Regioni&Ambiente Aprile 2011

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Free Service Edizioni

n°4 Aprile 2011 Anno XII

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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n° APRILE

4

2011

Anno XII

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In copertina: 14 marzo 2011. Immagine satellitare del Giappone che mostra i danni conseguenti al terremoto e al maremoto che si sono verificati presso la centrale nucleare di Fukushima-Daiichi (fonte: IRIN)

SOMMARIO

N° 4 APRILE 2011 ANNO XII

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Uno Studio mette in risalto il ruolo umano avuto anche nel passato per le emissioni di CO2 Quando Gengis Khan contribuì a ridurre la deforestazione in Asia Le scelte nell’uso del territorio alla base dell’impatto sul clima globale

8 Nuovi Studi rivelano un fenomeno dal forte impatto climatico Le Foreste boreali in marcia verso la tundra Per Macbeth si rivelò esiziale

10 Approvato il XII Piano di Sviluppo quinquennale (2011-2015) Il dragone si fa più “verde” Formalizzato l’impegno di ridurre di almeno il 40% al 2020 le emissioni di carbonio

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Montichiari (BS), 19-21 maggio 2011 - Centro Fiera del Garda “Metalriciclo-Recomat 2011” la filiera del riciclo industriale di Roberta Bordiga

14 Firenze, Fortezza da Basso, 20-22 maggio 2011 “TERRA FUTURA”, Mostra Convegno delle buone pratiche di sostenibilità

16 Roma, 19-20 Aprile 2011 II Conferenza Nazionale sulle rinnovabili termiche


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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

La Commissione UE ha varato una Roadmap Innalzata al 25% la riduzione delle emissioni Previsto il ritiro di quote ETS per frenare il surplus dopo il 2013

20 Numerose e importanti questioni discusse nel Consiglio Ambiente di marzo Un comune orientamento: integrare le politiche ambientali in tutti i settori economici Sostegno all’inziativa del Governo italiano di mettere al bando gli shopper in plastica

23 Consorzio PolieCo Chiarezza nelle norme e lungimiranza nella gestione dei materiali Il Consorzio PolieCo, ha promosso, a Roma, una giornata di studio e riflessione a partire dal bando imposto dal Governo sui sacchi per asporto merci non biodegradabili

26 La Circolare del Ministero Ambiente fa chiarezza sul sovrapporsi della disciplina Tra SISTRI, MUD e Mudino Prima scadenza 30 aprile 2011

28 Dopo il disastroso terremoto che ha colpito il Giappone Prevenire i rischi e gestire le catastrofi Un monito ad investire per prevedere un ipotetico, ma non improbabile, tsunami nel Mediterraneo

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE E AMBIENTE

Presentato il Rapporto congiunto ActionAid e “Donne in Campo” Il Pane e le Rose Il ruolo delle donne per sconfiggere la fame

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IL COMMENTO

Pubblicato sulla G.U. del 28/03/2011, S.O. n. 81 il D. Lgs. che recepisce la Direttiva 2009/28/CE Rinnovabili: al via la necessaria razionalizzazione MATERIALE IN INSERTO (G.U. n. 71 del 28/03/2011 S. O. n. 81) Decreto Rinnovabili

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

La Gran Bretagna è il primo Paese al Mondo Il Governo britannico adotta un conto energia per le rinnovabli termiche L’Italia dovrebbe seguirne quanto prima l’esempio

38 La Relazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) Il Mercato Energetico Nazionale a due velocità In aumento il “peso” del fotovoltaico sulla bolletta dei consumatori

40 Presentato il primo Rapporto dell’Osservatorio Agroenergia Il giacimento energetico dei nostri campi


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UNO SPAZIO DEDICATO A...

Regione Emilia Romagna Agroalimentare, biologico, energia: quando l’agricoltura traina lo sviluppo Il settore primario in Emilia Romagna nella fotografia dell’Assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni

La Commissione UE ha avviato consultazioni Bioeconomia e sostenibilità delle risorse Pubblicato il Regolamento per Iniziativa dei Cittadini

di Silvia Barchiesi

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Gli impatti sul mondo del lavoro negli USA per l’introduzione dei Regolamenti EPA Nuovi lavori con aria più pulita

SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI Firmata una convenzione con i produttori agricoli per l’utilizo di compost Continua ad aumentare nei primi mesi dell’anno la percentuale di raccolta differenziata

58 di Luca Romagnoli

46 api nòva energia lancia il progetto di un nuovo terminal offshore, il primo delle Marche, il secondo dell’Adriatico Pronta al decollo la rigassificazione off-shore a largo di Falconara Sicurezza, Ambiente e Tecnologia le mission di un progetto a forte connotazione territoriale, ma di rilevanza strategica nazionale di Silvia Barchiesi

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EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ

Rapporto UNEP indica il percorso degli investimenti sulla strada di Rio +20 La Green Economy ha bisogno di investimenti pari al 2% del PIL di ogni Paese “Consegnare un Pianeta sano, produttivo e ben funzionante ai giovani d’oggi e a coloro che devono ancora nascere”

Diffuso in occasione del World Water Day un Report dell’ISTAT Acqua: lo spreco italiano Cresce il consumo e il 47% di acqua potabile viene perso

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere

AMBIENTE PIEMONTE NEWS


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Uno Studio mette in risalto il ruolo umano avuto anche nel passato per le emissioni di CO2

QUANDO GENGIS KHAN CONTRIBUÌ A RIDURRE LA DEFORESTAZIONE IN ASIA Le scelte nell’uso del territorio alla base dell’impatto sul clima globale

Sono sempre più numerose le ricerche scientifiche che cercano di ricostruire il clima delle ere geologiche e delle epoche storiche al fine di individuare le relazioni tra le vicende climatiche e quello umane, non tanto per stabilire deterministicamente un improbabile rapporto di causa-effetto, quanto per pianificare il futuro, valutando le azioni di mitigazione da intraprendere per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici che ci attendono. Sui numeri precedenti di Regioni&Ambiente abbiamo dato conto del peso avuto da lunghi periodi di siccità nel provocare il collasso dell’Impero Romano nei primi secoli d. C. e di quello Khmer nel medioevo (cfr: “L’instabilità climatica determinante nel crollo dell’Impero Romano”, in Regioni&Ambiente, n. 1-2 gennaio-febbraio 2011, pagg. 8-10 e “Prolungate siccità hanno costretto ad abbandonare Angkor”, n. 8-9 agosto-settembre 2010, pagg. 10-12).

perché venne limitata la deforestazione per far posto all’agricoltura che avrebbe dovuto sostenere una popolazione in continua crescita (Julia Pongratz, Ken Caldera, Christian H. Reick and Martin Claussen “Coupled climate-carbon simulations indicate minor global effects of wars and epidemics on atmospheric CO2 between AD 800 and 1850”, The Holocene, January 20, 2011). “È un’idea sbagliata quella per cui l’impatto umano sul clima sia iniziato con il consumo su larga scala del carbone e del petrolio in epoca industriale - ha osservato Julia Pongratz del Dipartimento di Ecologia Globale dell’Istituto Carnegie della Stanford University e principale redattrice dello Studio In realtà, l’uomo ha cominciato a influenzare l’ambiente migliaia di anni fa, quando ha cominciato ad abbattere le foreste per far posto all’agricoltura”. Le foreste rilasciano CO2 in atmosfera quando gli alberi e l’altra vegetazione sono bruciati o quando decadono. L’aumento di biossido di carbonio atmosferico dovuto alla deforestazione è individuabile nelle carote di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide, prima dell’era dei combustibili fossili. Ma la storia umana ha avuto i suoi alti e bassi. In occasione di eventi ad alta mortalità, come guerre e pestilenze, grandi aree di terreni coltivati e pascoli sono stati abbandonati e foreste sono ricresciute, assorbendo l’anidride carbonica dall’atmosfera. Pongratz, coadiuvata dal collega Ken Caldera a e dagli altri scienziati dell’Istituto per la Meteorologia “Max Planck” k in Germania, ha deciso di verificare quanto e in che modo questi

Ora, uno studio pubblicato sul primo numero del 2011 di “The Holocene”, Rivista scientifica che pubblica studi ed analisi sul ruolo dell’impatto umano nei cambiamenti ambientali intervenuti sulla Terra negli ultimi 11.500 anni, mette in evidenza che Gengis Khan ne le sue orde mongole, sterminando intere popolazioni asiatiche durante le guerre di conquista, hanno avuto un peso nella riduzione delle emissioni di carbonio in atmosfera,

La statua di Gensis Khan a Ulan Bator (Mongolia)

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eventi abbiano potuto influenzare i livelli di biossido di carbonio. Così, ha compilato una dettagliata ricostruzione della copertura globale forestale del suolo nel periodo di tempo che va dall’ 800 d.C. fino ad oggi, utilizzando un modello globale del ciclo climatico del carbonio per tracciare l’impatto dei cambiamenti d’uso dei suoli sul clima globale. Pongratz era particolarmente interessata a quattro grandi eventi a seguito dei quali sono state spopolate grandi regioni: - le invasioni mongole in Asia (1200-1380); - la peste nera in Europa (1347-1400); - la conquista delle Americhe (1519-1700); - la caduta della dinastia Ming in Cina (1600-1650). “Abbiamo scoperto che durante gli eventi di breve durata, come la Morte Nera e il crollo della dinastia Ming, la ricrescita delle foreste non è stata sufficiente a compensare le emissioni derivanti da materiale in decomposizione sul suolo - ha dichiarato Pongratz - Ma durante quelli di più lunga durata, come l’invasione dei Mongoli e la conquista delle Americhe, le foreste avrebbero avuto abbastanza tempo per ri-crescere e assorbire notevoli quantità di carbonio”. L’impatto globale della ri-forestazione negli eventi di lunga durata è stata attenuata dalla compensazione continua delle foreste in altre parti del mondo. Ma nel caso delle invasioni mongole, che ha determinato l’impatto più forte tra i quattro eventi studiati, la ricrescita sulle terre spopolate ha determinato l’assorbimento dall’atmosfera di quasi 700 milioni di tonnellate di carbonio, equivalente all’annuale domanda mondiale di benzina. Pongratz ha anche sottolineato l’importanza dello studio per le questioni climatiche attuali: “Oggi circa un quarto della produzione primaria netta sulla superficie della terra è usata dagli esseri umani, in qualche modo, essenzialmente tramite l’agricoltura. Quindi c’è una grande potenzialità nelle nostre scelte di uso del territorio di alterare il ciclo globale del carbonio. In passato abbiamo avuto un sostanziale impatto sul clima globale e il ciclo del carbonio, ma è stato del tutto involontario. Ora, basandoci sulle conoscenze che abbiamo acquisito dallo studio del passato, siamo in grado di prendere decisioni in merito all’uso del territorio, che diminuiranno il nostro impatto sul clima e nel ciclo del carbonio. Non possiamo non tener conto delle conoscenze che abbiamo acquisito”.

L’invasione dei Mongoli e la caduta della dinastia Ming in Cina, la Morte Nera in Europa, la Conquista delle Americhe sono stati eventi che hanno determinato un rimboschimento di aree precedentemente utilizzate per l’agricoltura e un relativo abbassamento del livello delle concentrazioni di CO2 (le linee nere, mentre le barre gialle indicano il livello massimo di incertezza dell’abbassamento). Il colore blu indica l’importanza delle concomitanti emissioni dal resto del mondo, al di fuori della regione, dove la deforestazione forestale a fini agricoli continua. Se la diminuzione di CO2 causata dalla regione ha raggiunto valori al di sotto della gamma del blu, l’evento avrebbe determinato una diminuzione di CO2 a livello mondiale, altrimenti l’effetto dell’evento sarebbe stato sopraffatto dall’aumento di CO2 determinato dalle emissioni dal resto del mondo. Solo l’invasione dei Mongoli abbassa i flussi di CO2 in modo tale da compensare l’aumento di CO2 derivante dalle contemporanee emissioni dal resto del mondo.

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Nuovi Studi rivelano un fenomeno dal forte impatto climatico

LE FORESTE BOREALI IN MARCIA VERSO LA TUNDRA Per Macbeth si rivelò esiziale

Nel film giapponese “Il trono di sangue”, trasposizione del “Macbeth” shakespeariano e presentato alla Mostra cinematografica di Venezia nel 1957, ma tuttora godibile come ogni pellicola di un grandissimo regista qual è stato Akira Kurosawa, il re usurpatore ed assassino Takeoki Washizu dal suo castello nelle nebbiose pendici vulcaniche del monte Fuji vede avanzare la foresta. In realtà, sono i soldati dell’esercito nemico che avanzano, proteggendosi con i rami. Ma Washizu, interpretato da un magistrale Toshiro Mifune, ormai ottenebrato dai rimorsi e sensi di colpa, intuisce che si sta avverando quanto gli era stato profetizzato dallo spirito della foresta, ovvero che la sua ascesa al trono e la sua invincibilità sarebbero

durate fino a quando la foresta non si fosse mossa verso il suo castello. Comprende così che la sua sorte è ormai segnata e la memorabile scena finale, con le numerosissime frecce che si conficcano sul suo corpo e che tenta disperatamente di strappare, ne costituisce il drammatico epilogo. Se la sete di potere è stata la causa della rovina di Washizu/Macbeth, il progredire della foresta boreale verso la tundra è il risultato dei cambiamenti climatici in corso, indotti essenzialmente dalle attività umane, come confermano la maggior parte degli scienziati. Due nuovi studi, pubblicati quasi contemporaneamente nello scorso mese di febbraio, che hanno valutato gli ecosi-

Tundra del Continente Nord-Americano

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stemi della regione artica, notoriamente molto sensibili ai cambiamenti climatici, hanno indicato che la tundra del Nord America, dell’Europa e dell’Asia sarà sempre più invasa da boschi, non soltanto di aghifoglie, ma anche di latifoglie. Il primo (Feng Song et. Al. “Evaluating observed and projected future climate changes for the Arctic using the Koppen - Trewartha climate classification”, Climate Dynamics, 2011, 1020-6, on line l’11 febbraio 2011) ha preso in esame 16 modelli climatici globali ad iniziare dal 1950 fino alla fine del XXI secolo, per predire che entro il 2099 la tundra a livello globale si ridurrebbe dal 33% al 44%, secondo


scenari di aumento della temperatura tra i 3,1 °C e i 5,3 °C, in relazioni alle future emissioni di gas serra. “La risposta della vegetazione solitamente è più lenta rispetto cambiamenti climatici - ha dichiarato in un comunicato stampa il Prof. Song Feng, Ricercatore presso la Lincoln’s School of Natural Resource dell’Università del Nebraska e principale autore dello studio - Le piante non hanno gambe, perciò occorre più tempo per la dispersione dei semi, la germinazione e la crescita delle piantine”. I cambiamenti degli ecosistemi potrebbero avere ripercussioni sul clima, dal momento che “l’espansione forestale può amplificare il riscaldamento globale perché le nuove aree boschive possono ridurre la capacità di riflessione della superficie e, quindi, l’ulteriore riscaldamento della regione artica. Il restringimento della tundra e l’espansione della foresta può causare impatti all’habitat della fauna selvatica e alle popolazioni locali”, ha concluso Feng. I modelli utilizzati hanno convenuto che la tundra, comunque, scomparirebbe più velocemente nel Nord America, con la foresta boreale che coprirebbe la più gran parte della tundra del Canada settentrionale e dell’Alaska. Mentre lo studio sopracitato indica i futuri scenari, un altro studio ha di-

mostrato che in Alaska gli ecosistemi si sono già spostati (Pieter S. A. Beck et. Al. “Changes in forest productivity across Alaska consistent with biome shift”, Ecology Letters, 21 febbraio 2011). Combinando immagini satellitari e i dati relativi agli anelli degli alberi, gli scienziati del Wood Hole Research Center (WHRC) dell’Università dell’Alaska e di altri tre Istituti con sede in Alaska (School of Natural Resources and Agricultural Sciences) e Francia (il Panthéon Sorbonne Archéologie des Amériques e il Bureau of Land Management), hanno constatato un aumento della crescita della foresta boreale ai margini dell’attuale tundra e un rallentamento della crescita nella fascia più a sud. “I risultati forniscono elementi di prova di uno spostamento dei biomi in risposta ai cambiamenti climatici e indicano che alcuni modelli ecosistemici possono mancare dei fondamentali cambiamenti che sono in atto nella regione circumpolare - ha affermato Pieter Beck, il principale autore dello studio - Mentre i risultati ottenuti sono in contrasto con alcuni recenti modelli revisionali di aumento della produttività della vegetazione ad alte latitudini, essi sono perfettamente in linea con le proiezioni a lungo termine dei modelli predittivi della vegetazione globale”.

Beck ha pure parlato di cambiamenti climatici che possono cambiare rapidamente la dinamica e la capacità stessa delle foreste boreali di migrare verso le attuali aree della tundra, rendendo assai più probabile la variazione di bioma in futuro. “La maggior parte della gente non pensa che le foreste delle alte latitudini possano essere stressate dalla siccità, nel senso tradizionale del termine, ma la loro crescita è negativamente influenzata da masse d’aria calda e secca, che negli ultimi anni sono aumentate - ha aggiunto Scott Goetz, senior scientist al WHRC e co-autore dello studio - La ricerca presentata dimostra che questi eventi sono registrati sia dai satelliti che dall’ampiezza record degli anelli. Ovviamente, gli anelli degli alberi risalgono a ben oltre i 30 anni di osservazioni satellitari, ma i cambiamenti sono supportati non solo dall’analisi degli anelli, ma anche da quella isotopica del carbonio delle masse legnose”. C’è da augurarsi, insomma, che il progredire verso Nord della foresta boreale, non sia la metafora dell’incapacità di questa generazione umana di gestire in modo sostenibile gli ecosistemi e che, per non aver conosciuto riguardi od ostacoli alla sua azione, non costringa le future generazioni ad espiarne le colpe.

Figura 1. Tendenze nel rendimento lordo, rilevato a distanza (Prs) tra il 1982 e il 2008 e le tendenze di crescita dell’abete dal 1982 in Alaska (a sinistra) e nell’area attorno a Fairbanks (a destra). La macchia bianca indica terreni con scarsa vegetazione o modificati dall’uomo. La macchia grigio-chiara indica che la tendenza nel Prs dal 1982 al 2008 non è stata determinante nel test di significatività di Vogelsang 8°=0,05) e le zone grigio-scure hanno subito vari incendi tra il 1982 e il 2007. La macchia verde-marrone nei simboli indica aumento e diminuzione dell’ampiezza degli anelli, rispettivamente nei settori che non hanno subito incendi dal 1982 fino all’anno di campionamento, che è oscillato tra il 1994 e il 2008.

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Approvato il XII Piano di Sviluppo quinquennale (2011-2015)

IL DRAGONE SI FA PIÙ “VERDE”

Formalizzato l’impegno di ridurre di almeno il 40% al 2020 le emissioni di carbonio

Riportando la notizia dell’Agenzia Xinhua, giornali, radio, televisioni della Repubblica Popolare di Cina hanno dato ampio risalto ai favorevoli commenti con cui il Commissario UE di Azione per il Clima, Connie Hedegaard ha salutato il XII Piano di sviluppo quinquennale della Cina (2011-2015). “Il Piano adottato oggi - ha scritto sul suo sito internet la Hedegaard il 15 marzo 2011 - è un segnale evidente del potenziale economico di azione per il clima.

controparti cinesi, al fine di esplorare ulteriormente le loro intenzioni. L’indirizzo della Cina verso l’energia pulita dimostra che, per poter mantenere la nostra posizione di leader nella corsa alla crescita verde, l’Europa deve investire ora nelle tecnologie pulite, nelle infrastrutture energetiche migliori e nella ricerca e innovazione. Ciò consentirà di ridurre la nostra bolletta energetica e di migliorare la nostra competitività. E poiché gli investimenti saranno effettuati in Europa, in Europa saranno mantenuti e creati i lavori. La Roadmap 2050 recentemente presentata dalla Commissione europea ha tracciato la direzione: un percorso chiaro e definito per un‘Europa pulita competitiva e rispettosa del clima”. [cfr: “Innalzata al 25% la riduzione delle emissioni”, a pag. 18 di

Ponendo l’efficienza energetica e le energie pulite per la prima volta al centro del loro sviluppo economico, il piano scommette pesantemente sul rafforzamento del vantaggio competitivo della Cina in campi come i veicoli elettrici, le energie rinnovabili, le reti intelligenti e altre tecnologie a basse emissioni di carbonio. È anche molto incoraggiante il fatto che la Cina abbia deciso di attuare gradualmente un meccanismo di mercato del carbonio come uno strumento chiave per ridurre le emissioni industriali sulla base del rapporto costo-efficacia. Ci impegneremo con le nostre

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questo stesso numero] In effetti, il Piano, anticipato dal premier Wen Jibao il 2 marzo nel corso del Congresso Nazionale del Popolo, contiene una serie di obiettivi “green” e forti investimenti nei settori tecnologici per un’economia a basse emissioni di carbonio. In particolare, il Piano ha fissato l’obiettivo per i prossimi 5 anni di 235 milioni di kW di energia elettrica prodotti da fonti rinnovabili, in modo da generare il 29% di energia necessaria per lo sviluppo del Paese da combustibili non fossili. Secondo quanto pubblicato dall’Agenzia stampa Xinhua l’obiettivo sarebbe raggiunto investendo per produrre 40 GW di nuova capacità nucleare (ndr: nonostante l’incidente alla centrale giapponese di Fukushima a seguito del terremoto dell’11 marzo, il Governo cinese ha confermato questo obiettivo), 120 GW da progetti di produzione idro-


elettrica lungo i fiumi Jinsha, Yalong e Dadu, oltre 70 GW di generazione eolica e 5 GW da impianti solari. Inoltre, il Piano prevede impegni per migliorare l’efficienza energetica delle centrali elettriche a carbone, accelerare il passaggio verso impianti che utilizzino il più pulito gas, aumentare gli investimenti in settori mirati, come le linee ferroviarie ad alta velocità e i veicoli a combustibili alternativi. Avendo posto il limite di una produzione di 4 miliardi di tonnellate di carbone equivalenti al 2015, corrispondenti ad un incremento medio annuo nel quinquennio del 4,24% di consumo energetico, e tenendo conto che il Piano ha fissato al 7% la crescita annuale del PIL, è chiaro che il Governo cinese debba puntare fortemente su risparmio

ed efficienza energetici. Più che una scelta, è una vera e propria necessità per l’industria cinese che, terminata la fase di ristrutturazione, dovrà accrescere la capacità e la competitività nelle settore “green”, anche dietro la spinta dei massicci investimenti pubblici che nel solo settore energetico è stato fissato al 2020 a 761 miliardi di dollari. Anche l’apertura all’introduzione di meccanismi di mercato, come le negoziazioni ad emettere o una carbon tax, costituiscono una novità rispetto al precedente Piano. Quel che è stato più rimarcato è la conferma della riduzione delle emissioni di CO2 nella misura del 16-17% per unità di crescita del PIL entro il 2015, in linea con l’impegno già espresso dal Governo cinese nel volontario Copenhagen Accord, ma ora puntualizzato a livello di vertice politico, di tagliarle del 40-45% entro il 2020, rispetto ai livelli del 2005 e formalmente sottoscritto con una e-mail inviata il 18 marzo 2011 al Segretariato dell’UNFCCC. C’è stata anche la conferma che con il Piano 2006-2010 si è conseguito l’obiettivo di ridurre del 20% la quantità di energia consumata per unità di crescita del PIL, anche a seguito della chiusura temporanea di una serie di impianti industriali fino a che non siano stati raggiunti obiettivi di efficienza energetica. “Per poter proseguire su questa strada occorrerà un lavoro serio,

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rivolto in particolare ad aumentare il concorso delle fonti di origine non fossile nella produzione energetica - aveva dichiarato Wen Jiabao - Entro il 2020 il loro contributo dovrà essere pari al 15% dell’energia primaria”. Alla luce di queste analisi si chiarisce il significato delle dichiarazioni della Hedegaard. Il nuovo Piano quinquennale cinese costituisce opportunità per l’Europa, ma anche rischi di perdere quote di mercato e il suo vantaggio competitivo, qualora dovesse permanere una situazione di incertezza tra i vari Paesi membri sulle finalità e sugli obiettivi verso un’economia “green”. Forse il 25% di target per le riduzioni delle emissioni potrebbe risultare insufficiente per stimolare nuovi investimenti e garantire una forte domanda interna di beni e servizi a basso tenore di carbonio e innovativi. Inoltre, solo creando le condizioni per partenariati proattivi nel settore delle clean technologies tra le due potenze economiche si eviteranno quelle misure protezionistiche di mercato che sarebbero oltremodo dannose per gli interessi economici sia per l’Europa che per la Cina. Più che complimenti alla lungimiranza cinese, le parole del Commissario UE di Azione per il Clima debbono essere intese come un monito per quei Paesi dell’UE che stanno ancora recriminando sugli obiettivi adottati per ridurre le emissioni.


MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Montichiari (BS), 19-21 maggio 2011 - Centro Fiera del Garda

“METALRICICLO-RECOMAT 2011” LA FILIERA DEL RICICLO INDUSTRIALE di Roberta Bordiga

L’Italia è tra i grandi protagonisti dell’industria del riciclo globale, una attività imperniata sul recupero e riutilizzo dei materiali industriali, scelta obbligata per un Paese come il nostro, profondamente manifatturiero ma privo di materie prime. Si recupera e si riutilizza per poter competere, e così si è creata una attività di settore con straordinari ritmi di sviluppo e con il radicamento di una filiera completa di macchine, sistemi ed attrezzature per il trattamento dei rottami industriali. A questa filiera complessa e articolata è strettamente associato un evento fieristico dedicato, Metalriciclo-Recomat 2011, il Salone Internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei materiali industriali, la qualità dell’ambiente, l’efficienza energetica, in programma dal 19 al 21 maggio al Centro Fiera del Garda di Montichiari. La manifestazione, unica nel panorama fieristico nazionale, si innesta in un territorio ad alta vocazione manifatturiera. Giunto alla sua IV edizione, l’evento è riconosciuto dagli operatori della filiera del recupero e del riciclo come un appuntamento specializzato di riferimento. Questo grande appuntamento internazionale, dedicato all’analisi e all’evoluzione delle tecnologie di raccolta e trattamento dei materiali, alla normativa, alla legislazione, al mercato, metterà in mostra il meglio dell’innovazione tecnologica al servizio del riciclo dei materiali, quindi impianti, macchine, attrezzature, sistemi, tecnologie per il recupero e riciclo di rottami ferrosi e non ferrosi, plastica, gomma, inerti, compositi, carta, vetro e legno.

li sono in alcuni casi veramente impressionanti; guardando ad esempio all’alluminio, uno tra i metalli non ferrosi ben noto per l’elevata attitudine al recupero ed al riutilizzo, secondo i dati del Rapporto “L’Italia del Riciclo 2010” di Fise-Unire e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, il nostro Paese è al 2° posto in Europa nel riciclo delle leghe leggere dopo la Germania; nel complesso, l’industria nazionale ha impiegato circa 683.000 t di rottami di alluminio di provenienza interna (49%) ed estera (51%), di cui 31.200 t di rifiuti da imballaggio. Si è trattato per il 53% di rottami pre-consumo e per il 47% da post-consumo. Per rimanere nel campo dei metalli, sono ugualmente interessanti i dati sul riciclo dell’acciaio, pur risentendo della contrazione della domanda e della produzione siderurgica nel 2009 in Italia e negli altri Paesi industrializzati. Da noi nel 2009 si sono prodotte 19,8 mln di t di prodotti siderurgici contro le 30,6 mln di t del 2008, con un calo pari al 35,1%. Da dove proviene l’acciaio riciclato che alimenta oltre il 40% dell’attuale produzione di acciaio in Italia? Viene riciclato oltre il 99% dell’acciaio di un’auto, più del 60% dell’acciaio delle lattine e l’84% dell’acciaio recuperato dalla demolizione. La filiera della plastica, dopo quella del vetro, ha risentito meno della crisi di questo ultimo biennio; si tratta di un comparto composto da oltre 300 aziende, 2.000 occupati circa, ed una capacità di riciclo di un milione e mezzo di t/anno. L’Italia si aggiudica invece la maglia nera europea nel recupero dei materiali inerti, quelli provenienti da costruzione e demolizione e altri rifiuti industriali, un comparto

Le cifre del sistema del riciclo I numeri del riciclo dei materia-

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che in Europa produce ogni anno circa 850 milioni di t di rifiuti, pari ad oltre il 30% della produzione totale di rifiuti in Europa. Le iniziative collaterali Per valorizzare la ricerca e l’attività presso le Università, in stretta collaborazione con i principali atenei italiani, Metalriciclo-Recomat 2011 bandisce un concorso per l’assegnazione di un premio per una tesi di laurea relativa alle problematiche di riciclo industriale dei materiali. La partecipazione è riservata a neo-laureati (laurea specialistica/magistrale) che abbiano discusso la tesi nel periodo compreso tra gennaio 2010 e marzo 2011. Il premio, di 1.500 Euro, verrà attribuito da una apposita commissione nominata dal Comitato tecnico-organizzativo dell’evento, nel corso di Metalriciclo-Recomat. Lo sviluppo del riciclo è evidentemente anche cultura tecnica e conoscenza di dati e strumenti legislativi aggiornati, per questo l’esposizione sarà completata da un programma di eventi specializzati collaterali, con sessioni di convegno dedicate, tra gli altri, alla tanto discussa normativa SISTRI, alle dinamiche in atto nell’industria del riciclo dei rottami ferrosi e non ferrosi, alle tendenze nell’approvvigionamento delle materie prime, alla definizione di sottoprodotto, al recupero e riciclo degli imballaggi, alle problematiche legate alla raccolta e al riciclo della plastica. Ci sarà anche una Mostra ad arricchire l’offerta dell’edizione 2011 di Metalriciclo-Recomat. Grazie alla preziosa collaborazione del CiAl (Consorzio imballaggi in Alluminio), saranno esposti in Fiera i prototipi dei progetti finalisti del concorso internazionale “ReAl13+Light” promosso da CiAl e dedicato agli studenti dello IED (Istituto Europeo di Design), per promuovere l’utilizzo dell’alluminio riciclato e valorizzare la creatività dei più giovani. I prototipi sono realizzati da Oceano Oltreluce. Metalriciclo-Recomat 2011 ha ottenuto il patrocinio di AIB-Confindustria, AIM, AIR, Aper, Assofermet, Assofond, Assomet, Assorimap, Camera di Commercio di Brescia, Cial, Confcommercio, Consorzio Argo, Consorzio Carpi, Ecodom, Enea, Federacciai, Provincia di Brescia, Uncsaal in Italia e di Bir, Face e Oea in ambito europeo.

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Firenze, Fortezza da Basso, 20-22 maggio 2011

“TERRA FUTURA”, MOSTRA CONVEGNO DELLE BUONE PRATICHE DI SOSTENIBILITÀ L’evento della sostenibilità mette al centro “La cura dei beni comuni”

Un nuovo progetto di società e di economia per il benessere dell’uomo e del Pianeta. A questo obiettivo da sempre si ispira Terra Futura, Mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, dal 20 al 22 maggio 2011 a Firenze, alla Fortezza da Basso. Promossa da Fondazione culturale Responsabilità etica Onlus per il sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop, insieme ai partner Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete e Legambiente, la Manifestazione vede al centro dell’VIII edizione il tema della “cura dei beni comuni”. Una cura che - considerato il disinteresse evidente o l’incapacità dei Governi e delle Istituzioni di farvi fronte - è sempre più nelle mani dei cittadini e delle organizzazioni. È l’altra parte dell’umanità, quella che non sa e non vuole arrendersi all’irreparabile “tragedia” dei beni comuni, se si pensa che nel 2010, secondo il Global Footprint Network, si è varcata la soglia critica oltre la quale il consumo globale delle risorse naturali ha superato il tasso con cui la natura le rigenera. Il ritardo è già grave e una gestione finalmente responsabile e sostenibile non si può più rimandare: oltre all’irrimediabile danno ambientale, altrimenti, c’è anche il rischio che vengano meno molti diritti come la salute, l’equità sociale, il lavoro, la sicurezza, l’educazione e l’informazione… Così si legge nel Position Paper, il documento condiviso che riassume la visione politica dei partner di Terra Futura e che, trattando dei beni comuni, pone al centro anche una questione di democrazia: chi può decidere delle risorse della Terra? Chi stabilisce quali uomini e quali popoli possano goderne più di altri? E ancora, chi decreta dove e cosa produrre?

sociale a responsabilità collettiva”. “Le contraddizioni del modello di sviluppo attuale se da una parte generano continue crisi dall’altra hanno prodotto pratiche ed idee di economia di mercato basate sulla responsabilità, la relazione, la sostenibilità - prosegue Biggeri - Finalmente la necessità di riconvertire l’economia in modo partecipato e democratico e in ottica ecologica e sociale, è avvertita come un’esigenza e un’opportunità concreta da parte di settori sempre più ampi della società civile”. Alla Fortezza da Basso, vi sarà un ampio panorama delle buone pratiche già esistenti e sperimentate nelle nostre città e sui territori: prodotti, progetti e percorsi, frutto di scelte e azioni di vita, di governo e di impresa che sono l’unica strada possibile verso un futuro più equo e sostenibile. Nella vasta Rassegna espositiva, articolata in diverse sezioni tematiche, numerosi i settori rappresentati: tutela dell’ambiente; energie alternative; finanza etica; commercio equo; agricoltura biologica; edilizia e mobilità sostenibili; turismo responsabile; consumo critico; welfare; impegno per la pace; solidarietà sociale; cittadinanza attiva e partecipazione… Un mondo che sa produrre nuova economia e generare occupazione. L’evento propone anche un Programma culturale fitto, fra seminari, dibattiti e convegni con esperti e testimoni dei diversi ambiti; e ancora numerosi workshop e laboratori, per far sperimentare ai visitatori come sia possibile declinare la sostenibilità a partire dal quotidiano di ciascuno. Terra Futura, a ingresso libero, è un evento sostenibile grazie alle sue scelte e azioni responsabili.

“Ciò che Terra Futura chiede da anni - spiega Ugo Biggeri, Presidente di Banca Etica - è un nuovo contratto

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SEZIONI ESPOSITIVE Itinerari Educativi per la Sostenibilità Educazione, orientamento, formazione e ricerca

Abitare Naturale Edilizia sostenibile, prodotti e tecnologie costruttive a basso impatto ambientale

NuovEnergie Energie rinnovabili, risparmio energetico ed ecoefficienza

Azioni Globali&Welfare Intercultura, pace, diritti umani, volontariato, sussidiarietà, welfare partecipativo, campagne di sensibilizzazione, finanza etica e cooperazione internazionale

Reti del buon governo Reti associative pubbliche e istituzioni Salute+Benessere Prevenzione e medicine non convenzionali

Bio Cibo&Cose Agricoltura biologica e biodinamica, prodotti ecologici e tessile naturale

Terra dei Piccoli Progetti, prodotti e servizi per bambini e genitori

Comunicare la Sostenibilità Media, editoria e comunicazione

Turismo Eco&Responsabile Viaggi e vacanze sostenibili

Eco-Idea-Mobility Mobilità sostenibile

TutelAmbiente Tutela dell’ambiente e della biodiversità, riciclo e riuso

EquoCommercio Commercio equo e solidale

INIZIATIVE SPECIALI Borsa delle Imprese Responsabili III edizione dell’iniziativa che favorisce nuove opportunità di green&social business per tutti gli attori di sistema (pubblico, privato eticamente orientato e non profit) nell’ambito della sostenibilità e dell’economia responsabile. Per tutti i partecipanti concrete possibilità di relazioni e business, attraverso incontri one-to-one e workshop tecnici. Terra Futura per la scuola Servizi e strumenti informativi per orientare docenti e studenti tra le proposte didattiche e i progetti educativi presentati in manifestazione: un progetto - giunto alla III edizione - pensato per coinvolgere e sensibilizzare educatori, insegnanti, formatori, giovani e giovanissimi attraverso laboratori, momenti di orientamento e formazione, workshop, mostre, animazioni e spettacoli. Premio Architettura e Sostenibilità VI edizione del premio annuale, promosso da Terra Futura e Ecoaction Cultura & Progetti Sostenibili in collaborazione con importanti atenei italiani, sull’architettura sostenibile. Il concorso premia nella categoria “Studio, Ricerca e Innovazione” le tesi di laurea e di dottorato di ricerca e nella categoria “Tradizione e Sviluppo sociale” le buone pratiche di amministrazioni pubbliche. Terra Futura International Terra Futura International guida i visitatori nel panorama di progetti, reti, eventi, politiche, normative,... inerenti allo sviluppo sostenibile a livello internazionale. Un punto informativo in manifestazione accoglie le delegazioni italiane e straniere in visita, offrendo un servizio di orientamento e materiali in lingua e promuovendo gli eventi internazionali di riferimento sui temi della sostenibilità.

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Roma, 19-20 Aprile 2011

II CONFERENZA NAZIONALE SULLE RINNOVABILI TERMICHE

Riformare il sostegno alle rinnovabili e all’efficienza energetica per raggiungere gli obiettivi europei, alleggerire la bolletta energetica e creare occupazione senza distruggere l’agricoltura e il paesaggio

Il sottotitolo dato alla Conferenza, organizzata da Amici della Terra nell’ambito della Campagna Efficienza Italia, non lascia dubbi sulla posizione assunta dall’Associazione ambientalista attiva in Italia dal 1978, che costituisce la rappresentanza italiana di Friends of the Earth International, il network ambientalista più diffuso nel mondo, in merito alle questioni sollevate dal recente Decreto Legislativo sulle Rinnovabili (cfr.: “Il Commento”, in questo stesso numero di Regioni&Ambiente, alla pag. 32 e il relativo Inserto normativo). In particolare, Amici della Terra ed altre Associazioni ambientaliste (Italia Nostra - Comitato nazionale del Paesaggio - LIPU - Fare Verde - Altura - Mountain Wilderness - Rete della resistenza sui crinali appenninici) con un Comunicato congiunto hanno lamentato la scarsa attenzione dedicata alle rinnovabili termiche nel dibattito seguito al decreto Romani, a favore essenzialmente delle rinnovabili elettriche, nonostante queste ultime rappresentino “una parte marginale di quell’economia che sta crescendo intorno alle fonti rinnovabili, all’efficienza energetica, allo sviluppo sostenibile”. “L’Autorità per l’Energia, il GSE, gli osservatori e i commentatori più onesti, hanno dato l’allarme sulle speculazioni e le distorsioni finanziarie provocate dall’eccesso di incentivi alle sole fonti rinnovabili elettriche - si legge ancora nel Comunicato - La richiesta, ormai ineludibile, è quella di una riforma autentica che: elimini gli eccessi (eolico); definisca diminuzioni graduali del sostegno al fotovoltaico in armonia con l’abbassamento dei prezzi; tuteli il territorio e il valore primario del paesaggio con regole più severe; inserisca nel sistema di sostegno le fonti più efficienti e con maggior potenziale come quelle termiche; favorisca la formazione di un sistema di imprese, competitivo sui mercati esteri, intorno ai prodotti italiani di eccellenza. Servono, cioè, misure equilibrate e articolate”.

“Per evitare soluzioni sbilanciate, velleitarie e ingiuste occorre che il Governo consideri anche le fonti rinnovabili termiche, che daranno il maggior contributo percentuale all’obiettivo europeo del 17% delle rinnovabili al 2020 - scrivono le Associazioni - Non siamo noi ad affermarlo, ma il Piano del Governo, che stima nel 49% (10,45Mtep) l’apporto del riscaldamento/raffrescamento al 2020 rispetto al totale delle rinnovabili (contro il 12% di eolico e fotovoltaico; il restante idroelettrico e trasporti)”. “Sarebbe un grosso errore se il Governo dovesse ascoltare solo chi fa più rumore - concludono le Associazioni - Noi riteniamo di avere elementi oggettivi da portare alla riflessione dei Ministri e chiediamo di essere ascoltati con la stessa attenzione con cui, in questi giorni vengono ascoltati coloro che hanno cercato di oscurarci”. Ovviamente, la Conferenza che avrà luogo il 19 e 20 aprile 2011 a Roma - Palazzo Rospigliosi, via XXIV maggio, 43 - costituirà occasione per approfondire tali tematiche, con un focus particolare per: - diffondere la conoscenza delle principali tecnologie per la produzione e fornitura di calore e/o freddo (pompe di calore, solare termico e solar cooling, caldaie e impianti di cogenerazione a biomasse, teleriscaldamento, etc.) evidenziando il loro potenziale applicativo e di penetrazione, la loro convenienza economica e gli ulteriori benefici per la collettività, in un quadro di crescente risparmio energetico nel settore dell’edilizia (residenziale e terziario); - informare sui contenuti del decreto legislativo di recepimento della direttiva sulle fonti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli riguardanti le rinnovabili termiche e consultare le associazioni degli operatori sulle proposte riguardanti i decreti attuativi; - sollecitare un dibattito politico sugli oneri e sul rapporto costo/ efficacia dei diversi meccanismi di

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incentivazione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, con particolare riguardo a quelli che incidono sulle bollette dell’elettricità e del gas, a carico di imprese e famiglie; - sottolineare il ruolo chiave dell’agricoltura nel favorire uno sviluppo delle energie rinnovabili basato sul recupero e valorizzazione energetica dei residui agricoli piuttosto che sulla diffusione incontrollata, di impianti industriali incompatibili con le caratteristiche del territorio agricolo e del paesaggio nazionale; - evidenziare le relazioni fra nuovo conto energia per le FER termiche e meccanismo vigente delle detrazioni fiscali del 55% per interventi di miglioramento dell’efficienza energetica nell’edilizia. Presso la sede della Conferenza saranno allestiti spazi espositivi in cui le aziende fornitrici di impianti, tecnologie e servizi nelle varie filiere delle rinnovabili per il riscaldamento e raffrescamento potranno presentare al pubblico le loro soluzioni. Alla Conferenza interverranno, tra gli altri, rappresentanti di: Ministero dello Sviluppo Economico; Ministero dell’Ambiente; GSE (Gestore Servizi Energetici); AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas); ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile); FIRE (Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia); FIPER (Federazione Italiana di Produttori di Energia da fonte Rinnovabile); REF (Ricerche per l’Economia e la Finanza); COLDIRETTI; Co.AER (Associazione Costruttori di Apparecchiature ed Impianti Aeraulici); AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano); ASSOLTERM (Associazione italiana solare termico); ASSOTERMICA; FIPER (Federazione Italiana di Produttori di Energia da fonte Rinnovabile); Rete Imprese Italia; ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili); ANACI (Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari).


INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

La Commissione UE ha varato una Roadmap

INNALZATA AL 25% LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI Previsto il ritiro di quote ETS per frenare il surplus dopo il 2013

La Commissione europea ha adottato l’8 marzo 2011 la Comunicazione “Una tabella di marcia per passare a un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050” (A Roadmap for moving to a competitive low carbon economy in 2050), dal momento che se si continuasse sullo stesso ritmo e modalità, l’Unione europea raggiungerebbe appena la metà del suo obiettivo del 20% di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005. La tabella di marcia descrive quello che la Commissione definisce “il percorso costi-efficacia” per raggiungere l’obiettivo dell’UE di ridurre le emissioni di gas serra dell’ 80%-95% entro il 2050, assumendo come riferimento i livelli del 1990. La Commissione nello stesso giorno ha adottato, inoltre, un Piano per l’efficienza energetica, volto a rafforzare la competitività dell’Europa e a ridurre la

sua dipendenza energetica, tagliando, nel contempo, i livelli delle emissioni. Negli ultimi due decenni, le emissioni sono diminuite del 16%, e l’economia dell’UE nello stesso periodo è cresciuta del 40%. “Nonostante i progressi, le nostre stime mostrano che abbiamo bisogno di un’ulteriore azione decisa e coordinata in materia di efficienza energetica - ha affermato il Commissario UE per l’Energia Günther Oettinger nel corso della Conferenza stampa di presentazione, a cui ha partecipato anche Connie Hedegaard, la Commissaria UE di Azione per il Clima - senza la quale l’UE non raggiungerà il suo obiettivo di un risparmio energetico del 20 per cento entro il 2020”. Il Piano per l’efficienza energetica, proponendo un nuovo obiettivo vincolante, impone ai Governi di rinnovare almeno il 3% dei loro edifici ogni anno e di introdurre criteri di efficienza energetica negli appalti pubblici. Vengono

Fonte UE

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incoraggiate, inoltre, le ristrutturazioni volte all’efficienza energetica degli edifici privati e gli aggiornamenti del rendimento energetico degli elettrodomestici, delle apparecchiature industriali, della produzione di energia elettrica e calore. Il Piano si concentra sull’implementazione di reti e contatori intelligenti che forniscano ai consumatori le informazioni e i servizi necessari per ottimizzare il loro consumo energetico e calcolare il risparmio energetico. “Dovrebbe trasformarsi la nostra vita quotidiana e ottenere risparmi di denaro fino a 1.000 euro per famiglia ogni anno - ha aggiunto Oettinger - Si dovrebbe migliorare la competitività industriale dell’UE con una potenzialità di creare fino ad un massimo di due milioni di posti di lavoro”. La Commissione ha sottolineato di aver preso tale iniziativa nella convinzione che porsi alla testa di una transizione globale ad un’economia a basso teno-


re di carbonio e con un uso efficiente delle risorse avrà molteplici vantaggi per l’intera Comunità. “Abbiamo bisogno di iniziare da subito la transizione verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio - gli ha fatto eco la Commissaria UE di Azione per il Clima, Connie Hedegaard - Più si aspetta, più alti saranno i costi, dal momento che i prezzi del petrolio continuano a crescere, l’Europa sta pagando ogni anno sempre di più il suo Conto energetico, diventando sempre più vulnerabile agli shock dei prezzi. Iniziare la transizione adesso sarà remunerativo. E non c’è bisogno di attendere le innovazioni tecnologiche, perché l’economia basse emissioni di carbonio può essere messa in atto attraverso l’ulteriore sviluppo di tecnologie sperimentate che esistono già oggi”. Ritornando alla Roadmap, la Commissione invita il Consiglio UE, il Parlamento europeo, le varie Agenzie dell’Unione, gli Stati membri e le parti interessate a prendere in considerazione tale tabella di marcia per l’ulteriore sviluppo delle politiche europee e nazionali, volte a realizzare un’economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050. A tal fine, la Commissione controllerà l’attuazione del Piano di efficienza energetica e trasporrà queste

azioni in una proposta legislativa nei prossimi mesi. Sui progressi compiuti si riferirà nella primavera del 2013, e se l’esame indicherà che l’obiettivo generale dell’UE è difficilmente raggiungibile, la Commissione proporrà obiettivi giuridicamente vincolanti per il 2020. Come successivo passo, la Commissione intende sviluppare specifiche tabelle di marcia settoriali in collaborazione con le parti interessate di ogni settore. “In questa fase di transizione, tutti i settori economici debbono contribuire, compresi l’agricoltura, l’edilizia e i trasporti - ha aggiunto la Hedegaard - Definendo il costo effettivo per il percorso verso la futura Europa a basse emissioni di carbonio, la nostra tabella di marcia si basa su un quadro chiaro e prevedibile per le imprese e i Governi, affinché si preparino ad adottare le loro strategie a basso tenore di carbonio e gli investimenti a lungo termine”. Sulla base delle decisioni del Consiglio europeo dei Ministri che ha approvato l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra dell’UE dall’ 80% al 95% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050, come contributo a lungo termine dell’Europa per prevenire i pericoli dei cambiamenti climatici, la Roadmap illustra un percorso costi-efficacia per

raggiungere questo obiettivo, sottolineando che l’Europa dovrebbe raggiungerlo facilmente, fin dalla metà del secolo, grazie alle misure nazionali e ai crediti internazionali per compensare le emissioni, che saranno meno ampiamente disponibili di quanto non lo siano oggi. Secondo la Commissione, entro il 2050 l’UE dovrebbe ridurre le emissioni dell’80% rispetto ai livelli del 1990 tramite le sole azioni nazionali. Eventuali crediti per progetti di energia rinnovabile in altri Paesi aumenterebbe la riduzione complessiva delle emissioni di oltre l’80%. Il modello economico globale che sta alla base della Roadmap indica che per ottenere una riduzione nazionale dell’80% entro il 2050, si deve tagliare del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e del 60% entro il 2040, mentre le attuali politiche sono progettate per ridurre le emissioni nazionali del 30% al 2030 e del 40% al 2050. L’analisi della Commissione evidenzia altresì che la via più adeguata per l’obiettivo del 2050 prevede un taglio del 25% delle emissioni nel 2020, da conseguire soltanto attraverso misure nazionali, anziché l’attuale obiettivo del 20% di riduzione. La Roadmap indica che questo taglio

La centrale elettrica di Janschwalde nel Brandeburgo lungo il confine tra la Germania e Polonia brucia lignite, emettendo grandi quantitativi di gas ad effetto serra

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nazionale del 25% potrebbe essere conseguito nel 2020 se l’UE rispettasse il suo obiettivo del 20% di miglioramento dell’efficienza energetica dell’energia - come riaffermato dai Capi di Stato e di Governo il 4 febbraio 2011 al Summit dell’Energia e attuasse pienamente il Pacchetto “Clima ed Energia” adottato nel 2009. Secondo gli ambientalisti, tuttavia, dovrebbero essere fatte molto prima ulteriori riduzioni delle emissioni, almeno il 40% entro il 2020 se si vuole evitare le gravi conseguenze dei cambiamenti climatici. “Se dovessero andare avanti questi piani, i Governi europei abbandonerebbero effettivamente ogni realistica speranza di mantenere l’aumento della temperatura globale entro i 2 °C, esponendoci a catastrofici cambiamenti climatici - ha affermato Mike Childs di Friends of The Earth UK - Qualora l’Unione europea fosse seriamente intenzionata ad affrontare i cambiamenti climatici, dovrebbe tagliare le proprie emissioni del 40% entro il 2020, senza comprare crediti di carbonio dall’estero, puntando sul risparmio energetico che è il modo migliore per ridurre le emissioni. È assurdo che l’UE stia indugiando a ricorrere ad un’azione più incisiva in merito fino al 2013, quando è già tristemente in ritardo sul proprio obiettivo. Investendo massicciamente in questi settori si possono creare migliaia di nuovi posti di lavoro, proteggerci contro l’aumento dei prezzi del petrolio e affrontare i cambiamenti climatici”. Il Piano sull’efficienza energetica della Commissione è stato respinto come “fragile e debole” anche dall’European Environmental Bureau (EEB) che raggruppa più di 140 organizzazioni e associazioni di 31 Paesi e che ha ac-

colto, comunque, con favore la Low Carbon Roadmap 2050 “per la necessaria visione a lungo termine sulla riduzione delle emissioni di carbonio”, ma ha avvertito che l’attenzione deve rimanere su obiettivi a breve termine. “Quello che un tempo era annunciato come un piano di azione ora è un piano con una limitata direzione e nessuna azione. È un piano che potrebbe portarci in un vicolo cieco e privo di qualsiasi impegno e senso di urgenza - ha affermato Catherine Pearce, Responsabile senior delle politiche energetiche di EEB che chiede di sostenere le misure lungo tutta la filiera dell’approvvigionamento energetico con obiettivi vincolanti -Attendere fino al 2013 per esaminare la necessità di misure più forti ci lascia in balia delle stesse vecchie e sporche tecnologie. Tutto ciò è sbagliato e irresponsabile. La legislazione annunciata per l’estate dovrebbe contenere obiettivi vincolanti e misure globali per realizzare i risparmi necessari, come chiaramente illustrato nella Roadmap”. La Commissione stima che la costruzione dell’economia UE a basse emissioni di carbonio richiederà, oltre che i prossimi 40 anni, ulteriori investimenti annui pari all’ 1,5% del PIL dell’Unione europea - circa 270 miliardi di euro (ndr: tale cifra non è lontana da quella stimata dallo Studio Accenture - Barclays, che abbiamo analizzato nell’articolo “L’Europa a basse emissioni di CO2 in dieci anni?: 2.900 miliardi di euro in investimenti”, in Regioni&Ambiente, n. 3 marzo 2011, pagg. 26-27). Secondo la Commissione, gran parte o tutti gli investimenti supplementari saranno recuperati attraverso la diminuzione della

Fonte UE

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spesa per le importazioni di petrolio e gas, risparmio che viene stimato tra i 175 miliardi e i 320 miliardi di euro all’anno. Mentre i costi dei carburanti sono erogati a Paesi terzi, ha osservato la Commissione, gli investimenti creeranno un valore aggiunto nell’Unione Europea, ridurranno la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di energia e la vulnerabilità agli shock dei prezzi petroliferi, stimoleranno nuove fonti di crescita, preserveranno posti di lavoro esistenti e ne crearanno di nuovi. Si taglierebbero i costi dell’inquinamento atmosferico e quelli sanitari associati che la Commissione stima che potrebbero raggiungere gli 88 miliardi di euro all’anno fino al 2050. Per raggiungere l’obiettivo del 20% di risparmio energetico, potrebbe essere necessario ritirare una parte dei permessi di emissione messi all’asta dagli Stati membri a partire dal 2013 nell’ambito del sistema UE di scambio delle emissioni (ETS). “Questo ritiro avverrebbe gradualmente e saranno rispettate le quote di emissione già detenute dalle società. Senza un ritiro, i risparmi energetici conseguiti dalle singole società produrrebbero, tramite una domanda relativamente bassa per i permessi, un indebolimento del prezzo delle quote. Questo potrebbe indurre un’altra società a produrre di più, consumare più energia ed emettere più anidride carbonica - ha osservato la Commissione - Di conseguenza, i risparmi energetici netti sarebbero bassi o inesistenti, a causa di un tetto stabile dell’Emission Trading System, nessuna riduzione netta delle emissioni potrebbe essere raggiunta. Il ritiro dovrebbe neutralizzare tale effetto, sostenendo i risparmi netti di energia e le riduzioni delle emissioni”.


