera di Commercio di Ancona www.an.camcom.it nella sezione “Sviluppo economico”. Ministero dello Sviluppo Economico Bando “Efficienza Energetica” G.U. n. 117 20 maggio 2008

Obiettivi della misura Al fine sviluppare di nuove tipologie di prodotti e/o servizi, con elevato contenuto di innovazione tecnologica e in grado di determinare un impatto sul sistema economico e sulla filiera specifica, vengono agevolati programmi di “Efficienza energetica” di cui all’Azione Strategica “Industria 2015” Tipologia degli interventi Il presente decreto è emanato in attuazione dell’Azione Strategica di Innovazione Industriale, così come definita nel decreto di adozione del progetto di innovazione industriale “Efficienza energetica” citato in premessa, e stabilisce le condizioni, i criteri e le modalità per la concessione di

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agevolazioni a favore di programmi finalizzati allo sviluppo di nuove tipologie di prodotti e/o servizi, con elevato contenuto di innovazione tecnologica e in grado di determinare un impatto sul sistema economico e sulla filiera specifica. I programmi devono avere ad oggetto lo sviluppo di prodotti e/o servizi innovativi nelle aree tecnologiche di seguito indicate: A) Aree tecnologiche ad alto potenziale innovativo a1) solare fotovoltaico: 1. tecnologie innovative per la produzione di celle di silicio ad alta efficienza e a costi competitivi; 2. tecnologie innovative per la produzione di celle a film sottili o con soluzioni innovative di terza generazione; 3. sistemi innovativi a concentrazione per fotovoltaico; 4. componenti innovative per applicazioni nell’edilizia, che integrino celle fotovoltaiche nei materiali di rivestimento e di supporto e nelle superfici vetrate; 5. tecnologie innovative per la produzione di collettori ibridi termicofotovoltaico; a2) solare termodinamico: 1. tecnologie innovative di generazione di energia da fonte solare a media e alta temperatura ad elevata efficienza; 2. tecnologie solari innovative per la dissalazione; 3. impianti dimostrativi per applicazioni multifunzione (dissalazione acqua di mare, calore per processi industriali, climatizzazione); a3) bioenergia e produzione di energia dai rifiuti: 1. tecnologie innovative per la produzione di biocombustibili di seconda e terza generazione, anche con utilizzo di materiali di scarto; 2. tecnologie innovative per la produzione di energia da rifiuti speciali con minimizzazione dell’impatto ambientale; a4) celle a combustibile e idrogeno: 1. microcogeneratori basati su celle a combustibile con potenza rispettivamente di 3 e 30 KW con caratteristiche di prestazioni, di affidabilità e di impatto ambientale tali da garantirne una significativa competitività sul mercato; 2. sistemi innovativi di accumulo di idrogeno per applicazioni stazionarie e di trasporto che, a seconda delle applicazioni consentano vantaggi sostanziali in termini di costi (applicazioni stazionarie) e/o di pesi e ingombri (applicazioni di trasporto) rispetto ai sistemi convenzionali di accumulo in serbatoi ad altissima pressione. a5) generazione distribuita: 1. tecnologie innovative per la produzione di un microcogeneratore di taglia 0.5-1.5 kW, con basse emissioni specifiche e integrato di tutti i controlli e gli ausiliari per interfacciarsi con la rete elettrica. B) Aree tecnologiche ad alto potenziale applicativo b1) eolico: 1. impianti dimostrativi non convenzionali per la conversione di energia eolica di tipologia offshore (anche in mare aperto) o ad alta quota; 2. impianti dimostrativi ad alta efficienza nel campo delle basse potenze (inferiore ai 200 kW) a basso impatto ambientale e in grado di funzionare anche a basse velocità del vento; b2) materiali ad alta efficienza per l’edilizia e architettura bioclimatica 1. tecnologie innovative per la produzione di componenti per l’edilizia a costi competitivi e ad alto potenziale d’integrazione; 2. sistemi dimostrativi innovativi per la minimizzazione dei

flussi energetici per edilizia complessa (terziario, ospedali, centri commerciali); b3) macchine e motori elettrici ad alta efficienza 1. tecnologie innovative per la produzione a costi competitivi di motori ad alta efficienza di classe EFF1 o superiore; b4) tecnologie avanzate per illuminazione: 1. tecnologie innovative per la produzione di sistemi di illuminazione e segnalazione ad altissima efficienza per esterni basate su elettroluminescenza organica e/o diodi elettroluminescenti; 2. tecnologie innovative per la produzione di sistemi di illuminazione per interni basate su elettroluminescenza organica e/o diodi elettroluminescenti; b5) elettrodomestici ad alta efficienza energetica: 1. tecnologie innovative per la produzione di elettrodomestici ad altissima efficienza, con ridotto impatto ambientale sull’intero ciclo di vita in termini di riuso di materiali sia in fase di assemblaggio che di disassemblaggio; 2. tecnologie innovative finalizzate a sfruttare le complementarietà dei componenti, attraverso l’integrazione di sistemi di domotica volti a massimizzare i recuperi di energia e ottimizzarne l’utilizzo; b6) tecnologie per l’efficientamento energetico dei processi industriali: 1. tecnologie innovative e a costi competitivi per lo sviluppo di sistemi di combustione MILD - Moderate and Intense Low Oxigen Dilution-(combustione senza fiamma). Cumulo 1. Le agevolazioni concesse in relazione ai programmi di cui al presente decreto non sono cumulabili con altre agevolazioni pubbliche concesse, anche a titolo de minimis, per i medesimi costi. Beneficiari Possono beneficiare delle agevolazioni: a) le imprese operanti in tutti i settori, con esclusione delle attività rientranti nella sezione A e nella sezione H, divisioni 49, 50, 51 e 53, della classificazione delle attività economiche ISTAT 2007; b) gli organismi di ricerca. Possono essere destinatari delle agevolazioni anche imprese e organismi di ricerca costituiti all’estero e che non abbiano istituito una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio italiano, ai quali potrà essere concessa complessivamente una quota non superiore al 15% del contributo assegnato all’intero programma. La partecipazione di tali soggetti al programma deve essere rilevante al fine di garantire un’alta qualità ed una forte innovatività dello stesso nel suo insieme e di assicurare vantaggi agli altri soggetti in termini di trasferimento di conoscenze ed utilizzo dei risultati raggiunti. Qualora siano coinvolti nella realizzazione del programma soggetti diversi da quelli sopra indicati la loro partecipazione è valutata in relazione ai vantaggi che la stessa apporta al programma nel suo complesso, fermo restando che detti soggetti non possono beneficiare delle agevolazioni previste. Presentazione domande e scadenza Le domande di agevolazioni, compilate secondo l’allegato 1, devono essere presentate per via elettronica al Ministero dello Sviluppo economico, Dipartimento per la competitività - Direzione Generale per la politica industriale,Via Molise 2, 00187 Roma entro e non oltre il 15 settembre 2008 corredate dalla proposta tecnica (allegato 2) e dalla documentazione (allegato 3).

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE Le acque di falda emunte nel corso delle operazioni di bonifica vanno qualificate come rifiuti? Secondo l’orientamento del T.A.R. di Catania, le acque di falda emunte nel corso delle operazioni di bonifica non vanno qualificate come rifiuti. In particolare, con sentenza 29 gennaio 2008, n. 207 (ribadita con sentenza 17 giugno 2008, n. 1188), la Prima Sezione del T.A.R. Sicilia Catania, rifacendosi al disposto dell’art. 243, comma 1 del D. Lgs. n. 152/2006 a norma del quale “le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell’ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissioni di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto” - ha argomentato: «L’art. 243 del D. Lgs. n. 152 del 2006 individua una disciplina per queste tipologie di acque reflue che può dirsi speciale rispetto alla nozione di scarico ordinaria e dalla quale si evince l’intenzione del legislatore di riferirsi, per la gestione delle acque di falda emunte nelle operazioni di MISE/bonifica, alla normativa sugli scarichi idrici e non a quella sui rifiuti. Da ciò consegue la non applicabilità, per le stesse acque, della disciplina sui rifiuti, che è incompatibile con la prima ai sensi ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 152 del 2006 (che modifica parzialmente il precedente art. 8 del D. Lgs. n. 22 del 1997). L’art. 185, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 152 del 2006, infatti, esclude dalla normativa sui rifiuti “gli scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue”. Sul punto, può quindi richiamarsi quanto già ritenuto in sede cautelare in altro ricorso e può anche richiamarsi una recente decisione conforme, circa la disciplina di cui all’art. 243 del D. Lgs. n. 152/2006. Quanto al primo aspetto, la Sezione, nell’ambito di interventi di bonifica ricadenti all’interno della perimetrazione dello stesso “sito di interesse nazionale”, con ordinanza cautelare n. 788 del 07.06.2007, ha statuito che la prescrizione inerente la gestione delle acque emunte si basa erroneamente sul presupposto inammissibile della qualificazione di queste ultime come rifiuti, dovendosi esse, invece, considerare come acque reflue di provenienza industriale (art. 243, D.Lgs. 152/06) (TAR Sicilia, Catania, Sez. I, ordinanza n. 788/07 dep. l’ 11 giugno 2007, su ricorso n. 1009/07 r.g.). A conferma di tale orientamento, il TAR Puglia - Sezione Lecce ha affermato che “Al fine di determinare il regime dei limiti di emissione applicabili alle acque trattate con il sistema di emungi-

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mento …occorre stabilire con precisione …quale sarebbe…la destinazione delle acque trattate, ovvero: a) se esse siano destinate, a seguito dell’emungimento e del trattamento, ad essere scaricate nei corpi idrici superficiali …: in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero effettivamente coincidere con quelli (meno rigidi) previsti per gli scarichi idrici nei corpi recettori, oppure b) se esse siano destinate alla reimmissione in falda, a seguito dei trattamenti di disinquinamento, secondo le previsioni di cui all’Allegato 3 al D.M. 471 del 1999: in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero, invece, coincidere con quelli (più rigidi) previsti dall’Allegato 1 tabella ‘Acque Sotterranee’ del D.M. 471 del 1999” (TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247, 2248, 21249, 2250, pag. 44 e ss)». È legittima la sospensione di un impianto di recupero rifiuti in mancanza di una preventiva diffida? Gli articoli 208, comma 13, e 210, comma 4 del D. Lgs. n. 152/2006, così come riformulati dal D. Lgs. 4/2008, stabiliscono che, ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente; c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente. Pertanto, la sospensione assume oggi una natura squisitamente cautelare e, come tale, non presuppone una preventiva diffida, ma semplicemente un’adeguata e logica motivazione in ordine ai presupposti d’urgenza che la sorreggono. Nella versione antecedente al D. Lgs. n. 4/2008, invece, la sospensione non costituiva un provvedimento meramente cautelare, bensì, al pari della revoca, poteva seguire al mancato adeguamento alla diffida (cfr.: T.A.R. Veneto, Sez. III, sentenza 7 luglio 2008, n. 1947, secondo la quale “il provvedimento che dispone la sospensione o la revoca dell’attività non può … prescindere dal motivare in ordine alle ragioni per le quali la diffida non sia ritenuta sufficiente ad ottenere l’immediata rimozione delle irregolarità riscontrate e sia invece necessario disporre la sospensione o la revoca dell’autorizzazione per il sorgere di ragionevoli dubbi nella capacità della ditta ad assicurare il rispetto delle modalità operative previste nell’autorizzazione stessa, a causa, ad esempio, della tipologia delle infrazioni commesse, della loro frequenza, della loro gravità o reiterazione”).

