n°12 Dicembre 2009 Anno X
Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona
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BUONEFESTE
In copertina: Immagine della brochure-cartella di presentazione del Progetto Slow Look (realizzazione rossodigrana)
n°12 Dicembre 2009 anno X
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CAMBIAMENTI CLIMATICI
Barcellona, 2-6 novembre 2009 - Climate Change Talks Difficile un nuovo trattato entro l’anno “Se i Paesi industrializzati non fanno la loro parte, non possiamo aspettarci che gli altri facciano la loro”
10 Water Day Speciale organizzato a Barcellona da Organizzazioni Internazionali L’ACQUA “evaporata” dal testo negoziale per Copenhagen Si chiede di ripristinare il riferimento degli impatti dei cambiamenti climatici sull’acqua
12 Un mese di Novembre di intense consultazioni in vista di Copenhagen Hindi-Chini e... Hamriki Bhai-Bhai-Bhai! Heuropiki-Hai? L’Europa messa a margini delle intese
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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Verona, 20-22 ottobre 2009 CREA 2009: conclusa positivamente la terza edizione Grande interesse e buoni riscontri per la terza edizione dell’Expo Business Forum Internazionale Termotecnica, Energia, Ambiente
IL COMMENTO
Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione Varato il primo decreto attuativo del Piano d’azione del Green Public Procurement (GPP) MATERIALE IN INSERTO
18 Le Havre, 8-10 dicembre 2009 China Europe Cogliere le opportunità per uno sviluppo urbano sostenibile Chengdu (Sichuan) emblema della ricostruzione eco-sostenibile
D. M. 12 Ottobre 2009 (G.U. n. 261 del 9/11/2009) Criteri ambientali minimi per l’acquisto di ammendanti e per l’acquisto di carta in risme da parte della Pubblica Amministrazione
a cura di Massimo Lombardi
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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Illustrata la nuova strategia dell’Agenzia Europea per l’Ambiente Informare, Valutare, Rendere possibile Accedere in modo semplice e rapido alle conoscenze
25 Presentato uno Studio sistematico dal Gruppo Veolia I rifiuti dei ricchi sono diversi da quelli dei poveri Necessità di una liberalizzazione del settore
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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Il Rapporto sulle Bioenergie di Itabia Solo il 30-35% del potenziale è effettivamente utilizzabile Sono ancora molti i punti di debolezza che caratterizzano il sistema
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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
Concluso a Roma il Vertice Mondiale FAO sulla Sicurezza alimentare Rammarico e delusione dopo la dichiarazione finale Senza obiettivi misurabili né termini specifici entro cui realizzarli
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Norman Borlaug Premio Nobel per la Pace 1970 Omaggio a chi è morto “indossando gli stivali”
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AMBIENTE E ARTE
Notizie non buone dall’aggiornamento dello IUNC-Red List “Le Pareti dell’Arca” Prendere coscienza della necessità di contrastare la minaccia di estinzione delle specie
AGENDA 21
Educazione all’impresa sostenibile
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€CO-FINANZIAMENTI
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I QUESITI DEL LETTORE
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AGENDA - Eventi e Fiere
a cura del Gruppo di Lavoro del progetto Vetrina della Sostenibilità Emilia-Romagna
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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Avviato il progetto della Fondazione Chiaravalle-Montessori “SLOW LOOK. Luoghi da gustare lentamente” Alla scoperta degli “spiriti” dei luoghi per un turismo sostenibile
POLIECO MAGAZINE
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UNO SPAZIO DEDICATO A...
Emilia-Romagna Un atlante del clima per vederci più chiaro
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CAMBIAMENTI CLIMATICI
Barcellona, 2-6 novembre 2009 - Climate Change Talks
DIFFICILE UN NUOVO TRATTATO ENTRO L’ANNO “Se i Paesi industrializzati non fanno la loro parte, non possiamo aspettarci che gli altri facciano la loro” Saranno i lettori a valutare se le considerazioni espresse dal Segretario esecutivo dell’UNFCCC avranno avuto ragione di sussistere, dal momento che quest’ultimo numero del 2009 sarà distribuito, probabilmente, quando la Conferenza delle Parti sul Clima avrà avuto termine.
“Non credo che potremmo conseguire un accordo giuridicamente vincolante a Copenhagen. Penso che questo sarà possibile entro un anno, dopo Copenhagen”. Così si è espresso Yvo de Boer nel corso dell’ultimo ciclo dei Climate Change Talks che si è svolto a Barcellona dal 2 al 6 novembre 2009.
Nel corso dell’anno abbiamo seguito con grande attenzione le vicende legate alla Road Map di Bali per raggiungere un nuovo accordo per il post-Kyoto (2012), né potevamo esimerci dal farlo visto che, secondo alcuni studiosi e commentatori, l’evento per le conseguenze economicoambientali che determinerà, avrà un impatto paragonabile a quello che il Congresso di Vienna (1815) ebbe per l’assetto politico-istituzionale dell’Europa. Non era perciò nostra intenzione associarci alle tante Cassandre sul futuro del Pianeta, anche se dobbiamo osservare che se la profetessa fosse stata ascoltata, Troia non sarebbe stata conquistata ed incendiata dai Greci che massacrarono tutti i suoi abitanti. Non sarà facile giudicare, peraltro, se sarebbe stato meglio concludere, comunque, l’accordo con impegni ben inferiori rispetto alle richieste del mondo scientifico ovvero adottare decisioni con mero valore politico oppure, viceversa, bloccare ogni conclusione per raggiungere entro un anno un accordo vincolante. Quel che è certo è che i leader mondiali, siano essi dei Paesi industrializzati come di quelli emergenti, non possono continuare a barcamenarsi nella speranza che siano gli altri ad esporsi maggiormente sul piano economico-finanziario, trascinandosi fino alle prossime tornate elettorali: i rischi sono diventati ormai troppo grossi. A tal fine prendiamo a prestito l’appropriata similitudine dell’editorialista ambientale Elizabeth Kolbert, della barca a remi che “può inclinarsi da un lato e poi tornare a posto. Può inclinarsi di nuovo e tornare a posto. Ma viene la volta che si inclina e raggiunge l’altro stato stabile, che consiste nel restare capovolta” (“Cronache da una catastrofe. Viaggio in un Pianeta in pericolo: dal cambiamento climatico alla mutazione delle specie”, Nuovi Mondi Media Edizioni, 2006, pag. 28). A Barcellona, gli Stati Uniti sono stati messi sotto pressione, affinché esplicitino i loro impegni, al di là delle conclusioni dell’iter della legge sul clima Kerry-Boxer, attualmente in discussione al Senato e che non sembra possa giungere a conclusione prima della Conferenza di Copenaghen. In assenza di espliciti obiettivi a medio termine di riduzione delle emissioni da parte dei Paesi industrializzati, 55 Paesi dell’Africa hanno messo in atto la clamorosa protesta di boicottaggio dei lavori bloccando una serie di sessioni di lavoro sul testo negoziale, che sono state riprese solo dopo l’intervento del Presidente del Working Group ad hoc sugli
Pompei. “Casa della Grata Metallica”, affresco (20-30 d.C.): Cassandra profetizza la caduta di Troia. A sinistra il padre Priamo seduto con accanto il piccolo Paride che tiene in mano la “mela”, mentre a destra il fratello Ettore ascolta preoccupato il vaticinio.
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impegni per il post-Kyoto (AWG-KP), John Ashe che aveva assicurato come le rimanenti sessioni sarebbero state dedicate agli obiettivi di riduzione. I Paesi dissidenti, che avevano avuto il sostegno di altri 130 (i G77 capeggiati dalla Cina, l’Alleanza dei Piccoli Stati Insulari (AOSIS) e un certo numero di Paesi dell’America latina), avevano fatto sapere, comunque, che erano pronti a ripetere l’azione di protesta se le nazioni più ricche non avessero accolto le raccomandazioni del Gruppo Intergovernativo dell’ONU (IPCC) di ridurre, entro il 2020, le emissioni del 2540%, mentre le offerte, fino allora pervenute, equivalevano a tagli di meno del 10%, rispetto ai livelli del 1990.
di Azione sul Clima), ha sottolineato: “Noi chiediamo ai Paesi in via di sviluppo di seguire l’esempio europeo nella riduzione delle emissioni, impegnandosi a tagliare del 30% le emissioni entro il 2020”. “Una formula per valutare i tagli delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo dovrebbe tener conto delle diverse condizioni locali specifiche di ciascun paese - ha aggiunto il Commissario UE per l’Ambiente che è stato critico nei confronti di Stati Uniti, Russia, Ucraina, Canada e Australia, per non aver fissato ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni - Se i Paesi industrializzati non fanno la loro parte, non possiamo aspettarci che gli altri facciano la loro”.
A questa loro posizione, si sono in qualche modo associati i Sindaci delle più grandi città d’Europa degli Stati Uniti che avevano sottoscritto un appello per raggiungere un ambizioso accordo a Copenhagen, impegnandosi a contribuire all’attuazione dell’eventuale trattato nelle proprie città. “I Paesi che hanno messo finora sul tavolo impegni che rientrano nel range raccomandato dagli scienziati - ha osservato il Sindaco di New York Michael Bloomberg - sono solo Norvegia e Giappone”. Se è vero che la Norvegia ha fissato l’obiettivo più ambizioso di ridurre del 40% le emissioni rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, quello annunciato dal nuovo Governo giapponese di voler ridurre del 25% le emissioni rispetto alla proposta dell’8% del precedente Governo deve essere verificato se al netto o comprensivo della produzione di energia dal nucleare. Anche Arthur Runge-Metzger, Capo della delegazione della Commissione UE ha affermato di aversi simpatizzato con protesta, pur aggiungendo che “ogni iniziativa di boicottaggio dei negoziati non approderebbe ad alcun risultato”.
Di seguito riportiamo una Sintesi dei lavori sulla base delle notizie riportate nelle News del 10 Novembre del Focal Point IPCC per l’Italia. A Barcellona hanno partecipato circa 4.500 in rappresentanza di 181 Paesi, che hanno preso parte ai lavori della seconda parte delle sessioni dei due Gruppi di lavoro ad hoc, in particolare: - la 7a Sessione del Gruppo sull’azione cooperativa di lungo termine (AWG-LCA); - la 9a Sessione del Gruppo sugli ulteriori impegni per i Paesi inclusi nell’Allegato I che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto (AWG-KP). Obiettivi Il gruppo AWG-LCA doveva prendere in considerazione un insieme di documenti, non-papers ed addendum che erano già stati elaborati nel corso della 1a Parte di Sessione che si era svolta a Bangkok (cfr: “Leader mondiali e relativi negoziatori in disconnessione” in Regioni&Ambiente n. 11 novembre 2009, pag. 2 e segg.) e: - una lista ulteriormente aggiornata delle proposte di nuove disposizioni istituzionali per il miglioramento dei pilastri del BAP (Bali Action Plan) e i relativi mezzi di attuazione; - una lista degli obiettivi quantificati proposti dalle Parti nel contesto dell’obiettivo mondiale di lungo termine di riduzione delle emissioni (nell’ambito della “visione condivisa”) e dei relativi obiettivi intermedi (nell’ambito della “mitigazione”), preparata dal Presidente del Gruppo, Zammit Cutajar.Organizzazione del lavoro Anche durante la 2a parte della 7a Sessione, il lavoro è stato organizzato attraverso la suddivisione in 6 gruppi di contatto sui pilastri del BAP, stabiliti durante la 1a parte, e in ulteriori sotto-gruppi (sui vari aspetti specifici della mitigazione, stabiliti a Barcellona durante il primo incontro del corrispondente gruppo di contatto). Per accelerare il processo, il Presidente aveva anche suggerito, in una nota, una lista indicativa di elementi sui quali iniziare a concentrare il lavoro, preparata in base ai suddetti non-papers. Il Presidente aveva, inoltre, previsto consultazioni informali sull’organizzazione del lavoro della successiva sessione del
Come noto, proprio nei giorni immediatamente precedenti i colloqui di Barcellona, il Consiglio UE aveva dato il via libera ad un impegno del 30%, se anche gli altri Paesi industrializzati avessero adottato proposte similari (cfr: “Taglio delle emissioni di gas ad effetto serra del 30% entro il 2020 e fino al 95% entro il 2050” in Regioni&Ambiente n. 11 novembre 2009, pagg. 18-19). Intervenendo il 4 novembre alla Commissione Ambiente del Parlamento europeo, il Commissario Stavros Dimas, dopo aver ricordato che con ogni probabilità quella sarebbe stata la sua ultima occasione di essere ascoltato dai Membri della Commissione (ndr: alla vigilia dell’entrata in vigore dal 1° dicembre 2009 del nuovo Trattato dell’Unione europea, il Presidente della Commissione UE José Manuel Barroso ha annunciato che il nuovo Commissario all’Ambiente sarà lo sloveno Janez Potočnik, già Commissario alla Scienza e Ricerca durante il Barroso 1; mentre la danese Connie Hedegaard ricoprirà il nuovo importantissimo portafoglio
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gruppo e su alcuni concetti generali sollevati dalle Parti, come la “forma del documento” e la “natura legale” del futuro accordo, la cui soluzione è di fondamentale importanza. Risultati Il Presidente del Gruppo ha osservato, quindi, che i 6 gruppi di contatto hanno lavorato senza riposo, riportando alcuni progressi verso un nuovo testo negoziale più conciso, aggiornando, revisionando e snellendo la serie dei non-papers (12) che non hanno tutti lo stesso grado di maturità né di intesa tra le Parti. Secondo le conclusioni adottate, i testi contenuti nei nonpapers saranno raccolti in un allegato al Rapporto finale della 7a Sessione dell’AWG-LCA, in modo da poter essere utilizzati come base per le negoziazioni a Copenaghen,
centrale, ma non vi era ancora riuscito. Inoltre, secondo il programma di lavoro, il Gruppo doveva considerare gli aspetti relativi alle norme e alle modalità (comprese bozze di decisioni della Conference of Parties/Meeting of Parties - COP/MOP o di emendamenti del Protocollo di Kyoto) per il miglioramento degli elementi seguenti: - analisi dei mezzi a disposizione dei Paesi inclusi nell’Allegato I per raggiungere i loro obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e identificazione dei modi per migliorarne l’efficacia e la capacità di contribuire allo sviluppo sostenibile; - rilevanti aspetti metodologici; - “potenziali conseguenze ambientali e socio-economiche, inclusi gli effetti di spill over, delle politiche, misure e
pronto almeno due settimane prima. Non ci saranno ulteriori revisioni a tali non-papers nel periodo intersessionale, e, poiché si tratta di testo “non concordato”, l’AWG-LCA continuerà ad avere sul tavolo negoziale anche tutti gli altri documenti preparatori alla Sessione conclusa a Barcellona, sopra menzionati, fermo restando che la loro forma non intende pregiudicare in un alcun modo “la forma e la natura legale” dell’accordo che si dovrebbe raggiungere a Copenaghen, la quale rimane ancora indeterminata.
metodologie disponibili ai Paesi inclusi nell’Allegato I”. I documenti preparatori alla sessione comprendevano: • documentazione per facilitare le negoziazioni, revisionata dopo la 1a parte della Sessione corredata dai 4 addenda su: a) proposte di emendamenti al Protocollo di Kyoto conformemente all’Art. 3.9 (Add.1); b) altre proposte di emendamenti al Protocollo di Kyoto (Add. 2); c) proposte di elementi di bozze di decisioni sugli altri aspetti relativi agli ulteriori impegni di riduzione per i Paesi industrializzati, sui quali il gruppo ha stabilito che è necessario lavorare ulteriormente, suddivise in quattro allegati specifici sulle tematiche (Add. 3): - sistema di scambio delle quote di emissione di gas serra (Emission Trading Scheme) e meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto; - LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry); - settori e categorie delle fonti dei gas serra, metriche comuni alternative per il calcolo della CO2 eq dei gas serra e altri aspetti metodologici; - altri aspetti; d) proposte delle Parti sui possibili obiettivi individuali quantificati di riduzione o limitazione delle emissioni e sull’intervallo di riduzione delle emissioni di gas serra
L’AWG-KP era chiamato, invece, ad intensificare il lavoro in modo da riuscire a portarlo a temine entro i tempi appropriati, continuando ad attingere dalla documentazione revisionata preparata dal Presidente del Gruppo per facilitare le negoziazioni, cercando di consolidarne il testo. L’idea era che il testo così “ripulito” presentasse chiaramente le opzioni, tra le quali i Ministri saranno chiamati a scegliere a Copenaghen. Come nella 1a parte della Sessione, gli aspetti connessi alle riduzioni delle emissioni di gas serra per l’insieme dei Paesi inclusi nell’Allegato I e per ciascuno di essi, singolarmente, erano prioritari. Stando al programma di lavoro, infatti, il Gruppo avrebbe già dovuto adottare delle conclusioni su questo argomento
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che i Paesi inclusi nell’Allegato I devono raggiungere in totale; • testo relativo alle “potenziali conseguenze”, anch’esso revisionato dopo la 1a parte della sessione); • una serie di “non-papers”, (5) contenenti proposte di emendamenti del Protocollo di Kyoto, proposte di elementi di decisioni da sottoporre alla COP/MOP, o opzioni di riformulazione del testo, che rispecchiano il lavoro intrapreso durante la 1a parte della sessione. Organizzazione del lavoro Durante la 2a parte della 9a Sessione dell’AWG-KP, è stato mantenuto lo stesso approccio adottato durante la 1a parte, compresa l’organizzazione del lavoro attraverso la suddivisione nei 4 gruppi di contatto stabiliti.
temi prioritari, né sugli altri punti in agenda, pertanto lo dovrà concludere alla prossima sessione a Copenaghen, prima di presentarne gli esiti alla COP/MOP. Non sono state adottate conclusioni, ma lo stato di avanzamento dei lavori è rispecchiato nei nuovi non-papers (4) revisionati e aggiornati a Barcellona, che il Presidente del Gruppo prenderà in considerazione nella preparazione della documentazione per l’AWG-KP10.
Secondo il Presidente del Gruppo, John Ashe, i progressi compiuti sono stati “inferiori rispetto a quanto desiderato”, nonostante il gruppo abbia tenuto intense discussioni su aspetti sia di carattere generale sia di tipo tecnico, riportando sviluppi positivi soprattutto su questi ultimi, compresi: un generale consenso sul 1990 come scelta per l’anno base e un movimento verso il consenso riguardo alle diverse opzioni sulla durata del periodo di impegni. Le discussioni si sono concentrate soprattutto sugli obiettivi quantificati di riduzione delle emissioni di gas serra dei Paesi industrializzati (QELRO - Quantified Emission Limitation and Reduction Objective) e sul miglioramento della trasparenza e dell’ambizione in merito, attraverso la presentazione da parte di tali Paesi delle loro proposte, insieme alle opportune spiegazioni riguardo all’anno base, al contributo dell’uso del LULUCF al raggiungimento degli obiettivi, della ripartizione in azioni domestiche e azioni di compensazione, e al trattamento delle emissioni derivanti da trasporto marittimo e aereo internazionale. Il summenzionato documento (Add.1) che contiene le proposte di emendamenti al Protocollo di Kyoto conformemente all’Art. 3.9 sarà revisionato prima della Conferenza di Copenaghen in modo da rispecchiare le proposte avanzate durante le discussioni concluse. Il Gruppo non è riuscito a terminare il lavoro né su questi
Potevamo fermare gli effetti dei cambiamenti climatici... Non l’abbiamo fatto”, lo slogan della Campagna pubblicitaria “Act Now: Change the Future”. Le pubblicità sono state diffuse dalla Coalizione mondiale tcktcktck.org e Greenpeace come sollecitazione per conseguire un accordo equo, serio e vincolante al Summit sul Clima di Copenhagen. “Se leader come Obama, Sarkozy, Merkel, Brown, Lula,ecc. non saranno in grado di sbloccare i negoziati, il mondo andrà incontro a migrazioni di massa e carestie - ha affermato Kumi Naidoo, Direttore esecutivo di Greenpeace International e Presidente della Campagna tcktcktck.org - se questo accadrà I’m sorry sarà la parola più usata, ma purtroppo non servirà a nulla”. “Non ci sarà possibilità di evitare le nostre richieste - ha concluso Naidoo - da quando avranno inizio fino al termine delle trattative, faremo in modo che tutti i partecipanti sappiano cosa fare. È compito dei Capi di Stato e in particolare del Presidente Obama, smettere di parlare e agire adesso”.
Dal 1° dicembre 2009 i viaggiatori in arrivo all’aeroporto di Copenhagen verranno accolti da cartelloni pubblicitari con le facce invecchiate dei leader del mondo che chiedono scusa per non essere stati capaci di affrontare i cambiamenti climatici. Le immagini sono accompagnate dal titolo “Mi dispiace.
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Water Day Speciale organizzato a Barcellona da Organizzazioni Internazionali
LʼACQUA “EVAPORATA” DAL TESTO NEGOZIALE PER COPENHAGEN Si chiede di ripristinare il riferimento degli impatti dei cambiamenti climatici sull’acqua A Barcellona, in concomitanza dei Si può affermare, quindi, che la crisi commissionato da Circle of Blue e fiClimate Change Talks, si è svolto il 3 climatica globale è anche crisi idrica nanziato dalla Molson Coors Brewing Novembre un Water Day speciale per globale. Company, condotto con interviste a portare l’attenzione su come l’acqua Ciononostante, nell’ultima versione del mille persone di 15 Paesi e ad altre costituisca un problema connesso ai testo negoziale per le azioni di adatta- 500 di Canada, Cina, India, Messico, cambiamenti climatici e trasversale alle mento (il cosiddetto non-paper 31) ha Russia, Regno Unito e Stati Uniti a cui azioni di adattamento e mitigazione. tolto ogni chiaro riferimento all’acqua e sono state rivolte domande su specifici L’evento è stato organizzato dal Global alla sua gestione (ndr: in merito si veda argomenti, ha messo in luce che l’87% Public Policy Network on Water Mana- “Riduzione dei rischi e assicurazioni. degli intervistati, con un incremento gement (GPPN), in collaborazione con Rafforzare la proposta di Munich Climate di 5 punti, rispetto ad un precedente UN-Water, gruppo interagenziale di Insurance Initiative”, redatto da Christo- sondaggio del 2003, pensa che la pe26 organi delle nuria d’acqua Nazioni Unite sia il problema e di 23 ONG, ambientale più ed ha visto rigrave, superiore uniti esperti all’inquinamensulla gestione to atmosferico, dell’acqua, che all’esaurimento si sono confrondelle risorse tati in 6 sessioni naturali, alla pertematiche per dita di habitat e presentare un ai cambiamenti documento alla climatici. Conferenza di Il Documento Copenhagen in richiama, inolcui si evidenzia tre, l’attenzione che “l’UNFCCC dei decisori poriconosca il litici su alcune ruolo cruciale questioni-chiasvolto dall’acqua ve relative nell’adatttamento all’acqua che ai cambiamendovrebbero ti climatici, per esser tenute in Thenkasi, Tamil Nadu (India) autore Aswin Kumar David (FAO Water photo gallery) aumentare la debito conto, resilienza e ragquando si deph Bals, Direttore esecutivo di German giungere lo sviluppo sostenibile”. finirà a Copenhagen l’eventuale, ma Watch e Vicepresidente di MCII). Il documento sottolinea che l’acqua auspicabile, trattato sul clima. non è un settore, ma lo strumento prin- “Voglio essere molto chiaro - ha dichiacipale attraverso il quale i cambiamenti rato Pasquale Steduto, Presidente di Gli impatti dei cambiamenti climatici climatici faranno sentire i loro effetti UN-Water - Non c’è sviluppo senza sulle risorse idriche condizioneransulle popolazioni e sugli ecosistemi, a acqua; non c’è sicurezza alimentare no la produzione alimentare e lo causa dei previsti cambiamenti, sia in senza acqua; probabilmente, non c’è sviluppo. quantità che qualità. sicurezza energetica senza acqua. Se Il 90% dei 3 miliardi in più di persone Il modo con il quale l’acqua sarà gestita l’acqua non viene più riconosciuta nel- che nel 2050 popoleranno il Pianeta nei Paesi e tra Paesi sarà determinan- le strategie e nei piani di adattamento vivranno nei Paesi in via di sviluppo, te per il successo di qualunque sforzo ai cambiamenti climatici, stiamo com- dove già molte regioni sono sotto stress venga intrapreso per l’adattamento agli mettendo un grave errore”. idrico. Le politiche integrate sull’uso dei impatti dei cambiamenti climatici. Al- Il Forum ha rilasciato una dichiarazione suoli e delle acque saranno fondamentrettanto vitali per importanza, saranno in cui si sottolinea che l’acqua non può tali per la gestione flessibile dell’acqua le attività di mitigazione per vari settori, “evaporare” da ogni accordo o trattato in- tra utenti in concorrenza tra loro, dancome l’energia idroelettrica, l’agricoltu- ternazionale sui cambiamenti climatici. do priorità ai bisogni umani. ra e le attività forestali. Un recente sondaggio indipendente,
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Le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici non sono solo una questione nazionale. Più del 75% degli Stati mondiali condividono con altri i bacini idrografici. La scarsità di risorsa quale conseguenza dei cambiamenti climatici, secondo alcuni osservatori, potrebbe generare conflitti. La cooperazione regionale in materia di adattamento ai cambiamenti climatici sarà determinante per prevenirli. Gli investimenti sugli ecosistemi possono contribuire a conservare i rifornimenti idrici. Costruire la resilienza degli ecosistemi ai cambiamenti climatici è una priorità per la loro conservazione. Ecosistemi sani hanno bisogno di acqua per contribuire a mantenere in buona salute il ciclo delle acque, condizione fondamentale per la sicurezza alimentare. Dati, informazioni e governance sono elementi decisivi. Per comprendere gli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche
sarà necessario migliorare la raccolta e condivisione dei dati, nonché una migliore capacità di saperli utilizzare. Comunque, gli impatti dei cambiamenti climatici si fanno già sentire, perciò per rispondere alla variabilità e alle incertezze dei dati bisogna migliorarne la raccolta e gestione come presupposto di un buon adattamento. Gli sforzi di mitigazione dei cambiamenti climatici debbono tenere nella dovuta considerazione l’elemento acqua. Il previsto aumento della produzione di energia di origine idroelettrica e da biocarburanti, per limitare le emissioni di carbonio, dipenderà in larga misura dai flussi sostenuti di acqua e dalla sua disponibilità. Deve essere tenuta in debita considerazione l’eventualità di alterazioni del ciclo delle acque per effetto dei cambiamenti climatici. La costruzione di dighe per lo stoccaggio di acqua e per la produzione energetica deve essere praticata in un contesto di comprensione e mitigazione dell’impatto potenzialmen-
te negativo sulle popolazioni umane e sull’ambiente. Al contempo, le produzioni bioenergetiche debbono essere controbilanciate da sicurezza alimentare e protezione degli ecosistemi. “Se guardiamo alla questione giustizia legata ai cambiamenti climatici - ha osservato Ania Grobicki, Segretario esecutivo di Global Water Partnership i Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici sono quelli meno in grado di attuare azioni di adattamento e di sostenere gli sforzi socio-economici che sarebbero necessari. Molte altre Regioni e Paesi sono alle prese con enormi costi per le azioni di mitigazione - come le Filippine a seguito dei recenti tifoni. L’aumento della scarsità d’acqua e di fenomeni meteorologici estremi, sarà causa di grandi sofferenze per l’umanità, mentre l’aumento delle temperature provocherà in futuro disastri collegati all’acqua. Un giusto ed equo trattato sul clima richiede che tali problematiche siano poste all’ordine del giorno e... vi persistino”.
Rappresentazione multidimensionale della popolazione, del PIL procapite della media di consumo d’acqua a persona e accesso ad acqua potabile. L’altezza, l’ampiezza e la profondità della grafica 3D corrispondono ai parametri di ciascun Paese. La grafica permette il confronto dei dati tra i 7 diversi Paesi (fonte Hannah Nester per Circle of Blue)
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Un mese di Novembre di intense consultazioni in vista di Copenhagen
HINDI-CHINI E... HAMRIKI BHAI-BHAI-BHAI! HEUROPIKI-HAI?
L’Europa messa a margini delle intese Alla fine degli anni ’50, viventi i due leader storici di India e Cina Popolare, Nerhu e Mao, a saldare vincoli di amicizia tra i due Paesi, fu coniato lo slogan, scandito dalle folle festanti durante gli incontri bilaterali tra i due Paesi: Hindi-Chini Bhai-Bhai (Indiani e Cinesi sono fratelli). Poi le vicende storiche, il conflitto sino-indiano del 1962, le differenti prese di posizione ogniqualvolta intervenivano guerre e rivolte nei piccoli Stati del Sub-continente Indiano, la rivendicazione del Kashmir da parte della Cina, gli esuli tibetani ospitati nello stato indiano dell’Arunchal Pradesh, le incursioni cinesi nel Ladhak, avevano trasformato l’amichevole slogan nel più aspro Hindi-hai hai-Chini (Indiani e Cinesi sono diversi). Ci volevano i cambiamenti climatici in corso e la 15a Conferenza delle Parti (COP15) del prossimo dicembre per far riproporre a commentatori ed analisti il vecchio slogan. L’elefante indiano e il dragone cinese hanno messo da parte ogni rivalità e disputa ed hanno sviluppato nel corso degli ultimi mesi una serie di accordi ed iniziative per far fronte comune contro i Paesi industrializzati, accusati di voler impedire la crescita economica dei Paesi in via di sviluppo, dopo aver saccheggiato per anni risorse e aver indotto un degrado ambientale che sta provocando la crisi climatica. Così il Ministro dell’Ambiente indiano Jairam Ramesh e il Ministro cinese per lo Sviluppo, nonché capo negoziatore della Commissione sui cambiamenti climatici, Xie Zhenhua, al termine dell’ultima intensa serie di incontri hanno dichiarato che “Sia India che Cina stanno collaborando per garantire un risultato giusto ed equo a Copenhagen, in linea con i principi della Convenzione di Rio del 1992, del Protocollo di Kyoto del 1997 e del Piano di Azione di Bali del 2007”. “A mio avviso - ha sottolineato Ramesh - non vi è praticamente alcuna differenza tra la posizione negoziale indiana e quella cinese”. “I due Paesi - gli ha fatto eco Zhenhua - hanno convenuto di
da sinsitra Jairam Ramesh e Xie Zhenhua - Foto Dar Yasin (Associated Press)
istituire un gruppo di lavoro sui cambiamenti climatici per scambiarsi opinioni sulle questioni relative ai cambiamenti climatici”. Vale a dire, Cina ed India, rispettivamente 1° e 4° Paese inquinatore mondiale, terranno una posizione comune a Copenhagen. Essendo le economie dei due Paesi in continua e rapida crescita, nonostante la recessione, dal loro progresso economico dipenderà la possibilità di tenere a galla l’economia mondiale che rischia di affondare. Ovviamente, questa situazione costituisce un punto di forza negoziale. C’è da aggiungere, comunque, che questi Paesi hanno investito più di ogni altro sulle energie rinnovabili e su una economia futura carbon free. In questo “patto di ferro” ha tentato di inserirsi il Presidente USA Barack Obama. Nel corso del Vertice APEC, l’Associazione per la Cooperazione economica dell’Asia-Pacifico, tenutosi in Singapore a metà novembre, Obama ha incontrato il Presidente cinese Hu Jintao, convenendo con lui che sarebbe “irrealistico attendersi un accordo sul tetto alle emissioni di anidride carbonica entro 22 giorni”. Forti ed immediate sono state le reazioni a tali dichiarazioni che sono sembrate aver predefinito il fallimento della trattativa prima che cominciasse. Così, durante la visita a Pechino nei giorni seguenti, Obama ha incontrato ufficialmente il Presidente cinese e dei colloqui intercorsi un comunicato stampa congiunto cercava di limitare l’impatto mediatico della precedente dichiarazione: “Le due parti, compatibilmente con le circostanze nazionali, sono decise ad adottare azioni di riduzione e riconoscono l’importante ruolo svolto dai loro paesi nel promuovere un risultato sostenibile che rafforzerà la capacità del mondo a combattere i cambiamenti climatici”. Ossia USA e Cina convengono: - sulla necessità di affrontare l’emergenza climatica e volontà di raggiungere un risultato concordato a Copenhagen, non vincolante, ma politico (senza sanzioni); - che si riducano le emissioni di gas serra, al di fuori, però, di tetti e tempi; - che i Paesi in difficoltà avranno finanziamenti per le azioni di mitigazione e adattamento, purché non pregiudichino le economie dei Paesi industrializzati e dei Paesi emergenti di più rapida crescita. Insomma, si è tornati a parlare di un G2. Per non offendere l’India che si è sentita un po’ esclusa da un’intesa già intervenuta, il 24 e 25 novembre Obama ha ricevuto a Washington, nella sua prima cena di Stato da quando è divenuto Presidente USA, il leader indiano Manmohan Singh. Dopo aver ricordato che India e America sono le due più grandi
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democrazie del mondo e riaffermato che c’è l’impegno della sua amministrazione a rispettare pienamente l’accordo sul nucleare civile che era stato siglato tra USA e India nel 2005, Obama ha affermato, tra l’altro, che l’India è indispensabile nella lotta ai cambiamenti climatici e che è convinto di poter raggiungere un ”forte accordo operativo a tre, con Cina e India, perché al prossimo vertice di Copenaghen si produca un risultato positivo”. L’Europa non è stata a guardare. Dopo la decisione assunta dal Consiglio UE (29-30 ottobre) di ridurre le emissioni del 30% entro il 2020 (cfr: “Taglio delle emissioni di gas ad effetto serra del 30% entro il2020 e fino al 95% entro il 2050” in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2009, pagg. 18-19), l’Unione Europea è andata a verificare quale accoglienza avesse trovato tale proposta tra le altre grandi potenze. “L’Unione Europea ha obiettivi ambiziosi - ha dichiarato il Presidente di turno, il primo Ministro svedese Fredrik Reinfeldt ñ ma non possiamo lottare da soli contro i cambiamenti climatici”. Così il 3 novembre, durante il Vertice Stati Uniti - Unione Europea, svoltosi alla Casa Bianca, le parti hanno discusso anche il modo per raggiungere un accordo internazionale sul clima post-Kyoto 2012, in vista della Conferenza di Copenhagen. Secondo quanto riportato nelle dichiarazioni ufficiali le due potenze “hanno espresso la propria posizione politica e compreso i reciproci processi politici. Ora daranno il proprio contributo affinché il dibattito negoziale in corso possa progredire... È indispensabile aumentare gli sforzi in queste settimane che mancano all’appuntamento di Copenhagen per assicurare l’inizio di un percorso verso un progresso che non acceleri la potenziale catastrofe ecologica”. Al di là delle solite ottimistiche conclusioni si è ben capito che da parte statunitense c’è la conferma di voler mantenere il riscaldamento globale entro i +2 °C rispetto alla temperatura della Terra prima della rivoluzione industriale, entro la fine del secolo, ma non c’è concordia, o meglio, Obama non può impegnarsi a tagli superiori al 17% entro il 2020 (peraltro, rispetto ai livelli del 2005, non già del 1990!), in attesa di verificare la posizione finale del Congresso statunitense in merito alla Legge sul clima. Il “clima” è stato pure uno dei punti caldi del Summit IndiaUE che si è celebrato a New Delhi il 6 novembre.
Il Presidente, appena riconfermato, della Commissione UE José Manuel Barroso ha voluto subito chiarire che da parte europea non c’è alcuna intenzione di voler appoggiare la proposta di un ventilato Piano B che sarebbe auspicato dagli USA e da altri Paesi ricchi, per la sottoscrizione di accordi volontari, rispetto a quelli giuridicamente vincolanti di Kyoto: “Penso che non si debba mai rinunciare inizialmente, perché c’è il rischio di non iniziare mai. Se si inizia a Copenhagen con un Piano B, è probabile che si finisca con un Piano F, come fallimento”. Da parte sua, il Premier indiano Manmohan Singh ha ribadito la posizione del suo Paese che, preliminare ad ogni obiettivo di riduzione, devono essere messi sul tavolo dei negoziati i finanziamenti per aiutare i Paesi in via di sviluppo alle azioni di mitigazione e adattamento e il trasferimento dai Paesi industrializzati delle “tecnologie verdi”. “I Paesi sviluppati - ha detto Singh - non possono compromettere il nostro sviluppo. Ciò non toglie che noi, quali membri della comunità globale, riconosciamo che dobbiamo fare la nostra parte per mantenere le emissioni entro limiti che siano sostenibili e giusti”. Così la Dichiarazione congiunta non poteva che contenere generiche affermazioni di principio quali: “India e UE hanno sottolineato che il cambiamento climatico è una delle più importanti sfide a livello mondiale... hanno riconosciuto la visione scientifica che l’aumento della media mondiale temperatura al di sopra dei livelli pre-industriali non dovrebbe superare i 2 gradi Celsius... hanno riconosciuto che questo obiettivo deve tener conto della priorità assoluta di eliminare la povertà e l’esclusione sociale ed economica dei Paesi in via di sviluppo... lavoreranno insieme per realizzare un ambizioso ed equo risultato a Copenhagen... hanno convenuto che nella lotta contro il cambiamento climatico la stessa priorità deve essere data alle azioni di mitigazione e adattamento e riconoscimento del ruolo fondamentale del sostegno ai Paesi in via di sviluppo... l’UE ha evidenziato l’importanza del suo pacchetto energia e clima, l’India l’importanza del suo piano d’azione nazionale sui cambiamenti climatici...”. Insomma, non si è evidenziato alcunché di nuovo. L’ultimo appuntamento dell’Unione Europea con le grandi potenze è avvenuto a Nanjing il 30 novembre per il Vertice Cina - Unione Europea. Alla vigilia, il Presidente della Commissione Barroso aveva dichiarato che “Da questo vertice abbiamo intenzione di invia-
Da sinistra: Javier Solata, Ministro degli Esteri e della Sicurezza UE; Fredrik Reinfeldt, Presidente del Consiglio UE; Barack Obama, Presidente USA; José Manuel Barroso, Predidente della Commissione UE - Foto Gunnar Seijbold/Regeringkansliet
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re un messaggio forte sulla nostra comune determinazione ad affrontare e superare insieme le sfide globali e di raggiungere un risultato ambizioso a Copenhagen”. Il suo ottimismo era conseguenza della decisione del Consiglio di Stato che la Cina avrebbe ridotto del 40-45% le sue emissioni di carbonio entro il 2020, rispetto ai livelli del 2005. Così il Presidente del Consiglio UE Reinfeldt, dopo aver blandito la Cina dichiarando che “è indispensabile che svolga un ruolo da leader, assumendosi le proprie responsabilità”, è subito passato all’invito perentorio di “Bisogna fare di più contro il riscaldamento globale”. Ma due giorni prima a Pechino c’era stato un Vertice dei Paesi più evoluti economicamente tra i Paesi in via di sviluppo, con la presenza del Sudan in rappresentanza dei Paesi del G77, sempre in vista di Copenhagen, in cui si concertava che tali Paesi non avrebbero sottoscritto alcun accordo nella capitale danese, se non fossero state incluse misure di sostegno economico-finanziario e tecnologico. Comunque, il Primo Ministro cinese Wien Jiabao ha affermato che la Cina è intenta a lavorare con gli altri leader mondiali per assicurare un accordo significativo in occasione del vertice sul clima di Copenaghen. Ha ricordato, poi, la recente posizione assunta in merito al taglio delle emissioni di carbonio, ribadendo anche la posizione del suo Paese sulla maggiore responsabilità che i Paesi industrializzati hanno per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’assistenza ai Paesi in via di sviluppo nel fare la loro parte. Nella dichiarazione finale ai paragrafi 9 e 10 che riguardano i Cambiamenti climatici e le attività di governance ambientale si legge: “Le due parti hanno condiviso che i cambiamenti climatici sono una delle più importanti sfide globali del nostro tempo, che richiede urgenti e cooperative azioni... hanno ritenuto che debba aumentare da parte dei Paesi sviluppati il sostegno finanziario e i modi per promuovere la disseminazione e il trasferimento delle tecnologie nei Paesi in via di sviluppo,che sarà un importante obiettivo a Copenhagen... hanno sottolineato che un ambizioso e trasparente obiettivo di riduzione da parte dei Paesi sviluppati, adeguate azioni di mitigazio-
ne a livello nazionale da parte dei Paesi in via di sviluppo, al fine di promuovere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, con il sostegno e la capacità di finanziamento, tecnologia e implementazione dei Paesi sviluppati, sono determinanti per promuovere gli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici... L’UE ha accolto con favore ed apprezzato la decisione della Cina di fissare quantificati obiettivi nazionali per limitare l’intensità di carbonio della sua economia, così come gli altri obiettivi numerici ed azioni politiche, come contributo per affrontare i cambiamenti climatici... La Cina ha accolto con favore e apprezza il ruolo di primo piano e i grandi sforzi dell’UE per affrontare il cambiamenti climatici”. Nessuna novità! Nel corso del Vertice sono stati sottoscritti 6 accordi di cooperazione, tra cui sono stati anche firmati un protocollo d’intesa per la realizzazione di un impianto di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), visto che la Cina produce attualmente l’80% della sua elettricità dalle centrali a carbone, ed un memorandum d’intesa sull’efficienza energetica nel settore edile. Anche se Wien Jiabao si è dichiarato disponibile ha partecipare di persona a Copenhagen, c’è la sensazione che l’Unione Europea non sia riuscita ad uscire da una situazione di isolamento e a dare la sensazione di affidabilità e di compattezza, specie per le posizioni assunte dai Paesi membri dell’Est che non sarebbero in grado di sostenere gli sforzi economici di un accordo vincolante (come pure l’Italia). In più, la bozza di accordo predisposta dal Governo danese che prevederebbe una riduzione delle emissioni a scalare, per raggiungere un taglio del 50% entro il 2050, che è sembrata ai più molto vicina alle posizioni statunitensi, non ha certo offerto un’immagine di unione. C’è chi ormai dà per scontato che USA, Cina e India preferiscano un appuntamento decisivo nel 2010 in Messico, alla Conferenza COP16. Vedremo cosa succederà a Copenhagen; ma ci sembra che si possa dire: Hindi-Chini e... Hamriki Bhai-Bhai-Bhai, Heuropiki-hai!
