R&A n. 11 novembre 2009

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Free Service Edizioni

n°11 Novembre 2009 Anno X

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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n° NOVEMBRE

11 2009

Anno X

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n°11 Novembre 2009 anno X

In copertina: la copertina del Rapporto UNEP-FAO-UNESCO (vedi pag. 12)

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Bangkok, 28 settembre - 9 ottobre 2009 - Climate Change Talks Leader mondiali e relativi negoziatori in “disconnessione” Fermare il ticchettìo dell’orologio?

9 Diffuso a Bangkok il draft de “L’Economia di adattamento ai Cambiamenti Climatici” della World Bank “The Time for business as usual is over” Improbabile un accordo sul clima a Copenhagen senza quello sui finanziamenti per l’adattamento

12 Presentato il Rapporto di UNEP-FAO-UNESCO “Carbonio Blu” La salute degli oceani fondamentale nella lotta contro il global warming

15 Storica riunione di Gabinetto per sensibilizzare sui rischi dell’innalzamento dei mari Governi sott’acqua “Se le Maldive non dovessero sopravvivere, non ci saranno molte chance per il resto del mondo”

18 Definita la posizione dell’UE per Copenhagen Taglio delle emissioni di gas ad effetto serra del 30% entro il 2020 e fino al 95% entro il 2050


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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Bastia Umbra, 8-10 ottobre 2009 KLIMAHOUSE Umbria 09 Successo per la II edizione itinerante della Fiera

22 Rimini Fiera, 28-31 ottobre 2009 Soluzioni per un ambiente pulito e per una nuova economia Conclusa con successo la XIII edizione di ECOMONDO 2009

26 ECOMONDO 2009 - AREA Marche Attività convegnistica

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SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI Il Cosmari premiato da Legambiente e Regione Marche come il migliore Consorzio Riciclone marchigiano

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40 Celebrata la “Giornata Internazionale di Azione per il Clima” A 350ppm sarebbe meglio! Risorse dalla riduzione delle spese militari per far fronte all’insicurezza determinata dal Global Warming

43 Rapporto FoSS 2009 Europa e Regioni per lo sviluppo delle energie rinnovabili Senza forte impegno delle Regioni impraticabile l’obiettivo del 17% di energia rinnovabile

46 La ricerca di ACCLIMATISE supportata da IBM Da clima e urbanizzazione aumenti di costi per l’industria dell’energia elettrica Solo le Aziende che agiscono con la consapevolezza dei cambiamenti in corso otterranno vantaggi competitivi

48 ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Presentato a Bangkok l’estratto Clima-Energia del WEO 2009 della IEA Per uno scenario a 450ppm: non più rinviabile la Rivoluzione Energetica Verde Ogni anno di ritardo 500 miliardi di dollari in più

IL COMMENTO

Pubblicata la “rifusione” della Direttiva sull’Ecodesign Dai prodotti che consumano energia a quelli connessi all’energia Le ecoregole per la progettazione dei prodotti MATERIALE IN INSERTO Direttiva 2009/125/CE Del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 (GUUE L. 285 del 31 ottobre 2009)



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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Rapporto FISE-UNIRE “L’Italia del Recupero 2009” Crisi economica: a rischio i sistemi di raccolta e recupero rifiuti

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Pubblicato il Report “The Compelling Facts About Plastics 2008” L’“Inconfutabile” crisi delle plastiche comporta gravi rischi per l’ambiente

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Città e cittadinanza per la sostenibilità Numerosi gli eventi programmati per la Settimana UNESCO UNO SPAZIO DEDICATO A...

Regione Emilia-Romagna Progetto di legge per l’educazione alla sostenibilità Oltre 100 iniziative programmate in Regione per la Settimana UNESCO-DESS

QUALITÀ E AMBIENTE

Dal 21 al 29 novembre 2009 “Settimana europea per la riduzione dei rifiuti” Numerosi impegni e azioni programmati per la 1a edizione ufficiale

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AGENDA 21

Il progetto SustainableNOW: Comunità Europee Energeticamente Sostenibili Azione efficace per l’integrazione energetica locale oggi

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a cura della Segreteria del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

A Palermo, Convegno con il prof. Paul Connett Per una Strategia a rifiuti zero Il case-history dell’ATO - TP2 Belice Ambiente spa

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere

di Dario Cordone

62 Presentato il nuovo Rapporto di Legambiente Ecosistema urbano, ecosistema “bestiale” di Silvia Barchiesi

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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Presentato in GB un mappamondo interattivo L’impatto di un aumento globale della temperatura di 4 °C Un mondo che dobbiamo scongiurare

POLIECO MAGAZINE - Speciale Ischia


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Bangkok, 28 settembre - 9 ottobre 2009 - Climate Change Talks

LEADER MONDIALI E RELATIVI NEGOZIATORI IN “DISCONNESSIONE”

Fermare il ticchettìo dell’orologio? Se i segnali che giungevano dai precedenti cicli negoziali erano improntati a forte pessimismo, a Bangkok si è intravisto un barlume di luce, dal momento che i colloqui non si sono impantanati, come era accaduto in precedenza a Bonn, su questioni procedurali riguardanti il testo (cfr: “Camminando sulla sabbia bagnata”, in Regioni&Ambiente n. 8-9 agosto-settembre 2009, pagg. 12-13). Anche se i problemi centrali non si sono in alcun modo risolti, in Thailandia si sono registrati piccoli successi, come per esempio la disponibilità dei Paesi più industrializzati ad accettare di indicare obiettivi di riduzione delle emissioni o di discutere come finanziare l’adattamento ai cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo o di valutare l’opportunità di arrestare la deforestazione. Purtroppo, il tempo a disposizione per giungere ad un testo condiviso si è ulteriormente ridotto, a meno che non si decida di fermare il “ticchettìo dell’orologio”, per parafrasare l’espressione clock ticking usata dal Segretario esecutivo dell’UNFCCC a conclusione dei Climate Change Talks di Bonn (cfr: Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2009 pag. 10 e segg.). Il motivo principale per cui non si riuscirà a raggiungere un accordo conclusivo a Copenhagen sarebbe, secondo il Capo negoziatore per l’ONU Janos Pasztor, l’impossibilità del Congresso americano di concludere entro l’anno l’iter della Legge sul Clima la cui proposta, dopo la striminzita approvazione alla Camera dei Rappresentanti della Legge Waxman-Markey, al Senato porta la firma di Kerry-Boxer.

Rilasciando un’intervista a Radio Nazioni Unite a conclusione dei colloqui di Bangkok, il portavoce di Ban Ki-moon ha osservato che “c’è una certa incongruenza (il termine inglese disconnect da lui utilizzato è ancora più efficace) tra quel che i leader mondiali affermano negli incontri al vertice e quanto offrono i loro negoziatori”. Aprendo i lavori della sessione thailandese dei Climate Change Talks, Yvo de Boer si era augurato, viceversa, che i negoziatori avessero potuto mettere sul tavolo delle trattative azioni che fossero susseguenti alle volontà politiche espresse dai Capi di Governo in occasione della Conferenza ONU sul Clima, svoltasi a New York ai primi di settembre (cfr: “Cambiamenti climatici: andare oltre i cicli elettorali”, in Regioni&Ambiente n. 10 ottobre 2009, pag. 6 e segg.), quando ha dato quasi per scontato che un testo sarebbe stato alfine condiviso: “Non possiedo la sfera di cristallo in grado di prevedere quel che sarà eventualmente scritto nel testo a Copenhagen, ma una cosa è chiara: i risultati di Copenhagen dovranno essere attuati globalmente. A tal fine il contributo delle Organizzazioni internazionali che sono qui rappresentate si rivelerà essenziale”. Nel comunicato diffuso al termine delle due settimane di lavoro che hanno confermato “il persistere di notevoli differenze sugli obiettivi di riduzione delle emissioni a medio termine e sui finanziamenti per le misure di mitigazione ai cambiamenti climatici - il Segretario dell’UNFCCC, in vista dell’appuntamento di Barcellona, dove si svolgerà l’ultima

Lago Titicaca (Perù - Bolivia). Destano preoccupazioni le acque del lago navigabile più alto del mondo il cui livello nell’ultimo anno è sceso di 81 cm per le minori precipitazioni e lo scioglimento dei ghiacciai andini. (fonte: World Bank Photo Gallery)

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sia nel perseguimento di un intendimento comune su alcuni elementi chiave del BAP: adattamento, tecnologie e capacity building. Questo tentativo ha prodotto una serie di “non-papers” (14), contenenti proposte di consolidamento del testo negoziale revisionato e del relativo testo di “riordino”, o materiale di riferimento, che riflettono lo stato del lavoro intrapreso dai gruppi di contatto e dai sottogruppi di cui sopra, e che sono pubblicati sul sito Web dell’UNFCCC. I non-paper riguardano tutte parti essenziali del BAP: • visione condivisa sull’azione cooperativa nel lungo termine; • rafforzamento delle azioni di adattamento e associati mezzi di attuazione; • rafforzamento delle azioni di mitigazione a livello nazionale/internazionale e associati mezzi di attuazione; • attuazione di “impegni o azioni di mitigazione misurabili, riportabili e verificabili”, inclusi obiettivi nazionali quantificati di limitazione o riduzione delle emissioni per i Paesi industrializzati; • attuazione di azioni di mitigazione nel più ampio contesto delle politiche di sviluppo sostenibile per i Paesi in via di sviluppo; • approcci politici ed incentivi positivi per ridurre le emissioni da deforestazione e degrado delle foreste (reducing deforestation and forest degradation plus conservation REDD plus); • approcci cooperativi settoriali e azioni settoriali specifiche per rafforzare la riduzione delle emissioni; • sistemi per il miglioramento del rapporto costi-efficacia delle azioni di mitigazione,; • conseguenze economiche e sociali delle misure di risposta ai cambiamenti climatici; • rafforzamento delle azioni volte a mobilitare risorse finanziarie ed investimenti • rafforzamento delle azioni di sviluppo e trasferimento di tecnologie • rafforzamento delle azioni di capacity-building. Tuttavia, non si sono riuscite a risolvere divergenze consistenti su: mitigazione e aspetti finanziari. Tra gli aspetti positivi degli incontri, si segnala l’attenzione dedicata agli aspetti di sostanza e al chiarimento degli elementi che devono essere risolti a livello politico a Copenhagen. Inoltre è stata aggiornata la lista delle proposte di nuove disposizioni istituzionali per il miglioramento dei pilastri del BAP e i relativi mezzi di attuazione. Il Presidente del gruppo, Zammit Cutajar (Malta), preparerà per il prossimo incontro anche una lista di obiettivi quantificati proposti nel contesto dell’obiettivo mondiale di lungo termine di riduzione delle emissioni nell’ambito della “visione condivisa” e degli obiettivi nell’ambito della sezione della “mitigazione”. Non sono state adottate Conclusioni e i documenti così sviluppati saranno presi in considerazione a Barcellona durante la seconda parte della 7a sessione dell’AWG-LCA.

tornata di colloqui (2 al 6 novembre 2009) prima di Copenhagen, ha esortato i negoziatori - A tornare alle rispettive capitali per ricevere dai Capi di Governo le indicazioni per completare il loro lavoro”. A Bangkok dal 28 settembre al 9 ottobre 2009 si è svolta la penultima serie di incontri per la definizione di un accordo mondiale onnicomprensivo sui cambiamenti climatici per il periodo successivo al 2012, da concordare durante la 15a Conferenza delle Parti (Conference of the Parties - COP15) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change - UNFCCC), che si terrà a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre 2009. Questi incontri che rientrano nell’ambito della cosiddetta “Roadmap di Bali” comprendevano: - la 1a parte della 7a sessione del “Gruppo di lavoro ad hoc sull’azione cooperativa di lungo termine” (Ad Hoc Working Group on Long-term Cooperative Action AWG-LCA) dell’UNFCCC; - la 1a parte della 9a sessione del “Gruppo di lavoro ad hoc sugli ulteriori impegni per i Paesi inclusi nell’Allegato I che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto” (Ad Hoc Working Group on Further Commitments for Annex I Parties under the Kyoto Protocol - AWG-KP) del Protocollo di Kyoto. L’AWG-LCA era chiamato ad accelerare le negoziazioni sui contenuti di un futuro accordo, e a raffinare, consolidare e accorciare sostanzialmente l’attuale testo negoziale revisionato (del 22 giugno), preparato dal Presidente del gruppo dopo la sessione di giugno, con un addendum più recente (del 17 settembre), fondendo le proposte simili, eliminando le duplicazioni e razionalizzando l’impostazione, in modo da focalizzarlo sugli elementi che le Parti ritengono politicamente essenziali. Rispecchiando i pilastri del BAP, tale documento è strutturato in 4 sezioni dedicate a: - Visione condivisa; - Adattamento; - Mitigazione; - Trasferimento di tecnologie, aspetti finanziari e capacity building. Per agevolare questo compito, i co-facilitatori del gruppo avevano preparato in seguito all’incontro informale di agosto, un nuovo documento (del 15 settembre) inteso a riordinare e consolidare i contenuti del suddetto testo negoziale revisionato per renderlo più gestibile. Il nuovo documento, (che quindi non intende sostituire il testo negoziale revisionato), presenta proposte di riorganizzazione e consolidamento degli elementi del testo negoziale revisionato, in modo da renderlo più gestibile, dato che era costituito da circa 200 pagine e, approssimativamente, 2.000 parentesi (che stanno ad indicare le parti sulle quali rimangono divergenze). Il documento è anche corredato da due addenda, di cui uno riporta le fonti del testo negoziale e le informazioni sull’approccio di riorganizzazione e consolidamento, e l’altro contiene ulteriore materiale che suggerisce modi per procedere nella revisione del testo.

Nel 2009, le attività dell’AWG-KP si sono concentrate sul conseguimento di un consenso nella definizione degli ulteriori impegni dei Paesi inclusi nell’Allegato I che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto, che dovranno assumere principalmente la forma di obiettivi quantificati di limita-

Le due settimane di intense discussioni hanno permesso di riportare progressi, sia nel tentativo di snellimento, razionalizzazione e consolidamento del testo negoziale revisionato,

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zione o riduzione delle emissioni di gas serra (Quantified Emission Limitation and Reduction Objectives - QELRO), come stabilito dal gruppo a Poznañ.

dell’accesso alle attività di progetti CDM a livello regionale”, “l’introduzione di fattori moltiplicativi e di sconto nell’ambito del CDM”, “la cattura e il confinamento del carbonio (Carbon Capture and Storage - CCS) e l’energia nucleare nell’ambito del CDM”, “l’estensione dei crediti alla Joint Implementation (JI) e all’ETS”); - LULUCF (che include le questioni legate a: “le definizioni, le modalità, le regole e le linee guida per il trattamento del LULUCF”, “i regimi disturbativi naturali”, “i prodotti derivanti dalla raccolta del legname”, “le zone umide”, e “le implicazioni delle regole per il LULUCF sugli obiettivi di riduzione delle emissioni”); - Insieme di aspetti metodologici, che comprende: settori e categorie delle fonti dei gas serra, metriche comuni alternative per il calcolo della CO2-eq dei gas serra; altri aspetti metodologici (incluse le questioni su: i gas fluorurati addizionali da aggiungere a quelli attualmente controllati dal Protocollo di Kyoto, l’uso delle linee guida dell’IPCC del 2006 per la predisposizione degli inventari delle emissioni e come esprimere in CO2-eq le emissioni dei gas diversi dalla CO2). Anche in questo caso non sono state adottate Conclusioni e i documenti così sviluppati saranno presi in considerazione a Barcellona durante la seconda parte della 9a sessione dell’AWG-KP. Il Presidente del gruppo, John Ashe (Antigua e Barbuda) ha sottolineato la “necessità di maggiore ambizione” come componente “centrale del lavoro” dell’AWG-KP, esortando i delegati a prepararsi per poter compiere progressi concreti a Barcellona.

L’AWG-KP era chiamato ad intensificare il lavoro in modo da poterlo portare a temine entro i tempi appropriati. Gli aspetti connessi alle riduzioni delle emissioni di gas serra per l’insieme dei Paesi inclusi nell’Allegato I e per ciascuno di essi singolarmente dovevano essere temi prioritari a Bangkok. Stando al programma di lavoro, infatti, il Gruppo avrebbe già dovuto adottare delle conclusioni su questo argomento centrale, ma non vi è ancora riuscito. Nell’ambito dell’AWG-KP, si è rilevato il conseguimento di un consenso su alcuni aspetti tecnici che comprendono: - LULUCF (Land Use, Land-Use Change and Forestry); - alcuni aspetti metodologici legati al calcolo dei potenziali di riscaldamento globale di nuovi gas serra; - le opzioni per il miglioramento e rafforzamento del CDM, relativamente ai meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto. Pochi, invece, i passi avanti fatti sugli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra dei Paesi industrializzati. Anche l’AWG-KP ha elaborato una serie di non-paper (5) che rispecchiano il lavoro intrapreso dai gruppi di contatto tematici e che intendono agevolare il lavoro futuro. I non-paper riguardano i seguenti principali argomenti attualmente in fase di negoziazione. - obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra per l’insieme dei Paesi inclusi nell’Allegato I; - potenziali conseguenze (che include le questioni legate a: “i metodi per approfondire le conoscenze e i possibili sistemi di risposta alle conseguenze negative”, “l’obiettivo”, “la progettazione di politiche e misure”). - altri aspetti legati all’attuazione del programma di lavoro, e in particolare: - miglioramento del sistema di scambio delle quote di emissione di gas serra (Emission Trading Scheme - ETS) e dei meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (che include le questioni legate a: “le standardizzazioni”, “le linee di base per valutare l’addizionalità ambientale dei progetti e per determinare la quantità di crediti generata dai progetti”, “le liste positive o negative di attività di progetti CDM”, “il miglioramento della distribuzione e

Durante lo svolgimento delle sessioni di lavoro sono stati presentati vari studi e rapporti, tra i quali, per l’impatto che hanno avuto, ne abbiamo prescelti due dei quali diamo ampia relazione in altra parte di questo numero di Regioni&Ambiente: - “Economics of Adaptation to Climate Change” della World Bank, sui costi di adattamento ai Cambiamenti Climatici a livello mondiale (cfr: “The Time for Business as usual is over”, a pag. 9 di questo stesso numero); - “How the Energy Sector Can Delivery on a Climate Agreement in Copenhagen” estratto “Clima-Energia” dell’Outlook 2009 che verrà pubblicato nel mese di novembre della IEA (cfr: “Per uno scenario a 450ppm: Non più rinviabile la Rivoluzione Energetica Verde”, pag. 38).

Il Presidente AWG-LCA Michael Zammit Cutajar (a sinistra) e il Segretario esecutivo UNFCCC Yvo de Boer durante la Conferenza stampa finale (foto IISD)

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Diffuso a Bangkok il draft de “L’Economia di adattamento ai Cambiamenti Climatici” della World Bank

“THE TIME FOR BUSINESS AS USUAL IS OVER” Improbabile un accordo sul clima a Copenhagen senza quello sui finanziamenti per l’adattamento

È stato presentato a Bangkok, nel corso della sessione dei Climate Change Talks, la relazione preliminare de “L’Economia di adattamento ai Cambiamenti Climatici” (Economics of Adaptation to Climate Change), realizzato dalla Banca Mondiale (World Bank - WB) e finanziato dai governi di Svizzera e Gran Bretagna e Paesi Bassi, con un Focus su “I costi per i Paesi in via di sviluppo”. La maggior parte dei finanziamenti necessari dovrà derivare da fonti pubbliche internazionali ed essere addizionale ai normali aiuti pubblici allo sviluppo, senza dimenticare l’importanza del contributo del settore privato. Non casualmente il Segretario esecutivo dell’UNFCCC Yvo de Boer ha messo in risalto la tempestività della pubblicazione, essendo i finanziamenti per l’adattamento un “requisito essenziale per un futuro resiliente al clima, aspetto questo che le negoziazioni in corso devono risolvere urgentemente”.

De Boer ha inoltre rilevato altri due importanti aspetti che emergono dal Rapporto: - che un’azione tempestiva è molto meno costosa nel lungo termine rispetto all’inazione; - che la crescita economica, purché sostenibile ed ecocompatibile, rappresenta una potente forma di adattamento, poiché i costi di adattamento diminuiscono in percentuale del PIL, quanto più le condizioni economiche migliorano. Questa è la prima Relazione che sviluppa una definizione dei costi di adattamento in termini di sviluppo ed indica quali cambiamenti politici sono necessari per facilitare l’adattamento. “Lo Studio fornisce una serie di stime per un mondo di cui i decisori politici hanno la possibilità di averne chiara preveggenza - ha detto Sergio Margulis, Capo Dipartimento Economia Ambientale della WB - In realtà le spe-

Fonte: World Bank Photo Gallery

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se decise dai politici per far fronte alle conseguenze di eventi disastrosi sono di gran lunga superiori a quelle per l’adattamento”. Si tratta del più approfondito e recente studio sui costi economici di adattamento ai cambiamenti climatici, utilizzando una nuova metodologia che mette a confronto un “mondo futuro senza cambiamenti climatici” e un altro “con cambiamenti climatici”: la differenza fra questi due “mondi futuri” comporta una serie di azioni di adattamento alle nuove condizioni del Pianeta, con costi non indifferenti per tali azioni supplementari. Da questa premessa, il Consultive Draft che l’elemento chiave dell’analisi complessiva che coinvolge la stima dei costi di adattamento per i principali settori economici si basa su futuri scenari climatici alternativi: uno “umido” e l’altro “secco”. Nello scenario relativamente “più secco” i costi di adattamento sono sti-


mati nell’ordine di 75 miliardi di dollari all’anno dal 2010 al 2050; mentre in quello dal futuro climatico “più umido” raggiungerebbero i 100 miliardi di dollari (80 miliardi di euro). Il mondo, sottolinea l’analisi della WB, non può permettersi di trascurare le azioni di adattamento ad un aumento di temperatura entro i 2 °C se non si vuol vivere in un Pianeta con metà delle specie scomparse, con l’inondazione del 30% delle aree umide costiere e con un aumento della malnutrizione, della dissenteria e delle altre malattie cardio-respiratorie. Lo sviluppo è la forma più potente di adattamento, rendendo le economie meno dipendenti dai settori più sensibili alle variazioni climatiche, come l’agricoltura, aumentando i livelli di reddito, la salute e l’istruzione delle famiglie, migliorando le infrastrutture istituzionali dei Governi e riducendo drasticamente il numero delle persone morte a causa di inondazioni e siccità. Ma l’adattamento presuppone che ci si debba muovere in modo diverso per conseguire sviluppo: utilizzare colture che siano resistenti alla siccità come alle alluvioni, costruire infrastrutture insensibili alle variazioni climatiche, ridurre il sovrasfruttamento dell’industria ittica e tener conto dell’incertezza delle proiezione climatiche nelle pianifica-

zioni allo sviluppo. “Se la crescita economica è la fonte più potente di adattamento - ha osservato Warren Evans, Direttore del Dipartimento Ambiente della WB - tuttavia non si può continuare business as usual. L’adeguamento riduce al minimo gli impatti dei cambiamenti climatici, ma non ne affronta le cause”. Potrebbe esserci la necessità di modificare i modelli di sviluppo dei vari Paesi o di gestire le risorse in modo da tener conto dei potenziali impatti dei cambiamenti climatici. Spesso, si afferma nel Report, la riluttanza al cambiamento deriva dai costi politici ed economici per modificare i modi di governare e i (quasi) diritti di proprietà che hanno sostenuto decenni o addirittura secoli di sviluppo. I Paesi, sperimentando una rapida crescita economica delle attività di adattamento, hanno l’opportunità di ridurre i costi associati con il retaggio del passato sviluppo e di assicurare a quello del futuro che siano tenute in debita considerazione le proiezioni delle future condizioni climatiche. La più evidente e, probabilmente, la più remunerativa delle occasioni per ridurre i costi di adattamento si individua nella protezione delle coste dal pericolo di ingressione marina per effetto dell’innalzamento dei mari. Tuttavia,

Fonte: World Bank Photo Gallery

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molti altri settori hanno tutto da guadagnare. Le imprecisioni dei modelli di proiezione del futuro climatico sono un’importante fonte di incertezza che rischia di non far prendere le decisioni politiche necessarie. Pertanto, è fondamentale intraprendere ulteriori ricerche, raccolte di dati, divulgazione delle informazioni in modo che, se i cambiamenti climatici risultassero avere impatti peggiori di quelli che erano stati preventivati per 20 o 30 anni, i Paesi possono farvi fronte in modo più rapido ed efficace. Nel frattempo, i Paesi dovrebbero perseguire politiche a bassi costi e investimenti sulla base delle migliori o mediane previsioni dei cambiamenti climatici a livello nazionale. Al contempo, dovrebbero evitare di fare investimenti che saranno fortemente vulnerabili di fronte ad eventi avversi dei cambiamenti climatici. Per compiere investimenti al riparo dalle avversità climatiche, dovrebbe essere massimizzata la flessibilità necessaria per integrare le nuove conoscenze sul clima, a mano a mano che queste vengono acquisite. Porsi al riparo dalle conseguenze dei mutamenti del clima, per esempio approntando un’agricoltura per entrambi gli scenari (“più secco” e “più umido”),


farebbe salire le spese per adattamento ben oltre quel che viene nello Studio stimato. Secondo lo Studio, i costi maggiori in uno scenario “più umido” per le azioni di adattamento a variazioni climatiche dovranno essere sopportati dalle regioni dell’Asia Orientale e Pacifico, seguite da vicino da quelle dell’America Latina e Caraibica e dell’Africa sub-Sahariana; mentre, in uno scenario “più asciutto”, i costi di adattamento sono più bassi in tutte le regioni, ad eccezione dell’Asia meridionale (vedi fig. 1-2). “Per i Paesi poveri, tali costi sono inaccettabilmente elevati - ha dichiarato alla presentazione del Report Bert Koenders, Ministro olandese per la Cooperazione e lo Sviluppo - Per loro è una questione di vita o di morte. Non ci sarà alcun accordo sul clima a Copenhagen se non vi sarà quello sui finanziamenti per l’adattamento”. “Il dibattito politico in corso - ha proseguito Koenders - ormai verte essenzialmente sulle cifre, per questo

è importante questa relazione dove si evidenzia l’urgenza di garantire fondi sufficienti per l’adeguamento dei Paesi poveri, senza che debbano necessariamente incidere sui bilanci nazionali delle nazioni ricche”. Nel presentare in settembre l’annuale “World Development Report 2010: Development and Climate Change”, pubblicato anche questo in anticipo per offrire utili informazioni ai colloqui sui cambiamenti climatici, il Presidente della Banca Mondiale Robert B. Zoellick aveva sottolineato che “I Paesi del Mondo debbono agire ora, agire insieme e agire in modo diverso sui cambiamenti climatici”. Si deve agire subito perché le decisioni di oggi determinano sia il clima di domani che gli scenari economico-sociali del futuro. Bisogna agire insieme, perché nessuna Nazione può affrontare le sfide correlate poste dai cambiamenti climatici e la cooperazione a livello mondiale è necessaria per migliorare l’efficienza energetica e sviluppare nuove tecnologie. I Paesi devono agire in modo diverso

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perché non si può pianificare il futuro sulla base del clima del passato. “Un accordo equo ratificato a Copehagen è di vitale importanza - ha proseguito Zoellick - il 75-80% dei danni si concentrerebbero proprio nei Paesi in via di sviluppo che si troverebbero a pagare in maniera spropositata una crisi che non hanno generato e che non sono preparati ad affrontare”. Il 15 ottobre 2007, insediandosi alla Presidenza del World Business Council for Sustainable Development, il finlandese Jorma Olilla, Presidente di Nokia e Royal Dutch Shell, inviava tre “messaggi” in merito agli obiettivi che avrebbe perseguito durante il suo mandato. “Primo: il tempo per business as usual è finito; secondo: gli affari sono una parte della soluzione; e il terzo: la costruzione di una strategia di uno sviluppo sostenibile al ritmo delle attività produttive determinerà la differenza fra vincitori e vinti”. Ma non pare che se ne siano accorti in molti!


Presentato il Rapporto di UNEP-FAO-UNESCO

“CARBONIO BLU”

La salute degli oceani fondamentale nella lotta contro il global warming

Nel corso della Conferenza “Diversitas OSC2. Biodiversità e Società” che si è svolta a Città del Capo (Sud Africa), dal 13 al 16 ottobre 2009, è stato presentato il Rapporto “Blue Carbon. The role of healthy oceans in binding carbon”, frutto della collaborazione di tre Agenzie ONU: - UNEP, il Programma Ambiente delle Nazioni Unite; - FAO, l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura; - UNESCO-IOC, la Commissione Intergovernativa Oceanografica dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per Istruzione, Scienza e Cultura. Il Rapporto mette in evidenza che, nonostante occupino meno dell’1% della superficie terrestre e dei fondali, gli ecosistemi marini, come mangrovie, paludi salmastre, praterie sottomarine di fanerogame, “catturano e stoccano” oltre la metà delle emissioni di carbonio a livello globale, causate dal settore dei trasporti; di qui, il nuovo termine di “carbonio blu” in luogo di “carbonio verde”, utilizzato per indicare l’assorbimento biologico degli organismi terrestri. Eppure, questi sistemi sono indeboliti dalle attività umane che danneggiano la loro capacità di “sequestrare” le emissioni di gas ad effetto serra, con una velocità sette volte maggiore di quanto non accadesse 50 anni fa e 15 volte più rapida della deforestazione delle foreste pluviali. Se non si interviene a sostegno di questi ecosistemi di vitale importanza, la maggior parte di loro potrebbe scomparire entro due decenni. La riduzione della deforestazione terrestre abbinata ad un ripristino della copertura e dello stato di questi ecosistemi marini, si legge nel Rapporto, potrebbe fornire fino al 25% delle riduzioni delle emissioni necessarie per evitare il “pericoloso cambiamento climatico”, ad un costo decisamente inferiore a quello delle tecnologie per catturare e sequestrare il carbonio emesso dalle centrali eletttriche. “Sappiamo già che gli ecosistemi marini costituiscono un

valore di molti miliardi di dollari che provengono da settori come il turismo, la difesa costiera, la pesca e i servizi di depurazione delle acque - ha detto Achim Steiner, Direttore esecutivo dell’UNEP - Ora si scopre che sono i nostri alleati naturali nella lotta ai cambiamenti climatici”. Nel Rapporto si mette in evidenza che il carbonio catturato e stoccato sulla terra può rimanere sequestrato, forse, per alcuni secoli, mentre quello degli oceani permane per millenni. “Se il mondo dovesse decidersi a lottare veramente contro i cambiamenti climatici - ha aggiunto Steiner - ogni fonte di emissione e ogni opzione di riduzione dovrebbero essere valutate scientificamente e poste all’attenzione della comunità internazionale, includendo ogni colore del carbonio, compreso quello blu che attiene al mare e agli oceani”. Il Rapporto stima tra 870 e 1.650 i milioni di tonnellate annue di CO2 che gli ecosistemi marini sono in grado di assorbire dall’atmosfera, ma sono soprattutto gli habitat vegetativi che hanno una capacità di stoccaggio del carbonio 180 volte superiore a quella delle acque in mare aperto. Purtroppo, lungo le coste in prossimità di delta ed estuari, le mangrovie sono state distrutte, fino al 90% nel sud-est asiatico, ma non stanno meglio le aree costiere umide d’Europa e degli USA. Carlos Duarte, dell’Istituto Studi Avanzati del Mediterraneo che ha sede in Spagna, uno degli scienziati che hanno contribuito alla stesura del Rapporto, ha dichiarato: “Sappiamo che la modalità di utilizzo dei suoli è una delle sfide maggiori contro i cambiamenti climatici, ma non abbiamo ancora consapevolezza che la perdita globale di quelli che possiamo definire i pozzi di carbonio blu, quali le mangrovie in particolare e le piante marine in generale, sono in realtà una componente chiave dell’aumento delle concentrazioni di gas serra, ancor più dell’uso di suolo”. Inoltre, viene sottolineato, gli oceani hanno già assorbito

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l’82% di energia accumulata dal Pianeta per effetto del riscaldamento globale, ma divengono sempre più acidi, con gravi minacce per tutti gli organismi a struttura calcarea. Luciano Fonseca della Commissione Oceanografica dell’UNESCO ha spiegato questa capacità degli oceani di assorbire il calore in eccesso del pianeta con una similitudine: “È come un bicchiere di whisky con ghiaccio. Fintanto che il ghiaccio è lì, il whisky rimane freddo. Ma la temperatura dell’ambiente e della mano attorno al vetro, sta convertendo il ghiaccio in liquido. Non appena il ghiaccio si sarà sciolto, il whisky diventerà caldo”. Il mantenimento degli ecosistemi marini ha anche risvolti economici non indifferenti, dal momento che forniscono i presupposti per circa il 50% di tutto il pescato mondiale e l’alimentazione base per quasi tre miliardi di persone, garantendo il supporto del 50% di proteine animali e sali minerali per 400 milioni di individui che vivono, soprattutto, nei Paesi meno sviluppati del mondo. Ichiro Nomura, Vice Direttore Generale per la Pesca e l’Acquacoltura presso la FAO, ha rilevato che “La pesca e le comunità che praticano acquacoltura saranno pesantemente influenzate dai cambiamenti climatici, per cui hanno tutto l’interesse a mantenere sani gli ecosistemi oceanici. Un approccio ecosistemico alla gestione del mare e delle coste, non

può che accrescere la capacità naturale di assorbimento del carbonio, offrendo al contempo un modo per salvaguardare e rafforzare la sicurezza alimentare e di sostentamento per le comunità dipendenti dalla pesca”. Al fine di attuare un metodo e una amministrazione dei fondi necessari per la protezione, la gestione e il ripristino di tali essenziali serbatoi di carbonio degli oceani, il Rapporto propone 5 opzioni. 1) Istituire un fondo per la protezione del carbonio blu degli ecosistemi costieri e marini e per il sequestro del carbonio oceanico: a. All’interno degli strumenti politici internazionali, creare meccanismi che consentano di utilizzare in futuro crediti per il carbonio catturato e stoccato effettivamente , in modo che divengano parametri accettati. Il carbonio blu potrebbe essere scambiato e trattato in modo simile al carbonio verde - come quello delle foreste pluviali - e inserito nei protocolli sulle emissioni e sulle azioni di mitigazione assieme agli altri ecosistemi vincolanti sul carbonio; b. Definire linee-guida e parametri per catturare e stoccare in futuro il carbonio degli oceani, in modo sostenibile da un punto di vista ambientale;

Ciclo del Carbonio negli oceani del mondo (Cartografo/Designer Riccardo Praavettoni, UNEP/GRID-ARENDAL, Giulio Frigeri) Commissione Oceanografica Intergovernativa

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c. Prendere in considerazione la costituzione di un coordinamento rafforzato per meccanismi di finanziamento; d. Riprogettare in modo sostenibile, integrato ed ecosistemico la pianificazione e la gestione delle zone costiere, specialmente in quelle aree delicate che custodiscono all’interno serbatoi di carbonio blu per aumentare la resistenza di questi sistemi naturali e di conservare il cibo e la sicurezza alimentare offerti dagli oceani. 2) Proteggere immediatamente e con urgenza almeno l’80% delle restanti praterie di posidonia, le paludi salmastre e le foreste di mangrovie, attraverso una gestione efficace. Futuri fondi per la cattura del carbonio possono contribuire alla loro conservazione e controllo. 3) Iniziare pratiche di gestione che riducano e rimuovano le minacce e che sostengano il recupero efficace delle potenzialità connesse alle comunità dei serbatoi di carbonio blu. 4) Conservare la capacità degli oceani di offrire cibo e sicurezza alimentare, effettuando approcci globali ed

integrati che mirino ad aumentare la capacità di adattamento al cambiamento dei sistemi umani e naturali. 5) Diffondere efficaci strategie di mitigazione nei principali settori oceanici, che prevedano di: a. Migliorare l’efficienza nei settori dei trasporti marittimi, delle pesca ed acquacoltura come pure del turismo balneare; b. Incoraggiare una produzione sostenibile, rispettosa dell’ambiente degli oceani, comprese alghe e piante acquatiche; c. Limitare le attività che abbiano un impatto negativo sulla capacità degli oceani di assorbire carbonio; d. Garantire che gli investimenti per il ripristino e la protezione dei serbatoi di assorbimento del carbonio blu dell’oceano siano vincolati al sequestro del carbonio e a fornire ed incrementare prioritariamente la produzione di cibo, oltre che promuovere affari, posti di lavoro e opportunità di sviluppo per le aree costiere; e. Catalizzare la capacità naturale dei serbatoi di carbonio blu di rigenerarsi attraverso una gestione degli ecosistemi costieri per creare le condizioni di una rapida crescita e diffusione delle fanerogame, mangrovie e paludi salmastre.

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Storica riunione di Gabinetto per sensibilizzare sui rischi dell’innalzamento dei mari

GOVERNI SOTT’ACQUA

“Se le Maldive non dovessero sopravvivere, non ci saranno molte chance per il resto del mondo”

Se lo scopo era di attirare l’attenzione del mondo sul problema dell’innalzamento dei livelli del mare, bisogna riconoscere che hanno raggiunto l’obiettivo che si prefiggevano. È, infatti, la prima volta che i membri di un Governo si sono riuniti sott’acqua per firmare un Appello per chiedere un consistente taglio globale delle emissioni di gas serra: “S.O.S. dalla linea del fronte”, stampato su una tavola di plastica bianca e sottoscritto con inchiostro idrorepellente, che sarà presentato alle Nazioni Unite. È accaduto il 19 ottobre 2009 in una laguna verde-blu dell’isola Girifushi, nell’arcipelago delle Maldive, a circa 20 minuti su di una veloce imbarcazione dalla capitale dello Stato insulare Malé. Erano assenti 3 dei 14 Ministri che compongono l’attuale Governo, perché per due di loro è intervenuto il divieto dei medici e un altro era in missione all’estero. Comunque, escludendo il Presidente Mohammed Nasheed che è in possesso del brevetto di subacqueo, tutti gli altri hanno dovuto intraprendere allenamenti e lezioni prima di

partecipare alla riunione di Gabinetto che si è svolta a 5-6 metri di profondità, per una durata di circa 30 minuti. Nel corso della Conferenza-stampa che si è svolta con tutti i membri del Governo riemersi, ma sempre in acqua, il Presidente Nasheed ha dichiarato che questa “provocazione” ha voluto essere una sollecitazione ai Governanti dei più importanti Paesi della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), affinché a Copenhagen si raggiunga l’accordo più ambizioso che sia possibile. Alla domanda “che cosa accadrebbe” se il vertice di dicembre dovesse fallire, il giovane Presidente maldiviano ha risposto: “moriremmo”. Da quando è stato eletto un anno fa, con la prima consultazione democratica avvenuta nel Paese dopo 30 anni dall’indipendenza, Nasheed si è fatto promotore di una serie di iniziative volte a richiamare l’attenzione del mondo sui pericoli imminenti causati dal global warming. Ha subito lanciato l’iniziativa di istituire un fondo sovrano per finanziare l’acquisto di terre in Australia, dove portare a vivere i maldiviani, qualora l’Oceano Indiano dovesse

Il Presidente delle Maldive Mohamed Nasheed mentre firma la “storica” petizione (foto di Mohamed Seenen)

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sommergere l’arcipelago. Ha quindi assunto una posizione leadership all’interno dell’Alleanza dei Piccoli Stati insulari (AOSIS), chiedendo esplicitamente di: - mantenere l’innalzamento della temperatura globale entro la fine del secolo a 1,5 °C; - limitare la concentrazione di CO2 a 350 ppm, sulla base dei più recenti studi che indicherebbero scenari peggiori di quelli paventati dal Rapporto IPCC del 2007; - ridurre le emissioni al 40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. In marzo, il Presidente aveva annunciato pure che le Maldive sarebbero state il primo Paese al mondo a divenire carbon neutral entro il 2020, con costi “ragionevoli”. Saranno costruite 150 turbine eoliche, centinaia di migliaia di pannelli solari e una centrale elettrica che brucerà i gusci delle noci di cocco. Entro la stessa data non verranno più utilizzati i fertilizzanti chimici importati, sostituiti da compost e “biochar” (ndr: carbone prodotto attraverso la pirolisi su biomasse che cosparso sui terreni ne aumenta la fertilità e sequestra, al contempo, il carbonio al suolo).

Visto che non sopraggiungevano finanziamenti dall’estero, nel settembre u.s. Nasheed ha dichiarato di voler introdurre una green tax giornaliera di 3 dollari per ogni turista che visita l’arcipelago per il finanziamento di questo progetto (secondo dati statistici sono stati 683.012 i visitatori nel 2008). Le Maldive comprendono 1.192 isole coralline dell’Oceano Indiano su cui vivono 350.000 individui che rischiano di veder sommerse le loro case se l’innalzamento dei livelli del mare dovesse aumentare, entro la fine del secolo, oltre la soglia di 1 m., dal momento che l’altezza media del territorio maldiviano è di 2 m. Non sono tranquilli, e a giusta ragione, dal momento che se l’IPCC ha previsto un innalzamento dei livelli del mare fino a 59 cm, molti altri scienziati stanno sottolineando che lo scioglimento della calotta artica avviene più rapidamente di quanto non abbia previsto il Panel dell’UNFCCC, perciò, sarebbe probabile che senza immediati interventi tale soglia verrebbe abbondantemente superata. Sono allarmati, a buon diritto, perché sull’altro versante dell’Oceano Indiano, 6.000 abitanti delle Sundarbans nel

Isola di Makunudu (Maldive)

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Golfo del Bengala sono stati trasportati sulla terraferma (Bangladesh e India) perché alcune isole sono state sommerse dal mare (ndr: vedi “Tra isole coralline che scompaiono e quelle di rifiuti che si formano” in Regioni&Ambiente n. 3, marzo 2007, pag. 8 e segg.). Hanno visto, con forte preoccupazione, che recentemente altre isole coralline dell’Oceano Pacifico sono state abbandonate dai loro abitanti, come alle isole Carteret (Papua, Nuova Guinea) da dove circa mille individui sono stati evacuati (cfr: “Allarme a Bougainville per la sommersione delle isole Carteret”, in Regioni&Ambiente, n. 6, giugno 2008, pag. 12 e segg.). In un articolo scritto per il britannico “The Observer”, il Direttore dell’Istituto di Studi Spaziali Goddard della NASA, James Hansen, uno dei più autorevoli scienziati di cambiamenti climatici, ha dichiarato che “abbiamo solo quattro anni per agire, dopo di che non potremo più evitare inondazioni, catastrofi climatiche, esodi di uomini e specie animali”. Si capisce, quindi, la constatazione cruda di Nasheed il quale ha affermato che “Se non dovessero sopravvivere le Maldive, non ci saranno molte chance per il resto del mondo”. Le azioni dei Maldiviani per contrastare il riscaldamento globale, come peraltro quelle degli abitanti di Tuvalu, altro

piccolo Stato insulare del Pacifico che vedono erodere lentamente, ma inesorabilmente le loro coste per l’ingressione marina, attestano la volontà di una popolazione a rimanere sul proprio territorio, che sono poi i presupposti giuridici per la costituzione di uno Stato. “Cosa succederebbe se uno stato è fisicamente scomparso, ma la sua popolazione volesse mantenere la propria nazionalità? - si è chiesto Francois Gemenne, dell’Istituto per lo Sviluppo Sostenibile e per le Relazioni Internazionali di Parigi, nel corso di una Conferenza tenuta nel mese di settembre all’Università di Oxford - Potrebbe diventare uno Stato fantasma, con Governo in esilio che si pronuncia per cittadini sparsi in varie parti del mondo” (“The Guardian”, 29 settembre 2009). Si aprirebbe un vuoto nel diritto internazionale, ma ancora più grave sarebbe la gestione sociale e sanitaria di una massa notevole di individui, per lo più privi di risorse, verso i Paesi ricchi, ai quali converrebbe perciò giungere ad un accordo che scongiuri effetti simili, con finanziamenti per le attività di adattamento e mitigazione, che sono comunque ben inferiori rispetto alle somme che sarebbero necessarie per far fronte a migrazioni di massa, tali da far aggiornare la stessa Convenzione ONU del 1951 sui rifugiati, prevedendo l’inclusione dei cosiddetti “rifugiati ambientali”.

I membri del Governo delle Maldive riemersi dopo la firma della petizione tengono una Conferenza-stampa (foto di Mohamed Ali)

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Definita la posizione dell’UE per Copenhagen

TAGLIO DELLE EMISSIONI DI GAS AD EFFETTO SERRA DEL 30% ENTRO IL 2020 E FINO AL 95% ENTRO IL 2050 Se anche gli altri giocatori della partita assumeranno le proprie responsabilità All’indomani della conclusione dei negoziati di Bangkok, dove non si sono raggiunti risultati tangibili (ad esclusione della semplificazione, razionalizzazione e ristrutturazione del testo che nei precedenti Climate Change Talks informali di agosto a Bonn aveva raggiunto oltre 250 pagine, con una serie innumerevole di parentesi quadre che testimoniavano i troppi punti su cui non c’era ancora accordo), l’Unione Europea ha spinto per rilanciare il suo ruolo internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici. In vista del Consiglio di fine ottobre, la Commissione UE ribadiva, perciò, quelli che si ritengono essere gli elementi essenziali per un accordo equo ed ambizioso: - Riduzione vincolante delle emissioni da parte di tutti i Paesi industrializzati, sulla base di impegni paragonabili; - Azione appropriata da parte dei Paesi in via di sviluppo per limitare le proprie emissioni; - Quadro d’azione per l’adattamento ai cambiamenti climatici; - Riduzione della deforestazione e del degrado delle foreste e promozione di una gestione sostenibile delle foreste nelle regioni tropicali; - Norme aggiornati di contabilità per le emissioni derivanti dall’uso del suolo, dalla modifica dell’utilizzazione del territorio e della silvicoltura; - Mercato allargato internazionale del carbonio per alimentare il sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo e promuovere il rapporto costi-efficacia per la riduzione delle emissioni; - Fornitura di servizi internazionali di finanza pubblica nei Paesi in via di sviluppo al fine di integrare i flussi finanziari del mercato del carbonio e degli investimenti sul mercato interno; - Pacchetto completo per la cooperazione tecnologica e i finanziamenti per accelerare lo sviluppo di un’economia a basse emissioni di carbonio a livello mondiale.