Eventi e Fiere

Ancona, seconda metà di settembre 2008 Corso di Formazione per il conseguimento dell'idoneità di Responsabile Tecnico Ambientale settore Rifiuti come previsto dal D. M. 406/98 Sede: CNA Regionale Marche - Via Togliatti, 37/I Ancona (Centro Servizi Monte D'Ago, Zona Brecce Bianche) Informazioni: Ermanno Santini responsabile del Corso Tel. 071 286091/3398370698 - fax 071 2860928 - esantini@marche.cna.it Torino, 25-27 settembre 2008 II Fiera mondiale dei Veicoli a Gas Naturale e Idrogeno Sede: Lingotto Fiere

Organizzazione: NGV Communications Group Ltd Palm Grove House, P.O Box 438, Road Town - Tortola - British Virgin Island info@ngvworldfair.com Civitanova Marche, 14-16 novembre 2008 ENERGY EXPO - 1° Salone del Mercato Energetico 1a Rassegna dell'efficienza energetica 1° Expo delle energie rinnovabili Sede: Quartiere fieristico Civitanova Marche Organizzazione: ERF - Ente Regionale per le Manifestazioni Fieristiche Quartiere fieristico Civitanova Marche Tel. 0733 780811 - fax 0733 780820 civitanova@erf.it - www.erf.it

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N째

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LUGLIO-AGOSTO 2008



In copertina: Avezzano In retro copertina: Campo Imperatore (foto Alessandro Di Federico)

INDICE Regione Abruzzo Forum tematico ad Aielli: “Verso il marchio di qualità - Compost Abruzzo” di Donatella Mancini

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Mobilità Strategie per la mobiltà eco-sostenibile La Regione Abruzzo vara il primo Workshop tematico sulla miscela metano-idrogeno per autotrazione di Alberto Piastrellini

L’approfondimento Idrogeno: una valida tecnologia per ridurre le emissioni climalteranti A colloquio con la Dott.ssa Iris Flacco sulle prospettive del suo utilizzo nella regione di Alberto Piastrellini

Provincia di L’Aquila La Provincia dell’Aquila e l’ambiente Intervista all’Assessore Michele Fina di Donatella Mancini

Provincia di Teramo “Rapporto 2007 - Produzione e Raccolta Differenziata dei Rifiuti urbani nella Provincia di Teramo” a cura del Servizio Pianificazione e Gestione dei Rifiuti Osservatorio provinciale Rifiuti p.

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Manifestazioni Cartoniadi d’Abruzzo: vince Avezzano Aumentata del 68% nel 2007 la raccolta complessiva di Carta p.

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C.I.V.E.T.A. PAI - Polo Ambientale Integrato-C.I.V.E.T.A. Un piano industriale d’ambito per la gestione sostenibile dei rifiuti di Luigi Sammartino

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ACIAM spa ACIAM inaugura l’impianto di compostaggio di Aielli (AQ) di Germano Contestabile

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ECO COMPOST MARSICA srl Impianto di compostaggio per compost di qualità Intervista all’imprenditore Giuseppe Capassi di Donatella Mancini

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REGIONE ABRUZZO

FORUM TEMATICO AD AIELLI:

“VERSO IL MARCHIO DI QUALITÀ  COMPOST ABRUZZO” di Donatella Mancini

In occasione dell’inaugurazione dell’impianto di compostaggio ACIAM di Aielli (AQ), avvenuta l’11 Luglio u.s., si è svolto, all’interno dell’area di conferimento rifiuti dello stesso impianto, il Forum tematico, coordinato dal Presidente di ACIAM Spa Luigi Ciaccia, dal titolo “Verso il marchio di qualità Compost Abruzzo”, organizzato dalla Regione Abruzzo e dal CIC (Consorzio Italiano Compostatori. In apertura, hanno portato i loro saluti: • Giuseppe di Natale, Sindaco di Aielli; • Michele Fina, Assessore Provinciale all’Ambiente e Risorse naturali; • il Senatore Filippo Piccone, Sindaco di Celano. Di seguito, ha presentato la sua relazione Franco Gerardini, Dirigente Servizio Gestione Rifiuti - Regione Abruzzo. “L’impianto di compostaggio di Aielli - ha asserito - rappresenta un punto di riferimento per tutta la regione. La Regione Abruzzo sta investendo sulla rete infrastrutturale per la Raccolta Dif-

ferenziata attraverso l’installazione di stazioni ecologiche sul territorio. Collaboriamo con i Comuni al di sopra dei 20.000 abitanti per la riduzione della produzione dei rifiuti e per ottimizzare la RD. Inoltre sono in programma una serie di iniziative per l’informazione e l’educazione su queste tematiche. Per incentivare la Raccolta differenziata, la Regione utilizza vari sistemi: • porta a porta; • domiciliari; • stradali; • stradali intensivi. Il mercato del compost funziona, il prodotto è molto richiesto dai vivaisti, ora si tratta di arricchire il sistema con nuove tecnologie. La Legge Regionale 22/2007, inoltre, prevede dei finanziamenti per gli agricoltori che acquistano compost”. Ha poi preso la parola David Newmann, Direttore CIC, illustrando i pregi del compost. “Il fatturato in questo settore - ha detto - è di circa 1.500 milioni di Euro all’anno e gli addetti circa 2.000. Attualmente in Italia vengono conferiti in discarica 250 kg/anno di rifiuti per

Tavolo dei relatori. Da sinitra: Giuseppe di Natale, Luigi Ciaccia, Michele Fina e Franco Gerardini

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abitante, ma, secondo gli obiettivi fissati dal D.Lgs 36/03, entro il 2008 devono diventare 173 kg, 115 kg entro il 2011 e 81 kg entro il 2016. Alla luce di questi dati risulta chiaro che è molto importante occuparsi del ciclo dei rifiuti organici che costituiscono il 35% dei Rifiuti Urbani e che, se conferirti in discarica, sono responsabili per la produzione di percolato inquinante e di metano, gas climalterante 21 volte più potente dell’anidride carbonica. Se conferiti all’incenerimento, invece, essendo costituiti dal 70% di acqua, riducono il potere calorifico dei rifiuti inceneriti. Trattare i rifiuti organici negli impianti di compostaggio, inoltre, costituisce un risparmio per la collettività perché costa meno che conferirli in discarica o destinarli all’incenerimento. Il compost contribuisce al miglioramento del terreno, riducendo l’erosione del suolo e diminuendo sia i consumi idrici che l’uso di fertilizzanti chimici. Infine, il compost è un “carbon sink”, ossia un deposito di carbonio, altrimenti destinato a emissione in atmosfera. Restano, però, alcuni problemi irrisolti: • la carenza di impianti di compostag-


gio (attualmente circa 250); • la Raccolta Differenziata è spesso di bassa qualità; • alcuni parametri del decreto legislativo 217/06 sono di difficile raggiungimento; • interpretazione normativa diversa da parte di troppi organi di controllo”. Sergio Cappelli, Funzionario dell’ARSSA (Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo Abruzzo) ha analizzato la dotazione di sostanza agricola nei suoli agricoli regionali (vedi tabella), risultati in gran parte carenti di sostanza organica, mancanza che il compost di qualità potrebbe colmare sostituendo i tradizionali concimi organici.

dei composti organici presenti nel suolo ed è il principale indice di qualità del terreno, perché da essa dipende la fertilità dello stesso. Il laboratorio dà indicazioni utili circa la corretta gestione del suolo, contribuendo alla salvaguardia dell’ambiente. È consigliabile apportare materiale organico con un rapporto bilanciato tra Carbonio e Azoto (C/N), come il letame ed il compost, che favorisce un sostanziale equilibrio tra mineralizzazione ed umidificazione”. Per Antonio Ricci, Responsabile Legambiente Abruzzo, “la situazione abruzzese in tema di rifiuti è più simile a quella della Campania che della Lombardia”.

Di seguito è intervenuta Colomba Del Turco del Laboratorio analisi terreno dell’ARSSA. “Il Laboratorio agrochimico dell’ARSSA - ha sottolineato - è una struttura che opera ormai da 20 anni al servizio dell’agricoltura regionale, svolgendo l’analisi chimico-fisica dei terreni e la formulazione di consigli di fertilizzazione. La sostanza organica è l’insieme

“È necessaria - ha aggiunto - un’inversione di tendenza perché la media regionale di RD è del 15%, quindi la gestione dell’impianto sarà in perdita se non arriveranno i rifiuti sufficienti alla produzione di compost. Il Piano di Gestione dei Rifiuti del 2007 ha messo come prerogativa la RD, eppure negli ultimi anni al centro della discussione sono stati i termovalorizzatori”.

