23 - 25 settembre 2010 | Bolzano
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n°6 Giugno 2010 Anno XI
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In copertina: Parigi, gli Champs Élysées trasformati in un gigantesco orto-giardino per la celebrazione della Giornata Mondiale della Biodiversità (22 Maggio 2010) - Foto di Xavier Defaix
n°6 Giugno 2010 anno XI
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CAMBIAMENTI CLIMATICI
Altre 500 città hanno firmato a Bruxelles il “Patto dei Sindaci” Le autorità locali si impegnano a ridurre la CO2 di oltre il 20% La metà delle new entry sono italiane
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AGENDA 21
Dunkerque, 19 - 21 maggio 2010 Conferenza europea delle città sostenibili Gli Enti Locali europei chiedono all’UE di contare di più su clima di Elisabetta Mutto Accordi
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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Ancona 5 maggio Chiuso l’anno di presidenza italiana dell’iniziativa Adriatico-Ionica Nel capoluogo marchigiano si sono incontrati gli 8 Ministri degli Affari Esteri dei Paesi IAI: obiettivo l’istituzione della Macro Regione Adriatica a cura di Alberto Piastrellini
13 Convegno ICEF (Roma, 20 – 21 maggio 2010) Promuovere un diritto ambientale internazionale Un panel internazionale di giuristi ambientali si è incontrato a Roma per una due giorni di approfondimento sul tema della governance ambientale di Alberto Piastrellini
16 Pisa, 1-3 luglio Green City Energy: il futuro rinnovabile delle nostre città
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II compostaggio in Sicilia Obiettivi conseguiti e sviluppi futuri di Dario Cordone
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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Diffuso il Rapporto “Rifiuti Urbani 2009” dell’ISPRA Rifiuti in calo, ma troppi finiscono in discarica Mancano i dati sui Rifiuti Speciali
22 Presentato Studio promosso da CiAl realizzato da Politecnico di Milano Alluminio: da recupero e riciclaggio grandi benefici ambientali Con trattamento delle scorie di combustione si ottiene fino al 70% del metallo
25 In Italia, a fine 2008, 393 impianti di trattamento dei rifiuti urbani Rapporto sulle tecniche di trattamento dei rifiuti urbani in Italia In discarica ancora il 52% dei RSU
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QUALITÀ E AMBIENTE
Diffuso da EuPR un Documento strategico Un decalogo per la politica di gestione dei rifiuti plastici Evidenziata la necessità di flussi separati per le bioplastiche
IL COMMENTO
Pubblicato il Decreto per la tracciabilità delle biomasse e del biogas Certificati verdi per la produzione di energia elettrica da biomasse da “filiera corta” Il settore ha generato nel 2009 un business da 1 miliardo di euro
33 Pubblicato il Regolamento di Gestione dei RAEE Dal 18 giugno “one to one” Ma il Garante Europeo della Privacy sottolinea i rischi di un inadeguato smaltimento
37 Gennaio-Aprile 2010 il 3° periodo più caldo di sempre (NOAA) Ondate di calore e alti livelli di ozono nei prossimi decenni Secondo nuovo Studio Pianura Padana e Coste le aree più rischiose per la salute
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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Una Guida del ProSto per il solare termico Superare la visione elettrocentrica del solare Le “ordinanze solari” per usufruire dei benefici del sole nell’edilizia
42 Presentato uno Studio della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Scenari elettrici futuri: consumi in discesa e aumento delle rinnovabili Dopo la crisi non c’è necessità del nucleare, almeno fino al 2030
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AMBIENTE E SPORT
Al via la FIFA World Cup 2010 In Sudafrica per il “Green Goal” Perplessità sulla gestione sostenibile degli stadi dopo l’evento
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SERVIZI AMBIENTALI
Firmato Protocollo di intesa tra i principali operatori del settore PFU: tutelare l’ambiente, valorizzando una preziosa risorsa Tecnologie all’avanguardia permettono oggi un recupero totale di tutti i materiali impiegati di Adriana Malandrino
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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE
Parigi, “Nature Capitale” per celebrare la Biodiversità Un immenso giardino lungo gli Champs Élysées Le Mairie ha lanciato un Piano per la salvaguardia delle Biodiversità cittadine
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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
Fonti rinnovabili: rivedere gli incentivi per fermare le speculazioni e premiare l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale di Francesco Maria Ciancaleoni
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Una copertina “provocatoria” del World Watch Foreste nello sciacquone Ribadita la necessità di utilizzare prodotti di carta riciclata
EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ
A margine dell’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull Ancora un monito dall’Islanda Verrà colto?
Assegnati i riconoscimenti della FEE Bandiere Blu 2010 Non sono mancate le polemiche
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€CO-FINANZIAMENTI
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I QUESITI DEL LETTORE
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AGENDA - Eventi e Fiere AMBIENTE MARCHE NEWS
CAMBIAMENTI CLIMATICI
Altre 500 città hanno firmato a Bruxelles il “Patto dei Sindaci”
LE AUTORITÀ LOCALI SI IMPEGNANO A RIDURRE LA CO2 DI OLTRE IL 20% La metà delle new entry sono italiane Il 4 maggio, nel corso di una cerimonia svoltasi a Bruxelles alla presenza di José Manuel Barroso, Presidente della Commissione europea, e di José Luis Rodríguez Zapatero, Primo Ministro spagnolo e Presidente di turno dell’ Unione europea, oltre 500 Sindaci europei (ben 241 erano quelli Italiani!) hanno firmato il “Patto dei Sindaci” (Covenant of Mayors), Conferenza annuale lanciata dalla Commissione UE nel 2009, portando così il numero degli aderenti a 1680, in rappresentanza di 36 Stati per un totale di 120 milioni di cittadini rappresentati.
ziativa organizzando la Conferenza e incoraggiando lo scambio di buone pratiche sul sito web dedicato e aiutando le autorità locali a finanziare le azioni in ambito energetico tramite programmi come ELENA (European Local ENergy Assistance), che nel 2010 concederà finanziamenti per 15 milioni di euro. Spingendosi, poi, verso una visione più ampia, Barroso ha voluto far intravedere ai partecipanti come i cambiamenti possano essere una possibilità per la creazione di nuove opportunità, anche lavorative, non solo un costo. Una manovra, quella per la lotta alla
tori poveri che hanno bisogno di avviare urgenti misure di adattamento”.
José Manuel Barroso ha ringraziato i convenuti per “aver deciso di contribuire agli sforzi globali per combattere i cambiamenti climatici utilizzando tutti gli strumenti che sono a vostra disposizione - anche come mezzo per promuovere il sociale e il benessere economico dei vostri cittadini. E l’avete fatto senza attendere alcun sostegno od orientamento”. Barroso ha ricordato, comunque, che la Commissione europea sostiene l’ini-
CO2, che ha tutte le potenzialità per divenire un sistema in grado di creare nuove sinergie a vantaggio dello sviluppo locale, come edifici intelligenti, trasporti pubblici e logistica ad emissioni zero. “A mio parere, la dimensione globale del Patto deve tenere conto del fatto che gran parte del mondo sta già soffrendo per gli effetti del cambiamento climatico. Lo spirito di solidarietà del Patto dovrebbe estendersi anche a quei terri-
discarica municipale è impiegato per produrre elettricità, mentre ad Anversa un magazzino industriale è stato convertito in modello di edificio sostenibile e centro esposizioni per i cittadini.
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Con la sottoscrizione della Dichiarazione, i Sindaci, oltre a ridurre le emissioni di CO2 di oltre il 20% entro il 2020, si sono anche impegnati a sensibilizzare i loro cittadini e a condividere le buone pratiche. A Heidelberg, ad esempio, le emissioni di CO2 degli edifici pubblici sono scese quasi del 40% grazie a stazioni di monitoraggio energetico e all’introduzione delle “squadre dell’energia” nelle scuole. A Riga il gas metano prodotto dalla
Günther Oettinger, Commissario UE responsabile per l’Energia, ha commentato: “Il Patto dei Sindaci è ormai un elemento centrale della politica dell’UE in materia di energia sostenibile. Le regioni e le città stanno dimostrando che
lottare contro i cambiamenti climatici è tra le strategie più efficaci per la ripresa economica. Gli investimenti legati alla riduzione delle emissioni di CO2 e all’efficienza energetica creano posti di lavoro che, per loro stessa natura, non possono essere delocalizzati.” Le autorità locali svolgono un ruolo determinante nella lotta contro i cambiamenti climatici. Oltre metà dei gas a effetto serra è prodotta nelle città e dalle città, dove vive e lavora l’80% della popolazione e si consuma fino all’80% dell’energia. Prima della cerimonia, nel corso di una Conferenza stampa presso il Parlamento europeo a cui hanno partecipato prestigiosi relatori, tra cui: il Presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek, il Vice Presidente del Comitato delle Regioni Ramón Luis Valcárcel Siso, il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno e il Sindaco di Stoccolma (“Capitale Verde Europea 2010”), Sten Nordin, proprio i
rappresentanti della città svedese hanno presentato due ambiziosi progetti volti a mantenere il modello di Città verde d’Europa, unendo ad una crescita verde lo sviluppo sostenibile, a beneficio dei suoi quasi 820.000 cittadini. Il primo progetto (Royal Stockholm Seaport) ha per obiettivo il recupero di un’area industriale dimessa, trasformandola in uno dei più attraenti ambienti di vita d’Europa. Il progetto mira a far diventare l’area in questione una vetrina globale per lo sviluppo urbano sostenibile, con 10.000 appartamenti, 30.000 spazi-ufficio e un moderno porto, che non saranno più dipendenti dai combustibili fossili entro il 2030, riducendo le emissioni di anidride carbonica a meno di 1,5 tonnellate a persona entro il 2020 e dando l’immagine di Stoccolma come città adattatasi, veramente ai cambiamenti climatici. Il secondo progetto (Järva) si incentra sulla volontà di trasformare le grandi
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periferie del dopoguerra in distretti attraenti di abitazioni ad efficienza energetica, una sfida condivisa da molte città europee. Il progetto si svilupperà lungo i quartieri confinanti con la riserva naturale Järvafältet, che sono stati costruiti tra il 1965 e il 1975, come parte del “Programma un milione di case” volto a contrastare la carenza di alloggi. Intervenendo, il Commissario UE per l’Ambiente, Janez Potočnik ha dichiarato che “La Strategia Europa 2020 per un futuro a lungo sostenibile richiede azioni a tutti i livelli, comprese le regioni e le città. Stoccolma è un ottimo esempio di azione a livello locale e fonte di ispirazione per altre città. L’iniziativa Capitali Verdi Europee è basata essenziamenre sulla condivisione. Lavorando su iniziative urbane, insieme possiamo costruire città dove la gente vuole realmente vivere, così come altri possono trarre volontà per partecipare al gioco”.
