R&A n. 3 Marzo 2008

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Freeservice Edizioni

n°3 Marzo 2008 Anno IX

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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MARZO

2008

Anno IX

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In copertina: Eya, Myanmar (foto di Steve Winter), una delle foto presenti alla Mostra “acqua aria fuoco terra” curata da National Geographic Italia - Roma, 16 febbraio - 30 marzo 2008

n°3 Marzo 2008 anno IX

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Forum GLOBE Un altro “piccolo” passo della road map definita a Bali Per i biocarburanti sei criteri di sostenibilità

11 Nel Principato di Monaco lo svolgimento della X Sessione UNEP Investimenti finanziari per contrastare i cambiamenti climatici Per un’economia “verde” decisivo il ruolo del settore privato

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Ferrara, 21-23 Maggio 2008 ACCADUEO - Manifestazione leader del settore idrico Mostra internazionale delle tecnologie per il trattamento e la distrubuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle acque reflue a cura di Fabio Bastianelli


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UNO SPAZIO DEDICATO A...

Regione Emilia-Romagna Lotta allo smog L’impegno della Regione per la qualità dell’aria e la mobilità sostenibile

AGENDA 21

La partecipazione nei temi del paesaggio e della tutela della biodiversità Si avvicina la liberalizzazione dei formati

di Lino Zanichelli

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Settimana Europea dell’Energia Sostenibile (EUSEW) “Patto dei Sindaci” Anche Milano “Città amica del Clima”

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SERVIZI AMBIENTALI

DULEVO INTERNATIONAL spa “Tira un’aria nuova” Le macchine spazzatrici con filtro GORE trattengono il particolato di Donatella Mancini

BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Inaugurata la Banca Mondiale dei Semi L’arca della biodiversità Purchè dopo l’Apocalisse ci sia chi sappia coltivarli

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Una valutazione EEA (European Environment Agency) Siamo in grado di prevenire la produzione di rifiuti da imballaggio? Si avvicina la liberalizzazione dei formati

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a cura di Chiara Pirovano e Mario Sartori

IL COMMENTO

È in vigore il d. Lgs. correttivo e integrativo del Testo Unico Ambientale Il Decreto dimezzato Dubbi e perplessità sulla concordanza con direttive comunitarie e sentenze della Corte di Giustizia eruropea di alcune norme e definizioni



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MATERIALE IN INSERTO D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (G.U. n. 24 del 29/01/2008 S. O. n. 24) Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (T.U.A.) Parte IV - Norme in materia di gestione dei rifiuti

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

La Commissione UE ha adottato una serie di misure Pacchetto clima ed energia per promuovere crescita ed occupazione “Paion traversie ma sono opportunità

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere

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NEWSLETTER 30

Associazione Nazionale Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

39 Roma - Palazzo delle Esposizioni, 16 Febbraio - 30 Marzo 2008 “acqua aria fuoco terra” Stimolare l’opinione pubblica alla tutela dell’ambiente di Vinicio Ruggiero

a cura di Antonio Kaulard

AMBIENTE MARCHE NEWS


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Forum GLOBE

UN ALTRO "PICCOLO" PASSO DELLA ROAD MAP DEFINITA A BALI Per i biocarburanti sei criteri di sostenibilità Il 20 e 21 febbraio 2008 si è svolto in Brasile il Forum GLOBE (Global Legislators Organization for a Balanced Environment), che ha visto riuniti più di 100 parlamentari provenienti dai Paesi del G8, allargato alle 5 economie emergenti (Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica). Si è trattato di uno dei tanti appuntamenti previsti dalla road map, faticosamente definita a Bali nel dicembre ultimo scorso. L’Unione Europa era presente con una delegazione capeggiata dal Commissario all’Ambiente Stavros Dimas della quale faceva parte anche l’europarlamentare Vittorio Prodi, mentre la rappresentanza del Parlamento italiano era composta da: Grazia Francescato e Antonio Mereu per la Camera dei Deputati; Edo Ronchi e Mario Baccini per il Senato della Repubblica. Il Forum è stato ospitato nella sede del Congresso brasiliano a Brasilia, la capitale sorta dal nulla tra il 1957 e il 1963, che evidenzia l’impronta architettonica di un grande maestro qual è

Oscar Niemeyer che continua ancora a “criar surpresa, espanto, emoção” (creare sorpresa, spavento ed emozione) [fonte: Correio Braziliense, 5 marzo 2008], come lui stesso ha definito la sua attività quando, due settimane prima dello svolgimento del summit, ha presentato, alla venerabile età di 100 anni, un progetto di un nuovo edificio da erigere a Brasilia: una torre alta 170 m che è già stata ribattezzata “La Torre Eiffel di Brasilia”, dalla forma di un fiore (Brunfelsia unifolia), caratteristico della savana (cerrado) nella regione centrale del Brasile. Il mese prima la Conferenza del G8, allargato in quell’occasione ad altri 8 Paesi emergenti, svoltasi a Honolulu (Hawaii) e voluta dall’Amministrazione USA, avente per tema la sicurezza energetica delle grandi economie, aveva deluso le aspettative. Nonostante si sia svolta a porte chiuse, da quanto è trapelato non sembra aver sortito apprezzabili risultati, stante le preoccupazioni economiche dei Paesi sviluppati che temono la competitività

Brasilia. Sullo sfondo il palazzo del Congresso che ha ospitato il Forum (fonte Wikipedia)

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delle loro industrie, qualora debbano ridurre le emissioni di gas serra. Se poco si sa in merito alle conclusioni della Conferenza, i media hanno offerto con dovizia le immagini delle manifestazioni inscenate, davanti al palazzo dove si svolgeva, dalle associazioni ambientaliste e dagli studenti che protestavano per le lunghe trattative che finora non hanno prodotto impegni perentori, mentre il cambiamento climatico potrebbe provocare, proprio nel 50° Stato dell’Unione, le prime catastrofi naturali, a seguito dell’innalzamento del livello dei mari. È caduto nel vuoto anche l’invito rivolto alle delegazioni partecipanti dalla Governatrice delle Hawaii, Linda Lingle di condividere il motto delle isole: Ua mau ke ea o ka ‘aina I ka pono (La vita della Terra si perpetua nella giustizia). C’era attesa, quindi, per verificare se i legislatori degli stessi Stati che avevano partecipato al vertice di Honolulu, fossero altrettanto titubanti dei loro governanti, nel prendere decisioni. Come sempre avviene in questi casi,


non viene pronunciata la parola fallimento, ma in realtà il Forum si è concluso senza che i paesi presenti abbiano raggiunto un accordo sugli obiettivi di lungo termine per ridurre le emissioni di gas serra. Tra gli altri, la Cina ha dimostrato riluttanza ad anticipare prese di posizione, in attesa che il suo Governo le definisca e le presenti nei prossimi appuntamenti. A Brasilia, infatti, si sarebbe dovuto definire la posizione comune in merito ad un Accordo quadro per il post-Kyoto e il cambiamento climatico, da presentare al prossimo G8 che avrà luogo in Giappone, che ha quest’anno la Presidenza, nella località termale di Toyako, nell’isola di Hokkaido. All’ordine del giorno c’erano anche altri punti importanti da discutere ed approvare: - il documento sui biocarburanti; - le raccomandazioni per contrastare il disboscamento illegale; - l’adeguamento dei meccanismi di mercato sulle emissioni di CO2 e il trasferimento delle tecnologie.

Luiz Inàcio da Silva, detto “Lula”, Presidente del Brasile (fonte Governo brasiliano)

Proprio i biocarburanti hanno costituito il punto dove si sono messe in evidenza le maggiori divergenze tra i Paesi convenuti. Nel suo discorso di apertura Luiz Inácio da Silva, detto “Lula”, Presidente del Brasile, paese che sui biocarburanti ha conseguito una leadership mondiale (cfr.: “Dal caucciù all’etanolo”, in Regioni&Ambiente, n. 9 settembre 2007, pag. 23 e segg.), ha difeso a spada tratta i biocarburanti “che costituiscono una scelta percorribile perché le materie prime di questo combustibile pulito possono essere diffusamente coltivate in Africa e nell’America Centro-meridionale”. Ovviamente, Lula ha inteso rispondere a quanti sostengono che i biocarburanti non costituiscono una soluzione per mitigare il riscaldamento globale e a chi ritiene che l’utilizzo dei prodotti agricolo-alimentari per trasformarli in energia possa provocare un aumento vertiginoso dei prezzi alimentari. La posizione del Presidente brasiliano è quella di un capo del governo di un paese che sta conoscendo un notevole sviluppo economico-sociale, per mantenere il quale debbono essere fatti anche dei compromessi ambientali. Se è vero che il Brasile nei tre decenni trascorsi “utilizzando alcool o metanolo come sostituto della benzina o mischiato con essa - come dichiarato dal Ministro dell’Ambiente Marina Silva - ha evitato l’emissione di 600 milioni di tonnellate di CO2”, è altrettanto noto che piantagioni di canna da zucchero si sono fatte strada, molte delle quali illegalmente, attraverso la foresta amazzonica, come è accaduto anche per quelle della soia, leguminosa da cui in Brasile da anni ormai fabbrica il biodiesel. Inoltre, con la soia il Brasile alimenta i bovini, della cui carne è divenuto il primo produttore ed esportatore mondiale, ma che emettono un quantitativo notevole di metano, gas serra ancora più deleterio dell’anidride carbonica poiché è in grado di mantenersi in atmosfera per

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centinaia di anni. Lo stesso Lula nell’affermare l’importanza della protezione ambientale, ha poi dovuto sottolineare che “è necessario prendere in esame le necessità sociali ed economiche delle popolazioni locali e rammentare che un notevole numero di persone nel mondo hanno bisogno di sfamarsi”. Il Forum, tuttavia, non ha votato la risoluzione sui biocarburanti che era stata predisposta, bensì un’altra in cui, rinviando al summit in Giappone ogni decisione in merito, sono stati inseriti 6 criteri di sostenibilità che, a nostro giudizio, non faciliteranno di certo la diffusione delle colture agro-energetiche. Si chiede, infatti, che si tenga conto di: 1) Ciclo di vita al netto delle emissioni di gas serra. Il calcolo nella produzione di bioetanolo deve includere anche le emissioni derivanti da: - processi di coltivazione; - cambiamenti d’uso del suolo; - procedimenti produttivi; - trasporti e distribuzione; - usi finali, rispetto alle alternative possibili. 2) Protezione della biodiversità. Non devono essere coltivati in: - aree che siano incluse in zone di protezione della natura; - aree ad alto grado di biodiversità, incluse quelle a pascolo; - foreste incontaminate da un significativo intervento umano. 3) Protezione dei territori con alta capacità di stoccaggio del carbonio. I biocarburanti si considerano insostenibili se sono prodotti da materie prime naturali, ottenute da suoli con una grande capacità di assorbimento di CO2, includendo: - le zone umide; - le aree contigue alle foreste. 4) Impatti nell’uso di suoli. Quando è possibile, si deve valutare l’esito più ampio dell’impatto derivante dalla produzione di biocarburanti sul territorio utilizzato.


5) Preservare l’acqua e la qualità dell’acqua. Considerare l’impatto, provocato dalla produzione dei biocarburanti, sull’approvvigionamento idrico e sulla qualità dell’acqua, al fine di valutare la sostenibilità dei biocarburanti. 6) Sostenibilità sociale. L’esame dell’impatto dei biocarburanti sulla sostenibilità, deve tener conto degli effetti provocati sulle donne, sui popoli indigeni e sugli altri gruppi svantaggiati. Di fatto è stata bocciata la proposta iniziale predisposta dal Brasile, sostenuta incondizionatamene dalla Banca Mondiale, di creare un mercato globale dei biocarburanti. Dopo un periodo di grande entusiasmo per l’etanolo quale alternativa ai combustibili fossili, ora si sta assistendo ad una fase di riflessione, forse in attesa che siano messe a punto le soluzioni tecnologiche per estrarlo dalla cellulosa e da piante arbustive ed erbacee, i cosiddetti biocarburanti di seconda generazione. Anche l’UE potrebbe rivedere i propri impegni al riguardo, stante la posizione espressa da molti parlamentari in occasione della presentazione da parte della Commissione del “pacchetto energia” (per approfondimenti sul tema della politica energetica europea, si veda l’articolo di pag. 35 e segg. di questo stesso numero della rivista Regioni&Ambiente, “Pacchetto clima ed energia. Per promuovere crescita e occupazione”). A conferma di questo momento di impasse c’è la posizione espressa a Brasilia dall’europarlamentare svedese Anders Wijkman: “Fino a pochi anni fa, l’etanolo era stato visto come la grande soluzione, ma oggi è diventato il contrario, un’alternativa che contribuisce poco o nulla a mitigare i cambiamenti climatici”. Anche sull’accordo del post-Kyoto, come accennato, non si sono fatti grandi passi in avanti, arrestandosi la trattativa di fronte al problema di rendere obbligatori i tagli per i Paesi in via di sviluppo,

nonostante Lula avesse assunto una decisa posizione “terzomondista”. Individuando nei Paesi ricchi i maggiori responsabili delle attuali difficoltà nel definire un protocollo di misure per contrastare il cambiamento climatico in atto, mentre quelli poveri ne subiscono le conseguenze, Lula ha affermato che “Il protocollo di Kyoto non può essere una fiction. I Paesi ricchi pretendono che quelli poveri vi aderiscano, ma si rifiutano di impegnarsi. È facile per i Paesi ricchi firmare un documento e addossare i problemi ambientali a quelli poveri”. Sono state concordi, invece, le conclusioni per giungere alle raccomandazioni per fermare la deforestazione e il degrado delle foreste da sottoporre al G8 in Giappone, dove la questione, come sottolineato dal Primo Ministro giapponese Yasuo Fukuda, intervenuto in videoconferenza, sarà inserita come una priorità. Queste in sintesi le raccomandazioni deliberate: - gestione forestale regolata e governata per assicurare la sostenibilità; - leggi nazionali adeguate alla sostenibilità forestale sia nei paesi produttori che consumatori; - introduzione di iniziative di trasparenza con controlli da parte di organizzazioni indipendenti, da svilupparsi con progetti a lungo termine sulla base di standard credibili, tramite finanziamenti delle istituzioni internazionali; - riconoscimento e applicazione di sistemi legali nel taglio dei legnami e legittimità delle esportazioni. Riguardo alla foresta amazzonica, dove negli stessi giorni del Forum sono avvenuti violenti scontri tra la polizia federale, intervenuta per bloccare il disboscamento illegale e controllare le segherie sospettate di utilizzare legname illegale, e i lavoratori che tentavano di ostacolarne il controlli, il Presidente Lula aveva invitato i Paesi industrializzati “a sostenere le spese per rallentare la deforestazione e proteggere la natura per mezzo di contributi volontari in un Fondo per l’Amazzonia”.

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In merito ai meccanismi di mercato per le emissioni si è auspicato di: - aumentare i finanziamenti per i programmi di riduzione dell’anidride carbonica nei Paesi in via di sviluppo attraverso un’imposta da porre a carico delle compagnie aeree; - di definire un mercato globale del carbonio per mezzo del quale molte nazioni sarebbero in grado di vendere i crediti commerciali. I delegati hanno applaudito quando il rappresentante degli USA Edward Markey ha affermato che “Il candidato repubblicano, Sen. John McCain, e i candidati democratici Senatori Hillary Rodham Clinton e Barack Obama, al momento stanno ragionando su chi di loro sarà disponibile a fare di più per aiutare l’ambiente”. “Non importa chi vincerà, gli Stati Uniti avranno un Presidente favorevole ad un programma di incentivi economici per le aziende che riducono le emissioni (cap and trade) e di pervenire ad un accordo internazionale a Copenhagen nel 2009”, ha proseguito il Deputato democratico Markey, riferendosi alle dichiarazioni fatte durante la campagna elettorale dai candidati. Staremo a vedere. Quel che ci sembra ricorrente, purtroppo, in questi appuntamenti un po’ rituali è l’atteggiamento dilatorio nel prendere decisioni che non sono più procrastinabili, senza che nessuno si prenda la responsabilità di affermare a chiare lettere che è necessario riorganizzare l’economia e la politica, secondo altri modelli, da inventare e sperimentare. Vengono in mente i versi della poesia più conosciuta, “Josè” (1942), di Carlos Drummond De Andrade, il più grande poeta brasiliano: “E ora Josè? La festa è finita ………………. Tu avanzi Josè! Verso dove, Josè?”.


Nel Principato di Monaco lo svolgimento della X Sessione UNEP

INVESTIMENTI FINANZIARI PER CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI Per un’economia “verde” decisivo il ruolo del settore privato Il Principato di Monaco ha ospitato dal 20 al 22 febbraio 2008 la X Sessione speciale del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), che ha avuto per tema “Mobilitare la Finanza per la sfida del Clima” (Mobilizing Finance for Climate Action). Oltre 100 Ministri dell’Ambiente hanno discusso, insieme Dirigenti e Funzionari dell’Industria dell’Economia, Scienziati e Amministratori locali, Organizzazioni e Sindacati, la definizione di un piano economico sostenibile capace di affrontare la sfida dei cambiamenti climatici. “La road map per Copenhagen, avviata a Bali (ndr: per un approfondimento in merito,vedasi l’articolo “Bali: avanti con giudizio”, in Regioni&Ambiente, n. 1-2 Gennaio-Febbaraio 2008, pag.8 e segg.) - ha dichiarato il Direttore Esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner - avrà bisogno di mobilitare i fondi, concentrare i mercati ed anumentare l’innovazione”. “La sfida che ci attende - ha proseguito Steiner - è di creare un paesaggio di investimenti attraente, creativo ed equo che ricompensi chi è pronto ad investire oggi sull’economia del futuro. Se gli esseri umani sono capaci di andare sulla luna, mandare sottomarini nell’Artico, perfezionare trapianti di fegato o di cuore, decifrare i misteri del genoma umano e concepire minuscole nano-macchine, deve essere possibile gestire una transizione verso una società con minime emissioni di carbonio”. La relazione presentata in apertura dei lavori, ha messo in evidenza una situazione di grande difficoltà per i numerosi ostacoli che si frappongono allo sviluppo e alla diffusione in tempi rapidi di nuovo modello di “economia verde”, primo fra tutti, secondo l’UNEP, un regime tariffario che rende le tecnologie “pulite”più costose di quelle tradizionali. A que-

sto, deve essere aggiunto un diffuso sistema di sovvenzioni statali a favore dei combustibili fossili e la reticenza da parte degli Istituti di Credito a concedere finanziamenti per lo sviluppo di energie rinnovabili alle comunità più povere. Altri punti all’ordine del giorno sono stati: - adozione della sintesi per i responsabili decisionali (Summary for Decision Makers)sulla base del 4° Global Environmental Outlook, il Rapporto UNEP di 570 pagine a cui hanno partecipato 390 esperti, presentato il 25 ottobre 2007, che illustra nel dettaglio le grandi minacce ambientali che incombono; - adozione di una strategia a medio termine (2010-2013) per aiutare questa istituzione dell’ONU a diventare più efficace, mirata ed effettiva, rafforzandone la governance ambientale sulle base delle decisioni adottate. Per quel che concerne i cambiamenti climatici, secondo GEO-4, la minaccia è ormai così urgente che di qui alla metà del secolo sono necessarie notevoli riduzioni di gas ad effetto serra. I negoziati per il dopo Kyoto devono cominciare presto e, quantunque i Paesi in via di sviluppo siano esentati dagli impegni in materia di riduzione delle emissioni, non c’è dubbio che viene esercitata una crescente pressione su alcuni di questi in rapida industrializzazione, divenuti ormai importanti emettitori, affinché anche loro accettino la riduzione delle emissioni. Il Rapporto avverte, inoltre, che stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità: “la popolazione mondiale è in continua crescita e la quantità di risorse necessarie per sostenerla è superiore alla disponibilità …la sua impronta ambientale è di 21,9 ha per persona, mentre la capacità biologica del nostro pianeta è pari a 15,7 ha per persona”.

Foto: Grimaldi Forum

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Viene sottolineato poi che non può essere tenuta separata la “crisi ambientale” dalla “crisi dello sviluppo” e dalla “crisi energetica”, poiché costituiscono un unico problema. Questa “crisi” non include solo i cambiamenti climatici, i tassi di scomparsa della biodiversità e la povertà, ma anche altri problemi, dalla crescita della popolazione, al continuo aumento di consumo dei paesi ricchi e alla disperazione di quelli poveri. Ne sono esempi: - il declino degli stock ittici; - la perdita di suoli fertili; - l’insostenibile pressione sulle risorse; - la riduzione della quantità di acqua dolce da dividere tra gli esseri umani e le altre creature; - il rischio che il deterioramento ambientale raggiunga il punto di non ritorno. Nonostante quella dei cambiamenti climatici costituisca la “priorità assoluta”, secondo il Rapporto si assiste, viceversa, ad una “notevole mancanza di premura” e ad una risposta globale “terribilmente inadeguata”. Tra gli altri punti di criticità vengono inclusi: Acqua - Oggi l’irrigazione consuma il 70% di acqua che rende problematico il raggiungimento di uno degli Obiettivi del Millennio, quello di veder raddoppiare la produzione alimentare entro il 2050. L’acqua dolce diminuisce e si prevede che il suo consumo dovrebbe aumentare da qui al 2025 del 50% nei Paesi in via di sviluppo e del 18% in quelli sottosviluppati. Secondo il GEO-4, “La sua crescente domanda diventerà intollerabile per i paesi che conosceranno la penuria d’acqua”. Pesci - I consumi dal 1961 al 2001 sono triplicati; le catture dal 1980 sono stagnanti o in leggero declino; le sovvenzioni hanno creato il fenomeno di overfishing che, secondo le stime, è superiore del 250% della capacità degli oceani di fornire una produzione durevole. A tutt’oggi 2,6 miliardi di persone traggono dal pesce le proteine di origine animale per l’alimentazione. Su tale argomento ha suscitato grande attenzione e preoccupazione la relazione “In Dead Water: Riscaldamento globale, Inquinamento, Sovrappesca e Infestazioni di specie aliene quali cause del collasso della pesca mondiale”, presentata l’ultimo giorno e curata da ricercatori dell’UNEP, con la collaborazione di Università e Centri di Ricerca. Il titolo rievoca le “dead zone”, le aree marine dove a causa della proliferazione algale provocata dall’inquinamento costiero e dai fertilizzanti agricoli, non vi è ossigeno (ipossia) che possa permettere, fino ad una certa profondità, altre forme di vita. Tra temporanee e permanenti, nel 2003 si contavano circa 150 dead zone, ora lo studio dell’UNEP ne annovera 200. “La questione non è se debba essere interrotta la pesca, ma di affrontare i cambiamenti climatici che stanno provocando un impatto che non avevamo mai visto prima – ha dichiarato Christian Nellemann, a capo del Gruppo di Ricercatori - Abbiamo continuamente prove che l’aumento della temperatura dei mari sta causando cambiamenti nella distribuzione della vita marina”. Biodiversità - I cambiamenti attuali di biodiversità sono i più veloci che la storia ricordi. L’estinzione delle specie è 100 volte superiore, si può leggere nel GEO-4, a quella che indicata dai fossili. Fra i gruppi dei vertebrati che sono stati complessivamente valutati, sono minacciati: il 30% degli anfibi; il 23% dei mammiferi; il 12% degli uccelli. L’intrusione di specie aliene ed esotiche è un problema in continua crescita. Atmosfera - Ci sono prove “visibili e inequivocabili” degli

impatti dei cambiamenti climatici e c’è consenso sul fatto che le attività umane hanno avuto un ruolo decisivo: le temperatures medie mondiali sono aumentate dal 1906 di 0,7 °C; le stime per il XXI secolo indicano che la crescita dovrebbe essere compresa tra 1,8 °C e 4 °C . Alcuni scienziati ritengono che un aumento di 2 °C della media globale rispetto ai livelli preindustriali sia una soglia oltre la quale leminaccie di gravi e irreversibili danni diventa più plausibile. Le calotte polari mostrano che i livelli di CO2 e metano sono ormai nettamente superiori ai loro intervalli di variabilità naturale nel corso degli ultimi 500.000 anni: il clima della Terra è entrato in una situazione che non ha precedenti nella preistoria recente. L’innalzamento del livello del mare determinato dall’espansione termica dell’acqua e dallo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari continuerà nel prossimo futuro con conseguenze potenzialmente disastrose: oltre il 60% della popolazione mondiale vive a meno di 100 km dalla costa. Le attuali tendenze non favoriscono la stabilizzazione dei gas ad effetto serra, alcuni dei quali possono persistere nell’atmosfera per 50.000 anni. Tra il 1990 e il 2003 l’aviazione ha avuto un incremento dell’80% delle distanze volate, mentre il trasporto marittimo è passato da 4 miliardi di tonnellate trasportate nel 1990 a 6,7 miliardi nel 2005: ognuno di questi settori ha determinato una domanda crescente ed enorme di energia. Durante lo svolgimento della Sessione sono stati presentati i risultati del primo quinquennio delle attività di ricerca effettuate nell’ambito del progetto ambientale “Atmosferic Brown Cloud”, che l’UNEP ha avviato nel 2002 per studiare il fenomeno delle nubi marrone che interessa particolarmente la zona sud-orientale del Continente asiatico. Formate da aerosol e particelle inquinanti , queste nubi, provocate dalla combustione di biomasse e combustibili fossili, impediscono alla luce del sole di raggiungere la superficie terrestre, minando il clima e i cicli naturali. Questo progetto vede in prima fila l’organizzazione italiana del Comitato EV-K2-CNR attraverso l’installazione di una serie di osservatori atmosferici, il più alto dei quali è posto presso il laboratorio Pyramid dell’Everest, a 5.079 m. Inoltre, a Monaco ha preso avvio un’altra importante iniziativa “audace per indirizzare il cambiamento climatico e il bisogno urgente di giungere ad una economia mondiale decarbonizzata”. L’UNEP ha presentato “Climate Neutral Network” (CN Net) una rete che tende a federare coloro che si stanno impegnando o intendano impegnarsi per buone pratiche gia avviate o che si intendano intraprendere in futuro, siano essi Nazioni, Autorità locali, Agenzie intergovernative, ONG, Società, che si impegnano a ridurre fortemente le loro emissioni per arrivare ad economie, comunità e imprese ad emissioni zero. Il network è attualmente costituito da un numero piccolo di fondatori, ma può servire a mobilitare una vasta risposta “ dimostrando che la transizione verso un futuro a zero carbonio può essere una realtà se ispirata da azioni e pratiche che sono allargate al mondo intero”, ha sottolineato il Direttore esecutivo dell’UNEP. Oltre all’UNEP ne fanno parte 4 Stati con situazioni diverse (Costa Rica, Islanda, Norvegia e Nuova Zelanda), 4 Città (Arendal in Norvegia, Vaixio in Svezia, Vancouver in Canada e Rizhao in Cina)e 5 Imprese (la statunitense Interface Inc., la britannica Co-Operative Finalcial Services, la brasiliana Natura, la sudafricana Nedbank e la Senoko Power di Singapore). Il neozelandese David Parker, Ministro per i Cambiamento Climatico della Nuova Zelanda (sic!) ha osservato che “lo sviluppo del CN Net è un grande passo in avanti per crea-

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re una risposta globale coordinata contro il cambiamento climatico. Sono fiero che Nuova Zelanda sia uno dei membri fondatori del network. Come firmatari, indichiamola strada, formulando strategie per diventare carbon neutral. La creazione di una rete è il riconoscimento che la crescita economica e il benessere globale debbono andare di pari passo con un ambiente pulito e sano”. Inquinamento - Ci sono attualmente in commercio più di 55.000 composti, altre centinaia se ne aggiungono ogni anno e si prevede che la produzione chimica nei prossimi 20 anni aumenterà dell’85%. L’esposizione all’ambiente provoca quasi 1/4 di tutte le malattie. Il GEO-4 stima che più di 2 milioni di persone moriranno prematuramente ogni anno per cause dirette o indotte dall’inquinamento. Alcuni dei progressi compiuti per ridurre l’inquinamento nei Paesi sviluppati sono stati ottenuti a spese dei Paesi in via di sviluppo, dove ora vengono esportate le produzioni e le loro conseguenze. Il traffico illegale di rifiuti pericolosi è ancora un grave problema per i Paesi più poveri. I Ministri convenuti a Monaco perciò hanno discusso di lotta contro il commercio internazionale di sostanze pericolose e hanno sottoscritto raccomandazioni per incoraggiare la gestione dei rifiuti e il riciclaggio nelle economie in via di sviluppo, discutendo le strategie migliori per finanziare la gestione internazionale e la riduzione dei prodotti chimici, mentre si sono create le basi per una normativa vincolante per il mercurio. Dopo aver ringraziato il Principe Alberto II di Monaco, non solo per la disponibilità della sede per lo svolgimento

dell’evento, ma per la sua attiva partecipazione al dibattito, il Direttore esecutivo UNEP ha sottolineato come tutti coloro che vi hanno partecipato ritengono che nel mondo vi siano capitali sufficienti per affrontare i cambiamenti climatici. Tuttavia sarà determinante, per poter mobilitare la finanza per un’economia low carbon, che per lungo tempo il prezzo delle emissioni di CO2 si mantenga alto, come stanno confermando i meccanismi flessibili previsti da Protocollo di Kyoto. Secondo l’UNEP, i soli CDM (Clean Development Mechanism) sono in grado di generare investimenti fino a 100 miliardi di $ che da paesi industrializzati si dirigono verso i Paesi del Sud del mondo per sviluppare una economia verde. “I Paesi in via di sviluppo non hanno bisogno di essere convinti dei vantaggi connessi ad una crescita verde - ha concluso Achim Steiner - bensì di assistenza tecnica e finanziaria per rendere attuativa la transizione verso economie a basse emissioni di carbonio”. Questa posizione dell’UNEP ha trovato “sponda”, qualche giorno dopo, nelle dichiarazioni fatte ad Helsinki, dove si trovava per una lezione sul “Climate Change”,dal Capo del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Kemal Dervis ha esternato la convinzione che, senza azioni di mitigazione, l’impatto del global warming sui Paesi in via di sviluppo tra 20-30 anni sarà ancora più duro. Mentre le sovvenzioni pubbliche, ha spiegato, dovrebbero essere impiegate per proteggere dalle potenziali catastrofi, il mondo imprenditoriale dovrebbe finanziare, con il supporto di un meccanismo internazionale, le soluzioni a lungo termine, convinto che “No way to fix climate without private sector” (Non sussiste modo per bloccare il clima senza il settore privato).

Foto: Grimaldi Forum

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Ferrara, 21 - 23 Maggio 2008

ACCADUEO

MANIFESTAZIONE LEADER DEL SETTORE IDRICO Mostra internazionale delle tecnologie per il trattamento e la distribuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle acque reflue a cura di Fabio Bastianelli

È un’edizione da “tutto esaurito”, la nona di Accadueo, che il quartiere fieristico di Ferrara ospiterà dal 21 al 23 maggio 2008. Accaudeo si conferma il più importante appuntamento unico nel suo genere - per il settore delle tecnologie per il trattamento e la distribuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle acque reflue, Accadueo ha tradizionalmente nel momento espositivo il proprio punto di forza, grazie alla presenza delle principali aziende produttrici di componenti e apparecchiature. Nelle ultime edizioni è andata aumentando anche la capacità di attrazione del programma convegnistico che, oggi, costituisce un vero e proprio fiore all’occhiello per la manifestazione organizzata da BolognaFiere, in collaborazione con Ferrara Fiere Congressi.

Da segnalare, inoltre, la presenza di Confservizi Emilia-Romagna che porterà l’esperienza imprenditoriale dei gestori di servizi pubblici, rapportandola alle attività di pianificazione regionale. Il programma completo dei Convegni è, naturalmente, in fase di definizione e per aggiornamenti si rinvia all’Area tematica: “Convegni 2008” del sito: www.accadueo.com. Sono comunque già certi i contributi di Centri studi, come il Cssa e il Csdu, che fanno riferimento a prestigiose Facoltà di Ingegneria (Ferrara, Bologna, Trento e il Politecnico di Milano), di Unioncamere, dell’ARPA Emilia-Romagna, di Urber e di tante Associazioni di categoria e Aziende produttrici. Da sottolineare, infine, che durante i tre giorni della Manifestazione verranno affrontate tematiche “meno professionali”, ma più “culturali”, comunque dal forte impatto operativo: dalla qualità alla certificazione; dalla comunicazione alla

I temi dei Seminari e Convegni programmati Il Convegno inaugurale, coordinato da Federutility, la più importante associazione del settore, la cui presenza è estremamente significativa, tratterà i temi più scottanti: dalle problematiche relative al quadro normativo all’industrializzazione dei servizi idrici. Di rilievo sarà pure l’evento, di livello internazionale per la presenza dei maggiori esperti mondiali, che IWA Italia sta predisponendo per l’appuntamento di Accadueo. Nel corso di un’intera giornata di lavoro verranno presentati alcuni progetti di ricerca europei e nuovi approcci sulla gestione dei servizi idrici (tecnologie e contratti innovativi). Importante, poi, il contributo della Regione Emilia-Romagna, particolarmente attiva: nella sperimentazione di metodiche per il risparmio idrico, con positive ricadute in termini di riduzione dei consumi energetici e delle perdite di rete; nella gestione del ciclo integrato; nell’introduzione di metodologie innovative per le tariffe sociali.

sostenibilità ambientale; dalle buone pratiche ai progetti di solidarietà,; dall’innovazione ai brevetti. Per la Rassegna CiAccaQuattro, si svolgerà un importante Seminario dal titolo “La digestione anaerobica per la produzione di biogas: come coniugare ambiente ed energia”, organizzato in collaborazione con l’ENEA. Tra i punti di forza della Manifestazione evidenziamo, inoltre, l’importante Programma di promozione delle missioni commerciali estere, realizzato in collaborazione con il Ministero delle Attività Produttive e l’Istituto Nazionale per il Commercio Estero, per favorire il confronto delle aziende espositrici con rappresentanti di diversi governi internazionali e realtà commerciali operanti nelle aree geografiche strategiche per il settore. Libia, Libano, Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto, Turchia, Siria, Giordania ed Emirati Arabi Uniti sono i paesi selezionati per un’analisi più approfondita delle opportunità di business, che sarà fornita agli espositori con una pubblicazione

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specifica che verrà loro illustrata durante Accadueo 2008. Federutility: le prospettive nella gestione dei servizi idrici Il tema della regolazione del mercato e l’industrializzazione dei servizi sarà uno dei temi centrali affrontati dal Convegno Federutility. “Stiamo seguendo con grande attenzione le norme di regolazione sulla gestione del sistema idrico integrato - ha sottolineato Mauro D’Ascenzi, Presidente esecutivo di Federutility, intervistato dall’Ufficio stampa di Accadueo (Newsletter n. 2/2008) - Constato comunque che questa ennesima riforma sugli assetti istituzionali dei servizi idrici è la quarta negli ultimi sei anni e che il dibattito trascura completamente il fatto che il sistema è privo delle necessarie risorse finanziarie, provengano esse da tariffa (fra le più basse in Europa) o da trasferimenti (oramai ridotti al lumicino). In sostanza c’è molto da fare ed in poco tempo; è importante uscire dalla spirale nella quale ci siamo avviluppati, ben consapevoli che la gestione dei servizi idrici non è un esercizio retorico, ma riguarda invece grandi realtà industriali con i loro tubi, impianti e tanta professionalità. Le tesi minimaliste sul livello industriale-organizzativo della gestione dei servizi idrici sostenute da alcuni potrebbero far fare un passo indietro verso un passato remoto fatto di inefficienza e disorganicità degli interventi, situazione dalla quale pensavamo di essere oramai usciti. Se è vero che l’acqua è un diritto di

tutti, assicurare il diritto a tutti necessita grandi investimenti e gestione imprenditoriale ed efficiente. Si sta facendo molta confusione, forse volontaria, tra privatizzazione e liberalizzazione. Per questo un’Autorità di regolazione, davvero indipendente, è vista con assoluto favore. Sarebbe necessaria una semplificazione e riorganizzazione di tutte le autorità. Un ruolo più alto e meno pervasivo, possibilmente unendo tra loro i servizi per i quali la regolazione assume aspetti simili. È altrettanto importante, tuttavia, che le scelte politiche e strategiche, restino espressione dei governi, nazionali e locali. Le Autorità devono “limitarsi “ a garantire che le regole per gli operatori siano le stesse, che i diritti del consumatore siano rispettati così come i contratti. Non dovranno però subentrare al ruolo di definizione dei contenuti che spetta, e deve restare, alla politica. Il quadro del settore è in costante evoluzione, penso sia pertanto importante un confronto a Ferrara, in occasione di Accadueo 2008, nella ricca programmazione di seminari e convegni”.