Il ruolo dell’ACIAM è stata illustrato da Alberto Torelli, Amministratore delegato della società. L’ACIAM è una società pubblico-privata realizzata allo scopo di risolvere le problematiche ambientali del territorio alla quale partecipano: • 37 Comuni della provincia dell’Aquila (40%); • Comunità montane (11%) “Marsica Uno” e “Valle del Giovenco”; • Enìa Spa (30%); • Tekneko Srl (19%). L’impianto di Aielli sarà al servizio di un territorio costituito da 37 Comuni della provincia dell’Aquila, abitato da 120.000 persone, che produce rifiuti urbani pari a circa 55.000 ton./anno. “L’impianto di compostaggio - ha affermato - può aiutare a raggiungere gli obiettivi fissati dal D.Lgs n.36/2003 che mira a ridurre la mole dei rifiuti biodegradabili da conferire in discarica. L’impianto rispetta sotto il profilo tecnologico le soluzioni tecniche individuate dalla migliore tecnologia disponibile (MTD) ed in particolare è dotato di: • biocelle statiche con sistema di insufflazione ed aspirazione dell’aria regolato da sistema elettronico di gestione dei flussi in base ai parametri rilevati delle matrici in maturazione (umidità, temperatura, tempi di maturazione); • platea areata in edificio confinato destinata alla fase di maturazione; • sistema di aspirazione, riutilizzo e biofiltrazione dell’area di processo. “Attraverso l’attivazione di questo impianto - ha concluso Torelli - l’ACIAM vuole contribuire ad aumentare la quota di rifiuti organici da Raccolta Differenziata avviati al compostaggio di qualità e non esclude, inoltre, la possibilità di attivare una sezione impiantistica dedicata alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”. Prima del taglio del nastro, Oscar Caissut, Responsabile Tecnico Cesaro Mac. Import (ditta che ha costruito l’impianto), ha puntualizzato che si tratta di una struttura allestita con criteri di flessibilità, pensando ai potenziali sviluppi futuri. “Questo impianto - ha concluso - rappresenta solo il primo step di quella che sarà una piattaforma integrata”.

Il pubblico interventuo al Forum tematico organizzato dalla Regione Abruzzo, presso l’impianto di compostaggio ACIAM di Aielli

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MOBILITÀ

STRATEGIE PER LA MOBILTÀ ECO-SOSTENIBILE La Regione Abruzzo vara il primo Workshop tematico sulla miscela metano-idrogeno per autotrazione di Alberto Piastrellini

L’implementazione di tecnologie atte a favorire, da un lato, la diminuzione degli apporti inquinanti derivanti da processi meccanici ed industriali, dall’altro, l’economicità dei processi stessi ed il minor ricorso a fonti energetiche non rinnovabili, costituisce la sfida dello sviluppo sostenibile; sfida che il nostro Paese ha in parte raccolto, sottoscrivendo, tra l’altro il Protocollo di Kyoto. Purtroppo, allo stato attuale, sembrano ancora distanti gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti, mentre la crisi del mercato del petrolio fa schizzare a livelli record il prezzo dei carburanti tradizionali e, nel contempo, la crisi economica generata dalla flessione del mercato, impone, alla produzione e al commercio, una domanda di mobilità sempre più insostenibile. A tutto questo si assomma la legittima richiesta, da parte dei cittadini, della garanzia della sicurezza e della salubrità degli ambienti urbani, i quali sono i più minacciati e perennemente “sotto assedio” da parte deii mezzi di trasporto, sia pubblici che privati.Tuttavia, se a livello nazionale, ancora manca una coerente ed omogenea strategia energetica che possa far “quadrare il cerchio”, è pur vero che a livello locale, le Amministrazioni Locali e Regionali possono fare molto per avvicinarsi, “dal basso”, alla risoluzione di problemi ben più complessi. È questo il senso del 1° Workshop “Miscela Idrogeno Metano: Applicazioni per la mobilità eco-sostenibile”, promosso dalla Regione Abruzzo, Assessorato all’Agricoltura, Ambiente ed Energia in collaborazione con l’ARAEN (Abruzzo Regional Energy Agency), che ha avuto luogo il giorno 18 luglio presso la Sala Convegni dell’Aeroporto d’Abruzzo a Pescara. “Il risultato di oggi, punto di partenza per lanciarsi verso traguardi futuri - ha dichiarato Iris Flacco, Dirigente del Servizio regionale Politica Energetica, Qualità dell’Aria, Inquinamento Acustico ed Elettromagnetico, Rischio Ambientale - SINA - è quello di aver istituito un Tavolo tecnico, dopo un percorso iniziato anni fa, dalla amministrazione regionale e volto al progressivo distacco dalla dipendenza dalle fonti fossili”. “ In questo senso - ha proseguito nel suo intervento iniziale - la Regione Abruzzo ha inteso incamminarsi nel solco della road map per la realizzazione degli obiettivi di Kyoto, già perseguita dall’Unione Europea”. Ricordando come le Regioni, parallelamente all’Amministrazione Centrale e ai suoi Discateri, possano fare molto per realizzare a livello locale i presupposti di strategie ben più ampie, la Dott.ssa Flacco ha voluto ricordare quali passi abbia intrapreso la regione Abruzzo per avvicinarsi ai futuri obiettivi europei di sostituzione dei carburanti tradizionali, da oggi al 2050.

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Succo dell’intervento del Dirigente Regionale è stato lo stato dell’arte dell’Accordo di Programma per l’utilizzo dell’idrogeno nella mobilità urbana (DGR n. 1435 del 18 dicembre 2006). L’Accordo, redatto in applicazione delle politiche energetiche regionali e delle esigenze di risanamento della qualità dell’aria in ambito urbano (soprattutto in riferimento all’area Pescara-Chieti, attualmente in attesa di ricevere la procedura di infrazione europea per la forte presenza di particolato atmosferico), vede la Regione Abruzzo cofirmataria assieme alle Regioni: Lazio, Lombardia, Toscana; al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al Ministero dei Trasporti, al Centro Ricerche Fiat e all’ENI. L’Accordo, della durata di 24 mesi, ha gli obiettivi di: • Riduzione delle emissioni di gas inquinanti in ambito urbano in adesione agli obiettivi del Protocollo di Kyoto; • Applicazione di nuove tecnologie a basso impatto ambientale nel settore della mobilità urbana; • Promozione dell’utilizzo di carburanti prodotti attraverso l’impiego di fonti rinnovabili; • Sensibilizzazione della cittadinanza all’utilizzo di mezzi alimentati da carburanti a basso impatto ambientale; • Produzione di modelli di protocollo per le omologazioni di mezzi bifuel e/o alimentati esclusivamente a idrogeno • Coinvolgimento del tessuto produttivo locale all’applicazione e allo sviluppo delle nuove tecnologie. Fra i vantaggi offerti dall’utilizzo della miscela metanoidrogeno (in ragione della quantità del 30% in volume di H2, pari a circa il 5% della massa), così come indicati nell’Accordo e ricordati dalla Dott.ssa Flacco, si possono riscontrare i seguenti benefici effetti per l’ambiente e per il portafoglio: • inalterate prestazioni del motore, • riduzione dell’11% di CO2 a parità di energia introdotta, • diminuzione della quantità di idrocarburi incombusti e di CO2 per effetto della maggior frazione di idrogeno nel combustibile e per la combustione stessa che risulta più efficiente, • autonomia del veicolo ridotta del solo 20% a pari condizioni di stoccaggio del carburante. Al fine di realizzare gli obiettivi di cui sopra, l’Accordo prevede l’avvio di una serie di azioni mirate alla:


• costituzione di una rete di distributori di carburante multifuel compreso idrogeno puro e miscele idrogenometano; • diffusione di una miniflotta di autoveicoli alimentati a miscela idrogeno-metano; • sviluppo dei motori a miscela idrogeno-metano; • predisposizione della rete di distribuzione per rifornire veicoli fuel-cell, • produzione dell’idrogeno in loco da fonte rinnovabile. “Purtroppo - ha proseguito la Dott.ssa Flacco - l’Accordo non è ancora del tutto operativo in quanto mancano le norme necessarie per omologare le vetture che utilizzano la miscela in oggetto e, soprattutto su quest’ultimo punto, non si può dimenticare che c’è il problema delle accise sul nuovo carburante che si andrebbe a commercializzare”.

“Occorre al più presto colmare il gap normativo che ci separa dai Paesi dell’UE - ha concluso il Dirigente regionale - e pertanto è necessaria un’opera di concertazione con tutti i Ministeri competenti, perché i problemi sono solo di natura burocratica”. “L’ENEA sta studiando l’utilizzo di miscele particolari per l’autotrazione sin dal 2004 - le ha fatto eco Agostino Iacobazzi, ricercatore dell’Ente Nazionale per le nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente - e già da un anno si è passati alla fase sperimentale su veicoli Iveco”. “L’obiettivo di questo Workshop, dal mio punto di vista - ha continuato - è quello di gettare le basi per un ponte culturale da qui, al momento in cui, in un futuro non molto lontano, l’idrogeno costituirà il vettore energetico principale”. “Le caratteristiche positive offerte dall’implementazione della miscela metano-idrogeno - ha infine concluso - ci

Il tavolo dei relatori

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permetterà di dare risposte concrete per un periodo di transizione in vista della sostituzione di tutti i carburanti con miscele più compatibili”. “Il settore Automotive e petrolifero, sono in stallo - è intervenuto il Dott. Salvatore Carbonaro dell’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) - per contro, le Regioni e le istituzioni in generale devono dare risposte concrete per la riduzione di CO2”.