Numerose e importanti questioni discusse nel Consiglio Ambiente di marzo

UN COMUNE ORIENTAMENTO: INTEGRARE LE POLITICHE AMBIENTALI IN TUTTI I SETTORI ECONOMICI

Sostegno all’inziativa del Governo italiano di mettere al bando gli shopper in plastica

C’era molta attesa, stante l’importanza di alcuni punti all’ordine del giorno, per le conclusioni del Consiglio Ambiente dell’Unione europea che si è svolto a Bruxelles il 14 marzo 2011, sotto la Presidenza ungherese di turno rappresentata da Sándor Fazekas, Ministro per lo Sviluppo rurale, e al quale l’Italia ha preso parte con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo. Prima dell’inizio formale della riunione, la Commissione e la Presidenza, a nome della Consiglio, hanno espresso le condoglianze al popolo giapponese per la perdita di vite umane causate dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo. Ecco le posizioni espresse in seno al Consiglio su alcune delle questioni a cui è stato chiamato ad esprimersi, sulla base della lettura della Press Release a cura della Presidenza. Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche Il Consiglio ha definito in prima lettura la posizione sulla revisione della Direttiva 2002/96/CE in materia di Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche Elettroniche (RAEE). L’accordo è stato progettato per migliorare la raccolta e il riciclaggio dei dispositivi elettronici e per ridurre le esportazioni illegali di rifiuti da parte dell’UE. I Paesi dell’UE devono attualmente raccogliere ogni anno

almeno 4 kg di rifiuti elettrici ed elettronici per abitante. Al fine di rendere più efficace la raccolta, la proposta di rifusione dovrebbe adattare questo target alla dimensione di utilizzo e alla situazione economica dei singoli Paesi dell’UE: l’accordo prevede che gli Stati membri debbano raccogliere il 45% del peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sui loro mercati nazionali. Questa norma dovrebbe trovare effetto 4 anni dopo l’entrata in vigore della Direttiva di revisione, proposta dalla Commissione UE nel dicembre 2008 e che presumibilmente sarà adottata nel 2012. Quattro anni dopo, gli Stati membri dovranno conseguire un tasso di raccolta del 65%. Alcuni Stati dell’Unione europea in cui i consumatori utilizzano un minor numero di dispositivi elettronici potranno raggiungere gli obiettivi con una certa flessibilità, in particolare Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia saranno tenuti a raccogliere dal 40% al 45% di RAEE entro il 2016, per raggiungere l’obiettivo del 65% nel 2022. C’è da osservare che il Parlamento europeo si era espresso in prima lettura il 3 febbraio 2011, per aumentare il livello di ambizione, portando il target all’85% e presentando una serie di proposte per aiutare i Paesi e le imprese a ridurre i RAEE, come la promozione della responsabilità del pro-

Fonte: EUROSTAT

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duttore, affinché siano premiati i produttori che progettano in modo ecologico. Tant’è che il Consiglio è stato criticato dall’European Environmental Bureau (EEB), Federazione che raggruppa oltre 140 Organizzazioni ed Associazioni ambientaliste, per “annacquare” gli obiettivi della Commissione UE e del Parlamento europeo. Il Consiglio ha, comunque, ampliato la portata della legge per coprire in linea di principio tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche entro 6 anni dopo l’entrata in vigore della revisione. I pannelli fotovoltaici saranno immediatamente inclusi e dovranno essere raccolti separatamente e trattati correttamente. La Commissione potrà proporre modifiche al campo di applicazione dopo aver analizzato l’impatto sulle imprese e sull’ambiente. La revisione mira, inoltre, ad incoraggiare il riutilizzo di apparecchi interi. La posizione del Consiglio prevede che gli obiettivi precedentemente stabiliti per il recupero e riciclo saranno aumentati del 5%, con il riutilizzo di interi apparecchi, incrementandoli. Ciò dovrebbe aver effetto tre anni dopo l’entrata in vigore della revisione della Direttiva. La coltivazione di organismi geneticamente modificati Il Consiglio ha preso in esame le possibili giustificazioni, incluse in un Elenco indicativo trasmesso dalla Commissione UE quale parte di un “pacchetto” di proposte di revisione della politica di blocco sulle colture OGM (presentato dall’esecutivo la scorsa estate), che consentirebbero agli Stati membri di limitare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio, per motivi diversi da considerazioni relative a salute e ambiente, che includono aspetti di pubblica morale, come questioni religiose, filosofiche ed etiche in merito alla tecnologia OGM, di ordine pubblico e per evitare la contaminazione di OGM con altri prodotti. Le proposte avevano scatenato un’ondata di critiche, con le parti interessate che temono che potrebbero portare a una frammentazione del mercato interno e di incertezza legale per gli agricoltori. Per un certo numero di delegazioni, alcune delle proposte sarebbero anche incompatibili con gli obblighi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), mentre altri Paesi hanno ritenuto che questa lista di possibili motivi per limitare la coltivazione di OGM sia stata una buona base per ulteriori approfondimenti sulla proposta di atto, ed altri ancora non vogliono vedere un elenco esaustivo di giustificazioni per le restrizioni nazionali incluse nel testo della legge per aumentare la certezza del diritto. Tuttavia, il Presidente, sulla base delle discussioni intervenute, ha osservato che sarebbe possibile fare progressi per limitare o vietare la coltivazione di OGM nei Paesi dell’UE o in regioni particolari, per “fondati motivi”. Cambiamenti climatici Il Consiglio ha adottato le Conclusioni sui risultati della Conferenza ONU sul Clima a Cancún del Dicembre 2010, nel corso della quale si è discusso il quadro globale per la protezione del clima, esprimendo l’invito a tutti i partner internazionali dell’UE ad attuare pienamente gli Accordi, sui quali il Consiglio ha anche dato alcuni orientamenti per la loro implementazione, in vista della prossima Conferenza delle Nazioni Unite di Durban, alla fine di quest’anno.

Strategia comunitaria sul mercurio Il Consiglio ha adottato le Conclusioni sulla revisione, presentata dalla Commissione UE nel dicembre 2010, della Strategia comunitaria sul mercurio, adottata nel 2005, che aveva delineato 20 azioni tendenti a limitare la diffusione del metallo, sia a livello UE che a livello internazionale. Il Consiglio ha valutato con favore i progressi significativi nell’attuazione della Strategia, realizzati negli ultimi cinque anni. Il Consiglio ha, inoltre, invitato la Commissione ad accelerare il corso della sua indagine sulla amalgama dentale, che costituisce il secondo più largo utilizzo di mercurio nell’Unione europea. Inoltre, ha chiesto alla Commissione di fare un’analisi delle batterie a bottone contenenti mercurio, per valutare la necessità di ulteriori misure. Riforma della Politica Agricola Comune Il Consiglio ha discusso gli aspetti ambientali della PAC, in vista della sua prossima riforma. La discussione del Consiglio è stata di risposta alla Comunicazione della Commissione “La PAC verso il 2020: incrociare il cibo, le risorse naturali e le sfide territoriali del futuro”, del novembre 2010. I Ministri hanno sottolineato l’importanza della PAC per la protezione dell’ambiente e del clima e per l’offerta di beni pubblici ambientali, come la tutela della biodiversità o la prevenzione delle alluvioni. Hanno accolto con favore il fatto che la Commissione abbia proposto di rendere sostenibile la gestione delle risorse naturali e l’azione per il clima quale uno degli obiettivi della PAC riformata. Le delegazioni hanno sottolineato che rendere green la PAC è stato un importante contributo per la realizzazione degli obiettivi della Strategia UE 2020. Per la Commissione, misure quali il mantenimento dei pascoli permanenti e la copertura vegetale, la messa a riposo e la diversificazione delle colture potrebbe essere resa obbligatoria per beneficiare dei pagamenti diretti, contribuendo tali misure a ridurre le emissioni climalteranti. Allo stesso tempo, alcuni Ministri hanno auspicato di fissare delle misure di sviluppo rurale a sostegno della biodiversità, dell’acqua, della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e di adattamento ai cambiamenti climatici. Molti hanno richiesto una maggiore semplificazione e maggiore flessibilità per tenere conto delle situazioni ambientali regionali e nazionali. Altri hanno sostenuto che le misure di sviluppo rurale nel cosiddetto secondo pilastro della PAC sarebbero più idonee a fornire tale flessibilità. Semestre europeo Il Consiglio ha discusso il ruolo della politica ambientale, comprensiva dello sviluppo sostenibile, dell’efficienza delle risorse, per rendere più ecologica l’economia nell’Unione europea durante il Semestre, come contributo al Consiglio europeo di primavera che avrà luogo a Bruxelles il 24-25 marzo 2011. I Ministri hanno sottolineato che l’attuale ciclo semestrale europeo offre un’opportunità unica per il Consiglio Ambiente per integrare le politiche ambientali e climatiche in altri settori, al fine di contribuire alla promozione dello sviluppo sostenibile, di un’economia efficiente nell’uso delle risorse e a bassa emissione di carbonio, in linea con gli obiettivi della Strategia Europa 2020.

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L’efficienza delle risorse e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra contribuiscono alla realizzazione di obiettivi di sviluppo sociale ed economico, e di decarbonizzazione delle economie, e la diffusa integrazione delle politiche ambientali aiuta a migliorare la qualità della vita e a produrre opportunità di nuovi lavori. I Programmi Nazionali di Riforma (PNR) predisposti dagli Stati membri svolgono un ruolo chiave nel realizzare un’Unione europea più verde, più efficiente e sostenibile nell’uso delle risorse, come altrettanto importanti sono le iniziative e gli strumenti mobilitati ai vari livelli. Una valutazione preliminare dei PNR evidenzia che dovrebbero essere intensificati gli sforzi al fine di soddisfare i target relativi al clima previsti dalla Strategia Europa 2020. È necessaria la piena attuazione del Pacchetto “Clima ed Energia”, comprensivo di tutte le misure previste per il sistema comunitario di scambio delle emissioni (ETS). Per imprimere un impulso politico per le misure ambientali e di efficienza delle risorse, per gli ambiziosi obiettivi all’interno dei PNR, sono stati particolarmente evidenziati l’importanza di un approccio integrato, la differenziazione settoriale e regionale e la necessità di responsabilizzare i consumatori attraverso l’informazione e la sensibilizzazione. I Ministri hanno sottolineato pure la necessità di garantire la coerenza con la Strategia europea di sviluppo sostenibile. Le azioni nel settore della politica fiscale, in particolare la graduale eliminazione di sussidi dannosi dell’ambiente sono considerate essenziali per la transizione verso un’economia efficiente a basso consumo di risorse e a basse emissioni di carbonio. Il processo di transizione e l’integrazione delle politiche ambientali e climatiche possono dare un ulteriore contributo fornendo le necessarie risorse finanziarie pubbliche e private in termini di preparazione della prossimo quadro finanziario pluriennale e di riforma delle relative politiche.

C’è stato un ampio accordo sul fatto che la Commissione dovrebbe elaborare una tabella di marcia ambiziosa per un uso efficiente delle risorse in Europa il più presto possibile, in cui gli obiettivi di medio e lungo termine siano definiti con lo scopo di dissociare assolutamente l’uso delle risorse dalla crescita economica. È importante dare un’interpretazione estensiva all’efficienza delle risorse, comprendendovi tutte le risorse naturali. I sacchetti di plastica C’era attesa, almeno da parte italiana, per l’inserimento tra le Varie della questione degli shopper di plastica, dal momento che la delegazione austriaca doveva fornire informazioni sulle misure intraprese dall’implementazione del suo programma che sta entrando in questi giorni nella sua seconda fase, tendente a far sparire i sacchetti di plastica dagli esercizi commerciali. L’Austria, sostenuta da un gran numero di Stati membri, ha proposto alla Commissione UE di prendere in considerazione possibili azioni normative contro l’uso di sacchetti di plastica, per l’impatto fortemente negativo sull’ambiente dell’utilizzo indiscriminato di sacchetti di plastica monouso, immessi all’interno dell’UE e stimati nell’ordine di 800.000 tonnellate. Pertanto, ne deriva un sostegno da parte del Consiglio Ambiente alla messa al bando dei sacchetti di plastica non biodegradabili operata dal Governo italiano. Peraltro, le dichiarazioni rese al termine del Consiglio dal Commissario UE all’Ambiente, Janez Potocnik, sono abbastanza eloquenti: “Le attuali tendenze nell’industria degli imballaggi di plastica non sono sostenibili: la produzione e l’utilizzo dei sacchetti monouso sono esplosi e gli effetti sono fin troppo evidenti nel nostro ambiente e, in particolare, nei nostri mari. Daremo avvio ad un’ampia riflessione che prenda in esame tutte le opzioni, inclusa la possibilità di un bando a livello europeo di questo tipo di sacchetti di plastica”.

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Consorzio PolieCo

CHIAREZZA NELLE NORME E LUNGIMIRANZA NELLA GESTIONE DEI MATERIALI

Il Consorzio PolieCo, ha promosso, a Roma, una giornata di studio e riflessione a partire dal bando imposto dal Governo sui sacchi per asporto merci non biodegradabili

Superare le difficoltà attuali nel merito del recente divieto di commercializzazione dei “sacchi per asporto merci non biodegradabili” (comunemente detti shoppers); promuovere azioni di lobbies propositive nei confronti del Legislatore, lavorare in condivisione con le istanze dell’ambiente senza dimenticare la mission aziendale degli operatori del riciclo e favorire il libero mercato dei materiali al di là di miopi barricate ideologiche: sono queste le risultanze emerse dal convegno: “La normativa sugli shoppers è cambiata. Raccontiamoci come”, promosso dal Consorzio PolieCo (Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni in polietilene), che ha avuto luogo lunedì 7 marzo presso la Sala delle Conferenze in Piazza di Montecitorio, Roma. Oltre 100 partecipanti, di cui almeno 50 in rappresentanza di Aziende produttrici di shoppers (numerose anche le adesioni da parte del comparto del riciclo e della trasformazione) hanno risposto all’invito del PolieCo; sen-

za contare gli importanti contributi accademici dal mondo della giurisprudenza e il supporto tecnico-culturale di Assorimap, Legambiente, ed importanti rappresentanti della Grande distribuzione commerciale (Coop Italia e Gruppo Despar, Conad e Federdistribuzione) e dell’Azienda Municipalizzata per i servizi ambientali della Capitale, AMA. Fra i partecipanti si sono segnalate anche le presenze di Coldiretti, Confcooperative, CNA, Confartigianato e WWF. “Quello di oggi vuole essere un momento di confronto senza censure e senza paura di sviscerare l’argomento dai tanti punti di vista dei numerosi portatori di interesse coinvolti nella filiera degli shoppers - ha dichiarato in apertura Enrico Bobbio, Presidente del Consorzio PolieCo - a partire dalle sollecitazioni di una norma che forse è stata sottovalutata sin dalla sua introduzione a partire dalla Legge Finanziaria 2007, proprio dal settore delle imprese, abituate ad un modus

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operandi tutto italiano improntato alla proroga e alla deroga”. “Proprio due anni fa abbiamo promosso un primo convegno, qui a Roma, sulle bioplastiche ed il loro utilizzo industriale in vista del bando che poi si è verificato - ha proseguito il Presidente Bobbio - come in quell’occasione, voglio ribadire che il nostro comparto industriale non si pone contro i biopolimeri tout court, ma non può non richiedere una regolamentazione chiara circa il loro utilizzo ed il loro riciclo”. Il Convegno ha preso le mosse da una disamina tecnico-normativa dei presupposti giuridici che hanno portato il Paese ad adottare il bando degli shoppers non biodegradabili, disamina curata dai consulenti legali del PolieCo, i quali si sono soffermati sulla definizione di “sacco per asporto merci” a partire dalla definizione contenuta nella Direttiva imballaggi e alla sua trasposizione nel diritto nazionale. A rappresentare il Legislatore italiano, l’On. Ermete Realacci, uno dei padri della norma che impone il divieto di


commercializzazione degli shoppers non biodegradabili, il quale, nell’ascoltare il cahier de doleance presentato dalle aziende di riciclo del polietilene ha dichiarato che: “Il fine della norma era quello di promuovere nel Paese un impulso affinché il comparto della petrolchimica potesse rivedere il proprio operato in termini di eccellenza, onde costruire una partita che avrebbe allargato le possibilità economiche dell’industria italiana attraverso filiere ecocompatibili”. “Purtroppo - ha rimarcato l’On. Realacci - si è perso del tempo e si sono persi gli obiettivi principali, non attrezzandosi per tempo e non affrontando subito i punti critici, ovvero: il reperimento della materia prima, le difficoltà tecnico-impiantistiche, l’integrazione fra le norme nazionali e quelle europee, il problema delle scorte”. A sottolineare le differenze fra shoppers in polietilene, shoppers prodotti con biopolimeri e shoppers contenenti additivi che ne favoriscono la biodegradabilità, è stata la Dott.ssa Loredana

Musumeci dell’Istituto Superiore della Sanità, la quale si è soffermata soprattutto sui requisiti chimici e gli standard di produzione dei biopolimeri affinché questi possano effettivamente fregiarsi della caratteristica di biodegradabilità e compostabilità. Su questo punto, secondo la Dott. ssa, sono necessarie alcune considerazioni: “non è detto che un materiale biodegradabile sia sufficientemente compostabile; se sulla compostabilità ci sono norme e regole chiare, sulla biodegradabilità i giochi risultano ancora molto aperti; il problema degli shoppers biodegradabili è che nessuna legge europea prevede l’obbligo di sostituzione dei sacchi per asporto merci in PE con quelli biodegradabili, tale norma è contemplata solo a livello nazionale soltanto per quanto attiene agli imballaggi destinati alla raccolta della frazione organica dei rifiuti solidi urbani”. Inaspettatamente critico, sulla vicenda che si è venuta a creare dopo il bando dal 1° gennaio 2011, anche Stefano Ciafani, Responsabile Scientifico Na-

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zionale di Legambiente, il quale, pur ricordando il forte sostegno che da sempre l’Associazione ambientalista ha posto nel favorire il mercato dei biopolimeri, ha sottolineato che: “non è mai stata nostra intenzione pensare ad una sostituzione uno ad uno, né che tali dinamiche dovessero verificarsi senza la ricerca di un dialogo costruttivo con le imprese produttrici di film in polimeri tradizionali”. Ad illustrare le difficoltà delle imprese di riciclo, dopo gli interventi e i case history presentati da alcune aziende, è stato, Corrado Dentis, Presidente di Assorimap, dichiaratosi apertamente contrario alla messa al bando dei sacchi per trasporto merci non biodegradabili e fortemente propenso ad una azione di sensibilizzazione nei confronti delle istituzioni competenti, al fine di ridefinire, nel quadro economico attuale, i percorsi dei materiali in ragione degli effetti economici, sociali e culturali del problema. Maurizio Zucchi, Direttore Qualità COOP Italia e Luigi Borrelli, Category


Manager Prodotti a Marchio - Despar Servizi, hanno raccontato l’esperienza dei relativi marchi nel periodo precedente al bando per promuovere l’educazione e la sensibilizzazione dei consumatori nei confronti dei nuovi sacchi per asporto merci; mentre Massimo Centemero, Direttore Tecnico del Consorzio Italiano Compostatori, si è soffermato sulle difficoltà degli operatori del settore di fronte agli ingenti quantitativi di imballaggi plastici che continuano ad inquinare la frazione organica da destinare al compostaggio, ingenerando, un aggravio dei costi per lo smaltimento in discarica dei detti quantitativi. Ad esprimere un forte apprezzamento per il lavoro culturale e di sostegno alle imprese promosso dal PolieCo è stato Daniele Clarke, Presidente AMA, il quale, sulla questione degli shoppers tradizionali, ha rimarcato che “gran parte del problema non deriva dal materiale di partenza in sé, bensì da comportamenti scorretti dei consu-

matori che favoriscono l’abbandono dei sacchetti nell’ambiente”; mentre una nota di criticità sulla questione del mancato avvio di impianti che trattano la frazione organica è stata presentata dalla Prof.ssa Maria Ioannilli, Università di Tor Vergata, la quale, sulla questione shoppers, ha dichiarato: “non dobbiamo approcciarci ai biopolimeri come è stato fatto per la raccolta differenziata, dando loro un valore in sé a prescindere dall’uso e dal loro ciclo di vita. Il problema va affrontato nel suo insieme, senza trincerarsi dietro slogan o bandiere ideologiche”. A intervenire per ultimi, il Dott. Andrea Pugliese, che intervenendo per conto dell’Associazione Italiana Fertilizzanti, ha portato il caso di studio di un importante impianto di compostaggio pugliese e l’Avv. Luigi Micheli, Consulente della Commissione Bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che ha comunicato circa una richiesta di interrogazione che l’On. Paolo Russo ha rivolto al Ministro dell’Ambiente e

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della Tutela del Territorio e del Mare, circa la questione shoppers, lo scorso 28 febbraio. “Le questioni sono ancora molto aperte - ha dichiarato il Presidente PolieCo, Enrico Bobbio - a partire dalle ambiguità circa la definizione di sacco per asporto merci, alla mancanza di norme tecniche chiare”. “Come Consorzio - ha concluso - possiamo garantire che continueremo a lavorare per il benessere ed il futuro delle aziende consorziate; domani stesso, [martedì 8 marzo per chi legge], abbiamo fissato un appuntamento con il Presidente della VII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, On. Angelo Alessandri, per discutere lo stato dell’arte e prospettare un cammino volto all’ottimizzazione delle risorse e della salvaguardia delle imprese che hanno nell’ambiente la loro mission, quali i riciclatori e produttori di materiali riciclabili”.


La Circolare del Ministero Ambiente fa chiarezza sul sovrapporsi della disciplina

TRA SISTRI, MUD E MUDINO Prima scadenza 30 aprile 2011

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con la Circolare 2 marzo 2011 (prot. n. 6774), avente ad oggetto “Indicazioni operative relative all’assolvimento degli obblighi di Comunicazione annuale di cui alla Legge 70/94, al DPCM 27 aprile 2010 e all’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009, come modificato con DM 22 dicembre 2010”, è intervenuto per fare chiarezza circa il sovrapporsi delle discipline relative al nuovo sistema telematico di tracciabilità dei rifiuti, come conosciuto con l’acronimo SISTRI e quello vecchio cartaceo del Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD). Vi si fa una distinzione tra i soggetti tenuti alla sola presentazione del MUD e i soggetti che dovranno, invece, effettuare la speciale dichiarazione SISTRI. Per agevolare i produttori iniziali di rifiuti e le imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento obbligati a presentare entro il prossimo 30 aprile la “Dichiarazione SISTRI” (il cosiddetto “Mudino”) per le operazioni di gestione dei rifiuti relative al 2010, è possibile utilizzare la modulistica contenuta nel DPCM 27 aprile 2010 (MUD 2010), oppure in alternativa è possibile scegliere l’invio telematico attraverso il portale SISTRI. Le informazioni relative all’anno 2010 quindi devono essere comunicate entro il 30 aprile 2011, mentre le informazioni relative al periodo 1° gennaio 2011-31 maggio 2011 dovranno essere comunicate entro il 31 dicembre 2011 attraverso l’invio dello stesso “Mudino”: infatti le informazioni da comunicare sono riferite anche al periodo cosiddetto del “doppio binario”, nel quale è stato mantenuto anche l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del D. Lgs. n. 152/2006. Alla luce di ciò, tutti i soggetti sopra indicati dovranno presentare la comunicazione SISTRI per tutto il 2010 e per il periodo dal 1° gennaio al 31 maggio 2011. I soggetti che operano nel settore dei Veicoli a fine vita (ELV) devono invece presentare, entro il 30 aprile 2011, il MUD relativo al 2010, dal momento che l’abrogazione del relativo capitolo 2 del DPCM 27 aprile 2010 ha effetto a partire dalla dichiarazione relativa al 2011. I raccoglitori ed i trasportatori di rifiuti, i consorzi istituiti per particolari rifiuti e commercianti e intermediari senza detenzione dei rifiuti non sono invece tenuti per il 2010 ad alcuna comunicazione. Ad ogni buon fine si riporta di seguito il testo della Circolare. “…omissis… A seguito dell’introduzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI, è venuta meno, per i soggetti tenuti ad aderire al SISTRI, la necessità di comunicazione, ai sensi della legge 70/94, dei dati relativi ai rifiuti prodotti, gestiti e movimentati già inseriti nel sistema informatico. In particolare, con il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n.

205, che, modificando il decreto legislativo n. 152/2006, ha introdotto, tra l’altro, l’articolo 264-bis, sono state abrogate, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, le norme concernenti le parti del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) di cui al DPCM 27 aprile 2010 riguardanti i produttori di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano il trasporto di rifiuti speciali, nonché i soggetti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti e gli intermediari e commercianti di rifiuti senza detenzione, ora tenuti ad iscriversi al SISTRI. Tuttavia, nelle more della piena entrata a regime (a decorrere dall’ 1.6.2011) del SISTRI quale unico strumento per la registrazione e la tracciabilità dei rifiuti, il DM 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI ha previsto, a carico dei soli produttori iniziali di rifiuti e delle imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti a presentare il MUD, l’obbligo di comunicare al SISTRI determinate informazioni. I trasportatori di rifiuti e coloro che effettuano attività di commercio e intermediazione dei rifiuti senza detenzione non sono tenuti, pertanto, a porre in essere alcun adempimento di comunicazione a decorrere dall’anno 2010. Le informazioni relative all’anno 2010 devono essere comunicate, secondo le modalità di seguito illustrate, entro il 30 aprile 2011, mentre le informazioni relative al periodo 1.1.2011-31.5.2011 dovranno essere comunicate entro il 31 dicembre 2011. Stante il disposto dell’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009, come modificato con DM 22 dicembre 2010, le informazioni da comunicare sono riferite anche al periodo cosiddetto del “doppio binario”, nel quale è stato mantenuto anche l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del D. Lgs. n. 152/2006. Alla luce di ciò, tutti i soggetti sopra indicati dovranno presentare la comunicazione SISTRI per tutto il 2010 e per il periodo dal 1° gennaio al 31 maggio 2011. I soggetti che operano nel settore dei veicoli a fine vita devono invece presentare, entro il 30 aprile 2011, il MUD relativo al 2010, dal momento che l’abrogazione del relativo capitolo 2 del DPCM 27 aprile 2010, disposta al comma 1, lettera b) del citato articolo 264-bis, spiega effetto a partire dalla dichiarazione relativa al 2011. Pertanto, i predetti soggetti presenteranno il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010 per la dichiarazione 2010, mentre per il periodo dell’anno 2011 antecedente l’entrata a regime del SISTRI (1° gennaio- 31 maggio) dovranno presentare la dichiarazione SISTRI di cui all’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009. In considerazione della limitatezza dell’arco temporale di riferimento e della non ripetibilità dell’adempimento della dichiarazione SISTRI, che riguarda unicamente il 2010 e parte del 2011, si ritiene opportuno agevolare i soggetti tenuti al suo espletamento

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utilizzando, nelle parti pertinenti, la medesima modulistica che era riportata nel DPCM 27 aprile 2010. La presentazione della dichiarazione SISTRI potrà dunque avvenire con le seguenti modalità alternative, a scelta dell’interessato: - Compilando in via telematica gli appositi modelli, che saranno pubblicati sul portale www.sistri.it, oppure - Compilando e trasmettendo alla Camera di commercio territorialmente competente, previo pagamento del diritto di segreteria e con le modalità utilizzate per la presentazione del MUD di cui alla legge n.70/94, le schede del Capitolo 1 - Rifiuti del DPCM 27 aprile 2010 relative alla specifica attività svolta. Le Camere di commercio provvederanno ad inoltrare le informazioni raccolte al SISTRI e all’ISPRA, deputato all’elaborazione dei dati nell’ambito del Catasto dei rifiuti. Stante il sopra richiamato disposto normativo, rimangono tenuti a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010: - ll Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 del D. Lgs. n. 152/2006 e i sistemi di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) del medesimo decreto legislativo, riconosciuti ai sensi - I Comuni o loro consorzi e le Comunità montane, ai sensi dell’articolo189, comma 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato con D. Lgs. n. 205/2010. Tuttavia, ai sensi dello stesso articolo 189, commi 4 e 5, a decorrere dall’entrata a regime del SISTRI (1° giugno 2011) i Comuni della Regione Campania, tenuti ad aderire al SISTRI, e i Comuni che aderiranno su base volontaria al SISTRI, non saranno più tenuti a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010, salvo quanto disposto per le informazioni relative ai costi di cui all’articolo 189, comma 3, lettera d); - I soggetti di cui all’articolo 13, commi 6 e 7, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, iscritti al Registro nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo. Si riepiloga di seguito quanto sopra rappresentato riguardo agli adempimenti cui sono tenuti i diversi soggetti”.

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Dopo il disastroso terremoto che ha colpito il Giappone

PREVENIRE I RISCHI E GESTIRE LE CATASTROFI Un monito ad investire per prevedere un ipotetico, ma non improbabile, tsunami nel Mediterraneo

Vedendo le drammatiche immagini televisive della devastante potenza del maremoto che si è riversato per qualche chilometro sulla terraferma con onde alte 10 metri, potrebbe sembrare beffarda l’affermazione che il sistema di allerta “tsunami” (termine giapponese che letteralmente vuol dire “l’onda sul porto”), scattato in occasione del terremoto di eccezionale magnitudo che ha investito la regione nordorientale dell’isola giapponese di Honshū (secondo solo a quello che colpì il Cile nel 1960), ha funzionato. Ovviamente, non per gli abitanti di Sendai e Miyagi, dal momento che l’intervallo di alcune decine di minuti tra la scossa di terremoto e lo tsunami non poteva permettere di mettersi in salvo, bensì per gli abitanti degli altri 20 Paesi dell’area circumpacifica coinvolti. Rammentiamo bene le decine di migliaia di vittime causate dal maremoto che si verificò nell’oceano Indiano, dopo l’altrettanto disastroso terremoto del dicembre 2004, con ipocentro al largo dell’isola di Sumatra, che si è abbattuto dopo qualche ora sulle coste thailandesi, cingalesi ed indiane, per poi concludere la sua corsa sulle coste della Somalia, in Africa. Gli unici abitanti dell’oceano Indiano che sono quasi tutti scampati alla furia distruttiva dello tsunami sono risultati gli indigeni delle isole Andamane, nel golfo

del Bengala, che, grazie alla loro millenaria simbiosi con la natura dei luoghi (vi abitano da circa 65.000 anni) e alla loro profonda conoscenza dei fenomeni naturali, si erano già messi in salvo sulle alture assieme agli animali, come loro messi in guardia dall’insolito ritrarsi della marea. In questa occasione, l’allerta lanciato dal Pacific Tsunami Warming Centre ha evitato che le vittime aumentassero (si sono segnalati altrove solo 2 morti: un pescatore a Papua Indonesia e un altro sulle coste della California, che tentava di riprendere le immagini del fenomeno), anche se gli effetti sono risultati inferiori a quelli paventati. È italiano uno dei massimi esperti di tsunami: Nevio Zitellini, Direttore dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISMAR-CNR) di Bologna. “La condizione essenziale perché si crei uno tsunami - ha dichiarato Zitellini, intervistato subito dopo l’evento giapponese - è che ci sia un forte terremoto in mare, in una zona con fondali tra le prime decine di chilometri [quello dell’11 marzo è stato di magnitudo 9.0 della scala Richter, con ipocentro a 24,4 km. di profondità ed epicentro a 130 km. di distanza dalla costa] Il fondale si sposta di qualche metro e in verticale si sposta in contemporanea una colonna d’acqua che, dovendo poi tornare in equilibrio, genera un’onda”.

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“L’onda dello tsunami - ha continuato il Direttore ISMARCNR - normalmente ha una frequenza bassissima e molto lunga, di centinaia di chilometri: si propaga su distanze molto grandi ed è anche molto veloce in pieno oceano. Più il mare è profondo, più è veloce; nel Pacifico, ad esempio, va alla velocità di un jet, a 700-800 km/h. Chi è lontano dall’ipocentro ha il tempo di spostarsi, ma chi è vicino può essere investito dall’onda. Per questo i giapponesi hanno investito moltissimo sulla prevenzione degli tsunami con sensori in mare in grado di prevedere l’arrivo dell’onda e attivare tutti i sistemi di allerta”. “L’ampiezza dell’onda è enorme e l’altezza è piccolissima - ha spiegato Zitellini - ma avvicinandosi alle coste la profondità dell’acqua diminuisce e per la compressione l’onda diventa altissima, da qualche decina di centimetri, diventa metri”. Dopo il 2004, l’ONU e l’UE, tramite l’UNESCO e l’ESA (European Space Agency), hanno messo in piedi un sistema di allarme per il rischio tsunami nell’Atlantico Nord-orientale e nel Mediterraneo (NEAMTWS). Non bisogna dimenticare, infatti, che tali fenomeni in passato hanno interessato anche queste aree marine. Basti ricordare il maremoto che si abbatté con onde alte 15 m. sulla città di Lisbona, conseguente al terremoto che distrusse la città nel 1795, causando migliaia di vittime che si erano ammassate sulle rive del fiume Tago, quando sono state investite dallo tsunami che è risalito lungo l’estuario. Nel Mediterraneo, l’ultimo devastante maremoto è avvenuto nel 1908, seguente il terremoto che distrusse gran parte delle costruzioni nelle città di Messina e Reggio Calabria.

Lo tsunami si riversò sulle zone costiere di tutto lo Stretto di Messina con ondate, a seconda delle località, da 6 m a 12 m di altezza, provocando decine di migliaia di vittime, fra i sopravvissuti che si erano ammassati sulla riva del mare, alla ricerca di un’ingannevole protezione. Il più antico tsunami nel Mediterraneo, di cui si ha testimonianza tramite la descrizione tramandataci dallo storico dell’Impero romano Ammiano Marcellino, è quello verificatosi nel 365 d. C., a seguito di un terremoto nel Mediterraneo orientale, che distrusse Alessandria d’Egitto, ma che provocò devastazioni anche sulla costa della Grecia, della Sicilia e delle regioni Adriatiche, fino all’odierna città croata di Dubrovnik ((cfr: “Evento di Tunguska: Cigno Nero del XX secolo”, in Regioni&Ambiente, n. 9 settembre 2008, pag. 35 e segg). La conformazione geomorfologia dell’Italia è, peraltro, tale che un maremoto nel Mediterraneo, investirebbe le nostre coste, per la vicinanza ad un ipotetico ipocentro, con l’aggravante, in più, che sono fortemente abitate. Per questo è stata installata a 3.000 m. di profondità nel Golfo di Cadice, dove si trovano le principali strutture sismotettoniche che potrebbero causare un terremoto tsunamigenico, una stazione di rilevamento, uno “tsunamometro”, appositamente progettato e costruito per inviare messaggi automatici di allerta, nell’ambito del Progetto NEAREST (Integrated observations from NEAR shore sourcES of Tsunamis: toward an early warming system), finanziato dalla Commissione UE con il VI Programma quadro “Cambiamento Globale ed Ecosistemi” e coordinato proprio dall’ISMAR-CNR (cfr: “Tsunamometro made in Italy”, in Regioni&Ambiente, n. 10 ottobre, pag 85 e segg.).

Immagine satellitare del Giappone che mostra i danni conseguenti al terremoto e al maremoto che si sono verificati l’11 marzo 2011 presso la centrale nucleare di Fukushima-Daiichi. L’immagine è stata scattata il 14 marzo alle 11.04 ora locale, 3 minuti dopo l’esplosione al reattore n. 3 (fonte: IRIN)

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Presentato il Rapporto congiunto ActionAid e Donne in campo

IL PANE E LE ROSE

Il ruolo delle donne per sconfiggere la fame

“Se le donne nelle zone rurali avessero le stesse opportunità degli uomini nell’accesso alla terra, alla tecnologia, ai servizi finanziari e ai mercati, la produzione agricola nei Paesi in via di sviluppo potrebbe aumentare tra il 2,5 e il 4% e il numero degli affamati ridursi di 100-150 milioni di unità”. Da questo assunto della FAO ha preso avvio il Rapporto “Il Pane e le Rose”, presentato il 31 marzo 2011 a Roma presso la Casa Internazionale delle Donne, iniziativa congiunta di ActionAid, Onlus accreditata presso il Ministero degli Affari esteri come ONG e presente in Italia dal 1989, che da diversi anni è impegnata in un’azione di sensibilizzazione e pressione politica affinché le istituzioni a livello nazionale e internazionale combattano la fame e sostengano il lavoro dei piccoli agricoltori, mettendo al centro dei programmi di sviluppo per la sicurezza alimentare le donne contadine, e di Donne in Campo, componente della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), che lavora per sostenere l’imprenditoria agricola femminile in Italia. Nel 2010 il numero delle persone che soffre la fame è sceso a 925 milioni dopo aver superato il miliardo nel 2009 - si legge nel Rapporto Nonostante la diminuzione delle persone malnutrite, registrata in Asia e in misura minore nell’Africa Sub-Sahariana, il numero di persone che non ha abbastanza cibo per sopravvivere resta più alto rispetto ai dati pre-crisi economica del 2008. È un problema di produzione, di distribuzione, di politiche? ActionAid ritiene che fame e malnutrizione non siano un ineluttabile fatto naturale, ma il risultato di scelte precise e di disuguaglianze tra ricchi e poveri, tra uomini e donne. L’agricoltura rappresenta ancora oggi una fonte di sopravvivenza per la maggior parte delle persone in molti Paesi in via di sviluppo e proprio in quegli Stati dove il numero degli affamati resta elevato e dove si susseguono crisi politico-sociali o catastrofi naturali, l’agricoltura garantisce la sopravvivenza al 62% della popolazione. In particolare, in Africa e Asia, 500 milioni di piccoli produttori agricoli coltivano l’80% della terra arabile disponibile, sfamando così 1/3 dell’umanità. Eppure, sono proprio i piccoli agricoltori a rappresentare i 3/4 delle persone affamate del Pianeta. Questo paradosso

indica che la fame è un problema complesso, che richiede analisi dettagliate e proposte concrete: ActionAid ha deciso di affrontarlo mettendo al centro dell’attenzione le donne che lottano ogni giorno per assicurare il cibo alle proprie famiglie e comunità. Le donne, infatti, costituiscono la maggioranza dei piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo e giocano tuttora un ruolo importante nell’allevamento, in agricoltura, nell’uso e mantenimento delle risorse naturali. Le donne sono in prima fila nella raccolta dell’acqua e della legna, ma anche nei programmi di conservazione del suolo e nel tramandare le conoscenze tradizionali sull’uso medico delle piante e sulla conservazione dei semi. Un patrimonio di sapere e competenze che le donne portano con sé anche quando migrano verso le città, contribuendo allo sviluppo dell’agricoltura urbana e suburbana, sempre più riconosciuta come vitale per la sicurezza alimentare delle città. Nonostante il ruolo cruciale che ricoprono all’interno dei rispettivi nuclei familiari rurali, le donne contadine spesso non ricevono adeguato sostegno da parte delle istituzioni locali e nazionali, né sono sempre riconosciute come soggetti economici da coinvolgere nei programmi di sviluppo rurale, oltre a dover spesso affrontare discriminazioni nella proprietà ed eredità della terra. ActionAid ha rilevato che in Uganda le donne ottengono il 9% del credito agricolo e in Malawi solo il 7% delle donne capofamiglia riceve sostegno alle attività agricole (contro il 13% degli uomini capofamiglia). Pur nelle differenze di contesto, le condizioni di vita delle donne agricoltrici, presentano degli aspetti simili sotto ogni latitudine. Si potrebbe dire, dunque, che se la femminilizzazione dell’agricoltura è andata di pari passo con la femminilizzazione della povertà e con una decrescita degli investimenti pubblici nel settore agricolo. Alla retorica che ribadisce l’importanza delle donne in agricoltura spesso non corrispondono politiche, misure legislative, ricerche e analisi che possano andare a beneficio delle contadine e delle imprenditrici agricole. D’altronde, l’obiettivo di “sviluppare il potenziale delle donne in

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agricoltura” che compare in molti programmi di sviluppo rurale può comportare un aumento delle aspettative e dei compiti attribuiti alle donne, senza necessariamente promuovere i loro diritti umani fondamentali. Raramente, infatti, gli interventi di miglioramento della sicurezza alimentare includono azioni strategiche che sostengano le donne nel poter avere controllo autonomo sui loro corpi e sul prodotto del loro lavoro. “Anche in Italia è necessario abbattere le discriminazioni nell’accesso al credito agricolo e dare visibilità alla presenza delle donne nel settore; è inoltre comune la volontà di esprimere con il lavoro quotidiano uno sviluppo rurale rispettoso della biodiversità, coerente con le caratteristiche del proprio territorio e che vada a beneficio di tutta la società”. Nel contesto nazionale l’ingresso massiccio delle donne nel mondo agricolo è un fenomeno relativamente recente: nel 1970 su 100 aziende solo 19 erano condotte da una donna; trent’anni dopo la quota ha raggiunto il 31%. Molise, Campania, Valle d’Aosta e Friuli - Venezia Giulia sono le regioni italiane a maggior presenza femminile, mentre Trentino - Alto Adige, Sardegna e Lombardia si collocano agli ultimi posti. Sono diminuite negli ultimi sette anni le giovani imprendi-

raccontate le loro storie attraverso i mezzi di comunicazione. Le donne italiane nel contesto rurale si scontrano, poi, con una burocrazia che spesso schiaccia, rallenta, limita lo sviluppo delle attività stesse. Facilitare le procedure, diminuire i costi e gli oneri contributivi, ipotizzare processi che siano più “amici” delle donne che lavorano le campagne è una sfida che le amministrazioni hanno in comune con molti altri contesti nazionali. Un altro aspetto che frena l’imprenditoria femminile in Italia è il continuo consumo di suolo, tant’è che l’Associazione “Donne in Campo” si chiede provocatoriamente se anche in Italia si possa parlare di accaparramento di terra. “L’Associazione pensa di sì e reagisce con preoccupazione all’uso indiscriminato del terreno agricolo a vantaggio di insediamenti industriali, produzione di energia e aree residenziali. L’erosione della superficie agricola viene valutata come costante irreversibile a causa della costruzione - non sempre programmata - di centri commerciali e capannoni industriali (al posto del recupero di cubatura inutilizzata) e per l’espansione degli investimenti per le rinnovabili (in particolare il fotovoltaico)”.

trici, passate dal 30 al 27%, così come le giovani donne che lavorano all’interno dell’impresa agricola di famiglia scendono da 940.000 unità del 2000 a 250.000 nel 2007, nonostante ci sia il largo riconoscimento delle loro capacità gestionali e innovative. “Come a livello globale - spiega il Rapporto - anche in Italia si ha la consapevolezza del ruolo importante che le donne ricoprono nel settore dell’agricoltura, ma da questo riconoscimento non derivano sempre misure di supporto adeguato che consentano alle agricoltrici di sviluppare il loro potenziale come motori di cambiamento della società e di un settore produttivo cruciale”. Invisibilità e stereotipi non sono solo problema per le contadine indiane, keniote o brasiliane, ma anche per molte donne italiane che raramente vedono valorizzato il loro impegno e

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IL COMMENTO

Pubblicato sulla G.U. del 28/03/2011, S.O. n. 81 il D. Lgs. che recepisce la Direttiva 2009/28/CE

RINNOVABILI: AL VIA LA NECESSARIA RAZIONALIZZAZIONE Ma viene contestata la modifica del sistema degli incentivi

Il Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011 ha approvato in via definitiva, a seguito dell’espressione dei pareri previsti, il Decreto legislativo di attuazione della Direttiva che recepisce la Direttiva europea 2009/28/CE sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, e che modifica il sistema degli incentivi statali. Il provvedimento mira al potenziamento e alla razionalizzazione del sistema per incrementare l’efficienza e l’utilizzo di questo tipo di energia ed ha, fra gli obiettivi principali, quello di diminuire gli oneri “indiretti” legati al processo di realizzazione degli impianti da essa alimentati (dall’autorizzazione alla connessione, all’esercizio). Si raggiunge, in questo modo, il duplice obiettivo di incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili per rispettare i target europei e di ridurre gli oneri specifici di incentivazione a carico dei consumatori finali. Il testo del Decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 28/03/2011, S.O. n. 81 e riportato integralmente nell’inserto normativo delle pagine a fianco, prevede la definizione di un nuovo sistema di incentivi per gli impianti da fonti rinnovabili che entrano in esercizio dal 1° gennaio 2013, differenziato per gli impianti di taglia minore e maggiore, in modo da dare certezza ai piccoli investitori e stimolare i più grandi a soluzioni più efficienti. A tutela degli investimenti già effettuati si stabilisce che il ritiro dei certificati verdi prosegue fino al 2016, fissando il prezzo di ritiro al 78% di quello massimo di riferimento. Per quanto riguarda, in particolare, il fotovoltaico, si procederà - con Decreto interministeriale - ad una ridefinizione di criteri, parametri e quote a decorrere dal 1° giugno, per assicurare la sostenibilità dei costi di incentivazione, scoraggiare le iniziative meramente speculative e garantire al settore una prospettiva di sviluppo di lungo periodo. “Il provvedimento punta a dare stabilità e moralità a un settore chiave per l’energia del futuro - ha dichiarato il Ministro

dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo - Non è stato fissato alcun tetto, a 8.000 mila megawatt, per le installazioni di solare, che avrebbe rischiato di bloccare lo sviluppo del comparto e al contempo si è adottata una strategia per contenere i costi sulla bolletta energetica e per intensificare i controlli contro le truffe e le frodi”. “Dal prossimo giugno - ha aggiunto la Prestigiacomo - saranno fissati con un decreto interministeriale i nuovi obiettivi delle diverse rinnovabili, con step intermedi annuali e parametri tariffari”. “Nessun taglio, nessun tetto, nessuno stop allo sviluppo del settore produttivo è stato mai previsto - ha dichiarato il Ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani - quanto piuttosto il potenziamento e la razionalizzazione del sistema per incrementare l’efficienza e l’utilizzo di questo tipo di energia, diminuendo gli oneri indiretti legati al processo di realizzazione degli impianti da essa alimentati (dall’autorizzazione, alla connessione, all’esercizio) e soprattutto eliminando l’effetto delle speculazioni finanziare che hanno approfittato del settore. Si apre dunque una nuova stagione per l’energia pulita”. Romani ha sottolineato, inoltre, che “Il decreto è in linea con il nostro obiettivo energetico nazionale: ridurre il costo dell’energia per aziende e cittadini che oggi si attesta a circa +30% rispetto agli altri paesi europei. Intendiamo raggiungerlo prima di tutto diversificando il nostro mix energetico, promuovendo quindi la produzione da fonti rinnovabili ed il ritorno al nucleare. Un obiettivo non può prescindere dall’altro”. “Siamo un Paese manifatturiero - ha concluso Romani - e non possiamo consentire che le nostre aziende si presentino sui mercati internazionali gravati del peso del costo energetico eccessivo rispetto ai competitori”. Non era ancora avvenuto il terremoto in Giappone che ha danneggiato gravemente la centrale nucleare di Fukushima con conseguenti contaminazioni radioattive nell’ambiente e in mare, che ha indotto il Governo italiano

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a decidere (23 marzo 2011) per una moratoria del nucleare di un anno. Come era facile prevedere, di fronte a possibili tagli che dovrebbero interessare soprattutto il fotovoltaico che ha assorbito molte risorse ed evidenziato alcune distorsioni, si sono sollevate una serie di critiche e manifestazioni di protesta, tanto che lo stesso decreto è stato etichettato “Ammazza rinnovabili”. Ci sono stati incontri tra il Ministro dello Sviluppo Economico e gli operatori del settore in vista dell’emanazione del Decreto attuativo che detterà le regole del 4° Conto Energia per il fotovoltaico, ma stante le distanze tra le richieste degli operatori e le “concessioni” che il Governo sarebbe disponibile a fare, si ha la sensazione che il nuovo “tormentone” si trascinerà ancora a lungo. Non vorremmo, tuttavia, che dopo: - le segnalazioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) sul peso eccessivo in bolletta delle incentivazioni al fotovoltaico (cfr: “Il mercato energetico nazionale a due velocità” a pag. 38 di questo stesso numero); - i dati aggiornati al 28 febbraio 2011 sugli impianti fotovoltaici in esercizio e che entreranno in esercizio entro il 30 giugno 2011, diffusi l’8 marzo dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), che incrementano ulteriormente le cifre fornite in occasione dell’audizione parlamentare di gennaio, che tante polemiche e dubbi avevano alimentato; - l’allarme lanciato dal Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana sul rischio di una bolla speculativa per le rinnovabili in Italia (cfr: “Solare Fotovoltaico: bolla o cura dimagrante”, in Regioni&Ambiente, n. 3 marzo 2011, pag. 44 e segg.); - che il Ministro delle Sviluppo Economico aveva denunciato il rischio di speculazioni e truffe del settore con un’accelerazione anomala (Corriere della Sera, 3 febbraio, pag. 31);

(prosegue a pag. 33)


D. Lgs. 3 marzo 2011 recante attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (ndr: Si avverte che il testo del Decreto inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea). TITOLO 1 FINALITÀ E OBIETTIVI Art.1 (Finalità) 1. Il presente decreto, in attuazione della direttiva 2009/28/ CE e nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge 4 giugno 2010 n. 96, definisce gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. Il presente decreto inoltre detta norme relative ai trasferimenti statistici tra gli Stati membri, ai progetti comuni tra gli Stati membri e con i paesi terzi, alle garanzie di origine, alle procedure amministrative, all’informazione e alla formazione nonché all’accesso alla rete elettrica per l’energia da fonti rinnovabili e fissa criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi. Art.2 (Definizioni) 1. Ai fini del presente decreto legislativo si applicano le definizioni della direttiva 2003/54/ CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 Giugno 2003. Si applicano inoltre le seguenti definizioni: a) «energia da fonti rinnovabili»: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas; b) «energia aerotermica»: energia accumulata nell’aria ambiente sotto forma di calore; c) «energia geotermica»: energia immagazzinata sotto forma di calore nella crosta terrestre; d) «energia idrotermica»: energia immagazzinata nelle acque superficiali sotto forma di calore; e) «biomassa»: la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani; f) «consumo finale lordo di energia»: i prodotti energetici forniti a scopi energetici all’industria, ai trasporti, alle famiglie, ai servizi, compresi i servizi pubblici, all’agricoltura, alla silvicoltura e alla pesca, ivi compreso il consumo di elettricità e di calore del settore elettrico per la produzione di elettricità e di calore, incluse le perdite di elettricità e di

calore con la distribuzione e la trasmissione; g) «teleriscaldamento» o «teleraffrescamento»: la distribuzione di energia termica in forma di vapore, acqua calda o liquidi refrigerati, da una o più fonti di produzione verso una pluralità di edifici o siti tramite una rete, per il riscaldamento o il raffreddamento di spazi, per processi di lavorazione e per la fornitura di acqua calda sanitaria; h) «bioliquidi»: combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l’elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa; i) «biocarburanti»: carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa; l) «garanzia di origine»: documento elettronico che serve esclusivamente a provare ad un cliente finale che una determinata quota o un determinato quantitativo di energia sono stati prodotti da fonti rinnovabili come previsto all’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva 2003/54/CE e dai provvedimenti attuativi di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 125; m) «edificio sottoposto a ristrutturazione rilevante»: edificio che ricade in una delle seguenti categorie: i) edificio esistente avente superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, soggetto a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro; ii) edificio esistente soggetto a demolizione e ricostruzione anche in manutenzione straordinaria; n) «edificio di nuova costruzione»: edificio per il quale la richiesta del pertinente titolo edilizio, comunque denominato, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto; o) «biometano»: gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo alla immissione nella rete del gas naturale; p) «regime di sostegno»: strumento, regime o meccanismo applicato da uno Stato membro o gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l’uso delle energie da fonti rinnovabili riducendone i costi, aumentando i prezzi a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di dette energie. Comprende, non in via esclusiva, le sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali, le restituzioni d’imposta, i regimi di sostegno all’obbligo in materia di energie rinnovabili, compresi quelli che usano certificati verdi, e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto e le sovvenzioni; q) «centrali ibride»: centrali che producono energia elettrica utilizzando sia fonti non rinnovabili, sia fonti rinnovabili, ivi inclusi gli impianti di co-combustione, vale a dire gli impianti che producono energia elettrica mediante combustione di fonti non rinnovabili e di fonti rinnovabili.