CiAccaQuattro - La rassegna di riferimento del gas Anche nell’edizione 2008 si terrà contemporaneamente a Accadueo CiAcca Quattro, Salone del trasporto e della distribuzione del Gas, un’opportunità per gli operatori del settore di allargare l’orizzonte all’intero panorama delle reti per il trasporto e la distribuzione dei fluidi. Un terzo dell’energia consumata in Italia (in Europa l’incidenza è del 25%) è fornita dal gas naturale (dati 2004). Si tratta quindi di una delle fonti di energia più importanti con impieghi differenziati, tra cui la generazione di energia elettrica, il riscaldamento degli ambienti e il carburante nell’autotrazione. L’elevata dipendenza dall’estero (nel 2004, pari all’84% del totale) impone a livello nazionale un dibattito sia a livello di grandi temi (ad esempio la liquefazione per il trasporto via mare), ma anche, a livello territoriale, delle tematiche connesse all’incentivazione della produzione di biogas. Ospitata nel quartiere fieristico di Ferrara, in contemporanea alla manifestazione dedicata alle tecnologie per il trattamento e la distribuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle acque reflue, CiAccaQuattro mette in vetrina le tecnologie delle reti di trasporto e distribuzione di gas. La Rassegna tende a confermare e migliorare l’interesse suscitato nella precedente edizione, dedicando, inoltre, al gas un programma di incontri che analizzeranno le proble-

matiche tecniche e gestionali connesse all’esercizio di un sistema efficiente di reti canalizzate. Per maggiori informazioni: www.accadueo.com

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Per maggiori informazioni: Bologna Fiere Segreteria organizzativa: P.zza Costituzione, 6 - 40128 Bologna Tel. +39 051 282111 - fax +39 051 6374028 accadueo@bolognafiere.it - www.accadueo.com


UNO SPAZIO DEDICATO A...

Regione Emilia-Romagna

LOTTA ALLO SMOG

L’impegno della Regione per la qualità dell’aria e la mobilità sostenibile di Lino Zanichelli Assessore all’ambiente e sviluppo sostenibile Regione Emilia-Romagna

Gli “Accordi per la qualità dell’aria” rappresentano un’esperienza unica in Italia. Avviati dalla Regione Emilia-Romagna sei anni fa, da allora si rinnovano ogni anno con il coinvolgimento di tutte le Province, dei Comuni capoluogo e quelli con più di 50.000 abitanti. Queta pratica testimonia l’impegno con cui l’Emilia-Romagna affronta il complesso problema dell’inquinamento atmosferico, in particolare da polveri sottili, con le sue pesanti ricadute ambientali e sulla salute dei cittadini. Gli Accordi prevedono limiti alla circolazione delle auto nei centri urbani per tutto il periodo considerato dagli esperti il più critico per l’accumulo di inquinanti e, cioè, da ottobre a marzo. Si è iniziato con le targhe alterne e via via si sono concordate misure più incisive, da cui sono esenti i veicoli alimentati a metano e a Gpl, le auto elettriche, le autovetture a benzina Euro 4 e i diesel Euro 4 dotati di filtri antiparticolato, oltre il car pooling e car sharing.

Le limitazioni si applicano ormai nei centri urbani di circa 70 Comuni che hanno scelto nel tempo di aderire. Questa esperienza, dunque, è nata dall’esigenza di sostituire un’improduttiva e “diseducativa” rincorsa dell’emergenza, con una programmazione seria e condivisa, in grado di prevenire le concentrazioni di smog e dare al tempo stesso ai cittadini la possibilità di organizzare i propri spostamenti. È certo, però, che ancora più importanti delle cure per abbassare la “febbre” sono quelle volte a sconfiggere la malattia: a questo scopo gli Accordi hanno promosso iniziative di tipo strutturale per realizzare, nel medio e lungo periodo, forme di mobilità più sostenibile. Parliamo di finanziamenti pari a 210 milioni di euro, che hanno permesso un investimento complessivo di 582 milioni dal 2001 al 2006. Inoltre, con i 9 Accordi di programma per il Trasporto pubblico locale tra Regione, Province e Comuni, sono stati attivati investimenti per 667 milioni di euro.

Per migliorare e rendere più efficiente il settore del trasporto pubblico, l’Emilia-Romagna potrà contare ora su 90 milioni di euro che le arriveranno dall’accisa sul gasolio che, come previsto dalla Finanziaria 2008, verrà in parte trasferita alle Regioni. Sono stati stanziati, poi, fondi per la conversione a metano e Gpl di almeno 30 mila auto e si sta completando (l’ultimo finanziamento di 3,2 milioni di euro è del 2007) l’installazione di filtri antiparticolato sui bus. Poiché una quota rilevante del traffico è dovuto agli spostamenti per motivi di lavoro da chi viene da fuori città, si considerano strategici i finanziamenti per potenziare le Ferrovie regionali, con un Piano straordinario di 165 milioni di euro, tra risorse statali, strutturali e regionali. Nel complesso si tratta di un impegno assai rilevante, ma di per sé non risolutivo, come confermano i valori ben oltre la norma registrati nell’ultimo periodo, in Emilia-Romagna, come in

Lino Zanichelli e il Prof. Eugenio Riccomini (storico d’arte) sul palco in Piazza Maggiore a Bologna, in occasione di una lezione al buio, illuminata grazie ad una bicicletta-generatore per “M’illumino di meno” della trasmissione Caterpillar

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tutta la pianura Padana, dalle nuove centraline ARPA, che, tra l’altro, rilevano anche le PM2,5. Quello dello smog è un problema che va al di là dei confini e delle possibilità di una singola Regione, legato come è non solo a un modello di sviluppo che va corretto, ma anche a fattori orografici e climatici peculiari dell’area padana, tra le più colpite in assoluto in tutta Europa. A questo proposito, uno studio dell’ARPA Emilia-Romagna dimostra che, anche se si spegnessero tutte le sorgenti di emissione (fisse e mobili) presenti sul territorio regionale, si otterrebbe, comunque, un calo contenuto dell’inquinamento, che oscillerebbe tra il 20-30% di Piacenza e il 40-50% delle zone interne. Se dunque gli Accordi per la qualità dell’aria non hanno potuto impedire i picchi di inquinamento che dipendono in modo decisivo da questi fattori meteoclimatici, hanno però abbassato la media annuale delle polveri sottili e - fatto da non trascurare - hanno svolto un’azione di sensibilizzazione ed educazione della cittadinanza. Appare evidente come di fronte a problemi complessi come l’inquinamento urbano, sia necessario mettere in campo diverse azioni, con un disegno strategico e unitario: misure educative orientate alle buone pratiche; interventi strutturali sul trasporto e in campo energetico; incentivi, disincentivi ed azioni di regolazione delle fonti emissive. Tali inziative debbono essere intraprese quanto più possibile a scala di bacino, con il sostegno dello Stato nazionale e in raccordo con l’Unione europea. Per questo la Regione Emilia-Romagna si è fatta promotrice dell’Accordo di bacino contro lo smog, sottoscritto un anno fa a Roma dai Presidenti di tutte le Regioni Padane. È arrivato il tempo di un salto di qualità proprio su questo versante, reso ancor più necessario dal fatto che l’Europa si accinge a varare una nuova Direttiva, che definirà valori limite per le particelle ultrafini e limiti ancor più stringenti per le emissioni, alla fonte e nei diversi settori. L’Emilia-Romagna, da parte sua, continuerà nel suo impegno, che verificherà con gli Enti locali, anche alla luce del Bilancio ambientale che sta redigendo, perché il metodo della cooperazione e del coinvolgimento dei soggetti interessati è la scelta più forte.

IN BICICLETTA O A PIEDI PER DARE UNA MANO ALL’AMBIENTE E FESTEGGIARE LA PRIMAVERA Oltre ad una rinnovata comunicazione di Liberiamo l’aria, “storica” campagna che accompagna le politiche di lotta allo smog, sono in cantiere innumerevoli progetti rivolti ai più giovani, come ad esempio la “Festa dell’aria”, un appuntamento giunto ormai alla 15a edizione in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale. Ideata e gestita dal 1994 dal Centro di Educazione Ambientale Itineroteca Emilia-Romagna con sede presso la Scuola Media Statale Galileo Ferraris di Modena, la Festa cade quest’anno il 18 marzo, giorno in cui scolari, studenti e genitori sono invitati ad andare a scuola a piedi o in bicicletta. L’edizione 2008 ripropone anche il concorso “Conta i tuoi eco-chilometri”, che l’anno passato ha visto il coinvolgimento di migliaia di studenti capaci di percorrere 34.815 eco-chilometri risparmiando l’emissione di più di 7 tonnellate di CO2. A fine anno scolastico, grazie al contributo di Legacoop, saranno premiate le due classi che avranno percorso più eco-chilometri, con visite guidate gratuite di una intera giornata in un Parco regionale. Marzo è anche il mese dello “Sciame di biciclette”, un’altra iniziativa di Liberiamo l’aria, giunta ormai al sesto appuntamento, che invita a lasciare l’auto in garage. La grande “biciclettata” si svolgerà il 30 marzo e coinvolgerà decine e decine di piccoli, medi e grandi Comuni, e migliaia di cittadini che in questo modo possono invadere pacificamente, come un vero e proprio sciame, strade e piazze della regione.

ARIA PULITA: GIUSTA ENERGIA, EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE Per migliorare la qualità dell’aria è di fondamentale importanza l’adozione di una corretta politica dell’efficienza e del risparmio energetico. Le soluzioni sono indicate nel Piano Energetico Regionale e nell’Atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici. Il Piano ha come obiettivi: - la riduzione entro il 2015 dei consumi di circa un milione e settecentomila tonnellate equivalenti di petrolio (-550.000 TEP solo nel settore civile); - il raggiungimento dell’autosufficienza tra produzione e consumo di energia elettrica rispettando i parametri del protocollo di Kyoto, per un risparmio di immissioni di CO2 nell’atmosfera di circa 6 milioni di tonnellate. Parti integranti di questa strategia enrgetica sono: - uso di nuove tecnologie in edilizia; - sviluppo delle fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermia, biomasse); - bioarchitettura; - diffusione di piccoli impianti di produzione di energia legati alle esigenze dell’utenza finale (la cosiddetta “generazione distribuita” ad alta efficienza, attraverso la diffusione di cogenerazione e teleriscaldamento). Sul fronte della Comunicazione e dell’Educazione è stata lanciata dalla Regione Emilia-Romagna, insieme alle Associazioni dei consumatori e ai Centri di Educazione Ambientale, la campagna ConsumAbile, con lo slogan “Anche i consumatori salvano il clima”. Questi sono i numeri dell’iniziativa: - 300.000 pieghevoli con i consigli per un consumo sostenibile; - 60.000 borsine; - 12.000 locandine; - un sito internet (www.ermesambiente.it/consumabile) con il test ConsumAbilità; - la realizzazione e distribuzione di uno spot radiofonico; - servizi giornalistici di approfondimento sui temi; - l’allestimento e l’animazione di 18 info point presso i Centri commerciali del territorio regionali; - partecipazioni a Fiere e Congressi; - 8.000 copie di “Brenda”, libro-agenda dedicato al consumo sostenibile; - la realizzazione di 10 bici-generatori, capaci di produrre energia utilizzata per alimentare computer; - cartelloni luminosi; - concerti musicali a basso impatto ambientale.

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Settimana Europea dell’Energia Sostenibile (EUSEW)

“PATTO DEI SINDACI” Anche Milano “Città amica del Clima” Dopo aver adottato il “pacchetto” delle proposte per rendere vincolanti gli impegni assunti dal Consiglio europeo in materia di lotta ai cambiamenti climatici e promozione delle energie rinnovabili (il triplo “20”), la Commissione UE, nell’ambito della seconda edizione della Settimana Europea dell’Energia Sostenibile (EUSEW), ha lanciato il 29 gennaio 2008 il “Patto dei Sindaci” (Covenant of Mayors). Si tratta di una ambiziosa iniziativa, orientata ai risultati, basata su progetti concreti e mirante a risultati misurabili. Il “patto” è stato promosso per coinvolgere i cittadini nel conseguimento degli obiettivi prefissati, in considerazione che nelle città europee il consumo di energia è in continuo aumento e corrisponde ad oltre il 50% delle emissioni di gas serra. Per le città europee che vi hanno aderito o vi aderiranno si tratta

di predisporre un Piano di Azione che ha per obiettivo di andare oltre il 20% di riduzione delle proprie emissioni di CO2, attraverso politiche e misure locali che aumentino il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, migliorino l’efficienza energetica ed attuino programmi sul risparmio energetico e l’uso razionale di energia. I cittadini saranno informati dei risultati raggiunti dalle rispettive città mediante relazioni periodiche che potranno essere controllate da terzi

transettoriali e dove può realizzarsi la necessaria conciliazione tra interessi privati e pubblici. La sfida posta dalla crisi climatica va affrontata con un approccio olistico, integrato e a lungo termine, e soprattutto basato sul coinvolgimento dei cittadini. È al livello locale che questo quadro complesso può essere gestito al meglio. Per questo motivo le città devono diventare protagoniste di primo piano nell’attuazione delle politiche per l’energia sostenibile e devono essere sostenute nei loro sforzi”.

“Le città stanno diventando sempre più il luogo in cui sperimentare idee nuove e realizzare progetti innovatori contro il riscaldamento del pianeta - ha dichiarato Andris Piebalgs, Commissario europeo per l’Energia - Le città sono anche luoghi pubblici in cui è possibile trovare soluzioni multiculturali e

La Commissione sosterrà la condivisione tra le città e le regioni del Patto delle migliori pratiche in materia di energia sostenibile a livello mondiale tramite un meccanismo di “criteri di eccellenza”. La Commissione intende, inoltre, negoziare le condizioni di partecipazione al Patto di altre importanti parti in causa. Il Segretariato del Patto, finanziato dal programma “Energia intelligente-Europa”, avrà compiti di controllo, di messa in rete e di promozione di questa nuova sfida. Il testo proposto per il Patto (vedi Box a fianco) è il risultato di una consultazione informale con un gran numero di città in tutta Europa. Quasi 100 città europee, tra cui 15 capitali, hanno manifestato il loro interesse per il Patto, tramite la presenza al lancio dell’iniziativa dei Sindaci di Londra, Helsinki, Riga, Varsavia, Berlino, Bonn, Madrid, Lione, Nantes, Lubiana e Milano, oltre che di altre città, accanto al Commissario Piebalgs e al Presidente del Comitato delle regioni, Michel Delebarre. Sulla base di una consultazione ufficiale sarà redatta una versione finale del Patto e si aprirà la fase di formalizzazione delle adesioni. Parallelamente si svolgeranno dibattiti e manifestazioni ad alto livello per definire le condizioni di partecipazione dei soggetti finanziari e i criteri di eccellenza del Patto.

Il Commissario europeo per l’Energia, Andris Piebalgs

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PATTO DEI SINDACI PREMESSO che il Panel Inter-Governativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), il principale gruppo di scienziati a livello internazionale, ha confermato che il cambiamento climatico é una realtà e la cui causa principale é l’utilizzo di energia da parte del genere umano; PREMESSO che l’Unione Europea (UE) ha adottato il 9 Marzo 2007 il documento “Energia per un mondo che cambia”, impegnandosi unilateralmente a ridurre le proprie emissioni di CO2 del 20% entro il 2020 aumentando nel contempo del 20% il livello di efficienza energetica e del 20% la quota di utilizzo delle fonti di energia rinnovabile sul totale del mix energetico; PREMESSO che il Piano di Azione dell’UE per l’efficienza energetica “Realizzare le potenzialità” include come azione prioritaria la creazione di un Patto dei Sindaci; PREMESSA la nostra disponibilità a seguire le raccomandazioni contenute nella Carta di Leipzig sulle Città Europee Sostenibili riguardante la necessità di migliorare l’efficienza energetica; PREMESSO che riconosciamo che le autorità locali si assumano la responsabilità per la lotta al cambiamento climatico e che si impegnino in ciò indipendentemente dagli impegni di altre Parti; PREMESSO che le città sono responsabili, direttamente e indirettamente, (attraverso i prodotti e i servizi utilizzati dai cittadini) di oltre il 50% delle emissioni di gas serra derivanti dall’uso dell’energia nelle attività umane; PREMESSO che l’impegno dell’UE a ridurre le emissioni sarà raggiunto solo se i cittadini e i loro raggruppamenti lo condividono; PREMESSO che le città, quali amministrazioni più vicine ai cittadini, devono coordinare le azioni e mostrare esempi concreti; PREMESSO che le città possono svolgere un ruolo molto attivo nell’attuazione della legislazione energetica europea; PREMESSO che molte delle azioni necessarie per contrastare il cambiamento climatico, in particolare sull’efficienza energetica e le fonti di energia rinnovabile, ricadono nelle competenze dei governi locali ovvero non sarebbero perseguibili senza il supporto politico dei governi locali; PREMESSO che vi sia una necessità di approcci decentralizzati per soddisfare le necessità delle comunità locali e che gli Stati Membri dell’UE possono beneficiare da una reale azione decentralizzata a livello locale al fine di raggiungere i propri obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra; PREMESSO che i governi locali in tutta Europa, sia di grandi che di piccole dimensioni, sono impegnati nella riduzione di inquinanti e gas serra attraverso programmi di efficienza energetica e di promozione delle fonti di energia rinnovabile nelle aree urbane e in particolare nel settore dei trasporti urbani; PREMESSO che le città che partecipano al Patto dei Sindaci dispongono di una stima delle emissioni di partenza (baseline) o di un inventario e una previsione delle emissioni in uno scenario “business as usual” o, in caso contrario, si adoperino affinché tali informazioni siano parte integrante del Piano di Azione di cui oltre; NOI, SINDACI, CI IMPEGNAMO ad andare oltre gli obiettivi fissati per l’UE al 2020, riducendo le emissioni di CO2 nelle rispettive città di oltre il 20% attraverso l’attuazione di un Piano di Azione sull’Energia Sostenibile. Questo impegno e il relativo Piano di Azione saranno ratificati attraverso le proprie procedure amministrative (per l’Italia: Delibera Consiglio Municipale); ad adattare le strutture della città, inclusa l’allocazione di adeguate risorse umane, al fine di perseguire le azioni di seguito indicate; a mobilitare la società civile nelle città al fine di sviluppare, insieme a loro, un Piano di Azione che indichi le politiche e misure da attuare per raggiungere gli obiettivi. Il Piano di Azione sarà redatto per ogni città entro un anno dalla ratifica del Patto dei Sindaci; a preparare, su base annuale, un rapporto ai fini di una valutazione, includendo le attività di monitoraggio e verifica; a condividere la nostra esperienza e conoscenza con le altre città; ad organizzare, in cooperazione con la Commissione Europea ed altri attori interessati, eventi specifici (Giornate dell’Energia; Giornate dedicate alla città che ha aderito al Patto) che permettano ai cittadini di entrare in contatto diretto con le opportunità e i vantaggi offerti da un uso più intelligente dell’energia e di informare regolarmente i media locali sugli sviluppi del Piano di Azione; a partecipare una volta all’anno alla Conferenza UE dei Sindaci per l’Energia Sostenibile in Europa; a diffondere il messaggio del Patto nelle sedi appropriate e, in particolare, ad invitare i colleghi Sindaci ad aderire al Patto; ad accettare la nostra esclusione dal Patto dei Sindaci, notificata dalla Commissione Europea (o appropriato Organo di gestione del Patto a livello europeo che verrà istituito) e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare quale Focal Point nazionale della campagna Energia Sostenibile per l’Europa e del Patto dei Sindaci in Italia, in caso di: (i) mancata presentazione del Piano di Azione sull’Energia Sostenibile nei tempi previsti; (ii) mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni come indicato nel Piano di Azione; (iii) mancata presentazione, per due anni consecutivi, del Rapporto Annuale; (iv) mancanza di progresso dovuta a scarse o inesistenti azioni attuate nel corso del biennio precedente.

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NOI, SINDACI, SOSTENIAMO la decisione della Commissione Europea di attuare e finanziare una struttura di supporto tecnico e promozionale, che comprenda anche strumenti di monitoraggio e di valutazione, nonché meccanismi per promuovere la condivisione delle conoscenze tra le città e strumenti per facilitare la replicazione e la moltiplicazione delle misure di successo, nell’ambito delle proprie possibilità di bilancio; la proposta della Commissione Europea di assumere il coordinamento della Conferenza UE dei Sindaci per un’Energia Sostenibile per l’Europa; l’intenzione della Commissione Europea di adottare meccanismi che permettano lo scambio di esperienze tra le città e la condivisione di linee-guida ed esempi di riferimento (benchmark) per il loro eventuale adattamento da parte delle città partecipanti al Patto. Di agire, inoltre, per facilitare l’adattamento di questi esempi ricadenti sotto la responsabilità della Commissione Europea, quali CONCERTO, CIVITAS o ManagEnergy, alle specifiche necessità delle città interessate. Questi esempi di riferimento diventano parte integrante di questo Patto e sono da considerare come suoi allegati; l’azione della Commissione Europea finalizzata al riconoscimento formale e alla pubblica visibilità delle città che partecipano al Patto attraverso l’utilizzo di uno specifico logo sull’Energia Sostenibile per l’Europa e un’adeguata promozione attraverso gli strumenti della Commissione; i contributi degli organismi che operano attraverso esempi di eccellenza (Benchmark of Excellence) a supporto dell’attuazione di nuovi programmi e progetti nelle nostre città. NOI, SINDACI, CHIEDIAMO che la Commissione Europea e le Amministrazioni nazionali predispongano schemi e strumenti di cooperazione a supporto delle città che aderiscono al patto dei Sindaci e, in particolare, per l’attuazione del nostro Piano di Azione per l’Energia Sostenibile; che la Commissione Europea e le Amministrazioni nazionali considerino le attività incluse nel Patto dei Sindaci come priorità nei rispettivi programmi di sostegno e che informino e coinvolgano le città nella preparazione delle politiche e schemi di finanziamento riguardanti le attività a livello locale. A questo scopo noi offriamo il nostro supporto per rendere operativo un organismo tecnico che fornisca indicazioni in occasione di nuove iniziative da parte delle città partecipanti al Patto; che la Commissione Europea si attivi con gli attori finanziari per la creazione di strutture finanziarie che facilitino il completamento delle azioni previste nei Piani di Azione; che la Commissione Europea adotti stringenti e rigorose misure per i prodotti e il settore dei trasporti. NOI, I SINDACI, INCORAGGIAMO LE ALTRE CITTÀ AD ADERIRE AL “PATTO DEI SINDACI” E INVITIAMO TUTTI GLI ALTRI ATTORI INTERESSATI A FORMALIZZARE IL PROPRIO CONTRIBUTO ALL’INIZIATIVA.

Nota: la Commissione Europea informa che il presente testo del Patto dei Sindaci resterà aperto alla consultazione dei diversi stakeholders a livello europeo fino al 30 Aprile 2008, confermando sin da ora che i principi e gli obiettivi salienti in esso contenuti non verranno modificati.

RIFERIMENTI INTEGRANTI IL PATTO DEI SINDACI 1: Ruolo dei governi locali per l’attuazione delle attività incluse nel Patto dei Sindaci: • consumatore, produttore e fornitore di beni e servizi • pianificatore, sviluppatore e regolatore di attività • consigliere, incentivo e modello 2. Esempi di eccellenza (Benchmarks of Excellence - BoE) Gli esempi di eccellenza sono quelle iniziative e programmi che rappresentano un modello mondiale di attuazione di successo dei concetti di sviluppo dell’energia sostenibile nei contesti urbani. I rappresentanti di questi esempi testimoniano, attraverso il Patto dei Sindaci, la loro volontà di condividere la propria esperienza e aiutare le città ad attuare approcci simili quando possibile e di impegnarsi per facilitare il trasferimento di conoscenze attraverso la diffusione delle informazioni, incluse Linee Guida, la partecipazione agli eventi delle città aderenti al Patto e, in generale, attraverso una cooperazione continua con il Patto stesso. Nuovi esempi di eccellenza possono unirsi al Patto in ogni momento, appurato che essi contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi delle città aderenti al Patto dei Sindaci e sulla base della loro qualità e vocazione nel condividere la conoscenza a beneficio della collettività. I primi esempi di eccellenza che si propongono sono: CONCERTO: rinnovamento urbano integrato; CIVITAS: trasporti urbani sostenibili; C40: applicazioni di efficienza energetica negli edifici; ManagEnergy: agenzie energetiche locali; European Energy Award eea®

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L’intervento all’ONU di Letizia Moratti (foto di Gianni Congiu - Ufficio Stampa Comune di Milano)

Milano città amica del clima La presenza a Bruxelles della città di Milano non è stata occasionale, ma “il punto di incontro - come ha sottolineato il Sindaco Letizia Moratti - tra le azioni avviate dalle amministrazioni cittadine e le politiche richieste dall’Unione Europea”. L’Amministrazione milanese, infatti, ha intensificato negli ultimi mesi gli sforzi per una miglior qualità dell’ambiente urbano, in cui i trasporti giocano un ruolo fondamentale: il potenziamento dei mezzi pubblici; la progressiva sostituzione di quelli più inquinanti con una flotta di autobus ibridi e l’introduzione dell’Ecopass”. Quest’ultimo provvedimento è scattato il 1° gennaio 2008 e prevede tariffe di ingresso nel centro cittadino per auto inquinanti (escludendo i mezzi di pubblica utilità) ed esenzioni per quelle più ecologiche. In pratica si tratta di diminuire i livelli di PM10, riducendo le auto in circolazione con un contemporaneo incremento di velocità da parte dei mezzi di trasporto pubblico. I risultati sono stati subito evidenti: - più del 20%, la riduzione dei veicoli circolanti; - un calo del 10% dei veicoli circolanti sull’area esterna a quella dell’Ecopass. “Quello di Ecopass - ha precisato il Sindaco - è un provvedimento che si inserisce nel più ampio contesto del Piano per la Salute, l’Ambiente e la Mobilità sostenibile che abbiamo condiviso con Regione Lombardia, Provincia di Milano e Governo, per realizzare progetti strutturali attraverso un finanziamento di € 3,5 miliardi”. Il Comune di Milano ha introdotto altre misure energetiche di efficienza e risparmio, tra cui un meccanismo di ri-

duzione degli oneri di urbanizzazione per incentivare l’uso di fonti energetiche rinnovabili nelle nuove costruzioni e l’avviamento di un piano basato su un sistema di rete di teleriscaldamento a “pompe di calore” per fornire ai cittadini energia pulita e a più basso costo. La settimana precedente Letizia Moratti era intervenuta al World Economic Forum, svoltosi a Davos (Svizzera), dove, insieme al suo collega londinese Ken Livingston, aveva presentato “SlimCity” (Città snella), iniziativa che riunisce Sindaci di grandi aree metropolitane di tutto il mondo (oltre Milano e Londra, Tokio, Città del Messico, Teheran, New York e San Francisco), Rappresentanti di Organismi Internazionali (Banca Mondiale-WB, Agenzia Internazionale dell’Energia-IEA, Consiglio per le Iniziative Ambientali Locali-ICLEI) e Amministratori di varie industrie attive nell’Urbanistica, nei Trasporti, nella Domotica e in altri settori, coinvolti in progetti di sviluppo sostenibile. Il senso dell’iniziativa è stata riassunto dal Sindaco di Milano come “un’alleanza tra città di tutto il mondo, un’alleanza tra pubblico e privato, per combattere insieme la stessa battaglia a favore dell’ambiente, del clima, di uno sviluppo realmente sostenibile, di un’alimentazione garantita a tutti, così come deve essere garantito l’accesso all’acqua potabile a chi ne soffre ancora la mancanza”. “È necessario - ha aggiunto - che le città possono scambiarsi conoscenze e know how, confrontarsi sulle proprie best practices e lavorare su progetti comuni. Insieme stiamo sviluppando azioni che mettano a frutto la nostra capacità di fare massa critica, anche migliorando il nostro potere di acquisto

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nei confronti di chi, ad esempio, ci può fornire autobus e mezzi di trasporto pubblico più puliti, a costi inferiori e con tempi di consegna più rapidi”. Invitata dal Presidente di turno dell’Assemblea Generale dell’ONU, Srgjan Kerim, il Sindaco di Milano ha partecipato a New York, al dibattito che aveva per tema “Addressing Climate Change: the United Nations and the World at Work” (11-12 febbraio), incentrato sulle iniziative delle Nazioni Unite e dei Governi di tutto il Mondo per risolvere il problema del riscaldamento globale. “Il nostro scopo - ha detto il Presidente dell’Assemblea ONU - è quello di sostenere il processo della road map partita in Indonesia, mantenendo quindi viva l’attenzione sul tema e partendo dalle conclusioni faticosamente raggiunte al vertice”. Oltre a Letizia Moratti che ha presentato il contributo di Milano sul tema della battaglia ambientale, sono intervenuti Michael Bloomberg, Sindaco di New York, e Richard Branson, Presidente e fondatore della Virgin (Gruppo costituito da diverse società, il cui target è costituito da viaggi, intrattenimento, media, con un bilancio equivalente a quello di diversi Paesi poveri messi insieme), che ha proposto la creazione di un “Consiglio di guerra ecologica”, lanciando al contempo il Premio di 25 milioni di dollari per incoraggiare gli scienziati impegnati nella ricerca ambientale. A New York, il Sindaco di Milano ha ricevuto, assieme al collega newyorkese, il premio della Fondazione Fiorello La Guardia per l’impegno nel migliorare la qualità della vita e dell’ambiente nelle loro città. Evidentemente aveva avuto un suo peso il giudizio, espresso qualche giorno prima, in occasione del Forum Expo organizzato a Milano (4-5 febbraio), dall’ex Vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore, riconosciuto ambientalista che per la sua attività di comunicazione ha avuto assegnato, ex aequo con l’IPCCC, il Premio Nobel per la Pace 2007, che aveva definito Milano “una delle città d’Europa e del Mondo più amiche dell’ambiente”. Non c’è dubbio che l’immagine di città sostenibile, che Milano si sta creando con concrete azioni di politica ambientale, costituirà un ottimo biglietto da visita per i delegati del BIE (Bureau of International Expositions) che dovranno decidere, entro il 31 marzo e tra 11 candidate, quale città ospiterà l’Esposizione Universale 2015.


Una valutazione EEA (European Environment Agency)

SIAMO IN GRADO DI PREVENIRE LA PRODUZIONE DI RIFIUTI DA IMBALLAGGIO? Si avvicina la liberalizzazione dei formati La produzione del packaging e degli imballaggi è in continuo aumento e, nell’ambito della gestione dei rifiuti, i rifiuti da imballaggi costituiscono una mole notevole, anche se il settore (carta e cartoni, plastiche, vetro, legno, ecc.) evidenzia le migliori performance sia in termini di raccolta differenziata sia per il riciclaggio dei materiali. Anche in questo caso la prevenzione rappresenta la fase più importante per la razionalizzazione del sistema, basata su: - uso funzionale dei materali; - riduzione dei trasporti e delle relative emissioni in atmosfera; - reimpiego di materia riciclata; - adozione di sistemi di gestione ambientale e certificazioni di qualità. Nel maggio 2007 il Parlamento UE ha adottato la Direttiva che liberalizza i formati degli imballaggi dopo che, a partire dagli anni ’70, una serie di norme avevano introdotto standard obbligatori per numerosi prodotti. La normativa a cui gli Stati membri dovranno conformarsi entro 12 mesi e che sarà applicata 18 mesi dopo la sua entrata in vigore (per latte, burro, caffè, pasta secca e riso è previsto un regime transitorio di 5 anni) si prefigge, tra l’altro, di contribuire a orientare i consumi verso prodotti con imballaggi più sostenibili, soprattutto da parte della GDO. L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha pubblicato il 23 gennaio 2008 la Valutazione “Are we preventing the generation of packaging waste?”, in cui si evidenzia che c’è un generale aumento delle quantità pro capite di imballaggi che vengono immesse sul mercato. Ciò non è in linea con l’obiettivo della Direttiva sugli imballaggi e rifiuti da imballaggi (2004/12/CE), che mira a prevenire la produzione di rifiuti da imballaggio. Comunque, l’obiettivo dell’UE di riciclare il 25% dei rifiuti da imballaggio nel 2001 è stato raggiunto e superato significativamente. Nel 2004 il tasso di riciclaggio nell’UE-25 (Bulgaria e Roma-

nia non erano ancora entrate) è stato del 54%, vicino all’obiettivo del 55% previsto per il 2008. Le differenze di rendimento dei singoli paesi suggeriscono, tuttavia, ulteriori potenzialità di miglioramento. Pur sussistendo variazioni significative di anno in anno, la tendenza generale nell’UE-15 (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia) mostra che le quantità di imballaggi sono tuttora in aumento. Fra il 1997 e il 2004 la crescita nella produzione di rifiuti da imballaggio nell’UE-15 è stata superiore alla crescita del PIL. Al contempo la crescita nella produzione delle quattro principali frazioni dei flussi di rifiuti da imballaggio

(vetro, metalli, carta e catone, plastiche) è la metà della crescita del PIL ed è stato raggiunto il relativo disaccoppiamento. Si osserva, inoltre, che la crescita veloce della quantità degli imballaggi è influenzata probabilmente da questioni metodologiche, in particolare per quel che riguarda gli involucri di imballaggio in legno. Nel 1997 soltanto 6 Paesi (Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia) segnalavano gli imballaggi in legno; altri si sono aggiunti solo negli anni successivi. Dal 2003 la maggior parte dei Paesi aveva fornito la serie completa dei dati. La tendenza alla produzione pro capite di rifiuti da imballaggio varia tra i vari Paesi (Fig. 1).

Fig. 1 - PRODUZIONE DI RIFIUTI PRO-CAPITE NEI SINGOLI PAESI

Le caselle vuote indicano che non vi sono dati attendibili Fonte: DG Ambiente Ue e Banca Mondiale

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Tavola - OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA IMBALLAGGI E RIFIUTI DI IMBALLAGGI In base al peso

Obiettivi della Direttiva 94/62/CE

Obiettivi della Direttiva 2004/12/CE

Obiettivo complessivo di recupero

minimo 50%, massimo 65%

non meno del 60%

Obiettivo complessivo di riciclaggio

minimo 25%, massimo 45%

minimo 55%, massimo 80%

Anno di raggiungimento degli obiettivi

30 giugno 2001

31 dicembre 2008

Nota: Grecia, Irlanda, Portogallo e i nuovi Stati membri hanno delle deroghe per raggiungere i nuovi obiettivi. A seconda del Paese, gli obiettivi dovranno essere raggiunti dopo 3 o 7 anni

In alcuni Paesi (ad esempio, in Italia e Germania) la propensione alla crescita è continua, altri Paesi (quali Francia, Irlanda e Austria) sembrano essere in grado di stabilizzarne e ridurne il trend, comunque sempre elevato. La tendenza è meno chiara, a causa delle ragioni sopra esposte, circa la presentazione dei dati in quel periodo, per esempio la segnalazione dei cambiamenti che hanno determinato “picchi” nei dati, quali quelli presentati dai Paesi scandinavi. Ci sono, poi, notevoli differenze tra gli Stati membri per quel che concerne la produzione di imballaggi pro capite, che va dai 209 kg in Italia ai 124 kg in Finlandia e addirittura solo 69 kg in Slovacchia e Lituania (2004). La media registrata nel 2004 per l’UE-25 è stata di 168 kg. Ci sono chiaramente differenze tra

l’UE-15 e i nuovi Stati membri che riflettono i diversi livelli di consumo di imballaggi. Le differenze tra i Paesi dell’UE-15 sono più difficili da spiegare, tuttavia esse sembrano riflettere le diversità di produzione e consumo dei singoli Membri. Un esempio potrebbe derivare dalle diverse quote di mercato di imballaggi riutilizzabili. È pure possibile che qualche Stato membro possa avere una copertura irregolare di raccolta dei dati o una leggermente diversa definizione di imballaggio e di conoscenza in merito a quale tipologia di rifiuti da imballaggio debba essere fatta segnalazione alla Direzione Generale Ambiente. L’obiettivo del 25% di riciclaggio di tutti i materiali di imballaggio nel 2001 è stato raggiunto con un buon margine in quasi tutti i Paesi. Sette Stati membri

Fig. 2 - RICICLAGGIO DEI RIFIUTI DA IMBALLAGGIO NEI PAESI EUROPEI

Fonte: DG Ambiente Ue

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già rispettano l’obiettivo complessivo previsto per il 2008, non tenendo conto di imballaggi in legno, aggiunti come nuova categoria per l’obiettivo di riciclaggio introdotto dalla Direttiva 2004/12/CE (Vedi Tavola). Il tasso di riciclaggio dell’UE-15 è aumentato dal 45% nel 1997 al 56% nel 2004. Come per il consumo di imballaggio pro capite, il tasso di riciclaggio totale negli Stati membri varia notevolmente nel 2004, dal 22% a Cipro al 76% nel Belgio (Fig. 2). Per raggiungere gli obiettivi, alcuni Stati membri hanno introdotto la responsabilità del produttore dell’imballaggio e definito sistemi di imballaggio. Altri Stati hanno migliorato il loro attuale sistema di raccolta e riciclaggio.