“Per rimanere ad di sotto dei 2 °C di innalzamento della temperatura - ha spiegato - occorre ridurre le emissioni di anidride carbonica; migliorare l’efficienza energetica; promuovere nuove motorizzazioni con minori emissioni di particolato e gas climalteranti; incrementare le energie rinnovabili; promuovere l’utilizzo di biocarburanti”. “L’Italia - ha ricordato il rappresentante dell’ENI - è il Paese europeo che ha il maggior numero di veicoli a metano,

CHE COS’È L’IDROGENO? Qualche dato per fare chiarezza

L’idrogeno è il primo elemento della Tavola Periodica ed è anche l’elemento più leggero ed abbondante dell’intero universo. Elettronegatività (Pauling) 2,1 Molto raro, allo stato elementare, esso è presente in proDensità 0.00899*10-3 at 20 °C porzioni diverse in ragione dei composti che lo contengono, fra i quali il principale è l’acqua. È anche il maggior costiPunto di fusione -259,2 °C tuente della biomassa terrestre di cui esprime il 14% del Punto di ebollizione -252,8 °C peso totale. Raggio di Vanderwaals 0,12 nm Viene usato in grandi quantità per diversi processi induRaggio ionico 0,208 (-1) nm striali, dalla chimica all’industria alimentare, dall’industria aerospaziale a quella nucleare. Isotopi 3 Negli ultimi anni viene utilizzato come combustibile in 1 Guscio elettronico 1s appositi sistemi a combustione interna o con sistemi eletEnergia di prima ionizzazione 1311 Kj.mol-1 trochimici. Purtroppo l’estrema volatilità ne rende quasi impossibile l’approvigionamento diretto; pertanto l’idrogeno disponibile nei vari processi viene estratto dai composti in cui è presente utilizzando energia esterna al processo. Questo fa dell’idrogeno un vettore energetico e, a differenza del petrolio o del gas, non può essere considerato come fonte primaria di energia. Per assurdo, mentre dalla combustione dell’idrogeno non si generano altro che vapore acqueo e ossidi di azoto in tracce, per produrre idrogeno occorre utilizzare una grande quantità di energia ed intervenire anche su combustibili di origine fossile che, come prodotti di scarto danno luogo ad emissioni climalteranti. Si può estrarre idrogeno dall’acqua per elettrolisi, è vero, ma in questo caso bisognerebbe utilizzare energia elettrica generata da processi puliti, altrimenti il bilancio ambientale dell’operazione sarebbe ulteriormente sfavorevole. Numero atomico Massa atomica

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1

1.007825 g.mol-1


con una rete di distribuzione passata dai 323 impianti del 2000 ai 618 del 2007”. “La miscela idrogeno-metano - ha spiegato - ha tutte le caratteristiche di appetibilità per il mercato interno e, in più, presenta il vantaggio di essere utilizzata su veicoli appena modificati”. In seguito, Carbonaro è passato ad illustrare i punti salienti dell’iniziativa multiEnergy, che prevede la costruzione di Stazioni di servizio innovative che costituiscono vere e proprie piattaforme tecnologiche polifunzionali capaci di coniugare l’efficienza energetica con l’utilizzo di fonti rinnovabili, per la riduzione delle emissioni nocive. In questo contesto, sempre a cura del Dott. Carbonaro, è stata presentata la prima Stazione Agip MultiEnergy di Collesalvetti (LI), dotata di pannelli fotovoltaici, tre rotori eolici, e una microturbina alimentata a metano, in grado di produrre autonomamente l’energia necessaria all’operatività dell’area di servizio dell’idrogeno che alimenta una piccola flotta di auto a combustione interna. A ricordare come la più grande Casa automobilistica italiana, abbia da tempo puntato molto sul vettore metano, è stato il Dott. Severino Damini, del Gruppo FIAT Automobiles Spa che ha dichiarato: “Fiat ha scelto il metano perché è la tipologia di carburante alternativo più disponibile per l’utente privato; è economico, sicuro, accessibile e in più può vantare una rete di distribuzione in espansione quasi giornaliera” “Fiat è leader europeo per i motori a metano - ha proseguito Damini - e i 22.000 ordini di acquisto per il nuovo modello Panda a metano ci dimostrano la validità della proposta e l’interesse dell’utenza”. Concludendo il suo intervento con una nota sulla miscela idrogeno-metano, il rappresentante Fiat ha dichiarato che: “la miscela è un’ottima soluzione-ponte verso combustibili più puliti che non confliggano con le prestazioni volute dai clienti e con gli obiettivi di riduzione delle emissioni”. Il Workshop, proseguendo nella volontà di “dare voce” alle esperienze più significative nate sul territorio nazionale, è proseguito con i case history aziendali di Na-Met Spa (gestione e manutenzione di flotte aziendali e di trasporto pubblico e gestione di stazioni di servizio dedicate) e Metanauto Srl (supporter di aziende che investono in aree dove la distribuzione del metano è poco efficiente), presentati rispettivamente dal Dott. Velio Bellini e dall’Ing. Michele Petraccone. A concludere la teoria degli interventi istituzionali è stata la Dott.ssa Silvana di Matteo della Regione Lombardia, che ha relazionato sul Progetto “Zero Regio” (Progetto Europeo di sostegno al vettore idrogeno 2007/2010) e sullo stato di attuazione dello stesso nella Regione Lombardia.

“Il Progetto - ha spiegato la rappresentante lombarda - comprende la fornitura di 20 autovetture Panda sperimentali, da destinare in comodato d’uso alle Pubbliche Amministrazioni della Regione e l’adozione di 2 distributori per l’idrogeno”. “Ovviamente - ha specificato - nel progetto sono comprese la misurazione ed il monitoraggio delle emissioni e la comunicazione dei risultati”. “Purtroppo - ha osservato - in Italia la vetustà delle regole e le pastoie della burocrazia impediscono fortemente lo sviluppo del mercato e molte buone soluzioni rimangono pura ricerca, magari sfruttata da altri”. Dopo un momento di dibattito con l’uditorio, il workshop, che ha avuto il merito di veicolare diverse “buone pratiche” già attivate sul territorio ed ulteriori iniziative da perseguire e sfruttare al meglio, si è concluso con l’intervento finale della Dott.ssa Iris Flacco che, cogliendo gli stimoli e i punti nodali emersi dal dibattimento, si è ripromessa di portare la “voce” degli operatori nelle sedi competenti di Bruxelles e ha terminato sottolineando come: “Il lavoro che le Regioni fanno, dimostra che ci sono le risorse economiche e le strutture per realizzare in Italia una filiera virtuosa dell’idrogeno per la mobilità”. “Le problematiche che emergono dai tessuti urbani ci impongono, come amministratori, di affrontare quanto prima tutti gli ostacoli che si frappongono all’affermarsi di queste tecnologie: dall’omologazione dei nuovi veicoli, alle caratteristiche tecniche dei serbatoi, sino alla auspicabile omogeneità delle normative nazionali in tema”. “Se ci sconforta la mancanza di un adeguato progetto nazionale sul fronte energetico - ha concluso - il fermento degli stakeholders ci spinga, almeno a serrare le fila per il bene comune”.

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L’APPROFONDIMENTO

IDROGENO: UNA VALIDA TECNOLOGIA PER RIDURRE LE EMISSIONI CLIMALTERANTI

A colloquio con la Dott.ssa Iris Flacco sulle prospettive del suo utilizzo nella regione di Alberto Piastrellini

Flacco, Dirigente del Servizio Politica Energetica, Qualità dell’Aria, Inquinamento Acustico ed Elettromagnetico, Rischio Ambientale - SINA, della Regione Abruzzo, alla quale abbiamo chiesto un piccolo approfondimento sulle problematiche all’ordine del giorno.

Iris Flacco, Dirigente Regione Abruzzo

Mentre il prezzo del petrolio continua a salire e lo spettro dell’inflazione e della recessione economica comincia a far sentire la propria presenza, diventa sempre più pressante il bisogno di far coincidere la necessità di uno sviluppo economico con la necessità di un risparmio energetico ed un minor impatto sull’ambiente e la salute dei cittadini. Altrove, e ben più compiutamente, si è scritto di mobilità e di come un corretto approccio al problema possa raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. La Regione Abruzzo, già da tempo ha messo in campo alcune iniziative legate alla riduzione degli apporti inquinanti in atmosfera da parte dei veicoli circolanti e, allo stesso tempo, si è confrontata sulle scelte strategiche da perseguire per raggiungere una indipendenza energetica e conseguire vieppiù gli obiettivi di Kyoto, implementando il ricorso a fonti energetiche rinnovabili. Nel Corso del 1° Workshop: “Miscela Idrogeno-Metano: applicazioni per la mobilità eco-sostenibile”, abbiamo intervistato la Dott.ssa Iris

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Dott.ssa Flacco, qual è l’obiettivo di questa giornata di studio sulle possibilità offerte dalla miscela metano-idrogeno per autotrazione? Quella di oggi è una giornata molto importante, non solo per la nostra Regione, perché è la prima manifestazione che ospita le relazioni e gli interventi di quanti, in Italia e all’estero, studiano le tecnologie dell’idrogeno; allo stesso tempo, si fa un’attenta analisi dello stato dell’arte fra tutte le realtà e le operazioni in essere in questo settore. L’idrogeno non è una soluzione per un lontano futuro: queste tecnologie sono già una realtà e come tali possono essere già utilizzate come stoccaggio di energia e come “carburante” alternativo per la mobilità che, ricordiamo, incide maggiormente sugli apporti inquinanti in atmosfera. In un periodo fortemente caratterizzato da crisi energetica ed economica, quali fondi si possono destinare a questo tipo di attività’? La Regione Abruzzo ha già un progetto per il quale è stato richiesto un adeguato co-finanziamento di circa 3 milioni di Euro al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per lo sviluppo di un network legato all’implementazione dell’idrogeno per la mobilità: impianti di distribuzione e piccole flotte in grado di muoversi agevolmente nel territorio abruzzese. Altri fondi provengono, poi, dall’Unione Europea, che prevede per il 2020 lo sviluppo di tutta la tecnologia dell’idrogeno e già attualmente sta investendo molto in questo settore. Qual è l’interesse del cittadino medio su queste iniziative? La po-

polazione è pronta, secondo lei, all’acquisto di questo tipo di autovetture? In questo momento gli automezzi a motore completamente dedicato “fuel cell”, hanno costi proibitivi per la maggior parte della popolazione, in più manca completamente una rete di distribuzione/approvvigionamento sul territorio del Paese. La nostra proposta, per l’immediato, è l’implementazione della miscela metano+idrogeno da utilizzare in appositi automezzi già esistenti, in grado di sopportare, non solo il metano quale carburante, ma anche una certa percentuale di idrogeno in miscela. La Fiat Ricerche ha già preparato i prototipi garantendo il contenimento dei costi all’acquisto (circa 20.000 Euro per il modello Panda). Allo stesso tempo, è fattibile in breve l’implementazione di impianti di distribuzione e stoccaggio dell’idrogeno nei siti esistenti che già distribuiscono metano. Tuttavia uno dei problemi principali nell’implementazione di queste strategie energetiche sta proprio nell’approvvigionamento di questo vettore energetico… Infatti, l’idrogeno molecolare in natura è quasi impossibile trovarlo, occorre estrarlo dai composti in cui esso è presente, e , almeno in linea teorica, da questo punto di vista la disponibilità è quasi illimitata. Ottenere idrogeno puro dal reforming del metano, per quanto economico, produce una certa quantità di CO2 che andrebbe ad inficiare la bontà dell’operazione ai fini del Protocollo di Kyoto. Per la nostra regione abbiamo pensato di produrre piccole, ma significative quantità di idrogeno, per alimentare le flotte di cui parlavo poc’anzi, a partire dagli impianti di produzione energetica a vettore solare ed eolico. Altrove si sta già utilizzando a questo fine, l’idrogeno derivato dai processi di scarto di precedenti attività indu-