Il Presidente cinese Wien Jiabao e il Presidente della Commissione UE José Manuel Barroso (Fonte EU)
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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Verona, 20-22 ottobre 2009
CREA 2009: CONCLUSA POSITIVAMENTE LA TERZA EDIZIONE Grande interesse e buoni riscontri per la terza edizione dell’Expo Business Forum Internazionale Termotecnica, Energia, Ambiente Buoni i risultati della terza edizione di CREA Expo Business Forum Internazionale Termotecnica, Energia, Ambiente, svoltasi a Verona dal 20 al 22 ottobre 2009. La manifestazione si è confermata come l’appuntamento specifico e verticale per i settori di riferimento, rivolto ad un pubblico qualificato di soli operatori professionali, quali progettisti, ingegneri, impiantisti, integratori di sistema, prescrittori, distributori, imprese edili ecc. Nonostante le difficoltà congiunturali, infatti, sono giunti alla fiera di Verona nei tre giorni di manifestazione oltre 5.100 operatori qualificati provenienti da 24 Paesi (9.907 erano quelli preregistrati on-line), un dato per cui EIOM (Ente Italiano Organizzazione Mostre), anche quest’anno, come per le precedenti edizioni, ha richiesto la certificazione alla ISF (Istituto di Certificazione Dati Statistici Fieristici) a
garanzia di aziende ed operatori partecipanti. Numeri molto importanti in senso assoluto che esplicitano la conferma della fiducia da parte delle aziende e degli operatori nei confronti dell’evento. Punto di forza di CREA è risultato ancora la concomitanza con altre Mostre Convegno Internazionali quali Acquaria (Trattamento Acqua e Aria), MCM (Manutenzione Industriale) e SAVE (Automazione, Strumentazione, Sensori), che ha favorito una rete di sinergie tra gli eventi in programma e i collegati settori di attività. I dati registrati confermano, inoltre, l’elevato interesse dei visitatori sia per la manifestazione che per il suo format ormai consolidato, basato sull’unione di una parte espositiva ad un importante calendario di Corsi, Convegni e Seminari utili all’aggiornamento professionale degli stessi operatori.
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Momenti di approfondimento, questi, che sono stati costruiti con la collaborazione delle principali associazioni di categoria, a cui si è aggiunta una valida serie di Workshop tecnico-applicativi curati dalle stesse aziende espositrici. Tutti gli appuntamenti previsti hanno riscosso un notevole interesse e registrato un elevato numero di presenze da parte degli operatori in visita a CREA 2009. Tra gli approfondimenti di rilievo dedicati alle tematiche dell’efficienza energetica, che si sono svolti nel corso della manifestazione, da segnalare il Convegno “Rifiuti, fonti rinnovabili ed energia sostenibile”, a cura di AIAT (Associazione Ingegneri per l’Ambiente e il Territorio) e un incontro dedicato a “Risparmio energetico e ottimizzazione dell’efficienza energetica nei cicli produttivi industriali” organizzato dall’AIDIC (Associazione Italiana di Ingegneria Chimica). Allo “Sviluppo delle bioenergie: strumenti per l’analisi di fattibilità degli impianti di conversione energetica” è stata dedicata una giornata di studio a cura di FAST (Federazione Nazionale Associazioni Scientifiche e Tecniche) in collaborazione con ITABIA (Italian Biomass Association) e CRPA (Centro Ricerche Produzioni Animali). E, sempre FAST, questa volta in collaborazione con H2IT (Associazione Italiana per l’Idrogeno e le Celle a Combustibile), ha affrontato il tema delle “Iniziative industriali europee e le nuove collaborazioni privato-pubblico nelle tecnologie energetiche”. Molta attenzione da parte degli operatori professionali in
visita è stata riservata anche alla giornata speciale Home and Building Days, a cui ha contribuito un importante convegno a cura del CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) dedicato a “Fotovoltaico: tecnologia, normativa, applicazioni, finanziamenti”. Così come grande partecipazione hanno registrato i due incontri organizzati da CTI (Comitato Termotecnico Italiano) riguardanti la “Cogenerazione: applicazioni, aggiornamenti normativi e aspetti ambientali” e lo “Stato dell’arte della geotermia e delle pompe di calore”. Positivi sono risultati, poi, i riscontri delle 123 aziende (provenienti da 11 Paesi) che hanno preso parte a CREA 2009, le quali hanno sottolineato l’importanza di essere presenti alla mostra per farsi conoscere sul mercato e sviluppare contatti utili, anche grazie alla possibilità di presentare agli operatori le proprie tecnologie e le proprie soluzioni relative alle problematiche “più calde” del settore, soprattutto in un momento economico particolare come quello che stiamo attraversando. A detta degli espositori, infatti, gli operatori presenti (molto qualificati e di alto profilo professionale) si sono dimostrati particolarmente attenti ed interessati verso quanto è stato loro proposto di innovativo. Forte dei risultati ottenuti in questi tre anni e dell’ormai consolidato interesse evidenziato dai professionisti del settore, CREA, l’Expo Business Forum Termotecnica, Energia, Ambiente, dà appuntamento al 2011 con la quarta edizione della Manifestazione.
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Le Havre, 8-10 dicembre 2009 CHINA EUROPE
COGLIERE LE OPPORTUNITÀ PER UNO SVILUPPO URBANO SOSTENIBILE Chengdu (Sichuan) emblema della ricostruzione eco-sostenibile di Massimo Lombardi
Lo sviluppo urbano sostenibile è la sfida del XXI secolo. Secondo le stime delle Agenzie delle Nazioni Unite, nel 2030 vivrà nelle città più della metà della popolazione mondiale e nel 2100 addirittura l’80%. Le città, pur occupando solo il 2,8% delle terre emerse, producono il 78% delle emissioni di CO2, utilizzano il 76% delle risorse forestali e consumano il 60% di acqua. Questi dati, sono di per sé sufficienti ad indurre urbanistica e architettura ad applicare i princìpi della sostenibilità, e, soprattutto, la governance deve assumersi la responsabilità di favorire la transizione verso una pianificazione meno dissipatrice di risorse e più efficiente energeticamente. Lester R. Brown, Direttore dell’Earth Policy Institute, nel suo recente “Piano B 3.0 - Mobilitarsi per salvare la Civiltà” (Edizioni Ambiente, 2008) dedica un intero capitolo all’ecosistema urbano (Progettare la città a misura d’uomo), mettendo in guardia contro la crescente carenza di acqua e l’uso di energia prodotta da fonti fossili, fattori che potrebbero diventare un freno alla crescita degli insediamenti urbani. Contro questo scenario, viene citata
(Cap. 10.1) la posizione di Richard Register, il quale sostiene che le città dovranno essere integrate all’interno degli ecosistemi locali, piuttosto che imporsi su di essi (vedi “Ecocities: Rebuilding Cities in Balance with Nature”). Register, ambientalista che da 35 anni si interessa di città sostenibili ed è stato promotore del 1° Congresso Internazionale delle Ecocities 2008 - Berkeley (Ca), in un’intervista pubblicata l’11 agosto 2008 su In Context. A Quaterley of Human Sustainable Culture dal titolo “Bulldozer nelle aree suburbane? Ebbene, sì!”, afferma che uno dei fenomeni più disastrosi dell’urbanizzazione degli ultimi cinquant’anni è stata la diffusione delle città sulle contigue terre fertili (sprawl), fenomeno di fronte al quale sarà necessario intervenire con i bulldozer non solo nella suburbia, ma si dovrebbero rottamare anche alcuni siti ed edifici nei centri delle città. Interessante è pure l’atteggiamento di Register sulla densità delle città, quando fa osservare che la città di New York fa consumare al suo cittadino la metà dell’energia di un suo connazionale “medio”. In altra occasione, a proposito dei dibattiti che si erano verificati in Italia e in Francia sulle “torri urbane” e di una
Greensburg (USA) dopo il tornado del 4 maggio 2007
certa resistenza europea ad accettare tali novità che rovinerebbero il tradizionale sky-line e il suo valore culturale e paesaggistico, avevamo lanciato questa provocazione: Quale sarebbe la fisionomia delle città se ogni generazione avesse voluto conservarle come erano state a loro lasciate? (cfr. Massimo Lombardi, “Polemiche Verticali. Estetica e Sostenibilità come discriminante”, in Regioni&Ambiente, n. 12 dicembre 2007, pagg 36-39). Certo, quando gli interventi pianificatori avvengono a “tabula rasa”, come a Dubai: “Masdar Iniziative offre la possibilità di una sfida progettuale che mette in discussione le convenzionali regole urbane alle fondamenta, tale da costituire nuovi punti di riferimento per la città sostenibile del futuro” (Norman Foster alla presentazione del Progetto Masdar, maggio 2007). Ne è ulteriore esempio la città di Dongtan che dovrebbe diventare la prima ecocittà del mondo, considerando che il primo stralcio dimostrativo di un villaggio di 10.000 abitanti sarà completato nel 2010, anno in cui il World Expo sarà ospitato dalla vicina Shanghai (distante 50Km). Questa ecocity che sorgerà su 86 Kmq della parte orientale dell’isola di Chongming nel delta del fiume Yangtze, al 2020 raggiungerà 80.000 abitanti, fino ad arrivare a 1,5 milioni nel 2050. Il progetto, che si avvale della consulenza ingegneristica ed architettonica ARUP, prevede che: acqua ed elettricità saranno prodotte all’interno della città, attraverso il riciclaggio delle acque reflue e utilizzo di fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, biomassa); i trasporti saranno a zero emissioni, tramite l’uso di batterie; ampi corridoi di verde influenzeranno il microclima; parte della superficie verrà coltivata ad agricoltura biologica. Quando questi presupposti di interventi ex novo mancano, bisogna cogliere le occasioni che derivano dalla “realtà effettuale”, come aveva ammonito
Giambattista Vico circa tre secoli fa, quando l’autore della “Scienza Nova” affermava che “paion traversìe, ma sono opportunità”. Sia che si tratti più in generale di cambiamento climatico, con le necessarie azioni di adattamento e mitigazione, sia più in particolare a seguito di eventi catastrofici (uragani, terremoti, alluvioni), con le conseguenti ricostruzioni, si deve tener sempre presente l’obiettivo della sostenibilità. Nel 2007 la cittadina statunitense di Greensburg, nella Contea di Kiowa (Ka) è stata rasa al suolo dal tornado EF5, uno dei più distruttivi della storia americana che si formò e imperversò tra il 4 e 6 maggio. Dopo il suo passaggio nessuna struttura era rimasta in piedi: i suoi abitanti (poco più di 1.500 individui) avevano perso tutto, compresi 14 concittadini deceduti sotto il crollo delle loro case. Da tale evento catastrofico nacque il desiderio dei cittadini di ricostruire una città “verde”, non solo di nome, tanto da far approvare dal Consiglio Comunale una delibera per cui tutti gli edifici della cittadina sarebbero stati costruiti secondo le norme eco-compatibili LEED-platino e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, ricostruendo una città per il futuro. Un’analoga calamità, con le dovute proporzioni di territorio e distruzioni, accadde un anno dopo alla città di Chengdu, colpita dal terremoto che il 12 maggio 2008 squassò la provincia del Sichuan (nel sud-ovest della Cina), che nella regione ha provocato complessivamente più di 65.080 vittime, 23.150 dispersi e 374.000 feriti, secondo quanto riferito da un comunicato stampa del 26 maggio del Governo cinese. Chengdu, capitale del Sichuan con oltre 10 milioni di abitanti, essendosi trovata a soli 80 Km dall’epicentro di un sisma di magnitudo 7.9 della scala Richter, uno dei terremoti più disastrosi della storia moderna cinese, è stata tra i centri più colpiti tanto che 2.820.000 persone hanno avuto la casa distrutta. Sono state subito approntate all’interno della città 174 insediamenti centralizzati dove in alloggi provvisori forniti di servizi, hanno trovato ricovero 1.130.00 cittadini. Tra gli edifici maggiormente compromessi sono risultati quelli scolastici, per la ricostruzione dei quali ci sono state azioni di solidarietà internazionale, tra cui merita segnalazione l’opera svolta dal Banlab, centro di ricerche dell’architetto Shigeru Ban, da anni attivo nel campo delle soluzioni architettoniche
per l’emergenza, che ha avviato un progetto di edifici scolastici temporanei, la cui struttura portante è formata da tubi di cartone, mentre la copertura è costituita da pannelli in legno multistrato,mentre per isolante è stato utilizzato il policarbonato. Anche questo è un esempio di “architettura sostenibile”. Al di là di queste soluzioni tampone, la ricostruzione continua ad essere un problema di assoluta priorità. Ma le autorità locali, dopo aver subito nei decenni precedenti la spinta di un’espansione metropolitana travolgente e un’inarrestabile urbanizzazione che in 10 anni (1995-2005) ha portato la popolazione da 5 a 10 milioni di abitanti, sono ora intenzionate a guidare la pianificazione, anche perché questo boom è destinato a proseguire nel futuro prossimo, nonostante gli eventi catastrofici dello scorso anno. Secondo il Governo centrale “gli agglomerati urbani dovrebbero costituire la principale forma di urbanizzazione e le megalopoli avranno il compito nevralgico di guidare la costituzione di un agglomerato urbano, che sarà più sobrio nel consumo di suolo, procurerà maggior occupazione, determinerà una più forte centralizzazione e disporrà una distribuzione più equilibrata della popolazione in quelle regioni dove le condizioni per dar vita ad un agglomerato urbano siano state predisposte” (The Compendium of the Eleventh Five-Year Plane of National Economy and Social Development of People’s Republic of China, 2006). Sulla base di questi presupposti piani-
ficatori molti agglomerati urbani hanno accelerato i loro passi per la fusione e l’integrazione economica, quali il delta del fiume Pearl, il delta del fiume Yangtze, Beijing-Tianjin-Hebei, la penisola dello Shandong. Nella Cina centro-occidentale, anche per il “Go West” della politica governativa, gli agglomerati urbani con un’unica caratteristica socio-economica si stanno gradualmente affermando. È il caso, appunto, di Chengdu che con Chongqing, da cui dista 340 Km, costituisce l’area di sviluppo regionale Cheng (Chengdu)-Yu-Chongqing Urban Agglomeration (CYUA), considerato un agglomerato urbano di integrazione in grado di promuovere la sua completa funzionalità e competitiva capacità. Il distretto di Chengdu, che include 14 centri a livello di città, dovrebbe divenire: - il centro finanziario e commerciale del sud-ovest della Cina; - il centro propulsivo e la base innovativa dell’industria ad alto livello tecnologico e della chimica farmaceutica, potendo contare sulle proprie risorse a livello di scienza, tecnologia e formazione; - il centro di numerose attrattive turistiche e luogo prediletto per fare vacanze. (cfr: Yang Jie e Mao Hanying, “The Integration and Sustainable Development of CYUA”, in Chinese Journal of Population Resources and Environment, 2006, Vol. IV, n. 3, pagg. 3-10). Collocata al centro del Sichuan (quattro fiumi), Chengdu si distende sulla parte occidentale dell’omonima pianura, in-
Chengdu (Cina) progetto di “24 City” - Callison Group
tervallata da colline tra i 300 e i 500 m di altezza, in una delle regioni più fertili della Cina, tanto da essere anticamente chiamata “la terra del latte e miele”. Sede di antichi regni e in passato importante centro culturale e religioso, è attorniata da monasteri e templi buddisti e taoisti, tale da farne una delle le località cinesi di maggior attrattiva turistica. La voce turismo, infatti, contribuisce all’8% del PIL, anche grazie alla bellezza dei paesaggi che le fanno da contorno. Tra questi la Valle di Jiuzhaigon, tra i siti naturalistici più celebrati, con le numerose cascate e i laghi dai diversi colori che vi si susseguono, tale da includerlo dal 1992 tra quelli dichiarati Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO e dal 1997 Riserva Mondiale della Biosfera. Dal 2000 egualmente incluso nei Siti UNESCO e il sistema idraulico e di controllo delle inondazioni di Dujiangyan. Costruito nella metà del terzo secolo a. C., devia parte dell’acqua del fiume Minjiang in un acquedotto che si dirige verso Chengduun, per costruire il quale si dovette tagliare parte della montagna che si frappone tra il fiume e la città, grazie ad un ingegnoso metodi di riscaldare la roccia per poi raffreddarla, in modo da renderla più friabile. Inoltre, nel Sichuan sono diffusi i Santuari del Panda gigante, specie in pericolo di estinzione e del quale nei sobborghi di Chengdu c’è un rinomato Centro di Ricerca dove è possibile osservare gli animali da vicino e in situazioni di naturalità. Il Comune ha inserito il logo del panda come simbolo di Chengdu, anche se non è riconosciuto dall’autorità centrale.
Per la sua vivibilità e per i suoi storici palazzi e strade, Chengdu stessa attrae visitatori, specie dopo che il Governo locale ha completato l’opera di valorizzazione del Fu Nan, i due fiumi che l’attraversano e che vi si incontrano: “la verde collana al collo di Chengdu”. Per la rete idrografica e per i numerosi ponti che uniscono i vari quartieri, la città venne definita da un viaggiatore francese dell’Ottocento, “la Parigi cinese”. La dinamicità socio-economica di Chengdu è testimoniata dai dati statistici e dagli investimenti diretti esteri che ne fanno una delle città più attraenti. Dal 1995 al 2005 ha quadruplicato il PIL e raddoppiato il reddito pro capite degli abitanti; nonostante il terremoto, gli indici dei primi tre trimestri del 2008 indicavano che su base annua il PIL è cresciuto ancora, ponendo Chengdu, con 282,13 miliardi di yuan, al 3° posto tra le città della Cina centro-occidentale (Chengdu Bureau of Statistics, 2008, novembre, 4th). Si può ben comprendere come dopo il terremoto le autorità locali abbiano dichiarato di non voler “perdere tempo prezioso per il pieno recupero economico-sociale”. Se l’emergenza abitativa è una priorità assoluta, ciò nondimeno la riedificazione e il design, oltre a risultare sicuri, sostenibili ed efficienti, devono inserirsi adeguatamente in una pianificazione strategica di governo del territorio. Non è casuale che a Chengdu si sia svolta il 14 novembre 2008 una sessione del progetto DELNET che l’International Labour Organization (ILO) e l’International Training Center (ITC) sul tema “Riduzione dei rischi nel quadro dello sviluppo sostenibile locale”,
Chengdu (Cina) progetto di “Sliced Porosity Block” - Steven Holl Architects (rendering di Iwan Baan)
progetto che, nell’ambito dell’International Strategy for Disaster Reduction (ISDR) dell’ONU e del relativo Piano di azione di Hyogo (2005-2015), è concepito come un sistema integrato per sostenere gli operatori politici, tecnici ed amministrativi, nonché gli esponenti delle istituzioni pubbliche e private e i governi locali, nello sforzo di ridurre l’entità delle catastrofi e del loro impatto sulle comunità locali. Tra i temi di discussione e formazione è stato inserito: “Come trasformare la ricostruzione post- catastrofe in una opportunità”.
C’è da dire, comunque, che già prima del terremoto erano stati commissionati in Chengdu progetti di ampio respiro. Stando alle notizia, apparsa il 18 dicembre 2008 sul World Architecture News. com, dovrebbe essere posta a marzo 2009 la prima pietra di “24 City”, il nuovo complesso urbano che si insedierà dove c’era una vecchia fabbrica produttrice di apparecchiature per aerei, la cui ultimazione è stata prevista per il capodanno cinese (14 febbraio 2010). Il Progetto, sviluppato dal Gruppo Callison, era stato affidato prima del terremoto dalla Società immobiliare China Land Resources Limited. Il nuovo comparto urbano polifunzionale che ospiterà 60 mila residenti, nella sua prima fase attuativa di 3,3 milioni di mq darà una risposta immediata al bisogno di nuovi alloggi. Oltre agli appartamenti, è prevista una torre per uffici di 38 piani con un supermercato ai piani bassi, un centro commerciale arricchito di spazi ricreativi all’aperto. Tra gli altri servizi offerti vi è anche una pista di pattinaggio al coperto, un cinema multisala con 8 schermi, ristoranti e un grande giardino pubblico che rimarrà aperto anche quando il centro sarà chiuso per manifestazioni pubbliche e di intrattenimento notturno. Un altro intervento commissionato nel 2008 da Capital Land China a Steven Holl Architects è “Sliced Porosity Block” esempio di microurbanistica in cui si intrecciano molteplici relazioni e destinazioni d’uso articolate in più edifici, spazi urbani e verde con l’intento di massimizzare gli spazi aperti al pubblico. L’irregolarità geometrica che caratterizza il progetto è dato da una serie di “tagli”, praticati sui diversi lati di un grosso “blocco” che sorgerà su una superficie di 9.750 mq, che danno al complesso la caratteristica di “permeabilità”, con l’accesso da 5 diversi ingressi che convogliano tutti sulla piazza principale “Three Valley”, scolpita a più livelli da gradini di pietra, rampe, alberi, tre laghetti che fungono da lucernari per il centro commerciale sottostante che si sviluppa su sei piani interrati. Scale diagonali condurranno ai piani superiori dove si avrà accesso ai tre principali edifici. Impianti geotermici provvederanno al riscaldamento e alla climatizzazione; i ventri sanno
ad alta prestazione; i materiali utilizzati proverranno dal territorio: sono questi alcuni dei metodi impiegati per conseguire la certificazione LEED Gold. L’effetto naturale di freschezza verrà offerto dal’abbondante verde e dalle ninfee dei laghetti (l’acqua deriverà dalle piogge), un omaggio alle tradizioni culturali del luogo, dedicando un pavilion al grande poeta cinese Du-Fu (713-770) che a Chengdu visse per un periodo della sua vita e che, affascinato dallo spettacolo della natura circostante, aveva scritto che “Il tempo si è lasciato ingabbiare nelle Tre Valli”. A sottolineare l’importanza delle attività connesse all’innovazioni scientifiche e tecnologiche che a Chengdu hanno un efficiente polo industriale, Chengdu Xingnan Investiment Co. Ltd ha affidato, tramite concorso, a Paul Andreu Architects il progetto di ampio respiro del “Tecnology and Science Enterprising Centre”. Gli edifici di questa specie di campus politico ed amministrativo si sviluppano su una superficie di 370.000 mq, attraversata da una grande arteria. Gli uffici costituiscono gli edifici più alti, facilmente identificabili, ma allo stesso tempo esprimono unità e continuità dinamica. Al loro interno una tettoia lascia penetrare la luce, controllandone gli apporti energetici, grazie a degli spazi intermediari. Meno elevato degli altri edifici è il centro per le conferenze che si pone “come un grande masso in un giardino”. Il parco, infatti, è l’elemento principale del progetto, secondo l’idea
del progettista di voler mantenere l’antica tradizione cinese di edifici che si inseriscono nei giardini. Anche le facciate esterne lasceranno filtrare la luce ponendo, prima delle vetrate, schermi metallici tagliuzzati, di colore dal grigio argento al grigio piombo, che ne permetterà la visibilità notturna grazie anche ad una illuminazione soffusa. Più in generale, il progetto rappresenta un esempio di rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali. Ebbene, la Provincia di Sichuan presenterà il suo programma di ricostruzione il 9 dicembre, durante una Conferenza che si svolgerà nel corso dell’evento China Europe (Le Havre, 8-10 dicembre 2009) dal tema “La ricostruzione e le opportunità economiche nella Provincia di Sichuan”, dove Chengdu sarà l’invitata d’onore della Manifestazione come la Provincia di cui è capitale. All’evento, oltre all’esposizione dei vari settori connessi (edilizia, trasporti, energia, riciclaggio, servizi, sicurezza), prenderanno parte numerosi Gruppi di Ingegneria e Architettura, Specialisti dello Sviluppo Urbano Sostenibile, mentre lo svolgimento di una Conferenza il 10 dicembre, dal titolo “La Città verticale, inferno o paradiso sostenibile?” costituirà un motivo di confronto e di dibattito fra esperti e politici, alla quale parteciperanno architetti e rappresentanti di studi di architettura celebri come Jacques Ferrier, Jean Michel Charpentier, Adolfo Rodriguez, M. Tonghe Xing e M. Rem Koolhas.
Chengdu (Cina) progetto del “Technology and Science Enterprising Centre” - Paul Andreu Architects
INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Illustrata la nuova strategia dell’Agenzia Europea per l’Ambiente
INFORMARE, VALUTARE, RENDERE POSSIBILE Accedere in modo semplice e rapido alle conoscenze L’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environment Agency) ha diffuso un opuscolo divulgativo dal titolo “Informare, valutare, rendere possibile” (Informing Interpreting, Empowering) in cui illustra strategie ed obiettivi del programma per i prossimi cinque anni, che sono stati formulati sulla base delle esigenze di informazioni attuali e future, con un focus particolare su un uso molto più ampio delle informazioni ambientali raccolte. “Stiamo razionalizzando le nostre attività - ha dichiarato Jacqueline McGlade, la Direttrice dell’Agenzia - creando nuovi modi di lavorare e mettendo a punto nuovi metodi per integrare l’ottica ambientale nel processo di elaborazione delle politiche economiche e sociali”. Si tratta, in sostanza della Strategia Programmatica 20092013 che l’Agenzia aveva adottato il 26 novembre 2008 nel corso della 52a riunione e che ora ha ritenuto di dover condensare in un opuscolo di più immediata fruizione. Obiettivi dell’AEA Attualmente la maggior parte degli europei concorda sul fatto che l’ambiente ha considerevoli ripercussioni sulla qualità della vita e che le tendenze globali rivestono un ruolo
significativo al riguardo. Gli europei vogliono che si tenga conto dell’ambiente, al pari delle esigenze economiche e sociali, nelle decisioni relative a trasporti, energia, abitazioni, agricoltura, pesca, prodotti alimentari e salute. Anche le imprese cercano di essere più innovative ed ecoefficienti per garantire un maggiore rispetto dell’ambiente e mantenere la competitività nell’economia. Negli ultimi 30 anni gli europei hanno assistito a una considerevole riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici, a una diminuzione del 95% della produzione di sostanze chimiche che danneggiano lo strato di ozono, alla definizione di un trattato per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, all’istituzione di un sistema innovativo di scambio e di compensazione delle emissioni di CO2, alla protezione di flora e fauna, a miglioramenti della qualità dell’acqua dolce e dei mari costieri e all’accesso universale ad acqua potabile sicura. Molti di tali miglioramenti sono stati ottenuti attraverso l’attuazione dell’acquis comunitario in materia ambientale. Al contempo, i cittadini continuano a nutrire preoccupazione riguardo ai cambiamenti climatici, alla qualità dell’aria che respirano, al modo di affrontare il problema dei rifiuti e agli effetti delle sostanze chimiche. Hanno molti dubbi su ciò
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che sta accadendo all’ambiente e sugli effetti che avrà su di loro e sulle generazioni future. L’obiettivo dell’AEA è fornire ai responsabili delle decisioni politiche e ai cittadini europei l’accesso a informazioni e conoscenze tempestive e pertinenti per offrire una solida base per le politiche ambientali, contribuire a rispondere alle domande sull’ambiente nella vita quotidiana e garantire l’inclusione delle tematiche ambientali e dell’educazione ambientale nel processo decisionale. La Visione dell’AEA Essere riconosciuti come il principale organismo mondiale per la fornitura di dati, informazioni, conoscenze e valutazioni ambientali sull’Europa, tempestivi, pertinenti e accessibili. Nuovi modi di interpretare le informazioni ambientali La natura è in gran parte un bene pubblico, che appartiene a tutti, ma di cui non tutti si prendono cura. Per poter apprezzare i benefici della natura si dovrà trovare il modo di pagare il giusto prezzo per la sua protezione e conservazione. L’AEA creerà l’equivalente delle statistiche ufficiali per i servizi ecologici e i beni ambientali, analogamente a quanto avviene per i tradizionali beni economici. Nel frattempo confermerà la base metodologica per un accordo internazionale sulla contabilità ambientale ed effettuerà una valutazione degli ecosistemi e dei servizi europei. In futuro opererà per dimostrare come imprese e governi possono integrare i servizi ecosistemici per ristrutturare l’economia mondiale. Nuovi modi di usare le informazioni ambientali Le persone hanno bisogno di informazioni aggiornate sull’ambiente. Ad esempio, il numero di persone esposte ad alti livelli di ozono e particolato cresce con l’espan-
dersi delle aree urbane. L’accesso a dati sull’ozono quasi in tempo reale è ora possibile grazie alla sezione del sito web dell’AEA dedicata al tema dell’ozono, e viene dato a medici e ospedali per offrire un sistema di allarme per le persone vulnerabili. L’AEA renderà disponibili on-line dati sulla qualità dell’aria avvalendosi di stazioni di monitoraggio terrestri e dell’attività di osservazione della Terra svolta nell’ambito del programma di monitoraggio globale per l’ambiente e la sicurezza, in modo che i partner del settore sanitario possano comprendere in maniera più adeguata le prevalenti patologie respiratorie legate all’ambiente. Nuovi modi di individuare i problemi ambientali emergenti È estremamente importante anticipare i tipi di informazioni di cui i responsabili politici, l’industria e i cittadini avranno bisogno per prendere decisioni in futuro. Attraverso la pubblicazione “Segnali ambientali” (ndr.: Regioni&Ambiente nel corso del 2009 di tale pubblicazione si è interessata in più occasioni, proponendone stralci ogniqualvolta gli argomenti trattati potessero essere ulteriormente divulgati), di recente rinnovata, l’AEA richiamerà l’attenzione dei lettori sulle questioni che potrebbero avere una considerevole influenza nei prossimi anni. Alcuni esempi tipici di casi in cui l’AEA ha anticipato la domanda del pubblico sono i biocarburanti, le sovvenzioni energetiche, la valorizzazione dei servizi eco-efficienti e le radiazioni elettromagnetiche. L’attività dell’Agenzia è basata sul principio di precauzione, la valutazione dell’onere della prova, l’adozione di decisioni in condizioni di incertezza e l’uso di modelli e scenari di supporto del processo decisionale. Nei prossimi cinque anni si propone di mettere a punto un semplice calcolo per consentire di anticipare i possibili effetti sull’ambiente derivanti da fattori economici e sociali attuali e futuri.
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Nuovi modi di lavorare Il numero sempre crescente di persone che si rendono conto dell’importanza dell’ambiente nella propria vita ha comportato un aumento esponenziale della richiesta di informazioni locali attendibili. Fornire informazioni attraverso le reti dell’AEA è stata un’esperienza unica e positiva. Usando le tecnologie e i software più aggiornati, l’Agenzia è riuscita a sfruttare i progressi scientifici compiuti nel campo del monitoraggio e dell’osservazione. Attualmente si è consapevoli del fatto che i cittadini, soprattutto quelli che vivono in regioni remote o sono vicini all’ambiente naturale per il tipo di vita che conducono o la professione che esercitano, hanno molto da dire. Quando si lavora in regioni come l’Artico, sono spesso le popolazioni indigene a individuare i cambiamenti più rapidamente di qualsiasi programma di campionamento adeguatamente concepito. Diventerà molto importante combinare queste fonti di prove nel mondo formale della valutazione e dell’analisi. L’AEA ha creato ed esteso le proprie reti e fonti di osservazione e raccolta di dati attraverso il proprio osservatorio ambientale globale dei cittadini. Nei prossimi cinque anni estenderà il numero delle applicazioni, attraverso il Sistema comune di informazioni ambientali, per fornire un’ampia serie di servizi di monitoraggio ambientale globali e locali. Gli obiettivi strategici per i prossimi cinque anni La nuova strategia si basa su tre principali linee di azione: - continuare a sostenere le necessità di informazione stabilite nella normativa ambientale comunitaria e internazionale e, in particolare, nel sesto programma di azione in materia ambientale; - fornire valutazioni più tempestive sul modo in cui l’ambiente sta cambiando e sui relativi motivi e sull’efficacia delle politiche ambientali, fra cui il sesto programma di azione in materia ambientale, la strategia UE per lo sviluppo sostenibile e le politiche in settori correlati;
- accrescere il coordinamento e la diffusione di dati e conoscenze ambientali in tutta Europa. Gli obiettivi strategici sono: * svolgere un ruolo fondamentale nella definizione e attuazione delle politiche europee in campo ambientale e in settori correlati, con particolare riferimento al programma di azione in materia ambientale della Commissione europea; * controllare l’efficacia delle politiche ambientali dell’Unione europea e dei paesi membri dell’EEA e dei paesi candidati e potenziali candidati; * supportare il controllo della strategia UE per lo sviluppo sostenibile (attraverso l’assistenza per gli indicatori dello sviluppo sostenibile) concentrandosi sulle principali tematiche legate all’ambiente; * effettuare valutazioni ambientali integrate e analisi del sesto programma di azione in materia ambientale, della strategia UE per lo sviluppo sostenibile e di temi ambientali, studi futuri e di allarme precoce legati ai cambiamenti delle strutture economiche e sociali; * fornire accesso a informazioni aggiornate con maggiore regolarità e, laddove possibile, a dati quasi in tempo reale per accrescere la tempestività delle informazioni ambientali attraverso il Sistema comune di informazioni ambientali e i Centri per i dati ambientali; * anticipare nuove idee e concezioni, soprattutto riguardo ai servizi ecosistemici, all’uso delle risorse, alle innovazioni e alle tecnologie emergenti e ai cambiamenti comportamentali; * creare nuovi servizi basati sul web per le esigenze di educazione ambientale; * contribuire ad assicurare, attraverso comunicazioni e servizi di informazione efficaci, che le tematiche ambientali siano incluse nel processo decisionale e nella vita quotidiana dei cittadini europei.
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Presentato uno Studio sistematico dal Gruppo Veolia
I RIFIUTI DEI RICCHI SONO DIVERSI DA QUELLI DEI POVERI Necessità di una liberalizzazione del settore Nel corso del Convegno “Rifiuti: dalla paura alla consapevolezza”, svoltosi a Milano il 16 novembre 2009 all’Università “Bocconi”, è stato presentato “Panorama Mondiale dei Rifiuti 2009” (From Waste to Resource. World Waste Survey) il primo studio sistematico sulla produzione e lo smaltimento dei rifiuti a livello internazionale, realizzato dal Gruppo Veolia, in collaborazione con Philippe Chalmin dell’Università di ParigiDauphine Sono 4 miliardi le tonnellate di rifiuti urbani e industriali prodotte ogni anno nel mondo, oltre 650 Kg. per ogni abitante del Pianeta. Di queste, tuttavia, ne vengono raccolte poco più della metà, circa 2.74 miliardi di tonnellate. Il Rapporto si riferisce sia ai rifiuti urbani (stimati da1,7 a 1,9 miliardi di tonnellate), compresi quelli domestici e commerciali (scarti alimentari, carta, vetro, plastica, scarti tessili, piccoli e grandi apparecchi elettrici ed elettronici) che di rifiuti industriali non pericolosi (da 1,2 a 1,67 miliardi) e pericolosi (490 milioni). Entrando, però, nel dettaglio, un dato balza subito agli occhi: il primato di maggiori produttori di rifiuti urbani a livello mondiale sono gli Stati Uniti con 226 milioni di tonnellate líanno, seguiti dall’Europa con oltre 225 milioni di tonnellate e dalla Cina, che pur avendo una popolazione più che doppia, produce poco più della metà dei rifiuti urbani (148 milioni di tonnellate). Le cifre confermano l’equazione più ricchezza=più rifiuti e pongono serie riflessioni su come arginare il fenomeno dell’extra-produzione di rifiuti in una contesto di crescente urbanizzazione e progressivo incremento
demografico (nei prossimi 30 anni la popolazione del pianeta raggiungerà quasi 10 miliardi). In questo contesto l’Italia, con 32,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotte ogni anno (550 Kg. pro capite), non fa eccezione. Ancor di
più sono i quantitativi di rifiuti generati dal settore industriale (36,5 milioni di tonnellate, di cui 3,5 milioni di rifiuti pericolosi) e dal settore edile (52,3 milioni di tonnellate). Se a livello di quantità prodotte non ci discostiamo molto dagli altri paesi europei (la Francia produce 34,8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, la Spagna 25,5 milioni di tonnellate, la Germania 39,6 milioni di tonnellate, il Regno Unito 45,3 milioni di tonnellate), secondo il Rapporto (inserire tabella)è a livello di modalità di gestione e smaltimento che líItalia
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dimostra lacune e arretratezze Ogni anno in Italia finiscono tuttora in discarica 15 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, il 48% del totale prodotto e oltre il 65% dei rifiuti raccolti, buona parte dei quali viene interrata senza trattamento preventivo, determinando un serio rischio per l’ambiente e uno spreco inutile di risorse. Se è vero, infatti che nel 2007 sono state avviate a riciclaggio e compostaggio 13,5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 42% del totale, è altrettanto vero che la quota destinata a valorizzazione energetica ammonta solo al 10%, dato, quest’ultimo, in netta controtendenza rispetto a quello relativo ad altri paese europei caratterizzati da spiccata sensibilità ambientale, dove il mix gestionale è meno sbilanciato verso la discarica e più orientato al recupero di materia e di energia dai rifiuti. In Francia, infatti, il 33% dei rifiuti viene termovalorizzato e il 31% riciclato; in Germania il 24,6% è termovalorizzato e il 50,4% riciclato; in Svezia il 46,8% viene termovalorizzato e il 47,2% riciclato; in Belgio il 36,3% è termovalorizzato e il 58,7% riciclato; in Danimarca il 54% viene termovalorizzato e il 41% riciclato. Dal raffronto dei dati raccolti nel Rapporto “Panorama mondiale dei rifiuti 2009”, invece, l’Italia guida un gruppo di paesi come la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Grecia, la Slovenia e il Portogallo, che si caratterizza per un ricorso alla discarica (controllata e non) vicino al 50%. “Oggi abbiamo di fronte due scelte radicalmente opposte - ha dichiarato Jean-Marc Janailhac, Presidente di Veolia Servizi Ambientali, la Divisione di Veolia Environnement responsabile delle attività relative alla gestione dei rifiuti urbani - continuare a seppellire
i rifiuti che produciamo, nascondendoli alla vista e saturando l’ambiente coi nostri scarti, oppure ripensare il modo in cui concepiamo e quindi gestiamo i rifiuti: non più scorie di cui sbarazzarsi senza pensare al futuro, ma risorse da valorizzare”. “Per fare questo - ha aggiunto Janailhac - dobbiamo ragionare su un nuovo modello di gestione in cui allíabbandono in discarica si sostituisca il recupero e la valorizzazione di
materia ed energia dai rifiuti. L’esperienza di paesi come la Germania, la Francia e i paesi scandinavi, dimostra che la promozione di politiche serie e strutturate nel medio lungo termine, può essere la chiave per il superamento dello stallo normativo e gestionale in cui l’Italia si trova da tempo”. Un altro aspetto messo in evidenza dal Rapporto, oltre la quantità dei rifiuti, è la natura degli stessi che varia notevolmente in base ai modelli di
sviluppo: “i rifiuti dei ricchi sono diversi dai rifiuti dei poveri”. Mentre nei Paesi ricchi la maggior quantità di rifiuti urbani e assimilati sono rappresentati essenzialmente dagli imballaggi, nei Paesi poveri la percentuale maggior è costituita da rifiuti organici. L’invito a un maggior impegno politico da parte delle istituzioni per superare definitivamente l’emergenza rifiuti è arrivato anche dal Prof. Andrea Gilardoni, Direttore del Management delle Utilities dell’Università Bocconi, il quale ha sottolineato che “Per avviare a soluzione definitiva il problema dei rifiuti in Italia occorre puntare con forza sul binomio raccolta differenziata e termovalorizzazione. Una scelta che in Lombardia si è rivelata vincente. Per fare questo, a livello nazionale, però, Governo e Parlamento dovrebbero impegnarsi ad adottare norme che obblighino la valorizzazione energetica di una quota parte dei rifiuti prodotti nelle regioni, dal 30% al 40%, come avviene per la raccolta differenziataî. “Dobbiamo sgomberare il campo da pregiudizi infondati, spesso sobillati da interessi di parte - ha concluso Gilardoni - anche l’Istituto Superiore di Sanità conferma che ormai lo sviluppo tecnologico ha pressoché eliminato i rischi ambientali legati a questa opzione di trattamento dei rifiuti che ad oggi risultano di gran lunga inferiori a quelli delle gestioni illegali e anche delle discariche”. Nel corso della successiva Tavola Rotonda “Rifiuti, tutto il mondo è paese?”, coordinata dallo stesso prof. Gilardoni e conclusa dal Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Roberto Menia, sono intervenuti vari esponenti del mondo politico-economico e delle Associazioni ambientaliste, tra cui merita segnalazione la posizione
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espressa da Franco Bassanini, attuale Presidente della Cassa Depositi e Prestiti e più volte Ministro e membro della Commissione voluta dal Presidente francese Nicolas Sarkozy e presieduta da Jacques Attali, che ha il compito di predisporre un progetto per l’ammodernamento dell’Amministrazione francese (Commission pour la Liberation de la Croissance française), secondo il quale il cosiddetto DL “Salva infrazioni” che era in quel momento ancora in discussione alla Camera (ndr: definitivamente approvato e convertito in legge il 19/11/2009 e pubblicato sulla G.U. n. 274 del 24/11/2009) che contiene la riforma dei servizi pubblici locali, compresa la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, aprirebbe la strada la strada alla liberalizzazione del settore e al reperimento di nuove risorse: “Lo strumento fondamentale per risolvere il problema di rifiuti è la concorrenza e con il decreto legge che dovrebbe vedere il via libera della Camera si è fatto un passo avanti decisivo. L’impianto mi sembra condivisibile, stabilendo leggi e termini precisi, e rappresenta un passo avanti sulla strada della liberalizzazione, ponendo servire a reperire nuove risorse”. “Occorrono regole stabili e certe e c’è bisogno di un’autorità di regolamentazione indipendente che fissi le regole per il mercato, garantendo affidabilità e certezza per gli investitori - ha aggiunto Bassanini - Occorrono indirizzi di politica industriale del settore ed obiettivi quantificabili di raccolta, di smaltimento, di riciclaggio, che devono essere associati a delle sanzioni. Chi sarà in ritardo sarà penalizzato e ne risponderà di fronte ai cittadini”.
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IL COMMENTO
Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della Pubblica Amministrazione
VARATO IL PRIMO DECRETO ATTUATIVO DEL PIANO D’AZIONE DEL GREEN PUBLIC PROCUREMENT (GPP) Sulla Gazzetta Ufficiale n. 261 del 9 novembre 2009 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 111 del 12 ottobre 2009, fermamente voluto dal Ministro Stefania Prestigiacomo, come sottolinea una nota ministeriale, intitolato “Criteri ambientali minimi per l’acquisto di ammendanti e per l’acquisto di carta in risme da parte della Pubblica Amministrazione”. Il Decreto dà attuazione al “Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione” meglio noto come Piano d’Azione Nazionale sul Green Public Procurement (PAN GPP), approvato con Decreto Interministeriale n. 135 dell’11 aprile 2008. Tale Piano avrebbe dovuto essere approvato entro il 2006, tanto che già nel 2005 la Commissione UE aveva sollecitato gli Stati membri ad adempiervi. Con un comunicato della scorsa estate, poi, la Commissione aveva chiesto (non obbligato) gli Stati membri di inserire i criteri del GPP sino al 50% delle gare di appalto della Pubblica Amministrazione. Il Piano prevede, attraverso l’unione delle esigenze di sostenibilità e dell’interesse all’acquisto di beni e servizi, la riduzione dell’uso delle risorse naturali, la sostituzione delle fonti energetiche non rinnovabili con quelle rinnovabili, la riduzione della produzione di rifiuti, delle emissioni inquinanti e dei rischi ambientali (cfr. “Un altro passo verso la sostenibilità”, in Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2008, pag. 34 e segg.). Il Piano di Azione italiano, tuttavia, rimaneva al palo per l’assenza, appunto, dei Decreti attuativi che debbono definire i requisiti per poter connotare “verde” un bene o servizio oggetto del bando. Il Piano prevede l’emanazione di “criteri ambientali minimi” per Acquisti Verdi di 11 categorie merceologiche, individuate tenendo conto degli impatti ambientali e dei volumi di spesa pubblica coinvolti. I criteri sono definiti “minimi” in quanto elementi “base” per poter qualificare come “verdi”, le procedure di acquisto che le integrano tra gli altri criteri, garantendo un’adeguata risposta da parte dell’offerta di mercato. Le tipologie previste dal PAN comprendono tutti i beni e servizi acquistabili dalla pubblica amministrazione: - Arredi (mobili per ufficio, arredi scolastici per sale di archiviazione e sale lettura); - Edilizia (costruzioni e ristrutturazioni di edifici con particolare attenzione ai materiali da costruzione, costruzione e manutenzione di strade); - Gestione rifiuti; - Servizi urbani e al territorio (gestione del verde pubblico, arredo urbano); - Servizi energetici (illuminazione, riscaldamento e raf-
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frescamento degli edifici, illuminazione pubblica e segnaletica luminosa); Elettronica (attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio e relativi materiali di consumo, apparati di telecomunicazione); Prodotti tessili e calzature; Cancelleria (carta e materiali di consumo); Ristorazione (servizio mensa e forniture alimenti); Servizi di gestione degli edifici (servizi di pulizia e materiali per l’igiene); Trasporti (mezzi e servizi di trasporto, sistemi di mobilità sostenibile).