AGENDA 21
Dunkerque, 19 – 21 maggio 2010
CONFERENZA EUROPEA DELLE CITTÀ SOSTENIBILI Gli Enti Locali europei chiedono all’UE di contare di più su clima di Elisabetta Mutto Accordi
Lo sviluppo sostenibile a Dunkerque è stato affrontato in modo trasversale approfondendo i temi della biodiversità, dei cambiamenti climatici, delle energie rinnovabili, della mobilità urbana, dell’edilizia, dei rifiuti, dell’urbanistica, delle dinamiche sociali e dei progetti di partnership con il mondo dell’impresa. Nell’arco dei tre giorni si sono susseguite Conferenze, Workshop e Seminari con relatori provenienti da tutto il mondo, che hanno illustrato e approfondito le soluzioni più all’avanguardia e le migliori best practices adottate e messe concretamente in campo fino ad ora. Lo scopo: individuare nuove strade per creare un modello di sviluppo che risponda alle necessità delle generazioni attuali senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare i propri bisogni, conciliando efficienza economica, equità sociale ed uso durevole delle risorse ambientali. Un concetto ribadito più volte da molti Sindaci e Assessori e sintetizzato in una frase che è stata ripetuta più volte a Dunkerque fino a divenire quasi uno slogan “Tornare a creare città cucite sui bisogni delle persone, in cui esistano le condizioni per desiderare di andarci a vivere”. In particolare, nella VI edizione, il tema del cambiamento climatico è entrato prepotentemente nell’agenda della Conferenza Europea delle Città Sostenibili. L’evento infatti è stato colto anche come occasione per analizzare i risultati della COP 15 e individuare i nuovi step da seguire verso Cancùn. È in quest’ottica che giovedì 20 è stato organizzato un meeting, moderato dal Past President del Coordinamento di Agenda 21 Emilio D’Alessio, tra i Sindaci e gli Assessori presenti a Dunkerque, che si sono confrontati sui possibili scenari del post Kyoto.
La delegazione italiana, guidata dal Coordinamento di Agenda 21, la più numerosa dopo quella dei padroni di casa francesi. In francese si dice durable e probabilmente questa parola si presta molto meglio di quella italiana a spiegare in modo chiaro il vero significato del concetto. Tuttavia la domanda ormai al giorno d’oggi non è più se lo sviluppo sostenibile vada perseguito, quanto piuttosto come farlo diventare parte integrante del nostro attuale modello economico. L’occasione per affrontare questa analisi è stata la VI Conferenza Europea delle Città Sostenibili che si è tenuta tra il 19 ed il 21 maggio a Dunkerque, uno dei più grandi eventi a livello della UE nel settore che ha portato nel nord della Francia 1.500 esponenti di Amministrazioni Locali, Istituzioni, Imprese, Centri di ricerca e ONG, e che ha messo a confronto, oltre agli Stati europei, anche esperti provenienti da Algeria, Argentina, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Canada, Gambia, Israele, Iran, Kazakhstan, Libano, Nuova Zelanda, Russia, Senegal, Singapore, Turchia, Repubblica di Corea. In particolare, la delegazione del nostro Paese, guidata dal Coordinamento delle Agende 21 Locali Italiane, è stata la più numerosa dopo quella dei padroni di casa francesi. Tra gli enti locali che hanno rappresentato il tricolore: i Comuni di Cremona, Livorno, Savona, Lucca, Bologna, Genova, Milano, Basiglio, Este e San Benedetto del Tronto; le Province di Bologna, Siena, Lucca, Teramo, Ferrara, Rovigo, Rimini, Livorno; le Regioni Piemonte ed Emilia Romagna.
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percepito dai cittadini, ma deve risultare un approccio tangibile e visibile da chi le città le vive quotidianamente. Servono dunque decisioni chiare in primis a favore della tutela del clima, soprattutto dopo il fallimento di Copenhagen e in vista dell’importantissimo appuntamento in Messico, al quale il pianeta non si può permettere di arrivare nuop vvamente impreparato”. Questa volta, perciò, gli Enti Q Locali non tornano a chiedere Lo ssolo di poter contare di più nei negoziati ma anche di essere rappresentati in modo più incisivo dall’UE. “Nel ribadire – spiega Burgin – la nostra rivendiB cazione di poter contare di ca più nell’ambito dei negoziati per il post Kyoto, ci siamo posti come obiettivo generale di forcom nire dati sempre più precisi che possano mettere nero su bianco il contributo delle politiche adottate dalle città e dai territori al taglio delle emissioni”. Per questo uno dei traguardi che si propone di raggiungere il movimento degli enti locali a livello internazionale entro dicembre 2010, è di realizzare un sistema di misurazione che possa essere comparabile a livello internazionale. “Un altro obiettivo – riprende Burgin - sarà poi quello di coinvolgere attivamente gli amministratori e i sindaci di Cina ed India per indurre i due grandi protagonisti del mercato mondiale ad un maggiore impegno attraverso un’azione che parta da una forte spinta dal basso”. Agenda fitta di impegni, quindi, in vista di Cancùn per il movimento dei Local Governments che nell’analisi su Copenhagen si sono soffermati anche sui rapporti con la Commissione Europea con la quale, anche grazie al programma del Patto dei Sindaci, verrà cercato un dialogo sempre più diretto, cosi da evitare di subire l’interferenza degli Stati.
Adottato un documento politico sui cambiamenti climatici Quale primo appuntamento degli Enti Locali dopo Copenhagen, la VI Conferenza Europea delle Città Sostenibili ha rappresentato un momento di confronto e di approfondimento per fare un’analisi sulle prospettive in vista del summit mit dell’ONU sul cambiamento climatico a Cancùn. ncùn. I Sindaci e gli Assessori presenti ti a Dunkerque hanno infatti elaborato un documento politico che rappresenterà la posizione del movimento dei Local Governments già dai prossimi Climate Talks a Bonn a giugno. “Posto che il Copenhagen Accord – si legge nel testo - pone come obiettivo di limitare il riscaldamento globale non oltre i due gradi, è evidente che molti Stati stanno lavorando in questa direzione ma che complessivamente il loro impegno è chiaramente non sufficiente ad assicurare il risultato.” “Dopo la mancata definizione di parametri specifici all’ultima COP - commenta infatti Emanuele Burgin, Presidente del Coordinamento di Agenda 21 – gli Enti Locali, che sono i primi a dover dare una risposta ai cittadini, si sono sentiti abbandonati. Per questo motivo, forti dei programmi incisivi che portiamo avanti sul fronte del cambiamento climatico, nel documento abbiamo ritenuto importante non solo rimarcare la richiesta di essere formalmente riconosciuti come attori al pari dei Governi nazionali, ma anche sottolineare quanto sia fondamentale che l’azione diplomatica riprenda rapidamente e in modo molto più forte e che l’Unione europea faccia da traino per gli Stati meno attivi sul fronte del clima”. Il rischio infatti è che, come lo scorso dicembre, si arrivi alla prossima Conferenza dell’ONU senza un quadro di riferimento per il post Kyoto sufficientemente chiaro da consentire una definizione di impegni vincolanti per i diversi Paesi. “È assolutamente necessario – ha sottolineato infatti nel suo discorso alla cerimonia di apertura del Summit, Emanuele Burgin - individuare e formalizzare una risposta politica concreta a questo momento di crisi. Lo sviluppo sostenibile non può più essere infatti solo qualcosa di astratto e poco
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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Ancona 5 maggio
CHIUSO L’ANNO DI PRESIDENZA ITALIANA DELL’INIZIATIVA ADRIATICO-IONICA Nel capoluogo marchigiano si sono incontrati gli 8 Ministri degli Affari Esteri dei Paesi IAI: obiettivo l’istituzione della Macro Regione Adriatica a cura di Alberto Piastrellini
Implementare la cooperazione internazionale fra Paesi transfrontalieri del Bacino Adriatico Ionico, indirizzando scelte politiche e di governance multilaterale verso obiettivi condivisi di sicurezza, stabilità, coesione e prosperità nell’area in oggetto. Favorire, nel contempo, dinamiche di interconnessione tra Istituzioni, fondi e normative, su aree tematiche come infrastrutture, turismo, cultura, ambiente, sviluppo rurale, gestione delle coste, rapporti tra Università e Camere di Commercio, come già accade in altre macro aree dell’Europa, al fine di conseguire lo sviluppo sostenibile comune ed attrarre risorse altrimenti non disponibili in una logica di premialità che favorisce le reti e la cooperazione. Sono questi gli obiettivi dell’Iniziativa Adriatico Ionica (Ndr: per maggiori informazioni sulla quale si veda il box allegato), riconfermati, ad Ancona, a dieci anni dalla nascita della IAI. “L’Adriatico rappresenta per noi un sistema nel quale sono condivise esperienze storiche, sociali e culturali che, stratificatesi nei secoli, hanno favorito, dopo la costituzione