SERVIZI AMBIENTALI

DULEVO INTERNATIONAL spa

“TIRA UN’ARIA NUOVA”

Le macchine spazzatrici con filtro GORE trattengono il particolato di Donatella Mancini

Il problema dell’inquinamento atmosferico è uno dei più dibattuti nei Paesi UE, dove, soprattutto nelle città, l’aria è responsabile di molte malattie correlate. Gli agenti contaminanti dell’aria possono essere suddivisi in particolato e gas. Il particolato è un aerosol di piccole particelle solide classificate in base alle loro dimensioni. Le particelle atmosferiche sono misurate in PTS (Polveri Totali Sospese). Il parametro PM10 (dall’inglese Particulate Matter, ovvero materia polverizzata) rappresenta il peso delle particelle con diametro inferiore a 10micron contenute in un metro cubo d’aria. Esistono poi dimensioni di PM inferiori a 10, le così dette ultrasottili, ancora più nocive per la salute dell’uomo. La loro pericolosità è dovuta al fatto che possono essere inalate e quindi raggiungere i polmoni interferendo con l’attività respiratoria dei bronchioli e degli alveoli polmonari. Spesso queste polveri contengono anche microinquinanti molto dannosi per la salute che possono causare infiammazioni, fibrosi e neoplasie. I fattori che concorrono alla formazione di queste polveri sospese nell’aria sono sia naturali che antropici; i secondi concorrono in una misura inferiore al 10% del totale, ma sono molto rilevanti nei centri urbani, soprattutto negli strati inferiori dell’aria. L’esposizione della popolazione urbana all’inquinamento atmosferico non è molto migliorata dagli anni ’90, perché i cittadini europei, soprattutto quelli che vivono nelle aree urbane e suburbane, sono esposti a livello di inquinamento che superano gli standard stabiliti dall’UE e quelli indicati dall’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità).

DULEVO International spa ha organizzato il 21 Febbraio u.s. un Convegno, svoltosi a Parma presso l’Hotel Parma&Congressi, sul tema delle polveri sottili, dal titolo “Tira un’aria nuova”. DULEVO International, di cui è Presidente Armido Guareschi, produce macchine spazzatrici per la pulizia delle strade nello stabilimento di Parma (20.000 mq, recentemente inaugurato, tra i più avanzati impianti di produzione a livello mondiale). L’idea imprenditoriale DULEVO è nata nel 1976, ma dagli inizi degli anni ’90, con l’ingresso del Gruppo LAMPOGAS, l’Azienda ha iniziato un lavoro di ricerca e sviluppo che ha portato all’industrializzazione del prodotto e alla creazione di diversi nuovi modelli in tutti i segmenti di mercato. Il Convegno è stato aperto da Vincenzo Geddes Da Filicaia, Amministratore Delegato di DULEVO, che ha sottolineato l’importanza per un’Azienda di non fermarsi mai nella ricerca di nuove soluzioni tecnologiche per perseguire obiettivi sempre più importanti. “Il Gruppo Lampogas nato nel 1954 - ha detto - al quale Dulevo appartiene, si occupa di 5 diversi settori di attività di cui la principale è la distribuzione di GPL, per la quale è secondo in Italia dopo l’AGIP. Oltre che in Italia, Lampogas opera in diversi Paesi europei: Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Slovenia e Croazia”. Le macchine spazzatrici DULEVO sono in grado di pulire le strade urbane catturando la polvere sollevata dalle spazzole e convogliandola, poi, all’interno della macchina; inoltre, attraverso l’utilizzo dei filtri GORE riescono a trattenere sia il PM10 e le sue frazioni.

Vincenzo Geddes Da Filicaia accompagna gli ospiti nella visita all’impianto to DULEVO

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DULEVO si avvale della consulenza di qualificati esponenti del mondo scientifico, tra i quali il prof. Giulio Ceccarelli, Professore Associato presso il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. “L’aria - ha detto - è costituita per il 78,9% da azoto, per il 20,9% da ossigeno, e per il restante 0,2% da anidride carbonica, gas nobili e idrogeno, ma l’attività antropica può causare degli squilibri in queste percentuali. Negli ultimi anni, le attività umane hanno prodotto un grosso incremento della percentuale di CO2, uno dei principali responsabili dell’effetto serra. Il traffico veicolare è il maggiore responsabile dell’inquinamento urbano, causato non solo dai gas di scarico, ma anche dai prodotti derivanti dalla combustione e dall’usura dei motori, dei pneumatici e dei freni. Le chiusure una tantum al traffico non risolvono il problema, ma costituisce un semplice palliativo. Le spazzatrici tradizionali contribuiscono a sollevare e disperdere nell’aria le polveri sottili, mentre le spazzatrici DULEVO con filtro GORE trattengono le polveri impedendone la dispersione nell’atmosfera”. Nel prendere nuovamente la parola, Geddes Da Filicaia ha ricordato che qualsiasi spostamento di aria determina un rialzamento delle particelle nell’atmosfera, dove poi, per il loro infimo peso, rimangono in sospensione per giorni. Di seguito è intervenuto il dott. Enrico Gagliardi del Gruppo GORE, che ha sede a Verona, ma è operante in 45 diversi Paesi in tutto il mondo, realizzando prodotti in PTFE (polytetrafluoroetilene), utilizzati in campo medico, scientifico, elettronico e soprattutto tessile. La tecnologia GORE ora viene applicata anche nel settore delle spazzatrici industriali. Nella sua relazione Gagliardi ha riferito che: “I filtri GORE vengono utilizzati anche negli inceneritori: 8 impianti su 100 utilizzano questa tecnologia. La membrana GORE usa un sistema di filtrazione in superficie così che tutta la polvere si deposita all’esterno del filtro, rimanendo completamente pulito all’interno. I vantaggi offerti sono: • maggiore durata nel tempo; • una maggiore qualità di pulizia; • una totale resistenza agli agenti esterni; • costi di manutenzione della macchina a ridotti.”

L’Ing. Riccardo Riguzzi, Responsabile Qualità e Sicurezza DULEVO ha illustrato, quindi, la procedura ed i risultati dei test sui filtri GORE applicati alle spazzatrici DULEVO, dai quali è emerso che i valori di emissioni gassose emesse dalla spazzatrice dotata della tecnologia di filtrazione delle PM10, sono molto al di sotto della soglia imposta dalla normativa Euro 4. Tale norma, pur facendo riferimento alle emissioni gassose emesse dallo scarico alla combustione di un motore endotermico, indica comunque un limite di PM emesso da un flusso di aria determinato e convogliato all’interno di un condotto. Il Convegno è terminato con l’intervento dell’Amministratore Delegato che ha fornito alcuni dati circa il grado di filtrazione delle polveri sottili da parte del filtro GORE (PM 1 < al 63%; PM 2,5 < al 90%; PM 5 < al 98%; PM 10 < al 99%). “Il nostro sistema funziona bene - ha concluso Geddes Da Filicaia - ma intendiamo continuare nella ricerca di sistemi sempre migliori per costruire macchine capaci di ridurre ulteriormente l’inquinamento atmosferico”.

Via Guareschi, 1 - 43012 Fontaneellato (PR) Tel. +39 0521 827711 - fax +39 05521 827795 info@dulevo.com - www.dulevo.coom

Filtro GORE

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AGENDA 21

LA PARTECIPAZIONE NEI TEMI DEL PAESAGGIO E DELLA TUTELA DELLA BIODIVERSITÀ a cura di Chiara Pirovano WWF Italia e Mario Sartori - Pafin 91 srl Segreteria Tecnica del GdL “Paesaggio, Biodiversità, Partecipazione”

Il Gruppo di Lavoro “Paesaggio, Biodiversità, Partecipazione” del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane è coordinato dalle Province di Milano e di Salerno, supportate da una segreteria tecnica composta da WWF Italia e dalla società Pafin 91, socio sostenitore del Coordinamento. Nato meno di un anno fa, vi hanno aderito finora una quarantina di soggetti tra enti locali, parchi, amministrazioni territoriali, agenzie specializzate, associazioni, ricercatori ed esperti. I temi del paesaggio e della tutela della biodiversità propongono una serie di spunti di grande interesse per quelli che sono i capisaldi della mission del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane: la prospettiva della sostenibilità e la strategia della partecipazione. Porre il tema delle politiche per la protezione e la valorizzazione del paesaggio e della biodiversità coniugato alla dimensione della partecipazione rappresenta per il Coordinamento e per gli enti che hanno aderito al GdL una sfida di un certo impegno e complessità in quanto: - le tradizionali politiche di salvaguardia ambientale (fuori e dentro

le aree protette) e di pianificazionetutela dei beni ambientali e paesistici finora hanno sottovalutato, pressoché ovunque, l’aspetto del coinvolgimento delle comunità locali, sebbene siano le più interessate dagli effetti territoriali e sociali di politiche e di piani; - le esperienze partecipative, che si sono moltiplicate in Italia da una decina di anni e che sono in gran parte nate sotto il segno dell’Agenda 21 locale, sono state perlopiù condotte in contesti urbani o periurbani, esplorando, quindi, le proprie potenzialità rispetto a problematiche particolarmente sentite in tali ambiti e di fatto trascurando o confrontandosi, soltanto indirettamente, con le tematiche del paesaggio e della biodiversità. Grazie all’istituzione di questo nuovo GdL, dunque, il Coordinamento A21, si propone di sperimentare politiche di sostenibilità che per quanto riguarda la “scommessa partecipativa” muovono davvero i primissimi passi. Tale orientamento rappresenta un segnale importante di evoluzione nell’approccio alla partecipazione da parte degli enti locali e, nel contempo,

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si inserisce in una prospettiva che trova un forte riferimento anche nei recenti indirizzi europei in materia di paesaggio e biodiversità. Da un lato, infatti, in anni molto recenti, si sta assistendo ad un’inversione di tendenza rispetto al passato, che si manifesta in una maggiore attenzione da parte delle esperienze partecipative verso i temi del paesaggio e della biodiversità: si fa riferimento, ad esempio, alle sperimentazioni promosse dalla Regione Lombardia in tema di Agenda 21, paesaggio e biodiversità, a partire dal 2005; ancora, alle aree protette che sono protagoniste di iniziative di informazione, coinvolgimento o consultazione dei cittadini, prendendo in considerazione la dimensione civica e partecipativa. Dall’altro, l’aspetto rilevante è rappresentato dall’evoluzione delle strategie europee in materia di paesaggio e biodiversità. In primo luogo si cita la Convenzione Europea del Paesaggio (C.E.P.), recepita nella legislazione italiana nel gennaio 2006, che valorizza fortemente il punto di vista delle comunità locali nella lettura, interpretazione e tutela-riqualificazione del paesaggio.


Tale aspetto risulta manifesto nella stessa definizione di “Paesaggio” indicata dalla C.E.P.: “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, approccio che apre a nuovi scenari di attiva partecipazione e conoscenza del grado di percezione delle identità territoriali da parte della cittadinanza e che denota una stretta relazione tra i temi del paesaggio e le metodologie dell’Agenda 21 locale. Anche per quanto concerne la biodiversità si sta affermando un nuovo orientamento, rintracciabile nelle strategie europee per contrastare la perdita di tale importante risorsa (Countdown 2010) dove, in particolare tra gli strumenti prioritari per conseguire i dieci obiettivi chiave, viene introdotta l’informazione, la creazione di partnership e la partecipazione. Un’importante valorizzazione della partecipazione contraddistingue, inoltre, la Strategia ecoregionale di conservazione della biodiversità che il WWF sta promuovendo sia a livello internazionale che a scala nazionale e regionale. Tale approccio è stato definito per arrestare la progressiva diminuzione della diversità biologica e culturale determinata soprattutto da una globalizzazione diffusa e omologante e quindi dalla perdita dell’importante legame tra le culture e i territori. Il processo ecoregionale consiste nell’individuazione di aree alla macro e meso scala (ecoregioni e aree prioritarie) che presentano valori particolarmente elevati di biodiversità, necessari per la tutela di tale risorsa sul lungo periodo a livello planetario. Si

sottolinea, da un lato, un’interessante innovazione nel campo delle scienze ecologiche che si sono date un programma d’azione e, dall’altro, un manifesto riconoscimento del valore delle popolazioni locali nella tutela della biodiversità intesa non solo dal punto di vista naturalistico, ma anche da quello agricolo, sociale, culturale. Il territorio italiano, peraltro, grazie ai numerosi endemismi e agli habitat frutto di una lunga coevoluzione tra uomo e ambiente, presenta elevati valori di biodiversità, risultando interessato dalle due Ecoregioni prioritarie (Ecoregione Alpi ed Ecoregione Mediterraneo Centrale). In questo scenario la prima attività promossa dal GdL è quella di censire le attività partecipative articolate sul tema del paesaggio o della biodiversità che sono state condotte o che sono in corso e in progetto in Italia. L’istituzione del Premio nazionale per “Percorsi di partecipazione alle politiche per il paesaggio e la biodiversità” intende, tra l’altro, contribuire alla pubblicizzazione di tali iniziative e fornire un riconoscimento ai processi partecipati in tema di paesaggio e biodiversità. Il Premio (vedi box) è istituito dalla Provincia di Salerno nell’ambito del progetto dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio, con il contributo della Regione Campania, dell’Associazione Nazionale Comuni dei Parchi e di Hispa - Scuola di Alta Formazione per la Pubblica Amministrazione nelle Aree Protette, ed in collaborazione con Coordinamento delle Agende 21 Locali Italiane e Federazione italiana dei parchi e delle Riserve naturali. Tra gli obiettivi strategici del GdL sono

da annoverarsi: - promozione di iniziative di sensibilizzazione; - formazione-informazione sul trinomio paesaggio-biodiversità-partecipazione; - confronto e condivisione di metodologie e di esperienze tra gli aderenti; - costruzione di partenariati progettuali tra Enti, associazioni e soggetti diversi sul territorio nazionale. Risulta anche di particolare interesse l’interrelazione tra le iniziative di Agenda 21 locale e gli strumenti di pianificazione alle diverse scale in modo da favorire l’introduzione sistematica e il consolidamento dell’approccio partecipativo nella costruzione delle scelte in materia di paesaggio, di territorio e di tutela delle reti ecologiche, delle specie a rischio di estinzione e degli ambienti preziosi per la biodiversità. Ulteriore valore del percorso avviato, infine, è costituito dalla sperimentazione dell’integrazione tra i contenuti del paesaggio e quelli della biodiversità, spesso trattati in ambiti disgiunti, nell’ottica della creazione di importanti sinergie. Il neonato GdL, quindi, costituisce un’occasione molto proficua di scambio di esperienze tra enti locali che esprimono una particolare sensibilità per i temi del paesaggio e della biodiversità e che sono intenzionati a procedere in una direzione complessa e ricca quale quella della partecipazione. Per iscriversi al GdL o per ulteriori informazioni: m.sartori@progesam.it e c.pirovano@wwf.it. Dal sito www.a21italy.it/a21italy/gdl. php scaricabili i materiali condivisi nei primi incontri del GdL.

PREMIO “PAESAGGIO, BIODIVERSITÀ, PARTECIPAZIONE” È indetto il Premio nazionale “Percorsi di partecipazione alle politiche per il paesaggio e la biodiversità” per selezionare le migliori esperienze che documentano la capacità concreta di enti e di soggetti pubblici e privati di coinvolgimento delle comunità locali nella definizione delle scelte in materia di paesaggio e biodiversità. Si prevede, inoltre, di raccogliere tali esperienze in un Catalogo di buone pratiche da presentare in un’apposita Mostra-Convegno per il Paesaggio, la Biodiversità e la Partecipazione. Finalità del Premio è di contribuire, attraverso la selezione, diffusione e promozione di buone pratiche, alla creazione di una maggiore sensibilità nei confronti dei valori della partecipazione e, allo stesso tempo, del paesaggio e della biodiversità. Con la valorizzazione e la diffusione di casi esemplari si intende stimolare la crescita di una cultura comune di attenzione alla qualità del paesaggio e della biodiversità anche attraverso il coinvolgimento del maggior numero di soggetti pubblici e privati quali gli amministratori locali, i professionisti delle diverse discipline afferenti alla gestione/progettazione del paesaggio, gli operatori economici, le popolazioni locali. Possono essere candidate al premio iniziative che fanno leva sulla partecipazione per promuovere politiche in materia di: • paesaggio, • biodiversità, • paesaggio e biodiversità. Possono partecipare alla selezione, attraverso la presentazione di un dossier di candidatura, Enti locali, i loro Consorzi e le Organizzazioni non governative, che abbiano partecipato all’elaborazione, alla realizzazione o alla gestione degli interventi presentati. Il termine ultimo per la presentazione delle candidature è fissato per il 20 maggio 2008. Il testo completo del bando è scaricabile dai seguenti siti: www.a21italy.it; www.provincia.salerno.it; www.hispa.it; www.parks.it/indice/lavoroneiparchi/bandi-premi.php

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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Inaugurata la Banca Mondiale dei Semi

L’ARCA DELLA BIODIVERSITÀ Purché dopo l’Apocalisse ci sia chi sappia coltivarli Eurobarometer (strumento di cui si è dotata la Commissione europea per realizzare sondaggi mirati a conoscere e comprendere gli atteggiamenti dei cittadini europei) ha diffuso il 18 gennaio 2008 risultati di un’indagine dalla quale si evince che il 90% degli cittadini europei considera la perdita di biodiversità come un problema e che, di questi, il 70% ritiene che questo danno possa avere un grave impatto sul futuro dei propri figli e il 93% che la conservazione della biodiversità sia un obbligo morale. Per questo, forse, o perché dal sondaggio risulta che i portoghesi sono tra gli europei quelli che si impegnano di più per difendere la biodiversità, anche il Presidente della Commissione UE José Manuel Barroso ha voluto essere presente alla cerimonia di inaugurazione della Global Seed Vault, la Banca Mondiale dei Semi, da lui definita “Un Giardino dell’Eden congelato”. Si tratta di un impianto costruito con lo scopo di conservare, congelati, i semi delle specie agricole più diverse, provenienti da ogni ambiente e zona

climatica del pianeta. Banche genetiche dei semi si trovano in vari Paesi, ma si è dimostrata, soprattutto negli ultimi anni, la loro vulnerabilità: - nel 1992 in Afghanistan, i mujaheddin distrussero la collezione di semi di Kabul; - nel 1999 nelle Isole Salomone, una guerra civile tra etnie disperse le collezioni di igname e manioca, prodotti base per gli abitanti degli arcipelaghi della Melanesia e Polinesia; - nel 2003 in Iraq, la banca genetica nazionale di Abu Ghraib fu saccheggiata e i contenitori di semi furono distrutti; - nel 2006 nelle Filippine, un tifone dissolse la banca nazionale dei semi. L’anno stesso in cui entrava in vigore (2004) il Trattato internazionale delle risorse genetiche e vegetali per cibo e agricoltura, approvato a Roma nel 2001 e ratificato da 116 Paesi, con lo scopo di aprire la strada alla conservazione e all’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche con una giusta ed equa condivisione dei benefici, la FAO (Food

Località di Longyearbyen (Arcipelago delle Svalbard - foto Michael Haterkamp (fonte Wikipedia)

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and Agriculture Organization), tramite il Global Crop Diversity Trust (Fondo Mondiale per la Diversità Colturale, istituito nel 2002) decideva di firmare con il Governo Norvegese un Programma di sostegno per la conservazione della biodiversità agricola e la sicurezza alimentare, con l’obiettivo di creare una Banca di semi naturali delle colture alimentari. Il progetto del costo di 6,2 milioni di euro è stato portato a termine e inaugurato, appunto, il 25 febbraio 2008, presso la località di Longyearbyen sull’isola Spitzbergen, la più grande dell’arcipelago Svalbard (Norvegia), oltre il Circolo Polare Artico (Lat. N 78° 13’). Il Primo Ministro Norvegese Jens Stoltenberg, evidentemente soddisfatto che il suo Governo ha portato a termine l’impresa, nei tempi prefissati (la prima pietra era stata posta il 19 giugno 2006), ha dichiarato all’Associated Press che la Banca dei Semi “è la nostra polizza di assicurazione, è l’Arca di Noè che serve per garantire le diversità biologiche in futuro”. La “Doomday Vault” (Cassaforte dell’Apocalisse), come stata ribattezzata, è stata costruita per resistere ad ogni tipo di disastro: dalla caduta di meteoriti ai terremoti; dai cambiamenti climatici alle catastrofi nucleari. Il “caveau” di 5x5x15m è scavato nel permafrost (terreno sempre gelato) della montagna Pjaataberget, a metri 130 s.l.m., per non essere inondato anche se si sciogliessero le calotte polari, viene raggiunto tramite un corridoio sotterraneo di 125 m, superando quattro porte in acciaio le cui chiavi hanno codici diversi. Il portale d’ingresso ha una struttura triangolare di cemento, specchi e metalli, che lo illuminerà come un faro, visibile da lontano: nei mesi estivi riflette la luce polare come una gemma; durante il lungo inverno al buio una rete di 200 cavi in fibra ottica lo riveste di una tenue luce verde-turchese.


La temperatura, che d’inverno all’esterno è mediamente di -14 °C, è stata stabilizzata a -18 °C, e l’impianto è in grado di mantenere una temperatura tale che i semi non germoglino per 200 anni, anche in caso di black-out o guasti del sistema di generazione. In condizioni “normali”, i semi nella Banca sono in grado di resistere per più di un millennio; ad esempio: i semi dell’orzo possono germinare fino a 2.000 anni, quelli del grano per 1.7000 e, addirittura, quelli del sorgo per 20.000. Il forziere è in grado di accogliere 4,5 milioni di varietà, contenute in casellecampioni di 500 semi ciascuna, chiusi in contenitori di alluminio e polietilene, che il GCDT provvederà a far affluire, attraverso operazioni di preparazione, spedizione e stoccaggio, da ogni parte del mondo, sopportando i costi per sostenere l’iniziativa, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il Centro Norvegese per le Risorse Genetiche (NordGen) gestirà la struttura e la banca dati on line dei campioni di semi conservati, la cui quantità dipenderà dal numero dei Paesi che vorranno custodirvi gratuitamente i propri semi,

per prelevarli, poi, quando riterranno di averne bisogno. Il primo quantitativo depositato è stato un carico di 10 tonnellate per un totale di 268.000 campioni di semi, con una parte dei quali è stata riempita la prima delle 676 caselle ad opera dell’ambientalista keniota Wangari Maathai, fondatrice del Green Belt Movement africano e Premio Nobel per la Pace 2004, coadiuvata per l’occasione da Cary Fowler, Direttore esecutivo del GCDT e vero artefice del progetto. “ Il significativo interesse del pubblico per il progetto della Global Svalbard Seed Vault indica che collettivamente stiamo cambiando il nostro modo di pensare circa la conservazione ambientale - ha dichiarato Maathai - Ora comprendiamo che, oltre ai movimenti internazionali per salvare le specie in via di estinzione o preservare la foresta pluviale del pianeta, è altrettanto importante per tutti noi conservare la diversità delle colture nel mondo per le generazioni future” (Environmental News Network, 26/02/2008). La FAO nei suoi rapporti ha continuamente messo in guardia che la

Mockup dell’esterno della Banca dei Semi (fonteWikipedia)

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biodiversità agricola negli ultimi 50 anni è calata vertiginosamente, tanto che su 7.000 specie vegetali per la produzione di cibo, oggi ne vengono coltivate una trentina. Appena la settimana prima (18-22 febbraio 2008) a Roma, nella riunione dell’Organismo sussidiario di consulenza scientifica, tecnica e tecnologica alla Convenzione sulla Diversità Biologica, incentrata sulla sicurezza alimentare, si è sottolineato che “le connessioni tra i settori produttivi e la biodiversità sono essenziali per raggiungere il diritto universale all’alimentazione, conservando al tempo stesso il capitale naturale integro per le generazioni future”. Tale assunto è stato ribadito dal Direttore Generale della FAO Jacques Diouf, presente alla cerimonia di inaugurazione alle Svalbard, il quale ha osservato che “Le sementi sono veicoli di vita e questa banca assicurerà che sia disponibile la necessaria diversità genetica per affrontare le future sfide dell’agricoltura”. Tutti i media hanno dato grande risalto all’inaugurazione della Banca dei Semi ed anche noi abbiamo riporta-


to le informazioni più esaustive del progetto, nonché le dichiarazioni dei rappresentanti dei principali Organismi che partecipano, a vario titolo, alla realizzazione dell’impresa. Ciò nonostante, non possiamo esimerci dal fare alcune osservazioni. La Global Seed Vault non rappresenta in sé una novità, perché custodirà semi la cui copia originaria è già conservata in un’altra banca nazionale, perciò non si incrementerà il numero delle specie di sementi già conservate. La possibilità di acquisire i semi consegnati a questo struttura è subordinata alla distruzione della copia originaria e ci deve essere il consenso del donatore. La lotta contro la perdita di biodiversità si conduce nelle campagne e con il coinvolgimento degli agricoltori che, viceversa, non potranno portare i loro semi, né potranno accedere alla Banca che rischia di apparire il “congelatore” dei loro sforzi per conservare e riprodurre nelle campagne le diversità culturali. Manca, soprattutto, la trasparenza sui finanziamenti di tutta l’operazione. Oltre al Governo norvegese e al GCDT, si sa che un International Advisory Council dovrà fornire indicazioni e consigli, di cui fa parte anche il CGIAR (Consultive Group on International Agriculture Research), istituito nel 1971 per iniziativa della Fondazione Rockefeller e della Fondazione Ford. In un articolo sulla struttura che stava per essere completata, pubblicato il 4 dicembre 2007 su Global Research, l’analista economico F. William Engdahl, anticipando alcune conclusioni del suo libro, appena uscito: “Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation” (I semi della distruzione: l’agenda segreta della manipolazione genetica), si chiede quali siano le motivazioni che spingono alcuni finanziatori (vengono citate le Fondazioni Rockefeller, Bill & Melinda Gates e Syngenta, e le multinazionali

agro-alimentari Monsanto Corporation e DuPont-Pioneer Hi-Bred), ad investire milioni di dollari all’anno nell’operazione. Dubitando sulle ragioni utopiche-umanitarie, come già suggeriva il sottotitolo dell’articolo: “Bill Gates, Rockefeller e i giganti degli OGM sanno il perché, noi no.”, l’autore cerca di capire “Quale futuro si aspettano gli sponsor di questa iniziativa visto che di banche del genere ce ne sono più di mille sparse in varie Università del mondo?”. Engdahl sembra avvalorare l’idea che qualora l’utilizzo delle colture geneticamente modificate, ossia con un identico corredo genetico, dovessero ulteriormente diffondersi e una qualche sconosciuta malattia l’attaccasse, provocandone la morte, i gruppi che attualmente ne posseggono il brevetto sarebbero in grado di controllare le sementi naturali custodite nella Banca delle Svalbard. Forse, è opportuno ricordare che la Monsanto ha brevettato su scala mondiale le sementi “Terminator”, ossia quelle che dopo il raccolto si suicidano

(Genetic Use Restriction Technology), con lo scopo di ridurre l’uso di quelle non brevettate. Non casualmente, nel “Manifesto delle Americhe in difesa della natura e della diversità biologica e culturale”, redatto nell’aprile 2006 a Curitiba, nello Stato del Paranà (Brasile) e sottoscritto da vari gruppi e personalità (tra queste: il francescano brasiliano fondatore della “Teologia della Liberazione”, Leonardo Boff; il padre dello strutturalismo linguistico, professore emerito del MIT, nonché uno dei più grandi intellettuali viventi, lo statunitense Noam Chomsky; il Premio Nobel per la Pace Pérez Esquivel), un comma è dedicato a questo brevetto: “… Combattiamo decisamente i semi Terminator perché attentano al significato della vita. Siamo contro la produzione di questo di seme sterile perché si tratta di un seme suicida che favorisce solo le grandi imprese transnazionali che controllano i semi per mantenere gli agricoltori alle loro dipendenze…”. Nell’articolo citato, Engdahl ricorda come la Fondazione Rockefeller sia stata la propugnatrice negli anni ’70 della co-

Impacchettamento dei semi in partenza per le Svalbard (fonte Science Daily)

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siddetta Rivoluzione Verde che, anziché risolvere come promesso la fame nel mondo, si è rivelata una brillante operazione di agrobusiness per sviluppare un sistema agroalimentare globalizzato, controllato da pochi gruppi, così come pochi gruppi avevano controllato il petrolio (Rockefeller controllava la Standard Oil). Significativamente, Engdahl cita la frase pronunciata dall’allora Segretario di Stato USA, Henry Kissinger che nel 1970 affermò: “Chi controlla il petrolio, controlla il Paese; chi controlla il cibo, controlla la popolazione”. Un tempo le sementi si tramandavano di generazione in generazione, ora dopo le Direttive 98/95/CE e 98/96/CE, concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e i relativi controlli, nei Paesi dell’Unione Europea non si possono usare semi che non siano iscritti in appositi Registri. Senza voler entrare nel merito di tali decisioni, ci limitiamo a constatare che tali restrizioni, di fatto, riducono la variabilità di popolazione

delle specie e, di conseguenza, la loro sopravvivenza, mentre la diffusione degli OGM tende a far scomparire le varietà locali a favore dei prodotti delle multinazionali. La Norvegia, che non fa parte dell’UE, ha fatto sapere che creerà un fondo sui diritti degli agricoltori, affinché si perpetuino le tecniche e i saperi acquisiti nel corso della storia, ma non pare che tale annuncio sia stato salutato con cenni d’approvazione da parte degli altri Paesi industrializzati. I semi sono fonte di vita e non possono essere ridotti a pura e semplice mercificazione. I custodi dei semi Bruciate la nostra terra bruciate i nostri sogni gettate acido sui nostri canti coprite di polvere il sangue della nostra gente massacrata coprite con la vostra tecnologia le voci di tutto ciò che è libero selvatico indigeno. Distruggete Distruggete

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la nostra erba e il nostro suolo radete al suolo ogni fattoria e ogni villaggio costruiti dai nostri antenati ogni albero, ogni casa ogni libro, ogni legge tutto ciò che è giusto e armonioso. Con le vostre bombe spianate ogni vallata con le vostre imposizioni cancellate il nostro passato, la nostra letteratura, la nostra metafora. Spogliate le foreste e la terra fino al punto che nessun insetto nessun uccello nessuna parola possa più provare un posto per nascondersi. Fate tutto questo e anche di più. Non ho paura della vostra tirannia non mi dispererò mai perché conservo un seme un piccolo seme vivente che custodisco e pianterò di nuovo. (Poesia palestinese)


IL COMMENTO

È in vigore il D. Lgs. correttivo e integrativo del Testo Unico Ambientale

IL DECRETO DIMEZZATO Dubbi e perplessità sulla concordanza con direttive comunitarie e sentenze della Corte di Giustizia europea di alcune norme e definizioni

Dopo un travagliato percorso, il 13 febbraio 2008 è entrato in vigore il “terzo correttivo” (ha accorpato il secondo ed il terzo) al cosiddetto Testo Unico Ambientale: il D. Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 “Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, recante norme in materia ambientale” (S. O. alla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 29 gennaio 2008). Il testo, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 dicembre u.s. in terza ed ultima lettura, modifica del D.Lgs. n. 152 le Parti: - Prima, Disposizioni Comuni; - Seconda, VAS - VIA - AIA (completamente riscritta e contenente il recepimento delle direttive comunitarie in materia di partecipazione dei cittadini nei processi decisionali); - Terza, Difesa del Suolo - Acque (non esaustiva); - Quarta, Rifiuti - Bonifiche di siti (ancora carente per quanto attiene alle bonifiche). Rimangono invariate, quindi, le Parti relative alle Emissioni in Atmosfera (Aria) e al Danno ambientale (alcune norme in merito hanno trovato spazio in altri provvedimenti), per le quali difficilmente si troverà il tempo per intervenire dal momento che la Legge Delega n. 308/2004 conferiva al Governo la possibilità di introdurre modifiche al D. Lgs. n. 152 entro due anni dalla sua emanazione, termine che scade il 13 aprile, proprio il giorno delle elezioni per il rinnovo del Parlamento. Sussistono, peraltro, bozze di Decreti Legislativi su cui c’è la condivisione delle amministrazioni direttamente interessate che riguardano le correzioni su acque, difesa del suolo, aria, bonifiche e danno ambientale. Nel complesso, questo terzo correttivo abroga gli Articoli da 4 a 52 e relativi Allegati del Testo Unico Ambientale; mentre 28 Articoli e 7 Allegati vanno a sostituire i precedenti 48 Articoli e 5 Allegati. Non tutte le Parti rivisitate, comunque, sono immediatamente esecutive, dovendosi attendere i decreti attuativi, come nel caso della bonifica dei siti inquinati i cui criteri sull’utilizzo dell’analisi di rischio per la caratterizzazione devono essere emanati da un apposito decreto. Peraltro, il Decreto non riesce a colmare completamente il vuoto legislativo che permane nel sistema italiano, come hanno evidenziato le istituzioni europee, anche se il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha tenuto a precisare che esso sana 6 procedure di infrazione, aperte dalla Commissione UE nei confronti del nostro paese, e 2 condanne della Corte di Giustizia europea. Altre procedure sono state evitate con l’approvazione della “Legge Comunitaria 2007”, entrata in vigore il 25 febbraio 2008, che delega il Governo ad attuare 16 Direttive europee da recepire con Decreto Legislativo. Tale strumento legislativo con il suo “attueremo” scongiura e blocca procedimenti di infrazione o di condanna nei confronti del nostro Paese. Se si guarda, tuttavia, alla data di approvazione del relativo

Disegno di Legge da parte del Consiglio dei Ministri (25 gennaio 2007) ci si rende conto di quante difficoltà abbia l’Italia ad attuare le normative europee, rispettandone le modalità e i termini. A complicare la vita degli operatori del settore, oltre ad un quadro normativo di non facile interpretazione, c’è anche un clima politico che non offre certezze e non permette di impostare strategie per il futuro. Due anni fa, al cambio di Governo, sembrava che non dovesse essere messo in pratica il decreto legislativo 152 perché sarebbe stato riscritto. Ora, dopo due anni ci si ritrova con una riforma “dimezzata” e con dichiarazioni di esponenti politici contrari alle modifiche introdotte che esprimono la volontà di ripristinare il testo precedente. In questo numero pubblichiamo in Inserto la Parte Quarta del Decreto, limitatamente, per ragioni di spazio, al settore Rifiuti, sia per l’attualità sia perché, avendo subìto profonde modifiche, è anche quello che si presenta più organico, senza esprimere giudizi di merito sul testo. Aver incentrato il sistema di smaltimento dei rifiuti sulle discariche si sta rivelando un errore strategico che rischia di condurre il sistema al collasso, considerato che la saturazione di quelle in attività avverrà all’incirca entro 5 anni. C’è la necessità, quindi, di ridurre la produzione dei rifiuti ed aumentare la raccolta differenziata: l’obiettivo previsto nel Decreto è del 45% al 2008 e del 65% al 2012, come impone la normativa europea. Questi obiettivi non saranno raggiunti, tuttavia, senza la riduzione degli imballaggi, la promozione della vendita di beni sfusi, il passaggio dai cassonetti al porta a porta e dalla TARSU alla TIA, ma, soprattutto, senza cambiare le abitudini quotidiane della popolazione che presuppone un mutamento culturale da conseguire attraverso adeguate campagne informative e di formazione. Sono stati spesi tempo e carte per risolvere il “problema” dei Registri di carico e scarico delle imprese che trasportano, recuperano, smaltiscono e producono rifiuti, che ora il Decreto prevede debbano essere “numerati e vidimati dalle Camere di Commercio territorialmente competenti” con richieste di chiarimenti da parte delle stesse CCIAA, con pareri espressi dall’UPI e note del Ministero dell’Ambiente, sulle possibili casistiche (Registri già attivi e non vidimati; Registri già vidimati dall’Agenzia delle Entrate; Registri non attivi, ma già vidimati dall’Agenzia delle Entrate; ecc.). Nel frattempo, non si sono sollevate perplessità sulla permanenza dei cassonetti dei rifiuti urbani accanto ad aziende produttive e centri commerciali o lungo le vie delle zone imprenditoriali o commerciali, visto che il Decreto prevede che non possono essere considerati assimilabili i rifiuti che si formino nelle aree produttive o nelle strutture di vendita