Con l’entrata in vigore del PAN le Pubbliche Amministrazioni dovranno individuare: - le funzioni coinvolte nelle procedure di acquisto e i responsabili del GPP; - definire obiettivi specifici, prevedendo forme di incentivazione del personale in modo da favorirne il raggiungimento; - programmare ed effettuare momenti di formazione e divulgazione. Il Decreto 12 ottobre 2009 adotta i principi minimi per due prodotti che rientrano nelle categorie: - Cancelleria - materiali da consumo, relativamente a carta in risme, vergine e carta riciclata; - Servizi urbani e al territorio - gestione del verde pubblico e arredo urbano, per quel che riguarda gli ammendanti. Ammendanti per il suolo L’Allegato 1 del Decreto indica i requisiti di conformità normativa per “il materiale da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche e/o chimiche e/o l’attività biologica”: a. deve essere conforme all’articolo 2, comma 1, punto z) del Decreto legislativo 217/”006 sulla “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti” e ss. mm. ii.; b. deve rispondere alle caratteristiche per gli ammendanti compostati di cui all’Allegato 2 del sopraccitato D.Lgs. Per ciò che concerne le specifiche tecniche: - ingredienti organici: il prodotto non deve contenere torba e la sostanza organica contenuta deve derivare dal trattamento e/o dal riutilizzo di rifiuti; - origine dei minerali: i minerali non devono essere prelevati da: * siti di importanza comunitaria (SIC), secondo la Direttiva 92/43/CE sulla conservazione degli abita naturali; * aree della Rete Natura 2000. Per quanto attiene i mezzi di prova di conformità alle specifiche tecniche, è possibile fare riferimento all’autodichiarazione sottoscritta da parte delle ditte concorrenti; la
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ditta “affidataria” dovrà produrre le certificazioni di conformità da parte di organismi indipendenti riconosciuti. Gli ammendanti che hanno ottenuto l’ecoetichetta “Ecolabel europeo” e il “Marchio di Qualità CIC (Consorzio Italiano Compostatori)” ovvero i marchi pubblici nazionali/regionali che prevedano l’implementazione di un sistema di garanzia della qualità del prodotto, che si presumono conformi ai requisiti richiesti. Costituiscono criteri premianti il rispetto di uno o più dei criteri stabiliti per l’ottenimento dell’Ecolabel europeo, non compresi tra i criteri indicati quali specifiche tecniche. La stazione appaltante potrà attribuire il punteggio in relazione al numero dei requisiti dell’Ecolabel che vengono rispettati dal prodotto. L’ammendante che ha ottenuto l’etichetta europea si ritiene conforme ai criteri stabiliti. Carta in risme I requisiti per la carta in risme sono esplicitati dall’Allegato 2 al Decreto, che fa anzitutto riferimento e rinvio al DM 203/2003, in ottemperanza al quale le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente capitale pubblico sono chiamate a coprire almeno il 30% del proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato. Allineandosi alle richieste Comunitarie, il Decreto auspica che almeno il 50% della carta in risme della Pubblica Amministrazione sia costituita da fibre riciclate con le caratteristiche specificate. Vengono distinte le carte riciclate e carte vergini, in entrambi i casi si identificano sia criteri minimi (obbligatori, a pena di esclusione dalla gara) che criteri premianti (che consentono di ottenere ulteriori punti ai fini dell’aggiudicazione). Di seguito viene svolta una sintesi dei contenuti.
sione fanno riferimento a: a. 100% fibre riciclate (almeno 85% delle quali post-consumo, per privilegiare l’utilizzo di materiale proveniente dalla raccolta differenziata dei rifiuti); la carta che ha ottenuto l’eco-etichetta tedesca “Blauer Engel” si presume conforme al criterio; la carta che ha ottenuto altre ecoetichette, come il “Nordic Swan” o l’“Ecolabel Europeo” si presume conforme qualora si specifichi che si riferiscono a carta prodotta con il 100% di fibre riciclate; b. sbiancatura senza l’utilizzo di gas di cloro, cioè ECF (Elemental Chlorine-Free) oppure senza l’utilizzo di cloro in ogni sua forma, cioè TCF (Total Chlorine-Free). I tre marchi di cui sopra si presumono ottemperanti a tali richieste. Per quel che concerne i criteri premianti, ai quali attribuire punteggi ponderativi, si fa riferimento a soglie specificate nell’Allegato e relative a: a. 100% fibre riciclate da post consumo; b. la quantità totale di monomeri residui nelle patinature, negli agenti di rinforzo, ecc. classificati come pericolosi secondo la specifica normativa deve risultare minore o uguale a 100 ppm; c. concentrazione di acrilamide minore o uguale a 100 ppm; d. assenza di fenomeni di bio-accumulazione dei componenti attivi dei biocidi o degli agenti biostatici; e. emissioni di alogeni organici assorbibili (AOX) durante la fabbricazione inferiori a 0,25 kg per tonnellata essiccata all’aria; f. la composizione degli imballaggi in cartone realizzati al 100% in fibre riciclate.
1. Carta riciclata I requisiti minimi obbligatori a pena di esclu-
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2. Carta vergine I requisiti minimi obbligatori a pena di esclusione fanno riferimento a: a. 100% delle fibre vergini utilizzate deve provenire da fonti legali; il possesso di una
certificazione riconosciuta a livello internazionale costituisce un idoneo mezzo di prova della gestione sostenibile delle foreste di origine della materia prima utilizzata. Esempi di certificazioni forestali riconosciute sono: FSC, PECF, CSA, SFI.; b. processi di sbiancamento della pasta della carta: vedi sopra. Per quel che concerne i criteri premianti, si fa riferimento a: a. almeno il 10% delle fibre vergini utilizzate deve provenire da foreste gestite in modo sostenibile (punteggio premiante attribuito in modo proporzionale alla percentuale di fibre provenienti da foreste gestite in modo sostenibile); il possesso di una certificazione di cui al punto precedente costituisce mezzo di prova della conformità al criterio; b. stessi criteri previsti per la carta riciclata (punti da b a f). Permangono alcuni dubbi circa i criteri di valutazione relativi alla fibra vergine: - Come verificare la legalità del materiale in assenza di certificazione? - Perché solamente il 10% di fibre provenienti da gestione forestale responsabile? - Perché considerare sullo stesso piani schemi di certificazione che diverse analisi comparative - non ultima quella del CPET per conto del Governo Britannico - pongono su livelli prestazionali diversi?
I “criteri minimi”, comunque, dovranno essere aggiornati alla luce dell’evoluzione tecnologica del mercato e delle indicazioni della Commissione UE almeno ogni 2 anni. Con tale Decreto l’Italia ha cominciato a muoversi, pur con ritardo, sulla scia di altri paesi europei quali Paesi Bassi e Danimarca che hanno già provveduto a definire e pubblicare i criteri ambientali per diverse categorie merceologiche. D’ora in poi la Pubblica Amministrazione dovrà attenersi ai criteri ambientali sostenibili per gli acquisti e i consumi. Speriamo che sia l’inizio per dare anche impulso ad un settore quello degli acquisti verdi (GPP) che, se attuato sarebbe in grado di trasformare il sistema produttivo italiano, valorizzando piccole, medie e grandi imprese che investono, non solo in greenwashing, ma sulla sostenibilità ambientale. In base alle stime della Commissione UE, la spesa pubblica nei Paesi membri per beni, servizi e lavori ammonta annualmente a circa il 16% del relativo PIL, ma lo sono ancor di più se si valuta l’effetto leva che queste pratiche comportano nel sistema produttivo. È stato calcolato infatti che se tutti gli enti pubblici nel territorio dell’UE richiedessero computer a basso consumo energetico, e questo orientasse l’intero mercato in quella direzione, 830 mila tonnellate di CO2 non verrebbero più immesse nell’atmosfera; se tutti gli enti pubblici europei scegliessero servizi igienici e rubinetti efficienti nelle loro strutture, questo comporterebbe una
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riduzione del consumo di acqua intorno ai 200 milioni di tonnellate (pari allo 0,6% del consumo totale delle famiglie nell’UE). La diffusione capillare di pratiche di GPP è in grado di incidere positivamente quindi anche sulla competitività del sistema produttivo, che si troverà ad anticipare l’incessante evoluzione delle normative che introducono standard ambientali sempre più elevati e il trend della domanda sia pubblica che privata, sempre più orientata alla qualità ambientale.
Secondo il Gruppo di Lavoro ministeriale sul GPP, dei 115 miliardi di euro che ogni anno la Pubblica Amministrazione (Comuni, Province, Regioni, Ministeri, Enti di Ricerca) spendono per i propri “consumi”, ben 50 fanno riferimento al GPP. Viceversa, finora solo dall’8 al 10% degli acquisti sono stati “verdi” e lasciati alla buona volontà di amministrazioni illuminate o sensibili alle tematiche ambientali.
“BUY SMART” È da poco on line il sito web nazionale del Progetto europeo “Buy Smart-Green Procurement for Smart Purchaising”” che si prefigge l’obiettivo di promuovere gli acquisti verdi nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese private. Il progetto è co-finanziato nell’ambito delle azioni SAVE del Programma comunitario IEE (Intelligent Energy Europe) della Commissione UE - Direzione Generale Energia e Trasporti e realizzato in sette Paesi europei (oltre l’Italia, Austria, Germania, Lettonia, Repubblica Ceca, Slovenia e Svezia) da un Consorzio di otto Istituzioni con una grande esperienza nel settore degli acquisti verdi e dei prodotti eco-efficienti. Responsabile del Progetto è l’Agenzia per l’Efficienza Energetica di Berlino. Per l’Italia, responsabile del Progetto è l’ENEA, il cui obiettivo è quello di aumentare la quota di prodotti eco-efficienti i 6 importanti settori: IT (Information Technology):; elettrodomestici; componenti per l’edilizia; veicoli; illuminazione; elettricità da fonte rinnovabile. Gli acquisti “verdi”, cioè gli acquisti di prodotti e servizi con determinate caratteristiche di sostenibilità ambientale (GPP), si collocano come strumento chiave per il consumo e la produzioni sostenibili, in grado di orientare la domanda e l’offerta verso beni e servizi a ridotto impatto ambientale. In particolare, “Buy Smart” intende: - migliorare l’informazione su green procurement, per gli acquirenti pubblici e privati; - mettere a disposizione esempi di buone pratiche a livello europeo; - migliorare l’informazione sulle etichette energetiche e ambientali e sul loro utilizzo quali efficaci strumenti per l’identificazione dei prodotti eco-efficienti; - promuovere l’utilizzo degli strumenti a supporto agli acquisti verdi, mediante la collaborazione con partner strategici quali le piattaforme per gli acquisti elettronici, i network commerciali e le camere di commercio e industriali dei Paesi partner; - realizzare una serie di eventi, seminari e incontri per i potenziali acquirenti di prodotti eco-efficienti; - realizzare una serie di progetti pilota di acquisti verdi soprattutto elettronici. La sezione del sito dedicato alle buone pratiche è particolarmente interessante. Al di là di leggi e regolamenti, gli esempi raccolti danno una panoramica delle reali applicazioni del green procurement, in Italia e negli altri Paesi partner, per l’acquisto di elettricità verde, di dispositivi ad alta efficienza energetica, di veicoli meno inquinanti, di materiali ecologici, ecc. Altra sezione importante è quella dedicata alle etichette energetiche ed ambientali, dove sono raccolte e descritte le principali etichette e i marchi nazionali ed europei per i componenti per l’edilizia, per l’elettricità da fonte rinnovabile, per gli elettrodomestici, per l’illuminazione, per le apparecchiature per ufficio e per i veicoli. Come si accennava sopra, la novità più importante di “Buy Smart” è il coinvolgimento degli acquirenti privati: le imprese private sono sempre più impegnate nella riduzione delle loro emissioni di CO2 e nello stesso tempo il costo crescente dell’energia porta a considerare il consumo energetico dei beni e servizi acquistati. Infatti, aumentare la quota di prodotti eco-efficienti non solo presso le istituzioni pubbliche, ma anche presso il settore privato, superando le barriere che ne rallentano la diffusione è uno dei principali risultati che ci si attende dal Progetto. Sul sito è possibile, inoltre, trovare informazioni sullo stato di avanzamento del Progetto,fra cui: - Newsletter; - Comunicati stampa/Articoli; - Informazioni sugli incontri del National Steering Committee.
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CRITERI AMBIENTALI MINIMI PER L’ACQUISTO DI AMMENDANTI E PER L’ACQUISTO DI CARTA IN RISME DA PARTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ndr. Si avverte che il testo del Decreto Ministeriale inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea).
IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE Visto l’art. 1, comma 1126, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che prevede la predisposizione da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il concerto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico, e con l’intesa delle regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, del «Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione» (di seguito PAN GPP); Visti i commi 1126 e 1127 dell’art. 1 della citata legge n. 296/2006 che stabiliscono che detto Piano adotti le misure volte all’integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale nelle procedure d’acquisto pubblico in determinate categorie merceologiche oggetto di procedure di acquisti pubblici; Visto il decreto interministeriale n. 135 dell’11 aprile 2008 del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e finanze che, ai sensi del citato art. 1, comma 1126, della citata legge n. 296/2006, ha adottato il PAN GPP individuando, ai sensi del art. 1, comma 1127, della legge n. 296/2006, 11 categorie di prodotti e servizi da affrontare prioritariamente ai fini del raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale; Visto il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare GAB/DEC/185/2007 del 18 ottobre 2007, modificato dal successivo decreto ministeriale GAB/DEC/33/2009 del 14 aprile 2009, che secondo quanto indicato al punto 6 del citato PAN GPP, ha istituito un comitato interministeriale (denominato comitato di gestione) per la gestione del PAN GPP che vede la presenza di funzionari del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei Ministeri dello sviluppo economico e dell’economia e finanze, nonché di funzionari di enti di ricerca e rappresentanti delle regioni; Considerato che nell’ambito delle proprie attività il comitato di gestione provvede ad elaborare i criteri ambientali minimi relativi alle diverse categorie merceologiche previste al punto 3.6 del PAN GPP; Visti i documenti tecnici, allegati al presente decreto, relativi ai «Criteri ambientali minimi per l’acquisto di carta in risme» e ai «Criteri ambientali minimi per ammendanti» che sono stati elaborati nell’ambito del citato comitato di
gestione e condivisi con le parti interessate attraverso le procedure di confronto previste dal Piano stesso; Considerato che l’art. 2 del citato decreto interministeriale n. 135 dell’11 aprile 2008 prevede che l’emanazione di «Criteri ambientali minimi» per le diverse categorie merceologiche indicate al punto 3.6 PAN GPP venga effettuata tramite decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e finanze; Preso atto che, in ottemperanza a quanto disposto dal citato art. 2 del decreto interministeriale n. 135 dell’11 aprile 2008, con note GAB-2009-18188 e GAB-2009-18193 del 3 agosto 2009, è stato chiesto ai Ministeri sviluppo economico ed economia e finanze di formulare eventuali osservazioni ai documenti concernenti i criteri relativi ai prodotti: carta in risma ed ammendanti; Considerato che entro il termine del 15 settembre 2009 indicato nelle citate note non sono pervenute osservazioni dai Ministeri competenti; Ritenuto necessario adottare i criteri ambientali relativi ai prodotti: carta in risma ed ammendanti; Decreta: Art. 1. Criteri ambientali minimi In relazione all’art. 2 del decreto interministeriale n. 135 dell’11 aprile 2008, citato in premessa, dove si prevede l’emanazione di «Criteri ambientali minimi» per le diverse categorie merceologiche indicate al punto 3.6 del PAN GPP, sono adottati i criteri ambientali minimi di cui agli allegati tecnici al presente decreto, facenti parte integrante del decreto stesso, per i prodotti di seguito indicati: ammendanti (rientranti nella categoria «Servizi urbani e al territorio - gestione del verde pubblico, arredo urbano)» (allegato 1); carta in risme (rientranti nella categoria «Cancelleria - carta e materiali di consumo) (allegato 2). Art. 2. Modifiche I criteri ambientali minimi, indicati all’art. 1, verranno aggiornati alla luce dell’evoluzione tecnologica del mercato e delle indicazioni della Commissione europea, con cadenza almeno biennale.
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Regioni&Ambiente n° 12 Dicembre 2009
INSERTO
D. M. 12 Ottobre 2009 (G.U. n. 261 del 9/11/2009)
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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Il Rapporto sulle Bioenergie di ITABIA
SOLO IL 30-35% DEL POTENZIALE È EFFETTIVAMENTE UTILIZZABILE Sono ancora molti i punti di debolezza che caratterizzano il sistema La Direttiva 2009/28/CE sulle energie rinnovabili (cfr.: “Dalle rinnovabili il 20% del consumo di energia”, e testo normativo della Direttiva rinnovabili in Regioni&Ambiente, n. 6 giugno 2009, pag. 24 e segg.), prevede che entro la fine dell’anno la Commissione UE debba definire i criteri di sostenibilità per la biomassa a destinazione energetica, da cui potrebbero derivare le opportunità o meno di accedere alle tariffe incentivanti. L’argomento era già stato affrontato nella Finanziaria 2008 (Legge, 24 dicembre 2007, n. 244), ma non aveva seguito per mancata concertazione applicativa tra i Ministeri competenti. Un Decreto Ministero dello Sviluppo Economico del 18 dicembre 2008, dava seguito alla Legge Finanziaria 2008, prevedendo, in maniera generica, gli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, senza operare distinzioni all’interno del variegato settore delle biomasse agro-forestali. Se si vuole che il settore dia il suo contributo all’obiettivo del 20% di energia rinnovabile, occorre maggior informazione e chiarezza legislativa, anche perché se i premi incentivanti vanno solo alla produzione di energia elettrica, c’è il rischio che venga trascurato inopinatamente l’apporto alla produzione di energia termica da impianti a biomassa che, viceversa, sia per evoluzione tecnologica sia per disponibilità di risorsa potrebbe giocare un ruolo non trascurabile. La Legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, all’Art. 42, comma 8 si prevede che gli impianti a biomassa gestiti da aziende agricole possono cumulare con altri incentivi l’accesso alla tariffa onnicomprensiva, a decorrere dall’entrata di esercizio commerciale. Sulla base della Delega prevista nella Legge 99/2009 di recente il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il DM n.16 novembre 2009, relativo a “Incentivazione dell’energia elettrica prodotta dai impianti, alimentati da biomasse solide, oggetto di rifacimento parziale”, dove ven-
gono definite nuove e differenti regole per gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in considerazione che la fonte rinnovabile biomassa include tipologie di prodotti molto diversificati tra loro. Peraltro, la definizione stessa di “biomassa” è sempre stato oggetto di interpretazioni non univoche con notevoli ricadute problematiche nell’applicazione di leggi ed altre normel L’utilizzo termine biodegradabile è insufficiente a definire il complesso sistema che va sotto il nome di biomassa, soprattutto perché la biodegradabilità è una funzione del tempo. Una maggiore chiarezza deriva dalla distinzione tra: • biomasse residuali, vincolate ai cicli produttivi di origine quali, le catene alimentari primarie e secondarie, le utilizzazioni forestali, le lavorazioni agroindustriali, l’ecosistema urbano; • biomasse coltivate, strettamente legate ad un uso protettivo/produttivo del territorio e ad alternative all’agricoltura intensiva e alla forestazione convenzionale. Tra le biomasse residuali vanno poi distinte le biomasse “vergini”, ossia non trattate con agenti tossici e nocivi, da quelle potenzialmente a rischio, come è stato il caso che ha fatto grande effetto, soprattutto sui media, del pellet proveniente dalla Lituania che presentava valori di cesio ben superiori al consentito. Questa distinzione va fatta soprattutto per quanto riguarda il differente grado di complessità delle procedure autorizzative necessarie per il loro uso. Anche in relazione a questi continui rinvii e rifacimenti, il mercato delle biomasse agroforestali da colture energetiche da corta rotazione non è decollato ancora in Italia, oltre alla scarsa disponibilità di informazioni, che non favoriscono l’orientamento verso gli investimenti più convenienti in funzione di ciascuna organizzazione aziendale. Il potenziale di materia prima costituito dalle biomasse italiane corrisponde a circa 24 - 30 Mtep/anno (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio annui), che potrebbero
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costituire una risorsa importante per il rispetto degli obiettivi fissati in materia di fonti rinnovabili a livello europeo. Tuttavia, in Italia, sussistono ancora rilevanti inefficienze nella diverse fasi di raccolta, trasformazione e fornitura della biomassa all’impianto di conversione energetica, per cui solo il 30-35 per cento del suddetto potenziale è effettivamente utilizzabile attualmente, anche al netto degli usi alternativi della materia prima. Un booklet, risultato del progetto europeo Biomass Trade Centres, studiato per stimolare gli investimenti, ha cercato di fornire informazioni essenziali tecnico economiche e di mercato, su siepi e arborei da energia, cedui di pioppi a corta rotazione e utilizzo energetico del miscanto. Tra i dati riportati il compendio evidenzia i ricavi medi annui ad ettaro per un’azienda agricola, con diversi livelli di produttività, tipologie di impianto, modalità di raccolta, le spese e i ricavi. Tuttavia, in Italia, sussistono ancora rilevanti inefficienze nella diverse fasi di raccolta, trasformazione e fornitura della biomassa all’impianto di conversione energetica, per cui solo il 30-35 per cento del suddetto potenziale è effettivamente utilizzabile attualmente, anche al netto degli usi alternativi della materia prima. Lo stato della bioenergia in Italia e le azioni da sviluppare per aumentare l’efficacia degli interventi pubblici e privati per incrementare il suo contributo al bilancio energetico nazionale sono l’oggetto del Rapporto presentato il 9 ottobre 2009 da ITABIA(ITAlian BIomass Association), dal titolo “I traguardi della bioenergia in Italia - Elementi
chiave per gli obiettivi al 2020”, la cui realizzazione è stata cofinanziata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nell’ambito della campagna “Sustainable Energy Europe (SEE)”. L’analisi di Itabia rileva per il nostro Paese una solida base industriale ed un potenziale di ricerca finalizzata molto elevato. Sono però ancora molti i punti di debolezza che caratterizzano ancora il sistema biomasse. Tra questi la poca considerazione che hanno le filiere di successo (teleriscaldamento, teleraffrescamento, co-combustione, cogenerazione) sia in termini di contributo alla produzione/ risparmio di energia, sia in termini di accettabilità sociale, nelle politiche pubbliche. Ad essi si aggiunge il poco riguardo alle condizioni dei suoli agricoli e forestali, la difficoltà ad istituire accordi di filiera pluriennali tra gli operatori del settore, la frammentarietà delle normative e l’instabilità temporale delle prescrizioni, lo scarso coinvolgimento delle popolazioni locali. Dagli studi comparativi svolti sulle varie filiere legate alla bioenergia, risulta che le maggiori opportunità di sviluppo si concentrano sulla produzione di energia termica da biomasse lignocellulosiche e sulla cogenerazione da residui colturali, reflui zootecnici e colture dedicate, in particolare quando la gestione dell’energia è strettamente connessa alla struttura agricola di produzione della biomasse. Un elemento caratteristico dell’elaborato di Itabia è il Pia-
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no di Monitoraggio delle filiere, che tramite l’utilizzo di indicatori di efficienza fornisce alle amministrazioni centrali e locali oggettivi elementi di valutazione dei risultati ottenuti in rapporto agli obiettivi fissati, e può costituire uno strumento di grande efficacia per l’elaborazione e la verifica dei nuovi piani attuativi previsti dalla finanziaria 2008 sulla standardizzazione e la certificazione di filiera. Lo schema logico del Rapporto inquadra tre coppie di elementi chiave, secondo ITABIA imprescindibili, per uno sviluppo sostenibile del settore. Eccoli sintetizzati di seguito. Risorse ed Efficienza: la massima valorizzazione possibile dell’attuale disponibilità di biomasse con tecnologie innovative in grado di assicurare elevate rese sia nella fase di approvvigionamento della materia prima, sia nella fase di conversione energetica e valorizzazione integrale della biomassa. Mercato e Buone pratiche: la selezione di filiere di successo e delle migliori pratiche che rendano possibile la moltiplicazione delle iniziative e la commerciabilità di risorse, tecnologie e prodotti.
Sostenibilità e Garanzie: la valutazione della compatibilità del mercato della bioenergia con il territorio inteso non solo in senso fisico, ma anche in senso socio-economico. Il potenziale di materia prima costituito dalle biomasse italiane corrisponde a circa 24 - 30 Mtep/anno (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio annui), che potrebbero costituire una risorsa importante per il rispetto degli obiettivi fissati in materia di fonti rinnovabili a livello europeo. Tuttavia, in Italia, sussistono ancora rilevanti inefficienze nella diverse fasi di raccolta, trasformazione e fornitura della biomassa all’impianto di conversione energetica, per cui solo il 30-35 per cento del suddetto potenziale è effettivamente utilizzabile attualmente, anche al netto degli usi alternativi della materia prima. “Il nostro obiettivo - ha dichiarato Walter Merzagora di ITABIA - è di valutare l’intero settore secondo tre criteri fondamentali: risorse ed efficienza, per cercare di massimizzare l’efficacia di tutte le fasi della filiera garantendo il massimo sfruttamento delle risorse disponibili; mercato e buone pratiche, per selezionare i casi di successo, dando la possibilità di essere replicati; sostenibilità e garanzie, per valutare l’impatto di questo settore con il territorio”.
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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
Concluso a Roma il Vertice Mondiale FAO sulla Sicurezza alimentare
RAMMARICO E DELUSIONE DOPO LA DICHIARAZIONE FINALE Senza obiettivi misurabili né termini specifici entro cui realizzarli “Avrei auspicato che tutti i Paesi presenti al Vertice fossero rappresentati dai loro leader - ha dichiarato Jacques Diouf, Direttore Generale della FAO dopo la conclusione del Vertice mondiale sulla Sicurezza Alimentare svoltosi a Roma dal 16 al 18 novembre 2009 - Se non ci sono i Capi di Stato e di Governo che possono coordinare gli sforzi, se non sono qui a discutere degli aiuti allo sviluppo e delle problematiche ad essi correlati, siamo andati fuori tema e ridotto la soluzione del-
la sicurezza alimentare al solo livello tecnico, quando invece è un problema sociale, economico e finanziario, oserei dire culturale”. Queste parole pronunciate al di fuori del discorso conclusivo da Diouf meglio rispecchiano i risultati del Summit e di come siamo ancora lontani da quell’obiettivo di ridurre della metà, entro il 2015, la fame nel mondo, previsto dalla Dichiarazione di Sviluppo del Millennio (Millennium Develop-
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ment Goals) che tutti i 191 Stati membri dell’ONU hanno sottoscritto nel settembre del 2000. Peraltro, nel suo discorso conclusivo il Direttore Generale della FAO aveva osservato “con rammarico” che la Dichiarazione ufficiale adottata all’unanimità “non contiene obiettivi misurabili né termini specifici entro cui essere realizzati...” La FAO ha proposto l’aumento della quota degli aiuti ufficiali allo sviluppo destinati all’agricoltura ed alle infrastrutture rurali dei Paesi in via di sviluppo, portandoli a 44 miliardi di dollari l’anno, e la data del 2025 per la totale eliminazione della fame. Allo stesso tempo dal Vertice sono stati presi quattro impegni importanti; 1. Maggiori sforzi per raggiungere il Primo degli obiettivi di sviluppo del Millennio di dimezzare la fame entro il 2015 ed eliminarla del tutto il più presto possibile. 2. Impegno a migliorare il coordinamento internazionale e la governance della sicurezza alimentare, mediante una profonda riforma dell’esistente Commissione FAO sulla Sicurezza Alimentare (CFS) che diventerebbe una componente centrale di una nuova Partnership Globale per l’agricoltura, la sicurezza alimentare e la nutrizione. Questo rinnovato organismo, ampliato per includere partner sia del settore pubblico che di quello privato ed organizzazioni non-governative ed elevato a livello ministeriale, dovrà coordinare gli sforzi internazionali contro la fame e prendere decisioni informate e rapide su tutte le questioni alimentari a livello mondiale. In questo compito sarà assistita da un comitato di esperti di alto livello. 3. La promessa di invertire la tendenza alla riduzione degli investimenti nazionali ed internazionali in agricoltura, nella sicurezza alimentare e nello svilup-
po rurale dei Paesi in via di sviluppo e di aumentare in modo sensibile la quota di aiuti pubblici allo sviluppo. 4. La decisione di promuovere nuovi investimenti nella produzione agricola e nella produttività nei Paesi in via di sviluppo per riuscire a ridurre la povertà e raggiungere la sicurezza alimentare per tutti
Il 12 e 13 novembre si è tenuto a Milano un Forum del Settore Privato ed il 13 novembre è stato organizzato a Roma un Incontro interparlamentare. Un Forum della Società Civile si è tenuto a Roma dal 14 al 16 novembre.
Tra le personalità intervenute Papa Benedetto XVI che nel suo intervento ha detto che le regole che governano il commercio internazionale dovrebbero essere separate “dalla logica del profitto visto come fine a se stesso”.
Il Vertice ha adottato cinque Principi Strategici per la sicurezza alimentare sostenibile globale: 1) investire in programmi non calati dall’alto, canalizzando le risorse in alleanze e progetti ben concepiti e basati sui risultati; 2) sostenere un coordinamento strategico a tutti i livelli per migliorare la governance e l’allocazione delle risorse evitando duplicati; 3) intervenire con un approccio del doppio binario che comporti sia misure d’emergenza di breve periodo che interventi di sviluppo di lungo termine; 4) lavorare per migliorare il coordinamento, l’efficienza e l’efficacia delle istituzioni multilaterali; 5) assicurare un impegno sostenibile e sostanzioso da parte di tutti i partner per investire nel settore agricolo, nella sicurezza alimentare e nella nutrizione. Nel Vertice si è concordato di “affrontare in modo più attivo la minaccia del cambiamento climatico per la sicurezza alimentare e la necessità di adattamento e mitigazione dell’agricoltura... con un’attenzione particolare ai piccoli produttori ed alle popolazioni vulnerabili”. Oltre ai Paesi Membri ed ai rappresentanti di organizzazioni internazionali e regionali, che sono intervenuti nella Plenaria, nei giorni che hanno preceduto il Vertice si sono tenuti diversi incontri per far sì che fossero sentite tutte le voci.
Kebkabiya, (Nord Darfur) campo per profughi e rifugiati interni: una madre di 27 anni con in braccio il figlio malnutrito (fonte: USAID)
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Norman Borlaug
PREMIO NOBEL PER LA PACE 1970 Omaggio a chi è morto “indossando gli stivali”
Fonte: University of Minnesota
Negli ultimi anni abbiamo sempre dedicato un articolo al personaggio a cui è andato il Premio Nobel per la Pace, anche perché era stato assegnato a personalità che a vario modo si erano impegnate per la difesa dell’ambiente e per uno sviluppo sostenibile. Quest’anno non ce la sentiamo di celebrare Barack Obama a cui il Comitato di Oslo ha conferito l’ambito Premio. Non abbiamo alcuna pregiudiziale sull’uomo politico che ha tutti i presupposti per divenire un individuo che si adopererà per una maggior convivenza tra i popoli, ma giudichiamo intempestivo l’encomio ad una carriera annunciata, ma non ancora realizzata. Il premio non se l’è guadagnato, come lui stesso ha riconosciuto alla notizia dell’attribuzione del Premio: “onestamente non credo di meritarlo”. Voler preconizzare gli eventi, con la speranza che tale assegnazione possa influire sulle sue decisioni rischia di comprometterne l’immagine, imponendogli un ruolo non facile da assecondare, considerati i problemi connessi ad Iraq ed Afghanistan e a quelli relativi ai cambiamenti climatici. Non vorremmo trovarci imbarazzati di
fronte al perdurare della presenza militare a Bagdad, oltre i termini previsti dal suo programma elettorale o ad un ventilato aumento di militari statunitensi a Kabul. Peraltro, proprio l’occasione della partecipazione alla Conferenza sui cambiamenti climatici di Copenhagen, subito dopo il ritiro del Premio ad Oslo il 10 dicembre, costituirà una verifica della bontà della scelta operata dal Comitato, dal momento che autorevoli esponenti del Pentagono hanno affermato che il fallimento della Conferenza avrà quali conseguenza un aumento dell’insicurezza e dei conflitti armati (cfr: “A 350ppm sarebbe meglio”, in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2009, pag. 40 e segg.). Al momento, non ci sembra che sussistano adeguate motivazioni che giustifichino tale assegnazione, alla luce delle volontà testamentarie di Alfred Nobel, che per il premio per la Pace prevedevano l’attribuzione “alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi di pace” (in Henry Schück e altri, “Nobel. L’uomo e i suoi premi”, Fratelli Fabbri editori, Milano, 1964). Così, preferiamo celebrare Norman Borlaug che il Premio Nobel per la Pace aveva ricevuto con pieno merito nel 1970 e che se n’è andato, con scarsa attenzione da parte dei media, il 12 settembre 2009 all’età di 95 anni, attendendo con infaticabile energia ai suoi studi per debellare le malattie delle piante e sfamare l’umanità, come abbiamo testimoniato in un precedente articolo (cfr: “I cambiamenti climatici causeranno il collasso della civiltà”, in Regioni&Ambiente, n. 10 ottobre 2009, pag. 14 e segg.). “Voglio morire indossando i miei stivali, perché c’è ancora da lottare contro la fame nel mondo, aiutando gli agricoltori di diversi Paesi per aumentare la loro produzione. Alcune persone dicono
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che ho salvato più vite di qualsiasi altra persona al mondo, ma io lo accetto con moderazione. Tante persone sono state salvate, ma il mio contributo principale è stato l’insegnamento. È stato il lavoro di squadra di tanti giovani scienziati con cui ho lavorato che ha fatto la differenza” (“Pane e Pace”, intervista di Vicki Stavig del 14 gennaio 2004 e pubblicata sul sito dell’University of Minnesota Alumni Association). Quell’affermazione di voler “morire con gli stivali ai piedi” è un po’ la metafora della principale innovazione apportata da Borlaug nella ricerca e nello sviluppo in agricoltura: lo stretto e fecondo rapporto tra il ricercatore che cerca di risolvere i problemi e il contadino che mette in pratica gli strumenti innovatori. È stato considerato il padre della “Rivoluzione Verde”, termine con il quale si è denominato un approccio innovativo ai temi della produzione agricola che, attraverso l’accoppiamento di varietà vegetali geneticamente selezionate, a sufficienti dosi di fertilizzanti, acqua ed altri prodotti agrochimici, ha consentito un incremento significativo delle produzioni agricole in gran parte del mondo. Tale processo iniziò in Messico nel 1944 per opera, appunto, di Borlaug, allora giovane agronomo che aveva condotto studi su battericidi e fungicidi presso la DuPont, quando venne chiamato dalla Rockfeller Foundation a dirigere il Centro di ricerche delle malattie genetiche in Messico, con l’obiettivo di ridurre le aree a rischio di carestia. Vennero così studiate varietà di grano resistenti ai fungicidi e adatte alle condizioni ambientali, incrociando varietà a stelo corto e solido con quelle a stelo lungo ed esile. Il risultato fu la creazione di varietà “semi-nane”, ma dal chicco grande e turgido, che, grazie anche all’uso di azoto come fertilizzante, fecero triplicare e quadruplicare la produzione. Il successo messicano indusse Borlaug ad estendere queste sperimentazioni di varietà di grano in India e Pakistan, per poi estenderle alle varietà risicole, per-
mettendo a questi Paesi di poter sfamare una popolazione in continua crescita. Si calcola che nel sub-Continente indiano siano state 245 milioni le persone salvate dalla morte per fame, grazie alle scoperte di Borlaug, tanto che lo Stato indiano gli ha assegnato nel 2006 il Padma Vibhushan, il secondo più alto riconoscimento civile del Paese. Il modello si diffuse positivamente negli altri Continenti, ad eccezione dell’Africa, a causa essenzialmente di carenze infrastrutturali e di ostacoli socio-politici, motivo questo di profondo rammarico per Borlaug. Eppure, quell’insuccesso confermava in qualche modo un’altra importante intuizione di Borlaug: non esistono modelli universali di sviluppo, per cui la ricerca scientifica in agricoltura deve essere
condotta a livello locale, formando i giovani ricercatori sul posto. Oggi la “rivoluzione verde” viene criticata per la perdita di biodiversità, l’impoverimento dei suoli, l’uso massiccio di fertilizzanti e la diffusione degli OGM. Particolarmente critica è la scrittrice e attivista indiana Vandana Shiva, contraria a pratiche agricole che cercano di superare i limiti naturali. Borlaug, in linea di principio era favorevole agli organismi geneticamente modificati che considerava come evoluzione dei suoi studi, come si evince dalla prefazione da lui scritta al libro “Il cibo di Frankenstein. La rivoluzione biotecnologica tra politica e protesta” (autori Gregory Conko e Henry I. Miller, Lindau editore, 2007), ma era fortemente
contrario a lasciare questo settore della ricerca in mano alle multinazionali. La sua battaglia per il libero scambio di informazioni e semi per aumentare le rese dei campi, costituisce un ulteriore elemento della sua volontà di riconoscere agli agricoltori un ruolo decisivo. La sua “ossessione” è sempre stata la sicurezza alimentare di una popolazione globale in continua crescita, come testimonia il suo discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace, allorché si era augurato che si trovasse un modo per arrestare “la crescita irresponsabile della popolazione, regolando il tasso di crescita a livelli che consentano una vita decente per tutta l’umanità”. E pensare che quando Norman Borlaug così si esprimeva, la popolazione globale era poco più della metà dell’attuale! Indonesia. Fonte: World Bank Photo Gallery
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AGENDA 21
EDUCAZIONE ALL’IMPRESA SOSTENIBILE a cura del Gruppo di Lavoro del progetto Vetrina della Sostenibilità Emilia-Romagna
Cosa vuol dire educare alla impresa sostenibile? Il retaggio storico culturale dell’ambientalismo anni ’70-’80 ci ha lasciato in dote un’immagine dell’impresa come luogo dal forte impatto negativo sul territorio, sia in termini di inquinamento e depauperamento delle risorse che in termini sociali di rapporto con l’operaio e con la popolazione locale. D’altra parte eventi quali i drammi di Seveso e Chernobyl hanno impresso nelle nostre menti immagini dolorose quanto indelebili. Oggi, a 22 anni dal Rapporto Brundtland e dalla nascita del concetto di “sviluppo sostenibile”, quantomeno sul piano teorico può dirsi acquisita la possibilità di coniugare le ragioni dell’economia con il rispetto dell’ambiente e con comportamenti socialmente responsabili. Ed in buona parte ciò è vero anche all’atto pratico. Sono tante le esperienze nate e cresciute in questi anni di imprese che hanno fatto propria la filosofia dello sviluppo sostenibile e che hanno cercato, trovandolo, un loro personale equilibrio tra le tensioni economiche, ambientali e sociali: certificazioni ambientali di prodotto e processo; responsabilità sociale d’impresa; pratiche quotidiane per minimizzare l’impatto, ma anche vero e proprio business “verde”. È però innegabile che, se queste esperienze esistono ed in contesti ad economia avanzata quali quello emilianoromagnolo sono piuttosto frequenti, l’opera di diffusione ed emulazione è ben lontana dall’essere completa. E questo si specchia nella difficoltà di modificare la percezione che il cittadino ha dell’attività industriale. Una conferma: durante la precedente edizione di ECOMONDO, Fiera dello sviluppo sostenibile tenutasi a Rimini a novembre 2008, coloro che hanno visitato lo stand della Regione Emilia-Romagna hanno avuto la possibilità di compilare un breve questionario legato ai temi dell’ambiente. Alla domanda su quale sia il settore sul quale intervenire prioritariamente per aiutare l’ambiente, ben 505 rispondenti,
su un totale di 1.353, hanno risposto “industria”. Educare all’impresa sostenibile è un’attività da leggersi dunque in una duplice accezione: da un lato educazione alle imprese, per far sì che le esperienze positive maturate in questi anni vengano estese ad altri contesti un po’ meno pionieristici e portino alla reale riduzione dell’impatto ambientale del comparto industriale e ad una vera e propria rete di imprese “verdi” che lavorino in una logica sistemica; dall’altro educazione alle imprese come tematica sulla quale consapevolizzare il cittadino, perché apprezzi gli sforzi fatti, i risultati ottenuti ed il più generale cammino intrapreso verso la sostenibilità delle imprese. All’interno del Programma INFEA 2008-2010, la Regione Emilia-Romagna si impegna in tal senso ad educare all’impresa sostenibile sia attraverso i canali classici dell’informazione e sensibilizzazione dei cittadini, con un occhio di riguardo per gli studenti delle scuole superiori in quanto adulti di domani, sia attraverso una progettualità incentrata sull’impresa come luogo in cui si impara facendo e conseguentemente si innova, anche in ottica di sostenibilità. In realtà, la Regione è già da tempo impegnata su questi fronti, in particolare attraverso progetti quali “L’ambienTE SI laurea” e la “Vetrina della Sostenibilità”. Il primo è una raccolta delle migliori tesi di laurea, di dottorato, di master e di specializzazione in campo ambientale prodotte dagli studenti degli atenei emiliano-romagnoli. Lo scopo del progetto è quello di favorire la circolazione di saperi e più ancora di idee brillanti, idee che possano portare reale innovazione nelle attività legate all’ambiente, qualora trovassero qualcuno interessato a contribuire alla loro concreta realizzazione. La Vetrina è appunto un bacino a cui queste tesi possono essere rivolte: raccolta di buone pratiche di sostenibilità afferenti per lo più a soggetti del mondo imprenditoriale, i suddetti pionieri insomma. Coloro la cui esperienza può fare da traino verso la
LA “VETRINA DELLA SOSTENIBILITÀ - EMILIA-ROMAGNA”: - uno strumento di comunicazione per promuovere tecniche e prodotti che realizzano i principi dello sviluppo sostenibile; - uno spazio di interazione per la nascita e la diffusione di nuovi processi di collaborazione, emulazione, creazione di impresa
È un progetto della Regione Emilia-Romagna con il patrocinio di:
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sostenibilità a tutto il sistema imprenditoriale regionale e, contemporaneamente, coloro i quali hanno energia e lungimiranza per raccogliere le buone idee provenienti da studenti e ricercatori, al fine di valorizzare allo stesso tempo il nostro territorio e le menti brillanti che vi operano. Ma anche coloro che, visto l’impegno profuso, meritano un riconoscimento da parte del cittadino, a sua volta da educarsi all’impresa sostenibile. A questo punto è chiaro il ruolo di mediatore svolto fin qui dall’amministrazione regionale, finalizzato a mettere in contatto realtà diverse, ma che, spesso senza nemmeno rendersene conto, stanno tirando tutte verso una stessa direzione e che pertanto, se riusciranno ad unire gli sforzi, moltiplicheranno sicuramente i guadagni, sia ambientali che economici. È chiaro anche che, proprio perché questi sforzi vengano premiati dal successo economico, è necessaria un’opera di consapevolizzazione del cittadino; anche qui la Regione
già da tempo sta attuando diverse politiche, tra le quali la campagna di comunicazione “ConsumAbile”, un primo e significativo stimolo all’impegno diretto della cittadinanza, attraverso comportamenti quotidiani responsabili. Il fatto che queste esperienze, già avviate, siano state in grado di tracciare una linea che la Regione ha ribadito di voler seguire nel biennio 2008-2010, dimostra la ferma consapevolezza della necessità di incidere sul comparto industriale per raggiungere obiettivi di sostenibilità, ma anche la coscienza della necessità di porsi ad uno stesso livello per lavorare insieme ed apprendere dall’esperienza dei tanti soggetti che da anni agiscono consapevolmente nell’intento di promuovere uno sviluppo sostenibile. Ciò tramite l’arma potente e positiva della duplice educazione. Per maggiori informazioni: www.ermesambiente.it/vetrinasostenibilita
QUESTIONARIO SUI COMPORTAMENTI SOSTENIBILI Anche quest’anno la Regione Emilia-Romagna, all’interno del proprio spazio espositivo alla Fiera ECOMONDO di Rimini, ha somministrato ai visitatori dello stand una cartolina/questionario: tre semplici domande rivolte a conoscere meglio comportamenti adottati e punti di vista su iniziative da intraprendere in futuro per diffondere i comportamenti sostenibili tra i cittadini ed i consumatori. Nei quattro giorni a disposizione sono state compilate complessivamente 1.598 schede da parte di persone per lo più tra i 14 e i 65 anni (ma quasi la metà al di sotto dei 30 anni), in prevalenza uomini (820 contro le 686 donne), provenienti per oltre il 40% dall’Emilia-Romagna. Quali i comportamenti sostenibili più diffusi? Il più segnalato è la raccolta differenziata dei rifiuti (26%), davanti allo spegnimento dello stand-by delle apparecchiature elettroniche (22%); poco frequente l’utilizzo di mezzi pubblici (11%) ed il consumo di prodotti biologici o a km zero (10%). La scelta di prodotti italiani (30% circa) è il fattore privilegiato negli acquisti, mentre il 15% circa afferma di preferire catene corte e prodotti di prossimità. Si rivela nel complesso modesta invece l’attenzione per forme di consumo etico, dai prodotti certificati in questo senso (10% circa) a quelli provenienti dal Sud del mondo (5%). L’analisi per classi di età ha mostrato invece dinamiche maggiormente articolate: in particolare si segnala la tendenza all’acquisto di prodotti biologici/ecologici/km zero molto più accentuata tra gli adulti, mentre i giovani si segnalano soprattutto per l’utilizzo dei mezzi pubblici (come era prevedibile) e per l’abitudine a spegnere gli stand-by di televisori ed altre apparecchiature elettriche. Infine, si rileva la maggiore propensione delle classi più giovani ad annettere maggiore utilità a “fiere, pubblicità sui giornali e attività di comunicazione varie” come strumento di informazione per acquisti sostenibili, mentre gli adulti sembrano preferire l’alternativa della rete di ecopoint, punti informativi presso i comuni, ma anche un sito dedicato come la Vetrina della Sostenibilità.