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Regioni&Ambiente n° 4 Aprile 2011

DECRETO RINNOVABILI

INSERTO

(G.U. n. 71 del 28/03/2011 S. O. n. 81)


Art. 3 (Obiettivi nazionali) 1. La quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia da conseguire nel 2020 è pari a 17 per cento. 2. Nell’ambito dell’obiettivo di cui al comma 1, la quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto dovrà essere nel 2020 pari almeno al 10 per cento del consumo finale di energia nel settore dei trasporti nel medesimo anno. 3. Gli obiettivi di cui ai commi 1 e 2 sono perseguiti con una progressione temporale coerente con le indicazioni dei Piani di azione nazionali per le energie rinnovabili predisposti ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2009/28/CE. 4. Le modalità di calcolo degli obiettivi di cui ai commi 1, 2 e 3 sono indicate nell’allegato 1.

TITOLO II PROCEDURE AMMINISTRATIVE, REGOLAMENTAZIONI E CODICI CAPO I AUTORIZZAZIONI E PROCEDURE AMMINISTRATIVE Art. 4 (Principi generali) 1. Al fine di favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili e il conseguimento, nel rispetto del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, degli obiettivi di cui all’articolo 3, la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate, accelerate, proporzionate e adeguate, sulla base delle specifiche caratteristiche di ogni singola applicazione. 2. L’attività di cui al comma 1 è regolata, secondo un criterio di proporzionalità: a) dall’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, come modificato dall’articolo 5 del presente decreto; b) dalla procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6, ovvero c) dalla comunicazione relativa alle attività in edilizia libera di cui all’articolo 6, comma 11. 3. Al fine di evitare l’elusione della normativa di tutela dell’ambiente, del patrimonio culturale, della salute e della pubblica incolumità, fermo restando quanto disposto dalla Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e, in particolare, dagli articoli 270, 273 e 282, per quanto attiene all’individuazione degli impianti e al convogliamento delle emissioni, le Regioni e le Province autonome stabiliscono i casi in cui la presentazione di più progetti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi nell’ambito della valutazione di impatto ambientale. 4. I gestori di rete, per la realizzazione di opere di sviluppo funzionali all’immissione e al ritiro dell’energia prodotta da una pluralità di impianti non inserite nei preventivi di connessione, richiedono l’autorizzazione con il procedimento di cui all’articolo 16, salvaguardando l’obiettivo di coordinare anche i tempi di sviluppo delle reti e di sviluppo degli impianti di produzione. 5. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti, è fatto salvo quanto disposto dall’articolo 182, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive

II

modificazioni. 6. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite specifiche procedure autorizzative, con tempistica accelerata ed adempimenti semplificati, per i casi di realizzazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili in sostituzione di altri impianti energetici, anche alimentati da fonti rinnovabili. Art. 5 (Autorizzazione Unica) 1. Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 6 e 7, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti, nonché le modifiche sostanziali degli impianti stessi, sono soggetti all’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 come modificato dal presente articolo, secondo le modalità procedimentali e le condizioni previste dallo stesso decreto legislativo n. 387 del 2003 e dalle linee guida adottate ai sensi del comma 10 del medesimo articolo 12, nonché dalle relative disposizioni delle Regioni e delle Province autonome. 2. All’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Fatto salvo il previo espletamento, qualora prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare, di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale». 3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati, per ciascuna tipologia di impianto e di fonte, gli interventi di modifica sostanziale degli impianti da assoggettare ad autorizzazione unica, fermo restando il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Fino all’emanazione del decreto di cui al periodo precedente non sono considerati sostanziali e sono sottoposti alla disciplina di cui all’articolo 6 gli interventi da realizzare sugli impianti fotovoltaici, idroelettrici ed eolici esistenti, a prescindere dalla potenza nominale, che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse. Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Per gli impianti a biomassa, bioliquidi e biogas non sono considerati sostanziali i rifacimenti parziali e quelli totali che non modifichino la potenza termica installata e il combustibile rinnovabile utilizzato. 4. Qualora il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 sia delegato alle Province, queste ultime trasmettono alle Regioni, secondo modalità stabilite dalle stesse, le informazioni e i dati sulle autorizzazioni rilasciate.


5. Le disposizioni di cui al comma 4 dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 come modificato dal comma 2 del presente articolo, si applicano ai procedimenti avviati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto. Art. 6 (Procedura abilitativa semplificata e comunicazione per gli impianti alimentati da energia rinnovabile) 1. Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa sull’energia elettrica, per l’attività di costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida, adottate ai sensi dell’articolo 12, comma 10 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 si applica la procedura abilitativa semplificata di cui ai commi seguenti. 2. Il proprietario dell’immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse presenta al Comune, mediante mezzo cartaceo o in via telematica, almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Alla dichiarazione sono allegati gli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete. Nel caso in cui siano richiesti atti di assenso nelle materie di cui al comma 4 dell’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, devono essere allegati gli elaborati tecnici richiesti dalle norme di settore e si applica il comma 5. 3. Per la procedura abilitativa semplificata si applica, previa deliberazione del Comune e fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti regionali di cui al comma 9, quanto previsto dal comma 10, lettera c), e dal comma 11 dell’articolo 10 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68. 4. Il Comune, ove entro il termine indicato al comma 2 sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza; è comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Se il Comune non procede ai sensi del periodo precedente, decorso il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma 2, l’attività di costruzione deve ritenersi assentita. 5. Qualora siano necessari atti di assenso, di cui all’ultimo periodo del comma 2, che rientrino nella competenza comunale e non siano allegati alla dichiarazione, il Comune provvede a renderli tempestivamente e, in ogni caso, entro il termine per la conclusione del relativo procedimento fissato ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine di cui al periodo precedente, l’interessato può adire i rimedi di tutela di cui all’articolo 117 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Qualora

l’attività di costruzione e di esercizio degli impianti di cui al comma 1 sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, l’amministrazione comunale provvede ad acquisirli d’ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. Il termine di trenta giorni di cui al comma 2 è sospeso fino alla acquisizione degli atti di assenso ovvero fino all’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 6-bis, o all’esercizio del potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 14-quater, comma 3, della medesima legge 7 agosto 1990, n. 241. 6. La realizzazione dell’intervento deve essere completata entro tre anni dal perfezionamento della procedura abilitativa semplificata ai sensi dei commi 4 o 5. La realizzazione della parte non ultimata dell’intervento è subordinata a nuova dichiarazione. L’interessato è comunque tenuto a comunicare al Comune la data di ultimazione dei lavori. 7. La sussistenza del titolo è provata con la copia della dichiarazione da cui risulta la data di ricevimento della dichiarazione stessa, l’elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l’attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari. 8. Ultimato l’intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che deve essere trasmesso al Comune, con il quale si attesta la conformità dell’opera al progetto presentato con la dichiarazione, nonché ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento catastale. 9. Le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia di applicazione della procedura di cui al comma 1 agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica di cui all’articolo 5. Le Regioni e le Province autonome stabiliscono altresì le modalità e gli strumenti con i quali i Comuni trasmettono alle stesse Regioni e Province autonome le informazioni sui titoli abilitativi rilasciati, anche per le finalità di cui all’articolo 16, comma 2. Con le medesime modalità di cui al presente comma, le Regioni e le Province autonome prevedono la corresponsione ai Comuni di oneri istruttori commisurati alla potenza dell’impianto. 10. I procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono regolati dalla previgente disciplina, ferma restando per il proponente la possibilità di optare per la procedura semplificata di cui al presente articolo. 11. La comunicazione relativa alle attività in edilizia libera, di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida adottate ai sensi dell’articolo 12, comma 10 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 continua ad applicarsi, alle stesse condizioni e modalità, agli impianti ivi previsti. Le Regioni e le Province autonome possono estendere il regime della comunicazione di cui al precedente periodo ai progetti di

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impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW, nonché agli impianti fotovoltaici di qualsivoglia potenza da realizzare sugli edifici, fatta salva la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche. Articolo 7 (Regimi di autorizzazione per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili) 1. Gli interventi di installazione di impianti solari termici sono considerati attività ad edilizia libera e sono realizzati, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) siano installati impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi; b) la superficie dell’impianto non sia superiore a quella del tetto su cui viene realizzato; c) gli interventi non ricadano nel campo di applicazione del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni. 2. Ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera a), e dell’articolo 123, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, gli interventi di installazione di impianti solari termici sono realizzati previa comunicazione secondo le modalità di cui al medesimo articolo 6, qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) gli impianti siano realizzati su edifici esistenti o su loro pertinenze, ivi inclusi i rivestimenti delle pareti verticali esterne agli edifici; b) gli impianti siano realizzati al di fuori della zona A), di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444. 3. All’articolo 6, comma 2, lettera d), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono soppresse le parole: «e termici, senza serbatoio di accumulo esterno». 4. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, ovvero sonde geotermiche, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici, e sono individuati i casi in cui si applica la procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6. 5. Ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera a), e dell’articolo 123, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 gli interventi di installazione di impianti di produzione di energia termica da fonti rinnovabili diversi da quelli di cui ai commi da 1 a 4, realizzati negli edifici esistenti e negli spazi liberi

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privati annessi e destinati unicamente alla produzione di acqua calda e di aria per l’utilizzo nei medesimi edifici, sono soggetti alla previa comunicazione secondo le modalità di cui al medesimo articolo 6. 6. I procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono regolati dalla previgente disciplina, ferma restando per il proponente la possibilità di optare per la procedura semplificata di cui al presente articolo. 7. L’installazione di pompe di calore da parte di installatori qualificati, destinate unicamente alla produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, è considerata estensione dell’impianto idricosanitario già in opera. Art. 8 (Disposizioni per la promozione dell’utilizzo del biometano) 1. Al fine di favorire l’utilizzo del biometano nei trasporti, le regioni prevedono specifiche semplificazioni per il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti di distribuzione di metano e di adeguamento di quelli esistenti ai fini della distribuzione del metano. 2. Al fine di incentivare l’utilizzo del biometano nei trasporti, gli impianti di distribuzione di metano e le condotte di allacciamento che li collegano alla rete esistente dei metanodotti sono dichiarati opere di pubblica utilità e rivestono carattere di indifferibilità e di urgenza. Art. 9 (Disposizioni specifiche in materia di energia geotermica) 1. Al decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 1: 1) dopo il comma 3, è aggiunto il seguente: “3-bis. Al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono altresì di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW”; 2) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Fatto salvo quanto disposto ai comma 3, 3-bis e 5, sono di interesse locale le risorse geotermiche a media e bassa entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, di potenza inferiore a 20 MW ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi.”; b) all’articolo 3 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: “2-bis. Nel caso di sperimentazione di impianti pilota di cui all’articolo 1, comma 3-bis, l’autorità competente è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l’intesa con la regione interessata; all’atto del rilascio del permesso di ricerca, l’autorità competente stabilisce le condizioni e le modalità con le quali è fatto obbligo


al concessionario di procedere alla coltivazione dei fluidi geotermici in caso di esito della ricerca conforme a quanto indicato nella richiesta di permesso di ricerca.”; 2) il comma 7 è sostituito dal seguente: “7. Sono considerate concorrenti le domande, riferite esclusivamente alla medesima area della prima domanda, fatte salve le domande relative agli impianti sperimentali di potenza nominale non superiore a 5 MW, pervenute all’autorità competente non oltre sessanta giorni dalla pubblicazione della prima domanda nel Bollettino ufficiale regionale o in altro strumento di pubblicità degli atti indicato dalla Regione stessa o, in caso di competenza del Ministero dello sviluppo economico, nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi, di cui all’articolo 43 della legge 11 gennaio 1957, n. 6, e successive modificazione. Alla denominazione del Bollettino ufficiale degli idrocarburi sono aggiunte in fine le parole «e delle georisorse» (BUIG).”; c) all’articolo 6, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente: “3-bis. Nel caso di sperimentazione di impianti pilota di cui all’articolo 1, comma 3-bis, l’autorità competente è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l’intesa con la Regione interessata.”; d) all’articolo 8, il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. Trascorso inutilmente tale termine, la concessione può essere richiesta, in concorrenza, da altri operatori con l’esclusione di quelli relativi agli impianti sperimentali di cui all’articolo 1, comma 3-bis. Sono considerate concorrenti le domande, riferite esclusivamente alla medesima area della prima domanda, pervenute all’autorità competente non oltre sessanta giorni dalla pubblicazione della prima domanda nel Bollettino ufficiale regionale o in altro strumento di pubblicità degli atti indicato dalla regione stessa o, in caso di competenza del Ministero dello sviluppo economico, nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse.”; e) all’articolo 12, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: “2-bis. La concessione rilasciata per l’utilizzazione di risorse geotermiche può essere revocata qualora risulti inattiva da almeno due anni e sia richiesto il subentro nella concessione di coltivazione per la realizzazione di impianti sperimentali di cui all’articolo 1, comma 3-bis, con esclusione dei soggetti che direttamente abbiano realizzato o stiano realizzando altre centrali geotermoelettriche, anche di tipo convenzionale, con potenza nominale installata superiore ai 5 MW. Il subentrante sarà tenuto al pagamento, in unica soluzione, di un indennizzo equivalente al doppio del canone annuo di cui al comma 2 dell’articolo 16.”; f) all’articolo 16, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente: “5-bis. Limitatamente alla sperimentazione di impianti pilota a ridotto impatto ambientale, di cui all’articolo 1, comma 3-bis, non sono dovuti i contributi di cui al precedente comma 4 per la produzione di energia elettrica sino a 5 MW per ciascun impianto”. CAPO II REGOLAMENTAZIONE TECNICA Art. 10 (Requisiti e specifiche tecniche) 1. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili accedono agli incentivi statali a condizione che rispettino i requisiti e le specifiche tecniche di cui all’allegato 2. Sono

fatte salve le diverse decorrenze indicate nel medesimo allegato 2. 2. Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente con frequenza almeno biennale, UNI e CEI trasmettono al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una rassegna della vigente normativa tecnica europea, tra cui i marchi di qualità ecologica, le etichette energetiche e gli altri sistemi di riferimento tecnico creati da organismi europei di normalizzazione, applicabili ai componenti, agli impianti e ai sistemi che utilizzano fonti rinnovabili. La rassegna include informazioni sulle norme tecniche in elaborazione. 3. Sulla base della documentazione di cui al comma 2, l’allegato 2 è periodicamente aggiornato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La decorrenza dell’efficacia del decreto è stabilita tenendo conto dei tempi necessari all’adeguamento alle norme tecniche con riguardo alle diverse taglie di impianto e non può essere fissata prima di un anno dalla sua pubblicazione. 4. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, l’accesso agli incentivi statali è consentito a condizione che, in aggiunta ai requisiti previsti dall’allegato 2: a) la potenza nominale di ciascun impianto non sia superiore a 1 MW e, nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario, gli impianti siano collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri; b) non sia destinato all’installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente. 5. I limiti di cui al comma 4 non si applicano ai terreni abbandonati da almeno cinque anni. 6. Il comma 4 non si applica agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro il 1° gennaio 2011, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Art. 11 (Obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti) 1. I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti prevedono l’utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento secondo i principi minimi di integrazione e le decorrenze di cui all’allegato 3. Nelle zone A del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, le soglie percentuali di cui all’Allegato 3 sono ridotte del 50 per cento. Le leggi regionali possono stabilire incrementi dei valori di cui all’allegato 3. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano agli edifici di cui alla Parte seconda e all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e a quelli specificamente individuati come tali negli strumenti urbanistici, qualora il progettista

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evidenzi che il rispetto delle prescrizioni implica un’alterazione incompatibile con il loro carattere o aspetto, con particolare riferimento ai caratteri storici e artistici. 3. L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 1 comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio. 4. Gli impianti alimentati da fonti rinnovabili realizzati ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui all’allegato 3 del presente decreto accedono agli incentivi statali previsti per la promozione delle fonti rinnovabili, limitatamente alla quota eccedente quella necessaria per il rispetto dei medesimi obblighi. Per i medesimi impianti resta ferma la possibilità di accesso a fondi di garanzia e di rotazione. 5. Sono abrogati: a) l’articolo 4, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380; b) l’articolo 4, commi 22 e 23, del decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59. 6. Nei piani di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa, le regioni e le province autonome possono prevedere che i valori di cui all’allegato 3 debbano essere assicurati, in tutto o in parte, ricorrendo ad impieghi delle fonti rinnovabili diversi dalla combustione delle biomasse, qualora ciò risulti necessario per assicurare il processo di raggiungimento e mantenimento dei valori di qualità dell’aria relativi a materiale particolato (PM10 e PM 2,5) e ad idrocarburi policiclici aromatici (IPA). 7. Gli obblighi previsti da atti normativi regionali o comunali sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Decorso inutilmente il predetto termine, si applicano le disposizioni di cui al presente articolo. Art. 12 (Misure di semplificazione) 1. I progetti di edifici di nuova costruzione e di ristrutturazioni rilevanti su edifici esistenti che assicurino una copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento in misura superiore di almeno il 30 per cento rispetto ai valori minimi obbligatori di cui all’allegato 3, beneficiano, in sede di rilascio del titolo edilizio, di un bonus volumetrico del 5 per cento, fermo restando il rispetto delle norme in materia di distanze minime tra edifici e distanze minime di protezione del nastro stradale, nei casi previsti e disciplinati dagli strumenti urbanistici comunali, e fatte salve le aree individuate come zona A dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444. I progetti medesimi non rientrano fra quelli sottoposti al parere consultivo della commissione edilizia eventualmente istituita dai Comuni ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. 2. I soggetti pubblici possono concedere a terzi superfici di proprietà per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel rispetto della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai siti militari e alle aree militari in conformità con quanto previsto dall’articolo 355 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66. 3. Entro il 31 dicembre 2012, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro della semplificazione, previa intesa con la Conferenza uni-

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ficata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si provvede al riordino degli oneri economici e finanziari e delle diverse forme di garanzia richiesti per l’autorizzazione, la connessione, la costruzione, l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili e il rilascio degli incentivi ai medesimi impianti. Il riordino è effettuato sulla base dei seguenti criteri: a) coordinare ed unificare, laddove possibile, i diversi oneri e garanzie al fine di evitare duplicazioni o sovrapposizioni; b) rendere proporzionato e razionale il sistema complessivo di oneri e garanzie; c) rendere efficiente l’intero processo amministrativo ed accelerare la realizzazione degli impianti, corrispondendo agli obiettivi di cui all’articolo 3 e, al contempo, contrastando attività speculative nelle diverse fasi di autorizzazione, connessione, costruzione, esercizio degli impianti e rilascio degli incentivi; d) prevedere la possibilità di diversificare gli oneri e le garanzie per fonti e per fasce di potenza, tenendo conto dell’effetto scala; e) coordinare gli oneri previsti dall’articolo 24, comma 4, lettera b), per l’assegnazione degli incentivi, quelli previsti dall’articolo 1-quinquies del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n. 129, ai fini dell’autorizzazione, e quelli a garanzia della connessione degli impianti disposti anche in attuazione dell’articolo 1-septies, comma 2, del medesimo decreto-legge n. 105 del 2010; f) per gli oneri e le garanzie a favore di Regioni o di enti locali, prevedere principi minimi generali che restano validi fino all’emanazione di un’apposita normativa regionale; g) definire i casi in cui l’acquisizione del nulla osta minerario, previsto dall’articolo 120 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, può essere sostituito da dichiarazione del progettista circa l’insussistenza di interferenze con le attività minerarie, prevedendo la pubblicazione delle informazioni necessarie a tal fine da parte dalla competente autorità di vigilanza mineraria ed eventualmente coinvolgendo le Regioni interessate; h) definire, con riferimento all’obbligo di rimessa in pristino del sito di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 le modalità e le garanzie da rispettare per assicurare il corretto smaltimento dei componenti dell’impianto. Art. 13 (Certificazione energetica degli edifici) 1. Al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 1, comma 2, la lettera c) è sostituita dalla seguente: «c) i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici e per il trasferimento delle relative informazioni in sede di compravendita e locazione;» b) all’articolo 6, comma 1-bis, sono soppresse le parole: ”con riferimento al comma 4”; c) all’articolo 6, dopo il comma 2-bis, sono inseriti i seguenti: «2-ter. Nei contratti di compravendita o di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore danno atto di aver


ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici. Nel caso di locazione, la disposizione si applica solo agli edifici e alle unità immobiliari già dotate di attestato di certificazione energetica ai sensi dei commi 1, 1-bis, 1-ter e 1-quater. 2-quater. Nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, a decorrere dal 1° gennaio 2012 gli annunci commerciali di vendita riportano l’indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica.».

TITOLO III INFORMAZIONE E FORMAZIONE Art. 14 (Disposizioni in materia di informazione) 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Gestore dei servizi energetici (GSE) realizza, aggiornandolo sulla base dell’evoluzione normativa, in collaborazione con l’ENEA per quanto riguarda le informazioni relative all’efficienza energetica, un portale informatico recante: a) informazioni dettagliate sugli incentivi nazionali per le fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, calore e freddo e sulle relative condizioni e modalità di accesso; b) informazioni sui benefici netti, sui costi e sull’efficienza energetica delle apparecchiature e dei sistemi per l’uso di calore, freddo ed elettricità da fonti energetiche rinnovabili; c) orientamenti che consentano a tutti i soggetti interessati, in particolare agli urbanisti e agli architetti, di considerare adeguatamente la combinazione ottimale di fonti energetiche rinnovabili, tecnologie ad alta efficienza e sistemi di teleriscaldamento e di teleraffrescamento in sede di pianificazione, progettazione, costruzione e ristrutturazione di aree industriali o residenziali; d) informazioni riguardanti le buone pratiche adottate nelle regioni, nelle provincie autonome e nelle province per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per promuovere il risparmio e l’efficienza energetica; e) informazioni di sintesi in merito ai procedimenti autorizzativi adottati nelle regioni, nelle province autonome e nelle province per l’installazione degli impianti a fonti rinnovabili, anche a seguito di quanto previsto nelle linee guida adottate ai sensi dell’articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. 2. Il GSE, con le modalità di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, può stipulare accordi con le autorità locali e regionali per elaborare programmi d’informazione, sensibilizzazione, orientamento o formazione, al fine di informare i cittadini sui benefici e sugli aspetti pratici dello sviluppo e dell’impiego di energia da fonti rinnovabili. I programmi sono coordinati con quelli svolti in attuazione del comma 1 e riportati nel portale informatico di cui al medesimo comma 1. 3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono stabilite le condizioni e le modalità con le quali i fornitori o gli installatori di impianti a fonti rinnovabili abilitati alle attività di cui all’articolo 15, commi 4 e 6, rendono disponibili agli utenti finali informazioni sui costi e sulle prestazioni dei medesimi impianti. Art. 15 (Sistemi di qualificazione degli installatori) 1. La qualifica professionale per l’attività di installazione e

di manutenzione straordinaria di caldaie, caminetti e stufe a biomassa, di sistemi solari fotovoltaici e termici sugli edifici, di sistemi geotermici a bassa entalpia e di pompe di calore, è conseguita col possesso dei requisiti tecnico professionali di cui, in alternativa, alle lettere a), b) o c) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, fatto salvo quanto stabilito dal comma 2 del presente articolo. 2. A decorrere dal 1° agosto 2013, i requisiti tecnico professionali di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c) del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37 si intendono rispettati quando: a) il titolo di formazione professionale è rilasciato nel rispetto delle modalità di cui ai commi 3 e 4 e dei criteri di cui all’allegato 4 e attesta la qualificazione degli installatori; b) il previo periodo di formazione è effettuato secondo le modalità individuate nell’allegato 4. 3. Entro il 31 dicembre 2012, le Regioni e le Province autonome, nel rispetto dell’allegato 4, attivano un programma di formazione per gli installatori di impianti a fonti rinnovabili o procedono al riconoscimento di fornitori di formazione, dandone comunicazione al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 4. Allo scopo di favorire la coerenza con i criteri di cui all’allegato 4 e l’omogeneità a livello nazionale, ovvero nel caso in cui le Regioni e le Province autonome non provvedano entro il 31 dicembre 2012, l’ENEA mette a disposizione programmi di formazione per il rilascio dell’attestato di formazione. Le Regioni e le Province autonome possono altresì stipulare accordi con l’ENEA e con la scuola di specializzazione in discipline ambientali, di cui all’articolo 7, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, per il supporto nello svolgimento delle attività di cui al comma 3. 5. Gli eventuali nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica derivanti dalle attività di formazione di cui ai commi 3 e 4 sono posti a carico dei soggetti partecipanti alle medesime attività. 6. Il riconoscimento della qualificazione rilasciata da un altro Stato membro è effettuato sulla base di principi e dei criteri di cui al decreto legislativo 7 novembre 2007, n. 206, nel rispetto dell’allegato 4. 7. I titoli di qualificazione di cui ai precedenti commi sono resi accessibili al pubblico per via informatica, a cura del soggetto che li rilascia.

TITOLO IV RETI ENERGETICHE CAPO I RETE ELETTRICA Art. 16 (Autorizzazione degli interventi per lo sviluppo delle reti elettriche) 1. La costruzione e l’esercizio delle opere di cui all’articolo 4, comma 4, sono autorizzati dalla Regione competente su istanza del gestore di rete, nella quale sono indicati anche i tempi previsti per l’entrata in esercizio delle medesime opere. L’autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni

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interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. 2. Le Regioni possono delegare alle Province il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, qualora le opere di cui all’articolo 4, comma 4, nonché gli impianti ai quali le medesime opere sono funzionali, ricadano interamente all’interno del territorio provinciale. 3. Le Regioni e, nei casi previsti al comma 2, le Province delegate assicurano che i procedimenti di cui al comma 1 siano coordinati con i procedimenti di autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili, comunque denominati, allo scopo di garantire il raggiungimento degli obiettivi definiti in attuazione dell’articolo 2, comma 167, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. 4. Il procedimento di cui al comma 1 si applica anche alla costruzione di opere e infrastrutture della rete di distribuzione, funzionali al miglior dispacciamento dell’energia prodotta da impianti già in esercizio.

Art. 17 (Interventi per lo sviluppo delle reti elettriche di trasmissione) 1. Terna S.p.A. individua in una apposita sezione del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale gli interventi di cui all’articolo 4, comma 4, tenendo conto dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti in corso. 2. In una apposita sezione del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale Terna S.p.A. individua gli interventi di potenziamento della rete che risultano necessari per assicurare l’immissione e il ritiro integrale dell’energia prodotta dagli impianti a fonte rinnovabile già in esercizio. 3. Le sezioni del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, di cui ai commi 1 e 2, possono includere sistemi di accumulo dell’energia elettrica finalizzati a facilitare il dispacciamento degli impianti non programmabili. 4. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas provvede alla regolamentazione di quanto previsto al comma 3 e assicura che la remunerazione degli investimenti per la realizzazione e la gestione delle opere di cui ai commi 1, 2 e 3 tenga adeguatamente conto dell’efficacia ai fini del ritiro dell’energia da fonti rinnovabili, della rapidità di esecuzione ed entrata in esercizio delle medesime opere, anche con riferimento, in modo differenziato, a ciascuna zona del mercato elettrico e alle diverse tecnologie di accumulo. 5. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Art. 18 (Interventi per lo sviluppo della rete di distribuzione) 1. Ai distributori di energia elettrica che effettuano interventi di ammodernamento secondo i concetti di smart grid spetta una maggiorazione della remunerazione del capitale investito per il servizio di distribuzione, limitatamente ai predetti interventi di ammodernamento. I suddetti interventi consistono prioritariamente in sistemi per il controllo, la regolazione e la gestione dei carichi e delle unità di produzione, ivi inclusi i sistemi di ricarica di auto elettriche. 2. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas provvede alla definizione delle caratteristiche degli interventi di cui al comma 1 e assicura che il trattamento ivi previsto tenga conto dei seguenti criteri:

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a) indicazioni delle Regioni territorialmente interessate agli interventi; b) dimensione del progetto di investimento, in termini di utenze attive coinvolte, sistemi di stoccaggio ed effetti sull’efficacia ai fini del ritiro integrale dell’energia da generazione distribuita e fonti rinnovabili; c) grado di innovazione del progetto, in termini di capacità di aggregazione delle produzioni distribuite finalizzata alla regolazione di tensione e all’uniformità del diagramma di produzione, di impiego di sistemi avanzati di comunicazione, controllo e gestione; d) rapidità di esecuzione ed entrata in esercizio delle opere. 3. Le imprese distributrici di energia elettrica, fatti salvi gli atti di assenso dell’amministrazione concedente, rendono pubblico con periodicità annuale il piano di sviluppo della loro rete, secondo modalità individuate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Il piano di sviluppo della rete di distribuzione, predisposto in coordinamento con Terna S.p.A. e in coerenza con i contenuti del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, indica i principali interventi e la previsione dei relativi tempi di realizzazione, anche al fine di favorire lo sviluppo coordinato della rete e degli impianti di produzione. Art. 19 (Ulteriori compiti dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas in materia di accesso alle reti elettriche) 1. Entro il 30 giugno 2013 e, successivamente, ogni due anni, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas aggiorna le direttive di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, perseguendo l’obiettivo di assicurare l’integrazione delle fonti rinnovabili nel sistema elettrico nella misura necessaria per il raggiungimento al 2020 degli obiettivi di cui all’articolo 3. 2. Con la medesima periodicità di cui al comma 1, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas effettua un’analisi quantitativa degli oneri di sbilanciamento gravanti sul sistema elettrico connessi al dispacciamento di ciascuna delle fonti rinnovabili non programmabili, valutando gli effetti delle disposizioni di cui al presente Capo. CAPO II RETE DEL GAS NATURALE Art. 20 (Collegamento degli impianti di produzione di biometano alla rete del gas naturale) 1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas emana specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l’erogazione del servizio di connessione di impianti di produzione di biometano alle reti del gas naturale i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi. 2. Le direttive di cui al comma 1, nel rispetto delle esigenze di sicurezza fisica e di funzionamento del sistema: a) stabiliscono le caratteristiche chimiche e fisiche minime del biometano, con particolare riguardo alla qualità, l’odorizzazione e la pressione del gas, necessarie per l’immissione nella rete del gas naturale; b) favoriscono un ampio utilizzo del biometano, nella misura in cui il biometano possa essere iniettato e trasportato nel sistema del gas naturale senza generare problemi tecnici o di sicurezza; a tal fine


l’allacciamento non discriminatorio alla rete degli impianti di produzione di biometano dovrà risultare coerente con criteri di fattibilità tecnici ed economici ed essere compatibile con le norme tecniche e le esigenze di sicurezza; c) prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, degli standard tecnici per il collegamento alla rete del gas naturale degli impianti di produzione di biometano; d) fissano le procedure, i tempi e i criteri per la determinazione dei costi per l’espletamento di tutte le fasi istruttorie necessarie per l’individuazione e la realizzazione della soluzione definitiva di allacciamento; e) sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia; f) stabiliscono i casi e le regole per consentire al soggetto che richiede l’allacciamento di realizzare in proprio gli impianti necessari per l’allacciamento, individuando altresì i provvedimenti che il gestore della rete deve adottare al fine di definire i requisiti tecnici di detti impianti; g) prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, delle condizioni tecniche ed economiche necessarie per la realizzazione delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete per l’allacciamento di nuovi impianti; h) prevedono procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dalla stessa Autorità per l’energia elettrica e il gas, vincolanti fra le parti; i) stabiliscono le misure necessarie affinché l’imposizione tariffaria dei corrispettivi posti a carico del soggetto che immette in rete il biometano non penalizzi lo sviluppo degli impianti di produzione di biometano. Art. 21 (Incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale) 1. Il biometano immesso nella rete del gas naturale alle condizioni e secondo le modalità di cui all’articolo 20 è incentivato, su richiesta del produttore, secondo una delle seguenti modalità: a) mediante il rilascio degli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel caso in cui sia immesso in rete ed utilizzato, nel rispetto delle regole per il trasporto e lo stoccaggio del gas naturale, in impianti di cogenerazione ad alto rendimento; b) mediante il rilascio di certificati di immissione in consumo ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 2-quater, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successive modificazioni, qualora il biometano sia immesso in rete e, nel rispetto delle regole per il trasporto e lo stoccaggio, usato per i trasporti; c) mediante l’erogazione di uno specifico incentivo di durata e valore definiti con il decreto di cui al comma 2, qualora sia immesso nella rete del gas naturale. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisce le modalità con le quali le risorse per l’erogazione dell’incentivo di cui alla presente lettera trovano copertura a valere sul gettito delle componenti delle tariffe del gas naturale. 2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro 120 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono stabilite le direttive per l’attuazione di quanto previsto al comma 1, fatto

salvo quanto previsto all’articolo 33, comma 5. CAPO III RETI DI TELERISCALDAMENTO E TELERAFFRESCAMENTO Art. 22 (Sviluppo dell’infrastruttura per il teleriscaldamento e il teleraffrescamento) 1. Le infrastrutture destinate all’installazione di reti di distribuzione di energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffrescamento sono assimilate ad ogni effetto, esclusa la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nei casi e alle condizioni definite con il decreto di cui al comma 5. 2. In sede di pianificazione e progettazione, anche finalizzate a ristrutturazioni di aree residenziali, industriali o commerciali, nonché di strade, fognature, reti idriche, reti di distribuzione dell’energia elettrica e del gas e reti per le telecomunicazioni, i Comuni verificano la disponibilità di soggetti terzi a integrare apparecchiature e sistemi di produzione e utilizzo di energia da fonti rinnovabili e di reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento, anche alimentate da fonti non rinnovabili. 3. Al fine di valorizzare le ricadute dell’azione di pianificazione e verifica di cui al comma 2, i Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti definiscono, in coordinamento con le Province e in coerenza con i Piani energetici regionali, specifici Piani di sviluppo del teleriscaldamento e del teleraffrescamento volti a incrementare l’utilizzo dell’energia prodotta anche da fonti rinnovabili. I Comuni con popolazione inferiore a 50.000 abitanti possono definire i Piani di cui al periodo precedente, anche in forma associata, avvalendosi dell’azione di coordinamento esercitata dalle Province. 4. È istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico un fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, alimentato da un corrispettivo applicato al consumo di gas metano, pari a 0,05 c€/Sm3, posto a carico dei clienti finali. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas disciplina le modalità di applicazione e raccolta del suddetto corrispettivo. 5. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa con la Conferenza unificata, sono definite le modalità di gestione e accesso del fondo di cui al comma 4, nonché le modalità per l’attuazione di quanto previsto ai commi 1 e 2, tenendo conto: a) della disponibilità di biomasse agroforestali nelle diverse regioni, ovvero nelle diverse sub-aree o bacini, ove individuati dalla pianificazione regionale o sub-regionale; b) delle previsioni dei piani regionali per il trattamento dei rifiuti e in particolare degli impianti di valorizzazione energetica a valle della riduzione, del riuso e della raccolta differenziata, nel rispetto della gerarchia comunitaria di trattamento dei rifiuti; c) della disponibilità di biomasse di scarto in distretti agricoli e industriali; d) della fattibilità tecnica ed economica di reti di trasporto

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di calore geotermico; e) della presenza di impianti e progetti di impianti operanti o operabili in cogenerazione; f) della distanza dei territori da reti di teleriscaldamento esistenti.

TITOLO V REGIMI DI SOSTEGNO CAPO I PRINCIPI GENERALI Art. 23 (Principi generali) 1. Il presente Titolo ridefinisce la disciplina dei regimi di sostegno applicati all’energia prodotta da fonti rinnovabili e all’efficienza energetica attraverso il riordino ed il potenziamento dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce un quadro generale volto alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica in misura adeguata al raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 3, attraverso la predisposizione di criteri e strumenti che promuovano l’efficacia, l’efficienza, la semplificazione e la stabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l’armonizzazione con altri strumenti di analoga finalità e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori. 2. Costituiscono ulteriori principi generali dell’intervento di riordino e di potenziamento dei sistemi di incentivazioni la gradualità di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalità agli obiettivi, nonché la flessibilità della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell’evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. 3. Non hanno titolo a percepire gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, da qualsiasi fonte normativa previsti, i soggetti per i quali le autorità e gli enti competenti abbiano accertato che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero hanno reso dichiarazioni false o mendaci. Fermo restando il recupero delle somme indebitamente percepite, la condizione ostativa alla percezione degli incentivi ha durata di dieci anni dalla data dell’accertamento e si applica alla persona fisica o giuridica che ha presentato la richiesta, nonché ai seguenti soggetti: a) il legale rappresentante che ha sottoscritto la richiesta; b) il soggetto responsabile dell’impianto; c) il direttore tecnico; d) i soci, se si tratta di società in nome collettivo; e) i soci accomandatari, se si tratta di società in accomandita semplice; f) gli amministratori con potere di rappresentanza, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. 4. Dal presente titolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. CAPO II REGIMI DI SOSTEGNO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

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Art. 24 (Meccanismi di incentivazione) 1. La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 è incentivata tramite gli strumenti e sulla base dei criteri generali di cui al comma 2 e dei criteri specifici di cui ai commi 3 e 4. La salvaguardia delle produzioni non incentivate è effettuata con gli strumenti di cui al comma 8. 2. La produzione di energia elettrica dagli impianti di cui al comma 1 è incentivata sulla base dei seguenti criteri generali: a) l’incentivo ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b) il periodo di diritto all’incentivo è pari alla vita media utile convenzionale delle specifiche tipologie di impianto e decorre dalla data di entrata in esercizio dello stesso; c) l’incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto e può tener conto del valore economico dell’energia prodotta; d) gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell’impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui al comma 5; e) fatto salvo quanto previsto dalla lettera i) del presente comma e dalla lettera c) del comma 5, l’incentivo è attribuito esclusivamente alla produzione da nuovi impianti, ivi inclusi quelli realizzati a seguito di integrale ricostruzione, da impianti ripotenziati, limitatamente alla producibilità aggiuntiva, e da centrali ibride, limitatamente alla quota di energia prodotta da fonti rinnovabili; f) l’incentivo assegnato all’energia prodotta da impianti solari fotovoltaici è superiore per gli impianti ad alta concentrazione (400 soli) e tiene conto del maggior rapporto tra energia prodotta e superficie utilizzata; g) per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili l’incentivo tiene conto della tracciabilità e della provenienza della materia prima, nonché dell’esigenza di destinare prioritariamente: i. le biomasse legnose trattate per via esclusivamente meccanica all’utilizzo termico; ii. i bioliquidi sostenibili all’utilizzo per i trasporti; iii. il biometano all’immissione nella rete del gas naturale e all’utilizzo nei trasporti. h) per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili, in aggiunta ai criteri di cui alla lettera g), l’incentivo è finalizzato a promuovere: i. l’uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agro-alimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e biogas da filiere corte, contratti quadri e da intese di filiera; ii. la realizzazione di impianti operanti in cogenerazione; iii. la realizzazione e l’esercizio, da parte di imprenditori agricoli, di impianti alimentati da biomasse e biogas asserviti alle attività agricole, in particolare di micro e minicogenerazione, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 23, comma 1; i) l’incentivo è altresì attribuito, per contingenti di potenza, alla produzione da impianti oggetto di interventi di rifacimento totale o parziale, nel rispetto dei seguenti criteri: i. l’intervento è eseguito su impianti che siano in esercizio da un periodo pari almeno ai due terzi della vita utile con-


venzionale dell’impianto; ii. l’incentivo massimo riconoscibile non può essere superiore, per gli interventi di rifacimento parziale, al 25% e, per gli interventi di rifacimento totale, al 50% dell’incentivo spettante per le produzioni da impianti nuovi; nel caso degli impianti alimentati a biomassa, ivi compresi quelli alimentati con la frazione biodegradabile dei rifiuti, l’incentivo massimo riconoscibile non può essere superiore, per gli interventi di rifacimento parziale, all’80% e, per gli interventi di rifacimento totale, al 90% dell’incentivo spettante per le produzioni da impianti nuovi; iii. l’incentivo in ogni caso non si applica alle opere di manutenzione ordinaria e alle opere effettuate per adeguare l’impianto a prescrizioni di legge; iv. l’incentivo non si applica alle produzioni da impianti che beneficiano di incentivi già attribuiti alla data di entrata in vigore del presente decreto o attribuiti ai sensi del presente articolo, per tutto il periodo per il quale è erogato l’incentivo in godimento. 3. La produzione di energia elettrica da impianti di potenza nominale fino a un valore differenziato sulla base delle caratteristiche delle diverse fonti rinnovabili, comunque non inferiore a 5 MW elettrici, nonché dagli impianti previsti dai progetti di riconversione del settore bieticolo-saccarifero approvati dal Comitato interministeriale di cui all’articolo 2 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha diritto a un incentivo stabilito sulla base dei seguenti criteri: a) l’incentivo è diversificato per fonte e per scaglioni di potenza, al fine di commisurarlo ai costi specifici degli impianti, tenendo conto delle economie di scala; b) l’incentivo riconosciuto è quello applicabile alla data di entrata in esercizio sulla base del comma 5. 4. La produzione di energia elettrica da impianti di potenza nominale superiore ai valori minimi stabiliti per l’accesso ai meccanismi di cui al comma 3 ha diritto a un incentivo assegnato tramite aste al ribasso gestite dal GSE. Le procedure d’asta sono disciplinate sulla base dei seguenti criteri: a) gli incentivi a base d’asta tengono conto dei criteri generali indicati al comma 2 e del valore degli incentivi, stabiliti ai fini dell’applicazione del comma 3, relativi all’ultimo scaglione di potenza, delle specifiche caratteristiche delle diverse tipologie di impianto e delle economie di scala delle diverse tecnologie; b) le aste hanno luogo con frequenza periodica e prevedono, tra l’altro, requisiti minimi dei progetti e di solidità finanziaria dei soggetti partecipanti, e meccanismi a garanzia della realizzazione degli impianti autorizzati, anche mediante fissazione di termini per l’entrata in esercizio; c) le procedure d’asta sono riferite a un contingente di potenza da installare per ciascuna fonte o tipologia di impianto; d) l’incentivo riconosciuto è quello aggiudicato sulla base dell’asta al ribasso; e) le procedure d’asta prevedono un valore minimo dell’incentivo comunque riconosciuto dal GSE, determinato tenendo conto delle esigenze di rientro degli investimenti effettuati. 5. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite l’Autorità per l’energia elettrica e il gas e la Conferenza unificata, di

cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le modalità per l’attuazione dei sistemi di incentivazione di cui al presente articolo, nel rispetto dei criteri di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4. I decreti disciplinano, in particolare: a) i valori degli incentivi di cui al comma 3 per gli impianti che entrano in esercizio a decorrere dal 1° gennaio 2013 e gli incentivi a base d’asta in applicazione del comma 4, ferme restando le diverse decorrenze fissate ai sensi dei decreti attuativi previsti dall’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 nonché i valori di potenza, articolati per fonte e tecnologia, degli impianti sottoposti alle procedure d’asta; b) le modalità con cui il GSE seleziona i soggetti aventi diritto agli incentivi attraverso le procedure d’asta; c) le modalità per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione. In particolare, sono stabilite le modalità con le quali il diritto a fruire dei certificati verdi per gli anni successivi al 2015, anche da impianti non alimentati da fonti rinnovabili, è commutato nel diritto ad accedere, per il residuo periodo di diritto ai certificati verdi, a un incentivo ricadente nella tipologia di cui al comma 3, in modo da garantire la redditività degli investimenti effettuati. d) le modalità di calcolo e di applicazione degli incentivi per le produzioni imputabili a fonti rinnovabili in centrali ibride; e) le modalità con le quali è modificato il meccanismo dello scambio sul posto per gli impianti, anche in esercizio, che accedono a tale servizio, al fine di semplificarne la fruizione; f) le modalità di aggiornamento degli incentivi di cui al comma 3 e degli incentivi a base d’asta di cui al comma 4, nel rispetto dei seguenti criteri: i. la revisione è effettuata, per la prima volta, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento di cui alla lettera a) e, successivamente, ogni tre anni; ii. i nuovi valori riferiti agli impianti di cui al comma 3 si applicano agli impianti che entrano in esercizio decorso un anno dalla data di entrata in vigore del decreto di determinazione dei nuovi valori; iii. possono essere introdotti obiettivi di potenza da installare per ciascuna fonte e tipologia di impianto, in coerenza con la progressione temporale di cui all’articolo 3, comma 3; iv. possono essere riviste le percentuali di cumulabilità di cui all’articolo 26; g) il valore minimo di potenza di cui ai commi 3 e 4, tenendo conto delle specifiche caratteristiche delle diverse tipologie di impianto, al fine di aumentare l’efficienza complessiva del sistema di incentivazione; h) le condizioni in presenza delle quali, in seguito ad interventi tecnologici sugli impianti da fonti rinnovabili non programmabili volti a renderne programmabile la produzione ovvero a migliorare la prevedibilità delle immissioni in rete, può essere riconosciuto un incremento degli incentivi di cui al presente articolo. Con il medesimo provvedimento può essere individuata la data a decorrere dalla quale i nuovi impianti accedono agli incentivi di cui al presente articolo esclusivamente se dotati di tale configurazione. Tale data non può essere antecedente al 1° gennaio 2018; i) fatto salvo quanto previsto all’articolo 23, comma 3, ulteriori requisiti soggettivi per l’accesso agli incentivi. 6. I decreti di cui al comma 5 sono adottati entro sei mesi

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dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 7. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisce le modalità con le quali le risorse per l’erogazione degli incentivi di cui al presente articolo e all’articolo 25, comma 4, trovano copertura nel gettito della componente A3 delle tariffe dell’energia elettrica. 8. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 in materia di partecipazione al mercato elettrico dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, entro il 31 dicembre 2012, sulla base di indirizzi stabiliti dal Ministro dello sviluppo economico, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas provvede a definire prezzi minimi garantiti, ovvero integrazioni dei ricavi conseguenti alla partecipazione al mercato elettrico, per la produzione da impianti a fonti rinnovabili che continuano ad essere eserciti in assenza di incentivi e per i quali, in relazione al perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 3, la salvaguardia della produzione non è assicurata dalla partecipazione al mercato elettrico. A tale scopo, gli indirizzi del Ministro dello sviluppo economico e le conseguenti deliberazioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas mirano ad assicurare l’esercizio economicamente conveniente degli impianti, con particolare riguardo agli impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi, fermo restando, per questi ultimi, il requisito della sostenibilità. 9. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definiti specifici incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili mediante impianti che facciano ricorso a tecnologie avanzate e non ancora pienamente commerciali, compresi gli impianti sperimentali di potenza fino a 5 MW alimentati da fluidi geotermici a media ed alta entalpia. Art. 25 (Disposizione transitorie e abrogazioni) 1. La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, è incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi di cui ai commi successivi. 2. L’energia elettrica importata a partire dal 1° gennaio 2012 non è soggetta all’obbligo di cui all’articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, esclusivamente nel caso in cui concorra al raggiungimento degli obiettivi nazionali di cui all’articolo 3. 3. A partire dal 2013, la quota d’obbligo di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, si riduce linearmente in ciascuno degli anni successivi, a partire dal valore assunto per l’anno 2012 in base alla normativa vigente, fino ad annullarsi per l’anno 2015. 4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2, comma 148, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, il GSE ritira annualmente i certificati verdi rilasciati per le produzioni da fonti rinnovabili degli anni dal 2011 al 2015, eventualmente eccedenti quelli necessari per il rispetto della quota d’obbligo. Il prezzo di ritiro dei predetti certificati è pari al 78 per cento del prezzo di cui al citato comma 148. Il GSE ritira altresì i certificati verdi, rilasciati per le produzioni di cui ai medesimi anni, relativi agli impianti di cogenerazione abbinati a teleriscaldamento di cui all’articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Ministro delle attività produttive del 24 ottobre 2005, pubblicato nel Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2005, n. 265. Il prezzo

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di ritiro dei certificati di cui al precedente periodo è pari al prezzo medio di mercato registrato nel 2010. Conseguentemente, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogati i commi 149 e 149-bis dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. 5. Ai soli fini del riconoscimento della tariffa di cui alla riga 6 della tabella 3 allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244 i residui di macellazione, nonché i sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari e forestali, non sono considerati liquidi anche qualora subiscano, nel sito di produzione dei medesimi residui e sottoprodotti o dell’impianto di conversione in energia elettrica, un trattamento di liquefazione o estrazione meccanica. 6. Le tariffe fisse onnicomprensive previste dall’articolo 2, comma 145, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 restano costanti per l’intero periodo di diritto e restano ferme ai valori stabiliti dalla tabella 3 allegata alla medesima legge per tutti gli impianti che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012. 7. I fattori moltiplicativi di cui all’articolo 2, comma 147, della legge24 dicembre 2007, n. 244 e all’articolo 1, comma 382-quater, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, restano costanti per l’intero periodo di diritto e restano fermi ai valori stabiliti dalle predette norme per tutti gli impianti che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012. 8. Il valore di riferimento di cui all’articolo 2, comma 148, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 resta fermo al valore fissato dalla predetta norma per tutti gli impianti che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012. 9. Le disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 agosto 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 197 del 24 agosto 2010, si applicano alla produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011. 10. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, l’incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici che entrino in esercizio successivamente al termine di cui al comma 9 è disciplinata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro il 30 aprile 2011, sulla base dei seguenti principi: a) determinazione di un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti; b) determinazione delle tariffe incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto e degli incentivi applicati negli Stati membri dell’Unione europea; c) previsione di tariffe incentivanti e di quote differenziate sulla base della natura dell’area di sedime; d) applicazione delle disposizioni dell’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili con il presente comma. 11. Fatti salvi i diritti acquisiti e gli effetti prodotti tenendo conto di quanto stabilito dall’articolo 24, comma 5, lettera c), sono abrogati: a) a decorrere dal 1° gennaio 2012, il comma 3 dell’articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 del 2003;


b) a decorrere dal 1° gennaio 2013: 1) i commi 143, 144, 145, 150, 152, 153, lettera a), dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244; 2) il comma 4-bis dell’articolo 3 del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102; 3) l’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387; c) a decorrere dal 1° gennaio 2016: 1) i commi 1, 2, 3, 5 e 6 dell’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79; 2) l’articolo 4 del decreto legislativo n. 387 del 2003, ad eccezione dell’ultimo periodo del comma 1, che è abrogato dalla data di entrata in vigore del presente decreto; 3) i commi 382, 382-bis, 382-quater, 382-quinquies, 382-sexies, 382-septies, 383 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296; 4) i commi 147, 148, 155 e 156 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. 12. Gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi da 382 a 382-quinquies dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e al comma 145 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 si applicano anche agli impianti a biogas di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, entrati in esercizio commerciale prima del 1° gennaio 2008. Il periodo residuo degli incentivi è calcolato sottraendo alla durata degli incentivi il tempo intercorso tra la data di entrata in esercizio commerciale degli impianti di biogas e il 31 dicembre 2007.

e) per gli impianti cogenerativi e trigenerativi alimentati da fonte solare ovvero da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, oppure di filiere corte, cioè ottenuti entro un raggio di 70 chilometri dall’impianto che li utilizza per produrre energia elettrica, a decorrere dall’entrata in esercizio commerciale, con altri incentivi pubblici non eccedenti il 40% del costo dell’investimento. 3. Il primo periodo del comma 152 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non si applica nel caso di fruizione della detassazione dal reddito di impresa degli investimenti in macchinari e apparecchiature e di accesso a fondi di rotazione e fondi di garanzia.