In pratica l’UE ha riproposto la sua posizione secondo la quale l’accordo di Copenaghen debba essere uno strumento giuridicamente vincolante e che si caratterizzi per un prosieguo del Protocollo di Kyoto, nella convinzione che Copenaghen è quasi certamente l’ultima occasione per ottenere emissioni a livello mondiale su un binario progressivamente inferiore di carbonio, in grado di impedire che il cambiamento climatico superi i 2 °C o più entro la fine del secolo. Grazie soprattutto all’intensa attività diplomatica svolta dalla Presidenza svedese che ha mantenuto la promessa fatta all’inizio del suo semestre di dedicare ai cambiamenti climatici gli sforzi maggiori del suo mandato, il Consiglio Ambiente, riunitosi a Lussemburgo il 20-21 ottobre 2009, dava il via libera ad un documento sul clima che conteneva un chiaro messaggio di riaffermazione di leadership contro il global warming e di grande disponibilità affinché a Copenhagen si possa raggiungere un risultato ambizioso ed equo: taglio delle emissioni di gas ad effetto serra del 30% entro il 2020 e fino al 95% entro il 2050. “Questo risultato deve essere colto come una ferma attestazione della volontà dell’Europa di voler conseguire un accordo a Copenhagen”, dichiarava al termine il Ministro dell’Ambiente svedese Andreas Calgren che aveva presieduto la riunione. Se gli obiettivi di riduzione delle emissioni da parte dei Paesi industrializzati costituisce un elemento dirimente per Copenhagen, i Climate Change Talks che si sono svolti finora hanno dimostrato che altrettanto determinanti sono i finanziamenti per le azioni di adattamento dei Paesi in via di sviluppo. Purtroppo, nella pressoché contemporanea riunione del Consiglio Economia e Finanze (ECOFIN), la proposta della Commissione UE affinché i Paesi europei finanzino per circa 100 miliardi

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di euro all’anno i Paesi poveri che non sono in grado di contrastare con le proprie risorse gli effetti dei cambiamenti climatici, non ha trovato il consenso che si auspicava. Se è vero che sono stati i Paesi dell’Europa dell’Est, capeggiati dalla Polonia, ad esprimere dissenso sull’opportunità di pagare per le azioni di contrasto di Paesi in forte crescita economica come Cina e India, altri Paesi, quali Germania, Italia e Lussemburgo, hanno espresso perplessità circa l’opportunità di svelare le cifre, quando gli altri grandi Paesi non hanno lasciato intravedere le proprie posizioni. “Ho sentito argomentazioni di tatticismo - ha dichiarato il Commissario UE per l’Ambiente, Stavros Dimas - Ma dichiarando la nostra posizione ora, incoraggiamo gli altri Paesi a presentare le proprie proposte. Non abbiamo da guadagnare alcunché dal non raggiungere una decisione”. A supportare questa tesi si sono schierati Gran Bretagna, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi, sostenendo che l’Europa ha tutto da guadagnare nel giocare d’anticipo, mantenendo una posizione da leader nella corsa fino a Copenhagen. Ha suscitato scalpore ed irritazione, inoltre, la richiesta avanzata dalla Polonia di mettere in discussione il sistema europeo di commercio delle emissioni (ETS) perché penalizzerebbe la sua economia, fortemente dipendente dal carbone. Ritenuta “inaccettabile” dalla maggior parte dei Paesi membri, la proposta è stata giudicata alquanto inopportuna da Dimas dal momento che proprio l’ETS europeo viene considerato come punto di riferimento per un ipotetico sistema mondiale di cap-and-trade. Comunque, il Consiglio ECOFIN non ha preso decisioni: “È un risultato deludente - ha ammesso il Presidente Anders Borg, Ministro delle Finanze svedese Alla fine dei giochi, della questione se ne dovrà occupare il Consiglio europeo”.


riesaminerà la situazione durante la prossima riunione in dicembre, alla luce dell’evoluzione iniziale della conferenza di Copenaghen.

Il Premier svedese Fredrik Reinfeldt (foto Gunnar Seijbold/Regeringskansliet)

Alla riunione dei Capi di Stato e di Governo dell’UE che si è svolta a Bruxelles nei giorni 29 e 30 ottobre, è quindi spettato il compito di dirimere la questione dei finanziamenti delle misure necessarie per far fronte ai cambiamenti climatici, dal momento che per quanto riguardava la posizione sulle emissioni ci si limitava a ribadire quanto approvato la settimana precedente dal Consiglio Ambiente. In particolare, il Consiglio Europeo ha concordato di approvare la stima della Commissione Europea sul “costo incrementale netto totale della mitigazione e dell’adattamento nei Paesi in via di sviluppo” di “circa 100 miliardi di euro all’anno entro il 2020”. Questa spesa andrebbe sostenuta mediante una combinazione di: sforzi domestici di tali Paesi, mercato internazionale del carbonio e finanziamenti pubblici internazionali. L’ammontare del sostegno pubblico internazionale richiesto è stimato sui “22-50 miliardi di euro all’anno entro il 2020”, nell’ambito di un’equa ripartizione degli oneri a livello mondiale che sia in linea con il criterio di ripartizione che deve essere concordato dalle Parti, con un regime di gover-

nance e con un sistema di erogazione orientato verso specifiche azioni di mitigazione e ambiziose strategie/piani di sviluppo a basso tenore di carbonio. Riguardo ai finanziamenti rapidi iniziali, il Consiglio Europeo prende atto della stima della Commissione, “secondo cui è necessario un finanziamento totale di 5-7 miliardi di euro all’anno per i primi 3 anni” di un eventuale accordo a Copenaghen, e sottolinea che sarà determinato un importo solo dopo la conferenza di Copenaghen. È scomparso, cioè, ogni riferimento alle cifre che erano indicate nell’originaria proposta della Commissione come quota a carico dell’Unione Europea e, comunque, nei primi anni ne saranno esentati i Paesi membri in gravi difficoltà economiche; mentre, nella fase successiva, gli oneri saranno ripartiti in base alle rispettive condizioni economiche, come era stato chiesto dalla Polonia e dagli altri Paesi dell’Est europeo. Nel frattempo, l’UE e i suoi Stati Membri si dichiarano pronti a contribuire adeguatamente a tali costi, ma in via condizionale agli sforzi dimostrati dagli altri Paesi chiave. In ogni caso, il Consiglio Europeo

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Secondo le Conclusioni, redatte dal Presidente di turno del Consiglio Europeo il Premier svedese Fredrik Reinfeldt, “Il Consiglio ha definito la posizione dell’UE in riferimento alla prossima conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici, che consentirà all’UE di svolgere un ruolo costruttivo nella fase conclusiva della negoziazione, in particolare su temi fondamentali quali finanziamento, trasferimento di tecnologie, adattamento, mitigazione e buona governance.” Si è trattato, in definitiva, del solito compromesso di massima che permetterà, comunque, all’UE di trattare da una prestigiosa posizione, anche se sono in molti all’interno della Comunità che sperano che a Copenhagen non venga raggiunto alcuno accordo, magari per rimettere in discussione il “Triplo 20” che secondo gli industriali tedeschi e italiani comporterebbe costi aggiuntivi sull’economia europea. “Tutto può ancora succedere - ha dichiarato Reinfeldt nella Conferenza stampa a conclusione del Summit - se gli altri giocatori della partita non si assumeranno le proprie responsabilità”. Vedremo, intanto, quali giocatori entreranno in campo e con quali intenzioni nel corso del round di Barcellona, dove ai primi di Novembre si svolgeranno gli ultimi Climate Change Talks, prima di Copenhagen.


MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Bastia Umbra, 8-10 ottobre 2009

KLIMAHOUSE UMBRIA 09 Successo per la II edizione itinerante della Fiera specializzata per l’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia Dopo il successo ottenuto dalla prima edizione itinerante di “Klimahouse”, presentata lo scorso anno a Roma, Fiera Bolzano ha continuato il suo “viaggio” lungo la penisola facendo tappa in Umbria dove ha riscosso grande interesse da parte degli operatori del settore, delle amministrazioni pubbliche e dei cittadini. La regione più centrale d’Italia si è dimostrata un territorio “sensibile” e ricettivo alla divulgazione di un know-how tipicamente altoatesino del costruire ecologico richiamando, nell’arco dei

tre giorni, 4.500 visitatori provenienti da sedici regioni d’Italia: il 39,4% dall’Umbria; il 15,5% dalle Marche, il 13% dal Lazio, l’11,9% dalla Toscana, l’8,3% dall’Emilia-Romagna, ma anche da Abruzzo, Puglia, Piemonte, Lombardia, Veneto, Calabria, Sicilia, Campania, Basilicata, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Non è mancata la presenza di pubblico straniero. Dall’indagine condotta da Fiera Bolzano su un campione di 193 visitatori

emerge che il 74,6% degli intervistati ha visitato “Klimahouse Umbria” per motivi legati alla propria professione, dato confermato anche dalla grande affluenza al Convegno “Costruire Sostenibile” - principalmente rivolto agli operatori di settore - che ha affrontato, grazie alla presenza di autorevoli esperti, le più attuali tematiche legate all’edilizia sostenibile: dalle opportunità in ambito edile che nascono dalla crisi alla costruzione su terreni sensibili. “La grande richiesta da parte degli operatori locali e il desiderio di informarsi sulle soluzioni e sui vantaggi del risparmio energetico in edilizia applicabili alle realtà del centro–sud premia lo sforzo di Fiera Bolzano e conferma la nostra scelta di replicare un’edizione itinerante”, ha affermato Gernot Rössler, Presidente di Fiera Bolzano. D’accordo con Rössler si è dichiarato Reinhold Marsoner, Direttore di Fiera Bolzano, per il quale “quest’edizione ‘fuori casa’ rappresenta la premessa per un percorso in evoluzione dal respiro tutto italiano. Anche gli espositori hanno dimostrato il loro consenso ed espresso il desiderio di proseguire su questa strada, con la consapevolezza che nelle regioni a cui ci siamo rivolti con questa manifestazione c’è un grande desiderio di crescere e di conoscere”. In occasione di “Klimahouse Umbria” Norbert Lantschner ha consegnato a Moreno Tiberi, titolare dell’impresa edile GALLANO Spa di Bastia, la targa CasaClima per la “Residenza Annamaria”, il primo edificio residenziale umbro certificato in Classe A. Con orgoglio Tiberi ha affermato che “Klimahouse Umbria è stata davvero una bella iniziativa. Nella nostra regione sentivamo la necessità di un evento autorevole e specializzato che

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richiamasse anche l’attenzione delle regioni vicine e questa manifestazione è stata per noi un’ottima opportunità”. La “Residenza Annamaria”, abitazione plurifamiliare ubicata a Montelaguardia, alle porte di Perugia, è un edificio residenziale che garantisce massimo comfort abitativo e minimi consumi ai suoi cinque appartamenti, per un totale di superficie netta riscaldata di 500 mq, con un concentrato di soluzioni innovative in grado di abbattere dell’80% i costi energetici e di controllare le emissioni inquinanti. Testimonianza di come uno sforzo progettuale iniziale sia il passaggio obbligato per garantire un’elevata qualità dell’abitare e un contributo all’innovazione in architettura, la “Residenza Annamaria” è stato solo uno degli esempi proposti nel programma di visite guidate a edifici di moderna concezione energeticamente efficienti presenti sul territorio umbro. Tra le varie iniziative collaterali proposte da Fiera Bolzano in occasione di “Klimahouse Umbria”, oltre al Congresso “Costruire Sostenibile”, al Forum e alle Visite guidate che in totale hanno coinvolto 902 partecipanti, la “Scommessa del cubo di ghiaccio” ha ottenuto risultati sorprendenti. L’iniziativa, organizzata da Fiera Bolzano in collaborazione con l’Agenzia

CasaClima, ha dimostrato concretamente l’efficacia dell’isolamento termico nelle abitazioni ecologiche. Per nove giorni (dal 30 settembre all’8 ottobre) due cubi di ghiaccio, uno all’aperto e l’altro in una CasaClima Oro ad alta efficienza energetica perfettamente isolato realizzata da Rubner Haus, si sono “sfidati” nel centro storico di Perugia. Al termine della giornata inaugurale di “Klimahouse Umbria” è stato confrontato il volume dei due blocchi e la percentuale di ghiaccio sciolto con i valori iniziali. Il cubo di ghiaccio all’interno della CasaClima Oro è rimasto praticamente intatto: solo l’8% della sua superficie si è sciolta; mentre il 92% è rimasta quasi completamente integra. Anche gli espositori - altoatesini e locali - hanno manifestato grande entusiasmo per l’edizione itinerante di “Klimahouse” confermando la necessità di ripetere una manifestazione così autorevole nel settore dell’edilizia sostenibile espressamente dedicata al centro-sud Italia. Gilberto Castoldi, Responsabile commerciale Italia di TOPHAUS (Bressanone) ha affermato: “Gli operatori di settore locali, i tecnici, così come il pubblico finale che abbiamo incontrato, sono interessati alle ultime novità in tema di sostenibilità e Bastia Umbra è la sede ideale per ospitare l’edizione

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itinerante di Klimahouse: la sua posizione strategica la rende facilmente raggiungibile da tutte le regioni del centro-sud Italia”. Fabio Casavecchia, Capo Area di FINSTRAL Spa di Bolzano ha affermato che: “A Klimahouse Umbria abbiamo rilevato con piacere l’eterogeneità della provenienza dei visitatori. Emilia Romagna, Marche, Toscana, Lazio, Abruzzo, Umbria sono state le regioni più interessate”. Luisa Costantini, Responsabile Marketing della COST di Bastia Umbra, ha sottolineato come “Klimahouse Umbria” sia stata “un’iniziativa interessante, da coltivare e far crescere. Nella nostra regione mancava un evento che promuovesse i concetti di sostenibilità e risparmio energetico e questa manifestazione rappresenta un punto d’incontro specializzato in grado di fornire risposte concrete a un mercato in evoluzione. Riteniamo importante essere presenti e l’esperienza è stata complessivamente positiva. Con stupore ho avuto modo di constatare la presenza in fiera di molti privati già formati; deduco quindi che l’esigenza di guardare all’edilizia per un ambiente migliore sia una necessità che parte dal basso”.


Rimini Fiera, 28-31 ottobre 2009

SOLUZIONI PER UN AMBIENTE PULITO E PER UNA NUOVA ECONOMIA Conclusa con successo la XIII edizione di ECOMONDO 2009 La XIII edizione di ECOMONDO il Salone internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile che ha avuto per tema quest’anno la riprogettazione del Pianeta e organizzato da Rimini Fiera ha chiuso i battenti sabato 31 ottobre, collezionando un ottimo successo. Pur in un contesto economico difficile, complessivamente si sono proposte nei 16 padiglioni (3 in più dell’anno scorso) oltre 1.500 aziende (1.050 per ECOMONDO 2008) su 110 mila mq (70.000 mq nel 2008). Al leggero calo di visitatori complessivi 63.332 (-2,35% sul 2008) rispetto alla precedente edizione, ha fatto riscontro un eccezionale incremento dei visitatori stranieri che salgono a 5.066 (+35% rispetto al 2008). Sono stati 443 i giornalisti italiani ed esteri accreditati in sala stampa (429 nel 2008), con una copertura totale della stampa specializzata, nazionale e locale e una platea mediatica d’eccezione con vari speciali e servizi dedicati su Corriere della Sera, Repubblica, Qn, Il Sole 24 Ore, Tg1, Tg2, Tg3, Tg5 e via elencando. “Le manifestazioni dedicate al sistema ambiente - ha commentato Lorenzo Cagnoni, Presidente di Rimini Fiera - hanno confermato la loro forza e pure in presenza di un frangente complicato per tutto il sistema industriale, la sostanziale tenuta

in termini di pubblico è un risultato positivo. Lo riteniamo un successo poiché in fiera abbiamo visto premiate le idee che abbiamo messo in campo, tutte di successo in questa edizione e pronte a consolidarsi nel 2010. Rimarco due aspetti ulteriori: lo straordinario risultato dei visitatori esteri, un premio al lavoro e agli investimenti fatti da Rimini Fiera nelle aree di mercato di interesse per le aziende; poi l’elemento di crescita rappresentato da Ambiente Festival, verso il quale abbiamo dirottato alcuni settori dell’offerta educational e, quindi, di pubblico nella direzione di articolare, quando possibile, azioni sul territorio”. Il Sottosegretario di Stato per l’Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare, On. Roberto Menia, che ha inaugurato l’edizione 2009, ha dichiarato che “ECOMONDO non è un appuntamento come tanti, ma il vero appuntamento di riferimento del settore. Un incontro tradizionale, rafforzato ogni anno di più dalla qualità di ciò che le aziende mettono in campo. Una qualità internazionale, che dimostra come tutto ciò che riguarda l’ambiente non è solo ideologico, ma anche fortemente concreto, tanto da aver dato vita a quella green economy sulla quale oggi si concentrano tante aspettative per il rilancio dell’economia globale”.

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Molto partecipato l’evento di apertura con Christopher Flavin Presidente di Worldwatch Institute, il quale ha rimarcato, a poche settimane dal vertice sull’ambiente di Copenhagen, la necessità di provvedimenti più efficaci per contrastare l’effetto serra e le emissioni di anidride carbonica. Numerosi i personaggi di rilievo mondiale intervenuti ad ECOMONDO, fra gli altri Michael Braungart autore del libro “Dalla culla alla culla”, che ha rilanciato la sua convinzione seconda la quale l’agire umano non può tendere alla produzione del rifiuto, ma a cancellarlo progressivamente, producendo beni con materia che possa reinserirsi nel ciclo biologico. Attesissimo l’intervento d’apertura di Gunther Pauli fondatore di Zero Emission, ha puntato il dito sull’innovazione, unico possibile motore dell’economia del futuro. Secondo Pauli bisogna parlare di “blue economy”, una nuova rete dove produzione ed emissione sono strettamente collegate. L’annullamento delle emissioni, secondo Pauli, può ottenersi solo se l’anidride carbonica viene usata in modo alternativo e non viene dispersa nell’aria o sepolta sotto terra. In questa edizione 2009 si è svolto contemporaneamente Ambiente Festival, progetto voluto dal Comune di Rimini e sviluppatosi sul territorio cittadino con l’impegno dell’Assessorato alle Politiche Ambientali ed Energetiche e di Rimini Fiera. Una grande kermesse con l’obiettivo di contribuire a diffondere una nuova cultura del vivere etico e del rispetto dell’ambiente, ricercare nuove strade per uno sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile, scoprire nuovi modelli produttivi e di consumo, attraverso la condivisione delle conoscenze, delle energie, delle esperienze e delle buone pratiche di esperti, cittadini, associazioni, istituzioni e imprese locali e nazionali. “Fra le varie aree espositive - ha dichiarato Alessandra Astolfi, Project Manager di ECOMONDO - ottimo il successo dell’area dedicata alle bonifiche ambientali e di tutta la filiera dell’autodemolizione, compresi i convegni dedicati a questi processi. Ormai quello del riciclo è diventato un solido sistema

industriale e quindi la proposta di prodotto finito e proveniente da materia recuperata ha suscitato l’attenzione generale. Sottolineo anche l’efficacia della proposta del padiglione Città Sostenibile, nel quale si sono evidenziati i progetti e le buone pratiche messi in campo da grandi aree urbane. In generale, ottimi segnali dall’expo per ciò che concerne anche il mondo dei veicoli per l’ecologia, al quale poniamo attenzione e che vorremmo ulteriormente potenziare. Sono state presentate novità qui ad ECOMONDO e già per il 2010 con le aziende abbiamo impostato alcune idee per consolidare ulteriormente l’offerta”. Il lay out prevedeva una serie di sezioni che, a partire dal cuore espositivo riguardante il ciclo completo del rifiuto, si estendeva a Reclaim Expo per le bonifiche ambientali, Oro Blu per il risparmio dell’acqua nell’industria e trattamento acque primarie e acque reflue, ECOMONDO Aria dedicato al controllo delle emissioni in atmosfera, Inertech per il settore delle demolizioni e del riciclaggio nel comparto delle costruzioni, Rischi e Sicurezza per le aziende della prevenzione dei disastri ambientali. Infine, spazio significativo al mondo dei RAEE, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Nell’area Ri3, protagoniste le aziende che si occupano di rigenerazione, ricarica e riuso dei supporti di stampa, hardware e prodotti per informatica e telematica. Uno degli appuntamenti centrali di ECOMONDO è stato lo spazio dedicato ai progetti de Città Sostenibile, dove erano rappresentati esempi di tutela della qualità ambientale, le buone pratiche e i percorsi di una progettazione sostenibile realizzata nelle grandi aree urbane. Un progetto firmato da Rimini Fiera in partnership con eAmbiente, con il patrocinio di ANCI, Agenda 21, UPI, Ministero dell’Ambiente e UNI. In evidenza gli interventi compiuti a Stoccolma e Amburgo, città vincitrici della prima edizione del European Green Capital Award, che hanno messo in mostra i segreti del vivere verde. Risalto anche ai casi inerenti le nuove frontiere della ricerca sull’edilizia zero emissioni, con i progetti di Saragozza,

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Budapest e dalla Cina; esempi di interventi migliorativi sulla mobilità sono stati proposti dalle città di Bologna, Stoccolma, Dublino, Singapore e Pechino. Città sostenibile ha promosso anche l’attività di Ecobuilding, la rigenerazione urbana e la riqualificazione, oltre alla mobilità con l’Intelligent Transportation System. Sostenibilità nelle città è agire sull’illuminazione pubblica e sono stati proposti progetti basati sulla tecnologia led di Hera Luce. Durante ECOMONDO, Agenda 21, organismo di raccordo per le amministrazioni pubbliche territoriali, ha annunciato le politiche e le azioni che le stesse si impegnano ad adottare per mitigare i cambiamenti climatici, in particolare per ridurre di oltre il 20% le emissioni di gas serra. Azioni, chiedono città e territori, il cui costo esca dal patto di stabilità e che allo stesso tempo siano sostenuti da adeguati finanziamenti. Sono dodici i punti contenuti dalla Carta delle Città e dei Territori d’Italia per il clima, impegni precisi che il Governo italiano potrà portare a Copenhagen e che derivano dal consolidamento di buone pratiche già avviate. Una delle novità di ECOMONDO 2010 è stata già annunciata durante la manifestazione appena conclusa. Si tratta di Sinnova, una mostra-evento a sostegno dell’ambiente, che punterà a promuovere l’innovazione sostenibile in tutti i campi dell’economia. Sinnova valorizzerà i nuovi prodotti e i processi che mettono al centro la persona, senza minacciare la sopravvivenza dell’ambiente e le prospettive delle future generazioni. I rifiuti elettrici ed elettronici italiani sono stati protagonisti dell’annuale Forum RAEE, con i dati sul primo anno di attività del nuovo sistema. Nel 2008 sono stati raccolte 65.000 tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche domestiche: il 36% da apparecchiature refrigeranti, il 27% da Tv e monitor, il 20% dai grandi bianchi e il 15% da apparecchi illuminanti. La macchina della raccolta si sta sviluppando, ma non è ancora completa perché mancano importanti adempimenti normativi e una maggiore e migliore

copertura a livello territoriale. Di anno in anno, ad ECOMONDO si percepisce la crescita della filiera legata allo smaltimento degli autoveicoli. A un anno dall’Accordo di Protocollo Quadro sulla gestione dei veicoli fuori uso, tutti gli attori del sistema, dalla più grande industria automobilistica nazionale alla più piccola impresa familiare di demolizione, sono stati coinvolti in una filiera industriale lavorando con i responsabili dei ministeri competenti. Obiettivo: trasformare l’enorme quantitativo di rifiuti in una miniera’ di materie prime con un progetto completo e all’avanguardia nel campo dell’ambiente. I dati mostrano i vantaggi ottenuti dal riciclo di 1 milione di tonnellate di materiali sostitutivi di materie prime, che lanciano l’Italia all’avanguardia tra i paesi europei. Anche quest’anno Ecomondo è stato scelto per la presentazione de L’Italia del Recupero, l’annuale Rapporto sul riciclo dei rifiuti di FISE UNIRE giunto alla decima edizione. (ndr: “Crisi economica: a rischio i sistemi di raccolta e recupero rifiuti” a pag. 52 di questo stesso numero). Una delle sezioni in grande sviluppo ad ECOMONDO è Inertech, quella che riguarda i rifiuti inerti da costruzioni o demolizioni. Al Convegno che apriva l’argomento, è intervenuto il Senatore Mario Mantovani, Sottosegretario con delega alle politiche abitative, all’edilizia statale e agli interventi speciali del Ministero infrastrutture e trasporti, che ha presentato il ‘“Piano Casa” del Governo. Infine, la solita grande curiosità ha caratterizzato le visite al padiglione dedicato agli acquisti verdi. Eco Buy ha proposto un’ampia gamma di prodotti finiti. Al centro dello spazio, che prevedeva anche la Mostra Ecofatto, il Supermercato ecologico, l’occasione per portare sotto gli occhi di tutti l’esempio concreto di un supermercato in cui ogni cosa, dal pavimento all’approvvigionamento energetico, dagli scaffali

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ai cestini per la spesa, è stato concepito in una logica di eco-compatibilità. ECOMONDO è stato teatro anche di importanti premiazioni destinate ad esperienze d’impresa orientate alla sostenibilità: il Premio Sviluppo Sostenibile 2009 promosso dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile presieduta da Edo Ronchi con l’adesione della Presidenza della Repubblica, ha individuato tre aziende meritevoli per i loro prodotti o processi ad alto valore ambientale: la Indesit Company per i nuovi elettrodomestici a basso consumo e ad alta efficienza energetica; la Montello per i suoi impianti dedicati al riciclo di rifiuti; le Cantine Lungarotti per il recupero dei residui della potatura delle viti e utilizzati per la produzione di energia. Anche la Regione Emilia-Romagna ha assegnato premi ad imprese ed organizzazioni del territorio che hanno saputo attivare “in modo sistematico innovazioni nei propri processi e prodotti orientate alla sostenibilità ambientale, economica, sociale e istituzionale”. Lino Zanichelli, Assessore all’Ambiente della Regione EmiliaRomagna che ha presieduto alla cerimonia ha dichiarato che “ECOMONDO diventa tutti gli anni più grande e più importante, anche perché i temi dei rifiuti e dell’energia sono ormai nel cuore delle grandi questioni globali. Questo momento di grande crisi è l’occasione perché i governi assumano decisioni significative in tema di ambiente. Fra l’altro quest’anno la manifestazione si è tenuta in un momento cruciale, ossia poco prima della conferenza di Copenhagen dalla quale ci attendiamo segnali molto importanti”. Frequentati ed apprezzati i seminari scientifici: 240 le relazioni, delle quali il 30% di carattere internazionale con oltre 650 relatori. “Le crisi economico-finanziaria e climaticoambientale - ha commentato il professor Luciano Morselli, Coordinatore del comitato scientifico della Manifestazione hanno rilanciato un interesse culturale, sociale ed economico per le strategie green. La mission dell’edizione 2009, ecodesign

per il pianeta ha unito gli interessi delle attività produttive di servizio, di ricerca applicata, della education e formazione in un’azione globale per la quale ECOMONDO si è mostrato riferimento nazionale ed europeo”. È andato letteralmente a ruba il cavalluccio marino rosa, mascotte di ECOMONDO 2009 scelta dal Prof. Luciano Morselli per rappresentare una specie animale in via di estinzione a causa del degrado ambientale. Grazie a Tetra Pak, la mascotte è diventata un gadget in ecoallene, materiale derivato dal riciclo degli imballaggi poliaccopiati. Contemporaneamente a ECOMONDO, si è svolta la 3a edizione di Key Energy, Fiera internazionale per l’energia e la mobilità sostenibile, rivolta a tre principali settori merceologici: - ai protagonisti della produzione di energia da fonti rinnovabili (come solare termico e fotovoltaico, biomasse, biogas e biocombustibili, eolico, idroelettrico e geotermia) e dell’efficienza energetica (cogenerazione, per esempio, oltre a valorizzazione energetica dei rifiuti, bioedilizia e molto altro); - ai protagonisti del business della mobilità sostenibile (veicoli a basso impatto ambientale, mobility management) e dell’idrogeno; - terzo e ultimo focus, al mercato dell’energia (energy trading ed emission trading). “Sul fronte espositivo - commenta Barbara Padovan, Project Manager di Key Energy - abbiamo assistito ad una crescita di interesse per tutto il settore dell efficienza energetica e della mobilità sostenibile. Key Energy guarda con occhio attento a ciò che si muove nell’ambito più generale delle energie rinnovabili e in fiera abbiamo riscontrato con mano l’eccezionale performance delle imprese italiane nel fotovoltaico. Si muove con vigore anche il mondo legato all’eolico”. Per il 2010, l’appuntamento è dal 3 al 6 novembre.

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ECOMONDO 2009 - AREA MARCHE

ATTIVITÀ CONVEGNISTICA a cura di Silvia Barchiesi e Alberto Piastrellini

Anche quest’anno Free Service Srl, Agenzia di Servizi nonché Editrice di Regioni & Ambiente, ha organizzato, nell’ambito di ECOMONDO, un ampio spazio espositivo dedicato a 2 Regioni (Marche ed Abruzzo) e una macrorealtà fatta di Aziende ed Imprese del Riciclo legate ad Consorzio PolieCo Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene. L’Area, pensata come una sorta di moderna Agorà dove permettere la circolazione di idee, è stata dotata di una Sala Meeting privata dove, nei 4 giorni di Fiera si sono succeduti 10 Eventi fra Convegni, Talk Show, Tavole Rotonde, Workshop. Nelle pagine seguenti diamo conto di

evento si rimanda alla lettura dell’articolo apposito alle pagg. 36-37 di questo stesso numero), alla Free Service per il contributo organizzativo e promozionale che la nostra società offre da otto anni alle Aziende della Regione Marche, in generale, e a quelle della Provincia di Macerata, in particolare, per la valorizzazione delle loro attività nella manifestazione più importante del settore a livello nazionale e 2a nel contesto europeo.

GESTIONE INTEGRATA DEL MARE UNA SOLUZIONE ECOCOMPATIBILE AL DRAGAGGIO DEI PORTI di Silvia Barchiesi Il dragaggio dei porti è problema da risolvere e allo stesso un’opportunità da cogliere. La Regione Marche insegna e fa da modello. Con i lavori di dragaggio del porto di Senigallia e il conseguente deposito di 30 mila metri cubi di materiale nella cassa di colmata realizzata a San Benedetto del Tronto, le Marche lanciano un esempio virtuoso di un’azione politicoamministrativa pioneristica e innovativa per il dragaggio e per la gestione del sedimento marino.

Il Presidente del COSMARI Fabio Eusebi premia la Free Service srl nella persona di Fabio Bastianelli Responsabile Marketing

alcuni di questi, mentre per gli altri che non rientrano in questa sintesi, si rinvia agli inserti Ambiente Abruzzo News e Ambiente Marche News che saranno pubblicati sul prossimo numero. Con un pizzico di orgoglio, ci piace sottolineare il Riconoscimento che il Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti della Provincia di Macerata, COSMARI, ha voluto consegnare durante il Convengo di venerdì 30 ottobre (Ndr: per maggiori informazioni su questo

“Fino a 17 mesi la Regione Marche non conosceva la soluzione tecnica al problema del dragaggio dei porti, oggi invece, un porto marchigiano, quello di Senigallia, è stato completamente messo in sicurezza e stiamo già lavorando per risolvere l’emergenza di Fano. Abbiamo messo in campo una nuova pratica amministrativa di cui siamo stati pioneri”. Così l’Assessore Regionale ai Lavori Pubblici, Edilizia e Difesa della Costa, Gianluca Carrabs commenta l’intervento messo in campo dall’amministrazione regionale per risolvere il problema del dragaggio dei porti marchigiani. L’occasione è il Convegno promosso dall’Assessorato alla Difesa della Costa della Regione Marche, svoltosi lo scorso 28 ottobre all’interno della 13a edizione di ECOMONDO, dal titolo“Gestione integrata del mare. Una soluzione ecocompatibile al dragaggio dei porti”. Le Marche, pioniere di una nuova strategia in materia di dragaggio e forti di una vincente sinergia istituzionale, fanno scuola alle altre regioni: bisogna valorizzare il sedimento marino come risorsa, promuovendone il riutilizzo. È questo il nocciolo della “lezione marchigiana” e il cuore del “modello marchigiano” in tema di dragaggi.


Quale destino allora per i sedimenti? Spesso nell’immaginario collettivo il mare viene identificato come la ricollocazione più “naturale” dei sedimenti che insabbiano i nostri porti, ma l’incompatibilità ambientale del “buttare a mare” materiali altamente inquinanti come i fanghi induce necessariamente ad orientarsi verso altre soluzioni. La stessa necessità di ottimizzare le risorse e razionalizzare i costi spinge a rifuggire la “soluzione-discarica”, perché troppo impegnativa, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista economico e finanziario. La soluzione strategica lanciata dalla Regione Marche punta oltre alla discarica, spingendo al riutilizzo del sedimento per sfociare verso le cosiddette “casse di colmata”. “Due sono gli obiettivi strategici congiunti che il riutilizzo dei fanghi consente di ottenere - ha precisato L’Assessore regionale Carrabs - Il primo è quello di stoccare il sedimento dragato dal porto, il secondo è quello di realizzare una infrastruttura per scopi portuali. Una soluzione del genere permette di risolvere due problemi allo stesso tempo. In questo modo, infatti, troviamo una collocazione per il sedimento e ci dotiamo di un’infrastruttura portuale aggiuntiva”.

Al vantaggio strategico della soluzione sperimentata dalla Regione Marche, si abbina anche la forte sinergia istituzionale che ne ha consentito la realizzazione. “Il successo del dragaggio realizzato è il risultato di una forte collaborazione tra tutti i soggetti interessati: Comuni sede di porto, Regione Marche, Provveditorato alle Opere Pubbliche e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - ha tenuto a precisare Carrabs in apertura del Convegno - Con il dragaggio del porto di Senigallia abbiamo costruito non solo una grande architettura tecnica, ma anche una grande architettura amministrativa in grado di collegare e porre in relazione due diverse amministrazioni e le loro esigenze tecniche: il Comune di Senigallia, il cui porto doveva essere dragato e il Comune di San Benedetto il cui porto necessitava invece di una banchina portuale. In questo senso abbiamo trasformato un problema di un Comune in un’opportunità per un altro territorio a testimonianza del fatto che la gestione del mare e del sedimento non può e non deve avere confini amministrativi, né territoriali”. Il dragaggio di 30 mila metri cubi di sedimenti dal porto di Senigallia e il successivo conferimento in vasca di colmata a San Benedetto per la realiz-

zazione di una banchina, tuttavia, sono solo il primo passo verso una serie di interventi “virtuosi” programmati dalla Regione in tema di dragaggio. L’Accordo di Programma con il Ministero dell’Ambiente, l’Autorità Portuale e i Comuni marchigiani sedi di porti, prevede infatti anche la realizzazione di una cassa di colmata all’interno del porto di Ancona su cui far confluire oltre 200 mila metri quadri di sedimenti provenienti dagli escavi dei porti minori, un’operazione, il cui progetto esecutivo è in fase di approvazione e per il quale sono stati stanziati ben 18 milioni di euro. Presto dunque, grazie al conferimento del materiale nella cassa di colmata di Ancona, sarà dragato e messo in sicurezza anche il porto di Fano. Quella già sperimentata a Senigallia e destinata a replicarsi anche a Fano è dunque una soluzione dal duplice vantaggio, in quanto permette di garantire la navigazione in sicurezza delle aree portuali e nello stesso tempo di gestire i fanghi del dragaggio, coerentemente con la normativa ambientale, confinando i sedimenti in una cassa adeguatamente isolata. A consentire la realizzazione di questo progetto pilota è stata una forte sinergia istituzionale. “L’integrazione delle istituzioni, oltre che delle competenze, ha consentito di risolvere un problema divenuto strutturale nei nostri porti - ha rimarcato l’Assessore Carrabs - Grazie alla sinergia tra Comune, Provincia, Regione, Provveditorato alle Opere Pubbliche e Ministero delle Infrastrutture è stato raggiunto un grande risultato volto a far riacquisire piena funzionalità ai nostri porti. Ricordiamo che i porti marchigiani non vengono dragati da oltre 20 anni. La collaborazione tra istituzioni ha consentito di sperimentare una soluzione per metterli finalmente in sicurezza”. La messa in sicurezza di un porto e la realizzazione di una infrastruttura in un


altro porto non sono gli unici vantaggi del duplice intervento realizzato a Senigallia e a San Benedetto. Dei 70.000 metri cubi di sedimenti dragati a Senigallia per raggiungere la profondità di sicurezza del fondale, circa 30 mila risultavano inquinati e sono quindi stati impiegati per realizzare una cassa di colmata nel porto di San Benedetto, andando così a rinforzare il molo nord e a costituire il primo nucleo di un piazzale che verrà costruito in seguito per ampliare il porto, mentre circa 40 mila metri cubi di sedimenti, risultati invece idonei, sono stati utilizzati per il ripascimento del tratto di litorale a sud del porto, maggiormente colpito dall’erosione costiera. L’operazione di dragaggio portuale ha così consentito non solo l’ampilamento del porto di San Benedetto, grazie alla costituzione di un primo nucleo di quello che sarà un futuro piazzale, ma anche l’ampliamento di un tratto di litorale a sud del molo della città, finalmente ritornato alla sua originaria larghezza di 70 metri. Ad illustrare i molteplici benefici della soluzione “dragaggio-cassa di colmata” è stato lo stesso Ing. Maria Giovanna Piva del Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per l’Emilia Romagna-Marche: “Grazie alla sinergia istituzionale messa in campo, l’intervento realizzato ha consentito di raggiungere numerosi obiettivi: dalla messa in sicurezza del porto di Senigallia, al ripascimento del litorale di San Bendetto del Tronto, alla creazione di un’infrastruttura portuale nella stessa città, all’eliminazione del problema del sedimento grazie al suo riutilizzo. In quest’ottica l’operazione marchigiana si configura come un buon esempio di gestione integrata del sedimento e del mare”. A sottolineare il virtuosismo della Regione Marche quanto a gestione del sedimento è stato lo stesso Ing. Francesco Ciamprini del Dipartimento Prevenzione Mitigazione Impatti, ISPRA:

“Gli interventi messi in campo nella Regione Marche sono un esempio virtuoso di come trasformare un problema in un’opportunità, partendo dalla valorizzazione del sedimento marino come risorsa e promuovendone il riutilizzo. A partire dal gap normativo sono state delineate una serie di linee guida per una gestione integrata del sedimento volte a conseguire molteplici obiettivi: dalla riqualificazione di spazi portuali al contrasto all’erosione costiera. Di qui la necessità di considerare il sedimento come risorsa e non come rifiuto e la sua caratterizzazione un investimento e non una spesa”. Le Marche lanciano così un modello virtuoso e in tema di dragaggio si confermano un esempio da imitare anche per le altre regioni: Puglia e Abruzzo in primis, secondo l’Ing. Ciamprini. La stessa partecipazione al convegno promosso dalla Regione Marche da parte di Sanzio Sammarini dell’ex Genio Civile della Regione Emilia-Romagna non fa altro che testimoniare l’interesse di altre Regioni nei confronti del “modello marchigiano”. L’Emilia Romagna sebbene, abbia sviluppato numerose attività di riutilizzo dei sedimenti nel ripascimento dei litoriali, ad oggi non ha mai adottato la cassa di colmata come soluzione per riutilizzare i sedimenti non idonei al

rinascimento e guarda con interesse l’esempio marchigiano. “Nonostante gli spunti comuni tra l’eperienza marchigiana e quella emiliana - ha precisato Gilberto Paoloni, Direttore generale dell’ARPAM - l’integrazione nella gestione del sedimento messa in campo dalla Regione Marche spinge a parlare di un vero e proprio modello marchigiano per l’utilizzazione dei sedimenti”. “Il progetto regionale di utilizzo dei sedimenti tramite cassa di colmata, progetto a cui guarda con interesse anche l’Emilia Romagna è dunque una grande soluzione e allo stesso tempo un’opportunità per i nostri porti - ha proseguito Paoloni - I sondaggi effettuati mostrano come i nostri porti non presentino aree con forte contaminazione, tuttavia è evidente la necessità di dotarsi di sistemi mobili per la pulizia dei sedimenti, affinchè possano risultare idonei al riutilizzo in cassa di colmata o in ripascimenti”. Dalle Marche parte dunque la scommessa in tema di dragaggi. La “lezione” marchigiana non è solo tecnico-operativa, ma anche politicoistituzionale. “Oltre alla soluzione tecnica al problema del sedimento da dragaggio - ha precisato in chiusura l’Assessore Carrabs - abbiamo messo in moto un’azione


politico-amministrativa tutt’altro che scontata. Insomma, siamo stati i pioneri di una buona pratica amministrativa per il dragaggio che possa essere da esempio anche per altre regioni a cui potremmo trasferire il nostro knowhow. Ma il modello marchigiano non si limita alla soluzione tecnica. La sinergia istituzionale che ha permesso di realizzarla è allo stesso tempo un esempio da imitare”. La ricetta del modello marchigiano? “Bisogna fare squadra e dare risposte concrete ai problemi - ha conluso Carrabs- perché vedere che le cose vanno in porto è una grande soddisfazione”.

INNOVAZIONE X SOSTENIBILITÀ = SVILUPPO La “Formula per le imprese di successo” di Alberto Piastrellini Per il quarto anno consecutivo la Camera di Commercio di Ancona ha partecipato alla kermesse riminese di ECOMONDO con lo scopo di dare visibilità alle eccellenze locali che si sono distinte per una particolare attenzioni alle sollecitazione del mondo dell’ambiente durante l’esercizio di impresa. Quest’anno l’Ente camerale ha portato alla 13a edizione della Fiera internazio-

nale del recupero di materia, energia e dello sviluppo sostenibile, 12 Aziende che si sono contraddistinte per progetti imprenditoriali ad alto contenuto innovativo, sia dal punto di vista tecnologico, che, come già accennato, ambientale. Queste piccole realtà imprenditoriali mirano a cogliere, nel medio periodo, i vantaggi competitivi di attente strategie di investimento, quali: nuovi criteri di progettazione, ottimizzazione dei cicli produttivi, ricerca di nuove tecnologie e nuovi prodotti, orientando le proprie scelte verso principi delle tutela ambientale, della sicurezza e del benessere sociale. Onde promuovere un approfondimento ed un dibattito fra protagonisti e stakeholders dei processi produttivi, a partire dalla relazione tra i concetti di sostenibilità, innovazione e sviluppo, nella convinzione che gli approcci gestionali fondati sui principi della responsabilità sociale ed ambientale possano “guidare” l’impresa all’innovazione continua e alla crescita durevole - superando, altresì le fluttuazioni del mercato - la Camera di Commercio di Ancona ha inteso promuovere, nella giornata di giovedì 29 ottobre, alle ore 10, presso la Sala Convegni dell’Area Marche (Pad. D3 - Stand 007) una sorta di Tavola Rotonda, animata col piglio del

Talk Show, che, a partire da 12 casi concreti, ha sviluppato la tematica in oggetto. Anfitrione della giornata è stato il giornalista Luca Pagliari, mentre, protagonisti indiscussi sono stati i rappresentanti delle imprese: AnconAmbiente Spa; Andelini Spa, Brandoni solare; Cava Group; Controvento Comunicazione; Fondazione EQI; Gel Spa, Methodo Srl; Nuove Ora Srl; RAO Srl.; Tecnosuoli e Sea Ambiente. “Questo incontro nasce dalla volontà della Camera di Commercio di Ancona, di esprimere le eccellenze industriali locali che si sono distinte per l’attenzione dedicata alla sostenibilità dei loro processi - ha dichiarato in apertura Luca Pagliari - oggi, si apre una finestra sulla dimensione etica del fare impresa con creatività”. A dar ulteriore lustro all’incontro, la presenza prestigiosa del Prof. Antonio Tencati - Assistant Professor of Management and CSR - SPACE - Dipartimento di Management, Università Bocconi di Milano, il quale, nel salutare i presenti ha voluto ricordare come: “occorre individuare la sostenibilità come driver per l’innovazione e lo sviluppo e, da questo punto di vista i modelli imprenditoriali marchigiani sono un ottimo segnale”. “Sostenibilità ed innovazione - ha proseguito - sono opportunità per lo sviluppo delle realtà industriali e per il territorio stesso”. Durante la mattinata, è stato presentato un mediometraggio illustrativo dedicato alle 12 realtà protagoniste della Tavola Rotonda, inframezzato dagli interventi dei protagonisti in sala. Nel rimarcare come l’esigenza della comunicazione sia fondamentale per la circuitazione delle buone pratiche messe in campo dalle imprese, il Presidente della Camera di Commercio di Ancona, Giampaolo Giampaoli, ha sottolineato che: “la comunicazione è sempre stata una mia idea fissa. Un


prodotto deve essere veicolato se si vuole che sia adeguatamente riconosciuto e ovviamente questo vale anche per le imprese”. Nel riaffermare il ruolo istituzionale dell’Ente camerale, il Presidente ha poi ricordato che: “All’interno della nostra struttura sono state attivate in passato e continuano tuttora, numerose iniziative in questo senso, dal momento che essa lavora per le imprese e per lo sviluppo del territorio in cui operano”. All’intervento del Presidente, ha fatto subito eco quello del Segretario Generale della Camera di Commercio di Ancona, Michele De Vita, il quale, nel riprendere le fila del discorso a partire dall’esigenza della promozione e della sostenibilità ambientale nell’esercizio di impresa, ha voluto ricordare come: “la promozione della sostenibilità nelle imprese diventa occasione di crescita per gli stessi Enti Pubblici” - alludendo, in tal senso alla Scuola EMAS promossa dalla stessa Camera di Commercio - Dal 2003 le nostre imprese rendicontano l’operato agli stakeholders e con l’introduzione della Scuola EMAS e del Bilancio etico si è proceduto ad una diffusione della registrazione EMAS che denota certamente una crescita degli imprenditori locali”. In un secondo intervento, il Prof. Tencati ha indirizzato la sua attenzione sul concetto di “valore” e sulla sua nuova accezione alla luce delle istanze della minimizzazione degli impatti ambientali e della sostenibilità in generale. “Occorre cambiare il modo di percepire il valore - ha dichiarato il professore - non solo dal punto di vista economico per quanto concerne la singola impresa, bensì nella sua declinazione più olistica, diffusa, a vantaggio, cioè di tutta la comunità”. “Ne consegue - ha proseguito - la necessità di creare modelli innovativi di sviluppo che possano essere conseguiti non solo a livello locale di microeconomia, ma a livello internazionale e quindi macroeconomico”.