In viaggio verso la sostenibilità
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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Avviato il progetto della Fondazione Chiaravalle-Montessori
“SLOW LOOK. LUOGHI DA GUSTARE LENTAMENTE”
Alla scoperta degli “spiriti” dei luoghi per un turismo sostenibile
“Sic deinde effatus frondenti tempora ramo implicat et genium loci, primamque deorum Tellurem, Nymphasque et ignota precatur flumina, [...]”. (Publio Virgilio Marone, Eneide, Libro VII, vv. 136- 139) Quando i Troiani, stanchi ed affamati sbarcano alla foce del Tevere, Enea prima di intraprendere l’esplorazione dei luoghi riconosciuti per essere quelli a lui vaticinati, invita i compagni a pregare: “Dopo essersi così espresso, cinge le tempie di frondoso ramo e prega il genio del luogo e la Terra, prima degli Dei, le Ninfe e i fiumi ancora ignoti, [...]”. Nell’antichità il rapporto “sostenibile” tra territorio e individuo non derivava solo da ancestrali tradizioni di culto o consuetudini culturali connesse ad un’economia essenzialmente agricola, ma, e soprattutto, da una solida conoscenza della comune appartenenza ad un determinato territorio. Come gli uomini, anche i luoghi avevano uno “spirito” protettore oggetto di culto che veniva rappresentato iconograficamente, per lo più, da un serpentello: Genius loci (Georges Dumézil, “La religione romana arcaica”, BUR, 2001). Questa locuzione, di recente, è stata adottata trasversalmente in architettura per individuare le caratteristiche proprie di un ambiente, interlacciate con l’uomo e le abitudini con cui vive questo ambiente (Christian Norberg Schultz, “Genius loci. Paesaggio Ambiente Architettura”, Electa Mondadori, 2007). Oggi, la funzione del genius loci è motivo di interesse per la nuova domanda di turismo sostenibile che poggia su una percezione di identità territoriale, in cui la gente si identifica di fronte a “fenomeni esterni” o per “azioni” da intraprendere (Marco Cestari, “La radice del turismo sostenibile”, Maschietto&Musolino, 2007)
Senza il supporto determinante di un’idea identitaria della comunità che su un territorio vive ed opera, non ci può essere alcuno “sviluppo sostenibile”. La globalizzazione ha prodotto anche fenomeni pericolosi, come “materializzazione” e “a-territorialità: il primo, tende a far sì che luoghi e paesaggi si equivalgano o si stemperino l’uno nell’altro; il secondo, tramite la mobilitazione di capitali “estranei” e spesso anonimi, agisce in modo “irresponsabile” verso la realtà comunitaria. Accettati come conseguenza del progresso, questi fenomeni stanno determinando la perdita del senso del luogo (Franco Ferrarotti, “Il senso del luogo”, Armando editore, 2009). Peraltro, proprio la crisi economica, sociale, politica e ambientale, con cui si è annunciato il XXI secolo (che è pure crisi culturale, come ha sottolineato nella sua lectio magistralis, tenuta a Firenze il 26 novembre u.s. durante “Green Days”, l’economista e filosofo Jean Paul Fitoussi), ci costringe a “leggere” con occhi diversi i luoghi del territorio, se vogliamo progettarne il futuro. La “riscoperta”, perciò, di una comune coscienza di comunità, che è tanto più forte e radicata quanto più riconosce nei luoghi il motivo stesso della sua esistenza, diventa operazione indispensabile per la “sostenibilità”. Il riconoscimento dei valori del luogo, tuttavia, non basta: occorre che gli stessi siano condivisi per acquisire maggior consapevolezza. È l’esperienza di un “visitatore”, che ne conferma la validità, corroborando la comunità locale a credere in quei valori ed evitando così il rischio di una mancanza di comunicazione “rivelatrice”. Oggi, una comunicazione partecipata non può che utilizzare Internet, su cui si sta riversando la domanda dei visitatori più attenti e responsabili e dove sussiste scarsa possibilità di controllo economico e ampia capacità partecipativa. Tale compito deve essere
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svolto da un’organizzazione che operi in modo pro-attivo, rivitalizzando l’identità dei luoghi e producendo costanti offerte coerenti all’identità del luogo stesso, “affinché la comunità possa rinnovare il proprio valore sostenibile, primo passo per ridare al luogo la sua funzione di Genius Loci e punto di riferimento e incontro del nuovo turismo” (Cestari). Su questi presupposti e finalità ha preso avvio “SLOW LOOK. Luoghi da gustare lentamente”, progetto turistico-culturale, di valenza nazionale, messo in atto dalla Fondazione Chiaravalle-Montessori, con il supporto della locale Amministrazione Comunale a cui la riforma del Titolo V della Costituzione, assegna un forte ruolo nel governo del territorio per lo sviluppo economico, il benessere sociale e la qualità della vita a favore delle comunità amministrate, ovvero di svolgere il ruolo di Genius loci. “L’albero e la casa l’ultimo sogno e il primo amore”, sono i versi finali della poesia “Alle Marche” dello scrittore e poeta Massimo Ferretti (1935-1974) che a Chiaravalle (AN) era nato e vissuto fino all’adolescenza, che sono stati presi a prestito per sintetizzare e caratterizzare la mission del progetto. Dovunque in Italia vi sono luoghi identitari di un ambiente, un paesaggio e una comunità, che non coincidono con i più conosciuti e celebrati siti storico-artistico-culturali. Sono luoghi “humiles”, per riprendere un aggettivo caro al poeta Virgilio, che tuttavia sono in grado di evocare emozioni e sentimenti in chi vi risiede o vi ha vissuto, ma anche in viaggiatori occasionali. Per poter “assaporare” (il riferimento a Slow Food non è occasionale) questi luoghi dell’anima occorrono due condizioni: - ritrovare una dimensione temporale “lenta”, in grado di individuare quegli elementi “rivelatori” che il residente inconsapevole o il viaggiatore frettoloso non sono in grado di cogliere; - dar vita ad un’organizzazione di comunicazione ed informazione che renda quei “valori”, identitari di un luogo e di una comunità, condivisibili.
Il progetto, a valenza nazionale, si rivolge: - ad Enti Istituzionali (Assessorati alla Cultura, all’Ambiente, allo Sviluppo Sostenibile, al Turismo… di Comuni, Province e Regioni) che vorranno accreditare sia ambienti e paesaggi che eventi e manifestazioni del proprio territorio, con l’opportunità di avvicinare un target più ampio di visitatori, al di là della tradizionale guida turistica; - a singoli utenti che, all’interno della community del sito web che costituisce una “piazza virtuale”, potranno condividere con altri i luoghi dell’anima o segnalare quegli scorci che hanno suscitato in lui forti emozioni. Si tratta, perciò, di: - “vetrina” delle proprie ricchezze per l’Ente e/o Istituzione dove si trova quel che abbisogna di una lenta “degustazione”; - “album” dei ricordi (immagini, foto, video, pensieri..) per il visitatore. Attualmente, sono 5 le sezioni di intervento individuate dalla Fondazione Chiaravalle-Montessori, depositaria del marchio “Slow Look”. Slow Look kids I bambini, accompagnati all’interno di un’esperienza che permetterà loro di scoprire l’ampio ventaglio di emozioni che si cela dietro ogni proposta di cibo, sono i protagonisti di questo intervento... Lentamente osservando, immaginando, toccando e infine assaporando, il bambino può associare il luogo di produzione agli alimenti proposti durante il laboratorio. Questa avventura sarà la giusta occasione per il piccolo attore del progetto, di accostarsi alle meraviglie del territorio circostante e incamminarsi lungo un percorso che lo rendeva cittadino e visitatore consapevole. Slow Look life Sempre all’interno della filosofia del progetto, si inserisce questa sezione dove si afferma la volontà di gustare lentamente quei luoghi che vedono il dispiegarsi della quotidiana vita del cittadino, avvincendo e coinvolgendo il visitatore: un muretto su cui appoggiarsi per chiacchierare tranquillamente; un vicolo lungo il quale incamminarsi; un sentiero o una pista ciclabile dove pedalare.
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Slow Look show Parole appassionanti, musiche coinvolgenti, immagini emozionanti, luoghi incantati: sono questi gli elementi di Slow show, troppo a lungo dimenticati che diverranno teatro provvisorio in cui gustare pienamente l’arte della vita. Eventi e spettacoli valorizzeranno luoghi, lungo la riva del mare o la sponda di un fiume, sul declivio di un colle o negli anfratti di una montagna, raggiungibili solo grazie ad una pedalata o una passeggiata. Tali manifestazioni, inserite nella cornice
velocemente l’auto parcheggiata in doppia fila, Slow shopping propone un nuovo modo di vivere gli spazi all’interno di un’attività commerciale, affinché quelli che i sociologi e urbanisti hanno definito i non-luoghi, possano divenire ambienti dove ammirare spazi e oggetti, scambiando due parole con gli altri clienti e il personale. Riappropriarsi del piacere della vita, anche nella semplicità dei gesti quotidiani, è possibile. Slow Look habitat Gli spazi architettonici e ecosistemici offriranno al visitatore l’opportunità di soffermarsi a gustare ambienti di cui spesso non ha chiara coscienza e di riflettere, al contempo, sulla necessità che siano ben conservati per essere lasciati in eredità alle future generazioni.di adeguarsi ad uno stile di vita più sostenibile, per riconsegnare alle future generazioni ambienti e risorse di cui ha goduto. Solo un’osservazione “lenta” permette di acquisire la consapevolezza dell’obbligo morale di non sprecare “beni e risorse” che, purtroppo, l’attuale stile di vita, “veloce e dissipatore”,rischia di compromettere irrimediabilmente.
www.slowlook.it
“Ognuno, in quanto occupante un luogo, sia esso la propria casa, la piazza, la meta delle vacanze, ne diventa cittadino temporaneo, acquisendone un diritto di residenza, con tutti gli oneri e gli onori che ne conseguono - hanno affermato nella dichiarazione congiunta, diffusa il 29 novembre 2009 in occasione della presentazione del progetto, Lucio Lombardi, Direttore della Fondazione Chiaravalle-Montessori, e Lorenzo Fabbri, Assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione del Comune di Chiaravalle - In questo modo potrà incidere sulla natura stessa di quegli spazi, sulle scelte urbanistiche ed architettoniche, sulle proposte turistiche, realizzando quella democrazia partecipata, oggi tanto invocata, ma poco praticata”. “Come ideatori del progetto - hanno concluso - siamo orgogliosi che Slow Look sia nato a Chiaravalle, città natale di Maria Montessori, la cui pedagogia è votata a rispettare il tempo dei bambini e, quindi, più in generale di ogni individuo, e che diventi occasione perché ognuno possa riscoprire quei luoghi dell’anima che possono essere apprezzati e vissuti appieno con uno sguardo lento”.
paesaggistica dei luoghi, con lentezza faranno riscoprire il senso del tempo, riaffiorare i ricordi e assaporare il piacere delle semplici emozioni.
Per maggiori informazioni: fondazione Chiaravalle Montessori Lucio Lombardi 071 9499278 info@mariamontessori.it - www.slowlook.it
Slow Look shopping Abituati ad entrare frettolosamente in un negozio, pretendendo di essere serviti in pochi minuti per poter riprendere
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UNO SPAZIO DEDICATO A...
Emilia-Romagna
UN ATLANTE DEL CLIMA PER VEDERCI PIÙ CHIARO Aumento generalizzato delle temperature e concentrazione delle piogge sono le principali tendenze rilevabili dall’“Atlante idroclimatico” (1961-2008), realizzato dall’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente dell’Emilia-Romagna (Arpa) in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna e presentato a Bologna il 9 dicembre nel corso del Convegno “Non è più il clima di una volta”. L’appuntamento ha coinciso in modo non casuale con il vertice di Copenhagen, a cui ha partecipato l’Assessore regionale all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile Lino Zanichelli, a rappresentare l’esperienza dell’Emilia-Romagna. Nel suo intervento al Convegno l’Assessore ha sottolineato come l’Atlante idroclimatico sia uno strumento importante di cui l’Agenzia ARPA dota il Governo regionale per elaborare le politiche ambientali e di sostenibilità. “Dati scientifici rigorosi, resi pubblici e organizzati in modo chiaro, sono
essenziali anche per creare una consapevolezza dei cittadini sull’entità e i costi del cambiamento climatico ha dichirato Zanichelli - L’Atlante ci dimostra, ad esempio, che nel nostro territorio l’innalzamento della temperatura e la violenza delle piogge sono fenomeni reali e che di conseguenza le nostre scelte devono agire sul fronte della prevenzione e mitigazione dei loro effetti”. “Se prendiamo un tema che è oggi in discussione, quello della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, in particolare dei servizi idrici - ha continuato Zanichelli - questa Regione ritiene necessario un sistema tariffario equo da un punto di vista sociale, che disincentivi gli sprechi e premi il risparmio, come quello che sta entrando a pieno regime in Emilia-Romagna; dunque non di vincoli privatistici imposti dallo Stato abbiamo bisogno per salvaguardare il clima e valorizzare l’ambiente,
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ma della possibilità di realizzare sui territori gli interventi più efficaci”. L’Atlante, finanziato all’interno del Piano Telematico Regionale, raccoglie e analizza i dati climatici e idrologici degli ultimi cinquanta anni sul territorio regionale e li mette a disposizione in un volume ricco di immagini, ma anche sul sito web www.arpa.emr.it/clima. “Per la prima volta - ha detto Stefano Tibaldi, Direttore generale dell’ARPA viene reso disponibile uno strumento che fotografa il clima dell’Emilia-Romagna dal 1960 ad oggi. Si tratta, dunque, di un supporto importante per la progettazione delle politiche di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, evidenti nelle mappe presenti. L’Atlante raccoglie anche e soprattutto un work in progress, aggiornato e approfondito costantemente nella sua versione telematica, disponibile sul sito internet di Arpa, con i dati e le elaborazioni che via via saranno disponibili”.
LEGGIAMO L’ATLANTE IDROCLIMATICO 1961-2008 Scorrendo le pagine dell’Atlante appaiono evidenti le principali tendenze climatiche regionali, che mostrano un aumento generalizzato delle temperature: confrontando il trentennio di riferimento 1961-1990 con il periodo attuale (1991-2008), esse risultano cresciute in media di circa un grado (1,1 °C) con punte fino a 2 °C a Ferrara e 1,5 °C a Reggio Emilia, Piacenza e
Cesena, tutte città in forte espansione, dove sicuramente un contributo al riscaldamento è di origine locale (isola di calore urbano). Le precipitazioni, espresse come totali annui medi territoriali, mostrano invece variazioni modeste della quantità totale, calata in media del 5% circa (da 890 a 850 millimetri). Le variazioni in questo caso sono soprattutto territoriali, dato
che le precipitazioni appaiono diminuite sostanzialmente in montagna e leggermente in aumento sulle pianure centro orientali. I cambiamenti riguardano anche la distribuzione nel tempo delle precipitazioni che, dalle tavole relative al numero di giorni piovosi, appaiono più disomogenee rispetto al passato, con una tendenza alla diminuzione dell’ordi-
Tendenze delle temperature medie e delle precipitazioni in Emilia-Romagna 1961 - 2008 Comune
Superficie kmq
BOLOGNA CESENA FERRARA FORLÌ MODENA PARMA PIACENZA RAVENNA REGGIO E. RIMINI
141 250 405 228 183 261 118 658 230 135
Temperatura media (°C) 1961-1990 14,0 13,3 13,4 13,9 13,3 13,4 12,1 13,2 13,0 13,8
Temperatura media (°C) 1991-2008 15,1 14,8 15,4 15,0 14,6 14,6 13,6 14,1 14,5 14,8
Differenza (°C) +1,1 +1,5 +2,0 +1,2 +1,3 +1,2 +1,5 +1,0 +1,5 +1,0
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Precipitazioni (mm) 1961-1990 760 815 629 752 656 821 831 650 774 851
Precipitazioni (mm) 1991-2008 777 765 662 787 743 792 782 706 730 769
Differenza (mm) +17 -50 +32 +35 +87 -28 -49 +56 -44 -82
ne di 2-4 giorni di pioggia annuali in meno ogni decennio (vedi Figura 1). Si noti come, nella diminuzione generale delle altre stagioni, le precipitazioni autunnali appaiano invece in controtendenza, con un aumento medio di 40 millimetri e punte di oltre 100 millimetri in Appennino (vedi Figura 2).
zioni per la temperatura e 169 stazioni per le precipitazioni e sono stati controllati per verificarne l’omogeneità statistica sull’intero arco di anni esaminati ed eliminare casi di cambiamenti artificiali nelle serie storiche, dovuti per esempio a spostamenti di stazioni o cambio della strumentazione.
I dati termopluviometrici utilizzati per redigere l’Atlante si riferiscono a 66 sta-
L’Atlante, è stato impostato per evidenziare le dinamiche territoriali in atto e
Figura 1
Figura 2
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comprende per questo tavole che si riferiscono a due periodi distinti, il trentennio 1961-1990, assunto a riferimento di base secondo le convenzioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), Organismo delle Nazioni Unite, e l’arco dei diciotto anni compresi tra il 1991 e il 2008, che costituiscono una porzione rilevante e maggioritaria dell’attuale trentennio climatologico, che si concluderà nel 2020.
AMBIENTE E ARTE
Notizie non buone dallʼaggiornamento dello IUNC-Red List
“LE PARETI DELLʼARCA” Prendere coscienza della necessità di contrastare la minaccia di estinzione delle specie L’edizione 2009 della Lista Rossa delle specie minacciate redatta dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUNC-Red List) è stata presentata lo scorso 2 novembre. Le notizie non sono buone: 17.291 specie su 47.677 monitorate (36%), sono minacciate di estinzione. La scienza riconosce attualmente circa 1,8 milioni di specie sulla Terra, anche
se ancora si ritiene che siano qualche milione le specie ancora sconosciute (il totale vero rimane sconosciuto). Ma la salute della grande maggioranza di tali specie conosciute è ancora da valutare. Anche tra quelle incluse nella lista della IUCN, per il 14% di loro mancano informazioni sufficienti per giudicare il loro stato di salute (o livello di minaccia).
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Delle specie estinte e minacciate di estinzione è stato redatto un nuovo elenco: • Estinte (quando l’ultimo individuo della specie è deceduto): 809; • Estinte selvatiche (quando una specie sopravvive solo in zoo o altri sistemi di mantenimento in cattività): 66; • Gravemente minacciate di estinzione (quando la popolazione di una spe-
cie è diminuita del 90% in dieci anni o quando il suo areale si è ristretto sotto i 1.000 Kq): 3.325 (di questi, 257 sono le specie elencate come “probabilmente estinto”); • Minacciate (quando la popolazione di una specie è diminuita del 70% in dieci anni o quando il suo areale si è ristretto sotto i 5.000 Kq o il numero di individui riproduttivi è inferiore a 2.500): 4.891; • Vulnerabili (quando la popolazione di una specie è diminuita del 50% in dieci anni o quando il suo areale si è ristretto sotto i 20.000 Kq o il numero di individui riproduttivi è inferiore a 10.000): 9.075; • A basso rischio (quando i suoi valori non riflettono in alcun modo una delle descrizioni di cui sopra, specie ancora abbondanti e diffuse): 3.650. Anche da questi numeri si può ben comprendere come, ad un mese da quello che sarà ufficialmente l’Anno Internazionale della Biodiversità, non sarà centrato l’obiettivo di ridurre significativamente entro il 2010 il tasso di perdita della diversità biologica, sottoscritto con la relativa Convenzione di Rio 1992) dai Governi di tutto il mondo e confermato dai Capi di Stato al Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg (2002). Non devono essere tralasciate, tuttavia, tutte quelle azioni di informazione e sensibilizzazione per il coinvolgimento, su base volontaria di istituzioni pubbliche, imprese del settore privato, cittadini sull’importanza di mantenere
un elevato grado di biodiversità. Si inserisce in questo filone il progetto congiunto, elaborato dallo IUNC-Red List e dagli artisti francesi Thierry Bisch e Daniel Boulogne: “Le murs de l’Arche” (Le pareti dell’Arca). L’idea proposta è di rappresentare in formati molto grandi, singole immagini del maggior numero possibile di animali in via di estinzione nelle aree urbane delle capitali europee (muri, timpani, ponteggi, facciate, ...), per inviare un messaggio semplice e comprensibile a tutti coloro che vivono nelle città e nelle aree circostanti, affinché prendano coscienza della tragedia a cui rischiamo di andare incontro. Questa consapevolezza porterà il pubblico a cambiare le proprie abitudini e ad impegnarsi per ridurre le minacce ambientali che mettono le specie, compresa la nostra, in pericolo. Più che una foto, il gigantesco ritratto di una specie in via di estinzione, fissato dalla maestria di Bisch, considerato l’attuale miglior pittore di animali (sono suoi i grandi poster nei magazzini IKEA), offre la “dimensione” del disastro incombente, se non ci attiviamo rapidamente. “Ho dipinto animali per molti anni - ha osservato Thierry Bisch - voglio condividere l’entusiasmo per la loro bellezza e dignità con un ampio pubblico. Ora è necessario essere coinvolti nel salvaguardia di ogni specie da ogni forma di estinzione”. Il ritratto della specie sarà trasposto su pareti da Boulogne, grande esperto di pittura murale le cui opere sono tuttora
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visibili in Parigi e in altre città europee, accompagnato dal pittogramma “Delete?” Eliminare?): la modalità usuale per cancellare un testo, un’immagine, un file dal proprio computer. Ma cosa accade quando “Eliminare?” viene associato alle specie. Il messaggio è più forte di “Save?” (“Salvare?”) che si allaccia a coloro che agiscono, mentre “Eliminare? costringe tutti a riflettere sull’estinzione di una specie. L’operazione offre la possibilità di una comunicazione di ampiezza mediatica senza precedenti e a basso costo. Ogni parete realizzata darà al sito una grande notorietà, riunendo gli attori locali, i partenariati nazionali e i mezzi di comunicazione; mentre la collaborazione con un artista di fama può legittimamente svolgere una maggiore influenza, in quanto le grandi pareti sono e rimarranno come opere d’arte monumentali e durature. La possibilità di creare prodotti legati alle pareti dipinte (abbigliamento, cartoline, poster, libri, ecc.) è prevista e le royalties connesse con la vendita di tali prodotti, attraverso distributori come, per esempio, IKEA, verrebbero utilizzati per finanziare i progetti della Lista Rossa IUNC. “Sono assai contenta di essere coinvolta in un simile progetto - ha affermato Jane Smart, responsabile del Programma Specie della IUNC - Auspico che gli amministratori delle città e i proprietari di immobili ci aiutino a trasmettere questo importante messaggio che, al contempo, migliorerebbe l’ambiente urbano in cui molti di noi vivono”.
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DM 15 ottobre 2009 - Bando EUROTRANS-BIO(ETB) Agevolazioni per la realizzazione di progetti transnazionali nel settore delle biotenologie (G. U. n. .265 del 13 novembre 2009 - S. O. n. 210)
Dotazione finanziaria Il Bando dispone di un budget di 5 milioni di euro messi a disposizione degli operatori italiani, a valere sul Fondo Speciale Rotativo per l’Innovazione Tecnologica, ma la somma complessiva disposta dai Paesi e Regioni europei è pari a circa 30 milioni di euro.
Si tratta del quinto bando EUROTRANS-BIO lanciato il 1° ottobre 2009. L’Italia ha partecipato altresì al: - quarto bando EUROTRANS-BIO, chiuso il 27 aprile 2009, che ha messo a disposizione ???????????????. - terzo bando EUROTRANS-BIO, chiuso il 15 febbraio 2008, che ha invece previsto un budget di circa 30 milioni di euro. - secondo bando EUROTRANS-BIO, chiuso il 7 maggio 2007, che ha previsto un budget complessivo, da parte di tutti i Paesi partecipanti, pari a 35 milioni di euro.
Presentazione delle proposte e scadenza Le proposte progettuali (in inglese) debbono essere inviate entro il 1° febbraio 2010, all’apposito Ufficio transnazionale ETB attraverso l’uso di un software specifico e, contestualmente, a domanda di accesso alle agevolazioni (in italiano) al Ministero dello Sviluppo Economico.
Obiettivi ll Programma europeo EUROTRANS-BIO si propone di sostenere la crescita delle piccole e medie imprese nel settore delle biotecnologie in Europa e coinvolge ad oggi 15 organismi (Ministeri ed Agenzie governative) attivi in 12 diversi Paesi e Regioni (Austria, Regioni delle Fiandre e della Vallonia in Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Ungheria, Regioni della Catalogna, di Madrid e dei Paesi Baschi in Spagna). Il Programma, al quale partecipano per l’Italia il Ministero dello Sviluppo Economico e l’IPI (Istituto per la Promozione Industriale), prevede in particolare lo scambio di informazioni tra Ministeri e Agenzie in Europa specializzate nel settore e, soprattutto, la realizzazione di programmi congiunti per il finanziamento a bando di progetti di ricerca e sviluppo sperimentale transnazionali presentati da almeno due piccole e medie imprese (PMI) di due differenti Paesi europei. Oltre alle PMI possono partecipare all’iniziativa anche altri soggetti quali grandi imprese e organismi di ricerca. Soggetti beneficiari Micro, piccole e medie imprese (vedi definizione europea di PMI), provenienti da almeno 2 Paesi partecipanti ad ETB. Ai ragruppamenti di progetto possono partecipare anche grandi imprese, Università, Enti pubblici di ricerca e Centri di ricerca, purché il coordinamento sia affidato ad una PMI, che si assume altresì una parte significativa di attività. Progetti ammissibili Progetti di ricerca applicata e di sviluppo sperimentale, caratterizzati da eccellenza e innovatività.
La Commissione Europea non è coinvolta nella definizione o nella preparazione del bando, né nella valutazione e nel finanziamento dei progetti approvati. Per informazioni e chiarimenti è possibile rivolgersi ai punti di contatto nazionale presso il Ministero dello Sviluppo Economico e l’IPI (Istituto per la Promozione Industriale) o consultare il sito www.riditt.it.
REGIONE LIGURIA Bando Azione 2.1 “Produzione di energia da fonti rinnovabili” - Enti Pubblici (BUR Liguria n. 43 del 28/10/2009) Obiettivi L’azione è destinata al sostegno di investimenti finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili da parte di Enti Pubblici. Soggetti beneficiari Enti Pubblici Localizzazione degli interventi Gli interventi ammessi a finanziamento devono essere realizzati nel territorio della Regione Liguria nei Comuni delle Province di Genova, di Imperia, Savona, La Spezia, elencati nel Bando. Interventi ammissibili Sono ammissibili gli interventi di realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili con esclusione dell’idroelettrico. Gli interventi devono essere definiti al momento della data di presentazione della domanda con un progetto dettagliato. In tal senso l’iniziativa dovrà essere ad un livello di
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progettazione almeno preliminare approvato ai sensi del D. Lgs. 163/2006 e ss.mm.ii. Il costo complessivo dell’intervento proposto in ciascuna domanda non deve essere superiore a € 1.000.000,00. Gli interventi dovranno essere realizzati entro il termine assegnato nel provvedimento di concessione del contributo, sulla base del cronogramma proposto in sede di presentazione della domanda. Dotazione finanziaria Il presente bando dispone di una dotazione finanziaria complessiva pari a € 4.000.000,00. Spese ammissibili Le spese ammissibili, riguardano le seguenti voci: a) fornitura e messa in opera dei materiali, dei componenti e più in generale dei sistemi necessari alla realizzazione degli interventi; b) opere accessorie anche edili strettamente necessarie e connesse alla realizzazione degli interventi proposti; c) eventuali oneri di allacciamento alla rete di impianti per la produzione di energia elettrica; d) oneri IVA non recuperabili dell’intervento; e) progettazione, direzione lavori, sicurezza dei cantieri, collaudo e certificazione delle opere nel limite massimo del 10% della somma delle spese ammissibili di cui alle precedenti voci; f) certificazione energetica se richiesta. Sono ammissibili le spese riferite a iniziative avviate successivamente alla data del 1° gennaio 2007. Non sono ammissibili gli acquisti di materiali, macchinari, impianti o componenti usati, nonché le seguenti voci di spesa: a) lavori in economia; b) prestazioni svolte dal richiedente con personale proprio; c) imprevisti e arrotondamenti; d) spese di pubblicità per la gara di appalto; e) materiali di consumo e contratti di manutenzione; f) interventi di manutenzione ordinaria come definiti dall’articolo 6 della legge regionale 16/2008 “Disciplina degli interventi edilizi”, qualora non strettamente funzionali all’intervento. I pagamenti dei titoli di spesa non possono essere regolati per contanti, ovvero tramite permuta o compensazione, pena l’esclusione del relativo importo dal contributo.
un contributo complessivo superiore ad € 1.000.000,00 anche nel caso di finanziamenti concessi a più interventi. Modalità di presentazione delle domande Ciascuna domanda di contributo deve essere redatta sui moduli reperibili presso FI.L.S.E. S.p.A. o direttamente scaricabili dal sito Internet www.filse.it o in conformità agli stessi, compilati in ogni parte e completi di tutta la documentazione richiesta. Nel caso in cui un Ente intenda proporre più di una domanda deve presentare un unico plico contenente le singole domande accompagnate dall’allegato C debitamente compilato in ogni sua parte. La domanda o il plico contenente più domande devono essere trasmessi esclusivamente a mezzo raccomandata entro il 28/02/2010 a: Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico - FI.L.S.E. S.p.A. piazza De Ferrari, 1-16121 Genova Per scaricare gli Allegati e per ulteriori informazioni consultare il sito: www.filse.it
Entità del contributo Il contributo è concesso entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili, e consiste in un finanziamento a fondo perduto, nella misura massima del 80% della spesa ammessa e non può comunque essere richiesto per ciascun Ente richiedente
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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci
Può essere ritenuto corresponsabile di un abbandono di rifiuti colui che, in ordine ad un conferimento di rifiuti, ha svolto le funzioni di intermediario senza detenzione? Sì. Con la sentenza 20 ottobre 2009, n. 2623, il TAR Veneto, nel pronunciarsi su un ricorso proposto da una società di intermediazione contro un’ordinanza sindacale di rimozione, ha ritenuto di non condividere la prospettazione della società ricorrente secondo la quale l’essere stata intermediaria senza detenzione dei rifiuti implica che la stessa vada esente da ogni responsabilità in ordine alla loro gestione e, quindi, anche in relazione all’assenza delle autorizzazioni prescritte per l’impianto nel quale sono stati stoccati. In particolare, così argomenta il giudice amministrativo: “È, infatti, opportuno al riguardo richiamare testualmente l’art. 178 del D.Lgs. n. 152/2006 il quale al comma 1 statuisce che «La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dalla parte quarta del presente decreto al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi», al comma 2 prevede che «i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente», e al comma 3 sancisce che «la gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario chi inquina paga. A tal fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza». Orbene sulla scorta dei predetti principi generali e tenuto altresì conto dell’obbligo sancito dall’art. 212 del D.Lgs n. 152/2006 di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori di rifiuti anche per gli intermediari senza detenzione, non appare condivisibile la tesi sostenuta dalla società ricorrente. Secondo tale
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prospettazione, infatti, la mancata disponibilità del rifiuto implicherebbe l’esenzione da ogni responsabilità in ordine alla sua gestione. Una simile affermazione confligge con i principi di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo afferente la gestione dei rifiuti e non rende ragione dell’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori dei rifiuti che non avrebbe alcun senso se l’intermediario senza detenzione dei medesimi fosse parificato ad un qualsiasi altro intermediario. A tal riguardo giova altresì richiamare la già citata sentenza n. 40 del 14.1.2009 di questo Tribunale con la quale si è affermato che la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, poiché si tratta di soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi. L’estensione della suddetta posizione di garanzia si fonda, infatti, sull’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato). Ne consegue che correttamente il Comune ha individuato nella società ricorrente la destinataria dell’ordine di rimozione dei rifiuti e la doglianza di cui al secondo motivo di ricorso deve, quindi, essere respinta”. Può una Provincia esigere la prestazione di garanzie fideiussorie da un’impresa che effettua recupero di rifiuti in procedura semplificata? No. Secondo il TAR Piemonte (sentenza 4 dicembre 2009, n. 3242), ai fini dell’autorizzazione per l’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, il D. Lgs. 05.02.1997 n. 22 (oggi Parte Quarta del D. Lgs. 152/2006) prevede l’obbligo di prestare garanzie finanziarie solo a carico delle imprese che effettuano operazioni di smaltimento e recupero rifiuti in regime autorizzatorio “ordinario” e, in sintonia con la normativa statale di riferimento, si pongono sia il D. M. 5.2.1998 (recante “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”) sia l’art. 14 del D.M. 28.04.2008 n. 406 (avente ad oggetto “la disciplina dell’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti”). Sicché la decisione di una giunta provinciale di subordinare alla prestazione di una garanzia fideiussoria lo svolgimento delle attività di recupero dei rifiuti svolte in procedura semplificata è da ritenersi illegittima in quanto non trova fondamento in alcuna norma di legge statale o regolamentare.
Eventi e Fiere
Milano, 3-6 febbraio 2010 MADE EXPO 2010 - Architettura design edilizia Sede: Fiera Milano - Rho Organizzazione: MADE eventi srl - Via Moscova 7 20121 Milano - tel. +39 02 29017144 - fax +39 02 29006279 info@madeexpo.it - www.madeexpo.it Reggio Emilia, 25-28 febbraio 2010 ECOCASA&IMPRESA Risparmio energetico - Architettura sostenibile - Economia&Ambiente
Sede: Fiere di Reggio Emilia Segreteria: KEY Media Group - Via Settembrini, 12/1 - 42100 Reggio Emilia Tel. 0522 52.10.33 - Fax: 0522 52.06.96 - info@kmg.it Informazioni: www.ecocasa.re.it Cremona, 19-21 marzo 2010 VII edizione di Vegetalia Agroenergie - Salone delle Fonti rinnovabili Sede: Quartiere fieristico di Cremona Segreteria organizzativa: CremonaFiere spa - vegetalia@cremonafiere.it Tel. 0372 598011 - fax 0372 598222
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M A G A Z I N E n. 8 - Dicembre 2009
EDITORIALE
Per il secondo anno consecutivo, puntuale, alla scadenza dell’anno solare, giunge l’ultimo numero del PolieCo Magazine, che induce, ovviamente, alla stesura di bilanci e, per quanto riguarda l’attività di comunicazione e veicolazione delle proprie istanze e di quelle del comparto del riciclo, non possiamo che essere orgogliosi delle attività promosse durante questo anno, seppur in un contesto nazionale ancora troppo gravato da incertezze normative e pericolose fluttuazioni del mercato. Accanto all’attività dei Corsi di Formazione, promossi con il supporto tecnico-scientifico della Fondazione Santa Chiara per lo Studio del Diritto e dell’Economia dell’Ambiente, che hanno visto numerosi e titolati Docenti incontrare Tecnici di Enti Locali, Amministratori, Operatori del settore, Rappresentanti degli Organi di Controllo durante 8 incontri in altrettante Regioni d’Italia (Puglia, 12 febbraio; Sardegna, 23 aprile; Veneto, 14 maggio; Emilia-Romagna, 17 giugno; Lombardia, 9 luglio; Toscana, 14 settembre; Campania, 15 ottobre
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e Marche, 17 dicembre). L’attività di formazione/informazione del PolieCo si è estrinsecata anche attraverso alcuni eventi di rilevanza nazionale: Convegno “Il diritto penale comunitario in materia di tutela dell’ambiente” - Roma, 25 marzo, Sala del Garante; 1° Forum nazionale sull’Economia dei rifiuti - Ischia, 25 e 26 settembre; Convegno “Da rifiuto a risorsa” - Cerea (VR) 26 e 27 novembre. Sarebbe riduttivo pensare al successo di queste iniziative sulla base delle
sole presenze (che in totale superano ampiamente le 2.000 unità), infatti, le continue domande di replica che ci pervengono da ogni parte d’Italia, ci indicano chiaramente quanto bisogno di informazione sulle tematiche ambientali ci sia nel Paese e ci corrobora sulla bontà delle iniziative intraprese. Come Consorzio non possiamo sottrarci alla funzione pubblica del nostro operare, pertanto, continueremo sicuramente nel cammino intrapreso volto a perseguire un rinnovo della coscienza ambientale del Paese, che, come ci ricordano in tanti, non può prescindere da un approccio etico al problema della gestione dei rifiuti, non scevro da una particolare attenzione per ciò che concerne la loro potenzialità economica. A questo punto, non resta che augurare a tutti una buona lettura e porgere, allo stesso tempo, i migliori Auguri di Buon Natale e Felice Anno nuovo.