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con superfici superiori a determinati parametri. Almeno si sarebbe potuto cominciare a svolgere una campagna informativa in merito, prima di giungere alla scadenza, per dar modo a imprenditori e commercianti di prepararsi per tempo, senza che accada come per i RAEE, allorché si sono dovute concedere continue proroghe, tanto che ancora il nuovo sistema di gestione dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche non è ancora decollato. Ecco in sintesi le principali novità e modifiche introdotte dal D. Lgs. 16 gennaio 2004. Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti (Art. 179) Viene reintrodotta la gerarchia di gestione dei rifiuti: riduzione, riutilizzo, riciclo ed altre forme di recupero; con il recupero di materia che diviene priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia, così com’era nel D. Lgs. 22/1997 (il cosiddetto “Decreto Ronchi”). Recupero dei rifiuti (Art. 181) Vengono definite le modalità per ridurre lo smaltimento finale. Materie, sostanze e prodotti secondari (Art. 181 bis) Si introduce un nuovo articolo con cui viene chiarito che le Materie Prime Secondarie sono solo quelle le cui caratteristiche saranno definite da un apposito decreto ministeriale, nel rispetto di una serie di criteri, requisiti e condizioni, elencati nel comma 1. Definizioni (Art. 183) Vengono modificate alcune definizioni. In particolare meritano attenzione quelle di: - rifiuto (lettera a) che è stata rielaborata in modo meno restrittivo per evitare che sostanze come sottoprodotto o materie prime secondarie fin dall’origine possano non essere considerate tali e di conseguenza sottratte al regime di controlli previsto per i rifiuti; - racccolta differenziata (lettera f) è quella idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologicamente omogenee, compresa la frazione organica umida, destinate al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia; - deposito temporaneo (lettera m) dei rifiuti nel luogo in cui sono prodotti, prima della raccolta, finalizzata allo smaltimento o al recupero, è divenuta più rigida e rispettosa dei criteri comunitari, eliminando la possibilità di affidare a terzi la sua gestione; - sottoprodotto (lettera p) viene considerato tale una sostanza o un materiale di cui il produttore non intenda disfarsi, ma che soddisfi tutti e 5 i criteri previsti, mentre è stato abrogato il regime di favore riservato a residui del ferro provenienti da determinati procedimenti; - scarichi idrici (lettera z) si ripristina la nozione di scarico diretto, inteso come quello operabile esclusivamente tramite condotta, in modo da precludere la possibilità che i rifiuti liquidi confluiscano nelle acque di scarico che non vengono smaltite, assicurando la garanzia dei controlli su questi rifiuti ed evitando, così, danni alla salute pubblica. Queste novità, su alcune delle quali probabilmente interverrà la censura della Commissione UE, sono state suggerite dalle Commissioni parlamentari, dopo che non erano state comprese nel testo del “secondo correttivo”, decaduto per mancato rispetto dei termini. Alla luce di quanto avvenuto si ha ragione di ritenere che si sia trattato di voluto “abbandono”, per questioni di merito su cui non c’era accordo,

anziché di “incidente burocratico”. Limiti al campo di applicazione (Art. 185) Vengono riscritti i limiti di applicazione della parte relativa ai rifiuti, in particolare possono essere considerati sotto prodotti i materiali fecali e vegetali provenienti da attività agricole, qualora siano utilizzati per produrre energia, calore o biogas. Terre e rocce da scavo (Art. 186) Questo articolo era stato riscritto completamente, ma dovrà essere rivisitato alla luce della condanna emessa dalla Corte di Giustizia europea il 18-12-2007 su l’ambito di operatività della nozione di “sottoprodotto”, escludendo la possibilità che i materiali di scavo, qualora non pericolosi, siano sottratti all’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti. Al momento, l’articolo esclude dalla normativa dei rifiuti quei materiali che vengono riutilizzati nel medesimo intervento da cui sono originati o sulla base di specifiche prescrizioni, purché non provengano da siti contaminati o sottoposti ad inerventi di bonifica. Semplifica, inoltre, le procedure per terre e rocce da scavo dei piccoli cantieri e certificato di avvenuto smaltimento. Catasto rifiuti (Art. 189) In attesa di avviare il sistema informatico di tracciabilità satellitare dei rifiuti (comma 3 bis), viene introdotto l’obbligo di comunicare le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto di attività di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento. Si reintroduce l’obbligo di presentazione del Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD), per i produttori di rifiuti speciali non pericolosi, derivanti da: - lavorazioni industriali; - lavorazioni artigianali; - attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzzazione ed altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi. Sono esentati dal presentare il MUD alle Camere di Commercio (entro il 30 aprile di ogni anno) gli imprenditori agricoli con un volume di affari annuo non superiore a 8 mila Euro, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, nonché per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di 10 dipendenti; mentre ne sono obbligati i trasportatori dei rifiuti, indipendentemente dalla quantità trasportata. Registri di carico e scarico (Art. 190) Abbandonata l’ipotesi di escludere i piccoli imprenditori, anche per le recenti sentenze della Corte di Giustizia europea, tutti gli imprenditori obbligati alla comunicazione al Catasto rifiuti debbono tenere i registri di carico e scarico, vidimati dalle Camere di Commercio territorialmente competenti, che sino ad ora le CCIAA erano tenute a vidimare solo i formulari e non in forma esclusiva. Tale adempimento a differenza di quello relativo ai formulari, non è posto a carico della Agenzia delle Entrate che assolveva, viceversa, a tale compito. Con il comma 6 bis si stabilisce che, per le attività di gestione dei rifiuti da rottami ferrosi e non, gli adempimenti di tenuta dei registri si intendono adempiuti, qualora vengano utilizzati i registri IVA di acquisto e vendita. Trasporto dei Rifiuti (Art. 193) Per i fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura la scheda di accompagnamento viene sostituita dal formulario di identificazione (comma 8). Competenze dello Stato (Art. 195) La determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi

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per l’assimilazione dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani, ai fini della raccolta e dello smaltimento, è di competenza dello Stato. La tariffazione dei rifiuti assimilati per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani deve avvenire entro un anno. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani quelli che si formano nelle aree produttive e nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d) del D. Lgs. 114 del 1998, vale a dire quelle con superficie oltre i 300 m2 nei comuni con popolazione residente inferiore ai 10.000 abitanti e 500 m2 di superficie nei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti. Competenze delle Province (Art. 197) In linea generale vengono restituite alle Province le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti, affidando ad esse compiti che prima spettavano alle sezioni regionali dell’Albo Nazionale Gestori ambientali. Tale esercizio sarà svolto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 1). Schema tipo di contratto di servizio (Art. 203) Viene introdotto l’obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell’igiene ambientale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente. Accordi e contratti di programma, incentivi (Art. 206) Il Ministero dell’Ambiente e le altre autorità competenti, al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici e privati ed associazioni di categoria. Osservatori nazionale dei rifiuti (Art. 206 bis) Con un articolo aggiuntivo vengono ridefinite funzioni e competenze dell’ONR, nonché la sua composizione. Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (Art. 208) Nel caso di criticità ambientale, tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili, le prescrizioni per le autorizzazioni agli impianti di smaltimento e recupero, possono essere modificate prima del termine di scadenza e dopo almeno 5 anni dal rilascio dell’autorizzazione (comma 12). Nel caso di mancato adeguamento alle prescrizioni, ferme restando le sanzioni previste nel Titolo VI, si procede alla revoca dell’autorizzazione (comma 13). Albo nazionale gestori ambientali (Art. 212) L’iscrizione all’Albo viene effettuata sulla base di comunicazione alla sezione regionale o provinciale competente, territorialmente, in cui l’interessato attesta: - sede dell’impresa e l’attività da cui sono prodotti i rifiuti; - le caratteristiche e la natura dei rifiuti prodotti; - gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto. Sono esonerati dall’iscrizione coloro che esercitano attività di intermediazione e commercio, senza detenzione di rifiuti da imballaggio; mentre per i Comuni, i Consorzi, le Società di gestione dei servizi pubblici ovvero le cosiddette ex-municipalizzate ritorna l’obbligo di iscrizione tramite apposita comunicazione del Comune o del Consorzio dei Comuni (comma 5).

Non debbono, altresì, iscriversi i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, né i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di 30 kg. o 30 l. al giorno dei propri rifiuti pericolosi (comma 8). Obblighi dei produttori e degli utilizzatori (Art. 221) I produttori e gli utilizzatori dei rifiuti da imballaggi che non intendono aderire alla CONAI o ad altro Consorzio riconosciuto per ciascun materiale di imballaggio, debbono presentare all’ONR il progetto del proprio sistema autonomo di gestione per ottenerne il riconoscimento (comma 5). Consorzi (Art. 223) I produttori che non provvedono autonomamente alla gestione dei propri rifiuti da imballaggi e non aderiscono ad un Consorzio riconosciuto, costituiscono un Consorzio per ciascun materiale, operante su tutto il territorio nazionale, al quale possono partecipare i recuperatori e i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori (comma 1). I Consorzi già riconosciuti dalla previdente normativa debbono adeguare entro il 31 dicembre 2008 (il CONAI entro il 30 giugno 2008) il proprio Statuto, secondo i principi del decreto ed affinché nei consigli di amministrazione il numero dei consiglieri, in rappresentanza dei recuperatori e riciclatori, deve essere eguale al numero dei rappresentanti dei produttori. (comma 2). Ciascun Consorzio, entro il 30 settembre di ogni anno, dovrà mettere a punto un proprio programma di prevenzione della produzione di rifiuti da imballaggio (comma 4). Consorzio nazionale imballaggi (Art. 224) Ai Consorzi di filiera CONAI che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota di contributo ad essi riconosciuto (comma 3). Il contributo ambientale CONAI è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l’organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo è attribuito dal CONAI sulla base di apposite convenzioni ai consorzi, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio, immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente, per ciascuna tipologia di materiale (comma 8). Combustibili da rifiuti e Combustibile da rifiuti di qualità elevata: CDR e CDR-Q (Art. 229) Il CDR e CDR-Q sono classificati come rifiuto speciale. Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture (Art. 230) I rifiuti derivanti dall’attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani (comma 1 bis). Per omissioni o inesattezze rinviamo al testo integrale della Parte IV del Decreto contenuto nell’Inserto a fianco.

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ULTERIORI DISPOSIZIONI CORRETTIVE ED INTEGRATIVE DEL D. LGS. 3 APRILE 2006, N. 152 (T.U.A.)

PARTE IV - NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI D. Lgs. 3 Aprile 2006, N. 152 NORME IN MATERIA AMBIENTALE PARTE IV - NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI Si avverte che il testo di legge inserito in queste pagine non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea, anche in considerazione che, essendovi errori formali,dovrà essere emanato un decreto correttivo. Per limitazioni di spazio abbiamo volutamente omesso la parte relativa alla bonifica dei siti inquinati.

SOMMARIO PARTE QUARTA - Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati TITOLO I - GESTIONE DEI RIFIUTI p. II CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI Art. 177 - Campo di applicazione Art. 178 - Finalità Art. 179 - Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti p. III Art. 180 - Prevenzione della produzione di rifiuti Art. 181 - Recupero dei rifiuti Art. 181 bis - Materie, sostanze e prodotti secondari Art. 182 - Smaltimento dei rifiuti Art. 183 - Definizioni p. IV Art. 184 - Classificazione p. V Art. 185 - Limiti al campo di applicazione p. VI Art. 186 -Terre e rocce d i scavo Art. 187 - Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi p. VII Art. 188 - Oneri dei produttori e dei detentori Art. 189 - Catasto dei rifiuti Art. 190 - Registri di carico e scarico p. VIII Art. 191 - Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi p. IX Art. 192 - Divieto di abbandono Art. 193 -Trasporto dei rifiuti p. X Art. 194 - Spedizioni transfrontaliere CAPO II - COMPETENZE p. XI Art. 195 - Competenze dello stato Art. 196 - Competenze delle regioni p. XIII Art. 197 - Competenze delle province p. XIV Art. 198 - Competenze dei comuni CAPO III - SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI p. XV Art. 199 - Piani regionali Art. 200 - Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani p. XVI Art. 201 - Disciplina del servizio di gestione integrata

dei rifiuti urbani Affidamento del servizio p. XVII Schema tipo di contratto di servizio Gestioni esistenti p. XVIII Misure per incrementare la raccolta differenziata Art. 206 - Accordi, contratti di programma, incentivi Art. 206 bis - Osservatorio nazionale rifiuti p. XIX Art. 207 - Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti abrogato CAPO IV - AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI p. XX Art. 208 - Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti Art. 209 - Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale p. XXI Art. 210 - Autorizzazioni in ipotesi particolari p. XXII Art. 211 - Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione p. XXIII Art. 212 - Albo nazionale gestori ambientali Art. 213 - Autorizzazioni integrale ambientale p. XXV CAPO V - PROCEDURE SEMPLIFICATE p. XXVI Art. 214 - Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure semplificate Art. 215 - Autosmaltimento Art. 216 - Operazioni di recupero p. XXVII TITOLO II - GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI p. XXVIII Art. 217 - Ambito di applicazione Art. 218 - Definizioni Art. 219 - Criteri informatori dell’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio p. XXIX Art. 220 - Obiettivi di recupero e di riciclaggio p. XXX Art. 221 - Obblighi dei produttori e degli utilizzatori p. XXXI Art. 222 - Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione p. XXXII Art. 223 - Consorzi Art. 224 - Consorzio nazionale imballaggi p. XXXIII Art. 225 - Programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio p. XXXIV Art. 226 - Divieti p. XXXV TITOLO III - GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI Art. 227 - Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto Art. 228 - Pneumatici fuori uso p. XXXVI Art. 229 - Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - CDR e CDR Q Art. 230 - Rifiuti derivanti da attività di Art. Art. Art. Art.

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Regioni&Ambiente n° 3 Marzo 2008

INSERTO

D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (G.U. n. 24 del 29/01/2008 S. O. n. 24)


manutenzione delle infrastrutture Art. 231 - Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 Art. 232 - Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico p. XXXVII Art. 233 - Consorzi nazionali di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti Art. 234 - Consorzi nazionali per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene p. XXXIX Art. 235 - Consorzi nazionali per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi p. XL Art. 236 - Consorzi nazionali per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati p. XLI Art. 237 - Criteri direttivi dei sistemi di gestione TITOLO IV - TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI p. XLIII Art. 238 - Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani TITOLO V - BONIFICA DI SITI CONTAMINATI ARTT. 239 - 253 (OMISSIS) TITOLO VI - SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI CAPO I - SANZIONI p. XLIV Art. 254 - Norme speciali Art. 255 - Abbandono di rifiuti Art. 256 - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata Art. 257 - Bonifica dei siti Art. 258 - Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari p. XLV Art. 259 - Traffico illecito di rifiuti Art. 260 - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti Art. 261- Imballaggi Art. 262 - Competenza e giurisdizione p. XLVI Art. 263 - Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie CAPO II - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Art. 264 - Abrogazione di norme Art. 265 - Disposizione transitorie p. XLVII Art. 266 - Disposizioni finali ALLEGATO C ALLA PARTE QUARTA - Operazioni di recupero p. XLVIII (NB: le modifiche apportate dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, sono riportate in corsivo). TITOLO I - GESTIONE DEI RIFIUTI CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 177 Campo di applicazione 1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli oli usati, sulle batterie esauste, sui rifiuti di imballaggio, sui policlorobifenili (Pcb), sulle discariche, sugli inceneritori, sui rifiuti elettrici ed elettronici, sui rifiuti portuali, sui veicoli fuori uso, sui rifiuti sanitari e sui rifiuti contenenti amianto. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate

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categorie di rifiuti. 2. Le Regioni e le Province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso. 2-bis. Ai fini dell’attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro può avvalersi del supporto tecnico dell’Apat - Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i sevizi tecnici, senza nuovi o maggiori oneri né compensi o indennizzi per i componenti dell’Apat - Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i sevizi tecnici. Articolo 178 Finalità 1. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dalla parte quarta del presente decreto al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi nonché alfine di preservare le risorse naturali. 2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente. 3. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario “chi inquina paga”. A tal fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza. 4. Per conseguire le finalità e gli obiettivi della parte quarta del presente decreto, lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati. 5. I soggetti di cui al comma 4 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.


Articolo 179 Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti 1. Le Pubbliche amministrazioni perseguono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, in particolare mediante: a) lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali; b) la messa a punto tecnica e l’immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento; c) lo sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero. 2. Nel rispetto delle misure prioritarie di cui al comma 1, le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riutilizzo, riciclo o ogni altra azione diretta ad ottenere da essi materia prima secondaria sono adottate con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia. Articolo 180 Prevenzione della produzione di rifiuti 1. AI fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all’articolo 179 riguardano in particolare: a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l’uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell’impatto di uno specifico prodotto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto medesimo; b) la previsione di clausole di gare d’appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti; c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali finalizzati, con effetti migliorativi, alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti; d) l’attuazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e degli altri decreti di recepimento della direttiva 96/61/Ce in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento. Articolo 181 Recupero dei rifiuti 1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale degli stessi, attraverso: a) il riutilizzo, il riciclo o le altre forme di recupero; b) l’adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti alfine di favorire il mercato dei materiali medesimi; c) l’utilizzazione dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia. 2. Alfine di favorire ed incrementare le attività di riutilizzo, riciclo e recupero le autorità competenti ed

i produttori promuovono analisi dei cicli di vita dei prodotti, ecobilanci, informazioni e tutte le altre iniziative utili. 3. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino al completamento delle operazioni di recupero. Articolo 181-bis Materie, sostanze e prodotti secondari 1. Non rientrano nella definizione di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni: a) siano prodotti da un’operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti; b) siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; c) siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse; d) siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l’immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l’utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all’ambiente e alla salute derivanti dall’utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario; e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato. 2. I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari devono garantire l’ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro 1131 dicembre 2008. 3. Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269. 4. Nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 181-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 2, continua ad applicarsi la circolare del Ministero dell’ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN. 5. In caso di mancata adozione del decreto di cui al comma 2 nel termine previsto, il Consiglio dei Ministri provvede in sostituzione nei successivi novanta giorni, ferma restando l’applicazione del regime transitorio di cui al comma 4 del presente articolo. Articolo 182 Smaltimento dei rifiuti 1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente

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dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli. 2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero. 3. Lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica. 4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tecniche approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, tenendo conto di eventuali norme tecniche di settore esistenti, anche a livello comunitario. 5. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. Sono esclusi dal divieto le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinate al recupero per le quali è sempre permessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto di prossimità agli impianti di recupero. 6. abrogato 7. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/Ce. 8. abrogato Articolo 183 Definizioni Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per: a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi; b) produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti cioè il produttore iniziale e la persona che ha effettuato

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operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti; c) detentore: il produttore dei rifiuti o il soggetto che li detiene; d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura; e) raccolta: l’operazione di prelievo, di cernita o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto; f) raccolta differenziata: la raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee compresa la frazione organica umida, destinate al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia. La frazione organica umida è raccolta separatamente o con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti biodegradabili certificati; g) smaltimento: le operazioni previste nell’allegato e alla parte quarta del presente decreto; h) recupero: le operazioni previste nell’allegato C alla parte quarta del presente decreto; i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o più edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all’interno di un’area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali sono originati i rifiuti; l) stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato e alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni dimessa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta; m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 parti per milione (ppm), né policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione (ppm); 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore, con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi nel caso di rifiuti pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di rifiuti non pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi i 10 metri cubi l’anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative nonne tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;


5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo; n) frazione umida: rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di umidità, proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani; o) frazione secca: rifiuto a bassa putrescibilità e a basso tenore di umidità proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani, avente un rilevante contenuto energetico; p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l’impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; 4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; 5) abbiano un valore economico di mercato; q) materia prima secondaria: sostanza o materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell’articolo 181-bis; r) combustibile da rifiuti (Cdr): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche Uni 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come Rdf di qualità normale, che è ottenuto dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti finalizzati a garantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonché a ridurre e controllare: 1) il rischio ambientale e sanitario; 2) la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile e il contenuto di umidità; 3) la presenza di sostanze pericolose, in particolare ai fini della combustione; s) combustibile da rifiuti di qualità elevata (Cdr-Q): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche Uni 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come Rdf di qualità elevata; t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità; u) compost di qualità: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto legislativo n. 217 dei 2006 e successive modifiche e integrazioni;

v) emissioni: le emissioni in atmosfera di cui all’articolo 268, lettera b); z) scarichi idrici: le immissioni di acque reflue di cui all’articolo 74, comma 1, lettera ff); aa) inquinamento atmosferico: ogni modifica atmosferica di cui all’articolo 268, lettera a); bb) gestione integrata dei rifiuti: il complesso delle attività volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti, come definita alla lettera d), ivi compresa l’attività di spazzamento delle strade; cc) centro di raccolta: area presidiata ed allestita, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato - Regioni, città e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; dd) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti su strada. Articolo 184 Classificazione 1. Ai fini dell’attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 2. Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g); c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua; e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e). 3. Sono rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali; b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 186; c) i rifiuti da lavorazioni industriali; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio; g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie; i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed ob-

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soleti; l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti; m) il combustibile derivato da rifiuti; n) abrogato 4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive si provvede ad istituire l’elenco dei rifiuti, conformemente all’articolo 1, comma 1, lettera a), della direttiva 75/442/Ce ed all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/Ce, di cui alla decisione della Commissione 2000/532/Ce del 3 maggio 2000. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla direttiva del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio del 9 aprile 2002, pubblicata nel Supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 108 del 10 maggio 2002 e riportata nell’Allegato D alla Parte quarta del presente decreto. 5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell’elenco di cui all’Allegato D alla Parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta. 5-bis. I sistemi d’arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali, sono disciplinati dalla parte quarta del presente decreto con procedure speciali da definirsi con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro della salute, da adottarsi entro il 31 dicembre 2008. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono custoditi i medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni ed ai nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale. Articolo 185 Limiti al campo di applicazione 1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell’atmosfera; b) in quanto regolati da altre disposizioni normative che assicurano tutela ambientale e sanitaria: 1) le acque di scarico, eccettuati i rifiuti allo stato liquido; 2) i rifiuti radioattivi; 3) i materiali esplosivi in disuso; 4) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; 5) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell’attività agricola; c) i materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di manutenzione di alvei di scolo ed irrigui. 2. Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell’articolo 183: materiali fecali e vegetali provenienti da attività agri-

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cole utilizzati nelle attività agricole o in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas; materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi, eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281. Articolo 186 Terre e rocce da scavo 1. Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché: a) siano impiegate direttamente nell’ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti; b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell’integrale utilizzo; c) l’utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate; d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale; e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto; f) le loro caratteristiche chimiche e chimico fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d’uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione; g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L’impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all’articolo 183, comma 1, lettera p). 2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell’ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall’autorità titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell’eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purché in ogni caso non superino i tre anni. 3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga


nell’ambito della realizzazione di opere o 13 attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell’ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (Dia). 4. Fatti salvi i casi di cui all’ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti né a Via né a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell’opera, sottoscritto dal progettista. 5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto. 6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L’accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell’ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4. 7. Fatti salvi i casi di cui all’ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell’entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L’autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di Via, o di Aia o di permesso di costruire o di Dia. Articolo 187 Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi 1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui all’Allegato G alla parte quarta del presente decreto ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. 2. In deroga al divieto di cui al comma 1, la miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209, 210 e 211 qualora siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 178, comma 2, e al fine di rendere più sicuro il recupero e lo smaltimento dei rifiuti. 3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all’articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni di cui all’articolo 178, comma 2.

Articolo 188 Oneri dei produttori e dei detentori 1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti. 2. II produttore o detentore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità: a) autosmaltimento dei rifiuti; b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti; c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione; d) utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate; e) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall’articolo 194. 3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa: a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta; b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all’articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla Provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla Regione. 4. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare, indicate rispettivamente ai punti D13, D14, D15 dell’Allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto di cui al comma 3, lettera b), abbiano ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell’impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D1 a D12 del citato Allegato B. Le relative modalità di attuazione sono definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che dovrà anche determinare le responsabilità da attribuire all’intermediario dei rifiuti. Articolo 189 Catasto dei rifiuti 1. Il Catasto dei rifiuti, istituito dall’articolo 3 del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat) e in Sezioni regionali o delle Province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle Province autonome per la protezione dell’ambiente e, ove tali Agenzie non siano ancora costituite, presso la Regione. Le norme di organizzazione del Catasto sono emanate ed aggiornate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela

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del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 4 agosto 1998, n. 372. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 2. II Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, dei dati raccolti ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura prevista nel Catalogo europeo dei rifiuti, di cui alla decisione 20 dicembre 1993, 94/3/Ce. 3. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi istituiti per il recupero ed il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), comunicano annualmente alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all’articolo 212, comma 8, nonché, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti. 3-bis. Senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a partire dall’istituzione di un sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai fini della trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti e la realizzazione in formato elettronico del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del Mud, da stabilirsi con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le categorie di soggetti di cui al comma precedente sono assoggettati all’obbligo di installazione e utilizzo delle apparecchiature elettroniche. 4. Nel caso in cui i produttori di rifiuti pericolosi conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio e previa apposita convenzione, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita. 5. I soggetti istituzionali responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati comunicano annualmente, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all’anno precedente: a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio; b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;

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c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno; d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all’articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti; e) i dati relativi alla raccolta differenziata; f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti. 6. Le Sezioni regionali e provinciali e delle Province autonome del Catasto, sulla base dei dati trasmessi dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, provvedono all’elaborazione dei dati ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale entro trenta giorni dal ricevimento, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 25 gennaio 1994, n. 70, delle informazioni di cui ai commi 3 e 4. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat) elabora i dati, evidenziando le tipologie e le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti, nonché gli impianti di smaltimento e di recupero in esercizio e ne assicura la pubblicità. 7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall’articolo 220, comma 2. Articolo 190 Registri di carico e scarico 1. I soggetti di cui all’articolo 189, comma 3 hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. I soggetti che producono rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate: a) per i produttori, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo; b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione del trasporto; c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione della transazione relativa; d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti. 2. II registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere: a) l’origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti; b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato; c) il metodo di trattamento impiegato. 3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, nonché presso la sede


dei commercianti e degli intermediari. I registri integrati con i formulari di cui all’articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell’attività devono essere consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione. 4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi. 5. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta. 6. I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri Iva. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti 6-bis. Per le attività di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora vengano utilizzati i registri Iva di acquisto e di vendita, secondo le procedure e le modalità fissate dall’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni ed integrazioni. 7. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente articolo è definita con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 9, e di cui alla circolare del Ministro dell’ambiente del 4 agosto 1998. 8. Sono esonerati dall’obbligo di cui al comma 1 le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili con analoghe funzioni e fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative. 9. Nell’Allegato 6.C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: “in litri” la congiunzione: “e” è sostituita dalla disgiunzione: “o”. Articolo 191 Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi 1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale

ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della Regione e all’autorità d’ambito di cui all’articolo 201 entro tre giorni dall’emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi. 2. Entro centoventi giorni dall’adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell’inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini. 3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali. 4. Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per più di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della Regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini. 5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio alla Commissione dell’Unione europea. Articolo 192 Divieto di abbandono 1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. 2. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. 3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. 4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia impu-

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tabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni. Articolo 193 Trasporto dei rifiuti 1. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati: a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore; b) origine, tipologia e quantità del rifiuto; c) impianto di destinazione; d) data e percorso deil’istradamento; e) nome ed indirizzo del destinatario. 2. II formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore o dal detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore o il detentore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni. 3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia. 4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri. 5. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente articolo è definita con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145. 6. La definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione e le modalità di numerazione, di vidimazione ai sensi della lettera b) e di gestione dei formulari di identificazione, nonché la disciplina delle specifiche responsabilità del produttore o detentore, del trasportatore e del destinatario sono fissati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio tenendo conto delle specifiche modalità delle singole tipologie di trasporto, con particolare riferimento ai trasporti intermodali, ai trasporti per ferrovia e alla microraccolta. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni: a) relativamente alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145; b) relativamente alla numerazione e vidimazione, i formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricol-

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tura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria. 7. II formulario di cui al presente articolo è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all’articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale. 8. La scheda di accompagnamento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativo all’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura,è sostituita dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all’allegato 111A del decreto legislativo n. 99 del 1992 non previste nel modello del formulario di cui al comma 1 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni del medesimo formulario. 9. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto. 10. II documento commerciale, di cui all’articolo 7 del regolamento (Ce) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, per gli operatori soggetti all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione di cui al comma 1. 11. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, dev’essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni dev’essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato. 12. La sosta durante il trasporto dei rifiuti caricati per la spedizione all’interno dei porti e degli scali ferroviari, delle stazioni di partenza, di smistamento e di arrivo, gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera I), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione. 13. II formulario di identificazione dei rifiuti di cui al comma 1 sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392. Articolo 194 Spedizioni transfrontaliere 1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all’articolo 19 del regolamento (Cee) 1° febbraio 1993, n. 259, e dal decreto di cui al comma 3. 2. Sono fatti salvi, ai sensi dell’articolo 19 del predetto regolamento (Cee) 1° febbraio 1993, n. 259, gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni


di rifiuti solidi urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 20 del predetto regolamento. 3. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (Cee) n. 259 del 1° febbraio 1993 sono disciplinati: a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all’articolo 27 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001; b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, del regolamento; c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2; d) le modalità di verifica dell’applicazione del principio di prossimità per i rifiuti destinati a smaltimento. 4. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto interministeriale 3 settembre 1998, n. 370. 5. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (Cee) n. 259 del 1° febbraio 1993: a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le Regioni e le Province autonome; b) l’autorità di transito è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio; c) corrispondente è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. 6. Le Regioni e le Province autonome comunicano le informazioni di cui all’articolo 38 del regolamento (Cee) n. 259 del 1°febbraio 1993 al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per il successivo inoltro alla Commissione dell’Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all’anno precedente, previsti dall’articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340. 7. Ai rottami ferrosi e non ferrosi di cui all’articolo 183, comma 1, lettera u), si applicano le disposizioni di cui all’articolo 212, comma 12. CAPO II - COMPETENZE Articolo 195 Competenze dello Stato 1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato: a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all’attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131; b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, nonché l’individuazio-

ne dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione; c) l’individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità; d) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi; e) l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi di rifiuti; f) l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l’individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, e inserito nel Documento di programmazione economicofinanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell’individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. II Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell’erogazione dei contributi compensativi a favore degli Enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili; g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, inserito nel Documento di programmazione economicofinanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione; h) l’indicazione delle tipologie delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti; i) l’individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di materia prima secondaria dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle Pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell’articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203; l) l’individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;

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m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all’articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell’articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi; n) la determinazione, relativamente all’assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, delle linee guida per la definizione delle gare d’appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti; o) la determinazione, d’intesa con la Conferenza StatoRegioni, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli Enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità; p) l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti; q) l’indicazione dei criteri generali per l’organizzazione e l’attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani; r) la determinazione, d’intesa con la Conferenza StatoRegioni, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell’impatto sull’ambiente connesso all’estensione dell’area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale; s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l’attuazione dell’articolo 196, comma 1, lettera p); t) l’adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell’Unione europea. 2. Sono inoltre di competenza dello Stato: a) l’indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell’articolo 178, comma 5; b) l’adozione delle norme e delle condizioni per l’applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli; c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi; d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con

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il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive; e) La determinazione dei criteri qualitativi e qualiquantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Ai rifiuti assimilati, entro un anno, si applica esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantità conferite che deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, è determinata dall’amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li producono. A tale tariffazione si applica una riduzione, fissata dall’amministrazione comunale, in proporzione alle quantità dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti urbani. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 dei 1998. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l’avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro nvanta giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani. f) l’adozione di un modello uniforme del certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell’impianto che dovrà indicare per ogni carico e/o conferimento la quota smaltita in relazione alla capacità autorizzata annuale dello stesso impianto; g) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l’analisi dei rifiuti; h) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie a favore delle Regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti sottoposti all’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo; i) la riorganizzazione e la tenuta del Catasto nazionale dei rifiuti; l) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all’articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti, ivi inclusa l’individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche devono essere trasportati con modalità ferroviaria; m) l’individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;


n) l’adozione di un modello uniforme del registro di cui all’articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l’individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso; o) l’individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all’articolo 227, comma 1, lettera a); p) l’aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto; q) l’adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all’utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata; r) l’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio su proposta dell’autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire; s) l’individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da università o istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori al fine di prevenire l’inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all’ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell’attività esercitata. s-bis) l’individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di semplificazioni con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente disciplina in materia di adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell’allegato C alla parte quarta del presente decreto. 3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell’interno, sentite la Conferenza Stato-Regioni, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. 4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell’ambiente e della

tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell’interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti. 5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell’accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (Ccta) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Articolo 196 Competenze delle Regioni 1. Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’articolo 195: a) la predisposizione, l’adozione e l’aggiornamento, sentiti le Province, i Comuni e le autorità d’ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all’articolo 199; b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti; c) l’elaborazione, l’approvazione e l’aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza; d) l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera f); e) l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi; f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (Cee) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione; g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati; h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l’approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l’individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all’articolo 195, comma 1, lettera r); i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti; l) I’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi; m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera b); n) la definizione di criteri per l’individuazione, da parte

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delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p); o) la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare; p) l’adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di selezione per l’aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli altri requisiti e condizioni. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203 (58), e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti. 2. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le Regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. 3. Le Regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche. Articolo 197 Competenze delle Province 1. In attuazione dell’articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle Province competono in linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare: a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti; b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l’accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto; c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216; d) l’individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all’articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l’autorità d’ambito ed i Comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli

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impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti. 2. Ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni le Province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate. 3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all’interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all’obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente. 4. II personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (Ccta) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell’espletamento delle funzioni di cui all’articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente. 5. Nell’ambito delle competenze di cui al comma 1, le Province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l’origine e la destinazione dei rifiuti. 6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali. Articolo 198 Competenze dei Comuni 1. I Comuni concorrono, nell’ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’autorità d’ambito ai sensi dell’articolo 202, i Comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 2. I Comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d’ambito adottati ai sensi dell’articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare: a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani; b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani; c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi; d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all’articolo 184, comma 2, lettera f);


e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare; f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento; g) l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all’articolo 184, comma 2, lettere c) e d). 3. I Comuni sono tenuti a fornire alla Regione, alla Provincia ed alle autorità d’ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste. 4. I Comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle Regioni. CAPO III - SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI Articolo 199 Piani regionali 1. Le Regioni, sentite le Province, i Comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le autorità d’ambito di cui all’articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall’articolo 195, comma 1, lettera m) ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241. 2. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono misure tese alla riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti. 3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre: a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi; b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella Regione, tenendo conto dell’obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200, nonché dell’offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale; c) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m); d) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

e) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali attraverso una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le Regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo; f) le prescrizioni contro l’inquinamento del suolo ed il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che comunque possano incidere sulla qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate ai sensi dell’articolo 65, comma 3, lettera f); g) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani; h) i criteri per l’individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera p); i) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti; l) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia; m) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani; n) i tipi, le quantità e l’origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire, suddivisi per singolo ambito territoriale ottimale per quanto riguarda rifiuti urbani; o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, comprese quelle di cui all’articolo 225, comma 6; p) i requisiti tecnici generali relativi alle attività di gestione dei rifiuti nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria. 4. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati. 5. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere: a) l’ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat); b) l’individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti; c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l’impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani; d) la stima degli oneri finanziari; e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare. 6. L’approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali. 7. La Regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data di entrata in vigore della parte quarta

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del presente decreto; nel frattempo, restano in vigore i piani regionali vigenti. 8. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 e di accertata inattività, il Ministro dell’ambiente e tutela del territorio diffida gli organi regionali competenti ad adempiere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell’inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione del piano regionale. 9. Qualora le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale nei termini e con le modalità stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all’attuazione del piano medesimo, il Ministro dell’ambiente e tutela del territorio diffida le autorità inadempienti a provvedere entro un termine non inferiore a centottanta giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Ministro può adottare, in via sostitutiva, tutti i provvedimenti necessari e idonei per l’attuazione degli interventi contenuti nel piano. A tal fine può avvalersi anche di commissari “ad acta”. 10. I provvedimenti di cui al comma 9 possono riguardare interventi finalizzati a: a) attuare la raccolta differenziata dei rifiuti; b) provvedere al reimpiego, al recupero e al riciclaggio degli imballaggi conferiti al servizio pubblico; c) favorire operazioni di trattamento dei rifiuti urbani ai fini del riciclaggio e recupero degli stessi; d) favorire la realizzazione e l’utilizzo di impianti per il recupero dei rifiuti solidi urbani. 11. Le Regioni, sentite le Province interessate, d’intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono all’aggiornamento del piano nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente. 12. Sulla base di appositi accordi di programma stipulati con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Regione interessata, possono essere autorizzati, ai sensi degli articoli 214 e 216, la costruzione e l’esercizio, oppure il solo esercizio, all’interno di insediamenti industriali esistenti, di impianti per il recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale, qualora ricorrano le seguenti condizioni: a) siano riciclati e recuperati come materia prima rifiuti provenienti da raccolta differenziata, sia prodotto compost da rifiuti oppure sia utilizzato combustibile da rifiuti; b) siano rispettate le norme tecniche di cui agli articoli 214 e 216; c) siano utilizzate le migliori tecnologie di tutela dell’ambiente; d) sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti. Articolo 200 Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani 1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati Ato, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

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a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti; b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico amministrative; c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all’interno dell’Ato; d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti; e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti; f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi Ato si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità. 2. Le Regioni, sentite le Province ed i Comuni interessati, nell’ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m). II provvedimento è comunicato alle Province ed ai Comuni interessati. 3. Le Regioni interessate, d’intesa tra loro, delimitano gli Ato qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più Regioni. 4. Le Regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni. 5. Le città o gli agglomerati di Comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1. 6. I singoli Comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all’assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione. 7. Le Regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli ambiti territoriali ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell’articolo 195. Articolo 201 Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani 1. Al fine dell’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli Enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le autorità d’ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche,


l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti. 2. L’autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente Regione, alla quale gli Enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti. 3. L’autorità d’ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d’ambito in conformità a quanto previsto dall’articolo 203, comma 3. 4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall’autorità d’ambito, sono affidate, ai sensi dell’articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull’evidenza pubblica, le seguenti attività: a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell’intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti; b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all’interno dell’Ato. 5. In ogni ambito: a) è raggiunta, nell’arco di cinque anni dalla sua costituzione, l’autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati; b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio. 6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle Regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. Articolo 202 Affidamento del servizio 1. L’autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia. 2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata all’offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti. 3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull’utente sia in ter-

mini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico. 4. Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli Enti locali già esistenti al momento dell’assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio. 5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell’articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994. 6. II personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’articolo 2112 del Codice civile. Articolo 203 Schema tipo di contratto di servizio 1. I rapporti tra le autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle Regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o). 2. Lo schema tipo prevede: a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio; b) l’obbligo del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione; c) la durata dell’affidamento, comunque non inferiore a quindici anni; d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio; e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio; f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all’uopo preposte; g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni; h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del Codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo; i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da