“L’integrazione fra soggetti pubblici, imprese e territorio è il nuovo valore a cui tendere - ha affermato in seguito- se non si opera in questa direzione, non solo si perdono opportunità produttive, ma si perde altresì la possibilità di creare sviluppo e benessere nel territorio”. A seguire si è data voce ai rappresentanti delle singole aziende coinvolte nell’iniziativa, cercando di focalizzare gli interventi sulle singole innovazioni introdotte negli specifici esercizi d’impresa. “Abbiamo visto oggi - ha infine concluso il prof. Tencati - un ritratto dell’Italia migliore; le imprese eccellenti che hanno capito come e cosa chiede il mercato ed hanno agito di conseguenza”. Un’ultima analisi, il professore, l’ha dedicata agli effetti sociali della produzione e del consumo, indicando nell’inquinamento e nel depauperamento delle ricchezze del territorio “uno spreco di risorse”. A conclusione della Tavola Rotonda, il Presidente della Camera di Commercio di Ancona, Giampaolo Giampaoli, si è dichiarato “onorato di presiedere questa struttura” è ha voluto sottolineare come: “la crescita delle imprese significa la crescita del territorio stesso”. Un’ultima battuta l’ha voluta riservare alla possibilità di ampliare i canali di comunicazione e conoscenza fra singole realtà imprenditoriali nella direzione

di una possibile realizzazione di un sogno personale: “una filiera di aziende che attraverso precise scelte etiche lavorano per il benessere del territorio”.

IL SISTEMA AGENZIALE, BILANCI E PROSPETTIVE di Alberto Piastrellini Presente ad ECOMONDO, presso l’Area Marche, sin dalla sua prima realizzazione (da sempre a cura della Free Service Srl), l’ARPAM (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente delle Marche), ha promosso, nella giornata di giovedì 29 ottobre presso la Sala Convegni dell’Area Marche (Pad. D3 - Stand 007), una Tavola Rotonda incentrata sullo stato dell’arte, i bilanci e le prospettive del cosiddetto Sistema Agenziale, di fatto previsto dalla Legge n. 61/94, ma ancora in corso di regolamentazione da quando si è interrotto l’iter parlamentare della proposta di Legge n. 1561 relativa all’istituzione del Sistema agenziale per il controllo ambientale. A partire dal dibattito interno, nato in seno alle Agenzie italiane e già concretizzato nell’attività dell’Associazione Volontaria AssoArpa, che ha la finalità di consolidare i rapporti fra le diverse Agenzie proponendo lo scambio


di informazioni, documenti, gruppi di lavoro, onde stimolare il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il neonato Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ad una più stretta collaborazione con le Agenzie regionali, l’evento di ECOMONDO, ha inteso focalizzare emergenze e risultati raggiunti, dando voce ad altrettanti protagonisti del dibattito nazionale. “Il Sistema Agenziale è una struttura associativa volontaria - ha dichiarato in apertura Nazareno Re, Responsabile della Comunicazione dell’ARPA Marche - eppure la rete tra Agenzie è una realtà tangibile già da tempo”. “La giornata di oggi - ha proseguito vuole essere un’occasione per riflettere sullo stato dell’arte delle varie esperienze di relazione fra Agenzie, realtà locali ed Ente nazionale, ex APAT, ora ISPRA”. Ad introdurre la teoria degli interventi è stato il Direttore Generale ARPAM, Gisberto Paoloni il quale, pur sottolineando le potenzialità del lavoro svolto dalle Agenzie, non ha potuto che rimarcare quanto questo “sia poco sufficiente per le problematiche ambientali che il nostro Paese sta vivendo”. “Dobbiamo, urgentemente - ha dichiarato stimolando il dibattito - diventare Sistema nei fatti e nelle norme”.

“Ci sono elementi di positività nel nostro sistema attuale - è subito intervenuto Luigi Petracca, DG Arpa Molise eppure un grosso dispiacere lo devo esprimere per l’arretramento di troppe attività”. “L’ambiente non tollera rivalità politiche, né disambiguità di protocolli - ha proseguito - come sistema Agenziale vorremmo omogeneizzare e standardizzare processi, attività e controlli. Ovviamente avremmo voluto realizzare tutto questo con il coordinamento dell’ISPRA e, in questo senso il cammino intrapreso era partito sotto i migliori auspici”. A questo punto il DG Arpa Molise ha ricordato il riconoscimento preparlamentare del Sistema Agenziale rappresentato dal Disegno di Legge n. 1561 caduto nel vuoto, cui è seguito: “il silenzio e il fermo assoluto”. “Quel disegno di Legge - ha dichiarato Petracca - istituiva un Sistema che di fatto sussiste, ma non è riconosciuto”. “Attualmente - ha proseguito - non ci sono progetti per omogeneizzare i tanti impegni volti al monitoraggio ambientale, si rischia di buttare via anni di impegno”. Rimarcando una certa insofferenza degli Enti promotori nei confronti delle Agenzie Regionali, Luigi Petracca ha concluso il suo intervento mettendo

in dubbio la sopravvivenza delle politiche ambientali e stimolando l’uditorio affinché: “si riprendano presto iniziative volte a stanare un Ministero che ci ignora”. Sottolineando positivamente il valore rappresentato dalla continuità della presenza attiva dell’ARPA Marche ad ECOMONDO, Sonia Cantoni, DG ARPA Toscana ha spostato il tiro sul fronte dei finanziamenti e dei costi, affermando che: “Le risorse pubbliche diminuiscono a fronte di una crescente richiesta di servizi; d’altro canto la spesa per l’amminstrazione pubblica non cresce, anzi”. “Come Agenzie - ha proseguito - ci occupiamo di un interesse debole ma molto importante e non siamo gli unici ad essere interessati alle problematiche ambientali; altri soggetti, di fatto entrano in competizione col nostro sistema”. Le strade indicate dalla Dott.ssa Cantoni per superare l’impasse in cui si trovano le Agenzie si possono così riassumere: - chiara definizione dei ruoli per tutti i soggetti coinvolti, onde conseguire la sicurezza dell’accesso alle risorse economiche; - agire in rete, per ottimizzare costi e risorse; - certezza delle risorse. “Per lavorare in sinergia - ha concluso il DG ARPA Toscana - occorre un volano e questo non può essere che l’ISPRA, pur con tutti i suoi problemi. Auguriamoci che torni preso a lavorare con regole chiare e direttive più precise di quanto accaduto finora”. Una voce estremamente preoccupata è stata quella di Corrado Carrubba, Commissario Straordinario di ARPA Lazio, il quale ha iniziato il suo intervento affermando: “Dopo due anni alla guida di Arpa Lazio, come cittadino sono molto preoccupato dello stato in cui versano i controlli ambientali in Italia. C’è un interesse debole nei confronti dell’ambiente e della funzione pubblica


in generale; la debolezza delle nostre Agenzie è un pezzo della debolezza complessiva del settore pubblico”. “La politica, a vari livelli, deve assumersi le sue responsabilità - ha proseguito Carruba spiegando come, attualmente, si sta vivendo un percorso di riordino generale del settore ambientale che però, risulta solo burocratico - Manca la comprensione di un indirizzo politico; credo che le politiche ambientali non possano non avere alle spalle elementi tecnici di comprensione, controllo, analisi e quando questi vengono a mancare sono guai”. “In un sistema ambientale debole - ha infine concluso, proiettando il suo pensiero verso il comparto produttivo - anche il mondo dell’impresa vive male ogni giorno e paga di tasca propria ritardi ed incomprensioni”. Dello stesso avviso, il DG di APPA Trento, Fabio Berlanda: “quello che mi fa girar le scatole è che noi abbiamo tante responsabilità ma le leggi non ci supportano”. Pur tuttavia, ha ricordato come l’esperienza dell’Agenzia che dirige è diretta conseguenza dell’ente di riferimento provinciale e, nel caso specifico, la cosa “si traduce in una serie di certezze e di funzioni ben codificate”. Ancora sul bisogno e la certezza di regole chiare e condivise si è espresso Stefano Tibaldi, DG ARPA EmiliaRomagna, il quale nel citare il Libro Bianco dell’Ue sulle strategie da opporre al cambiamento climatico ha ironizzato sul fatto che in Italia si preferisce parlare di “adattamento” allo stesso. Si è associato al quadro poco lusinghiero anche il DG di ARPA Piemonte, Silvano Ravera il quale, nel ricordare come l’operato delle Agenzie dovrebbe essere oggetto di riferimento per le decisioni degli amministratori pubblici, ha ammesso la difficoltà finanziaria che grava sugli uffici di sua competenza (“gestiamo un bilancio non coperto”) e ha proposto di “aggirare la norma

sfruttando gli elementi positivi della norma stessa”. Nella seconda parte della Tavola Rotonda si è cercato di passare dalla “fotografia” di una situazione non proprio felice, alle prospettive future, nel solco della domanda posta dal Dott. Re: “Può il Consiglio Federale essere una risposta al bisogno di omogeneità così richiesto a gran voce?”. A rispondere per primo alla provocazione è stato il DG ARPA Molise, Luigi Petracca, il quale ha affermato che: “credo debba riprendere al più presto una iniziativa forte di AssoArpa affinchè si riprendano in mano le elaborazioni fatte mesi fa sulla proposta di Legge n. 1561… Se continuiamo a rimanere in silenzio saremo complici di un rigurgito centralista”. “Abbiamo l’obbligo morale di mettere in rete le nostre competenze - gli ha fatto eco Fabio Berlanda - e dobbiamo essere i primi a credere nella bontà dei dati da noi raccolti ed elaborati”. “Sulle problematiche ambientali il Paese è diviso - ha dichiarato Stefano Tibaldi - soprattutto per quanto riguarda i costi economici annessi; le nostre prospettive devono quindi, necessariamente, andare nella direzione del potenziamento di iniziative autonome che coinvolgano, almeno quanti esprimono la volontà di procedere insieme”.

A conclusione dell’acceso incontro, il direttore Generale di ARPA Marche, Gisberto Paoloni ha salutato i presenti segnalando che “non vogliamo certo perdurare nel sonno, ma è nostra intenzione continuare a lottare per garantire gli obiettivi tecnici e scientifici del nostro operato quotidiano. Lo dobbiamo alla gente e lo dobbiamo ai nostri dipendenti che ogni giorno lavorano con grande professionalità”. “Staniamo pure il Ministro - ha affermato, ricordando le parole del collega di ARPA Molise - ma anche le Regioni… Si riparta col gruppo di lavoro AssoArpa e si vada ad un confronto pubblico con tutti gli stakeholders: MATTM, ISPRA, Sindacati, Associazioni Ambientaliste ed Enti territoriali”.

QUALE FUTURO NELLE MARCHE PER LE AZIENDE DI PUBBLICI SERVIZI DOPO LA NUOVA LEGGE REGIONALE SUI RIFIUTI? di Alberto Piastrellini Quello della gestione dei rifiuti, soprattutto di origine urbana, è certamente uno dei problemi più urgenti nella lista degli amministratori locali. Recentemente la Regione Marche ha varato una nuova Legge Regionale (L.


R. n. 24 del 12 ottobre 2009) in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati. Tale provvedimento, che, secondo le parole dell’Assessore Regionale all’Ambiente, Marco Amagliani: “intende sviluppare la prevenzione, la raccolta differenziata e il riciclo al fine di ridurre lo smaltimento”, introduce ulteriori meccanismi e strumenti per meglio conseguire questi obiettivi. Fra le novità introdotte al fine di ade-

guarsi alle disposizioni nazionali (D. Lgs n. 152/2006) e comunitarie emanate nel frattempo, rispetto alla precedente normativa troviamo l’istituzione di 5 Autorità d’Ambito Territoriali (ATO) per i rifiuti, con base provinciale. Il tutto nell’ottica di operare in un’economia di scala più vantaggiosa e funzionale. Per l’esercizio unitario delle funzioni amministrative in materia di organizzazione dei servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani ed in attuazione del-

la normativa nazionale, la suddetta L. R. 24/2009 prevede che la Provincia e i Comuni ricompresi in ciascun ATO debbano formare un consorzio ai sensi dell’art. 31, TUEL, che costituisce l’Autorità d’Ambito (AdA) di cui all’art. 201 del D. Lgs. n. 152/2006 e all’art. 2, comma 38, lettera a), della “Legge Finanziaria 2008”. Ulteriormente, viene prevista la regolamentazione, con garanzie per i titolari, del trasferimento degli impianti al gestore, in ossequio a quanto stabilito in modo più generico dalla norma nazionale. Per quanto riguarda il caso della realizzazione di impianti in territori che confinano tra due province, la norma regionale ha optato per la soluzione secondo la quale la Regione assume la competenza in materia di VIA e di Autorizzazione dell’impianto, mentre le decisioni dovranno essere assunte di concerto con le Province interessate. Il provvedimento, elenca poi casi e valutazioni per le diverse azioni atte a favorire: - la prevenzione dei rifiuti (art. 13); - la raccolta differenziata e le forme di recupero (art. 14); - la bonifica e il ripristino ambientale dei siti contaminati (art. 15); - le iniziative di educazione e formazione (art. 16). Inoltre, il Consiglio Regionale ha contestualmente approvato (deliberazione n. 132 del 6 ottobre 2009) una variazione al Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti relativa ai paragrafi: 3.3.3, punto 5) e 3.4, punto 1) - che subordina la scelta di predisporre inceneritori al raggiungimento dei livelli di RD fissati dalle disposizioni nazionali, nella fattispecie, 45% al 2008 e 65% al 2012. Tale modifica si è resa necessaria dal momento che in molti Comuni delle Marche la RD è giunta ad obiettivi elevati pari al 60-70%. È quindi apparso necessario evitare la realizzazione di nuovi impianti la cui alimentazione, nell’ottica di un aumento ulteriore della


RD, sarebbe legata ad importazione di rifiuti da territori fuori regione. In quest’ambito di riscrittura delle regole del gioco, AnconAmbiente, maggiore gestore dei servizi di igiene urbana della Provincia di Ancona e del Capoluogo di Regione, ha inteso promuovere una Tavola Rotonda che ha avuto luogo giovedì 29 ottobre presso la Sala Convegni dell’Area Marche (Pad. D3 - Stand 007). Nel salutare i convenuti, Lino Secchi, Presidente AnconAmbiente ha voluto sottolineare le prospettive della nuova L. R. e le disposizioni urgenti per l’attuazione degli obblighi comunitari in materia, tuttora in corso di approvazione. “Sappiamo bene - ha dichiarato - quale sia lo stato dell’arte delle aziende marchigiane per quanto riguarda il comparto dei rifiuti; i problemi riguardano principalmente: adeguamenti impiantistici, introduzione della tariffazione in luogo della tassa, e la contrattazione”. “In questa prima parte della discussione - ha precisato il Presidente Secchi - partiremo dall’analisi delle disposizioni nazionali, che rappresentando un vero e proprio cantiere aperto, non hanno certo aiutato le aziende a lavorare meglio”. A relazionare circa la normativa nazionale di riferimento è stato il DG di AnconAmbiente, Giuseppe Tommaso Sanfilippo, il quale, facendo eco al Presidente ha affermato che: “l’incertezza normativa perdura da molti anni ingenerando perplessità fra gli operatori circa orientamenti e scadenze, con gravi ripercussioni sulla vita aziendale”. Andando nello specifico si è poi soffermato sulle regole che normano il conferimento della gestione dei servizi così come indicato dall’UE: affidamento per gara a doppio oggetto e affidamento diretto (in house), con un regime transitorio di un anno per le aziende quotate in borsa. Nell’analizzare, infine, le casistiche riguardanti le Società interessate dall’affidamento diretto e da quello tramite gare, il DG di AnconAmbiente, ha quindi passato il

testimone all’Architetto Isarema Cioni, Dirigente Responsabile Settore Rifiuti della Regione Marche che ha illustrato, in dettaglio, i contenuti della L. R. 24/09. “Anche sull’affidamento dei servizi di gestione c’è un cantiere aperto - ha affermato il Dirigente regionale - la L. R. su questa materia, rimanda alla norma nazionale”. “In effetti - ha quindi spiegato - la L. R. non è entrata nel merito della questione proprio perché una eventuale scelta in contraddizione con la norma nazionale avrebbe causato problemi alla L. R. stessa. Tuttavia, sul tema dell’affidamento diretto dei servizi, nulla vieta alla Regione Marche di legiferare di nuovo, allorquando, a livello nazionale, si addiverrà ad una più precisa formulazione delle regole”. Entrando nel merito delle questioni legate al dettato normativo regionale, la dott.ssa Cioni, ha ricordato che: “la nuova L. R. va considerata come strumento che tende ad allineare il sistema regionale verso gli obiettivi europei… essa si adegua al D. Lgs n. 152/2006, ma, dal momento che quest’ultimo riprende alcuni aspetti del precedente Decreto “Ronchi”, ecco che la nuova L. R. non può che ricalcare alcuni aspetti della precedente”. Successivamente, il Dirigente regionale ha illustrato i punti nodali della norma, soffermandosi nel merito dei 5 ATO,

della Composizione dei Consorzi tra Province e Comuni ricompresi in ciascun ATO, infine della gestione degli impianti, considerando costi e benefici. “Tuttavia - ha ricordato la Dott.ssa Cioni - la L. R. è solo uno dei tanti strumenti che orienteranno la gestione dei rifiuti nei prossimi anni”. In questo senso, ha puntualizzato i meccanismi di premialità per i Comuni virtuosi (sconto sull’ecotassa) e quelli di penalità per gli Enti che non raggiungono obiettivi prefissati (addizionale del 20% sull’ecotassa, da destinare al settore rifiuti). “Ora - ha concluso la dott.ssa Cioni i problemi nascono dall’applicazione della nuova norma, perché Province e Comuni dovranno al più presto formare i consorzi previsti”. Avviandosi alla conclusione della Tavola Rotonda, il Presidente AnconAmbiente, Lino Secchi ha voluto precisare come: “definita la legge nazionale in materia di affidamento dei servizi, si dovrà attendere quella regionale… Il nostro futuro sarebbe stato meglio garantito con quell’aggregazione più volte tentata e mai realizzata con altre aziende di altri Comuni. In attesa di più chiari indirizzi a livello nazionale, è giocoforza cogliere le opportunità previste nel dettato regionale”.



SERVIZI AMBIENTALI

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Presentato a Bangkok l’estratto Clima-Energia del WEO 2009 della IEA

PER UNO SCENARIO A 450PPM: NON PIÙ RINVIABILE LA RIVOLUZIONE ENERGETICA VERDE

Ogni anno di ritardo 500 miliardi di dollari in più

Contrariamente a quanto avveniva negli anni passati, il Direttore dell’International Energy Agency (IEA) Nobuo Tanaka, a seguito di sollecitazioni da parte dell’UNFCCC, di alcuni Governi nazionali, nonché di esperti di cambiamenti climatici, ha acconsentito di pubblicare in anticipo la parte relativa al rapporto Clima-Energia del World Energy Outlook 2009. L’estratto, dal titolo “How the Energy Sector Can Deliver on a Climate Agreement in Copenhagen” è stato presentato il 6 ottobre 2009 nel corso dei Climate Change Talks che si stavano svolgendo a Bangkok. L’excerpt, che contiene anche una premessa del Direttore esecutivo dell’UNFCCC Yvo de Boer (a pagina 5), presenta le più recenti tendenze delle emissioni di gas, aggiornate alla luce della crisi finanziaria, come pure un percorso del settore energetico per conseguire una transizione verso un mondo a basse emissioni di carbonio, con un focus particolare sugli investimenti che saranno necessari di qui al 2020, che costituiscono un aspetto determinante per raggiungere un accordo in dicembre a Copenhagen.

di mettere il sistema energetico mondiale su una traiettoria di stabilizzazione delle emissioni di gas a effetto serra a 450 parti per milione (ppm) di CO2-equivalenti, in linea con l’aumento della temperatura globale di circa 2 °C Bisogna osservare, in merito, che questo limite di 450ppm è quello che, secondo l’IPCC, permetterebbe di mantenere entro i 2 °C il riscaldamento globale entro la fine del secolo, ma altri studi indicano che tale soglia dovrebbe essere abbassata a 350ppm. Presentando l’estratto, Nobuo Tanaka ha detto, comunque, che “Questo ci offre la possibilità di fare progressi reali verso un futuro energetico pulito, ma solo se adeguate politiche verranno messe in atto rapidamente. Il successo del processo UNFCCC è fondamentale a questo riguardo”. “Il messaggio è semplice e chiaro - ha proseguito Tanaka - Se il mondo continua a basarsi sulle attuali energie ei politiche climatiche, le conseguenze del cambiamento climatico saranno gravi. L’energia è il cuore del problema, quindi, deve costituire il nucleo della soluzione”.

Si evidenzia che la crisi finanziaria e quella economica hanno avuto un impatto considerevole sul settore energetico a livello mondiale. Gli investimenti nelle tecnologie per ridurre gli inquinamenti sono stati rinviati e la CO2 potrebbe diminuire nel 2009 di ben il 3% rispetto al 2008 , la maggior diminuzione nel corso degli ultimi 40 anni in cui si sono registrati solo 4 anni con riduzioni, rileva l’Agenzia Internazionale dell’Energia nel suo nuovo studio. Ciò comporterebbe, qualora confermato, ad un taglio delle emissioni al 2020 del 5% - anche in assenza di altre politiche - rispetto a quanto l’Agenzia stimava appena dodici mesi fa. Il rallentamento dell’economia ha così creato la possibilità

Lo Scenario a 450ppm previsto dall’Agenzia vede il picco di utilizzazione dei combustibili fossili prima del 2020, con le emissioni di CO2 legate alla produzione energetica che si incrementeranno, in relazione a quelle del 2007, soltanto del 6%. Rispetto a uno scenario di riferimento delle politiche attuali, le emissioni nel 2020 dovrebbero essere ridotte di 3,8 miliardi di tonnellate (Gt) in tutto il mondo per conseguire lo Scenario 450. Questa riduzione dovrebbe realizzarsi per 1,6 miliardi da parte dei Paesi OCSE, mentre le politiche e le misure messe in atto dalla Cina - già oggetto di esame da parte del Governo cinese - comporterebbero un taglio di emissioni di 1 Gt,

Emissioni dovute alla produzione di energia nei Paesi dell’OCSE in riferimento allo scenario 450ppm (fonte: IEA-WEO 2009 excerpt)

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sottolineando il ruolo di leader che la Cina svolgerà nella lotta globale contro il cambiamento climatico. Per raggiungere questa “rivoluzione energetica” - sottolinea l’Agenzia che viene considerata il più autorevole, ma anche il più conservatore isituto di studi in campo energetico - gli investimenti necessari tra il 2010 e il 2030 nel settore dell’energia dovranno essere incrementati di 10.000 miliardi di dollari - pari allo 0,5% del PIL mondiale nel 2020, per salire, poi, all’ 1,1% del PIL nel 2030. Pure il risparmio di carburanti nell’intero settore industriale, nei trasporti e negli edifici, dovrà essere, da oggi al 2030, di 8.600 miliardi di dollari, all’incirca la stessa cifra necessaria da qui al 2030 per investimenti in tali settori. In particolare, per quanto attiene al settore dei trasporti, la quota dei veicoli a combustili fossili, che attualmente è pari al 95%, dovrà abbassarsi al 40%. Nel report viene anche stimato il mancato guadagno dei Paesi produttori di petrolio che, nello scenario a 450ppm valutato dall’Agenzia (viene stimato del 16%), rispetto alla situazione attuale. “La sfida più grande sarà quella di garantire un finanziamento a sostegno di tale trasformazione dell’energia, con un importante sostegno per i paesi in via di sviluppo- ha sottolineato Tanaka - Nel 2020, il settore energetico nei Paesi non OCSE avrebbe necessità di 200 miliardi di dollari di investimenti supplementari in energia pulita, misure di efficienza energetica nel settore industriale e negli edifici e nella futura produzione di veicoli ibridi ed elettrici. Pertanto, i Paesi in via di sviluppo avranno bisogno di un sostegno finanziario da parte dei Paesi OCSE. Mentre gli investimenti all’interno dell’OCSE dovranno aumentare di ulteriori 215 miliardi di dollari nel 2020. Ma i benefici, in termini di

risparmio energetico, di riduzione delle importazioni di carburante e di miglioramento della qualità dell’aria, compenseranno in gran parte questo costo aggiuntivo, per non parlare del fatto che ciò aiuterà ad evitare i cambiamenti climatici estremi”. Concludendo, il Direttore IEA Tanaka ha osservato che “Lo scenario 450ppm è l’unico modo per dare impulso alla crescita dell’energia verde. Tuttavia, bisogna agire con urgenza e ora. Ogni anno di ritardo comporta 500 miliardi di dollari in più per gli investimenti necessari tra il 2010 e il 2030 nel settore dell’energia”. Si definiscono pure le azioni che i principali Paesi e le più importanti regioni (tra cui Stati Uniti, Giappone, Unione europea, Russia, Cina e India), possono intraprendere per la rivoluzione energetica e, settore per settore, se il mondo dovesse adottare la traiettoria a 450ppm. Esso descrive, inoltre, le attuali tendenze dei consumi energetici e delle emissioni in un Scenario di riferimento completamente aggiornato, specificando le implicazioni delle politiche attuali e tenendo conto della crisi finanziaria ed economica mondiale. Il Rapporto WEO 2009, completo, sarà lanciato a Londra il 10 novembre 2009 e conterrà un’analisi del clima, sensibilmente superiore a quella presentata nell’estratto. Esso analizzerà l’impatto della crisi finanziaria sul settore energetico, fornendo un insieme completo di dati, per settore e per regione, con lo scenario di riferimento 450ppm, e analizzando i flussi finanziari internazionali e i meccanismi che potrebbero sostenere un Accordo post-2012. Il Rapporto conterrà anche importanti studi sulle prospettive globali per i mercati nazionali del gas e sulle tendenze energetiche nei Paesi del Sudest asiatico.

Investimenti aggiuntivi necessari nei Paesi dell’OCSE in riferimento allo scenario 450ppm (fonte: IEA-WEO 2009 excerpt)

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Celebrata la “Giornata Internazionale di Azione per il Clima”

A 350ppm SAREBBE MEGLIO! Risorse dalla riduzione delle spese militari per far fronte all’insicurezza determinata dal Global Warming

Il 24 ottobre in 181 Paesi si è celebrata la “Giornata Internazionale di Azione per il Clima” (“International Day of Climate Action”), indetta dall’Associazione 350.org, nel corso della quale si sono svolti più di 5.000 eventi in tutto il mondo, organizzati da persone che si sono riunite per chiedere un’azione forte e una leadership coraggiosa riguardo alla crisi climatica. Ogni manifestazione conteneva come elemento simbolico il numero 350 che è pure la denominazione dell’Associazione che riunisce persone di tutto il mondo, giovani e vecchi, scienziati e

marini si stanno sciogliendo, la siccità si sta diffondendo, le inondazioni stanno aumentando e le malattie, come la febbre emorragica e la malaria, si stanno verificando in luoghi dove in precedenza erano sconosciute - ha sottolineato Bill McKibben, co-fondatore di 350.org ed autore del primo importante libro sui cambiamenti climatici (The End of Nature - 1990) - “È per questo che abbiamo bisogno di un vasto movimento mondiale in grado di darci uno slancio per rendere reale il cambiamento politico. Per troppo tempo i nostri politici hanno ascoltato le

Pace; Hermann Scheer, Parlamentare tedesco e Presidente del WCRE; Mathis Wackernagel, co-creatore dell’impronta ecologica. Le immagini degli avvenimenti organizzati per la giornata sono state proiettate sul maxi schermo a Times Square in New York. In precedenza, nel 2007 era stata promossa un’altra campagna denominata “Step It Up”, che contribuì a convincere l’allora Senatore Barack Obama all’appello per il taglio delle emissioni di carbonio dell’80% entro il 2050.

India, donne Tamil nei loro multicolori abiti che formano sedute il 350 a Erode (foto: flickr)

scrittori, parlamentari ed attivisti, che hanno in comune: la convinzione che si debba raggiungere l’obiettivo di portare entro la fine del secolo la quantità di anidride carbonica in atmosfera a 350 parti per milione. Proprio come ha indicato il climatologo della NASA James Hansen che ha prospettato tale limite per vivere in un pianeta simile a quello che ha dato origine alla vita e nel quale la vita sulla terra si è sviluppata. Purtroppo, i dati scientifici di cui siamo in possesso ci dicono che ad oggi (24 ottobre) abbiamo raggiunto 387 ppm, ragion per cui i “ghiacciai e i ghiacci

aziende e i grandi inquinatori. È giunto il tempo che ascoltino i cittadini e gli scienziati”. Hanno aderito all’iniziativa molte personalità: Rajendra Pachauri, Presidente IPCC e premio Nobel per la Pace; Sir Nicholas Stern, economista e Consigliere di Governi, nonché autore dell’omonimo Rapporto; Al Gore, premio Nobel per la Pace; il già citato James Hansen; Vandana Shiva, attivista e ambientalista indiana, famosa per le sue battaglie contro l’introduzione degli OGM; l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, premio Nobel per la

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Il giorno del 24 ottobre è stato deliberatamente individuato per essere abbastanza prossimo alla Conferenza di Copenhagen che dovrà definire un nuovo accordo post-2012, quando scadrà il Protocollo di Kyoto, ma ancora in tempo per dare ai politici l’opportunità concreta di rispondere a tali sollecitazioni. Non si deve credere che lo scenario 350 ppm, seppur auspicabile, sia inaccessibile per i costi elevati necessari per poter riorganizzare l’economia basandola sulle nuova fonti di energia, come ha cercato di dimostrare il gruppo di


economisti aderenti a Economics for Equity and Environment (www.e3network.org) che hanno presentato il 6 ottobre il Rapporto “The Economics of 350: the Benefits and Costs of Climate Stabilization” (L’economia del 350: benefici e costi della stabilizzazione climatica). Lo Studio di 8 economisti delle Università statunitensi, capeggiati da Frank Ackerman dello Stockholm Environment Institute, poggia su una formula piuttosto semplice: spendi ora per non pagare molto di più in seguito. “Gli avvertimenti dei cambiamenti climatici stanno aumentando in modo inquietante, ma non è straordinariamente costoso salvare il pianeta - scrivono gli autori - Possiamo ancora permetterci un futuro sostenibile”. Se in un’altra parte di questo numero abbiamo analizzato gli aspetti più rilevanti contenuti nell’Excerpt del WEO dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, dedicato ai cambiamenti climatici,

Studio mette in evidenza che l’obiettivo 350 come strategia globale per un’azione rapida ed ambiziosa rimane all’interno di una forbice di costi che le persone più ragionevoli sono disposte a pagare, oggi, per evitare danni maggiori derivanti dai cambiamenti climatici, in futuro. Con investimenti pari a 1-3 punti del PIL mondiale si potrebbe ricostruire un’economia carbon free, intercettare miliardi di tonnellate di carbonio attraverso un’intensa opera di riforestazione, creare nuovi posti di lavoro e stabilizzare il clima. Tali investimenti farebbero comunque risparmiare, in relazione al probabile aumento del prezzo del petrolio. Le stime dei costi effettuate sono rimaste relativamente stabili, sono quelle dei costi dell’inazione che stanno divenendo insopportabili, come ha sottolineato con una frase lapidaria il capogruppo dello studio Ackerman: “Nonostante le notizie che ci giungono suonino sem-

Se il picco del petrolio dovesse riportare nel prossimo decennio il prezzo di un barile di oro nero a 150 dollari, si evidenzierebbe che il costo della decarbonizzazione potrebbe risultare vantaggioso in termini economici. Supponendo, che il costo per la protezione del clima dovesse risultare pari al 2,5% del PIL mondiale, con una crescita dell’economia statunitense al 2,5%, il costo per la protezione del clima comporterebbe il salto di un anno di crescita di un anno, per poi essere recuperata. In altre parole, dicono gli autori del Report, gli americani al 2050 dovrebbero attendere un altro anno fino al 2051 per ritornare a come sarebbero stati se non avessero investito nella transizione verso l’energia pulita. Considerando, altresì, che le spese militari sono superiori al 4% del PIL sia negli USA che in Cina, entrambi i Paesi, a seguito di preoccupazioni circa potenziali futuri pericoli, stanno già stornando dai bilanci annuali somme

Messico, Papantla (Veracruz): bambini e anziani Totanacas, un’antica tribù indigena della regione settentrionale dello Stato di Veracruz, si sono riuniti per creare uno splendido 350 a Ell Tajin, uno dei più importanti siti archeologici di tutta l’America Latina (foto: Victor Alvarado)

dove si evidenziano i costi che dovrebbero apportare in Paesi OCSE per uno scenario a 450 ppm(cfr: “Per uno scenario a 450ppm: Non più rinviabile la Rivoluzione Energetica Verde”, pag. 38), questo di cui stiamo trattando è l’unico Rapporto disponibile in cui vengono presi in esame i benefici e i costi economici per un livello di anidride carbonica pari a 350 ppm. Dopo aver rappresentato un excursus sugli studi scientifici più recenti e sullo stato dell’arte delle proposte formulate nel corso dei Climate Change Talks, lo

pre peggio, ciò di cui stiamo parlando non è che abbia cambiato i costi del fare qualcosa, sono i costi del non fare alcunché che stanno realmente aumentando”. Mentre raggiungere la stabilizzazione a 350 ppm entro il 2100 comporterebbe sforzi economici enormi immediati, gli autori dello studio propongono un percorso meno impegnativo che mira a raggiungere l’obiettivo entro il 2200, con una importante tappa al 2020, riducendo le emissioni del 54% rispetto al 1990.

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maggiori di quelle che occorrerebbero per arrestare il cambiamento climatico. Proprio in questi giorni a Washington (30 ottobre) ufficiali militari in servizio e in pensione di tutto il mondo si sono riuniti per partecipare alla Conferenza “Cambiamenti Climatici e Sicurezza”, nel corso della quale hanno rivolto un appello di Governi “a lavorare per raggiungere a Copenhagen un accordo ambizioso ed equo”, perché i cambiamenti climatici costituiscono ormai una minaccia alla sicurezza internazionale.


Il 21 luglio u.s., presso la Commissione per le Relazioni Internazionali del Senato statunitense si è svolta un’audizione dal titolo “Cambiamenti climatici e sicurezza globale” a cui sono stati chiamati a testimoniare, tra gli altri, due vice-Ammiragli in pensione che hanno sottolineato i pericoli dei cambiamenti climatici per la sicurezza nazionale: “I cambiamenti climatici costituiscono un pericolo chiaro ed attuale per gli Stati Uniti d’America”, ha dichiarato Dennis McGinn, mentre il suo collega Lee F. Gunn ha enfatizzato ancor di più il problema, indicando che “se le minacce dei cambiamenti climatici non possono essere certe al 100%, dal punto di vista militare, allorché saranno chiare al 100%, si saranno già verificate orrende azioni sui campi di battaglia. Non possiamo aspettare ad agire” (da Red Green and Blue, 22 luglio 2009) Qualche mese prima, il Gen. Walt Natynczyk, Capo Dipartimento Difesa del Canada, a proposito dello scioglimento dei ghiacci artici, che aveva potuto

appurare visitando l’isola di Ellesmere, aveva dichiarato che le sfide poste ai militari dall’assenza di ghiaccio nell’estremo nord erano superiori a quelle degli aridi ed assolati deserti dell’Afghanistan (CanWest News Service, 25 novembre 2008), dove il contingente canadese delle forze NATO è di 2.500 soldati. Le imprese hanno sostenuto che le moderate riduzioni alle emissioni previste dalla legislazione sul clima ed energia (ndr: la cosiddetta “Climate Bill” che dopo l’approvazione alla Cemra dei Rappresentanti si appresta al vaglio del Senato degli USA), paralizzerebbero, comunque, l’economia. Viceversa, le ricerche e gli studi effettuati a livello accademico, le conclusioni a cui sono giunti l’Ufficio per il Bilancio del Congresso (Congressional Budget Office) e l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (Environmental Protection Agency) indicano che le proposte legislative in corso avrebbero un moderato impatto sull’economia statunitense.

Il Rapporto, esaminando vari studi di carattere economico sui costi per conseguire l’obiettivo molto ambizioso di 350 ppm, rileva solo stime di moderati costi netti globali. Sarà il ritmo del passaggio verso l’energia pulita a stabilire se potrà essere centrato l’obiettivo della concentrazione di anidride carbonica (qualunque esso sia) o se sarà mancato. Di certo, l’inazione al rallentamento o all’arresto del riscaldamento globale comporterà costi elevati per le future generazioni. Il mondo ha cominciato a fare i primi importanti passi per affrontare la crisi climatica, affermano gli autori, con una sempre più diffusa consapevolezza. Per evitare un riscaldamento pericoloso, dobbiamo fare meglio di 450 ppm. Fortunatamente, i dati di cui disponiamo ci dicono che possiamo permetterci di far meglio. “Quel che non possiamo permetterci è una politica sul clima troppo piccola e troppo tardiva” (Ackermann).

Nuova Zelanda, un gruppo di cittadini si sono riuniti sulla spiaggia di Te Henga per formare il 350 (foto: flickr)

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Rapporto FoSS 2009

EUROPA E REGIONI PER LO SVILUPPO DELLE ENERGIE RINNOVABILI Senza forte impegno delle Regioni impraticabile l’obiettivo del 17% di energia rinnovabile

Solo con il coinvolgimento attivo delle politiche regionali sul territorio sarà possibile raggiungere al 2020 l’obiettivo del 17% di energia rinnovabile, fissato per l’Italia dalla Direttiva 2009/28/CE (cfr. “Pacchetto Clima-Energia. Dalle rinnovabili il 20% del consumo di energia” in Regioni&Ambiente n. 6, giugno 2009, pag. 24 e segg.). È questo l’assunto più importante del Rapporto 2009 “Europa e Regioni per lo sviluppo delle energie rinnovabili”, presentato il 16 ottobre 2009 dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Quantunque le energie rinnovabili non siano la soluzione a tutte le problematiche riconducibili ai cambiamenti climatici e alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, non c’è alcun dubbio, però, che costituiscono un fattore indispensabile affinché abbia successo la Strategia europea del Pacchetto Clima-Energia. Purtroppo l’Italia è assai lontana dall’obiettivo assegnatole (ferma al 5,2% del 2005), mentre si sta avvi-

cinando la data del 30 giugno 2010, termine entro il quale il Governo italiano dovrà presentare alla Commissione europea il Piano di Azione Nazionale (PAN) per le energie rinnovabili, sulla base di un modello che la Commissione UE ha già provveduto ad adottare tramit la decisione del 30 giugno 2009 (GUUE 15 luglio 2009, L. 182), che dovrà fissare gli obiettivi nazionali per tre settori: trasporti, elettricità e riscaldamento/raffrescamento. Entro il 31 dicembre 2009, però, dovrà essere inviato alla Commissione un Documento previsionale contenente: - la stima della produzione in eccesso di energia rinnovabile, rispetto alla traiettoria indicativa, cui ogni Stato deve riferirsi per il proprio percorso verso l’obiettivo finale; - la stima del potenziale per progetti comuni tra Stati membri fino al 2020; - la stima della domanda di energia rinnovabile da soddisfare con mezzi diversi dalla produzione nazionale fino al 2020.

Fonte: Commissione Europea - Direzione Generale per l’Energia e i Trasporti

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In tale contesto, il Rapporto costituisce il primo organico studio sulle potenzialità e modalità per il nostro Paese per produrre energie rinnovabili che possono far raggiungere l’obiettivo, disegnando un federalismo eco-energetico che incoraggi ciascuna Regione a valorizzare e promuovere l’utilizzo di tutte le fonti energetiche rinnovabili disponibili sul loro territorio. Secondo quanto indicato dal Rapporto, l’Italia per raggiungere l’obiettivo del 17% (15,4 di produzione nazionale e 1,6 di importazione) deve decuplicare l’utilizzo di biocarburanti nel settore dei trasporti, per passare da 0,2 Mtep del 2005 a 2,55 Mtep nel 2020 (1,9 Mtep di produzione nazionale e 0,65 Mtep di importazione), con un’attenzione particolare rivolta soprattutto a quelli di seconda generazione da biomasse ligneo-cellulosiche, che hanno un impatto ambientale, economico e sociale, ridotto per non essere in competizione con gli usi alimentari delle coltivazioni.


Il settore dell’elettricità dovrà raddoppiare la quota prodotta da fonti pulite,passando da 4,3 Mtep del 2005 a 10,6 Mtep nel 2020 (9,2 Mtep di produzione nazionale e 1,4 Mtep di importazione), con un aumento consistente di tutte le fonti energetiche rinnovabili. Ancora più cospicuo l’incremento per il riscaldamento/raffescamento che dovrà essere più che triplicato, passando da 2,6 Mtep del 2005 a 9,1 Mtep nel 2020.

obiettivi precisi per tutte le fonti e per tutte le Regioni, è essenziale e urgente per coinvolgere i territori e le istituzioni e per fornire un quadro di riferimento stabile agli operatori economici che dovranno realizzare investimenti consistenti. Si tratta di un cammino percorribile tenendo conto, anche, che la Germania già oggi produce da nuove fonti rinnovabili la quantità di energia che dovrà produrre l’Italia nel 2020”.

“Lo sviluppo delle energie rinnovabili - ha sottolineato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione - sarà decisivo non solo per il clima. Per l’Italia potrà rappresentare una delle più importanti opportunità per l’ economia del futuro. Un programma di sviluppo delle energie rinnovabili articolato con

Lo scenario disegnato dal Rapporto vede, per il 2020: - un gruppo di 6 Regioni (Valle d’Aosta,Trentino Alto Adige, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna) poco abitate e dotate di notevoli risorse rinnovabili, potranno arrivare a più del doppio della media

Fonte: Rapporto FoSS 2009

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nazionale di produzione di energia rinnovabile (punta record in Valle d’ Aosta con il 59,6%); - 8 Regioni (Piemonte, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia) si attesteranno su una produzione di energie rinnovabili uguale o di poco superiore alla media nazionale (al top l’Umbria con 22,7%); - 6 Regioni popolose e sviluppate, ma dotate di scarse risorse rinnovabili (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna e Lazio). Ogni Regione italiana ha scelto una sua strada per l’eco-energia. Per quanto riguarda l’ elettricità prodotta da fonti rinnovabili, la cui


Fonte: Rapporto FoSS 2009

produzione dovrebbe passare da 58 a 107 TWh nel 2020(+49 TWh), la Lombardia e il Trentino Alto Adige che sono già oggi leader nella produzione di energia idroelettrica, lo resteranno anche nel 2020; così come la Puglia, la Sicilia, la Sardegna e la Campania sono e resteranno leader dell’eolico; sempre le Regioni del sud dovranno diventare leader anche del solare, che oggi, nel meridione, è invece sviluppato solo in Puglia; per l’utilizzo delle biomasse (compresi rifiuti biodegradabili e biogas), dove oggi è leader l’Emilia Romagna, si dovrà arrivare a una distribuzione più omogenea in tutto il paese; per la geotermia è e resterà leader la Toscana. Nel complesso l’aumento più consistente delle energie rinnovabili si realizzerà nel Sud del Paese, in parti-

colare quello dell’energia elettrica che dovrebbe crescere da 10 TWh prodotti nel 2008 a 38,4 TWh nel 2020. “Questo aumento consistente dell’ energia elettrica prodotta nel Sud del Paese -ha osservato Ronchi - richiede non solo un rafforzamento della rete elettrica che già oggi al sud non riesce ad assorbire tutta l’ energia eolica prodotta, ma soprattutto un grande sforzo industriale che sarà ripagato da un ritorno occupazionale consistente e da uno sviluppo economico sostenibile per tutto il meridione”. Per far crescere le energie rinnovabili nel prossimo decennio - dice il Rapporto - sono necessari, certamente, anche provvedimenti di competenza statale, come quelli per gli incentivi e per le reti, ma senza un forte impegno

Fonte: Rapporto FoSS 2009

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delle Regioni l’obiettivo della Direttiva europea sarebbe impraticabile. Per questo è necessaria una sede stabile ed effettiva di concertazione fra Stato e Regioni in materia di energie rinnovabili, provvedimenti di programmazione e di sviluppo delle rinnovabili a livello Regionale adeguati e corrispondenti all’impegnativo obiettivo europeo ed alla sua ripartizione regionale, con conseguenti aggiornamenti di Piani e Programmi Energetici Regionali. “E per far sì che i programmi non restino sulla carta - ha concluso Ronchi - è necessario prevedere un sistema di rendicontazione e di verifiche che penalizzi le Regioni che non seguono la traiettoria fissata per il 2020 e premi quelle che ottengono risultati”.


La ricerca di ACCLIMATISE supportata da IBM

DA CLIMA E URBANIZZAZIONE AUMENTI DI COSTI PER L’INDUSTRIA DELL’ENERGIA ELETTRICA Solo le Aziende che agiscono con la consapevolezza dei cambiamenti in corso otterranno vantaggi competitivi Per indicare l’aumento dei costi che le imprese dovranno sostenere lungo la catena produttiva a seguito delle problematiche connesse ai cambiamenti climatici e alle politiche necessarie per porvi rimedio, si è coniato un neologismo: Ecoflazione. Nello Studio “Ecoflation. Rattling Supply Chains: The effects of Environmental Trends on the Fast Moving Consumer Goods Industry”, condotto dal World Research Institute, si sottolinea che solo le aziende che sapranno incorporare la sostenibilità ambientale nelle loro pratiche avranno la possibilità di vincere questa sfida che il nuovo secolo ha lanciato in maniera netta e precisa. Secondo una ricerca di Acclimatise, supportata da IBM, le utilities nel campo dell’elettricità ritengono che i cambiamenti climatici comporteranno: - maggiore instabilità nella fornitura di energia; - un incremento del livello dei costi; - modifiche nella struttura della domanda di energia con l’aumentare della richiesta proveniente da centri urbani in via di espansione in tutto il mondo. Il Report “Global Electric Utilities - The Adaptation Challenge” si basa su 219 risposte al sondaggio che il Carbon Disclosure Project effettua annualmente, i cui dati vengono analizzati grazie all’Acclimatisation IndexTM Methodology. Carbon Disclosure Project è un’iniziativa internazionale lanciata nel 2000 dall’organizzazione no-profit Rockefeller Philantropy Advisors di New York ed è sostenuta da 475 investitori istituzionali firmatari, il cui scopo è quello di valutare le strategie di risposta alla minaccia dei cambiamenti climatici da parte delle aziende più importanti a livello mondiale per capitalizzazione di borsa. Più del 90% di quelle utilities nel settore dell’elettricità che riportano informazioni sulle attività relative ai cambiamenti climatici ammettono di essere a rischio per quanto riguarda il clima e la disponibilità di acqua, due punti che stanno aggiungendo motivi di stress al settore.