dell’Iniziativa Adriatico Ionica, una sempre maggiore cooperazione fra i Paesi che vi si affacciano”. Con queste parole di benvenuto, il Governatore della Regione Marche, Gian Mario Spacca, ha dato il via ai lavori del XII Consiglio IAI che ha avuto luogo ad Ancona, il 5 maggio in occasione della scadenza annuale della Presidenza Italiana ed il relativo passaggio di consegne alla Repubblica di Montenegro. Un evento di portata internazionale caduto nel decennale della firma della “Carta di Ancona” che decretò la nascita dell’Iniziativa e per il quale, non casualmente, è stata scelta la stessa cornice ambientale rappresentata dal quel “Palazzo degli Anziani”, simbolo per centinaia d’anni del governo della città adriatica. “L’impegno della nostra Regione per favorire l’attività della IAI, divenuto ancora più intenso dopo l’istituzione del Segretariato permanente che ha sede qui in Ancona - ha proseguito il Presidente Spacca - nasce dall’essere, da secoli, quasi una cerniera fra le due sponde dell’Adriatico e dalla profonda consapevolezza che solo attraverso il dialogo e l’integrazione è possibile costruire un futuro migliore per le
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INIZIATIVA ADRITICO IONICA Storia L’Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) è stata avviata con una Conferenza sullo Sviluppo e la Sicurezza nel Mare Adriatico e nello Ionio tenutasi ad Ancona il 19-20 maggio 2000, cui hanno partecipato i Capi di Governo e i Ministri degli Esteri di sei Paesi rivieraschi (Albania, BosniaErzegovina, Croazia, Grecia, Italia e Slovenia). Al termine della Conferenza, i Ministri degli Esteri, alla presenza della Commissione Europea, firmarono la “Dichiarazione di Ancona”, affermando l’importanza della cooperazione regionale quale strumento di promozione della stabilità economica e politica, condizioni necessarie per il processo di integrazione europea. Ai sei membri originari si è aggiunta l’unione di Serbia-Montenegro nel 2002. In seguito alla scissione della federazione, nel 2006, entrambi gli Stati hanno mantenuto la membership nell’Iniziativa, attualmente costituita quindi da 8 Paesi. Obiettivi Con l’istituzione della IAI si era voluta rafforzare la cooperazione regionale tra le due sponde adriatiche al fine di promuovere soluzioni concordate per problemi comuni, relativi sopratutto alla sicurezza e stabilità della regione ma anche alla protezione ambientale del bacino adriatico-ionico. Dieci anni dopo, il quadro geopolitico in cui opera l’Iniziativa Adriatico Ionica è profondamente mutato. In particolare, la Slovenia è diventata membro dell’Unione Europea nel 2004, e anche gli altri Paesi IAI del versante orientale (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Montenegro e Serbia), pur con tempi e modalità differenti, hanno avviato un percorso di avvicinamento alle istituzioni comunitarie nel quadro del Processo di Stabilizzazione e Associazione e in vista di una definitiva integrazione nell’UE. Tuttavia, le ragioni che hanno determinato l’istituzione della IAI hanno mantenuto se non accresciuto la loro validità nel corso degli anni. A causa dell’accresciuta interdipendenza tra gli Stati insita nei processi di globalizzazione, la soluzione concertata dei problemi che riguardano la regione adriatica richiede un ulteriore livello di cooperazione, non solo tra i Paesi della regione ma anche tra iniziative regionali. La cooperazione ha pertanto assunto nuove forme, non ultima quella del partenariato tra attori locali. Struttura L’Organo decisionale dell’Iniziativa Adriatico Ionica è il Consiglio dei Ministri degli Esteri (Consiglio Adriatico-Ionico), la cui agenda viene elaborata nel corso degli incontri periodici tra i Senior Officials, che si tengono tre volte l’anno. La Presidenza ruota annualmente secondo un criterio alfabetico e l’avvicendamento avviene generalmente tra i mesi di maggio e giugno. L’Italia è succeduta alla Grecia il 1° giugno 2009 e ha concluso il proprio anno di presidenza nel maggio 2010, quando l’incarico è passato al Montenegro. Nel giugno 2008, grazie all’appoggio della Regione Marche, è stato inaugurato ad Ancona un Segretariato Permanente dell’Iniziativa. Scopo del Segretariato è quello di garantire la continuità nel passaggio tra due presidenze e di dare all’Iniziativa un taglio “project oriented”, operando come catalizzatore di proposte da parte dei Paesi membri. L’Iniziativa Adriatico-Ionica ha rapporti con molte altre organizzazioni e iniziative regionali che operano nel Sud-Est Europa, in particolare con l’Iniziativa Centro-Europea (InCE), con il Consiglio di Cooperazione Regionale (RCC) e il Processo di Cooperazione per il Sud Est Europa (SEECP),con la Cooperazione Economica del Mar Nero (BSEC) e con il processo di cooperazione del Danubio (DCP). Il Segretariato Permanente IAI ha avviato una cooperazione con i fora Adriatico-Ionici che già operano nella regione: il Forum delle Camere di Commercio e quello delle Città dell’Adriatico e dello Ionio e UniAdrion. Sono previsti incontri periodici di coordinamento con i suddetti organismi. Aree di intervento La IAI opera in diverse aree della cooperazione regionale, anche attraverso riunioni periodiche (Round tables) cui partecipano esperti dei vari settori provenienti da tutti i Paesi membri. Attualmente, i settori di principale interesse sono: Piccole e medie imprese Un “Protocollo di Cooperazione che istituisce una rete di servizi a sostegno delle PMI nel quadro dell’Iniziativa Adriatico Ionica” è stato firmato nel marzo 2003 sotto la presidenza di turno italiana. Il Protocollo evidenziava la necessità di una più stretta cooperazione tra Distretti industriali che condividono le stesse difficoltà nel proiettarsi in maniera competitiva sui mercati internazionali europeo e globale. L’impegno dei Paesi IAI a cooperare nel settore è stato rinnovato con la firma di un nuovo Memorandum per la cooperazione tra PMI nell’Adriatico-Ionio, firmato lo scorso gennaio a Verona, che valorizza anche, in particolare, la cooperazione per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile. Turismo La cooperazione in ambito turistico si avvale di un approccio multi-settoriale finalizzato allo sviluppo di un’economia del turismo sostenibile, attraverso l’elaborazione di prodotti congiunti che consentano di valorizzare le destinazioni meno frequentate decongestionando al tempo stesso i luoghi tradizionalmente di eccessiva affluenza. In tale ottica, sono stati realizzati degli studi di fattibilità (ad es., quelli condotti sotto il progetto denominato “Adriatic Ionian Seas of Europe”). Nel 2005, il Consiglio Adriatico-Ionico ha adottato una Dichiarazione sulla cooperazione nel settore turistico. Cultura e cooperazione inter-universitaria La tutela del patrimonio culturale e ambientale dei Paesi membri è il principale obiettivo della Cooperazione culturale e scientifica in ambito IAI, che ha sviluppato negli anni un particolare interesse nel campo della ricerca archeologica subacquea nel bacino. Per quanto riguarda la cooperazione interuniversitaria, il progetto UniAdrion rappresenta uno dei principali successi dell’Iniziativa: una rete universitaria virtuale che collega atenei e centri di ricerca di tutta la regione e sostiene la mobilità di ricercatori, docenti e studenti provenienti dai paesi IAI. Ambiente e protezione dagli incendi La tutela del bacino dell’Adriatico-Ionio contro i rischi connessi all’inquinamento e a disastri naturali rappresenta una delle principali sfide allo sviluppo della regione, come sottolineato dai presidenti dei Parlamenti dei Paesi IAI nella Dichiarazione di Neum del 2007. Le presidenze che si sono succedute hanno incoraggiato pertanto l’adozione di un sistema costiero integrato di osservazione e previsione e quella di un piano di emergenza sub-regionale. A partire dal 2008, in risposta alla necessità di elaborare una più efficace azione di lotta agli incendi nei paesi del bacino adriatico-ionico, è stata creata una tavola rotonda tematica ad hoc.