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assicurare all’utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti; l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo li, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902; m) l’obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all’erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione; n) idonee garanzie finanziarie e assicurative; o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli Enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze. p) l’obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell’igiene ambientale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente. 3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le autorità d’ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla Regione i relativi dati. Le autorità d’ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle Regioni, un piano d’ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. II piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall’applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato. Articolo 204 Gestioni esistenti 1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle autorità d’ambito. 2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l’autorità d’ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall’entrata in vigore della medesima parte quarta. 3. Qualora l’autorità d’ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e all’autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario “ad acta” che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento. 4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle

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gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all’Ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento. Articolo 205 Misure per incrementare la raccolta differenziata 1. In ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006; b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008; c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012. 2. abrogato 3. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un’addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell’autorità d’ambito, istituito dall’articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l’onere tra quei Comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli Comuni. 4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di cui all’articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2. 5. Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui all’articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. 6. Le Regioni tramite apposita legge, e previa intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero. Articolo 206 Accordi, contratti di programma, incentivi 1. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto alfine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e le altre autorità competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto: a) l’attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti; b) la sperimentazione, la promozione, l’attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;


c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili; d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo; e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento; f) la sperimentazione, la promozione e l’attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti; g) l’adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell’impianto di produzione; h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l’eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l’impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani; l) l’impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti. 2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può altresì stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per: a) promuovere e favorire l’utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dei 19 marzo 2001; b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero. 3. Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e alla normativa nazionale primaria vigente e possono integrare e modificare norme tecniche e secondarie solo in conformità con quanto previsto dalla normativa nazionale primaria. 4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi. 5. Ai sensi della comunicazione 2002/412 dei 171uglio 2002 della Commissione delle Comunità europee è inoltre possibile concludere accordi ambientali che la Commissione può utilizzare nell’ambito della autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno. 206-bis Osservatorio nazionale sui rifiuti 1. Al fine di garantire l’attuazione delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all’efficacia, all’efficienza ed all’economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente, è istituito,

presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. L’Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti funzioni: a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; b) provvede all’elaborazione ed all’aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d’azione, nonché alla definizione ed all’aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l’elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità, per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti; c) predispone il Programma generale di prevenzione di cui all’articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti; d) verifica l’attuazione del Programma generale di cui all’articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio; e) verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle diverse componenti dei costi medesimi e delle modalità di gestione ed effettua analisi comparative tra i diversi ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie; f) verifica livelli di qualità dei servizi erogati; g) predispone, un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne cura la trasmissione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 2. L’Osservatorio nazionale sui rifiuti è composto da nove membri, scelti tra persone, esperte in materia di rifiuti, di elevata qualificazione giuridico/amministrativa e tecnico/scientifica nel settore pubblico e privato, nominati, nel rispetto del principio dell’equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, di cui: a) tre designati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzione di Presidente; b) due designati dal Ministro dello sviluppo economico, di cui uno con funzioni di vice-presidente; c) uno designato dal Ministro della salute; d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali; e) uno designato dal Ministro dell’economia e delle finanze; f) uno designato dalla Conferenza Stato-Regioni. 3. La durata in carica dei componenti dell’Osservatorio è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90. 11 trattamento economico dei componenti dell’Osservatorio è determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 4. Per l’espletamento dei propri compiti e funzioni, l’Osservatorio si avvale di una segreteria tecnica, costituita con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando allo scopo le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a

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legislazione vigente. 5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e di funzionamento dell’Osservatorio, nonché gli enti e le agenzie di cui esso può avvalersi. 6. All’onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti e della Segreteria tecnica, pari a due milioni di euro, aggiornato annualmente al tasso di inflazione, provvedono, tramite contributi di pari importo complessivo, il Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224, i soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi di cui agli articoli 233, 234, 235, 236 nonché quelli istituiti ai sensi degli articoli 227 e 228. 11 Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto da emanarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento e successivamente entro 1131 gennaio di ogni anno, determina l’entità del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e soggetti predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e della finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” e conseguentemente all’articolo 170, il comma 13 è soppresso. Articolo 207 (abrogato) CAPO IV - AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI Articolo 208 Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti 1. I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla Regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all’autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto. 2. Resta ferma l’applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. 3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la Regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e

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degli Enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare, con preavviso di almeno venti giorni, anche il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. La documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la riunione; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. 4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi: a) procede alla valutazione dei progetti; b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali; c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale; d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla Regione. 5. Per l’istruttoria tecnica della domanda le Regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. 6. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza di servizi e sulla base delle risultanze della stessa, la Regione, in caso di valutazione positiva, approva il progetto e autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. 7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell’articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione. 8. L’istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell’autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa. 9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall’interessato. 10. Ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 11. L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi: a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare; b) i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell’impianto al progetto approvato; c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed


igiene ambientale; d) la localizzazione dell’impianto da autorizzare; e) il metodo di trattamento e di recupero; f) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell’impianto e ripristino del sito; g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell’avvio effettivo dell’esercizio dell’impianto; a tal fine, le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall’articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36; h) la data di scadenza dell’autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12; i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico. 12. L’autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell’autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla Regione che decide prima della scadenza dell’autorizzazione stessa. In ogni caso l’attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell’autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili 13. Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente; c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente. 14. II controllo e l’autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/Ce sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l’autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all’articolo 194 del presente decreto. 15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ad esclusione della sola ridu-

zione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla Regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l’interessato, almeno sessanta giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla Regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonché l’ulteriore documentazione richiesta. La Regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica. 16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale. 17. Fatti salvi l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all’articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all’articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 183, comma 1, lettera m). 18. L’autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione che la rilascia, all’Albo di cui all’articolo 212, comma 1, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 19. In caso di eventi incidenti sull’autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all’interessato, oltre che allo stesso, anche all’Albo. 20. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d’opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all’autorizzazione rilasciata. Articolo 209 Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale 1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto, ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas) ed operino nell’ambito del sistema Ecolabel di cui al regolamento 17 luglio 2000, n. 1980 o certificati Unien Iso 14001 possono sostituire tali autorizzazioni o il nuovo certificato di iscrizione al suddetto Albo con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 2. L’autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1,

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nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell’impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell’esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. 3. L’autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l’autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all’esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatorie di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 4. L’autocertificazione e i relativi documenti mantengono l’efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all’interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1. 5. Salva l’applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nel l’autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l’articolo 483 del Codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2. 6. Resta ferma l’applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. 7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell’amministrazione che li rilascia, all’Albo di cui all’articolo 212, comma 1, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Articolo 210 Autorizzazioni in ipotesi particolari 1. Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto non abbiano ancora ottenuto l’autorizzazione alla gestione dell’impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica dell’autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano il rinnovo presentano domanda alla Regione competente per territorio, che si pronuncia entro novanta giorni dall’istanza. La procedura di cui al presente comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali. 2. Resta ferma l’applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legi-

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slativo 18 febbraio 2005, n. 59. 3. L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi: a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare; b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell’impianto alla nuova forma di gestione richiesta; c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale; d) la localizzazione dell’impianto da autorizzare; e) il metodo di trattamento e di recupero; f) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico; g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell’impianto e ripristino del sito; h) le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente, o altre equivalenti; tali garanzie sono in ogni caso ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001; i) la data di scadenza dell’autorizzazione, in conformità a quanto previsto dall’articolo 208, comma 12. 4. Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione l’autorità competente procede, secondo la gravità dell infrazione: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente; c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente. 5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 183, comma 1, lettera m), che è soggetto unicamente agli adempimenti relativi al registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 ed al divieto di miscelazione di cui all’articolo 187. 6. Per i rifiuti in aree portuali e per le operazioni di imbarco e sbarco in caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti si applica quanto previsto dall’articolo 208, comma 14. 7. Per gli impianti mobili, di cui all’articolo 208, comma 15, si applicano le disposizioni ivi previste. 8. Ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell’autorizzazione entro i termini previsti dal comma 1, si applica il potere sostitutivo di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.


9. Le autorizzazioni di cui al presente articolo devono essere comunicate, a cura dell’amministrazione che li rilascia, all’Albo di cui all’articolo 212, comma 1, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Articolo 211 Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione 1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni: a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico; b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall’esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove. 2. La durata dell’autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni. 3. Qualora il progetto o la realizzazione dell’impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l’interessato può presentare istanza al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato. 4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca. 5. L’autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione che la rilascia, all’Albo di cui all’articolo 212, comma 1, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Articolo 212 Albo nazionale gestori ambientali 1. È costituito, presso il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio, l’Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di Regione e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni. 2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione

all’Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. II Comitato nazionale dell’Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente: a) due dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di cui uno con funzioni di Presidente; b) uno dal Ministro delle attività produttive, con funzioni di vice-Presidente; c) uno dal Ministro della salute; d) uno dal Ministro dell’economia e delle finanze e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; f) uno dal Ministro dell’interno; g) tre dalle Regioni; h) uno dall’Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura; i) sei dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle associazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti; l) due dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. 3. Le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo sono istituite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e sono composte: a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all’uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente; b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla Regione o dalla Provincia autonoma, con funzioni di Vicepresidente; c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall’Unione regionale delle Province o dalla Provincia autonoma; d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio; e) abrogato f) abrogato 4. Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell’Albo sono svolte, sino alla scadenza del loro mandato, rispettivamente dal Comitato nazionale e dalle Sezioni regionali dell’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti già previsti all’articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dai nuovi componenti individuati ai sensi, rispettivamente, del comma 2, lettera I), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto previsto dal comma 16. 5. L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi, nonché di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi e di gestione di

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impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, nei limiti di cui all’articolo 208, comma 15. Sono esonerati dall’obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti di imballaggio, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili che svolgano funzioni analoghe, fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative. Per le aziende speciali, i consorzi e le società di gestione dei servizi pubblici di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l’iscrizione all’Albo è effettuata mediante apposita comunicazione del Comune o del consorzio di Comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani nei medesimi Comuni. 6. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l’esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato o allo svolgimento delle attività soggette ad iscrizione. 7. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, le imprese che effettuano attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti, senza detenzione dei medesimi, e le imprese che effettuano l’attività di gestione di impianti mobili di smaltimento e recupero dei rifiuti devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. 8. Le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 non si applicano ai produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, né ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Dette imprese non sono tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 dei 1990: a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti; c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) il versamento del diritto annuale di registrazione, che in fase di prima applicazione è determinato nella

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somma di 50 euro all’anno, ed è rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. L’impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione. Le iscrizioni delle imprese di cui al presente comma effettuate entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle presenti disposizioni restano valide ed efficaci. 9. Le imprese che effettuano attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della Regione territorialmente competente, nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 2, lettera h). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Le garanzie di cui al presente comma devono essere in ogni caso prestate in base alla seguente distinzione: a) le imprese che effettuano l’attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi devono prestare le garanzie finanziarie a favore della Regione per ogni impianto che viene gestito; b) le imprese che effettuano l’attività di bonifica dei siti e dei beni contenenti amianto devono prestare le garanzie finanziarie a favore della Regione per ogni intervento di bonifica. 10. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze, sentito il parere del Comitato nazionale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell’Albo, i requisiti, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d’iscrizione, nonché le modalità e gli importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato. Fino all’emanazione del predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. II decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi: a) individuazione di requisiti per l’iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure; b) coordinamento con la vigente normativa sull’autotrasporto, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a); c) trattamento uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire l’efficienza operativa; d) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione. 11. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza StatoRegioni, sono fissati i criteri generali per la definizione delle garanzie finanziarie da prestare a favore delle Regioni. 12. abrogato 13. L’iscrizione all’Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell’iscrizione, nonché l’accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere


prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell’Albo della Regione ove ha sede legale l’impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale. 14. Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disposizioni la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti. 15. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell’Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell’Albo. 16. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d’iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. L’integrazione del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali con i rappresentanti di cui ai commi 2, lettera I), e 3, lettere e) ed f), è subordinata all’entrata in vigore del predetto decreto. Sino all’emanazione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 20 dicembre 1993 e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 13 dicembre 1995. 17. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’esercizio di un’attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell’attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell’Albo. 18. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell’articolo 216, ed effettivamente avviati al riciclaggio ed al recupero, non sono sottoposte alle garanzie finanziarie di cui al comma 8 e sono iscritte all’Albo mediante l’invio di comunicazione di inizio di attività alla Sezione regionale o provinciale territorialmente competente. Detta comunicazione deve essere rinnovata ogni cinque anni e deve essere corredata da idonea documentazione predisposta ai sensi dell’articolo 13 del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406 nonché delle deliberazioni del Comitato nazionale dalla quale risultino i seguenti elementi: a) la quantità, la natura, l’origine e la destinazione dei rifiuti; b) la rispondenza delle caratteristiche tecniche e della tipologia del mezzo utilizzato ai requisiti stabiliti dall’Albo in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare; c) il rispetto delle condizioni ed il possesso dei requisiti soggettivi, di idoneità tecnica e di capacità finanziaria. 19. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio di attività le Sezioni regionali e provinciali prendono atto dell’avventa iscrizione e inseriscono le imprese di cui al comma 18 in appositi elenchi dandone comunicazione al Comitato nazionale, alla Provincia territorialmente competente ed all’interessato.

20. Le imprese iscritte all’Albo con procedura ordinaria ai sensi del comma 5 sono esentate dall’obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell’articolo 216 ed effettivamente avviati al riciclaggio e al recupero non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte. 21. Alla comunicazione di cui al comma 18 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alle imprese che svolgono le attività di cui al comma 18 a seguito di comunicazione corredata da documentazione incompleta o inidonea, si applica il disposto di cui all’articolo 256, comma 1. 22. abrogato 23. Sono istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni, nei quali sono inseriti, a domanda, gli elementi identificativi dell’impresa consultabili dagli operatori secondo le procedure fissate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono resi disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via telematica, secondo i criteri fissati dal predetto decreto. Le amministrazioni autorizzanti comunicano al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell’autorizzazione, la ragione sociale dell’impresa autorizzata, l’attività per la quale viene rilasciata l’autorizzazione, i rifiuti oggetto dell’attività di gestione, la scadenza dell’autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell’autorizzazione stessa. Nel caso di ritardo dell’amministrazione superiore a trenta giorni dal rilascio dell’autorizzazione, l’impresa interessata può inoltrare copia autentica del provvedimento, anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone l’inserimento nei registri. 24. abrogato 25. abrogato 26. Per la tenuta dei registri di cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni tipologia di registro, pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al commi 8, 24 e 25 sono versati, secondo le modalità di cui al comma 16, alla competente Sezione regionale dell’Albo, che procede a contabilizzarli separatamente e ad utilizzarli integralmente per l’attuazione dei medesimi commi. 27. La tenuta dei registri di cui ai commi 22 e 23 decorre dall’entrata in vigore del decreto di cui al comma 16. 28. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Articolo 213 Autorizzazioni integrate ambientali 1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:

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a) le autorizzazioni di cui al presente capo; b) la comunicazione di cui all’articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell’Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall’autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V. 2. Al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (Cee) 1° febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto. CAPO V - PROCEDURE SEMPLIFICATE Articolo 214 Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure semplificate 1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 178, comma 2. 2. Con decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che danno vita ai fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti, e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all’Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all’aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni. 3. abrogato 4. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell’uomo e da non recare pregiudizio all’ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (113), per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni: a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee; b) i limiti di emissione non siano inferiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133; c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale; d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, comma 2, e 216, commi 1, 2 e 3. 5. Sino all’emanazione dei decreti di cui al comma 2

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relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161. 6. La emanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all’Allegato II del regolamento (Cee) 1° febbraio 199, n. 259. 7. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l’effettuazione dei controlli periodici, l’interessato è tenuto a versare alla Sezione regionale dell’Albo il diritto di iscrizione annuale di cui all’articolo 212, comma 26. 8. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell’aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali. L’autorizzazione all’esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211. 9. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’articolo 216, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia. Articolo 215 Autosmaltimento 1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214, commi 1, 2 e 3, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa. 2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare: a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire; b) il ciclo di provenienza dei rifiuti; c) le condizioni per la realizzazione e l’esercizio degli impianti; d) le caratteristiche dell’impianto di smaltimento; e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell’ambiente. 3. La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare: a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche


specifiche di cui al comma 1; b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente. 4. Qualora la Provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione. 5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento. 6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti. Articolo 216 Operazioni di recupero 1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214, commi 1, 2 e 3, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all’articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all’articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l’avvio delle attività è subordinato all’effettuazione di una visita preventiva, da parte della Provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione. 2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare: a) per i rifiuti non pericolosi: 1) le quantità massime impiegabili; 2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo; 3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente; b) per i rifiuti pericolosi: 1) le quantità massime impiegabili; 2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti; 3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito; 4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero; 5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero,

i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente. 3. La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti: a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma l; b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti; c) le attività di recupero che si intendono svolgere; d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l’utilizzo di eventuali impianti mobili; e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero. 4. La Provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione. 5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero. 6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l’autorizzazione di cui all’articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell’impianto. 7. Le disposizioni semplificate del presente articolo non si applicano alle attività di recupero dei rifiuti urbani, ad eccezione: a) delle attività per il riciclaggio e per il recupero di materia prima secondaria e di produzione di compost di qualità dai rifiuti provenienti da raccolta differenziata; b) delle attività di trattamento dei rifiuti urbani per ottenere combustibile da rifiuto effettuate nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 1. 8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all’articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l’osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell’utilizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche

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di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 2001/ 77/Ce del 27 settembre 2001 e dal relativo decreto legislativo di attuazione 29 dicembre 2003, n. 387. 9. abrogato 10. abrogato 11. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero. 12. Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dell’Unione europea tre mesi prima della loro entrata in vigore. 13. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l’impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto. 14. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni. 15. Le comunicazioni effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto alle sezioni regionali dell’Albo sono trasmesse, a cura delle Sezioni medesime, alla Provincia territorialmente competente. TITOLO II - GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI Articolo 217 Ambito di applicazione 1. II presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell’ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati. 2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono.

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Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della “responsabilità condivisa”, che l’impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita. 3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all’igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi. Articolo 218 Definizioni 1. Ai fini dell’applicazione del presente titolo si intende per: a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo; b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore; c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all’utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche; d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei; e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito e progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni all’interno di un circuito di riutilizzo. f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione; g) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all’articolo 183, comma 1, lettera d); h) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l’ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell’utilizzazione e della gestione post-consumo; i) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l’imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il


suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell’imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato; l) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia; m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto; n) recupero di energia: l’utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore; o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o di biogas con recupero energetico, ad esclusione dell’interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico; p) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato B alla parte quarta del presente decreto; q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le Pubbliche amministrazioni e i gestori; r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio; s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni; t) Pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari; u) utente finale: il soggetto che nell’esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate; v) consumatore: il soggetto che fuori dall’esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate; z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le Pubbliche amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti interessati, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all’articolo 220; aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall’inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge

attività di recupero e riciclo a fine vita dell’imballaggio stesso; bb) ritiro: l’operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili; cc) ripresa: l’operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari dall’utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell’ imballaggio stesso; dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso. 2. La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell’articolo 3 della direttiva 94/62/Cee, così come modificata dalla direttiva 2004/12/Ce e sugli esempi illustrativi riportati nell’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Articolo 219 Criteri informatori dell’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio 1. L’attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti principi generali: a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l’utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo; b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l’utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati; c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero; d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati. 2. AI fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio “chi inquina paga” nonché la cooperazione degli stessi secondo i principi della “responsabilità condivisa”, l’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti principi: a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della raccolta differenziata, della valorizzazione e dell’eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la Pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata; b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati; c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le disposizioni del decreto

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legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (127), di attuazione della direttiva 2003/4/ Ce (128) sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale; d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore. 3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare: a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili; b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato; d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all’articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell’articolo 225, comma 6. 4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell’Unione europea, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per l’applicazione delle disposizioni del presente titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della salute. 5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. II predetto decreto dovrà altresì prescrivere l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio da parte dell’industria interessata, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/Ce della Commissione. Articolo 220 Obiettivi di recupero e di riciclaggio 1. Per conformarsi ai principi di cui all’articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. 2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all’articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all’anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun

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materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità sono presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l’operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria. L’Autorità di cui all’articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco dei paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell’Unione europea in materia. 3. abrogato 4. Le Pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l’uso di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante: a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali; b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l’uso di tali materiali. 5. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio. 6. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio e di recupero al netto degli scarti e sono adottati ed aggiornati in conformità alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive. 7. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive notificano alla Commissione dell’Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione sull’attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti


ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell’ambito del titolo medesimo. 8. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive forniscono periodicamente all’Unione europea e agli altri paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell’Unione europea con la decisione 2005/270/Ce del 22 marzo 2005. Articolo 221 Obblighi dei produttori e degli utilizzatori 1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti. 2. Nell’ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all’articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall’accordo di programma di cui all’articolo 224, comma 5, adempiono all’obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l’attività di raccolta differenziata organizzata dalle Pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell’articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo. 3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all’obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente: a) organizzare autonomamente la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale; b) aderire ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223; c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6. 4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera e). 5. I produttori che non intendono aderire al Consorzio nazionale imballaggi e a un Consorzio di cui all’articolo 223, devono presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. 11 progetto va presentato entro novanta giorni dall’assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell’articolo 218, comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. 11 recesso è, in

ogni caso, efficace solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo fino a tale momento l’obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all’articolo 224, comma 3, lettera h). Per ottenere il riconoscimento i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema sarà effettivamente ed autonomamente funzionante e che sarà in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all’articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’Osservatorio, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione da parte del Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’Osservatorio sarà tenuto a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa. 6. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l’elaborazione del programma generale di cui all’articolo 225. 7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all’autorità prevista dall’articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all’articolo 225. 8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all’autorità prevista dall’articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all’anno solare precedente, comprensiva dell’indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa. 9. II mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall’autorità, previo avviso all’interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l’obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall’articolo 224. I provvedimenti dell’autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L’adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall’articolo 224,

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comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall’articolo 261. 10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori: a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari; b) il corrispettivo peri maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’autorità d’ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro; c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati; d) i costi per il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio; e) i costi per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. 11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore. Articolo 222 Raccolta differenziata e obblighi della Pubblica amministrazione 1. La Pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare: a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito territoriale ottimale, tenuto conto del contesto geografico; b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegino l’efficacia, l’efficienza e l’economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti. 2. Nel caso in cui l’Osservatorio nazionale sui rifiuti accerti che le Pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all’articolo 220, può richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi medesimo mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d’urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all’interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l’organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Qualora il Consorzio nazionale imballaggi, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall’articolo 220, decida di aderire alla richiesta, verrà al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il Consorzio nazionale imballaggi non dichiari di accettare entro quindici giorni

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dalla richiesta, l’autorità, nei successivi quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata e documentata affidabilità e capacità a cui affidare la raccolta differenziata e conferire i rifiuti di imballaggio in via temporanea e d’urgenza, fino all’espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione. 3. Le Pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l’utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti. 4. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all’articolo 224, comma 3, lettera g). 5. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all’articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell’Unione europea. Articolo 223 Consorzi 1. I produttori che non provvedono ai sensi dell’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all’allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi; 2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale entro 31 dicembre 2008, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi già riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il proprio statuto in conformità al nuovo schema tipo e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera Concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri


di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun Consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, salvo motivate osservazioni cui i Consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 3. I consorzi di cui al comma 1 e 2 sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell’articolo 224, comma 3, lettera h), secondo le modalità indicate dall’articolo 224, comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei principi della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi. 4. Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al Conai e all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un proprio programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti d’imballaggio entro 1130 settembre di ogni anno 5. Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione. 6. Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all’anno precedente, con l’indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio. Articolo 224 Consorzio nazionale imballaggi 1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell’attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in seguito denominato Conai, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive. 2. Entro il 30 giugno 2008, il Conai adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Lo statuto

adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il Conai è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Conai non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive. 3. II Conai svolge le seguenti funzioni: a) definisce, in accordo con le Regioni e con le Pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento; b) definisce, con le Pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata; c) elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all’articolo 225; d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l’attuazione; e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all’articolo 223, i soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente destinando una quota del contributo ambientale Conai, di cui alla lettera h), ai consorzi che realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai; f) indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, consorzi e gli altri operatori economici; g) organizza, in accordo con le Pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell’attuazione del Programma generale; h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta differenziata di cui all’articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale Conai; i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall’articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione; l) promuove la conclusione, su base volontaria, di ac-

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cordi tra i consorzi di cui all’articolo 223 e i soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell’intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l’utilizzazione del contributo ambientale Conai; m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall’Autorità di cui all’articolo 207 e assicura l’osservanza degli indirizzi da questa tracciati. n) acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli operatori economici coinvolti. 11 conferimento di tali dati al Conai e la raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo degli stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto previsto dall’articolo 178, comma 1, di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. 4. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal Conai e dai consorzi di cui all’articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del Conai. 5. II Conai può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con l’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci), con l’Unione delle Province italiane (Upi) o con le autorità d’ambito al fine di garantire l’attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e Pubbliche amministrazioni. In particolare, tale accordo stabilisce: a) l’entità dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, di cui all’articolo 221, comma 10, lettera b), da versare alle competenti Pubbliche amministrazioni, determinati secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza di gestione del servizio medesimo, nonché sulla base della tariffa di cui all’articolo 238, dalla data di entrata in vigore della stessa; b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti; c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze delle attività di riciclaggio e di recupero. 6. L’accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all’Autorità di cui all’articolo 207, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni. 7. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione. 8. Il contributo ambientale del Conai è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l’organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo è attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all’arti-

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colo 223, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. Il Conai provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi dell’attività, con i contributi dei consorziati e con una quota del contributo ambientale Conai, determinata nella misura necessaria a far fronte alle spese derivanti dall’espletamento, nel rispetto dei criteri di contenimento dei costi e di efficienza della gestione, delle funzioni conferitegli dal presente titolo nonché con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all’articolo 221, lettere a) e c), per le attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge. 9. L’applicazione del contributo ambientale Conai esclude l’assoggettamento del medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto o comunque istituiti in applicazione del presente decreto. 10. AI Consiglio di amministrazione del Conai partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e dal Ministro delle attività produttive. 11. abrogato 12. In caso di mancata stipula dell’accordo di cui al comma 5, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare invita le parti a trovare un’intesa entro sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d’intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5. L’accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d’imballaggio, anche dal competente Consorzio di cui all’articolo 223. Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva % non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d’imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali alfine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall’articolo 220. 13. Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all’articolo 225, il Conai adotta, nell’ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all’articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Articolo 225 Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio 1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il Conai elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti


di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire i seguenti obiettivi: a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio; b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili; c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili; d) miglioramento delle caratteristiche dell’imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili; e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio. 2. II Programma generale di prevenzione determina, inoltre: a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni e, nell’ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale; b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a). 3. Entro il 30 novembre di ogni anno il Conai trasmette all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione. 4. La relazione generale consuntiva relativa all’anno solare precedente è trasmessa per il parere all’Autorità di cui all’articolo 207, entro il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e I’Anci si provvede alla approvazione ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. 5. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dall’Osservatorlo nazionale sui rifiuti. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti dall’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. 6. I piani regionali di cui all’articolo 199 sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo. Articolo 226 Divieti 1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio. 2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti

all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall’articolo 221, comma 4. 3. Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali stabiliti dall’articolo 9 della direttiva 94/62/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all’emanazione del predetto decreto si applica l’Allegato F alla parte quarta del presente decreto. 4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/Ce del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/Ce del 8 febbraio 1999. 5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell’Unione europea: a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata; b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4. TITOLO III - GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI Articolo 227 Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto 1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti: a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/ 53/Ce, direttiva 2002/95/Ce e direttiva 2003/108/Ce e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more dell’entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all’articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254; c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/Ce e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/Ce; d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti

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amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248. Articolo 228 Pneumatici fuori uso 1. Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di ottimizzare il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale. 2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell’obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall’obbligo di cui al comma 1. 3. II trasferimento all’eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per il recupero, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell’anno precedente costituisce adempimento dell’obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità. 4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell’inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato. Articolo 229 Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - Cdr e Cdr-Q 1. Ai sensi e per gli effetti della parte quarta del presente decreto, il combustibile da rifiuti (Cdr), di seguito Cdr, e il combustibile da rifiuti di qualità elevata (Cdr-Q) di seguito Cdr-Q, come definito dall’articolo 183, comma 1, lettera s), sono classificati come rifiuto speciale. 2. abrogato 3. La produzione del Cdr e del Cdr-Q deve avvenire nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti e rimane comunque subordinata al rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all’esercizio dell’impianto previste dalla parte quarta del presente decreto. Nella produzione del Cdr e del CdrQ è ammesso per una percentuale massima del cinquanta per cento in peso l’impiego di rifiuti speciali non pericolosi. Per la produzione e l’impiego del Cdr è ammesso il ricorso alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216. 4. Ai fini della costruzione e dell’esercizio degli impianti di incenerimento o coincenerimento che utilizzano il Cdr si applicano le specifiche disposizioni, comunitarie

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e nazionali, in materia di autorizzazione integrata ambientale e di incenerimento dei rifiuti. Per la costruzione e per l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica e per i cementifici che utilizzano Cdr-Q si applica la specifica normativa di settore. 5. abrogato 6. abrogato Articolo 230 Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture 1. II luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento. 1-bis. I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani. 2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1. 4. Fermo restando quanto previsto nell’articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1. 5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture, sono definite le modalità di gestione dei rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle fognature, sulla base del criterio secondo il quale tali rifiuti si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge l’attività di pulizia manutentiva. Articolo 231 Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 1. II proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la


demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore. 2. II proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro. 3. I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del Codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all’adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460. 4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell’autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l’assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale, dell’impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (Pra). 5. La cancellazione dal Pra dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve comunicare l’avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del Pra che provvede ai sensi e per gli effetti dell’articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 6. II possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso. 7. I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5. 8. Gli estremi della ricevuta dell’avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull’apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

9. Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell’articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell’articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 10. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L’origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente. 11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l’attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l’idoneità e la funzionalità. 12. L’utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente. 13. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all’individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all’adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all’Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209. Articolo 232 Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico 1. La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182. 2. Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell’Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo. 3. Ai punti 2.4 dell’Allegato 1 e 6.6.4 dell’Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione: ‘V’ è sostituita dalla disgiunzione: “o”. Articolo 233 Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti 1. AI fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all’articolo 237. 2. Il Consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro

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dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio è pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 3. II consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti: a) assicurano la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti; b) assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione; c) promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti. 4. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti. 5. Partecipano al consorzio: a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti; b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti; c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti; d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d). 6. Le quote di partecipazione al consorzio sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria. 7. La determinazione e l’assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione del consorzio che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto. 8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo

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degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l’assolvimento degli obblighi medesimi. 9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all’Autorità di cui all’articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. 10. II consorzio sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie del consorzio sono costituite: a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio; b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile; c) dalle quote consortili; d) dal contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di garantire l’equilibrio di gestione del consorzio. 11. Il consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente. 12. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli al consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dal consorzio, fermo restando quanto previsto al comma 9. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della


Comunità europea. 13. Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento al consorzio, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento. 14. Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale. 15. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno del consorzio di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. Articolo 234 Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene 1. AI fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all’articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231,. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all’articolo 237. 2. Con decreto del Ministro dell’ambiente delle tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i beni in polietilene, che per caratteristiche ed usi, possono essere considerati beni di lunga durata per i quali deve essere versato un contributo per il riciclo in misura ridotta in ragione del lungo periodo di impiego o per i quali non deve essere versato tale contributo in ragione di una situazione di fatto di non riciclabilità a fine vita. In attesa di tale decreto tali beni di lunga durata restano esclusi dal versamento di tale contributo. 3. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto

sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; 11 decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 4. Al consorzio partecipano: a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene; b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene; c) i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene. 5. Al consorzio possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell’ambito dello statuto di cui al comma 3. 6. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. 7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2: a) organizzare autonomamente, anche in forma associata, la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale; b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate; Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all’Osservatorio nazionale sui rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. 8. Il consorzio di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine il consorzio svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

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a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene; b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene; c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili; d) promuovono l’informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento; e) assicurano l’eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento. 9. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, il consorzio possono ricorrere a forme di deposito cauzionale. 10. II consorzio sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento del consorzi sono costituiti: a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio; b) dai contributi dei soggetti partecipanti; c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile; d) dall’eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13. 11. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti. 12. Il consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. Il consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente. 13. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull’importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. 14. Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno del consorzio riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea. Articolo 235

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Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi 1. AI fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di cui all’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15 del presente articolo, aderiscono al consorzio di cui al medesimo articolo 9-quinquies che adotta sistemi di gestione conformi ai principi di cui all’articolo 237. 2. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; 11 decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 3. All’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, il comma 6-bis, è sostituito dal presente: “Tutti i soggetti che effettuano attività di gestione del rifiuto di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, devono trasmettere contestualmente al Consorzio copia della comunicazione di cui all’articolo 189, per la sola parte inerente i rifiuti di batterie esauste e di rifiuti piombosi. Alla violazione dell’obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189 comma 3. 4. abrogato 5. abrogato 6. abrogato 7. abrogato 8. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 15 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno del consorzio di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. 9. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione


nella Gazzetta ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento al consorzio, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti, fermo restando quanto previsto al comma 3. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea. 10. All’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 è sostituito dal seguente: “Alfine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un contributo ambientale sulla vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. 1 produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del contributo ambientale. 11. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il sovrapprezzo di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con l’applicazione di tale contributo ambientale. 12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai sensi del comma 9, detenga batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti. 13. Il consorzio di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente. 14. Al comma 2 dell’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è aggiunta la seguente lettera: “d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell’eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi”. 15. II comma 3 dell’articolo 9-quinquies, del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è sostituito dal seguente: “Al Consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano: a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega; b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo; c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;

d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.”. 16. Dopo il comma 3, dell’articolo 9-quinquies, del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è inserito il seguente: “3-bis: Nell’ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue: a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria; b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d’importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del contributo ambientale versato al netto dei rimborsi; c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell’artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo.”. 17. abrogato 18. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal consorzio nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi. Articolo 236 Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati 1. Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all’assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Il consorzio adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all’articolo 237. 2. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del

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mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; 11 decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 3. Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all’uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzi di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa. Alla violazione dell’obbligo si applicano le sanzioni di cui all’articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3. 4. Al consorzio partecipano informa paritetica tutte le imprese che: a) abrogato b) abrogato c) abrogato d) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini; e) le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione; f) le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati; g) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti. 5. Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e nell’ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantità di lubrificanti prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati. 6. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. 7. Il consorzio determinano annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell’anno al netto dei ricavi per l’assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell’olio lubrificante che sarà messo a consumo nell’anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all’atto del pagamento dell’imposta di consumo. 8. Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9. 9. Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale entro un mese dall’approvazione dello statuto del consorzio. 10. Il consorzio di cui al comma 1 trasmettono an-

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nualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. II consorzio di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente. 11. Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei consorzio e le relative modalità di nomina. 12. Il consorzio svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti: a) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della raccolta; b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate; c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa; d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento; e) cedere gli oli usati raccolti: 1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base; 2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento; 3) in difetto dei requisiti per l’avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente; f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi; g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell’ambiente da ogni inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo; h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa; i) garantire ai rigeneratori, nei limiti degli oli usati rigenerabili raccolti e della produzione dell’impianto, i quantitativi di oli usati richiesti a prezzo equo e, comunque, non superiore al costo diretto della raccolta; l) assicurare lo smaltimento degli oli usati nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento. 13. II consorzio possono svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L’attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità dei consorzi stessi. 14. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime


successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno del consorzio di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. 15. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento al consorzio di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea. 16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal consorzio di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi. Articolo 237 Criteri direttivi dei sistemi di gestione 1. I sistemi di gestione adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile. TITOLO IV - TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI Articolo 238 Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani 1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11. 2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. 3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle autorità d’ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella

determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio. 4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. 5. Le autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 207 il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l’integrale copertura dei costi. 6. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato-Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (Cespa) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l’assenza di oneri per le autorità interessate. 7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l’integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. 8. II regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato. 9. L’eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai Comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio. 10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. 11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.