Comunque, meno di un terzo ha ammesso di aver iniziato analisi finanziarie sull’impatto sulla loro attività dei cambiamenti climatici. Il Report indica che l’industria dell’energia sta avvicinandosi velocemente ad un punto critico per il suo sviluppo. Con il crescere della domanda proveniente da nuove forme di utilizzo dell’energia - come i veicoli elettrici, raffreddamento degli ambienti durante i mesi estivi e la rapida urbanizzazione - le utilities hanno necessità di attirare nuovi investimenti finanziari per accrescere le competenze esistenti e sviluppare nuove tecnologie di tipo low carbon. Senza l’inserimento, nei piani di business, di corrette misure di adattamento, i rischi legati ai cambiamenti climatci potrebbero impattare la performance finanziaria e operativa di una società, eventualmente causando maggiori livelli di spesa. Le proiezioni finanziarie odierne, basate sullo stile di vita e sul valore e la performance degli asset attuali, potrebbero rivelarsi inesatte, e impattare il valore di una utility e l’interesse degli investitori nei suoi confronti. Ecco, secondo il Report, alcuni dei risultati conseguiti: • Mentre tutte le società che hanno risposto sembrano aver incorporato i temi del cambiamento climatico in genere nelle loro strutture di governance, solo una piccola parte (6%) riferisce di aver inserito l’adattamento direttamente come elemento integrato delle loro procedure di governance, reporting e comunicazione. • Il 48% riferisce di gestire il rischio climatico, ma le azioni di adattamento sono in genere isolate e raramente fanno parte di una strategia di gestione del rischio climatico. • Se il 93% identifica i rischi insiti nei cambiamenti climatici, sono molto meno (59%) le utilities che riconoscono le opportunità che questi comportano. “La gestione del rischio e la pianificazione dell’adattamento sono cruciali per il

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successo di un business, in quanto il cambiamento climatico influenza direttamente la generazione, la trasmissione ed il consumo di elettricità - ha dichiarato Graham Butler, Capo Settore Utilities di IBM Global Business Services UK & Ireland - La società elettrica intelligente del futuro dovrà avere un approccio integrato alla realizzazione di una resilienza. I business leader dovranno essere in grado di acquisire e analizzare grandi quantità di informazioni operative per prendere decisioni accurate e intelligenti per fronteggiare i cambiamenti climatici con successo e profitto”. Le sfide dell’industria - Perché adattarsi? Molti scienziati ritengono che il cambiamento climatico sia ormai in corso e gli effetti diretti dell’aumento delle temperature a livello globale, come le modifiche nelle precipitazioni e l’aumento del livello dei mari, stiano diventando sempre più evidenti. I cambiamenti climatici sono in grado di impattare l’operatività di tutte le maggiori utilities elettriche, colpendo le infrastrutture cittadine, di trasporto e idriche, essenziali per il commercio mondiale e il nostro stile di vita. Sotto si riportano alcune delle sfide principali che l’industria dell’elettricità si trova ad affrontare a causa dei cambiamenti ambientali: Impatto dei power outages: le mancanze di corrente causate dal clima possono avere come effetto l’interruzione della fornitura di energia. Interruzioni e outages a lungo termine possono comportare perdite finanziarie di grande importanza per le utilities e per quei clineti che dipendono. Danni alle performance operative: eventi climatici estremi e cambiamenti progressivi impattano le fondamenta stesse delle utilities elettriche degradando le condizioni dei siti, danneggiando gli asset, diminuendo l’efficienza delle operazioni, riducendo la disponibilità


e la qualità delle materie prime e delle risorse naturali. Questi eventi possono interrompere le forniture di energia e quindi aumentarne i prezzi. Aumenta l’urbanizzazione, cresce la richiesta di energia: l’attuale trend di urbanizzazione è previsto in ulteriore aumento, man mano che le persone si trasferiscono dalle aree rurali a quelle urbane. Le compagnie elettriche si troveranno ad affrontare sfide importanti per assicurare nuove capacità di generazione di energia e affidabilità nella fornitura nelle aree urbane per soddisfare la crescente domanda dalla clientela domestica. Risorse idriche sotto stress: cambiamenti climatici e popolazione in aumento sono due condizioni che sottopongono le risorse idriche a condizioni di stress sempre maggiori. Meno acqua, e di qualità inferiore, mentre, di contro, aumenta la richiesta, rappresentano grandi sfide per il settore dell’elettricità, grande consumatore di risorse idriche. La distribuzione ed il trattamento di acqua potabile, insieme alla fornitura di sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico ad una popolazione urbana in crescita, produrranno aumenti significativi nella richiesta di elettricità. L’impatto dei cambiamenti climatici causerà l’aumento della competizione per le risorse idriche tra il settore dell’elettricità ed altri utenti come, per esempio, l’agricoltura, la pesca, l’acqua potabile, l’industria e gli habitat naturali. Spinte ai cambiamenti - legislazione e costi Con l’aumentare degli effetti diretti dei cambiamenti climatici, i governi cominciano a emanare regolamentazioni prescrittive e controlli obbligatori per spingere le compagnie elettriche ad azioni adeguate alla necessità di adattarsi. Le prime indicazioni sono già evidenti. Nel Regno Unito, il Climate Change Act 2008 affida al Governo il potere di

eseguire report sulla capacità di adattamento, in base al quale le compagnie elettriche devono verificare e valutare l’impatto che i cambiamenti climatici possono avere sul loro business. La US Securities and Exchange Commission richiede, alle aziende valutate in borsa - incluse le compagnie elettriche - di rendere pubbliche le minacce rappresentate dal clima per le loro attività-base nelle relazioni annuali. Accordi volontari sulla pubblicazione di rischi da cambiamento climatico sono stati siglati tra utilities elettriche e amministrazioni locali, come New York City. Il costo di tutto questo rappresenta un importante fattore. Per esempio, i costi operativi potrebbero aumentare in funzione delle modifiche nell’efficienza delle infrastrutture sottoposte a temperature più elevate, pressione dell’aria più bassa e condizioni di umidità diverse. Cambiamenti nella sicurezza e nella qualità delle forniture di acqua per il raffreddamento avrà inoltre un impatto significativo sui costi per gli impianti di generazione termoelettrica ad alto consumo idrico. A causa della introduzione di nuove normative e alle implicazioni per i costi gli stakeholders (investitori, creditori, assicuratori, analisti di mercato e finanziari, agenzie di governo e regolamentazione, consumatori, comunità locali e ONG) stanno aumentando la loro pressione sulle compagnie elettriche perché affrontino i rischi e le opportunità dei cambiamenti climatici. Nel raggiungimento degli obiettivi di crescita, la partecipazione di tutti gli attori coinvolti e investimenti maggiori sono fattori cruciali per lo sviluppo dell’industria elettrica globale. John Firth, Capo esecutivo e co-fondatore di Acclimatise, ha osservato che “Le compagnie elettriche di successo del futuro saranno quelle che agiscono adesso a fronte dei chiari segnali che i cambiamenti climatici sono in corso di sviluppo.

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Avranno un approccio totalmente integrato alle sfide della rivoluzione energetica, riducendo le emissioni e adattandosi agli inevitabili cambiamenti climatici.” Una guida per le compagnie elettriche per iniziare ad adattarsi ai cambiamenti climatici Acclimatise e IBM insieme hanno preparato un set di domande (Prepare-Adapt) per aiutare le compagnie elettriche a prendere decisioni informate verso la costituzione di una resilienza per affrontare gli inevitabili cambiamenti climatici. Il primo passo è rappresentato dalla valutazione degli impatti operativi sull’intero business, focalizzando l’attenzione su quegli asset situati in aree e prodotti maggiormente sensibili ai cambiamenti climatici. Lo step successivo è la valutazione dei benefici che possono essere realizzati grazie ad una migliore gestione della risposta ai cambiamenti climatici. Questo include la valutazione della bontà di un approccio strutturato alla gestione della risposta ai cambiamenti climatici mentre, allo stesso tempo, si prende atto della affidabilità finanziaria di un piano di resilienza realistico. Il settore delle Electric Utilities è tra quelli che maggiormente ha sviluppato la comprensione dell’impatto dei cambiamenti climatici alla sua operatività, dice Paul Dickinson, Capo Esecutivo di Carbon Disclosure Project. “L’impatto del prezzo del carbone ha causato un aumento della consapevolezza sul tema della mitigazione. È altresì importante che l’industria si focalizzi sull’adattamento ai cambiamenti climatici e a problemi quali i cambiamenti nella disponibilità di risorse idriche e a eventi climatici estremi. Questi impattano tutti sul settore e quelle compagnie che sapranno pianificare in anticipo, saranno quelle meglio posizionate in futuro.”


IL COMMENTO

Pubblicata la “rifusione” della Direttiva sull’Ecodesign

DAI PRODOTTI CHE CONSUMANO ENERGIA A QUELLI CONNESSI ALL’ENERGIA Le ecoregole per la progettazione dei prodotti È stata opportuna e tempestiva l’iniziativa dell’Unione Europea di raccogliere in un unico testo tutte le norme introdotte o modificate dall’originaria Direttiva 2005/32/CE relativa all’Istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia (Energy Using Products - Direttiva EUP). Tale procedura, avviata dalla Commissione UE ed approvata definitivamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 21 ottobre, la Direttiva 2009/125/ CE “Istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia” (Energy Related Products - Direttiva ERP)

(ndr: il testo completo viene pubblicato nell’inserto di questo numero), viene definita “rifusione”. Il testo, cioè, è stato ristrutturato, conformemente alle regole comunitarie in materia di redazione legislativa, per includere nuove disposizioni che abbiano modificato o, semplicemente ricollocato le norme sulla materia, al fine di semplificare, modernizzare e migliorare il testo legislativo, in maniera di renderlo più chiaro e pratico. Alla base della revisione della Direttiva c’è la consapevolezza che proprio nella fase di progettazione del prodotto si determina l’impatto ambientale provocato dal suo ciclo di vita (si calcola che l’80%). Inoltre, le disparità esistenti tra le normative e le disposizioni amministrative adottate dagli Stati membri, con

riguardo alla progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia, avrebbero potuto creare ostacoli al commercio e distorcere la concorrenza nella Comunità, avendo pertanto un’incidenza diretta sulla realizzazione e sul funzionamento del mercato interno. Era, quindi, opportuno, istituire un quadro coerente per l’applicazione delle specifiche comunitarie per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia, nell’intento di garantire la libera circolazione di quei prodotti che ottemperano a tale specifiche e di migliorarne l’impatto ambientale complessivo, rispettando al contempo, i princìpi della concorrenza leale e del commercio internazionale. In precedenza la Direttiva 2005/32/ CE, recepita nell’ordinamento italiano con il D. Lgs. 6 novembre 2007 n. 201, disciplinava unicamente le specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia, continua a pag. 49

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(ndr. Si avverte che il testo della Direttiva inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea).

DIRETTIVA 2009/125/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 ottobre 2009 relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato(2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia(3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni. In occasione di nuove modificazioni, strettamente limitate all’estensione dell’ambito di applicazione di tale direttiva al fine di includere tutti i prodotti connessi all’energia, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di detta direttiva. (2) Le disparità esistenti tra le normative e le disposizioni amministrative adottate dagli Stati membri con riguardo alla progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia possono creare ostacoli al commercio e distorcere la concorrenza nella Comunità e possono pertanto avere un’incidenza diretta sulla realizzazione e sul funzionamento del mercato interno. L’armonizzazione delle normative nazionali costituisce l’unico mezzo per evitare tali ostacoli al commercio e la concorrenza sleale. L’estensione dell’ambito di applicazione a tutti i prodotti connessi all’energia garantisce la possibilità di armonizzare a livello comunitario le specifiche per la progettazione ecocompatibile di tutti i prodotti significativi connessi all’energia. (3) Ai prodotti connessi all’energia è imputabile una quota consistente dei consumi di risorse naturali e di energia nella Comunità. Essi producono anche

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numerosi importanti impatti ambientali di altro tipo. Per la grande maggioranza delle categorie di prodotti presenti sul mercato comunitario si possono osservare livelli molto diversi di impatto ambientale sebbene le loro prestazioni funzionali siano simili. Nell’interesse dello sviluppo sostenibile, dovrebbe essere incoraggiato il continuo alleggerimento dell’impatto ambientale complessivo di tali prodotti, in particolare identificando le principali fonti di impatto ambientale negativo ed evitando il trasferimento dell’inquinamento quando tale alleggerimento non comporta costi eccessivi. Molti prodotti connessi all’energia presentano notevoli potenzialità di miglioramento in termini di riduzione degli impatti ambientali e di risparmio energetico, mediante una progettazione migliore che determina altresì economie per le imprese e gli utilizzatori finali. Oltre ai prodotti che utilizzano, producono, trasferiscono o misurano energia, anche determinati altri prodotti connessi all’energia, compresi materiali da costruzione, quali finestre e materiali isolanti, o alcuni prodotti che utilizzano l’acqua, quali soffioni doccia e rubinetti, potrebbero contribuire ad un notevole risparmio energetico in fase di utilizzazione. La progettazione ecologica dei prodotti costituisce un fattore essenziale della strategia comunitaria sulla politica integrata dei prodotti. Quale impostazione preventiva finalizzata all’ottimizzazione delle prestazioni ambientali dei prodotti conservando contemporaneamente le loro qualità di uso, essa presenta nuove ed effettive opportunità per il fabbricante, il consumatore e la società nel suo insieme. Il miglioramento dell’efficienza energetica, una delle cui opzioni disponibili è l’uso più efficiente dell’elettricità, è considerato un contributo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nella Comunità. La domanda di elettricità è quella che presenta la maggiore crescita tra le categorie di uso finale di energia e si prevede che essa aumenterà nei prossimi 20-30 anni, in assenza di un’azione politica che si opponga a tale tendenza. Una significativa riduzione del consumo di energia, come suggerito dalla Commissione nel programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP), è possibile. Il cambiamento climatico è una delle priorità del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, istituito con decisione n. 1600/2002/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 luglio 2002(4). Il risparmio energetico è uno dei modi più efficaci, sotto il profilo dei costi, per

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Regioni&Ambiente n° 11 Novembre 2009

INSERTO

DIRETTIVA 2009/125/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 ottobre 2009 (GUUE L. 285 del 31 ottobre 2009) ISTITUZIONE DI UN QUADRO PER L’ELABORAZIONE DI SPECIFICHE PER LA PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE DEI PRODOTTI CONNESSI ALL’ENERGIA (RIFUSIONE)


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aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento e ridurre la dipendenza dalle importazioni. È pertanto opportuno adottare misure e obiettivi sostanziali sotto il profilo della domanda. È opportuno agire nella fase progettuale del prodotto connesso all’energia, poiché è emerso che è in tale fase che si determina l’inquinamento provocato durante il ciclo di vita del prodotto ed è allora che si impegna la maggior parte dei costi. È opportuno istituire un quadro coerente per l’applicazione delle specifiche comunitarie per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia nell’intento di garantire la libera circolazione di quei prodotti che ottemperano a tali specifiche e di migliorarne l’impatto ambientale complessivo. Le specifiche comunitarie dovrebbero rispettare i principi della concorrenza leale e del commercio internazionale. Le specifiche per la progettazione ecocompatibile dovrebbero essere definite tenendo conto degli obiettivi e delle priorità del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, compresi, se necessario, gli obiettivi applicabili delle pertinenti strategie tematiche di tale programma. La presente direttiva è intesa a conseguire un elevato livello di protezione dell’ambiente riducendo l’impatto ambientale potenziale dei prodotti connessi all’energia, il che si tradurrà in definitiva in un beneficio per i consumatori e gli altri utilizzatori finali. Lo sviluppo sostenibile richiede anche un’attenta considerazione dell’impatto sanitario, sociale ed economico delle disposizioni previste. Il miglioramento del rendimento energetico e delle risorse dei prodotti contribuisce a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e a ridurre la domanda di risorse naturali, presupposti indispensabili per una solida attività economica e pertanto per uno sviluppo sostenibile. Lo Stato membro che ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali in ragione di esigenze rilevanti in termini di protezione dell’ambiente, ovvero introdurre nuove disposizioni basate su nuove prove scientifiche collegate alla protezione dell’ambiente in ragione di un problema specifico di tale Stato membro sorto dopo l’adozione della misura di esecuzione applicabile, può farlo alle condizioni stabilite all’articolo 95, paragrafi 4, 5 e 6, del trattato, che prevede la notifica preliminare alla Commissione e l’approvazione da parte di quest’ultima. Per ottimizzare i benefici ambientali derivanti dal miglioramento della progettazione può essere necessario informare i consumatori in merito alle caratteristiche e ai risultati ambientali dei prodotti connessi all’energia e fornire loro consigli per un utilizzo del prodotto rispettoso dell’ambiente. L’approccio illustrato nella comunicazione della Commissione del 18 giugno 2003 dal titolo «Politica integrata dei prodotti - Sviluppare il concetto di “ciclo di vita ambientale”», che costituisce un’importante innovazione del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente,

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è volto a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti nell’arco dell’intero ciclo di vita, compresi la selezione e l’impiego di materie prime, la fabbricazione, l’imballaggio, il trasporto e la distribuzione, l’installazione e la manutenzione, l’uso e il fine vita. Prendere in considerazione, nella fase della progettazione, l’impatto ambientale che un prodotto eserciterà nell’intero arco della sua vita può agire favorevolmente sul miglioramento della prestazione ambientale e sui costi, anche in termini di efficienza delle risorse e dei materiali, contribuendo così a realizzare gli obiettivi della strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali. Occorre sufficiente flessibilità per consentire che tali fattori siano integrati nella progettazione dei prodotti pur tenendo conto degli aspetti tecnici, funzionali ed economici. Sebbene sia auspicabile un approccio globale alle prestazioni ambientali, la diminuzione dei gas a effetto serra attraverso l’aumento dell’efficienza energetica dovrebbe essere considerata un obiettivo ambientale prioritario in attesa dell’adozione di un piano di lavoro. Può risultare necessario e giustificato stabilire particolari specifiche quantitative per la progettazione ecocompatibile per alcuni prodotti o aspetti ambientali ad essi relativi al fine di garantire che il loro impatto ambientale sia ridotto al minimo. Vista l’urgente necessità di contribuire alla realizzazione degli impegni assunti nel quadro del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e fatto salvo l’approccio integrato proposto nella presente direttiva, bisognerebbe dare priorità alle misure che presentano un elevato potenziale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra a basso costo. Tali misure possono contribuire anche a promuovere un uso sostenibile delle risorse e rappresentare un importante contributo al quadro decennale di programmi per il consumo e la produzione sostenibili concordato al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile svoltosi a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre 2002. Come principio generale e ove opportuno, il consumo energetico dei prodotti connessi all’energia in stand-by o quando sono disattivati dovrebbe essere ridotto al minimo necessario per il loro adeguato funzionamento. Quantunque convenga prendere come riferimento i prodotti o le tecnologie più performanti disponibili sul mercato, compresi i mercati internazionali, il livello delle specifiche per la progettazione ecocompatibile dovrebbe essere fissato sulla base di analisi tecniche, economiche e ambientali. Una metodologia flessibile di definizione di tale livello può facilitare un rapido miglioramento delle prestazioni ambientali. Le parti interessate dovrebbero essere consultate e cooperare attivamente a tali analisi. L’elaborazione di disposizioni obbligatorie richiede un’adeguata consultazione delle parti interessate. Tale consultazione può mettere in luce la necessità di un’introduzione per fasi successive o


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di misure di transizione. L’introduzione di traguardi intermedi accresce la prevedibilità della politica, consente di adeguare il ciclo di sviluppo dei prodotti e facilita la pianificazione a lungo termine per gli interessati. È opportuno dare la priorità a iniziative alternative quali l’autoregolamentazione da parte dell’industria allorché ciò permette di conseguire gli obiettivi in maniera più rapida o meno costosa che tramite specifiche vincolanti. Misure legislative possono rendersi necessarie allorché le forze di mercato non si muovono nella giusta direzione o ad una velocità accettabile. L’autoregolamentazione, compresi gli accordi volontari quali gli impegni unilaterali da parte dell’industria, può permettere rapidi progressi in seguito ad un’attuazione rapida e efficace dal punto di vista dei costi e permette adeguamenti flessibili e appropriati alle opzioni tecnologiche e alle sensibilità del mercato. Ai fini della valutazione di accordi volontari o di altre misure di autoregolamentazione presentate come alternative alle misure di esecuzione, dovrebbe essere garantita l’informazione almeno sui seguenti punti: partecipazione aperta, valore aggiunto, rappresentatività, obiettivi quantificati e scaglionati, coinvolgimento della società civile, monitoraggio e relazioni, rapporto costi/efficacia della gestione di un’iniziativa di autoregolamentazione e sostenibilità. In sede di valutazione delle iniziative di autoregolamentazione da parte dell’industria nel contesto della presente direttiva, la comunicazione della Commissione del 17 febbraio 2002 dal titolo «Gli accordi ambientali a livello di Comunità nel quadro del piano d’azione “Semplificare e migliorare la regolamentazione”», potrebbe fungere da orientamento utile. La presente direttiva dovrebbe altresì promuovere l’integrazione del concetto di progettazione ecocompatibile in seno alle piccole e medie imprese (PMI) e alle microimprese. Tale integrazione potrebbe essere agevolata dall’ampia disponibilità di informazioni sulla sostenibilità dei loro prodotti e dalla facilità di accesso alle stesse. I prodotti connessi all’energia che ottemperano alle specifiche per la progettazione ecocompatibile fissate nelle misure di esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere muniti della marcatura CE e delle associate informazioni, al fine di consentire la loro immissione sul mercato interno e la loro libera circolazione. L’attuazione rigorosa delle misure di esecuzione è necessaria per ridurre l’impatto ambientale dei prodotti connessi all’energia regolamentati e assicurare una concorrenza leale. Nella preparazione delle misure di esecuzione e del piano di lavoro, la Commissione dovrebbe consultare i rappresentanti degli Stati membri nonché le pertinenti parti interessate al gruppo di prodotti, come l’industria, compresi PMI e artigianato, i sindacati, i commercianti, i dettaglianti, gli importatori, i gruppi per la tutela dell’ambiente e le organizzazioni di consumatori. In sede di elaborazione delle misure di esecuzione,

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la Commissione dovrebbe altresì tenere nel debito conto la vigente legislazione nazionale in materia di ambiente, concernente in particolare le sostanze tossiche, che gli Stati membri hanno detto che sarebbe opportuno preservare senza ridurre gli attuali livelli giustificati di protezione negli Stati membri. È opportuno tener conto dei moduli e delle norme da utilizzare nelle direttive di armonizzazione tecnica di cui alla decisione n. 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti(5). Le autorità preposte alla sorveglianza dovrebbero scambiarsi informazioni sulle misure previste nell’ambito della presente direttiva al fine di migliorare la sorveglianza del mercato, tenendo conto del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti(6). Tale cooperazione dovrebbe avvalersi il più possibile di mezzi elettronici di comunicazione e di pertinenti programmi comunitari. Dovrebbe essere agevolato uno scambio di informazioni sulla prestazione ambientale del ciclo di vita e sulle realizzazioni di soluzioni di progettazione. L’accumulazione e la valutazione dell’insieme delle conoscenze generate dagli sforzi di progettazione ecocompatibile dei fabbricanti è uno dei valori aggiunti d’importanza cruciale della presente direttiva. Un organismo competente è di solito un organismo pubblico o privato, designato dalle autorità pubbliche, che offre le necessarie garanzie di imparzialità e disponibilità di competenze tecniche per effettuare una verifica del prodotto per quanto riguarda la sua conformità alle misure di esecuzione applicabili. Tenendo conto dell’importanza di evitare la non conformità, gli Stati membri dovrebbero assicurare che siano disponibili gli strumenti necessari per un’efficace sorveglianza del mercato. Per quanto concerne la formazione e l’informazione delle PMI in materia di progettazione ecocompatibile, può essere opportuno prendere in considerazione attività di accompagnamento. È nell’interesse del funzionamento del mercato interno disporre di norme armonizzate a livello comunitario. Una volta pubblicato il riferimento a tali norme nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, l’ottemperanza ad esse dovrebbe determinare la presunzione di conformità alle corrispondenti prescrizioni contenute nella misura di esecuzione adottata sulla base della presente direttiva, anche se dovrebbero essere permessi altri mezzi per dimostrare tale conformità. Una delle funzioni principali delle norme armonizzate dovrebbe consistere nell’aiutare i fabbricanti ad applicare le misure di esecuzione adottate in virtù della presente direttiva. Tali norme potrebbero essere di importanza fondamentale per la definizione dei metodi di misurazione e di prova. Nel caso di specifiche generali di progettazione ecocompatibile, le norme armonizzate potrebbero

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contribuire notevolmente a guidare i fabbricanti nella definizione del profilo ecologico dei loro prodotti secondo le condizioni della misura di esecuzione applicabile. Tali norme dovrebbero indicare chiaramente il rapporto tra le loro clausole e le condizioni in questione. Le norme armonizzate non dovrebbero avere lo scopo di fissare limiti riguardo agli aspetti ambientali. Per le definizioni utilizzate nella presente direttiva è utile riferirsi alle pertinenti norme internazionali, come ISO 14040. La presente direttiva è conforme ad alcuni principi sull’applicazione della nuova strategia illustrata nella risoluzione del Consiglio del 7 maggio 1985 relativa ad una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione(7), e al criterio di far riferimento alle norme europee armonizzate. La risoluzione del Consiglio del 28 ottobre 1999 sul ruolo della normalizzazione in Europa(8) raccomanda alla Commissione di esaminare se il principio della nuova strategia possa essere esteso a settori non ancora presi in considerazione, quale strumento per migliorare e semplificare la legislazione, in tutti i casi in cui sia possibile. La presente direttiva è complementare agli esistenti strumenti comunitari, quali la direttiva 92/75/ CEE del Consiglio, del 22 settembre 1992, concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse degli apparecchi domestici, mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti(9), il regolamento (CE) n. 1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, relativo al sistema comunitario, riesaminato, di assegnazione di un marchio di qualità ecologica(10), la direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)(11), la direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche(12), la direttiva 2006/121/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che modifica la direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose per adattarla al regolamento (CE) n. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) e che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche(13) ed il regolamento (CE) n. 106/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente un programma comunitario di etichettatura relativa ad un uso efficiente dell’energia per le apparecchiature per ufficio(14). Le sinergie tra la presente direttiva e gli strumenti comunitari vigenti dovrebbero contribuire ad aumentare il rispettivo impatto e a fissare specifiche coerenti da far applicare ai fabbricanti. Le misure necessarie per l’esecuzione della presente

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direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(15). In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare o abrogare la direttiva 92/42/CEE del Consiglio(16) e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 96/57/CE(17) e 2000/55/CE(18). Tali modifiche o abrogazioni devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. Inoltre, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare misure di esecuzione che fissano specifiche per la progettazione ecocompatibile di determinati prodotti connessi all’energia inclusa l’introduzione di misure di esecuzione durante il periodo transitorio, e incluse, se del caso, disposizioni sul bilanciamento di vari aspetti ambientali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. Sulla base dell’esperienza maturata con l’applicazione della presente direttiva, della direttiva 2005/32/ CE e delle misure di esecuzione, la Commissione dovrebbe riesaminare il funzionamento, i metodi e l’efficacia della presente direttiva e valutare se sia opportuno estenderne l’ambito d’applicazione oltre i prodotti connessi all’energia. Nell’ambito di tale riesame la Commissione dovrebbe consultare i rappresentanti degli Stati membri nonché le parti interessate. Gli Stati membri dovrebbero determinare le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in forza della presente direttiva. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Poiché l’obiettivo della presente direttiva, segnatamente garantire il funzionamento del mercato interno stabilendo che i prodotti debbano raggiungere un adeguato livello di prestazione ambientale, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. L’obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono modificazioni sostanziali della direttiva 2005/32/CE. L’obbligo di recepimento delle disposizioni rimaste immutate discende dalla direttiva 2005/32/CE. La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento delle direttive nel diritto nazionale di cui all’allegato IX, parte B.


(44) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio»(19), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento,

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HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. La presente direttiva fissa un quadro per l’elaborazione di specifiche comunitarie per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia nell’intento di garantire la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno. 2. La presente direttiva prevede l’elaborazione di specifiche cui i prodotti connessi all’energia, oggetto delle misure di esecuzione, devono ottemperare per essere immessi sul mercato e/o per la loro messa in servizio. Essa contribuisce allo sviluppo sostenibile accrescendo l’efficienza energetica e il livello di protezione ambientale, migliorando allo stesso tempo la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. 3. La presente direttiva non si applica ai mezzi di trasporto di passeggeri o merci. 4. La presente direttiva e le relative misure di esecuzione adottate lasciano impregiudicate la normativa comunitaria in materia di gestione dei rifiuti e la normativa comunitaria in materia di sostanze chimiche, compresa quella sui gas fluorinati ad effetto serra.

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11) Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva, si intende per: 1) «prodotto connesso all’energia» («prodotto»), qualsiasi bene che abbia un impatto sul consumo energetico durante l’utilizzo, che viene immesso sul mercato e/o messo in servizio e che comprende le parti destinate a essere incorporate in un prodotto connesso all’energia contemplato dalla presente direttiva, immesse sul mercato e/o messe in servizio come parti a sé stanti per gli utilizzatori finali, e le cui prestazioni ambientali possono essere valutate in maniera indipendente; 2) «componenti e sottounità», le parti destinate ad essere incorporate nei prodotti e che non sono immesse sul mercato e/o messe in servizio come parti a sé stanti per gli utilizzatori finali o le cui prestazioni ambientali non possono essere valutate in maniera indipendente; 3) «misure di esecuzione», le misure adottate in forza della presente direttiva per fissare specifiche per la progettazione ecocompatibile, per determinati prodotti o per gli aspetti ambientali ad essi relativi; 4) «immissione sul mercato», rendere disponibile per la prima volta sul mercato comunitario un prodotto in vista della sua distribuzione o del suo utilizzo all’interno della Comunità, contro compenso o gratuitamente e a prescindere dalla tecnica di vendita utilizzata;

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«messa in servizio», il primo impiego di un prodotto utilizzato ai fini previsti dall’utilizzatore finale nella Comunità; «fabbricante», la persona fisica o giuridica che fabbrica prodotti contemplati dalla presente direttiva e che è responsabile della conformità alla presente direttiva del prodotto, in vista della sua immissione sul mercato e/o messa in servizio con il nome o marchio del fabbricante o per suo uso. In mancanza di un fabbricante secondo la definizione di cui alla prima frase di questo punto o di un importatore quale definito al punto 8, è considerato fabbricante la persona fisica o giuridica che immette sul mercato e/o mette in servizio prodotti contemplati dalla presente direttiva; «mandatario», la persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità che ha ricevuto dal fabbricante un mandato scritto per espletare totalmente o parzialmente a suo nome gli obblighi e le formalità connessi alla presente direttiva; «importatore», la persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità che immette sul mercato comunitario un prodotto proveniente da un paese terzo nel quadro delle sue attività; «materiali», tutti i materiali impiegati durante il ciclo di vita dei prodotti; «progettazione del prodotto», la serie di processi che trasformano le specifiche giuridiche, tecniche, di sicurezza, funzionali, di mercato o di altro genere cui il prodotto deve ottemperare nelle specifiche tecniche di tale prodotto; «aspetto ambientale», un elemento o una funzione di un prodotto suscettibili di interagire con l’ambiente durante il suo ciclo di vita; «impatto ambientale», qualsiasi modifica all’ambiente derivante in tutto o in parte dai prodotti durante il loro ciclo di vita; «ciclo di vita», gli stadi consecutivi e collegati di un prodotto dal suo impiego come materia prima allo smaltimento definitivo; «riutilizzo», qualsiasi operazione mediante la quale un prodotto o i suoi componenti, giunti al termine del loro primo uso, sono utilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati concepiti, incluso l’uso continuato di un prodotto, conferito a punti di raccolta, distributori, riciclatori o fabbricanti, nonché il riutilizzo di un prodotto dopo la rimessa a nuovo; «riciclaggio», il riciclaggio in un processo di produzione di materiali di rifiuto per lo scopo originario o per altri scopi, escluso il recupero di energia; «recupero di energia», l’uso dei rifiuti combustibili quale mezzo per produrre energia attraverso l’incenerimento diretto con o senza altri rifiuti ma con recupero del calore; «recupero», ognuna delle operazioni applicabili di cui all’allegato II B della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti(20); «rifiuto», qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I della direttiva 2006/12/CE di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi;

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«rifiuto pericoloso», ogni tipo di rifiuto contemplato dall’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/ CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi(21); «profilo ecologico», la descrizione, in conformità alla misura di esecuzione applicabile al prodotto, degli input e degli output (quali materiali, emissioni e rifiuti) connessi al prodotto nel corso dell’intero suo ciclo di vita che sono significativi sotto il profilo del suo impatto ambientale e sono espressi in quantità fisiche misurabili; «prestazione ambientale», per prestazione ambientale di un prodotto si intendono i risultati della gestione degli aspetti ambientali del prodotto da parte del fabbricante come riportati nel suo fascicolo tecnico; «miglioramento delle prestazioni ambientali», il processo di miglioramento delle prestazioni ambientali di un prodotto, nel succedersi delle generazioni, sebbene non sia necessario che ciò avvenga contemporaneamente per tutti gli aspetti ambientali del prodotto; «progettazione ecocompatibile», l’integrazione degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto nell’intento di migliorarne le prestazioni ambientali nel corso del suo intero ciclo di vita; «specifica per la progettazione ecocompatibile», qualsiasi prescrizione con riferimento a un prodotto o alla progettazione di un prodotto intesa a migliorare le sue prestazioni ambientali o qualsiasi prescrizione per la fornitura di informazioni con riguardo agli aspetti ambientali di un prodotto; «specifica generale per la progettazione ecocompatibile», qualsiasi specifica per la progettazione ecocompatibile basata sul profilo ecologico di un prodotto senza valori limite stabiliti per particolari aspetti ambientali; «specifica particolare per la progettazione ecocompatibile», la specifica quantitativa e misurabile per la progettazione ecocompatibile riguardante un particolare aspetto ambientale di un prodotto, come il consumo di energia durante l’uso, calcolata per una data unità di prestazione di output; «norma armonizzata», una specifica tecnica adottata da un organismo di normalizzazione riconosciuto su mandato della Commissione in conformità della procedura stabilita nella direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche(22), al fine di fissare una prescrizione europea, il cui rispetto non è obbligatorio.

Articolo 3 Immissione sul mercato e/o messa in servizio 1. Gli Stati membri adottano tutte le opportune disposizioni per garantire che i prodotti oggetto delle misure di esecuzione possano essere immessi sul mercato e/o messi in servizio soltanto se ottemperano a tali misure e siano provvisti della marcatura CE conformemente all’articolo 5. 2. Gli Stati membri possono designare le autorità responsabili della sorveglianza del mercato. Essi provvedono affinché tali autorità dispongano dei poteri necessari e li esercitino per adottare gli opportuni prov-

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vedimenti che ad esse incombono in applicazione della presente direttiva. Gli Stati membri definiscono compiti, poteri e disposizioni organizzative delle autorità competenti che hanno il potere di: a) organizzare adeguate verifiche, su scala adeguata, della conformità dei prodotti ed obbligare il fabbricante o il suo mandatario a ritirare dal mercato i prodotti non conformi ai sensi dell’articolo 7; b) esigere dalle parti interessate la fornitura di tutte le informazioni necessarie, come specificato nelle misure di esecuzione; c) prelevare campioni di prodotti per sottoporli a controlli di conformità. 3. Gli Stati membri tengono informata la Commissione dei risultati della sorveglianza del mercato e, se del caso, la Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. 4. Gli Stati membri provvedono affinché i consumatori e gli altri interessati possano presentare osservazioni alle autorità competenti in merito alla conformità dei prodotti. Articolo 4 Responsabilità dell’importatore Quando il fabbricante non è stabilito all’interno della Comunità e in mancanza di un mandatario, all’importatore incombono i seguenti obblighi: a) garantire che il prodotto immesso sul mercato e/o messo in servizio rispetti la presente direttiva e la misura di esecuzione applicabile; e b) rendere e mantenere disponibili la dichiarazione CE di conformità e la documentazione tecnica. Articolo 5 Marcatura e dichiarazione CE di conformità 1. Anteriormente all’immissione sul mercato e/o alla messa in servizio di un prodotto oggetto delle misure di esecuzione, su di esso è apposta una marcatura CE ed è emessa una dichiarazione CE di conformità con la quale il fabbricante o il suo mandatario garantiscono e dichiarano che il prodotto rispetta tutte le pertinenti disposizioni della misura di esecuzione applicabile. 2. La marcatura CE consiste delle iniziali «CE» come indicato nell’allegato III. 3. La dichiarazione CE di conformità contiene gli elementi specificati nell’allegato VI e rinvia alla pertinente misura di esecuzione. 4. È proibita l’apposizione, sui prodotti, di marcature suscettibili di trarre in inganno gli utilizzatori in merito al significato o alla forma della marcatura CE. 5. Gli Stati membri possono richiedere che le informazioni da fornire in conformità dell’allegato I, parte 2, siano espresse nella propria lingua ufficiale o nelle proprie lingue ufficiali quando il prodotto raggiunge l’utilizzatore finale. Gli Stati membri autorizzano inoltre che le informazioni siano fornite in una o più altre lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea. In sede di applicazione del primo comma, gli Stati membri tengono presente in particolare: a) se le informazioni possono essere fornite mediante simboli armonizzati, codici riconosciuti o altre misure; e b) il tipo di utilizzatore previsto per il prodotto e la na-


tura delle informazioni che devono essere fornite. Articolo 6 Libera circolazione 1. Gli Stati membri non vietano, limitano o ostacolano l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio all’interno del loro territorio di un prodotto che rispetta tutte le altre pertinenti prescrizioni della misura di esecuzione applicabile e reca la marcatura CE in conformità delll’articolo 5, a motivo di specifiche per la progettazione ecocompatibile relative ai parametri della progettazione ecocompatibile di cui all’allegato I, parte 1, che sono oggetto della misura di esecuzione applicabile. 2. Gli Stati membri non vietano, limitano o ostacolano l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio all’interno del loro territorio di un prodotto recante la marcatura CE in conformità dell’articolo 5 a motivo di specifiche per la progettazione ecocompatibile relative ai parametri per la progettazione ecocompatibile di cui all’allegato I, parte 1, per i quali la misura di esecuzione applicabile preveda che non è necessaria alcuna specifica per la progettazione ecocompatibile. 3. Gli Stati membri non impediscono la presentazione, ad esempio nell’ambito di fiere commerciali, mostre e dimostrazioni, dei prodotti che non ottemperano alle disposizioni della misura di esecuzione applicabile, purché sia indicato in modo visibile che essi non possono essere immessi sul mercato e/o messi in servizio finché non siano pienamente conformi. Articolo 7 Clausola di salvaguardia 1. Se uno Stato membro accerta che un prodotto recante la marcatura CE di cui all’articolo 5 e utilizzato in conformità del suo uso previsto non soddisfa tutte le pertinenti prescrizioni della misura di esecuzione applicabile, il fabbricante o il suo mandatario sono obbligati a far sì che il prodotto ottemperi alle disposizioni della misura di esecuzione applicabile e/o a quelle in merito alla marcatura CE e a far cessare la violazione alle condizioni stabilite dallo Stato membro. Qualora vi siano prove sufficienti che un prodotto potrebbe essere non conforme, lo Stato membro adotta le necessarie misure che, a seconda del grado di non conformità, possono arrivare al divieto di immissione sul mercato del prodotto finché non sia ripristinata la conformità. Se la situazione di non conformità si protrae, lo Stato membro decide di limitare o vietare l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio del prodotto in questione o si accerta che esso sia ritirato dal mercato. In caso di divieto o ritiro dal mercato, la Commissione e gli altri Stati membri ne sono immediatamente informati. 2. Ogni decisione adottata da uno Stato membro sulla base della presente direttiva che limiti o vieti l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio di un prodotto indica i motivi che ne sono all’origine. Tale decisione è notificata immediatamente alla parte interessata, che viene contemporaneamente informata dei mezzi di impugnazione disponibili ai sensi delle normative in vigore nello Stato membro in questione e dei relativi termini. 3. Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri in merito a qualsiasi decisione

adottata conformemente al paragrafo 1, indicandone i motivi e, in particolare, se la non conformità è riconducibile: a) alla mancata soddisfazione delle prescrizioni della misura di esecuzione applicabile; b) all’applicazione scorretta delle norme armonizzate di cui all’articolo 10, paragrafo 2; c) a carenze delle norme armonizzate di cui all’articolo 10, paragrafo 2. 4. La Commissione avvia senza indugio consultazioni con le parti interessate e può avvalersi della consulenza tecnica di esperti esterni indipendenti. Dopo tale consultazione, la Commissione informa immediatamente del suo parere lo Stato membro che ha adottato la decisione e gli altri Stati membri. Se la Commissione giudica la decisione ingiustificata, ne informa immediatamente gli Stati membri. 5. Se la decisione di cui al paragrafo 1 del presente articolo è basata su una carenza delle norme armonizzate, la Commissione avvia immediatamente la procedura di cui all’articolo 10, paragrafi 2, 3 e 4. Contemporaneamente, la Commissione informa il comitato di cui all’articolo 19, paragrafo 1. 6. Se del caso, gli Stati membri e la Commissione adottano le disposizioni necessarie per garantire la riservatezza con riguardo alle informazioni fornite nel corso di tale procedura. 7. Le decisioni adottate dagli Stati membri in forza del presente articolo sono rese pubbliche secondo un criterio di trasparenza. 8. Il parere della Commissione in merito a tali decisioni è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 8 Valutazione di conformità 1. Prima di immettere sul mercato un prodotto oggetto delle misure di esecuzione e/o di mettere in servizio tale prodotto, il fabbricante o il suo mandatario accertano la conformità di tale prodotto a tutte le pertinenti prescrizioni della misura di esecuzione applicabile. 2. Le procedure di valutazione della conformità sono specificate nelle misure di esecuzione e lasciano ai fabbricanti la possibilità di scegliere tra il controllo della progettazione interno di cui all’allegato IV della presente direttiva e il sistema di gestione di cui all’allegato V della presente direttiva. Se ciò è debitamente giustificato e proporzionato al rischio, la procedura di valutazione della conformità è specificata nei pertinenti moduli, come descritto nell’allegato della decisione n. 768/2008/CE. Qualora uno Stato membro abbia forti indizi di una probabile non conformità di un prodotto, esso pubblica al più presto una valutazione motivata della conformità del prodotto che può essere effettuata da un organo competente, al fine di consentire eventualmente una tempestiva azione correttiva. Qualora un prodotto oggetto delle misure di esecuzione sia progettato da un’organizzazione registrata conformemente al regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e di audit (EMAS)(23), e la funzione di progettazione sia inclusa nell’ambito di tale registrazione, si presume che il sistema di gestione di tale organizzazione ottemperi alle prescrizioni dell’allegato V della presente direttiva. Se un prodotto oggetto delle misure di esecuzione è progettato da un’organizzazione che dispone di

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un sistema di gestione comprendente la funzione di progettazione del prodotto, ed è attuato conformemente alle norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, si presume che tale sistema di gestione ottemperi alle corrispondenti prescrizioni dell’allegato V. 3. Dopo aver immesso sul mercato un prodotto oggetto delle misure di esecuzione o dopo averlo messo in servizio, il fabbricante o il suo mandatario tengono a disposizione degli Stati membri, per ispezione, per un periodo di dieci anni dopo la fabbricazione dell’ultimo di tali prodotti, i documenti relativi alla valutazione di conformità eseguita e alle dichiarazioni di conformità emesse. I pertinenti documenti sono messi a disposizione entro dieci giorni dal ricevimento di una richiesta da parte dell’autorità competente di uno Stato membro. 4. I documenti relativi alla valutazione di conformità e alla dichiarazione CE di conformità di cui all’articolo 5 sono redatti in una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea. Articolo 9 Presunzione di conformità 1. Gli Stati membri considerano conforme alle pertinenti disposizioni della misura di esecuzione applicabile il prodotto che reca la marcatura CE di cui all’articolo 5. 2. Gli Stati membri considerano il prodotto per il quale sono state applicate le norme armonizzate, i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, conforme a tutte le pertinenti specifiche della misura di esecuzione applicabile cui tali norme si riferiscono. 3. Si presume che il prodotto cui è stato assegnato un marchio comunitario di qualità ecologica ai sensi del regolamento (CE) n. 1980/2000 ottemperi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile della misura di esecuzione applicabile fintanto che tali specifiche sono soddisfatte dal marchio di qualità ecologica. 4. Ai fini della presunzione di conformità nel contesto della presente direttiva, la Commissione, agendo secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 19, paragrafo 2, può decidere che altri marchi di qualità ecologica rispettano condizioni equivalenti al marchio di qualità ecologica comunitario ai sensi del regolamento (CE) n. 1980/2000. I prodotti che hanno ottenuto tali altri marchi di qualità ecologica sono considerati conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile della misura di esecuzione applicabile nella misura in cui tali specifiche sono rispettate da detto marchio di qualità ecologica. Articolo 10 Norme armonizzate 1. Gli Stati membri si assicurano, nella misura del possibile, che siano adottate le appropriate disposizioni per consentire la consultazione delle parti interessate a livello nazionale in merito al processo di preparazione e monitoraggio delle norme armonizzate. 2. Allorché uno Stato membro o la Commissione considerano che le norme armonizzate, la cui applicazione si presume sia destinata a ottemperare alle disposizioni specifiche di una misura di esecuzione applicabile, non

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soddisfano appieno tali disposizioni, lo Stato membro in questione o la Commissione ne informano, indicandone i motivi, il comitato permanente istituito ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 98/34/CE. Il comitato emette urgentemente un parere. 3. Alla luce del parere del comitato, la Commissione decide se pubblicare, non pubblicare, pubblicare con limitazioni, mantenere o ritirare i riferimenti alle norme armonizzate in questione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. 4. La Commissione informa l’organismo europeo di normalizzazione in questione e, se necessario, elabora un nuovo mandato in vista della revisione delle norme armonizzate in questione. Articolo 11 Disposizioni per i componenti e le sottounità Le misure di esecuzione possono imporre a un fabbricante o al suo mandatario che immettono sul mercato e/o mettono in servizio componenti e sottounità di fornire al fabbricante di un prodotto contemplato dalle misure di esecuzione le pertinenti informazioni sulla composizione materiale e sul consumo di energia, materiali e/o risorse dei componenti o sottounità. Articolo 12 Collaborazione amministrativa e scambio di informazioni 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano adottate le misure necessarie per incoraggiare le autorità responsabili dell’applicazione della presente direttiva a collaborare tra loro e a scambiarsi e a fornire alla Commissione informazioni atte ad agevolare il funzionamento della presente direttiva e, in particolare, l’applicazione dell’articolo 7. La collaborazione amministrativa e lo scambio di informazioni si avvalgono il più possibile dei mezzi di comunicazione elettronici e possono essere supportati da pertinenti programmi comunitari. Gli Stati membri informano la Commissione circa le autorità responsabili dell’applicazione della presente direttiva. 2. I dettagli e la struttura dello scambio di informazioni tra la Commissione e gli Stati membri sono decisi secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 19, paragrafo 2. 3. La Commissione adotta le misure appropriate per incoraggiare e contribuire alla cooperazione tra Stati membri di cui al presente articolo. Articolo 13 Piccole e medie imprese 1. Nell’ambito dei programmi di cui possono beneficiare le piccole e medie imprese (PMI) e le microimprese, la Commissione tiene conto delle iniziative che aiutano le PMI e le microimprese ad integrare aspetti ambientali, tra cui l’efficienza energetica, in sede di progettazione dei propri prodotti. 2. Linee guida che coprano le specificità delle PMI attive nel settore produttivo interessato possono accompagnare una misura di esecuzione. Se necessario, e conformemente al paragrafo 1, può essere prodotto ulteriore materiale specializzato da parte della Commissione per facilitare l’applicazione della presente direttiva da parte delle PMI.