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nostre popolazioni, e, soprattutto, per i nostri giovani”. Proprio sulla scia di questi traguardi, l’occasione è stata proficua per ribadire, da parte di tutti i Convenuti, della necessità di proseguire il cammino iniziato un decennio fa per addivenire all’istituzione della Macro Regione Adriatica sul modello della Regione del Baltico, per la quale il termine è stato fissato al 2014. “I Paesi che si affacciano sul Bacino Adriatico Ionico costituiscono un ambito che consente di sviluppare un approccio strategico basato sulla condivisione di problemi, ma anche di opportunità e prospettive” ha ricordato, infine il Presidente Spacca alludendo alla cornice dei Programmi di Cooperazione transfrontaliera IPA, IAI, ecc. e riferendosi poi a quelle dinamiche di collaborazione che sono nate dalla volontà delle diverse componenti della società civile come: il Forum delle Città dell’Adriatico e dello Ionio, il Forum delle Camere di Commercio, la rete delle Università UniAdrion e l’Euro Regione Adriatica. “Per realizzare un vero salto di qualità abbiamo bisogno di L’On. Franco Frattini e Gian Mario Spacca una strategia europea per l’Adriatico e lo Ionio, una strategia che comprenda tutti i Paesi della regione”, ha dichiarato il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica italiana, On. Franco Frattini, sottolineando positivamente la piena sintonia dell’Italia all’approccio favorevole con il quale l’Europa sta promuovendo l’istituzione delle macro-regioni. Il Consiglio si è concluso con la stesura della “Dichiarazione di Ancona” nella quale si afferma la necessità di creare le condizioni politiche e istituzionali affinché vadano a buon fine progetti di avvicinamento e negoziati di adesione e preadesione di quei Paesi già molto vicini all’Europa, come la Croazia, e di quelli che a vari stadi ne sono più lontani, come Albania e Bosnia o Serbia e Montenegro. Un obiettivo che l’Italia intende perseguire assieme agli altri due membri dell’Iniziativa: Slovenia e Grecia, già membri dell’Unione. Il documento redatto dai membri del Consiglio della IAI sottolinea l’importanza dell’area sud orientale dell’Europa all’interno dell’Unione stessa e rimarca, altresì la necessità di accelerarne il processo attraverso passi avanti concreti come, ad esempio, la liberalizzazione dei visti per Albania e Bosnia-Erzegovina. Nel documento si evidenzia ‘’l’importanza della cooperazione intergovernativa nel bacino adriatico-ionico come strumento per uno sviluppo bilanciato e sostenibile nella regione’’ e si guarda con entusiasmo alle “specifiche strategie dell’UE mirate allo sviluppo di Macro-regioni’’, come quella
già esistente nel Mar Baltico, di quella danubiana, in via di costituzione, e di quella adriatico-ionica a cui puntano, per il 2014, i Membri della IAI e per la quale l’Italia lavora già da tempo. “La IAI - ha sottolineato Frattini - ha facilitato il passaggio da un’era di conflitto e di confronto ad una di dialogo e di collaborazione, ed ha individuato gli interessi comuni dei Paesi della regione, dando concretezza e contenuto alla prospettiva europea’’. Secondo il Ministro “la Regione adriatico-ionica ha tutte le premesse per agire come una macro-regione per la quale un approccio strategico basato su problemi comuni e opportunità deve essere sviluppato. Una macro regione con la capacità di interagire, senza duplicazioni, e creare sinergie con le altre macroregioni europee’’. Il progetto di macro regione, a giudizio del Ministro, si muove sulla strada dell’avvicinamento dei Balcani occidentali all’Europa. “Nella mia recente visita a Sarajevo, Belgrado e Pristina - ha ricordato - ho trasmesso un messaggio politico chiaro: l’accoglienza dei paesi balcanici e della Turchia nella famiglia europea è una sfida da cogliere e vincere, se l’Unione vuole veramente svolgere un ruolo di più alto profilo nel mondo. Se si mira a esercitare una maggiore influenza nel Caucaso, in Asia centrale, in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Se si vuole recuperare competitività economica e garantire sicurezza energetica’’. A conferma della sua tesi, l’On. Frattini ha ricordato la Conferenza che la Presidenza spagnola dell’UE, in accordo con l’Italia si appresta a tenere a Sarajevo, nel prossimo giugno e che rappresenta “la conferma che rafforzare la cooperazione regionale e l’integrazione dei Balcani occidentali con l’Unione europea sono due facce della stessa medaglia”. Nel prendere in mano la Presidenza dell’Iniziativa Adriatico Ionica, il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Montenegro, Milan Rocen, dopo aver ricordato che 10 anni fa il Montenegro non esisteva ancora come Stato, ha espresso la volontà di seguire le iniziative avviate dall’Italia come esempio e guida di cooperazione, specialmente nei settori del turismo, della promozione-sviluppo delle piccole e medie imprese e della protezione ambientale. “Però abbiamo un vantaggio in più - ha affermato con una punta di ironia - siamo piccoli e tutti ci vogliono aiutare”.
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Convegno ICEF (Roma, 20 – 21 maggio 2010)
PROMUOVERE UN DIRITTO AMBIENTALE INTERNAZIONALE Un panel internazionale di giuristi ambientali si è incontrato a Roma per
una due giorni di approfondimento sul tema della governance ambientale di Alberto Piastrellini
“Come prima cosa, si tratta di rendersi conto che è interessante e generalissimo, senza eccezioni, far assurgere la difesa dell’ambiente ad obiettivo predominante sempre e dovunque”. Con queste parole il Presidente Onorario della Fondazione ICEF (Internationale Court of Environment Foudation), Giovanni Conso, ha aperto i lavori della Conferenza Internazionale “Governance Globale per l’Ambiente (Global Environmental Governance)”, tenutasi presso il Ministero degli Affari Esteri, in Roma, nei giorni 20 e 21 maggio sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica Italiana. A patrocinare l’iniziativa anche: UNESCO, Consiglio d’Europa, Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, Ministero degli Affari Esteri, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comune di Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. Prestigiosa, inoltre, la collaborazione scientifica dell’UNEP (United Nations Environment Programme) e della IUCN (Interantional Union for Conservation of Nature). L’incontro, che ha visto la partecipazione di oltre 60 Relatori, un panel
prestigioso accreditato a livello scientifico mondiale nel campo del Diritto, ha avuto lo scopo di socializzare lo stato dell’arte della governance ambientale a livello globale ed aprire la pista ad un interessante progetto che mira alla costituzione di una Agenzia presso le Nazioni Unite e di una Corte Internazionale dell’Ambiente che abbia il potere di giudicare, i gravi oltraggi ambientali. Allo stato attuale, infatti, la governance ambientale internazionale è caratterizzata da uno stato di frammentazione e carenza di coordinamento fra gli svariati meccanismi ad essa deputati (in particolare UNEP, UNDP, GEF e Conferenze delle parti o Segretariati istituiti dai MEA), tale da rendere spesso gli sforzi effettuati in materia frammentari e scarsamente efficaci, a causa dell’assenza di una gestione equilibrata delle risorse disponibili e della frequente sovrapposizione dell’azione internazionale pertinente. Cosa che si traduce in sprechi di denaro ed energie inutili e, talvolta, anche controproducenti. Alla luce di ciò, secondo l’ICEF, urge una riforma drastica del sistema di governance ambientale globale, anche in considerazione delle emergenze ecologiche e ambientali che l’intero pianeta si trova ad affrontare. Ebbene, la Fondazione, da anni propu-
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gna tre ipotesi di lavoro per conseguire questa riforma: - istituire un’Agenzia specializzata dell’ONU, dotata di competenze specifiche ed esclusive del settore ambientale, il cui nome potrebbe essere: United Nations Environmental Organisation – UNEO) , la quale dovrebbe ereditare le funzioni, l’apparato logistico ed il budget attualmente in capo all’UNEP, avvalendosi di uno status e di una struttura istituzionale più stabile; - rafforzare struttura e competenze dell’UNEP, mantenendone, tuttavia lo status di Programma dell’ONU; - istituire, in alternativa, un’organizzazione internazionale svincolata dall’ONU ed ispirata al modello WTO, la quale potrebbe essere denominata World Environment Organization – WEO). Ovviamente tutte e tre le soluzioni presentano aspetti di vantaggio e di svantaggio, ma da una valutazione de jure condendo si ipotizza che l’opzione maggiormente atta a favorire efficienza e coerenza della rinnovata governance ambientale, dovrebbe essere l’istituzione dell’UNEO, la quale dovrebbe avere competenze riconosciute in materia di salvaguardia degli ecosistemi terrestri. Ma l’urgenza dei problemi ambientali impone risposte concrete e possibil-
Intervista al Dott. Amedeo Postiglione, Direttore ICEF, Presidente Onorario Aggiunto Corte Suprema di Cassazione; Vice presidente Forum UE dei Giudici per l’Ambiente. Dott. Postiglione in che senso bisogna intendere la governance dal punto di vista di chi le leggi le fa e da quello di chi le deve far rispettare? Il problema dell’environment governance, tradotto in italiano “governo dell’ambiente” significa affrontare i problemi ambientali nella loro globalità e con tutti i soggetti che in qualche modo possono risolvere e prevenire i problemi che subisce l’ambiente dall’attuale modello di sviluppo e di consumo. L’idea della governance significa, in sostanza, un’azione di coordinamento nuovo, non agire separatamente in tutti i momenti del processo di governo ovvero coinvolgendo la società civile (che è quella che deve partecipare ed avere accesso all’informazione e alla giustizia), dei soggetti economici, del mondo scientifico ed accademico e persino i settori della filosofia e della religione e non ultimo, ovviamente, il coinvolgimento delle istituzioni. Quali istituzioni? Tutte. Dal Parlamento al Governo agli enti regionali e locali, tutti sono coinvolti nel “governo dell’ambiente”. Circa il ruolo della giurisprudenza deve rimanere e rafforzarsi questo ruolo perché il giudice è investito di un valore preferenziale, autoreferenziale. La giustizia è un valore immenso per la società e per l’ambiente, soprattutto perché è stato e rimane ancora un interesse debole, e quindi, bisognoso di soggetti indipendenti, imparziali, non esibizionisti, non fondamentalisti, di soggetti seri che applichino le norme, collaborando tra loro in una logica di insieme. Quindi la giurisprudenza non è fatta solo da giudici italiani, ma anche da quelli europei applicando il Diritto comunitario, e da giudici sovranazionali. La nostra Fondazione vuole realizzare, per Statuto, un sogno che tale ancora rimane, cioè diffondere la governance anche dove non c’è, e non c’è al livello più alto, al vertice del sistema. Mentre la Terra è un sistema unico che ha le sue logiche da miliardi di anni, gli uomini non sono riusciti a trovare un sistema di governo generale ed universalmente adeguato e funzionale alle esigenze di sostenibilità della vita sul pianeta. Quindi occorrono due cose semplici che noi dell’ICEF proponiamo da 20 anni: un’Agenzia, cioè un’alta autorità di controllo e gestione dei problemi ambientali a livello amministrativo e una Corte internazionale dell’Ambiente, vera e propria istituzione di giustizia, una Il modo tecnico con cui realizzarle è un aspetto secondario rispetto alla sostanza del problema. Lei non pensa che questa idea, per quanto interessante, si scontri con le esigenze di autonomia degli stessi Stati? No, assolutamente, questo sarebbe un pregiudizio. Anche io all’inizio ritenevo che la sovranità degli Stati fosse un ostacolo assoluto, ma mi sono dovuto ricredere perché in realtà gli Stati hanno già, e non solo per il problema ambientale, perso molto del loro ruolo esclusivo e burocratico centralizzato. Basta guardare l’interno dei singoli Stati con l’implosione della società società e anche delle altre istituzioni sub statali che rivendicano un proprio ruolo, una propria autonomia. Quindi le Regioni, non sono lo Stato, ma sono nello Stato, come anche le Province e i Comuni, tanto in Italia, quanto negli altri Paesi. Ciò non ha fatto certo diminuire la sovranità dello Stato verso il basso. Se analizziamo la questione dal punto di vista dell’Unione Europea, vediamo che i 27 Stati membri, non hanno perduto la loro sovranità, anzi l’hanno rafforzata con un coordinamento, appunto, tra Stati. Quindi, lo stesso processo si verifica a livello più generale nelle grandi macro aree come i bacini del Mediterraneo e del Mar Nero. Iniziative simili si stanno realizzando in Africa e in Asia... Analogamente, si evidenzia la necessità di una Corte internazionale dei Diritti umani; non tante Corti. Crediamo che sia necessario ed urgente addivenire ad una Corte internazionale per l’ambiente, non tanti soggetti che si occupino di volta in volta, di mare, atmosfera, biodiversità, ecc. Eppure, proprio in Italia, come in altri Paesi europei, si creano problemi relativamente all’applicazione delle Direttive che l’Europa ci invia, soprattutto dal punto di vista ambientale. Questo è un problema di governance, ma riguarda più che altro l’aspetto, come lei diceva, della coerenza in sede applicativa. Noi stiamo facendo, invece, un discorso non astratto su come assicurare questa governance. L’osservazione è giusta, perché non diamo delle regole quali manifestazioni di intenti, bensì per poterle realizzare in concreto. La supremazia del Diritto comunitario, per esempio, è già un dato acquisito per la Corte di Giustizia, oggi presente a questa Conferenza e per i giudici nazionali. Quindi si sta realizzando una omogeneità applicativa, non solo a livello normativo perché, essendo comune il Diritto comunitario, il giudice nazionale ha l’obbligo di applicarlo almeno quello regolamentare, self executive. In conclusione, credo che la nostra Fondazione si stia muovendo per un progetto di crescita ed evoluzione culturale globale, che altri porteranno a conclusione, spero, per il benessere di tutti gli uomini e la realizzazione di un sogno di pace ed uguaglianza.