PolieCo MagazineSOMMARIO Flussi illeciti di rifiuti L’AUDIZIONE DEL POLIECO ALLA COMMISSIONE BICAMERALE D’INCHIESTA SUL CICLO DEI RIFIUTI Il Presidente Enrico Bobbio ed il Direttore Claudia Salvestrini riportano l’esperienza di osservazioni sul campo del PolieCo p. 3 Progetti per l’economia del riciclo POLIECO, UNA CONFERMA DI VITALITÀ Svolta l’Assemblea per il rinnovo degli Organi direttivi di Lorena Cecchini
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IL DIRITTO INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E DOMESTICO DELL’ECONOMIA COME DIRITTO LIQUIDO Prima parte di Franco Silvano Toni di Cigoli
Sede Legale - Sede Operativa - Presidenza Sportello Servizi Piazza di Santa Chiara, 49 - 00186 Roma Tel. 06/68.96.368 - fax. 06/68.80.94.27 www.polieco.it - info@polieco.it
PolieCo Magazine
Uffici Bruxelles Espace Meeûs - Square de Meeûs, 38/40 1000 Bruxelles tel. 0032 02 4016174-fax 0032 02 4016868
Informazione n. 8 - Dicembre 2009
Flussi illeciti di rifiuti
L’AUDIZIONE DEL POLIECO ALLA COMMISSIONE BICAMERALE D’INCHIESTA SUL CICLO DEI RIFIUTI Il Presidente Enrico Bobbio ed il Direttore Claudia Salvestrini riportano l’esperienza di osservazioni sul campo del PolieCo
Mentre l’Europa stava vivendo il suo primo giorno di ufficializzazione, grazie all’attuazione del Trattato di Lisbona, che, ricordiamo, avrà degli effetti notevoli anche per ciò che riguarda la legislazione nazionale in campo ambientale (in quanto rafforza l’autorità gerarchica dell’UE sul diritto domestico del settore ambiente), contemporaneamente, proprio il 1 dicembre, i vertici istituzionali del Consorzio PolieCo, nella fattispecie, il Presidente Enrico Bobbio e il Direttore, Claudia Salvestrini, hanno partecipato ad una audizione della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, facendo emergere quanto osservato e percepito negli ultimi anni nel sistema-Paese. Dopo aver ricordato ai presenti come l’audizione dei rappresentanti del Consorzio Nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene rientra nell’ambito dell’approfondimento che la Commissione stessa sta svolgendo sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Sicilia, il Presidente della Commissione, On. Gaetano Pecorella, ha passato il testimone all’On. Giovanni Fava, relatore per la Sicilia, il quale ha motivato la richiesta di audizione sottolineando come nell’ambito dei lavori preliminari che la Commissione sta preparando sulla Sicilia stessa, si siano già avuti, in diversi contesti, riscontri relativi ad atipiche presenze di attività di esportazione di rifiuti dai porti siciliani, ribadendo, tra l’altro, come tali riscontri siano già stati ribaditi dall’Agenzia per le dogane. “Vorremmo quindi sapere – ha chiesto l’On. Fava – se anche a voi risulti la presenza di organizzazioni dedite al trasporto di rifiuti transfrontalieri fuori dell’Unione Europea, in particolare verso i Paesi dell’area Mediorientale e dell’estremo Oriente. Tali materiali rappresentati da imballaggi in polietilene e materiali di questo tipo, sarebbero trasportati per essere riciclati in quei Paesi e poi immessi nel ciclo dei materiali recuperati”. “Ci è stato segnalato – ha proseguito – che spesso questa attività viene svolta in modo fittizio, laddove i rifiuti partono verso destinazioni delle quali non si conosce l’identità certa, anzi in alcuni casi verso aziende inesistenti o non di tipo industriale”. Dal momento che per quanto riguarda il prezzo al mercato si tratta di materiali poveri, anche per ciò che concerne lo smaltimento, la curiosità principale della Commissione è quella di conoscere le implicazioni economiche di queste dinamiche; sapere se si tratta di fatti isolati o di vere e proprie organizzazioni che operano sistematicamente per danneggiare anche lo Stato, perché, qualora i sospetti dei rumours raccolti, fossero confermati, si dimostrerebbe la volontà di taluni di guadagnare due volte magari quando si tratti di rifiuti attribuiti al sistema CONAI (credito IVA più il contributo ANCI-CONAI per lo smaltimento) a fronte di un’immissione nel mercato di rifiuti che transitano illecitamente i confini nazionali per ritornare, dopo
lavorazioni che sembrano essere pericolose per la salute e per l’ambiente, magari dai Paesi dell’Asia, sotto forma di prodotti per uso casalingo, medicale e ospedaliero, per l’infanzia, ecc. quindi con dei rischi anche per la salute dei consumatori. A prendere la parola per primo è stato lo stesso Presidente del PolieCo, Enrico Bobbio, che ha ricordato come: “La gestione del PolieCo è atipica rispetto al sistema consortile. Undici anni fa, infatti, abbiamo deciso con la nostra prima delibera che il Consorzio avrebbe dovuto occuparsi dei rifiuti non acquisendone la proprietà e che questi avrebbero dovuto essere mercanteggiati da chi nel tempo ha maturato una capacità imprenditoriale che porta ad avere esperienza. Questa scelta, inizialmente criticata, è stata la nostra carta vincente”. Dopo aver osservato come questa scelta di terzietà abbia permesso al PolieCo di avere un contributo al Consorzio (CAC) quindici volte più basso rispetto agli altri Consorzi di filiera CONAI, dal momento che i Consorziati PolieCo hanno completa libertà di movimento, il Presidente ha sottolineato come: “sui nostri operatori effettuiamo un’azione di monitoraggio, di ausilio, di sostegno, di controllo e di verifica, ma lasciamo loro il mercato del rifiuto… Questo ci ha permesso di superare due procedure, fatte ad arte a Bruxelles, sia sulla concorrenza che sul mercato. Abbiamo inoltre uno Statuto che, contrariamente a quello degli altri Consorzi, ha ricevuto il placet dell’Antitrust”. Il Presidente è entrato, quindi nell’argomento dell’audizione evidenziando, proprio per la Regione Sicilia una atipicità riscontrata dal PolieCo: “Contrariamente agli altri Consorzi, il PolieCo ha i migliori risultati al Sud. I nostri Consorziati raccolgono e trasportano 200.000 tonnellate di polietilene solo in Sicilia, delle quali riusciamo a riciclare oltre 62.000 tonnellate, quindi , il 15% del totale in Italia, subito dietro la Lombardia che ha un polmone particolare di capacità industriale”. Nel presentare la dimostrazione che lavorando si possono ottenere buoni risultati sia al Nord che al Sud, il Presidente ha quindi reso una memoria di quanto accennato sul caso Sicilia dal Relatore della Commissione. “Il problema accennato dall’On. Fava – ha dichiarato il Presidente – è nato nel 1999, quando i Consorziati si sono rivolti a noi per lo strano fenomeno della “sparizione” di materiale di riciclo. Solo in Sicilia 48 aziende si occupano dei trasporti e della raccolta del prodotto che trattiamo e ben 21 impianti trattano, riciclano e trasformano il polietilene da prodotto di scarto a prodotto riutilizzabile”. “Queste aziende – ha detto il Presidente – ci hanno lanciato un messaggio disperato perché non trovavano più materiale. Abbiamo cercato di capire la genesi di questa sparizione e interpellato le autorità di controllo, che hanno reagito in maniera molto collaborativa. L’Agenzia delle dogane ci è stata molto vicina, pur non conoscendo completamente il problema”.
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www.polieco.it
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“Abbiamo quindi dovuto spendere molte energie e risorse finanziarie per dare il nostro supporto tecnico a una struttura che non aveva molta esperienza nel settore dei rifiuti”. Dalle osservazioni fatte nel tempo, sono emersi particolari che il Presidente ha invitato ad ascoltare dalla viva voce del Direttore Claudia Salvestrini. “La Sicilia è una delle regioni dove sembra risultare più alta l’esportazione di rifiuti verso Paesi non comunitari”, ha dichiarato il Direttore PolieCo ammettendo che l’esperienza del Consorzio, in questo campo prende l’avvio con le prime segnalazioni che sono partite nel 2000, quando, effettivamente, la macchina consortile, approntata tra il 1998 e il 1999, ha cominciato a muoversi. “Non abbiamo mai riscontrato, tranne qualche carico a Pozzallo – ha detto la Salvestrini – esportazioni destinate a Paesi europei”. Successivamente, il Direttore PolieCo ha ricostruito alcune fasi dei trasporti illeciti cui ha assistito e relazionato sulle 8 missioni compiute in Cina per conto del Consorzio (Ndr: per maggiori informazioni e approfondimenti, si veda l’art. “il fenomeno dell’esportazione dei rifiuti”, a firma dello stesso Direttore PolieCo, sul numero di dicembre 2008 del PolieCo Magazine). Dopo aver accennato a possibili ed eventuali coinvolgimenti e triangolazioni fra aziende che operano nella criminalità, altre aziende che operano nel settore ed importatori asiatici, l’audizione si è conclusa con l’intervento del Presidente Bobbio che, nel rinnovare il ringraziamento per l’interesse dimostrato dai Membri della Commissione stessa nei confronti del lavoro svolto quotidianamente dal PolieCo, ha voluto sottolineare alcuni aspetti problematici della gestione dei rifiuti in Italia che dovrebbero preoccupare le Amministrazioni del Paese, in tutte le sue forme.
“Il mondo del riciclo è stranissimo – ha chiosato il Presidente Bobbio – noi siamo leader mondiali del riciclo delle materie plastiche come tecnologia. L’Italia consuma 5 milioni di termoplastici nel mondo industriale, di cui 2 milioni sono rappresentati da polietilene. Nel campo delle materie vergini, 1.800.000 tonnellate sono materiale riciclato che per un gioco stranissimo, potrebbe sparire dal nostro mercato”. “Il mercato dell’accessorio dell’auto, che è il più conosciuto a livello mondiale, si basa su mezzo centesimo di euro al Kg di prodotto. Il prodotto riciclato costa il 40-60% del costo della materia vergine. La capacità dei nostri sistemi produttivi è tale che la fantasia italiana riesce a commisurare tecnica e riciclo. Se questi venissero a sparire rischieremmo di perdere l’80% del mercato dell’accessorio dell’auto e degli altri accessori”. Con un ulteriore esempio, ha spiegato che: “ormai il tubo della lavatrice è fatto in Cina perché costa un quarto rispetto a quello prodotto in Italia. Se questo discorso si allargasse a tutti i prodotti, perderemmo non già il mercato del riciclo, bensì tutto il mercato…”. Avviandosi alla conclusione con un piccolo focus sulla necessità di implementare le attività di monitoraggio e controllo sui flussi, il Presidente ha concluso il suo intervento affermando che: “L’Italia da sola non fa nulla. Potremmo certo gridare ma i rifiuti prenderebbero comunque la strada della Germania o della Lituania e non risolveremmo comunque il problema”. La soluzione, secondo il Presidente è da ricercarsi in un sistema di monitoraggio a livello europeo, con la collaborazione di tutti gli Stati membri. La posta in gioco è alta, perché, oltre ad una seria ipoteca sull’ambiente e la salute dei cittadini: “il vero pericolo è perdere nell’arco di dieci anni, tutto il mercato”.
PolieCo Magazine
Eventi n. 8 - Dicembre 2009
Progetti per l’economia del riciclo
POLIECO, UNA CONFERMA DI VITALITÀ Svolta l’Assemblea per il rinnovo degli Organi direttivi di Lorena Cecchini
Si è svolta il 9 dicembre scorso l’Assemblea indetta da PolieCo per il rinnovo degli Organi direttivi. Alle ore 10, nella Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale, in Piazza Montecitorio a Roma, è stato raggiunto il quorum del 48,88% e la votazione ha avuto inizio. Alla guida del Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene - che svolge la sua attività senza scopo di lucro dal 1998, in applicazione del Decreto Ronchi - è stato confermato Enrico Bobbio. (ndr: per informazioni sul rinnovo del Consiglio di Amministrazione, si veda il relativo Box). “È questo un momento delicato di transizione – ha detto il Presidente Bobbio – dovuto al fatto che stiamo recependo la direttiva europea per la revisione della legge 152/06, cosa che provoca non pochi problemi organizzativi. Per questo è necessaria continuità, visto che i risultati del Consorzio confermano la validità del Consiglio”. Il Consorzio PolieCo sta vivendo una stagione di intensa attività che si esprime attraverso la stipula di numerosi accordi di programma. Il Presidente Bobbio ha ricordato in particolare quello con la Curti srl, la rinomata azienda italiana produttrice di risi, che dedica grande attenzione al riutilizzo degli scarti di produzioni agricole e quindi dell’intera filiera agro-alimentare. Con la sinergia è possibile far coincidere l’esigenza di dover destinare a recupero energetico il polietilene di scarto dei processi di recupero e rigenerazione svolti dai consorziati e la necessità dell’Azienda di reperire materiali da utilizzare a recupero energetico. Reduce dall’importante Forum internazionale che si è tenuto ad Ischia lo scorso settembre, dal titolo: “Economia dei Rifiuti”, il PolieCo intende ribadire anche per il futuro – ha precisato Bobbio - la necessità che per le esigenze di mercato del nostro Paese, il riciclo si confermi una delle fonti più intelligenti per bypassare la tendenziale scarsità di materie prime. “Con Ischia – ha ribadito Bobbio - abbiamo assistito alla nascita di una “Cernobbio finanziaria dei rifiuti”, dove Governo, forze dell’ordine, pubbliche amministrazioni e imprese si apprestano ora ad individuare nuove soluzioni nella gestione dei rifiuti, nel rispetto della sostenibilità economica e ambientale, oggi fattore che riconferma la sua importanza quale punto chiave per una migliore qualità della vita”. Il Consorzio, che vede il suo core system nella capacità imprenditoriale dei propri Soci, sta allargando i suoi orizzonti in materia di riciclo anche al mondo agricolo, predisponendo una serie di incontri per concordare gli argomenti con l’appoggio di convenzioni in corso di realizzazione con le Province per la raccolta di rifiuti in agricoltura; in definitiva, si vuole esportare ciò che si realizza a livello industriale anche nel settore dell’agricoltura, attraverso la creazione di sistemi integrati di gestione dei rifiuti provenienti dalle imprese agricole, stimolando un’applicazione concreta della normativa, aumentando l’efficacia dei controlli pubblici minimizzando gli oneri burocratici a carico delle imprese.
Ma l’azione di PolieCo mira ad intervenire nel sistema di gestione dell’ambiente in maniera sempre più estesa, allacciando intese bilaterali anche con le Associazioni ambientaliste come il WWF, con cui sono in corso precisi accordi per la ripresa produttiva nelle zone terremotate dell’Abruzzo. Tra questi è recente l’iniziativa con cui è stato presentato il progetto nazionale “Rifiuti: zero in condotta” realizzato dal WWF Italia in collaborazione con il Consorzio PolieCo per avvicinare insegnanti e alunni al problema dei rifiuti, attraverso iniziative e laboratori che insegnino a ridurre la produzione di scarti, evitare gli sprechi, avviare corrette procedure di smaltimento e soprattutto promuovere nei giovani una nuova consapevolezza sul tema controverso della sostenibilità a partire dalla scuola, il territorio e la società. “Se perdiamo il riciclo – ha detto sempre Bobbio nel corso della giornata – ricordiamoci che perdiamo il 60% del mercato nazionale e una grossa opportunità di fare sistema”. La crisi non sembra aver provocato particolari ripercussioni economiche sul Consorzio, dal momento che la rendicontazione del bilancio, come ha sottolineato Alessandro Zavaglia, sembra caratterizzarsi come “anticiclico”. Le risultanze contabili per l’anno trascorso mostrano che il volume di affari del consorzio non ha subito cali, al Contrario i segnali sono positivi, mostrando un ampliamento della base degli iscritti e dunque una certa propensione a versare il contributo. Anche i costi si mantengono stabili, elemento che permette di elargire il 50% di contributi al riciclaggio riconosciuto alle imprese. Il Presidente Bobbio – nell’attesa che fossero esplicate le procedure per le votazioni del nuovo Direttivo del Consorzio - ha affrontato il tema che riguarda il trattamento degli scarti legati allo smaltimento dei fanghi: “Un problema – ha detto Bobbio – perché sono ben 80 mila le tonnellate di fanghi che incidono notevolmente sui costi e per il cui trattamento è stato siglato un accordo con il Ministero dell’Industria”. A fine giornata l’Assemblea dei Soci di PolieCo ha visto anche la presenza dell’ex Ministro dell’Ambiente e dlla Tutela del Territorio e del Mare, Alfonso Pecoraro Scanio che ha manifestato l’auspicio di costruire una rete sana e solida tra i diversi operatori pubblici e privati del settore dei rifiuti, una sorta di “lobby bianca intorno al riciclo”.
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ELEZIONE CDA POLIECO
IL “PROGETTO FANGHI”
Il giorno 9 dicembre 2009 a Roma in Piazza Montecitorio, 131 presso la sala Capranichetta, si è svolta l’Assemblea dei Consorziati PolieCo, Consorzio Nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene, che ha rinnovato le cariche del Consiglio di Amministrazione secondo quanto stabilito dallo Statuto.
Il Presidente Bobbio ha portato all’esame dell’Assemblea una problematica riguardante le determinazioni da adottare per lo smaltimento dei fanghi provenienti dalle operazioni di lavaggio di plastiche degli impianti di riciclo. Il problema nasce innanzitutto da un vuoto normativo, naturalmente legato al D. Lgs. 152/06, che lascia presupporre una scarsa conoscenza da parte del settore pubblico dei processi di riciclaggio e rigenerazioni dei rifiuti plastici in questione. Infatti, il Decreto non chiarisce se i fanghi provenienti dalle operazioni accennate, debbano essere considerati rifiuti, né esiste traccia di attribuzione ai composti di uno specifico codice CER. Il problema dello smaltimento dei fanghi, quale risultanza del trattamento di teli agricoli e pacciamature contenenti un’alta percentuale di terra residuale, è stata sollevata recentemente da diversi consorziati, che attendono, con l’ausilio di PolieCo, l’avvio di una soluzione che renda economicamente vantaggioso proseguire l’attività di recupero e riciclo delle plastiche agricole, per il cui problema il Consorzio è pronto ad affiancare i propri tecnici a quelli delle strutture pubbliche, nel tentativo di una soluzione soddisfacente della tematica. Per ovviare al problema “rifiuto sì, rifiuto no”, l’Arpa EmiliaRomagna, ad esempio, ha pensato di assimilare tali residui ai fanghi provenienti da impianti di depurazione, considerandoli così alla stregua di rifiuti speciali non pericolosi da conferire a discarica autorizzata. Decisione questa che ha però lo svantaggio di provocare la lievitazione dei costi di smaltimento, rendendoli talmente onerosi per le aziende da ritenere assolutamente deficitario il riciclaggio massiccio delle plastiche utilizzate in agricoltura, tanto da ipotizzare l’abbandono della raccolta e trattamento di questa tipologia di rifiuti. Il parere del Dipartimento Energia e Rifiuti della Regione Lazio, ha invece ipotizzato la possibilità di considerare i residui assimilabili alle terre e rocce da scavo, di natura organica, mentre quelli in oggetto sono però di origine naturale. Quella di assoggettare i fanghi provenienti dal lavaggio di plastiche degli impianti di riciclo alla normativa delle terre e rocce da scavo, attualmente è oggetto di proposta per la formulazione di linee guida regionali recepibili dall’Istituto superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA) e dal Sistema delle Agenzie Regionali e Provinciali per l’Ambiente (ARPA-APPA). Da tener conto, però, che questa declassificazione (da rifiuto a materiale) sarebbe possibile qualora le indagini chimicofisiche escludessero la presenza di inquinanti eccedenti i limiti consentiti. “PolieCo si impegna – ha concluso il Presidente Bobbio – a trattare la materia con le competenti istituzioni pubbliche, confidando in una proficua collaborazione, con la speranza che possa sfociare nella definizione di norme specifiche per la determinazione di questo tipo di materiali e del loro smaltimento”.
Sono risultati Eletti: Enrico Bobbio Tommaso Campanile Natale Castagna Silvio Pompei Antonio Amatucci
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Stefano Masini Mario Troisi Mirella Galli Walter Regis Adriano Ventucci
Rimane invariata la precedente configurazione del CDA, a conferma della grande fiducia accordata dai Consorziati e dal valore del buon lavoro dimostrato durante il triennio appena concluso.
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Approfondimento n. 8 - Dicembre 2009
IL DIRITTO INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E DOMESTICO DELL’ECONOMIA COME DIRITTO LIQUIDO [Paradigmaticità della materia ambientale e variazioni sul tema con riguardo ai soggetti, alle regole ed ai modelli organizzativi]* Franco Silvano Toni di Cigoli - Docente di Diritto del Commercio Internazionale all’Università di Padova e Regular Fellow at the British Institute on International and Comparative Law in London
Il tema che in qualche modo dovrebbe essere approcciato nello spazio riservatomi nella Terza sessione dei lavori è voluto al fine di introdurre gradi di lettura - e quindi di comprensione - della “connessione” tra diritto ed economia allorquando detta connessione sia osservata da una linea prospettica atta a privilegiare la materia ambientale [e subito, al fine di restringere e rendere così più maneggiabili i contenuti del discorso in atto, diremo che la materia ambientale è qui paradigmaticamente epitomata nella gestione dei rifiuti altrimenti detta waste management - proprio per prestare attenzione ai soggetti, alle regole ed ai modelli organizzativi di questa gestione]. Visto che - in specie anche al fine di disegnare un’etica dell’economia dei rifiuti - chi mi ha preceduto ieri ha fatto riferimento alla “Caritas in veritate” [il riferimento è alla Lettera Enciclica del Pontefice Benedetto XVI, data in Roma, presso San Pietro, il 29 giugno 2009, nella solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo], e visto che anche oggi la stessa Enciclica verrà citata di nuovo, mi permetto di dare ulteriore eco al testo della stessa. Se così fosse letto il Capitolo IV, rubricato con “Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente”, e, di detto capitolo, fosse in particolare letta la parte legata all’ambiente, si potrebbe trovare [alla fine del paragrafo 48] un ordine di approccio alle tematiche ambientali dando priorità, nell’elencazione proposta, al riferimento all’ambito “giuridico” ed a quello “economico” [tra gli altri proposti, quale quello politico e quello culturale] proprio al fine di reperire anche lo strumentario idoneo per misurarsi con l’ambiente. Diritto ed economia diventano così anche misura delle cose ambientali e del loro combinarsi in problemi [da affrontare] ed in soluzioni [da veder trovate]. Quindi parlare di diritto e di economia per parlare, più in particolare, delle tematiche di gestione dell’ambiente [ed, ancor più specificatamente, di gestione dei rifiuti] non solamente “fa bene” ma serve “a fare bene”. Tutto ciò premesso, cerchiamo di delineare quali possano essere alcune delle linee di tendenza, alcune delle prospettive di quello che potremmo chiamare il “diritto prossimo venturo dell’economia” nell’ambito datoci [ancora quello gestionale ambientale e dei rifiuti]. Si tratta certamente di un diritto prossimo venturo che deve fare i conti con elementi e circostanze che si configurano di terribile frammentazione e terribile complessità. E per meglio precisare il generale assunto, è buona norma ricorrere ad uno dei Maestri che ormai
Prima Parte
accomuna generazioni di sensibili giuristi [e che tutti noi conosciamo]: si tratta di Paolo Grossi (tra l’altro, diventato recentemente uno dei giudici della Corte Costituzionale); nel dare a Paolo Grossi la parola - nel tentativo di avere una prima sintesi delle linee prospettiche del “diritto prossimo venturo” in discorso - scopriamo come questi, nel riferirsi a questo nuovo e prossimo diritto, dica come lo stesso si trovi già [nel suo divenire] a fare i conti soprattutto con tre “frangenti”: - il primo frangente è rappresentato dalla rapidità del mutamento sociale nella civiltà contemporanea; - il secondo frangente è rappresentato dalla complessità, appunto, della civiltà contemporanea; - il terzo frangente è rappresentato dall’universalizzazione, dalla globalizzazione [detta all’inglese] o dalla mondializzazione [detta alla francese]. Allora, quello che, con i detti frangenti così ordinati [in quella che indubbiamente si configura solamente come una short list, perché altri potrebbero essere i citabili frangenti], potrebbe essere veduto solo come primo contenuto di un discorso di assoluta teoria generale [anche se uno dei miei Maestri diceva che non c’è nulla di più pratico che una buona teoria generale] - si può invece configurare come primo riassunto di ciò che la giurisprudenza e la dottrina angloamemericana, cosiccome quella continentale [e mi limito così a ciò che è comunemente descritto come Western Legal Tradition oppure Western Legal Order, così quindi e conseguentemente limitandomi alla “parte occidentale del diritto” - perché un allargamento degli orizzonti del diritto sarebbe foriero solo di “confusione”], hanno ormai focalizzato anche come caratteristica di quel “diritto prossimo venturo”, che ci viene così incontro subito connotato da una rapida mutevolezza, da una intrinseca e poliedrica complessità e da una strutturata globalità. Addirittura, i più “avventurieri o “avventuristi” tra i giuristi dicono che non si tratti di un diritto “dell’avvenire” ma di un diritto “dell’avvenuto”, con ciò imponendoci di riconsiderare il “diritto prossimo venturo” da cui abbiamo preso le mosse come - invece e con ogni probabilità - “diritto presente e corrente”. Proviamo così nel nostro argomentare a descrivere qualche tratto atto a meglio rappresentare [se non a caratterizzare] questo diritto ormai fluidificato dalla sua succennata mutevolezza, complessità e globalità.
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* Il presente contributo è qui pubblicato, come evidenziato in epigrafe, nella sua prima parte e costituisce la trascrizione dell’intervento effettuato dall’Autore al Forum Internazionale, I edizione, in materia di Economia dei Rifiuti, tenutosi ad Ischia il 25 e 26 settembre 2009, organizzato da Ambrosetti e PolieCo. La trascrizione di detto intervento sarà oggetto di completamento nei prossimi numeri di questa Rivista.
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N째
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DICEMBRE 2009
INDICE Regione Marche Eco&Equo: Amagliani, è il nostro modello di economia equa e solidale Resoconto della sesta edizione a cura della Regione Marche
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La sostenibilità nelle Marche Presentati i tre nuovi rapporti della Regione Marche a cura della Regione Marche
Consumo di suolo nelle Marche: evidenze e confronti nelle regioni del centro nord di Ugo Baldini e Patrizia Chirico
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La biodiversità: servizi eco sistemici e benessere umano a cura della Regione Marche
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Provincia di Ancona La Provincia di Ancona per l’ambiente Il bilancio ambientale della Presidente della Provincia, Patrizia Casagrande di Patrizia Casagrande Esposto
ARPA Marche Elettrosmog, un caso di scuola di Gisberto Paoloni
Camerata Picena Camerata Picena apre al fotovoltaico Investire in energie rinnovabili con la prospettiva di importanti progetti di Valentina Bellucci
Informazione e aggiornamento Proclamati i vincitori della settima edizione di “Comuni Ricicloni” per la Regione Marche I “ricicloni” travolgono le Marche Avanza la raccolta differenziata nelle Marche: da 11 dello scorso anno crescono a 26 le amministrazioni virtuose che hanno superato il 45% di raccolta differenziata di Silvia Barchiesi
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COSMARI
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REGIONE MARCHE
ECO&EQUO: AMAGLIANI, È IL NOSTRO MODELLO DI ECONOMIA EQUA E SOLIDALE Resoconto della sesta edizione
a cura della Regione Marche
“Eco&E “Eco&Equo rappresenta il modello e il significato di quello che abbiamo voluto fare sui temi dell’economia equa e solidale, dei abbiam diritti d dei consumatori, degli immigrati, dei lavoratori, anche di quelli d dei Paesi in via di sviluppo, dell’ambiente. È la manifestacon cui vogliamo far capire il valore di queste tematiche e zione co ccon cui desideriamo sensibilizzare le persone su questi argomenti. Un evento che, per i suoi contenuti, è unico in Italia e che sta destando sempre maggiore interesse”. Sono state le parole dell’Assessore regionale ai Servizi sociali, Immigrazione, Cooperazione allo sviluppo e Ambiente, Marco M Amagliani, a dare il senso alla 6a edizione di Eco&Equo, la Fiera sull’attenzione sociale, ambientale Ec e sull’economia solidale svoltasi ad Ancona dal 27 al 29 novembre 2009. L’evento di quest’anno è stato organizzato dall’Assessorato insieme alla REES, la Rete dell’Economia Solidale delle Marche, la cui presenza ha dato ancora maggiore valore ai temi che Eco&Equo ha affrontato, economia equa e solidale, volontariato, cooperazione sociale e internazionale, ambiente, energie alternative, diritti degli immigrati. Alla Fiera hanno partecipato oltre 200 espositori dell’economia sostenibile, arrivati da tutta Italia, presenti su un’area di 14 mila metri quadrati. Sono stati organizzati: 33 eventi, seminari, convegni e workshop; 11 laboratori per bambini e adulti; 3 spettacoli; tutti a partecipazione b gratuita. Inoltre, è stato fatto un accordo con OverThegr Stop, the moving social network (www.overthestop.it), che Stop ha lo scopo di favorire la mobilità sostenibile. Fra gl Fr glili aappuntamenti di maggior rilievo, c’è stato il Convegno “La La ssos sostenibilità ostt os nelle Marche” in cui sono state presentate tre pubblicazioni p pu ubb bb b blic lilic inedite, redatte dal Servizio Ambiente e Paesaggio della d dell de elllla lla Re R Regione e Marche: “Rapporto sullo stato dell’ambiente delle Marche 2009”; “Geografia delle pressioni ambientali 2009”; “Atlante sul consumo di suolo nelle Marche 1954-2007”. Degli esiti del convegno si parla ampiamente nello specifico articolo a pagg. 6-9 di questo inserto al quale si rinvia. In ogni caso si ricorda che le tre pubblicazioni sono ora disponibili sul sito internet: www.ambiente.regione.marche.it Eco&Equo
L’assessore regionale Marco Amagliani
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Ad Eco&Equo, si è parlato anche dei “nuovi cittadini”, du- Nel Convegno è stato anche presentato il libro “Il mondo in rante il Convegno “Immigrazione: le buone pratiche nelle una regione - Storie di migranti nelle Marche”, edito dalla Marche”, nel corso del quale è stata presentata l’indagine Ediesse, realizzato dallo scrittore Angelo Ferracuti e dal “Diamo voce a chi non ha voce”, curata dall’avvocato Andrea fotografo Daniele Maurizi. Rosenthal dell’Associazione Consiglio Europeo Senza Frontiere, su incarico dell’Assessorato regionale all’Immigrazione. La costruzione di una cultura per favorire una società plurale Nella ricerca sono stati analizzati 1.141 fascicoli dei ricorsi contro è stato anche l’obiettivo del Progetto formativo “Educ@2009le espulsioni, presentati dai cittadini stranieri dal settembre 2004 Preparati al meglio”. al dicembre 2007 ai Giudici di pace nelle province di Ascoli “Sono quattro i filoni tematici, cultura etica e legalità, aliPiceno, Macerata, Pesaro Urbino. Ne è emerso che solo l’8% dei mentazione e ambiente, tecnologia e social network, finanza cittadini immigrati colpiti dal decreto di espulsione abbandona etica e microcredito - ha spiegato Katya Mastantuono, effettivamente il territorio nazionale. Uno su tre di costoro, pari Responsabile del Progetto - su cui abbiamo costruito il peral 34%, ha un lavoro nero, ma nessuna segnalazione è mai stata corso di formazione per 320 studenti di 14 classi selezionate fatta all’Ispettorato del Lavoro e alla Procura della Repubblica di scuole medie inferiori e superiori. I ragazzi hanno prima nei confronti delle imprese che li occupano senza assunzione. assistito ad una lezione di due ore in classe su questi temi, con l’intento di Gli espulsi, inolsensibilizzarli tre, non sono ad assumere criminali visto comportamenche solo l’8% ha ti innovativi e un procedimento r esponsabili. penale in corso e Hanno partela metà di questi cipato, quindi, processi riguarad Eco&Equo da reati che non dove hanno creano allarme frequentato sociale, come tutti i laboratola vendita di cd ri organizzati, contraffatti. dimostrando “Abbiamo voluto grande entusiafare ancora un smo ed interesse passo in più verspecialmente per so l’integrazione le esperienze più - ha detto l’Aspratiche. Ai lasessore regionale Laboratorio di riciclaggio di vecchi personal computer boratori, hanno all’Immigrazione, Marco Amagliani - che, insieme alla solidarietà, crediamo sia partecipato anche altri 140 studenti che hanno visitato la l’unico modo per accogliere queste persone. Non ci saranno, in- fiera”. fatti, eserciti di sorta che potranno chiudere le porte del mondo Adesso gli studenti coinvolti continueranno, fino a gennaio, occidentale a questi cittadini costretti a scappare dai loro Paesi la formazione in classe, con altre sei ore di lezione. per cercare un posto dove raggiungere diritti fondamentali “Produrranno poi - ha aggiunto la Mastantuono - dei lavori, degli elaborati sui temi trattati, che parteciperanno ad un come quello alla salute, alla casa, al lavoro”. Con quest’obiettivo, ha ricordato Amagliani, “abbiamo fatto concorso fra le scuole. La premiazione avverrà nell’edizione tanto lavoro in questi anni, anche grazie al valore della 2010 di Eco&Equo e sarà il filo conduttore nel cammino nostra legge regionale e alla nostra volontà di creare una intrapreso”. realtà multiculturale, ma tanto va ancora fatto per favorire Tutti i materiali didattici del progetto “Educ@2009-Preparati al meglio” sono a disposizione sul sito www.ecoandequo.it. il processo d’integrazione”. Il gioco dell’Oca Verde
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LA SOSTENIBILITÀ NELLE MARCHE Presentati i tre nuovi rapporti della Regione Marche a cura della Regione Marche
di Reggio Emilia; - Antonio G. Calafati - Economista, docente di Economia Urbana presso l’Università Politecnica delle Marche; - Sebastiano Venneri - Ambientalista, Vice Presidente nazionale di Legambiente.
Auditorium fiera di Ancona
La 6a edizione di Eco&Equo si è aperta con il Convegno “La Sostenibilità nelle Marche. Livelli avanzati di conoscenza per un nuovo sviluppo”, nel corso del quale sono state presentate tre importanti pubblicazioni, redatte dal Servizio Ambiente e Paesaggio della Regione Marche: - Rapporto sullo Stato dell’Ambiente delle Marche 2009 - Geografia delle pressioni ambientali delle Marche 2009 - Ambiente e consumo di suolo nelle Aree urbane funzionali delle Marche 1954-2007 Il Convegno ha visto la partecipazione di
oltre 250 persone tra rappresentanti istituzionali, funzionari pubblici, associazioni di categoria e ambientaliste, operatori del sistema INFEA, liberi professionisti e studenti (ai quali era riconosciuto un credito formativo universitario). Dopo l’illustrazione dei tre documenti, distribuiti ai partecipanti al termine dei lavori, da parte di Antonio Minetti, Dirigente del Servizio Ambiente e Paesaggio della Regione Marche, sono intervenuti tre esperti delle discipline e delle tematiche coinvolte per la lettura e il commento critico degli stessi: - Ugo Baldini - Urbanista, Presidente della Cooperativa CAIRE Urbanistica
Quelli elencati (tabella in basso) sono solo alcuni dei numerosissimi dati ambientali contenuti nel Rapporto sullo Stato dell’Ambiente delle Marche 2009, che fornisce la rappresentazione di un fenomeno complesso come quello della sostenibilità del territorio marchigiano e del sistema di attività antropiche in esso dinamicamente insediate. La rappresentazione adottata, contrariamente a quella descrittiva delle precedenti edizioni, è di tipo sintetico, articolata in 72 schede-indicatori con il grande vantaggio della semplicità comunicativa. Le schede sono infatti in grado di dare una lettura immediata dei fenomeni e con la loro rappresentazione grafica hanno l’obiettivo di essere leggibili e comprensibili da un pubblico eterogeneo. Per rendere ancora più agevole e funzionale la lettura del Rapporto, sono
628 automobili ogni mille abitanti (nel 2007) contro una media italiana di 598 e una media europea (15 Stati) di nemmeno 500
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7,2 tonnellate di emissioni di CO2 climalteranti procapite (al 2005) inferiore sia al dato italiano 9,8 che europeo (15 Stati) 10,7
Aumento della temperatura media di 1,2 °C dal 1961 al 2008
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Superamenti dei limiti per le polveri sottili PM10 in diminuzione nel periodo 2006-2008
Superficie delle aree naturali protette pari al 9,2% del territorio regionale (anno 2008), in linea con la media nazionale
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Nel 2008 il 95% della costa balneare è idonea alla balneazione
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In sei anni la raccolta differenziata è passata dall’11,9% (2001) al 21% (2007)
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Da sinistra: Antonio Calafati, Sebastiano Venneri, Antonio Minetti, Marco Amagliani
state elaborate delle chiare sintesi che precedono ognuno dei 5 capitoli. Le sintesi riportano, per ogni indicatore, un giudizio sullo stato attuale (comparato con la media nazionale ed europea e/o con obiettivi di legge) e un giudizio sulla tendenza negli ultimi anni. Graficamente i giudizi sono rappresentati anche con le icone di Chernoff (le comuni “faccine” come quelle riportate in tabella). Il Rapporto è preceduto anche da una relazione generale che mette a sistema e sintetizza tutto il Rapporto. “Una piccola regione europea - ha spiegato Antonio Minetti - bella tra colline e montagne, con un divenire migliore se ridurrà i rischi, alcuni, e valorizzerà le opportunità, numerose, a partire dalle buone condizioni ambientali nell’insieme e dalla straordinaria dote di beni paesaggistici e culturali, ovunque diffusi”. “Dal rapporto - ha aggiunto Minetti - emerge che le Marche si attestano su un livello medio di qualità ambientale, con numerose eccellenze ed alcune criticità.” Fra le criticità, Minetti ha ricordato che “crescono troppo lentamente le forme di mobilità sostenibile di merci e persone”. La mobilità delle persone, nel 2007, era costituita solo per il 17,5% da mobilità sostenibile contro il 26,3% dell’Italia.
“Le persone e le merci - ha spiegato il Dirigente - si muovono prevalentemente tramite mobilità privata, con uno scarso ruolo dell’utilizzo dei mezzi pubblici e, in particolare, della ferrovia”. Criticità condivise anche dagli esperti intervenuti. Antonio Calafati, Docente di Economia urbana nell’Università Politecnica delle Marche di Ancona, ha sottolineato come “le Marche debbono smettere di pensarsi come unità ed accettarsi nelle proprie differenze e, su queste, devono costruire una politica di programmazione che deve assumere una valenza almeno sovra comunale”. Sebastiano Venneri, Vice-presidente di Legambiente, ha invitato a riflettere sul valore del consumo del suolo, passato dai 7 mila ettari del 1954 ai 30 mila ettari del 2007, considerandolo “un parametro strategico nello sviluppo della sostenibilità e della qualità della vita”. L’urbanista Ugo Baldini, Presidente della Cooperativa Caire Urbanistica di Reggio Emilia, ha invece illustrato alcuni casi di studio in cui si è cercato di creare una strategia di sviluppo su area vasta. “Con i tre nuovi strumenti, e con il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in particolare - ha osservato l’Assessore Marco Amagliani, dopo gli interven-
ti del pubblico - abbiamo il quadro completo delle dinamiche ambientali, sappiamo quanto di buono è stato fatto: molto; ma anche quali sono le criticità su cui intervenire. Adesso nessuno potrà più dire che non sapeva, perciò questi dati, queste preziose informazioni andranno ora tradotte in concreti atti di programmazione.” “Come Assessorato - ha concluso l’Assessore - abbiamo fatto molto per migliorare l’ambiente marchigiano. Cito ad esempio il Piano Energetico Ambientale Regionale: nessuna Regione ha un atto che accomuna ambiente ed energia. Sul fronte rifiuti, grazie alla programmazione regionale e alle risorse stanziate, la raccolta differenziata è quasi raddoppiata nel giro di pochi anni.” L’Assessore, infine, ha voluto evidenziare che i tre Rapporti “sono stati elaborati interamente dalla struttura del Servizio Ambiente e Paesaggio della Regione, con la collaborazione di ARPAM e ASSAM e quindi a costo zero e secondo uno standard alto di professionalità”. La Geografia delle pressioni ambientali delle Marche 2009 è uno studio destinato per lo più agli “addetti ai lavori” e costituisce un approfondimento
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nell’analisi della condizione ambientale del territorio marchigiano. In particolare, la Geografia individua in quali ambiti territoriali delle Marche si concentrano le maggiori pressioni ambientali. La Geografia 2009 aggiorna
la popolazione residente in aree ad alta pressione (53,7% del 2009 rispetto al 46,7% del 2007) che dell’estensione di tali aree (19,3% del territorio regionale nel 2009 rispetto al 13,3% nel 2007). Queste variazioni si spiegano con il
Incidenza demografica e territoriale (%) delle diverse classi di pressione o criticità ambientale complessiva. Anno 2009
Classe B
Classe M
Classe A
Incidenza demografica
31,7%
14,6%
53,7%
Incidenza territoriale
70,8%
9,9%
19,3%
provincia di Pesaro e Urbino con i Comuni di Pesaro, Fano, Mondolfo e Gabicce; alcuni Comuni del primo entroterra e alcuni Comuni interni come Urbino; - ambito B: tutta la fascia costiera della provincia di Ancona con i Comuni di Senigallia, Montemarciano, Falconara Marittima, Ancona fino a Numana, Sirolo e Porto Recanati; alcuni Comuni del primo entroterra e alcuni Comuni interni come Maiolati Spontini e Fabriano; - ambito C: tutta la fascia costiera delle province di Macerata e di Fermo fino al Comune di Fermo; alcuni Comuni del primo entroterra e alcuni Comuni interni come Macerata, Tolentino, San Severino Marche e Matelica; - ambito D: tutta la fascia costiera compresa tra i Comuni di Altidona, Pedaso e Campofilone della provincia di Fermo e i Comuni della Provincia di Ascoli Piceno (ad eccezione del tratto del Comune di Massignano); alcuni Comuni del primo entroterra e il Comune di Ascoli Piceno.
la versione originaria del 2007, met- passaggio di molti Comuni dalla classe tendone in evidenza gli scostamenti, e M (media pressione) nello studio 2007 può considerarsi come un allegato di alla classe A (alta pressione) nello stuapprofondimento di RSA 2009. dio 2009. La “pressione ambientale” è stata cal- In generale, l’aggiornamento del 2009 colata elaborando ben 23 indicatori conferma la validità dello strumento appartenenti a 8 macro-tematiche. Lo al fine di aggregare tanti e complessi studio restituisce a livello descrittivo e aspetti della pressione ambientale su cartografico le “aree vaste” o “ambiti” un territorio e di darne una rappredove si concentrano le pressioni am- sentazione cartografica di facile lettura. bientali, mettendo in evidenza che è Come avvenuto con la prima versione proprio su queste dimensioni territoriali dello studio, l’aggiornamento conferma - intercomunali e sub provinciali - che la coincidenza quasi totale degli ambiti è necessario prendere atto delle mag- a maggiore pressione ambientale con giori criticità e attrezzare le azioni i territori più dinamici da un punto di politico-istituzionali e amministrative vista socio-economico, le Aree Urbane La terza pubblicazione Ambiente e con i necessari strumenti di piano, di Funzionali delle Marche (FUAs), a cui Consumo di suolo nelle Aree Urprogramma e progettuali, necessari al non corrispondono adeguati livelli di bane Funzionali delle Marche ha analizzato la dinamica del consumo loro superamento. governo. Nella tabella è riportata la distribuzione Organizzando in sequenza i Comuni in di suolo tra il 1954 e il 2007 su 93 percentuale della popolazione residente classe “Alta” e in subordine in classe Comuni appartenenti alle 11 Aree Ure della superficie territoriale marchigia- “Media”, lo studio individua le seguenti bane Funzionali (FUAs) delle Marche. ne tra le differenti classi di pressione aree o ambiti caratterizzati da un più L’area urbana funzionale è un’area di ambientale: bassa, media e alta. significativo livello di pressione am- comuni contigui caratterizzati da una concentrazione di relazioni (afferenti Lo studio contiene le cartografie del- bientale: la Geografia per l’anno 2009 e l’anno - ambito A: tutta la fascia costiera della principalmente alle sfere residenziali, lavorative e ricreative) tale 2007, oltre che le cartografie da raggiungere un grado di degli scostamenti tra i due interdipendenza così elevato anni. da identificare un unico siLa maggior parte del terristema socio-territoriale. torio marchigiano (70,8%) Pur rappresentando solo il è caratterizzata da bassa 37% del territorio delle Marpressione ambientale (classe che, in esse vive il 71% della B), dove vive solo un terzo popolazione e lavora il 74% della popolazione (31,7%). degli addetti. Rispetto ai risultati del priDei risultati di questo stumo studio si registra una dio si è ampiamente parlato diminuzione delle aree a nel precedente numero di bassa pressione ambientale “Ambiente Marche News” (70,8% del 2009 rispetto al (ottobre 2009). 71,2% del 2007). I dati che vi sono contenuti Oltre la metà della popolae che sono così sintetizzati, zione (53,7%) è concentrata devono far riflettere: nel 19,3% del territorio re• Una superficie pari a quagionale caratterizzato da si due campi di calcio alta pressione ambientale consumata (edificata) me(classe A). Rispetto ai risuldiamente ogni giorno nelle tati dello studio del 2007 si Marche dal 1954 al 2007. registra un aumento sia delGeografia delle pressioni ambientali. Elaborazione anno 2009 (3 classi)
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• Risultano edificati al 2007 30 mila ettari del territorio regionale interessato dallo studio, corrispondenti all’8,2% dell’intero territorio delle stesse aree, rispetto ai nemmeno 7 mila ettari del 1954. • Un rapporto della superficie edificata 2007/1954 di 4,2 volte, in nessun modo proporzionale al rapporto della popolazione residente 2007/1954 che è di 1,37 volte. • Quattro comuni hanno “consumato” oltre il 30% dell’intera superficie del loro territorio.