striali. Anche in Abruzzo abbiamo un impianto tradizionale per la produzione di questo elemento. Dott.ssa Flacco, all’incontro di oggi sono presenti due importanti realtà della ricerca e dell’industria italiana: ENI e FIAT Group Automobiles. Come valuta l’interesse di questi gruppi nei confronti dello sviluppo di queste nuove tecnologie? É ovvio che quello che ai profani appare come una tecnologia futuribile, per queste realtà imprenditoriali, invece, è già una realtà. L’Eni ha già realizzato un impianto per la distribuzione dell’idrogeno in Toscana e si appresta, nel breve periodo, a realizzarne altri due in Abruzzo. Per contro, la Fiat sta già producendo le Panda a metano che posso sfruttare anche la miscela arricchita con idrogeno. Il nostro obiettivo è cambiare l’attuale parco-auto dei settori produttivi introducendo nuovi veicoli meno inquinanti, tanto più nelle realtà urbane, dove l’apporto dei mezzi da lavoro è molto più impattante dato il numero di mezzi e passaggi.

consueto confronto con tutte le realtà territoriali e gli stakeholders previsto dalla procedura di VAS, è già stato adottato dalla Giunta Regionale. Sarebbe dovuto essere adottato dal Consiglio in tempi brevi, ma i sopravvenuti fatti di cronaca rendono attualmente un po’ più complicati i passaggi istituzionali per una sua approvazione in tempi brevi. Tuttavia, con l’approvazione della Giunta, si sono ben definite le linee guida del Piano stesso. Quindi i cittadini abruzzesi possono stare tranquilli dal punto di vista della programmazione energetica? Assolutamente no! In questo settore non si può stare tranquilli. Attualmente siamo arrivati alla compensazione della produzione energetica, con l’apertura dell’impianto di Gissi, l’Abruzzo non ha più bisogno di importare energia, ma addirittura ne produce una quantità pari al 5%-10% in più. Crediamo, tuttavia, che questa non sia

la soluzione finale per la nostra regione, in quanto lo stesso Piano da approvare, afferma che bisogna sviluppare le fonti di energia rinnovabile e per fare questo abbiamo bisogno della collaborazione di tutti i cittadini ai quali chiediamo di essere continuamente consapevoli e responsabili. Stiamo promuovendo tutta una serie di attività ed interventi sul territorio (anche sostegni finanziari a partire da finanziamenti europei) per sostenere lo sviluppo diffuso della produzione energetica da fonti rinnovabili. In questo senso cosa si sta muovendo sul fronte dell’implementazione del solare termico e fotovoltaico? Il fotovoltaico è già soggetto ad un finanziamento continuativo, il cosiddetto “conto energia”, ulteriori fonti di finanziamento per il solare termico saranno disponibili a breve con i bandi Docup e con i programmi europei dedicati.

Parlando di approvvigionamento energetico, a che punto è l’iter di approvazione del Piano Energetico Regionale? Il PER è stato redatto e dopo il

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PROVINCIA DI L’AQUILA

LA PROVINCIA DELL’AQUILA E L’AMBIENTE

Intervista all’Assessore Michele Fina

di Donatella Mancini

lo scopo di sperimentare concretamente diverse strade che possano essere utili a perseguire l’obiettivo di produrre energia da fonti rinnovabili.

L’Assessore all’Ambiente e Risorse naturali della Provincia dell’Aquila, Michele Fina, ha partecipato al Forum tematico “Verso il marchio di qualità - Compost Abruzzo”, svoltosi lo scorso 11 Luglio ad Aielli (AQ). Abbiamo colto l’occasione per rivolgergli alcune domande su questioni inerenti la situazione del territorio aquilano e abruzzese. Assessore Fina, dopo l’approvazione del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti ci sono stati miglioramenti sul fronte della Raccolta Differenziata nella regione Abruzzo, in generale, e nella provincia dell’Aquila, in particolare? Devo riconoscere, innanzitutto, che il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti è un ottimo Piano, concertato tra tutte le parti interessate. La Regione ha ascoltato il parere delle Amministrazioni Provinciali, superando in questo modo alcune consistenti problematiche contenute nel precedente Piano del 2000. Proprio in questi giorni la Provincia dell’Aquila ha riunito i Sindaci per la costituzione dell’ATO provinciale e gli stessi si incontreranno il 25 luglio per l’approvazione definitiva dello Statuto e della Convenzione che dovranno, in una fase successiva, passare al vaglio sia dei consigli comunali che del consiglio provinciale. In questo modo, finalmente, si potrà passare dall’emergenza alla pianificazione. Per quanto riguarda i biocarburanti, tema molto attuale, vorrei sapere quale contributo può dare l’Abruzzo. Abbiamo iniziato un percorso con i GAL (Gruppi di Azione Locale), con le Associazioni degli agricoltori, con il CRAB (Centro Ricerche Ambientali e Biologiche) ed anche con alcune Fondazioni che riuniscono soggetti privati, che riguarda la produzione, raccolta, valorizzazione di Fonti Rinnovabili per la produzione di energia, e quindi anche di biocarburanti. Credo che sia necessario partire dal monitoraggio del territorio per capire quali siano le risorse a disposizione per questo tipo di utilizzo. Il percorso avviato ha proprio

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Per quanto riguarda le energie rinnovabili, come vi state muovendo? La Provincia sta investendo tantissimo in questo settore, soprattutto sul patrimonio edilizio, in particolare negli edifici delle scuole superiori: il nostro obiettivo è che tutti gli edifici pubblici della Provincia, tutte le scuole superiori siano dotati di un impianto fotovoltaico. Nell’ambito delle nostre strette competenze, questa è l’iniziativa più importante accanto al lavoro che stiamo facendo sulle biomasse, di cui abbiamo già parlato. Al di fuori delle nostre competenze, invece, sollecitiamo la Regione a pianificare tenendo ben presenti le peculiarità dei Comuni, investendo, ad esempio, sull’eolico. Inoltre auspichiamo che si arrivi in breve tempo all’approvazione del Piano Energetico Regionale, per avere una normativa che, delimitando il campo di intervento, permetta ad ogni ente di svolgere il suo ruolo. Il compost di qualità sembra essere diventato il fiore all’occhiello della provincia dell’Aquila. Quali sono le prospettive in questo settore? La collaborazione avviata con il CIC (Consorzio Italiano Compostatori) è stata determinante. Ora, dopo l’inaugurazione dell’impianto di Aielli, in una provincia di 300.000 abitanti sono collocati 5 impianti di compostaggio. Possiamo, quindi, partire dalla produzione di compostaggio di qualità per creare una filiera industriale con opportunità di sviluppo. La Provincia dell’Aquila, insieme alla Regione, ai Comuni ed ai Consorzi, ha investito su un progetto che riguarda la filiera industriale della Raccolta Differenziata attraverso l’installazione sul territorio aquilano di 18 stazioni ecologiche più una piattaforma di tipo A, in modo tale da avere una stazione ecologica distante una dall’altra non più di 20 km. Questa rete di servizio messa a disposizione dei Comuni ridurrà i problemi di trasporto connessi alla Raccolta Differenziata, determinando, al contempo, un triplice guadagno derivante da: • minore conferimento in discarica; • minore conferimento al trattamento dei rifiuti; • vendita del rifiuto stesso. Sono tre voci: due di riduzione dei costi e una di aumento di entrate della gestione dei rifiuti, che possono aiutarci a gestire meglio la tariffa. Un quarto guadagno, implicito ma ancora più importante, è quello consegue ad una migliore tutela ambientale, alla minore diffusione sul territorio di discariche di servizio e al ritorno di immagine, grazie ad una maggiore consapevolezza e coinvolgimento dei cittadini sulla questione rifiuti.



PROVINCIA DI TERAMO

“RAPPORTO 2007 - PRODUZIONE E RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI URBANI NELLA PROVINCIA DI TERAMO” a cura del Servizio Pianificazione e Gestione dei Rifiuti Osservatorio provinciale Rifiuti

Ing. Ferdinando Di Sanza, Dirigente del Settore Ambiente Energia

Il rapporto, giunto alla 7a edizione, fornisce un prezioso quadro informativo agli operatori del settore, ma anche ai cittadini che devono essere sempre correttamente informati su tematiche politico-ambientali importanti come quella dei rifiuti, quotidianamente al centro dell’attenzione e, molto spesso, di polemiche, non solo a livello locale ma anche a livello nazionale e internazionale. L’anno 2007 ha visto la Provincia di Teramo particolarmente impegnata nella ricerca di scelte condivise al fine di trovare possibili soluzioni per rianimare un sistema impiantistico fortemente compromesso. La Provincia, infatti, in seguito all’approvazione di uno Studio, realizzato da tecnici dello stesso Ente, per l’individuazione di siti potenzialmente idonei alla realizzazione di impianti di smaltimento, ha avviato un percorso proteso alla costituzione dell’Autorità d’Ambito e, tramite l’istituzione di una “Cabina di Regia”, è stata presentata una proposta di Accordo per lo smaltimento e la raccolta differenziata che prevede un programma con obiettivi da attivare a breve, medio e lungo termine, per fronteggiare la crisi del sistema impiantistico provinciale. Purtroppo, i tempi necessari per il raggiungimento di tali obiettivi si sono rivelati più lunghi di quelli programmati, non rendendo possibile mettere in pratica le scelte concordate nei modi e nei tempi previsti, ragion per cui, ancora oggi, la maggior parte dei Comuni della provincia di Teramo continua a conferire i propri rifiuti fuori ATO. Nonostante le problematiche del territorio provinciale, gli Enti locali nel complesso stanno rispondendo positivamente all’appello lanciato lo scorso anno da questa Amministrazione per un maggior impegno rispetto alle politiche di gestione integrata dei rifiuti. Infatti nell’anno 2007 c’è stata una crescita della rac-