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ICEF (dal sito: www.icef-court.org) La Fondazione ICEF (International Court of the Environment Foundation) opera da oltre venti anni per promuovere un sistema unitario e bilanciato di governance dell’ambiente in sede internazionale, sia a livello politico-amministrativo, sia a livello giurisdizionale. Questa Fondazione ha verificato, con numerose iniziative in varie parti del mondo, che esiste davvero una diffusa sensibilità sul tema della governance internazionale, non solo nelle multiformi formazioni sociali (ONG), ma anche nel mondo scientifico e nelle stesse istituzioni (Parlamenti, Governi e Organizzazioni internazionali). L’ICEF ha sempre considerato il tema della “governance ambientale internazionale” nella sua complessità ed anche nelle sue implicazioni politiche, riconoscendo che esso richiede una adeguata maturazione e che la realizzazione del progetto a livello mondiale trae forza a livello locale, nazionale, regionale (es. Unione Europea), oltre che dalla evoluzione interna specifica dell’ordinamento internazionale nella materia. È un dato di fatto che si sono verificati già progressi in tema di governance nei singoli Paesi ed anche a livello regionale (vedi Commissione Europea, European Governance. A white paper, Com. (2001), 428, G.U.U.E. C, 287, 2001, p. 5 ss). A livello internazionale, considerata la unitarietà e la profonda integrazione dell’eco-sistema vivente terrestre, il sistema di “governance ambientale” incontra un obiettivo ostacolo nella disarticolazione della Comunità internazionale in circa 200 Stati sovrani. Tuttavia, a fronte di una sfida comune, è già in atto una tendenza della Comunità internazionale ad elaborare un modello di risposta più coerente ed efficace, nel segno della sostenibilità dello sviluppo. Esiste già una base giuridica abbastanza ampia di norme internazionali a protezione dell’ambiente con una interessante dinamica di integrazione dal basso verso l’alto e viceversa. La questione non risolta rimane quella di assicurare al sistema l’effettività. La realizzazione di adeguati modelli di governance ambientale costituisce un progetto molto impegnativo ed ambizioso, perché le sfide ambientali presentano una particolare complessità ai vari livelli (locale, nazionale, comunitario, internazionale) e soprattutto richiede il contemporaneo coinvolgimento attivo e coordinato di istituzioni, imprese, formazioni sociali, mondo scientifico. L’iniziativa che ha avuto luogo in Roma è da intendesi come luogo di confronto e dibattito che lascia ai Governi e alle Istituzioni internazionali la scelta di sostenere le opzioni ritenute più utili per assicurare la sostenibilità della vita sulla terra, che è un bene comune della Comunità internazionale.
mente rapide alle domande che molti si pongono: Come gestire, le responsabilità interazionali dei disastri e dei delitti ambientali? Quale Diritto applicare in caso di controversie ambientali fra Paesi diversi? Quale valore dare al cosiddetto Diritto Ambientale? A livello europeo, è al 2003 che la Repubblica Francese ipotizza la costituzione di una Agenzia presso le Nazioni Unite che abbia il compito di portare a compimento quanto finora è stato frammentato in Programmi e Convenzioni, Accordi internazionali ed iniziative multilaterali a favore della governance ambientale e che sia in grado di superare i nazionalismi, le divergenze procedurali e burocratiche, le a-sincronie procedurali e giurisprudenziali, pur nel rispetto delle singole sovranità nazionali. Il dibattito è ancora aperto, stimolato vieppiù dal fallimento dei negoziati
proposti all’interno della recente Conferenza sul Clima di Copenhagen, in previsione del prossimo appuntamento mondiale “Rio + 20” del 2012. A tutte queste domande, e alla necessità di promuovere un dibattito assolutamente non viziato da ideologie politiche, ma anzi, squisitamente scientifico, si è tentato di rispondere durante la due giorni dell’ICEF, attraverso una serie di Tavole rotonde e dibattiti promossi all’interno delle 7 Sessioni di lavoro: - La necessita e l’urgenza della governance per le sfide globali dell’ambiente; - La governance ambientale e l’effettività del diritto internazionale dell’ambiente; - Il ruolo delle autorità amministrative nazionali per la governance ambientale; - Esperienze di governance ambientale regionale; - Proposte di riforma dell’attuale si-
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stema di governance internazionale ambientale; - Governance ambientale e accesso alla giustizia; - Promuovere la governance ambientale globale: la prospettiva della società civile. Ampio spazio, durante lo svolgimento dei lavori, è stato dato ai rappresentanti delle Corti internazionali esistenti: Corte di Giustizia delle Comunità Europee; Corte Permanente di arbitrato dell’Aja; Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja; Tribunale Internazionale del Diritto del Mare. Al termine dei lavori, è stata stilata una Raccomandazione finale che ha riassunto le principali indicazioni emerse dalla Conferenza e che non riveste carattere politico, ma solo di indicazione per l’attuazione di un auspicabile progetto di governance.
Pisa, 1-3 luglio
GREEN CITY ENERGY: IL FUTURO RINNOVABILE DELLE NOSTRE CITTÀ Come saranno le nostre città del futuro? Cosa si intende per “città verdi”? Quali sono gli esempi nel mondo cui ispirarsi? Come si possono coniugare fonti rinnovabili e mobilità urbana nel rispetto dell’ambiente? A quando una rete elettrica “intelligente” diffusa in più Paesi? Sono queste alcune delle domande a cui scienziati, politici, decision-makers e rappresentanti delle città più all’avanguardia a livello europeo daranno una risposta durante la I Edizione di Green City Energy: Forum internazionale dedicato alle nuove energie per lo sviluppo competitivo e sostenibile della città (www.greencityenergy.it) che avrà luogo a Palazzo dei Congressi di Pisa i prossimi 1-2 e 3 luglio. L’evento ha già avuto un prologo lo scorso dicembre con una conferenza strategica cui hanno partecipato numerosi Professionisti della Pubblica Amministrazione, Responsabili della progettazione del territorio e Aziende leader nel campo delle energie. Decine di relatori dall’Italia e dall’Europa hanno illustrato, alla presenza di duecentocinquanta visitatori, le esperienze più avanzate in tema di energie a servizio della città. Green economy, smart grids, nuovi regolamenti edilizi, geotermia, fotovoltaico ed eolico sono solo alcuni dei temi affrontati. L’appuntamento dei prossimi 1-2 e 3 luglio avrà il suo asse portante in tre elementi fortemente integrati: Convegni di profilo internazionale, Workshop tematici rivolti a tutti i principali decisori (Enti nazionali/regionali o locali), Aziende, Associazioni e Professionisti che operano nel settore delle Utilities e dell’Innovazione Tecnologica e Ambientale, e il “Salotto della Green Energy”, mirato a presentare progetti, soluzioni e servizi rivolti ai contesti urbani, proposti dalle aziende e dai fornitori maggiormente qualificati del settore. I Convegni internazionali, cui è prevista la partecipazione di decine di scienziati, politici, decision-markers e rappresentanti delle città europee più all’avanguardia, affronteranno numerosi temi dedicati allo sviluppo delle città sempre più “green”. Nel dettaglio, la sessione istituzionale di apertura tratterà il tema delle “Green City in Europa”, passando dal confronto internazionale sui piani e progetti per lo sviluppo di una città rinnovabile ad impatto zero per arrivare alle nuove opportunità promosse dall’Unione Europea. Si svolgerà in tre sessioni il Convegno “La città che produce energia”, che intende avviare una riflessione su come favorire una riprogettazione e riorganizzazione dei sistemi di approvvigionamento energetico della città basati anche sulla diffusione delle energie rinnovabili (previsti focus su fotovoltaico e minieolico, geotermia e biomasse). Il tema della “Green City che risparmia energia” sarà affrontato in un Convegno, partendo dal presupposto che per accrescere la propria autonomia energetica le comunità urbane
e i territori non stanno solo puntando su un’estesa e sistematica applicazione delle energie rinnovabili, ma anche sul recepimento e l’utilizzo dei principi base dell’efficienza energetica. La mobilità elettrica nelle città rappresenta senza dubbio il futuro: durante Green City Energy verranno presentate alcune esperienze innovative promosse da città europee e sarà approfondito il progetto “e-mobility Italia” che verrà avviato a Pisa a partire da settembre 2010. Nella “tre giorni” pisana verranno inoltre presentate alcune esperienze innovative promosse dalle principali città europee sull’uso di carburanti ecologici per le flotte di trasporto pubblico o altri servizi di pubblica utilità (trasporto rifiuti) e verranno proposte nuove prospettive di sviluppo delle varie soluzioni sperimentate, con particolare riferimento ai biocarburanti (biodiesel) e all’idrogeno. Green City Energy, si concluderà con la sessione istituzionale di chiusura “Nuove energie per lo sviluppo della green economy”: un percorso di riflessione sulla correlazione tra policy di sviluppo della città, basate sul rinnovamento dell’assetto urbano e del sistema di trasporto, opportunità di crescita di nuova occupazione e sviluppo imprenditoriale nel settore delle tecnologie verdi.