3. Gli Stati membri garantiscono, soprattutto rafforzando le reti e le strutture di sostegno, il loro incoraggiamento alle PMI e alle microimprese affinché adottino un sano approccio ambientale sin dalla fase di progettazione del prodotto e si adeguino alla futura normativa europea. Articolo 14 Informazione dei consumatori In conformità della misura di esecuzione applicabile, i fabbricanti garantiscono, nella forma da essi ritenuta idonea, che i consumatori di prodotti ottengano: a) l’informazione necessaria sul ruolo che possono svolgere in materia di uso sostenibile del prodotto; e b) il profilo ecologico del prodotto e i vantaggi dell’ecoprogettazione, qualora richiesto dalla misura di esecuzione. Articolo 15 Misure di esecuzione 1. Qualora un prodotto risponda ai criteri elencati nel paragrafo 2 del presente articolo, esso è coperto da una misura di esecuzione o da una misura di autoregolamentazione a norma del paragrafo 3, lettera b), del presente articolo. Tali misure di esecuzione intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 19, paragrafo 3. 2. I criteri di cui al paragrafo 1 sono i seguenti: a) il prodotto rappresenta un significativo volume di vendite e di scambi commerciali nella Comunità, indicativamente superiore a 200 000 unità all’anno secondo gli ultimi dati disponibili; b) il prodotto, in considerazione dei quantitativi immessi sul mercato e/o messi in servizio, ha un significativo impatto ambientale nella Comunità, come precisato nelle priorità strategiche comunitarie di cui alla decisione n. 1600/2002/CE; e c) il prodotto possiede significative potenzialità di miglioramento con riguardo all’impatto ambientale senza costi eccessivi, tenendo conto in particolare di quanto segue: i) assenza di altra normativa comunitaria pertinente o incapacità delle forze di mercato di affrontare adeguatamente la questione; e ii) ampia disparità di prestazione ambientale tra i prodotti disponibili sul mercato con funzionalità equivalente. 3. Nell’elaborare un progetto di misura di esecuzione, la Commissione tiene conto di ogni parere espresso dal comitato di cui all’articolo 19, paragrafo 1, e prende inoltre in considerazione: a) le priorità ambientali comunitarie quali quelle specificate nella decisione n. 1600/2002/CE o nel programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP) della Commissione; e b) pertinenti normative comunitarie o misure di autoregolamentazione, come accordi su base volontaria che, a seguito di una valutazione in conformità dell’articolo 17, possano conseguire gli obiettivi strategici più rapidamente o a minor costo rispetto alle specifiche vincolanti.

4. Nell’elaborare un progetto di misura di esecuzione, la Commissione: a) prende in considerazione il ciclo di vita del prodotto e tutti i suoi significativi aspetti ambientali, fra cui l’efficienza energetica. La profondità dell’analisi degli aspetti ambientali e della praticabilità del loro miglioramento è proporzionata alla loro importanza. L’adozione di specifiche per la progettazione ecocompatibile su significativi aspetti ambientali di un prodotto non deve essere indebitamente ritardata da incertezze riguardanti gli altri aspetti; b) effettua una valutazione, che tenga conto dell’impatto sull’ambiente, sui consumatori e sui fabbricanti, comprese le PMI, in termini di competitività (anche in relazione ai mercati esterni alla Comunità), innovazione, accesso al mercato e costi e benefici; c) tiene conto della vigente legislazione nazionale in materia di ambiente che gli Stati membri considerano pertinente; d) svolge opportune consultazioni con i soggetti interessati; e) prepara una motivazione del progetto di misura di esecuzione basata sulla valutazione di cui alla lettera b); e f) fissa la data o le date di attuazione, qualsiasi misura o periodo scaglionati nel tempo o di transizione, tenendo conto in particolare dell’eventuale impatto sulle PMI o sui gruppi di prodotti specifici principalmente fabbricati dalle PMI. 5. Le misure di esecuzione soddisfano tutti i seguenti criteri: a) non si produce un impatto negativo significativo sulla funzionalità del prodotto, dal punto di vista dell’utilizzatore; b) non si produce un’incidenza negativa sulla salute, la sicurezza e l’ambiente; c) non si producono significative ripercussioni negative sui consumatori, in particolare per quanto riguarda l’accessibilità economica ed il costo del ciclo di vita del prodotto; d) non si producono significative ripercussioni negative sulla competitività dell’industria; e) in linea di principio la definizione di una specifica per la progettazione ecocompatibile non ha come conseguenza l’imposizione ai fabbricanti di una tecnologia proprietaria; e f) non è imposto un onere amministrativo eccessivo ai fabbricanti. 6. Le misure di esecuzione fissano specifiche per la progettazione ecocompatibile conformemente all’allegato I e/o all’allegato II. Specifiche particolari per la progettazione ecocompatibile sono stabilite per determinati aspetti ambientali con un significativo impatto ambientale. Le misure di esecuzione possono inoltre prevedere che non sia necessaria alcuna specifica per la progettazione ecocompatibile per taluni particolari parametri di progettazione ecocompatibile di cui all’allegato I, parte 1. 7. Le specifiche sono formulate in modo tale da garantire che le autorità di sorveglianza del mercato possano verificare la conformità di un prodotto ai requisiti della

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misura di esecuzione. La misura di esecuzione precisa se la verifica può essere attuata direttamente sul prodotto o in base alla documentazione tecnica. 8. Le misure di esecuzione includono gli elementi elencati nell’allegato VII. 9. Gli studi e le analisi pertinenti di cui si avvale la Commissione nel predisporre le misure di esecuzione dovrebbero essere messi a disposizione del pubblico, tenendo conto in particolare di un accesso e di un utilizzo agevoli da parte delle PMI interessate. 10. Se del caso, una misura di esecuzione che stabilisca requisiti per la progettazione ecocompatibile comprende disposizioni sul bilanciamento dei vari aspetti ambientali. Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 19, paragrafo 3. Articolo 16 Piano di lavoro 1. Conformemente ai criteri di cui all’articolo 15 e previa consultazione del forum consultivo di cui all’articolo 18, la Commissione stabilisce, entro il 21 ottobre 2011, un piano di lavoro che è reso disponibile per il pubblico. Il piano di lavoro fissa per i tre anni successivi un elenco indicativo di gruppi di prodotti considerati prioritari per l’adozione di misure di esecuzione. Il piano di lavoro è adottato e modificato periodicamente dalla Commissione previa consultazione del forum consultivo. 2. Nella fase transitoria, tuttavia, in sede di elaborazione del primo piano di lavoro di cui al paragrafo 1 del presente articolo, e conformemente ai criteri di cui all’articolo 15 e previa consultazione del forum consultivo, la Commissione introduce, se del caso, a titolo di anticipazione: a) misure di esecuzione cominciando dai prodotti che siano stati identificati dall’ECCP in quanto presentano un potenziale elevato per una riduzione efficiente in termini di costi delle emissioni di gas ad effetto serra, quali impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda, sistemi a motore elettrico, illuminazione domestica e nel settore terziario, apparecchi domestici, apparecchi per ufficio nel settore domestico e terziario, elettronica di consumo, sistemi commerciali di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria; e b) una misura di esecuzione distinta volta a ridurre le perdite in stand-by per un gruppo di prodotti. Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 19, paragrafo 3. Articolo 17 Autoregolamentazione Accordi volontari e altre misure di autoregolamentazione presentati quali alternative alle misure di esecuzione nel contesto della presente direttiva sono valutati almeno sulla base dell’allegato VIII. Articolo 18 Forum consultivo

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La Commissione provvede affinché nello svolgimento delle sue attività rispetti, per quanto riguarda ciascuna misura di esecuzione, una partecipazione equilibrata di rappresentanti degli Stati membri e di tutte le pertinenti parti interessate da tale prodotto o gruppo di prodotti come l’industria, compresi PMI, artigiani, sindacati, commercianti, dettaglianti, importatori, gruppi per la tutela ambientale e organizzazioni dei consumatori. Tali parti contribuiscono in particolare alla definizione e alla revisione delle misure di esecuzione, ad esaminare l’efficacia dei meccanismi stabiliti per la sorveglianza del mercato e a valutare gli accordi volontari e altre misure di autoregolamentazione. Tali parti si riuniscono in un forum consultivo. Il regolamento interno del forum è stabilito dalla Commissione. Articolo 19 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/ CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il termine stabilito all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 20 Sanzioni Gli Stati membri stabiliscono le norme applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in forza della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive, tenendo conto del grado di non conformità e del numero di unità di prodotti non conformi immessi sul mercato comunitario. Gli Stati membri notificano dette disposizioni alla Commissione entro il 20 novembre 2010 e la informano senza indugio di eventuali successive modifiche delle stesse. Articolo 21 Verifica Entro il 2012, la Commissione verifica l’efficacia della presente direttiva e le relative misure di esecuzione, tra cui: a) la metodologia per l’individuazione e la copertura di importanti parametri ambientali, come l’efficienza delle risorse, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti; b) la soglia delle misure di esecuzione; c) i meccanismi di sorveglianza del mercato; e d) le pertinenti misure di autoregolamentazione promosse. A seguito di tale verifica, e tenendo segnatamente conto delle esperienze relative all’estensione dell’ambito di applicazione della presente direttiva, la Commissione valuta in particolare l’opportunità di estendere l’ambito di applicazione della direttiva ai prodotti non connessi all’energia, al fine di ridurre significativamente gli impatti ambientali in tutto il ciclo di vita di tali prodotti, previa


consultazione del forum consultivo di cui all’articolo 18 e, se del caso, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio proposte di modifica della presente direttiva. Articolo 22 Riservatezza Le specifiche per la fornitura di informazioni di cui all’articolo 11 e all’allegato I, parte 2, da parte del fabbricante e/o del suo mandatario, sono proporzionate e tengono conto della legittima riservatezza delle informazioni commerciali sensibili. Articolo 23 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 9, 11, 14, 15 e 20 e agli allegati da I a V, VII e VIII entro il 20 novembre 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva contenuti nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti si intendono fatti alla presente direttiva. Le modalità di tale riferimento nonché la formulazione di tale indicazione sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 24 Abrogazione La direttiva 2005/32/CE, modificata dalle direttive menzionate nell’allegato IX, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato IX, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato X. Articolo 25 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 26 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 21 ottobre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖ

(1) GU C 100 del 30.4.2009, pag. 120. (2) Parere del Parlamento europeo del 24 aprile 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 24 settembre 2009. (3) GU L 191 del 22.7.2005, pag. 29. (4) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1. (5) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 82. (6) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30. (7) GU C 136 del 4.6.1985, pag. 1. (8) GU C 141 del 19.5.2000, pag. 1. (9) GU L 297 del 13.10.1992, pag. 16. (10) GU L 237 del 21.9.2000, pag. 1. (11) GU L 37 del 13.2.2003, pag. 24. (12) GU L 37 del 13.2.2003, pag. 19. (13) GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1. (14) GU L 39 del 13.2.2008, pag. 1. (15) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (16 ) GU L 167 del 22.6.1992, pag. 17. (17) GU L 236 del 18.9.1996, pag. 36. (18 ) GU L 279 dell’1.11.2000, pag. 33. (19) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (20 ) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 9. (21 ) GU L 377 del 31.12.1991, pag. 20. (22) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. (23) GU L 114 del 24.4.2001, pag. 1.

ALLEGATO I Metodologia per l’elaborazione di specifiche generali per la progettazione ecocompatibile (articolo 15, paragrafo 6) Le specifiche generali per la progettazione ecocompatibile mirano a migliorare le prestazioni ambientali del prodotto concentrandosi sugli aspetti ambientali significativi dello stesso senza fissare valori limite. Il metodo di cui al presente allegato deve essere applicato quando non sia opportuno fissare valori limite per il gruppo di prodotti in esame. La Commissione deve identificare gli aspetti ambientali significativi nel corso della preparazione del progetto di una misura di esecuzione da sottoporre al comitato di cui all’articolo 19, paragrafo 1, che devono essere specificati nella misura di esecuzione. Nel predisporre le misure di esecuzione che stabiliscono le specifiche generali per la progettazione ecocompatibile ai sensi dell’articolo 15, la Commissione deve identificare, come appropriati per il prodotto oggetto della misura di esecuzione, i parametri pertinenti per la progettazione ecocompatibile tra quelli elencati nella parte 1, le specifiche per la fornitura di informazioni tra quelle elencate nella parte 2 e le specifiche per il fabbricante elencate nella parte 3. Parte 1. Parametri di progettazione ecocompatibile per i prodotti 1.1. Nella misura in cui si riferiscono alla progettazione del prodotto, gli aspetti ambientali significativi devono essere identificati tenendo presenti i seguenti stadi del ciclo di vita del prodotto: a) selezione e impiego di materie prime; b) fabbricazione; c) condizionamento, trasporto e distribuzione; d) installazione e manutenzione; e) uso; e f) fine vita, nel senso di prodotto che è giunto al termine del suo primo uso fino allo smaltimento definitivo. 1.2. Per ciascuno stadio devono essere valutati, se per-

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tinenti, i seguenti aspetti ambientali: a) consumo presunto di materiali, energia e altre risorse quali l’acqua dolce; b) emissioni previste nell’aria, nell’acqua o nel suolo; c) inquinamento previsto attraverso effetti fisici quali rumore, vibrazioni, radiazioni, campi elettromagnetici; d) generazione prevista di rifiuti; e e) possibilità di reimpiego, riciclaggio e recupero di materiali e/o di energia tenuto conto della direttiva 2002/96/CE. 1.3. In particolare, devono essere opportunamente utilizzati e, se necessario, integrati da altri i seguenti parametri per la valutazione delle potenzialità di un miglioramento degli aspetti ambientali di cui al punto 1.2: a) peso e volume del prodotto; b) uso di materiali provenienti da attività di riciclaggio; c) consumo di energia, di acqua e di altre risorse nel corso dell’intero ciclo di vita; d) uso di sostanze classificate come pericolose per la salute e/o per l’ambiente ai sensi della direttiva 67/548/ CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose(1), e tenuto conto della legislazione in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze quali la direttiva 76/769/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi(2) o la direttiva 2002/95/CE; e) quantità e natura dei materiali di consumo necessari per un uso e una manutenzione adeguati; f) facilità di reimpiego e di riciclaggio espressa in termini di: numero di materiali e componenti utilizzati, uso di componenti standard, tempo necessario per lo smontaggio, complessità degli strumenti necessari per lo smontaggio, uso di norme di codifica dei componenti e dei materiali per l’individuazione dei componenti e dei materiali idonei al riutilizzo e al riciclaggio (inclusa la marcatura delle parti in plastica conformemente agli standard ISO), utilizzo di materiali facilmente riciclabili, facilità di accesso a componenti e materiali di pregio e ad altri componenti e materiali riciclabili, facilità di accesso a componenti e materiali contenenti sostanze pericolose; g) incorporazione dei componenti utilizzati; h) astensione da soluzioni tecniche non idonee al riutilizzo e al riciclaggio di componenti e di interi apparecchi; i) estensione della durata espressa in termini di: durata minima garantita, tempo minimo per la disponibilità di parti di ricambio, modularità, possibilità di upgrading, riparabilità; j) quantità di rifiuti generati e quantità di rifiuti pericolosi generati; k) emissioni nell’aria (gas a effetto serra, agenti acidificanti, composti organici volatili, sostanze lesive dell’ozono, inquinanti organici persistenti, metalli pesanti, particolati fini e polveri sospese) fatte salve le disposizioni della direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente il ravvi-

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cinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l’emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all’installazione su macchine mobili non stradali(3); l) emissioni nell’acqua (metalli pesanti, sostanze che esercitano un’influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno, inquinanti organici persistenti); e m) emissioni nel suolo (in particolare percolazione e perdite di sostanze pericolose durante l’uso dei prodotti e potenziali rischi di percolazione una volta che questi sono collocati in discarica). Parte 2. Specifiche per la fornitura di informazioni Le misure di esecuzione possono richiedere la fornitura, da parte del fabbricante, di informazioni suscettibili di influenzare le modalità di trattamento, uso o riciclaggio del prodotto da parte di soggetti diversi dal fabbricante. Tali informazioni possono includere se del caso: a) informazioni in merito al processo di fabbricazione da parte del disegnatore progettista; b) informazioni ai consumatori sulle caratteristiche e sulle prestazioni ambientali significative di un prodotto, che accompagnano il prodotto immesso sul mercato, per consentire al consumatore di comparare tali aspetti dei prodotti; c) informazioni ai consumatori sulle modalità di installazione, uso e manutenzione del prodotto, al fine di ridurne al minimo l’impatto sull’ambiente e di consentirne la durata ottimale, nonché sulle modalità di restituzione del dispositivo a fine vita e, se del caso, informazioni sul periodo di disponibilità delle parti di ricambio e le possibilità di potenziamento dei prodotti; e d) informazioni per gli impianti di trattamento in merito allo smontaggio, al riciclaggio o allo smaltimento a fine vita. Le informazioni dovrebbero essere fornite se possibile sul prodotto stesso. Tali informazioni devono tenere conto degli obblighi derivanti da altre normative comunitarie quali la direttiva 2002/96/CE. Parte 3. Specifiche per il fabbricante 1. Tenendo conto degli aspetti ambientali identificati nella misura di esecuzione in quanto suscettibili di essere influenzati in maniera sostanziale dalla progettazione, i fabbricanti di prodotti devono effettuare una valutazione del modello di un prodotto durante il suo intero ciclo di vita, in base ad ipotesi realistiche sulle normali condizioni di uso e gli scopi per i quali è utilizzato. Altri aspetti ambientali possono essere esaminati su base volontaria. Sulla base di tale valutazione, i fabbricanti devono elaborare il profilo ecologico del prodotto, che deve essere incentrato sulle specifiche caratteristiche del prodotto con riguardo all’ambiente e sui suoi input/output durante l’intero ciclo di vita espressi in quantità fisiche misurabili. 2. Il fabbricante si deve avvalere di tale valutazione per esaminare soluzioni progettuali alternative e le prestazioni ambientali del prodotto conseguite tenendo conto dei parametri. I parametri devono essere individuati dalla Commissione nella misura di esecuzione sulla scorta delle informazioni raccolte nel corso della preparazione della misura. La scelta di una specifica soluzione progettuale deve permettere un ragionevole equilibrio tra i diversi aspetti


ambientali nonché tra questi aspetti e altre considerazioni pertinenti, quali la salute e la sicurezza, le prescrizioni tecniche in tema di funzionalità, qualità e prestazioni e aspetti economici, tra cui i costi di fabbricazione e la commerciabilità, pur ottemperando a tutte le normative pertinenti. (1) GU 196 del 16.8.1967, pag. 1. (2) GU L 262 del 27.9.1976, pag. 201. (3) GU L 59 del 27.2.1998, pag. 1.

ALLEGATO II Metodologia per la definizione delle specifiche particolari per la progettazione ecocompatibile (articolo 15, paragrafo 6) Le specifiche particolari per la progettazione ecocompatibile sono intese a migliorare un determinato aspetto ambientale del prodotto. Esse possono assumere la forma di specifiche per un minore consumo di una data risorsa, quali i limiti all’uso di tale risorsa nei vari stadi del ciclo di vita dei prodotti a seconda dei casi (ad esempio, limiti al consumo di acqua durante l’uso del prodotto o alle quantità di un determinato materiale incorporato nel prodotto oppure quantità minime richieste di materiale riciclato). In sede di elaborazione di misure di esecuzione per definire specifiche per la progettazione ecocompatibile conformemente all’articolo 15, la Commissione deve individuare, come appropriati per il prodotto oggetto della misura di esecuzione, i parametri pertinenti per la progettazione ecocompatibile fra quelli indicati elencati nell’allegato I, parte 1, e fissa, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 19, paragrafo 2, il livello di tali specifiche come indicato di seguito. 1. Un’analisi tecnica, ambientale ed economica deve selezionare sul mercato numerosi modelli rappresentativi del prodotto in questione e individua le opzioni tecniche per migliorare le prestazioni ambientali del prodotto, tenendo conto della praticabilità economica delle opzioni ed evitando qualsiasi perdita significativa di prestazione o di utilità per i consumatori. L’analisi tecnica, economica ed ambientale deve individuare, inoltre, per quanto riguarda gli aspetti ambientali in esame, i prodotti e la tecnologia che, tra quelli disponibili sul mercato, offrono le prestazioni migliori. La prestazione dei prodotti disponibili sui mercati internazionali e i criteri fissati nelle legislazioni di altri paesi dovrebbero essere presi in considerazione nel corso dell’analisi nonché al momento di fissare criteri. Sulla base di tale analisi e tenuto conto della fattibilità economica e tecnica, nonché delle potenzialità di miglioramento, devono essere adottate misure concrete nell’intento di minimizzare l’impatto ambientale del prodotto. Con riguardo al consumo di energia durante l’uso, il livello di rendimento energetico o di consumo deve essere fissato con riferimento al costo del ciclo di vita più contenuto per l’utilizzatore finale per modelli rappresentativi di un prodotto, tenendo conto delle conseguenze su altri aspetti ambientali. Il metodo di analisi del costo del ciclo di vita utilizza un tasso reale di sconto in base ai dati forniti dalla Banca centrale europea e ad una durata realistica per il prodotto. Esso è basato sulla somma delle variazioni del prezzo di acquisto (risultante dalle variazioni dei costi

industriali) e delle spese operative, risultanti dai diversi livelli delle opzioni di miglioramento tecnico, scontate con riferimento alla durata dei modelli rappresentativi del prodotto considerati. Le spese operative comprendono principalmente i consumi di energia e le spese aggiuntive per altre risorse, quali acqua o detergenti. Un’analisi di sensibilità per i pertinenti fattori, quali il prezzo dell’energia o di altre risorse, il costo delle materie prime o i costi di produzione, i tassi di sconto e, se opportuno, i costi ambientali esterni, tra cui quelli miranti ad evitare le emissioni di gas a effetto serra, deve essere condotta per verificare l’esistenza di variazioni significative e l’affidabilità delle conclusioni generali. Le specifiche sono adeguate di conseguenza. Una metodologia simile può essere applicata ad altre risorse quali l’acqua. 2. Per effettuare le analisi tecniche, ambientali ed economiche, ci si può avvalere delle informazioni disponibili nell’ambito di altre attività comunitarie. Lo stesso vale per le informazioni ricavate dai programmi esistenti applicati in altre parti del mondo per fissare le specifiche particolari per la progettazione ecocompatibile dei prodotti oggetto di scambi commerciali con i partner economici dell’Unione europea. 3. La data di entrata in vigore deve tener conto del ciclo di riprogettazione del prodotto.

ALLEGATO III Marcatura CE (articolo 5, paragrafo 2) La marcatura CE deve avere un’altezza di almeno 5 mm. Se le dimensioni della marcatura CE sono ridotte o ingrandite, vanno rispettate le proporzioni del disegno in scala graduata sopra presentato. La marcatura CE va apposta sul prodotto. Nel caso in cui non sia possibile, la marcatura va apposta sull’imballaggio e sui documenti di accompagnamento.

ALLEGATO IV Controllo interno della progettazione (articolo 8, paragrafo 2)

1. Il presente allegato descrive la procedura con la quale il fabbricante o il suo mandatario cui incombono gli obblighi precisati al punto 2 assicurano e dichiarano che il prodotto soddisfa le pertinenti prescrizioni della misura di esecuzione applicabile. La dichiarazione CE di conformità può comprendere uno solo o più prodotti e deve essere conservata dal fabbricante. 2. Il fabbricante deve compilare un modulo di docu-

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mentazione tecnica che consenta una valutazione della conformità del prodotto alle prescrizioni della misura di esecuzione applicabile. La documentazione deve contenere in particolare: a) una descrizione generale del prodotto e dell’uso cui è destinato; b) i risultati dei pertinenti studi di valutazione ambientale condotti dal fabbricante e/o i riferimenti agli studi di caso o alla letteratura di valutazione ambientale utilizzati dal fabbricante per valutare, documentare e determinare le soluzioni di progettazione del prodotto; c) il profilo ecologico, se richiesto dalla misura di esecuzione; d) gli elementi delle specifiche di progettazione del prodotto relative agli aspetti di progettazione ambientale dello stesso; e) un elenco delle norme appropriate di cui all’articolo 10, applicate per intero o in parte, e una descrizione delle soluzioni adottate per soddisfare le prescrizioni della misura di esecuzione applicabile allorché le norme di cui all’articolo 10 non sono state applicate o non soddisfano completamente le disposizioni della misura di esecuzione applicabile; f) una copia delle informazioni riguardanti gli aspetti di progettazione ambientale del prodotto fornite conformemente alle prescrizioni di cui all’allegato I, parte 2; e g) i risultati delle misurazioni delle specifiche per la progettazione ecocompatibile condotte, compresi ragguagli sulla conformità di tali misurazioni con riferimento alle specifiche per la progettazione ecocompatibile precisate nella misura di esecuzione applicabile. 3. Il fabbricante deve adottare tutte le misure necessarie a garantire che il prodotto sia fabbricato conformemente alle specifiche di progettazione di cui al punto 2 e alle prescrizioni della misura ad esso applicabile.

ALLEGATO V Sistema di gestione di valutazione della conformità (articolo 8, paragrafo 2) 1. Il presente allegato descrive la procedura con la quale il fabbricante che ottempera agli obblighi di cui al punto 2 assicura e dichiara che il prodotto soddisfa le prescrizioni della misura di esecuzione applicabile. La dichiarazione CE di conformità può comprendere uno solo o più prodotti e deve essere conservata dal fabbricante. 2. Per valutare la conformità del prodotto, ci si può avvalere di un sistema di gestione purché il fabbricante attui gli elementi ambientali specificati al punto 3. 3. Elementi ambientali del sistema di gestione Nel presente punto sono specificati gli elementi di un sistema di gestione e le procedure attraverso i quali il fabbricante può dimostrare l’ottemperanza del prodotto alle prescrizioni della misura di esecuzione applicabile. 3.1. La politica di prestazioni ambientali del prodotto Il fabbricante deve essere in grado di dimostrare la conformità alle prescrizioni della misura di esecuzione applicabile. Il fabbricante deve inoltre essere in grado di istituire un quadro per la fissazione e la revisione di indicatori e obiettivi di prestazione ambientale del

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prodotto al fine di migliorare le prestazioni ambientali complessive del prodotto. Tutte le misure adottate dal fabbricante per migliorare le prestazioni ambientali complessive del prodotto ed elaborare il profilo ecologico di un prodotto, se richiesto dalla misura di esecuzione, attraverso la progettazione e la fabbricazione, devono essere documentate in maniera sistematica e ordinata sotto forma di istruzioni e procedure scritte. Tali istruzioni e procedure devono contenere in particolare un’adeguata descrizione di quanto segue: a) l’elenco dei documenti da predisporre per dimostrare la conformità del prodotto e, se del caso, da mettere a disposizione; b) gli indicatori e gli obiettivi di prestazione ambientale del prodotto e la struttura organizzativa, le responsabilità, i poteri del management e l’assegnazione di risorse con riguardo alla loro attuazione e al loro perfezionamento; c) i controlli e i test da effettuare dopo la fabbricazione per verificare le prestazioni del prodotto in rapporto agli indicatori di prestazione ambientale; d) le procedure per controllare la documentazione richiesta e garantirne l’aggiornamento; e e) il metodo di verifica dell’attuazione e dell’efficacia degli elementi ambientali del sistema di gestione. 3.2. Pianificazione Il fabbricante deve fissare e rivedere: a) procedure per l’elaborazione del profilo ecologico del prodotto; b) indicatori e obiettivi di prestazione ambientale del prodotto, che prendono in considerazione le opzioni tecnologiche tenuto conto delle esigenze tecniche ed economiche; e c) un programma per conseguire tali obiettivi. 3.3. Attuazione e documentazione 3.3.1. La documentazione riguardante il sistema di gestione deve, in particolare, rispettare i seguenti requisiti: a) devono essere definite e documentate le responsabilità e le autorità, allo scopo di garantire efficaci prestazioni ambientali del prodotto e di analizzarne la realizzazione a fini di revisione e di miglioramento; b) devono essere redatti documenti per illustrare le tecniche di verifica e di controllo della progettazione messe in atto e i processi e le misure sistematiche adottati in sede di progettazione del prodotto; e c) il fabbricante deve redigere e perfezionare le informazioni per descrivere gli elementi ambientali fondamentali del sistema di gestione e le procedure di controllo di tutti i documenti richiesti. 3.3.2. La documentazione riguardante il prodotto deve contenere in particolare: a) una descrizione generale del prodotto e dell’uso cui è destinato; b) i risultati dei pertinenti studi di valutazione ambientale condotti dal fabbricante e/o i riferimenti agli studi di caso o alla letteratura di valutazione ambientale utilizzati dal fabbricante per valutare, documentare e determinare le soluzioni di progettazione del prodotto; c) il profilo ecologico, se richiesto dalla misura di esecuzione; d) sono redatti documenti per descrivere i risultati delle misurazioni condotte con riguardo alle specifiche


per la progettazione ecocompatibile, comprendenti ragguagli sulla conformità di tali misurazioni alle prescrizioni precisate al riguardo nella misura di esecuzione applicabile; e) il fabbricante deve redigere specifiche per indicare, in particolare, le norme applicate e, qualora le norme di cui all’articolo 10 non siano applicate o non soddisfino interamente le prescrizioni della pertinente misura di esecuzione, gli strumenti impiegati per garantire la conformità; e f) una copia delle informazioni riguardanti gli aspetti di progettazione ambientale del prodotto fornite conformemente alle prescrizioni di cui all’allegato I, parte 2. 3.4. Azione di controllo e correttiva 3.4.1. Il fabbricante deve: a) adottare tutte le misure atte ad assicurare che il prodotto sia fabbricato in conformità delle specifiche di progettazione e delle prescrizioni della misura di esecuzione applicabile; b) istituire e perfezionare le procedure atte a individuare e a trattare la mancanza di conformità e ad apportare modifiche alle procedure documentate in forza di un’azione correttiva; e c) condurre almeno ogni tre anni un audit interno completo del sistema di gestione ambientale relativamente ai suoi elementi ambientali.

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ALLEGATO VI Dichiarazione CE di Conformità (articolo 5, paragrafo 3) La dichiarazione CE di conformità deve contenere i seguenti dati: 1) il nominativo e l’indirizzo del fabbricante o del suo mandatario; 2) una descrizione del modello sufficiente a garantirne l’individuazione senza ambiguità; 3) se del caso, i riferimenti alle norme armonizzate applicate; 4) se del caso, le altre norme tecniche e le specifiche utilizzate; 5) se del caso, il riferimento ad altra normativa comunitaria contemplante l’apposizione del marchio CE applicata; e 6) l’indicazione e la firma della persona avente titolo per vincolare il fabbricante o il suo mandatario.

ALLEGATO VII Contenuto delle misure di esecuzione (articolo 15, paragrafo 8) La misura di esecuzione deve specificare, in particolare: 1) la definizione esatta del tipo o dei tipi di prodotto in questione; 2) le specifiche per la progettazione ecocompatibile del prodotto in questione, la data o le date di attuazione, le misure o i periodi scaglionati nel tempo o di transizione: a) nel caso di specifiche generali per la progettazione ecocompatibile, le fasi e gli aspetti pertinenti tra

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quelli citati nell’allegato I, punti 1.1 e 1.2, corredati di esempi di parametri tra quelli citati nell’allegato I, punto 1.3, quale orientamento per valutare i miglioramenti relativi agli aspetti ambientali identificati; b) nel caso di specifiche particolari per la progettazione ecocompatibile, il livello di queste; i parametri di progettazione ecocompatibile di cui all’allegato I, parte 1, per i quali non è necessaria alcuna specifica per la progettazione ecocompatibile; le prescrizioni circa l’installazione del prodotto allorché presenta una pertinenza diretta alle considerate prestazioni ambientali del prodotto; le norme di misurazione e/o i metodi di misurazione da utilizzare; se disponibili, devono essere usate le norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea; i dati per la valutazione di conformità di cui alla decisione 93/465/CEE: a) nel caso in cui il modulo o i moduli da utilizzare siano diversi dal modulo A, i fattori che determinano la selezione di tale procedura specifica; b) se del caso, i criteri di approvazione e/o di certificazione da parte di terzi; se in altre prescrizioni CE per lo stesso prodotto sono previsti moduli diversi, il modulo da utilizzare per la prescrizione in questione è quello definito nella misura di esecuzione; le prescrizioni in merito alle informazioni che i fabbricanti devono fornire, in particolare riguardo agli elementi della documentazione tecnica necessari per facilitare il controllo della conformità dei prodotti alla misura di esecuzione; la durata del periodo di transizione durante il quale gli Stati membri devono consentire l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio di prodotti conformi alle disposizioni in vigore nel proprio territorio alla data di adozione della misura di esecuzione; la data della valutazione e dell’eventuale revisione della misura di esecuzione, tenendo conto della velocità del progresso tecnologico.

ALLEGATO VIII Autoregolamentazione (articolo 17) Oltre all’obbligo giuridico fondamentale che le iniziative di autoregolamentazione siano conformi a tutte le disposizioni del trattato (in particolare alle norme relative al mercato interno e alla concorrenza) nonché agli impegni internazionali della Comunità, ivi comprese le norme commerciali multilaterali, il seguente elenco, non esaustivo, di criteri indicativi può essere utilizzato per valutare l’ammissibilità delle iniziative di autoregolamentazione come alternativa a una misura di esecuzione nel quadro della presente direttiva. 1. Partecipazione aperta Le iniziative di autoregolamentazione devono essere aperte alla partecipazione di operatori di paesi terzi, sia nella fase preparatoria che nella fase di esecuzione. 2. Valore aggiunto Le iniziative di autoregolamentazione devono fornire

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valore aggiunto (rispetto all’«ordinaria amministrazione») in termini di miglioramento della prestazione ambientale globale dei prodotti considerati. 3. Rappresentatività L’industria e le sue associazioni che partecipano ad un’azione di autoregolamentazione devono rappresentare una grande maggioranza del settore economico interessato, con il minor numero possibile di eccezioni. Si deve vigilare sul rispetto delle regole di concorrenza. 4. Obiettivi quantificati e scaglionati Gli obiettivi elaborati dai soggetti interessati devono essere stabiliti in termini chiari ed univoci, partendo da principi base ben definiti. Se l’iniziativa di autoregolamentazione è di lungo termine, si devono prevedere obiettivi intermedi. Deve essere possibile monitorare il rispetto degli obiettivi e delle tappe (intermedie) in modo fattibile e credibile utilizzando indicatori chiari ed affidabili. Lo sviluppo di tali indicatori deve essere agevolato dai dati provenienti dalla ricerca e da una base di dati scientifici e tecnologici. 5. Coinvolgimento della società civile Al fine di assicurare la trasparenza, le iniziative di autoregolamentazione devono essere rese pubbliche, incluso attraverso Internet e altri mezzi elettronici di diffusione dell’informazione. Lo stesso si deve applicare alle relazioni di monitoraggio interlocutorie e definitive. Le parti interessate, in particolare gli Stati membri, l’industria, le ONG ambientalistiche e le associazioni di consumatori devono essere invitate a prendere posizione sulle iniziative di autoregolamentazione. 6. Monitoraggio e relazioni Le iniziative di autoregolamentazione devono comportare un sistema di monitoraggio ben concepito con responsabilità chiaramente definite per l’industria e gli ispettori indipendenti. I servizi della Commissione, in associazione con le parti dell’iniziativa di autoregolamentazione, devono essere invitati a controllare il conseguimento degli obiettivi. Il piano di monitoraggio e di relazioni deve essere dettagliato, trasparente ed obiettivo. Spetta ai servizi della Commissione, assistiti dal comitato di cui all’articolo 19, paragrafo 1, esaminare se gli obiettivi dell’accordo volontario o di altre misure di autoregolamentazione sono stati conseguiti. 7. Rapporto costi-efficacia della gestione di un’iniziativa di autoregolamentazione I costi di gestione delle iniziative di autoregolamentazione, in particolare per quanto concerne il monitoraggio, non devono comportare un onere amministrativo

eccessivo rispetto agli obiettivi e ad altri strumenti programmatici esistenti. 8. Sostenibilità Le iniziative di autoregolamentazione devono essere conformi agli obiettivi programmatici della presente di-

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rettiva, ivi compreso l’approccio integrato, e devono essere coerenti con le dimensioni economiche e sociali dello sviluppo sostenibile. Deve essere integrata la tutela degli interessi dei consumatori, segnatamente sanità, qualità della vita ed interessi economici. 9. Compatibilità degli incentivi È poco probabile che le iniziative di autoregolamentazione producano i risultati attesi se altri fattori ed incentivi - pressione del mercato, fiscalità e legislazione nazionale - inviano segnali contraddittori a coloro che partecipano all’iniziativa di autoregolamentazione. La coerenza programmatica è al riguardo indispensabile e deve essere presa in considerazione all’atto di valutare l’efficacia dell’iniziativa.

ALLEGATO IX PARTE A Direttiva abrogata e relative modifiche successive (articolo 24) Direttiva 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 191 del 22.7.2005, pag. 29) Direttiva 2008/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 81 del 20.3.2008, pag. 48). unicamente l’articolo 1 PARTE B Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale (articolo 24)

ALLEGATO X Tavola di Concordanza


prosegue da pag. 48 istituendo un quadro per la definizione delle specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia. Sebbene non stabilisse alcun requisito vincolante per prodotti specifici, la Direttiva determinava condizioni e criteri per la definizione di tali specifiche e istituiva, pertanto, un quadro normativo coerente, valido per tutta l’Unione europea, volto a ottimizzare le prestazioni ambientali dei prodotti che consumano energia. Per introdurre il conferimento alla Commissione UE di competenze esecutive la Direttiva 2008/28/CE introduceva modifica alla Direttiva originaria (Art. 1). Poi, nel luglio 2008, nel quadro del Piano d’azione sul consumo e sulla produzione sostenibili, la Commissione proponeva di includere nella normativa una più ampia serie di prodotti, in modo da comprendervi quelli connessi all’adempimento dei requisiti di efficienza energetica da parte di una vasta gamma, per ottenere un risparmio energetico di portata significativa. Dopo l’approvazione definitiva ad inizio 2009 del Pacchetto “Clima-Energia”, con il quale l’Unione Europea si è impegnata a ridurre entro il 2020 del 20% le emissioni di anidride carbonica, a far fronte alle proprie esigenze energetiche con il 20% di rinnovabili e ad aumentare del 20% l’efficienza energetica (il cosiddetto triplo 20), al fine di rispettare tali vincoli la Commissione UE iniziava a predisporre strumenti normativi per aiutare gli Stati membri ad imboccare la giusta direzione, includendo, tra l’altro, la proposta di inserire nella Direttiva sulla progettazione ecocompatibile i prodotti connessi all’energia, oltre ai prodotti che consumano energia. Tale ampliamento del campo d’applicazione della Direttiva, veniva approvato dal Parlamento europeo nell’aprile 2009, comprendendo anche prodotti quali, ad esempio finestre e apparecchiature che consumano acqua.

Nel frattempo, venivano adottati dei Regolamenti che definiscono le norme specifiche per ogni categoria di prodotto, fissando misure di esecuzione generali e particolari (le generali, mirano al miglioramento delle prestazioni ambientali dei prodotti, senza fissare dei valori limite; quelle particolari, hanno come scopo di migliorare un aspetto ambientale specifico del prodotto e definiscono specifici valori limite, ad es., possono riguardare la definizione dei limiti di consumo di una data risorsa nella fase di utilizzo del prodotto). Tali Regolamenti, con le relative misure di esecuzione, sono stati emanati per quei prodotti: - che hanno un significativo volume di vendita e di scambi commerciali nell’Unione Europea, indicativamente superiore alle 200.000 unità annue; - che hanno un significativo impatto ambientale; - che hanno significative potenzialità di miglioramento con riguardo all’impatto ambientale. Questi Regolamenti hanno riguardato le specifiche relative alla progettazione: - di elettrodomestici e di apparecchiature elettriche ed elettroniche per ufficio, in modo da ridurre il consumo energetico in modalità stand-by e spento (Regolamento CE n. 1275/2008); - per la maggiore efficienza dei ricevitori digitali semplici ovvero decoder (Regolamento n. 107/2009); - delle lampade non direzionali per uso domestico (Regolamento n. 244/2009); - di lampade fluorescenti senza alimentatore integrato, lampade a scarica ad alta intensità e di alimentatori e apparecchi di illuminazione in grado di far funzionare tali lampade; - del consumo di energia elettrica a

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vuoto e al rendimento medio in modo attivo per gli alimentatori esterni (Regolamento n. 278/2009). Il 22 luglio, poi, sono stati contemporaneamente adottati ben quattro Regolamenti specifiche tecniche per la progettazione di: - motori elettrici industriali (Regolamento n. 640); - circolatori (ndr: apparecchi che fanno circolare negli impianti di riscaldamento a radiatori) senza premistoppa indipendenti e quelli integrati in prodotti (Regolamento n. 641); - televisori (Regolamento n. 642); - frigoriferi e congelatori per uso domestico (Regolamento n. 643). - radiazioni ultraviolette delle lampade non direzionali per uso domestico (Regolamento n. 859). L’adozione di tutte le sopra richiamate misure, se pienamente attuate, dovrebbe garantire, secondo la Commissione UE un risparmio complessivo annuo non indifferente. “Questo pacchetto è un passo importante nel raggiungimento dei nostri obiettivi in materia di efficienza energetica, la


lotta contro i cambiamenti climatici e la ripresa economica - aveva dichiarato Andris Piebalgs, Commissario europeo responsabile per l’Energia - Esso genera notevoli vantaggi in termini di risparmio di energia elettrica e dei costi, così come le emissioni evitate e la creazione di posti di lavoro, oltre a stimolare la diffusione di tecnologie innovative”. A titolo esemplificativo, solo dall’applicazione del Regolamento per migliorare il rendimento degli alimentatori esterni la Commissione UE ha valutato al 2020 un risparmio di elettricità di 9 TWh e di 3 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. Un aumento pari ad appena il 30% dell’impiego di finestre a doppi vetri consentirebbe di risparmiare, entro il 2020, 55.000 GWh, che equivalgono a 27 milioni di tonnellate di CO2 o all’energia prodotta da due-tre centrali nucleari. Inoltre, l’installazione di rubinetti economizzatori e di soffioni per doccia può ridurre il consumo di acqua e, dunque, l’energia utilizzata per riscaldarla. La Commissione europea auspica di poter contare sulla collaborazione del

settore industriale nella convinzione che accordi volontari ambiziosi possano costituire un’alternativa al quadro normativo. Allo stesso modo la Commissione ha dichiarato che è possibile integrare le specifiche minime in materia di progettazione ecocompatibile con parametri di riferimento stabiliti volontariamente, come, ad esempio, quelli relativi alla quantità di mercurio contenuto nelle lampade a mercurio. Trattandosi di rifusione, l’obbligo di recepire nel diritto nazionale la nuova Direttiva (entrerà in vigore il 20 novembre 2009) è limitato alle disposizioni che costituiscono modificazioni sostanziali della Direttiva 2005/32/CE che viene comunque abrogata, dovrà essere attuato entro il 20 novembre 2010. La Commissione presenterà entro il 21 ottobre 2011 il secondo Piano di lavoro per la Direttiva sulla progettazione ecocompatibile; mentre il periodo di validità del primo piano di lavoro, pubblicato il 21 ottobre 2008, comprendente il periodo tra il 2009 e il 2011 contiene un primo gruppo di 19 prodotti individuati per criteri standard di efficienza energetica. Durante

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tale periodo la Commissione intende avviare studi preparatori e consultare le parti interessate al fine di adottare misure di esecuzione. Inoltre, entro il 2012, la Commissione verificherà l’efficacia della Direttiva sulla progettazione ecocompatibile e sulle relative misure di esecuzione. Poiché non ci sono profonde modifiche, se non quella relativa all’estensione del campo di applicazione di cui al punto 1 dell’Articolo 2, ci limitiamo a segnalare solo le parti che contengono novità rispetto alla Direttiva abrogata.

Nelle premesse (Considerando 4) si specifica che altri prodotti connessi all’energia quali materiali da costruzione, finestre e materiali isolanti, o alcuni prodotti che utilizzano l’acqua, quali soffioni doccia , rubinetti ecc., presentano notevoli potenzialità di miglioramento in termini di riduzione degli impatti ambientali e di risparmio energetico, mediante una migliore progettazione che determina nuove ed effettive opportunità per il fabbricante, il consumatore e la società nel


suo insieme (Considerando 5). Agire nella fase progettuale del prodotto connesso all’energia, vuol dire limitare l’impatto, dal momento che è in tale fase che si determina l’inquinamento provocato durante il ciclo di vita del prodotto (Considerando 7). Per ottimizzare i benefici ambientali derivanti dal miglioramento della progettazione può essere necessario informare i consumatori in merito alle caratteristiche e ai risultati ambientali dei prodotti connessi all’energia e fornire loro consigli per un utilizzo del prodotto rispettoso dell’ambiente (Considerando 12). Articolo 2 Definizioni 1) “prodotto connesso all’energia” (“prodotto”), qualsiasi bene che abbia un impatto sul consumo energetico durante l’utilizzo, che viene immesso sul mercato e/o messo in servizio e che comprende le parti destinate a essere incorporate in un prodotto connesso all’energia contemplato dalla presente direttiva, immesse sul mercato e/o messe in servizio come parti a sé stanti per gli utilizzatori finali, e le cui prestazioni ambientali possono essere valutate in maniera indipendente; 17) “recupero”, ognuna delle operazioni applicabili di cui all’Allegato II B della Direttiva 2006/12/CE relativa ai rifiuti; 18) “rifiuto”, qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I della Direttiva 2006/12/CE relativa ai rifiuti cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. Articolo 16 Piano di lavoro 1. Conformemente ai criteri di cui all’articolo 15 e previa consultazione del forum consultivo di cui all’articolo 18, la Commissione stabilisce, entro il 21 ottobre 2011, un piano di lavoro che è reso disponibile per il pubblico.