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colta differenziata nella provincia di Teramo, arrivata ad una percentuale che ha sfiorato il 30%, che, pur se ancora lontana dal target fissato dalla legislazione nazionale (40% nel 2007), rappresenta sicuramente un segnale di conferma di una maggiore responsabilizzazione della cittadinanza. Attraverso l’attività di raccolta, analisi ed elaborazione dati da parte dell’OPR - Osservatorio Provinciale Rifiuti, con la collaborazione di Comuni, Consorzi Comprensoriali, Comunità Montane, ecc. è stato possibile realizzare il documento dove vengono analizzati e validati i dati relativi alla produzione e raccolta differenziata dei rifiuti urbani nel territorio provinciale. Il rapporto 2007, come accennato, evidenzia il trend di raccolta differenziata in aumento rispetto all’anno passato (oltre +8%), sfiorando il 30% e rilevando che ben 10 Comuni hanno superato il 40% di RD (+4 rispetto al 2006). In particolare, il Comprensorio della Val Vibrata ha registrato il risultato più importante, con i Comuni di: Colonnella (56,42%), Martinsicuro (45,66%), Nereto (42,77%), S. Egidio alla Vibrata (68,84%), S.Omero (66,15%), Torano Nuovo (65,52%) e Tortoreto (42,70%). A seguire, il Comune di Pineto, oltre a riconfermare il trend positivo, ha visto triplicare la percentuale di RD negli ultimi due anni passando dal 15,30% del 2005 al 50,98% del 2007; il Comune di Silvi è passato dal 17,98% del 2006 al 42,58% del 2007; quindi, il Comune di Castel Castagna ha raggiunto il 57,41% (ca. +15% rispetto al 2006). Un forte impegno si rende necessario nelle politiche di prevenzione e minimizzazione della produzione dei rifiuti, poiché, nel sistema di gestione integrata dei rifiuti, la raccolta differenziata riveste un ruolo fondamentale. Essa, infatti, permette di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento e di condizionare l’intero sistema, il cui risultato è dato non solo dalla riduzione del volume dei rifiuti prodotti e dei costi di smaltimento, ma anche dal recupero di materiali. Quindi, se un encomio particolare è rivolto a tutti i Comuni virtuosi, al tempo stesso si spera che i buoni risultati raggiunti siano di buon auspicio anche per tutti gli altri Comuni della provincia, confidando nel massimo impegno di tutti gli Amministratori locali.


Abitanti

RUI (kg/a)

RD (kg/a)

Produzione RU (kg/a)

Alba Adriatica

11.820

7.526.320

2.902.960

10.429.280

RU pro-capite (Kg/ ab/a) 882,34

245,60

27,53%

Ancarano

1.897

872.460

251.511

1.123.971

592,50

132,58

22,17%

Comune

Arsita

RD (Kg/ab/a)

% RD

920

265.010

34.164

299.174

325,19

37,13

20,16%

Atri

11.287

4.667.700

148.745

4.816.445

426,72

13,18

2,99%

Basciano

2.490

981.802

84.070

1.065.872

428,06

33,76

9,13%

Bellante

7.413

2.093.330

1.190.957

3.284.287

443,04

160,66

34,62%

Bisenti

2.031

598.870

31.611

630.481

310,43

15,56

6,61%

Campli

7.565

3.191.914

173.648

3.365.561,98

444,89

22,95

4,73%

Canzano

1.881

659.430

20.728

680.158

361,59

11,02

2,81%

Castel Castagna

526

117.570

45.440

163.010

309,90

86,39

57,41%

Castellalto

7.357

2.905.220

245.020

3.150.240

428,20

33,30

8,31%

Castelli

1.254

459.500

66.530

526.030

419,48

53,05

12,64%

Castiglione M.R.

2.395

860.940

31.368

892.308

372,57

13,10

3,25%

Castilenti

1.608

795.040

20.930

815.970

507,44

13,02

7,24%

Cellino A.

2.656

830.970

57.860

888.830

334,65

21,78

5,66%

Cermignano

1.935

547.870

34.390

582.260

300,91

17,77

5,90%

Civitella del Tronto

5.432

1.380.780

489.164

1.869.944

344,25

90,05

25,88%

Colledara

2.241

822.150

139.925

962.075

429,31

62,44

16,75%

Colonnella

3.527

749.740

958.459

1.708.199

484,32

271,75

56,42%

Controguerra

2.507

1.104.000

186.391

1.290.391

514,72

74,35

14,27%

Corropoli

4.387

2.544.370

992.861

3.537.231

806,30

226,32

28,07%

774

368.741

19.636

388.377

501,78

25,37

4,62%

1.512

457.230

45.945

503.175

332,79

30,39

8,95%

Cortino Crognaleto Fano Adriano

408

167.808

16.130

183.938

450,83

39,53

8,77%

Giulianova Isola del Gran Sasso Martinsicuro

23.130

12.894.960

3.790.362

16.685.322

721,37

163,87

21,95%

4.991

1.820.900

99.620

1.920.520

384,80

19,96

8,98%

16.659

6.158.250

5.198.520

11.356.770

681,72

312,05

45,66%

920

368.500

15.867

384.367

417,79

17,25

8,88%

8.091

2.785.980

399.360

3.185.340

393,69

49,36

13,85%

3.549

1.203.540

660.100

1.863.640

525,12

186

34,04%

8.921

2.929.100

1.680.714

4.609.814

516,74

188,40

35,39%

Montefino Montorio al Vomano Morro D’Oro Mosciano S. Angelo Nereto

4.984

1.232.660

930.553

2.163.213

434,03

186,71

42,77%

Notaresco

6.922

2.727.820

782.159

3.509.979

507,08

113

21,91%

Penna S. Andrea

1.794

792.880

41.300

834.180

464,98

23,02

4,95%

308

294.256

29.340

323.596

1.050,64

95,26

9,07%

14.278

4.210.074

4.542.180

8.752.254

612,99

318,12

50,98%

621

259.271

13.807

273.078

439,74

22,23

4,62%

24.533

10.693.460

5.240.610

15.934.070

649,50

213,61

31,57%

9.495

1.059.930

2.295.775

3.355.705

353,42

241,79

68,84% 66,15%

Pietracamela Pineto Rocca S. Maria Roseto degli Abruzzi S. Egidio alla Vibrata S. Omero

5.463

975.730

1.522.054

2.497.784

457,22

278,61

Silvi

15.467

6.664.390

5.066.384

11.730.774

758,44

327,56

42,58%

Teramo

54.763

21.857.971

6.766.527

28.624.498

522,70

123,56

Torano Nuovo

1.679

182.920

314.844

497.764

296,46

187,52

Torricella Sicura

2.724

910.260

49.697

959.957

352,41

18,24

Tortoreto

9.784

3.980.160

2.979.595

6.959.755

711,34

304,54

Tossicia

1.478

425.750

98.180

523.930

354,49

66,43

Valle Castellana

1.176

534.674

28.472

563.146

478,87

24,21

TOTALE 2007

307.553

119.932.201

50.734.462,98

170.666.663,98

554,92

164,96

23,84% 65,52% 4,74% 42,70% 24,01% 4,62% 29,64%

15


MANIFESTAZIONI

CARTONIADI D’ABRUZZO: VINCE AVEZZANO

Aumentata del 68% nel 2007 la raccolta complessiva di Carta In Italia la Raccolta Differenziata di carta e cartone è in continua crescita. Secondo i dati ufficiali Comieco, a fronte di 4,6 milioni di tonnellate di imballaggi cellulosici immessi al consumo, la percentuale di materiale avviato a riciclo è pari al 70%, mentre il dato complessivo di recupero si attesta al 78% (percentuale che comprende anche il recupero energetico), superando, dunque, l’obiettivo del 60% di riciclo di materiale fissato dall’UE. Nel 2007 la raccolta di carta e cartone ha superato quota 2.600.000 tonnellate con un aumento del 4% circa rispetto al 2006, evitando, in questo modo, la costruzione di 22 discariche. Per il 2008, inoltre, Comieco prevede un ulteriore aumento della raccolta di carta e cartone, pari a +8% rispetto al 2007. In Europa, il nostro Paese è al terzo posto nella classifica della raccolta differenziata di carta e cartone, dietro Germania e Francia. La partecipazione dei cittadini per la riuscita della RD è fondamentale, per questo motivo Comieco organizza ogni anno le Cartoniadi, le Olimpiadi del Riciclo, competizione virtuosa tra alcuni Comuni della stessa regione, i cui abitanti si impegnano, per un periodo definito, ad incrementare la raccolta di carta e cartone. In Abruzzo, dopo un mese di gara, le Cartoniadi, indette dalla Regione Abruzzo - Servizio Gestione Rifiuti in collaborazione con Comieco, si sono concluse il 31 Maggio scorso: nove Comuni, con popolazione maggiore di 20.000

abitanti, si sono sfidati nella raccolta differenziata di carta e cartone. La vincitrice è risultata Avezzano, che si aggiudica la medaglia d’oro per aver incrementato la sua resa procapite complessiva nel mese di gara del 223%. Seguono al secondo e terzo posto Lanciano con +107% e Giulianova +74%. La raccolta differenziata è aumentata nei Comuni partecipanti del 68%. Il Comune di Avezzano investirà i 20.000 euro, messi in palio dalla Regione Abruzzo, per migliorare il servizio di raccolta differenziata. “Sono molto soddisfatto dei risultati ottenuti dai cittadini abruzzesi; hanno dimostrato impegno e forte sensibilità per i temi del riciclo e della salvaguardia dell’ambiente” ha dichiarato Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco. “Ora - ha proseguito - bisogna continuare in questa direzione, incrementando ulteriormente la raccolta di carta e cartone che già nel primo quadrimestre 2008 è in crescita di circa il 20% ”. “Le Cartoniadi confermano come in Abruzzo esistano enormi potenzialità per aumentare la raccolta differenziata dei rifiuti riciclabili” ha affermato Franco Gerardini, Dirigente del Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo. “Facciamone una prassi quotidiana e non un momento temporaneo. Cartoniadi - ha concluso - ogni giorno!”.