Carlo Silva, Presidente di ClickUtility Srl
Il Forum è stato ideato e organizzato da ClickUtility Srl, Società di marketing e consulenza con sedi a Genova e Bologna, che vanta anche la realizzazione, con la collaborazione di Columbia Group, di “MobilityTech - Forum internazionale sull’innovazione tecnologica per la mobilità e trasporto pubblico” (la cui quinta edizione è in programma a Milano i prossimi 18-19 ottobre www.mobilitytech.it) e di “Port&ShippingTech - Forum internazionale sull’innovazione
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tecnologica per lo sviluppo competitivo e sostenibile del sistema logistico - portuale e dello shipping” (la cui seconda edizione è in programma a Genova i prossimi 22 e 23 novembre www.shippingtech.it). Eventi che hanno ottenuto un fortissimo riscontro a livello nazionale, aggregando in totale più di 200 relatori, circa 100 sponsor e più di 2000 partecipanti. Il Forum sta riscuotendo l’interesse delle più importanti aziende del settore: “ENEL sarà Green Sponsor dell’iniziativa, Toscana Energia ed ENI saranno Main Sponsor - sottolinea Carlo Silva, Presidente di ClickUtility Srl - La presenza dei principali player nazionali dell’energia, che stanno realizzando progetti di di ricerca ed investimenti rilevanti su tutte le principali filiere dell’energia rinnovabile (dal fotovoltaico, all’eolico, dalla geotermie alla biomasse), costituisce per noi un forte riconoscimento dell’alto profilo della manifestazione”. La scelta di Pisa non è stata casuale. Si tratta di una città attenta al risparmio energetico e alla produzione di energia pulita. Nel suo territorio hanno sede il Centro per le Ricerche di ENEL, diversi poli d’eccellenza per gli Studi universitari
per il risparmio energetico: uno dei più avanzati tra quelli in vigore in Italia. “La nostra città, inoltre, vanta anche la disponibilità di una risorsa naturale endogena come la geotermia con cui viene coperto il 25% del fabbisogno energetico della Toscana ribadisce Marco Filippeschi, Sindaco di Pisa - Per tutti questi motivi abbiamo subito accettato di ospitare un evento di questo tipo”. Pisa, quindi, si candida come la sede permanente per un’iniziativa di questo genere, in cui si intende mettere a confronto diverse esperienze e presentare progetti innovativi, andando così a confrontarsi con le altre città italiane ed europee che stanno sviluppando questo tipo di concetto in modo esponenziale. Seguendo la sua filosofia “verde”, Green City Energy aderisce a Impatto Zero®: l’innovativo progetto italiano ideato nel 2001 che calcola, riduce e compensa le emissioni di CO2 generate dalle attività di persone, eventi, prodotti e aziende con la creazione e la tutela di nuove foreste, in Italia e nel mondo, in grado di riassorbirle. Le emissioni di anidride carbonica generate per la realizzazione di Green City Energy sono state compensate
Andrea Pieroni, Presidente della Provincia di Pisa e Marco Filippeschi, Sindaco di Pisa
e la Ricerca scientifica e tecnologica. Nella città toscana sono, inoltre, in fase di studio e in corso di realizzazione alcuni progetti di innovazione tecnologica ed energetica sostenibili, tra cui il Progetto Idrogeno, il Progetto del Parco Fotovoltaico lungo il canale Navicelli (Progetto APEA) e il Progetto Smart Grid per la produzione e l’uso intelligente dell’energia. Il Comune di Pisa, in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria, ha inoltre approvato un nuovo regolamento edilizio
con la creazione di nuove foreste. A garantire l’intero processo di Impatto Zero® è Bios, ente certificatore riconosciuto dalla Unione Europea. Green City Energy è promosso da Regione Toscana, Comune di Pisa e Provincia di Pisa, patrocinato dalla Commissione Europea e dal Ministero dello Sviluppo Economico ed è realizzato in collaborazione con Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Pisa, ISIS, Green Value Srl e CISPEL Confservizi Toscana.
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IL COMPOSTAGGIO IN SICILIA Obiettivi conseguiti e sviluppi futuri
di Dario Cordone
Lo scorso 30 Aprile si è svolto a Menfi in provincia di Agrigento il Convegno dal titolo “Il compostaggio in Sicilia”. Il seminario di approfondimento tecnico/ normativo patrocinato dall’Assessorato Energia e Servizi di Pubblica Utilità della Regione Siciliana, dal Consorzio Italiano Compostatori (CIC), dalle Aziende So.Ge.I.R., Eurovix, Novamont ed Entsorga, è stato ospitato presso i locali della C.A.D.A. del dott. Filippo Giglio. L’evento ha visto la numerosa partecipazione dei dipartimenti provinciali dell’ARPA Sicilia e di vari rappresentanti degli ATO rifiuti, dei rappresentanti di alcuni Comuni siciliani, di gestori di impianti di rifiuti, di alcune società di servizi ambientali e di liberi professionisti. La giornata di studio sul compostaggio si inserisce all’interno di una fase della complessiva “gestione dei rifiuti” in Sicilia certamente dinamica in quanto caratterizzata: - dalla revisione del piano di gestione regionale non più individuato come praticabile sia dalla “pubblica opinione” che dalla classe “politica” di governo; - dalla ricerca di nuove vie di “gestione dei rifiuti” che, partendo dal loro “riciclo”, risultino più vantaggiose economicamente e determinino minori costi in termini di “impatto ambientale” indotto; - dall’avvio, ancorché molto timido e denso di difficoltà operative, di nuovi percorsi gestionali che si muovono nella direzione di una modifica radicale dei pregressi indirizzi tutti imperniati sulla “termovalorizzazione” del 40% dei complessivi rifiuti urbani prodotti in Sicilia.
L’importanza che riveste il compostaggio è sapere che della totalità dei rifiuti solidi urbani prodotti nell’isola, ben il 40/50% è costituito dalla cosiddetta frazione umida cioè dalla frazione organica biodegradabile sia aerobicamente che anaerobicamente. Gli aspetti economici ed ambientali relativi alla frazione organica sono collegati alle problematiche relative al suo trattamento, recupero e/o smaltimento. Attualmente in Sicilia detta frazione organica è quasi interamente smaltita in discarica eccezion fatta di una piccola quota parte di poche unità percentuali (del complessivo 12% posto come obiettivo del vigente Piano Regionale) avviata a compostaggio. Di seguito gli aspetti negativi che derivano dal conferimento in discarica della frazione organica, così come sintetizzati durante il Seminari: - La formazione del percolato con marcata concentrazione di specie organiche ed inorganiche. - Gli elevati quanto certi fattori di rischio ambientale a lungo termine dovuti alla tenuta strutturale stessa delle barriere di contenimento dei rifiuti rispetto alle sottostanti matrici ambientali da tutelare (suolo, sottosuolo, acque sotterranee, ecc.) - La produzione di significative quantità di gas serra (metano) tenuto conto che, nella migliore delle ipotesi, i sistemi di captazione del biogas in una discarica, ancorché efficaci, determinano la perdita per diffusione di almeno il 40/50% del complessivo biogas prodotto dalla digestione della frazione organica dei rifiuti.
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- Il significativo e certo spreco di risorse in termini di recupero di materia (frazione organica dei rifiuti solidi urbani) che di contro potrebbero essere, previo trattamento rese fruibili per il loro riuso come ammendante organico nei suoli siciliani. Di contro, un radicale quanto virtuoso ribaltamento del precedente percorso incentrato sullo smaltimento in discarica è quello che vede come centrale il recupero di materia operata a valle di un efficiente processo di raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Questo percorso è in grado di dar luogo a positività quali: - la possibilità concreta di poter ottemperare agli obiettivi obbligatori di riduzione dei RUB (Rifiuti Urbani Biodegradabili) da smaltire in discarica (50% - max 115 Kg/ab anno entro il 2011 e 65% - max 81 Kg/ab anno entro il 2018); - il concreto affermarsi della virtuosa gerarchia di gestione dei rifiuti che vede come primo punto il recupero di materia (compostaggio e/o biostabilizzazione), seguito dal recupero di energia (utilizzo del biogas e/o termovalorizzazione) e successivamente, per le sole frazioni residuali, lo “smaltimento” in discarica controllata. Alla luce di questi aspetti, il Seminario ha cercato anche di evidenziare quali siano le criticità di esercizio da affrontare in un Tavolo tecnico che interloquisca con l’Assessorato Energia e Servizi di Pubblica Utilità, di concerto con i rappresentanti degli impianti di compostaggio. In particolare ci si è
soffermati su: - la gestione e l’eventuale trattamento delle acque reflue prodotte; la univoca caratterizzazione dei rifiuti prodotti dall’impianto ed i relativi flussi di avvio a recupero/smaltimento; - la uniforme gestione dei necessari monitoraggi delle matrici ambientali (aria, suolo, acque, ecc..) necessari ad ottemperare pienamente alle specifiche prescrizioni autorizzatorie; - la condivisa classificazione dell’ammendante compostato misto ottenuto al fine di poterlo immettere nelle filiere di appropriata commercializzazione; - le necessarie attività formative e/o informative per sensibilizzare i singoli utenti, le associazioni di categoria, le cooperative agricole al conferimento di sfalci di potatura presso gli impianti; - le altrettanto necessarie attività atte a sensibilizzare le singole aziende agricole verso l’utilizzo del compost come ammendante da inserire nelle usuali pratiche agronomiche di concimazione del suolo agrario; - gli uniformi indirizzi atti a poter definire specifici iter procedurali interni ai singoli impianti per ottenere certificazioni ambientali e/o di prodotto. Questi sono percorsi tutti auspicabili per garantire un futuro esercizio e il consequenziale potenziamento delle attività di recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani prodotti in Sicilia.