Rapporto della popolazione e della superficie urbanizzata 2007 rispetto al 1954 nelle FUAs Rapporto popolazione 2007/1954
Rapporto superficie urbanizzata 2007/1954
Pesaro
1,54
3,78
Fano
1,49
3,60
Senigallia
1,07
3,08
Ancona
1,26
4,01
Jesi
1,15
3,77
AREA URBANA FUNZIONALE
Fabriano
0,90
3,87
Macerata
1,15
4,71
Civitanova Marche
1,74
5,50
Fermo
1,17
4,88
San Benedetto del Tronto
1,50
5,36
Ascoli Piceno
1,17
4,63
TOTALE FUAs
1,37
4,20
Evoluzione del consumo di suolo 1954-1984-2001-2007 nel capoluogo regionale di Ancona
1954
1984
2001
2007
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CONSUMO DI SUOLO NELLE MARCHE: EVIDENZE E CONFRONTI NELLE REGIONI DEL CENTRO NORD di Ugo Baldini e Patrizia Chirico (Cooperativa CAIRE Urbanistica di Reggio Emilia)
Il consumo di suolo emerge come tema centrale e come indicatore sensibile della salute urbanistica dei territori, come misura empirica del contributo che la pianificazione urbanistica riesce a dare ai problemi di recupero di efficienza del Paese, in una fase che registra un preoccupante declino della attenzione dedicata dalla politica ai temi del governo urbanistico del territorio e, corrispondentemente, una riduzione sensibile delle risorse ad esso destinate. Questo vale in particolare per un territorio, come quello della valle Padana, dove, in termini di acqua e di suolo, si concentra gran parte della risorsa strategica del Paese e dove è presente un apparato economico-produttivo e una struttura urbana tanto estesi e consolidati da qualificare quest’area come uno degli aggregati “megalopolitani” di maggior rilievo nel panorama continentale e globale. Nel decennio trascorso tra i due ultimi censimenti agricoli (1990-2000) nelle sette regioni dell’area padano-veneta (Liguria compresa) la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) si è ridotta di quasi 300 mila ettari (il 5,9% del totale), cosa che possiamo supporre abbia comportato una perdita rilevante in termini di biodiversità, di base alimentare, di paesaggio rurale, di cultura imprenditoriale, di tradizione manutentiva. Questa sensibile variazione in decremento della SAU assume due distinti significati: da un lato, il consumo irreversibile da parte delle urbanizzazioni di aree agricole, particolarmente connotate dalla presenza di suoli fertili, dall’altro l’abbandono, da parte delle aziende agricole, di aree marginali, sospinte verso dinamiche di naturalizzazione (inselvatichimento) il più delle volte incontrollate e non ospitate/gestite entro prospettive di allestimento di aree protette o di aree dotate in vario modo di programmi di gestione ambientale. Un’immagine interessante di questa duplice dimensione del consumo di suolo è quella che emerge con tutta evidenza da un bilancio delle variazioni della SAU che si sono registrate rispettivamente nelle aree di maggiore concentrazione e in quelle di più marcata rarefazione insediativa. Nell’arco della seconda metà del XX secolo si è infatti realizzata una significativa redistribuzione della popolazione tra le diverse parti del Paese e anche all’interno dei diversi territori regionali, redistribuzione che è resa ancora più evidente da una lettura dinamica dei fenomeni, operata valutando le diverse condizioni di accessibilità determinate, ai due estremi del periodo (1951 e 2001), dalla configurazione della rete infrastrutturale e dalla distribuzione della popolazione residente nei comuni. Dei 4.467 comuni presenti nelle sette regioni dell’area padanoveneta, 2.580 sono caratterizzati da fenomeni di concentrazione, avendo conosciuto nel cinquantennio un incremento della popolazione accessibile nel breve raggio superiore al 10%. In essi risiede il 76,2% della popolazione e si produce il 79% del PIL. In questi stessi comuni la perdita di SAU (che
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nel contesto delle aree di concentrazione è in larga misura da intendersi a tutti gli effetti come consumo di suolo) ha assunto negli ultimi dieci anni le dimensioni di 130mila ettari che rappresentano il 4,9% della SAU relativa e il 3,2% dell’intera SAU “del Nord”. Nello stesso arco temporale intercorso tra i due ultimi censimenti dell’agricoltura - e sempre nelle sette regioni del Nord - 885 comuni si sono invece caratterizzati per i processi di rarefazione insediativa (misurata da una diminuzione della popolazione accessibile entro 30 minuti superiore al 10%), che li hanno investiti. In questi comuni, dislocati prevalentemente lungo l’arco alpino e appenninico (quest’ultimo in modo più massiccio) oltre che nella bassa pianura del Po, risiede ora l’8,4% della popolazione e si produce il 6,8% del PIL. Anche in questi comuni si è registrato un arretramento della SAU, riconducibile però prevalentemente ai fenomeni dell’abbandono (da leggere tanto correlato alla diminuzione del numero di aziende che come effetto della riduzione del presidio umano sul territorio); questo arretramento è quantificabile nella misura di 124mila ettari, pari al 10% della SAU relativa. Un sommario confronto tra le tendenze che hanno investito l’area padana e quanto è analogamente successo nelle Marche mostra una distinzione piuttosto nitida e un diverso comportamento “erosivo” tra le differenti tipologie di comuni. Il 38% dei comuni marchigiani rientra infatti nelle aree di concentrazione, e in tali aree si concentra ben il 73% della popolazione e il 78% del PIL totale della regione, mentre nelle aree di rarefazione, che interessano il 41% dei comuni, è presente solo il 13% della popolazione e il 9% del PIL. Le dinamiche recenti di consumo di suolo si presentano allineate sostanzialmente nelle Marche e nelle regioni del nord. Il consumo di suolo più elevato nel nord Italia si è verificato proprio nelle aree di rarefazione, nelle quali la SAU è diminuita del 10,1%; nelle Marche le aree di rarefazione registrano una diminuzione (abbandono) pari a quella delle aree di concentrazione con l’8,6%, mentre le aree stabili perdono di più rispetto alle regioni del nord registrando riduzioni del 4,3%, portando la media regionale ad un valore (-7,6%) superiore a quello medio delle regioni settentrionali (-6,3%), ma ancora largamente inferiore al valore medio nazionale (-12,2%). Ciò detto, per far fronte a dinamiche erosive di così forte intensità, politiche che vogliano effettivamente contenere e contrastare il consumo di suolo devono poter contare su strumenti efficaci e appropriati ai diversi contesti. Ciò può avvenire, innanzitutto, operando per migliorare l’efficienza e la qualità delle trasformazioni nelle aree già urbanizzate e, non secondariamente, agendo per contenere l’urbanizzazione di suoli vergini. Un contenimento, quest’ultimo, che si può ottenere vuoi introducendo in via amministrativa contingentamenti quan-
titativi nei confronti delle trasformazioni programmabili dai piani urbanistici (come prevede la recente legge urbanistica veneta), vuoi introducendo disincentivi economici con l’istituzione di una tassa regionale sul consumo di suolo. Per quanto riguarda invece il fenomeno (di portata nazionale) della perdita di suolo nelle aree dell’abbandono, pur entro certi limiti “reversibile”, la si deve contrastare intendendo questi suoli come patrimonio da mantenere per le generazioni future e quindi come una risorsa paesistica da manutenere e da compensare per i servizi ambientali (sicurezza, fruizione, naturalità, identità) che è in grado di produrre per il Paese intero. In entrambi i casi il rischio è quello di una perdita di patrimonio paesistico e paesaggistico, da contrastare nei modi che la Convenzione Europea ci suggerisce, valorizzando la percezione locale del paesaggio e il valore identitario che esso assume per le comunità locali e fornendo, così, una ragione in più anche alle politiche per la istituzione di aree protette, opportunamente “messe in rete”. Una politica, quella delle aree e dei paesaggi protetti da intendere sia come contrasto efficace all’erosione di risorse strutturali (vedi in particolare l’ambiente dei fiumi) nelle aree a forte pressione antropica, sia come azione consapevole per ricomprendere entro una strategia di servizi ambientali quelle aree marginali scese - temporaneamente, ci dice la storia - sotto la soglia di utilità economica.
Dobbiamo in aggiunta a tutto ciò avere presente anche un’altra minaccia, connessa alla perdita di suolo agricolo, vale a dire la possibilità che essa sia concausa del dissesto idrogeologico, per effetto di una impermeabilizzazione imprudente o per conseguenza di una campagna non più drenata e manutenuta da acconce sistemazioni agrarie e dalla azione diuturna degli agricoltori. Tra le responsabilità dell’urbanistica “della sostenibilità” ci sta naturalmente anche quella di studiare i processi di riduzione della risorsa suolo e di proporre strategie di evoluzione consapevole e accorta degli organismi urbani che ne contrasti e riduca la necessità. E a questo proposito chiediamoci, noi urbanisti, se tra le analisi condotte in occasione della formazione degli strumenti di piano sia sempre presente una rappresentazione della crescita urbana e dell’uso del suolo agronaturale, prodotta alla scala opportuna e tale da sostenere convincenti bilanci eco-paesistici. Un uso del suolo misurato, anche su più intervalli temporali, così da dare forma a una visione diacronica del mutamento, e consentendo di contabilizzare anche i consumi ulteriori generati dal Piano in elaborazione, per sottoporli - anche nelle loro alternative concretamente praticabili - a una Valutazione Ambientale Strategica che si faccia carico seriamente del destino delle risorse primarie.
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LA BIODIVERSITÀ: SERVIZI ECO SISTEMICI E BENESSERE UMANO a cura della Regione Marche
In occasione della VI Edizione di Eco&Equo si è tenuto il zione è essenziale per la nostra qualità di vita e prosperità workshop “La biodiversità: servizi ecosistemici e be- economica. nessere umano”, nell’ambito del quale sono stati trattati Per misurare lo stato di conservazione della biodiversità, aspetti aventi interesse generale ed esempi attuativi di rile- l’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) ha elaborato una vanza locale. Il tema ha assunto un significato particolare griglia di 26 indicatori SEBI (Streamlining European Bioditenuto conto del dibattito che si sta sviluppando a livello versity Indicators 2010), ritenuti rilevanti e significativi per mondiale sugli effetti dannosi che i cambiamenti climatici valutare i progressi nella conservazione della biodiversità. producono alla vita sulla Terra. A tal riguardo nell’introduzio- L’architetto Stefano Corazza dell’Università di Venezia ha ilne ai lavori Claudio Zabaglia, Dirigente regionale della P.F. lustrato la ricerca che sta conducendo per rendere praticabili Tutela degli animali e Rete Ecologica Regionale, ha rilevato tali indicatori ad una scala regionale. Modificare la scala di che i timori per quanto sta avvenendo non riguardano solo applicazione (passando da una scala europea, regionale e la nostra specie in quanto la sopravvivenza dell’uomo non è nazionale ad una sub-nazionale) costituisce un test impordisgiunta da quella dell’intera comunità di esseri viventi con tante per misurare l’efficacia degli indicatori individuati, ma la quale ha condiviso la sua evoluzione e da cui dipende anche per migliorarne la metodologia, per raffinarne l’attendibilità, per definire i criteri di estensione dell’indicatore o per ogni funzione vitale. Franco Ferroni del WWF Italia ha evidenziato come l’UE di un set di indicatori ai diversi livelli territoriali di gestione (governo) della policy, per tefin dal 2006 abbia sollevato nere specialmente in conto le il problema e indicato alcune caratteristiche peculiari e le strategie da perseguire. problematiche della scala a Con il documento “Arrestare cui viene applicato. la perdita della biodiversità Idealmente per i processi a entro il 2010 e oltre. Sostenelivello globale, nazionale e re i servizi ecosistemici per il regionale si dovrebbero utibenessere umano”, la Commislizzare gli stessi indicatori. sione UE ha coraggiosamente Per alcuni di essi si stanno delineato le linee guida per raccogliendo nella Regione correre ai ripari, ma, ad un Marche i dati disponibili, onanno dalla scadenza posta, già de rappresentare l’andamento molti osservatori internazionali nel tempo del parametro sono pronti a scommettere che ecologico che descrivono e quei lungimiranti obiettivi ben quindi a fornire indicazioni difficilmente potranno trovare sugli interventi da attuare. compimento. Nelle premesse La percezione che la biodisi fa presente che la perdita versità possa assumere una di biodiversità in termini di centralità nelle considerazioecosistemi, specie e geni è ni sullo sviluppo economico particolarmente preoccupanè diretta conseguenza del te non solo per il valore che momento di grave crisi che ogni componente naturale sta interessando il sistema intrinsecamente esprime, ma mondiale; questa nuova sianche per il calo dei “servizi tuazione ha in qualche modo ecosistemici” che fornisce “gramesso al centro dell’attenziotuitamente”: la produzione di ne l’esigenza di un profondo cibo, di combustibili, di fibre cambiamento valoriale nel e di medicinali, gli effetti di modo di considerare lo svilupregolazione sull’acqua, sull’aria po economico di una nazione, e sul clima, il mantenimento misurabile con indicatori più della fertilità del suolo e dei sensibili al progresso sociale e cicli dei nutrienti, sono alcuni ambientale di una società non esempi dei servizi offerti dalla riassumibili nel solo PIL. complessa rete facente capo Di questi aspetti ha discusso alla biodiversità, la cui erogaNibbio reale (foto di Jacopo Angelini)
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Salvatore Monni, docente presso la Università Unitre di Roma, facendo riferimento all’Indice di sviluppo umano sostenibile (ISUS), formulato per coniugare crescita, sostenibilità umana e ambientale. La ricaduta positiva che si intravede nel “fare economia” senza distruggere l’ambiente è stata presentata da Andrea Catorci, Docente presso l’Università di Camerino, che ha studiato e realizzato alcuni interventi-pilota per la conservazione dei prati-pascoli secondari nei Monti Sibillini, habitat prioritari per la Direttiva europea di settore, attraverso il management degli allevamenti di montagna. In merito, è stata portata la testimonianza della responsabile di un’azienda agricola che ha partecipato all’iniziativa. Analoghi interventi sono stati contemporaneamente condotti in altri quattro Parchi e Riserve marchigiani: la Riserva di Torricchio, il Parco di Sasso Simone e Simoncello, la Riserva del Furlo e il Parco Gola della Rossa, applicando tecniche diversificate in relazione alle situazioni esistenti, con l’interessamento di operatori agricoli che svolgono la loro attività nelle zone interessate. Tali esperienze potranno convenientemente fornire indicazioni per l’utilizzo di ulteriori risorse rese disponibili con i fondi FAS e del PSR, dimostrando che è possibile effettuare una gestione sostenibile all’interno dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) offrendo al contempo opportunità di sviluppo. Un altro esempio di coinvolgimento attivo di residenti, cooperative e agricoltori locali e strutture turistiche delle nostre montagne in progetti di salvaguardia della biodiversità, è stato presentato da Jacopo Angelini del Parco Regionale
Gola della Rossa e di Frasassi in relazione al finanziamento di Euro 3.322.876 concesso dall’UE per il progetto Life della durata di 5 anni “Save the Flyers - Misure per la conservazione della chirotterofauna e dell’avifauna nell’Italia centrale” alle Comunità Montane Esino-Frasassi e Monte Amiata e Grossetano e all’ENEL Distribuzione Spa. In relazione all’ambiente marino un riscontro per la conservazione della biodiversità può essere offerto dall’attuazione del Piano d’Azione Nazionale per la Conservazione delle Tartarughe Marine (PATMA) che sarà prossimamente presentato all’approvazione della conferenza Stato-Regioni; a tal proposito è stato attivato un nucleo di referenti regionali comprendente, oltre ai Servizi regionali interessati, anche i Parchi regionali costieri, l’ARPAM, il CNR, le Capitanerie di porto regionali e la Fondazione Cetacei di Riccione. Altri esempi importanti di valorizzazione della biodiversità, attraverso attività economiche compatibili, saranno espressi con la progettazione della Rete Ecologica Regionale che si concluderà alla fine del 2010. Nelle fasi propedeutiche è stato bandito un concorso aperto alle Province e ai Comuni per la concessione di un cofinanziamento che prevede la realizzazione di primi interventi di connessione ecologica nelle aree fluviali periurbane. Il progetto della REM prevede la individuazione di Unità Ecologico-funzionali e di Tipologie ambientali, attraverso una lettura multidisciplinare di tutto il territorio regionale che ha lo scopo di evidenziare i meccanismi e i processi alla base del funzionamento del processo biologico nelle Marche.
Praterie secondarie (foto di Andrea Catorci)
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PROVINCIA DI ANCONA
LA PROVINCIA DI ANCONA PER L’AMBIENTE
Il bilancio ambientale della Presidente della Provincia, Patrizia Casagrande di Patrizia Casagrande Esposto Presidente della Provincia di Ancona
Economia ed ecologia sono a tal punto interdipendenti da finire per sovrapporsi. Questa ritrovata coincidenza di percorso, rimarcata nei protocolli internazionali e nelle direttive europee, delinea nuovi compiti per la pubbliche amministrazioni che recepiscono gli indirizzi generali di uno sviluppo sostenibile e durevole, elaborando strategie attuative.
Ambiente ed ecologia sono temi dominanti dei nostri tempi, questioni cruciali per il futuro del pianeta e il benessere dei cittadini del presente. Sebbene Copenhagen non sembra poter dare le risposte decisive che tutti noi ci aspettiamo e il protocollo di Kyoto non proceda su un percorso lineare, l’orientamento verso il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni sono linee traccianti di ogni governo, locale o nazionale che sia. Per la Provincia di Ancona, la questione ambiente taglia trasversalmente tutte le azioni politiche dell’amministrazione d’area vasta. Sociale, culturale, turistico, economico sono settori attraversati dalla complessità di una questione urgente e irrinunciabile, da condividere negli obiettivi con le altre istituzioni, laddove ciascuno apporta il suo contributo e ne assume la responsabilità. A partire da un ossimoro, “conservare il futuro”, giochiamo la partita del miglior modo di vivere un presente in cui inquinamento e dissipazione delle risorse non sono più lo scotto da pagare al progresso umano e allo sviluppo economico. L’attuale crisi ce lo conferma, suggerendoci una green economy che esclude progresso e sviluppo senza rigenerazione delle forze della natura.
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Prima di essere Presidente, sono stata Assessore all’Ambiente. Anche in virtù di ciò, il mio programma di mandato prevedeva un palinsesto di operazioni realizzabili, per buona parte condotte in porto con successo in poco meno di due anni e mezzo dall’insediamento della giunta. Ma, prima di illustrare gli obiettivi raggiunti in materia di energia, vorrei parlare di una questione di scottante attualità: la centrale turbogas a Corinaldo annunciata dalla società Edison nelle scorse settimane. La Provincia di Ancona ha pubblicamente manifestato la sua contrarietà alla realizzazione di quel tipo di centrale semplicemente perché il nostro convinto indirizzo politico si rivolge alle numerose attività di produzione di energia alternativa, che il nostro Ente avvia e sostiene. Una realtà consolidata che ci pone nella fortunata condizione di non avere affatto bisogno di ricorrere ad ulteriore energia prodotta da fonte fossile. Inoltre, il piano attuativo provinciale del PEAR, che stiamo concludendo, esclude la macrogenerazione. Il nostro piano attuativo si incentrerà invece sulla micro-co-tri-generazione di energia. Vale a dire energia, raffreddamento e calore attraverso la trasformazione di quest’ultimo. È importante sottolineare che la provincia di Ancona è oggi l’unica tra le province marchigiane ad esportare energia elettrica. Come indicano i dati ufficiali, il nostro territorio produce l’82% dell’energia da fonte fossile prodotta dall’intera regione e ne esporta il 13%. In materia di energia, il senso pieno del governo di un territorio è la gestione di un periodo di transizione da una civiltà pesante e dissipativa a una leggera e rigenerativa, con un carattere marcatamente operativo. La strada verso la transizione non può che tradursi in diversificazione e autoproduzione. Abbiamo messo a punto un Programma attuativo provinciale del Piano Energetico Ambientale Regionale, che prevede l’utilizzo di tutti gli strumenti della partecipazione, a partire dal protocollo di Agenda 21, che ho cominciato a sperimentare con successo quando ero Assessore all’ambiente, fino al Bilancio partecipativo e le Giunte congiunte con i Comuni del territorio.
Ritengo che la comunicazione delle idee, delle opportunità, dei progetti, dei bandi sia essenziale per alleggerire l’impronta ecologica, per sensibilizzare la popolazione sulla pressione esercitata da ciascuno di noi sulle risorse naturali. In questa chiave, la Provincia promuove la conoscenza degli incentivi statali presso gli artigiani, i piccoli imprenditori e i privati per migliorare il bilancio energetico. Le azioni dell’ente sono numerose. Grazie a un Protocollo d’Intesa, abbiamo istituito un credito universitario presso l’Università Politecnica delle Marche, da ottenersi attraverso il superamento di un test su energia, acqua, ciclo dei rifiuti. Anche per la ristrutturazione della sede della Provincia nel centro di Ancona, prevediamo un bando europeo su una progettazione innovativa per quanto attiene i consumi energetici, in modo da realizzare un edificio passivo o comunque ad alta efficienza nel risparmio energetico. Ancora, nelle scuole superiori, che costituiscono il patrimonio immobiliare più consistente della Provincia, curiamo la diffusione del solare termico o fotovoltaico, progettando la nuova edilizia scolastica a consumo e impatto zero. Per chiudere un elenco non esaustivo, ma, credo, chiarificatore della governance della Provincia, il nostro programma comprende: - la riduzione dell’IPT ai veicoli che producono meno di 120g/km di CO2; - controlli degli impianti di riscaldamento; - bonifiche di aree inquinate; - facilitazione delle azioni che spettano ai Comuni e intercettazione di fondi comunitari ad hoc. Per quanto concerne la problematica dei rifiuti, preferisco chiamare questi ultimi: “materiali post-consumo” perché il nostro obiettivo è di mandare allo smaltimento meno materiali possibile. Pur non disponendo di poteri legislativi, la Provincia si avvale della propria capacità organizzativa nel coordinare i Comuni che si raccolgono in Assemblee e in Consorzi di gestione. Grazie al lungo e produttivo impegno dell’ente negli ultimi anni, siamo sulla buona strada per l’attuazione dell’intero Piano Provinciale per la Gestione dei Rifiuti. Di fatto, la parte nord del territorio (ex Bacino 2) registra un notevole attivismo sul piano della raccolta differenziata e del riciclaggio, allineandosi alle aree più avanzate del Paese. La più recente edizione del Premio Comuni Ricicloni ha visto primeggiare nell’intera regione Serra de’ Conti con
oltre il 77% di differenziata raggiunta. La classifica vedeva anche la presenza di Corinaldo, il Comune riconosciuto dall’UE destinazione turistica europea d’eccellenza 2008 nonostante ospiti una discarica e l’unico impianto di smaltimento dell’umido dell’intera Provincia. Nell’ex Bacino 1 puntiamo alla raccolta differenziata spinta, già avviata in alcuni quartieri di Ancona, a Fabriano, Jesi, Osimo. Sulla scorta dell’esperienza maturata nell’ex Bacino 2, lavoriamo all’individuazione della migliore tecnologia per un impianto di trattamento della frazione secca dei rifiuti. Intanto il CIR 33, il Consorzio che raggruppa 33 Comuni dell’ex Bacino 2, si dota di strumenti educativi e dissuasivi per ottenere il meglio dalla differenziata e agganciare un aspetto avanzato della questione rifiuti. Mi riferisco all’aspetto cui accennavo prima, quello che va oltre il riciclaggio e la rigenerazione delle materie post-consuno, vale a dire la prevenzione e il possibile riuso. In questo senso, abbiamo sottoscritto Protocolli d’Intesa anche con la grande distribuzione e con le Multiutiliy per azioni di riduzione degli imballaggi, come quella delle “fontanelle dell’acqua”. Sulla questione energia, tutto sembra andare nella giusta direzione dell’impiego di energia rinnovabile e, sulla strada delle aggregazioni societarie, dobbiamo realizzare la costituzione dell’Ambito Unico Provinciale di gestione dei rifiuti. Solo così raggiungeremo un livello più alto da cui avviare una serie di progetti che abbiamo già elaborato. Parlo di un ecomuseo su rifiuti, energia, acqua..., come luogo di ricerca e sperimentazione affidato ad esperti e aperto al pubblico. Ma parlo anche di progetti culturali legati tanto ai rifiuti quanto alla percorrenza leggera dei fiumi, di promozione turistica e, soprattutto, di nuove figure professionali. Torno insomma alla green economy di cui parlavo all’inizio, là dove la tutela dell’ambiente nel suo complesso diventa un nuovo motore dell’economia.
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ARPA MARCHE
ELETTROSMOG, UN CASO DI SCUOLA di Gisberto Paoloni Direttore generale ARPAM
Nelle ultime settimane la stampa ha dato molto risalto alla situazione di inquinamento elettromagnetico riscontrata presso il sito denominato Forte Montagnolo di Ancona. Poiché le informazioni fornite dai giornali, di cui va comunque apprezzato il lodevole intento di sollecitare nella pubblica opinione l’attenzione su un tema rilevante per quanto riguarda il rapporto ambiente-salute, sono state inevitabilmente generiche e, in qualche caso, inutilmente allarmistiche, è utile approfondire il discorso, entrare nei dettagli, al fine di collocare la problematica nella giusta dimensione. L’auspicio è che da tali approfondimenti possano giungere ai decisori politici maggiori elementi di conoscenza tecnico scientifica su cui basare le improcrastinabili scelte di programmazione urbanistica relative alla stesura di un piano di localizzazione degli impianti. È opportuno partire dalla cronistoria dell’impegno del Servizio radiazioni/rumore dell’ARPAM attorno a questo problema, impegno avviato addirittura prima della costituzione dell’Agenzia dall’Area Fisica del Servizio multizonale di Sanità pubblica. L’elettrosmog nella storia di Forte Montagnolo La relazione delle prime verifiche di inquinamento elettromagnetico effettuate nel 1988 a Forte Montagnolo di Ancona, è stata redatta in data 11/07/1988 dall’Area Fisica del Servizio Multizonale di Sanità Pubblica della U.S.L. n. 12 di Ancona, struttura poi transitata nel 1999 all’ARPAM. Nel 1990 l’Area Fisica del Servizio Multizonale di Sanità Pubblica provvedeva ad effettuare un secondo monitoraggio del sito di Forte Montagnolo, utilizzando un analizzatore spettrale in frequenza collegato ad apposite antenne per discriminare il contributo fornito da ciascuna emittente radiotelevisiva al campo elettrico totale. Nella relazione tecnica finale venivano anche individuati gli impianti maggiormente inquinanti e le conseguenti diminuzioni che ciascuno di essi doveva apportare ai livelli di campo elettrico prodotti dal proprio impianto nei vari punti di misura, facendo riferimento per i limiti di esposizione della popolazione alla proposta di normativa nazionale redatta dalla Commissione Interministeriale istituita nel 1981 dal Ministero della Sanità. A seguito dei risultati delle suddette misure, il Comune di Ancona in data 07/06/90 aveva ufficialmente chiesto ai gestori coinvolti di apportare le diminuzioni indicate nella relazione tecnica dell’Area Fisica.
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Successivamente si è provveduto ad effettuare ulteriori interventi di misura sia nella zona di via del Golfo sia presso la sede dell’ASSAM, dove sin dall’agosto 2002 è stata installata anche una centralina di monitoraggio in continuo, appartenente alla rete di monitoraggio della Provincia di Ancona. Presso la sede dell’ASSAM il Servizio radiazioni/rumore non ha mai rilevato superamenti dei limiti normativi. La situazione oggi La presenza di una situazione di superamento del valore di attenzione di 6 V/m presso un’abitazione di via del Golfo a Forte Montagnolo è stata riscontrata con misure a “banda larga”, ad ottobre 2007, nell’ambito della mappatura dei livelli dei campi elettromagnetici a radiofrequenza presenti su tutto il territorio del Comune di Ancona, effettuata dall’ARPAM a seguito di specifico incarico da parte del Comune allo scopo di caratterizzare la situazione esistente per la successiva redazione del piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile. Successivamente il Servizio Radiazioni/Rumore ha deciso di approfondire l’indagine, effettuando misure a “banda larga” presso tutte le abitazioni situate nella zona, al fine di individuare la presenza di ulteriori situazioni di superamento dei limiti normativi. Sono state così individuate in totale 6 abitazioni, caratterizzate dal superamento dei limiti. In corrispondenza di 4 delle 6 abitazioni sopra indicate, sono state posizionate dall’ ARPAM centraline di monitoraggio in continuo dei livelli di inquinamento elettromagnetico, al fine di tenere sotto controllo nel tempo la situazione e di verificare eventuali variazioni significative. Le suddette centraline sono in dotazione all’ARPAM e non fanno parte della rete di monitoraggio della Provincia di Ancona. Contemporaneamente, il Servizio si è dotato di un nuovo analizzatore spettrale in frequenza, dotato di funzioni in grado di misurare in maniera adeguata e corretta anche le nuove tipologie di segnali quali i segnali di tipo digitale, prodotti da alcuni impianti televisivi di recente installazione nella zona. Il nuovo analizzatore di spettro è corredato anche di antenna triassiale isotropica al fine di poter velocizzare l’esecuzione delle misure (aspetto particolarmente importante in un sito così complesso come quello di Forte Montagnolo, caratterizzato dalla presenza di almeno 60 impianti di emittenti radiofoniche a modulazione di frequenza, televisive analogiche e televisive digitali). Insieme all’analizzatore di spettro l’ARPAM aveva richiesto l’acquisto di uno specifico software per la gestione della misura, l’acquisizione degli spettri e la successiva analisi ed elaborazione dei segnali presenti nei vari spettri acquisiti.
Purtroppo la ditta fornitrice ha fornito un software assolutamente inadeguato alle specifiche richieste, per cui il Servizio radiazioni/rumore ha dovuto sopperire a tale criticità, predisponendo direttamente un software di base per la gestione della misura da remoto tramite personal computer e per l’acquisizione degli spettri del segnale e provvedendo, in una seconda fase, ad effettuare direttamente l’analisi e l’elaborazione dei segnali in maniera non automatica. Dal momento che a Forte Montagnolo è presente l’unico impianto radio ad Onde Medie (OM) di tutta la Regione Marche, di proprietà della Società RAI Way, è stato necessario provvedere anche ad una nuova taratura della specifica antenna di misura (rod antenna), già in dotazione al Servizio. Poiché in Italia non è stato trovato alcun centro SIT in grado di effettuare tale taratura, è stato necessario inviare la suddetta antenna in Inghilterra e precisamente al National Physical Laboratory, che è il Laboratorio Metrologico Primario inglese. Con la nuova attrezzatura è stato possibile effettuare le misure a “banda stretta” presso le abitazioni caratterizzate dal superamento dei limiti. Le misure “a banda stretta” sono state effettuate in 7 punti di misura e per ciascun punto di misura sono stati acquisiti più di 100 spettri. Nei mesi successivi (gennaio e febbraio 2009), dopo che sono stati analizzati ed elaborati più di 700 spettri, è stato calcolato quindi in ciascun punto di misura il livello di campo elettrico prodotto da ciascun impianto, nonché il livello di campo elettrico totale prodotto dagli oltre 60 impianti installati nella zona. Alla fine dell’elaborazione sono stati individuati 47 impianti caratterizzati da contributi significativi al superamento dei limiti normativi, per ciascuno dei quali l’ARPAM ha anche provveduto a calcolare le diminuzioni da apportare, nell’ambito della procedura di risanamento, al fine del rientro nei limiti stessi. L’operatività del Servizio radiazioni/rumore dell’ARPAM Il sito di Forte Montagnolo di Ancona rappresenta indubbiamente la situazione più critica di tutta la Regione Marche dal punto di vista dell’inquinamento elettromagnetico a radiofrequenza, dal momento che è costituito dalla presenza di una elevata concentrazione di emittenti radiotelevisive installate su una collina a ridosso della città: infatti in tale zona sono presenti circa 60 impianti, dei quali più di 30 di emittenza radiofonica a modulazione di frequenza, uno di emittenza radiofonica a onde medie della RAI, circa 20 di emittenza televisiva analogica e circa 10 di emittenza televisiva digitale, con potenza in antenna per ciascun impianto mediamente dell’ordine di 1000-2000 W, ad eccezione dell’impianto ad onde medie di ben 12000 W. Nella vicina zona di Via del Golfo, sono presenti alcuni edifici di tipo residenziale, in corrispondenza dei quali sono stati rilevati livelli di campo elettrico particolarmente elevati. Dal momento che presso un’abitazione erano stati rilevati in precedenza, nell’ambito della mappatura di tutto il territorio comunale di Ancona, valori di campo elettrico, ottenuti come media spaziale e temporale, superiori al valore di attenzione di 6 V/m previsto dal DPCM 08/07/2003, l’ARPAM ha deciso di approfondire l’indagine iniziale tramite le seguenti iniziative: - effettuazione di ulteriori misure di campo elettrico tramite strumentazione a banda larga presso tutte le abitazioni situate nella zona e anche presso punti caratterizzati da semplice presenza occasionale; - posizionamento presso alcune abitazioni della zona, ca-
ratterizzate dal superamento dei limiti di esposizione, di centraline di monitoraggio in continuo, al fine di tenere sotto controllo la situazione di inquinamento elettromagnetico ivi presente; - effettuazione di misure tramite strumentazione a banda stretta, in corrispondenza di tutti i punti caratterizzati dal superamento dei limiti normativi, al fine di identificare tutte le emittenti che concorrono a ciascun superamento e quantificare il relativo contributo, in modo da poter successivamente indicare le azioni di risanamento che i singoli gestori devono attuare per rientrare nel rispetto dei limiti normativi. In particolare, tutti i valori di campo elettrico rilevati nell’ambito delle varie campagne di misura eseguite sono risultati compresi tra 1.5 V/m e 41.5 V/m. Dall’esame dei livelli misurati è possibile formulare le seguenti valutazioni: - all’interno delle abitazioni sono stati rilevati valori generalmente dell’ordine di 3-3,5 V/m, ad eccezione dell’edificio situato in mezzo ad alcuni tralicci porta antenne dove sono stati misurati valori dell’ordine di 15 V/m; - all’esterno, in corrispondenza di terrazzi privati e altre pertinenze, sono stati rilevati valori compresi tra 8 e 20 V/m; -- in particolare in corrispondenza di sei abitazioni sono stati misurati valori di campo elettrico superiori a 6 V/m. L’Agenzia ha quindi provveduto a condurre approfondite analisi con strumentazione a banda stretta, fornendo quindi al Comune di Ancona, in quanto Ente amministrativamente competente, un quadro complessivo riepilogativo sia della situazione attuale dei livelli di campo elettromagnetico presenti sia delle azioni di risanamento da prevedere in una specifica ordinanza. In particolare, le verifiche strumentali con analizzatore spettrale in frequenza sono state effettuate in corrispondenza di 7 punti di misura caratterizzati o dal superamento del valore di attenzione di 6 V/m o dal superamento del limite di esposizione di 20 V/m, secondo le modalità tecniche operative previste dalle specifiche normative tecniche di settore. In ciascun punto è stato determinato sia il livello di campo elettrico prodotto separatamente da ciascun impianto di teleradiocomunicazione (TLC), installato nella zona di Forte Montagnolo, sia il valore di campo elettrico totale, ottenuto come somma dei contributi di tutti gli impianti di TLC. In totale sono state effettuate 427 determinazioni di livelli di campo elettrico mediante analisi spettrali in frequenza, che hanno riguardato e preso in esame gli oltre 60 impianti di TLC presenti nel sito. A partire da questi dati, sono stati calcolati i fattori di riduzione delle emissioni elettromagnetiche che i vari gestori coinvolti nell’attuazione delle azioni di risanamento dovranno applicare ai propri impianti, al fine di poter ottenere il rientro nei limiti normativi, sulla base delle modalità di calcolo riportate in uno specifico allegato (Allegato C) del DPCM 08/07/2003 ed individuate con l’indicazione di “riduzione a conformità”. In totale sono stati individuati 47 impianti di emittenti radiofoniche o televisive che dovranno attuare azioni di risanamento. ARPA Marche Via Caduti del Lavoro, 40 int. 5 60131 Ancona Tel. 071 2132720 - fax 071 2132740 arpa.direzionegenerale@ambiente.marche.it www.arpa.marche.it
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CAMERATA PICENA APRE AL FOTOVOLTAICO
Investire in energie rinnovabili con la prospettiva di importanti progetti di Valentina Bellucci
Camerata Picena (AN) apre al fotovoltaico seguendo la strada intrapresa già da altri Comuni di modesta entità della regione che si sono impegnati per utilizzare al meglio le fonti rinnovabili. Suggestivo, i n questo senso, è il caso di Barchi, un piccolo comune nel pesarese, che, nonostante abbia solo 900 abitanti, ha già un suo impianto fotovoltaico. Le Marche, infatti, si stanno muovendo bene cercando di attenersi il più possibile al Piano Energetico Ambientale Regionale, il cosiddetto PEAR, approvato dalla Regione Marche ed entrato in vigore il 16 febbraio del 2005 (lo stesso giorno dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, accordo che prevede l’impegno di vari Paesi a ridurre le proprie emissioni e, in base al quale, anche l’Italia si è impegnata a ridurre le proprie quote di gas serra del 6,5% rispetto a quelle del 1990 nell’arco temporale 2008-2012). Nel PEAR sono indicate tre precise strategie per la produzione e il consumo nel campo energetico nel rispetto degli obiettivi di Kyoto: 1)Promozione del risparmio energetico
Il PEAR prevede un inventario delle misure di risparmio energetico attuabili in regione e si concentra sul settore edile attuando una modifica del regolamento edilizio (ad esempio l’adozione di un sistema per valutare il grado di efficienza energetica dell’edificio), al fine di definire un limite minimo che tutti gli edifici nuovi e da ristrutturare dovranno raggiungere. 2)Maggiore impiego delle fonti rinnovabili. Tra le fonti rinnovabili, il PEAR ha individuato quelle che in un breve-medio periodo riescono a dare un importante apporto al bilancio energetico, cioè l’eolico e le biomasse. Per quanto riguarda il solare se ne riconosce la strategicità in tema di efficienza energetica degli edifici. Gli impianti eolici hanno costi confrontabili alle centrali tradizionali e si caratterizzano per un minore impatto in termini di emissioni e di danni alla salute. Il PEAR ha fissato in 160 MW la potenza massima installabile sul suo territorio: 120 mediante impianti di media potenza e 40 tramite un singolo impianto di interesse pubblico.
Il taglio del nastro - Inaugurazione impianto fotovoltaico di Camerata Picena
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L’impiego delle biomasse potrebbe, inoltre, contribuire al rilancio delle attività agricole, forestali e zootecniche che rappresentano un importante tassello dell’economia regionale e ne caratterizza il suo territorio. Residui agroforestali, potature, colture dedicate, residui industriali, possono contribuire alla produzione di elettricità o di combustibili vegetali. 3) Diffusione della produzione elettrica distribuita Il PEAR considera strategico raggiungere tendenzialmente il pareggio elettrico, sia facendo ricorso alle fonti rinnovabili che ad un uso efficiente di quelle fossili. In quest’ultimo caso, anziché puntare alla generazione concentrata in poche grandi centrali, il PEAR predilige a un sistema di produzione diffuso sul territorio, nella logica della vicinanza ai poli di consumo. Si può pensare a centrali, di diversa taglia, di trigenerazione (elettricità, calore e freddo per ospedali, centri commerciali e centri direzionali) o di cogenerazione (elettricità e calore) al servizio di uno stabilimento o di un’area industriale omogenea. Il PEAR della Regione Marche è riconosciuto tra i più avanzati a livello nazionale e internazionale. Il Piano è stato selezionato come buona pratica in campo energetico sul tema dei cambiamenti climatici dalla Commissione europea (Green Week 2005-Bruxelles). Da tutto il territorio marchigiano sono state inoltrate già molte domande per l’installazione di pannelli fotovoltaici, la maggior parte delle quali sono andate in porto. Sulla base di queste Linee Guida, il 7 novembre 2009 è stato allestito a Camerata Picena, presso l’agriturismo Locanda delle Saline, un impianto fotovoltaico del valore complessivo di 3,5 milioni di euro. Questa struttura consta di 5.000 m2 di pannelli solari che si estendono su una fascia di territorio di 1,7 ettari per una potenza di picco di circa 1MW e una producibilità annua che può coprire il fabbisogno di 400 famiglie.
I numeri sono importanti e lasciano bene sperare sulla funzionalità di questo impianto. Erano presenti a questo evento le autorità comunali, tra le quali il Sindaco Paolo Tittarelli, il Consigliere Provinciale Massimo Tittarelli, l’Assessore Regionale al Turismo Lidio Rocchi e quello alle Attività Produttive Fabio Badiali, nonché l’Amministratore Delegato di Terni Energia, Paolo Ricci, in qualità di rappresentante dell’azienda che ha deciso di investire proprio nel cameratese per la costruzione dell’impianto. Prima del taglio del nastro, gli ospiti hanno discusso sull’importanza del fotovoltaico nella società di oggi, ricordando come le Marche necessitino di particolari modelli di sviluppo, che “puntino su un elevato numero di impianti ma dalla grandezza limitata”, ha specificato Badiali, “senza dimenticare i tre punti fondamentali sui quali basare i progetti del futuro: risparmio energetico, uso di fonti rinnovabili e costruzione di strutture numerose e poco impattanti”. Il Sindaco di Camerata ha poi sottolineato come progetti di questo tipo rappresentano un segnale importante, “un momento di proposizione e di sviluppo civile nel rispetto della dignità e della salute delle persone”, elementi che, secondo Paolo Tittarelli, non possono prescindere “da un continuo sviluppo della ricerca, al fine di colmare il fabbisogno energetico locale e nazionale, magari per mezzo di collaborazioni con strutture quali l’Università Politecnica delle Marche, che sta da tempo sperimentando innovative modalità di produzione energetica”. Quello inaugurato è in realtà solamente il primo di una serie di impianti previsti sul territorio cameratese da Terni Energia, intenzionata a proseguire nel cammino del fotovoltaico con la
costruzione, già in corso, di altre due strutture, “in modo tale da coprire completamente il fabbisogno energetico di Camerata Picena”, ha concluso Alessandro Tramonti, Presidente Liso Srl, che ha seguito in prima persona tutte le fasi relative alla costruzione dell’impianto. A tal proposito il 20 dicembre a Camerata ci sarà l’inaugurazione di un nuovo impianto fotovoltaico che abbraccerà un’intera collina e sarà visibile a occhio nudo dal centro del paese. I pannelli utilizzati sono 4.000, la superficie radiante è di 5000 mq, la potenza di picco è di 903.6 KWP, la produzione annua è di 1.200.000 KWh sufficienti a soddisfare il fabbisogno di circa 400 famiglie medie. La superficie interessata dall’impianto è di 1,5 ettari. Nonostante le stesse potenze, la superficie utilizzata risulta essere inferiore rispetto all’impianto delle Saline (esteso su circa 2 ettari) per via di differenti pendenze topografiche dei due siti. Infatti, più la
pendenza è accentuata verso sud, più le stringhe dei pannelli possono essere messe vicine per via del minor cono d’ombra, riducendo cosi l’area occupata. In progetto poi, c’è la realizzazione di un ulteriore impianto le cui caratterisitiche sono ancora da verificare. L’intenzione, come ha sottolineato Alessandro Tramonti, è quella di rendere quasi autosufficiente Camerata Picena. Nella consapevolezza che la strada intrapresa è quella giusta e che i piccoli comuni ricoprono anch’essi un ruolo importante e definito per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei gas serra, non resta che auspicare una maggio collaborazione per l’utilizzo di fonti rinnovabili. Camerata, come altri piccoli siti della regione, ha imboccato la strada suggerita dal PEAR. Un paese più pulito e vivibile, in futuro, passa inevitabilmente per questa strada.