Foto area del centro storico di Avezzano

1166



C.I.V.E.T.A.

PAI - POLO AMBIENTALE INTEGRATO - C.I.V.E.T.A. Un piano industriale d’ambito per la gestione sostenibile dei rifiuti di Luigi Sammartino Direttore consorzio C.I.V.E.T.A.

C.I.V.E.T.A. (Consorzio Intercomunale del Vastese Ecologia e Tutela dell’Ambiente) è pronto ad intraprendere azioni innovative nella gestione integrata e sostenibile dei rifiuti, il cui obiettivo è recuperare dai rifiuti la maggior quantità possibile di materia e trasformarne la parte residua in energia, al fine di migliorare la tutela delle risorse ambientali territoriali. A tal fine è opportuno implementare un nuovo piano industriale con la creazione di un Polo Ambientale Integrato (PAI), capace di far fronte sia alle necessità delle amministrazioni pubbliche coinvolte (comuni consorziati), che a migliorare il posizionamento sul mercato del Consorzio soddisfacendo le richieste di trattamento e recupero provenienti da altri soggetti presenti sul territorio (enti d’ambito acquedottistici, comuni extra comprensorio, privati, industria ,ecc.). Le linee strategiche da porre in atto, assieme ad un generale potenziamento e revamping dell’attuale impianto di trattamento meccanico-biologico, progettato e costruito negli anni ’90,

1 18

si basano su: Essiccazione termica dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue e termoutilizzo degli stessi attraverso la tecnologia a letto fluido con produzione di energia elettrica da certificati verdi; Recupero e valorizzazione termica degli scarti di lavorazione e selezione dei rifiuti solidi urbani (sovvalli-CDR) oggi avviati a smaltimento in discarica; Biometanizzazione e digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani con produzione di biogas, calore, energia elettrica mediante certificati verdi; Trattamento del percolato di discarica; Cogenerazione energetica da biogas di discarica; Drastica riduzione dello smaltimento definitivo in discarica; Massimizzazione del recupero di energia e materia dai rifiuti con produzione di compost di qualità. Tale progetto di rilancio e riposizionamento del polo tecnologico di Valle Cena dovrà attuarsi con una ricerca opportuna di partnership improntata all’implementazione di impiantistica

innovativa e di qualità. Una soluzione, questa, in grado di assicurare ai comuni consorziati un ulteriore e sostanziale ristoro economico per via dell’aumento delle capacità di trattamento dell’impianto e delle nuove tecnologie implementate, garantendo, contestualmente, alta protezione dell’ambiente, tariffe di conferimento congrue, nuovi posti di lavoro e limitazione nell’uso della discarica. Tali finalità rientrano nell’ottica di una più precisa collocazione del C.I.V.E.T.A. nel nuovo quadro di riferimento regionale del PRGR (piano regionale di gestione rifiuti), che individua nel polo


tecnologico di Valle Cena un terminale di trattamento insostituibile, efficiente e nevralgico per le frazioni biodegradabili dei rifiuti urbani destinate al recupero e al compostaggio. Gli standard tecnici e i requisiti di processo richiesti dalle nuove norme ambientali in vigore per gli impianti di trattamento dei rifiuti impongono criteri gestionali sempre più onerosi e restrittivi, che possono essere assicurati solo se supportati da opportuni piani strategici e da congrue politiche tariffarie, in grado di consentire sia la irrinunciabile autonomia finanziaria e gestionale dell’ente, ma anche la possibilità di remunerare agevolmente gli investimenti. Dunque, occorre elevare il livello di qualità dei servizi privilegiando il “core business”, obiettivo che sarà ancora più facile da conseguire grazie alla sensibilità dei Sindaci e degli Amministratori locali che con il loro attaccamento al territorio e la volontà di tutelarne le risorse ambientali condivideranno l’unità

di intenti del Consorzio stesso. Questa considerazione assume ancora più forza nell’attuale momento di transizione da una logica gestionale tipicamente locale e consortile ad una più ampia e complessa di ATO (AmbitoTerritoriale Ottimale). Come è noto il passaggio all’ATO troverà la sua giustificazione nella consapevolezza comune che la gestione dei rifiuti assumerà una rilevanza sociale sempre più importante. In particolare, ad una offerta sempre eccellente al cittadino dovrà corrispondere anche una qualità economico- finanziaria dell’ente gestore. La “spazzatura” è, purtroppo, ancora fenomeno di cattive abitudini, di scarsa informazione ed educazione ambientale, di igiene pubblica, che spesso diventa emergenza sanitaria, in una parola: di “cultura”. In Italia c’è l’annoso problema dello smaltimento dei rifiuti, ma nessuno vorrebbe risolverlo nel proprio paese, nella propria città, provincia o regio-

ne. Appare incomprensibile come le Amministrazioni centrali, specie quelle preposte alla protezione dell’ambiente, condannino quelle situazioni, quasi ignorando le cause che le hanno prodotte e che sono ben note. Una delle forme di trattamento dei rifiuti che sempre più spesso sta prendendo piede è l’investimento in impianti finalizzati al trattamento termico dei rifiuti. Questi impianti, in sinergia con una buona raccolta differenziata sono una risposta moderna a un problema antico e sempre più grave. Il termovalorizzatore non è un mostro e non deve diventare un tabù se inserito organicamente in una filiera integrata di gestione dei rifiuti. Sono oltre trecento, del resto, gli impianti attivi in Europa. E se in un’ottica di “ambientalismo sostenibile”, compatibile cioè con lo sviluppo e con la tutela della salute, si riesce a smaltire i rifiuti, a ricavarne energia e a ridurre l’inquinamento, vuol dire che si è trovata la quadratura del cerchio.

Consorzio Intercomunale C.I.V.E.T.A. C.da Valle Cena, 1 - 66051 Cupello (CH) Tel. 0873 318335 - fax 0873 319779 www.civeta.it - info@civeta.it

19


ACIAM SPA

ACIAM INAUGURA L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO DI AIELLI (AQ) di Germano Contestabile Responsabile Comunicazione ACIAM spa

La cerimonia inaugurale “Un avvenimento epocale per il territorio e per l’azienda”, con queste parole è stata salutata da ACIAM Spa la nascita del nuovo impianto di compostaggio di Aielli. La cerimonia di inaugurazione si è tenuta l’11 e 12 luglio scorsi all’interno dell’area di conferimento rifiuti dell’impianto stesso, trasformata per l’occasione in una sontuosa Sala Convegno. La prima giornata è stata dedicata al Forum Tematico dal titolo“Verso il marchio di qualità- Compost Abruzzo”, organizzato dalla Regione Abruzzo e dal CIC (Consorzio Italiano Composta-

tori) nella prospettiva di costituire un sistema di certificazione del compost di qualità prodotto in Regione. All’evento hanno partecipato nel complesso oltre 300 persone tra cui autorevoli esponenti del mondo politico ed imprenditoriale della Regione Abruzzo e della Provincia dell’Aquila. Si sono avvicendati sul tavolo delle autorità: Giuseppe di Natale (Sindaco di Aielli), Michele Fina (Assessore Provinciale all’Ambiente), il Sen. Filippo Piccone (Sindaco di Celano). Le relazioni tecniche hanno visto impegnati rappresentanti del mondo

Taglio del nastro. Da sinistra: Luigi Ciaccia, Presidente Aciam e Giuseppe di Natale, Sindaco di Aielli

Impianto Aielli esterno

2 20

scientifico, istituzionale ed imprenditoriale del settore ambientale tra i quali: Franco Gerardini (Dirigente del Settore Ambiente della Regione Abruzzo), David Newmann (Presidente Cic), Sergio Cappelli e Colomba Del Turco (Funzionari dell’ARSSA Abruzzo), Antonio Ricci (autorevole esponente di Legambiente Abruzzo), Alberto Torelli (Amministratore Delegato ACIAM S.p.A.), Luigi Ciaccia (Presidente ACIAM S.p.A.) che ha svolto il ruolo di moderatore. La visita all’impianto è stata guidata da Oscar Caissut, Responsabile Tecnico di Cesaro Mac. Import, la società che ha provveduto alla costruzione della struttura e alla fornitura dei macchinari. La giornata del 12 è stata invece dedicata alla visita della struttura da parte delle popolazioni residenti, per meglio comprendere le caratteristiche strutturali ed il funzionamento e dare, da subito, una testimonianza tangibile di confronto e apertura al territorio. L’impianto di Aielli: cos’è e cosa fa È un sistema industriale di trattamento dei rifiuti finalizzato ad incrementare la quantità di materiale avviato a riutilizzo ed a ridurre il quantitativo da destinare a discarica. Progettato nel rispetto delle vigenti normative nazionali e comunitarie, con l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili sul mercato, nasce per trattare in modo differenziato i rifiuti e gli scarti organici derivanti dalle famiglie e dalle aziende agricole del territorio ed opera su due linee di lavorazione completamente distinte: 1) Compostaggio delle matrici organiche derivanti da scarti agricoli e avanzi di origine domestica con produzione di compost di qualità (humus). 2) Separazione meccanica dei rifiuti urbani e stabilizzazione della matrice organica con produzione di compost grigio. L’intero ciclo di lavorazione si svolge in ambiente chiuso e nell’impianto, grazie all’utilizzo di sistemi tecnologicamente


avanzati per il trattamento dell’aria di processo. Si limita, quindi, al minimo qualsiasi impatto esterno. Il compost grigio L’impianto prevede la selezione di rifiuti urbani da cassonetto stradale (R.U.) e la stabilizzazione della sostanza organica, secondo uno schema di trattamento a flussi separati, in cui il pretrattamento meccanico del rifiuto in ingresso permette l’ottenimento di due frazioni: una “umida” (sottovaglio), da destinare a trattamento biologico (e successivamente ad attività di ripristino ambientale) ed una “secca” (sovvallo), da destinare a valorizzazione energetica o allo smaltimento in discarica; Il compost di qualità Con l’impianto di Aielli si vuole imitare, riproducendoli in forma controllata ed accelerata, i processi naturali di degradazione biologica della sostanza organica presente in natura (foglie, rami, resti di animali, ecc.), trasformando le matrici organiche differenziate in compost di qualità (humus) da utilizzare come ammendante compostato misto nei terreni agricoli e nelle attività di florovivaismo. Il materiale in ingresso sarà costituito da matrici compostabili ad elevata umidità, quali scarti di mense e cucine, avanzi di cibo, sfalci, potature e scarti provenienti da attività agroalimentari della zona. I Benefici del sistema I vantaggi derivanti dall’attivazione dell’impianto sono molteplici sia a livello economico, sia ambientale che gestionale. • i trattamenti previsti permetteranno di avviare allo smaltimento finale un quantitativo di rifiuti urbani ridotto rispetto alla produzione del rifiuto tal quale; • la stabilizzazione consentirà di disporre in discarica in modo ottimale il rifiuto urbano pretrattato che, depurato della frazione putrescibile, costituisce un materiale meno problematico dal punto di vista igienico ed ambientale nelle fasi di riempimento della discarica, in linea con le direttive indicate dalla normativa in materia; il rifiuto pretrattato, inoltre, produce un quantitativo di biogas ridotto dell’80-90% e, quindi, consente di minimizzare le emissioni gassose e di ottimizzare gli impianti di captazione del biogas;