Fra gli interventi che si sono succeduti durante la giornata, ricordiamo quello relativo ai “programmi di potenziamento della bioconversione dei rifiuti organici da raccolta differenziata dell’ATO AG1” effettuato dal dott. Vincenzo Marinello. Di alcune “esperienze di esercizio” ha parlato il dott. Vito Digeronimo Presidente di Kalat Ambiente S.p.A. che ha concluso sottolineando che l’impianto in oggetto è strumento essenziale per l’incremento delle raccolte differenziate; inoltre il compost prodotto serve alla lotta contro la desertificazione e l’impoverimento dei suoli, nonché a mitigare le emissioni di CO2 in atmosfera, e a coadiuvare, in chiave green, le pratiche agricole ed attività industriali legate all’agricoltura. Di seguito l’intervento del dottor Giorgio D’Angelo dell’Agenzia Regionale Rifiuti e Acque Sicilia che ha fatto una panoramica degli impianti di compostaggio presenti in Sicilia parlando sia di quelli in esercizio sia di quelli in fase di collaudo che di quelli in costruzione. “Gli aspetti di gestione del processo di compostaggio” sono stati trattati dal dott. Giorgio Rustichelli, membro del Comitato Tecnico del Consorzio Italiano Compostatori. L’ingegnere Massimiliano Il Grande, anch’egli membro del Comitato Tecnico del CIC ha parlato del “Controllo degli impatti ambientali” di un impianto di compostaggio quali Rumore, Paesaggio, Acqua, Suolo, Aria (inquinanti chimici, inquinanti biologici, odore).
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Del “Potenziamento Impianti di Compostaggio mediante digestione anaerobica” ha parlato l’ingegner Simone Paoli tecnico progettista della Ladurner Ambiente. La dottoressa Stefania Miranda, Responsabile qualità e marketing dell’Entsorga Italia S.p.A. ha argomentato su “Tecniche e tecnologie di compostaggio e biostabilizzazione”. Si è discusso anche dei “Primi risultati di monitoraggio di impianti operanti nel territorio siciliano” con l’intervento del dottor Filippo Gandolfo, responsabile Monitoraggi e Controlli C.A.D.A. Infine l’ing. Luca Castiglioni, coordinatore Area Tecnica C.A.D.A. ha presentato “l’applicazione di un Sistema Integrato Qualità/Ambiente ad un impianto di compostaggio”. Tirando le somme della giornata di lavori, i convenuti si sono trovati d’accordo nel rimarcare quanto sia urgente un cambio di prospettiva nei confronti della frazione organica derivante dalla gestione dei RSU, la quale, da problema (in quanto precursore del percolato in discarica e causa di emissioni maleodoranti), deve necessariamente diventare risorsa con recupero di materia. L’obiettivo, anche in Sicilia, è quindi quello di evitare che nell’immediato futuro, la frazione organica continui a finire in discarica; è opportuno, all’uopo, incentivare la raccolta differenziata per un successivo corretto recupero e riciclo dei rifiuti solidi urbani.
INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Diffuso il Rapporto “Rifiuti Urbani 2009” dell’ISPRA
RIFIUTI IN CALO, MA TROPPI FINISCONO IN DISCARICA
Mancano i dati sui Rifiuti Speciali
È stato presentato a Roma il 28 aprile 2010 il “Rapporto Rifiuti Urbani 2009”, realizzato dall’ ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che ha messo in evidenza, tra l’altro, per la prima volta dal 1996, una contrazione dell’0,2% nella produzione di rifiuti urbani nel nostro Paese, attestandosi nel 2008 (anno di riferimento del Rapporto) a 32,5 milioni di tonnellate. Calano soprattutto nel Mezzogiorno (-2,2% tra il 2007 ed il 2008), molto meno nel Centro (-0,7% circa), mentre al Nord il dato appare in controtendenza (+1,5%). La diminuzione può essere legata a diversi fattori: si è rilevata negli anni una correlazione, più meno evidente, tra produzione di rifiuti urbani e gli indicatori socio economici come il PIL e la spesa delle famiglie. Quest’ultima, nel 2008, si è effettivamente ridotta dell’1% a causa della crisi economica. Si registra un calo anche nella produzione di rifiuti pro capite che fa seguito alla diminuzione già segnalata tra il 2006 ed il 2007: 541 Kg/abitante per anno, erano 546 Kg/abitante per anno nel 2007 e 550 Kg/abitante per anno nel 2006. Il fenomeno in questo caso potrebbe essere legato anche ad un aumento della popolazione residente, che ha fatto diminuire, di conseguenza, il valore pro capite di produzione dei rifiuti. Tra 2006 ed 2008 i residenti in tutte le regioni italiane sono cresciuti di oltre 910 mila unità, di cui oltre la metà (550 mila) attribuibili al solo Nord. Se si tiene conto, tuttavia, che alcune regioni del Nord Italia nel 2008 hanno però aumentato la produzione di rifiuti pro capite, la dinamica demografica, quindi, non spiega da sola la riduzione. In Lombardia si sono prodotti 515 Kg/ab. all’anno nel 2008, rispetto ai 512 Kg del 2007; in Trentino-Alto Adige 496 Kg/ ab. (486 nel 2007); in Veneto 494 Kg/ab. (491 nel 2007); in Liguria 612 Kg/ab. (610 nel 2007); in Emilia-Romagna 680 Kg/ab. (673 nel 2007). A livello regionale i valori di produzione pro capite più elevati si osservano per la Toscana, con oltre 686 Kg per abitante per anno, seguita da Emilia-Romagna con 680 Kg e Umbria con 613 Kg. Va sottolineato, però, che in Toscana ed Umbria si osserva un progressivo calo già a partire dal 2006, anno in cui la produzione pro capite si attestava, rispettivamente, a 704 Kg/ab. e 647 Kg/ab. I valori di produzione pro capite più bassi in Italia si riscontrano, nel 2008, in quattro regioni del Sud: Basilicata (386 Kg/ab.), Molise (420 Kg/ab.), Calabria (459 Kg/ab.) e Campania (468 Kg/ab.). Continua il trend di crescita della raccolta differenziata anche nel 2008, che raggiunge il 30,6% della produzione totale dei rifiuti urbani, mentre nel 2007 si assestava al 27,5% circa. Tuttavia, non viene ancora conseguito l’obiettivo fissato dalla normativa per il 31 dicembre 2008 (45%).
La situazione appare notevolmente diversificata nelle tre macroaree geografiche. Mentre il Nord, con una percentuale pari al 45,5%, supera l’obiettivo fissato dalla normativa, il Centro, con il 22,9% ed il Sud, con il 14,7%, risultano ancora decisamente lontani da tale target. A livello regionale sono Trentino-Alto Adige e Veneto le regioni con le più alte percentuali di raccolta differenziata, pari rispettivamente al 56,8% e 52,9%. Tra le regioni del Nord, quelle che nell’ultimo anno fanno registrare i maggiori progressi sono l’Emilia-Romagna (+5,7%) e il Friuli Venezia Giulia (+4,9%) che si attestano a percentuali di raccolta pari, rispettivamente, al 42,7% e 42,6%. Per quanto riguarda il Centro, la Toscana fa registrare il miglior tasso di raccolta differenziata, pari al 33,6%, mentre le Marche hanno il primato della miglior performance fra le regioni del centro Italia (+5,3%). Il peggior risultato spetta al Lazio (12,9% di raccolta differenziata). Al Sud, la regione Sardegna fa registrare un consistente progresso, toccando nel 2008 la quota del 34,7% e conquistando il primato della regione che ha segnato il miglior progresso in Italia (6,9% in più rispetto al 2007). Crescita rilevante anche in Campania (+5,5% tra 2007 e 2008), dove sono soprattutto le provincie di Avellino (36,9%) e Salerno (33,3%) a tenere alta la media regionale, a fronte delle problematiche connesse alle condizioni emergenziali ancora presenti nelle province di Napoli e Caserta (rispettivamente al 14,8% ed all’11,5%). Tra le città con più di 150 mila abitanti, è ancora Reggio Emilia con il, 47,3% che fa registrare la più elevata percentuale di raccolta differenziata. Superano la soglia del 40% anche Ravenna (43,8%), Parma (43,2%), Modena (42,2%), Torino (40,7%), Padova (40,6%) e Brescia (40,3%). Sono comunque 15 le città italiane a superare la soglia del 30% di differenziata nel 2008 (erano 12 nel 2007) e tra queste ci sono due delle quattro maggiori città italiane, ovvero Torino e Milano. Roma migliora di poco arrivando al 17,4% (16,9% nel 2007), mentre Napoli fa rilevare un calo, attestandosi al 9,6% (era all’11,5% nel 2007). Tra le città del Sud, in crescita, seppur ancora contenute, appaiono le percentuali di raccolta di Cagliari (dall’11,3% del 2007 al 17,8% del 2008), Bari (dal 12,1% al 16,8%) e Foggia (dall’8,6% al 12,5%), mentre per gli altri centri (Catania, Palermo, Taranto e Messina) si osservano, ancora, tassi di raccolta decisamente bassi, ben al di sotto del 10%. Il conferimento in discarica si conferma la forma più diffusa di smaltimento dei rifiuti urbani, nonostante sia l’opzione meno adeguata dal punto di vista ambientale. Nel 2008 vi sono state inviate 16 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 45% circa di quelli complessivamente gestiti. Si nota, comunque, una riduzione rispetto al 2007 (-930 mila tonnellate, pari al