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12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l’Agenzia delle Entrate. TITOLO V - BONIFICA DI SITI CONTAMINATI Articoli da 239 a 253 (omissis) TITOLO VI - SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI CAPO I - SANZIONI Articolo 254 Norme speciali 1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia. Articolo 255 Abbandono di rifiuti 1. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinque euro a seicentoventi euro. Se l’abbandono di rifiuti sul suolo riguarda rifiuti non pericolosi e non ingombranti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da venticinque euro a centocinquantacinque euro. 2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all’articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta. 3. Chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’articolo 192, comma 3, o non adempie all’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del Codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all’articolo 192, comma 3, ovvero all’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3. Articolo 256 Attività di gestione di rifiuti non autorizzata 1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito: a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. 2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in vio-

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lazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2. 3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del Codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. 4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni. 5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b). 6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all’articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti. 7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. 8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all’adozione del decreto di cui all’articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234. 9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236. Articolo 257 Bonifica dei siti 1. Chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all’articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da


mille euro a ventiseimila euro. 2. Si applica la pena dell’arresto da un anno a due anni e la pena dell’ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l’inquinamento è provocato da sostanze pericolose. 3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del Codice di procedura penale (177), il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale. 4. L’osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1. Articolo 258 Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari 1. I soggetti di cui all’articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. 2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore. 3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 2 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. II numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. 4. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 del Codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione

e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto. 5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all’articolo 193. Articolo 259 Traffico illecito di rifiuti 1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell’articolo 26 del regolamento (Cee) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell’Allegato II del citato regolamento in violazione dell’articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell’ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l’arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi. 2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del Codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto. Articolo 260 Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti 1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni. 2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. 3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del Codice penale, con la limitazione di cui all’articolo 33 del medesimo Codice. 4. Il Giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del Codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente. Articolo 261 Imballaggi 1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiano all’obbligo di raccolta di cui all’articolo 221, comma 2, o non adottino, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a sei volte le somme dovute al Conai, fatto comunque

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salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi. 2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all’articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all’obbligo di cui all’ all’articolo 221, comma 4. 3. La violazione dei divieti di cui all’articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interno imballaggi privi dei requisiti di cui all’articolo 219, comma 5. 4. La violazione del disposto di cui all’articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Articolo 262 Competenza e giurisdizione 1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del presente decreto provvede la Provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’articolo 226, comma 1, per le quali è competente il Comune. 2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689. 3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati al comma 1 ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative. Articolo 263 Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie 1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle Province e sono destinati all’esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai Comuni. CAPO II - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Articolo 264 Abrogazione di norme 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza: a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;

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b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915; c) il decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell’articolo 9 e dell’articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. AI fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell’articolo 9-quinquies, del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto; d) il decreto legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1quinquies; e) il decreto legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45; f) l’articolo 29-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427; g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell’articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; h) l’articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994; i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. AI fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto; l) l’articolo 14 del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dall’articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178; m) l’articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle parole: ‘ i soggetti di cui all’artico 38, comma 3, lettera a)” sino alla parola: “Conai”; n) abrogato o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla


parte quarta del presente decreto; p) l’articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93. 2. II Governo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo. Articolo 265 Disposizioni transitorie 1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all’adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le Pubbliche amministrazioni, nell’esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi. 2. In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia di trasporto dei rifiuti, di cui all’articolo 195, comma 2, lettera l), e fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico, i rifiuti sono assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose. 3. II Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi. 4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all’autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L’autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie. 5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità, presupposti ed effetti economici per l’ipotesi in cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi

consorzi o a forme ad essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo diniego dell’autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430 dell’Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (Ce) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato. Articolo 266 Disposizioni finali 1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all’articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate. 2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato. 3. Le spese per l’indennità e per il trattamento economico del personale di cui all’articolo 9 del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, salvo quanto previsto dal periodo seguente. II trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse. 4. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività. 5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio. 6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004. 7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia.

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ALLEGATO C ALLA PARTE QUARTA Allegato C Operazioni di recupero N.B. II presente allegato intende elencare le operazioni di recupero come avvengono nella pratica. I rifiuti devono essere recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente R1 Utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia R2 Rigenerazione/recupero di solventi R3 Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche) R4 Riciclo/recupero dei metalli e dei composti metallici R5 Riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi R7 Recupero dei prodotti che servono a captare gli inquinanti R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli R10 Spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10 R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11 R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti) R14 abrogato

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

La Commissione UE ha adottato una serie di misure

PACCHETTO CLIMA ED ENERGIA

PER PROMUOVERE CRESCITA ED OCCUPAZIONE “Paion traversie ma sono opportunità” La Commissione europea, come era stato preannunciato in dicembre a Bali durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (ndr.: per un resoconto su quanto avvenuto e sulle conclusioni a cui si è pervenuti si veda “Bali: avanti con giudizio” in Regioni&Ambiente, n. 1-2 GennaioFebbraio 2008, pag. 8 e segg.), ha adottato il 23 gennaio 2008 un importante Pacchetto di proposte su Clima ed Energia. L’intenzione è anche di accreditare l’Unione Europea presso i Paesi terzi quale interlocutrice affidabile che ai propositi fa seguire le conseguenti azioni e di mantenere la leadership mondiale per le fonti rinnovabili. Non sappiamo come verrà giudicato complessivamente il pacchetto quando sarà passato al vaglio di Parlamento e Consiglio europei, ma Rajendra Pachauri, Presidente dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), che in quei giorni si trovava a Davos (Svizzera) per l’annuale Forum Economico Mondiale che quest’anno ha avuto per tema “La potenza dell’innovazione collaborativa”, forse rammentando che nell’isola indonesiana era stato votato un documento che prevedeva un taglio delle emissioni tra il 25% e il 40% da parte dei Paesi sviluppati, non è sembrato entusiasta: “Possiamo considerare che ciò che è stato annunciato non è forse all’altezza delle aspettative”. In effetti, da un punto di visto numerico, si è rimasti fermi agli impegni assunti a marzo 2007 dal Consiglio europeo, in materia di lotta ai cambiamenti climatici e promozione delle energie rinnovabili (cfr.: “Il numero 20: dai sogni all’azione” in Regioni&Ambiente, n. 4 Aprile 2007, pag. 31 e segg.). Non è tuttavia un risultato disprezzabile, se si tengono conto di quali e quante pressioni possano esser state esercitate, in questo frattempo, dai singoli Stati membri, preoccupati delle conseguenze che tali scelte potrebbero avere sulle rispettive economie: c’è chi vuole conteggiare il nucleare tra le rinnovabili (Francia); chi chiede che si tenga conto della particolare dipendenza della propria produzione energetica dal carbone (Polonia); altri non vogliono che sia conteggiata nelle quote l’energia pulita prodotta tramite investimenti fatti in altri paesi (Germania e Spagna); altri, ancora, che fanno già uso massiccio di fonti pulite, non ritengono di dover sostenere gravosi sacrifici economici (Paesi baltici e scandinavi). Poi ci sono le attività di lobbying dei vari comparti industriali che sono preoccupati per l’eventuale perdita di competitività e la conseguente delocalizzazione con perdite rilevanti dei posti di lavoro (solo nel comparto ferro e acciaio, il più energivoro, direttamente e indirettamente, sono occupati circa un milione di dipendenti). Anche le organizzazioni ambientaliste hanno fatto sentire la loro voce, soprattutto per le ricadute ambientali e sociali che scelte, poco ponderate, potrebbero provocare. La Strategia elaborata dalla Commissione, oltre a mantenere gli obiettivi, da raggiungere entro il 2020, fissati nel 2007, il

cosiddetto “triplo 20” (20% di risparmio energetico, rispetto agli attuali consumi; 20% di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, rispetto al 1990; 20% di incremento delle produzioni energetiche da fonti rinnovabili, comprensivo dell’obbligo del 10% per i biocarburanti), si basa sugli ultimi rapporti dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) che hanno stimato al 2005 una riduzione del 6% delle emissioni di gas serra ed un incremento dell’8,5% del consumo di energia pulita. Pertanto, da qui al 2020, gli obiettivi divengono: riduzione del 14% delle emissioni ed incremento dell’11,5% delle rinnovabili. Ma vediamo quali sono le proposte del “pacchetto”, strettamente collegate tra di loro, che dovranno essere approvate dal Parlamento e dal Consiglio europei, trattandosi di normative che prevedono il meccanismo della “codecisione”. Anche se solitamente trascorrono 2 anni per concludere l’iter legislativo, si ha motivo di ritenere che il “Pacchetto” avrà una corsia preferenziale per poter essere approvato entro aprile 2009, prima dello svolgimento delle elezioni europee. Proposta di modifica della Direttiva EU-ETS Il sistema di scambio delle quote di emissione di CO2 (Emissions Trading Scheme), in vigore dal 2005 per l’applicazione del Protocollo di Kyoto, sarà sostituito da una “Borsa dei Permessi delle Emissioni” a partire dal 2013. Gli stati membri non dovranno più presentare il Piano nazionale annuale, come avviene oggi, per l’assegnazione (gratuita) dei permessi di emissione per ciascun impianto industriale: vi sarà un Registro delle emissioni, unico per tutta l’UE, con permessi che verranno assegnati dietro il pagamento, per ogni tonnellata di gas serra emessa, di un prezzo di mercato stabilito in base ad aste annuali (il prezzo indicato è di 39 euro). Gli obiettivi nazionali di riduzione dei gas sono stati definiti con un sistema di calcolo che combina un incremento uguale per tutti gli Stati membri (5,75%) ed un incremento, seguendo il criterio “chi è più ricco più paga”, basato sul PIL pro capite: mentre i 12 Paesi con livelli di ricchezza inferiore potranno infatti aumentare le loro emissioni, i 15 Stati dalla maggior ricchezza relativa dovranno fare sforzi maggiori. Le variazioni sono comprese tra -20% e +20%. In caso di nuovi Stati membri gli obiettivi prevedono la possibilità di un aumento delle emissioni. Le entrate derivanti dal sistema andranno agli Stati membri e dovranno essere utilizzate per aiutare l’UE ad orientarsi verso un’economia più attenta all’ambiente, promuovendo l’innovazione in settori quali le energie rinnovabili, la cattura lo stoccaggio del carbonio, la ricerca e lo sviluppo. Parte delle entrate dovrà essere destinata ad aiutare paesi in via di sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti climatici. La Commissione stima che nel 2020 le entrate derivanti dalla vendita all’asta delle quote potrebbero raggiungere 50 miliardi di euro l’anno.

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Inserimento nel sistema delle emissioni di settori industriali finora esenti Gli obiettivi di riduzione nazionali dovranno riguardare anche settori oggi non contemplati quali, trasporti, rifiuti, agricoltura, riscaldamento e climatizzazione degli edifici e settori industriali che ne erano esentati quali aeronautica civile, industria dell’alluminio e della chimica, dal momento che si terrà conto di altri gas climalteranti come il metano, protossido di azoto (fertilizzanti), perfluorocarburi (alluminio). Dal sistema dei crediti a pagamento saranno escluse, inizialmente, le 14.000 industrie più energivore (acciaio, alluminio, cemento, vetro, cartiere, mattoni e terra cotta), alle quali saranno assegnati gratis una consistente quota di permessi di emissione che progressivamente andrà a diminuire fino ad annullarsi alla scadenza del 2020. Rimangono escluse da queste opportunità le centrali elettriche che possono rivalersi sugli utenti; mentre gli impianti industriali che emettono meno di 10 tonnellate di CO2 non saranno tenuti a partecipare al sistema di scambio. Proposta di Direttiva sulla promozione delle rinnovabili La Commissione propone obiettivi individuali giuridicamente vincolanti per ciascun Stato membro (anche in questo caso si è partiti con un incremento eguale per tutti, più un ulteriore aumento diverso per ognuno, sulla base del PIL, come sopra descritto) lasciando libere le scelte operative e indefiniti i tempi di implementazione, purchè i piani di azione nazionali contengano la definizione dei settori di intervento, le modalità di conseguimento degli obiettivi e l’indicazione dei controlli per testimoniare i progressi effettivamente compiuti. Fermo restando il conseguimento dell’obiettivo generale, gli Stati membri potranno contribuire allo sforzo complessivo dell’UE, senza limitarsi necessariamente ai confini nazionali, indirizzando altresì gli investimenti dove le energie rinnovabili possono essere prodotte in modo più efficiente, con un risparmio compreso tra 1 e 8 miliardi di euro rispetto ai costi previsti. La proposta concerne anche l’obiettivo minimo del 10% dei carburanti nel settore dei trasporti, percentuale che è la stessa per tutti gli Stati membri.

Cattura e stoccaggio di CO2 Nel pacchetto rientrano: una proposta di direttiva relativa alla disciplina giuridica della cattura e dello stoccaggio del carbonio e una comunicazione sulle attività di dimostrazione dei pozzi di carbonio. Si tratta di approntare un sistema legislativo per la commercializzazione di questa tecnica che è considerata molto importante per limitare il riscaldamento climatico e di finanziare progetti. Scienza e tecnica sono già in grado di attuare processi di compressione e trasporto dell’anidride carbonica prodotta dalle grandi centrali termiche e di immagazzinarla in depositi geologici o nel fondo degli oceani, mancano ancora elementi di certezza sulla sicurezza delle tecnologie e sul comportamento della CO2 stoccata sui lunghi periodi. Questa tecnologia (CSC) è molto costosa, ma molto redditizia sul piano commerciale, poiché la CO2 catturata e sequestrata viene considerata come non emessa e potrebbe costituire una forma di credito nell’ambito del sistema ETS. Forse è anche per tali considerazioni che la Commissione vuole finanziare 12 progetti dimostrativi in Europa, tra cui rientrerebbe quello del sito di Porto Marghera (VE). Nuove linee guida per gli aiuti di Stato La Commissione, infine, ha adottato una nuova disciplina per gli aiuti di Stato relativi alla tutela ambientale e allo sviluppo delle energie rinnovabili, che rispetto al testo attualmente in vigore estende l’ambito dei progetti e aumenta l’intensità di aiuto. Saranno considerate compatibili, pur a certe condizioni, con l’ordinamento comunitario: - le misure di sostegno pubblico miranti a colmare la differenza tra i costi di produzione delle energie rinnovabili e il prezzo di mercato dell’energia; - le misure di riduzione fiscale per l’ambiente, pari all’80%, permesse in questo settore, potranno restare in vigore per 10 anni; - gli aiuti miranti a conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di sviluppo delle rinnovabili che vadano oltre a quanto previsto dagli obiettivi UE. Per quest’ultima misura è previsto un percorso abbreviato con una semplice consultazione con gli Stati membri, avendo

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la Commissione l’intenzione di renderla subito attuativa. Se non sono ben mirati, gli aiuti non producono risultati ambientali e rischia di falsare la concorrenza di nuocere a crescita economica dell’Unione Europea. La situazione dell’Italia Al nostro Paese è stata assegnata una riduzione del 13%, al 2020, di emissioni dei settori non industriali rispetto al 2005 (dal 1990 al 2005 le ha aumentate del 13%), mentre la quota per le energie rinnovabili è stata definita al 17%. Si potrebbe riassumere con una metafora che la strada per l’Italia è tutta in salita. Non è impossibile raggiungere gli obiettivi e c’è ancora il tempo per recuperare, ma occorre che tutti gli attori si muovano per lo stesso fine. Specialmente sull’efficienza energetica e sulla ricerca e innovazione ci sono margini di grande potenzialità. Scontiamo, purtroppo, i molti ritardi ed indecisioni accumulati in questi anni durante i quali abbiamo pensato al breve periodo, sottacendo le questioni improcrastinabili che necessitavano di un vero e proprio cambio di rotta. L’industria, in particolare, ha espresso molte preoccupazioni per la proposta della Commissione, giudicando “particolarmente ambizioso ed irrealistico” l’obiettivo assegnato all’Italia di aumentare al 2020 del 17% l’uso delle energie rinnovabili, stante i dati forniti dal Governo italiano lo scorso settembre che hanno stimato in 21 milioni di Tep (Tonnellate equivalenti

di petrolio) la nostra potenzialità, quando per raggiungere l’obiettivo se ne dovrebbero produrre 26 milioni. Se saremo ancora preoccupati dei costi e cercheremo di eludere gli impegni acquistando all’estero l’energia pulita per raggiungere gli obiettivi che ci vengono compatibilmente assegnati, avremo perso l’occasione, forse irrepetibile, di cogliere le “opportunità”, là dove sembravano esservi solo “traversie”, per parafrasare Giovan Battista Vico. Promuovere la crescita e l’occupazione rispettando gli impegni in materia di cambiamenti climatici Anche la Commissione Europea sembra convinta che gli obiettivi fissati sono realizzabili sia dal punto di vista tecnologico che economico e che offrono opportunità commerciali senza precedenti a migliaia di imprese europee. Secondo quanto riportato nel comunicato stampa diffuso il giorno della presentazione del pacchetto, le misure previste accresceranno significativamente il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili in tutti paesi ed imporranno ai governi obiettivi giuridicamente vincolanti. “Grazie alla profonda riforma del sistema di scambio delle quote di emissione, che imporrà un tetto massimo alle emissioni a livello comunitario - vi si legge - tutti principali responsabili delle emissioni di CO2 saranno incoraggiati a sviluppare tecnologie produttive pulite”. Il Presidente della Commissione José Manuel Barroso, presentando il Piano al Parlamento europeo ha affermato che “la lotta ai cambiamenti climatici è la grande sfida politica che la nostra generazione deve affrontare. La nostra missione, o meglio il nostro dovere, è definire un quadro politico che consenta di trasformare l’economia europea in un’economia più attenta all’ambiente, e continuare a guidare l’azione internazionale volta proteggere il nostro pianeta”. Dopo aver osservato che 3 euro a settimana è il costo che ogni cittadino europeo deve sborsare per l’attuazione del pacchetto di azioni che la Commissione propone, ha sottolineato il Presidente che esso “dà la giusta risposta al problema della sicurezza energetica e rappresenta un’opportunità che dovrebbe portare alla creazione di migliaia di nuove imprese e di milioni di posti di lavoro in Europa, un’opportunità che dobbiamo cogliere al volo”. Nel settore energetico, responsabile della maggior parte delle emissioni dell’unione europea, tutte le quote saranno messe all’asta sin dall’avvio del nuovo regime, nel 2013. Negli altri settori industriali del trasporto aereo, la transizione verso la vendita all’asta di tutte le quote avverrà gradualmente, anche se si potranno fare delle eccezioni per i settori più vulnerabili alla concorrenza dei produttori dei paesi in cui non esistono vincoli analoghi in materia di carbonio. Inoltre, le altre saranno aperte e qualsiasi operatore comunitario potrà comprare quote in qualsiasi Stato membro.

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Efficienza degli strumenti economici per l’energia e i cambiamenti climatici Non si sono fatti attendere, purtroppo, i tentativi di apportare modifiche al pacchetto, che testimoniano come il percorso sarà irto di ostacoli. Tra gli altri, assume rilievo l’atteggiamento assunto dal Consiglio dei Ministri dell’Economia (ECOFIN) nella riunione dell’11 e del 12 febbraio. Pur riconoscendo che “combattere il cambiamento climatico è una priorità economica tanto quanto ambientale”, nel documento finale si osserva che “il passaggio ad una economia a basso contenuto di carbonio sia compatibile con la competitività dell’UE”. Riprendendo la sintesi del Rapporto dell’IPCC, secondo cui i costi dell’inerzia di fronte al cambiamento climatico sarebbero superiori a quelli necessari per gli interventi di mitigazione (stimati questi al 3% annuo del PIL mondiale entro il 2030), si rivendica che quando ci sono ingenti budget questi debbano essere concordati con i Ministri delle Finanze, perché “siano ponderate le loro ripercussioni su distribuzione del reddito, politica fiscale e finanze pubbliche”. Così, secondo l’ECOFIN, sarebbero auspicabili strumenti di mercato delle emissioni più flessibili ed efficaci, “meglio, attualmente, l’efficienza energetica rispetto all’aumento delle rinnovabili che sono più onerose”. Una rapida adozione del pacchetto sarà di aiuto per raggiungere gli obiettivi di Kyoto Traendo occasione della celebrazione del 3° anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il Commissario all’Ambiente dell’UE, Stavros Dimas il 15 febbraio ha ricordato che “il periodo 2008-2012, nel corso del quale l’UE

e gli altri Paesi industrializzati sono tenuti a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni ai quali si sono impegnati nel quadro del Protocollo di Kyoto, è iniziato il 1° gennaio di quest’anno e, quantunque le proiezioni più recenti in materia di emissioni dimostrano che siamo sulla buona strada, l’adozione e la messa in opera rapide delle proposte presentate dalla Commissione contribuirebbero alla riuscita di questa impresa”. “Sforzandoci di raggiungere gli obiettivi in materia di clima ed energia più ambiziosi del mondo, dimostreremo una volta di più il ruolo di primo piano giocato dall’Europa contro il cambiamento climatico - ha concluso Dimas - Ciò è fondamentale, dal momento che ci impegnamo nei negoziati in vista di un nuovo accordo mondiale. Contiamo attualmente sugli altri Paesi sviluppati perché si assumano le loro responsabilità e seguano il nostro esempio”. Anche noi siamo dell’opinione che di fronte all’inevitabile necessità di andare verso un’economia low carbon, per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, non è più possibile indugiare per i costi immediati di questa operazione, che, peraltro, non sono eccessivi rispetto a quelli che si dovrebbero sostenere, in seguito, a causa dell’inazione. Certo, tutto ciò comporta anche dei rischi, ma come ha scritto uno dei più grandi poeti del ’900: “Chi vuole doppiare Capo Bojador Deve passare oltre il dolore. Dio al mare il pericolo e l’abisso diede, Ma è in esso che rispecchia il cielo.” (Fernando Pessoa, “Mare Portoghese” in “Messaggio” Passigli Editori - Antella (FI) -2003)

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AMBIENTE E ARTE

Roma - Palazzo delle Esposizioni, p 16 febbraio - 30 marzo 2008

“acqua aria fuoco terra ” Stimolare l’opinione pubblica alla tutela dell’ambiente ambiente di Vinicio Ruggiero

Il 2008 è stato proclamato dall’ONU “Anno Internazionale del Pianeta Terra” (International Year of Planet Earth). Durante tale celebrazione si svolgerà una serie di iniziative ed eventi per promuovere la ricerca nell’ambito delle Scienze della Terra e per sensibilizzare un più vasto pubblico sui pericoli causati da rischi naturali e quelli indotti dall’uomo.

di National Geographic Italia e Curatore della Mostra - Ogni foto ha e racconta una storia. I fotografi del National Geographic non costruiscono un set, ma scattano un’impronta cogliendo l’attimo fuggente. Ad accomunare i fotografi delle diverse nazionalità che compogono lo staff del magazine sono la passione e la professionalità”.

Anche in considerazione di tale circostanza, è stata allestita a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, la Mostra “acqua aria fuoco terra”. Curata da National Geographic Italia la mostra propone in 92 immagini realizzate da 39 dei migliori fotografi che, dedicando la propria vita alla passione per la conoscenza e la divulgazione, con i loro reportage hanno fatto la storia del National Geographic, il magazine dell’omonima Society, che celebra quest’anno il 120° anniversario. Le immagini suddivise in 4 sezioni, secondo i 4 elementi, molte delle quali inedite, “hanno la capacità di cogliere e trasmettere con grande efficacia la bellezza e la debolezza del Pianeta - ha dichiarato Guglielmo Pepe, Direttore

Tra i fotografi in Mostra: - Michael Nichols, protagonista con il biologo Michael Fay della leggendaria impresa MegaTransect (progetto condotto in Africa della durata di 455 giorni e per un percorso di 2.000 Km per la rilevazione dello stato ecologico e ambientale del bacino del Congo); - Paul Nicklen, “il fotografo dei ghiacci” cresciuto con gli Inuit; - Carsten Peter, specialista della fotografia naturalistica estrema; - Joel Sartore, tra i veterani della rivista, con cui collabora da oltre 15 anni; - Frans Lanting, il fotografo globetrotter autore di un lungo viaggio intrapreso nel 2000 per raccontare l’evoluzione della vita sulla Terra;

NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY È una delle più grandi organizzazioni scientifiche e pedagogiche del mondo senza fini di lucro. Fondata nel 1888 per “ampliare e diffondere la conoscenza della geografia”, la Society lavora per stimolare e sviluppare una maggiore consapevolezza dell’uomo nei confronti del Pianeta. Ogni mese raggiunge oltre trecento milioni di persone in tutto il mondo attraverso la rivista ufficiale “National Geographic” e altre testate editoriali; il Channel; i documentari televisivi; la musica; la radio; i films; libri; dvd; mappe; programmi editoriali scolastici; media interattivi; merchandising. National Geographic ha sostenuto più di 8.700 progetti scientifici di ricerca, conservazione ed esplorazione e sostiene un programma pedagogico per combattere l’analfabetismo geografico. Per informazioni: www.nationalgeographic.com

- Steve McCurry, fotografo Magnum famoso per le immagini a colori ricche di umanità scattate in tutto il Sud-est asiatico, che travalicano i confini delle lingue e delle culture; - Michael Yamashita, “il fotografo di Marco Polo”, che ha lavorato in diversi luoghi come Somalia e Sudan, Nuova Guinea e New Jersey, anche se l’Asia resta la sua area di concentrazione specialistica; - Steve Winter, che si è spinto nei luoghi più estremi del mondo, in villaggi i cui abitanti non avevano mai visto né uomini, né macchine fotografiche; A fianco in alto: Baton Rouge (Louisiana - USA) Un crocefisso in un cimitero confinante con un impianto petrolchimico foto di Joel Sartore, inedita su National Geographic Eya, Myanmar (ex Birmania) - Una bambina spalanca la bocca per bere la pioggia del primo monsone foto di Steve Winter, inedita su National Geographic

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A fianco in basso: Sicilia (Italia) - Un’esplosione di lava scaturisce da un cono eruttivo sul versante sud dell’Etna durante l’eruzione dell’estate 2001 foto di Carsten Peter inedita su National Geographic


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- Reza, che ha creato la “prima agenzia fotografica indipendente” dell’Afghanistan post-talebano; - Robert Clark, premiato nel World Press Photo 2002, per la foto dell’aereo che si è schiantato sulle Torri Gemelle. Ci sono poi le immagini di alcune eccezionali fotografe (Jodi Cobb, Maria Stenzel, Annie Griffiths Belt, Karen Kasmauski, Sisse Brimberg e Alexandra Boulat, fotoreporter di guerra, scomparsa lo scorso ottobre a 45 anni), che analizzano in maniera esemplare i diversi aspetti del nostro tempo e del nostro mondo, raccontando storie globali che esplorano grandi temi.

Le immagini in Mostra passano da un continente ad un altro, da una storia metropolitana alle solitudini di luoghi incontaminati. “I quattro elementi danno vita e prosperità, ma anche la morte - ha osservato Guglielmo Pepe - La bambina che gioisce sotto la benefica acqua, il Cristo sofferente per l’aria avvelenata, la forza distruttrice del fuoco lavico, la calma del gorilla nella sua terra, formano momenti e movimenti che solo l’occhio del grande fotografo riesce a cogliere”. Va ricordato che oltre ai 39 fotografi stranieri la mostra “acqua aria fuoco terra” presenta anche uno slide show di 92 immagini ad opera di 39 tra i

fotografi che hanno collaborato a National Geographic Italia che celebra anch’essa l’anniversario decennale della pubblicazione nella sezione “Archivio Italiano” del magazine. La Mostra, prodotta da Zoneattive con il patrocinio del Comune di Roma e realizzata grazie al sostegno della Banca Monte dei Paschi di Siena, con il contributo di Panerai, Paul&Shark, Acea e l’apporto tecnico di Cromografica, resterà aperta al pubblico fino al 30 marzo 2008 (Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì, dalle 10 alle 20; venerdì e sabato, dalle 10 alle 22.30; lunedì: chiuso. Ingresso libero).

Ruanda - Il gorilla di montagna Titus, maschio dominante, si concede una sosta mattutina col suo gruppo di femmine e cuccioli foto di Michael Nichols inedita su National Geographic

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Questo mese la rubrica €CO-FINANZIAMENTI segnala due agevolazioni ambientali: una di rilievo nazionale, una regionale. Nel primo caso si tratta di un importante bando che il Ministro per lo Sviluppo economico ha firmato il 5 marzo nell’ambito del progetto di innovazione industriale (PII) sull’efficienza energetica per la competitività e lo sviluppo sostenibile. Quantunque non sia ancora registrato e pubblicato sulla G. U., per consentire l’immediata diffusione dell’informazione contenuta nel Decreto di emanazione che fissa condizioni, criteri e modalità per la concessione delle agevolazioni, riteniamo opportuno inserirlo egualmente in questo numero per l’importanza che riveste per le imprese che avranno tempo dal 30 aprile al 30 giugno per presentare i relativi progetti. Nel secondo caso si segnala uno dei primi bandi della Regione Marche finanziati dai fondi europei per il periodo 2007-2014, volti a sviluppare la competitività e l’occupazione regionale. Tra i settori innovativi ai quali il bando si rivolge troviamo anche l’innovazione ambientale.

GOVERNO ITALIANO Bando per la presentazione di Progetti di Innovazione Industriale sull’Efficienza Energetica (attualmente in corso di registrazione presso la Corte dei Conti) Obiettivi e descrizione della misura Concessione di agevolazioni a favore di programmi finalizzati allo sviluppo di nuove tipologie di prodotti e/o servizi, con elevato contenuto di innovazione tecnologica e in grado di determinare un impatto sul sistema economico e sulla filiera specifica. I programmi devono: - sviluppare una nuova tecnologia e/o integrare tecnologie esistenti in sistemi innovativi complessi multifunzionali e/o sviluppare modelli applicativi totalmente nuovi, in grado di modificare sostanzialmente i prodotti/processi e il loro contenuto di conoscenza e valore aggiunto, ovvero sviluppare l’applicazione in un contesto nuovo di una tecnologia esistente o di una sua evoluzione, in grado di determinare un significativo cambiamento dei prodotti/processi; - modificare sensibilmente lo stato dell’arte tecnologico, in modo da incidere sulla competitività a livello internazionale; - realizzare e qualificare un prototipo del prodotto e/o servizio innovativo che abbia validità industriale;

- essere proposti da un partenariato qualificato, che preveda la partecipazione significativa di PMI; - prevedere modalità realizzative, finanziarie e gestionali, nonché un programma di utilizzo dei risultati, che garantiscano il pieno conseguimento degli obiettivi prefissati. Tipologia degli interventi I programmi devono avere ad oggetto lo sviluppo di prodotti e/o servizi innovativi nelle aree tecnologiche di seguito indicate: A) Aree tecnologiche ad alto potenziale innovativo a1) solare fotovoltaico: 1. tecnologie innovative per la produzione di celle di silicio ad alta efficienza e a costi competitivi; 2. tecnologie innovative per la produzione di celle a film sottili o con soluzioni innovative di terza generazione; 3. sistemi innovativi a concentrazione per fotovoltaico; 4. componenti innovative per applicazioni nell’edilizia, che integrino celle fotovoltaiche nei materiali di rivestimento e di supporto e nelle superfici vetrate; 5. tecnologie innovative per la produzione di collettori ibridi termicofotovoltaico; a2) solare termodinamico: 1. tecnologie innovative di generazione di energia da fonte solare a media e alta temperatura ad elevata efficienza; 2. tecnologie solari innovative per la dissalazione; 3. impianti dimostrativi per applicazioni multifunzione (dissalazione acqua di mare, calore per processi industriali, climatizzazione); a3) bioenergia e produzione di energia dai rifiuti: 1. tecnologie innovative per la produzione di biocombustibili di seconda e terza generazione, anche con utilizzo di materiali di scarto; 2. tecnologie innovative per la produzione di energia da rifiuti speciali con minimizzazione dell’impatto ambientale; a4) celle a combustibile e idrogeno: 1. microcogeneratori basati su celle a combustibile con potenza rispettivamente di 3 e 30 KW con caratteristiche di prestazioni, di affidabilità e di impatto ambientale tali da garantirne una significativa competitività sul mercato; 2. sistemi innovativi di accumulo di idrogeno per applicazioni stazionarie e di trasporto che, a seconda delle applicazioni consentano vantaggi sostanziali in termini di costi (applicazioni stazionarie) e/o di pesi e ingombri (applicazioni di trasporto) rispetto ai sistemi convenzionali di accumulo in serbatoi ad altissima pressione. a5) generazione distribuita: 1. tecnologie innovative per la produzione di un microcogeneratore di taglia 0.5-1.5 kW, con basse emissioni specifiche e integrato di tutti i controlli e gli ausiliari per interfacciarsi con la rete elettrica.

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B) Aree tecnologiche ad alto potenziale applicativo b1) eolico: 1. impianti dimostrativi non convenzionali per la conversione di energia eolica di tipologia offshore (anche in mare aperto) o ad alta quota; 2. impianti dimostrativi ad alta efficienza nel campo delle basse potenze (inferiore ai 200 kW) a basso impatto ambientale e in grado di funzionare anche a basse velocità del vento; b2) materiali ad alta efficienza per l’edilizia e architettura bioclimatica 1. tecnologie innovative per la produzione di componenti per l’edilizia a costi competitivi e ad alto potenziale d’integrazione; 2. sistemi dimostrativi innovativi per la minimizzazione dei flussi energetici per edilizia complessa (terziario, ospedali, centri commerciali); b3) macchine e motori elettrici ad alta efficienza 1. tecnologie innovative per la produzione a costi competitivi di motori ad alta efficienza di classe EFF1 o superiore; b4) tecnologie avanzate per illuminazione: 1. tecnologie innovative per la produzione di sistemi di illuminazione e segnalazione ad altissima efficienza per esterni basate su elettroluminescenza organica e/o diodi elettroluminescenti; 2. tecnologie innovative per la produzione di sistemi di illuminazione per interni basate su elettroluminescenza organica e/o diodi elettroluminescenti; b5) elettrodomestici ad alta efficienza energetica: 1. tecnologie innovative per la produzione di elettrodomestici ad altissima efficienza, con ridotto impatto ambientale sull’intero ciclo di vita in termini di riuso di materiali sia in fase di assemblaggio che di disassemblaggio; 2. tecnologie innovative finalizzate a sfruttare le complementarietà dei componenti, attraverso l’integrazione di sistemi di domotica volti a massimizzare i recuperi di energia e ottimizzarne l’utilizzo; b6) tecnologie per l’efficientamento energetico dei processi industriali: 1. tecnologie innovative e a costi competitivi per lo sviluppo di sistemi di combustione MILD – Moderate and Intense Low Oxigen Dilution- (combustione senza fiamma). Tipologia del contributo Il contributo concedibile non potrà superare l’importo di 15 milioni di euro per l’intero programma e di 5 milioni di euro per ciascun soggetto beneficiario. Le spese ammissibili e i relativi costi agevolabili, nella misura congrua e pertinente, riguardano: (a) il personale, relativamente alle retribuzioni lorde, compreso il contributo del datore di lavoro, per ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario purché impiegati per la realizzazione del progetto. Viene preso in considerazione il personale dipendente, compreso quello con contratto “a progetto”. (b) gli strumenti e le attrezzature di nuova acquisizione, nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il programma, nel limite delle quote di ammortamento fiscali ordinarie; (c) i fabbricati, nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il programma di ricerca e sviluppo, nel limite delle quote di ammortamento fiscali ordinarie;

(d) la ricerca contrattuale, le competenze tecniche ed i brevetti, acquisiti o ottenuti in licenza da soggetti esterni, nonché i servizi di consulenza ed i servizi equivalenti utilizzati esclusivamente per l’attività del programma, inclusa l’acquisizione dei risultati di ricerca, di brevetti e di know-how, di diritti di licenza, nell’ambito di un’operazione effettuata alle normali condizioni di mercato; (e) spese generali supplementari, basate su costi effettivi direttamente imputabili al programma sulla base di un calcolo pro rata secondo un metodo equo e corretto debitamente giustificato; (f) altri costi di esercizio, inclusi i costi di materiali, forniture e prodotti analoghi (ad es. componentistica per la realizzazione del prototipo, materie prime per la sperimentazione, ecc.), connessi direttamente al programma; Le agevolazioni concesse in relazione ai programmi di cui al presente decreto non sono cumulabili con altre agevolazioni pubbliche concesse, anche a titolo de minimis, per i medesimi costi. Soggetti beneficiari e requisiti Possono beneficiare delle agevolazioni previste dal presente decreto, per la realizzazione dei programmi di cui all’articolo 3: a) le imprese operanti in tutti i settori, con esclusione delle attività rientranti nella sezione A e nella sezione H, divisioni 49, 50, 51 e 53, della classificazione delle attività economiche ISTAT 2007; b) gli organismi di ricerca. Possono essere destinatari delle agevolazioni anche imprese e organismi di ricerca costituiti all’estero e che non abbiano istituito una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio italiano, ai quali potrà essere concessa complessivamente una quota non superiore al 15% del contributo assegnato all’intero programma. La partecipazione di tali soggetti al programma deve essere rilevante al fine di garantire un’alta qualità ed una forte innovatività dello stesso nel suo insieme e di assicurare vantaggi agli altri soggetti in termini di trasferimento di conoscenze ed utilizzo dei risultati raggiunti. Qualora siano coinvolti nella realizzazione del programma soggetti diversi da quelli indicati ai commi 1 e 2, la loro partecipazione è valutata in relazione ai vantaggi che la stessa apporta al programma nel suo complesso, fermo restando che detti soggetti non possono beneficiare delle agevolazioni previste. Termini e modalità di presentazione delle domande di agevolazioni La domanda di agevolazioni relativa al programma è presentata al Ministero dello sviluppo economico, Dipartimento per la competitività - Direzione Generale per la politica industriale, Via Molise 2, 00187 Roma, a decorrere dal 30 aprile ed entro e non oltre il 30 giugno 2008. La valutazione dei programmi proposti verrà effettuata dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione resa, operativa di recente dal Governo, che analizzerà la validità tecnico-scientifica ed economico-finanziaria del programma, nonchè le prospettive di sviluppo industriale del prototipo ed il suo impatto sulla competitività.