Impianto fotovoltaico le saline
Foto impianto inaugurato il 20 dicembre
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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Proclamati i vincitori della settima edizione di “Comuni Ricicloni” per la Regione Marche
IAvanza “RICICLONI” TRAVOLGONO LE MARCHE la raccolta differenziata nelle Marche: da 11 dello scorso anno crescono a 26 le amministrazioni virtuose che hanno suoperato il 45% di raccolta differenziata di Silvia Barchiesi
Cresce la raccolta diferenziata nelle Marche e la Regione si conferma la più “Riciclona” del Centro Italia. A battezzare le Marche “Riciclone” è la classifica dei “Comuni Ricicloni” di Legambiente che registra l’avanzata marchigiana nella raccolta differenziata. Basta dare un’occhiata ai dati della raccolta differenziata su scala regionale, disaggregati per Comune: crescono dagli 11 della scorsa edizione ai 26 di quest’anno i cosiddetti “Comuni Ricicloni”, premiati da Legambiente Marche per aver superato nel 2008 il 45% di raccolta differenziata, limite imposto dall’attuale normativa. Ma al di là della regola, il virtuosismo. Oltre ai comuni “in linea” con gli attuali obblighi imposti dalla normativa, nelle Marche brillano vere e proprie eccellenze di rilievo nazionale: Montelupone (MC) al primo posto nella classifica riservata ai Comuni del Centro Italia con meno di 10.000 abitanti per aver raggiunto un totale di RD pari a 75,63% e Potenza Picena (MC) al primo posto nella classifica dei Comuni con più 10.000 abitanti per aver raggiunto 66,92%. Ma la “virtuosità” made in Marche non si esaurisce di certo nelle due cittadine del maceratese. Nella classifica marchigiana del “Comuni Ricicloni 2009” primeggia infatti Serra de’ Conti (AN) con il 77,60% di raccolta differenziata nel 2008. Retrocede al secondo posto, dal primo posto dello scorso anno, Montelupone (MC) con il 75,63%. Si aggiudica, invece, il terzo posto Appignano (MC) con il 75,61% di RD. Seguono poi Urbisaglia (MC) con il 69,77%, Potenza Picena (MC) con il 66,92%, San Ginesio (MC) con il 62,53%, Loro Piceno (MC) con il 61,93%, Monsano (AN) con il 60,72% e così via fino a Corinaldo (AN) che con il 46,29% chiude la classifica dei comuni over 45% di RD. A trainare la raccolta differenziata nelle Marche sono dunque la Provincia di Macerata e quella di Ancona, mentre nel pesarese, nel fermano e nell’ascoltano la raccolta differenziata arranca ancora e stenta a decollare. L’unica eccezione è Porto Sant’Elpidio (FM) che con il 64,33% di RD riesce a conquistare il sesto posto dalla classifica regionale. Insomma, quanto a raccolta differenziata, le Marche avanzano ma la strada è ancora lunga. Basta scorrere la classifica nazionale che piazza le Marche al nono posto con l’8,1% di raccolta differenziata. Eppure, qualcosa è cambiato e sulla strada che porta al raggiungimento degli obiettivi di legge, sebbene ancora lontane dalla meta, le Marche si sono messe in moto. Parola di Luigino Quarchioni, Presidente di Legambiente Marche: “É cambiata in questi ultimi 5 anni la geografia della ‘monnezza’ in questa regione. Le Marche hanno fatto
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notevoli passi avanti. Basti pensare che i ‘Comuni Ricicloni’ sopra e sotto i 100 mila abitanti nel Centro Italia sono nostri. Ma non solo. Abbiamo un intero territorio, quello della provincia di Macerata tutto al 50% per raccolta differenziata. Si tratta di un risultato che soli tre anni fa era inimmaginabile”. “Le Marche hanno seminato bene e ora stanno raccogliendo i primi frutti - ha proseguito sulla stessa linea Stefano Ciafani, Responsabile Ufficio scientifico di Legambiente. “L’esperienza marchigiana è frutto di una virtuosa cooperazione che ha portato alla costruzione di un vero e proprio ‘modello marchigiano’: il Laboratorio Marche”. A sottolineare i passi in avanti compiuti negli ultimi anni è stato anche l’ Assessore Regionale all’Ambiente Marco Amagliani: “Certo, nel complesso, siamo ancora lontani dagli obiettivi di legge, ma dal 3% di RD del 1996 di acqua ne è passata sotto i ponti. La settima edizione del premio conferma la convinzione che ci ha guidato in questi anni; possiamo raggiungere livelli di raccolta differenziata significativi in linea con gli obiettivi nazionali ed europei, occorre che le amministrazioni locali siano decise su questo percorso ormai tracciato. Le Marche hanno imboccato la strada giusta, quella che pone l’accento sulla prevenzione e sul recupero della materia, ma anche sulla sensibilizzazione dei cittadini e in particolare delle nuove generazioni”. Ma se nelle Marche la raccolta differenziata avanza, avanza anche la sensibilità delle amministrazioni nei confronti del problema: sono state, infatti, ben 208 le amministrazioni comunali che hanno aderito al sistema ORSo (Osservatorio Rifiuti Sovraregionale), adottato dall’ARPAM per il monitoraggio in tempo reale dei rifiuti, quasi il 90% dei comuni marchigiani. “Nelle Marche la sensibilità ambientale è in crescita ed è sempre più concreta – ha sottolineato Gisberto Paoloni, Direttore generale ARPAM, tra i promotori del progetto “Comuni Ricloni”, intervenuto alla tavola rotonda svoltasi ad Ancona lo scorso 19 novembre in occasione della premiazione. “ Quando lanciammo nelle Marche il concorso tra i Comuni Ricicloni nell’ormai lontano 2003 – ha precisato Paoloni - la raccolta differenziata era ancora considerata, salvo rarissime e lodevoli eccezioni, una pratica da affidare alla buona volontà dei cittadini, alla stregua di una virtuosa ma marginale testimonianza di senso civico. Oggi i nostri Comuni fanno della raccolta differenziata l’oggetto di politiche strutturali per la gestione dei rifiuti e i buoni risultati sono sotto gli occhi di tutti grazie anche al nostro sistema di monitoraggio O.R.So. Il concorso rappresenta un’ottima vetrina per consolidare e rilanciare i progressi
acquisiti”. A ribadire la crescita di una coscienza ambientalista in materia di rifiuti è stata anche Isarema Cioni, Dirigente PF Ciclo dei Rifiuti Regionale Marche: “È emblematico notare come anche i Comuni che non hanno conseguito risultati esaltanti abbiamo comunque sentito la necessità e il bisogno di partecipare. Al di là dei risultati poco soddisfacenti, i Comuni marchigiani hanno compreso la necessità di una svolta e l’urgenza di operare in qualche modo. Insomma, la consapevolezza della comunità marchigiana sulla questione rifiuti è in crescita”. Ma il virtuosismo del “modello marchigiano” non si limita ai “Comuni Ricloni”, premiati con un contributo economico pari a 250 mila euro, messo in palio dall’Assessorato all’Ambiente della Regione Marche ed equamente ripartito tra i 26 Comuni, in base al numero degli abitanti coinvolti dal servizio di raccolta differenziata. Da non trascurare, infatti, è il ruolo strategico dei Consorzi. A loro i Comuni della Provincia di Ancona e Macerata devono in gran parte i loro risultati. Non è infatti un caso che nelle Provincie di Ascoli, Fermo e Pesaro Urbino in cui non operano i Consorzi, la raccolta differenziata stenti a decollare. “Nè un caso – ha precisato Giuseppe Giampaoli, Direttore del COSMARI, motore e traino della raccolta differenziata nel maceratese, dove la concentrazione di “Comuni Ricicloni” è più alta - che in tutti i Comuni premiati operino i Consorzi”. Insignito da Legambiente con il premio speciale “Consorzio Riciclone 2009”, il COSMARI si conferma Consorzio leader nella Regione per maggior percentuale di raccolta differenziata effettuata: 49,80%, seguito dal Ci33 con il 39,68% e da ConeroAmbiente con il 33,34%. Ma la premiazione del Cosmari e delle sue performance è stata anche l’occasione per riflettere sul futuro dei Consorzi a seguito della recente approvazione della nuova “Disciplina regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei siti inquinanti” che manda in soffitta gli affidamenti in house e prevede, in via ordinaria, l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti tramite gara. L’accorato appello a preservare la gestione pubblica dell’intero ciclo integrato dei rifiuti è venuto proprio dal COSMARI e dal suo Direttore Giampaoli che ha chiesto alle istituzioni presenti “di evitare di disperdere un importante patrimonio di professionalità ed impianti che nelle Marche è senza dubbio di grande qualità e rilevanza e che ha consentito a Macerata ed Ancona di raggiungere gli attuali importanti risultati. Sarebbe dunque bene valorizzare queste iniziative ed esperienze che si sono dimostrate essere efficienti”. Riflessioni, inviti e appelli, ma anche proposte e spunti progettuali: “La nostra Regione ha fatto notevoli passi avanti, ma dobbiamo ancora accelerare su alcuni punti. Come prima cosa i Comuni devono consorziarsi - ha precisato Luigino Quarchioni, Presidente Legambiente Marche - Dobbiamo arrivare ai Consorzi che, una volta costituiti, fanno la differenza. Particolare attenzione va posta inoltre alla qualità, oltre che alla quantità di quello che differenziamo e alla prevenzione. Oltre un quarto dei marchigiani fa la raccolta differenziata ma dobbiamo ancora effettuare il salto che porta alla riduzione della produzione dei rifiuti. Infine, bisogna comprendere che la sfida in corso non è solo ambientale, ma anche sociale
ed economica. C’è un valore d’uso nel percorrere questa strada e i 400 posti di ‘lavori verdi’ creati dal COSMARI ne sono solo un esempio”. Più differenziata, maggior qualità, ma anche meno rifiuti. Si potrebbe sintetizzare così la prossima sfida per la Regione Marche, dettata da Legambiente. Significativa, sotto questo punto di vista, è l’istituzione di un apposito premio per le amministrazioni pubbliche impegnate in prima linea nella diminuzione della produzione dei rifiuti. A distinguersi tra tutte, la Provincia di Ancona che grazie al suo progetto provinciale sul compostaggio domestico si è aggiudicata il premio speciale “Meno Rifiuti”. Insigniti dello stesso premio anche il Comune di Grottammare (AP) per la sua attività di educazione alla riduzione dei rifiuti, il Comune di Monsano per aver distribuito gratuitamente ai cittadini le “noci ecologiche”, volte a promuovere il detergente senza imballaggi e il Cir33 per la diffusione dei “centri di riuso” nel bacino di consorzio. Al di là dei risultati conseguiti, Legambiente premia così l’intraprendenza e l’impegno in materia di rifiuti. A partire da quello dei Comuni, che pur avendo intrapreso da poco la strada del “porta a porta”, per ben tre mesi hanno superato e raggiunto il 50% di RD. Ben 11 i Comuni che si sono, infatti, aggiudicati la menzione speciale “Start UP”: Montegranaro, Porto San Giorgio, Fabriano, Ancona, Jesi, Falconara Marittima, Osimo, Monte San Vito, Offida, San Benedetto e Grottammare. Ad essere premiato è stato anche l’impegno della comunità e in particolare, quello delle associazioni che più si sono dimostrate sensibili alla problematica dei rifiuti con l’avvio di specifici progetti. Tra le associazioni “virtuose” a cui è andato il premio speciale “Comunità Riciclona” troviamo il Centro servizi per il Volontariato Marche per il progetto “Beniusati&solidali” che promuove e organizza il riuso di oggetti a favore delle associazioni; l’Associazione LUGJesi per la sua attività di riutilizzo di personal computer e attrezzatura d’ufficio; l’Associazione Zerorelativo per la sua attività di promozione volta allo scambio di beni usati attraverso un apposito sito internet. Entusiasmo e ottimismo, oltre che dagli amministratori, è stato espresso anche dagli stessi addetti ai lavori, soddisfatti dei risultati raggiunti e carichi di aspettative per quelli futuri: “Il trend delle eccellenze sulla raccolta differenziata ha avuto una splendida impennata e le iniziative e i progetti sulla riduzione dei rifiuti stanno fiorendo diffusamente sul territorio – ha commentato in chiusura Franca Poli responsabile del “Premio Comuni Ricicloni” per le Marche - L’augurio è di continuare così per avere presto tutte le Marche Riciclone!”. Il messaggio, una sorta di “invito misto a monito”, è alla coda della classifica, ovvero ai Comuni meno virtuosi. A buon intenditor poche parole… chi ha orecchie per intendere intenda…
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ENTE MARCHE NEWS
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DICEMBRE 2009
INDICE Regione Abruzzo Tra terremoto e nuove strategie finalizzate al recupero/riciclo dei rifiuti urbani di Silvia Barchiesi
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Gestione dei rifiuti Prioritario l’aggiornamento della normativa regionale Approvate le nuove Linee di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi regionali e il riallineamento a quelli nazionali a cura di Alberto Piastrellini
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Regione Abruzzo, ARSSA e CIC insieme nel lanciare il progetto “Fattorie didattiche sostenibili”, a scuola in fattoria Riscoprire il valore ambientale e culturale dell’agricoltura e delle sue produzioni lo scopo del progetto di Silvia Barchiesi
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Recupero e valorizzazione delle frazioni organiche Nasce il marchio di qualità “compost Abruzzo” Garantirà produttori, distributori ed acquirenti sul rispetto delle norme vigenti sulla produzione di ammendanti d’eccellenza per l’agricoltura sostenibile a cura di Alberto Piastrellini
Criteri e procedure di accettazione dei rifiuti biodegrabili in impianti di compostaggio Approvate dalla Regione Abruzzo le direttive con le specifiche tecnico-operative da adottare per la gestione e il controllo dei rifiuti biodegradabili negli impianti di compostaggio di Silvia Barchiesi
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DECO spa Educare allo sviluppo sostenibile, la sfida del Gruppo Deco Arte del comunicare e cultura del fare, le due “anime verdi” del Gruppo DECO di Silvia Barchiesi
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GRUPPO MAIO Presentato il progetto nel nuovo centro multifunzionale ed ecostenibile della Virtus Lanciano “Parco Virtus Lanciano”: nuova energia allo sport Molto più di un semplice stadio, un vero e proprio polo fieristico, culturale, commerciale e sportivo: un “villaggio a zero emissioni”, eco ed auto-sostenibile di Silvia Barchiesi
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REGIONE ABRUZZO
TRA TERREMOTO E NUOVE STRATEGIE FINALIZZATE AL RECUPERO/RICICLO DEI RIFIUTI URBANI di Silvia Barchiesi
A otto mesi dal sisma, sono ancora lì; tonnellate di macerie, disseminate ovunque, ricoprono ancora la città de L’Aquila. Se ne calcolano due milioni di metri cubi solo nel Comune de L’Aquila. La città soffoca tra i resti di quello che c’era. Occorre liberarla, subito, perché oltre a ricordare la tragedia e la distruzione del terremoto, le macerie bloccano anche la ricostruzione. Si tratta, di fatto, di una vera e propria emergenza ambientale, un’emergenza che si aggiunge all’emergenza: quella dei rifiuti. Se quello della gestione dei rifiuti è un problema che l’Abruzzo si trascina da tempo e che rischia il collasso, ora quello delle macerie non fa altro che aggravare la situazione, già complessa. Se ne è parlato nel convegno organizzato dalla Regione Abruzzo, nell’ambito della Fiera ECOMONDO di Rimini, lo scorso 30 ottobre, dal titolo “Tra terremoto e nuove strategie finalizzate al recupero/riciclo dei rifiuti urbani”. A mettere sul tavolo le problematiche e le difficoltà nella gestione dei rifiuti sul territorio sono stati gli stessi amministratori locali di Comuni, Province e Regioni che hanno tracciato la geografia dei rifiuti, evidenziandone le criticità. Ma non solo. Oltre alle problematiche, dal territorio sono state avanzate anche proposte, idee progettuali e strategie di azioni. Segnare il punto di partenza e dettare la strada da seguire; fare il punto di quello che è stato fatto e di quello che c’è ancora da fare. Con questo obiettivo il Convegno ha riunito attorno ad una sorta di tavolo istituzionale-tecnicooperativo, rappresentanti del territorio, tecnici, esperti e operatori del settore.
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A fare la disamina della “situazione rifiuti” nella Regione è stata in apertura del Convegno l’Assessore all’Ambiente e alla Protezione Civile, Daniela Stati: “È inutile negarlo. Quanto a rifiuti, le quattro provincie sono in forte sofferenza. Ancora non siamo ad una vera e propria emergenza ma a fatica riusciamo a gestirla. La Regione Abruzzo eredita per la sua storia, densità di popolazione, vastità di territorio, una situazione differenziata per quanto riguarda i rifiuti, ma le quattro province sono comunque in difficoltà”. “Bisogna intervenire subito – ha proseguito l’Assessore - Ma come? Dobbiamo investire in una raccolta differenziata spinta, l’unico trampolino di lancio che ci permetterà di parlare di termovalizzazione. Più che di una soluzione tecnica, abbiamo necessità di una soluzione di buon senso che ci permetta di superare questo momento emergenziale; quella individuata dalla Regione punta alla termovalizzazione”. La delibera di indirizzo, contenente le modifiche alla Legge Regionale 45, il cui approdo in Giunta è stato preannunciato dall’Assessore Stati proprio in occasione del Convegno di ECOMONDO, “è il primo passo del cammino della Regione verso la termovalorizzazione, il primo passo che permetterà di eliminare gli ostacoli della vecchia legge e che ci consentirà di intraprendere la strada della termovalizzazione” – ha dichiarato l’Assessore. Punto di svolta della politica sulla gestione dei rifiuti, la proposta di modifica della legge regionale che guarda alla termovalorizzazione e al recupero energetico dei rifiuti, “è una scelta precisa e condivisa della giunta regionale”, ha tenuto a precisare l’Assessore Stati. “Il messaggio che mi piacerebbe uscisse da questo Convegno è chiaro e univico – ha ribadito, in chiusura l’Assessore - La termovalizzazione è una grande sfida per questa Regione
e una grande opportunità. È un progetto serio che toccherà da vicino tutta la cittadinanza, senza porre distinzioni tra cittadini di seria A e cittadini di serie B. Si tratta di una grande battaglia e per vincere la sfida è utile mettere in campo una forte collaborazione istituzionale, oltre che una forte sinergia pubblico – privato, all’insegna delle trasparenza, della buona volontà e della partecipazione. La Regione è pronta a valutare e accogliere idee, progetti, iniziative da sottoporre all’Assessorato, e non all’Assessore, da condividere in una corretta amministrazione nell’ottica di una partecipazione attiva”. Particolare attenzione è stata, inoltre, posta dall’Assessore Stati sulla trasparenza dell’intera “operazione termovalorizzazione”. “Ci sarà un bando pubblico che sarà trasparente, serio e corretto e che permetterà a tutti gli Ambiti Territoriali di partecipare e presentare la propria offerta per la costruzione dell’impianto di termovalorizzazione, in un sistema di leale concorrenza. Non verranno accettate e tollerate - ha tenuto a precisare la Stati - fughe in avanti di territori che si candideranno ad ospitare il termovalorizzatore. La scelta sarà comunque ponderata dalla Giunta regionale insieme con i cittadini e le realtà locali”. Dopo anni di ritardi ed esitazioni la Regione Abruzzo, affronta così di petto la “questione rifiuti” e sceglie la via della termovalizzazione e del recupero energetico dei rifiuti. “Il futuro - ha concluso il suo intervento l’Assessore Stati – è nella termovalorizzazione, anche nella Regione dei Parchi”. Il Convegno organizzato dalla Regione Abruzzo è stata l’occasione per discutere anche di un’altra emergenza ambientale: quella delle macerie, della loro rimozione e del
loro smaltimento. Le macerie vanno rimosse. É questo il messaggio scaturito dal Convegno e allo stesso tempo l’obiettivo condiviso e perseguito ai vari livelli istituzionali. “Per risolvere questa problematica e contrastare qualsiasi strumentalizzazione politica della questione macerie abbiamo messo in moto un grande lavoro di squadra”, ha spiegato Daniela Stati, sottolineando la massima sintonia e collaborazione tra tutti gli enti interessati: Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Regione, Provincia e Comune De L’Aquila. “La Regione – ha proseguito la Stati - ha fatto la sua parte individuando una serie di siti certificati nei quali smaltire le macerie del terremoto già trattate. I problemi, semmai, riguardano la rimozione delle macerie e l’individuazione delle aree di stoccaggio, dove peraltro la macerie stesse devono essere trattate e suddivise tra quelle da riciclare e quelle da smaltire. La nostra competenza riguarda solo l’ultima fase, alla quale abbiamo ottemperato con l’indicazione dei siti regionali certificati per lo smaltimento”. La Regione ne ha individuati nove: Poggio Picenze, Magliano dei Marsi, Segen a Sante Marie, Civitella Roveto, Navelli, Villa Santa Lucia, Cogesa a Sulmona, Santa Lucia di Avezzano, Villavallelonga, Bocche di Forli, Castel di Sangro. Ma potrebbero non bastare. La quantità delle macerie da smaltire sembra infatti essere superiore alle previsioni iniziali. “Secondo le stime, ci vorranno 5 anni per liberare la città de L’Aquila dalle macerie – ha precisato Alfredo Moroni Assessore all’Ambiente del Comune de L’Aquila, intervenuto al Convegno della Regione – Con i ritmi attuali ci vorranno invece 20 anni. Insomma, il problema delle macerie è il pro-
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blema dei problemi del territorio post-sisma. Bisogna infatti considerare la situazione già drammatica del territorio che al 6 aprile, giorno del terremoto, non disponeva né di discariche, né di impiantistica. Al dramma si è aggiunto un altro dramma, quello del terremoto e delle macerie. Ci siamo messi in moto fin da subito. Dal 17 di aprile ci stiamo occupando della ricerca dei siti possibili per la risoluzione del problema macerie. Su un punto rimaniamo perplessi: la responsabilità diretta del Comune in fatto di macerie, imposta dalla normativa, una responsabilità di fronte alla quale non possiamo far altro che ammettere tutta la nostra inadeguatezza”. “Attualmente abbiamo individuato e avviato un solo sito di deposito temporaneo delle macerie che ad oggi è stato in grado di accogliere solo un ‘cucchiaino’ delle macerie da trattare - ha commentato Moroni- Ancora non si riesce a trovare un altro sito in grado di accogliere le macerie. Se manteniamo come riferimento un territorio geografico limitato come quello de L’Aquila, non ne verremo fuori. Occorre, invece, avviare un intenso lavoro di squadra e attuare una strategia di medio-lungo periodo per risolvere il problema macerie, un problema che non è solo del territorio de L’Aquila, ma di tutto il territorio, nonostante il Comune venga considerato, per legge, il produttore del rifiuto pubblico-macerie”. Oltre a descrivere le difficoltà riscontrate nella gestione delle macerie, nel tratteggiare le esigenze del territorio, l’Assessore Moroni ha sottolineato anche l’urgenza dell’operazione e
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l’importanza della velocità nella rimozione del territorio: “La velocità è un incentivo importante per il ritorno alla normalità del territorio e per il ripristino delle condizioni economiche e sociali di vita ordinaria. Se non si tolgono le macerie non si ricostruisce. Se non lo si fa in fretta non si riparte”. La stessa urgenza è stata ribadita dalla Dott.ssa Ing. Silvia Ronconi dell’ARTA Abruzzo, nel suo intervento volto a fare il punto della “situazione macerie” nel territorio de L’Aquila: “Ad oggi le macerie invadono ancora il centro storico e ostruiscono le strade cittadine. Il centro storico è ancora zona rossa, essendo invaso dai rifiuti-macerie. Liberarlo è una condizione necessaria, oltre che urgente, per il rientro della popolazione e per la ripresa dell’attività produttiva del territorio. Questi rifiuti devono essere smaltiti e recuperati in breve tempo”. Al problema del recupero e dello smaltimento si aggiunge poi quello della stima, ancora non quantificabile poiché, ha commentato la Dott.ssa Ronconi, “ai rifiuti prodotti dai crolli si sono aggiunti e si aggiungeranno quelli determinati dagli interventi di ristrutturazione e demolizione degli edifici nel territorio del cratere”. “L’emergenza rifiuti nella provincia de L’Aquila non è conclusa – ha precisato Silvia Ronchi - Continua senza sosta il lavoro di ARTA, Regione, Provincia e Comune per individuare percorsi condivisi per una corretta rapida gestione
dei rifiuti prodotti e di quelli che purtroppo si produrranno per anni. L’ARTA ha predisposto sopralluoghi tecnici per individuare siti di deposito temporaneo in cui poter svolgere operazioni di cernita e separazione delle diverse frazioni merceologiche contenute nei rifiuti (legno, mattoni, plastica, vetro, metalli, carta, ceramica, materiale contenenti amianto, cemento…). Ulteriori sopralluoghi sono in corso per altri siti. Sono inoltre state emanate due linee guida sulla gestione delle aree di deposito temporaneo, una sorta di vademecum rivolto ai Comuni per la gestione dei rifiuti che vi vanno a confluire. Tra le indicazioni elaborate c’è quella dell’ ‘eticchettatura’ e della ‘tracciabilità’ dei rifiuti per quanto riguarda la provenienza, oltre che quelle relative alla scelta del sito e alla gestione dei rifiuti al loro interno”. Oltre al “problema macerie” particolare attenzione è stata posta anche al “problema ricostruzione”, due argomenti fortemente correlati e secondo l’Assessore Moroni, da affrontare in una logica integrata: “Il gioco di squadra non deve limitarsi alle istituzioni – ha commentato Moroni in chiusura del suo intervento – ma va trasferito anche al sistema impresa, a tutti colori che in termini di competitività possono offrire soluzioni imprenditoriali adeguate per risolvere il problema. Maggior qualità, trasparenza e controllo sarebbero gli indubbi vantaggi. Questo è il tratteggio delle esigenze di un territorio soffocato dalle macerie”. Le criticità ambientali in Abruzzo non si limitano al solo cratere dei Comuni più colpiti dal terremoto. Lo hanno sottolineato i vari amministratori locali intervenuti al Convegno che ne hanno messo in luce problematiche e difficoltà in materia di gestione dei rifiuti. A cominciare da quelle della Provincia di Teramo,il cui quadro ambientale è stato messo in rilievo da Francesco Marconi, Assessore provinciale all’Ambiente di Teramo. “La Provincia di Teramo è in difficoltà - ha dichiarato l’Assessore - Stiamo uscendo dalla profonda crisi che ha investito la provincia teramana dopo la chiusura, negli ultimi due anni, di tutti gli impianti di smaltimento. Al momento, quindi, non abbiamo discariche. Siamo in deroga. Portiamo i nostri rifiuti a Colle Cese (PE) e Cerratina (CH). Questa sarà la situazione fino ai primi sei mesi del 2010, mesi che serviranno a completare l’ampliamento della discarica Sogesa, a Grasciano di Notaresco, una discarica di 488 mila metri cubi, dove potremo tornare a conferire buona parte dei rifiuti teramani. Secondo il piano industriale la discarica dovrebbe entrare in funzione entro aprile. Per quanto riguarda la raccolta differenziata la Provincia di Teramo ha dei dati buoni rispetto alle altre province, tuttavia non ancora sufficienti. Ci aggiriamo intorno al 33% di RD, siamo pertanto ancora lontani dagli obiettivi di legge del 45%. Con l’attivazione capillare del porta a porta nei Comuni di Teramo e Giulianova, i più rappresentativi della Provincia raggiungeremo risultati prossimi agli obiettivi di
legge. Per risolvere il problema a livello regionale la termovalizzazione è strada obbligata. L’impianto va condiviso da tutto il territorio”. Dopo Teramo, Pescara. A fotografare la situazione provinciale è stato lo stesso Assessore provinciale alla tutela della qualità della vita e dell’ambiente, Mario Lattanzio: “Sono molte le problematiche che condividiamo con le altre province. A cominciare dai rifiuti. Quanto a conferimento in discarica, la Provincia di Pescara ha un’autonomia di capacità ricettiva di rifiuti fino a giugno 2011. La data dell’off limits si è tuttavia accorciata, in quanto la Provincia di Teramo sta attualmente conferendo i rifiuti nella nostra discarica di Colle Cese”. Oltre all’analisi della situazione attuale, dall’Assessore Lattanzio è partita anche una proposta per la risoluzione del “problema macerie”: “Nel nostro territorio ci sono molte cave dismesse che sono allo stesso tempo anche delle ferite ambientali e che, invece, potrebbero essere un buon contenitore per accogliere le macerie del terremoto”. Proposte, idee, soluzioni, spunti progettuali. Il tavolo dei relatori, oltre alla cruda disamina dei problemi della Regione, non ha mancato di fornire contributi costruttivi e propositivi in un’ottica di collaborazione e sinergia istituzionale. La stessa disponibilità è stata dimostrata da Walter Facciotto, Vicedirettore generale del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) che nel sottolineare gli importanti traguardi raggiunti dal Consorzio, ha ribadito il suo impegno a collaborare per “sbloccare” l’emergenza: “Grazie ai cittadini, ai Comuni che hanno organizzato la raccolta e al sistema consortile che ne hanno permesso il riciclo o il recupero sono stati intercettatti oltre 7 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggi sottratti alla discarica. Abbiamo così raggiunto e superato gli obiettivi stabiliti dalla direttiva europea e dalla legislazione italiana con un anno di anticipo. A fronte dei risultati ottenuti, il CONAI si impegna a fianco della Regione per recuperare tutti i rifiuti di imballaggio che saranno raccolti nel territorio. Il nostro è un piccolo contributo rispetto alla complessità del problema rifiuti. Ma CONAI vuole essere un punto fermo per l’intera Regione. Siamo al vostro fianco”. Coordinazione e cooperazione istituzionale sono dunque la ricetta per far ripartire l’Abruzzo del dopo-terremoto, costretto a fare i conti con rifiuti e macerie. È quanto è emerso dal Convegno organizzato dalla Regione e volto a fare il punto della situazione rifiuti. L’Abruzzo ha scelto la strada da percorrere: è quella che punta alla raccolta differenziata spinta, al riciclo e al recupero energetico dei rifiuti. Ora non rimane che mettersi in moto.
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Gestione dei rifiuti
PRIORITARIO L’AGGIORNAMENTO DELLA NORMATIVA REGIONALE
Approvate le nuove Linee di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi regionali e il riallineamento a quelli nazionali a cura di Alberto Piastrellini
Con Delibera di Giunta Regionale n. 611 del 2 novembre scorso, la Giunta ha approvato le “Linee di indirizzo per l’aggiornamento della normativa regionale in materia di gestione di rifiuti”. Tale atto rientra nelle azioni volte ad assicurare il riordino dell’ordinamento regionale in materia di rifiuti ed il raggiungimento di obiettivi di riduzione, riciclo e recupero dei rifiuti stessi come da indirizzi nazionali e comunitari in un’ottica di risparmio delle risorse energetiche, del contenimento delle emissioni climalteranti e nel rispetto delle caratteristiche dell’ambiente e del territorio. Il percorso intrapreso dalla Regione Abruzzo in questo senso, aveva già raggiunto un importante risultato con l’approvazione della L. R. n. 45 del 19 dicembre 2007 (“Norme per la gestione integrata dei rifiuti”, nota come Piano Regionale Gestione Rifiuti), la quale, coerentemente con le direttive europee del settore (non ultima la 98/2008/CE), prevedeva le seguenti priorità di intervento:
• prevenzione e riduzione della produzione e pericolosità dei rifiuti; • recupero e raccolta di materiali e prodotti di consumo; • recupero energetico dai rifiuti, complementare al riciclo, e a chiusura del ciclo di gestione integrata dei rifiuti; • smaltimento in discarica della minima quantità residuale. Lo stato dell’arte relativo all’attuazione delle attività finalizzate alla gestione integrata del ciclo dei rifiuti, come da succitate priorità, vede la Regione Abruzzo in prima linea per: • iniziative finalizzate alla prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti urbani, attraverso Accordi di Programma, Protocolli d’intesa con i vari soggetti coinvolti nel settore del commercio e della GDO e provvedimenti di ecofiscalità (es. tributo speciale per il conferimento dei rifiuti in discarica, incentivi per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, ecc.); • iniziative di comunicazione ed educazione ambientale
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per la diffusione dei buoni comportamenti ambientali dei cittadini e delle imprese; la realizzazione ed il completamento di una rete di impianti di smaltimento, trattamento/recupero dei rifiuti (bioessicazione-CDR/FOS, compostaggio e biogas); la progressiva riduzione delle discariche come sistema ordinario di smaltimento, rendendo residuale e sicuro lo smaltimento finale; la promozione e diffusione delle attività di riciclo attraverso le raccolte differenziate, organizzate prioritariamente secondo sistemi integrati “porta a porta” e/o di “prossimità”; la realizzazione di una “rete regionale” di Piattaforme Ecologiche (PE), Stazioni Ecologiche (SE) e Centri di Raccolta (CR), finalizzata all’effettivo recupero-riciclo dei rifiuti urbani ed assimilati (sistema CONAI), con la creazione di un mercato dei prodotti riciclati; la realizzazione di una filiera del compostaggio delle frazioni organiche (umido e verde), attraverso la produzione di “Compost di qualità” e la realizzazione del Marchio di Qualità “Compost Abruzzo”, in collaborazione con il CIC; la messa in sicurezza (MISE), bonifica e ripristino ambientale dei siti potenzialmente contaminati ai sensi della Parte Quarta, Titolo V del D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii.; la soluzione delle diverse procedure d’infrazione europee in materia di attuazione di Direttive comunitarie tra cui, in particolare: le 75/442/CEE, 91/689/CEE e 1999/31/CE.
• eccessiva frammentazione ed un insufficiente coordinamento e/o sinergie fra soggetti; • squilibri territoriali e differenze operative tra aree contigue; • criticità nel sistema di regolazione dei costi; • insufficiente utilizzo di politiche e strumenti di “ecofiscalità”; • insufficienti “performance ambientali”, ancora lontane dagli standard richiesti dalle disposizioni nazionali e comunitarie, salvo alcuni punti di eccellenza; • mancanza di impianti di smaltimento per rifiuti speciali pericolosi e non con conseguente esportazione degli stessi.
Se molti dei punti sopra citati sono in fase di realizzazione è pur vero che un progetto di riforma del sistema ha valore allorquando riesce, in qualsiasi punto della linea del tempo a dare la giusta risposta alle problematiche che si cerca di affrontare. D’altro canto, è altrettanto appurato che, come ci ricordano i giuristi, “nulla è più incerto del diritto” (alludendo al fatto che i dettati normativi si evolvono continuamente). In questo senso, dall’approvazione della L. R. n. 45, a livello nazionale, sono state introdotte diverse nuove norme che cambiano il panorama di riferimento (un esempio è la rimodulazione delle “public utilities”, oppure la necessità di recepire nel quadro normativo regionale le istanze contenute nei D. Lgs. n. 284/2006 e n. 4/2008). Inoltre, benché la media relativa alla RD sia notevolmente cresciuta attestandosi al 22.09%, evidenziando, così, un aumento delle quantità di rifiuti raccolti/differenziati, in riferimento alle disposizioni di cui all’art. 26, commi 3 e 4 della L. R 45/07 e ss.mm.ii., non si è ancora in linea con gli obblighi nazionali in materia di raggiungimento delle percentuali di RD (al 2008 pari al 45%) e con le relative previsioni del PRGR. Inoltre, i dati che fotografano il sistema regionale abruzzese hanno evidenziato:
3 - valutazione delle norme in materia di “Sistema di gestione integrata dei rifiuti urbani” (art. 13);
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Pertanto, onde confermare gli impegni presi con la popolazione abruzzese e assicurare, nel frattempo, i migliori servizi sul territorio, la Giunta ha inteso approvare alcune Linee per procedere alla modifica della L. R. di riferimento, secondo gli indirizzi e le fasi dettati nei seguenti punti. Gestione integrata dei rifiuti urbani 1 - Valutazione, in riferimento alle nuove disposizioni comunitarie e nazionali, delle modifiche, opportune e/o necessarie, da apportare alle norme regionali di settore al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi di cui alla L.R. 45/07 e ss.mm.ii.; 2 - verifica delle disposizioni riferite all’art. 3 “Definizioni”;
4 - valutazione ed eventuali modiche alle disposizioni inerenti le “Competenze istituzionali” (artt. 4, 5, 6, 7 e 8); 5 - modifiche alle disposizioni inerenti la “Valorizzazione energetica dei rifiuti urbani” (art. 26), riferite alle modalità di avvio a recupero energetico del CDR e dei rifiuti urbani in impianti di incenerimento dedicati, introducendo eventualmente meccanismi di carattere competitivo tra ATO diversi (es. riferiti ai livelli di % RD da raggiungere) ed a cui far seguire, una volta deliberate le nuove norme dal Consiglio Regionale, l’approvazione di un “Documento di indirizzo”, da parte della Giunta Regionale, attuativo delle stesse, contenente in particolare: criteri per l’individuazione delle aree maggiormente vocate in relazione all’ottimizzazione dei costi gestionali e, comunque, nel rispetto dei criteri di localizzazione degli impianti fissati dal presente piano regionale; tenendo conto che in tal caso l’ambito territoriale ottimale per la gestione di tali rifiuti è l’intero territorio regionale; le migliori tecnologie applicabili in funzione delle più si-
gnificative esperienze maturate nel contesto nazionale ed internazionale; indirizzi operativi al fine di garantire la prevalente partecipazione delle Autorità d’Ambito (AdA) alle attività di gestione; specifiche prescrizioni per garantire misure e campionamenti in continuo ed analisi. 6 - modifiche ad alcune disposizioni in materia di “Procedure semplificate per l’autosmaltimento ed il recupero dei rifiuti” (art. 51); 7 - verifica ed eventuali modifiche e/o integrazioni delle disposizioni riferite al “Sistema sanzionatorio” (art. 64); 8 - verifica delle disposizioni in materia di “Ambiti Territoriali Ottimali - ATO”, riferite al procedimento amministrativo di istituzione e funzionamento delle AdA (artt. 14, 15, 16, 17 e 18), con particolare riferimento: alle modalità per la costituzione anche attraverso i Consorzi comprensoriali; all’iter di cessazione delle attività dei Consorzi comprensoriali esistenti; all’esercizio dei poteri sostitutivi; 9 - verifica delle norme (artt. 19, 20 e 21), in tema di affidamento diretto dei servizi pubblici locali (in house providing) e gestioni esistenti, in ragione dell’evoluzione della giurisprudenza nazionale (Cassazione, Consiglio di Stato, TAR , ecc.) e comunitaria (Corte Europea di Giustizia); 10 - valutazione delle ipotesi e delle risultanze ai fini della consultazione e del confronto con Enti locali, le organizzazioni del settore e le parti sociali (Tavolo di concertazione); 11 - verifica di ulteriori interventi normativi, compatibili con gli indirizzi politico-amministrativi e le finalità del DDLR, in relazione a proposte che potranno essere avanzate nel corso della consultazione e del confronto di cui al punto i); Bonifica dei siti contaminati 1 - Valutazione, in riferimento alle nuove disposizioni comunitarie e nazionali (D. Lgs. 4/08), delle modifiche, opportune e/o necessarie, da apportare alle norme regionali di settore, al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi di cui alla L.R. 45/07 e ss.mm.ii. e valutazioni in rapporto alle pregresse disposizioni già applicate;
V - Disposizioni di indirizzo in materia di siti contaminati”, nelle quali sono riportati tutti i siti per i quali sono state avviate le procedure ai sensi del Titolo V del D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. (es. verifica del superamento delle CSC, ecc.). L’anagrafe dei siti contaminati costituisce l’insieme complesso delle informazioni relative ai siti da bonificare e rappresenta il mezzo per la registrazione dei dati necessari alla gestione degli interventi di bonifica. In questo senso, l’aspetto fondamentale per il settore delle bonifiche dei siti contaminati sarà l’adozione del Programma Regionale delle Bonifiche (PRB), previa effettuazione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) che preveda, oltre all’anagrafe regionale attraverso la localizzazione dei siti e la definizione delle caratteristiche degli stessi e della contaminazione (matrici ambientali coinvolte e tipologia di inquinanti, ecc.), corredata dallo stato di avanzamento delle procedure di bonifica, anche: l’individuazione dei siti di competenza o interesse pubblico; la definizione dei criteri e delle metodologie di analisi del rischio; l’elencazione delle priorità di intervento regionali relativamente ai soli siti di interesse pubblico; la definizione dei criteri tecnici generali per gli interventi di bonifica e risanamento ambientale anche relativi allo smaltimento dei materiali prelevati; la programmazione degli interventi con particolare riferimento a quelli nei siti di interesse pubblico regionale (SIR); la stima degli oneri finanziari e il riparto delle competenze tra Regione, Province e Comuni per quelli d’intervento pubblico. Il PRB avrà il compito prioritario di fare il punto sulla situazione regionale in termini di presenza di siti contaminati ed attività di bonifica, ivi compresi i siti di interesse nazionale (S.I.N.) e quelli soggetti ad intervento privato. Nell’ambito di questa ricognizione generale saranno poi selezionati i siti di competenza, o di interesse pubblico, per i quali è necessario, sulla base di specifiche metodologie di analisi del rischio, stabilire le priorità di intervento e configurare stima dei costi e relativa programmazione. Questi casi costituiranno dunque gli elementi per i quali valutare preliminarmente i potenziali impatti. Il PRB interagirà con altri piani e programmi, anche subordinati. Nel Rapporto Ambientale dovrà analizzarsi il rapporto del Piano in oggetto con tali piani ovvero le modalità di interazione, evidenziando anche le eventuali incongruenze (analisi di coerenza esterna).