Art. 26 (Cumulabilità degli incentivi) 1. Gli incentivi di cui all’articolo 24 non sono cumulabili con altri incentivi pubblici comunque denominati, fatte salve le disposizioni di cui ai successivi commi. 2. Il diritto agli incentivi di cui all’articolo 24, comma 3, è cumulabile, nel rispetto delle relative modalità applicative: a) con l’accesso a fondi di garanzia e fondi di rotazione; b) con altri incentivi pubblici non eccedenti il 40 per cento del costo dell’investimento, nel caso di impianti di potenza elettrica fino a 200 kW, non eccedenti il 30 per cento, nel caso di impianti di potenza elettrica fino a 1 MW, e non eccedenti il 20 per cento, nel caso di impianti di potenza fino a 10 MW, fatto salvo quanto previsto alla lettera c); per i soli impianti fotovoltaici realizzati su scuole pubbliche o paritarie di qualunque ordine e grado ed il cui il soggetto responsabile sia la scuola ovvero il soggetto proprietario dell’edificio scolastico, nonché su strutture sanitarie pubbliche, ovvero su edifici che siano sedi amministrative di proprietà di regioni, province autonome o enti locali, la soglia di cumulabilità è stabilita fino al 60 per cento del costo di investimento; c) per i soli impianti di potenza elettrica fino a 1 MW, di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, alimentati da biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili, a decorrere dall’entrata in esercizio commerciale, con altri incentivi pubblici non eccedenti il 40% del costo dell’investimento; d) per gli impianti di cui all’articolo 24, commi 3 e 4, con la fruizione della detassazione dal reddito di impresa degli investimenti in macchinari e apparecchiature;

Art. 28 (Contributi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni) 1. Gli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell’efficienza energetica di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011, sono incentivati sulla base dei seguenti criteri generali: a) l’incentivo ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio ed è commisurato alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili, ovvero ai risparmi energetici generati dagli interventi; b) il periodo di diritto all’incentivo non può essere superiore a dieci anni e decorre dalla data di conclusione dell’intervento; c) l’incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto e può tener conto del valore economico dell’energia prodotta o risparmiata; d) l’incentivo può essere assegnato esclusivamente agli interventi che non accedono ad altri incentivi statali, fatti salvi i fondi di garanzia, i fondi di rotazione e i contributi in conto interesse; e) gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell’impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui al comma 2. 2. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, previa intesa

CAPO III REGIMI DI SOSTEGNO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA TERMICA DA FONTI RINNOVABILI E PER L’EFFICIENZA ENERGETICA Art. 27 (Regimi di sostegno) 1. Le misure e gli interventi di incremento dell’efficienza energetica e di produzione di energia termica da fonti rinnovabili sono incentivati: a) mediante contributi a valere sulle tariffe del gas naturale per gli interventi di piccole dimensioni di cui all’articolo 28 alle condizioni e secondo le modalità ivi previste; b) mediante il rilascio dei certificati bianchi per gli interventi che non ricadono fra quelli di cui alla lettera a), alle condizioni e secondo le modalità previste dall’articolo 29.

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con Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono fissate le modalità per l’attuazione di quanto disposto al presente articolo e per l’avvio dei nuovi meccanismi di incentivazione. I decreti stabiliscono, inoltre: a) i valori degli incentivi, sulla base dei criteri di cui al comma 1, in relazione a ciascun intervento, tenendo conto dell’effetto scala; b) i requisiti tecnici minimi dei componenti, degli impianti e degli interventi; c) i contingenti incentivabili per ciascuna applicazione, con strumenti idonei alla salvaguardia delle iniziative avviate; d) gli eventuali obblighi di monitoraggio a carico del soggetto beneficiario; e) le modalità con le quali il GSE provvede ad erogare gli incentivi; f) le condizioni di cumulabilità con altri incentivi pubblici, fermo restando quanto stabilito dal comma 1, lettera d); g) le modalità di aggiornamento degli incentivi, nel rispetto dei seguenti criteri: i. la revisione è effettuata, per la prima volta, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento di cui al presente comma e, successivamente, ogni tre anni; ii. i nuovi valori si applicano agli interventi realizzati decorso un anno dalla data di entrata in vigore del decreto di determinazione dei nuovi valori. 3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. 4. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisce le modalità con le quali le risorse per l’erogazione degli incentivi di cui al presente articolo trovano copertura a valere sul gettito delle componenti delle tariffe del gas naturale. 5. I commi 3 e 4 dell’articolo 6 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, sono abrogati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto attuativo del comma 2, lettera f), del presente articolo. Fino al termine di cui al periodo precedente, gli strumenti di incentivazione di cui al comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 115 del 2008 possono essere cumulati anche con fondi di garanzia, fondi di rotazione e contributi in conto interesse. 6. L’articolo 9 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, è abrogato. Art. 29 (Certificati bianchi) 1. Al fine di rendere coerente con la strategia complessiva e razionalizzare il sistema dei certificati bianchi, con i provvedimenti di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115: a) sono stabilite le modalità con cui gli obblighi in capo alle imprese di distribuzione di cui all’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e all’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, si raccordano agli obiettivi nazionali relativi all’efficienza energetica; b) è disposto il passaggio al GSE dell’attività di gestione del meccanismo di certificazione relativo ai certificati bianchi, ferme restando le competenze del GME sull’attività di emissione dei certificati bianchi e sulla gestione del registro e della borsa dei medesimi certificati bianchi; c) sono approvate almeno 15 nuove schede standardizzate, predisposte dall’ENEA-UTEE secondo quanto stabilito dall’articolo 30, comma 1; d) è raccordato il periodo di diritto ai certificati con la vita

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utile dell’intervento; e) sono individuate modalità per ridurre tempi e adempimenti per l’ottenimento dei certificati; f) sono stabiliti i criteri per la determinazione del contributo tariffario per i costi sostenuti dai soggetti obbligati per il conseguimento degli obiettivi di risparmio di energia primaria posti a loro carico. 2. Ai fini dell’applicazione del meccanismo dei certificati bianchi, i risparmi realizzati nel settore dei trasporti attraverso le schede di cui all’articolo 30 sono equiparati a risparmi di gas naturale. 3. I risparmi di energia realizzati attraverso interventi di efficientamento delle reti elettriche e del gas naturale individuati nelle schede di cui all’articolo 30 concorrono al raggiungimento degli obblighi in capo alle imprese di distribuzione. Per tali interventi non sono rilasciabili certificati bianchi. 4. Gli impianti cogenerativi entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999 e prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, riconosciuti come cogenerativi ai sensi delle norme applicabili alla data di entrata in esercizio dell’impianto, hanno diritto, qualora non accedano ai certificati verdi né agli incentivi definiti in attuazione dell’articolo 30, comma 11, della legge n. 23 luglio 2009, n. 99, a un incentivo pari al 30% di quello definito ai sensi della medesima legge per un periodo di cinque anni a decorrere dall’entrata in vigore del decreto di definizione del predetto incentivo, purché, in ciascuno degli anni del predetto periodo, continuino ad essere cogenerativi ai sensi delle norme applicabili alla data di entrata in esercizio. Art. 30 (Misure in materia di efficienza energetica) 1. In vista dell’esigenza di procedere in tempi brevi all’attuazione delle attività previste dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 ai fini del conseguimento degli obiettivi congiunti di sviluppo delle fonti rinnovabili e promozione dell’efficienza energetica, anche nelle more dell’emanazione dei provvedimenti di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, del medesimo decreto legislativo, l’ENEA avvia ed effettua le attività in esso previste e in particolare: a) ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, redige e trasmette al Ministero dello sviluppo economico almeno 15 schede standardizzate per la quantificazione dei risparmi nell’ambito del meccanismo dei certificati bianchi, con particolare riguardo ai seguenti settori/interventi: i. diffusione di automezzi elettrici, a gas naturale e a GPL; ii. interventi nel settore informatico con particolare riguardo all’utilizzo di server/servizi remoti anche virtuali; iii. illuminazione efficiente con particolare riguardo all’illuminazione pubblica a LED e al terziario; iv. misure di efficientamento nel settore dell’impiantistica industriale; v. misure di efficientamento nel settore della distribuzione idrica; vi. risparmio di energia nei sistemi di telecomunicazioni e uso delle tecnologie delle comunicazioni ai fini del risparmio energetico; vii. recuperi di energia. viii. apparecchiature ad alta efficienza per il settore residenziale, terziario e industriale, quali ad esempio gruppi frigo, unità trattamento aria, pompe di calore, elettrodomestici anche dotati di etichetta energetica; l’ENEA sviluppa pro-


cedure standardizzate che consentano la quantificazione dei risparmi con l’applicazione di metodologie statistiche e senza fare ricorso a misurazioni dirette; b) provvede a pubblicare casi studio e parametri standard come guida per facilitare la realizzazione e la replicabilità degli interventi a consuntivo. Art. 31 (Fondo rotativo di cui all’articolo 1, comma 1110, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) 1. Per le regioni e gli enti locali, nonché per tutti gli altri enti pubblici, la durata massima dei finanziamenti a tasso agevolato non può essere superiore a centottanta mesi, in deroga al termine di cui all’articolo 1, comma 1111, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 2. Con la convenzione prevista all’articolo 1, comma 1115, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 sono definiti, altresì, gli oneri di gestione del fondo rotativo di cui al comma 1110 del medesimo articolo 1, da riconoscersi alla Cassa Depositi e Prestiti SpA. La copertura di tali oneri, nella misura massima dell’1,50 per cento su base annua, è disposta a valere sulle risorse annualmente confluite nel medesimo fondo provenienti dal bilancio dello Stato e dai rimborsi dei finanziamenti agevolati erogati. Art. 32 (Interventi a favore dello sviluppo tecnologico e industriale) 1. Al fine di corrispondere all’esigenza di garantire uno sviluppo equilibrato dei vari settori che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 3 attraverso la promozione congiunta di domanda e offerta di tecnologie per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, il Ministro dello sviluppo economico con propri decreti individua, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, interventi e misure per lo sviluppo tecnologico e industriale in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica sulla base dei seguenti criteri: a) gli interventi e le misure sono coordinate con le disposizioni di cui al presente Titolo al fine di contribuire, in un’ottica di sistema, al raggiungimento degli obiettivi nazionali di cui all’articolo 3; b) gli interventi e le misure prevedono, anche attraverso le risorse di cui al comma 2, il sostegno: i. ai progetti di sviluppo sperimentale e tecnologico, con particolare riguardo alle infrastrutture della rete elettrica, ai sistemi di accumulo, alla gassificazione ed alla pirogassificazione di biomasse, ai biocarburanti di seconda generazione, nonché di nuova generazione, alle tecnologie innovative di conversione dell’energia solare, con particolare riferimento al fotovoltaico ad alta concentrazione; ii. ai progetti di innovazione dei processi e dell’organizzazione nei servizi energetici; iii. alla creazione, ampliamento e animazione dei poli di innovazione finalizzati alla realizzazione dei progetti di cui al punto 1); iv. ai fondi per la progettualità degli interventi di installazione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico a favore di enti pubblici. 2. Per il finanziamento delle attività di cui al comma 1 è istituito un fondo presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico alimentato dal gettito della tariffe elettriche e del gas naturale in misura pari, rispettivamente, a 0,02 c€/kWh e a 0,08 c€/Sm3.

3. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas stabilisce le modalità con le quali le risorse di cui al comma 2 trovano copertura a valere sulle componenti delle tariffe elettriche e del gas, dando annualmente comunicazione al Ministero dello sviluppo economico delle relative disponibilità. CAPO IV REGIMI DI SOSTEGNO PER L’UTILIZZO DELLE FONTI RINNOVABILI NEI TRASPORTI Art. 33 (Disposizioni in materia di biocarburanti) 1. All’articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successive modificazioni, il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. I biocarburanti e gli altri carburanti rinnovabili da immettere in consumo ai sensi dei commi 1, 2 e 3 sono i carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa”. 2. L’impiego di biocarburanti nei trasporti è incentivato con le modalità di cui all’articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successive modificazioni, come modificato dal comma 1 del presente articolo, e all’articolo 2, commi 139 e 140, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo. La quota minima di cui al citato comma 139 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, calcolata sulla base del tenore energetico, da conseguire entro l’anno 2014, è fissata nella misura del 5%. Con le modalità di cui all’articolo 2, comma 140, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 sono stabiliti gli incrementi annui per il raggiungimento della predetta quota minima al 2014 e può essere rideterminato l’obiettivo di cui al periodo precedente. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 3. A decorrere dal 1° gennaio 2012 i biocarburanti immessi in consumo sono conteggiati ai fini del rispetto dell’obbligo di cui all’articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 del presente articolo, a condizione che rispettino i criteri di sostenibilità di cui all’articolo 38. 4. Allo scopo di valorizzare il contributo alla riduzione delle emissioni climalteranti dei biocarburanti prodotti in luoghi vicini a quelli di consumo finale, ai fini del rispetto dell’obbligo di cui all’articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2012 il contributo energetico dei biocarburanti diversi da quelli di cui al comma successivo è maggiorato rispetto al contenuto energetico effettivo qualora siano prodotti in stabilimenti ubicati in Stati dell’Unione europea e utilizzino materia prima proveniente da coltivazioni effettuate nel territorio dei medesimi Stati. Identica maggiorazione è attribuita ai biocarburanti immessi in consumo al di fuori della rete di distribuzione dei carburanti, purché la percentuale di biocarburante impiegato sia pari al 25%, fermi restando i requisiti di sostenibilità. Per tali finalità, fatto salvo il comma 5, il diritto a un certificato di immissione in consumo ai fini del rispetto del richiamato obbligo matura allorché è immessa in consumo una quantità di biocarburanti pari

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a 9 Giga-calorie. 5. Ai fini del rispetto dell’obbligo di cui all’articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 del presente articolo, il contributo dei biocarburanti, incluso il biometano, per i quali il soggetto che li immette in consumo dimostri, mediante le modalità di cui all’articolo39, che essi sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, come definiti, individuati e tracciati ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, materie di origine non alimentare, ivi incluse le materie cellulosiche e le materie ligno-cellulosiche, alghe, è equivalente all’immissione in consumo di una quantità pari a due volte l’immissione in consumo di altri biocarburanti, diversi da quelli di cui al comma 4. 6. Qualora siano immessi in consumo biocarburanti ottenuti da biocarburanti ricadenti nella tipologia di cui al comma 5 e da altri biocarburanti, il contributo ai fini del rispetto dell’obbligo di cui al comma 5 è calcolato sulla base del contenuto energetico di ciascun biocarburante. 7. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole e forestali, entro il 1° gennaio 2012, sono stabilite le modalità con le quali sono riconosciute le maggiorazioni di cui al comma 4.

TITOLO VI GARANZIE DI ORIGINE, TRASFERIMENTI STATISTICI E PROGETTI COMUNI Art. 34 (Garanzia di origine dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili) 1. Con le modalità previste dall’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 125, sono aggiornate le modalità di rilascio, riconoscimento e utilizzo della garanzia di origine dell’elettricità da fonti rinnovabili in conformità alle disposizioni dell’articolo 15 della direttiva 2009/28/CE. 2. La garanzia di origine di cui al comma 1 ha esclusivamente lo scopo di consentire ai fornitori di energia elettrica di provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia da fonti rinnovabili nel proprio mix energetico. 3. Il rilascio, il riconoscimento o l’utilizzo della garanzia di origine di cui al comma 1 non ha alcun rilievo ai fini: a) del riconoscimento dei meccanismi di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; b) del riconoscimento della provenienza da fonti rinnovabili dell’elettricità munita di garanzia di origine ai fini dell’applicazione dei meccanismi di sostegno; c) dell’utilizzo di trasferimenti statistici e progetti comuni; d) della determinazione del grado di raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di fonti rinnovabili. 4. A decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, i fornitori di energia elettrica possono utilizzare esclusivamente la garanzia di origine di cui al medesimo comma 1 per provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia da fonti rinnovabili nel proprio mix energetico. A decorrere dalla medesima data è abrogato l’articolo 11 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

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Art. 35 (Progetti comuni e trasferimenti statistici con altri Stati membri) 1. Sulla base di accordi internazionali all’uopo stipulati, sono promossi e gestiti con Stati membri progetti comuni e trasferimenti statistici a favore dell’Italia di produzioni di energia da fonti rinnovabili, nel rispetto dei seguenti criteri: a) gli accordi sono promossi allorché si verifica il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi fino al 2016; b) l’onere specifico per il trasferimento statistico e per i progetti comuni è inferiore, in misura stabilita negli accordi di cui al presente articolo, rispetto al valore medio ponderato dell’incentivazione della produzione elettrica da fonti rinnovabili in Italia, al netto della produzione e dei valori dell’incentivazione dell’elettricità da fonte solare, riferiti all’anno precedente a quello di stipula dell’accordo; c) gli accordi sono stipulati e gestiti con modalità che assicurano che l’energia oggetto del trasferimento statistico, ovvero la quota di energia proveniente dal progetto comune, contribuisca al raggiungimento degli obiettivi italiani in materia di fonti rinnovabili; d) sono stabilite le misure necessarie ad assicurare il monitoraggio dell’energia trasferita per le finalità di cui all’articolo 40. 2. La copertura dei costi per i trasferimenti statistici e i progetti comuni di cui al comma 1 è assicurata dalle tariffe dell’energia elettrica e del gas naturale, con modalità fissate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas successivamente alla stipula di ciascun accordo. 3. La cooperazione per progetti comuni con altri Stati membri può comprendere operatori privati. Art. 36 (Progetti comuni con Paesi terzi) 1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali in materia di energie rinnovabili, è incentivata l’importazione di elettricità da fonti rinnovabili proveniente da Stati non appartenenti all’Unione europea ed effettuata su iniziativa di soggetti operanti nel settore energetico, sulla base di accordi internazionali all’uopo stipulati con lo Stato da cui l’elettricità da fonti rinnovabili è importata. Tali accordi si conformano ai seguenti criteri: a) il sostegno è effettuato mediante il riconoscimento, sull’energia immessa nel sistema elettrico nazionale, di un incentivo che, rispetto a quello riconosciuto in Italia alle fonti e alle tipologie impiantistiche da cui l’elettricità è prodotta nel Paese terzo, è di pari durata e di entità inferiore, in misura fissata negli accordi di cui al presente articolo, tenendo conto della maggiore producibilità ed efficienza degli impianti nei Paesi terzi e del valore medio dell’incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia; b) la produzione e l’importazione avviene con modalità tali da assicurare che l’elettricità importata contribuisca al raggiungimento degli obiettivi italiani in materia di fonti rinnovabili; c) sono stabilite le misure necessarie ad assicurare il monitoraggio dell’elettricità importata per le finalità di cui all’articolo 40. 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, può essere stabilito, salvaguardando gli accordi già stipulati, un valore dell’incentivo diverso da quello di cui alla lettera a) del comma 1, contemperando gli oneri economici conseguenti al riconoscimento dell’incenti-


vo stesso e gli effetti economici del mancato raggiungimento degli obiettivi. 3. Il comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 è abrogato. Art. 37 (Trasferimenti statistici tra le Regioni) 1. Ai fini del raggiungimento dei rispettivi obiettivi in materia di fonti rinnovabili, definiti in attuazione dell’articolo 2, comma 167, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, le Regioni e le Province autonome possono concludere accordi per il trasferimento statistico di determinate quantità di energia rinnovabile. 2. Il trasferimento statistico di cui al comma 1 non deve pregiudicare il conseguimento dell’obiettivo della Regione che effettua il trasferimento. 3. Il raggiungimento dell’obiettivo di ciascuna Regione, di cui al comma 1, e la disponibilità effettiva di energia da trasferire, ovvero da compensare, sono misurati applicando la metodologia di cui all’articolo 40, comma 5. 4. Ai fini del raggiungimento dei propri obiettivi le Regioni: a) possono concludere intese con enti territoriali interni ad altro Stato membro e accordi con altri Stati membri per trasferimenti statistici, nel rispetto delle condizioni e dei limiti di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, oppure concorrere alla copertura degli oneri di cui all’articolo 35, comma 2; b) assicurano la coerenza tra la programmazione in materia di fonti rinnovabili, di cui all’articolo 2, comma 168, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e la programmazione in altri settori; c) promuovono l’efficienza energetica in coerenza con le norme nazionali; d) emanano indirizzi agli enti locali, in particolare per il contenimento dei consumi energetici e per lo svolgimento dei procedimenti di competenza degli enti locali relativi alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione da fonti rinnovabili; e) provvedono a incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, nei limiti di cumulabilità fissati dalle norme nazionali. 5. Ai sensi dell’articolo 2, comma 169, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il Ministro dello sviluppo economico provvede alla verifica del raggiungimento degli obiettivi regionali definiti in attuazione dell’articolo 2, comma 167, della medesima legge 24 dicembre 2007, n. 244, sulla base di quanto previsto all’articolo 40, comma 5. 6. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti e quantificati gli obiettivi regionali in attuazione del comma 167 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni. Con il medesimo decreto sono definite le modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle Regioni e delle Province autonome, in coerenza con quanto previsto dal comma 170 del medesimo articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

TITOLO VII SOSTENIBILITÀ DI BIOCARBURANTI E BIOLIQUIDI Art. 38 (Criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi) 1. Fatto salvo quanto previsto al comma 2, a decorrere dal 1° gennaio 2012 i biocarburanti utilizzati nei trasporti e i bioliquidi utilizzati per la produzione di energia elettrica, termica o per il raffrescamento possono essere computati per il raggiungimento degli obiettivi nazionali e possono accedere agli strumenti di sostegno, ivi inclusi i meccanismi basati sull’obbligo di rispetto di quote minime, solo se rispettano i criteri di sostenibilità di cui al provvedimento di attuazione della direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009. Per il calcolo delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita dei biocarburanti e dei bioliquidi si applica quanto previsto dallo stesso provvedimento attuativo. 2. In applicazione delle disposizioni del comma 1 del presente articolo, ai fini del calcolo richiamato al punto 19 dell’allegato V della direttiva 2009/28/CE si fa riferimento ai valori dei carburanti fossili ivi richiamati. Art. 39 (Verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità per i biocarburanti e per i bioliquidi) 1. Ai fini della verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità dei biocarburanti, si applicano le disposizioni di cui al provvedimento di attuazione della direttiva 2009/30/CE, ivi incluse le sanzioni. 2. Le disposizioni richiamate al comma 1 si applicano anche per la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità dei bioliquidi.

TITOLO VIII MONITORAGGIO, CONTROLLO E RELAZIONE CAPO I MONITORAGGIO E RELAZIONI Art. 40 (Monitoraggio, sistema statistico nazionale, relazioni e aggiornamenti) 1. Nei limiti delle risorse disponibili allo scopo, il Ministero dello sviluppo economico provvede ad integrare il sistema statistico in materia di energia perseguendo le seguenti finalità: a) assicurare il monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi, intermedi e al 2020, in materia di quote dei consumi finali lordi di elettricità, energia per il riscaldamento e il raffreddamento, e per i trasporti, coperti da fonti energetiche rinnovabili, secondo i criteri di cui al regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008 relativo alle statistiche dell’energia, e successive modificazioni, tenendo conto anche dei progetti comuni e dei trasferimenti statistici tra Stati membri; b) assicurare coerenza tra il monitoraggio di cui alla lettera a) e il bilancio energetico nazionale; c) assicurare che il monitoraggio di cui alla lettera a) consenta di stimare, per ciascuna regione e provincia autonoma, i medesimi parametri di quote dei consumi energetici coperti da fonti energetiche rinnovabili, con modalità idonee a misurare il grado di raggiungimento degli obiettivi regionali stabiliti in attuazione dell’articolo 2, comma 167, della legge

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24 dicembre 2007, n. 244. 2. Per le finalità di cui al comma 1, il GSE, tenuto conto delle norme stabilite in ambito SISTAN e EUROSTAT, organizza e gestisce un sistema nazionale per il monitoraggio statistico dello stato di sviluppo delle fonti rinnovabili, idoneo a: a) rilevare i dati necessari per misurare lo stato di raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 in ambito nazionale e stimare il grado di raggiungimento dei medesimi obiettivi in ciascuna regione e provincia autonoma; b) stimare i risultati connessi alla diffusione delle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. 3. Il GSE provvede altresì a sviluppare ed applicare metodologie idonee a fornire, con cadenza biennale: a) stime delle ricadute industriali ed occupazionali connesse alla diffusione delle fonti rinnovabili e alla promozione dell’efficienza energetica; b) stime dei costi e dell’efficacia delle misure di sostegno, confrontati con i principali Stati dell’Unione europea. 4. Sulla base delle attività di cui ai commi 1 e 2, entro il 31 dicembre 2011 il Ministro dello sviluppo economico approva la metodologia che, nell’ambito del sistema statistico nazionale in materia di energia, è applicata per rilevare i dati necessari a misurare, ai fini delle comunicazioni alla Commissione europea, il grado di raggiungimento degli obiettivi nazionali. 5. Sulla base delle attività di cui ai commi 1 e 2, entro il 31 dicembre 2012 il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per gli aspetti inerenti le biomasse, di concerto con il Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, approva la metodologia che, nell’ambito del sistema statistico nazionale, è applicata per rilevare i dati necessari a misurare il grado di raggiungimento degli obiettivi regionali definiti in attuazione dell’articolo 2, commi 167 e 170, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. 6. Anche sulla base delle attività di monitoraggio di cui ai precedenti commi: a) il GSE sottopone al Ministero dello sviluppo economico lo schema di relazione sui progressi realizzati nella promozione e nell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, di cui all’articolo 22 della direttiva 2009/28/CE; b) il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, provvede alla trasmissione alla Commissione europea della relazione di cui all’articolo 22 della direttiva 2009/28/CE e, qualora la quota di energia da fonti rinnovabili sia scesa al di sotto di quella necessaria al rispetto della progressione temporale di cui all’articolo 3, comma 3, all’aggiornamento del Piano di azione nazionale sulle energie rinnovabili di cui all’articolo 4 della medesima direttiva. 7. Entro il 31 dicembre 2011 e, successivamente, ogni due anni l’ENEA trasmette al Ministero dello sviluppo economico e all’Autorità per l’energia elettrica e il gas un rapporto concernente lo stato e le prospettive delle tecnologie per la produzione di energia elettrica, di calore e di biocarburanti, nonché lo stato e le prospettive delle tecnologie rilevanti in materia di efficienza energetica, con riguardo particolare a disponibilità, costi commerciali, sistemi innovativi non ancora commerciali e potenziale nazionale residuo di fonti rinnovabili e di efficienza energetica.

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8. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas provvede alla copertura dei costi sostenuti da GSE ed ENEA, non coperti da altre risorse, per lo svolgimento delle attività svolte ai sensi del presente decreto. Art. 41 (Relazione al Parlamento) 1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, trasmette al Parlamento, dopo i primi due anni di applicazione del meccanismo di incentivazione di cui al commi 3 e 4 dell’articolo 24, una relazione sui risultati ottenuti e le eventuali criticità rilevate. CAPO II CONTROLLI E SANZIONI Art. 42 (Controlli e sanzioni in materia di incentivi) 1. L’erogazione di incentivi nel settore elettrico e termico, di competenza del GSE, è subordinata alla verifica dei dati forniti dai soggetti responsabili che presentano istanza. La verifica, che può essere affidata anche agli enti controllati dal GSE, è effettuata attraverso il controllo della documentazione trasmessa, nonché con controlli a campione sugli impianti. I controlli sugli impianti, per i quali i soggetti preposti dal GSE rivestono la qualifica di pubblico ufficiale, sono svolti anche senza preavviso ed hanno ad oggetto la documentazione relativa all’impianto, la sua configurazione impiantistica e le modalità di connessione alla rete elettrica. 2. Restano ferme le competenze in tema di controlli e verifiche spettanti alle amministrazioni statali, regionali, agli enti locali nonché ai gestori di rete. Sono eseguiti dall’AGEA, con le modalità stabilite ai fini dell’applicazione dell’articolo 1, comma 382-septies, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i controlli sulla provenienza e tracciabilità di biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili. 3. Nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate, e trasmette all’Autorità l’esito degli accertamenti effettuati per l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481. 4. Per le finalità di cui al comma 3, le amministrazioni e gli enti pubblici, deputati ai controlli relativi al rispetto delle autorizzazioni rilasciate per la costruzione e l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili, fermo restando il potere sanzionatorio loro spettante, trasmettono tempestivamente al GSE l’esito degli accertamenti effettuati, nel caso in cui le violazioni riscontrate siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi. 5. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il GSE fornisce al Ministero dello sviluppo economico gli elementi per la definizione di una disciplina organica dei controlli che, in conformità ai principi di efficienza, efficacia e proporzionalità, stabilisca: a) le modalità con le quali i gestori di rete forniscono supporto operativo al GSE per la verifica degli impianti di produzione di energia elettrica e per la certificazione delle misure elettriche necessarie al rilascio degli incentivi; b) le procedure per lo svolgimento dei controlli sugli impianti di competenza del GSE; c) le violazioni rilevanti ai fini dell’erogazione degli incen-


tivi in relazione a ciascuna fonte, tipologia di impianto e potenza nominale; d) le modalità con cui sono messe a disposizione delle autorità pubbliche competenti all’erogazione di incentivi le informazioni relative ai soggetti esclusi ai sensi dell’articolo 23, comma 3; e) le modalità con cui il GSE trasmette all’Autorità per l’energia elettrica e il gas gli esiti delle istruttorie ai fini dell’applicazione delle sanzioni di cui al comma 3. 6. Entro un mese dal ricevimento degli elementi di cui al comma 5, il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, definisce la disciplina dei controlli di cui al medesimo comma 5. 7. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisce le modalità con le quali gli eventuali costi connessi alle attività di controllo trovano copertura a valere sulle componenti tariffarie dell’energia elettrica e del gas, nonché le modalità con le quali gli importi derivanti dall’irrogazione delle sanzioni sono portati a riduzione degli oneri tariffari per l’incentivazione delle fonti rinnovabili. Art. 43 (Disposizioni specifiche per l’attuazione dell’articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41) 1. Fatte salve le norme penali, qualora sia stato accertato che i lavori di installazione dell’impianto fotovoltaico non sono stati conclusi entro il 31 dicembre 2010, a seguito dell’esame della richiesta di incentivazione ai sensi del comma 1 dell’articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, e successive modificazioni, il GSE rigetta l’istanza di incentivo e dispone contestualmente l’esclusione dagli incentivi degli impianti che utilizzano anche in altri siti le componenti dell’impianto non ammesso all’incentivazione. Con lo stesso provvedimento il GSE dispone l’esclusione dalla concessione di incentivi per la produzione di energia elettrica di sua competenza, per un periodo di dieci anni dalla data dell’accertamento, della persona fisica o giuridica che ha presentato la richiesta, nonché dei seguenti soggetti: a) il legale rappresentante che ha sottoscritto la richiesta; b) il soggetto responsabile dell’impianto; c) il direttore tecnico; d) i soci, se si tratta di società in nome collettivo; e) i soci accomandatari, se si tratta di società in accomandita semplice; f) gli amministratori con potere di rappresentanza, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. 2. Fatte salve più gravi ipotesi di reato, il proprietario dell’impianto di produzione e il soggetto responsabile dell’impianto che con dolo impiegano pannelli fotovoltaici le cui matricole sono alterate o contraffatte sono puniti con la reclusione da due a tre anni e con l’esclusione da qualsiasi incentivazione, sovvenzione o agevolazione pubblica per le fonti rinnovabili. Art. 44 (Sanzioni amministrative in materia di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio) 1. Fatto salvo il ripristino dello stato dei luoghi, la costruzione e l’esercizio delle opere ed impianti in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 5 è assoggettata alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 150.000, cui sono tenuti in solido il proprietario dell’impian-

to, l’esecutore delle opere e il direttore dei lavori. L’entità della sanzione è determinata, con riferimento alla parte dell’impianto non autorizzata: a) nella misura da euro 40 a euro 240 per ogni chilowatt termico di potenza nominale, in caso di impianti termici di produzione di energia; b) nella misura da euro 60 a euro 360 per ogni chilowatt elettrico di potenza nominale, in caso di impianti non termici di produzione di energia; 2. Fatto salvo il ripristino dello stato dei luoghi, l’esecuzione degli interventi di cui all’articolo 6 in assenza della procedura abilitativa semplificata o in difformità da quanto nella stessa dichiarato, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 30.000, cui sono tenuti in solido i soggetti di cui al comma 1. 3. Fatto salvo l’obbligo di conformazione al titolo abilitativo e di ripristino dello stato dei luoghi, la violazione di una o più prescrizioni stabilite con l’autorizzazione o con gli atti di assenso che accompagnano la procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari ad un terzo dei valori minimo e massimo di cui, rispettivamente, ai commi 1 e 2, e comunque non inferiore a euro 300. Alla sanzione di cui al presente comma sono tenuti i soggetti di cui ai commi 1 e 2. 4. Sono fatte salve le altre sanzioni previste dalla normativa vigente per le fattispecie di cui ai commi 1, 2 e 3, nonché la potestà sanzionatoria, diversa da quella di cui al presente articolo, in capo alle Regioni, alle Province Autonome e agli enti locali.

TITOLO IX DISPOSIZIONI FINALI Art. 45 (Disposizioni specifiche per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e Bolzano) 1. Sono fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alle finalità del presente decreto legislativo ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione. Art. 46 (Disposizioni finali e clausola di invarianza finanziaria) 1. Gli allegati 1, 2, 3 e 4, che costituiscono parte integrante del presente decreto, sono aggiornati con decreto del Ministro dello sviluppo economico. 2. All’attuazione delle disposizioni del presente decreto, le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 3. Dal presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 4. Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 2009/28/CE, il Ministero dello sviluppo economico trasmette alla Commissione europea il presente decreto e le eventuali successive modificazioni. Art. 47 (Entrata in vigore) 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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ALLEGATO 1 (art. 3, comma 4) PROCEDURE DI CALCOLO DEGLI OBIETTIVI 1. Calcolo della quota di energia da fonti rinnovabili 1. Ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di cui all’articolo 3, comma 1, il consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili è calcolato come la somma: a) del consumo finale lordo di elettricità da fonti energetiche rinnovabili; b) del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento; c) del consumo finale di energia da fonti energetiche rinnovabili nei trasporti. Per il calcolo della quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo, il gas, l’elettricità e l’idrogeno prodotti da fonti energetiche rinnovabili sono presi in considerazione una sola volta ai fini delle lettere a), b) o c), del primo comma. 2. I biocarburanti e i bioliquidi che non soddisfano i criteri di sostenibilità, con le modalità, i limiti e le decorrenze fissate dal presente decreto, non sono presi in considerazione. 3. Ai fini del comma 1, lettera a), il consumo finale lordo di elettricità da fonti energetiche rinnovabili è calcolato come quantità di elettricità prodotta a livello nazionale da fonti energetiche rinnovabili, escludendo la produzione di elettricità in centrali di pompaggio con il ricorso all’acqua precedentemente pompata a monte. 4. Negli impianti multicombustibile (centrali ibride) che utilizzano fonti rinnovabili e convenzionali, si tiene conto unicamente della parte di elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Ai fini del calcolo, il contributo di ogni fonte di energia è calcolato sulla base del suo contenuto energetico. 5. L’elettricità da energia idraulica ed energia eolica è presa in considerazione conformemente alla formula di normalizzazione definita al paragrafo 3. 6. Ai fini del comma 1, lettera b), del presente paragrafo, il consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento è calcolato come quantità di teleriscaldamento e teleraffrescamento prodotti a livello nazionale da fonti rinnovabili più il consumo di altre energie da fonti rinnovabili nell’industria, nelle famiglie, nei servizi, in agricoltura, in silvicoltura e nella pesca per il riscaldamento, il raffreddamento e la lavorazione. 7. Negli impianti multicombustibile che utilizzano fonti rinnovabili e convenzionali, si tiene conto unicamente della parte di calore e di freddo prodotta a partire da fonti rinnovabili. Ai fini del calcolo, il contributo di ogni fonte di energia è calcolato sulla base del suo contenuto energetico. 8. Si tiene conto dell’energia da calore aerotermico, geotermico e idrotermale catturata da pompe di calore ai fini del comma 1, lettera b), a condizione che il rendimento finale di energia ecceda di almeno il 5% l’apporto energetico primario necessario per far funzionare le pompe di calore. La quantità di calore da considerare quale energia da fonti rinnovabili ai fini della presente direttiva è calcolato secondo la metodologia di cui al paragrafo 4. 9. Ai fini del paragrafo 1, lettera b), non si tiene conto dell’energia termica generata da sistemi energetici passivi, che consentono di diminuire il consumo di energia in modo passivo tramite la progettazione degli edifici o il calore generato da energia prodotta da fonti non rinnovabili. 10. Il contenuto energetico dei carburanti per autotrazione di cui al paragrafo 5 è quello indicato nello stesso paragrafo. 11. La quota di energia da fonti rinnovabili è calcolata dividendo il consumo finale lordo di energia da fonti energetiche rinnovabili per il consumo finale lordo di energia da tutte le fonti energetiche, espressa in percentuale. 12. La somma di cui al comma 1 è adeguata in considerazione dell’eventuale ricorso a trasferimenti statistici o a progetti comuni con altri Stati membri o a progetti comuni con Paesi terzi. In caso di trasferimento statistico, la quantità trasferita: a) a uno Stato membro è dedotta dalla quantità di energia rinnovabile presa in considerazione ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di cui all’articolo 3, comma 1; b) da uno Stato membro è aggiunta alla quantità di energia rinnovabile presa in considerazione ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di cui all’articolo 3, comma 1. In caso di progetto comune con Paesi terzi, l’energia elettrica importata è aggiunta alla quantità di energia rinnovabile presa in considerazione ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di cui all’articolo 3, comma 1. 13. Nel calcolo del consumo finale lordo di energia nell’ambito della valutazione del conseguimento degli obiettivi e della traiettoria indicativa, la quantità di energia consumata nel settore dell’aviazione è considerata, come quota del consumo finale lordo di energia, non superiore al 6,18 per cento. 14. La metodologia e le definizioni utilizzate per il calcolo della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili sono quelle fissate dal regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo alle statistiche dell’energia e successive modificazioni. 2. Calcolo della quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto 1. Ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di cui all’articolo 3, comma 2, si applicano le seguenti disposizioni: a) per il calcolo del denominatore, ossia della quantità totale di energia consumata nel trasporto ai fini del primo comma, sono presi in considerazione solo la benzina, il diesel, i biocarburanti consumati nel trasporto su strada e su rotaia e l’elettricità; b) per il calcolo del numeratore, ossia della quantità di energia da fonti rinnovabili consumata nel trasporto ai fini del primo comma, sono presi in considerazione tutti i tipi di energia da fonti rinnovabili consumati in tutte le forme di trasporto; c) per il calcolo del contributo di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e consumata in tutti i tipi di veicoli elettrici ai fini di cui alle lettere a) e b), è utilizzata la quota nazionale di elettricità da fonti rinnovabili, misurata due anni prima dell’anno in questione. Inoltre, per il calcolo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili consumata dai veicoli stradali elettrici, questo consumo è considerato pari a 2,5 volte il contenuto energetico dell’apporto di elettricità da fonti energetiche rinnovabili. 2. Ai fini della dimostrazione del rispetto degli obblighi nazionali in materia di energie rinnovabili imposti agli operatori e dell’obiettivo di impiegare energia da fonti rinnovabili per tutte le forme di trasporto, il contributo dei biocarburanti prodotti a partire da rifiuti, residui, materie cellulosiche di origine non alimentare e materie ligno-cellulosiche è considerato equivalente al doppio di quello di altri biocarburanti.