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zioni materiali e immateriali, il contributo sale al 25% per le micro e piccole imprese e al 17,5% per le medie imprese. I contributi sono alternativi a qualsiasi altra agevolazione contributiva o finanziaria prevista da altre normative. Per le modalità di selezione delle domande si rimanda al bando. Si segnala comunque che sono previsti criteri premiali nel caso l’intervento innovativo si concentri in specifici ambiti e/o aree di interesse regionale, tra cui l’innovazione ambientale. Un ulteriore punteggio premiale è previsto per le domande presentate da imprese in possesso di certificazioni di qualità ambientale.

REGIONE MARCHE POR MARCHE 2007-2013 - Promozione dell’Innovazione dei Processi Aziendali - L. 598/94 art. 11 - P.I.A. - Codice 1.2.1.05.01 - Approvazione bando Decreto dirigente P.F. Innovazione, ricerca, sviluppo economico e competitività dei settori produttivi n. 3/IRE_11 del 7 febbraio 2008 (BUR Marche n. 16 del 14 febbraio 2008)

L’innovazione viene considerata non solo dal punto di vista tecnologico, ma nella sua complessità come un insieme di tecnologie, competenze e soluzioni la cui adozione può determinare un impatto positivo su tutta la catena del valore dell’impresa. Tipologia degli interventi Vengono incentivati i programmi di investimento finalizzati a stimolare processi di innovazione integrata all’interno dell’azienda. In particolare l’intervento intende incentivare lo sviluppo aziendale nei seguenti ambiti: 1. innovazione tecnologica; 2. innovazione ambientale; 3. innovazione organizzativa (compresa la certificazione di sistemi di qualità del prodotto, del processo, ambientale e sociale); 4. innovazione commerciale e supporto ai processi di internazionalizzazione; 5. sicurezza negli ambienti di lavoro. Le imprese dovranno presentare i progetti in forma integrata, prevedendo cioè almeno due ambiti di innovazione. Nell’ambito dei soli interventi di cui al punto 4 sono ammissibili anche programmi di investimento implementati da PMI associate anche attraverso la creazione di forme di collaborazione tra imprese. Le spese ammissibili sono: a) spese per l’acquisto delle strumentazioni, attrezzature e/o macchinari; b) spese per l’acquisizione dei software strumentali alle varie tipologie di innovazione; c) servizi di consulenza; d) spese per l’acquisizione di marchi, licenze e brevetti. Per le micro imprese industriali e per le imprese artigiane il costo del progetto non può essere inferiore a 30 mila Euro. Per le piccole e medie imprese industriali il costo del progetto non può essere inferiore a 50 mila Euro. Il totale delle spese ammissibili non può comunque superare 1 milione di Euro.

Beneficiari Possono presentare domanda le micro, piccole e medie imprese anche in forma di consorzi che esercitano attività diretta alla produzione di beni, iscritti al registro delle imprese, aventi i parametri dimensionali di cui al D.M. Attività Produttive del 18 aprile 2005 (disponibile anche sul sito internet del gestore della misura di finanziamento all’indirizzo www.incentivi.mcc.it sezione “Informazioni tecniche”). Localizzazione geografica Sono ammissibili investimenti realizzati in unità locali ubicate nel territorio della Regione Marche regolarmente censite presso la Camera di Commercio. Presentazione domande e scadenza Le richieste di ammissione all’agevolazione devono essere redatte su appositi moduli allegati al bando e devono essere presentate dalle imprese all’ente gestore MCC Spa nei giorni di apertura dello sportello informatico previsto dal 7 al 30 aprile 2008. La richiesta di ammissione deve essere presentata esclusivamente utilizzando la procedura informatica di invio telematico disponibile all’indirizzo www.incentivi.mcc.it/ marche. La richiesta di ammissione, dopo l’invio telematico, deve essere stampata sottoscritta e inviata a MCC S.p.A. - Via Piemonte n. 51 - 00187 Roma, con raccomandata A/R entro tre giorni lavorativi bancari successivi alla data dell’invio telematico. Il bando è disponibile nel sito internet della Regione Marche dedicato alle politiche europee www.europa.marche.it.

Tipologia del contributo Le risorse disponibili ammontano a 4 milioni di Euro. L’agevolazione in conto capitale è concessa secondo questi criteri: - per le spese per servizi di consulenza e per altri servizi il contributo è pari al 40%; - per le spese per investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali, il contributo è pari al 15% nel caso di micro e piccole imprese e al 7,5% nel caso di medie imprese. Qualora si intenda beneficiare delle maggiorazioni previste per le zone ammesse alla deroga di cui all’art. 87, paragrafo 3, lettere c), per le spese per investimenti in immobilizza-

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE Cosa succede all’impianto IPPC al quale, entro il 30 ottobre 2007, non sia stata rilasciata l’autorizzata integrata ambientale per impianti esistenti? L’art. 5, comma 18 del D. Lgs. n. 59/2005 prevedeva la data del 30 ottobre 2007 quale scadenza per l’attuazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale. Era implicito nella disposizione che, entro la stessa data del 30 ottobre 2007, l’autorità competente dovesse rilasciare l’autorizzazione. Il D.L. 30 ottobre 2007, n. 180 ha modificato l’art. 5, comma 18 del D. Lgs. n. 59/2005, differendo al 31 marzo 2008 la vecchia scadenza del 30 ottobre 2007. Inoltre il D.L. n. 180/2007 ha apportato modifiche anche all’art. 5, comma 19 del D. Lgs. n. 59/2005, stabilendo che, anche se diversamente previsto dai calendari regionali, le domande di autorizzazione integrata ambientale relative agli impianti esistenti devono essere presentate in ogni caso entro il 31 gennaio 2008 all’autorità competente ovvero, qualora quest’ultima non sia stata ancora individuata, alla Regione o alla Provincia autonoma territorialmente competente. Pertanto, a seguito del D.L. 180/2007, le domande di AIA per gli impianti esistenti dovevano essere presentate improrogabilmente entro il 31 gennaio 2008 e l’autorizzazione deve essere rilasciata entro il 31 marzo 2008 (o meglio entro tale data devono essere attuate le relative prescrizioni). Fino alla data del rilascio dell’AIA, gli impianti esistenti per i quali sia stata presentata nei termini previsti la relativa domanda possono proseguire la propria attività, nel rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni stabilite nelle autorizzazione ambientali di settore rilasciate per l’esercizio e per le modifiche non sostanziali degli impianti medesimi; tali autorizzazioni restano valide ed efficaci fino alla scadenza del

agenda

termine fissato per l’attuazione delle relative prescrizioni, ai sensi dell’articolo 5, comma 18 del D. Lgs. n. 59/2005 (art. 2, comma 1 D.L. n. 180/2007). A ciò va aggiunto che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni dalla Legge 28 febbraio 2008, n. 31, il cosiddetto decreto “Mille-proroghe” ha stabilito che, in mancanza del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale entro il 31 marzo 2008, in sede di prima applicazione, per le domande di autorizzazione integrata ambientale relative ad impianti esistenti, regolarmente presentate entro i termini, i gestori possono procedere all’esecuzione degli interventi proposti finalizzati all’adeguamento dell’impianto alle migliori tecniche disponibili, con le modalità e i termini indicati nella domanda, qualora gli stessi interventi non siano soggetti a valutazione di impatto ambientale o, se a questa soggetti, per essi sia già stato emanato provvedimento favorevole di conformità ambientale, dando contestualmente pieno avvio alle attività di monitoraggio e controllo indicate nella domanda medesima. Per completezza, infine, va ricordato che, per assicurare il rispetto dei termini di cui all’articolo 5, comma 18 del D. Lgs. n. 59/2005, il Governo è autorizzato ad esercitare il potere sostitutivo di cui all’articolo 5 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, ove necessario applicando immediatamente la procedura d’urgenza di cui al comma 3 del medesimo articolo 5. Tale procedura d’urgenza prevede che il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Ambiente, possa nominare un commissario ad acta che provvede in via sostitutiva all’autorità competente; tale provvedimento ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza Stato-Regioni e alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che ne possono chiedere il riesame entro il termine di 15 giorni.

Eventi e Fiere

Milano, 3 aprile 2008 Fonti rinnovabili, Efficienza energetica e CO2: gli strumenti di mercato per incentivare gli investimenti e l’innovazione - Convegno Sede: Assolombarda, Auditorium Gio Ponti, via Pantano 9, Milano Organizzazione: Gestore del Mercato Elettrico e Assolombarda Segreteria Organizzativa: Relazioni Istituzionali e Comunicazione GME Tel. + 39 06 8012 4767/4708 - Fax + 39 06 8012 4519 relazioni.istituzionali@mercatoelettrico.org - www.mercatoelettrico.org Innsbruck (Austria), 7-9 aprile 2008 Global Change and Sustainable Development in Mountain Regions Sede: Palazzo dei Congressi Informazioni: bfw.ac.at/mountain/

Macerata, 11-14 aprile 2008 ENERGETICASA Energie rinnovabili per le abitazioni Sede: Centro Fiere di Villa Potenza Informazioni: www.prolocovillapotenza.com 19-20 aprile 2008 I Giorni delle Rinnovabili - Impianti Aperti ai Cittadini Sede: Aziende, Studi professionali, Enti, Gestori o Proprietari di Impianti che hanno aderito all’iniziativa Via Dismano, 3845 - 47023 Pieve Sistina di Cesena Segreteria Organizzativa: ISES Italia Tel. 06 7707 - 3610/11 - Fax 06 7707 - 3612 - www.isesitalia.it

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stampato su carta riciclata

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Marzo 2008

Marzo 2008. N°30 - Free Service srl Editore - Via del Consorzio, 34 - 60015 Falconara M.ma/AN - tel. 071/9161916 - fax 071/9162289 Supplemento al n.3 Marzo 2008 di Regioni&Ambiente Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003, art.1, comma 1 (conv. in L.27/02/2004 n.46) - DCB Ancona

Editoriale I cambiamenti climatici sono sempre più presenti nell’agenda politica italiana ed europea. Lo scorso 23 gennaio il presidente della Commissione Europea Barroso ha presentato al Parlamento di Strasburgo Climate Action, il piano europeo contro i cambiamenti climatici. Secondo il presidente Barroso le misure contenute nel patto costeranno ai paesi membri dallo 0,5 allo 0,6 del PIL (circa 150€ l’anno per cittadino europeo), mentre altri analisti stimano un 1%. Non tutti sono concordi sulle misure proposte, ma secondo la Commissione non intervenire comporterebbe perdite dal 5 al 20 per cento del PIL a causa degli effetti dei cambiamenti climatici. Per raggiungere gli obiettivi del piano Climate Action le città e gli enti locali sono fondamentali. Ecco quindi il senso di un’altra iniziativa promossa

dalla DG Energia: il Patto dei Sindaci proposto alle città europee, che noi del Coordinamento Agende 21 Italiane ci impegniamo a diffondere e promuovere tra i nostri soci. I sindaci che sottoscrivono il patto si impegnano a ridurre di oltre il 20% le emissioni nelle loro città attraverso piani di azione per l’energia sostenibile, che potranno essere attuati solo con la collaborazione e i sostegno del governo e delle istituzioni europee. Il Patto dei Sindaci segue la struttura degli Impegni di Aalborg: revisione periodica degli obiettivi, trasparenza e comunicazione, lavoro in rete. Il nostro gruppo Agende 21 per Kyoto sarà il riferimento per le città che decidono di impegnarsi in questa nuova avventura.

Emilio D’Alessio Presidente della Associazione Nazionale Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

Primi interventi a sostegno del Patto per la sostenibilità Nel precedente intervento su questa newsletter il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha lanciato la proposta di un Patto per la sostenibilità tra Governo nazionale, Regioni ed Enti locali per affrontare, attraverso strategie condivise di mitigazione ed adattamento, la lotta ai cambiamenti climatici, vera e propria priorità planetaria del nostro tempo. L’azione coordinata degli Enti Locali, come già evidenziato nel “Documento di Impegni” elaborato dal Gruppo di Lavoro “Agende 21 Locali per Kyoto” del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, può contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto per una quota pari ad almeno il 20% dell’impegno assunto dall’Italia. Attraverso l’integrazione dell’azione locale con una strategia nazionale (e comunitaria) incisiva sarà possibile attuare misure radicali e coraggiose. Prioritario quindi mettere a disposizione di Regioni ed Enti Locali risorse e strumenti per sostenere iniziative concrete ed efficaci per il clima, l’ambiente e la sostenibilità. Sono ora nella disponibilità del Ministero dell’Ambiente a favore di Regioni ed Enti Locali le seguenti risorse: a) 210 milioni in tre anni per l’attuazione dei Piani di Risanamento della Qualità dell’Aria attraverso la stipula di appositi Accordi di Programma con le Regioni; b) 270 milioni in tre anni per la mobilità sostenibile attraverso la stipula di appositi Accordi di Programma con i Comuni; c) 150 milioni in tre anni per la per la forestazione e la riforestazione al fine di ridurre le emissioni di CO2, migliorare la qualità dell’aria nei comuni a maggiore crisi ambientale e di tutelare la biodiversità; d) 75 milioni in tre anni (Fondo Sviluppo Sostenibile) che andranno, tra le altre cose, a cofinanziare progetti delle Regioni e degli Enti Locali

per la sostenibilità del territorio che nascano dalle buone pratiche e dai processi di Agenda 21 Locale; e) 600 milioni in tre anni attraverso il Fondo rotativo per l’applicazione del protocollo di Kyoto destinato a soggetti pubblici e privati; f) 40 milioni dal 2008 per la promozione delle energie rinnovabili, l’efficienza energetica e il solare termodinamico; g) il Fondo “1 centesimo per il clima” - contribuzione volontaria di un centesimo per ogni litro di carburante acquistato alla pompa per l’autotrazione, nonché per ogni 6kW/h di energia elettrica consumata, - per il finanziamento delle politiche della mobilità sostenibile, delle fonti energetiche rinnovabili e del contrasto ai cambiamenti climatici; h) 11 milioni in tre anni per l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni delle navi in navigazione ed in stazionamento nei porti; i) 1,5 milioni in tre anni per l’Osservatorio salute-ambiente; j) 1 milione per una campagna informativa sul risparmio e l’efficienza energetica. È infine prevista la possibilità per i Comuni di ridurre l’ICI, a partire dal 2009, per quanti facciano uso di energie rinnovabili. I regolamenti sono da modificare entro la fine dell’anno. Qualunque sia l’esito delle prossime elezioni di aprile, queste risorse consentiranno l’avvio di un percorso che, coinvolgendo territorio e cittadini, porterà l’Italia a fare passi concreti per la sostenibilità. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

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Assemblea 2008 Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

Sarà la città di Rimini ad ospitare la IX Assemblea del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, i prossimi 6 e 7 giugno. L’Assemblea è una importante occasione di confronto e dibattito sui temi più rilevanti della sostenibilità e di promozione delle attività dell’associazione e dei suoi soci, anche rispetto a un pubblico più ampio. Anche per questo motivo è stata accettata la proposta di collaborazione di Maggioli Editore per realizzare alcune delle iniziative previste nella due giorni di Rimini nell’ambito di Euro PA, il Salone delle Autonomie Locali, che aprirà i battenti mercoledì 4 giugno presso la Fiera di Rimini, e che negli ultimi anni ha registrato una crescente partecipazione di amministratori, dirigenti e funzionari degli Enti Locali e il coinvolgimento di numerose associazioni delle Autonomie Locali. Ma per gli “enti locali di casa” l’Assemblea è anche un palcoscenico dal quale presentare alcune delle unicità che caratterizzano il proprio territorio. Rimini ha scelto la sua spiaggia e alcune delle suggestioni dell’Amarcord di Federico Fellini quali elementi narrativi dell’Assemblea ’08, ospitando le attività dei soci e alcune delle iniziative collaterali presso le strutture del mitico Grand Hotel, che proprio quest’anno festeggia il centenario dalla costruzione. Venerdì mattina, 6 giugno, si terranno gli incontri dei Gruppi di Lavoro tematici dell’associazione, in parallelo e aperti a tutti gli interessati. I Gruppi di Lavoro sono il laboratorio creativo dell’associazione: formidabile strumento per l’analisi, gli approfondimenti e il confronto sulle tematiche di maggior interesse per tutti gli associati, dalla contabilità ambientale al green public procurement, dalla mobilità al paesaggio e la biodiversità e alla cooperazione decentrata. Gli incontri sono l’occasione per una verifica dell’attività svolta e per programmare le iniziative della nuova annualità. Inoltre, in collaborazione con Euro PA, sono allo studio modalità per la pubblicizzazione dei risultati raggiunti. Nel pomeriggio si terrà la Riunione assembleare, riservata ai soci: verranno affrontati gli adempimenti statutari e presentato il bilancio sociale in cui sono descritte le attività realizzate nel corso del 2007 dall’Associazione mentre la relazione programmatica del Presidente definirà le azioni d’intervento per i prossimi dodici-quindici mesi. La mattina di sabato 7, presso EuroPA, si terrà il Convegno nazionale sul tema “Partecipazione - efficacia delle politiche – sostenibilità”, promosso congiuntamente con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; il tema è di grande attualità e vede l’Associazione molto coinvolta in quanto raggruppa città che hanno capito l’importanza della partecipazione come valore strutturale, strategico nei processi sia di pianificazione che di attuazione e gestione fattiva. Per maggiori dettagli sull’Assemblea (programma del Convegno, attività dei Gruppi di Lavoro e le numerose iniziative collaterali): www.a21italy.it

Coordinamento A21L Sicilia Proseguono gli incontri dei Gruppi di Lavoro istituiti dal Coordinamento regionale siciliano su mandato della propria Assemblea, riunitasi lo scorso 20 dicembre. I GdL siciliani al momento sono 13 e, in gran parte, riprendono le tematiche affrontate dai GdL nazionali. La rete siciliana per la promozione dei processi di Agenda 21 Locale si sta distinguendo per attivismo e capacità di coinvolgimento: nata formalmente nel 2006, ha la Regione Sicilia tra i suoi promotori e conta tra i suoi soci ordinari, ad oggi, 4 Province, 178 Comuni, 7 Consorzi e Associazioni di Comuni, 3 Enti Parco. La Segreteria tecnica del Coordinamento regionale è affidata a ORSA, Scuola di alta formazione ambientale di Palermo. Per saperne di più: info@a21l.sicilia.it e www.a21l.sicilia.it/index.php

Premio nazionale per percorsi di partecipazione alle politiche per il paesaggio e la biodiversità Finalità del Premio è di contribuire attraverso la selezione, la diffusione e la promozione di esperienze concrete alla creazione di una maggiore sensibilità nei confronti dei valori della partecipazione e, allo stesso tempo, del paesaggio e della biodiversità. Con la valorizzazione e la diffusione di casi esemplari si intende stimolare la crescita di una cultura comune di attenzione alla qualità del paesaggio e della biodiversità anche attraverso il coinvolgimento del maggior numero di soggetti pubblici e privati quali gli amministratori locali, i professionisti delle diverse discipline afferenti alla gestione/progettazione del paesaggio, gli operatori economici, le popolazioni locali. Possono candidarsi al premio iniziative che fanno leva sulla partecipazione per promuovere politiche in materia di paesaggio, biodiversità, paesaggio e biodiversità. Il Premio è istituito dalla Provincia di Salerno nell’ambito del progetto dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio con il contributo della Regione Campania, dell’Associazione Nazionale Comuni dei Parchi e Hispa - Scuola di Alta Formazione per la Pubblica Amministrazione nelle Aree Protette, ed in collaborazione con Coordinamento delle Agende 21 Locali Italiane e Federparchi. Il termine ultimo per presentare le candidature è il 20 maggio 2008. Il testo completo del bando è scaricabile dal sito www.a21italy.it

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10 ANNI DI AGENDA 21 LOCALE A MODENA

a cura di Elisa Rossi Il 25 gennaio la Provincia di Modena ha celebrato e rendicontato 10 anni di impegni e progetti per l’attuazione locale dell’Agenda 21. In questi 10 anni sono stati attivati volontariamente percorsi di partecipazione intersettoriali e numerose iniziative per promuovere e realizzare su scala provinciale obiettivi di sostenibilità con vari attori sociali ed economici sul territorio. Per il futuro è stato lanciato il Patto Provinciale per lo Sviluppo Sostenibile: un percorso partecipato per definire gli impegni, innovativi e misurabili, sui temi Energia e Biodiversità. Maggiori info e il link ai materiali scaricabili scrivendo a rossi.e@provincia.modena.it

Strategia tematica urbana La DG Ambiente dell’Unione Euorpea ha pubblicato il Technical Report “Gestione Ambientale Integrata. Guida riferita alla Strategia Tematica sull’Ambiente Urbano”. Mentre la Strategia descrive i problemi con cui si devono confrontare tutte le principali aree urbane dell’Unione Europea riconoscendo l’esistenza di grandi diversità tra città europee, la Guida ha lo scopo di assistere gli Enti Locali nei passaggi fondamentali per costruire sistemi di gestione capaci di affrontare le problematiche ambientali in modo integrato e migliorare le performance ambientali intervenendo su un ampio spettro di questioni. È basata su esempi e buone pratiche messe in atto dalle città di propria iniziativa, in alcuni casi con il finanziamento dell’Unione Europea. Un nuovo approccio integrato della gestione urbana: olistico, strutturato e graduale e che consente di identificare le questioni chiave, monitorare lo status quo, specificare gli obiettivi delle politiche, stabilire le opzioni politiche disponibili, coinvolgere gli attori e portare all’attuazione di politiche efficaci. Tra i contributi più citati dalla Guida quelli dei progetti MUE-25, Liveable Cities ed SOUTH-EU URBAN ENVIPLANS; di quest’ultimo il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane era leader partner. La Guida è scaricabile, in inglese, da http://ec.europa.eu/environment/ urban/pdf/iem.pdf. Una versione in italiano è disponibile richiedendola a coordinamento.agenda21@provincia.modena.it


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Campagna Città Equosolidali

La Campagna è stata lanciata alla fine del 2005 con il conferimento del primo titolo di Città Equosolidale al Comune di Roma al quale si sono via via aggiunti piccoli e grandi Comuni, Province e, recentemente, anche la prima Regione: la Regione Liguria. Oltre a quest’ultima e alla capitale hanno con successo conseguito il titolo i Comuni di Anzola dell’Emilia (BO), Appignano del Tronto (AP), Concorezzo (MI), Cremona, Ferrara, Finale Ligure (SV), Firenze, Foligno (PG), Follonica (GR), Genazzano (ROMA), Mezzago (MI), Modena, Padova, Pozzallo (RG), Sala Bolognese (BO), Settimo Torinese (TO), Valdagno (VI) e le Province di Cremona, Ferrara e Milano. La Campagna propone alle Pubbliche amministrazioni di sensibilizzare i propri dipendenti e i cittadini al Commercio Equo e Solidale, attraverso azioni e iniziative concrete. Una sorta di “Social Public Procurement”, laddove l’impegno per la sostenibilità ambientale e quello per la sostenibilità sociale si riconoscono e si sostengono a vicenda. La Campagna è promossa da Fairtrade TransFair Italia, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace, Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale, Legambiente e Banca Etica. Per maggiori info e adesioni: www.cittaequosolidali.it

CONFERENZA SUL CLIMA DI ROVIGO ‘Protezione del clima ed energia rinnovabile -I piccoli e medi comuni affrontano la sfida’ Rovigo, 2-4 aprile L’evento, organizzato da ICLEI e dalla Provincia di Rovigo in collaborazione con il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, affronta in maniera approfondita il ruolo centrale degli Enti Locali nelle politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici. Alla tre giorni di Rovigo sarà presente una nutrita pattuglia di “apri pista”, Enti Locali che hanno già avviato con successo politiche virtuose al fine di socializzare le loro esperienze, mettendo in evidenza le modalità con cui hanno ottenuto questi risultati di eccellenza. L’attenzione sarà quindi focalizzata sul processo, per aiutare ad accrescere la capacità d’azione dei decisori politici, dei funzionari degli Enti Locali e degli altri rilevanti stakeholder che è necessario coinvolgere nell’azione delle comunità locali per la protezione del clima. Invitate a prendere parte alla Conferenza di Rovigo sono in particolare le realtà di piccole e medie dimensioni che stanno avviando ora il loro percorso o che sono interessate ad approfondire uno specifico settore, beneficiando della preziosa collaborazione di chi ha già fatto importanti esperienze. Per maggiori info: www.a21italy.it

Climate Action Promuovere la crescita e l’occupazione attraverso gli interventi a favore del clima

La Commissione europea ha adottato il 23 gennaio un importante pacchetto di proposte che darà attuazione agli impegni assunti in materia di lotta ai cambiamenti climatici e promozione delle energie rinnovabili. Le proposte dimostrano che gli obiettivi fissati con la Strategia su energia e cambiamenti climatici approvata dal Parlamento europeo e dai capi di Stato e di governo in occasione del Consiglio europeo del marzo 2007, sono realizzabili sia dal punto di vista tecnologico che economico e offrono opportunità commerciali senza precedenti a migliaia di imprese europee. Le misure previste accresceranno significativamente il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili in tutti i Paesi e imporranno ai governi obiettivi giuridicamente vincolanti. Grazie a una profonda riforma del sistema di scambio delle quote di emissione, che imporrà un tetto massimo alle emissioni a livello comunitario, tutti i principali responsabili delle emissioni di CO2 saranno incoraggiati a sviluppare tecnologie produttive pulite. Il pacchetto legislativo intende consentire all’Unione Europea di ridurre di almeno il 20% le emissioni di gas serra e porta al 20% la quota di rinnovabili nel consumo energetico entro il 2020. La riduzione delle emissioni sarà portata al 30% entro il 2020 quando verrà concluso un nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici. Una bella sfida per l’Italia che da sempre, a parole, è stata in prima fila con gli altri Paesi europei nella battaglia per definire una strategia internazionale per il contrasto del cambiamento climatico ma che non si è mai efficacemente “organizzata” per rispettare gli obiettivi assunti. Dal 1990 le emissioni italiane di CO2 sono aumentate del 12-13% (mentre, ex Protocollo di Kyoto, dovrebbero essere ridotte del 6,5% entro il 2012). Le energie rinnovabili erano il 5,2% nel 2005 e l’obiettivo fissato per l’Italia è di raggiungere il 17% entro il 2020. Il nuovo governo dovrà rapidamente mettere in cantiere un robusto piano nazionale per la riduzione dei consumi, l’efficienza energetica e la diffusione delle rinnovabili prevedendo di integrare la sua azione con quella degli Enti Locali, decisivi sia per le scelte di governo del territorio sia per il loro rapporto diretto con i cittadini.

GELSO

Banca dati delle buone pratiche per la sostenibilità

Forum Mondiale sull’attuazione dell’Agenda 21 Locale

GELSO (GEstione Locale per la SOstenibilità) è un progetto di APAT che si propone di favorire la diffusione e conoscenza delle buone pratiche di sostenibilità intraprese in Italia dagli Enti Locali e non solo. Ad oggi sono oltre 600 le buone pratiche inserite nel database: una importante risorsa per tutti coloro che sono interessati a conoscere ciò che di innovativo si sta facendo nel campo dello sviluppo sostenibile. Inoltre il monitoraggio delle buone pratiche, avviato in questi mesi, lo rende uno strumento dinamico che informa sugli esiti dell’attuazione delle buone pratiche e sulle criticità riscontrate. Tutti i soci e simpatizzanti del Coordinamento sono invitati a visitare il sito e a segnalare le proprie buone pratiche di sostenibilità utilizzando direttamente il formulario di rilevazione compilabile on-line su www.gelso.apat.it

Il Governo italiano ha accettato la proposta del Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite (UN/DESA) di ospitare un evento che evidenzi il ruolo che le comunità locali di tutto il mondo possono giocare nella lotta contro il cambiamento climatico, in vista del nuovo protocollo di Kyoto che vedrà la luce nel Cop 15 di Copenhagen 2009. L’obbiettivo finale del Forum Mondiale è, a partire dai processi di Agenda 21 Locale, di stringere un vero e proprio Patto per la sostenibilità tra i Governi nazionali e le Comunità locali di tutto il mondo affinché le buone pratiche per la sostenibilità diventino interventi sistematici. Il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane è tra i partner dei Ministeri dell’Ambiente e degli Esteri per l’organizzazione dell’iniziativa. Maggiori informazioni su www.a21italy.it

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Brevi Fa’ la cosa giusta! 2008, Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, 11-12-13 aprile, Fieramilanocity. Sezione speciale di quest’anno: “Dire, fare… Abitare” dove il tema dell’abitare è declinato attorno a tre sezioni: la casa, la città e la comunità. Prosegue quindi la riflessione su energia ed etica del consumo come premesse per uno stile di vita più rispettoso dell’ambiente e dei popoli: gli espositori consiglieranno al visitatore soluzioni pratiche ed idee innovative per l’abitare. Circa 40.000 visitatori attesi, 350 espositori da tutta Italia, 60 incontri tra laboratori e workshop. http://falacosagiusta.org/ Il 30 aprile è la scadenza per inviare gli abstract per articoli e poster al Comitato Scientifico della VI Conferenza Internazionale di Etica e Politiche Ambientali che si terrà a Padova dal 23 al 26 ottobre 2008. Il tema di quest’anno è “Etica e cambiamenti climatici. Scenari per la giustizia e la sostenibilità” Quale giustizia e quali criteri dovrebbero guidare le decisioni economiche e politiche? Come fare per ripartire i costi delle politiche di mitigazione e di adattamento, e i costi per l’attuazione di tali misure? La Conferenza è promossa dalla Fondazione Lanza, in collaborazione con il Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici, e il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane è tra i partner dell’iniziativa. www.webethics.net Dal 23 al 25 maggio 2008 a Firenze, Fortezza da Basso, V edizione di Terra Futura, mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Tema centrale dell’edizione di quest’anno la necessità di una “alleanza” trasversale e duratura fra le varie componenti della società affinché la diffusa la consapevolezza che le questioni sociali, ambientali ed economiche sono assolutamente inscindibili le une dalle altre, si traduca in azioni concrete. www.terrafutura.it

espositiva è articolata in sei aree tematiche: innovation&communication technology e soluzioni per l’e-government; strumenti e soluzioni per la gestione dei servizi alla persona; riqualificazione urbana, soluzioni per il risparmio energetico, trasporti e infrastrutture; carriera e formazione pubblica; strumenti e progetti per lo sviluppo locale in termini di marketing del territorio; soluzioni e prodotti per la gestione dell’impiantistica sportiva. Per maggiori info: www.euro-pa.it Alcuni numeri su cui riflettere “È pur vero che le più grosse ingiustizie vengono da chi insegue l’eccesso, non da chi è spinto dalla necessità. Non si diventa tiranni per non morire di freddo.” Aristotele, 329 a.C. 800 kg all’anno a persona il metabolismo basale (respirazione e traspirazione, assunzione di alimenti ed emissione di calore, escrezioni di materia) Le differenti culture, le classi e i sistemi di produzione, per la sopravvivenza e a scopo di lucro, ricorrono alla biosfera in misura molto diversa: - da 2 a 5 tonnellate all’anno per persona il metabolismo medio in un paesino indiano; - dalle 40 alle 70 tonnellate pro capite all’anno quello nelle società industriali. 13,7 miliardi di ettari l’impronta ecologica dell’umanità, +23% rispetto a quanto sia sostenibile

Kick the habit! Toward a low carbon economy. Questo (“Dai un calcio alle abitudini! Verso un’economia a basse emissioni”) lo slogan scelto per la Giornata Mondiale per l’Ambiente 2008 che si celebra, come ogni anno, il 5 giugno. Il focus è quindi su quelle iniziative che promuovono economie e stili di vita a basse emissioni, ovvero l’efficienza energetica, le fonti energetiche alternative, la conservazione delle foreste e i consumi eco-sostenibili. Centro delle celebrazioni la città di Wellington, Nuova Zelanda, ma tutte le comunità in ogni parte del mondo sono chiamate a dare loro contributi. Come? www.unep.org/wed/2008/english/ EuroP.A. - Fiera di Rimini, 4-7 giugno. Il Salone dedicato alle Autonomie Locali promuove un confronto diretto tra Pubblica Amministrazione Locale e Centrale, imprese e professionisti e contemporaneamente offre un’occasione di crescita ed aggiornamento professionali con oltre 130 convegni, workshop e seminari ad ingresso gratuito. La rassegna

(dati tratti da Fair Future - Wuppertal Institut, 2005 e da www.footprintnetwork.org)

Supplemento al n.3 marzo 2008 di

A21 Italy Newsletter Marzo 2008 - N° 30 Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

Stampa: Bieffe srl, Zona Ind.le P.I.P. 62019 Recanati / MC

Direttore responsabile: Andrea Massaro

Per collaborazioni alla newsletter: Gli articoli inviati alla Newsletter devono essere al massimo di 1.500 battute (spazi vuoti inclusi). I contributi devono essere inviati a: kaulard.a@provincia.modena.it

a cura di: Antonio Kaulard Progetto grafico, redazione e impaginazione: Free Service srl, Via del Consorzio, 34 - 60015 Falconara M. / AN tel. 071 916 1 916 - fax 071 916 2 289 www.onon.it - info@regionieambiente.it - grafica@regionieambiente.it Aut.Trib. di Ancona n. 1/2000 del 4/1/2000

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La scadenza per l’invio dei contributi per la prossima newsletter è il 10 maggio. La Newsletter è al vostro servizio. Informateci delle vostre attività verso lo sviluppo sostenibile.


N째

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MARZO 2008



INDICE ARPAM Rifiuti urbani La situazione nelle Marche di Gisberto Paoloni

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Provincia di Macerata - Assessorato all’Ambiente Uso sostenibile del territorio e delle sue risorse di Alberto Piastrellini

PICENAMBIENTE SPA “15 minuti… da non buttare via” di Donatella Mancini

ASTEA SPA Una lunga storia di Donatella Mancini

Seminario in Regione “La tutela della piccola fauna: verso una Legge Regionale per le Marche” di Donatella Mancini


ARPAM

RIFIUTI URBANI La situazione nelle Marche di Gisberto Paoloni Direttore generale ARPA Marche

ARPAM contribuisce a raccogliere - attraverso un software dedicato, di nome ORSO- i dati che annualmente confluiscono nel Rapporto Rifiuti pubblicato a cura dell’APAT. Per facilità di lettura, i dati regionali, riferiti agli anni 2005 e 2006, sono raggruppati per Comune (sono riportati i soli capoluoghi di provincia) e per Provincia. Sono inoltre riportati i dati nazionali e della Regione Marche a partire dal 2000, per gli opportuni raffronti.

Quanti rifiuti producono i marchigiani? Come li raccolgono? Dove vanno a finire? Quali sono i progetti in cantiere? In queste settimane il dibattito e l’attenzione dei cittadini, e dei mezzi di comunicazione, si sono fatti più intensi a seguito dell’emergenza scoppiata nel napoletano. Dai dati che pubblichiamo emerge una situazione marchigiana non certo allarmante, ma che non lascia dormire sugli allori. La produzione media pro capite di rifiuti delle Marche è leggermente più alta della media nazionale, mentre la percentuale di raccolta differenziata è decisamente inferiore a quella italiana. Nel nostro territorio, dove esistono grandi differenze tra le province, la situazione è migliore in quelle che sono più avanti nell’attuazione dei Piani Provinciali di Gestione dei Rifiuti e nella costituzione dei Consorzi obbligatori. Inoltre, l’analisi dei risultati del premio “Comuni Ricicloni”, giunto ormai alla VII edizione, quindi con una significativa mole di dati da interpretare, dimostra che le migliori performance nella Raccolta Differenziata e nel recupero di materia si ottengono in quei Comuni in cui il tema dei rifiuti è assunto dall’ente pubblico come una priorità a cui assegnare risorse in termini di personale, tecnologie e comunicazione. Queste risorse sono in realtà un investimento remunerativo, poiché i risparmi che si ottengono dalla riduzione drastica dei conferimenti in discarica sono rilevantissimi per le casse comunali. Per quanto riguarda le discariche, la situazione nelle Marche è lontana dall’emergenza, anche se non va dimenticato che questi siti rappresentano sempre una soluzione antieconomica nella gestione dei rifiuti. Agli altissimi costi di gestione degli impianti vanno aggiunti quelli affrontati dai Comuni per la raccolta e il conferimento, che hanno come conseguenza, la salatissima Tarsu a carico delle famiglie. Per fortuna nella Marche (primi dati 2007 emersi al premio “Comuni Ricicloni”), sembra essersi avviata finalmente la stagione della raccolta differenziata su tutto il territorio.