Articolo 20 Sanzioni Gli Stati membri stabiliscono le norme applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in forza della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive, tenendo conto del grado di non conformità e del numero di unità di prodotti non conformi immessi sul mercato comunitario. Gli Stati membri notificano dette disposizioni alla Commissione entro il 20 novembre 2010 e la informano senza indugio di eventuali successive modifiche delle stesse. Articolo 21 Verifica Entro il 2012, la Commissione verifica l’efficacia della presente direttiva e le relative misure di esecuzione, tra cui: a) la metodologia per l’individuazione e la copertura di importanti parametri ambientali, come l’efficienza delle risorse, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti; b) la soglia delle misure di esecuzione; c) i meccanismi di sorveglianza del mercato; d) le pertinenti misure di autoregolamentazione promosse. A seguito di tale verifica, e tenendo segnatamente conto delle esperienze relative all’estensione dell’ambito di applicazione della presente Direttiva, la Commissione valuta in particolare l’opportunità di estendere l’ambito di applicazione della Direttiva ai prodotti non connessi all’energia, al fine di ridurre significativamente gli impatti ambientali in tutto il ciclo di vita di tali prodotti, previa consultazione del forum consultivo di cui all’articolo 18 e, se del caso, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio proposte di modifica della presente Direttiva. Articolo 23 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le

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disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 9, 11, 14, 15 e 20 e agli allegati da I a V, VII e VIII entro il 20 novembre 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che i riferimenti alla Direttiva abrogata dalla presente Direttiva contenuti nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti si intendono fatti alla presente Direttiva. Le modalità di tale riferimento nonché la formulazione di tale indicazione sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 24 Abrogazione La Direttiva 2005/32/CE, modificata dalle direttive menzionate nell’Allegato IX, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’Allegato IX, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’Allegato X. Si rammenta che la Direttiva, come per altro quella abrogata, non si applica ai mezzi di trasporto di passeggeri e merci.


INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Rapporto FISE-UNIRE “L’Italia del Recupero 2009”

CRISI ECONOMICA: A RISCHIO I SISTEMI DI RACCOLTA E RECUPERO RIFIUTI Come è ormai consuetudine, la FISE-UNIRE (Unione Nazionale Imprese di Recupero) ha presentato ad ECOMONDO il 30 ottobre 2009 presso la Sala Diotallevi di Rimini Fiera, “ L’Italia del recupero”, l’annuale rapporto dello stato del riciclo dei rifiuti, giunto alla sua decima edizione. La relazione introduttiva, che ha preceduto l’interessante Tavola Rotonda dal titolo “L’industria del riciclo: valenza economica e prospettive nel mercato globale”, è stata svolta Claudio Francia di AEW Ricerca che ne ha curato la redazione. “Se non saranno messi in atto rapidi e concreti interventi correttivi, gli effetti dell’attuale crisi economica rischiano di far inceppare il ciclo di raccolta e recupero rifiuti”: è questo l’allarme che emerge dallo studio. L’attuale congiuntura economica, spiega l’analisi, ha provocato un crollo nelle quotazioni delle materie prime, causando pesanti ricadute anche sui mercati dei materiali riciclati. A questo riguardo, riteniamo che la situazione non possa risolversi in poco tempo, a meno che non si riallineino flussi di materia e flussi finanziari, con la consapevolezza che le materie prime sono sempre più scarse e che deve essere incentivato l’utilizzo di materie prime secondarie, altrimenti non avrebbe senso aver fissato obiettivi di raccolta differenziata sempre più ambiziosi. D’altra parte la globalizzazione dei mercati ha determinato la localizzazione di interi settori industriali e di mercato in altri Paesi, soprattutto del Sudest asiatico (il prezzo della plastica ormai viene definito dalla Cina). “L’Asia importa 48 milioni di tonnellate di materie prime seconde e i paesi esportatori sono i Paesi del nord Europa e gli USA - ha infatti osservato Francia - Questo significa che si sta delineando una forte industria del recupero e riciclaggio in asia e questo non potrà che produrre problemi alle industrie del nostro Paese”. In pochi anni nel settore del recupero di carta e cartoni, il nostro Paese è passato da importatore ad esportatore , con circa 1.5 milioni di tonnellate di carta da macero esportate in Cina. Senza contare che, anche alla luce delle Direttive europee sul riciclo e del Regolamento REACH, questi Paesi rivolgono ormai richieste di certificazioni dei materiali che vengono esportati. Così, nonostante la costante crescita degli ultimi anni, si può leggere nel Rapporto, l’industria del recupero rischia di entrare in una fase di stallo a causa all’insufficienza dei mercati di sbocco e a strozzature prolungate della domanda di materiali: a cascata, la raccolta differenziata rischia di rimanere “parcheggiata” sui piazzali degli impianti (quando

non viene data alla fiamme, aggiungiamo noi, come fanno sospettare i numerosi incendi che hanno colpito negli ultimi mesi impianti di raccolta e riciclaggio in varie aree del Paese) o, paradossalmente, di non trovare sbocco, compromettendo anche lo sviluppo delle raccolte differenziate, in particolare nel Sud del Paese. Per alcuni settori del recupero (carta), gli attuali tassi di riciclo e di raccolta sono stati mantenuti solo grazie all’incremento delle esportazioni (dirette soprattutto nell’Estremo Oriente), che dovrebbero, alla luce dell’attuale situazione, continuare a crescere nel medio-lungo periodo. In questo contesto - in cui la qualità della raccolta, il ruolo delle piattaforme e le esportazioni divengono sempre più centrali risulta indispensabile un’adeguata valorizzazione del ruolo dei recuperatori, in linea con le disposizioni normative. “È necessario, quindi - ha evidenziato Corrado Scapino, Presidente di UNIRE - un coinvolgimento della rappresentanza dei recuperatori negli accordi che regolano anche le fasi di trattamento dei rifiuti da raccolte differenziate e quindi anche nell’Accordo ANCI-CONAI, in quanto in alcune parti dello stesso si disciplinano attività e responsabilità dei recuperatori, non tenendo conto delle oggettive esigenze e innestando conflitti o mancate attuazioni degli accordi in fase operativa”. “Una raccolta differenziata di qualità - ha proseguito Scapino - rappresenta il presupposto, e non l’obiettivo principe, di una migliore gestione dei rifiuti, che va rifocalizzata innanzitutto sul ‘risultato ovvero sulla possibilità di produrre materiali recuperati con sempre maggiore qualità e sulla capacità di questi di essere riassorbiti anche in nuovi cicli produttivi”. Per non compromettere i tassi di raccolta raggiunti e gli obiettivi fissati dal Legislatore, si sottolinea nel Rapporto, è necessario accrescere la capacità di riutilizzo di alcuni materiali da parte dell’industria nazionale, e rafforzare sia la domanda di materiali riciclati che di beni e manufatti da questi ottenuti, anche mediante interventi quali il “Green Public Procurement” (acquisti “verdi” da parte delle Pubbliche Amministrazioni), ad oggi limitato a poche esperienze; è altrettanto urgente individuare e promuovere nuovi sbocchi attraverso un’adeguata incentivazione della ricerca di nuove applicazioni in processi produttivi manifatturieri e nei “Green products”. Il tema del GPP e del Decreto attuativo 203/2003 è stato oggetto di amari commenti nel corso della Tavola Rotonda, allorché si sono ricordati gli scarsi esiti, anche per la mancanza di sanzioni. Non ultimo, lo studio evidenzia che resta irrisolta l’annosa problematica del rapporto pubblico-privato, in particolare nell’applicazione delle disposizioni sulla limitazione della

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privativa comunale, che dovrebbe interessare i rifiuti domestici e delle piccole attività (commerciali e artigianali) e che invece spesso, per esigenze diverse da quelle ambientali, si estende in modo coercitivo anche ai rifiuti prodotti da attività economiche. Queste le principali evidenze (in cifre) emerse dal Rapporto per i singoli settori: Carta Nel 2008 la raccolta differenziata della carta e cartone da suolo pubblico ha raggiunto 2,9 mil. di ton, mentre quella da superfici private da uffici, commercio e industria ha toccato quota 1,9 mil. di ton. A fronte di un fabbisogno nazionale di 5,3 mil. di tonnellate di macero, oltre 1,5 mil. di ton. di macero sono state esportate all’estero. La crisi si è abbattuta anche sui prezzi del macero, causando un crollo delle quotazioni, in costante crescita invece negli anni precedenti. Vetro In Italia nel 2008 sono state riciclate complessivamente 1,83 mil. di ton. di vetro di cui 1,39 mil. di tonnellate costituite da imballaggi. A livello europeo, questo settore è rimasto schiacciato tra domanda e prezzi calanti del prodotto finito e costi crescenti, causati dall’accumulo di materiali presso gli impianti di produzione delle materie prime secondarie. Plastica Lo scorso anno sono stati prodotti 3,44 mil. di ton. di manufatti in materie plastiche di cui 2,2 mil.di ton. di imballaggi e 1,2 mil. di ton. di prodotti per costruzioni, auto, elettrici, oggettistica, agricoltura e altre destinazioni. Rispetto al totale dei manufatti in plastica prodotti, sono stati avviati a riciclo meccanico 746 mila ton., a recupero 784 mila ton. e 1,91 mil. di tonnellate a recupero energetico. Dal secondo semestre, il comparto ha dovuto affrontare una congiuntura

negativa anche in relazione alla forte caduta del prezzo delle principali materie plastiche vergini. Acciaio La contrazione della domanda globale ha causato una riduzione della produzione mondiale di acciaio di circa l’1,9% rispetto al 2007, ed ha arrestato il trend di continua crescita che ormai durava da dieci anni. I quantitativi raccolti di imballaggi in acciaio sono diminuiti di 15.000 ton. La quantità effettiva di imballaggi in acciaio (domestici ed industriali) avviati a riciclo dal CNA nel 2008 è pari a 373.840 ton. Tale risultato se in valore assoluto è inferiore al totale avviato a riciclo nel 2007 del 4,5%, come percentuale sull’immesso al consumo corrisponde ad un tasso di riciclo del 69,6%. Alluminio A fine 2008 la quota di recupero di imballaggi di alluminio si stima essere del 63,6% dell’immesso sul mercato. Grazie al riciclo di 38.500 tonnellate di imballaggi in alluminio sono state evitate emissioni serra per 390.000 ton. di CO2, e risparmiata energia pari a 142.000 tep (tonnellate equivalenti petrolio). Oggi il nostro Paese detiene la leadership nel recupero in Europa, insieme alla Germania. Legno Gli operatori del settore hanno recuperato 1.680.341 ton. di rifiuti legnosi complessivi (imballaggi e altri rifiuti legnosi), con una contrazione di quantitativi avviati a riciclo pari al 7% rispetto al 2007. Soddisfacente, comunque, è la percentuale di imballaggi in legno avviati al recupero, pari al 56%. Gomma In Italia sono state prodotte 410mila ton. di pneumatici fuori uso. La quota di recupero energetico risulta in preoccupante calo (circa il 20%), spiegabile con la contrazione del settore cementizio ed energetico. La quota di export cresce in maniera esponenziale (al 10% nel 2008 contro il 2,5% registrato nel 2007), indice di una “fuga di materiali” verso l’estero. Il

RACCOLTA, RICICLAGGIO, EXPORT, IMPORT DI CARTA DA MACERO IN ITALIA SERIE STORICA (000/TON)

Fonte: FISE-UNIRE

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recupero di materia prima continua a far registrare un trend in lieve ma costante crescita tanto da rappresentare il fattore trainante del settore del recupero. Batterie La raccolta COBAT si è attestata a 161.170 ton., dalle quali è stato possibile produrre piombo e leghe di piombo per un totale di 119.332 ton.. Del piombo ottenuto, circa il 70% è stato impiegato per produzione di nuove batterie, mentre il 30% è stato destinato ad usi diversi in vari settori industriali. Veicoli fuori uso Nel 2008, il numero di veicoli avviati a demolizione è stato complessivamente pari a circa 1,3 mil.. Il riciclaggio ha registrato un leggero aumento fra il 2006 e il 2007, mentre fra il 2007 e il 2008, la performance risulta notevolmente migliorata. La media della percentuale in peso del veicolo, che viene separata per l’invio dei materiali a successivo riciclaggio, pari all’1,36% nel 2006, si attesta al 1,74% nel 2007, fino ad arrivare al 4,63% nel 2008. A questa va aggiunta una percentuale pari allo 0,66 di liquidi drenati per un totale del 5,3%, sul peso dei veicoli trattati, avviato a riciclo.

Rifiuti elettrici ed elettronici Nell’anno di avvio del nuovo sistema di gestione, la raccolta ha toccato quota 65.000 ton. Il totale di RAEE recuperati è composto per il 36% da apparecchiature refrigeranti, per il 27% da Tv e monitor, per il 20% dai grandi bianchi e per il 15% da apparecchi illuminanti). Abiti usati 4 chili pro capite è quanto ogni individuo dismette ogni anno in abiti usati ed accessori (scarpe o tessili usati) nelle abitazioni domestiche. Proiettando il dato in ambito nazionale, vengono dismesse circa 240.000 ton. di abiti usati ed accessori, che corrispondono, in volume pari a 16.000 tir (più di 40 camion al giorno per tutto l’anno). Nel 2007 sono state raccolte circa 73.000 ton. della “frazione tessile”. La raccolta differenziata degli abiti è praticamente raddoppiata negli ultimi 8 anni, passando dallo 0,11% del 2001 allo 0,22% del 2007 sul totale della produzione di rifiuti urbani. Rifiuti inerti I dati ufficiali relativi al riciclaggio dei rifiuti inerti indicano che il quantitativo di rifiuti da costruzione e demolizione prodotti in Italia è pari a circa 52 mil. di ton; meno del 10% di questi quantitativi viene avviato a recupero.

STIMA DEL MERCATO DEL RECUPERO E DEL RICICLAGGIO DEI MATERIALI DA RU E RS 2008 (000/TON) Canale di raccolta interno Italia

Materiali

Acciaio Alluminio Carta Legno Plastica (2007) Vetro totale Frazione organica selezionata (2007) Verde (2007)

Imballaggi da RU

155 6 894 153 306 995 2.509

Altri materiali da rifiuti urbani

Imballaggi commerciali e industriali

Raccolta altri rifiuti speciali e sfridi di produzione da C&D

Totale Raccolta di materia

1.548 316 74

241 32 2.413 1.366 366 395 4.813

18.243 493 1.460 2.105 212 242 22.755

18.639 531 6.315 3.940 958 1.632 32.015

1.938

1272 1096

Fanghi e altro (2007)

812

Totale compostaggio

3180

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Imp. Netto + Exp. Netto -

Recupero riciclaggio di materia

5.613 417 -987 560 385 202 6.190

24.252 948 5.328 4.500 1.343 1.834 38.205


Pubblicato il Report “The Compelling Facts About Plastics 2008”

L’“INCONFUTABILE” CRISI DELLE PLASTICHE COMPORTA GRAVI RISCHI PER L’AMBIENTE

Ai decisori politici spetta l’onere di intervenire per un riciclaggio “economicamente” sostenibile

Recensendo lo Studio “Riciclare le materie plastiche: sfide e opportunità” (Hopewell J., Dvorak R., Rosior E.: “ Plastics recycling: challenges and opportunities” in Philosophical Transactions of the Royal Society, Biol. Sci. 27 luglio 2009, n. 364, pp2115-26)), Science for Environment Policy, News Alert Service della Commissione UE- Direzione Generale Ambiente, così sintetizzava le indicazioni e i risultati a cui erano giunti gli autori: “La produzione delle materie plastiche è in aumento, ma il nostro uso del materiale è insostenibile”. Non si può che condividere questa affermazione, a meno che non si abbiano pregiudizi nei confronti della plastica, tali da individuare nei polimeri sintetici una sorta di “cancro” dell’ambiente, come fa il film-documentario “Plastic Placet” del regista austriaco Werner Boote, presentato il 15 ottobre all’International Film Festival di Roma con un promo decisamente allarmistico: “Dopo che avrete visto questo film non berrete più da bottiglie di plastica”. L’anno scorso, proprio in occasione della presentazione del Rapporto “The Compelling Facts About Plastics 2007”, pur osservando che troppa plastica finisce ancora nelle discariche o viene abbandonata nell’ambiente, sottolineavamo che di plastica, magari quella prima secondaria derivante dal riciclaggio,o quella biodegradabilie ovvero quella connessa

alle bio e nanotecnologie avremmo avuto ancora bisogno (cfr: “Plastica: ha più di cent’anni, ma non li dimostra. Di forma in forma, di vita in vita” in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2008, pag. 56 e segg.). A conforto di questa nostra posizione, visitando la Fiera ECOMONDO 2009 di Rimini, si è potuto constatare l’enorme quantità e varietà di impieghi che le materie plastiche riciclate hanno offerto ad operatori e visitatori. Ad ECOMONDO, comunque, abbiamo anche ascoltato che il settore del riciclaggio delle plastiche è entrato in crisi, sia per recessione economica, in generale, sia per la forte caduta del prezzo delle materie prime vergini, in particolare, che di fatto ha reso non competitivo quello delle materie prime secondarie (cfr.: “Crisi economica: a rischio i sistemi di raccolta e recupero rifiuti” a pag. 52 di questo stesso numero). Questa non è certamente una buona notizia per l’ambiente dal momento che per fabbricare le materie plastiche vergini tradizionali si utilizza il 4% del petrolio estratto (risorsa non rinnovabile) e un ulteriore 4% viene consumato per generare l’energia necessaria per la loro produzione. L’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment) condotto dall’Institute für Energie und Umweltforchsung di Heidelberg

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Domanda di materie plastiche dei trasformatori. Per tipologie (a sinistra) e per settori

Fonte: “The Compelling Facts About Plastics 2008”

su una bottiglia di PET ha evidenziato che quella prodotta con materiale riciclato riduce del 27% le emissioni di CO2 in atmosfera, rispetto ad una bottiglia di PET vergine. Orbene, atteso che non è più rinviabile una green economy

se vogliamo uno sviluppo sostenibile, dobbiamo avere un riciclaggio economicamente sostenibile, in grado di competere con il mercato; evento questo che, in attesa della risalita delle quotazioni del petrolio a 100 $ al barile (quale auspicio!),

Percentuali di riciclaggio e recupero energetico delle plastiche nei Paesi europei

Fonte: “The Compelling Facts About Plastics 2008”

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può essere conseguito in questa fase solo attraverso sovvenzioni. In caso contrario, si rischia di tornare ad intasare le discariche con le plastiche, di vedere “andare in fumo” il materiale presso i piazzali degli impianti di raccolta e riciclaggio, di esportare, non sempre legalmente, una risorsa che contiene materiali, energia e know-how. Non casualmente, sulla base de “I fatti inconfutabili delle materie plastiche 2008”, l’annuale Rapporto che viene realizzato da PlasticsEurope, EuPC, EuPR ed EPRO, le Associazioni europee dei Produttori, Trasformatori e Riciclatori delle materie plastiche, il comparto ha invitato i decision makers dell’Unione Europea ad intervenire per sostenere il settore, formulando una serie di concrete richieste, anche al fine di mantenere e sviluppare un solido mercato all’interno della Comunità, tra cui spiccano: - rifusione della Direttiva sugli appalti pubblici ed acquisti verdi (GPP); - concessioni di incentivi per misure di efficienza energetica; - promozione dell’innovazione, anche al fine di avere un ambiente migliore.

Anche la caduta del riciclaggio viene stimata nel 1° semestre 2009 nell’ordine del 5-10%. Tuttavia, il dato annuale (2008 rispetto al 2007) testimonia che il riciclo delle materie plastiche è stato l’unico dato positivo dello scenario europeo con un incremento del 4,3%, a fronte di un aumento dei rifiuti plastici di un solo punto: dal 20,4% al 21,3%. Se si sommano i dati del riciclaggio con quelli di recupero energetico si raggiunge una percentuale del 51,3% di materiali plastici sottratti alle discariche, anche se si deve rilevare che è soprattutto la termovalorizzazione ad aver incremento la la sua quota del 3,6%, portandoCopertina del Rapporto con l’immagine dell’auto in plastiche a celle solari creata dall’European Space Agency si al 30%. Positivo è pure il risultato del tasso di riciclaggio degli imballaggi in plastica, passato dal 28% al 29%, con il 57% di imballaggi proveniente dalle famiglie e il 43% generato da industria e commercio. Dato del tutto coerente con la produzione di plastica per imballaggi, che rimana il settore di maggior utilizzo (38%), seguito da costruzioni (21%), auto (7%), apparecchiature elettriche ed elettroniche (6%). La produzione europea Veniamo, quindi, al Rapdi materie plastiche è porto che quest’anno, scesa complessivamente oltre a contenere tutti i da 65 milioni di tonnelladati relativi alla produziote del 2007 a 60 milioni ne, consumo e riciclaggio del 2008, con un trend di materie plastiche al perfettamente in linea 2008, presenta un Outcon quello globale, viFonte: “The Compelling Facts About Plastics 2008” look sul primo semestre sto che la produzione 2009, da cui si evince che mondiale è scesa da 260 da gennaio a giugno nei 27 Paesi UE la produzione è milioni di tonnellate (2007) a 245 milioni di tonnellate crollata al 26% rispetto ai primi 6 mesi del 2008. del 2008. A livello europeo, la Germania si è confermata il Un rallentamento meno netto è stato registrato dall’industria Paese maggior produttore (7,5%) della produzione mondiale, di trasformazione che nel 1° semestre 2009 ha visto un seguita da Benelux (4,5%), Francia (3%) e Italia (2%). calo “solo” del 18% rispetto al corrispondente semestre Minor contrazione (7,5) è stata denunciata dall’industria 2008, anche se nel Rapporto si sottolinea che, mentre il europea di trasformazione che nel 2008 ha lavorato 48,5 settore imballaggi è rimasto pressoché invariato, le richieste milioni di tonnellate di plastiche vergini, rispetto ai 52,5 del settore auto sono diminuite del 40%. milioni di tonnellate del 2007.

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QUALITÀ E AMBIENTE

Dal 21 al 29 novembre 2009

“SETTIMANA EUROPEA PER LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI” Numerosi impegni e azioni programmati per la 1 edizione ufficiale a

Nel corso di ECOMONDO, presso lo Stand di Federambiente, è stata presentata il 30 ottobre la “Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti” (European Week for Waste Reduction). Si tratta della prima Manifestazione ufficiale quella che si svolgerà dal 21 al 29 Novembre 2009, dopo l’esperienza pilota che si è svolta lo scorso anno in Italia e che ha registrato un grande impatto mediatico e il coinvolgimento di circa 200 istituzioni e associazioni.

i rifiuti sono l’esito di un precedente ciclo di produzione, commercio e consumo. Prevenire la formazione del rifiuto nelle fasi di progettazione e fabbricazione di merci e imballaggi è fondamentale ai fini della sostenibilità e anche per risparmiare energia e ridurre le emissioni in atmosfera. La settimana europea per la riduzione dei rifiuti, di cui Federambiente è fra i protagonisti, è l’occasione per diffondere consapevolezza nelle comunità locali e per divulgare le concrete azioni che ciascuno può compiere per ridurre i rifiuti e dare una mano all’ambiente”.

L’elaborata campagna di comunicazione, promossa dall’Unione Europea con il supporto del Programma LIFE+, quest’anno La campagna è rivolta in modo particolare a Pubbliche coinvolgerà diversi Stati: Francia, Belgio, Portogallo, Spa- Amministrazioni ed Enti locali, Associazioni e ONG, progna, Gran Bretagna, Irlanda, duttori, industrie e mondo delle imprese, istituti scoRomania, Svezia, Estonia, oltre l’Italia che al momento della lastici: chiunque, tra questi presentazione aveva già messo soggetti, decida di partecipare in programma 138 iniziative, attivamente, promuovendo e ma altre ancora se ne dovreborganizzando un’azione virbero aggiungere, dal momento tuosa volta alla riduzione dei che la scadenza per partecirifiuti o al riutilizzo dei beni, pare è fissata al 7 novembre, diventerà “project developer”, come ha osservato il Comitato cioè portatore di progetto, promotore italiano, composto ricevendo la denominazione da: Osservatorio Nazionale ufficiale, il kit completo della Rifiuti, Federambiente, Rifiucampagna e la possibilità di ti 21 Network, Legambiente, utilizzare il logo europeo. CNI-UNESCO, AICA (AssociaPotranno partecipare anche zione Internazionale per la singoli cittadini, compilanComunicazione Ambientale), doall’interno di un’apposita Provincia di Torino, Eco dalle bacheca del sito dedicato www. Città, E.R.I.C.A. Soc. Coop. menorifiuti.org, il proprio impegno per la “Settimana” Scopo dell’iniziativa è di promuovere tra i cittadini, una di riduzione dei rifiuti quotimaggior consapevolezza suldiani. le eccessive quantità di rifiuti “Da nord a sud, nel nostro Paprodotti e sulla necessità di ese le esperienze di riduzione ridurli drasticamente. della produzione di rifiuti soProprio le difficoltà degli no sempre più numerose - ha attuali sistemi di raccolta e dichiarato Stefano Ciafani, recupero, a seguito della crisi Responsabile scientifico di Leeconomica e del contempogambiente - Si tratta di una raneo crollo delle quotazioni serie limitata ma importandelle materie prime secondarie te d’iniziative locali - come, La locandina della Campagna pilota dello scorso anno che abbiamo analizzato in altra per esempio, la promozione dell’uso dell’acqua del ruparte di questo numero (cfr.: “Crisi economica: a rischio i sistemi di raccolta e recupero binetto e dei sacchetti riutilizzabili o biodegradabili, del rifiuti” a pag. 52 di questo stesso numero), ripropongono compostaggio domestico e degli acquisti consapevoli - da in primo piano la necessità di ridurre i rifiuti. replicare il più possibile in tutta Italia. Da sole, però, le buone “La prima buona pratica nella gestione dei rifiuti è quella di pratiche di prevenzione non bastano: sono necessarie ininon produrli - ha osservato Daniele Fortini, Presidente di ziative strutturali di carattere nazionale, che coinvolgano Federambiente - Così come le città non si sporcano da sole, soprattutto il mondo della produzione e della distribuzione.

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Una sfida non banale che il nostro governo deve giocare con il massimo della determinazione, come prevede anche la nuova direttiva europea sui rifiuti che obbliga gli Stati membri ad approvare un Programma nazionale di prevenzione entro il 2013”.

5. Meno rifiuti gettati via: azioni che aspirano a diffondere semplici soluzioni per diminuire la quantità di rifiuti gettati nella pattumiera: attenzione alle date di scadenza, produzione domestica del compost, rifiuto della pubblicità in buca, ecc.

Tutti gli impegni e le azioni proposti per la “Settimana” dovranno ispirarsi a 5 principali tematiche. 1. Troppi rifiuti: azioni che mirano a creare una coscienza condivisa sulla necessità e urgenza di ridurre la quantità di rifiuti prodotti, a porre l’accento sulla prevenzione dei rifiuti e sul suo impatto in termini ambientali, sociologici ed economici, in particolare per evitare la confusione tra l’azione di prevenzione e la raccolta differenziata. 2. Produzione eco-compatibile: azioni volte a diffondere la conoscenza di misure alla portata delle aziende e dell’industria che permettono di ridurre la quantità di rifiuti generati dalla loro attività economica, non solamente attraverso la riduzione dei rifiuti prodotti negli uffici, attraverso ad esempio la sensibilizzazione dei fornitori, ma anche integrando la prevenzione dei rifiuti all’interno dei criteri di ideazione dei prodotti e del ciclo di fabbricazione (eco-design). 3. Consumi attenti e responsabili: azioni di incentivo ai consumatori affinché riflettano sulle conseguenze che le proprie scelte di acquisto e consumo possono avere sull’ambiente: scegliere prodotti riutilizzabili, con poco o nessun imballaggio, aventi marchi ambientali; noleggiare piuttosto che acquistare; preferire l’acqua del rubinetto all’acqua imbottigliata; comprare all’ingrosso; pensare alla dematerializzazione; ecc. 4. Prolungare la vita dei prodotti: azioni che cercano di ricordare che i prodotti possono avere una seconda vita, che convincano a ritardare nel tempo l’acquisto di beni nuovi, ricorrendo invece alla loro riparazione e al loro reimpiego, incoraggiare a regalare i prodotti che non servono più.

“La prevenzione deve diventare un vero tassello per la pianificazione dei rifiuti, uscendo da una logica esclusivamente culturale per diventare una strategia concreta - ha osservato Roberto Cavallo, Consigliere di ACR+ (Association of Cities and Regions for Recycling and sustainable Resource Management) - D’altronde la Direttiva comunitaria 98/2008 parla chiaro, ponendo la prevenzione e il riutilizzo ai primi due posti della gerarchia, ancora prima della raccolta differenziata. Centinaia di buone pratiche in tutta Europa, ormai, dimostrano chiaramente come si possano ottenere risultati tangibili: la campagna Meno 100 kg promossa lo scorso anno dall’ACR+ ha ulteriormente dimostrato come si possano ridurre i propri rifiuti anche di oltre un quintale ogni anno”. La Manifestazione in Italia viene sponsorizzata dal CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi): ”Abbiamo dato la disponibilità a tutte le iniziative che saranno organizzate, portando la testimonianza delle imprese con cui stiamo collaborando per la riprogettazione del packanging - ha dichiarato il Direttore Giancarlo Longhi - La Settimana sarà un’occasione per portare il tema sotto i riflettori, ma ci lavoriamo quotidianamente… Secondo noi riciclo e riduzione non sono termini antitetici. Sono due modi differenti, ma complementari per arrivare alla gestione sostenibile dei rifiuti”. È prevista una Cerimonia di Premiazione con la consegna degli “European Waste Reduction Awards”, che si svolgerà a Bruxelles al termine della Settimana, per premiare le azioni che si sono particolarmente distinte a livello europeo.

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A Palermo, Convegno con il prof. Paul Connett

PER UNA STRATEGIA A RIFIUTI ZERO Il case-history dell’ATO - TP2 Belice Ambiente spa di Dario Cordone

Si è svolto a Palermo il 3 Ottobre 2009 presso Palazzo delle Aquile un importante Convegno che ha illustrato i princìpi della Strategia rifiuti zero 2020, che consiste nel minimizzare, fino ad azzerarla, la produzione di oggetti e strumenti costruiti con materiali tossici o non riciclabili, nell’ottica di non arrivare al problema finale: il rifiuto. Poiché rifiuto è per definizione qualcosa di non più utile e/o di nessun valore, la strategia “Rifiuti zero” si propone di dare un valore ed una utilità agli oggetti che hanno esaurito la fase di consumo, in modo da evitare i problemi legati al loro smaltimento: Zero rifiuti = Zero problemi. Ma quali sono i principali problemi? Sono di: - natura ambientale e legati alla salute e questo vale per le discariche come per gli inceneritori così come per le cataste di rifiuti che si accumulano nelle città e campagne; - natura produttiva, per l’impoverimento dei suoli agricoli, per la diminuizione di humus così come per l’esaurimento delle materie prime (combustibili fossili, metalli, legno, ecc. ma anche di acqua dolce non contaminata);

- natura economica, per i costi crescenti della gestione dei rifiuti; - natura sociale e politica, per le differenze tra NORD e SUD del mondo, cioè tra chi genera rifiuti, specialmente tossici, e chi si fa carico dei problemi causati da questi rifiuti, così come tra chi è detentore di tecnologia ad alta intensità di capitale e bassa intensità di lavoro, come nel caso degli inceneritori. Quindi, tanto più ci si avvicina all’obiettivo Rifiuti Zero, tanto meno c’è la necessità di discariche e inceneritori. Il presupposto alla base di Rifiuti Zero è che: il trattamento dei rifiuti non è un problema tecnologico (le soluzioni tecniche ci sono già o si possono trovare, incentivando la ricerca e stimolando il mercato e le aziende), né di managerialtà (i consulenti non sono quasi mai politici, ma tecnici, esperti, e manager già ora e questo non evita lottizzazioni politiche, malaffare, sprechi), ma di strategia, organizzazione, educazione e progettazione industriale e naturalmente di corretta amministrazione pubblica. Per perseguire e realizzare Strategia

rifiuti zero occorre puntare su tre obiettivi: - responsabilità industriale a monte; - responsabilità della comunità a valle; - buona leadership politica per saldare insieme i primi due obiettivi. Infine, sono importanti i centri di ricerca - laboratori di sostenibilità sull’analisi di quanto sta avvenendo per esempio in Italia a Capannori (Lucca), primo comune italiano ad aver dichiarato di voler realizzare la Strategia rifiuti zero e sulle interazioni che quest’ultima produce. Il metodo più efficace economicamente e tecnicamente per raggiungere gli obiettivi di “Rifiuti Zero” è la raccolta differenziata. In particolare, il metodo “porta a porta” ha dato i migliori risultati nel mondo, sia economici se si confronta l’intero ciclo, sia a carattere ambientale e sociale (creazione di più posti di lavoro). Le pratiche di captazione basate sulla raccolta differenziata permettono di incentivare il riuso, il riciclo ed il recupero dei materiali. Oltre che puntare alle percentuali di raccolta differenziata occorre fissare obiettivi di riduzione crescente della quota di rifiuti prodotti dal ciclo. In pratica, è attraverso la strategia della raccolta differenziata, e non quella dei termovalorizzatori, che si può attuare veramente una politica di conservazione delle risorse per le popolazioni future. I processi di recupero delle materie prime e di compostaggio non comportano né emissioni in atmosfera, né rilascio di sostanze tossiche sul suolo e nelle acque. Gli eventuali residui non riciclabili, essendo inerti sono accantonabili e non inquinano né il terreno né le falde acquifere. Inoltre, le stazioni di recupero offrono molti più posti di lavoro di un impianto di incenerimento di rifiuti e costano molto meno. Infatti, una stazione di

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recupero di materie prime e di compostaggio costa 5 milioni di euro ed è in grado di smaltire i rifiuti di 100.000 abitanti ed impiega circa 30 dipendenti. In particolare, in Sicilia servirebbero 50 stazioni di recupero per un totale di 1.500 lavoratori, per un costo complessivo di 0,25 miliardi di euro; di contro 4 inceneritori occuperebbero 200 lavoratori e costerebbero 1,4 miliardi di euro. C’è da aggiungere, poi, gli inceneritori trasformano in maniera irreversibile le materie prime contenute nei rifiuti in ceneri (30%) e in fumi (70%) tossici, attraverso la combustione; pertanto sarebbero necessarie discariche speciali per le ceneri. Con tale opzione è necessaria l’estrazione di ulteriori materie prime per la produzione di oggetti e strumenti, ciò darebbe luogo al depauperamento delle riserve minerarie mondiali. Ad oggi abbiamo già sfruttato oltre il 30% delle risorse mondiali di cui la maggior parte negli ultimi 40 anni. La selezione ed il recupero delle materie prime dai rifiuti evita l’estrazione e la lavorazione di nuove materie prime ed i relativi costi (frazione secca). La produzione di compost restituirebbe, inoltre, la componente organica al terreno (frazione umida). Inoltre è necessario saper gestire correttamente le riserve minerarie di cui vi è una crescente richiesta, soprattutto da parte dei Paesi in via di sviluppo. Dal punto di vista della salute e dell’ambiente si presenta questa desolante situazione: l’emissione di fumi tossici (con diossine, metalli pesanti, nano-particelle etc.) si accumulano sia nell’atmosfera che nell’organismo (non siamo in grado di smaltirli), mentre le ceneri, altamente tossiche, inquinano il terreno e le falde acquifere. I processi di recupero delle materie prime e di compostaggio non comportano né emissioni in atmosfera, né rilascio di sostanze tossiche nel suolo o nelle acque. Gli eventuali residui non riciclabili, essendo inerti, sono accantonabili e non inquinano né il terreno né le falde acquifere. All’interno del Convegno di particolare rilievo sono stati gli interventi del Prof. Paul Connet, docente di Chimica ambientale e tossicologia presso la St. Lawrence University di New York e promotore della Strategia rifiuti zero 2020 e quello dell’Avv. Francesco Truglio,

Amministratore unico dell’“ATO TP2 Belice Ambiente S.p.A”. Il professor Connet ha sottolineato, in particolare, che Rifiuti Zero consiste in una serie di azioni pratiche, semplici, economiche, politicamente redditizie: • Separazione alla fonte • Raccolta porta a porta • Compostaggio (nelle aree rurali) • Riciclaggio (nelle aree urbane) • Iniziative per la riduzione dei rifiuti (da parte dei legislatori e amministratori locali) • Centri per il riutilizzo, la Riparazione e la De-costruzione • Incentivi economici • Centro di ricerca e di selezione del residuo (da collocare vicino la discarica) • Migliore design industriale Il Centro di ricerca che Paul Connett prevede come impianti di trattamento della frazione residuale serve a mandare un feedback per i produttori industriali finalizzato ad una migliore progettazione dei prodotti in modo da evitare che in futuro questi continuino a costituire “indifferenziato” che finisce in discarica. Il primo obiettivo da raggiungere è quello di attuare la raccolta differenziata spinta, “porta a porta”, per intercettare tutto ciò che è riciclabile. Il secondo è quello di ridurre il più possibile la frazione residua, facendola tendere allo Zero. La sostenibilità è la chiave del futuro, perciò dobbiamo evitare che possa essere compromessa la sopravvivenza delle future generazioni. C’è bisogno che il mondo della ricerca si interfacci con il mondo dell’industria per modificare il design industriale, la progettazione dei prodotti che compriamo. Abbiamo osservato che con la raccolta differenziata, di cui deve farsi carico la comunità, si arriva facilmente al 70%; per il rimanente 30% dei rifiuti, la responsabilità della loro riduzione è principalmente dell’industria. Attraverso questi Centri di ricerca si invia un messaggio al mondo dell’industria affinché la frazione residuale diminuisca a man mano negli anni per diventare prima il 20%, poi il 10%, fino ad azzerarsi. Nel corso del Convegno, l’avvocato Truglio ha tracciato la storia dell’ATO TP2 da quando è stato chiamato a dirigerla. I risultati nella raccolta differenziata,

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scelta effettuata nell’ottobre del 2007, si sono visti subito, anche se inizialmente erano stati sottovalutati e ritenuti non generalizzabili perché l’esperienza era stata fatta a Gibellina, un comune di poco più di mille abitanti, il cui Sindaco si era timidamente offerto, unico tra i Sindaci dell’ATO, di iniziare la raccolta differenziata nel proprio comune. Il sistema porta a porta è stato applicato a man mano in comuni sempre più grandi, fino ad arrivare a comuni di 50 mila abitanti, ottenendo in tutti risultati insperati, dimostrando così che non è vero che la raccolta differenziata si può fare solo nei piccoli comuni. Il risultato conseguito ha convinto tutti i sindaci dell’ATO a richiederla per i propri comuni. “In base alla mia esperienza - riferisce l’avv. Truglio - mi sono convinto a non fare la raccolta multi-materiale, che consiste nel mettere da un lato l’organico e di mettere dall’altro tutto il secco, da differenziare successivamente. Questo tipo di raccolta ha costi ed inconvenienti elevati. Sono, invece, assertore della raccolta mono-materiale che consiste nel fare la differenziazione alla fonte”. Gli obiettivi futuri per l’ATO amministrato dall’Avv. Truglio consistono nel: - rivedere e migliorare la raccolta per il settore commerciale i cui rifiuti, per semplificazione, sono stati assimilati finora ai rifiuti domestici; - applicare da un lato la TIA e dall’altro aumentare le detrazioni personali e comunali (per cui chi fa la raccolta differenziata pagherà ancora meno e chi non la fa pagherà ancora di più); - dare ulteriore slancio agli obiettivi di raccolta differenziata investendo in impianti tecnologici: a breve sarà inaugurato il “polo tecnologico” che permetterà di trasformare all’interno, e a cura dello stesso ATO, il materiale organico per trasformarlo in compost che verrà dato gratuitamente (franco trasporto) ai cittadini del trapanese che lo richiederanno. Quindi, si otterranno risparmi per la produzione di compost e minori spese per lo smaltimento in discarica.


Presentato il nuovo Rapporto sulle politiche ambientali delle città italiane di Legambiente

ECOSISTEMA URBANO, ECOSISTEMA “BESTIALE”

“Tartarughe” nell’adottare politiche ambientali sostenibili, “cicale” nello sprecare risorse, “elefanti” nel rimanere zavorrate alle fonti fossili. Così il Dossier di Legambiente descrive le città italiane alle prese con la sostenibilità urbana. La più virtuosa è Verbania, la peggiore Catania di Silvia Barchiesi

È un’Italia più “tartaruga” che “lepre”, più “cicala” che “formica”, più “elefante” che “gazzella” quella che fotografa la XVI edizione di Ecosistema Urbano, il nuovo Rapporto sulle politiche ambientali delle città redatto da Legambiente, con la collaborazione scientifica di Ambiente Italia e il contributo editoriale de Il Sole 24 Ore. Lenta e pigra nell’applicare politiche ambientali urbane sostenibili, poco agile e lungimirante nello sfruttare le opportunità offerte da una più attenta gestione della mobilità, dei rifiuti e dell’energia, l’Italia che emerge dal Rapporto risulta “bestiale”. Non solo per via paragoni azzardati, ma molto di più per via delle contraddizioni e dei paradossi “ambientali” che punteggiano i suoi agglomerati urbani. Quanto a rifiuti e raccolta differenziata, trasporti pubblici, tasso di motorizzazione e mobilità sostenibile, energie rinnovabili e teleriscaldamento, qualità dell’aria e consumi idrici e verde fruibile, i 103 capoluoghi di provincia italiani, analizzati uno ad uno tramite 27 indicatori, mostrano molte lacune e pochi passi in avanti rispetto agli anni scorsi. Gli abitanti dei capoluoghi, in media, continuano a fare poco più di un viaggio e mezzo a settimana su autobus, tram e metropolitane, le isole pedonali rimangono al palo (0,35 mq per abitante), le zone a traffico limitato addirittura si rimpiccioliscono (da 2,38 mq per abitante dello scorso anno ai 2,08 attuali), il tasso di motorizzazione rimane inalterato (circa 64 auto ogni 100 abitanti). Gli unici segnali positivi vengono solo dalla depurazione (che sale dall’88% all’89%) e dalla raccolta differenziata che registra un incremento del +2,79%, seppure rimanga lontano l’obiettivo del 50% entro il 2009. Il tasso di sostenibilità reale delle città italiane risulta molto al di sotto di quello ideale.

Traffico, inquinamento, rifiuti e consumi energetici mettono a dura prova, quotidianamente, le nostre città che, quanto a performace ambientali, arrancano o rimangono al palo. E pensare che, come ha stimato l’ONU, più del 50% della popolazione mondiale oggi vive in città; che, secondo il Rapporto Stern, l’80% delle emissioni proviene dalle aree urbane; che il 40% dei consumi energetici italiani è per usi civili. Insomma, la sostenibilità urbana è un imperativo cruciale e, soprattutto, urgente, specie se si considera che negli ultimi 15 anni le città italiane hanno registrato un aumento di temperatura di 1° C sopra la media nazionale e addirittura 4-5°C in alcuni periodi dell’anno. “Non investire nella sostenibilità urbana produce un doppio danno, sia locale che globale - ha sottolineato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente - nelle città infatti si concentrano le più alte percentuali delle emissioni inquinanti, dei consumi energetici e degli spostamenti: migliorando l’ecosistema urbano, quindi, si offre un ambiente migliore agli abitanti e, nello stesso tempo, si contribuisce alla riduzione dei gas climalteranti che stanno facendo salire la temperatura del pianeta. Proprio dai centri urbani, anzi, in vista del vertice di Copenaghen, potrebbe partire una sfida in tre settori determinanti: edilizia, mobilità e inversione dell’effetto ‘isola di calore’. Tre ambiti dove le pubbliche amministrazioni e le imprese devono promuovere innovazione, sostenibilità, riduzione dei consumi e delle emissioni con il coinvolgimento della ricerca, degli urbanisti e, non ultimo, della gente comune, che già esprime questi nuovi bisogni ma, come testimonia anche quest’anno Ecosistema Urbano, troppo di rado trova risposte adeguate sul territorio”. Insomma, le città italiane non sono in buona salute, o meglio, come af-

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ferma Alberto Fiorillo, Responsabile aree urbane di Legambiente , “Le città sono in sofferenza, alle prese con numerosi problemi ambientali e una manutenzione che malagestione o risorse economiche sempre più risicate a disposizione delle amministrazioni locali rendono via via più problematica e carente. Eppure proprio i centri urbani, che sono tra i principali attori di un modello di sviluppo non sostenibile, sono i luoghi che possono governare direttamente il trasporto pubblico e la mobilità, che possono regolare coi loro piani il come, il dove e la qualità del costruire, che possono gestire al meglio le risorse energetiche, il ciclo dei rifiuti e quello dell’acqua, ridurre le emissioni di gas climalteranti e contrastare i cambiamenti climatici. Queste opportunità sono tutte nelle mani dei sindaci. Dovrebbero solo amministrare un po’ più da formiche e un po’ meno da cicale”. A fronte del proliferare di “città-cicala” (Vibo Valentia, Crotone e Latina), che “cantano” annunci anti-smog ma sono pigre nell’applicarli, “città -tartaruga”, (Messina, Catania, Palermo ed Enna) lente nell’applicazione di misure eco-sosteibili e “città-elefante”, pesantemente ancorate alle fonti fossibili, tanto per riprendere il paragone “bestiale” utilizzato dallo stesso Rapporto, il nostro Paese può vantare anche alcuni rari casi di “città-lepre”(Verbania e Novara), veloci nell’innestare circuiti virtuosi nella gestione dei rifiuti, “cittàgazzelle”, (Siena e Cremona), agili nel lanciare politiche energetiche sostenibili e coraggiose nel promuovere il risparmio energetico e le energie rinnovabili, e “città-formiche” (Siena, Mantova e Pisa) che hanno lavorato nel tempo per la realizzazione di una mobilità sostenibile tramite il potenziamento del trasporto pubblico, l’ampliamento delle piste ciclabili e delle isole pedonali. Ad occupare i primi cinque posti della classifica delle città che spiccano per


qualità ambientale sono: Verbania, che dal quarto posto della precedente edizione, svetta al primo posto; Belluno, vincitrice delle due passate edizioni che quest’anno retrocede al secondo posto; Parma; Bolzano; Siena. Se la classifica di Legambiente premia il nord, che conquista i primi dieci posti, la maglia nera va al sud dove sembra concetrarsi il maggior numero di “cicale”, “tartarughe” ed “elefanti”. Le peggiori peformance ambientali sono infatti quelle di Catania, ultima in assoluto, Crotone , Agrigento, Frosinone e Caltanisetta. Non mancano tuttavia le “sorprese”: in negativo per il nord (con Como all’86° posto e Imperia all’87°) e in positivo per il sud con ben quattro comuni ai primi 42 posti della classifica: Salerno (34° posto) , Campobasso (39° posto), Potenza (40° posto) e Matera (42° posto). Al vertice della classifica troviamo dunque Verbania che colleziona buoni risultati nelle medie del Pm10, nelle emissioni di CO2, per passeggero del trasporto pubblico, nei metri quadrati di zone limitate al traffico veicolare, nell’efficienza della depurazione e nella raccolta diferenziata che con il 72,8% dei rifiuti raccolti in modo specifico, è la città leader in Italia. In fondo troviamo, invece, Catania che spreca il 50% dell’acqua potabile della rete, depura solo un terzo dei suoi scarichi, differenzia solo il 3% della spazzatura, ha un alto tasso di motorizzazione, un trasporto pubblico mediocre e pochissime ZTL, isole pedonali e piste ciclabili. Tra gli estremi, pochi esempi vertuosi e una miriade di “bestialità”: Messina, Catania, Palermo ed Enna che raccolgono in maniera differenziata un decimo di quello che dovrebbero, o Napoli e Potenza con una ciclabilità ridotta all’osso, o ancora Vibo Valentia, Crotone e Latina con un trasporto pubblico praticamente inesistente. L’elenco delle città “bestiali” quanto a sotenibilità ambientale è ancora lungo. Così come lo è l’elenco delle “bestialità” che molte di queste ancora si concedono. A risentirne è l’ambiente urbano e la stessa città.