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3. Formula di normalizzazione per il computo dell’elettricità da energia idraulica e da energia eolica Ai fini del computo dell’elettricità da energia idraulica in un dato Stato membro si applica la seguente formula:

4. Computo dell’energia prodotta dalle pompe di calore

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5. Contenuto energetico dei carburanti per autotrazione

ALLEGATO 2 (art. 10, comma 1) REQUISITI E SPECIFICHE TECNICHE DEGLI IMPIANTI ALIMENTATI DA FONTI RINNOVABILI AI FINI DELL’ACCESSO AGLI INCENTIVI NAZIONALI 1. Per gli impianti che utilizzano biomasse ovvero bioliquidi per la produzione di energia termica ai fini dell’accesso agli incentivi statali, a decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono richiesti i seguenti requisiti: a) efficienza di conversione non inferiore all’85%; b) rispetto dei criteri e dei requisiti tecnici stabiliti dal provvedimento di cui all’articolo 290, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006. 2. Per le biomasse utilizzate in forma di pellet o cippato ai fini dell’accesso agli incentivi statali, a decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, è richiesta la conformità alle classi di qualità A1 e A2 indicate nelle norme UNI EN 14961-2 per il pellet e UNI EN 14961- 4 per il cippato. 3. Per le pompe di calore, a decorrere da un anno dall’entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, l’accesso agli incentivi statali di ogni natura è consentito a condizione che la predette pompe di calore soddisfino i seguenti requisiti: a) per le pompe di calore elettriche il coefficiente di prestazione (COP) e, qualora l’apparecchio fornisca anche il servizio di climatizzazione estiva, l’indice di efficienza energetica (EER) devono essere almeno pari ai valori indicati per l’anno 2010 nelle tabelle di cui all’allegato 1, paragrafi 1 e 2 del decreto ministeriale 6 agosto 2009, così come vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. La prestazione delle pompe deve essere misurata in conformità alla norma UNI EN 14511:2008. Al momento della prova la pompa di calore deve funzionare a pieno regime, nelle condizioni indicate nella tabella; b) per le pompe di calore a gas il coefficiente di prestazione (COP) deve essere almeno pari ai valori indicati per l’anno 2010 nella tabella di cui all’allegato 1, paragrafo 3, del decreto ministeriale 6 agosto 2009, così come vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Qualora l’apparecchio fornisca anche il servizio di climatizzazione estiva, l’indice di efficienza energetica (EER) deve essere almeno pari ai pertinenti a 0,6 per tutte le tipologie. La prestazione delle pompe deve essere misurata in conformità alle seguenti norme, restando fermo che al momento della prova le pompe di calore devono funzionare a pieno regime, nelle condizioni sopra indicate: − UNI EN 12309-2:2008: per quanto riguarda le pompe di calore a gas ad assorbimento (valori di prova sul p.c.i.); − UNI EN 14511: 2008 per quanto riguarda le pompe di calore a gas a motore endotermico; − Per le pompe di calore a gas endotermiche non essendoci una norma specifica, si procede in base alla UNI EN 14511: 2008, utilizzando il rapporto di trasformazione primario - elettrico = 0,4. c) per le pompe di calore dedicate alla sola produzione di acqua calda sanitaria è richiesto un COP > 2,6 misurato secondo la norma EN 16147 e successivo recepimento da parte degli organismi nazionali di normazione; d) qualora siano installate pompe di calore elettriche dotate di variatore di velocità (inverter), i pertinenti valori di cui al presente comma sono ridotti del 5 per cento. 4. Per il solare fotovoltaico, l’accesso agli incentivi statali di ogni natura è consentito, a decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, a condizione che: a) i componenti e gli impianti siano realizzati nel rispetto dei requisiti tecnici minimi stabiliti nei provvedimenti recanti i criteri di incentivazione;

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b) a decorrere da un anno dall’entrata in vigore del presente decreto i moduli siano garantiti per almeno 10 anni; 5. Per il solare termico, l’accesso agli incentivi statali di ogni natura è consentito, a decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, a condizione che: a) i pannelli solari e i bollitori impiegati sono garantiti per almeno cinque anni; b) gli accessori e i componenti elettrici ed elettronici sono garantiti almeno due anni; c) i pannelli solari presentano un’attestazione di conformità alle norme UNI EN 12975 o UNI EN 12976 che è stata rilasciata da un laboratorio accreditato. Sono equiparate alle UNI EN 12975 e UNI EN 12976 le norme EN 12975 e EN 12976 recepite dagli enti nazionali di normazione appartenenti al CEN Comitato Europeo di Normazione; d) l’installazione dell’impianto è stata eseguita in conformità ai manuali di installazione dei principali componenti; e) per il solare termico a concentrazione, in deroga a quanto previsto alla lettera c) e fino alla emanazione di norme tecniche UNI, la certificazione UNI è sostituita da un’approvazione tecnica da parte dell’ENEA. 6. Fermo restando il punto 5, per il solare termico, l’accesso agli incentivi statali di ogni natura è consentito, a condizione che, a decorrere da due anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo, i pannelli siano dotati di certificazione solar keymark. 7. Il rispetto delle norme tecniche di cui ai punti 1, 2, 3 e 4, lettera a), è comprovato tramite attestazione rilasciata da laboratori accreditati da organismi di accreditamento appartenenti allo European Co-operation for Accreditation (EA), o che abbiano stabilito accordi di mutuo riconoscimento con EA. Tale attestazione deve essere accompagnata da dichiarazione del produttore circa la corrispondenza dei prodotti immessi in commercio con quelli oggetto della suddetta attestazione. ALLEGATO 3 (art. 11, comma 1) OBBLIGHI PER I NUOVI EDIFICI O GLI EDIFICI SOTTOPOSTI A RISTRUTTURAZIONI RILEVANTI 1. Nel caso di edifici nuovi o edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, gli impianti di produzione di energia termica devono essere progettati e realizzati in modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura, tramite il ricorso ad energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili, del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e delle seguenti percentuali della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento: a) il 20 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013; b) il 35 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; c) il 50 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è rilasciato dal 1° gennaio 2017. 2. Gli obblighi di cui al comma 1 non possono essere assolti tramite impianti da fonti rinnovabili che producano esclusivamente energia elettrica la quale alimenti, a sua volta, dispositivi o impianti per la produzione di acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento. 3. Nel caso di edifici nuovi o edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, la potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili che devono essere obbligatoriamente installati sopra o all’interno dell’edificio o nelle relative pertinenze, misurata in kW, è calcolata secondo la seguente formula:

Dove S è la superficie in pianta dell’edificio al livello del terreno, misurata in m2, e K è un coefficiente (m2/kW) che assume i seguenti valori: a) K = 80, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013; b) K = 65, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; c) K = 50, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2017. 4. In caso di utilizzo di pannelli solari termici o fotovoltaici disposti sui tetti degli edifici, i predetti componenti devono essere aderenti o integrati nei tetti medesimi, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda. 5. L’obbligo di cui al comma 1 non si applica qualora l’edificio sia allacciato ad una rete di teleriscaldamento che ne copra l’intero fabbisogno di calore per il riscaldamento degli ambienti e la fornitura di acqua calda sanitaria. 6. Per gli edifici pubblici gli obblighi di cui ai precedenti commi sono incrementati del 10%. 7. L’impossibilità tecnica di ottemperare, in tutto o in parte, agli obblighi di integrazione di cui ai precedenti paragrafi deve essere evidenziata dal progettista nella relazione tecnica di cui all’articolo 4, comma 25, del decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59 e dettagliata esaminando la non fattibilità di tutte le diverse opzioni tecnologiche disponibili. 8. Nei casi di cui al comma 6, è fatto obbligo di ottenere un indice di prestazione energetica complessiva dell’edificio (I) che risulti inferiore rispetto al pertinente indice di prestazione energetica complessiva reso obbligatorio ai sensi del decreto legislativo n. 192 del 2005 e successivi provvedimenti attuativi(I192) nel rispetto della seguente formula:

ALLEGATO 4 (art. 15, comma 2) CERTIFICAZIONE DEGLI INSTALLATORI I sistemi di qualificazione di cui all’articolo 15, finalizzati anche all’attuazione di quanto previsto all’articolo 11, sono basati sui criteri seguenti: 1. Il programma di formazione o il riconoscimento del fornitore di formazione rispetta le seguenti caratteristiche: a) la formazione per la qualificazione deve essere effettuata secondo una procedura trasparente e chiaramente definita;

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b) è assicurata la continuità e la copertura regionale del programma di formazione offerto dal fornitore; c) il fornitore di formazione dispone di apparecchiature tecniche adeguate, in particolare di materiale di laboratorio o di attrezzature analoghe, per impartire la formazione pratica; d) oltre alla formazione di base, il fornitore di formazione deve anche proporre corsi di aggiornamento più brevi su temi specifici, ivi comprese le nuove tecnologie, per assicurare una formazione continua sulle installazioni; e) il fornitore di formazione può essere il produttore dell’apparecchiatura o del sistema, un istituto o un’associazione; f) la qualificazione degli installatori ha una durata limitata nel tempo e il rinnovo è subordinato alla frequenza di un corso di aggiornamento, in forma di seminario o altro. 2. La formazione per il rilascio della qualificazione degli installatori comprende sia una parte teorica che una parte pratica. Al termine della formazione, gli installatori devono possedere le capacità richieste per installare apparecchiatura e sistemi rispondenti alle esigenze dei clienti in termini di prestazioni e di affidabilità, essere in grado di offrire un servizio di qualità e di rispettare tutti i codici e le norme applicabili, ivi comprese le norme in materia di marchi energetici e di marchi di qualità ecologica. 3. La formazione si conclude con un esame in esito al quale viene rilasciato un attestato. L’esame comprende una prova pratica mirante a verificare la corretta installazione di caldaie o stufe a biomassa, di pompe di calore, di sistemi geotermici poco profondi o di sistemi solari fotovoltaici o termici. 4. Il previo periodo di formazione deve avere le seguenti caratteristiche: i) per gli installatori di caldaie e di stufe a biomassa: una formazione preliminare di idraulico, installatore di canalizzazioni, tecnico del riscaldamento o tecnico di impianti sanitari e di riscaldamento o raffreddamento; ii) per gli installatori di pompe di calore: una formazione preliminare di idraulico o di tecnico frigorista e competenze di base di elettricità e impianti idraulici (taglio di tubi, saldatura e incollaggio di giunti di tubi, isolamento, sigillamento di raccordi, prove di tenuta e installazione di sistemi di riscaldamento o di raffreddamento); iii) per gli installatori di sistemi solari fotovoltaici o termici: una formazione preliminare di idraulico o di elettricista e competenze di impianti idraulici, di elettricità e di copertura tetti, ivi compresi saldatura e incollaggio di giunti di tubi, sigillamento di raccordi, prove di tenuta, capacità di collegare cavi, buona conoscenza dei materiali di base per la copertura dei tetti, nonché dei metodi di isolamento e di impermeabilizzazione; o iv) un programma di formazione professionale che consenta agli installatori di acquisire competenze adeguate corrispondenti a tre anni di formazione nei settori di competenze di cui alle lettere a), b) o c), comprendente sia la formazione in classe che la pratica sul luogo di lavoro. 5. L’aspetto teorico della formazione degli installatori di caldaie e di stufe a biomassa dovrebbe fornire un quadro della situazione del mercato della biomassa e comprendere gli aspetti ecologici, i combustibili derivati dalla biomassa, gli aspetti logistici, la prevenzione degli incendi, le sovvenzioni connesse, le tecniche di combustione, i sistemi di accensione, le soluzioni idrauliche ottimali, il confronto costi/ redditività, nonché la progettazione, l’installazione e la manutenzione delle caldaie e delle stufe a biomassa. La formazione dovrebbe anche permettere di acquisire una buona conoscenza delle eventuali norme europee relative alle tecnologie e ai combustibili derivati dalla biomassa (ad esempio i pellet) e della legislazione nazionale e comunitaria relativa alla biomassa. 6. L’aspetto teorico della formazione degli installatori di pompe di calore dovrebbe fornire un quadro della situazione del mercato delle pompe di calore e coprire le risorse geotermiche e le temperature del suolo di varie regioni, l’identificazione del suolo e delle rocce per determinarne la conducibilità termica, le regolamentazioni sull’uso delle risorse geotermiche, la fattibilità dell’uso di pompe di calore negli edifici, la determinazione del sistema più adeguato e la conoscenza dei relativi requisiti tecnici, la sicurezza, il filtraggio dell’aria, il collegamento con la fonte di calore e lo schema dei sistemi. La formazione dovrebbe anche permettere di acquisire una buona conoscenza di eventuali norme europee relative alle pompe di calore e della legislazione nazionale e comunitaria pertinente. Gli installatori dovrebbero dimostrare di possedere le seguenti competenze fondamentali: i) comprensione di base dei principi fisici e di funzionamento delle pompe di calore, ivi comprese le caratteristiche del circuito della pompa: relazione tra le basse temperature del pozzo caldo, le alte temperature della fonte di calore e l’efficienza del sistema, determinazione del coefficiente di prestazione (COP) e del fattore di prestazione stagionale (SPF); ii) comprensione dei componenti e del loro funzionamento nel circuito della pompa di calore, ivi compreso il compressore, la valvola di espansione, l’evaporatore, il condensatore, fissaggi e guarnizioni, il lubrificante, il fluido frigorigeno, e conoscenza delle possibilità di surriscaldamento e di subraffreddamento e di raffreddamento; e iii) comprensione di base dei principi fisici, di funzionamento e dei componenti delle pompe di calore ad assorbimento e determinazione del coefficiente di prestazione (GUE) e del fattore di prestazione stagionale (SPF); iv) capacità di scegliere e di misurare componenti in situazioni di installazione tipiche, ivi compresa la determinazione dei valori tipici del carico calorifico di vari edifici e, per la produzione di acqua calda in funzione del consumo di energia, la determinazione della capacità della pompa di calore in funzione del carico calorifico per la produzione di acqua calda, della massa inerziale dell’edificio e la fornitura di energia elettrica interrompibile; determinazione di componenti, quale il serbatoio tampone e il suo volume, nonché integrazione di un secondo sistema di riscaldamento. 7. La parte teorica della formazione degli installatori di sistemi solari fotovoltaici e di sistemi solari termici dovrebbe fornire un quadro della situazione del mercato dei prodotti solari, nonché confronti costi/redditività e coprire gli aspetti ecologici, le componenti, le caratteristiche e il dimensionamento dei sistemi solari, la scelta di sistemi accurati e il dimensionamento dei componenti, la determinazione della domanda di calore, la prevenzione degli incendi, le sovvenzioni connesse, nonché la progettazione, l’installazione e la manutenzione degli impianti solari fotovoltaici e termici. La formazione dovrebbe anche permettere di acquisire una buona conoscenza delle eventuali norme europee relative alle tecnologie e alle certificazioni, ad esempio «Solar Keymark», nonché della legislazione nazionale e comunitaria pertinente. Gli installatori dovrebbero dimostrare di possedere le seguenti competenze fondamentali: i) capacità di lavorare in condizioni di sicurezza utilizzando gli strumenti e le attrezzature richieste e applicando i codici e le norme di sicurezza, e di individuare i rischi connessi all’impianto idraulico, all’elettricità e altri rischi associati agli impianti solari; ii) capacità di individuare i sistemi e i componenti specifici dei sistemi attivi e passivi, ivi compresa la progettazione meccanica, e di determinare la posizione dei componenti e determinare lo schema e la configurazione dei sistemi; iii) capacità di determinare la zona, l’orientamento e l’inclinazione richiesti per l’installazione dei sistemi solari fotovoltaici e dei sistemi solari di produzione di acqua calda, tenendo conto dell’ombra, dell’apporto solare, dell’integrità strutturale, dell’adeguatezza dell’impianto in funzione dell’edificio o del clima, e di individuare i diversi metodi di installazione adeguati al tipo di tetto e i componenti BOS (balance of system) necessari per l’installazione; iv) per i sistemi solari fotovoltaici in particolare, la capacità di adattare la concezione elettrica, tra cui la determinazione delle correnti di impiego, la scelta dei tipi di conduttori appropriati e dei flussi adeguati per ogni circuito elettrico, la determinazione della dimensione, del flusso e della posizione adeguati per tutte le apparecchiature e i sottosistemi associati, e scegliere un punto di interconnessione adeguato.

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(segue da pag. 32) - che con una tale corsa si raggiungerà entro la fine del 2011 l’obiettivo al 2020 del settore, previsto in 8.000 MW dal Piano Nazionale Rinnovabili, inviato nel giugno scorso alla Commissione UE, con costi superiori, quindi, a quelli previsti per una graduale implementazione che potesse utilizzare tecnologie più efficienti rispetto al silicio, che saranno disponibili fra qualche anno, come il grafene e le nanotecnologie; ebbene, dopo tutto questo, sarebbe “insostenibile” che si continui ad elargire risorse a chi è entrato nel settore con l’atteggiamento del “mordi e fuggi”, senza alcun interesse a riversare i guadagni ottenuti in ricerca ed innovazione, appesantendo ulteriormente la bilancia commerciale con le importazioni. Vediamo quali sono le principali novità contenute nel Decreto Legislativo di attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulle Rinnovabili, quali sintetizzate nel Dossier apparso il 7 marzo 2011 sul sito del Governo Italiano. Semplificazione delle procedure per l’autorizzazione La costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate, accelerate, proporzionate e adeguate, sulla base delle specifiche caratteristiche di ogni singola applicazione. L’attività è regolata, secondo un criterio di proporzionalità: a) dall’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, come modificato dall’articolo 5 del presente decreto; b) dalla procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6, ovvero c) dalla comunicazione relativa alle attività in edilizia libera di cui all’articolo 6, comma 11. Le Regioni e le Province autonome stabiliscono i casi in cui la presentazione di più progetti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi nell’ambito della valutazione di impatto ambientale. Con successivo decreto sono stabilite specifiche procedure autorizzative, con tempistica accelerata ed adempimenti

semplificati, per i casi di realizzazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili in sostituzione di altri impianti energetici, anche alimentati da fonti rinnovabili. Biometano - Al fine di favorire l’utilizzo del biometano nei trasporti, le regioni prevedono specifiche semplificazioni per il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti di distribuzione di metano e di adeguamento di quelli esistenti ai fini della distribuzione del metano. - Al fine di incentivare l’utilizzo del biometano nei trasporti, gli impianti di distribuzione di metano e le condotte di allacciamento che li collegano alla rete esistente dei metanodotti sono dichiarati opere di pubblica utilità e rivestono carattere di indifferibilità e di urgenza. Energia geotermica Al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale: 1. sono di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW. 2. sono di interesse locale le risorse geotermiche a media e bassa entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, di potenza inferiore a 20 MW ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi. Impianti solari fotovoltaici Per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, l’accesso agli incentivi statali è consentito a condizione che, in aggiunta ai requisiti previsti dall’allegato 2: a) la potenza nominale di ciascun impianto non sia superiore a 1 MW e,

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nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario, gli impianti siano collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri; b) non sia destinato all’installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente. Questi limiti non si applicano: - ai terreni abbandonati da almeno cinque anni; - agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro il 1° gennaio 2011, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 agosto 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 197 del 24 agosto 2010, si applicano alla produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011. L’incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici che entrino in esercizio successivamente al 31 maggio 2011 è disciplinata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del mare, sentita la Conferenza unificata entro il 30 aprile 2011, sulla base dei seguenti principi: a) determinazione di un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti; b) determinazione delle tariffe incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto e degli incentivi applicati negli Stati membri dell’Unione europea; c) previsione di tariffe incentivanti e di quote differenziate sulla base della natura dell’area di sedime. Fatte salve le norme penali, qualora sia stato accertato che i lavori di installazione dell’impianto fotovoltaico non sono stati conclusi entro il 31 dicembre 2010, a seguito dell’esame della richiesta di incentivazione, il GSE rigetta l’istanza di incentivo e dispone contestualmente l’esclusione dagli incentivi degli impianti che utilizzano anche in altri siti le componenti dell’impianto non


ammesso all’incentivazione. Con lo stesso provvedimento il GSE dispone l’esclusione dalla concessione di incentivi per la produzione di energia elettrica di sua competenza, per un periodo di dieci anni dalla data dell’accertamento, della persona fisica o giuridica che ha presentato la richiesta. Gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi da 382 a 382-quinquies dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e al comma 145 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 si applicano anche agli impianti a biogas di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, entrati in esercizio commerciale prima del 1° gennaio 2008. Il periodo residuo degli incentivi è calcolato sottraendo alla durata degli incentivi il tempo intercorso tra la data di entrata in esercizio commerciale degli impianti di biogas e il 31 dicembre 2007. Edifici di nuova costruzione e ristrutturazioni importanti I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti prevedono l’utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento secondo i principi minimi di integrazione e le decorrenze di cui all’allegato 3. L’inosservanza dell’obbligo comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio. I progetti di edifici di nuova costruzione e di ristrutturazioni rilevanti su edifici esistenti che assicurino una copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento in misura superiore di almeno il 30 per cento rispetto ai valori minimi obbligatori di cui all’allegato 3, beneficiano, in sede di rilascio del titolo edilizio, di un bonus volumetrico del 5 per cento, fermo restando il rispetto delle norme in materia di distanze minime tra edifici e distanze minime di protezione del nastro stradale. Riordino oneri economici e finanziari Entro il 31 dicembre 2012 si provvede al riordino degli oneri economici e finanziari e delle diverse forme di garanzia richiesti per l’autorizzazione, la connessione, la costruzione, l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili

e il rilascio degli incentivi ai medesimi impianti. Il riordino è effettuato sulla base dei seguenti criteri: a) coordinare ed unificare, laddove possibile, i diversi oneri e garanzie al fine di evitare duplicazioni o sovrapposizioni; b) rendere proporzionato e razionale il sistema complessivo di oneri e garanzie; c) rendere efficiente l’intero processo amministrativo ed accelerare la realizzazione degli impianti, contrastando attività speculative nelle diverse fasi di autorizzazione, connessione, costruzione, esercizio degli impianti e rilascio degli incentivi; d) prevedere la possibilità di diversificare gli oneri e le garanzie per fonti e per fasce di potenza, tenendo conto dell’effetto scala; e) coordinare gli oneri per l’assegnazione degli incentivi, ai fini dell’autorizzazione, e quelli a garanzia della connessione degli impianti disposti; f) per gli oneri e le garanzie a favore di Regioni o di enti locali, prevedere principi minimi generali che restano validi fino all’emanazione di un’apposita normativa regionale; g) definire i casi in cui l’acquisizione del nulla osta minerario può essere sostituito da dichiarazione del progettista circa l’insussistenza di interferenze con le attività minerarie, prevedendo la pubblicazione delle informazioni necessarie a tal fine da parte dalla competente autorità di vigilanza mineraria ed eventualmente coinvolgendo le Regioni interessate; h) definire le modalità e le garanzie da rispettare per assicurare il corretto smaltimento dei componenti dell’impianto. Certificazione energetica degli edifici Nei contratti di compravendita o di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici. Nel caso di locazione, la disposizione si applica solo agli edifici e alle unità immobiliari già dotate di attestato di certificazione energetica. A decorrere dal 1° gennaio 2012, nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, gli annunci commerciali di vendita riportano l’indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di

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certificazione energetica. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili accedono agli incentivi statali a condizione che rispettino i requisiti e le specifiche tecniche di cui all’allegato 2. Misure in materia di efficienza energetica 1. In vista dell’esigenza di procedere in tempi brevi all’attuazione delle attività previste dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 ai fini del conseguimento degli obiettivi congiunti di sviluppo delle fonti rinnovabili e promozione dell’efficienza energetica, anche nelle more dell’emanazione dei provvedimenti di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, del medesimo decreto legislativo, l’ENEA avvia ed effettua le attività in esso previste e in particolare: a) ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, redige e trasmette al Ministero dello sviluppo economico almeno 15 schede standardizzate per la quantificazione dei risparmi nell’ambito del meccanismo dei certificati bianchi, con particolare riguardo ai seguenti settori/interventi: i. diffusione di automezzi elettrici, a gas naturale e a GPL; ii. interventi nel settore informatico con particolare riguardo all’utilizzo di server/servizi remoti anche virtuali; iii. illuminazione efficiente con particolare riguardo all’illuminazione pubblica a LED e al terziario; iv. misure di efficientamento nel settore dell’impiantistica industriale; v. misure di efficientamento nel settore della distribuzione idrica; vi. risparmio di energia nei sistemi di telecomunicazioni e uso delle tecnologie delle comunicazioni ai fini del risparmio energetico; vii. recuperi di energia; viii. apparecchiature ad alta efficienza per il settore residenziale, terziario e industriale, quali ad esempio gruppi frigo, unità trattamento aria, pompe di calore, elettrodomestici anche dotati di etichetta energetica; l’ENEA sviluppa procedure standardizzate che consentano la quantificazione dei risparmi con l’applicazione di metodologie statistiche e senza fare


ricorso a misurazioni dirette; b) provvede a pubblicare casi studio e parametri standard come guida per facilitare la realizzazione e la replicabilità degli interventi a consuntivo. Portale informativo Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Gestore dei servizi energetici (GSE) realizza, aggiornandolo sulla base dell’evoluzione normativa, in collaborazione con l’ENEA per quanto riguarda le informazioni relative all’efficienza energetica, un portale informatico recante: a) informazioni dettagliate sugli incentivi nazionali per le fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, calore e freddo e sulle relative condizioni e modalità di accesso; b) informazioni sui benefici netti, sui costi e sull’efficienza energetica delle apparecchiature e dei sistemi per l’uso di calore, freddo ed elettricità da fonti energetiche rinnovabili; c) orientamenti che consentano a tutti i soggetti interessati, in particolare agli urbanisti e agli architetti, di considerare adeguatamente la combinazione ottimale di fonti energetiche rinnovabili, tecnologie ad alta efficienza e sistemi di teleriscaldamento e di teleraffrescamento in sede di pianificazione, progettazione, costruzione e ristrutturazione di aree industriali o residenziali; d) informazioni riguardanti le buone pratiche adottate nelle regioni, nelle province autonome e nelle province per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per promuovere il risparmio e l’efficienza energetica; e) informazioni di sintesi in merito ai procedimenti autorizzativi adottati nelle regioni, nelle province autonome e nelle province per l’installazione degli impianti a fonti rinnovabili, anche a seguito di quanto previsto nelle linee guida adottate ai sensi dell’articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Il GSE può stipulare accordi con le autorità locali e regionali per elaborare programmi d’informazione, sensibilizzazione, orientamento o formazione, al fine di informare i cittadini sui benefici e sugli aspetti pratici dello sviluppo e dell’impiego di energia da fonti rinnovabili. I programmi sono coordinati con quelli svolti in attuazione del comma 1 e riportati nel portale informatico di cui al medesimo comma 1.

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono stabilite le condizioni e le modalità con le quali i fornitori o gli installatori di impianti a fonti rinnovabili abilitati alle attività di cui all’articolo 15, commi 4 e 6, rendono disponibili agli utenti finali informazioni sui costi e sulle prestazioni dei medesimi impianti. Qualificazione degli installatori La qualifica professionale per l’attività di installazione e di manutenzione straordinaria di caldaie, caminetti e stufe a biomassa, di sistemi solari fotovoltaici e termici sugli edifici, di sistemi geotermici a bassa entalpia e di pompe di calore, è conseguita col possesso dei requisiti tecnico professionali di cui, in alternativa, alle lettere a), b) o c) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, fatto salvo quanto stabilito dal comma 2 del presente articolo. A decorrere dal 1° agosto 2013, i requisiti tecnico professionali di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c) del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37 si intendono rispettati quando: a) il titolo di formazione professionale è rilasciato nel rispetto delle modalità di cui ai commi 3 e 4 e dei criteri di cui all’allegato 4 e attesta la qualificazione degli installatori; b) il previo periodo di formazione è effettuato secondo le modalità individuate nell’allegato 4. Entro il 31 dicembre 2012, le Regioni e le Province autonome, nel rispetto dell’allegato 4, attivano un programma di formazione per gli installatori di impianti a fonti rinnovabili o procedono al riconoscimento di fornitori di formazione, dandone comunicazione al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Allo scopo di favorire la coerenza con i criteri di cui all’allegato 4 e l’omogeneità a livello nazionale, ovvero nel caso in cui le Regioni e le Province autonome non provvedano entro il 31 dicembre 2012, l’ENEA mette a disposizione programmi di formazione per il rilascio dell’attestato di formazione. Le Regioni e le Province autonome possono altresì stipulare accordi con l’ENEA e con la scuola di specializzazione in discipline ambientali, di cui all’articolo 7, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, per il supporto nello svolgimento delle attività di cui al comma 3.

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Gli eventuali nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica derivanti dalle attività di formazione di cui ai commi 3 e 4 sono posti a carico dei soggetti partecipanti alle medesime attività. Il riconoscimento della qualificazione rilasciata da un altro Stato membro è effettuato sulla base di principi e dei criteri di cui al decreto legislativo 7 novembre 2007, n. 206, nel rispetto dell’allegato 4. I titoli di qualificazione di cui ai precedenti commi sono resi accessibili al pubblico per via informatica, a cura del soggetto che li rilascia. Riordino incentivi Il presente Titolo ridefinisce la disciplina dei regimi di sostegno applicati all’energia prodotta da fonti rinnovabili e all’efficienza energetica attraverso il riordino ed il potenziamento dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce un quadro generale volto alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica in misura adeguata al raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 3, attraverso la predisposizione di criteri e strumenti che promuovano l’efficacia, l’efficienza, la semplificazione e la stabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l’armonizzazione con altri strumenti di analoga finalità e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori. Costituiscono ulteriori principi generali dell’intervento di riordino e di potenziamento dei sistemi di incentivazioni la gradualità di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalità agli obiettivi, nonché la flessibilità della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell’evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Non hanno titolo a percepire gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, da qualsiasi fonte normativa previsti, i soggetti per i quali le autorità e gli enti competenti abbiano accertato che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero hanno reso dichiarazioni false o mendaci. Fermo restando il recupero delle somme indebitamente percepite, la condizione ostativa alla percezione degli incentivi ha durata di dieci anni dalla data dell’accertamento.


ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

La Gran Bretagna è il primo Paese al Mondo

IL GOVERNO BRITANNICO ADOTTA UN CONTO ENERGIA PER LE RINNOVABLI TERMICHE

L’Italia dovrebbe seguirne quanto prima l’esempio

Mentre in Italia il 4° Conto Energia per il fotovoltaico, che dovrebbe essere predisposto per la fine del mese di marzo, sta catalizzando l’attenzione degli operatori ed alimentando vivaci polemiche, la Gran Bretagna, dopo aver ridotto le tariffe premianti (feed-in-tariffs) agli impianti fotovoltaici di grandi dimensioni, prima della loro scadenza, ha approvato il 10 marzo, primo Paese al mondo, il Conto Energia per le rinnovabili termiche (Renewable Heat Incentive). È stato lo stesso Segretario di Stato per l’Energia e i Cambiamenti Climatici, Chris Huhne a darne notizia. “Annuncio che oggi è stato pubblicato il documento programmatico che definisce nei dettagli l’incentivo per il calore da rinnovabili (RHI) a sostegno delle relative tecnologie che includono le biomasse, le pompe di calore, la geotermia, il solare termico e il biometano - si legge nel comunicato stam-

pa - Il riscaldamento rappresenta il 47% del consumo finale di energia dell’intera Gran Bretagna e il 46% delle nostre emissioni di carbonio. Abbiamo già misure obbligatorie ed incentivanti per aiutare ad incrementare la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, come dimostra la recente espansione delle fattorie eoliche e dei pannelli solari domestici. Al contempo, abbiamo introdotto l’obbligo di carburanti per i trasporti, derivanti da fonti rinnovabili, per contribuire a trasformare le nostre modalità d’uso dei carburanti. L’introduzione della RHI sarà il primo sostegno finanziario garantito a lungo termine per gli impianti di produzione del calore da rinnovabili”. Secondo quanto comunicato dal Department of Energy & Climate Change (DECC), la RHI ridurrà di 44 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 al 2020 (equivalenti alle emissioni di 20 centrali a gas), incoraggiando l’installazione di pompe di calore in 13.000 impianti industriali e in 110.000 punti commerciali, fornendo il 25% del fabbisogno di calore di tali settori e incrementando di 7 volte il numero degli impianti con queste forme di energia termica, rispetto al numero di quelli previsti al 2014. Qualsiasi luogo, riferisce il DECC, dal pub alla biblioteca pubblica, dalla scuola alla centrale elettrica, potrà usufruire della RHI per l’installazione di pompe di calore. Le tariffe premianti saranno garantite per 20 anni, incentivando non già l’installazione delle apparecchiature in sé, ma la produzione di energia, differenziando la tariffa premiante a seconda della fonte utilizzata: da una minor remunerazione per la quantità di calore prodotta da biomasse alla maggiore che verrà garantita per la produzione della stessa quantità di calore prodotta da un pannello solare termico. L’incentivo entrerà in vigore già da quest’anno per il settore dell’industria e del commercio, mentre da ottobre 2012 sarà disponibile per tutti. Usufruiranno degli incentivi anche gli impianti a rinnovabili termiche che siano stati installati dopo il 15 luglio 2009. Viene prevista pure una RHI Premium per incentivare ulteriormente le instal-

Schema di funzionamento pompe di calore geotermiche (Fonte: riqualificazioneenergetica.info)

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lazioni in case isolate o dove è più costoso il rifornimento di combustibili fossili. A fronte di un investimento per 4 anni di 860 milioni di sterline, il Governo Britannico stima che si innescherà un business di investimenti per 4,5 miliardi di sterline nei prossimi 10 anni e 150.000 nuovi posti di lavoro. “La RHI rappresenta un serio investimento per il nostro futuro, offrendo significativi vantaggi - ha sottolineato Huhne - Supporta le tecnologie e le imprese emergenti del nostro Paese; riduce le emissioni di carbonio e contribuisce a raggiungere il nostro obiettivo giuridicamente vincolante per l’utilizzo delle rinnovabili; rafforza l’impegno del Governo nell’introdurre misure volte ad incrementare la produzione di energia da rifiuti attraverso la digestione aerobica”. In Italia, nonostante il Position Paper sulle rinnovabili, approvato dal Governo il 7 settembre 2007, indicasse “la necessità di quintuplicare il potenziale delle rinnovabili termiche”, a tutt’oggi il settore contribuisce a circa 3 Mtep, rispetto ad un potenziale al 2020 di 16 Mtep. Siamo in forte ritardo, anche a causa del prevalere di una distorta idea elettrocentrica delle energie pulite, indotta dal

disinteresse dei politici e dalla scarsa attenzione riservata al settore dai media, che hanno sostenuto gli uni e gli altri altre fonti rinnovabili, meno efficienti, ma che hanno potuto godere di un’ “immagine” eclatante, grazie anche ai maggiori finanziamenti ricevuti. L’opinione pubblica non conosce il grande potenziale delle rinnovabili termiche e no sa, per esempio, che produrre 1 kW da rinnovabili termiche è meno costoso di 1 kW elettrico. Sono numerose, inoltre, le applicazioni da sfruttare: dal raffrescamento ai grandi impianti di utenze collettive, dal teleriscaldamento al calore di processo nell’industria. Se si tiene presente, poi, che il Pacchetto “Clima -Energia” dell’Unione europea impone ai Paesi membri di prevedere entro il 2015, al più tardi, che nei regolamenti e codici edilizi siano inseriti livelli minimi di energia da fonti rinnovabili nelle nuove costruzioni e negli edifici esistenti che sono soggetti ad importanti ristrutturazioni, si può ben comprendere come in Italia sarebbe quanto mai auspicabile che si pervenisse al più presto ad un Conto energia per le rinnovabili termiche sul modello britannico o, almeno, come a quello esistente per il fotovoltaico.

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La Relazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG)

IL MERCATO ENERGETICO NAZIONALE A DUE VELOCITÀ In aumento il “peso” del fotovoltaico sulla bolletta dei consumatori

La persistente inefficienza del mercato gas, i miglioramenti di quello elettrico ed il crescente impatto delle rinnovabili in bolletta, sono i principali aspetti messi in luce nella Relazione sullo stato del mercato nazionale dell’elettricità e del gas, che l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) ha trasmesso alle Commissioni Parlamentari competenti come richiesto dalla Legge 99 del 2009. Nelle oltre 50 pagine di analisi, corredate di tabelle e dati, sono state segnalate le problematiche ancora aperte e vi si propongono alcune possibili soluzioni. Viene sottolineata l’asimmetria fra lo stato di sviluppo del mercato elettrico (più avanzato), e quello del gas (ancora in ritardo) che evidenzia un mercato energetico nazionale a “due velocità”. Di seguito vengono richiamati i principali temi trattati. Mercato elettrico Il settore elettrico sta beneficiando dei

primi positivi effetti dell’apertura alla concorrenza: - la quota dell’operatore dominante ENEL è scesa al 30%; - la borsa funziona ed il divario di prezzi fra il Continente e le Isole è destinato a ridursi per effetto delle nuove infrastrutture. Un numero crescente di famiglie (13%) ed aziende medio-piccole (35%) ha scelto il mercato libero e gli interventi di regolazione hanno drasticamente ridotto i disservizi: oggi, in Italia, la durata media delle interruzioni, per anno e per cliente, è scesa da 130 a 46 minuti (uno dei migliori risultati in Europa) e la loro frequenza è diminuita del 50%; ciò ha consentito di evitare un costo da oltre 2,7 miliardi di euro per i consumatori. Questi, inoltre, hanno potuto già beneficiare di 28 milioni di euro come indennizzi automatici e di 1,5 milioni come bonus elettricità. Per il futuro, l’Autorità avanza alcune

proposte per: - rafforzare l’integrazione con gli altri mercati europei, rispetto ai quali i prezzi stanno progressivamente convergendo; - promuovere gli investimenti nelle reti ed in nuove centrali (ad esempio con il capacity payment o con strumenti per lo sviluppo di mercati a lungo termine); - garantire concorrenza, adeguatezza e sicurezza al sistema; - agevolare lo scambio dei dati fra operatori e contrastare il fenomeno della morosità. Mercato del gas Diverso è lo stato del mercato nazionale del gas, ancora molto vulnerabile, in caso di incidenti o di crisi per gli approvvigionamenti, e con prezzi più elevati del resto d’Europa, a causa della scarsità di infrastrutture e di concorrenza. L’operatore dominante ENI controlla ancora l’84,5% della produzione nazionale e diretta-

Evoluzione della produzione di energia elettrica in Italia da fonti rinnovabili (1996-2009). Dalla figura si nota che, accanto alle nuove fonti rinnovabili in crescita negli ultimi anni, rimane determinante l’apporto degli impianti idroelettrici (Fonte: AEEG)

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mente o indirettamente, oltre il 60% delle importazioni; a quasi 10 anni dall’apertura del mercato, solo l’8% delle famiglie ed il 2% delle aziende medio-piccole ha cambiato fornitore e la borsa gas sconta gravi carenze di liquidità. Da qui la necessità di potenziare le infrastrutture (gasdotti, rigassificatori, stoccaggi) e di aprire il mercato alla concorrenza, anche attraverso la separazione proprietaria della rete di SNAM Rete Gas: soluzione già decisa con leggi nazionali (legge 290 del 2003 e successive), già positivamente adottata in altri Paesi europei e, per il settore elettrico, anche in Italia, soluzione ritenuta anche dalla Commissione Europea come la soluzione migliore per promuovere gli investimenti ed una reale competizione a beneficio di tutti. Per quanto riguarda le famiglie meno abbienti, sono stati già erogati 640.000 bonus gas, sulla base del meccanismo di solidarietà fra consumatori, già attivato e suscettibile di ulteriori sviluppi. Fonti rinnovabili L’Autorità ha espresso ripetutamente, nel corso degli ultimi anni, la convinzione che le fonti rinnovabili costituiscano, per il nostro Paese, una grande opportunità non solo per

quanto strettamente attiene la diversificazione delle fonti e la protezione ambientale, ma anche per la ricerca, la filiera industriale e l’occupazione. Proprio per questo, i sistemi di incentivazione ed i relativi oneri di sistema in bolletta dovrebbero essere definiti e dimensionati con criteri di massima efficienza e secondo livelli di sicura sostenibilità. Per le bollette degli italiani si profila invece il rischio di una stangata rinnovabili per effetto di un sistema di incentivi, fra i più profittevoli al mondo (sistemi di incentivazione si basano su meccanismi quali il Cip 6, i certificati verdi, il conto energia, lo scambio sul posto, la tariffa fissa omnicomprensiva etc ) con un impatto crescente in bolletta: dai 2,5 miliardi di euro del 2009 si è passati ai 3,4 del 2010 e nel 2011 potrebbe arrivare, in assenza di interventi, fino a 5,7 miliardi di euro. Nel dettaglio, dal 2001 ad oggi, gli italiani hanno pagato oltre 23 miliardi di euro in bolletta per il sistema Cip 6 (a sostegno alle fonti rinnovabili e assimilate) e, nonostante la prevista risoluzione anticipata delle convenzioni, i costi potrebbero nuovamente aumentare per effetto di recenti leggi che hanno riconosciuto incentivi Cip 6 anche agli impianti alimentati da rifiuti. Nel 2010 il Cip 6, con esclusivo

Stima dei costi complessivi per l’incentivazione delle fonti rinnovabili (Fonte: AEEG)

riferimento alle fonti rinnovabili, ha comportato un onere di 0,78 miliardi di euro. Se ad esse si sommano le fonti assimilate, il costo complessivo scaricato in bolletta è stato pari a circa 1,8 miliardi di euro. Ad appesantire le future bollette, vi è poi il possibile raddoppio dei costi a 1,6 milioni di euro legati all’eccesso di offerta di certificati verdi ed alla crescita esponenziale degli incentivi al fotovoltaico, (aumentati da 300 milioni di euro del 2009 a 826 milioni nel 2010) e l’eventualità di triplicare nel 2011. Infatti, secondo le migliori stime ad oggi possibili, se tutti gli impianti che cono stati dichiarati terminati (salvo gli indispensabili ed urgenti controlli) entrassero realmente in esercizio entro il 30 giugno 2011, in Italia potrebbero esserci a quella data 180.000 impianti fotovoltaici, con una potenza installata di 6500 MW, una producibilità di 8 TWh e un conseguente costo per il sistema elettrico prossimo ai 3 miliardi di euro su base annua. Se a questi impianti si aggiungessero i 3.000 MW preventivati con il decreto 6 agosto 2010, l’obiettivo nazionale al 2020 per il fotovoltaico, verrebbe raggiunto già nel 2013, con 7 anni di anticipo ed a costi molto più elevati per il sistema, sulla base di tecnologie più costose e meno efficienti rispetto a quelle che potrebbero svilupparsi nei prossimi anni. Infine vi è la tariffa fissa onnicomprensiva che ha comportato un costo in bolletta di circa 112 milioni di euro nel 2009, 212 milioni nel 2010 con previsione di rapida crescita per l’entrata in esercizio di nuovi impianti. Tutto ciò impatta sulle già evidenti criticità a livello di reti; criticità relative alla saturazione virtuale (per effetto della prenotazione di capacità di trasporto a fini speculativi, senza che poi vengano realizzati gli impianti) e di saturazione reale che, in alcune zone del paese, già oggi non consente di trasportare tutta la produzione elettrica da rinnovabili immessa in rete.

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Presentato il primo Rapporto dell’Osservatorio Agroenergia

IL GIACIMENTO ENERGETICO DEI NOSTRI CAMPI Sono previsti benefici per 20 milioni di euro nel 2020 È stato presentato al Convegno di apertura della V edizione della Mostra Convegno Agroenergia - Tecnologie e Soluzioni di Tortona (3-5 marzo 2011), il primo Rapporto dell’Osservatorio Agroenergia che EnergEtica Onlus Distretto Agronergetico Italia Nord Ovest e Confagricoltura hanno commissionato alla Società di ricerca e consulenza Althesys s.r.l. Il neonato Osservatorio ha lo scopo di monitorare la filiera italiana delle energie rinnovabili legate all’agricoltura, individuando i principali trend evolutivi, i modelli di sviluppo e il contributo del settore all’economia del Paese. In particolare, l’iniziativa intende: - offrire una base informativa indipendente ed affidabile sulle dinamiche e sulle prospettive del comparto delle agroenergie in Italia; - fornire chiavi di lettura sui fenomeni strutturali del settore per meglio comprenderne le evoluzioni e le potenzialità di sviluppo; - valutare il contributo del settore sia alla crescita del comparto agricolo che al fabbisogno energetico nazionale; - proporre politiche per lo sviluppo delle agroenergie in una visione integrata di sostenibilità ambientale, sociale ed economica; - rappresentare un punto di riferimento e di dibattito scientifico qualificato per le imprese agricole ed energetiche, le istituzioni, i policy maker e tutti gli stakeholder. Il Rapporto 2011 ha sviluppato un’analisi della filiera delle agroenergie in Italia, esaminando i principali segmenti che la compongono, il loro contributo al settore energetico italiano e il loro ruolo nell’ambito del comparto agricolo. L’analisi si inquadra nel più ampio scenario delle politiche per le energie rinnovabili nel nostro Paese alla luce degli obiettivi UE e mira a valutare il potenziale di sviluppo delle energie legate all’agricoltura. Punto centrale è comprendere se e come le agroenergie contribuiscano a creare valore per la comunità in Italia. Perno dello studio, dunque, è stato il bilancio costi-benefici delle agroenergie, sia nell’attuale situazione che in diversi scenari di sviluppo. L’obiettivo del lavoro è stato, in definitiva, rispondere ad alcuni interrogativi chiave: - qual è la dimensione attuale e prospettica di questo settore? - quali sono gli impatti per l’economia e l’ambiente dello sviluppo delle bioenergie? - come trovare un equilibrio tra convenienza aziendale e sostegno pubblico? - quali effetti può avere questo settore sull’occupazione e sull’indotto? - energie rinnovabili connesse all’agricoltura creano valore per il Paese?

Così, l’assunto che emerge dal Rapporto è che mentre l’Italia dipende dalle forniture straniere di energia, il greggio rincara e la Libia ferma le forniture di petrolio, le agroenergie possono dare al nostro Paese benefici fino a 20 miliardi di euro nei prossimi dieci anni. Secondo l’indagine, che ha considerato come voci di costo gli incentivi e le carenze infrastrutturali, e come voci di beneficio gli effetti sul PIL e quelli sull’occupazione, la riduzione delle emissioni e la riduzione del fuel risk le agroenergie possono: - dare al nostro Paese benefici fino a 20 miliardi di euro nei prossimi dieci anni; - ridurre le emissioni di CO2 fino a 280 milioni di tonnellate nei prossimi dieci anni; - produrre entro il 2020 un numero di addetti aggiuntivi nel settore agricolo di ben 10mila unità (calcolati al netto di quelli che si sarebbero creati in assenza dello sviluppo delle agroenergie). Inoltre, il loro sviluppo porterebbe a impiegare il 10,3% della superficie agricola utilizzata (SAU), da rapportare al fatto che la stessa è diminuita del 27% rispetto al 1970. In alcuni settori, come quello del biogas, il segno più negli ultimi due anni è stato addirittura del 285%, rendendo il mercato italiano il più dinamico al mondo. “Secondo la nostra analisi, il valore dei benefici relativi alle agroenergie batte nettamente quello dei costi - ha spiegato Alessandro Marangoni, Amministratore delegato di Althesys srl e Direttore scientifico dell’Osservatorio - In un primo scenario di sviluppo ordinario per il settore, che riprende gli obiettivi del PAN, il Piano d’Azione Nazionale per le energie rinnovabili, la potenza installata raggiungerà nel 2020 i 3.820 MW. In un secondo, accelerato ma credibile, i 4.860 MW. Nel primo caso il sistema italiano guadagnerebbe 13,9 miliardi di euro, nel secondo 19,9 miliardi di euro”. “Un importante valore aggiunto delle agroenergie è l’integrazione tra un settore tradizionale come l’agricoltura e l’innovazione propria del mondo energetico - ha aggiunto Marangoni - La PAC, la Politica Agricola Comunitaria, sostiene il ruolo delle agroenergie intelligenti: cioè quelle non in conflitto con il settore alimentare, che utilizzano terreni marginali e sfruttano per produrre energia i sottoprodotti della lavorazione agricola. Tutti scarti che, altrimenti, andrebbero gestiti come rifiuti”. “L’Osservatorio che lanciamo oggi è il primo strumento organico capace di misurare e monitorare l’impatto che questo settore può avere, e già ha, sull’economia italiana ha osservato Piero Mattirolo, Amministratore delegato di EnergEtica, la Società che promuove e organizza la Mostra Convegno di Tortona - Dallo studio si ricava che gli incentivi che occorrono per fare decollare questo nuovo settore

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hanno un effetto moltiplicatore che li ripaga da 3 a 4 volte. Il Decreto sulle rinnovabili dovrebbe mantenere l’elevato trend di crescita delle agroenergie che è indispensabile per raggiungere gli obiettivi concordati per l’Italia nella Direttiva 2009/28/CE; in caso contrario frenerà bruscamente lo sviluppo di un settore che, in controtendenza con il resto dell’economia, sta crescendo a tassi di due cifre e creando lavoro qualificato in campi innovativi. I dati ci confermano che biomasse, biogas, biocarburanti e fotovoltaico agricolo danno una grossa mano all’agricoltura, riducono la dipendenza dal petrolio e sono un buon affare per l’Italia”. “La produzione di energia da biomasse dovrà aumentare da 2,2 a 9,8 Mtep entro il 2020. I 7,6 Mtep in più che rappresentano praticamente la metà delle energie da fonti

rinnovabili che l’Italia dovrà produrre da qui a meno di dieci anni - ha sottolineato Federico Vecchioni, Presidente di Confagricoltura - In tale contesto l’agricoltura nazionale può ambire ad avere un ruolo di primo piano rispetto agli obiettivi nazionali di sviluppo delle energie rinnovabili. Il solo comparto agricolo può fornire, tramite l’energia da biomasse, almeno 3 dei 17 punti percentuali richiesti all’Italia dalla Direttiva 20-20-20 (un contributo prossimo al 20%)”. “Dopo le forti preoccupazioni dei giorni scorsi dovute alla previsione di un “tetto” all’uso di coltivazioni dedicate - ha concluso Vecchioni - il testo approvato del Decreto Legislativo sulle Rinnovabili, infatti, non fa alcun riferimento a tali limitazioni. Lo sviluppo sostenibile degli impianti sarà comunque garantito attraverso gli strumenti introdotti dalle Linee guida per le autorizzazioni”.

L’impianto di Cossato (BI) realizzato da AGO Energia • Potenza elettrica: 2,8MW • Potenza termica: 7MW • Fabbisogno biomassa: 35.000 ton/a di cippato locale di cui il 60% autoprodotto

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UNO SPAZIO DEDICATO A...

Regione Emilia Romagna

AGROALIMENTARE, BIOLOGICO, ENERGIA: QUANDO L’AGRICOLTURA TRAINA LO SVILUPPO Il settore primario in Emilia Romagna nella fotografia dell’Assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni di Silvia Barchiesi

È il cuore di una tradizione secolare, frutto dell’unione tra le caratteristiche del territorio e il sapere tramandato di generazione in generazione, oltre che il motore dello sviluppo economico dell’intera regione: l’agricoltura in Emilia Romagna, con le sue 81.962 aziende agricole, stando ai dati Istat del 2007, (circa 96.000 secondo i dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura in corso di elaborazione), è anche la più importante d’Italia per esportazioni. Ma i primati dell’agricoltura emiliano-romagnola non finiscono qui. Con le sue 4.000 imprese bio (tra aziende agricole, allevamenti e imprese di trasformazione), l’Emilia Romagna è anche la prima regione nel Nord Italia per numero di operatori biologici e con i suoi 18 prodotti DOP e 15 IGP vanta il primato tra le regioni italiane per numero di prodotti riconosciuti con le prestigiose qualifiche di denominazione di origine protetta (DOP) e indicazione geografica protetta (IGP). A scattare la fotografia del mondo agricolo emillianoromagnolo, alle prese con tutela della produzione locale nel mercato globale, lo sviluppo del biologico e la sostenibilità energetica è lo stesso Assessore regionale all’Agricoltura, Tiberio Rabboni, che ne racconta sfide, opportunità e conquiste.

La vostra Regione vanta una tradizione agricola di tutto rispetto. Quanto incide la produzione agricola sull’economia della vostra realtà regionale e in che misura contribuisce al suo sviluppo economico? La nostra agricoltura è un volano anche per le attività di indotto che stanno a monte e a valle della produzione agricola in senso stretto. Nella nostra Regione ci sono industrie primarie di meccanica agricola che vantano leadership importanti a livello internazionale, oltre che attività di logistica e di servizi all’agricoltura d’avanguardia. Non a caso alcune delle più grandi aziende di macchinari agricoli, come la Goldoni e la Landini, hanno sede qui. Insomma, l’agricoltura, che pur rappresentando soltanto

il 5% della PLV regionale muove un indotto importante che complessivamente rappresenta quasi il 20% della PLV regionale. Un’altra caratteristica della nostra agricoltura è la “distintività” delle produzioni: siamo la Regione dei prodotti tutelati dall’Unione Europea più rinomati, la patria del made in Italy agroalimentare, la regione con il più alto numero di eccellenze agroalimentari. Ne sono esempio il Prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Cotechino di Modena, ecc. L’elenco è comunque lungo e conta ben 33 prodotti: 18 DOP e 15 IGP. Oltre che per produzioni agroalimentari d’eccellenza, la vostra Regione si distingue anche per quanto riguarda la produzione biologica. Qual è la realtà bio in Emilia Romagna? Il biologico nella nostra Regione è una realtà consolidata e in forte sviluppo. Ormai da anni abbiamo adottato nelle colture ortofrutticole e in quelle vegetali in generale, la cosiddetta tecnica della produzione integrata, una sorta di mix di “lotta biologica” e uso mirato dei trattamenti chimici, un sistema di produzione agricola che utilizza tutti i metodi agronomici e di difesa dalle avversità per ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi (prodotti fitosanitari e fertilizzanti). Tale sistema si differenzia dall’agricoltura biologica perché permette anche l’impiego delle sostanze chimiche di sintesi, ma lo fa riducendone al minimo l’impiego e soprattutto scegliendo quelle meno pericolose. Tale sistema, che ha consentito di ridurre del 20-25% l’uso della chimica in agricoltura, è uno dei metodi di produzione sostenibile che la Regione Emilia-Romagna incoraggia e sostiene insieme all’agricolura biologica. Si tratta di un sistema talmente diffuso che ormai il 90% di frutta e verdura che oggi viene commercializzato nella nostra regione vanta residui chimici molto bassi, di gran lunga al di sotto di quelli che sono i quantitativi previsti dalla norma o richiesti dalle catene della grande distribuzione. Oggi, infatti, non si ha accesso alla grande distribuzione se non con prodotti ortofrutticoli che non siano a “residui zero”, o comunque prossimi allo zero. La vostra Regione che vanta eccellenze agroalimentari dunque plaude con entusiasmo al nuovo sistema di etichettatura trasparente approvato di recente dal Parlamento? Non possiamo che essere soddisfatti di questo provvedimento che tutela la “distintività” della nostra produzione agricola.