• viene inviato in discarica un rifiuto più facilmente compattabile e meno soggetto a trasformazioni; ciò consente di sfruttare al meglio la capacità della discarica limitandone gli assestamenti nel tempo; • si favorirà il recupero di frazioni valorizzabili del rifiuto (ad esempio i rifiuti metallici separati attraverso l’azione di nastri magnetici). A tali benefici, riferibili alle attività di lavorazione effettuate nell’impianto sul rifiuto urbano tal quale, si devono aggiungere i rilevanti vantaggi derivanti dall’attivazione di raccolte differenziate delle matrici organiche (presso aziende e famiglie) e dall’utilizzo del compost di qualità sui terreni agricoli del Fucino. CAPACITÀ DELL’IMPIANTO RIFIUTI URBANI + SOTTOAVAGLIO RIFIUTO COMPOSTABILE (solo organico) GIORNI LAVORATIVI

U.M.

QUANTITÀ

ton/anno

60.000

ton/anno

9.000

gg

312

TURNI LAVORATIVI

2

N. ORE PER TURNO

ore

6

Il Presidente di ACIAM Luigi Ciaccia ha espresso notevole soddisfazione per il raggiungimento di un così prestigioso traguardo. “Questo impianto - ha affermato il Presidente - costituisce un tassello importante nel panorama gestionale dei rifiuti all’interno del comprensorio marsicano e dell’intera provincia

dell’Aquila, ed assume un significato particolare in un momento in cui è in fase di definizione la costituzione a livello provinciale dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO)”. Guarda al futuro l’Amministratore Delegato della società Alberto Torelli: “per la realizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti, che assicuri all’ATO il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata nel rispetto dei canoni di efficienza e funzionalità, bisognerà costruire, attorno a quest’opera, una serie di infrastrutture che permettano di delineare il futuro scenario della gestione rifiuti. Mi riferisco in particolare allo sviluppo delle raccolte differenziate, all’attivazione di sistemi porta a porta, alla realizzazione di impianti di lavorazione dei materiali riciclabili, alla costruzione di impianti di smaltimento per il residuo non recuperabile, all’introduzione di sistemi di recupero energetico da fonti rinnovabili e alla diffusione della cultura del risparmio e del rispetto ambientale; sono queste le prossime sfide che il nostro territorio è chiamato ad affrontare”.

Azienda Consorziale Igiene Ambientale Marsicana Via Oslavia 6 67051 Avezzano (AQ) Tel 0863 441345 - 444261 Fax 0863 440651 Numero Verde: 800 220403

ALTRE INIZIATIVE DI ACIAM SPA Cartoniadi Abruzzo 2008 – Aciam campione d’Abruzzo Aciam S.p.a e Comune di Avezzano si sono aggiudicati la medaglia d’oro nelle olimpiadi del cartone. Alla competizione di rilievo regionale, hanno partecipato 9 importanti Città d’Abruzzo (Avezzano, Francavilla a Mare, Lanciano, Ortona a Mare, Roseto degli Abruzzi, Sulmona, Giulianova, Vasto e Montesilvano). Avezzano ha sbaragliato la concorrenza con un aumento nel mese di gara delle quantità raccolte pari al 223% rispetto alla media annuale. Uno sforzo che ha inaugurato la nascita, sulla scia dell’entusiasmo, di nuovi servizi di raccolta differenziata (ad es. ritiro domiciliare per i negozi e le grandi utenze) e che crea le premesse per il raggiungimento di più ambiziosi traguardi.

Campagna di sensibilizzazione ACIAM e TETRAPAK Aciam e tetrapak italiana stanno conducendo sul territorio Marsicano una campagna di sensibilizzazione per la diffusione e l’utilizzo degli imballaggi in Tetrapak sottolineando, oltre alle straordinarie caratteristiche funzionali del materiale, anche la possibilità di riciclare i cartoni per bevande (latte, succhi, conserve, vino, ecc.) nei contenitori per la raccolta differenziata di carta e cartone. Gli imballaggi in tetrapak vengono da qui indirizzati in speciali impianti di trattamento in cui le singole componenti (polietilene, alluminio, carta), previa opportuna separazione, vengono avviate a specifiche operazioni di recupero.

21


ECO COMPOST MARSICA SRL

Impianto di compostaggio per compost di qualità Intervista all’imprenditore Giuseppe Capassi di Donatella Mancini

La Marsica è una splendida zona, di cui fanno parte 37 Comuni della provincia dell’Aquila, che occupa il 38% circa del territorio provinciale. All’interno di quest’area si collocano 2 parchi, tra cui anche il Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, e 3 riserve naturali. Nell’ambito di questa oasi verde, è Giuseppe Capassi presente l’azienda ECO-COMPOST MARSICA srl di Avezzano, costituita nel 2003 dagli imprenditori locali Capassi e Contestabile, che insieme hanno realizzato un impianto di compostaggio destinato alla produzione di compost di qualità derivante da matrici di origine agricola-agroindustriale e Raccolta Differenziata. L’impianto, entrato in funzione a Maggio 2007, ha una capacità di 10.000 tonnellate, ma è in previsione la richiesta per l’autorizzazione ad un potenziamento fino a 20.000 tonnellate per la produzione sia di compost di qualità che di fosse. Abbiamo chiesto ad uno dei due titolari, Giuseppe Capassi, di fornirci ragguagli circa l’attività di questa dinamica realtà imprenditoriale. Sig. Capassi, ci può illustrare, in sintesi, qual è l’attività svolta da Eco Compost Attualmente ECO-Compost è di supporto all’ACIAM, azienda con la quale c’è una forte sinergia. Al fine di soddisfare l’esigenza del territorio marsicano e dei suoi Comuni, l’impianto stabilizza i rifiuti organici provenienti dalla selezione meccanica (trito-vagliatura) dei rifiuti solidi urbani raccolti da A.C.I.A.M. S.p.a. Tuttavia è già tecnicamente strutturato ed organizzato per produrre compost di qualità. Il processo di compostaggio si compone essenzialmente di due fasi: • Bio-ossidazione che si svolge nell’impianto di ossidazione accelerata, dove avviene l’igienizzazione della massa. È questa la fase attiva caratterizzata da intensi processi di degradazione delle componenti organiche più facilmente degradabili; • Maturazione che avviene in un’apposita zona dove il materiale igienizza-

2 22

to proveniente dalle biocelle si stabilizza. Il nostro impianto è tecnologicamente avanzato, infatti, le analisi che vengono effettuate sui nostri prodotti risultano sempre al di sotto dei parametri imposti dal Decreto Ronchi. L’intero ciclo di lavorazione si svolge in ambiente chiuso: l’impianto è dotato di sistemi innovativi per il trattamento dell’aria di processo, limitando al minimo qualsiasi impatto esterno. Il compost viene richiesto, soprattutto da Campania, da Puglia e provincia di Roma. Queste opportunità di mercato ci spingono a potenziare la capacità dell’impianto, non escludendo la possibilità di raccogliere rifiuti anche da fuori regione. Prima del 2003 qual era la vostra attività e per quale motivo avete deciso di produrre compost? Io e il mio socio eravamo imprenditori, ma in due diversi settori. Poi, abbiamo deciso di mettere in sinergia la professionalità acquisita da ciascuno e, dopo aver acquistato un’area di 35.000 mq di superficie, vi abbiamo edificato l’impianto di 3.500 mq. Quindi, oltre a dare un contributo alla salvaguardia dell’ambiente, ne traete un buon ritorno economico? Sicuramente, essendo imprenditori dobbiamo guardare al profitto, ma ci gratifica la consapevolezza di dare un contributo al miglioramento dell’ambiente, nonché la consapevolezza che la nostra attività aiuta la Marsica, in particolare e il territorio dell’aquilano, più in generale, nello smaltimento dei rifiuti. ECO-COMPOST MARSICA s.r.l,. insieme ad A.C.I.A.M. s.p.a., si candida ad assumere un ruolo di primo ordine all’interno del proprio ATO di riferimento, per risolvere il problema della gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Da un punto di vista normativo, la vostra attività è aiutata da incentivi? No, essendo un’attività privata, senza un socio pubblico, e di capitali, tutte le operazioni si svolgono esclusivamente con le nostre risorse economiche. Sono gli enti pubblici che accedono ai finanziamenti regionali e nazionali; a ECOCOMPOST MARSICA questa possibilità è preclusa.



ENTE ABRUZZO NEWS DIREZIONE PARCHI TERRITORIO AMBIENTE ENERGIA - Servizio Gestione Rifiuti Via Passolanciano, 75 - Pescara - Tel. 085.7671 - Fax 085.767.2585 - www.regioneabruzzo.it Regione Abruzzo


ciano magenta giallo nero


Free Service Edizioni

n°7/8 Luglio-Agosto 2008 Anno IX

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

7/8

LUGLIO/AGOSTO

2008

Anno IX €

7,00

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