Nel mirino sono: qualità dell’aria, rifiuti, mobilità e trasporti ed energia. Sono questi i temi ambientali critici e allo stesso tempo strategici su cui lavorare per invertire la rotta verso una maggiore sostenibilità ambientale delle città. In questo senso, i dati del Rapporto di Legambiente sono un buon punto di partenza e di analisi. Li riassumiamo di seguito. Inquinamento dell’aria Per quanto riguarda l’inquinamento da PM10, ben 11 comuni registrano un valore medio annuo superiore al valore limite per la protezione della salute umana di 40 µg/mc previsto dalla Direttiva comunitaria. Sono invece 82 (4 più della scorsa edizione) i comuni che nel 2008 hanno rilevato l’ozono in centraline funzionanti per almeno il 70% dei giorni. Trasporti e mobilità L’Italia è il Paese europeo che ha il tasso di motorizzazione a quattro ruote più elevato in assoluto (escludendo il Lussemburgo): 60,4 auto ogni 100 abitanti. Quello dei soli 103 comu-

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ni capoluogo italiani è addirittura più alto della media nazionale, con 63,5 auto ogni 100 abitanti, in lieve calo rispetto alla scorsa edizione (64,5auto/100ab.). Di questi, ben 71 superano il valore di 60 auto ogni 100 abitanti, sette vanno addirittura oltre le 70. Le eccezioni si contano invece sulle dita di una mano: Venezia, Genova e La Spezia con un tasso inferiore a 50 auto per 100 abitanti. Mentre un fiume di auto invade le città e ne annebbia l’aria, il trasporto pubblico locale, dall’altro lato, arranca, soprattutto nei piccoli centri. Infatti, mentre il trasporto pubblico locale avanza nei grandi centri urbani con Roma che passa da 517 passeggeri per abitante annui della scorsa edizione a 537, Milano da 415 a 443, Napoli da 178 a 197, non decolla, viceversa, nelle piccole città dove in media gli abitanti prendono il bus meno di tre volte al mese. Sul fronte della mobilità sostenibile le cose non vanno meglio. Sono ben 19 I capoluoghi che non hanno ancora impiegato nessuna po-


litica di mobilità sostenibile (autobus a chiamata, ZTL, tariffe per intermodalità, pedaggio urbano per regolare gli ingressi nelle aree urbane, parcheggi scambiatori, mobility manager, bike sharing, car sharing, pedibus). Le isole pedonali si restringono da 0,35 metri quadrati per abitante della scorsa edizione a 0,34 metri quadrati per abitante di quella attuale. Rimangono stabili le zone a traffico limitato (3 metri quadrati per abitante), così come rimangono stabili i 18 comuni che, come nella passata edizione, perseverano nel non limitare il traffico. Crescono invece di 350 km rispetto alla precedente edizione le piste ciclabili: aumentano da 31 a 33 le città con valori superiori ai 10 “metri equivalenti” ogni 100 abitanti. Rifiuti Nel 2008 la produzione complessiva di rifiuti urbani si attesta a 10,38 milioni di tonnellate, pari a una produzione annuale di circa 610,2 kg pro capite. Il comune di Matera è il solo a far registrare una produzione pro capite inferiore ai 400 kg/ab, mentre ben 4 superano gli 800 Kg/ab: Massa (890,50), Rimini (862,62), Pisa (833,52) e Prato (813,43). Nonostante la percentuale di raccolta differenziata (RD) sul totale dei rifiuti urbani cresca dal 24,4% della precedente edizione al 27,2%, gli obiettivi di legge sono ancora lontani: a raggiungere il 45% di RD sono solo 20 comuni. Restano ancora sotto il 25% di RD 40 comuni e sotto il 15% 22 comuni. Consumi idrici Circa l’80% delle città presenta consumi idrici domestici compresi tra i 100 ed i 200 litri per abitante al giorno. Il valore medio (ponderato) dei consumi domestici risulta pari a 187 litri al giorno pro capite. La città con maggiori problemi è Cosenza che dichiara 30 giorni di crisi idrica, seguono Trapani con 16 giorni, Massa e Reggio Calabria con 10 giorni. Le perdite della rete idrica scendono al 19% dal 29% dello scorso anno. Il problema delle perdite tuttavia permane. Il 51% delle città perde più del 30% dell’acqua che viene immessa in rete. Dieci città addirittura perdono più della metà dell’acqua destinata ai rubinetti dei cittadini.

Migliora invece depurazione degli scarichi civili: gli impianti raggiungono ormai almeno il 90% dei cittadini in 54 comuni, di questi 14 servono tutta la popolazione residente. Verde urbano In città il verde urbano fruibile non avanza. Sebbene diminuiscano da 33 a 31 i comuni con un verde urbano fruibile inferiore a 5 metri quadrati per abitante, rimane stabile il numero di città con oltre 25 metri quadrati pro capite per abitante di verde. Energie rinnovabili e politiche energetiche Aumentano i comuni che dichiarano di avere installato pannelli fotovoltaici: da 59 della passata edizione a 66. Tra questi spicca Cremona con 6,92 kW di potenza per abitante, seguita da Bologna (con 4,96 kW di potenza/ab), Benevento (con 4,37 kW di potenza/ab) e Prato (con 3,24 kW di potenza/ab). Salgono invece da 47 a 51, i comuni che hanno optato per impianti solari termici. In prima linea troviamo Siena con 11,45 mq ogni 1.000 abitanti, seguita da Lodi con 7,5 mq e Cosenza con 5,5 mq ogni 1.000 abitanti. Non decolla, invece, l’installazione di impianti a biomasse, in uso solo presso 9 amministrazioni comunali. Si diffonde lievemente il teleriscaldamento: i comuni che ne fanno uso aumentano, infatti, da 22 a 26. In sintesi, umentano da 3 a 4 i capoluoghi che sfruttano tutte e quattro le diverse tipologie di fonti energetiche rinnovabili: Brescia, Cremona, Genova e Torino. Quanto, invece, all’adozione di politiche energetiche (come incentivi economici e disposizioni sul risparmio energetico o sulla diffusione di fonti di energia rinnovabile, la semplificazione della procedura per l’istallazione di solare termico/fotovoltaico, l’istituzione della figura dell’Energy manager, l’acquisto di energia elettrica da fonte rinnovabile, la realizzazione di banca dati edifici certificati) sono ben 18 i comuni che hanno dichiarato di non aver adottato alcuna misura, mentre solo 3 (Livorno, Rimini e Terni) hanno raggiunto il massimo del punteggio. Il Rapporto parla chiaro: poche eccellenze da vantare, numerose lacune da

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colmare e molte città da bocciare. Sulla strada che porta alla sostenbilità ambientale le città italiane sono indietro. A parte rari e isolati casi, sregolatezza, lassismo e disimpegno di molte città vincono il virtuosismo di poche. Insomma, c’è ancora molto da fare, per l’ecosistema urbano e per l’ecosistema in generale. Poichè la sfida ai cambiamenti climatici deve partire dalle città, l’invito di Legambiente è quello a “non sprecare la crisi”, o meglio, come afferma nella prefazione di Ecosistema urbano 2010 Vittorio Luigi Cogliati Dezza Presidente nazionale Legambiente, “a fare cioè della crisi, economica e climatica, un potente fattore di innovazione”. “La battaglia contro i cambiamenti climatici - continua Cogliati Dezza - si trasforma così in un grande fattore di innovazione, di processo e di prodotto”. La revisione del “modello urbano” attuale e dilagante è sempre più urgente, a livello urbanistico, infrastrutturale, energetico e di mobilità. La spinta e l’accellerazione verrà di certo da Copenaghen: contro il global warming, la città deve necessariamente “ripensarsi”. Eppure, nonostante l’immobilismo imperante, qualcuno si è già messo in moto nella strada che porta alla sostenibilità ambientale. Sono infatti 105 le città italiane che hanno sottoscritto il cosiddetto “Patto dei Sindaci” (“Covenant of Mayors”), l’iniziativa promossa dalla Commissione europea che impegna le città europee, su base volontaria, a predisporre un Piano di Azione con l’obiettivo di ridurre di oltre il 20% le proprie emissioni di gas serra entro il 2020, attraverso politiche energetiche volte ad incentivare le fonti di energia rinnovabile, l’efficienza e il risparmio energetico. È così scritto sulla carta, ma spesso la realtà è un’altra storia…


EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Presentato in GB un mappamondo interattivo

L’IMPATTO DI UN AUMENTO GLOBALE DELLA TEMPERATURA DI 4 °C

Un mondo che dobbiamo scongiurare

Presso il Museo della Scienza di Londra è stato presentata il 22 ottobre 2009 una Mappa interattiva prodotta dal Meteorological Office Hadley Centre, assieme ad altri gruppi scientifici che studiano i cambiamenti climatici, che illustra le conseguenze globali a cui il Pianeta andrebbe incontro se non si riuscisse a mantenere, alla fine del secolo, l’aumento della temperatura globale entro i 2 °C dall’inizio dell’era industriale, che è poi l’impegno che i grandi Leader mondiali hanno convenuto di assumere. Alla vigilia della Conferenza sul Clima di Copenhagen, il Governo inglese vuol premere per un accordo quanto più ambizioso possibile per evitare catastrofici impatti. Il Ministro degli Esteri David Miliband, presente alla cerimonia ha affermato che: “Non possiamo permetterci di vivere in un mondo con 4 °C in più. Questa mappa illustra chiaramente l’ampiezza della sfida che abbiamo oggi di fronte: il cambiamento climatico è un problema globale che richiede una soluzione globale che, peraltro, abbiamo alla portata di mano. Per affrontare il problema del cambiamento climatico, noi Ministri degli Esteri, dell’Ambiente, del Tesoro, della Difesa e di tutti gli altri settori di Governo e della società dobbiamo lavorare insieme per mantenere

le temperatura del pianeta a +2 °C. È solo facendo presente gli enormi rischi sulla sicurezza presentati da un mondo futuro con 4° di temperatura in più che è possibile conseguire un risultato”. “Questa mappa mostra che la posta in gioco non potrebbe essere più grande nei colloqui di Copenhagen in dicembre - gli ha fatto eco suo fratello Ed Miliband, Segretario di Stato per l’Energia e i Cambiamenti Climatici - Gli scienziati della Gran Bretagna hanno contribuito ad illustrare gli effetti catastrofici che comporterà, se il mondo non riuscirà a limitare l’aumento della temperatura globale a 2 °C. Con meno di 50 giorni prima di un possibile accordo, il Regno Unito sta facendo di tutto per convincere il mondo della necessità di aumentare le proprie ambizioni in modo da conseguire un risultato che ci protegga da un mondo con 4 °C in più”. La mappa rappresenta l’ultima proiezione scientifica sugli impatti dell’aumento medio di 4 °C di temperatura sulla base di un modello costruito su due diversi scenari socioeconomici conosciuti scientificamente come A1B e A1FI, elaborati dal Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), che rappresentano le future emissioni

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di gas ad effetto serra e di altre sostanze quali gli aerosol, qualora non venissero adottate misure di mitigazione contro i cambiamenti climatici. Su 34 simulazioni effettuate, 23 hanno indicato che entro la fine del secolo si supererà i 4 °C, sulla base del prosieguo degli attuali step di emissioni che avvicinano assai lo scenario A1FI. “Questa mappa, sviluppata dal Centro Hadley del Met Office sulla base dei più recenti modelli climatici e con la collaborazione di importanti scienziati, mostra un quadro davvero spaventoso di un possibile futuro mondo in cui l’umanità abbia omesso di agire sui cambiamenti climatici - ha affermato il Professor John Beddington, Capo dello Staff scientifico di consulenza del Governo britannico - Si tratta di un mondo per evitare il quale deve essere fatto tutto il possibile. Un aumento a livello globale di 4 °C significherebbe che la temperatura aumenterebbe di lunga oltre i 4 °C in molti Paesi e Regioni, con effetti potenzialmente devastanti per gli individui in ogni parte del Pianeta”. Utilizzazione della mappa Questa versione interattiva del mappamondo a +4 °C permette di selezionare quegli impatti che si desiderano visualizzare, zoomando su specifiche aree geografiche ed accedendo, così, alle maggiori informazioni scientifiche che stanno dietro la mappa. Gli impatti visualizzati sulla mappa si concentrano principalmente sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle attività umane. Dove ci sono i numeri delle persone coinvolte, il presupposto di fondo è che il coinvolgimento della popolazione si basa sulle proiezioni utilizzate dall’IPCC per sviluppare lo scenario A1B di emissione. Ciò significa che gli effetti sono notevoli in entrambi gli scenari. Comunque, le prove per gli impatti mostrati provengono da una serie di diversi studi di ricerca. In alcuni casi gli impatti sono stati indirizzati da proiezioni di un modello diverso, anche se tutti i dati climatici utilizzati sono coerenti con un aumento medio della temperatura globale di 4 °C. Le opzioni di adattamento potrebbero influire sugli impatti visualizzati sulla mappa. Per questa ragione non sono effettuate previsioni sulla capacità di adattamento dei Paesi e delle Regioni interessate. Invece, i valori descritti con “fino a” indicano il caso peggiore in una serie di risultati che includono l’incertezza del modello e le risposte comportamentali. La foresta amazzonica Con elevati livelli di cambiamenti climatici, vaste aree della foresta amazzonica potrebbero andare perdute a causa della siccità che comprometterà la vegetazione o la diffusione incontrollata degli incendi. Questo dipende in gran parte dal fatto che le precipitazioni diminuiranno in Amazzonia.

Mentre alcuni modelli climatici indicano che le piogge potrebbero aumentare, in Amazzonia alcuni dei modelli più realistici prevedono scarse precipitazioni, aumentando il rischio di gravi siccità. Ciclo del Carbonio Nel XX secolo l’aumento della concentrazione di CO2 costituiva solo il 40-50% del tasso effettivo delle emissioni, perché il resto è stato assorbito dagli ecosistemi del mondo e degli oceani. Questo processo può essere compromesso dai cambiamenti climatici, in modo che l’impatto delle emissioni sulle concentrazioni atmosferiche potrebbe essere maggiore in futuro. Con un aumento della temperatura media globale, la percentuale di emissioni di CO2 accumulate in atmosfera potrebbe raggiungere fino il 70%. Più tardi avverrà la riduzione delle emissioni, meno efficace risulterà la stabilizzazione di CO2 in atmosfera. Agricoltura I cambiamenti climatici influenzano direttamente la produttività delle colture e la produzione alimentare. I cambiamenti nelle differenze regionali dei modelli climatici potrebbero ampliare il divario di produzione e consumo tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Le valutazioni attuali sono per lo più limitate ad alterazioni medie del clima, ma gli eventi meteorologici estremi o il ritiro dei ghiacciai potrebbe potenzialmente accelerare ulteriormente il calo di produttività. Le rese agricole sono attese in diminuzione per tutte le più diffuse colture di cereali nelle principali regioni di produzione, una volta che l’aumento della temperatura media globale supererà i 3 °C. Per alcune colture la resa potrebbe diminuire di oltre il 20% alle basse latitudini, dove l’impatto sarà maggiore. Ciò potrebbe comportare il rischio della fame per alcune centinaia di milioni di persone (un aumento di circa il 10-20%). La maggior parte di questo aumento è previsto nell’Africa sub-Sahariana, e in alcune aree dell’Asia Meridionale e dell’America Centrale. In particolare, al 2050 il numero di bambini malnutriti potrebbe arrivare a 24 milioni. La disponibilità di acqua Un aumento della temperatura media globale di 4 ºC avrebbe un effetto determinante sulla portata dei fiumi e disponibilità di acqua. Per l’aumento della popolazione al 2080, senza l’incidenza dei cambiamenti climatici, oltre 3 miliardi di persone, su una popolazione globale di 7,5 miliardi di individui, potrebbero vivere in aree con limitata disponibilità pro capite di acqua (meno di 1.000m3/persona/anno). A seguito della riduzione della portata d’acqua dei fiumi, i cambiamenti climatici potrebbero voler dire che l’acqua è

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molto meno disponibile per circa 1 miliardo di persone (la forbice è compresa tra 0.4 e i 2 miliardi), con conseguente maggior pressione per la gestione delle risorse idriche. Inoltre, per la regressione dei ghiacciai, facendo affidamento sullo scioglimento dei ghiacciai, che attualmente forniscono risorse idriche alle comunità locali che dovranno subire questa ulteriore minaccia. Livello dei mari L’aumento del livello dei mari è una conseguenza inevitabile dell’aumento delle temperature globali. Le coste basse diventeranno più vulnerabili alle inondazioni e al degrado del suolo. Dal momento che tali aree hanno spesso un’elevata densità di popolazione, significativi impatti sono attesi su importanti infrastrutture e su terreni ad alto valore agricolo e ricchi di biodiversità. All’inizio del XXI secolo, circa 600 milioni di persone vivono a non più di 10 metri sull’attuale livello del mare. L’Asia Meridionale e Orientale hanno le popolazioni che vivono nelle aree deltizie, ma le piccole isole sono egualmente vulnerabili dall’aumento del livello dei mari e dalle mareggiate. Le inondazioni di acqua di mare potrebbero provocare perdita di terreno, colture e disponibilità di acqua potabile, presentano rischi conseguenti per la stabilità politica e la sicurezza. Per alcuni, poi, sarà inevitabile la migrazione forzata.

Aumenti di temperatura Un aumento della temperatura media globale di 4 °C non sarà uniforme poiché gli oceani si riscaldano più lentamente della terra, e nelle alte latitudini. In particolare, nell’Artico, l’aumento di temperatura sarà più elevato. La temperatura di giorno sarà molto più elevata e molte aree con alta densità di popolazione subiranno un cambiamento più grande per quanto concerne le temperature estreme più elevate. Questo fenomeno avrà un impatto significativo sulla salute. Gli aumenti delle temperature avranno conseguenze sulla disponibilità di acqua, sulla produttività agricola, sul rischio di incendi, sullo scioglimento della banchisa polare e del permafrost. Le attività commerciali, inoltre, saranno colpite dalla perdita di produttività per le condizioni di caldo o per il costo del raffrescamento degli ambienti di lavoro. La conseguente elevata mortalità e gli altri effetti negativi sulla salute possono aumentare notevolmente, quantunque siano conteggiati i minori decessi correlati all’acclimatazione, all’adattamento e al minor freddo. Nel 2003 per esempio, l’ondata di calore in Europa è stata responsabile di circa 35.000 decessi in più.

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CITTÀ E CITTADINANZA PER LA SOSTENIBILITÀ Numerosi gli eventi programmati per la Settimana UNESCO “Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce la famiglia. Qualunque cosa capiti alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita,egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa faccia alla tela, la fa a se stesso. La terra non è eredità ricevuta dai nostri padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli”.

mondo per averne copia originale, senza essere in grado di poterle esaudire. La scelta di inserire tali espressioni in epigrafe a questo articolo di celebrazione della Settimana UNESCO di

Queste parole sono state attribuite a Capo Seattle della nazione Duwanish che abitava i territori degli attuali Stati dell’Oregon e di Washington, che le avrebbe pronunciate nel 1854 (qualcuno si è pure azzardato a formulare l’assurda tesi di una lettera) in risposta al Presidente USA Franklin Pierce che chiedeva di poter comperare la terra abitata da quei nativi americani. Gli storici hanno appurato che non sussistono documenti di tale discorso o lettera, concludendo che si tratta di un Locandina della Settimana realizzata dal disegnatore Carlo Stanga falso. Tuttavia, i sentimenti espressi nelle frasi riportate sono in armonia con quelli Educazione allo Sviluppo Sostenidi coloro che guardano con rammarico bile (9-15 Novembre 2009) deriva dalla e nostalgia alla distruzione del mondo constatazione che sono state ampiamindiano perpetrato dall’epopea della nte diffuse e utilizzate per definire il “frontiera”, tanto che ha Washington al concetto di sviluppo sostenibile. Museo “Nation of Nations” dello Smith- La Manifestazione, giunta alla sua quarsonian Institution sono riportati alcuni ta edizione, quest’anno ha per tema passi dell’ampio discorso e l’Agenzia Città e Cittadinanza. La scelta fatta Statunitense di Informazione (USIA), dal Comitato Italiano UNESCO DESS ha l’Archivio Nazionale e la Biblioteca del lo scopo di sviluppare negli individui Congresso ricevono annualmente nu- come nelle collettività, negli enti locali merose richieste provenienti da tutto il come nelle imprese, capacità operative

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e di azione responsabile, finalizzate ad una città ecologica e solidale, fondata su nuovi stili di vita, improntati su una cittadinanza consapevole e partecipata. Le precedenti edizioni sono state dedicate ai temi dell’Energia (2006), dei Cambiamenti climatici (2007) e della Riduzione e Riciclaggio dei Rifiuti (2008). La Manifestazione si inquadra nella Campagna per il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile (DESS), proclamato per il periodo 20052014 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha affidato all’UNESCO il compito di coordinare e promuovere le attività del Decennio. Finalità del Decennio è quella di sensibilizzare governi e società civili di tutto il mondo verso la necessità di un futuro più equo ed armonioso, rispettoso del prossimo e delle risorse del pianeta, valorizzando il ruolo che in tale percorso è rivestito dall’educazione. L’educazione in tale contesto va intesa in senso ampio, come istruzione, formazione, informazione e sensibilizzazione. Va dall’educazione scolastica alle campagne informative, dalla formazione professionale alle attività del tempo libero, dai messaggi prodotti dai media a quelli più in generale del mondo artistico e culturale. Ricompren-


de tutti gli input che provengono dalla società e ne contribuiscono a formare i valori e la cultura. La “cultura della sostenibilità” è basata su una prospettiva di sviluppo durevole di cui possano beneficiare tutte le popolazioni del pianeta, presenti e future, e in cui le tutele di natura sociale, quali la lotta alla povertà, i diritti umani, la salute vanno a integrarsi con le esigenze di conservazione delle risorse naturali e degli ecosistemi trovando sostegno reciproco. La scelta di dedicare un Decennio internazionale all’educazione sostenibile trova origine nel Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile (Johannesburg 2002). L’UNESCO, come indicato nel documento guida internazionale, pone l’accento sull’importanza di attivare partenariati a tutti i livelli e chiama alla collaborazione tutti i soggetti interessati, istituzionali e non, sottolineando in particolare il ruolo delle rappresentanze della società civile, del settore privato, dei media e delle istituzioni deputate alla ricerca L’educazione allo sviluppo sostenibile, in tutti i contesti in cui opera, formali o informali che siano, si caratterizza per i seguenti elementi: • Interdisciplinarietà: lo sviluppo sostenibile deve inserirsi nell’intero programma didattico – non costituisce materia di insegnamento a sé; • Acquisizione di valori: più che trasmettere passivamente nozioni, è importante in via prioritaria puntare a far comprendere i valori che sono alla base dello sviluppo sostenibile; • Sviluppo del pensiero critico e ricerca della risoluzione dei problemi: lo scopo dell’educazione è portare l’individuo a credere in se stesso di fronte ai problemi e alle sfide sempre nuove poste dallo sviluppo sostenibile, e in questo modo fornirgli gli strumenti per ricercare risposte concrete da applicare nella vita quotidiana e professionale; • Molteplicità di metodologie: è

necessario utilizzare metodologie didattiche stimolanti e innovative, e soprattutto interattive, quali le esperienze pratiche, le attività all’aria aperta, i giochi, e far uso di materiali multi-mediali, artistici… tutti strumenti a supporto di un’educazione che sia davvero di qualità; • Decisioni condivise e “partecipate”: i discenti devono essere invitati a partecipare attivamente non solo nella pratica, ma anche nella programmazione dell’apprendimento; • Importanza del contesto locale: attenzione particolare va riservata alle problematiche locali; ed anche le questioni globali vanno trattate utilizzando il linguaggio più familiare al discente. L’educazione alla sostenibilità non è dunque volta a fornire risposte puntuali a problemi specifici, quanto piuttosto a stimolare il pensiero critico, il senso d’incertezza e del limite riferito agli effetti del nostro agire quotidiano, indurre il senso di collettività e responsabilità nei confronti del mondo in cui viviamo. Per la “Settimana” che si svolge in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare e con l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, sono state messe in cantiere da istituzioni, organizzazioni, enti, centri, scuole, università, ONG, imprese ecc. circa 600 iniziative: convegni, mostre, laboratori, lezioni speccacoli, che attraversano vari aspetti di vita quotidiana, dai rifiuti alla mobilità, dalla legalità all’integrazione, dall’energia alla biodiversità, dall’inquinamento alla bioarchitettura, il cui programma è stato realizzato grazie al contributo di COMIECO (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base cellulosica). “Quest’anno la campagna nazionale - ha affermato Giovanni Puglisi, Presidente della Commissione nazionale italiana dell’UNESCO - coglie appieno l’essenza, la complessità e l’interdipen-

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denza di tutte quelle problematiche che caratterizzano il nostro vissuto quotidiano, che permeano i nostri diritti come i nostri doveri, le nostre responsabilità come le nostre aspirazioni verso un mondo più vivibile. Un mondo che va costruito a partire dalle città, comunità di vita e di lavoro, destinazioni di turismo e di servizi, nodi di scambio e commercio, luoghi d’incontro di arti e saperi, crocevia di culture diverse, che proprio sulla ricchezza delle diversità devono basarsi per orientarsi verso uno sviluppo urbano più armonioso, con un forte impegno sia da parte di chi le amministra che da parte di chi le vive”. In vista dell’Expo 2015, il focus centrale della Settimana sarà a Milano dove verranno organizzati numerosi convegni. “C’è una significativa convergenza fra i temi che proponiamo e quelli che saranno al centro dell’Expo 2015, dedicato all’Alimentazione - ha spiegato Puglisi - Senza contare che a Expo concluso dovrebbe nascere la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, cui come UNESCO speriamo di poter contribuire”.


UNO SPAZIO DEDICATO A...

Regione Emilia-Romagna

PROGETTO DI LEGGE PER L’EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ

Oltre 100 iniziative programmate in Regione per la Settimana UNESCO-DESS

Dal 9 al 15 novembre si svolgerà la Settimana Nazionale UNESCO per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile che quest’anno ha come tema conduttore “Città e Cittadinanza”. Un’occasione importante per informare e sensibilizzare le persone sulle azioni e buone pratiche a favore dell’ambiente, attraverso numerose iniziative sui territori promosse dai coordinamenti Agende 21 Locali Italiane e dai Sistemi regionali dell’Informazione ed Educazione Ambientale (INFEA). In Emilia-Romagna, con il coordinamento della Regione, si sono state programmate oltre 100 iniziative distribuite sull’intero territorio. Tra queste: percorsi partecipativi on e off line, giochi didattici, escursioni e biciclettate, convegni e giornate formative, mostre, laboratori creativi, Info Point e dimostrazioni di soluzioni pratiche sostenibili, proiezioni di cortometraggi realizzati dai ragazzi delle scuole e network telematici, produzione e distribuzione di materiali informativi e altro ancora. Non iniziative episodiche, ma eventi collegati tra loro e a progetti a lungo termine portati avanti da Enti locali, Scuole, Centri di Educazione Ambientale, Associazioni e gestori di servizi.

La Regione, oltre a coordinare le iniziative e a mettere a disposizione materiali cartacei e multimediali, ha promosso all’interno della settimana una specifica iniziativa che avrà luogo il 12 novembre: “A scuola di partecipazione”, un’occasione di incontro tra amministratori, tecnici e rappresentanti della società civile sul significato, le modalità organizzative ed operative, le condizioni di successo dei processi partecipativi. Una sintesi del dibattito e i materiali distribuiti saranno disponibili su: www.ermesambiente.it/ wcm/ermesambiente/news/2009/ novembre/13_ascuolapartecipazione.htm

EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ: UNA NUOVA LEGGE IN EMILIA-ROMAGNA Una nuova stagione di iniziative e strumenti sempre più integrati con le politiche ambientali e i curricola formativi. La rete regionale dell’educazione alla sostenibilità si consolida e coinvolge nuovi soggetti: dalle scuole laboratorio alle istituzioni, dalle imprese al volontariato. Sono queste alcune delle novità contenute nel Progetto di legge sull’educazione alla sostenibilità, approvato dalla Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna, su iniziativa dell’Assessore all’Ambiente Lino Zanichelli, in occasione della Settimana nazionale per l’educazione allo sviluppo sostenibile. L’obiettivo è promuovere in tutta la popolazione giovane e adulta lo sviluppo di comportamenti e capacità di azione a livello individuale e collettivo, adatti a perseguire la sostenibilità ambientale, sociale, economica e istituzionale.

“Lo sviluppo sostenibile si realizza solo con strategie ben diffuse sul territorio che tengono assieme energia, mobilità, uso razionale delle risorse naturali - ha affermato l’Assessore all’Ambiente e Sviluppo sostenibile della Regione Lino Zanichelli - Per questo, i cittadini sono e saranno sempre più i protagonisti del loro futuro. Informazione, partecipazione e consapevolezza sono i presupposti di tutti gli interventi che mettiamo in campo per migliorare la qualità della vita a partire dalle nostre città.”

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PARTECIPARE E DECIDERE MEGLIO Nell’ambito della Settimana DESS-UNESCO è pubblicato, a cura del Servizio Comunicazione ed Educazione alla sostenibilità della Regione Emilia-Romagna, il Quaderno “Partecipare e decidere meglio: progettazione e responsabilità”. La governance delle politiche pubbliche richiede nuove forme di partecipazione più efficaci e inclusive. Molte procedure istituzionali che coinvolgono i cittadini stanno infatti mostrando i loro limiti: tempi lunghi di consultazione quando non necessari o, all’opposto, assenza di informazione per decisioni di grande impatto pubblico. Se manca una partecipazione attiva, equilibrata e rappresentativa, la conseguenza è l’aumento dei conflitti e dei costi sociali, economici e ambientali, con il rischio di delegittimare le istituzioni senza responsabilizzare i cittadini. E la qualità della vita di un territorio ne risente negativamente. La Guida prova a fornire un contributo, consolidando le innovazioni in corso di sperimentazione e indicando il perché, il come, con chi, e quando, intraprendere percorsi di partecipazione strutturata. Il testo, rivolto a decisori pubblici, funzionari tecnici e portatori di interessi, compie una ricognizione sui nuovi approcci di governance e di deliberazione pubblica, esamina alcuni strumenti di programmazione regionale e locale previsti dalla normativa (urbanistica, ambiente, sociale, ecc) e propone dettagliate indicazioni operative su approcci, metodologie, tecniche e strumenti utili per attivare percorsi partecipativi. Il Quaderno sarà on line sul sito www.partecipa.net.

ECOMONDO 2009: le attività di educazione alla sostenibilità presso lo stand della Regione Emilia-Romagna

L’Assessore all’Ambiente Lino Zanichelli intervistato in occasione di ECOMONDO

Nel 1996 la Regione Emilia-Romagna fu la prima in Italia a dotarsi di una legge per l’informazione e l’educazione ambientale, che nel tempo ha dato i sui frutti: oltre 500 progetti, realizzati dalle scuole e dai 69 Centri di Educazione Ambientale (CEA) presenti sul territorio, più altre 100 azioni per lo sviluppo della Rete di Informazione e Educazione Ambientale (INFEA) regionale. “Un sistema - ha ricordato Zanichelli - che è cresciuto perché la Regione vi ha investito risorse anche nei momenti più difficili, quando sono venuti a mancare i fondi nazionali assorbiti da altre priorità”. “Il fatto è che noi abbiamo creduto nella necessità accompagnare le nostre politiche con azioni di tipo culturale - ha proseguito l’Assessore - perché senza informazione, consapevolezza e una partecipazione attiva dei cittadini non si può realizzare alcuna strategia di sviluppo sostenibile”. La stessa motivazione ha indotto nel 2002 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a proclamare il “Decennio dell’Educazione per lo Sviluppo Sostenibile 2005-2014 DESS”, designando l’UNESCO come promotore. La Regione Emilia-Romagna, che partecipa al Comitato nazionale per il Decennio (DESS UNESCO Italia), ha deciso di rilanciare l’iniziativa, con una nuova legge che ridefinisce il sistema (INFEAS) e soprattutto lo riorganizza e lo rafforza. Il nuovo sistema INFEAS (Informazione Educazione alla

sostenibilità) assume, infatti, gli indirizzi internazionali e promuove una diversa organizzazione della rete regionale, più integrata e ampliata. Oltre alla Regione, vi hanno un ruolo le Province che programmano e coordinano sul proprio territorio le attività, gli educatori professionali dentro e fuori la scuola, il volontariato, le università e le imprese. La normativa prevede sia per i Centri di Educazione alla Sostenibilità (CEAS) sia per le Scuole, funzioni precise, criteri per il loro riconoscimento e forme di sostegno. Un sostegno particolare sarà dedicato alle reti di scuole e istituti scolastici che coniugano i temi della sostenibilità con il loro piano dell’offerta formativa e che hanno strutturato al proprio interno esperienze e attività permanenti. Una significativa novità è l’approccio integrato e trasversale che vedrà il coordinamento delle diverse “educazioni” - all’ambiente, alla salute, alla corretta alimentazione, alla sicurezza stradale e mobilità sostenibile, alla partecipazione, ecc. - in linea con i principi del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile. Nella sua programmazione periodica la Regione incentiverà forme di co-progettazione scuola-territorio per tutte le fasce di età, compresa quella adulta e la partecipazione del sistema formativo allo sviluppo locale. Per approfondire: www.ermesambiente.it/infea

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AGENDA 21

IL PROGETTO SUSTAINABLENOW: COMUNITÀ EUROPEE ENERGETICAMENTE SOSTENIBILI Azione efficace per l’integrazione energetica locale oggi a cura della Segreteria del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

Cambiare il modello energetico. Questa la radicale, esplicita richiesta del nostro Pianeta all’avvio del ventunesimo secolo, segnato da un’inedita “crisi combinata” di clima, energia ed economia. Mai come oggi sono evidenti i limiti della “navicella spaziale” che ospita l’umanità, citando l’intuizione dell’economista Kenneth Boulding (The Economics of the Coming Spaceship Earth, 1966). Il punto cruciale è che il cambiamento richiede l’impegno e il contributo di tutti, a tutti i livelli, e da subito. Deve palesarsi un movimento sistemico che non riguarda solo i governi, chiamati a prendere le decisioni di indirizzo a Copenhagen nel mese di dicembre, e le multinazionali che detengono il controllo della produzione di energia, ma anche le imprese di ogni settore, gli enti locali, i cittadini-consumatori. Tutti questi soggetti si devono mettere in moto contemporaneamente, per rincorrere l’uno l’altro, la domanda e l’offerta, la produzione e il consumo, l’innovazione e la produzione in serie. Come l’automobile nel giro di vent’anni

ha contaminato e condizionato l’organizzazione e lo sviluppo sociale ed economico di una parte dell’umanità nel ventesimo secolo, così il new green deal, inteso come insieme di innovazioni ispirate alle energie alternative e alla sostenibilità, dovrà essere il faro per uno sviluppo capace di conciliare economia, ambiente e istanze sociali. È questa visione che, a volte inconsapevolmente, guida già decisioni “quotidiane” come prendere la bicicletta o un mezzo pubblico per raggiungere il posto di lavoro e scelte strategiche come la realizzazione e messa in funzione di una centrale a riflessione solare da 20 MW. Il punto di partenza è scommettere sulla forza dei consumi e degli investimenti privati, sulla capacità di una crescente domanda per beni e servizi ecocompatibili di orientare le scelte degli imprenditori, sulla consapevolezza che incentivi legislativi ed economici possono innescare una nuova generazione di consumi, aiutando a mettere in pista strategie d’uscita da settori

La Centrale PS20 di Siviglia, la più grande del mondo progettata e costruita con la tecnica della riflessione solare, in grado di coprire il fabbisogno di circa diecimila abitazioni (con un risparmio di 12.000 ton./a di CO2

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tradizionali e obsoleti, incompatibili con un modello di benessere esteso a un’umanità numericamente crescente a fronte di risorse in progressivo depauperamento. Sono questi gli ingredienti della “green recovery” (la “ripresa verde”, come la definisce il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz) per la quale il presidente Barack Obama ha stanziato 150 miliardi di dollari in dieci anni: “Dopo decenni di ritrosie e resistenze è arrivato il momento di creare un’industria dell’energia pulita che darà vita a centinaia di migliaia di posti di lavoro nei prossimi anni che saranno a loro volta un investimento perché raddoppieranno la capacità di generare energia rinnovabile nell’arco di pochi anni grazie a una nuova generazione di invenzioni” (B. Obama, Discorso al dipartimento dell’Energia, 5 febbraio 2009). E in questa stessa direzione sono indirizzate numerose iniziative ed azioni della Commissione Europea come il Progetto Sustainable NOW, cofinanziato nell’ambito del Programma Energia Intelligente (IEE) e coordinato da ICLEI - Governi Locali per la Sostenibilità, che vede la partecipazione di 15 partner da sei Paesi. Avviato alla fine del 2008, il progetto si propone di contribuire allo sviluppo di Comunità Energeticamente Sostenibili. Si tratta di un progetto di carattere formativo, della durata di tre anni, che intende rafforzare il ruolo degli enti locali nella loro veste di amministratori e decisori politici di un territorio, sostenendone l’impegno ad agire concretamente e così diventare punti di riferimento per altre comunità, ispirandole nel percorso verso l’energia sostenibile. Sustainable NOW in particolare affronta aspetti non tecnici essenziali in una fase di transizione del modello energetico: dalla identificazione degli elementi chiave che possono guidare i decisori politici nella selezione degli approcci e delle tecnologie più adatte


per la propria comunità, allo sviluppo di competenze, attraverso scambi peerto-peer, valutazioni e analisi, sino allo sviluppo e redazione di Piani di Azione Locali per l’Energia (Local Energy Action Plan - LEAP) che rappresenta lo scopo ultimo del progetto. L’obiettivo di fondo è contribuire a creare un contesto favorevole al successo delle azioni da intraprendere e quindi facilitare il conseguimento di risultati concreti. Le azioni predisposte prevedono una strategia articolata e il coinvolgimento di forti partner locali nonché di network di enti locali operanti a livello europeo, al fine di raggiungere ambiziosi target energetici e di riduzione delle emissioni. I principali benefici per le comunità (enti locali e stakeholder di un territorio) consistono nell’aumento delle competenze e nell’introduzione di nuovi strumenti per lo sviluppo, l’attuazione e la valutazione del concetto di comunità energeticamente sostenibili. L’uso di risorse locali, il coinvolgimento di stakeholder provenienti da più settori ed una comunità maggiormente resiliente da un punto di vista della protezione del clima e della sicurezza energetica sono alla base di tutto ciò. La redazione e adozione di un LEAP comporta diversi vantaggi per l’ente locale: - fornisce al Consiglio Comunale uno strumento di supporto e monitoraggio del processo di transizione a comunità energeticamente sostenibile; - aiuta lo staff dell’ente locale nella determinazione delle azioni e dei passaggi necessari, facilitando l’identificazione e la responsabilizzazione degli attori principali da coinvolgere nel processo: dai pianificatori alle aziende di servizi, ai responsabili nel settore edilizio, dei trasporti, dell’acqua e dei rifiuti; - facilita la partecipazione di altri portatori di interesse, dando la possibilità ai cittadini, al settore locale privato ed industriale di partecipare attivamente alle azioni per una comunità energeticamente sostenibile. Maggiori informazioni su Sustainable NOW nel Leaflet del progetto e nella prima edizione della Sustainable NOW e-newsletter, dove trovare anche riscontri sulle prime azioni realizzate. Entrambi i documenti sono scaricabili dal sito www.sustainable-now.eu

Risultati attesi • Aumento delle capacità operative degli enti locali, attraverso interazioni costruttive tra “comunità in fase di apprendimento” e “comunità più avanzate”, scambi peer-to-peer, visite studio, workshop per lo sviluppo di competenze e programmi di formazione indirizzati allo staff interno all’ente locale • “Cassetta degli attrezzi” sull’energia: vari strumenti di supporto allo sviluppo ed attuazione dei Piani di Azione Locali per l’Energia (LEAP), tra cui modalità operative per la gestione integrata di misure per il clima e l’energia ed un software (wizard) di supporto dedicato ai LEAP • Attuazione di 5 LEAP e relative azioni nelle comunità coinvolte nel progetto • Aumento della consapevolezza dei cittadini e dei politici locali sui temi dell’energia sostenibile e sul ruolo degli enti locali quali leader delle comunità e responsabili della gestione del patrimonio di un territorio • Disseminazione dei risultati a livello europeo con un focus su Bulgaria, Ungheria, Italia, Germania e Regno Unito

I partner del progetto. Il consorzio Sustainable NOW, composto da 15 partner da 6 Paesi europei, coordinati da ICLEI Europe, è composto da comunità esperte e meno esperte nel campo dell’energia, network di enti locali ed esperti tecnici. Ciascun partner contribuisce con le proprie competenze specifiche ed assume un ruolo ben preciso: • Il gruppo di enti locali (Comuni e Province), proprio perché rappresentano le istituzioni più vicine ai cittadini, sono responsabili per l’attivazione di azioni locali per l’energia sostenibile. Lavorando a stretto contatto, le città coinvolte possono supportarsi a vicenda, imparare dalle reciproche esperienze, operando in un ambiente stimolante e interattivo. I partner selezionati per il progetto rappresentano diverse comunità in fatto di dimensione, di Paese di provenienza e di condizioni iniziali. Ognuna delle comunità coinvolte infatti parte da situazioni energetiche molto diverse. A causa di queste differenze, sono stati creati due Gruppi (Core Groups): - il Circolo dell’Apprendimento (Circle of Learning - COL), composto da città che vogliono progredire sostanzialmente in questo campo, - il Circolo dell’Eccellenza (Circle of Excellence - COE), formato da città che vantano già una notevole esperienza nel settore energetico. Gli enti locali coinvolti nel progetto sono: Burgas (BG), www.burgas.bg; Miskolc (HU), www.miskolc.hu; per l’Italia: Comune di Rosignano Marittimo, www.energeticamenterosignano.it e www.ealp.it, Comunità Montana ‘Trasimeno Medio Tevere’, www.cmtrasimeno. it, Comune di Bologna www.comune.bologna.it e Provincia di Siena, www.provincia. siena.it; per la Germania: Ludwigsburg, www.ludwigsburg.de e Monaco di Baviera, www. muenchen.de; Woking (GB), www.woking.gov.uk/environment/climate. • Gli esperti tecnici trasferiscono nel progetto le proprie conoscenze e capacità utili alle città, come per esempio un approccio specifico alla gestione dell’energia o un punto di vista sul settore edilizio nonché informazioni sui finanziamenti: Ecovision Gmbh (DE), www.kate.stuttgart.org; Trecodome (NL), www.trecodome.com; Banca Popolare Etica, www.bancaetica.com. • I network di enti locali contribuiscono invece con suggerimenti ed idee derivanti dall’analisi dei bisogni e delle competenze delle proprie città. Dal loro osservatorio possono dare risalto ai trend, identificare possibili soluzioni sulla base delle esperienze acquisite in precedenti progetti e contribuire alla disseminazione, nel proprio Paese, in Europa ed oltre. ICLEI- Governi Locali per la Sostenibilità, www.iclei-europe.org e www.iclei-europe.org/ccp; Climate Alliance, www. klimabuendnis.org; Coordinamento Agende 21 Locali Italiane: www.a21italy.it.

Finanziamenti: Questo progetto è co-finanziato dall’Agenzia Esecutiva per l’Energia Intelligente (AEEI 2007) della Commissione Europea nell’ambito del programma “Energia Intelligente - Europa” per contribuire ad assicurare all’Europa energia sostenibile e competitiva nei costi. Disclaimer: Gli autori sono gli unici responsabili del contenuto di questo articolo. Non rispecchia l’opinione delle Comunità Europee. La Commissione Europea non è responsabile di alcun utilizzo che può essere fatto delle informazioni qui contenute

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Il periodo di ammissibilità dei costi per un programma di lavoro avente una durata massima di 12 mesi avrà inizio tra il 1° gennaio 2010 e il 1° aprile 2010 e non potrà andare oltre il termine di un anno di bilancio del beneficiario.

Unione europea - Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA) INVITO A PRESENTARE PROPOSTE Associazioni europee attive a livello europeo nel settore dell’istruzione e della formazione (GUUE C 247 del 15. 10. 2009)

Obiettivi L’obiettivo dell’invito consiste nel sostenere le attività delle Associazioni europee che operano nel settore dell’istruzione e della formazione o perseguono un obiettivo rientrante in una delle politiche dell’Unione europea. La base giuridica è data dal Programma d’azione relativo all’apprendimento permanente e più in particolare dal “sotto-programma Jean Monnet”, per l’attuazione della terza attività chiave: - sostenere l’esistenza di Associazioni europee di alta qualità operanti nel settore dell’istruzione e della formazione; - sostenere le Associazioni europee che contribuiscono all’attuazione del programma di lavoro 2010 per l’istruzione e la formazione; - sostenere le associazioni europee che contribuiscono ad accrescere la conoscenza e la consapevolezza del processo di integrazione europea attraverso l’istruzione e la formazione. Destinatari Associazioni europee che soddisfino le condizioni seguenti: - essere un’organizzazione senza fini di lucro; - essere stabilita, con personalità giuridica e sede da più di due anni senza interruzioni (alla data del 10 dicembre 2009) in uno dei Paesi membri dell’UE; - svolgere la maggior parte della propria attività negli Stati membri dell’Unione europea, in paesi appartenenti allo Spazio economico europeo e/o nei paesi candidati; - perseguire uno scopo d’interesse generale europeo; - opera nel settore dell’istruzione e della formazione a livello europeo e persegue obiettivi chiari e ben definiti espressi negli articoli del suo statuto ufficiale; - svolgere attività compatibili con le priorità del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” e/o contribuisce ad accrescere la conoscenza e la consapevolezza del processo di integrazione europea attraverso l’istruzione e la formazione; - avere sede in almeno 12 diversi Stati membri dell’UE.