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Altra peculiarità della nostra agricoltura regionale è l’organizzazione. Nella nostra Regione i produttori sono molto più organizzati che altrove. Qui si trovano cooperative di agricoltori molto diffuse, consorzi di produttori (quelli dei prodotti DOP e IGP), organizzazioni commerciali con migliaia di aderenti, soprattutto nell’ortofrutta. Sebbene l’organizzazione, molto radicata e sviluppata nella nostra Regione, sia molto importante per competere nel mercato internazionale e per difendersi dalla contraffazione, questa non è sufficiente, così come non è sufficiente la “distintività” della nostra produzione e la peculiarità dei nostri prodotti. Dovendo agire in un mercato globale per proteggerci dalle produzioni concorrenti, a basso costo o che spesso evocano i prodotti italiani, pur non essendo tali, serve ben altro. L’obiettivo non è solo quello di difendere le nostre produzioni e contrastare le contraffazioni, ma soprattutto quello di tutelare il consumatore, aiutandolo a riconoscere i prodotti di alta qualità italiani. Da questo punto di vista, l’etichettatura è uno strumento molto utile. Agricoltura ed energia. Come si coniuga nella vostra Regione l’attività agricola con la crescente domanda di energia? A dettare le regole del gioco in materia sono il legislatore nazionale e quello europeo. Attualmente c’è spazio per tutti gli operatori, ma è anche vero che alcune maglie di spazi operativi si stanno restringendo. Il fotovoltaico a terra ne è un esempio. Recentemente abbiamo approvato un provvedimento di Linee guida regionali che in pratica limita l’investimento in fotovoltaico a terra agli agricoltori con un rapporto tra la superficie disponibile e quella consentita per il fotovoltaico del 10%: 200 Kw più 10 Kw di potenza installata eccedente il limite dei 200 Kw per ogni ettaro di terreno posseduto con un massimo di 1 Mw e con la previsione di non occupare più del 10% della superficie agricola disponibile. Questo vincolo ha di fatto penalizzato chi non è agricoltore che non può comprare o affittare un solo ettaro da destinare al fotovoltaico, ma che dovrebbe comprare il 100% per destinarne solo un 10% al fotovoltaico. Ma l’azione regionale non si è indirizzata solo verso il fotovoltaico in agricoltura. Recentemente abbiamo presentato un “Piano di azioni per lo sviluppo delle agroenergie nelle imprese agricole” con due obiettivi molto ambiziosi. Il primo è quello di scommettere sulle piccole e medie imprese agricole che utilizzano come fonte energetica materiale di scarto, sottoprodotti e reflui zootecnici o spazi per il fotovoltaico già disponibili. La seconda sfida è, invece, numerica: ci siamo dati l’obiettivo di arrivare in tre-quattro anni a 500 Mw aggiuntivi prodotti dagli agricoltori: 400 Mw prodotti da fotovoltaico e 100 Mw da biogas. A suggerirci questi obiettivi è stato uno studio che ci ha svelato due caratteristiche della nostra Regione: - le strutture zootecniche dell’Emilia Romagna (stalle e capannoni) avrebbero a disposizione 14,5 milioni di

metri quadri di tetti in posizione idonea al soleggiamento, equivalenti a 1.450 ettari a terra e a 1.900 Mw di potenza elettrica istallabile; - ogni anno verrebbero prodotti 17,5 milioni di tonnellate di reflui zootecnici ed altre biomasse (scarti di potatura, di lavorazioni agricoltura, oltre a sottoprodotti di trasformazione alimentare) che potrebbero alimentare impianti a biogas fino a 150 Mw di potenza. Sulla base di queste informazioni abbiamo dunque predisposto un “Piano di azioni per lo sviluppo delle agroenergie nelle imprese agricole” che punta al raggiungimento degli obiettivi del Piano energetico regionale per quanto riguarda la produzione energetica da fonti rinnovabili e che allo stesso tempo consente alle aziende agricole una significativa integrazione del reddito ed una maggiore sostenibilità. Per raggiungere tali obiettivi la Regione si è dotata di un piano che prevede 5 azioni: 1- Campagna di informazione e sensibilizzazione tramite assemblee, cattedre ambulanti, un numero verde, un sito internet con l’obiettivo di comunicare agli operatori del settore questa opportunità che oggi è trainata da una tariffa particolarmente incentivante; 2- Servizio di consulenza professionale e di assistenza tecnica per una valutazione più specifica della proposta più idonea per ogni azienda, sulla base delle caratteristiche specifiche, con una valutazione costi/benefici, tramite un finanziamento regionale che consente di usufruire di questa assistenza con un abbattimento dei costi del 80%-90%; 3- Standardizzazione delle procedure autorizzative, con la definizione di due procedure autorizzative standard ed omogenee su tutto il territorio regionale per il fotovoltaico e per il biogas, organizzando, al contempo, seminari tecnici con funzionari dei Comuni e delle Province perché si comportino tutti allo stesso modo. 4- Finanziamento, per abbattere l’investimento con un contributo in conto capitale fino a 200 mila euro per impianto (ammontano a 9 milioni di euro le risorse che verranno erogate attraverso un bando in uscita tra aprile e luglio). 5- Agevolazioni al credito, tramite un accordo con le banche per dare una corsia preferenziale alle imprese agricole che potranno chiedere un finanziamento per questo tipo di interventi ad un costo più basso di quello ordinario di mercato. Per la parte dell’intervento a carico dell’imprenditore agricolo sono, dunque, previste forme di prestiti a tassi agevolati da parte del sistema bancario. Siamo, inoltre, in trattativa per stipulare un accordo con il gestore della rete elettrica per una procedura semplificata e veloce di allaccio. Insomma, stiamo lavorando per poter rendere agricoltura ed energia un binomio possibile e auspicabile nella nostra Regione. La sfida di questo Piano ambizioso è non contrapporre la vocazione alimentare con la vocazione energetica, ma renderle piuttosto complementari e compatibili.

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SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI

FIRMATA UNA CONVENZIONE CON I PRODUTTORI AGRICOLI PER L’UTILIZO DI COMPOST

Continua ad aumentare nei primi mesi dell’anno la percentuale di raccolta differenziata di Luca Romagnoli

Recentemente il COSMARI ha siglato una convenzione con Copagri per l’utilizzo del compost prodotto presso gli impianti consortili utilizzando la frazione organica conferita dalle famiglie maceratesi. Ce ne parla l’Ing. Giuseppe Giampaoli Direttore del Coonsorzio. COSMARI e Copagri (Confederazione Produttori Agricoli) di Macerata, che svolge la sua attività su tutto il territorio nazionale, hanno siglato un importante accordo per far conoscere agli associati ed agli agricoltori in generale, il compost di qualità che risulta certificato come ammendante da utilizzare anche in agricoltura biologica, prodotto presso i nostri impianti di Tolentino. Si tratta di una Convenzione, che tra i diversi intendimenti, vuole combattere l’impoverimento della sostanza organica nel suolo agrario e nello stesso tempo promuovere metodi di coltivazioni rispettosi dell’ambiente, rendendo i coltivatori consapevoli che l’uso del compost in agricoltura può essere una potenziale risorsa per il suolo coltivato. Pertanto,

noi del COSMARI ci siamo impegnati a fornire, prioritariamente ad altre richieste, il compost e il suo trasporto gratuito nell’ambito della provincia di Macerata a condizione che il quantitativo prenotato sia non inferiore a 20 m3. Resta inteso che per quantitativi inferiori gli associati possono provvedere al ritiro diretto con propri mezzi presso la sede consortile. Inoltre, il COSMARI mette a disposizione degli associati Copagri lo spandicompost di cui dispone, del tutto gratuitamente. Da rilevare che la prima fornitura per ogni associato Copagri sarà effettuata a costo zero ai fini della conoscenza e sperimentazione del prodotto e delle rese. Successivamente il prezzo di cessione a domicilio sarà di € 1,00 alla tonnellata oltre IVA. La Copagri, invece, si impegna a promuovere l’utilizzo del compost ai propri associati e nei propri eventi e manifestazioni. Alle aziende partecipanti verrà riconosciuto un premio quale “Azienda agricola riciclona”. A tal proposito, recentemente, abbiamo ospitato presso la nostra sala conferenze, un convegno di studi che ha

Da sinistra: il Presidente di Copagri Macerata, Andrea Passacantando, il Presidente COSMARI, Fabio Eusebi e il Vicepresidente, Daniele Sparvoli

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visto la partecipazione di tantissimi agricoltori e degli studenti dell’Istituto Agrario di Macerata. Hanno partecipato in qualità di relatori, oltre al sottoscritto, Fabio Eusebi e Daniele Sparvoli rispettivamente Presidente e Vicepresidente del COSMARI, Andrea Passacantando Presidente Copagri di Macerata, Paolo Petrini Vicepresidente Regione Marche, Riccardo Fattori Direttore Suolo e Salute Marche (organismo di certificazione biologica), Mauro Tiberi dell’Osservatorio regionale Suoli - Servizio Agricoltura Regione Marche, Massimo Centemero del Comitato Tecnico del Consorzio Italiano Compostatori, Rodolfo Santilocchi Preside della Facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle Marche e Emilio Landi, Presidente regionale di Copagri. Al termine del Convegno, tutti i partecipanti hanno visitato gli impianti del COSMARI dove i rifiuti organici vengono lavorati per ricavare compost di qualità, potendo verificare il ciclo di maturazione e trasformazione, in ogni sua fase. Va anche ricordato che il nostro sistema di raccolta, che prevede l’uso di sacchetti in mater-bi, ossia realizzati con amido di mais, è considerato tra i migliori, tanto che Legambiente ci ha assegnato un premio nazionale, riconoscendoci la bontà della nostra sperimentazione divenuta oggi consuetudine in molte zone d’Italia. L’incontro è servito per superare tutte le diffidenze legate all’utilizzo del compost, In particolare quello prodotto dal COSMARI, certificato anche per l’agricoltura biologica, consente di arricchire il suolo agricolo con evidenti vantaggi, sia ambientali che di risultati. Con questa Convenzione, credo che si possa affermare che si chiude in maniera perfetta il ciclo di recupero della frazione organica che divenendo compost fa sì che un prodotto dalla terra finisca sulle nostre tavole come verdura o frutta o comunque cibo per essere nuovamente utile alla terra come ammendante. Il tutto in maniera asso-


lutamente naturale. Da sottolineare che il compost viene distribuito gratuitamente, senza limiti di quantitativi, tutti i venerdì pomeriggio, dalle ore 14.30 alle ore 17.30. basta recarsi presso i nostri impianti di Tolentino, attrezzati di adeguati contenitori. Per tutti coloro che hanno bisogno di maggiori quantitativi, basta prenotarsi al numero 0733.203504 ed il Consorzio provvederà alla consegna a domicilio. Intanto continua ad aumentare la percentuale della raccolta differenziata. Se nel primo mese di questo 2011, la raccolta differenziata su base provinciale è continuata a crescere salendo fino al 67,31% nel mese di febbraio ha raggiunto una media provinciale del 69,21%, un vero e proprio record. Continua così l’inversione di tendenza che grazie al “Porta a Porta” consente oggi di avviare a riciclo sempre più rifiuti in confronto a quelli che vengono abbancati in discarica perchè sporchi o perchè non recuperabili. Nel mese di gennaio il Comune riciclone è stato Fiordimonte che nello scorso febbraio è stato soppiantato da

Esanatoglia che continua a raggiungere percentuali davvero da record nazionale. Da sottolineare che un po’ tutti i Comuni, in confronto a gennaio, hanno aumentato la loro raccolta differenziata. Dopo alcuni anni di rodaggio il “Porta a Porta” è oramai divenuta una consuetudine nelle abitudini quotidiane dei cittadini della provincia di Macerata, che ogni giorno, mettono fuori della loro porta di casa, il sacchetto con il materiale riciclabile corrispondente alla qualità prevista dal calendario di conferimento. Una informazione importante per tutte le famiglie. Oramai i sacchetti di plastica stanno scomparendo e sono sostituiti dai sacchetti biodegradabili. Si ricorda che questi sacchetti biodegradabili possono essere usati per conferire la frazione organica (scarti di cibo, tovaglioli, fondi caffè, verdura scartata, bucce di frutta, ecc.) nel contenitore stradale marrone in sostituzione dei sacchetti in mater-bi. Queste le percentuali dei Comuni Ricicloni: Esanatoglia 85,42%; Montecassiano 83,76%; Pievebovigliana

81,58%; Appignano 81,11%; Matelica 80,16%; Apiro 79,80%; Fiordimonte 78,49%; Belforte del Chienti 78,12%; Montecosaro 77,59%; Serrapetrona 77,34%; Caldarola 76,48%; San Severino Marche 76,10%; Monte San Giusto 74,80%; Recanati 74,41%; Morrovalle 75,77%; Castelraimondo 75,68%; Gagliole 75,66%; Potenza Picena 75,36%; Petriolo 75,19%; Urbisaglia 75,10%; Montelupone 75,09%; Treia 73,91%; Camporotondo 73,89% Ripe San Ginesio 73,87%; Montefano 73,38%; Loro Piceno 73,03%; San Ginesio 72,58%; Corridonia 72,30%; Tolentino 70,42%; Colmurano 70,00%; Camerino 69,05%; Mogliano 66,94% Civitanova Marche 66,05%; Sarnano 62,05%; Porto Recanati 61,30%. Nel mese di febbraio 2011 sono stati raccolti in totale 8.263.161 kg di rifiuti di cui 5.719.136 kg di materiale differenziato e 2.544.025 kg di indifferenziato, per una percentuale di raccolta differenziata del 69,21%. Di seguito sono riportati i quantitativi di alcuni materiali recuperati: carta 635.980 kg; cartone 579.200 kg; metalli 58.480 kg; indumenti usati 22.760 kg; ingombranti 299.525 kg; legnosi 157.460 kg; oli vegetali 19.555 kg; organico 2.272.260 kg; plastica 57.490 kg; scarti informatici 1.906 kg; verde 515.360 kg; vetro 544.260 kg; multimateriale 526.540 kg.

Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net - www.cosmari.sinp.net

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api nòva energia lancia il progetto di un nuovo terminal off-shore, il primo delle Marche, il secondo dell’Adriatico

PRONTA AL DECOLLO LA RIGASSIFICAZIONE OFF-SHORE A LARGO DI FALCONARA Sicurezza, Ambiente e Tecnologia le mission di un progetto a forte connotazione territoriale, ma di rilevanza strategica nazionale di Silvia Barchiesi

La rigassificazione di GNL (Gas Naturale Liquefatto) farà tappa anche nelle Marche, a Falconara Marittima (AN). Ormai è ufficiale. L’iter autorizzativo del terminale offshore di rigassificazione che verrà realizzato da api nòva energia al largo delle coste di Falconara Marittima con l’adeguamento dell’attuale terminal petrolifero è ormai in dirittura d’arrivo e il progetto è stato presentato nell’ambito di un workshop, lo scorso 16 marzo presso la sede dell’ISTAO di Ancona, a cui hanno partecipato i maggiori esperti e studiosi di rigassificazione del panorama nazionale. L’impianto di Falconara, il primo nelle Marche, il secondo in Adriatico, ha già messo d’accordo tutti. Dopo aver ricevuto dalla Giunta Regionale delle Marche parere unanime di compatibilità con il Piano Energetico Ambientale Regionale (22 aprile 2009), dopo aver incassato il Nulla Osta di Fattibilità (NOF) dal Comitato Tecnico Regionale (CTR) delle Marche ai sensi del D.Lgs 334/99 e dopo aver ottenuto la “Dichiarazione di procedibilità” dal Ministero dell’Ambiente, che ha rilasciato il decreto favorevole di com-

patibilità ambientale, (22 luglio 2010), l’iter autorizzativo, iniziato ben tre anni fa, è ormai agli sgoccioli: si attende solo la convocazione della Conferenza dei servizi da parte del Ministero dello Sviluppo Economico. Oltre ad aver intascato il sì di Regione e Ministero, il progetto ha ricevuto anche il via libera dell’Unione Europea sotto forma di un vero e proprio “riconoscimento formale”: api nòva energia è stata infatti inserita dalla Commissione europea tra le società beneficiarie dei contributi previsti dal progetto Ten-E (Trans European Energy Networks) finalizzato allo sviluppo di reti energetiche transnazionali e Bruxelles ha deciso di concedere un finanziamento di quasi 620mila euro proprio per lo sviluppo degli studi ambientali e di sicurezza del rigassificatore. “Il fatto che il terminal off shore di Falconara sia stato inserito all’interno di una lista di opere di grande rilevanza per il futuro dell’energia in Europa - ha commentato Giancarlo Cogliati, Amministratore delegato di api raffineria, in apertura del suo intervento - è un importante riconoscimento del lavoro svolto fino ad oggi, oltre che

un’importante garanzia di sicurezza e sostenibilità ambientale. Il terminale off-shore di rigassificazione api che, proprio per le sue caratteristiche di eccellenza sul piano ambientale e della sicurezza, ha ricevuto questo importante riconoscimento formale dall’Unione Europea - ha continuato Cogliati, - sarà infatti realizzato con le migliori tecnologie consolidate, nella massima sicurezza, con il minor impatto ambientale e con una forte connotazione territoriale”. Sicurezza, Ambiente e Tecnologia. Sono queste, in sintesi, secondo api nòva energia, le parole chiave che meglio sintetizzano il progetto del nuovo terminale off-shore di rigassificazione di Falconara, “un’opera di carattere strategico nazionale, un progetto unico nel suo genere con un basso livello di impatto ambientale ed un elevato tasso di sicurezza”- ha proseguito. Sarà costituito da navi di nuova generazione in grado di gassificare a bordo il gas liquefatto e di scaricarlo direttamente nella rete SNAM attraverso una condotta sottomarina che si affiancherà all’esistente oleodotto.

L’ing. Giancarlo Cogliati, A.D. di api raffineria durante il Workshop di presentazione del terminale off-shore di rigassificazione

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Il progetto verrà così realizzato tramite il semplice adeguamento dell’attuale terminale off-shore petrolifero e la realizzazione di una nuova condotta per il trasporto del gas fino alla rete nazionale SNAM Rete gas posta nei pressi della raffineria di Falconara, a Rocca Priora: circa 800 metri nell’area interna dello stabilimento api e 3,4 km esternamente alla raffineria. L’approvigionamento del gas verrà effettuato da navi metaniere secondo due ipotesi: l’arrivo di sole navi dotate di unità di rigassificazione a bordo in grado di riportare il metano dallo stato liquido a quello gassoso, o in alternativa attraverso semplici navi di servizio, pronte ad intercettare le metaniere al largo e a fare la spola con la piattaforma. Da sottolineare, dunque, è l’assenza dello stoccaggio a terra. “Il metano non è mai stoccato a terra in recipienti refrigerati che lo contengono, come in realtà avviene nella maggior parte degli impianti di rigassificazione oggi esistenti – ha sottolineato Cogliati - Il nostro impianto è pertanto molto più sicuro e molto meno impattante dal punto di vista ambientale, in quanto non comporta le criticità derivanti da uno stoccaggio a terra”. Il processso di rigassificazione avverrà in mare, a bordo della nave che per portare il gas liquefatto allo stato gassosso utilizzerà prevalentemente l’apporto termico dell’acqua di mare o residualmente il calore prodotto dalla stessa nave. A garantire ulteriormente la sicurezza del progetto, oltre all’assenza di qualsiasi tipo di stoccaggio fisso a terra, anche la limitata permanenza delle gasiere presso il terminale e la loro non interferenza con le attività di scarico delle petroliere. Il funzionamento dell’impianto sarà, infatti, discontinuo: presso la piattaforma off-shore non saranno mai presenti contemporaneamente né due navi metaniere, né una nave metaniera e una nave petroliera. Inoltre, la presenza delle navi FSRU (Floathing Storage Regassification Unit) presso il terminale avverrà solo per le limitate operazioni di rigassificazione e scarico del gas. Le navi impiegheranno circa un giorno per attraccare e 5 per scaricare il gas che, riportato allo stato gassoso, attraverso la nuova condotta sottomarina e un piccolo tratto di condotta interrata, verrà immesso nella

rete nazionale presso il già esistente impianto di ricompressione SNAM Rete Gas, vicino alla raffineria. “Si tratta di un progetto per l’approvigionamento di gas naturale a cui guardare con interesse - ha dichiarato nel suo intervento di apertura Valeriano Balloni, Vice Presidente dell’ISTAO, l’Istituto intitolato ad Adriano Olivetti che ha ospitato il convegno di presentazione del progetto – soprattutto in questo particolare momento storico. Le tensioni in Nord Africa e i drammatici eventi in Giappone hanno messo in luce il problema dell’approviginamento energetico. Di qui l’importanza di poter disporre di fonti energetiche sotto casa, soprattutto in una Regione a forte deficit energetico come le Marche. Occorre pertanto guardare con interesse a tutte le fonti di energia, anche a quelle tradizionali, come il gas e il petrolio, se non vogliamo trovarci in una sistuazione di carenza energetica. Dobbiamo imparare a sfruttarle in modo efficiente e sicuro. In quest’ottica il progetto api guarda con lungimiranza al problema dell’approvigionamento energetico, in quanto, oltre che tecnologicamente all’avanguardia, non trascura il problema ambientale, né quello della sicurezza: l’impatto ambientale e i rischi sono calcolati e tenuti sotto controllo”. Bando allo scetticismo, l’invito di Balloni è volto a considerare il nuovo terminale di rigassificazione api un’opportunità e a valutarne la convenienza. Il rischio è quello di rimanere al palo, dal punto di vista energetico. Di qui la sollecitazione e insieme l’auspicio: “Dobbiamo avvicinarci con maggior fiducia alla tecnologia”. Ed è proprio la tecnologia su cui si fonda il progetto, la sua forza e il suo valore aggiunto. Non a caso, per la sua realizzazione api nòva energia si è affidata ad esperti e professionisti nel campo dell’ingegneria, della sicurezza e dei controlli ambientali, come: SAIPEM, leader mondiale che opera in oltre 35 paesi nel settore dei servizi per l’industria petrolifera on-shore e off-shore con esperienza pluriennale nella fornitura di servizi di ingegneria, di procurement, di project management e di costruzione, che riguardano impianti petroliferi e impianti di rigassificazione. A SAIPEM sono state affidate le attività

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di ingegneria per la sezione offshore e onshore inerenti il progetto api, studi di processo, analisi di rischio e studi di sicurezza a supporto dell’iter autorizzativo. RINA S.p.a, società operativa del Registro Italiano Navale che vanta 200 milioni di fatturato nel 2010 e 150 anni di attività di Classificazione e certificazione delle navi e che offre servizi di verifica, controllo, assistenza e consulenza, finalizzati al miglioramento della sicurezza e della qualità dei processi. Nell’ambito del progetto api, a RINA sono stati delegati studi meteomarini e logistici, studio delle operazioni di allibo, studi delle manovre e dei moti delle navi ormeggiate, oltre che analisi di rischio off-shore. L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle ricerche (ISMAR-CNR), ente di ricerca a cui sono state affidate indagini ambientali ed archeologiche lungo il tracciato a mare della condotta gas. SNAM RETE GAS, azienda leader nel settore gas in Italia che vanta competenze di eccellenza nelle attività di trasporto e dispacciamento del gas naturale, di rigassificazione di gas naturale liquefatto, di distribuzione e di stoccaggio del gas naturale, a cui api nòva energia ha affidato l’ingegneria della connessione al punto di consegna. Tecnologicamente all’avanguardia, il progetto, che si avvale di partner tecnici-scientifici di rilevanza nazionale ed internazionale e di tecnologie ormai consolidate, grazie alla sua potenzialità di 4 miliardi di metri cubi all’anno di gas, “Sarà in grado di apportare un contributo determinante alla capacità di approvvigionamento energetico dell’Italia – ha affermato Cogliati -Tale opera si inserisce tra le opera a carattere strategico nazionale – ha continuato – per la diversificazione delle fonti di approvigionamento dell’energia e per l’incremento della flessibilità e dell’autonomia del sistema energetico nazionale”. Secondo api raffineria, oltre che nazionali, i vantaggi economici del nuovo rigassificatore a largo della costa di Falconara, saranno prima di tutto locali. “Il nostro progetto è un’opportunità per il territorio e porterà vantaggi e benefici alla comunità locale che lo ospita. Già oggi copriamo più del 50% del traffico portuale del capoluogo. Il nuovo terminale mira ad incrementare, anzi a raddoppiare, il giro d’affari dello scalo


dorico – ha precisato Cogliati nel presentare il progetto che punta ad una forte connotazione territoriale. Il nuovo impianto non avrà ricadute economiche positive solo sul porto. Oltre che volano per gli affari portuali, il nuovo terminale si propone anche come volano per l’economia locale in generale con notevoli vantaggi per le imprese dell’indotto, a partire dalla possibilità per le aziende di ottenere prezzi maggiormente competitivi per i rifornimenti energetici. Il tutto nel pieno rispetto degli obiettivi fissati dal Protocollo d’Intesa siglato nel 2003 tra Regione Marche e api che già all’epoca prevedeva che il sito di Falconara dovesse diventare nel tempo un “polo energetico ambientalmente avanzato” salvaguardando i livelli occupazionali e favorendo i rapporti con le imprese locali e regionali. La forte connotazione territoriale del nuovo impianto, tuttavia, non si esaurisce nei benefici economici per il territorio che lo ospita. A livello locale, infatti, il terminale risulta coerente con le linee programmatiche regionali in materia energetica, oltre sicuro, non invasivo, né impattante dal punto divista

ambientale sul territorio circostante. Tra i punti qualificanti del progetto c’è, infatti, l’assenza di nuove infrastrutture, ad eccezione della condotta del gas e del cavo elettrostrumentale. Il terminale off-shore, infatti, verrà realizzato esclusivamente attraverso l’adeguamento della boa a 16 km a largo della raffineria che oggi è già in uso per lo scarico del greggio e che verrà adeguato con interventi limitati per consentire l’attracco, mai contemporaneo, sia delle navi petroliere che delle navi gasiere dotate appunto di sistemi di rigassificazione. Unica infrastruttura da realizzare sarà la condotta di 16 km di lunghezza, posata sul fondo marino per il trasporto del gas fino alla rete nazionale SNAM Rete Gas. Garanzia della compatibilità ambientale del progetto sarà l’assenza di interferenze con habitat naturali e/o aree protette, con rotte navali esistenti, con i business portuali, con le attività di pesca e con le attività turistiche costiere. “L’area in cui verrà posata la condotta - ha precisato Cogliati - è un’area già interdetta, in quanto già attraversata dalla condotta per il trasporto del greggio, pertanto il nuovo progetto non

aggiungerà ulteriori vincoli o restrizioni rispetto alla situazione attuale, né interferirà negativamente dal punto di vista ambientale. In questo senso il nuovo impianto non graverà sul territorio, sarà meno invasivo possibile, dagli impatti ambientali trascurabili e privo di criticità dal punto di vista dell’inquinamento”. Il progetto, in linea con gli obiettivi di risanamento ambientale dell’area, che a sua volta rientra nell’Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale di Ancona (AERCA), sarà realizzato, secondo api nòva energia, nel pieno rispetto dell’ambiente, sia per quanto riguarda le opere a mare, che per quanto riguarda le opere a terra. Per quanto riguarda gli interventi a mare, di ridotta entità e durata (circa 6 mesi), gli impatti, modesti e temporanei, dovuti soprattutto alla risospensione dei sedimenti in fase di posa, sono stati studiati con opportuni modelli di simulazione. Indagini ambientali condotte sulla movimentazione dei sedimenti hanno, inoltre, mostrato l’assenza di situazioni di inquinamento lungo l’intero tragitto della pipeline: la qualità dei sedimenti è, in sintesi, conforme a quanto stabilito dalla legge.

Il tratto di mare Adriatico antistante il sito api raffineria interessato dalla condotta dell’impianto di rigassificazione off-shore

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Né si profila alcun rischio di inquinamento dell’acqua dato da eventuali sversamenti del gas naturale liquefatto in mare: il gas, infatti, essendo più leggero dell’aria, si disperde in atmosfera. “L’impianto - ha sottolineato in proposito il Prof. Severino Zanelli, del Dipartimento di Ingegneria Chimica, Chimica Industriale e Scienza dei materiali dell’Università di Pisa – ha in questo senso un elemento di sicurezza intrinseca. A fronte della perdita di elevate tonnellate di gas liquido, il gas si disperde e la dimensione della nube infiammabile si riduce”. Trascurabile è inoltre l’impatto dovuto all’immissione di acqua fredda nell’ambiente marino, operazione conseguente al processo di rigassificazione. Studi scientifici hanno dimostrato, infatti, che entro poche decine di metri dallo scarico, il raffreddamento dell’acqua passa da (-6)°C a (-0,5)°C, non comportando quindi nessun effetto dannoso. “La differenza di temperatura – ha precisato ancora Cogliati - si annulla già entro un raggio di soli 100 metri dallo scarico”. Irrilevanti, secondo l’Amministratore delegato di api raffineria, anche le emissioni in atmosfera dovute al limitato utilizzo del riscaldamento da parte delle navi per rigassificare il metano: l’utilizzo sarebbe, infatti, circoscritto ad un periodo temporale di 3 mesi all’anno. Ininfluente è anche l’impatto dovuto all’immissione di ipoclorito di sodio nell’acqua, necessario per mantenere pulite le tubature: la concentrazione di ipoclorito di sodio allo scarico (in un raggio di 200 metri) è pari a 100 microgrammi per litro, ovvero la metà del limite stabilito dalla legge (200 microgrammi per litro). Inoltre, la concentrazione diminuisce man mano arrivando a 4 microgrammi per litro a 1.000 metri di raggio e a 2 microgrammi per litro a 1.600 metri. A definire “tranquillizzante” la distribuzione di cloro nelle acque è stata la Prof.ssa Gligliola Spadoni del Dipartimento di Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali dell’Università degli Studi di Bologna: “In questo senso, devo spezzare una lancia a favore del progetto che grazie anche a delle simulazioni, non ha trascurato i possibili impatti sull’ambiente marino dovuti all’immissione di acqua calda o di cloro”. L’impianto non sarebbe, inoltre, responsabile di alcun inquinamento acustico a

causa della lontananza dei motori delle navi, a ben 16 km dalla costa. Anche per quanto riguarda la realizzazione delle opere a terra non si avrebbero criticità ambientali, in quanto gli interventi previsti riguarderebbero un tratto di ridotta entità al di fuori della raffineria (3,4 km). Gli impatti, dovuti soprattutto alle opere di scavo, sarebbero, oltre che modesti, temporanei, perché limitati ad un arco temporale di 6 mesi. Non è, inoltre, prevista alcuna interferenza per gli attraversamenti dei corsi d’acqua: si adotterà infatti la tecnica, ormai consolidata della TOC (Trivellazione Orizzontale Controllata). Oltre che ambientalmente compatibile, il nuovo terminale off-shore si propone, innanzitutto, come sicuro. Ad illustrare i “punti di forza” del progetto, a garanzia della sua sicurezza, è stato l’Ing. Alessandro Radicioni, responsabile Ingegneria e Coordinamento progetti EPC Off-shore di SAIPEM a cui è stata affidata la progettazione dell’impianto: “La discontinuità della rigassificazione, l’assenza di uno stoccaggio a terra, la totale ispezionabilità della condotta tramite pig intelligenti e la presenza di una filosofia di controllo e di monitoraggio totale sia da terra che da mare sono i punti di forza di un progetto sicuro e flessibile”. Emblematica e di forte impatto è l’immagine che meglio sintetizza l’affidabilità del progetto che lo stesso Ing. Angelo Lo Nigro, Product lines Manager di RINA SERVICES, ha proiettato a chiusura del suo intervento: “una nave di un certo livello in cui ci si può specchiare”. Ma il coinvolgimento di RINA nel progetto è la vera garanzia della sua sicurezza. “Api punta al raggiungimento dei massimi standard di sicurezza- ha dichiarato Lo Nigro- per questo ha coinvolto RINA, leader in ambito internazionale. In particolare, RINA ha lavorato sulla fattibilità logistica, effettuando studi di caratterizzazione, studi di sicurezza delle manovre e studi di sicurezza dell’ormeggio. Ma non solo. Nelle fasi successive del progetto - ha proseguito Lo Nigro - RINA supporterà api perché la tecnologia dell’impianto sia sempre sicura e all’avanguardia”. La sicurezza è stato, inoltre, il tema centrale dell’intervento del Prof. Alessandro Mancinelli, del Dipartimento di Idraulica, Strade, Ambiente e

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Chimica dell’Università Politecnica delle Marche. “I terminali come quello previsto da api nòva energia - ha spiegato il Prof. Mancinelli - non presentano particolari criticità e ciò è confermato anche dalla semplicità del progetto. In ogni caso, un piano generale preventivo che preveda i casi di avverse condizioni meteo-marine potrebbe aumentare gli indici di sicurezza. Le previsioni sull’altezza dell’onda non sono facilmente determinabili in Adriatico, un mare chiuso che cresce in maniera veloce, le cui onde subiscono variazioni molto veloci”. “Tali impianti - ha proseguito il Prof. Zanelli - possono certamente coesistere con il territorio a fronte di una serie di interventi di monitoraggio, quali ad esempio la presenza di una boa galleggiante per le previsioni metereologiche (peraltro già presente a Falconara ) utili a prevedere eventi di particolare intensità”. A porre, invece, l’accento sulla necessità dell’impianto e sulla sua importanza, specie in una Regione come le Marche, a forte deficit energetico, è stato in chiusura, Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia: “Siamo uno dei Paesi con il più alto consumo di idrocarburi, tuttavia, siamo uno dei Paesi più dipendenti da produzione elettrica da gas importato. Di qui la necessità di rigassificare”. Ma la necessità dell’impianto non esclude l’esigenza della sua sicurezza. Riferendosi all’attualità e ai tragici eventi che hanno recentemente colpito il Giappone, Tarabelli ha sottolineato che: “Il Giappone è il Paese che ha più rigassificatori al mondo. Ne ha ben 27, di cui due nella zona colpita dal sisma. Ma in quegli impianti non è successo niente”.

I NUMERI DEL TERMINALE OFFSHORE DI RIGASSIFICAZIONE API Capacita di carico di una nave 150.000 m3 Capacità di rigassificazione normale operative 900.000 sm3/h Capacità di rigassificazione del progetto 1.080.000 sm3/h Tempo massimo di ormeggio e disormeggio alla piattaforma 1gg Tempo Massimo per la rigassificazione di un carico 5gg Indisponibilità SMP per averse condizioni meteo 35gg/anno Lunghezza condotta a mare 16 km Lunghezza condotta a terra (tratto interno alla raffineria) 0,8 km Lunghezza condotta a terra (tratto esterno alla raffineria) 3,4 km


EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ

Rapporto UNEP indica il percorso degli investimenti sulla strada di Rio +20

LA GREEN ECONOMY HA BISOGNO DI INVESTIMENTI PARI AL 2% DEL PIL DI OGNI PAESE “Consegnare un Pianeta sano, produttivo e ben funzionante ai giovani d’oggi e a coloro che devono ancora nascere”

Nel corso del Forum Mondiale dei Ministri dell’Ambiente di Nairobi (2124 febbraio 2011), il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) ha presentato il Rapporto “Verso una green economy: percorsi per lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà” (Towards a Green Economy: Pathways to Sustainable Development and Poverty Eradication). In realtà, i percorsi che il voluminoso Rapporto (più di 600 pagine, ma è disponibile una Sintesi di 52 pagine per i Policy makers) propone per conseguire l’obiettivo sono almeno dieci per i quali necessitano risorse per circa mille miliardi di euro all’anno: “Investire il 2% del PIL mondiale in dieci settori chiave può avviare una transizione verso un basso tenore di carbonio, un uso efficiente delle risorse - vi si legge - La somma, attualmente pari ad una media di circa 1.300 miliardi dollari l’anno e sostenuta da lungimiranti politiche nazionali e internazionali, potrebbe far crescere l’economia globale quasi allo stesso tasso, se non superiore, a quello previsto, secondo gli attuali modelli economici, ma senza un aumento dei rischi, degli shock, delle carestie e delle crisi sempre più in crescita, conseguenti all’attuale g grigia g economia,, dall’alto

livello di carbonio, e responsabile della riduzione delle risorse”. Come tale, viene contestato complessivamente il mito di uno scambio tra investimenti in campo ambientale e la crescita economica, indicando viceversa che sussiste attualmente una “cattiva allocazione lorda di capitale”. Il Rapporto vede un’Economia Verde non solo come un aspetto rilevante per le economie più sviluppate, ma come un catalizzatore fondamentale per la crescita e lo sradicamento della povertà nelle economie in via di sviluppo, dove in alcuni casi quasi il 90% del PIL dei poveri è legato alla natura o al capitale naturale, come foreste e acque dolci. Il Rapporto cita l’India, dove il Fondo Nazionale di garanzia per l’impiego rurale, che assicura almeno 100 giorni di lavoro retribuito per le famiglie rurali, ha investito oltre l’80% per cento degli 8.000 milioni di dollari per la conservazione dell’acqua, l’irrigazione e lo sviluppo rurale, generando 3.000 miliardi di giorni lavorativi di cui hanno beneficiato quasi 60 milioni di famiglie. Il 2% del PIL combinato viene perduto attualmente da Cambogia, g , Indonesia,,

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Filippine e Vietnam a causa di malattie trasmesse dall’acqua per effetto di inadeguate strutture igienico-sanitarie. Con politiche in grado di riorientare lo 0,1% annuo del PIL mondiale si potrebbe contribuire non solo a risolvere la sfida della depurazione, ma a conservare l’acqua, riducendone la domanda di un quinto entro il 2050 rispetto ai trend previsti. Il Rapporto ha modellizzato i risultati delle politiche che potrebbero re-indirizzare circa 1.300 miliardi di dollari l’anno in investimenti “verdi” tra dieci settori chiave (somma equivalente a meno del 2% del PIL mondiale, meno di un decimo degli investimenti totali annui in capitale fisico). Attualmente, il mondo spende tra l’1 e il 2% del PIL mondiale su una serie di sussidi che spesso perpetuano un uso non sostenibile delle risorse in settori come i combustibili fossili, l’agricoltura, comprese le sovvenzioni per i pesticidi, l’acqua e la pesca, molti dei quali stanno contribuendo a danni ambientali e ad inefficienze dell’economia globale, mentre la loro graduale riduzione ed eliminazione produrrebbero molteplici benefici, liberando risorse per finanziare una transizione verso la Green Economy. y


Redditi e occupazione Oltre a una maggiore crescita, una transizione globale verso un’economia verde permetterebbe non solo di aumentare i redditi pro capite più di quanto avverrebbe con gli attuali modelli economici, riducendo l’impronta ecologica di circa il 50% per cento nel 2050. Si riconosce, tuttavia, che nel breve termine, le perdite di posti di lavoro in alcuni settori, quali la pesca, sono inevitabili se si vuole una transizione verso la sostenibilità. Per garantire una transizione equa e socialmente accettabile, sarà necessario investire, in alcuni casi, attraverso la riallocazione di quanto si recupera dalla riduzione delle sovvenzioni dannose, nella forza lavoro globale. Il Rapporto mostra che nel corso del tempo il numero di “nuovi posti di lavoro creati e decenti” in settori che vanno dalle energie rinnovabili ad un’agricoltura più sostenibile, sarà però compensato da quelli persi dalla precedente “economia grigia”. Ad esempio, investendo circa l’1,25% del PIL mondiale ogni anno in termini di efficienza energetica e nelle energie rinnovabili, si potrebbe ridurre la domanda globale di energia primaria del 9% al 2020 e di circa il 40/% al 2050. I livelli di occupazione nel settore dell’energia sarebbero superiori di un quinto rispetto allo scenario business as usual, dal momento che le energie

rinnovabili costituiranno circa il 30% della domanda globale di energia primaria entro la metà del secolo. In uno scenario di Green Economy, il risparmio di capitale e dei costi per il combustibile nella produzione di energia sarebbe in media di circa 760 miliardi dollari l’anno tra il 2010 e il 2050.

Obiettivi di Sviluppo del Millennio, tra cui si propone di dimezzare la percentuale di persone che soffrono la fame e quella di coloro che non hanno accesso ad acqua potabile sicura. Abbattere le emissioni di gas a effetto serra ai livelli molto più sicuri di 450 parti per milione entro il 2050 è un altro obiettivo generale.

Il Rapporto “Verso una green economy: percorsi per lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà”, evidenzia anche le enormi opportunità offerte dal disaccoppiamento della produzione di rifiuti dalla crescita del PIL, incluso il recupero e il riciclaggio, facendo l’esempio della Repubblica di Corea che, attraverso una politica di responsabilità estesa al produttore, ha applicato regolamentazioni su alcuni prodotti, dalle batterie ai pneumatici, all’imballaggio come il vetro e la carta, incrementando del 14% i tassi di riciclaggio e un beneficio economico di 1,6 miliardi dollari. Anche il riciclaggio del Brasile ha generato già un guadagno di 2 miliardi di dollari l’anno, evitando 10 milioni tonnellate di emissioni di gas a effetto serra: un’economia pienamente riciclatrice in questi Paesi produrrebbe benefici pari allo 0,3% del PIL.

La relazione è una sezione di un più grande studio macro-economico finalizzato ad accelerare lo sviluppo sostenibile e costituisce una parte del contributo dell’UNEP alla preparazione della Conferenza di Rio +20 in programma in Brasile il prossimo anno.

Il Rapporto, redatto dall’UNEP, in collaborazione con economisti e esperti di tutto il mondo, incrocia e sostiene gli

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“Il mondo è di nuovo sulla strada per Rio, ma in un mondo molto diverso da quello del Summit di Rio del 1992 - ha dichiarato alla presentazione del Rapporto Achim Steiner, Sotto-Segretario Generale delle Nazioni Unite Generale e Direttore Esecutivo dell’UNEP - Rio 2012 nasce in un contesto di rapida diminuzione delle risorse naturali e l’accelerazione del cambiamento ambientale, dalla perdita delle barriere coralline e delle foreste fino alla crescente scarsità di terreno produttivo, dalla urgente necessità di nutrire le popolazioni alle esigenze energetiche delle economie e ai probabili impatti di incontrollabili cambiamenti climatici”. “La Green Economy, come documentato ed illustrato nella relazione dell’UNEP,


offre una valutazione mirata e pragmatica di come i Paesi, le comunità e imprese abbiano iniziato a fare una transizione verso un modello più sostenibile di consumo e produzione. Radicato nei principi della sostenibilità concordati a Rio nel 1992, il Report riconosce che i segnali fondamentali di guida delle nostre economie devono evolvere in termini di politiche pubbliche e di risposte del mercato - ha proseguito Steiner - Dobbiamo andare oltre le polarizzazioni del passato, come sviluppo contro ambiente, stato contro mercato, Nord contro Sud. Con 2,5 miliardi di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno e con più di 2 miliardi di persone che si aggiungeranno alla popolazione mondiale entro il 2050, è chiaro che dobbiamo continuare a sviluppare e far crescere le nostre economie. Ma questo sviluppo non può andare a scapito degli ecosistemi, molti dei quali sostengono la vita sulla terra, negli oceani o nell’atmosfera, che permette alle nostre economie e, quindi, a tutti noi di esistere”. “L’economia verde costituisce una parte fondamentale della risposta di come mantenere l’impronta ecologica dell’umanità all’interno dei confini planetari - ha concluso Steiner - Essa mira a collegare gli imperativi ambientali per cambiare il corso dei risultati economici e sociali, in particolare in termini di sviluppo economico, occupazione ed equità”. Al Consiglio Ambiente di Nairobi è intervenuto anche Pavan Sukhdev, Dirigente della Deutsche Bank e a capo della Green Economy Initiative dell’UNEP, nonché Coordinatore del Progetto TEEB, acronimo di “The Economics of Ecosystems & Biodiversity”, del quale ci siamo interessati più volte su questa rivista, per ultimo in occasione della presentazione, nel corso della Conferenza della Convenzione sulla Diversità Biologica di Nagoya (18-29 ottobre 2010), del documento conclusivo (cfr: “Mettere al centro l’economia della natura”, in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2010, pagg. 51-53). “I governi hanno un ruolo centrale nel cambiare le leggi e le politiche, e di investire denaro pubblico nella ricchezza pubblica per compiere la transizione possibile, facendo in modo di indirizzare le migliaia di miliardi di dollari di capitale privato a favore dell’economia verde - ha osservato Sukhdev - Inade-

guate allocazioni di capitale sono al centro degli attuali dilemmi del mondo e ci sono azioni veloci che possono essere intraprese a partire letteralmente da oggi: dalla progressiva diminuzione ed eliminazione di oltre 600 miliardi di dollari di sovvenzioni pubbliche per combustibili fossili al ri-orientamento di più di 20 miliardi dollari di sovvenzioni perverse che premiano coloro che svolgono attività di pesca non sostenibile”. “L’economia verde non deve esser percepita come un blocco della crescita e della prosperità, ma riconiugazione a ciò che costituisce la vera ricchezza, reinvestendo nel capitale naturale, anziché sfruttarlo, e favorendo i tanti piuttosto che i pochi - ha concluso Sukhdev - Si tratta anche di costituire una economia globale che riconosca la responsabilità intergenerazionale delle nazioni per consegnare un pianeta sano, produttivo e ben funzionante ai giovani di oggi e a coloro che devono ancora nascere”. Di seguito riportiamo i principali argomenti su alcuni dei settori chiave per il funzionamento di un’economia verde. Agricoltura L’economia verde dovrebbe investirvi da 100 a 300 miliardi di dollari l’anno fino al 2050, affinché si possa alimentare 9 miliardi di persone, promuovendo nel contempo una migliore gestione della fertilità dei suoli, l’uso sostenibile delle acque e il miglioramento della gestione biologica delle piante. Alcuni scenari indicano un aumento dei rendimenti a livello mondiale per le principali colture pari al 10% sulla base delle strategie di investimento da attuare, che equivarrebbe. ad aumentare e mantenere i livelli di nutrizione a 2.800-3.000 chilocalorie per persona entro il 2030. Le perdite alimentari a livello globale si stanno traducendo in 2.600 chilocalorie per persona al giorno, di conseguenza, una transizione verso un’economia verde deve affrontare queste sfide, che si collegano a vari settori interessati. Edifici Il settore edile è il maggior emettitore globale di gas a effetto serra, con oltre 1/3 del consumo finale di energia che deriva da uffici e case. Il settore dell’edilizia è anche responsabile di oltre un 1/3 del consumo globale di risorse materiali, tra cui 12%

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di tutto il consumo d’acqua dolce. Sulla base di uno scenario dell’IPCC, l’impronta climatica del settore edilizio sarebbe destinata a raddoppiare, raggiungendo quasi i 15,6 miliardi di tonnellate equivalenti di biossido di carbonio entro il 2030, ovvero il 30% delle emissioni totali di CO2 da origine energetica. Viceversa negli scenari della Green Economy, l’applicazione delle tecnologie esistenti e la crescita di disponibilità di energia rinnovabile potrebbero ridurre drasticamente le emissioni con un risparmio pari a 35 dollari per tonnellata di CO2. Con le buone politiche di governo nel settore delle costruzioni, sarebbe possibile entro il 2050, inoltre, un risparmio energetico mondiale di circa un terzo, con un investimento annuale da 300 a 1.000 miliardi di dollari. Pesca Le sovvenzioni stimate in circa 27 miliardi di dollari all’anno hanno generato un eccesso di pesca due volte superiore rispetto alle capacità dei pesci di riprodursi. Nel Rapporto si suggerisce di investire nel rafforzamento gestionale della pesca, compresa l’istituzione delle Aree Marine Protette e la disattivazione e la riduzione della flottiglia, nonché nella riqualificazione professionale in altri mestieri, in modo di ricostruire le risorse ittiche del Pianeta. Un tale investimento sostenuto da misure politiche si tradurrà in un aumento delle catture, dagli attuali 80 milioni di tonnellate a 90 milioni di tonnellate nel 2050, anche se da oggi al 2020 ci sarebbe inizialmente un calo. Il valore attuale dei vantaggi delle prestazioni per rendere ecologico il settore della pesca è stimato da tre a cinque volte gli investimenti necessari. Le perdite di occupazione nella breve-medio termine potrebbero essere ridotte, mettendo a fuoco tagli sulle capacità delle flotte di pesca industriale piuttosto che su quelle di piccoli pescatori artigianali. Le offerte di lavoro nel settore della pesca dovrebbero tornare a crescere entro il 2050, una volta che si saranno ricostituiti gli stock. Forestazione Le foreste generano beni e servizi che supportano i mezzi di sussistenza economica di oltre un miliardo di persone,


riciclano sostanze nutrienti vitali per l’agricoltura ed ospitano l’80% delle specie terrestri. La deforestazione rappresenta attualmente quasi il 20% cento delle emissioni mondiali di gas serra. Ridurre la deforestazione può quindi essere un buon investimento: si stima che i vantaggi in termini di regolazione del clima del dimezzamento della deforestazione globale siano tre volte superiori ai costi. Il Rapporto prende in considerazione un contributo di 15 miliardi di dollari l’anno (lo 0,03% del PIL mondiale) per la sostenibilità del settore, incluso l’aumento degli investimenti per il Programma di Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado Forestale (REDD). Tali investimenti potrebbero anche rafforzare i meccanismi di mercato, compreso il legno certificato e la certificazione dei prodotti di foresta pluviale, il pagamento per i servizi ecosistemici e le partnership con le comunità locali. Nel periodo tra il 2011 e il 2050, gli investimenti per 15 miliardi di dollari all’anno (lo 0,03% del PIL), aumenterebbe il valore aggiunto del settore forestale di oltre il 20%, rispetto al business as usual. La relazione suggerisce che una transizione verso l’economia verde potrebbe far aumentare la superficie forestale (attualmente di circa 4 miliardi di ettari) di oltre il 3% nel 2020, dell’8% entro il 2030 e più del 20% entro il 2050, rispetto al business as usual. La rapida implementazione di ta-

li raccomandazioni potrebbe dare un contributo fondamentale al 2011, designato dall’ONU quale Anno Internazionale delle Foreste. Trasporto I costi ambientali e sociali dei trasporti, in termini di inquinamento atmosferico, di incidenti stradali e di congestione del traffico, costano attualmente circa il 10% del PIL di una regione o di un Paese. Per rendere più ecologico il settore dei trasporti occorrono politiche che incoraggino lo spostamento con i mezzi pubblici e non motorizzati e che incrementino l’efficienza dei carburanti e i veicoli più puliti. In Europa, l’analisi indica che i benefici economici regionali degli investimenti nei trasporti pubblici hanno reso più del doppio dei loro costi. La riduzione del tenore di zolfo dei combustibili per i trasporti nell’Africa subsahariana potrebbe far risparmiare fino a quasi 1 miliardo di dollari all’anno di costi sanitari e correlati. Investire lo 0,34% del PIL mondiale annuo fino al 2050 nel settore dei trasporti potrebbe ridurre il consumo di petrolio dell’80%, aumentando l’occupazione del 6% rispetto al business as usual, soprattutto per l’espansione dei trasporti pubblici. Rifiuti Al 2050, il mondo rischia di produrre oltre 13 miliardi di tonnellate di rifiuti

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urbani e di altro tipo: attualmente solo il 25% di tutti i rifiuti vengono recuperati o riciclati. Un investimento di 108 miliardi dollari all’anno nel “rinverdire” il settore dei rifiuti potrebbe portare al totale riciclaggio dei rifiuti elettronici, rispetto al 15% del livello attuale, ed incentivare il riciclaggio dei rifiuti, triplicandolo entro il 2050 rispetto ad ora, riducendo così dell’85% i conferimenti in discarica, rispetto agli attuali modelli. Tra il 20% e il 30% delle emissioni di gas serra legati alla produzione di gas metano potrebbe essere ridotto entro il 2030 con i relativi risparmi finanziari. La prevenzione e la gestione dei rifiuti rimane una sfida fondamentale per l’industria manifatturiera: approcci come la rigenerazione e la riprogettazione dei prodotti e dei processi possono svolgere un ruolo nella riduzione dei rifiuti e dell’uso di risorse. Altrettanto importante è il prolungamento del 10% della vita di tutti i prodotti, che si tradurrebbe in un egual percentuale di riduzione delle risorse estratte. Il riciclaggio dei rifiuti residuali in calore attraverso la cogenerazione che combina calore ed energia (CHP) rappresenta un elevato potenziale di uso più efficiente di energia. L’industria della cellulosa e della carta possiede impianti di cogenerazione che consentono risparmi di oltre il 30% di consumo di energia primaria.