2. aggiornamento dell’anagrafe dei siti contaminati di cui alla DGR n. 1529 del 27 dicembre 2006 e della DGR n. 257 del 19 marzo 2007 avente per oggetto: “Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale - Titolo
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Regione Abruzzo, ARSSA e CIC insieme nel lanciare il progetto
“FATTORIE DIDATTICHE SOSTENIBILI”, A SCUOLA IN FATTORIA Riscoprire il valore ambientale e culturale dell’agricoltura e delle sue produzioni lo scopo del progetto di Silvia Barchiesi
In Abruzzo, la scuola va in fattoria e la fattoria fa scuola. Non è un gioco di parole, ma l’obiettivo del progetto “Fattorie Didattiche Sostenibili”, che grazie alla collaborazione tra ARSSA Abruzzo (Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo) e la Regione Abruzzo- Settore Ambiente, punta a promuovere l’educazione ambientale anche tra i più giovani. Non più solo matematica, italiano, storia e geografia; i giovani studenti abruzzesi dovranno presto fare i conti anche con agricoltura, ambiente e sviluppo sostenibile. Se parlare di ambiente a scuola non è una novità, lo è di certo farlo al di fuori dell’aula, senza libri. A stretto contatto con la natura, alle prese con la produzione agricola ed enogastronomica, il mondo della fattoria insegna ai più giovani i cicli produttivi, le pratiche e le tecniche “eco” e uno stile di vista sostenibile. Attraverso laboratori e speciali attività didattiche studiate appositamente per ogni filiera e personalizzate in base all’età degli studenti, la visita in fatto-
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ria si trasforma da esperienza di vita pratica a importante lezione di vita. La visita in fattoria è, infatti, molto più di una gita: punta a favorire il recupero del valore culturale e ambientale del proprio territorio; a sensibilizzare i giovani al rispetto dell’ambiente e al ritmo della natura; a creare una vera e propria coscienza ambientale e responsabile volta a promuovere stili di vita e di consumo ecosostenibili. Rafforzare la consapevolezza che l’ambiente è un bene vulnerabile da rispettare e tutelare anche grazie all’utilizzazione corretta e parsimoniosa delle risorse è lo scopo principale del progetto che apre ai giovani il mondo della fattoria e insegna loro l’esistenza e l’importanza della catena alimentare, dei ritmi biologici e naturali, di una corretta alimentazione e della nocività degli elementi fisico-chimici, fonti di inquinamento. Ma non solo. Il progetto punta allo stesso tempo ad attivare su tutto il territorio abruzzese una rete di aziende agricole in grado di rapportarsi in maniera stabile e continuativa con il mondo della scuola per finalità pedagogiche e didattiche legate
alla conoscenza del mondo rurale e a favorire la consapevolezza della realtà agrcola abruzzese, dei suoi prodotti locali, tipici e biologici. Il turismo scolastico in ambito rurale diventa quindi l’occasione per avviare un percorso educativo innovativo ed alternativo in campo ambientale, oltre che un’occasione di riscoperta e rilancio della cultura rurale, dei suoi valori e dei suoi sapere. Ambiente e tradizioni si fondono nel mix dell’offerta didattica delle fattorie abruzzesi dove nelle diverse stagioni è possibile ripercorrere le varie fasi di lavorazioni delle eccellenze tipiche locali: dall’uva al vino; dal grano al pane; dal latte al formaggio; dale olive all’olio; tanto per citarne alcune. In questo modo, la vendemmia, la raccolta delle olive, l’allevamento delle api e tutte le altre attività rurali, diventano dispensatrici di un sapere antico, trasmesso attraverso una didattica moderna che punta al “fare”, oltre che al “sapere”. Dalla teoria alla pratica… In visita nelle fattorie didattiche, gli studenti si mettono in gioco e spe-
rimentano l’arte del fare il pane, il formaggio, il miele, il vino e tutto ciò che rientra nella produzione tipica e biologica delle aziende interessate. Ma non solo. Al centro dell’offerta didattica delle fattorie rivivono anche le tradizioni, grazie alla riproposizione delle attività artigianali di un tempo, come la costruzione dei cesti, la vendemmia e la filatura. Al di là della finalità didattica ed educativa, il progetto promosso dall’Assessorato all’Ambiente, dall’Assessorato alle Politiche Agricole, con la collaborazione di ARSSA Abruzzo e del CIC (Consorzio Italiano Compostatori), mira principalmente a promuovere nelle stesse aziende agricole l’adozione di pratiche e tecnologie sostenibili (compostaggio e raccolta differenziata dei rifuti, ecc.). Alla funzione didattica, la fattoria affianca così quella di ricerca e sperimentazione di attività e pratiche innovative e sostenibili. In quest’ottica, la qualificazione della rete delle fattorie sostenibili abruzzesi è l’obiettivo principale del progetto pilota, dalla durata triennale. Attualmente, nella Regione Abruzzo le “Fattorie Didattiche e Sostenibili” sono 140, tutte rispondenti ai requisiti del disciplinare “Carta della Qualità”, una sorta di regolamento che disciplina l’attività delle aziende, fissando norme specifiche da rispettare per poter svolgere attività didattica e garantirne l’autenticità, la professionalità e la sicurezza.
Sono molteplici gli aspetti codificati dalle norme: - le modalità di gestione e le tecniche di conduzioni dell’azienda, con utilizzo di prodotti e preparazioni gastronomiche tipiche e tradizionali del territorio regionale; - l’informazione e formazione professionale degli operatori attraverso la frequenza di appositi corsi di aggiornamento e seminari; - l’accessibilità dell’azienda anche ai diversamenti abili, con l’abbattimento delle barriere architettoniche; - la sicurezza aziendale grazie all’adozione e al rispetto delle norme igienico-sanitarie, di sicurezza alimentare e di sicurezza aziendale; - l’accoglienza degli ospiti, con predisposizione e cura di appositi spazi dedicati allo svolgimento dell’attività didattica in azienda. Si tratta dunque di aziende agricole e agrituristiche ambientalmente sostenibili e professionalmente impegnate nell’accoglienza e nell’educazione allo svilippo sostenibile di gruppi scolastici, giovani, famiglie, anziani e portatori di handicap. La loro professionalità è riconosciuta da un “Marchio di Qualità”, istituito dalla Regione e gestito attraverso l’ARSSA, che consente la strutturazione di una rete permanente di aziende agricole in grado di offrire servizi didattici riconosciuti ed identificati. La mappa completa delle fattorie dislocate nella Regione è disponibile sul sito www.fattoriedidattiche.abruzzo.it, una sorta di spazio virtuale interattivo di promozione e di informazione tra ARSSA, aziende agricole aderenti al circuito e potenziali fruitori del servizi (mondo della scuola, famiglie, gruppi organizzati, cittadini, ecc.). Il sito web è però solo uno dei veicoli di promozione del progetto “Fattorie Didattiche Sostenibili” adottati dall’ARSSA. Tra le attività dell’Agenzia, previste dal Protocollo d’Intesa siglato con la Regione Abruzzo e con il CIC, rientrano infatti anche le seguenti attività: - offrire attività formativa di educazione e comunicazione ambientale per
gli operatori del settore, referenti del progetto che aderiranno all’iniziativa al fine di qualificare la rete nel settore agricolo; - provvedere alla massima diffusione delle attività previste nel progetto sperimentale e dei risultati raggiunti; - garantire il coinvolgimento della cittadinanza interessata, alle attività di educazione e formazione ambientale nelle realtà aziendali aderenti; - diffondere un’ampia conoscenza delle opportunità educative e didattiche offerte dal progetto agli operatori del settore; - promuovere le finalità del progetto attraverso i propri canali di comunicazione (rapporti, portali web di riferimento: es. www.fattoriedidattiche.abruzzo.it); - mettere a disposizione i prodotti editoriali (pubblicazioni, guide, materiali didattici, libri, giochi), concernenti le tematiche dell’accordo e realizzati dai rispettivi settori di educazione da fornire gratuitamente alle aziende aderenti alla rete “Fattorie Didattiche Sostenibili”; - supportare tecnicamente l’organizzazione delle “Fattorie Didattiche Sostenibili”, presso le realtà aziendali aderenti alla rete. Tra gli impegni della Regione, stabiliti nell’Accordo, rientrano, invece, le attività di sensibilizzazione, educazione e formazione degli operatori delle aziende appartenenti alla rete, in materia di compostaggio domestico e raccolta differenziata, il monitoraggio e coordinamento durante lo svolgimento del progetto e la promozione e diffusione dei suoi risultati. Diffondere la conoscenza delle opportunità educative e le finalità del progetto presso gli operatori del settore a livello nazionale è invece l’impegno del Consorzio Italiano Compostatori. Sostenuto da una forte sinergia istituzionale e da una solida base didattica, il progetto, volto a creare una rete di relazioni tra produttori e giovani consumatori, punta allo stesso tempo a valorizzare il territorio regionale, la sua identità culturale, l’economia e le sue produzioni tipiche. É così che la scuola in fattoria “scopre” il mondo rurale e “riscopre” il valore culturale ed ambientale dell’agricoltura.
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Recupero e valorizzazione delle frazioni organiche
NASCE IL MARCHIO DI QUALITÀ “COMPOST ABRUZZO” Garantirà produttori, distributori ed acquirenti sul rispetto delle norme vigenti sulla produzione di ammendanti d’eccellenza per l’agricoltura sostenibile a cura di Alberto Piastrellini
Nel cammino intrapreso dalla Regione Abruzzo verso un riallineamento alle quote di media nazionale delle quantità di rifiuti avviati a riciclo o valorizzati nel recupero, in vista dei nuovi parametri indicati dalle recenti normative europee, risulta già nel PRGR (Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti – L. R. n. 45/ 2007, “Norme per la gestione dei rifiuti”) la volontà dell’Amministrazione regionale di promuovere attività finalizzate alla riduzione della produzione e recupero di materia, in modo particolare delle frazioni organiche costituite da residui alimentari e da scarti di manutenzione del verde privato e pubblico, che costituiscono la principale componente merceologica dei rifiuti urbani ed assimilati (30 – 40%) al fine di destinare i relativi flussi alla produzione di “compost di qualità”. Infatti, detta L. R. prevede la priorità della riduzione della produzione e del riciclaggio dei rifiuti e la promozione e diffusione di programmi per favorire, in particolare, l’utilizzo
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degli ammendanti di cui al D. Lgs 29 aprile 2006, n. 217 “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”, per attività agronomiche e tutela dei suoli (art. 24, comma 4, lett. i). Inoltre, scorrendo il testo della norma regionale sopra citata, al Capo IV (“Azioni per lo sviluppo del recupero e del riciclo”), si possono trovare i seguenti articoli che ben evidenziano la volontà della Regione di perseguire un cammino verso soluzioni ecosostenibili nella gestione dei rifiuti. Vi sono previste, infatti: •“Azioni di prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti”, concernenti la divulgazione ed incentivazione della pratica del compostaggio domestico degli scarti alimentari e di giardinaggio (art. 22 comma 2, lett. d); • “Obiettivi di raccolta differenziata e di riciclo”, che ordina la materia della raccolta differenziata su tutto il territorio regionale e fissa obiettivi, strumenti, direttive ed indirizzi per l’esercizio delle funzioni proprie e quelle attribuite agli enti locali e per le attività di controllo (art. 23); • “Promozione del riuso, riciclaggio e recupero”, per favorire programmi di utilizzo degli ammendanti e delle frazioni
organiche stabilizzate per interventi in campo ambientale, nonché per favorire la diffusione del compostaggio domestico da scarti alimentari e rifiuti vegetali (art. 24, lettere i e j); • “Rifiuti Urbani Biodegradabili”, in cui si prevede che la Giunta Regionale emani apposite direttive per garantire l’effettivo recupero delle frazioni biodegradabili (art. 27). Peraltro, la L. R. n. 22 del 17 luglio 2007, concernente la “Promozione dell’utilizzo dei rifiuti compostabili e degli ammendanti per la tutela della qualità dei suoli”, aveva già previsto (art. 7), un insieme di attività per la realizzazione di un “Marchio di qualità – Compost Abruzzo”, nonché l’istituzione di un “Osservatorio Regionale sul Compostaggio”. A questo punto, il passo successivo è stato quello di approvare e sottoscrivere un apposito Accordo di Programma tra la Regione Abruzzo e il Consorzio Italiano Compostatori - CIC che costituisce un passo importante nel percorso attuativo delle attività da implementare per dar vita ad una filiera virtuosa regionale per quanto riguarda la gestione corretta dei rifiuti organici e l’utilizzo finale del prodotto derivato. Si consideri, a questo punto, che il CIC è già titolare e gestore del “Marchio di Qualità Nazionale” per il “Compost di Qualità”, connotato nella sintesi comunicativa da un’icona grafica un programma preciso di certificazione della qualità degli ammendanti compostati, verdi e misti, prodotti negli impianti associati (oltre 30 le Aziende aderenti al programma su tutto il territorio nazionale che rappresentano circa il 25% della produzione nazionale di ammendanti compostati). In sintesi, l’Accordo di Programma evidenzia precisi impegni che i due Enti e le Aziende interessate devono garantire, tra cui: la Regione Abruzzo, provvede ad elaborare ed adottare un logo del Marchio “Compost Qualità Abruzzo”, per il compost certificato, con apposito provvedimento amministrativo. il CIC mette a disposizione le proprie competenze e la propria struttura per giungere alla certificazione del compost di qualità così come previsto dal Regolamento del Marchio; inoltre, alle aziende abruzzesi che hanno ottenuto la certificazione CIC, quest’ultimo garantisce il mutuo riconoscimento del Marchio “Compost Qualità Abruzzo”, consentendo l’utilizzo del logo. l’Azienda si impegna a: • assoggettarsi al Programma di certificazione come stabilito dal Regolamento del Marchio Compost CIC; • sottoscrivere la Licenza d’uso del Marchio; • utilizzare il logo (del CIC e della Regione Abruzzo); • sottoporsi ad ulteriori verifiche e controlli per la fase di implementazione del Marchio.
Finalmente, con Determinazione DR4/203 del 28 ottobre 2009, la Regione Abruzzo - Direzione Protezione Civile e Ambiente ha approvato il logo del Marchio di Qualità “Compost Abruzzo”, comprensivo del “Manuale d’uso”, autorizzando, nel contempo, l’utilizzo del Marchio di Qualità “Compost Abruzzo”, da parte dei produttori/distributori degli ammendanti compostati, operanti nella Regione, a condizione che abbiano applicato le disposizioni nazionali e regionali in materia. Per il momento, ha ottenuto l’ambito riconoscimento, dopo aver sottoposto il proprio ammendante alla Fase di Rilascio (quattro mesi di campionamenti e analisi), l’impianto ACIAM di Aielli (AQ) che, oltre a fregiarsi del Marchio di Qualità CIC, tramite l’Accordo di Programma sottoscritto con la Regione, ora può utilizzare anche il Marchio regionale. Intervenendo al Seminario informativo del CIC a ECOMONDO di Rimini, l’Assessore Regionale alla Protezione Civile e Ambiente, Daniela Stati ha ricordato come: “Il marchio di qualità è frutto di un accordo volontario che la Regione ha sottoscritto con il CIC per la promozione di iniziative finalizzate all’attuazione delle normative regionali in materia di riutilizzo delle frazioni organiche. In questo progetto sono impegnati diversi soggetti regionali: dall’ARTA all’ARSSA alle Associazioni agricole, impegnate a creare un compost abruzzese con un definito marchio di qualità”. In seguito, l’Assessore ha illustrato la prima iniziativa pratica frutto dell’assegnazione del Marchio e dell’implementazione di pratiche virtuose mirate all’utilizzo locale del compost di qualità prodotto sul territorio regionale. “Si tratta – ha dichiarato l’Assessore - di un campo dimostrativo di circa 2 ettari che nascerà ad Aielli, in cui il compost di qualità prodotto dall’ACIAM Spa, sarà utilizzato per la concimazione naturale dei terreni… Il campo avrà il compito principale di essere una sorta di palestra didattica per gli operatori agricoli e per gli studenti degli istituti tecnici professionali per l’agricoltura”. “L’obiettivo finale – ha ricordato l’Assessore Stati - è quello di superare l’attuale sistema e, in questo senso, l’avvio del nuovo impianto di Aielli è solo l’inizio. In seguito dovremo risolvere non pochi problemi, a cominciare dalla criticità che presentano gli impianti di compostaggio di Cupello e Notaresco. Ma superare l’attuale sistema significa anche far crescere una nuova cultura della prevenzione, finalizzata alla riduzione della produzione di rifiuti; implementare il più possibile i sistemi di raccolta differenziata; puntare sull’attività di reimpiego e riciclaggio e infine recuperare energia dai rifiuti”. “Si tratta - ha concluso l’Assessore Regionale all’Ambiente - di un percorso complesso e articolato, ma a questo punto necessario se non si vuole rimanere indietro in un settore in continua evoluzione”.
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CRITERI E PROCEDURE DI ACCETTAZIONE DEI RIFIUTI BIODEGRABILI IN IMPIANTI DI COMPOSTAGGIO
Approvate dalla Regione Abruzzo le direttive con le specifiche tecnico-operative da adottare per la gestione e il controllo dei rifiuti biodegradabili negli impianti di compostaggio di Silvia Barchiesi
In una Regione che ha l’ambizione di definirsi “Regione Verde d’Europa”, per via delle numerose areee protette e riserve naturali presenti nel proprio territorio (circa il 35% dell’intera superficie), problematiche di carattere agronomico ed ambientali, quali il progressivo impoverimento organico dei suoli e la corretta gestione dei rifiuti, in particolare della “componente organica”, trovano nel compostaggio, la loro più “naturale” soluzione. Nella “Regione dei Parchi” non poteva essere altrimenti.
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I “vantaggi ambientali” del cosiddetto “riciclaggio dei rifiuti organici” sono, infatti, ormai noti. Il suo contributo nella riduzione dell’effetto serra è ormai assodato: la fertilizzazione organica provoca, infatti, nel tempo, un accumulo di carbonio nel suolo, che potrebbe fungere da meccanismo per la sottrazione di anidride carbonica. Assodato è anche il suo positivo contributo alla stabilità e alla fertilità dei suoli: l’impiego degli ammendanti compostati nei suoli destinati alla
coltivazione garantisce infatti la conservazione della sostanza organica e il “buon stato di salute” del suolo. La filiera-compostaggio è sostenibile, oltre che per la sua attività di “sequestro” di anidride carbonica e di contrasto al degradamento dei suoli, anche dal punto di vista della gestione del rifiuto. I rifiuti biodegradabili, infatti, sono fonti di inquinamento quando vengono depositati in discarica. Da questi rifiuti, durante la loro fermentazione in stato anaerobico,
provengono le emissioni di metano, (gas ad effetto serra 21 volte più potente della CO2). Non solo. Per il loro elevato contenuto di acqua, i rifiuti organici biodegradabili sono, inoltre, facilmente vettori di inquinanti se vengono a contatto con altre tipologie di rifiuti. Proprio per evitare il forte impatto ambientale che deriverebbe dalla messa in discarica di questi rifiuti, la Direttiva europea 99/31/CE (Direttiva Discariche, recepita in Italia dal D. lgs. 36/03) ha previsto la drastica riduzione del loro conferimento nei prossimi anni (fino al 65% in 15 anni, ovvero entro il 2018). In linea con la normativa nazionale è il quadro normativo regionale abruzzese, frutto di una strategia che guarda al compostaggio come la via più “naturale” per la gestione del rifiuto organico biodegradabile e che per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal D.Lgs.36/03 individua le seguenti azioni: 1. raccolta differenziata (RD) delle frazioni organiche prodotte dalle “utenze domiciliari” (famiglie) e dalle “grandi utenze” (ristoranti, pizzerie, mense) per la produzione di “compost di qualità”; 2. raccolta e/o conferimento presso le stazioni ecologiche (riciclerie, centri di raccolta, ecocentri) delle frazioni verdi (sfalci, potature); 3. compostaggio domestico, che riveste un’importanza fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi sopra indicati (soprattutto in contesti non urbanizzati) e, più in generale, nella programmazione sui rifiuti e per gli obiettivi di sostenibilità ambientale; 4. recupero e riutilizzo di Frazioni Organiche Stabilizzate (FOS) provenienti dal trattamento meccanico-biologico dei rifiuti, per ripristini ambientali; 5. utilizzo di “compost di qualità” per usi agronomici”. Questo è quanto prevede il programma regionale “Programma RUB.”, al Cap. 5.3 “La strategia regionale e strumenti attuativi”. É in questo contesto programmatico che si inquadra il percorso intrapreso dalla Regione per l’ottenimento del Marchio di Qualità “Compost Abruzzo”, frutto di un Accordo di programma sottoscritto con il Consorzio Italiano Compostatori (CIC). Al di là degli obiettivi di programma, tuttavia, è con la situazione contingente che bisogna fare i conti, ovvero con l’attuale stato di organizzazione delle raccolte differenziate
nella Regione, prevalentemente secondo sistemi stradali, con le difficoltà oggettive di ordine gestionale dei rifiuti biodegradabili presso gli impianti di compostaggio, oltre che con il recente avvio dei sistemi domicialiari di raccolta “porta a porta”. Infatti, i sistemi domiciliari di RD, pur rappresentando sistemi più efficaci sul piano quantitativo (quantità materiali intercettati) e qualitativo (qualità merceologica delle frazioni raccolte), necessitano di un adeguato periodo di transizione, a causa della presenza, nei rifiuti in ingresso derivanti dalla RD delle frazioni organiche (FORSU), in particolare di plastiche (buste in polietilene) ed altre impurità. Di qui le direttive regionali in materia di“Criteri e procedure di accettazione dei rifiuti biodegradabili in impianti di compostaggio”, approvate dalla Giunta regionale (DGR 604 del 26/10/2009) e volte a delineare per i gestori dei servizi di raccolta diffrenziata e degli impianti di compostaggio, un percorso tecnico-amministrativo da avviare al fine di un coerente allineamento con le disposizioni nazionali inerenti le raccolte differenziate. Tali direttive fanno seguito alla L.R 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione dei rifiuti” che prevede al capo IV “Azioni per lo sviluppo del recupero e del riciclo”: - “Azioni di prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti”(art. 22) , prevede la divulgazione e l’incentivazione della pratica del compostaggio domestico degli scarti alimentari e di giardinaggio; - “Obiettivi di raccolta differenziata e di riciclo” (art. 23), ordina la materia della raccolta differenziata su tutto il territorio regionale e fissa obiettivi, strumenti, direttive ed indirizzi per l’esercizio delle funzioni proprie e quelle attribuite agli enti locali e per le attività di controllo; - “Promozione del riuso, riciclaggio e recupero” (art. 24) prevede programmi per favorire l’utilizzo degli ammendanti e delle frazioni organiche stabilizzate per interventi in campo ambientale, nonché per favorire la diffusione del compostaggio domestico da scarti alimentari e da rifiuti vegetali; - “Rifiuti Urbani Biodegradabili” (art. 27), prevede che la Giunta Regionale emani apposite direttive per garantire l’effettivo recupero delle frazioni biodegradabili (RUB).
Più nello specifico, le direttive regionali, descrivono le modalità operative da adottare al fine di implementare un sistema di verifica e controllo delle caratteristiche dei rifiuti urbani in ingresso all’impianto, a garanzia della qualità dell’ammendante prodotto. Si tratta però di specifiche tecnicogestionali transitorie per gli impianti interessati, della durata di 12 mesi dalla loro pubblicazione sul BURA, periodo entro cui attuare da parte della Regione, Province, Comuni, Enti e Società di gestione degli impianti, gli adeguamenti necessari ai servizi RD, secondo sistemi prevalentemente domiciliari. Le direttive disciplinano quindi le modalità operative per il conferimento e l’accettazione dei rifiuti; stabiliscono i criteri di accettazione dei rifiuti biodegradabili da cucine e mense, (contraddistinti dal codice CER 200108); individuano 3 fasce di qualità (Classi), in funzione delle percentuali di frazioni non compostabili presenti all’interno del rifiuto conferito; impongono un vero proprio “controllo di conformità del rifiuto conferito” da parte del gestore dell’impianto. Tale controllo prevede la verifica della correttezza di tutta la documentazione che accompagna il carico, l’ispezione del carico per stabilire la rispondenza del rifiuto al CER dichiarato, l’eventuale presenza di rifiuti pericolosi e non pericolosi, non previsti dalla propria autorizzazione, l’eccessiva putrescibilità del rifiuto e qualsiasi altro controllo si renda necessario. La qualità è invece al centro dell’analisi merceologica e di laboratorio della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU). La metodica, prevista dalla direttiva e mutuata dalla Regione Veneto, punta, infatti, a valutare la loro qualità in base all’appartenenza in tre fasce (A, B, C), dette “Classi merceologiche”, in funzione delle percentuali di frazioni/ materiali non compostabili (MNC) presenti all’interno del rifiuto conferito. Obblighi, divieti, controlli sono inoltre previsti dai moduli allegati alle direttive, come il “Regolamento di accesso”, l’ “Informativa in materia di privacy”; i “Documenti richiesti per il conferimento”; lo “Schema tariffario di conferimento”; lo “Schema di contratto per il servizio di compostaggio di rifiuti biodegradabili”. Insomma, con l’approvazione delle direttive regionali, la strada verso il Compost di Qualità si fa ancora più concreta!
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DECO SPA
EDUCARE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE, LA SFIDA DEL GRUPPO DECO Arte del comunicare e cultura del fare, le due “anime verdi” del Gruppo DECO di Silvia Barchiesi
Progettualità ed innovazione spesso non bastano a far decollare la cultura della sostenibilità ambientale. Risultano molto più efficaci se sono affiancate da attività di educazione e sensibilizzazione. Lo sa bene il Gruppo DECO che, in linea con la sua tradizionale vocazione ambientale, ha fatto delle cosiddette “strategie di contatto” con il territorio parte integrante della sua mission aziendale. Impegnata nella progettazione e realizzazione di impianti di recupero e smaltimento rifiuti , oltre che nella gestione dei servizi di igiene urbana, il Gruppo DECO, dall’anima ecologica e dalla spinta tecnologica, guarda prima di tutto al territorio. Di qui, la scelta di investire in informazione, educazione e sensibilizzazione per coinvolgere la cittadinanza in una partecipazione attiva e condivisa delle buone pratiche ambientali. Il problema dei rifiuti è ormai improrogabile e perchè anche i più piccoli ne prendano coscienza, il coinvolgimento del mondo della scuola diventa d’obbligo. Arrivare in tutte le case, infatti, non è semplice, perciò quale miglior ambasciatore di un bambino convinto ed entusiasta per promuovere in famiglia pratiche ambientali virtuose e responsabili? La creazione della cultura della sostenibilità, per DECO comincia, infatti, dalla scuola con cui da tempo è attiva una proficua collaborazione. Il gioco, il contatto sensoriale, le attività espressive, i laboratori didattici e le visite
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guidate sono solo alcuni delle strategie comunicative ed educative utilizzate da DECO per sensibilizzare i giovani studenti di oggi alle problematiche ambientali, “iniziandoli” fin da subito a comportamenti eticamente ed ecologicamente sostenibili. Educare i cittadini responsabili di domani. Questa è la sfida quotidiana di DECO che puntualmente apre le sue porte alle scuole e che a sua volta entra in classe tramite progetti, iniziative e incontri didattici. Ma non solo. Con seminari, conferenze e una proficua collaborazione con il mondo dell’Università, DECO guarda con interesse anche al mondo della formazione, dell’informazione e della ricerca, da sempre una delle attività strategiche del gruppo e parte integrante della mission aziendale. Da anni, infatti, DECO lavora per integrare il sistema di smaltimento con tecnologie di trattamento e recupero dei rifiuti, al fine di minimizzare l’impatto delle discariche e di recente ha avviato importanti iniziative nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili. Tecnologia, ricerca e sviluppo hanno infatti consentito a DECO di trasformarsi in breve tempo in un Gruppo leader, dall’elevata professionalità e competenza nel settore ambientale. Numerosi i primati tecnologici del Gruppo che vanta impianti e progetti all’avanguardia. Vero fiore all’occhiello del Gruppo DECO è però l’impianto di trattamento meccanico biologico.
Nell’ottica delle recenti normative europee recepite a livello nazionale dal D.Lgs. 152/06 la Deco S.p.A. ha sviluppato un approccio innovativo per la valorizzazione energetica dei Rifiuti Urbani indifferenziati (quanto resta a valle della raccolta differenziata). Tale approccio si è concretizzato in un moderno impianto ricadente in prossimità della discarica “Casoni” di Chieti. L’impianto è autorizzato per una potenzialità massima di 270.000 t/anno e, dal punto di vista funzionale, si articola nelle seguenti fasi: - ricezione e trattamento meccanico; - trattamento biologico; - raffinazione per la produzione di Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR). Ciascuna fase si svolge in ambienti distinti e separati nei quali sono presenti impianti di aspirazione dedicati per la captazione delle arie esauste e polveri e per il loro successivo convogliamento al trattamento finale, mediante idonei sistemi di depurazione. L’impianto è stato configurato con due linee di trattamento parallele in modo da assicurare un’elevata flessibilità gestionale e da garantire la continuità del servizio in caso di interventi manutentivi: tutte le operazioni svolte durante le varie fasi di trattamento sono presidiate da una sala di controllo e gestite mediante software dedicato, nonché da un sistema di supervisione e di telecamere. La tecnologia utilizzata consente di operare in modo totalemente automatizzato e di individuare con immediatezza qualsiasi
tipo di anomalia che si dovesse presentare in fase di lavorazione. Ciò permette di intervenire con altrettanta celerità per ripristinare le condizioni ottimali di funzionamento. Nel dettaglio, la fase di ricezione e trattamento meccanico si effettua in una zona completamente chiusa, corredata da un impianto di aspirazione per garantire i necessari ricambi ora e munita di tutti gli accorgimenti necessari ad evitare la fuoriuscita di materiale ed odori. I rifiuti, attraverso una serie di portoni gestiti dal sistema, vengono scaricati dagli automezzi nelle fosse di ricezione e, successivamente, trasferiti al trattamento meccanico mediante un sistema automatizzato costituito da “carroponte con benna”. Tale fase, finalizzata alla preparazione del rifiuto per il successivo trattamento biologico, prevede l’apertura dei sacchi e l’omogeneizzazione della pezzatura del materiale (triturazione/dilacerazione), la rimozione ed il recupero dei materiali ferrosi (deferrizzazione) e la separazione dei materiali non processabili, di ostacolo alla successiva fase biologica (vagliatura). Tutte le macchine presenti in questa prima fase sono, per quanto possibile, totalmente chiuse e protette mediante carter, in modo da minimizzare le emissioni odorigene e la quantità di polvere - intrinsecamente presente nella tipologia di materiale trattato - disperse nell’ambiente di lavoro. In tale contesto, allo scopo di ottimizzare la depurazione dell’aria, è stato opportunamente dimensionato e realizzato un sistema di aspirazione che, in maniera diffusa, consente la rimozione degli odori in corrispondenza delle vasche di accumulo dei rifiuti e, in maniera puntuale, la rimozione delle polveri mediante cappe poste localmente su ogni singola macchina. La fase di trattamento biologico, di tipo aerobico, è condotta anch’essa in due linee distinte e parallele.
Scopo di tale fase è quello di essiccare e (attraverso spontanee reazioni microbiologiche a carico della frazione biodegradabile dei rifiuti) igienizzare il materiale in modo da ottenere una riduzione della putrescibilità della massa dei rifiuti. Durante tale operazione, i rifiuti stazionano per ca. 14 giorni in enormi spazi dedicati e la loro movimentazione viene effettuata, per ciascuna linea, da una coppia di “carroponti con benna”, gestiti e comandati attraverso un sistema di controllo totalalmente automatizzato. Il processo viene attivato e “catalizzato” apportando alla massa in bioessiccazione un eccesso di ossigeno: tale apporto avviene tramite una serie di ventilatori dedicati ed un software di gestione che consente, non solo il convogliamento diretto dell’aria aspirata ai biofiltri per la sua depurazione e consequenziale rimozione degli odori, ma anche un controllo in continuo (mediante il monitoraggio di parametri significativi) dell’evoluzione del processo. Ciò consente di minimizzare - congruentemente alla tecnologia utilizzata - il grado di putrescibilità del residuo e, conseguentemente, la qualità del materiale destinato alla successiva fase. Degna di nota è l’attenzione rivolta al rispetto dei presìdi ambientali, grazie all’estrema accuratezza dedicata alla progettazione ed alla scelta dei sistemi di abbattimento degli odori. Oltre alla presenza dei biofiltri, (tecnologia ampiamente collaudata per questa tipologia di attività produttiva) è opportuno sottolineare la scelta del miglior materiale di riempimento attualmente esistente sia per caratteristiche fisiche, che morfologiche. Ultima ed essenziale, ai fini di una competa valorizzazione dei rifiuti conferiti, è la fase di raffinazione che prevede una serie di operazioni meccaniche (vagliatura, separazione aeraulica, triturazione secondaria, separazione dei metalli ferrosi
e non ferrosi) finalizzate alla produzione di CDR - da avviare recupero energetico in impianti dedicati (termovalorizzatori) e non (ad es. i cementifici). Dal trattamento si originano, peraltro: - sottoprodotti costituiti da una componente organica stabilizzata da destinare a impieghi alternativi (riempimenti, ripristini ambientali, copertura giornaliera dei rifiuti in discarica, ecc..); - un flusso di metalli ferrosi e non ferrosi da avviare a recupero; - una componente residuale non altrimenti recuperabile, da conferire in discarica. È opportuno, infine, sottolineare che l’impianto è stato progettato e corredato di tutti i sistemi di sicurezza ed i dispositive ausiliari atti a garantire i più elevati standard di sicurezza, non solo per l’ambiente, ma anche per i luoghi di lavoro e per il personale ad esso presente. Qualità, sicurezza, efficacia ed efficienza sono, infatti, ingredienti essenziali di ogni tecnologia DECO. Ricerca e sviluppo sono, invece, elementi chiavi della strategia aziendale del Gruppo, che se da un lato punta al “fare per l’ambiente”, dall’altro non manca di “comunicare per l’ambiente”. Comunicare all’esterno ciò che si fa all’interno è, infatti, la filosofia del Gruppo DECO. È qui che la cultura del fare si sposa all’arte del comunicare.
DECO spa 66020 San Giovanni Teatino (CH) Italy via Salara, 14/bis Tel. +39 085 440931 - fax +39 085 44093200 info@decogroup.it - www.decogroup.it
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GRUPPO MAIO
Presentato il progetto nel nuovo centro multifunzionale ed ecostenibile della Virtus Lanciano
“PARCO VIRTUS LANCIANO”: NUOVA ENERGIA ALLO SPORT Molto più di un semplice stadio, un vero e proprio polo fieristico, culturale,
commerciale e sportivo: un “villaggio a zero emissioni”, eco ed auto-sostenibile di Silvia Barchiesi
Multi-funzionale, eco-sostenibile ed auto-sostenibile. È un progetto all’avanguardia, dal sapore avveniristico e dal fascino futuribile, ma che presto diventerà realtà, quello relativo al nuovo stadio cittadino della Virtus Lanciano, squadra calcistica che milita in serie C, girone B. Lo ha presentato il Gruppo Maio, proprietaria della società rossonera, in occasione della Fiera ECOMONDO a Rimini. Unico nel suo genere in Italia, il progetto è già destinato a diventare un’eccellenza. “La nostra ambizione - ha commentato Guglielmo Maio, Presidente della Virtus Lanciano, in apertura della presentazione del progetto- è che diventi una perla per tutto l’Abruzzo”. Destinato a rivoluzionare il bilancio delle società calcistiche e a rimpinguare le poche entrate, solitamente provenienti dalla gestione degli stadio, il progetto, in realtà, punta oltre e guarda al territorio. Multifunzionale, ad emissioni zero, non impattante, energeticamente sostenibile: il suo appeal è un concentrato di novità che coniuga la causa economica-finanziaria con quella ambientale. Il tutto a servizio dell’intera comunità che potrà così usufruire, più che di uno stadio, di un vero e proprio “villaggio sportivo”. Insomma, oltre che agli affari, il progetto, attualmente nella sua fase preliminare e aperto a contributi esterni, strizza l’occhio anche all’ambiente. “L’opera fonde l’esigenze classiche di uno stadio di calcio con la mission del Gruppo Maio: l’impatto 0 - ha proseguito Maio
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nella sua duplice veste di Presidente della squadra rossonera e di imprenditore della Guglielmo Maio s.r.l. - Il nostro core business è nel campo ambientale e la squadra di calcio è per noi un veicolo di educazione all’ambiente. Lo stesso progetto coniuga e sintetizza tutte le attività del nostro Gruppo: quelle imprenditoriali, quelle ambientali e quelle sportive”. Ma non solo, il progetto strizza l’occhio anche al territorio, in quanto abbina all’ecosostenibilità anche la polifunzionalità, grazie alla creazione di una serie di spazi e servizi per il territorio. “Il nuovo impianto sarà moderno e produttivo - ha dichiarato l’ingegner Graziano Figliola, titolare dello Studio di progettazione che ha curato il progetto - Ma la sua mission non sarà solo quella di produrre entrate per la società, ma più in generale quella di offrire cultura e servizi per la comunità. Di qui la sua multifunzionalità. Oltre allo stadio, il nuovo impianto sarà infatti dotato di ambienti fieristici, congressuali, culturali e sportivi, oltre che di un campus residenziale vero e proprio”. Altro che stadio di calcio… Quello presentato è un vero e proprio “villaggio”, una sorta di “micro-città” con al centro un impianto di 10 mila posti e tutto intorno una serie di ambienti e “servizi per il territorio”: - spazi riservati alla cultura e all’intrattenimento (musei, mostre, fiere multisala); - un centro direzionale con una sala auditorium da 750 posti;
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- un albergo da 10 piani, - un centro commerciale qualificato; - una zona sportiva dotata di campi di calcio regolamentari, campi di calcio a 5, campi a 8, campi da tennis, 6 km di pista ciclabile e una pista pedonale; - una foresteria per ospitare squadre di calcio in ritiro; - un centro di medicina sportiva e di riabilitazione per infortuni da realizzare in collaborazione con l’Università di Chieti; - parcheggi sotterranei proporzionali alle superfici sportive, culturali e commerciali. Senza contare che il progetto prevede anche la realizzazione di alcune unità abitative attraverso la creazione di un vero e proprio campus residenziale, volto riqualificare dal punto di vista urbanistico, oltre che sociale, il borgo adiacente lo stadio. Alcuni numeri dell’ambizioso progetto? Oltre 200 milioni di investimento spalmati su circa 50 ettari ai confini del Comune di Lanciano, nella zona di Sant’Onofrio, in prossimità della zona industriale della Val di Sangro. È questa la zona in cui la città si espanderà nei prossimi anni, una zona ideale per costruire una struttura in grado di riunire impianti sportivi, culturali e commerciali. Ma il progetto guarda al territorio, non solo perchè punta ad offrire una serie di “contenitori” e di servizi, ma più in generale perché punta alla sua riqualificazione attraverso una vera e propria operazione di valorizzazione. Anziché stravolgere la conformazione del territorio in cui andrà a collocarsi, il nuovo impianto ne conserverà appieno, con il massimo rispetto, le caratteristiche. Lo stesso torrente presente nella zona, per esempio, verrà integrato nel progetto come motivo per recuperare le acque piovane. Insomma, la parola d’ordine: rispetto dell’ambiente. A partire dalla costituzione del cantiere, un’operazone di solito traumatica per il territorio e per la collettività e che invece non sarà per nulla impattante e per nulla invasiva, ma perfettamente sostenibile. Nel cantiere “verde” ad “impatto 0” le stesse opere di sbancamento saranno a “scarto 0”, mirate al riutilizzo sullo stesso territorio del materiale rimosso. Il tutto nell’ottica di rivitalizzare una zona attualmente un po’ emarginata e di un suo rilancio urbanistico, sociale e produttivo. Se la spinta alla riqualificazione dell’area viene dalla multifunzionalità del progetto, è in realtà “l’ecosostenibilità” il suo aspetto più innovativo. “Il futuro parco della Virtus Lanciano, oltre che multifunzionale, sarà ad impatto 0, cioè a ‘0 emission’ - ha sottolineato l’ingegner Antonio Di Nunzio, Direttore generale dell’ALESA (Agenzia Locale per l’Energia e lo Sviluppo Ambientale) - Obiettivo del progetto è promuovere la cosiddetta SEC- Sostainable Energy Communites, una vera e propria comunità sostenibile”. Eppure, a guardare i numeri del “colosso sportivo”, il progetto non si direbbe “ecosostenibile”, ma altamente “energivoro”: - 50 ettari di superficie; - 60 mila metri cubi di copertura; - 15 km di percorsi stradali e pedonali interni; - 6 mila Kw di potenza impegnata;
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- 5 milioni di CO2 prodotti all’anno. Ecco, allora che entra in gioco la gestione dell’energia, vero cuore della sostenibilità del progetto. “Il villaggio sportivo della Virtus Lanciano è un villaggio autosufficiente ed autosostenibile, oltre che ecostenibile”- ha precisato Di Nunzio nella presentazione del progetto – Di qui la scelta dello slogan che ne sintetizza la mission: nuova energia allo sport”. Auto ed eco-sostenibilità pervadono il progetto, in ogni sua fase: dalla realizzazione del progetto con l’avvio dei cantieri alla sua gestione, una volta completato; dalla produzione di energia elettrica e termica, alla gestione dell’acqua, della mobilità e dei rifiuti. Ad alimentare il “colosso”, dal punto di vista energetico, saranno impianti fotovoltaici collocati nelle soffitte per la produzione decentralizzata di energia elettrica oltre che una centrale di trigenerazione alimentata a biomasse per sfruttare al massimo le potenzialità del teleriscaldamento e del teleraffreddamento degli edifici. Il fotovoltaico “spingerà” e rivoluzionerà anche la mobilità all’interno del nuovo impianto, grazie all’istallazione degli impianti nelle pensiline dei parcheggi e alla diffusione di auto elettriche. Il traffico veicolare sarà inoltre minimizzato e fortemente ridimensionato. Un sistema di bike sharing con bici a pedalata assistita consentiranno di percorrere con facilità i 15 km di piste ciclabili presenti. Anche la gestione dell’acqua sarà all’insegna del risparmio e dell’economia, grazie al recupero dell’acqua piovana e al recupero delle acque reflue attraverso impianti di fitodepurazione. Infine, una raccolta differenziata spinta e capillare, presente in tutte le strutture del parco, punterà alla promozione di filiere del recupero e del riutilizzo dei materiali differenziati. Unico nel suo genere in Italia, il progetto guarda con interesse alle esperienze europee: a Malmoe, dove su 35 ettari di terreno si estende un villaggio ecosostenibile (“Villaggio B001”) o all’Olanda che vanta il primo quartiere fotovoltaico d’Europa. Eppure, non trascura il territorio in cui si insedia. Ne conserva le caratteristiche e ne valorizza le potenzialità, senza alcun “sconvolgimento” ambientale, in una logica di armoniosa integrazione con il territorio e di perfetto equilibrio con l’ambiente. Senza precedeni in Italia, il progetto della Virtus supera in complessità e funzionalità anche l’innovativo stadio comunale di Teramo, progettato dallo stesso Studio Figliola, realizzato in “project financing” e inaugurato lo scorso anno. Il progetto della Virtus non si limita ad un semplice stadio, ma dall’impianto calcistico si estende ad un “villaggio”. Inoltre la sua polifunzionalità oltrepassa lo sport per sconfinare nella cultura, nell’intrattenimento e nel commercio. Ma è la sua anima “verde” il valore aggiunto del progetto, pioneristico nella gestione dell’energia e delle risorse. Il binomio “affari- ambiente” si rivela la formula vincente, il connubio ideale per la sua gestione. Insomma, con il nuovo Parco Virtus Lanciano, nuova energia allo sport! Parola rossonera.
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