Criteri di assegnazione Le candidature ammissibili saranno valutate sulla base di: - rilevanza, chiarezza e coerenza degli obiettivi a breve termine (12 mesi); - qualità della gestione del programma di lavoro; - probabile impatto delle attività sull’istruzione e/o sulla formazione a livello europeo. Dotazione finanziaria Il budget comunitario indicativo totale per il cofinanziamento delle associazioni europee di cui al presente invito ammonta a 600.000 euro. L’importo massimo della sovvenzione operativa per ogni associazione, per un programma di lavoro annuale di 12 mesi (corrispondente ad un anno di bilancio), non può essere superiore a 100.000 euro. Le organizzazioni candidate possono scegliere fra questi due sistemi di cofinanziamento: a) finanziamento basato sul bilancio; b) finanziamento forfetario: un importo forfetario (in funzione del numero dei membri del personale), per il quale l’aiuto finanziario comunitario non può essere superiore al 75% della previsione delle entrate e delle spese per l’anno in questione. Termine e modalità di presentazione delle proposte Le candidature concernenti le convenzioni di sovvenzione al funzionamento devono essere presentate utilizzando obbligatoriamente il formulario elettronico disponibile sul sito web dell’Agenzia: http://eacea.ec.europa.eu, inviando anche per posta una copia cartacea al seguente indirizzo: EACEA - Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (Apprendimento permanente) Ufficio: BOU2 3/57 Avenue du Bourget 1 - 1140 Bruxelles/Brussel Il termine ultimo per la presentazione delle candidature elettroniche e della copia cartacea delle stesse è il 10 dicembre 2009, ore 12:00.

Attività ammissibili Il finanziamento comunitario nell’ambito del presente invito assume la forma di sovvenzioni operative annuali per il 2010 a sostegno di determinate spese operative e amministrative.

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Commissione UE Invito a presentare proposte nell’ambito del Programma di lavoro del 7° Programma Quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione Sovvenzioni a favore dei ricercatori avanzati (GUUE C 259 del 29.10.2009)

Finalità L’invito a presentare proposte si inserisce nell’ambito del Settimo Programma Quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), in particolare nel programma di lavoro “Idee 2010”, adottato dalla Commissione il 29 luglio 2009. Le sovvenzioni per i ricercatori avanzati sono finalizzate a promuovere sviluppi sostanziali nelle frontiere della conoscenza e ad incoraggiare nuove linee produttive di ricerca, nuovi metodi e tecniche, compreso approcci non convenzionali ed investigazioni nell’ambito di più discipline. Azioni Le proposte di ricerca possono essere portate avanti in qualsiasi campo che rientri nelle seguenti macro aree tematiche: - PE1-PE10 Scienze fisiche ed ingegneria; - LS1-LS9 Scienze naturali; - SH1-SH6 Scienze sociali ed umanistiche; - Ricerca interdisciplinare che crei sinergie fra i settori soprastanti. Nell’ambito dell’Allegato I del Programma 2010 sulle sovvenzioni a favore dei ricercatori avanzati sono specificati gli ambiti tematici. Beneficiari I soggetti beneficiari delle sovvenzioni ERC sono ricercatori attivi che abbiano ottenuto risultati significativi nella ricerca nell’ambito dei 10 anni passati, i quali devono essere opportunamente presentati nella richiesta di finanziamento. Tali risultati devono contribuire a far capire il livello della ricerca effettuata in termini di originalità e di importanza di contributi. I soggetti devono inoltre dimostrare di avere uno o più delle seguenti caratteristiche: - 10 pubblicazioni come autore senior sui giornali scientifici multidisciplinari internazionali importanti e/ o su quelli principali e nell’ambito di conferenze di settore; - 3 principali monografie di ricerca, di cui almeno una tradotta in un’altra lingua. Questa caratteristica è rilevante per quei settori di ricerca nell’ambito dei quali le pubblicazioni di monografie sono la norma (scienze umanistiche e sociali).

Le azioni ERC sono aperte a ricercatori di qualsiasi nazionalità che intendano condurre ricerche in uno qualsiasi degli Stati membri della CE o in uno Stato associato. Essi possono essere di qualsiasi età ed essere cittadini di qualsiasi Stato del mondo. I ricercatori devono far riferimento ad una istituzione che li ospiti e che li assuma per tutta la durata della sovvenzione. Tale istituzione deve essere situata in uno degli Stati membri CE o in uno degli Stati associati; essa può anche essere una organizzazione internazionale di interesse europeo (come il CERN, EMBL ecc.) o il Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea. Stanziamento Lo stanziamento finanziario complessivo ammonta a 590.052.000 euro. Tale ammontare risulta ripartito a seconda dell’area tematica di ricerca: - PE1-PE10 Scienze fisiche ed ingegneria: il cofinanziamento è del 39%; - LS1-LS9 Scienze naturali: il cofinanziamento è del 34%; - SH1- SH6 Scienze sociali ed umanistiche: il cofinanziamento è del 14%; - Ricerca interdisciplinare: il cofinanziamento è del 13%. Finanziamento Il cofinanziamento della Commissione Europea copre fino al 100% delle spese totali ammissibili. Scadenza I termini ultimi per la presentazione delle iniziative sono diversi a seconda degli inviti: - ERC-2010-AdG_20100224 Scienze fisiche ed ingegneria (PE): il termine è il 24 febbraio 2010; - ERC-2010-AdG_20100317 Scienze naturali (LS): il termine è il 17 marzo 2010; - ERC-2010-AdG_20100407 Scienze sociali ed umanistiche (SH): il termine è il 7 aprile 2010. Il testo completo dell’invito a presentare proposte, insieme alle linee guida ed ai moduli necessari sono disponibili al seguente sito internet: http://cordis.europa.eu/ fp7/ dc/ index.cfm?fuseaction=UserSite. IdeasDetailsCallPage&call_id=291#infopack

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci

A seguito dell’approvazione della Legge Regionale delle Marche 12 ottobre 2009, n. 24, in quali casi la Regione è competente ad esprimere il giudizio di compatibilità ambientale e ad autorizzare la realizzazione e/o la gestione di impianti di smaltimento o recupero di rifiuti? L’art. 3 della L.R. Marche n. 24/2009 (recante “Disciplina regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”), nel fissare le funzioni delle Province stabilisce che “fermo restando quanto previsto dall’articolo 11, restano di competenza delle Province le funzioni di approvazione dei progetti e di autorizzazione all’esercizio delle attività relative ad impianti di recupero e smaltimento rifiuti, previste dagli articoli 208, 209, 210 e 211 del d.lgs. 152/2006, già conferite con la L.R. 17 maggio 1999, n. 10” (comma 2) e che “le funzioni di cui al comma 2 comprendono la valutazione di impatto ambientale di cui alla L.R. 14 aprile 2004, n. 7 (Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale), l’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), nonché l’autorizzazione ambientale di cui al D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 (Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), per le quali la Regione partecipa alle relative conferenze dei servizi” (comma 3). Pertanto, in linea di principio, la competenza ad esprimere il giudizio di compatibilità ambientale e ad autorizzare la realizzazione e/o la gestione di impianti di smaltimento o recupero di rifiuti appartiene alle Province. Tuttavia, il citato art. 3, comma 2 della L.R. 24/2009 fa espressamente salvo quanto stabilito dall’art. 11 della stessa legge regionale. Quest’ultima disposizione, al secondo comma, recita: “Per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti per i quali la valutazione

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di impatto ambientale (VIA) è di competenza regionale ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b), della Legge Regionale 14 aprile 2004, n. 7 (Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale), la Regione assume anche la competenza al rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’articolo 208 del D.Lgs. 152/2006 e quella relativa al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) prevista dall’articolo 213 del D.Lgs. 152/2006. In ogni caso, la VIA è di competenza regionale qualora l’impianto sia situato ad una distanza pari o inferiore a 3 km dal confine provinciale”. Pertanto, in conclusione, la competenza è normalmente delle Province, ma diventa della Regione nei casi in cui la localizzazione dell’impianto interessi il territorio di due o più Province o i progetti presentino un impatto ambientale interprovinciale, interregionale o transfrontaliero. Si presume che abbiano un impatto interprovinciale gli impianti situati ad una distanza pari o inferiore a 3 km dal confine provinciale. In caso di lottizzazione abusiva, i terreni lottizzati possono essere confiscati anche quando l’imputato “patteggi” la pena? Sì. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che, in tema di lottizzazione abusiva, la confisca dei terreni lottizzati ha natura di sanzione amministrativa, e non di misura di sicurezza e, conseguendo ad una sentenza definitiva che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, prescinde da una condanna al riguardo, sicché è applicabile anche in caso di patteggiamento e di prescrizione del reato (cfr. Cass. pen., Sez. III, sentenza 18 novembre 1997, n. 3900). Il principio è stato recentemente ribadito dalla Suprema Corte, la quale peraltro ha sottolineato come, specialmente per gli acquirenti ed i sub-acquirenti dei terreni lottizzati, sia necessario dimostrare l’elemento psicologico del dolo o della colpa. Infatti, condizione indefettibile per l’applicazione della confisca è quella del necessario riscontro quanto meno di profili di colpa (anche sotto gli aspetti dell’imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza) nella condotta dei soggetti sul cui patrimonio la misura ablatoria viene ad incidere (Cass. pen., Sez. III, sentenza 8 ottobre 2009, n. 39078).

Eventi e Fiere

Ancona, 27-29 novembre 2009 ECO&EQUO 2009 - Fiera dell’Attenzione sociale, ambientale e dell’Economia alternativa e solidale Sede: Fiera della Pesca - Largo Fiera della Pesca, 11 Tel. 071 58971 - Fax 071 5897213 Parigi, 1°-4 dicembre 2009 POLLUTECH - Salone delle Soluzioni innovative al servizio delle sfide ambientali ed economiche Sede: Paris Nord - Villepinte Informazioni per visitatori: Saloni Internazionali Francesi srl - Tel. 02 4343531 Informazioni per espositori: REED Exhibitions ISG - Italy - Tel. 02 4351701

Milano, 5-13 dicembre 2009 ECOABITARE all’interno de “L’Artigiano in Fiera” Sede: Fiera Milano Rho Segreteria organizzativa: Ge.Fi. spa - V.le A. Papa, 30 - 20149 Milano Tel. 02 31911911 fax 02 31911920 - ecoabitare@gestionefiere.com www.ecoabitare.net Verona, 4-7 febbraio 2009 Bioenergy Expo - Salone delle Energie rinnovabili in contemporanea con Fiera Agricola Sede: Verona Fiere Organizzazione: Ente Autonomo per le Fiere di Verona - V.le del Lavoro, 8 Informazioni: Tel. 0458 298111- fax 0458 298288

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M A G A Z I N E

SPECIALE ISCHIA n. 7 - Novembre 2009 1° Forum Internazionale: l’Economia dei Rifiuti


EDITORIALE

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Mentre la 13a edizione di ECOMONDO - Fiera Internazionale del recupero di rifiuti, materia ed energia e dello sviluppo sostenibile (dal 28 al 31 ottobre) focalizzava l’attenzione del Paese e degli stakeholders stranieri verso gli eventi riminesi - anche una folta delegazione delle nostre Aziende era presente nella apposita Area del Riciclo - la Presidenza aveva già dato mandato alla Free Service Srl di produrre, per il mese successivo, un numero speciale del PolieCo Magazine totalmente dedicato all’evento ischitano dei giorni 25 e 26 settembre scorsi. La rilevanza nazionale ed internazionale del parterre dei Relatori e dei rappresentanti di Enti ed Istituzioni, la competenza tecnica di luminari del Diritto, della Comunicazione, della Filosofia, la presenza di numerosi esponenti delle Camere, non poteva essere sottaciuta, né poteva essere sufficiente alla veicolazione delle risultanze dei lavori il pur nutrito numero di articoli apparsi sulla Stampa locale e nazionale. Inoltre, come da preciso mandato della base consortile, si è ritenuto doveroso un servizio di informazione puntuale per

quanti, impossibilitati a venire, avrebbero perso la possibilità di partecipare ad un evento di alta formazione e levatura quasi accademica. Il settore del recupero e del riciclo dei rifiuti, plastici in particolare, sta vivendo una stagione normativa per alcuni aspetti esaltante, come ci ricordano i giuristi, eppure, per le imprese del settore, sono ancora molte le cause di imbarazzo ed incertezza che si sommano a perniciose ed incontrollate fluttuazioni del mercato. Il successo ottenuto dal I° Forum Nazionale sull’Economia dei Rifiuti manifesta non solo la bontà dell’iniziativa ma anche la maturità acquisita dagli operatori del settore e da tutti i portatori di interesse nella filiera che, in pochi anni, hanno rivolto il proprio sguardo ad un orizzonte più ampio e d’insieme superando distanze personali ed acquisendo consapevolez-

za della necessità di fare rete, nonché di approcciare il problema dei rifiuti non solo dalla prospettiva dell’Ambiente, ma anche e, soprattutto, da quella dell’Economia. Tale evoluzione ha presupposto certamente una dimensione etica del fare impresa e della scrittura di regole precise da parte del Legislatore e degli Organi competenti. Di tutto questo si è parlato ad Ischia e queste pagine, seppur nella loro brevità, tentano di rendere giustizia di un evento straordinario che, ci auguriamo, non rimanga isolato, ma si ripeta nel prossimo futuro. Buona lettura.

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PAROLA D’ORDINE: SINERGIA E COINVOLGIMENTO PolieCo riunisce a Ischia un ricco parterre di esperti internazionali per promuovere una riflessione a tutto campo sul futuro del settore del riciclo in vista del recepimento della nuova Direttiva Europea a cura di Alberto Piastrellini

Promuovere una riflessione alternativa nel panorama nazionale, legato alla ricerca e all’approccio gestionale dei rifiuti; introdurre all’interno del dibattito, finora squisitamente ambientale, nuove prospettive economiche; riappropriarsi di una visione etica e morale per quanto concerne scelte politiche e gestionali nel settore del riciclo in generale. Sono stati questi gli obiettivi che hanno mosso il Consorzio PolieCo (Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene) ad organizzare nei giorni di venerdì 25 e sabato 26 settembre, ad Ischia, il 1° Forum nazionale dedicato all’Economia dei Rifiuti. Location d’eccezione è stata l’affascinante ed accogliente struttura dell’Hotel Continental Terme che con le sue terrazze fiorite, i suoi open green-space e le possibilità offerte dalle sale multimediali, ha consentito la perfetta riuscita di un evento dalla caratura internazionale per le numerose personalità coinvolte del mondo politico, della cultura, della ricerca, dell’associazionismo ambientale, dell’impresa, del Governo e del Parlamento, della Magistratura, degli Organi di Controllo e degli Enti Locali. È stata una scommessa ambiziosa, quella di spostare per un intero week end, in un luogo poco praticato dagli eventi convegnistici del settore rifiuti un così numeroso parterre di luminari, eppure, è stata vinta, grazie ad un complesso apparato di comunicazione messo in atto dal Consorzio stesso per coinvolgere la Stampa nazionale, gli addetti ai lavori e, naturalmente, la ricca base associativa. Ovviamente, data la natura strettamente seminariale e la limitatezza dei posti disponibili, non è stato possibile a molti di partecipare all’evento, per cui, il Consorzio PolieCo e la Fondazione Santa Chiara per lo Studio del Diritto e dell’Economia dell’Ambiente, hanno deciso di investire ulteriormente, promuovendo la pubblicazione sintetica delle relazioni intervenute ad Ischia, che costituisce, non solo una

documentazione preziosa, quanto la prova della volontà del Consorzio stesso di comunicare e rendere sempre più fruibile e circuitabile la ricchezza di informazioni ed approfondimenti che, a partire da eventi puntuali, debbono ricadere sulla base consortile onde realizzare quel percorso virtuoso di crescita consapevole di responsabilità ambientale da parte degli imprenditori. Le pagine che seguono, pertanto, costituiscono un piccolo tentativo di presentare alcuni frammenti ragionati, piccole tessere di un mosaico più ampio per il quale, certamente, sussiste la volontà di pensare ad un più degno e corposo volume che raccolga gli Atti completi. Venerdì 25 Settembre 1a sessione: “Economia dei rifiuti: dai rifiuti ai materiali” Ad aprire i lavori della prima giornata di studio è stato Oliviero Beha, giornalista di Rai Uno, qui in veste di prestigioso moderatore, il quale nel salutare i convenuti ha voluto introdurre il primo tema di riflessione: “Economia dei rifiuti: dai rifiuti ai materiali”, sollecitando l’attenzione dei presenti sul problema rappresentato dalla grande massa dei rifiuti speciali prodotti nel nostro Paese, una problematica ancora poco percepita dall’immaginario collettivo, sempre più coinvolto dall’evidenza dei rifiuti urbani. “Quando, con tutti i miei collaboratori, abbiamo cominciato a prospettare la necessità di un momento di confronto ed approfondimento sulla tematica che riunisse per un tempo determinato, l’insieme degli attori principali dell’intera filiera sul territorio nazionale, celiando, già allora, si era pensato di soprannominare questo evento la “Cernobbio dei Rifiuti” - ha dichiarato in apertura il Presidente PolieCo, Enrico Bobbio. “Questa iniziativa - ha proseguito il Presidente - è volta

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non tanto ad analizzare ed osservare i risultati raggiunti dal settore in questi anni, piuttosto a guardare al futuro ed allargare l’orizzonte all’Europa”. “Il tema del profilo economico di approccio ai rifiuti - ha aggiunto - nella fattispecie, dalla visione limitata dei rifiuti in quanto tali, alla prospettiva aperta dei materiali, ci interroga, dal punto di vista giuridico, politico, tecnico, sociale ed etico”. Citando un passo della Lettera Enciclica “Caritas in Veritate” che il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha indirizzato a tutta la comunità dei credenti, sul tema dello sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, il Presidente PolieCo ha inteso sottolineare la necessità di un nuovo approccio culturale alla tematica della gestione dei rifiuti, un approccio soprattutto etico che indirizzi precise scelte politiche ed economiche, soprattutto in vista di problematiche quanto mai attuali quali quelle del cambiamento climatico e delle dinamiche volte al suo contenimento. “Lo scopo di questi due giorni di incontro - ha osservato il Presidente Bobbio - è quello di aprire una riflessione ampia che coinvolga tutti gli attori della filiera dei rifiuti, il Legislatore, i Rappresentanti del Governo, delle Forze dell’Ordine, delle Pubbliche Amministrazioni e del mondo dell’impresa, in un percorso che ha come obiettivo la ricerca dell’utile e del bene della società attraverso la prospettiva dell’ambiente”. Il tutto, cercando di promuovere una nuova cultura rispetto alla gestione e al mercato dei rifiuti, riconoscendo l’insostenibilità economica dell’attuale modello di gestione e la sua scarsa efficacia ai fini del perseguimento degli obiettivi, così come indicati precisamente nella Direttiva Comunitaria 2008/98/CE che impongono a tutti gli Stati membri una nuova logica qualificatoria, gestionale, di responsabilizzazione e di mercato dei rifiuti e dei prodotti. Ad aprire la teoria degli interventi in programma è stata la Prof.ssa Maria Ioannilli - Facoltà di Ingegneria, Università

di Roma “Tor Vergata”, la quale ha introdotto l’argomento ricostruendo un quadro “il più laico possibile” delle problematiche che insistono sul problema dei rifiuti e come queste vengono affrontate nel nostro Paese. Dall’intervento sono emerse soprattutto le difficoltà di reperire dati certi in merito alle quantità di rifiuti avviati a riciclo ed effettivamente riciclati. Inoltre, qualche perplessità è stata evidenziata circa l’attendibilità dei dati riferiti alla raccolta differenziata nazionale. Antonio Massarutto - Economista, Università degli Studi di Udine: IEFE, Università Bocconi, ha relazionato puntando sulla valorizzazione economica dei rifiuti. “Recuperare rifiuti rappresenta una risorsa enorme - ha dichiarato - anche semplicemente perché negli ultimi anni è aumentato il costo di conferimento in discarica”. È intervenuto nel dibattito anche l’ex Ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio che, a partire da una sua personale ricostruzione dell’emergenza rifiuti in Campania, ha sottolineato come “le imprese del riciclo e dei rifiuti devono interfacciarsi con le Istituzioni”, mentre, nel contempo, le istituzioni stesse devono “fare di più nella direzione della minor produzione di rifiuti intervenendo sugli imballaggi, anche da un punto di vista normativo”. A seguire, Duccio Bianchi - Direttore di Ambiente Italia ha ricordato come l’economia del riciclo è un settore non del tutto nuovo dell’economia italiana, sottolineando ulteriormente come: “lo sviluppo del riciclo è trainato dalla nuova geografia industriale mondiale”. La riflessione del Direttore si è concentrata sulle potenzialità insite nelle dinamiche di rafforzamento delle attività di riciclo, potenzialità che si esprimono al meglio non solo nella riduzione del consumo di materie prime, ma soprattutto nella riduzione dei consumi energetici e nella minor produzione di gas climalteranti.

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“Un modesto incremento del riciclo - ha dichiarato Bianchi - equivale ad un contributo importante in termini di riduzione dei consumi energetici e riduzione delle emissioni climalteranti”. A conclusione del suo intervento, il direttore di Ambiente Italia ha voluto ricordare come l’implementazione del settore del riciclo possa rappresentare una ulteriore occasione per creare nuova occupazione Una voce preoccupata è stata quella dell’On. Giovanni Fava che ha ricordato come l’impresa privata del settore rifiuti sia stata eccessivamente criminalizzata nel pensiero comune a fronte di molte imprese che lavorano correttamente. “Viviamo in un contesto fortemente condizionato da una pessima gestione della cosa pubblica - ha dichiarato Fava - e siccome il settore pubblico deve essere sempre protetto ecco che ci si accanisce sul settore privato”. In questo senso, ha proseguito: “L’economia dei rifiuti non prescinde da regole certe e analogie di trattamento fra imprenditori pubblici e privati”. Anche sulle prospettive indicate dal Direttore Bianchi, l’On. Fava ha palesato le proprie perplessità: “Un settore industriale non può fare welfare. A questo settore serve creare condizioni di economicità e non sempre riciclare conviene, tant’è vero che si interviene continuamente con misure surrettizie… Alle imprese non si può chiedere di non guadagnare”. “Parlando di economia dei rifiuti bisogna tener presente che nel decennio alle spalle c’è stato un grande cambiamento che ha avuto enormi risvolti economici - ha dichiarato Edo Ronchi, Vice Presidente della Commissione Ambiente del Senato della Repubblica - Nella crescita del numero delle imprese e delle quantità avviate a riciclo in tutta Europa, si può vedere che questo è un settore dinamico e in espansione e ciò vale anche per l’Italia”. A cura del Senatore, c’è stata, quindi, una disamina del-

la nuova Direttiva comunitaria che ridisegna gli obiettivi europei per la riduzione dei rifiuti, l’implementazione del recupero e la riduzione del conferimento in discarica. “Il settore pubblico ha una incidenza economica decisiva ha dichiarato il Senatore - indirizza verso gli obiettivi della direttiva, tra cui l’integrazione degli obiettivi economici con quelli ambientali. È una strategia integrata quella che propone l’Ue, per cui nel sistema di gestione dei rifiuti occorre necessariamente inserire queste nuove istanze in vista degli obiettivi di qui al 2020”. Venerdì 25 Settembre 2a sessione: “Il sistema dei rifiuti in Europa” Se la teoria degli interventi che ha caratterizzato la prima sessione di lavori era incentrata su una visione delle problematiche nazionali che gravano nel settore della gestione dei rifiuti, con la seconda sessione: “Il sistema dei rifiuti in Europa” si è inteso allargare la focale, introducendo nel dibattito alcune riflessioni di respiro europeo, anche perché, come ha più volte ricordato il Presidente Bobbio: “nel settore dei rifiuti non è più possibile pensare all’Italia come ad un sistema autoreferenziale perché non lo è più dal punto di vista economico, giuridico, storico, né, tanto meno, culturale”. A cura di Stefano Laporta - Sub Commissario ISPRA, è stata presentata una riflessione sul lavoro dell’Ente circa l’impegno profuso nella ricerca e produzione di dati certificati riguardanti la produzione e i flussi di rifiuti in Italia e l’obiettivo rappresentato dal raggiungimento della tracciabilità dei rifiuti stessi. Due interventi “europei” sono stati quelli di Vincent Jumeau - Direttore Generale , Bruxelles Propreté (Belgio) e Thomas Rummler - Ministro per l’Ambiente, la conservazione della Natura e la sicurezza Nucleare della Germania; che han-

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no messo in risalto come in Europa il quadro normativo influenzi la sensibilità pubblica e viceversa. Un case history di gestione dei rifiuti è stato proposto da Giulio Angelucci - Direttore ufficio Gestione Rifiuti, Provincia Autonoma di Bolzano che ha sottolineato l’importanza dell’intervento pubblico nel settore. Ultimo intervento della giornata è stato quello dell’On. Paolo Russo, Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, il quale ha ricordato che: “la nuova direttiva europea sui rifiuti non disarticola complessivamente i sistemi a cui siamo abituati, ma introduce novità rilevanti come la responsabilità del produttore del rifiuto e non solo, passando da una impostazione ideologica ad una impostazione più pragmatica ed etica”. Spiegando poi che “l’aumento della RD lascia ampi margini di perplessità non tanto per i numeri quanto per l’effettivo recupero che se ne trae”, l’On. Russo ha auspicato “più buonsenso nell’approccio alle complesse problematiche dei rifiuti e più logistica per ridurre le inefficienze del sistema”. Ha concluso la prima giornata del Forum il Presidente PolieCo Enrico Bobbio, il quale, pur rimarcando come: “Il tema dei rifiuti speciali non sia stato del tutto trattato com’era nelle nostre intenzioni, segno che, ancora una volta quando si parla di rifiuti, l’attenzione di tutti è catalizzata da quelli urbani”, ha voluto sottolineare che, il futuro prossimo del settore sarà determinato necessariamente dal superamento di barriere ideologiche e dal coinvolgimento dei tanti attori in gioco. Sabato 26 Settembre 1a sessione: “Quali alternative: soggetti, regole e modelli organizzativi” La seconda giornata di studio, suddivisa come la precedente in due sessioni distinte, è stata pensata con la logica delle prospettive, delle provocazioni e delle possibili vie da per-

seguire per addivenire ad una gestione equa, sostenibile ed eticamente realizzabile della gestione dei materiali da rifiuto. In questo senso, va letto l’intervento introduttivo di Luca de Biase - Caporedattore di Nova24 di Il sole 24 Ore, il quale, nel dare la parola al primo relatore e nel presentare, al contempo, il tema della riflessione, ha dichiarato come: “Bisogna smantellare la visione di negazione del rifiuto per proporre una visione positiva del rifiuto stesso, improntata sul buonsenso”. “Il nostro compito - ha proseguito - è quello di rivedere l’argomento dal punto di vista delle regole: istituzionali ed etiche”. A cura di Alberto Pierobon - Membro della Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è stata presentata una corposa relazione sulla difficoltà di commisurare e monitorare effettivamente i flussi dei materiali destinati allo smaltimento e all’effettivo riciclaggio, senza contare i costi che determina la gestione pubblica dei rifiuti da imballaggio. “La distinzione che si fa tra rifiuti urbani e rifiuti speciali - ha ammesso Pierobon - con la zona grigia rappresentata dai rifiuti assimilati, corrisponde in realtà ad un’altra distinzione che si fa tra rifiuti da gestione e pubblica e rifiuti da gestione non pubblica, considerando che i rifiuti da gestione pubblica incorporano non solo il rifiuto domestico, ma anche il rifiuto urbano (rifiuto da spazzamento, rifiuto sanitario ex lege) e, inoltre, gli assimilati”. Andando ad analizzare le possibilità offerte da una lettura distorta delle complesse stratificazioni normative in materia di rifiuti (lettura che si presta a vie di fuga), il dott. Pierobon ha provocato l’assemblea affrontando il problema dell’effettivo riciclaggio dei materiali raccolti e ha concluso il suo intervento dichiarando che: “La gestione dei rifiuti di imballaggio da parte dell’attuale sistema costa 460 euro a tonnellata, quando un privato la gestirebbe a meno di 200

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euro. Se è vero che questo sistema non serve al recupero, ma solo a dare una stampella al sistema pubblico, allora perché dobbiamo mentire che andiamo a recuperare? Diciamo che serve a dare una mano al pubblico…Ma questa è una distorsione del mercato”. I rapporti fra il diritto e gli “spazi” in cui questo si dispiega sono stati al centro dell’intervento del Prof. Franco Silvano Toni di Cigoli - Docente di Diritto del Commercio Internazionale all’Università di Padova e Regular Visiting Fellow at the British Institute on International and Comparative Law in London, il quale nell’introdurre la propria relazione ha preso spunto dalla citazione dell’Enciclica “Caritas in Veritate” (come del resto aveva fatto il giorno prima il Presidente Bobbio). “Nell’esaminare lo strumentario indicato dal Pontefice nell’approcciare le tematiche delle emergenze ambientali ha dichiarato il Professore - si evidenzia la gerarchia degli ordini: giuridico, economico, politico e culturale. Parlare di diritto in campo ambientale, quindi, non solo serva a fare bene, ma fa bene tout court”. Entrando nel merito della sua relazione, il Prof. Toni di Cigoli ha provocato gli astanti introducendo il concetto di “Diritto prossimo venturo”, ovverosia delle tendenze e prospettive del Diritto a venire, tenuto conto della rapidità del mutamento sociale nella civiltà contemporanea, della complessità della società stessa e, infine, della globalizzazione. “Il primo elemento di riflessione, in questo senso - ha enunciato il Professore, è - pluralismo contro monismo… Quando dobbiamo ricostruire una disciplina non possiamo più avere la certezza di fare affidamento sul Diritto nazionale, sul Diritto domestico, su un’unica fonte. Esiste una linea di fuga che fa sì che ormai il Diritto dell’ambiente da questo punto di vista è paradigmatico: l’integrazione di più fonti è il presupposto, non è il punto di arrivo”. “Ulteriore passaggio - ha quindi proseguito - integrazione rispetto alla chiusura”.

Il discorso si è quindi focalizzato su due case history che hanno visto in prima linea il Consorzio PolieCo battersi per testimoniare la propria posizione regolare nell’ambito di due procedure di infrazione riferite alla concorrenza e al mercato interno, quindi su alcuni aspetti specifici del Testo Unico Ambientale (D. Lgs. n. 152/2006) rispetto alla Direttiva 98/2008/CE. “Viviamo in una stagione esaltante per i giuristi - ha concluso il Prof. Toni di Cigoli - una stagione che deve rappresentare una transizione da una sorta di neo-medioevo del Diritto ad un futuro aperto di internazionalizzazione, globalizzazione e innovazione”. A proseguire sulla scia di questo intervento, focalizzando la differenza di velocità con cui l’economia e l’imprenditoria si muovono nel mercato a fronte, dei ritardi con cui si avvicina al problema il Legislatore, è stato Marcello Collevecchio, Membro della Commissione di Studio per la Riforma del Codice dell’Ambiente. “È utile una riflessione congiunta che ha l’obiettivo di verificare se nella legislazione attuale viene recepito il concetto di rifiuto come risorsa, concetto di per sé rivoluzionario - ha dichiarato in apertura Collevecchio - Si tratta di fare una rivoluzione culturale perché nella storia della nostra Repubblica il rifiuto è un elemento da scartare, non un materiale o una merce con utilità economica… è un passaggio di mentalità che richiede tempo”. “La legislazione attuale - ha proseguito - contiene dei princìpi, delle regole che prevedono il rifiuto come risorsa. Il problema è passare dalla norma di principio alla attuazione, al recepimento del sistema di queste regole che prevedono il rifiuto come risorsa”. Riandando con la memoria all’evoluzione dell’approccio giuridico “al rifiuto” nel nostro Paese fino alla pubblicazione del D. Lgs. n. 152/2006, Collevecchio ha approfondito le problematiche relative allo smaltimento, al recupero e al riciclaggio dei rifiuti.

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“La Direttiva n. 98/2008 - ha ricordato Collevecchio - contiene un’espressione bellissima: società europea di riciclaggio. Questa espressione evoca una collettività che ricicla, evoca una condotta di tutta l’Europa, di consumatori, imprese e produttori che hanno in mente il riciclaggio… C’è una norma sulla gerarchia nella gestione dei rifiuti. Recupero e riciclaggio vengono prima dello smaltimento”. “Per il nostro Paese la scommessa è quella di misurarsi con queste regole e portare il riciclaggio e il recupero al centro del dibattito, avendo alle spalle il vento di queste norme e di questi princìpi che vanno reclamati con forza dagli operatori. Oggi, invece, il dibattito è più sulle discariche e sui termovalorizzatori per via di una logica dell’emergenza”. “Bisogna riportare - ha infine concluso - al centro del dibattito il riciclaggio e il recupero che non solo sono sovraordinati nella gerarchia, ma sono le uniche strade per realizzare l’obiettivo della “società europea” del riciclaggio”. Una battuta sulla necessità di un intervento del Governo mirato su certe necessità, piuttosto che su altre, è arrivata dal Presidente di Federambiente, Daniele Fortini, durante il suo intervento: “Piuttosto che la cabina di regia istituita dal Governo per decidere sui termovalizzatori sarebbe più utile una cabina di regia “sterzata” per incentivare le buone pratiche nel ciclo integrato dei rifiuti”. “Servono incentivi - ha proseguito - ma non solo. Servono azioni che consentano lo sviluppo della raccolta differenziata nelle grandi città, dal momento che le problematiche delle grandi aree non sono le stesse dei piccoli centri”. Spostando la sua riflessione sulle modalità organizzative di implementazione della RD, Fortini ha ammesso che: “Ciascun territorio ha il dovere e la responsabilità di scegliere il modello organizzativo che consente di ottenere i migliori risultati. In Trentino il modello di raccolta non può essere quello della Campania. I modelli organizzativi devono tenere

conto delle caratteristiche fisiche del territorio, delle risorse disponibili per finanziarlo e degli obiettivi raggiungibili”. L’esperienza nella gestione dei rifiuti da parte di una importante filiera produttiva del Paese è stata portata da Franco Pasquali, Segretario Generale Coldiretti il quale ha ricordato come: “Nel dopo-crisi abbiamo bisogno di regole nuove per ripartire. Bisogna cambiare le regole del gioco”. In questo senso, ha affermato che “Il tema del rifiuto è un indicatore del senso civico di un Paese e l’Italia deve migliorare molto da questo punto di vista”. Prendendo in esame l’esperienza di Coldiretti nel ridisegnare la filiera della produzione di rifiuti, soprattutto da imballaggi che rappresentano circa i 2/3 del totale prodotto dall’agroalimentare, Pasquali ha sentenziato che non solo è possibile riprogettare l’approccio all’imballaggio, ma è doveroso: “Solo con misure modeste si riesce a risparmiare 2 Kg. a persona di imballo”. “La filiera agroalimentare deve rompere le corde che la stanno ingessando - ha sentenziato il Segretario Generale di Coldiretti - Ad oggi, per esempio, esistono solo 5 piattaforme distributive che hanno in mano la distribuzione agroalimentare del Paese e che richiedono produzioni di imballi sempre più onerose. Urgono iniziative per riscrivere la filiera come: Km 0, farmers market, vendita diretta… Il nostro compito è quello di sollecitare gli attori della filiera e rimettersi in gioco, accanto a dinamiche di formazione e informazione del cittadino/consumatore”. “Il rifiuto è un problema etico - ha tuonato Stefano Leoni, rappresentante del WWF, citando l’Earth Overshoot Day, caduto proprio il 25 settembre - ci stiamo mangiando il futuro dei nostri discendenti”. Rimarcando come una delle novità contenute nella Direttiva CE n. 98/2008 sia rappresentata dalla responsabilità del produttore, il rappresentante del WWF ha ricordato che:

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“Occorre ragionare su quello che bisogna fare nel produrre e nella valutazione della produzione; bisogna già pensare oggi a come gestire lo scarto dei prodotti… Nel contempo occorre superare la stagione dello smaltimento e cominciare ad attrezzarci per la stagione della gestione del riciclaggio della materia”. Una nota di critica al sistema Paese è arrivata dopo la citazione di uno studio promosso dalla FISE che indica il deficit impiantistico legato al recupero di materia che grava sull’Italia: “Se oggi abbiamo una stagione delle emergenze legate alla gestione dei RSU nella fattispecie del loro smaltimento, è ipotizzabile una analoga situazione di emergenza per quanto concerne il recupero di materia: occorre cominciare ad attrezzarci”. Una ulteriore nota di critica è stata riservata dal rappresentante WWF al meccanismo di finanziamento delle cosiddette fonti energetiche assimilate (CIP6) quale freno alla politica del finanziamento del mercato dei materiali: “Occorre rivedere l’ordine degli incentivi: il Garante del Gas e dell’Energia ha comunicato che nei prossimi anni il costo del CIP6 per l’utenza sarà pari a 16 miliardi. L’unico sussidio che abbiamo per il recupero di materia è il CAC, (contributo per i Consorzi, pari a 400 milioni l’anno). Per avere la stessa quantità di incentivi del CIP6 dobbiamo aspettare quindi 40 anni. C’è una sproporzione effettiva tra i contributi di sostegno alla gestione di questo mercato del rifiuto per il recupero materia rispetto al trattamento termico”. A concludere la teoria degli interventi di questa prima sessione del sabato è stato Fabrizio Clementi - Vicepresidente dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti che ha rimarcato la necessità di un ciclo dei rifiuti economico, produttivo ed efficace; un servizio alla comunità che deve necessariamente avere i parametri dell’economicità e dell’efficienza.

Sabato 26 Settembre 2a sessione: “Etica dell’economia dei rifiuti” La 2a sessione della mattinata si è aperta con l’inspirato intervento del prof. Umberto Galimberti - Filosofo, Università Cá Foscari di Venezia, il quale ha riportato al centro del dibattito le colpe (in termini filosofici) della società occidentale nel merito dello spirito nichilista che anima troppe scelte quotidiane. A partire da una citazione di Gunther Anders: “Un’umanità che tratta il mondo come un mondo da buttar via finirà per trattare come se stessa come un’umanità da buttar via”, Galimberti ha rimarcato come: “il nocciolo del nostro nichilismo è il concetto di crescita… Noi occidentali (Europa e America del Nord) siamo il 17% della popolazione mondiale e consumiamo l’80% delle risorse mondiali, lasciando il 20% al resto del mondo che è fatto da altri 5 miliardi e 200 milioni di persone. Nessun teorico dei sistemi può dire che un sistema del genere possa reggere”. Dopo aver preso in esame la genesi e i presupposti del nostro approccio all’ordine naturale delle cose, Galimberti ha concluso il suo intervento indicando una possibile soluzione al tramonto dell’Occidente e dell’umanità tutta: “dobbiamo cambiare registro dall’origine, cambiare la nostra cultura che vede al centro l’uomo dominatore, e il trattamento della materia come materia prima. Altrimenti andremo incontro al nostro destino già scritto nella parola occidente “terra della sera”. Forse dobbiamo tramontare”. Un sincero distacco dalla tesi del Prof. Galimberti è stato quello di Amedeo Postiglione, Magistrato di Cassazione, Direttore ICEF (International Court of the Environment Foundation), il quale, in quanto autore, tra l’altro, della pubblicazione: “Industria e compatibilità ambientale”, ha dichiarato: “Bisogna scongiurare un pessimismo generalizzato e non giustificato. Alcuni progressi sono stati fatti, ma

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noi non controlliamo, non governiamo il fenomeno nella sua interezza”. “Governance - ha proseguito - significa vedere insieme i problemi e farsene carico, a livello locale, regionale, nazionale, comunitario e internazionale secondo un principio di integrazione”. “Abbiamo bisogno di creare una governance sull’attività economica di produzione e consumo”. “In questo senso - ha concluso - il Diritto prossimo venturo se considerato nell’ottica di una corretta governance non può non essere integrato all’economia e all’etica. L’idea della nostra Fondazione è collegare la gestione integrata globale dell’ambiente anche ad un tema centrale: la giurisdizione per l’ambiente che è un’assoluta necessità per dare peso a nuovi valori etici della futura società”. A seguire, il punto di vista di un Magistrato con l’intervento di Donato Ceglie - Coordinatore della Sezione Criminalità Ambientale della Procura della Repubblica di Caserta, è stato al centro dell’attenzione dell’auditorio, soprattutto per il carico di esperienza che il relatore in questione può vantare nell’ambito del contrasto alle ecomafie. “Una delle situazioni più pericolose per un Paese - ha sentenziato il Magistrato - è darsi delle regole, la violazione delle quali resta impunita. “Che democrazia è quella che consente a dei criminali che attentano alla vita di tutti di operare per decenni? Che paese è quello che mina al futuro delle sue generazioni? Come dobbiamo reagire ad una parte dell’imprenditoria che ha come sola regola il profitto?” Introducendo la problematica dei controlli e la necessità della responsabilità penale per chi commette crimini ambientali, Ceglie ha ricordato che: “Non è pensabile che dietro ogni scarico abusivo, dietro ogni cava abusiva ci possa essere l’autorità giudiziaria. Non dobbiamo delegare solo alla magistratura. Dobbiamo fare rete tra di noi. I controlli non devono essere solo giudiziari. Ci devono essere autocontrolli

da parte di gruppi, associazioni, consorzi che devono togliere i criminali al loro interno”. “Purtroppo - ha concluso - Siamo ancora l’unico paese refrattario ad introdurre nel nostro ordinamento la responsabilità delle persone giuridiche per i crimini ambientali. Non è possibile che oltre a colpire il soggetto, la Società sopravviva intonsa. Anche l’impresa deve andare incontro alle giuste sanzioni che il sistema prevede”. “Cominciare a parlare di un’economia dei rifiuti è positivo - ha affermato di seguito, Mario Marazziti portavoce della Comuntà di Sant’Egidio e Presidente della Fondazione IME - in quanto il rifiuto è il risultato di una scelta di come produrre e commercializzare le merci”. “Solo nel 2007, in Italia - ha ricordato - sono finiti tra i rifiuti oltre 140 milioni di tonnellate di materiali (occupano lo spazio di un campo di calcio e l’altezza del Monte Bianco). Questo vuol dire 6 kg di rifiuti buttati per persona in Italia. È un lusso che non possiamo più permetterci. Nel porci la domanda di un’etica dell’economia dei rifiuti un elemento è quello di non produrre rifiuti”. Passando alla fase delle indicazioni per il futuro e delle linee guida da percorrere per invertire la rotta della tendenza deprecata, Marazziti ha dichiarato che: “È urgente passare dall’economia del danno (quella dell’incenerimento e della discarica) ad un’economia sostenibile della prevenzione e del riciclo. Dobbiamo immaginare che non possiamo tenere tutto inalterato e poi risolvere il problema dei rifiuti, dal momento che la natura non potrà più metabolizzare tutto ciò. Il nostro modello di sviluppo è incentrato su di una dinamica dissipativa di risorse. Dobbiamo reintrodurre la capacità di non produrre rifiuti come indice di sviluppo, civiltà e di etica. La risposta a questi squilibri è la nuova “ecologia dell’uomo”, ovvero è necessario un cambiamento di mentalità e nuovi stili di vita. Se facciamo rete questo è possibile”.

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A concludere la teoria degli interventi della sessione è stato l’On. Francesco Paolo Sisto, Membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, il quale ha tentato una sintesi delle osservazioni emerse durante la mattina. “Non credo che l’etica possa essere un problema che sorvoli la realtà - ha dichiarato - d’altro canto non possiamo permetterci di trattare l’etica come una dotta disquisizione”. “Credo che il primato dell’uomo vada difeso e che l’ambiente debba essere difeso in nome dell’uomo. Guai a scambiare la tematica ambientale come un modo per tornare indietro e rimettere in discussione il primato dell’uomo”. Sottolineando come urga la necessità di adottare regole in grado di colpire fatti ontologicamente gravi, imputabili a comportamenti scorretti da parte del mondo dell’imprenditoria quando questi danneggiano l’ambiente, pur tuttavia l’On. Sisto si è prudenzialmente schernito contro la colpevolizzazione dell’esercizio d’impresa a priori. “Dobbiamo dare sicurezza non solo all’ambiente ma anche a chi opera nell’ambito dell’ambiente. La tutela del sistema economico è un principio di sopravvivenza dello stesso. Dobbiamo chiederci qual è la via da seguire in tema di sanzione penale. La Direttiva 99 de 2008 parla di “sanzioni penali efficaci proporzionate e dissuasive”. “Dobbiamo liberare gli imprenditori da tutto quello che non è negligenza grave. Il diritto penale deve occuparsi di colpe gravi, Tutto quello che non è grave deve essere liberato dall’ansia di questo panpenalismo. Il bene giuridico va selezionato e l’impresa va tutelata. Il diritto penale non deve essere oppressivo ma aperto e non aggressivo”. A conclusione della sessione di lavoro che ha coinciso con la conclusione del Forum, ha preso la parola il Presidente PolieCo, Enrico Bobbio. Cercando di tirare le fila dei tanti interventi ascoltati, per farli confluire in linee di indirizzo per i tanti soggetti coinvolti, il Presidente ha affermato che: “Esistono fior di aziende che

investono in ricerca e applicano o realizzano le migliori tecnologie per trarre profitto dagli scarti, attuando, nel contempo, un servizio virtuoso alla comunità”. “I tempi - ha continuato - richiedono uno sforzo ulteriore come Paese, per aumentare le possibilità di intervento del mondo dell’impresa in vista di una strategia più ampia che, come si ricordava ieri, mira all’utile e al bene comune”. Affermando la positiva esperienza del Forum, il Presidente ha voluto esprimere alcune prospettive di lavoro per il comparto della gestione dei rifiuti: dal coinvolgimento dei consumatori, al coordinamento delle diverse linee di intervento a livello di Governo e Legislatore sulle “regole del gioco”, passando per il potenziamento della RD a monte, fino alla proposta del “Modello PolieCo” in quanto: “abbiamo ragione di ritenere essere un modello vincente, dal momento che ha sostenuto positivamente prove ed esami che altri soggetti non sono stati in grado di superare, tanto a Roma, quanto a Bruxelles, sia a livello di Antritrust che a livello giurisprudenziale. Quello del PolieCo è un modello che concilia mercato e concorrenza ed è un modello organizzativo che può essere di vantaggio per tutti nell’ottica del passaggio da prodotti a materiali”. Infine, nel chiudere ufficialmente questo 1° Forum sull’economia dei rifiuti il Presidente Bobbio ha voluto rimarcare come: “questa manifestazione si candidi ad essere un punto di riferimento per tutti gli attori della filiera dei rifiuti che intendono perseguire una cultura del Consorzio, nella fattispecie una cultura della gestione dei rifiuti. Il nostro sogno è quello di costituire un “pensatoio”, un luogo privilegiato di apporti scientifici e tecnici in grado di supportare governo, PP. AA., giudici e anche operatori nell’applicazione dell’economia ambientale e della sua gestione dal 2010 al 2020. Una prospettiva decennale di lavoro, affinché questa data-traguardo abbia un senso”.

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