La Commissione UE ha avviato consultazioni

BIOECONOMIA E SOSTENIBILITÀ DELLE RISORSE Pubblicato il Regolamento per Iniziativa dei Cittadini

La Commissione europea ha dato il via a due consultazioni on line in materia di Ambiente, relative rispettivamente alla posizione che l’UE adotterà in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile a Rio de Janeiro nel 2012 (RIO +20) e alle diverse opzioni strategiche che potrebbero favorire il passaggio ad un uso più efficace delle risorse naturali nell’economia europea (Un’Europa efficiente nell’uso delle risorse). Contestualmente, la Commissione ha avviato anche una consultazione per raccogliere pareri in merito alla bioeconomia per l’Europa, correlata alle due precedenti in quanto comprende anche aspetti legati all’uso efficiente delle risorse. Ribadiamo che i tempi delle consultazioni sono troppo stretti, visto che dal relativo Comunicato (25 febbraio u. s.) alla data di chiusura intercorrono poco più di due mesi, tali da non permettere un’ampia partecipazione. Peraltro, la deadline della consultazione non risulta univoca in questa circostanza, dal momento che il comunicato sopra menzionato indica un’apertura di consultazione fino a metà aprile per la prima e il 17 aprile per la seconda, ma al relativo sito web della Commissione (“La vostra voce in Europa”), vengono indicate come date di chiusura il 14 aprile (la prima) e il 22 aprile (la seconda); mentre per la terza il comunicato non dà indicazioni sulla scadenza della consultazione, che dal sito risulta esser fissata al 2 maggio. La prima consultazione concorrerà a definire la posizione dell’UE alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che si terrà nel 2012. La Conferenza, nota anche come Rio +20 in quanto coincide con il ventesimo anniversario del Vertice sulla Terra di Rio de Janeiro del 1992, è intesa a rinnovare l’impegno politico per lo sviluppo sostenibile e sarà l’occasione per valutare i progressi fatti, individuare le carenze nel rispetto degli impegni assunti e affrontare le sfide emergenti, con particolare riguardo a due temi principali: - “un’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e dell’eliminazione della povertà”; - “il quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile”. Nel corso della presentazione della seconda delle tre consultazioni intergovernative preparatorie del 3° Vertice della Terra, che si è svolta il 7 e 8 marzo 2011 a New York, il Segretario di Rio 2012, il cinese Sha Zukang ha affermato che “Gli attuali modelli di consumo e produzione hanno sovraccaricato molti degli ecosistemi del Pianeta e il finanziamento di infrastrutture sostenibili non ha tenuto il passo dell’espansione urbana; aver trascurato il settore agricolo ha provocato la scarsità di cibo

e gli investimenti nelle energie rinnovabili e nella gestione sostenibile delle foreste sono risultati ben inferiori di quanto fosse necessario”. “Se continuiamo su questa strada, lasceremo in eredità ai nostri figli e nipoti un ambiente povero, anziché prospero”, ha concluso Sha Zukang. La consultazione, costituita da 13 domande aperte (in inglese), come anticipato, sarà on line fino al 14 aprile. I risultati della seconda consultazione, incentrata sull’efficienza delle risorse, serviranno per definire il calendario, previsto per l’estate 2011, delle azioni da intraprendere in questo campo in Europa. I partecipanti sono chiamati ad esprimere pareri su tre tematiche: - aspetti generali legati all’uso e alla scarsità delle risorse, agli ostacoli attuali e agli aspetti che destano particolare preoccupazione; - aree strategiche che potrebbero essere inserite nel calendario d’azione; - opinioni su come stimolare i singoli cittadini a cambiare i propri comportamenti. Attraverso 22 domande la Commissione mira a raccogliere opinioni provenienti da pubbliche autorità, settore privato, parti in causa attive nel settore dell’ambiente e cittadini interessati. Il 26 gennaio di quest’anno la Commissione ha adottato la Comunicazione “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse - Iniziativa faro nell’ambito della strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione”, che traccia lo scenario per numerose iniziative della Commissione (tra cui il calendario d’azione) previste per il 2011 e il 2012. La consultazione (in inglese, francese e tedesco) rimarrà aperta fino al 22 aprile 2011. Le risposte alla consultazione confluiranno in una Comunicazione sulla posizione dell’UE di cui si prevede la pubblicazione per la primavera del 2011, nonché per successive discussioni con le altre istituzioni europee. I contributi possono essere inviati da tutte le parti interessate, nell’UE come nei Paesi terzi, rispondendo a tutte o ad alcune delle domande poste. Una volta valutate le risposte, sul sito web della Direzione generale Ambiente sarà pubblicata una relazione sulla consultazione. Infine, la Direzione generale Ricerca e Innovazione ha lanciato una consultazione relativa al rendimento energetico e ad altri aspetti della strategia “Europa 2020”, incentrata sullo stato attuale e sul futuro potenziale di una bioeconomia in Europa. Oltre ad affrontare le problematiche relative all’efficienza delle risorse, i quesiti della consultazione riguardano la capacità potenziale della

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bioeconomia di stimolare l’innovazione e contribuire a risolvere problematiche sociali. Le Risorse biologiche sono sempre più utilizzate per soddisfare i consumatori europei e la domanda del mercato per un approvvigionamento sicuro e sano di cibo, per l’alimentazione animale, per fornire materiali da costruzione sostenibili, materia prima per l’energia e per la produzione di carta e pasta di legno sostenibile, nonché per una vasta gamma di prodotti tecnologici (come cosmetici e prodotti chimici). Mentre la principale fonte di energia per questi materiali - il sole - è effettivamente senza limiti, altri fattori come la terra e l’acqua necessari per la loro produzione sono finiti o le risorse sono limitate. Così, lo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche richiederà un uso attento dei suoli e un maggior e migliore utilizzo degli oceani, e un passaggio ad impianti in grado di produrre di più con meno risorse. La gestione sostenibile delle risorse biologiche deve tener conto delle nuove tecnologie, se si vuol produrre di più, mentre al contempo bisogna contenere la perdita di biodiversità e proteggere l’ambiente. Sulla base dei risultati saranno definiti la Strategia europea e il Piano d’azione dell’UE verso una “Bioeconomia sostenibile entro il 2020”. La Consultazione in lingua inglese rimarrà aperta fino al 2 maggio 2011. Di maggior rilievo per la partecipazione dei cittadini europei alla definizione della legislazione UE è l’avvenuta pubblicazione sulla GUUE L 65 dell’11 marzo 2011 del Regolamento n. 21/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio riguardante Iniziativa dei Cittadini. Tale istituto di democrazia partecipativa su scala paneuropea è stato introdotto con l’articolo 11 del Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che ha stabilito, infatti, che 1 milione di cittadini europei, provenienti da un significativo numero di Stati membri, possano invitare la Commissione a presentare una proposta per l’adozione di atti legislativi dell’Unione. L’art. 24 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevedeva che le condizioni e le procedure per l’esercizio dell’iniziativa popolare, incluso il numero minimo di Stati membri cui devono appartenere i cittadini promotori, avrebbero dovuto essere disciplinati da Regolamenti adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Tale iter che si è concluso, appunto, il 16 febbraio 2011. La procedura può essere divisa in 5 fasi: 1) Registrazione delle proposte di iniziativa. I pro-

motori devono iscrivere la proposta, sostenuta da un Comitato composto da almeno 7 cittadini di 7 Paesi membri, in un apposito registro elettronico tenuto dalla Commissione che, entro 2 mesi dall’inserimento della proposta, conferma la registrazione, rifiutandone eventualmente la registrazione qualora non siano soddisfatte determinate condizioni ( paragrafo 2, art.4). 2) Raccolta delle firme a sostegno dell’iniziativa. Dalla conferma della registrazione, il Comitato ha a disposizione 1 anno per raccogliere non meno di 1 milione di firme, sia cartacee che elettroniche di cittadini appartenenti ad almeno un quarto degli Stati membri e che abbiano un’età che permetta loro di votare per il Parlamento europeo (18 anni, ad esclusione degli Austriaci che votano a 16 anni). In ogni Stato il numero minimo di firme necessarie viene determinato moltiplicando per 750 il numero di Deputati di quello Stato al Parlamento europeo (tale numero per l’Italia, come risulta dall’Allegato I al Regolamento, è di 54.750). 3) Verifica e certificazione delle firme di sostegno da parte degli Stati membri. Dopo la raccolta delle firme, gli organizzatori sottopongono le dichiarazioni di sostegno alle autorità competenti degli Stati membri in cui i firmatari risiedono, che entro 3 mesi devono svolgere i controlli, attestando il numero di firme valide. 4) Presentazione dell’iniziativa alla Commissione. Ottenuta la certificazione delle firme valide, gli organizzatori presentano l’Iniziativa dei Cittadini alla Commissione, corredandola di informazioni relative al sostegno e ai finanziamenti eventualmente ricevuti. 5) Esame dell’iniziativa da parte della Commissione e sua comunicazione in merito alle conclusioni giuridiche e politiche. La Commissione pubblica l’Iniziativa dei Cittadini in un apposito registro ed entro 3 mesi, dopo aver ascoltato in merito gli organizzatori, espone in una comunicazione le sue conclusioni giuridiche e politiche, nonché l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso, notificandole agli organizzatori, al Parlamento europeo e al Consiglio. Il Regolamento si applicherà a partire dal 1° aprile 2012, entro la cui data gli Stati membri dovranno provvedere ad individuare le Autorità nazionali competenti alla verifica delle iniziative ed il sistema sanzionatorio applicabile in caso di violazione del Regolamento.

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Gli impatti sul mondo del lavoro negli USA per l’introduzione dei Regolamenti EPA

NUOVI LAVORI CON ARIA PIÙ PULITA Non mancano le preoccupazioni per le ripercussioni sulle aziende più inquinanti Il mix di leggi e azioni in materia ambientale messe in atto dal Governo del Presidente Barack Obama e le iniziative concrete come il Clean Air Act, oltre alle regole anti-inquinamento proposte dall’EPA (Environmental Protection Agency), l’Agenzia per l’Ambiente degli Stati Uniti, dovrebbero portare alla creazione di nuovi posti di lavoro negli USA. Le nuove norme introdotte dall’EPA (Clean Air Rules), dovrebbero consentire, in particolare, di generare fino a 1,5 milioni di Green Jobs nei prossimi cinque anni, periodo che coincide con la loro attuazione. Sono queste le conclusioni del Rapporto “New Jobs - Cleaner Air: Employment Effects under Planned Changes EPA’s Air Pollution Rules” (Nuovi posti di lavoro - Aria più pulita: gli effetti sull’impiego a seguito dei progettati cambiamenti delle regole sull’inquinamento dell’aria), commissionato da Ceres, una coalizione di ambientalisti e investitori istituzionali americani che lavorano con le imprese per affrontare le sfide della sostenibilità, e redatto dai ricercatori dell’Istituto di ricerca di economia politica (Political Economy Research Institute) che fa capo alla University of Massachusetts. Il Rapporto ha valutato gli impatti che si avranno sul mondo del lavoro a seguito dei due preannunciati provvedimenti dell’EPA che dovrebbero essere resi operativi entro il 2011: - Clean Air Transport Rule, che si propone di ridurre le concentrazioni in atmosfera di biossido di zolfo e le emissioni di ossidi di azoto, causate dai trasporti, in 31 Stati della regione orientale e centro-occidentale degli USA; - Utility MACT (Maximum Achievable Control Technology), che attraverso l’adozione delle migliori tecnologie possibili, stabilisce per la prima volta i limiti per gli inquinanti atmosferici pericolosi, quali il mercurio, l’arsenico, il piombo e l’acido cloridrico. C’è da dire, tuttavia, che attualmente l’EPA si trova al centro di un dibattito in seno al Congresso, dove Repubblicani ed anche alcuni Democratici hanno duramente contestato i costi per le industrie per adeguarsi alle nuove norme. Tant’è che nel corso di una Conferenza stampa avvenuta a Washington il 23 febbraio u. s., l’EPA ha annunciato di aver previsto l’esenzione dall’installazione di tecnologie appropriate per gli impianti industriali che bruciano combustibili rinnovabili, tagliando così i costi per le imprese del 50% rispetto alla proposta originaria (meno 1,8 miliardi di dollari l’anno). La responsabile della Sezione inquinamento atmosferico dell’EPA, Gina Mc Carthy, infatti ha dovuto osservare che le nuove proposte “Sono realistiche, realizzabili e ragionevoli e prevedono per le industrie il dimezzamento dei costi e l’EPA è disponibile a provare di ridurre le emissioni ad

costi più bassi, mantenendo gli obiettivi dei benefici per la salute richiesti dalla legge”. In più, una Corte federale ha imposto all’EPA di rilasciare entro 30 giorni il Regolamento sul Clean Air Act, anziché i 15 mesi richiesti dall’Amministrazione Obama che, essendo stato sottoposto a pubblica consultazione (cfr. “L’inquinamento atmosferico è dannoso per la salute”, in Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2009, pagg. 52-53) ed avendo ricevuto 4.800 osservazioni, avrebbe avuto bisogno di un ulteriore periodo di analisi. Così, il 17 febbraio, sei senatori (4 Repubblicani e 2 Democratici) hanno scritto una lettera all’Amministratore dell’Agenzia, Lisa Jackson per ribadire di sbrigarsi dal momento che ha avuto tutto il tempo che necessitava per apportare i miglioramenti al Regolamento stesso. La situazione creatasi, quindi, non è favorevole per l’Amministrazione Obama, dal momento che non aveva fatto mistero di considerare l’implementazione del Regolamento una sorta di Plan B, qualora il Congresso non fosse riuscito a varare la cosiddetta legge “Cap and Trade”, evento che si è poi verificato e che ha costretto Obama ha rinunciare ad inserire una proposta di legge in merito nella Legge Finanziaria per il 2012. Sulla base di questi presupposti, potrebbero risultare sovrastimati i dati contenuti nel Rapporto, tuttavia meritano di essere presi in considerazione per il valore dimostrativo che può contenere, alla luce di un inevitabile e doveroso sforzo per investimenti nella green economy che ogni Paese dovrebbe attuare per contrastare i cambiamenti climatici. Come sottolineato nella premessa, secondo il Rapporto l’adeguamento alle nuove norme sulle emissioni creerà in media 291.577 posti di lavoro all’anno per un totale di 1,46 milioni di occupati nel prossimo quinquennio. Solo il settore della produzione di energia elettrica dovrà investire quasi 200 miliardi di dollari in 5 anni, dei quali 94 miliardi di dollari per il controllo dell’inquinamento. Per ogni dollaro speso, ci sarà un ritorno, secondo i ricercatori del PERI, tra i 4 e gli 8 dollari in termini di minori spese per la pubblica salute e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Ma quali sono i settori professionali che potrebbero essere interessati dalla nuova rivoluzione verde? Prima di tutto ingegneria, costruzione e realizzazione di condutture, che guideranno la domanda di lavoro e spingeranno le utilities ad investire in nuove strutture e ad effettuare ulteriori controlli dell’inquinamento. La maggior parte del milione e mezzo di posti di lavoro sarebbe, comunque, a carattere temporaneo per studi di fattibilità e verifiche, necessari fino al 2015; mentre la costruzione di nuovi impianti, come quelli per le energie rinnovabili, potrebbe creare una

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rete composta da più di 2.000 posti di lavoro permanenti per le operazioni e la manutenzione, secondo quanto si legge nel Rapporto. A livello di Stati, dovrebbero avvantaggiarsi Virginia, Tennessee, Illinois, Pennsylvania, Nord Carolina e Indiana, ovvero quelli che sono più dipendenti da fonti tradizionali di energia da combustibili fossili e che vedono attualmente compromessi molti posti tradizionali di lavoro. “Un cambiamento significativo spesso scompagina, ma non avviene mai senza investimenti a breve termine e dislocazioni - ha scritto nella prefazione al Rapporto Mindy Lubber, Presidente di Ceres - Ma se non si riesce a cambiare, specialmente in questo momento, ci si espone a prospettive molto più torve. Stiamo entrando, anzi siamo già entrati, in un grande e globale riallineamento industriale ed economico verso l’energia pulita. I più grandi benefici, sia per le famiglie di oggi che per le future generazioni, andranno a coloro che

anticipano questi cambiamenti e assumono misure proattive come risposta”. “Gli Americani possono aspettarsi guadagni economici significativi dall’attuazione di queste nuove norme dell’EPA, sotto forma di posti di lavoro altamente qualificati e ben retribuiti, che ci aiuteranno a ripulire e modernizzare la flotta impiantistica di produzione elettrica nazionale - ha dichiarato Lubber, alla presentazione del Rapporto - Centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro saranno creati in ognuno dei cinque anni, un impulso benaugurante poiché il Paese si riprenderebbe da una grave recessione economica”. Ovviamente, non mancano gli scettici: c’è già chi sostiene che le nuove norme dell’Agenzia potrebbero invece causare numerosi licenziamenti e costringere i lavoratori al prepensionamento, se legati ad un’azienda troppo inquinante, che potrebbe chiudere per mancanza dei fondi necessari alle eco-ristrutturazioni richieste.

Merrimack Station (New Hampshire). La più grande centrale elettrica a carbone dello Stato dove sono previsti in 3 anni 300 nuovi posti di lavoro per la costruzione della torre di abbattimento del biossido di zolfo (SO2). Fonte: Ceres

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Diffuso in occasione del World Water Day un Report dell’ISTAT

ACQUA: LO SPRECO ITALIANO Cresce il consumo e il 47% di acqua potabile viene perso In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day) che si celebra ogni anno il 22 marzo (cfr: “Gestione delle risorse idriche questione trasversale dei cambiamenti climatici”, in Regioni&Ambiente, n. 3 marzo 2011, pagg. 16-17), l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) ha pubblicato un Focus su questa fondamentale risorsa, attraverso le statistiche sul ciclo idrologico, sull’uso delle acque urbane e su alcuni fattori climatici del nostro Paese, i cui dati provengono da indagini condotte dall’Istituto negli ultimi anni (2008-2010), tra le quali la “Rilevazione sui servizi idrici”, gli “Aspetti della vita quotidiana”, i “Consumi delle famiglie” e la “Rilevazione sui dati meteoclimatici e idrologici”. Il prelievo Dai dati emerge che in Italia il prelievo d’acqua a uso potabile ammontava nel 2008 a 9,1 miliardi di m3, l’1,7% in più rispetto al 2005 e il 2,6% in più dal 1999. L’acqua prelevata pro capite ammonta a circa 152 m3 per abitante, con gli aumenti più significativi che si registrano nelle regioni del Nord-est e del Centro, mentre nelle altre ripartizioni si osservano riduzioni dovute probabilmente alla carenza generalizzata di precipitazioni negli anni centrali del periodo 1999-2008. Le regioni che immettono nelle reti comunali più acqua potabile per abitante sono Valle d’Aosta e Lazio (rispettivamente 182 e 172 m3 per abitante), mentre Umbria e Marche, con poco più di 100 m3 per abitante, sono quelle che ne immettono meno. Dal confronto della quantità di acqua prelevata per abitante

in alcuni grandi Paesi dell’Unione Europea, l’Italia supera nettamente la Spagna (127 m3 per abitante), il Regno Unito (113 m3) e la Germania (62 m3). L’89,4% dell’acqua prelevata a uso potabile, pari a circa 8,1 milioni di m3 viene effettivamente immessa nelle reti comunali di distribuzione. Complessivamente vengono immessi in rete 136 m3 di acqua per abitante, valore rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi dieci anni. Acqua potabile consumata Per quanto riguarda l’acqua potabile consumata, nel 2008 in Italia sono stati erogati 92,5 m3 per abitante, con un incremento dell’1,2% negli ultimi dieci anni. Tale valore è costituito dall’acqua consumata, misurata ai contatori dei singoli utenti, e dalla stima dell’acqua non misurata, ma consumata per diversi usi (luoghi pubblici, fontane, acque di lavaggio delle strade, innaffiamento di verde pubblico, ecc.). Distribuzione geografica La distribuzione dell’acqua potabile si presenta molto eterogenea sul territorio italiano. Con 107,1 m3 per abitante, il Nord-ovest è la ripartizione geografica in cui si rileva una maggiore erogazione di acqua potabile pro-capite da parte della rete comunale di distribuzione, circa 15 m3 in più rispetto al dato nazionale. I valori regionali più alti sono quelli della provincia autonoma di Trento (127,4 m3 per abitante) e della Valle d’Aosta (121,9 m3). Il Centro presenta un valore di 96,0 m3 per abitante, lievemente più alto del valore nazionale, con valori regionali compresi tra

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i 68,5 m3 per abitante dell’Umbria e i 111,3 del Lazio. Il Mezzogiorno è l’area geografica con la minore erogazione di acqua potabile: il volume annuo di acqua erogata per abitante è pari a 80,6 m3 e risente, anche in questo caso, di una forte variabilità regionale, con un valore massimo di 99,2 m3 in Calabria e uno minimo in Puglia, con 63,5 m3 (quest’ultima è la regione con il valore più basso di acqua erogata per abitante). Potabilizzazione dell’acqua Secondo i dati dell’ISTAT, nel 2008 il 32,2% dell’acqua prelevata è stata sottoposta a trattamenti di potabilizzazione. Tale quota è sostanzialmente in linea con quella rilevata nel 2005, mentre nel 1999 si potabilizzava il 26,3%, pari a 5,9 punti percentuali in meno. Naturalmente, la quota di acqua potabilizzata risente delle caratteristiche idrogeologiche dei territori da cui sono captate le acque. Infatti, dove sono disponibili una pluralità di fonti vengono in primis utilizzate le acqua sotterranee, che sono di migliore qualità e non richiedono, di norma, processi di potabilizzazione. Le acque superficiali, invece, devono essere sottoposte a trattamenti di potabilizzazione nella quasi totalità dei casi. Sardegna (89,2%) e Basilicata (80,5%) sono le regioni dove una quota maggiore di acqua viene potabilizzata, mentre Lazio (2,9%) e Molise (8,9%) presentano i livelli più bassi perché sono disponibili risorse sotterranee idropotabili di buona qualità. La dispersione di acqua potabile Nel 2008 si registra, a livello nazionale, una perdita del 47% di acqua potabile, dovuta alle necessità di garantire una continuità di afflusso nelle condutture, ma anche alle effettive perdite delle condutture stesse. Le maggiori dispersioni di rete si osservano in Puglia, Sardegna, Molise e Abruzzo dove, per ogni 100 litri di acqua erogata, se ne immettono in rete circa 80 litri in più; quelle più basse si riscontrano in Lombardia e nelle due province autonome di Trento e Bolzano. Depurazione delle acque reflue urbane Nel 2008 la capacità effettiva depurativa degli impianti, ossia il carico inquinante proveniente dalle acque reflue urbane e trattato dagli impianti di depurazione, è pari a 59,0 milioni di abitanti equivalenti (Ae2), il 26,6% in più rispetto al 1999 quando la capacità effettiva depurativa era pari a 46,6 milioni di Ae. Anche la capacità potenziale depurativa, misurata dagli abitanti equivalenti di progetto, è aumentata rispetto al 1999 passando da 61,4 milioni di Ae a 75,2 milioni di Ae del 2008 (+22,5%). Nel periodo 1999-2008 le regioni in cui è aumentato maggiormente il carico inquinante trattato negli impianti di depurazione sono Umbria (+101,7%), Basilicata (+93,5%)

e Calabria (+86,8%). Il minor incremento si è osservato in Emilia-Romagna (+11,2%), Piemonte (+13,1 %) e nella provincia autonoma di Trento (+14,3%), regioni in cui comunque il fabbisogno di depurazione era su buoni livelli di soddisfazione già dal 1999. Per quanto riguarda invece la capacità potenziale depurativa nelle regioni, si osserva che le regioni che più hanno aumentato gli impianti di depurazione, dal 1999 al 2008, sono Umbria (+87,3%) e Basilicata (+77,2%), seguite da Lombardia (+45,3%), Liguria (+42,5%) e Sardegna (+39,2%). Per contro, Campania e Lazio hanno accresciuto la propria capacità solo di circa il 10%. I gestori dei servizi idrici I gestori dei servizi idrici, specializzati o in economia, operanti in Italia nel biennio 2007-2008 sono diminuiti del 18,9%. Rispetto al 1999 il decremento è del 57,2% (passando dai 7.826 a 3.351) per effetto del processo di riforma della gestione dei servizi idrici (D.Lgs. 152/2006). Tra il 2007 e il 2008 la quota dei comuni in cui le società affidatarie gestiscono almeno una tipologia di servizio idrico (dal prelievo alla depurazione) passa dal 50,0% al 58,3%. Nel 2008 i gestori del Servizio idrico integrato (Sii) coprono una popolazione residente pari al 68,7 per cento, incrementando di 8,7 punti percentuali quella del 2007 e confermando la tendenza di molti comuni a trasferire la gestione dei servizi idrici, spesso effettuata in economia, ai nuovi gestori affidatari. Il processo di riorganizzazione del servizio idrico integrato è ormai completato in Umbria e Basilicata. Quasi concluso in Puglia, Abruzzo, Sardegna, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio (oltre il 90% della popolazione è passata da gestione comunale o privata a gestione integrata). Parzialmente applicato in Veneto (79,6%), Marche (73,1%), Liguria (68%) e Lombardia (54%), mentre è in corso di attuazione in Campania (35,9%), Calabria (32%), Sicilia (29%) e Friuli Venezia Giulia (11,6%). Non ancora attuato in Molise e Valle d’Aosta. Il consumo di acqua minerale Nel 2009 il 63,4% delle famiglie italiane ha acquistato acqua minerale, percentuale che risulta in calo rispetto agli anni precedenti (67,6% nel 2000, 64,2% nel 2008). La distribuzione territoriale è piuttosto uniforme: si passa dal 65,2% di famiglie del Mezzogiorno, al 62,5% di quelle del Nord e al 62,8% di quelle del Centro. La spesa media delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale è pari a 19,71 euro mensili e, anche in questo caso, mostra un’alta omogeneità territoriale: si passa, infatti, da un massimo di 20,34 euro nel Nord a un minimo di 18,75 nel Mezzogiorno. In media la spesa delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale risulta più bassa rispetto a quella sostenuta nel 2008 (21,14 euro).

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Le precipitazioni In Italia negli ultimi dieci anni sono stati cumulati in media 750 mm di precipitazione, 15 mm in meno rispetto al valore climatico di riferimento (in questo caso il trentennio 1971-2000). Il decennio è stato caratterizzato da notevole variabilità, con una certa tendenza ad un aumento delle precipitazioni nel corso degli ultimi anni. Nel 2009 il mese con maggiore piovosità è stato gennaio, con una precipitazione media di 114 mm, mentre maggio è risultato il meno piovoso (24 mm). Complessivamente, la precipitazione totale annua è stata maggiore nelle regioni del Centro, con un valore medio di 910 mm, seguite da quelle del Nord (878 mm) e del Sud (818 mm). A livello regionale il massimo delle precipitazioni si è registrato nel mese di gennaio in Puglia, conuna valore medio di 242 mm e in Basilicata, con 236 mm. Il minimo si è raggiunto nel mese di luglio in Sardegna (appena 0,4 mm) e in Sicilia (3 mm). Il deflusso dei principali corsi d’acqua Esaminando i quattro principali corsi d’acqua italiani (Po, Adige, Tevere e Arno), sulla base dei dati rilevati dagli Uffici idrografici regionali, si osserva una graduale diminuzione delle portate medie annue, ad eccezione del fiume Arno che presenta un andamento pressoché costante. L’andamento idrometrico del fiume Po durante il periodo 2000-2009, misurato nella stazione di Pontelagoscuro, ultimo punto di monitoraggio prima della foce, riflette l’andamento pluviometrico dell’Italia settentrionale. Infatti, nel corso del

decennio, caratterizzato da una portata media annua di 1.420 m3/s, si riscontra un abbassamento del livello delle portate di 169 m3/s rispetto al trentennio 1971-2000. Nel 2007, poi, si registra il valore più basso della portata media annua (830 m3/s), mentre il valore più alto, pari a 1.959 m3/s, si è rilevato nel 2000, anno dell’alluvione in Piemonte. Il monitoraggio del fiume Adige, ottenuto elaborando i dati della stazione di Boara Pisani, posta a 51 km dalla foce, mostra, nel periodo 2000-2009, una portata media annua di 169 m3/s, in calo di circa 24 m3/s, rispetto ai valori medi del trentennio 1971-2000. Nell’ultimo decennio il valore più basso della portata media annua è stato misurato nel 2007 (116 m3/s), mentre il più alto nel 2009 (223 m3/s). Il fiume Arno, monitorato dalla stazione di San Giovanni della Vena posta ad una distanza dalla foce di 37 km, ha fatto registrare, nel periodo 2000-2009, una portata media annua di 79 m3/s, superiore di circa 6 m3/s rispetto al trentennio 1971-2000. Nel decennio esaminato il valore più basso della portata media annua è stato rilevato nel 2007 (42 m3/s), mentre il più alto nel 2005 (123 m3/s), anno caratterizzato da precipitazioni superiori ai valori medi. Infine, l’analisi idrometrica del Fiume Tevere, effettuata elaborando i dati della stazione di Ripetta posta ad una distanza dalla foce di 43 km, mostra, per il periodo 2000-2009, una portata media di 155 m3/s, inferiore di circa 41 m3/s rispetto al valore medio del trentennio 1971-2000. Anche in questo caso, nell’ultimo decennio la portata più bassa si è registrata nel 2007 (102 m3/s), mentre la più alta nel 2005 (197 m3/s).

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MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE Avviso pubblico per l’attribuzione di contributi economici a enti pubblici, soggetti privati singoli o associati, fondazioni ed associazioni per iniziative ed interventi in materia ambientale Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha pubblicato il 25 marzo 2011 l’Avviso pubblico per l’attribuzione di contributi economici a enti pubblici, soggetti privati singoli o associati, fondazioni ed associazioni per iniziative ed interventi in materia ambientale, di cui alla Direttiva MATTM del 5 agosto 2010, che definisce criteri, modalità e procedure ai fini dell’adozione dei provvedimenti attributivi di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e di vantaggi economici di qualunque genere, sulla base delle disponibilità finanziarie e della rilevanza delle iniziative proposte nelle materie di competenza del Ministero, nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, efficienza, parità di trattamento, trasparenza e pubblicità. Finalità L’avviso è finalizzato ad avviare una procedura ad evidenza pubblica per la selezione, ai fini di concessione di un contributo, per iniziative ed azioni riguardanti la protezione dell’ambiente nell’ottica di perseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra sul territorio nazionale anche con riferimento all’educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile. Le tematiche oggetto del presente avviso, sono: - riciclo e raccolta differenziata dei rifiuti; - energie rinnovabili ed efficienza energetica; - mobilità sostenibile; - biodiversità e tutela degli habitat naturali, con particolare riguardo alle foreste; - cambiamenti climatici; - sviluppo sostenibile. Beneficiari Possono presentare istanza di contributo enti pubblici, soggetti privati singoli o associati, associazioni e fondazioni. Ogni soggetto può presentare una sola richiesta di contributo. Risorse finanziarie, percentuale di contribuzione e costi ammissibili Le risorse finanziarie disponibili sono pari a 1,5 milioni di euro. La percentuale massima di contributo concedibile per ciascun progetto ammesso non potrà superare l’80% dei costi

ammissibili, fermo restando il limite delle risorse finanziarie disponibili. In ogni caso, l’importo massimo non potrà superare la somma di 100.000 euro. I costi ammissibili devono essere coerenti e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi specifici indicati nel progetto. In particolare, sono considerati costi ammissibili quelli effettivamente sostenuti per l’attuazione del progetto, identificabili, controllabili ed attestati da documenti giustificativi originali. Secondo i succitati requisiti, sono da considerarsi ammissibili i costi rientranti nelle seguenti categorie di spesa: - personale; - viaggi e missioni; - acquisto di beni, servizi e forniture strettamente necessari all’espletamento delle attività progettuali; - spese di produzione e divulgazione di materiale; - spese generali (costi di gestione, consumi, canoni, contributi assicurativi, ecc.) non superiori al 10% del contributo ministeriale. Tempi e modalità di realizzazione I soggetti beneficiari del contributo dovranno impegnarsi a dare inizio ai lavori relativi al progetto individuato entro 180 giorni solari dalla data di pubblicazione sul sito del Ministero della determinazione di concessione del contributo e dovranno impegnarsi a completare le attività entro i 6 mesi successivi a tale data. Procedure e modalità di verifica delle istanze Entro il termine di 60 giorni dalla data fissata per la presentazione delle domande si procederà all’istruttoria sull’ammissibilità delle istanze pervenute, procedendo all’accertamento della completezza e della validità della documentazione presentata e richiedendo, se del caso, necessari od opportuni chiarimenti ed integrazioni documentali. Successivamente, entro 60 giorni dalla conclusione dell’istruttoria, si procede alla formazione della graduatoria tra le richieste ammissibili, avvalendosi di un’apposita Commissione di valutazione. La graduatoria sarà oggetto di pubblicazione presso il sito istituzionale: www.minambiente.it I beneficiari del contributo sono tenuti a dare la massima informazione e diffusione dei risultati del progetto. Presentazione delle domande e scadenze Le istanze di concessione del contributo, pena la non ammissibilità, dovranno essere redatte utilizzando esclusivamente l’apposito modulo scaricabile dal sito internet del Ministero: www.minambiente.it - sezione “Bandi”. Tale modulo dovrà essere compilato in ogni sua parte ed accompagnato dalla seguente documentazione e dalle dichiarazioni sotto indicate e debitamente sottoscritte:

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a. copia fotostatica fronte-retro del documento di riconoscimento del legale rappresentante del soggetto proponente debitamente sottoscritta dallo stesso (Allegato A); b. una relazione descrittiva della natura e delle caratteristiche dell’iniziativa o dell’intervento da realizzare, delle finalità, dei destinatari o dei fruitori, della sua rilevanza ambientale e territoriale e un crono programma delle attività (massimo 15 cartelle formato A4 - Allegato B); c. un piano economico-finanziario che contenga il bilancio di previsione dell’iniziativa o dell’intervento (Allegato C); d. la dichiarazione, redatta nel rispetto del DPR 445/2000, se il richiedente sia o meno beneficiario, per l’iniziativa, intervento od opera alla quale l’istanza si riferisce, di contributi, sussidi, ausili, sovvenzioni o finanziamenti da parte di altri soggetti pubblici. In caso affermativo, dovranno essere precisati l’importo del contributo ed il soggetto concedente. Il Ministero si riserva di procedere alla verifica di quanto dichiarato (Allegato D); e. una dichiarazione, debitamente sottoscritta dal Legale Rappresentante del soggetto proponente, attestante l’assenza all’interno degli organi di gestione del proponente, di componenti che abbiano riportato condanne ovvero nei cui confronti siano pendenti procedimenti penali (Allegato E). Le istanze di contributo, unitamente alla documentazione soprarichiamata, dovranno essere inviate entro e non oltre il 29 aprile 2011 al seguente indirizzo: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Direzione Generale per lo Sviluppo Sostenibile, il Clima e l’Energia Via Cristoforo Colombo, 44 - 00147 Roma I documenti cartacei sopra citati dovranno essere contenuti in un unico plico chiuso, controfirmato sui lembi e recante, pena la esclusione, la denominazione, l’indirizzo completo del proponente e la seguente dicitura in alto a sinistra “Avviso pubblico per la concessione di contributo, per iniziative ed interventi riguardanti la realizzazione di progetti in materia ambientale” con la dicitura “non aprire”, ed inviato unicamente mediante servizio postale tramite raccomandata A/R. Modulo ed Allegati dell’Avviso in questione possono essere scaricati dal sito internet: www.minambiente.it - sezione “Bandi”, mentre chiarimenti in merito possono essere richiesti, entro e non oltre il 15 aprile 2011, all’indirizzo di posta elettronica bandocontributi@miniambiente.it o al numero telefonico 06 57223504.

COMMISSIONE EUROPEA Bando LIFE+ 2011 Invito a presentare proposte (G.U.U.E. C 26 del 26.02.2011) Sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è comparso l’avviso della Commissione UE che invita soggetti stabiliti nell’Unione europea a presentare proposte per la procedura di selezione LIFE+ del 2011. Domande Le proposte devono essere redatte su appositi moduli di domanda, disponibili, assieme alla guida per la formulazione delle domande, contenente spiegazioni dettagliate sull’ammissibilità e sulle procedure, sul sito web della Commissione all’indirizzo: http://ec.europa.eu/environment/life/funding/lifeplus.htm Le proposte devono essere trasmesse su CD-ROM o su DVD. Beneficiari Le proposte devono essere presentate da Enti pubblici e/o privati, Soggetti e Istituzioni registrati negli Stati membri dell’Unione europea. L’avviso riguarda i temi seguenti: 1. LIFE+ Natura e biodiversità Obiettivo principale: proteggere, conservare, ripristinare, monitorare e favorire il funzionamento dei sistemi naturali, degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, al fine di arrestare la perdita di biodiversità, inclusa la diversità delle risorse genetiche, all’interno dell’Unione Europea. 2. LIFE+ Politica e governance ambientali Obiettivi principali: - cambiamento climatico: stabilizzare la concentrazione di gas ad effetto serra ad un livello che eviti il surriscaldamento globale oltre i 2 gradi centigradi; - acque: contribuire al miglioramento della qualità delle acque attraverso lo sviluppo di misure efficaci sotto il profilo dei costi al fine di raggiungere un «buono stato ecologico» delle acque nell’ottica di sviluppare piani di gestione dei bacini idrografici a norma della direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro sulle acque); - aria: raggiungere livelli di qualità dell’aria che non causino significativi effetti negativi, né rischi per la salute umana e l’ambiente; - suolo: proteggere il suolo e assicurarne un utilizzo sostenibile, preservandone le funzioni, prevenendo possibili minacce e attenuandone gli effetti e ripristinando il suolo

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degradato; - ambiente urbano: contribuire a migliorare il livello delle prestazioni ambientali delle aree urbane d’Europa; - rumore: contribuire allo sviluppo e all’attuazione di politiche sull’inquinamento acustico; - sostanze chimiche: migliorare, entro il 2020, la protezione dell’ambiente e della salute dai rischi costituiti dalle sostanze chimiche attraverso l’attuazione della normativa in materia di sostanze chimiche, in particolare il regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH) e la strategia tematica su un utilizzo sostenibile dei pesticidi; - ambiente e salute: sviluppare l’informazione di base per le politiche in tema di ambiente e salute (Piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute 2004-2010); - risorse naturali e rifiuti: sviluppare e attuare le politiche finalizzate a garantire una gestione e un utilizzo sostenibili delle risorse naturali e dei rifiuti e migliorare il livello di impatto ambientale dei prodotti, modelli di produzione e di consumo sostenibili, prevenzione, recupero e riciclaggio dei rifiuti; contribuire all’effettiva attuazione della strategia tematica sulla prevenzione e sul riciclaggio dei rifiuti; - foreste: fornire, soprattutto attraverso una rete di coordinamento a livello dell’UE, una base concisa e a largo spettro per le informazioni rilevanti per la definizione e l’attuazione di politiche relativamente alle foreste e ai cambiamenti climatici (impatto sugli ecosistemi forestali, mitigazione, effetti della sostituzione), biodiversità (informazione di base e aree forestali protette), incendi boschivi, condizione di boschi e foreste e funzione protettiva delle foreste (acqua, suolo e infrastrutture) nonché contribuire alla protezione di boschi e foreste contro gli incendi; - innovazione: contribuire a sviluppare e dimostrare approcci, tecnologie, metodi e strumenti innovativi diretti a facilitare l’attuazione del piano di azione per le tecnologie ambientali (ETAP); - approcci strategici: promuovere l’attuazione effettiva e il rispetto della normativa dell’Unione in materia di ambiente e migliorare la base di conoscenze necessaria per le politiche ambientali; migliorare le prestazioni ambientali delle piccole e medie imprese (PMI).

Percentuali di co-finanziamento comunitario 1. Progetti LIFE+ Natura e biodiversità: - la percentuale massima del sostegno finanziario dell’Unione è pari al 50% delle spese ammissibili; - eccezionalmente può essere applicata la percentuale massima di cofinanziamento fino a 75% delle spese ammissibili ai progetti riguardanti habitat o specie prioritari delle direttive “Uccelli selvatici” e “Habitat”. 2. LIFE+ Politica e governance ambientali: - la percentuale massima del sostegno finanziario dell’Unione è pari al 50% delle spese ammissibili. 3. LIFE+ Informazione e comunicazione: - la percentuale massima del sostegno finanziario dell’Unione è pari al 50% delle spese ammissibili. Bilancio previsto Il bilancio complessivo per le sovvenzioni di azioni per progetti nel quadro di LIFE+ nel 2011 ammonta a 267. 431. 506 di euro. Almeno il 50% di questo importo è assegnato a misure a sostegno della conservazione della natura e della biodiversità. L’importo indicativo degli stanziamenti finanziari per l’Italia per il 2011 è pari a 23.509.232 di euro. Scadenza Le proposte di progetto devono essere presentate alle autorità nazionali dello Stato membro nel quale il beneficiario è registrato, entro il 18 luglio 2011, e successivamente trasmesse dalle autorità nazionali alla Commissione entro il 9 settembre 2011. Ulteriori informazioni Maggiori informazioni, ivi comprese le linee guida e i moduli di domanda, sono disponibili sul sito Internet LIFE: http://ec.europa.eu/environment/life/funding/lifeplus.htm È anche possibile contattare le autorità nazionali competenti al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/environment/life/contact/nationalcontact/index.htm

3. LIFE+ Informazione e comunicazione Obiettivo principale: assicurare la diffusione delle informazioni e sensibilizzare alle tematiche ambientali, inclusa la prevenzione degli incendi boschivi; fornire un sostegno alle misure di accompagnamento, come azioni e campagne di informazione e comunicazione, conferenze e formazione, inclusa la formazione in materia di prevenzione degli incendi boschivi.

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci

Il mero rinnovo di un’autorizzazione o di una concessione alla gestione di un impianto rientrante nel campo di applicazione della Direttiva 85/337/CEE deve essere preceduto da un procedimento di VIA? Il Consiglio di Stato, Sez. IV, con sentenza 31 agosto 2004 n. 5715, successivamente confermata dalla sentenza 7 novembre 2005 n. 6201 e dal parere n. 1001 del 18 giugno 2008 della seconda sezione, aveva ritenuto che un impianto di smaltimento di rifiuti autorizzato e realizzato anteriormente all’entrata in vigore del D. Lgs. 22/1997 dovesse essere assoggettato a VIA in occasione del primo rinnovo. Nella parte motiva i Giudici Amministrativi così si esprimevano: “La questione di diritto [...] è se il rinnovo dell’autorizzazione, disposto con il provvedimento contestato in prime cure, abbisogni della previa valutazione di impatto ambientale, ai sensi della normativa vigente all’emanazione del provvedimento impugnato. Tale questione - ad avviso della Sezione - si pone indipendentemente dalla circostanza di fatto [..] se il rinnovo dell’autorizzazione presupponga o meno un ampliamento dell’impianto esistente. È noto che, ai sensi degli articoli 27 e 28 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, il previo esperimento della valutazione di impatto ambientale è previsto nel caso di autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e nel caso di varianti sostanziali in corso di esercizio (commi 1 e 8 dell’articolo 27). L’autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti, di cui all’articolo 28, può essere richiesta e rilasciata anche contestualmente all’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto. Da tale quadro normativo l’appellante fa discendere che la previetà della procedura Via è richiesta solo in caso di nuova realizzazione dell’impianto o di variante sostanziale e non anche in caso di mero rinnovo della precedente autorizzazione di esercizio. Tale assunto - se può essere condiviso in relazione ad autorizzazioni rilasciate

agenda

nel regime del decreto legislativo in questione - non può trovare applicazione nel caso, come quello di specie, in cui l’originaria autorizzazione alla realizzazione dell’impianto e la conseguente autorizzazione all’esercizio risultino rilasciate anteriormente all’entrata in vigore alla normativa nazionale in esame, di recepimento della disciplina comunitaria. Se, infatti, è razionale sottrarre alla previetà della procedura Via quei rinnovi di autorizzazione all’esercizio relativi a impianti autorizzati sulla base di una previa valutazione di impatto ambientale, non altrettanto può dirsi per il rinnovo di autorizzazioni la cui compatibilità ambientale, in sede di realizzazione dell’impianto e di autorizzazione all’esercizio degli stessi, non sia stata previamente accertata; in questi casi, infatti, occorre necessariamente individuare un momento in cui, entrata in vigore la disciplina di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, si proceda per una prima volta all’assoggettamento alla Via dell’attività di smaltimento dei rifiuti. In altri termini, quella verifica dell’impatto ambientale non effettuata in sede di prima autorizzazione deve necessariamente precedere il rinnovo della prima autorizzazione successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo, potendo trovare piena applicazione il regime ivi previsto solo per le successive autorizzazioni, sul presupposto che sia intervenuta una prima verifica di impatto ambientale ai sensi del decreto medesimo”. Tuttavia, una recentissima sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (sentenza 17 marzo 2011, causa C-275/09) ha affermato che la direttiva sulla VIA n. 85/337 deve essere interpretata nel senso che il rinnovo di un’autorizzazione esistente a gestire un aeroporto non può, in assenza di lavori o interventi che modifichino la realtà fisica del sito, essere qualificato rispettivamente come “progetto” o come “costruzione” ai sensi della medesima direttiva, in quanto “il termine “costruzione” utilizzato al punto 7, lettera a), dell’allegato I della direttiva 85/337 non presenta alcuna ambiguità e deve essere inteso nel suo senso usuale, cioè come volto a far riferimento alla realizzazione di opere prima inesistenti oppure alla modifica, in senso fisico, di opere preesistenti”.

Eventi e Fiere

Napoli, 14-16 aprile 2011 ENERGYMED - Mostra Convegno sulle Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica Sede: Mostra d’Oltremare (ingresso Viale Kennedy) Segreteria organizzativa: ANEA - Tel. 081 419528 - fax 081 409957 Informazioni: www.energymed.it - info@energymed.it

Ferrara, 11-13 maggio 2011 EXPO LAVORI PUBBLICI Sede: Fiera di Ferrara Organizzazione: quota neve s.r.l. via Panizza, 12 -20144 Milano - Tel. 02 4983120 - Fax 02 4985157 info@expolavoripubblici.it - www. expolavoripubblici.it

Verona, 4-6 maggio 2011 GREENBUILDING - Mostra e Convegno internazionale su Efficienza energetica e Architettura sostenibile in contemporanea con SOLAREXPO Sede: Fiera di Verona Informazioni: www.solarexpo.com

Monaco di Baviera, 8-10 giugno 2011 INTERSOLAR EUROPE 2011 - Salone specializzato dell’Energia e della Tecnologia solare Sede: Nuovo Centro Fieristico Informazioni: Solar Promotion GMBH - www.intersolar.de

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PIEMONTE

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N째

APRILE 2011


Torino Piazza Castello


In copertina: Vista della Galleria di Diana nel Palazzo Reale di Venaria, vicino a Torino retro: Costigliole d’Asti AT)

INDICE Regione Piemonte Riportare l’uomo al centro dell’ambiente Secondo Roberto Ravello, Assessore regionale all’Ambiente, l’Uomo, che è stato causa di molti problemi all’ambiente, può essere allo stesso modo la sua soluzione di Agnese Mengarelli p. 4

Parchi e Aree Protette Proteggere l’ambiente, valorizzare il territorio Dalla riforma di Legge Regionale sulla gestione dei Parchi e delle Aree Protette, nuova linfa per lo sviluppo socio-economico delle aree montane, con l’obiettivo della sostenibilità di Alberto Piastrellini p. 7

Comune di Rivalta La riscossa sostenibile dei piccoli centri urbani Dagli amministratori locali un approfondimento a più voci sul caso di un Comune-tipo della cintura torinese, fra passato industriale e futuro aperto alla sostenibilità di Alberto Piastrellini p. 10


REGIONE PIEMONTE

RIPORTARE L’UOMO AL CENTRO DELL’AMBIENTE

Secondo Roberto Ravello, Assessore regionale all’Ambiente, l’Uomo, che è stato causa di molti problemi all’ambiente, può essere allo stesso modo la sua soluzione di Agnese Mengarelli

Pedemontium, ai piedi dei monti. É questo il toponimo che dà il nome a una delle regioni più industrializzate di Italia. Circondato su tre lati dalle Alpi Occidentali e dall’Appennino Ligure, il Piemonte, proprio per le sue caratteristiche orografiche e produttive, è anche un territorio che deve affrontare diverse problematiche a livello ambientale. La conoscenza di tali criticità rappresenta uno strumento essenziale per condurre efficaci politiche ambientali e per orientare gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica. Abbiamo incontrato Roberto Ravello, Assessore all’Ambiente, Difesa del suolo, Attività estrattive e Protezione civile della Regione Piemonte, per approfondire le questioni legate alla qualità dell’aria, del suolo e delle acque di un territorio che ha risentito fortemente della mano dell’Uomo. Assessore Ravello, quali sono le problematiche principali che insistono sulla Regione Piemonte e che il suo Assessorato è chiamato ad affrontare? Abbiamo un’ampia serie di problematiche, di pari gravità, sulle quali c’è il medesimo interesse da parte della nostra Amministrazione. Il problema della qualità dell’aria è sicuramente uno dei più sentiti. La situazione di superamento dei limiti stabiliti per il PM10 riguarda non solo il Piemonte ma tutto il bacino padano, a causa dell’alta densità di popolazione, delle attività produttive, del traffico, della consistente necessità di riscaldamento, ma soprattutto delle caratteristiche orografiche e delle condizioni meteo-climatiche sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti. Secondo i dati relativi all’anno 2009, resta critica la situazione per il biossido di azoto, ozono e particolato PM10, seppure per quest’ultimo si è registrato un leggero decremento dei livelli di concentrazione, anche se poco significativo ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa vigente. La situazione, invece, resta stabile per monossido di carbonio, biossido di zolfo, metalli e benzene, i cui livelli di concentrazione si mantengono al di sotto dei limiti previsti dalle normative vigenti (vedi tabella 1).