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Comune di:

Pesaro

Ancona

Macerata

Ascoli Piceno

RU (kg/abitante) 2006

740,20

589,62

534,20

604,20

RU (kg/abitante) 2005

734,09

571,17

512,34

569,92

% RD 2006

30,64%

19,83%

31,45%

24,39%

% RD 2005

27,63%

20,00%

32,87%

25,95%

Provincia di:

Pesaro e Urbino

Ancona

Macerata

RU (kg/abitante) 2006

609,5

581,5

528,12

541,01

RU (kg/abitante) 2005

600,6

569,2

524

590,3

% RD 2006

18,2

18,31

26,1

25,67

% RD 2005

14,98

17,68

24,16

15,41

Ascoli Piceno

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Marche kg/ab

515

532

535

534

543

573

569

%RD Marche

9,7

11,9

14,9

14,9

16,2

17,6

20,2

Italia kg/ab

501

516

521

524

533

539

550

%RD Italia

14,4

17,4

19,2

21,1

22,7

24,3

25,8

RU-rifiuti urbani

RD - raccolta differenziata

I siti marchigiani Nelle Marche sono attivi 15 siti per il conferimento dei rifiuti più un impianto di trattamento, il Cosmari di Tolentino. Ad Ascoli Piceno, in località Alto Bretta, si trova la discarica per rifiuti speciali pericolosi, mentre a Maiolati Spontini questo tipo di rifiuti viene conferito in un’apposita area della discarica di Cornacchia. Come si evince dalla tabella, nella provincia di Macerata è presente una sola discarica, di supporto all’impianto del Cosmari, perché qui è stato costituito ed è operante da tempo un Consorzio obbligatorio tra tutti i Comuni della provincia, che conferiscono al Cosmari gli RSU. La costituzione dei Consorzi d’ambito o di bacino è prevista dal Piano regionale dei rifiuti, varato dal Consiglio Regionale ormai sette anni fa, ma ancora la situazione sul territorio non


RIFIUTI, LE DISCARICHE NELLE MARCHE Provincia di Pesaro e Urbino COMUNE

LOCALITÀ

TIPOLOGIA RIFIUTI TIPOLOGIA ABBANCATI

GESTORE

CORINALDO

San Vincenzo

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi A.S.A.

CASTELCOLONNA

Via San Pietro

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi Castelcolonna Ambiente srl

MAIOLATI SPONTINI Moie-Cornacchia RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi SO.GE.NU.S.

MAIOLATI SPONTINI Moie-Cornacchia Speciali Pericolosi

Discarica Rifiuti pericolosi

SO.GE.NU.S.

Provincia di Ancona COMUNE

LOCALITÀ

TIPOLOGIA RIFIUTI TIPOLOGIA ABBANCATI

GESTORE

PORTO S.ELPIDIO

CASTELLANO RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi ECOELPIDIENSE Srl

FERMO

S.BIAGIO

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi ASITE Srl

TORRE S. PATRIZIO S.PIETRO

RSU-RSA

Consorzio smalt. rifiuti tra i di Torre San Patrizio, Discarica Rifiuti non pericolosi comuni Monte San Pietrangeli, Rapagnano e Francavilla d’Ete

ASCOLI PICENO

RELLUCE

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi Ascoli Servizi Comunali Surl

ASCOLI PICENO

ALTO BRETTA Speciali Pericolosi

Discarica Rifiuti pericolosi

GETA Srl

Provincia di Macerata COMUNE

LOCALITÀ

TIPOLOGIA ABBANCATI

RIFIUTI TIPOLOGIA

GESTORE

Tolentino

Contrada Collina

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi

CO.SMA.RI.

Tolentino

Piane di Chienti

RSU-RSA

Termovalorizzatore

CO.SMA.RI.

Provincia di Ascoli Piceno COMUNE

LOCALITÀ

FANO

Monteschiantello RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi ASET Spa

TAVULLIA

Ca’ Asprete

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi ASPES

MONTECALVO IN FOGLIA Ca’ Mascia

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi SIS

BARCHI

Ca’ Rafaneto

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi Comunità Montana del Metauro Zona E - Fossombrone

URBINO

Ca’ Lucio

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi Comunità Montana dell’Alto e Medio Metauro

CAGLI

Ca’ Guglielmo

RSU-RSA

Discarica Rifiuti non pericolosi NATURA SpA

RSU-rifiuti solidi urbani RSA-assimilabili agli rsu

TIPOLOGIA RIFIUTI TIPOLOGIA ABBANCATI

GESTORE

è omogenea: in provincia di Ancona si sono costituiti due consorzi, Cir33 e ConeroAmbiente, in provincia di Ascoli Piceno un solo Consorzio tra quattro piccoli Comuni, mentre la provincia di Pesaro non ne ha ancora avviato la costituzione. Al recente convegno per il conferimento dei premi ai “Comuni Ricicloni”, la Dirigente del Servizio rifiuti della Regione Marche ha esortato a seguire l’esempio maceratese perché, non casualmente, in quel territorio è necessaria una sola discarica, per di più temporanea, e la percentuale di raccolta differenziata è di gran lunga maggiore che nelle altre province.

Premio “Comuni Ricicloni 2007”: una buona annata Oltre 170 i Comuni marchigiani che hanno aderito all’iniziativa, i cui dati sulla produzione e gestione dei rifiuti sono stati raccolti online, grazie anche alla preziosa collaborazione di Gestori, Consorzi, Comunità Montane e/o Unioni Comuni, attraverso le schede del sistema O.R.So. (Osservatorio Rifiuti Sovraregionale) adottato dall’ARPAM. Tale sistema di raccolta dati, informatizzato ed omogeneo sul territorio, è in grado di tracciare l’intero percorso e l’effettiva destinazione dei rifiuti, nonché di fotografare l’intera situazione del ciclo rifiuti, rappresentando un data base sempre aggiornato, alla luce del quale dirigere tempestive politiche di intervento.

ARPA Marche Via Caduti del Lavoro, 40 int. 6 60131 Ancona Tel. 071 2132720 - fax 071 2132740 arpa.direzionegenerale@ambiente.marche.it www.arpa.marche.it

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PROVINCIA DI MACERATA - ASSESSORATO ALL’AMBIENTE

USO SOSTENIBILE DEL TERRITORIO E DELLE SUE RISORSE Oculata gestione dei rifiuti, implementazione delle energie rinnovabili, interventi sulle bonifiche e l’urbanistica, sono le eccellenze della politica ambientale della Provincia di Macerata di Alberto Piastrellini

Accanto alle problematiche ambientali ormai “storiche” e pregresse nel tempo (soprattutto quelle che riguardano l’inquinamento delle falde acquifere della valle del Chienti), il territorio della provincia di Macerata, può vantare, da alcuni anni a questa parte, alcune eccellenze a livello regionale, tali che, anche un occhio poco attento ai particolari riesce a cogliere che trattasi del più “verde” e tutelato delle Marche. Sarà, forse perché, in parte, è posto sotto la gestione dell’Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ma, accanto alla ricchezza in termini di biodiversità delle Oasi faunistiche, alla vocazione agro-silvo-pastorale delle sue comunità, all’urbanistica tradizionale che si traduce nella sobria e pulita venustà dei suoi mille borghi, non possono essere sottaciute le lungimiranti scelte politiche ed amministrative che, nel tempo hanno contribuito a contenere gli impatti ne-

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gativi delle attività antropiche, tentando il difficile connubio tra sviluppo economico e benessere diffuso. In quest’ottica va ricordata la grande attenzione posta alla spinosa questione della gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani (RSU). Grazie alla profonda interconnessione fra l’Ente Pubblico e il Consorzio Smaltimento Rifiuti (Cosmari) si è passati in brevissimo tempo da una media provinciale di raccolta differenziata del 24% all’ottimo risultato del 35%. Tale obiettivo è stato raggiunto grazie ad una raccolta differenziata spinta “porta a porta” che finora interessa circa 50.000 utenze, ma che sarà presto estesa ai Comuni di Corridonia, San Severino Marche e Tolentino) per un bacino complessivo di 320.000 abitanti. I numeri dei risultati raggiunti parlano chiaro, Potenza Picena ha raggiunto il 72%, San Ginesio il 61%, Urbisa-

glia il 72%, Appignano il 72%, Loro Piceno il 58%, Montelupone il 76%, Civitanova Marche (dove il porta a porta viene effettuato solo in due quartieri), il 42%. Numeri significativi di gestione del ciclo dei rifiuti, che affiancano la Provincia di Macerata alle sempre più famose e citate province del Nord e del Nord Est. L’obiettivo finale è quello di ridurre di 1/3 la quantità di rifiuti che normalmente vengono portati in discarica: per intenderci, 40.000 tonnellate invece delle attuali 120.000, nel giro di due anni. Accanto ad un ovvio e migliore servizio di igiene urbana e di gestione dell’intero ciclo dei RSU, con un conseguente miglioramento della tutela del territorio e nella minimizzazione delle risorse naturalistiche, la politica della Provincia e dell’Assessorato all’Ambiente mira, attraverso l’implementazione


della raccolta differenziata “porta a porta”, anche alla creazione di micro-economie di scala: Infatti, la differenziazione costituisce anche una fonte di reddito, poiché dalla vendita dei materiali di risulta, a valle della differenziata e del trattamento, il Consorzio a partecipazione pubblica, raggiunge introiti considerevoli. Se poi si considera che le nuove discariche hanno un costo sociale ed ambientale piuttosto alto (si pensi che il solo studio relativo all’individuazione del sito e il relativo progetto di fattibilità costano oltre 300.000 Euro!), considerando il periodo di vita massima previsto dalla legge per 30 anni e il costo della bonifica a fine-vita a fronte di polizze fideussorie ed assicurazioni dai costi notevoli, ecco che puntare su poche discariche dove va solo il necessario, costituisce non solo una dinamica virtuosa per l’ambiente, ma anche, e soprattutto, per il portafoglio della cittadinanza. Quando si parla di risparmi, il riferimento al settore energetico è d’obbligo. Anche in questo senso, la Provincia di Macerata, tramite l’Assessorato all’Ambiente, ha predisposto diversi atti e ha in progetto diverse azioni prioritarie da realizzare. Per l’implementazione delle tecnologie legate al solare termico e fotovoltaico, la Provincia ha messo a disposizione oltre 1.200.000 Euro per finanziare 150 progetti di altrettanti soggetti privati e 15 di diverse Amministrazioni comunali (si veda il box alla pagina accanto). Il percorso verso la realizzazione nel 2008 di un Piano Energetico Provinciale è già iniziato con una apposita Delibera di Giunta Provinciale che prevede; l’istituzione di un gruppo di studio e un apposito finanziamento. Allo studio, inoltre, ci sono: • un progetto di “campo solare” di oltre 20 ettari nel territorio di Tolentino che, nel caso fosse realizzato, sarebbe il più grande del centro Italia; • la realizzazione di alcuni impianti eolici; • la sostituzione-rottamazione delle vecchie caldaie .

Dati complessivi relativi al primo Bando di Finanziamento per l’implementazione dell’Energia Solare di cui alla Delibera di Giunta Provinciale n. 773 del 2005 Si premette che i contributi sono stati assegnati in due tranches; la prima, pari a 350.000 Euro fa riferimento alle assegnazioni comunicate agli interessati nel settembre 2006, la seconda, a seguito di ri-finanziamento del dicembre 2006 (pari a 300.000 Euro) fa riferimentoi a comunicazioni effettuate a febbraio 2007. Inoltre sono state effettuate durante il periodo 2006-2007 ulteriori assegnazioni a seguito di nuove disponibilità nel fondo dovute a rinunce di alcuni assegnatari e di richieste di riduzioni di contributo per impianti fotovoltaici dal 50% al 20%. Numero complessivo delle domande ammesse a contributo Totale domande Soggetti privati ammessi: 107 Totale domande Enti pubblici ammessi: 14 Totale domande impianti solari termici: 61 (Enti Pubblici: 3) Totale domande impianti fotovoltaici: 50 (Enti Pubblici: 11) La prima tranche del finanziamento ha interessato 47 Soggetti Privati ed 8 Enti Pubblici (specificando che il solo Comune di Mogliano ha ottenuto 2 finanziamenti). Le domande ammesse a contributo dopo le rinunce e/o richieste di riduzione, relative al periodo novembre/dicembre 2006, hanno interessato: 7 Soggetti Privati (di cui 5 per impianti solari termici e 2 per impianti fotovoltaici). Le domande ammesse dopo il ri-finanziamento di dicembre 2006 hanno interessato 41 Soggetti privati e 6 Enti Pubblici. Le nuove assegnazioni finanziarie del maggio 2007 hanno interessato 12 Soggetti Privati (di cui 5 per impianti solari termici e 7 per impianti fotovoltaici ). Distribuzione delle domande ammesse per territori comunali (tra parentesi figurano i numeri relativi alle domande per solare termico) • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Macerata: 16 (8) Urbisaglia: 1 Treia: 5 (3) Porto Recanati: 5 (3) Mogliano: 8 (3) Matelica: 2 Corridonia: 8 (4) Apiro: 1 Tolentino: 13 (7) Recanati: 2 (1) Petriolo: 2 (1) San Severino Marche: 5 (4) Pollenza: 12 (8) Cingoli: 6 (3) Camerino: 7 (2) Sant’Angelo in Pontano: 1 Morrovalle: 1 (1) Montecosaro: 4 (1) Montecassiano: 2 (1) Potenza Picena: 5 (2) Sarnano: 3 (3) Camporotondo: 1 (1) Colmurano: 1 (1) Pievebovigliana: 2 (1) Caldarola: 1 Castelraimondo: 2 (1)

Alla data del 18 marzo 2008 risultano già erogati 119. 669,12 Euro di cui: • 41.906,80 per impianti solari termici • 55.762,32 per impianti fotovoltaici (si informa che entro marzo 2008 scadrà il termine per la realizzazione degli impianti ammessi a contributo con il primo finanziamento) Il nuovo Bando di finanziamento per l’implementazione di impianti solari termici e fotovoltaici destinato alle micro-imprese ha già visto pervenire ben 154 domande di cui 107 per impianti fotovoltaici e 46 per impianti solari termici (1 domanda è risultata essere priva di specificazione)

Non è nascosta, inoltre, la volontà di intervenire sulla modifica dei nuovi regolamenti edilizi secondo logiche più

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attente alle problematiche ambientali quali: la mobilità, il risparmio e l’efficienza energetica, il basso impatto sul territorio, la garanzia dei servizi locali. Non solo, per il 2008 è previsto un Accordo con Casa Clima di Bolzano per la certificazione energetica dei nuovi edifici che si andranno a realizzare. Sulla questione della bonifica del basso Bacino del Chienti, è stato prodotto, secondo le indicazioni ministeriali, un Protocollo di intesa che dovrebbe costituire la base per l’azione di bonifica. Si tratta di un accordo di programma fra le parti: Regione, Provincia, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e Aziende private locali, finalizzato ad individuare le risorse economiche per realizzare una barriera per emungere acqua dalla falda senza inquinarla e depauperarla ulteriormente. L’Accordo è funzionale al primo anno di vita dell’impianto, poi occorrerà lavorare per trovare le risorse economiche legate alla gestione degli anni successivi. La Provincia ha stanziato 500.000 euro per intervenire ma non nasconde le sue

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preoccupazioni in merito, in quanto il costo del progetto, presentato da ARPA Marche, prevede un costo compreso fra i 3 e i 4 milioni di euro. Un altro termine sulla strada dello sviluppo sostenibile intrapresa dalla Provincia di Macerata, sarà posto con

la realizzazione di un progetto pilota, per ora in itinere, legato al bike sharing, servizio che verrà svolto nei tre maggiori comuni costieri. Insomma, già ai primi mesi del 2008, la “carne al fuoco” sembra essere molta, eppure, a ben guardare, se è vero che c’è ancora molto da fare, è altrettanto inconfutabile che tanto è già stato fatto, e i risultati, lo dimostrano!


PICENAMBIENTE SPA

“15 MINUTI… DA NON BUTTARE VIA”

L’iniziativa di Educazione Ambientale dedicata quest’anno alle scuole materne di Donatella Mancini

PicenaAmbiente SpA ha presentato per la 4a volta un progetto didattico indirizzato alle scuole. Seguendo il principio della continuità, dopo aver rivolto i primi tre progetti alle elementari e alle scuole secondarie di 1° grado, il 2008 viene ora dedicato alle scuole materne, localizzate nei 35 Comuni di pertinenza. L’iniziativa, che si avvale anche quest’anno della collaborazione di Legambiente, denominata “15 minuti… da non buttare via”, ha lo scopo di consolidare ed incoraggiare esperienze di educazione all’ambiente. L’insegnante dovrà coinvolgere, sensibilizzare e spingere alla riflessione tutti i piccoli scolari del proprio plesso mediante tecniche e metodologie di libera scelta: dall’attività manipolativa alla grafica, dalla pittura al teatro, dalla musica allo sport. Rimangono vincolanti solo gli argomenti: • il rifiuto con particolare riferimento alla sua trasformazione in materia da riutilizzare o come mezzo per

reinventare e riprodurre oggetti, giochi, utensili, strumenti di uso comune ecc; • i rifiuti visti come il risultato del nostro stile di vita e che, in quanto tali, presuppongono l’uso di comportamenti corretti onde evitare di esserne sommersi; • il rifiuto e la raccolta differenziata come azione virtuosa di tutela ambientale, come recupero delle materie prime e, infine, come potenziale fonte di energia. I lavori prodotti o inscenati dalle scuole potranno essere presentati durante la festa di fine anno che ogni plesso solitamente organizza o, in alternativa, in uno spazio appositamente adibito per l’occasione.

In 15 minuti, i bambini, coadiuvati dalle loro maestre, presenteranno il risultato della loro creatività che potrebbe tradursi in una esposizione pittorica, in una scena teatrale, in una sfilata di moda o altro, sempre all’insegna del tema sui rifiuti. La partecipazione per le scuole è completamente gratuita, inoltre PicenaAmbiente garantirà al plesso ospitante un simbolico contributo economico da spendere in sussidi didattici, materiale ad uso scolastico o interventi di rilevanza ambientale. Con questo progetto, PicenaAmbiente intende consolidare i legami tra Istituzioni, mondo del lavoro, Associazioni onlus e mondo della cultura, oltre ad incoraggiare un’istruzione di qualità che persegua lo sviluppo sostenibile, anche stimolando cambiamenti individuali e globali.

Contrada Monte Renzo, 25 63039 S. Benedetto del Tronto - Ascoli Piceno Tel. 0735 757077 - fax 0735 652654 www.picenambiente.it - info@picenambiente.it

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ASTEA SPA

UNA LUNGA STORIA di Donatella Mancini

La costituzione ad Osimo dell’Azienda Speciale dell’Impianto Idroelettrico risale al 19 Gennaio 1906, quando il Consiglio comunale deliberò che il servizio dell’acquedotto e dell’illuminazione pubblica e privata fosse assunto direttamente dal Comune mediante un’Azienda speciale, secondo la disciplina e le cautele indicate dalla legge. A distanza di un secolo ad occuparsi dei servizi di pubblica utilità ad Osimo, ma non solo, c’ è ASTEA S.p.A., nata nel 2003 dalla fusione tra ASPEA SpA di Osimo ed AST SpA di Recanati., aziende specializzate nel settore della distribuzione dell’energia elettrica e dell’acqua potabile, nell’ambito dei rispettivi territori. Inoltre, gli interessi delle due Aziende erano rivolti anche verso altri servizi quali: • la distribuzione del gas metano; • la raccolta e lo smaltimento maltimento dei rifiuti (solo ASPEA) EA) • gli impianti di depurazione delle acque reflue; e; • la produzione di calore ed energia elettrica, tramite mite la Centrale di cogenerazione realizzata ealizzata ad Osimo nel 1991 (solo ASPEA) SPEA) Questa fusione in un’unica struttura ha significato garantire all’utenza maggiori vantaggi in terminii sia qualitativi che quantitativi. Le principali societàà attraverso le quali ASTEA opera sul territorio erritorio sono: • Adriatica Energia rgia Servizi Srl (AES) deputata alla vendita del gas e dell’energia elettrica ttrica sul libero mercato; • Geos Ma.Ver per er la manutenzione del verde pubblico co e delle strade; • Ambiter Scrl perr la gestione del servizio IU nel Comune une di Fabriano; • Nova Energia Srl rl per lo sviluppo di energie rinnovabili; bili; • ASP Srl per la distribuzione stribuzione di gas ed energia elettrica ca nel Comune di Polverigi. L’attuale compagine ine so-

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cietaria di ASTEA vede come socio privato, con una quota del 21%, il GPO (Consorzio delle imprese IRIDE di Genova-Torino, AGSM e AMIA di Verona), mentre le restanti quote, sono ripartite tra i Comuni serviti (vedi tabella), tra i quali i Comuni di Osimo e Recanati che detengono il maggior numero di quote.

ASTEA S.p.A. mantiene attivo, aggiornato e documentato un Sistema di gestione per la qualità aziendale in accordo con la norma UNI EN ISO 9001:2000, al fine di assicurare che i servizi erogati al cliente siano conformi ai requisiti normativi. Naturalmente, per l’Azienda il conseguimento della Certificazione ISO 9001 non rappresen-

ta un punto di arrivo, ma di partenza nello spirito volto ad un miglioramento continuo finalizzato ad accrescere la con ssoddisfazione dei clienti e l’efficienza dei sistemi gestionali. L’Azienda dispone di diversi canali di contatto con i clienti: l’accesso ai servizi erogati è garantito dalle attività svolte presso gli sportelli i cui orari di apertura al pubblico sono reperibili presso tutte le sedi, in bolletta e sul sito Internet. Per conoscere più da vicino questa importante realtà aziendale, abbiamo rivolto alcune domande all’Amministratore delegato ASTEA a SpA, ing. Fabio Giuseppini. SpA Ing Giuseppini, quali vantaggi soIng. no derivati dalla fusione tra ASPEA eA AST? La fusione tra Aspea e AST è stata una risposta efficace alle sfide di mercato, risp sia nel settore dei servizi amministrati cche liberalizzati, poichè si è subito tradotta nella riduzione dei costi metrad di unitari, u le cosiddette economie di scala ed economie di scopo, derivanti sca dall’offerta congiunta di servizi. Ciò ha dal comportato un incremento della capacicom tà economica e e finanziaria a vantaggio di maggiori m possibilità di investimento


e di standard di servizio sempre più elevati. Alla luce delle vicende di cronaca sulla questione dell’emergenza rifiuti in Campania, quali consigli si sente di dare alle Regioni in difficoltà per la realizzazione di una corretta gestione dei rifiuti che possa portare l’Italia a raggiungere i parametri di Raccolta Differenziata richiesti dall’UE? La situazione Italiana presenta delle profonde diversità tra le varie regioni sulla organizzazione per la gestione dei rifiuti e, pertanto, è difficile poter dare dei consigli su un argomento così delicato e così legato alle diverse condizioni territoriali. Nella nostra realtà, seppur con problemi legati principalmente alla realizzazione degli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, la situazione è piuttosto buona sia a livello regionale in cui il livello della raccolta differenziata si attesta su discrete percentuali, sia nei Comuni gestiti da ASTEA, dove le percentuali di raccolta differenziata raggiungono valori prossimi a quelli previsti dalla normativa vigente. In particolare ad Osimo nel 2007 si è giunti al 32%, valori su cui stiamo lavorando per migliorarli, ma di cui, al momento, possiamo ritenerci soddisfatti. Sicuramente un’attività su cui si dovrebbe lavorare sempre con molta attenzione è la formazione e l’informazione dei cittadini. Come si rapporta ASTEA Spa con le energie rinnovabili? Prima della fusione, ad Osimo l’Azienda Idroelettrica Municipale produceva energia elettrica da fonte rinnovabile tramite l’utilizzo della centrale idroelettrica di Sambucheto. Nel tempo, ASTEA ha affiancato all’idroelettrico altre fonti da energia rinnovabile come l’eolico ed il fotovoltaico. Inoltre va sottolineata l’innovazione rappresentata dalla costruzione ad Osimo dell’impianto di cogenerazione per la produzione combinata di energia elettrica e calore per teleriscaldamento. ASTEA, effettuando un repowering della centrale idroelettrica di Sambucheto, ha ottenuto Certificati Verdi sul surplus di produzione che è passato da 1.1 milioni di kwh a 1.5 milioni di kwh ed ha sfruttato l’opportunità del Conto energia, costruendo una centrale fotovoltaica per alimentare il depuratore di Porto Recanati. Inoltre, l’Azienda sta par-

tecipando insieme ad una società di Milano alla realizzazione di un parco eolico in Sicilia. Quali sono i futuri progetti di ASTEA SpA? Considerato che ASTEA rappresenta una vera multiutility attiva a livello regionale in tutti i servizi a rete nella produzione di energia elettrica e nel servizio di igiene urbana, le finalità strategiche sono in primis il consolidamento e la razionalizzazione dei servizi gestiti e la valorizzazione del radicamento territoriale, anche attraverso altre operazioni di aggregazione. Altro elemento cardine dello sviluppo del Gruppo ASTEA è l’attività di vendita di energia elettrica e gas attraverso la società controllata Adriatica Energia Servizi. Nel mercato energetico, ormai completamente liberalizzato, Adriatica Energia Servizi unisce alla propria

pluriennale esperienza il know how industriale di Iride, primario player nazionale del settore, nato dalla fusione tra le utilities di Genova e Torino.

ASTEA spa Sede amministrativa Via Guazzatore, 163 60027 Osimo (AN) Tel. 071 72471 - fax 071 7247214 Sede legale Via Lorenzo Gigli, 32 (Zona Chiarino) 62019 Recanati Tel. 071 711131 - fax 071 7247214

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CONVEGNI E MANIFESTAZIONI

Seminario in Regione

“LA TUTELA DELLA PICCOLA FAUNA: VERSO UNA LEGGE REGIONALE PER LE MARCHE” di Donatella Mancini foto David Fiacchini

Accanto alla fauna tradizionalmente conosciuta, esiste una fauna così detta minore, dove l’aggettivo minore si riferisce alle dimensioni, ma non all’importanza che essa riveste nell’ambito del funzionamento dei sistemi naturali. Fanno parte della piccola fauna gli invertebrati, alcuni pesci, gli anfibi, alcuni rettili ed i piccoli mammiferi, come i toporagni, i moscardini, i pipistrelli, ecc. Anche la piccola fauna è a rischio estinzione, perché alla scomparsa degli habitat, all’eccessivo sfruttamento del territorio da parte delle popolazioni per scopi produttivi ed all’inquinamento si sono aggiunti: l’introduzioni di specie esotiche, la frammentazione degli habitat superstiti ed il cambiamento climatico. Il fenomeno dell’introduzione di specie alloctone si è intensificato negli ultimi decenni con la globalizzazione degli scambi commerciali, che ha introdotto molte specie in modo accidentale. Quando una specie animale esotica entra in un ecosistema, compete con le specie autoctone per il cibo, i rifugi e i luoghi per la riproduzione, fino ad arrivare, a volte, ad eliminare parte della fauna residente. “La tutela della piccola fauna: verso una legge regionale per le Marche” è il titolo di un seminario svoltosi presso la sede della Regione Marche, rivolto al personale interessato delle Autonomie locali, del Corpo Forestale dello Stato, delle Associazioni ambientaliste, animaliste e di volontariato. Sul tema della tutela della fauna minore, infatti, la Regione Marche ha elaborato una proposta di legge che ha già iniziato il suo iter legislativo. Claudio Zabaglia, Dirigente PF Tutela degli Animali e Rete Ecologica Regionale, ha portato i saluti dell’Assessore all’Ambiente della Regione Marche, Marco Amagliani, mentre, il

dott. David Fiacchini ha portato i saluti del Direttore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Alfredo Fermanelli. Era presente al seminario, Davide Belfiori, Direttore Riserva Naturale Regionale Ripa Bianca, che ha parlato dell’importante ruolo rivestito da tutte le aree protette delle Marche. “Stiamo affrontando - ha detto - la questione della tutela della fauna minore dentro il Piano di Gestione, partendo dalla conoscenza dei dati relativi alla riserva. La piccola fauna va considerata alla stregua di aironi e caprioli. A Ripa Bianca è presente un Centro di Recupero Animali Selvatici, unico nelle Marche e di media importanza a livello nazionale. Lo sviluppo di progetti per la piccola fauna sono collegati all’aspetto normativo, ma anche alla didattica e alla ricerca”. Di seguito ha preso la parola Maria Balsamo del Centro di Ricerche per la biodiversità e la conservazione dell’Università degli Studi di Urbino che da anni collabora con la Regione Marche. “Le Università - ha affermato - rivestono un ruolo tecnico-scientifico, ritenuto molto importante dall’UE. Sia l’Università che la Regione raccolgono dati sulla distribuzione della piccola fauna, ma sarebbe necessario uniformare i protocolli di rilevamento. Le Marche ospitano ambienti di piccole dimensioni, quindi particolarmente idonei per la vita della piccola fauna. Nel redigere la legge inerente, vanno presi in considerazione gli elementi positivi delle leggi promulgate nelle altre Regioni e, naturalmente, la normativa europea. Inoltre dovrebbe avere la caratteristica di una legge in grado di esercitare un controllo sistematico su una realtà che muta continuamente. Infine, al di là della legislazione, è fondamentale formare delle figure professionali in questo settore”. Sebastiano Salvidio ha portato le conoscenze della Societas herpetologica Italica (SHI) dell’Università degli Studi di

Ortottero

Rhinolophus ferrumequinum

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Genova con particolare riferimento ai rettili e agli anfibi. “Nel pianeta - ha detto - esistono all’incirca 2 milioni di specie animali conosciute, di cui almeno il 70% appartengono agli invertebrati. Tra i vertebrati circa il 25% sono costituiti da rettili ed anfibi, animali determinanti nell’ambito della piccola fauna, in quanto rappresentano i principali predatori. Le variazioni di piovosità, dovute ai cambiamenti climatici, esercitano una forte pressione ambientale sugli anfibi al punto che attualmente il 32% è a rischio estinzione, contro il 12% degli uccelli ed il 23% dei mammiferi. Le cause del declino delle specie sono dovute a: alterazione degli habitat; inquinamento; incendi; presenza di specie invasive; patologie. Mentre per limitare le perdite sarebbe necessario adottare le seguenti misure: tutela dei siti; studio degli ambienti; studio dei cambiamenti climatici; studio delle nuove patologie; controllo dello sfruttamento del territorio;

controllo dell’inquinamento; favorire la riproduzione in cattività; disincentivare l’introduzione di specie alloctone; incentivare il mantenimento a basso costo di habitat umidi da parte dei privati. Vincenzo Ferri, Responsabile stazioni sperimentali regionali per lo studio e la conservazione degli anfibi in Lombardia, ha portato l’esperienza della sua regione. “Nel ’93 non esisteva ancora in Italia - ha sostenuto - una Legge nazionale sulla tutela della piccola fauna, mentre le prime leggi regionale si preoccuparono di tutelare gli interessi economici, legati alla fauna minore, piuttosto che la fauna stessa. La legge della Lombardia (1977) è stata preceduta da quella del Veneto (1973), ma è stata la prima ad inserire nomi specifici concentrandosi, soprattutto, sulla formica rufa e sul gambero di fiume. Dal 1977 ad oggi la legge ha subito delle modifiche, ma soltanto ora è sottoposta ad un profondo ammodernamento che tenga conto dei seguenti parametri: aggiornamento dell’elenco delle specie; modalità di applicazione e controllo; potenziamento delle iniziative di prevenzione e di sensibilizzazione.

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Oltre alla normativa, c’è la necessità dei controlli e dell’applicazione delle sanzioni, soprattutto in una zona come la Lombardia, dove il bracconaggio è molto diffuso. Le migliori leggi sulla tutela della piccola fauna sono state realizzate dalle Regioni Abruzzo e Toscana”. Di seguito ha parlato Monica Palazzini Assessorato all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile - Servizio Parchi e Risorse Forestali della Regione Emilia Romagna. “La legge dell’Emilia Romagna - ha sostenuto - è una delle più recenti, risale al 2006, ma è stato molto difficile attuarla perché promossa da 2 consiglieri regionali, anziché dalla Giunta e questo ha reso difficoltoso il finanziamento. La legge regionale è conforme all’art. 6 della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica, firmata a Berna il 19 Settembre 1979 e ratificata alla Convenzione di Rio De Janero nel Giugno del 1992. In sintesi, la legge (ndr: consultabile sul sito della Regione Emilia Romagna) prevede: un monitoraggio integrato tra Regione, Province ed Aree protette; interventi sugli habitat anche attraverso investimenti sul programma rurale; lotta agli alloctoni; disciplina per le specie di interesse alimentare, come rane e chiocciole; promozione di studi e ricerche; informazione ed educazione al cittadino”.

Speleomantes italicus

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Alla stesura della legge per la tutela della piccola fauna della Regione Marche ha collaborato anche Roberto Nardi in qualità di Responsabile NIPAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale) Comando provinciale CFS Macerata. “Allo stato attuale - ha affermato - non esistono misure di salvaguardia definitiva, perché le continue modifiche legislative hanno ripercussioni negative sul sistema di vigilanza. L’individuazione delle aree è poco chiara, inoltre non esiste una definizione inequivocabile dei comportamenti illeciti, per questo motivo le sanzioni finiscono quasi sempre nel nulla. Il Corpo Forestale dello Stato si rende disponibile per applicare le misure di prevenzione, per l’attività di vigilanza, ma anche di monitoraggio”. A seguire, ha preso la parola Jacopo Angelici, Vicepresidente regionale WWF. “La presenza di aree protette nelle Marche - ha detto - è consistente, ma gran parte delle biodiversità vive negli Appennini. Nelle Marche troviamo specie d’interesse comunitario (ndr: Direttiva 92/43/CEE) come geotritoni, ululoni (sempre più rari), tritoni italici, testuggini e serpenti cervoni (molto minacciati dagli incendi). Mentre la costa è ancora poco monitorata dal punto di vista di rilevamento della fauna”. Il seminario si è concluso con l’intervento di Claudio Zabaglia. “Questo seminario - ha affermato - è stato organizzato per raccogliere dai rappresentanti di altre Regioni ed esperti del settore informazioni e proposte sulle strategie da mettere in


atto per tutelare la piccola fauna. Gli animali di maggiori dimensioni, in quanto ai vertici delle catene biologiche, occupano areali vasti e fino ad un certo punto possono sottrarsi più agevolmente alle minacce. Diversa è la situazione degli animali di dimensioni ridotte con scarsa possibilità di movimento che subiscono fortemente gli effetti di tali interferenze e modificazioni ambientali: eppure la “piccola fauna” interessa la quota preponderante della fauna italiana e riguarda gli organismi che sono i principali componenti delle catene alimentari e svolgono un ruolo essenziale per la regolazione dei cicli biologici. La proposta di legge predisposta da parte della Posizione di Funzione Tutela degli animali e Rete ecologica regionale dell’Assessorato all’Ambiente, intende salvaguardare specie appartenenti a tali classi di animali. Una prima lista è stata stilata sulla base di documenti scientifici a disposizione relativamente alle conoscenze tassonomiche e allo status conservazionistico, in collaborazione con le Associazioni ambientaliste e le Società scientifiche: l’elenco è stato suddiviso in due parti a diverso regime di tutela e indirizzi di gestione. Sono previste norme che tutelano tali specie sia con azioni dirette sui singoli individui (divieto di uccisione, ferimento cattura, raccolta, maltrattamento, ecc..) sia attraverso l’intro-

duzione nei piani e nei progetti di soluzione atte a garantire la salvaguardia della “piccola fauna” (ad esempio limitando gli impatti prodotti dalle infrastrutture stradali che interrompono le rotte migratorie di alcuni tipi di anfibi). In tal senso la proposta di legge si affianca e va a completare la normativa regionale sulla protezione della fauna selvatica omeoterma (mammiferi ed uccelli), la L.R. 7/95 e successive modifiche e sulla pesca nelle acque interne (L.R. 11/03)”. “Le varie specie animali di interesse conservazionistico, ma peculiari anche come endemismi o elementi faunistici di importanza biogeografica, meritano speciale attenzione proprio per il loro valore locale e, in quanto indicatrici dello status di conservazione di un ambiente, offrono - ha concluso - un importante riscontro per programmare l’uso delle risorse verso uno sviluppo sostenibile” . L’Assessorato all’Ambiente della Regione Marche, inoltre, ha promosso monitoraggi naturalistici relativi alla vegetazione e alla fauna prevalentemente all’interno dei Parchi e dei Siti natura 2000. I dati sono stati archiviate in un database GIS, messo a disposizione degli Enti gestori di tali aree che possono, pertanto, implementare nel tempo il patrimonio di conoscenze.

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