Abbiamo deciso di rendere permanente il Tavolo Regionale per la Qualità dell’Aria, del quale fanno parte, oltre alla Regione Piemonte, le 8 Province ed ARPA Piemonte. Sulla base delle conoscenze attualmente a disposizione di tutti gli organismi che rispondono alla Regione Piemonte, a cominciare dall’ARPA, abbiamo invertito il processo di adozione dei provvedimenti, ribaltandolo completamente. Abbiamo assegnato ad Arpa Piemonte il compito di elaborare delle analisi di “scenario”, per immaginare il fenomeno dell’inquinamento atmosferico come la somma di diversi fattori, e per poter valutare preventivamente in modo scientifico e obiettivo gli effetti dei provvedimenti e le azioni strutturali che si potrebbero adottare per diminuire l’inquinamento atmosferico. Le analisi di “scenario” saranno portate all’attenzione delle Province nelle prossime riunioni del Tavolo Regionale per la Qualità dell’Aria e sulla base degli scenari si deciderà l’eventuale modalità di adozione dei provvedimenti. La qualità dell’aria è un tema che ci coinvolge particolarmente, proprio per motivi morfologici. Le Alpi, oltre ad essere il nostro simbolo e una risorsa economica grazie al turismo, purtroppo rappresentano anche una barriera, in quanto non permettono una sana circolazione dell’aria. La Commissione Europea ha sottoposto la nostra Regione ad un attento esame e a una conseguente procedura di infrazione per la qualità dell’aria e questo rappresenta un fattore di forte preoccupazione perché riscontriamo una certa rigidità nel comprendere da parte dell’UE, che non è solo nostra la colpa se oggi ci sono continui sforamenti in questo territorio. Tra le azioni intraprese in Piemonte ricordo il progetto per il potenziamento della rete di teleriscaldamento; il capoluogo di questa Regione è una delle città più teleriscaldate d’Europa e la percentuale del teleriscaldamento dell’area metropolitana torinese ammonta a 54,5 milioni di metri cubi. Puntiamo al raggiungimento dei 90 milioni di metri cubi, ottenendo un notevole abbattimento di NO2. La problematica dell’inquinamento dell’aria, inoltre, è legato alle emissioni produttive e da traffico. La distribuzione delle emissioni industriali, sia di particolato

In che modo la Regione Piemonte e in particolare il suo Assessorato sta affrontando questo problema?

tabella 1

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Quali strategie intenderà perseguire per dare una risposta positiva alla questione delle polveri sottili? Il 50% delle polveri sottili primarie è prodotto dal fenomeno del risollevamento dal suolo, quindi bisogna intervenire alla fonte, cioè sul suolo, per poter risolvere in maniera concreta la questione e questo dimostra la grande utilità di azioni, come ad esempio il lavaggio e la pulizia delle strade e la rimozione di quanto si è depositato sui sedimi. Un tale provvedimento, non strutturale, può avere effetti riscontrabili e verificabili nell’immediato. Inoltre, al fine di incentivare la mobilità sostenibile, abbiamo aperto un bando per finanziare i Comuni nell’adozione del traffico limitato, introducendo un meccanismo, attraverso il quale, ad esempio, nelle ZTL sarà possibile la circolazione di certe tipologie di veicoli, a cominciare dalle auto elettriche. Paradossalmente nelle ZTL della città di Torino non era permessa la circolazione di veicoli elettrici, perché, anche se non producono inquinati, come qualsiasi mezzo su ruota, come ad esempio la bicicletta, solleva quanto si è depositato sul suolo. Assessore, la Regione Piemonte è una terra ricca di fiumi e di laghi. Com’è la qualità delle acque dei bacini idrografici? Nel 2007 il Consiglio Regionale del Piemonte ha approvato

il Piano di Tutela delle Acque, strumento di pianificazione generale elaborato da questo Assessorato contenente gli interventi volti a prevenire e ridurre l’inquinamento; migliorare lo stato delle acque e perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, mantenendo la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere Comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. Per conoscere lo stato di qualità dell’acqua dei fiumi e dei laghi, dal 2009 è stato avviato un nuovo sistema di monitoraggio basato su standard europei. Dall’esame dei dati disponibili emergono diverse criticità soprattutto sui laghi della nostra Regione, nei quali non è sempre garantito il ricambio dell’acqua. Come è stata affrontata questa problematica ? In alcuni casi sono stati attivati dei progetti sperimentali, anche con il sostegno finanziario del Ministero dell’Ambiente, che hanno dato buoni risultati, in altre situazioni, dove non è stato possibile recuperare le risorse per attivare gli stessi progetti, si stanno utilizzando sempre di più gli strumenti del Contratto di Fiume e del Contratto di Lago, un’attività pluriennale per un impegno finanziario di 400.000 Euro. I Contratti di fiume ed i Contratti di lago costituiscono un nuovo strumento di governance attraverso cui condividere obiettivi di recupero, tutela e sviluppo sostenibile di un territorio vicino a un lago o a un fiume. Sono stati avviati i primi 4 Contratti Fiume, in via sperimentale, su aree idrografiche aventi particolari criticità ambientali e un Contratto di Lago, relativo al bacino dei Laghi di Avigliana, attraverso il coordinamento della Provincia di Torino e un investimento di 100.000 Euro. Il nostro obiettivo è quello di evitare le contrapposizioni di interessi e di favorire una mediazione e, soprattutto, una condivisione di percorsi di rivalutazione del territorio. è uno strumento degno della filosofia del “bottom up”, che in fondo è un modo con cui gli anglofili definiscono il federalismo. Inoltre, come Regione Piemonte abbiamo prodotto uno schema di Carta Nazionale di Lago e di Fiume, che abbiamo

PIEMONTE

primario che di ossidi di azoto, è connessa alla localizzazione sul territorio delle grandi attività produttive. Nel territorio piemontese, gli ossidi di azoto (NOX) sono collegati alla presenza di cementifici ed alle lavorazioni dei prodotti petroliferi, del vetro e dei laterizi, mentre il particolato primario (PM10) può essere collegato alla presenza di industrie per la produzione e lavorazione del poliestere, alle industrie cartarie, del ferro e dell’acciaio. La distribuzione delle emissioni da traffico degli ossidi di azoto (NOX) coincide con la rete stradale; in particolare, a livello comunale, è il traffico urbano a dare il maggior contributo. Le emissioni di PM10 si concentrano invece nei principali centri abitati, in quanto legate non solo alle emissioni veicolari, ma anche alle polveri derivanti dall’usura di freni e pneumatici (vedi tabella 2).

tabella 2

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sottoposto all’attenzione del Ministero dell’Ambiente, perché riteniamo che questi strumenti possano essere un modello da replicare anche in altre Regioni. Un’Amministrazione che non pianifica è un’Amministrazione che non ha futuro. A che punto è la pianificazione dei percorsi di formazione e di educazione ambientale nei confronti dei cittadini e dei ragazzi? L’educazione ambientale è un attività di competenza provinciale, dal momento che come Ente Regione trasferiamo alle Province le risorse e gli stanziamenti economici, anche se in questo periodo ci sono parecchie difficoltà. Un giovane studente o uno scolaro è uno strumento eccezionale di diffusione di buoni comportamenti e per favorirne l’apprendimento, anche da parte di chi ha abbandonato da tempo i percorsi scolastici. A Torino il Museo Regionale delle Scienze Naturali è una struttura capace di attrarre l’interesse di diverse scuole, anche fuori Regione, spiegando ai ragazzi in maniera interattiva tematiche molto spesso spinose, come l’alta velocità, la valorizzazione energetica dei rifiuti, le produzioni di energia da combustibili fossili o dal nucleare. Infine, il Centro di Formazione Ambientale di Pra’ Catinat, nel pinerolese, oltre ad essere un punto di riferimento per l’intera vallata, ospita gite scolastiche e offre servizi finalizzati all’educazione ambientale. Purtroppo questi strumenti hanno un costo notevole e per chiudere il Bilancio 2011 abbiamo dovuto effettuare dei tagli e delle riduzioni della spesa in generale e di conseguenza anche in questo settore. Siamo riusciti a tutelare e salvaguardare, pur con molti sforzi, alcune strutture, come il Centro di Pra’ Catinat, ma inevitabilmente siamo stati costretti a ridurre i trasferimenti alle Province per iniziative finalizzate all’educazione ambientale. Purtroppo dobbiamo dare priorità alle cose su cui dobbiamo intervenire con urgenza, come ad esempio la fragilità del suolo piemontese.

tabella 3

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A proposito, com’è la situazione del suolo nel territorio piemontese? La situazione è molto critica. Per quanto riguarda la contaminazione, nei suoli piemontesi i valori di fondo, determinati per i metalli, evidenziano soprattutto la presenza di cromo e nichel di natura litologica o la presenza di rame e piombo di origine antropica. I valori determinati per i contaminanti organici (IPA, PCB e diossine) sono quasi sempre abbondantemente al di sotto dei limiti di legge, anche se aumentano in vicinanza dei grandi centri urbani (vedi tabella 3). Uno dei fenomeni più preoccupanti, è il consumo di suolo che evidenzia una forte tendenza all’aumento di superfici impermeabilizzate, che interessano ampie porzioni di terreni agricoli. Il consumo del suolo, l’acuirsi di certi fenomeni meteorologici e l’impossibilità di finanziare con continuità interventi di manutenzione del territorio hanno portato a una situazione difficile. Come è stata affrontata questa problematica? Fortunatamente abbiamo trovato un’attenzione eccezionale da parte del Governo, attraverso un programma di circa 240 interventi per la difesa e la mitigazione del rischio idro-geologico e in risposta a problematiche locali, che si riflettono su un bacino decisamente più ampio. Uno dei problemi da risolvere al più presto è sicuramente l’accavallarsi delle competenze tra Regione, Autorità di Bacino e ex Magistrato per il Po. Confesso che talvolta trovo difficoltà ad individuare il soggetto titolato ad intervenire o con determinate competenze, creando un certo distacco anche da parte degli amministratori locali. Per la difesa del suolo la pianificazione è fondamentale e come Amministrazione, stiamo cercando di rivedere le nostre norme per coinvolgere, ad esempio, i privati nella pulizia dei fiumi e dei boschi. Ho subito diverse critiche per queste scelte, ma sono contrario a quelle forme di ambientalismo che tiene l’uomo lontano dal nostro mondo. L’ambientalismo deve essere antropocentrico, l’uomo, che è stato la causa di molti mali, può essere allo stesso modo la sua salvezza e senza il suo coinvolgimento sarà difficile che l’ambiente da solo riesca a tutelarsi. Ad esempio, vorremmo provare a diffondere la consapevolezza che per un bosco, restare abbandonato a se stesso senza permettere all’uomo di fare pulizia, non è necessariamente un bene, anzi porta danni per la salute di quel bosco, perché lo soffoca e porta danni al territorio circostante, apportando ulteriore fragilità sul piano della sicurezza del suolo. Il nostro compito è di far capire a tutti i nostri interlocutori, che l’uomo, con le proprie attività e utilizzando delle risorse che l’ambiente mette a sua disposizione, può attivare le risorse economiche per finanziare attività che siano finalizzate alla tutela dell’ambiente. Questa è la strada da percorrere.


PARCHI E AREE PROTETTE

PROTEGGERE L’AMBIENTE, VALORIZZARE IL TERRITORIO Dalla riforma di Legge Regionale sulla gestione dei Parchi e delle Aree Protette, nuova linfa per lo sviluppo socio-economico delle aree montane, con l’obiettivo della sostenibilità di Alberto Piastrellini

Assessore, qual è lo stato dell’arte della Regione Piemonte per quanto concerne la tutela del suo territorio? Posso affermare, con orgoglio, che il Piemonte è più che a buon punto per quanto riguarda la tutela del proprio territorio. Il sistema regionale di Parchi e Aree Protette, si presenta molto diffuso e conta oltre 43 siti. Ma al di là dei semplici numeri, quello che più mi preme, come amministratore regionale, è far emergere il grande sforzo comune che negli ultimi tempi ci ha visto tutti in prima linea per addivenire ad una riforma legislativa condivisa proprio sulla gestione di questi territori anche in funzione di una maggiore fruibilità da parte dei cittadini.

Allo stesso tempo, una gestione oculata e costruttiva dei territori tutelati a Parco deve essere un volano per l’economia locale, contribuendo allo sviluppo e alla diffusione di eccellenze agroalimentari tipiche per le quali, la nostra riforma di Legge, prevede già la creazione di un marchio del quale potranno fregiarsi le tipicità prodotte all’interno dei confini delle aree-parco dando al consumatore la garanzia della tracciabilità e dell’origine sana del prodotto. Un altro aspetto di pregio che intendiamo valorizzare con la riforma di Legge Regionale è la rete dei “Sacri Monti”. Ne abbiamo 7, che già fanno parte del sistema delle Aree Protette e sono riconosciuti dall’UNESCO insieme agli altri 2 presenti in Lombardia. Quello dei “Sacri Monti” è un aspetto della cultura locale poco conosciuto nel resto d’Italia, eppure, a migliaia di chilometri da qui, l’UNESCO ne ha saputo valutare positivamente la portata concedendo ai siti il riconoscimento mondiale di valore storico, naturalistico, antropologico e culturale. È nostra intenzione, valorizzare ulteriormente questi siti, favorendone oltremodo la fruizione turistica e spirituale, magari ponendo una maggiore attenzione al dialogo con la Chiesa locale sotto la cui giurisdizione, comunque ricadono. Sono luoghi splendidi e non sfigurerebbero nelle location di prodotti mediali e cinematografici. Proprio quest’ultima suggestione mi ricorda che la Regione Piemonte ha una delle Film Commission più attive d’Italia nell’attrarre cineasti e produttori ai quali offrire location prestigiose, logistica ed ospitalità a costi vantaggiosi. Si è pensato al fatto che anche la rete dei Parchi e delle Aree Protette

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PIEMONTE

Per approcciare, dal punto di vista dell’istituzione regionale, le problematiche e le prospettive dei Parchi e delle Aree Protette piemontesi, abbiamo intervistato William Casoni, Assessore Regionale Commercio, Fiere, Parchi e Aree Protette.

Quali sono, in questo senso, le problematiche principali che vi siete trovati ad affrontare? Guardi, il primo scoglio da superare è rappresentato dalla percezione che i cittadini hanno nei confronti di questi territori tutelati, i quali, nel sentire comune, sono approcciati come una sorta di “musei a cielo aperto”, ovvero, luoghi da vivere con lo stile del “mordi e fuggi” e che, inoltre, non danno sufficientemente luogo a ricadute locali o benefici socio-economici per le comunità nelle quali insistono. In questo senso, la riforma di Legge Regionale il cui iter, dopo la discussione quasi conclusa in Commissione, prevede il dibattito in Aula, ipotizza che molti aspetti di gestione di queste aree cambieranno radicalmente rispetto al passato con un riduzione degli organi di gestione e meno burocrazia, più efficacia e celerità rispetto alle esigenze che vengono manifestate, sia dal punto di vista della conservazione del patrimonio biologico che da quello delle sviluppo sostenibile. Soprattutto, ci saranno indicazioni precise e strumenti per la gestione della pianificazione turistica. Non ha senso, infatti, che esistano Parchi dove non si possono svolgere attività di ricezione ed ospitalità. A fronte, poi, di un accesso turistico sbandierato, non è giustificabile che gli stessi turisti siano costretti a scegliere percorsi alternativi per trovare un letto o un ristorante… Ora, uno sviluppo intelligente del sistema Parchi deve prevedere, fatte salve tutte le garanzie a tutela del territorio e del minor impatto antropico, la possibilità di costruire strutture ricettive, ovviamente integrate con l’architettura e l’ambiente locale e progettate secondo i dettami della bioedilizia e del risparmio energetico.


può partecipare a questa dinamica di sviluppo socio-economico-culturale? Come accennavo poc’anzi sono già pervenute precise richieste da parte di alcune produzioni interessate ad utilizzare i “Sacri Monti” quali location d’eccezione per alcune fiction. Non solo, anche alcune Società organizzatrici di Eventi e Agenzie di comunicazione si sono dimostrate interessate alla possibilità di usufruire di architetture purissime inserite in contesti naturali di eccezionale bellezza. Devo dire, purtroppo, che finora le gerarchie ecclesiastiche locali si sono dimostrate un po’ restie a comprendere queste opportunità, richiamandosi sacralità dei luoghi, comunque vocati al pellegrinaggio e alla meditazione. Nella nostra visione, invece, un po’ di attività economica ben gestita e rispettosa della sacralità e delle tradizioni locali, può essere d’aiuto al mantenimento dell’integrità di luoghi e strutture e, magari contribuire allo sviluppo socio-economico locale. Il 2010 è stato l’anno mondiale della Biodiversità; quest’anno è consacrato alle Foreste. Sappiamo bene come Parchi e Aree Protette siano scrigni di biodiversità e tesori da valorizzare per il futuro del pianeta. Come intende, la Regione Piemonte, contribuire alla tutela della propria biodiversità? Anche in questo caso abbiamo puntato su un approccio leggermente innovativo rispetto a quanto accaduto in passato. È inutile nascondersi dietro facili demagogie: un bosco, una foresta, vanno gestiti in maniera oculata e tale gestione deve prevedere manutenzioni serie e costanti per favorire la salute delle essenze arboree e lo

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sviluppo armonico delle stesse. Purtroppo, questo non accade né si può pensare che a tale manutenzione possano prestare attenzione i soli, pochi guardaparco. Occorre che tutti i proprietari terrieri facciano la loro parte e così gli enti locali, affinché da una mala gestione non sopravvenga il degrado e nei casi più gravi il disastro ecologico, si pensi all’importanza degli sfalci selettivi e della pulizia degli alvei fluviali per impedire che le piogge invernali e lo scioglimento delle nevi gonfino i letti dei fiumi, già intasati da tronchi e ramaglie mai eliminati… Per questo stiamo studiando, di concerto con l’Assessore competente alla montagna, alcuni progetti di collaborazione con imprenditori locali per valorizzare le biomasse di risulta dalla pulizia dei boschi e, contemporaneamente, dare un piccolo contributo all’occupazione locale. In questo modo, si cercherà di preservare l’ambiente, creando una piccola filiera economica legata al territorio, anche perché, in assenza di economie locali, l’ambiente è destinato a morire. Nel percorso di audit precedente la stesura del testo prossimamente in discussione in aula consiliare, qual è stato il rapporto con l’associazionismo ambientale? Non nascondo che da parte di chi fa del vetero ambientalismo ci sia stata una sorta di preclusione. Credo che dalla nostra proposta emerga chiaramente la volontà di rispettare il territorio facendo di questo rispetto un’occasione di sviluppo, come peraltro ci è richiesto da più parti, sia a livello nazionale che sovranazionale. Fino da oggi, per rendere effettivo un Piano d’Area, che costituisce una sorta di Piano Regolatore dei Parchi, occorrevano, mediamente dai 6 ai 7 anni!

Le dico questo perché tale lungaggine comporta conseguenze spesso gravi per le popolazioni locali. Ricordo il caso di una famiglia che aveva la necessità di costruire un ascensore interno alla propria casa per supportare le esigenze di un congiunto diversamente abile. Ebbene, finché il Piano d’Area non fosse approvato, non poteva essere concessa l’autorizzazione ai lavori. Nel frattempo, la famiglia in questione si è trasferita a valle, abbandonando i terreni di proprietà ed aumentando il carico antropico di un’area valliva già troppo urbanizzata. Viceversa, in presenza di norme più agili, si potrebbe favorire un’antropizzazione consapevole e rispettosa delle aree montane, da cui deriverebbe una miglior gestione del territorio. Ripeto, non si vuole dare l’avvio ad un arrembaggio edilizio delle montagne e dei Parchi, bensì favorire lo sviluppo di insediamenti ecocompatibili in grado di stimolare anche l’offerta delle imprese “verdi”. In un momento in cui l’industria tradizionale non sembra dare più le risposte economiche cui per troppo tempo ci siamo abituati, i Parchi e le Aree Protette, possono diventare un nuovo volano di sviluppo? Di certo non potranno essere la panacea per risolvere la crisi economica e occupazionale, però un contributo alla risoluzione dei problemi lo possono dare. Intanto, una gestione oculata può essere produttiva ed autofinanziante e non dipendere totalmente dagli Enti pubblici. Poi, ripeto, c’è già un forte interesse da parte di varie filiere attratte dalla possibilità di produrre all’interno dei Parchi.


Faccio ancora l’esempio dei prodotti agroalimentari che, tuttavia, abbisognano di strutture autorizzate. Ci sono possibilità di sviluppo intelligente senza sfruttare il territorio e dico questo perché fra le mie dele-

ghe c’è anche quella riguardante il Commercio e le Fiere… dobbiamo assolutamente creare una rete sinergica fra ambiente, territorio e grande distribuzione commerciale. I consumatori ricercano sempre più

prodotti genuini derivanti da territori tutelati e controllati e, per questo, i Parchi possono essere generatori di eccellenze agroalimentari.

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Parco “Laghi di Avigliana”

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COMUNE DI RIVALTA

LA RISCOSSA SOSTENIBILE DEI PICCOLI CENTRI URBANI

Dagli amministratori locali un approfondimento a più voci sul caso di un Comune-tipo della cintura torinese, fra passato industriale e futuro aperto alla sostenibilità di Alberto Piastrellini

Dal latino “ripa alta” (“rivàuta” in dialetto piemontese), in riferimento alla posizione sopraelevata rispetto al versante più alto del torrente Sangone, Rivalta di Torino è un Comune della “cinta torinese” che si sviluppa su una superfice di circa 25,25 Km2 ed ospita una popolazione stimata il 19.339 unità (al 30 settembre 2010). Il territorio, posizionato circa 20 Km a Sud-ovest rispetto al centro del capoluogo piemontese, è suddiviso in 4 aree: centro storico e le frazioni Pasta, Gerbole e Tetti Francesi. Il centro storico è caratterizzato dalla presenza del Castello che risale, nelle parti più antiche, all’anno 1.000; mentre, al di fuori della cinta muraria, e fino agli anni ’80, il territorio di competenza del Comune, ha ospitato l’importante stabilimento omonimo della FIAT ed altre realtà industriali. Da tempo l’Amministrazione locale ha intrapreso azioni forti per rimediare a scelte poco lungimiranti del recente passato e per trasformare in opportunità di sviluppo la bonifica e la riqualificazione di aree industriali dismesse. Per saperne di più e meglio conoscere la realtà di un Comune che ha fatto della sostenibilità un percorso condiviso con la cittadinanza, abbiamo incontrato il Sindaco, Amalia Neirotti, che ci ha gentilmente accolti, dandoci la possibilità di conoscere meglio l’operato della sua Giunta. Sindaco, cosa ha significato per un comune come quello di Rivalta, il passaggio da una forte presenza industriale sul territorio, ad una situazione attuale assai mutata dal punto di vista degli investimenti e dell’occupazione? Lei ha centrato il cuore di una ferita profonda apertasi sul territorio del nostro Comune, ma più in generale nel territorio dell’intera Provincia di Torino, perché qui FIAT ha rappresentato per diverse generazioni un’effettiva realtà di ricchezza e posti di lavoro. A Rivalta, lo stabilimento FIAT venne inaugurato nel 1967 e raggiunse negli anni ’70 il picco massimo di lavoratori impiegati: circa 22.000 persone, provenienti da una cintura torinese di circa 15 Km di raggio, a cui si affiancavano ai 42.000 dipendenti di Mirafiori… Numeri impressionanti di cui è rimasto ben poco, se si considera che il recente dibattito sul referendum FIAT ha riguardato solo circa 5.000 lavoratori.

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Oggi, nell’area di Rivalta non c’è più la presenza di FIAT ed una parte dell’area occupata dagli ex stabilimenti, dal 2004, vede la presenza di uno stabilimento di AVIO Group, che traslocando dal centro della città di Torino e liberando, quindi, spazi urbani per una riqualificazione importante, ha finito per occupare circa un quinto della “nostra” grande area FIAT. Può, quindi, facilmente intuire quale evoluzione vi sia stata nel nostro territorio in appena quarant’anni! Oltre alle perdite di posti di lavoro verificatasi negli anni per via dell’automazione progredita all’interno delle aziende, va considerato che lo sviluppo di FIAT aveva indotto la crescita a grappolo di molte aziende dell’indotto, le quali, chiuso lo stabilimento di Rivalta, hanno subìto un tracollo che ha inciso progressivamente nella situazione occupazionale locale. Quali soluzioni avete ipotizzato voi amministratori locali? Tra le soluzioni tampone formulate per colmare il vuoto lasciato da FIAT, c’è stata la trasformazione di alcun ex aree industriali in aree commerciali. Il commercio si proponeva, allora, come la soluzione ideale in grado di riassorbire tutti i lavoratori, di offrire uno scenario economico nuovo e comunque inevitabile, specie in un territorio in cui, la nascita di centri commerciali intorno alla città di Torino si rendeva necessaria per via del trasferimento di gran parte della popolazione dalla città alla prima o seconda cintura urbana. Prima ho esordito dicendo che FIAT è il centro di una ferita ancora aperta; tant’è che debbo sottolineare come il mio orario di ricevimento del pubblico da circa due anni a questa parte, sia quasi interamente occupato per ascoltare persone che hanno perso il lavoro e che stanno perdendo anche la casa, perché non sono più in grado di pagare il mutuo, senza contare le giovani coppie in gravi difficoltà economiche. Lei è anche Presidente dell’ANCI Piemonte, immagino che questa situazione sia piuttosto diffusa, o no? Certamente, questo è un problema che condivido con tutti i miei colleghi del territorio. Per la verità, credo che solo i colleghi del cuneese possano ancora contare su una sostanziale tenuta occupazionale dell’industria, mentre per il resto della nostra Regione la perdita di lavoro rimane un problema grave. Le ore di cassa integrazione ordinaria, straordinaria o fatte in deroga, nel 2010 sono aumentate. Basta questo per rendere l’idea di un Piemonte in sofferenza, che ha necessità di un forte rilancio. Di qui il disperato tentativo di trattenere FIAT a Torino con le sue produzioni per fare in modo che queste diano una boccata di ossigeno, anche a tutto l’indotto. Non nego che la presenza di una grande azienda come FIAT abbia condizionato in maniera molto rilevante le scelte industriali di un lungo periodo. Tuttavia, non avere costruito


Per questa valorizzazione dell’esistente storico che peso ha l’ambiente? A quanto ammontano i danni e come risolverli? Quali soluzioni avete in programma per lo sviluppo del territorio? Per fortuna FIAT oggi non ha lasciato problemi visibili di natura ambientale. Nel caso in cui fosse riutilizzabile l’area ex FIAT, credo siano necessarie solo bonifiche di natura ordinaria, che comunque sarebbero richieste a qualsiasi altro sito industriale in cui siano stati trattati oli, vernici o materiali di questo tipo. Quindi dal punto di vista del recupero ambientale, l’area costituita da 1 milione 755 mila m2 di territorio rivaltese, rappresenta una grande opportunità di riuso. Poiché questa è un’area industriale che deve essere utilizzata prima di qualsiasi altro intervento, abbiamo bisogno che la Regione stia dalla nostra parte per creare le condizioni di un nuovo importante insediamento. L’handicap principale è costituito dalla distanza dalla tangenziale. Il sistema della viabilità in questo momento non favorisce il richiamo di aziende che, viceversa, potrebbero essere interessate in presenza di infrastrutture adeguate. Ritornando all’oggetto principale della sua domanda, cioè alla situazione ambientale, c’è una storia importante che riguarda

la presenza sul nostro territorio di due aziende, oggi fallite: OMA e Chimica Industriale, ci hanno lasciato in eredità ben 9.500 tonnellate di rifiuti pericolosi (oli esausti e solventi utilizzati) stoccati all’interno dei rispettivi siti industriali, nonostante tali aziende abbiano iniziato la loro attività a metà degli anni ’60 come aziende “ecologiche”: OMA si occupava del ritiro di oli esausti, mentre Chimica Industriale si occupava del recupero di solventi. Il Sindaco di allora, in assoluta buona fede, ritenne che le morchie, i residuati delle lavorazioni, potessero essere addirittura collocate su un terreno di proprietà comunale limitrofo ai siti e confinante con il greto del Torrente Sangone, pensando che questo deposito non avrebbe determinato danni. Io sono diventata Sindaco nel 2002, anche se ho iniziato la mia esperienza amministrativa nel 1985 come consigliere comunale. Quindi dal 1985 fino a che non sono diventata Sindaco ho vissuto come rivaltese i movimenti di protesta dei cittadini contro i fumi e le emissioni di queste due aziende, senza contare le varie battaglie cittadine che riguardavano sostanzialmente la percezione netta che non venissero rispettate le prescrizioni ambientali del caso. La situazione, con un po’ di ricambi aziendali è degenerata con il mio predecessore con alcune importanti denunce per le quali venne riconosciuto al Comune nel 2003 il diritto ad un risarcimento dell’entità di 19 miliardi, che non sono mai stati incassati! Nei primi anni del mio mandato ho dovuto affrontare una ulteriore criticità: oltre alla percezione che vi fossero quantità ingenti di materiali stoccati, all’interno delle due aziende, ci siamo trovati di fronte alla proposta avanzata dai nuovi proprietari di collocare lì un impianto di incenerimento, con il quale si sarebbero trattati i rifiuti presenti negli impianti e altri rifiuti che si sarebbero raccolti, compensando con questa attività di impresa il carico dei problemi che gravavano sulle due aziende. L’amministrazione comunale si è soffermata a riflettere per diversi mesi su questa ipotesi valutando i vantaggi e gli svantaggi. La nostra sensazione di fondo, tuttavia, era che quella sorta di “bomba” stesse per esploderci nelle mani, avendo la percezione che i soggetti con cui stavamo trattando non erano poi così affidabili. Così, abbiamo risposto negativamente alla proposta e si sono avviate le pratiche per il fallimento.. Il momento più acuto si verificò con uno sversamento prima dell’estate. Tale episodio mi fece focalizzare meglio il problema ponendomi questa domanda: nel caso in cui fosse scoppiato un incendio quanta popolazione avrei dovuto evacuare? Lo chiesi al Prefetto che mi fu molto vicino in quei mesi, visto che l’ARPA non era in grado di darmi le informazioni giuste in merito. Così, con un’ordinanza urgente, d’accordo con tutta la Giunta, decisi di mettere mano al primo intervento straordinario di svuotamento dei serbatoi, smaltendo 9.500 tonnellate di rifiuti pericolosi.

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a latere di FIAT altri scenari rilevanti di trasformazione ci ha penalizzato. Ci siamo trovati tutti impreparati, senza un “piano B”, che invece probabilmente andava ipotizzato. Probabilmente, il progresso economico entusiasmante legato all’apporto determinante di FIAT, non ci ha fatto intravedere lo scenario quale quello che oggi stiamo vivendo. Però, quella odierna è una situazione grave, che impone la necessità di una “cabina di regia”, o meglio, che i grandi economisti, le più importanti responsabilità politiche, i rappresentanti autorevoli dell’economia nazionale ed internazionale ci aiutino a definire insieme al sistema formativo, e a chi è in grado di fare investimenti, insieme ai Comuni e insieme alle Province, gli scenari perseguibili perché il Piemonte cominci a pensare al suo futuro con maggiore respiro. Da Sindaci, abbiamo anche la percezione di ulteriori gravità perché in questo momento gli strumenti posti nelle mani dei Comuni per tamponare la situazione di emergenza sono davvero pochi, se consideriamo che il bilancio di spesa corrente di tutti i Comuni tenuti al Patto di Stabilità è essenzialmente quello del 2008. Attualmente, non avendo la possibilità di mettere in atto entrate straordinarie, non possiamo sostenere adeguatamente problematiche sociali di aumento. Per Rivalta c’è grande preoccupazione rispetto al futuro, sia per quanto riguarda la valorizzazione di un’area industriale che è in stato d’abbondono, sia per quello che concerne il “peso” sociale rappresentato da famiglie che hanno gravi problemi economici e che dovrebbero essere sostenute anche tramite l’aiuto degli enti locali.


Abbiamo effettuato, poi, il censimento di questi due straordinari depositi, avviando un lavoro di collaborazione con la Regione, che è stata a fianco del Comune nell’affrontare questa emergenza. Tra l’altro, abbiamo avviato una collaborazione con tutte le amministrazioni regionali che si sono succedute nel tempo, di qualunque colore politico fossero. Insomma, la Regione è stata per noi un partner importante. Allo stato attuale, OMA e Chimica Industriale, che hanno svolto per oltre 40 anni un’attività di degrado e illegalità, in quanto ritiravano e stoccavano rifiuti pericolosi senza avviarli ai centri di smaltimento, preoccupandosi solo di fare cassa, sono responsabili di una spesa pubblica dell’ammontare di circa 7 milioni e mezzo di Euro, una spesa pubblica fatta di finanziamenti regionali, di polizze fideiussorie escusse e costi legali per il nostro Comune. Così, un danno ambientale di tale portata ha determinato pure una ingente spesa pubblica. Per questo motivo posso affermare che gli interventi riguardanti OMA e Chimica Industriale, hanno costituito la più grande opera pubblica svolta durante gli anni dei miei mandati.

A questo punto si è reso necessario approfondire l’argomento ambientale con l’Assessore all’Ambiente, Sergio Muro. Assessore, può indicarci qual è oggi la situazione ambientale dei due siti. Cosa è rimasto lì? Dal punto di vista dei rifiuti sono state smaltite le 9.500 tonnellate di rifiuti pericolosi stoccate nell’uno e nell’altro stabilimento. Resta ancora il grosso problema della discarica di morchie oleose situata sulle sponde del Torrente Sangone: una superficie di 10.500 m2 in cui sono stati smaltiti 50.000 m3 di morchie, di cui solo una parte inertizzati con terra, mentre la quantità più pericolosa è stata sversata sul terreno allo stato puro. Inoltre c’è ancora da risolvere, il più ampio problema dell’in-

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quinamento ambientale che si sta rilevando attraverso l’analisi di rischio che ha stabilito alcune priorità. Una quantificazione precisa delle spese che dovrà ancora sostenere l’Amministrazione comunale a tutt’oggi, però, non esiste. Uno dei problemi che l’analisi di rischio ha evidenziato e che intendiamo risolvere, avvalendoci del finanziamento stanziato dalla Regione Piemonte (circa un milione di Euro) è la rimozione delle morchie allo stato puro, abbandonate in una buca sul terreno, in quella che era una vecchia cava, usata per stoccare questi rifiuti pericolosi. Si tenga presente che questi materiali hanno un PH intorno a 1, quindi altamente acidi. Con questo milione stanziato dalla Regione e con una quota che sarà stanziata dall’Amministrazione comunale, contiamo di riuscire a completare questo intervento. Assessore, qual è lo stato di salute del torrente Sangone e qual è la percezione del rischio ambientale da parte degli abitanti? Anche su questo punto si devono elaborare ancora una serie di dati. Per quanto riguarda la percezione del rischio da parte degli abitanti, oggi non sussistono più le segnalazioni che c’erano durante la situazione di emergenza raccontata poc’anzi dal Sindaco, quando effettivamente giornalmente il suo ufficio era tempestato di telefonate per via degli odori dovuti alle lavorazioni, ai travasi e alle perdite di materiali che abbiamo effettivamente constatato entrando negli stabilimenti. Sicuramente oggi permangono situazioni di criticità che adesso si stanno ancora analizzando. Si sta valutando, inoltre, la presenza di eventuali pennacchi di contaminazione del terreno, soprattutto per quanto riguarda una parte del materiale stoccato nell’ex discarica, dove c’è la possibilità di un contatto tra la falda e il Sangone, a seconda della stagione. Deve essere valutata, inoltre, la probabile estensione dei solventi provenienti dall’attività dello stabilimento di Chimica Industriale, al di fuori dell’area, anche se sembra che questa contaminazione possa aver riguardato parti abbastanza superficiali del terreno, senza intaccare la profondità dei pozzi da cui si emunge l’acqua. Ritornando a lei, Sindaco, qual è, invece, lo stato della qualità dell’aria della zona? Possiamo dire che l’inquinamento atmosferico, non è rilevante. L’impatto maggiore sull’ambiente è, infatti, limitato alla compromissione del terreno e della falda. Sostanzialmente la cessazione dell’attività produttiva e quindi lo stop delle emissioni degli inceneritori ha determinato una caduta delle emissioni. Tuttavia, queste due aziende hanno rappresentato una problematica ambientale che è ancora lungi dall’essere stata risolta. Ci sono aspetti su cui si sta ancora indagando e che non sono ancora del tutto chiari. Però, noi stiamo pensando al futuro, per questo abbiamo lanciato


Assessore Barovetti, la pianificazione del territorio è l’input di partenza per qualsiasi intervento di riqualificazione che guardi al lungo periodo. Quali sono i vostri obiettivi per domani? Per quanto riguarda la pianificazione del territorio, il Comune di Rivalta si muove con molta attenzione, sia rispetto alla salvaguardia ambientale che al benessere dei cittadini. Piuttosto che limitarci solo a queste due aree ex industriali, più in generale abbiamo pensato alla salvaguardia di un’area molto più vasta, quella della collina morenica, che è a nord del nostro territorio e che si collega con altri Comuni, come Rivoli e Villabasse, tentando di valorizzare tutta la parte boschivo-collinare tramite apposite azioni e interventi di tutela. Abbiamo riservato la stessa attenzione al Parco del Sangone, o meglio, ad una fascia molto estesa intorno al Sangone, sia la sponda destra che la sponda sinistra, che rientrano nel Parco del Po. Su questa area, molto vasta, specie nella parte Nord, abbiamo messo in atto molti interventi di riqualificazione, come la formazione di sentieri, di percorsi ciclabili, la risistemazione delle sponde, oltre che un’analisi puntuale dell’assetto idrogeologico per valutare le possibilità di esondazione del Sangone. Dal punto di vista ambientale, infatti, abbiamo anche il problema rappresentato dal regime torrentizio del Sangone che nelle sue piene coinvolge tanto il territorio quanto il centro abitato di Rivalta. Di qui la nostra attenzione anche verso questo tema con

studi appositi di idrogeologia e di ingegneria ambientale, dal momento che il territorio è caratterizzato da una rete molto ricca di acquiferi secondari secondari. Ma la nostra attenzione ai problemi della parte settentrionale del territorio, dalla collina morenica fino a scendere al Parco del Po e alle aree agricole, è particolarmente vigile. Abbiamo, infatti, avviato un’importante azione di salvaguardia delle aree agricole, intessendo anche rapporti di collaborazione con i Comuni vicini, in particolare con il Comune di Rivoli con cui condividiamo un grande bacino agricolo che è una sorta di polmone verde di grande valore, sia dal punto di vista ambientale e paesaggistico che economico. Per quanto riguarda, invece, le aree occupata dagli stabilimenti OMA e Chimica Industriale, abbiamo avviato un grande lavoro, iniziato nel periodo 2002-2003 e che negli anni ha poi portato al Piano di sicurezza, al Piano di caratterizzazione e oggi all’inizio della bonifica del cosiddetto “laghetto delle morchie”, di cui ha fatto menzione il Sindaco. Abbiamo pensato, che, in collaborazione con il Parco del Po, queste due aree possano rientrare nel sistema delle aree protette, lanciando al riguardo un Concorso di idee per la loro riqualificazione. In realtà, il nostro lavoro è stato più ampio e più complesso. Avendo partecipato anche ai bandi di Corona Verde e avendo ottenuto dei finanziamenti, abbiamo, infatti, avviato interventi di riqualificazione anche sulle sponde del Sangone, nella zona ad Est. Così, dopo aver avviato con il Parco del Po questi progetti, attualmente in corso, abbiamo lanciato il Concorso di idee che punta alla riqualificazione delle aree ex OMA e Chimica Industriale per le quali, già il Piano regolatore prevede nuove destinazioni legate al tempo libero e alla ricerca, in un’ottica di salvaguardia e recupero ambientale. In realtà, il Concorso non è limitato a quelle sole aree, ma riguarda la più ampia Area Vasta. Il nostro interesse, infatti, non è quello di risolvere i problemi all’interno dei confini di questi due lotti, ma di capirne le ricadute anche su un’area più vasta di circa 610 ettari che comprende tutto il tratto del torrente Sangone in quella zona e che si estende fino alla collina morenica verso Nord, area già salvaguardata dal Piano d’Area del Parco. In particolare, in quell’area abbiamo acquisito una cascina settecentesca che potrebbe diventare un polo per lo studio dell’ambiente. Da tempo, inoltre, con gli altri Comuni limitrofi condividiamo il progetto della creazione dell’Area protetta della collina morenica, che costituisce un’altra azione su cui stiamo lavorando. Il Concorso, rivolto a architetti, ingegneri, agronomi, forestali, ha portato alla partecipazione di 27 gruppi. La Giuria ha poi selezionato tre primi classificati, i cui progetti sono stati presentati il 25 febbraio, presso la Cascina Le Vallere, sede del Parco. La Mostra di tutti i 27 progetti è stata allestita a Rivalta,

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un concorso di idee che punta a riqualificare queste aree, a ricucirne le ferite, affinché possano essere restituite alla collettività e rappresentare finalmente un bene, anziché un peso. L’Assessore all’Urbanistica Carla Barovetti, al mio fianco dal 2002 ha seguito il lancio del concorso di idee che riguarda l’area di queste due zone, ma non solo, e saprà illustrarvi tale progetto.


nella sede del Monastero ed è stata inaugurata lo scorso 26 febbraio alla presenza del Sindaco, della Giunta Comunale e dell’Assessore regionale all’Ambiente, degli esperti, studiosi e rappresentanti del Parco che ha co-finaziato il Concorso, insieme alla Regione. Per avviare questo Concorso ci siamo avvalsi di un finanziamento regionale: abbiamo, infatti, partecipato ad un bando regionale della Legge 14 del 2008 che lanciava l’idea dei Concorsi e dei progetti legati all’ambiente. Tale Concorso rappresenta per noi uno strumento importante per andare avanti e guardare al futuro, per poter iniziare a prevedere funzioni e destinazioni di quelle aree. Questo è solo il primo passo. Proseguiremo, poi, con l’individuazione di uno studio di fattibilità che verrà messo a punto per poter poi lanciare bandi pubblici rivolti ad enti e ad operatori privati per la riqualificazione di queste aree, sempre sotto la regia del Parco e della Regione. Quali tempi si prevedono per la realizzazione di questo progetto? Per quanto riguarda lo studio di fattibilità si prevedono tempi brevi. Per quanto riguarda, invece, le azioni da mettere a punto, come ad esempio i bandi per l’intervento degli operatori, non possono essere previsti in tempi brevi anche perché i problemi di queste aree sono molto gravi relativamente alle bonifiche in corso. Le faccio l’esempio di un altro Concorso che abbiamo lanciato, quello delle cosiddette “Casermette”, un’area di circa 10 ettari, di fianco all’area ex FIAT, che ha portato ottimi risultati in tempi relativamente brevi. Concluso il concorso di idee, abbiamo messo a punto lo studio di fattibilità e ora abbiamo iniziato gli interventi sull’area, avvalendoci di un un altro tipo di finanziamento, i cosiddetti “contratti di quartiere” per l’edilizia residenziale pubblica per opere di urbanizzazione, da cui abbiamo attinto circa 5 milioni di euro. Questa area dovrebbe ricostituire la forma urbana della parte Sud del Comune di Rivalta con le frazioni: Tetti francesi e Gerbole, quartieri che hanno collocazione separata e non integrata. I tempi, su quest’area più semplice da gestire, anche se molto grande, sono tuttavia lunghi. Per approfondire questi aspetti di carattere urbanistico-residenziale, abbiamo sollecitato l’Assessore alle opere pubbliche Michele Colaci Assessore Colaci, quali altre azioni avete in programma per la risoluzione di carichi ambientali già così rilevanti? Indubbiamente stiamo facendo molti interventi, nonostante i problemi di bilancio che costituiscono un problema comune in tutto il territorio nazionale. Partiamo proprio dalle “Casermette”. Recentemente c’è stata una delibera di Giunta che prevede la

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bonifica dall’amianto in quell’area: tutte le lastre di amianto di cui erano provvisti i tetti di quella zona verranno dunque rimosse. In questo caso, per questo intervento abbiamo utilizzato fondi del Comune perché caratteristica di questa Amministrazione, è che investe risorse proprie per risolvere problemi di carattere ambientale. Ne è esempio l’intervento relativo alle “Casermette”, dove l’importo dei lavori è di 300.000 euro (solo per la rimozione dell’amianto). Ma non solo. Ci sono poi una serie di interventi che riguardano le scuole. La nostra Amministrazione ha ereditato un patrimonio immobiliare scolastico con problematiche di natura ambientale abbastanza gravi, soprattutto per quanto riguarda le coperture degli edifici, che in taluni casi erano in amianto. La scelta di questa Amministrazione è stata quella di eliminare tali coperture sostituendole con pannelli fotovoltaici. La questione ambientale è stata sempre una delle priorità e degli impegni di questa Amministrazione, fin dal 2002, ovvero da quando il Sindaco Neirotti è entrato in carica. Abbiamo sempre cercato di far fronte e di porre rimedi ai problemi ambientali, anche se un po’ per volta, poiché, purtroppo, abbiamo un Piano delle opere pubbliche direttamente dipendente dagli oneri di urbanizzazione. Sono stati interventi molto importanti, ma altrettanto importanti, sono risultati quelli sugli edifici scolastici che sono stati intrapresi, anche in relazione alla problematica del contenimento energetico. Ad esempio, sempre in maniera programmata, ma progressiva, tutti gli interventi sugli edifici vengono fatti con il cappotto isolante. Abbiano quindi adottato una serie di piccoli accorgimenti per “guadagnare” anche un risparmio sotto l’aspetto energetico. Per quanto riguarda la mobilità sostenibile, questo è l’unico Comune che conosco che può essere raggiunto attraverso piste ciclabili. Da Sud a Nord c’è un collegamento diretto con piste ciclabili, che attraversa il centro e consente ai cittadini di muoversi in libertà senza usare l’auto.


Ritornando a lei, Sindaco, oggi è la giornata del giuramento “sostenibile” dei Sindaci al castello di Rivoli in occasione della Giornata dell’iniziativa “M’illumino di meno”, promossa dalla trasmissione di Radio 2, Caterpillar. Lei ci sarà? Questo è anche un grande evento nazionale e siamo molto contenti che avvenga qua vicino. Oggi abbiamo la possibilità con il giuramento di definire questo impegno della sostenibilità ambientale e del risparmio dei consumi, iniziative che cerchiamo di portare avanti nel nostro Comune. Quest’anno cade, inoltre, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, un’Italia così differente, con carichi ambientali così diversi, con tanti problemi ambientali ancora aperti. Penso in primis al rischio idrogeologico che è un problema per tante regioni italiane e che noi abbiamo vissuto parzialmente per quanto riguarda il Sangone; un’Italia in cui l’inquinamento delle città è un problema talmente rilevante da produrre la sospensione della circolazione delle auto, ma anche un’Italia che dovrebbe usare di più i mezzi di trasporto pubblico invece di incrementare i trasporti privati, viaggiando con un utente per auto. Michele Colaci, Assessore alle Opere Pubbliche ci raccontava prima delle piste ciclabili, ma non dimentichiamo che al mattino sulle provinciali verso Torino le auto sono in coda almeno mezz’ora e altrettanto il pomeriggio.

Credo che questo sia uno dei temi di grande rilievo per il nostro Paese, perché in realtà il problema del superamento dei limiti di PM10 è un grande problema di salute. Riuscire, quindi, a responsabilizzare il territorio sull’impatto che le nostre scelte e le nostre cattive abitudini hanno sull’ambiente e sulla salute è assolutamente prioritario, soprattutto in tempi di ristrettezza economica. Per il rilevante debito pubblico nazionale, i bilanci delle Regioni sono stati tagliati, così come quelli dei Comuni. Non possiamo permetterci con le nostre scelte individuali di comprometter l’ambiente e la salute caricando sulla collettività nazionale i danni provocati da condotte irresponsabili e stili di vita sregolati. Nei giuramenti dovrebbero essere pubblicamente evidenziati tali rischi, perché credo che l’inquinamento ambientale sia una delle emergenze più gravi di oggi, soprattutto per il Nord Italia. Quindi, ben venga “M’illumino di meno”; ben venga la voglia di fare squadra, di fare alleanze in tutta Italia su temi così rilevanti; ben venga, infine, che i Comuni, quest’oggi, si scambino una parola d’ordine su questi temi. Auspico che questa riflessione sulle emergenze ambientali e i carichi sociali ed ambientali delle imprese avvenga non solo in occasione dell’evento radiofonico succitato, ma prosegua nelle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia. E lo stabilimento FIAT di Rivalta ne è un po’ l’emblema. Qui sono arrivate persone da tutta Italia che nei primi tempi vivevano in alloggi assolutamente di fortuna. La prima ipotesi del ’67 dei fabbricati della FIAT era, infatti, quella che venissero costruite le baracche per i lavoratori all’interno dell’area industriale. Vi fu poi una sommossa dei parroci che allora ritenevano improponibile tale prospettiva. Ma anche lì, negli stabilimenti FIAT di allora si è fatta l’unità d’Italia. Molti lavoratori che sono arrivati all’epoca si stabilirono per lo più nella frazione Tetti francesi su cui stiamo facendo investimenti e interventi di riqualificazione. Detta frazione, composta da meridionali, piemontesi, e veneti giunti in Piemonte dopo le alluvioni del Polesine, rappresenta, in questo senso, il simbolo dell’Unità d’Italia, poiché pur nelle diversità di dialetti e di modelli di vita, ha via via assunto un linguaggio unico e valori condivisi. Oggi a diverse generazioni di distanza da allora, quel quartiere avrebbe potuto correre il rischio di diventare come quelli di Torino, limitrofi allo stabilimento di Mirafiori invece di luogo in cui è insediata la miglior scuola secondaria della zona, che attrae studenti anche da fuori del territorio su cui insiste e che può contare su di un gruppo straordinario di docenti. Insegnanti capaci, un po’ di parroci che si sono spesi per la frazione con grande lucidità e un’amministrazione comunale che ha fatto la sua parte, hanno creato le condizioni perché quella di quel quartiere fosse una storia diversa. Ed è lì il posto in cui ci sembra opportuno investire le nostre risorse, perché il quartiere possa ancora migliorare.

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PIEMONTE

Attualmente stiamo completando l’ultimo tratto di questa rete capillare. Credo che alla fine di questo mandato il Sindaco possa dire che effettivamente il territorio è quasi totalmente coperto da piste ciclabili, che i cittadini utilizzano talmente tanto che ciclisti e pedoni riescono anche a litigare tra loro. Questo vuol dire che si tratta di strutture importanti e che soprattutto, vengono utilizzate. Un altro progetto, molto ambizioso, legato al risparmio energetico che stiamo portando avanti e che, purtroppo, non riusciremo a finire in questa legislatura, perché le risorse necessarie sono ingenti e le tempistiche molto lunghe è quello della nuova illuminazione pubblica. Grazie all’apporto delle nuove tecnologie stiamo valutando un sistema di illuminazione che porti alla riduzione del consumo di energia nelle ore notturne, dalle 2 di notte in poi. Questo ci consentirebbe di risparmiare due volte: sul costo della bolletta e sull’impianto di tutta l’illuminazione pubblica. È un progetto che riusciremo a realizzare entro un anno nell’intero centro, mentre nella frazione Pasta, avendo delle esternalità negative derivanti da un intervento commerciale, possiamo già disporre delle risorse necessarie per poter illuminare nuovamente un’intera frazione con impianti completamente nuovi a led che ci consentiranno di avere immediatamente un risparmio del 30-35%. E questa è solo una delle iniziative che la nostra amministrazione sta portando avanti.


ENTE PIEMONTE NEWS


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Piombino (LI) 25/28 maggio 2011

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n°4 Aprile 2011 Anno XII

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