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-5,5%). La diminuzione è dovuta soprattutto al Sud con -9% e al Nord con -7%. Il Centro, al contrario, ha aumentato di 75 mila tonnellate la quota inviata in discarica (+1,5%). Nel computo dello smaltimento non possono non essere considerate anche le cosiddette “ecoballe” stoccate in Campania. Difatti, quando le forme di stoccaggio d’emergenza vengono prolungate, diventano a tutti gli effetti forme di smaltimento in discarica. Questi siti hanno accolto annualmente, a partire dall’anno 2002, quote rilevanti di rifiuti, sfiorando alla fine del 2008 i 6 milioni di tonnellate. Successivamente, a seguito degli interventi effettuati dal Governo, lo stoccaggio ha cominciato a diminuire. La regione Lombardia, mantiene il primato virtuoso di regione che smaltisce in discarica la percentuale inferiore di rifiuti urbani prodotti, pari all’8% del totale, facendo registrare ancora un miglioramento (-14%) rispetto al 2007. Ottimi risultati anche in Friuli-Venezia Giulia, con una quota smaltita pari al 16% della produzione, in Veneto (22% di smaltimento) ed in Trentino-Alto Adige (36%) dove le percentuali di raccolta differenziata raggiungono elevati livelli. Miglioramenti si osservano in Sardegna, dove lo smaltimento in discarica passa dal 58% del 2007 al 52% del 2008: risultato dovuto in gran parte ai progressi fatti registrare in termini di raccolta differenziata. In termini assoluti, il Lazio si conferma la regione che smaltisce in discarica la quantità maggiore di rifiuti, oltre 2 milioni e 800 mila tonnellate, corrispondenti all’86% dei rifiuti prodotti. Il solo Comune di Roma ne manda quasi 1,5 milioni. Elevate percentuali di smaltimento in discarica si rilevano, anche, in Molise (90%), Sicilia (89%) e Puglia (80%). Tra le operazioni di recupero, cresce il compostaggio dei rifiuti da matrici selezionate, sia nella quantità sia nel numero di impianti presenti sul territorio. Complessivamente, nel 2008, risultano operativi 229 impianti di cui, 154 localizzati nelle regioni del Nord, 38 al Centro e 37 al Sud. Il compostaggio ha interessato un quantitativo di rifiuti urbani pari a circa 2,7 milioni di tonnellate ed è aumentato del 12% rispetto al 2007. L’aumento si registra in tutte le aree del Paese ed è particolarmente rilevante nelle regioni del Sud: +46,5% rispetto al 2007, soprattutto in Molise, Puglia e Sardegna. Minori sono gli incrementi percentuali per il Nord (7,9%) ed il Centro (11,5%). In costante evoluzione anche la digestione anaerobica: tra il 2007 e il 2008 è raddoppiata la quantità di rifiuti avviati al trattamento, che sono passati da 231 mila a 439 mila tonnellate. I rifiuti urbani e il CDR avviati ad incenerimento nel 2008 sono 4,1 milioni di tonnellate (il 12,7% di quelli prodotti). Sono 49 gli impianti presenti sul territorio, 28 dei quali al Nord. I 45 impianti operativi che hanno recuperato energia, hanno prodotto circa 3,1 milioni di MWhe di energia elettrica
e 937 MWht di energia termica. Relativamente ai costi di gestione (i dati si riferiscono al 2007) gli italiani hanno sborsato 131,5 euro a persona. I grandi comuni con più di 50 mila abitanti pagano di più, circa 152 euro pro capite, mentre i piccoli centri al di sotto dei 5 mila abitanti spendono mediamente 96 euro a persona. In media la spesa per gestire i rifiuti urbani è cresciuta del 2,8% rispetto al 2006. La ripartizione dei costi è la seguente: il 46% è imputabile alla gestione dei rifiuti indifferenziati; il 19,1% alla gestione delle raccolte differenziate; il 15% allo spazzamento e lavaggio delle strade e la rimanente percentuale (circa il 20) ai costi generali del servizio. I costi specifici diretti di gestione per Kg di rifiuto ammontano a 16,49 euro/Kg per la gestione dei rifiuti indifferenziati ed a 13,65 euro/Kg per la gestione della frazione differenziata, di poco superiori ai valori calcolati per il 2006, in cui ammontavano rispettivamente a 16,04 e 13,01 eurocentesimi/ Kg. Nel 2009 il numero di comuni che applicano la tariffa di igiene ambientale (TIA) è pari a 1.197 (14,8% del totale) che in termini di popolazione corrisponde a circa il 29%. Diminuisce di poco, nel 2008, la quantità di rifiuti di imballaggio avviata complessivamente a recupero: -0,7%, per un totale di 8,3 milioni di tonnellate. Relativamente al recupero dei singoli materiali, tra il 2007 ed il 2008, si registra un incremento per vetro (+6,7%), carta (+2,4%) e plastica (+0,4%) ed una diminuzione per legno (-12,7%), acciaio (-4,3%) e alluminio (-2,8%). Gli imballaggi cellulosici sono in assoluto i più recuperati perché rappresentano il 44% circa del totale. Rispetto al totale degli imballaggi immessi al consumo, nel 2008 ne è stato recuperato il 69%, superando ampiamente, a livello nazionale, l’obiettivo del 60%, fissato dalla legislazione del 31 dicembre 2008. In questa edizione del Rapporto Rifiuti dell’ISPRA mancano i dati relativi ai rifiuti speciali che hanno un “peso” ben superiore ai rifiuti urbani in termini di ambiente e salute, sia perché vi sono compresi quelli pericolosi sia perché la loro quantità viene valutata tripla-quadrupla rispetto agli urbani. Nelle precedenti edizioni si era già osservato che la loro gestione è risultata, in termini quantitativi, assai inferiore alla loro produzione, avvalorando l’ipotesi che la criminalità organizzata ne “gestisca” una buona fetta. C’è da aggiungere, poi, che i dati dei rifiuti speciali si riferivano a quelli dell’anno precedente, rispetto agli urbani e pertanto, il Rapporto avrebbe dovuto contenere quelli relativi al 2007, dei quali, ovviamente, si dovrà attendere ancora per conoscerli.
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Presentato Studio promosso da CiAl realizzato da Politecnico di Milano
ALLUMINIO: DA RECUPERO E RICICLAGGIO GRANDI BENEFICI AMBIENTALI Con trattamento delle scorie di combustione si ottiene fino al 70% del metallo
L’alluminio è uno dei metalli più duttili, tanto che non vi sono altri elementi naturali in grado di costituire un numero così elevato di leghe. Tutti i segmenti dell’economia mondiale usano l’alluminio per la sua leggerezza, durata e resistenza, qualità che ne permettono l’impiego per la fabbricazione di vari prodotti: - Trasporti (ogni tipo di trasporto, aereo compreso); - Imballaggi (lattine, contenitori e pellicole per alimenti, ecc.); - Costruzioni (finestre, porte, facciate,
elementi strutturali); - Beni di consumo durevoli (elettrodomestici, utensili da cucina, ecc.); - Linee di trasmissione elettrica; - Macchinari e Strumenti medicali. Per la sua importanza strategica occorre gestire tale risorsa in modo sostenibile, anche al fine di garantire alle future generazioni il benessere di cui hanno goduto le precedenti. L’alluminio è una banca di energia: l’originale input di energia può essere massimizzato attraverso il riciclaggio che permette di far risparmiare, oltre
Una scena dello spettacolo “The Aluminium Show”, ideato dal coreografo israeliano Ilan Azriel, dove viene utilizzato per la sua duttilità e creatività l’alluminio riciclato
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la risorsa minerale, energia e ridurre le emissioni in atmosfera. Se si pensa che, rispetto alla produzione primaria, con l’alluminio riciclato si utilizza solo il 5% di energia e, quindi, si producono solo il 5% delle emissioni, si può ben comprendere come il suo recupero costituisca un’attività economicamente redditizia ed ambientalmente fondamentale. Se l’alluminio da raccolta differenziata costituisce la soluzione migliore e consolidata di recupero di tale metal-
lo, tecnologie e processi di trattamento delle scorie di combustione dei rifiuti urbani permetteranno di qui a pochi anni di recuperare fino al 70% dell’alluminio contenuto nei rifiuti urbani avviati a incenerimento, qualcosa come circa 19.000 t nel 2015 e 23.500 t nel 2020. La pratica del recupero di materiali dalle scorie risulta essere particolar-
mente vantaggiosa sia dal punto di vista energetico che dell’indicatore di riscaldamento globale con un contributo determinante da parte dei metalli. Il recupero di alluminio e altri metalli, e ancor più di inerti, in luogo dello smaltimento in discarica delle scorie stimate, consentirà di realizzare un risparmio di circa 155.000 tep (tonnellate equivalente petrolio) nel 2015 e di oltre
Fonte: DIIAR - Politecnico Milano
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170.000 tep nel 2020; mentre le emissioni di gas serra evitate saranno pari a circa 400mila t di CO2 eq. nel 2015 e a 440mila t di CO2 eq. nel 2020. Sono questi i principali risultati dello Studio “Separazione e recupero dei metalli e valorizzazione delle scorie di combustione dei rifiuti urbani”, presentato a Milano il 4 maggio 2010 e realizzato dal DIIAR - Sezione ambientale del Politecnico di Milano con la collaborazione di Federambiente (Federazione Italiana Servizi Pubblici di Igiene Ambientale), per conto di CiAl (Consorzio Imballaggi Alluminio). Dopo la presentazione dello studio da parte di Mario Grosso del Politecnico di Milano, Jan Manders, vice Presidente di Cewep (Associazione europea delle aziende che gestiscono impianti di incenerimento) e François Pruvost in rappresentanza di EAA (European Aluminium Association) hanno portato i risultati di uno studio e delle esperienze a livello europeo che dimostra come l’Italia sia oggi perfettamente allineata ai migliori standard internazionali nei sistemi di gestione integrata. Lo Studio del DIIAR, infatti, oltre a delineare gli scenari presenti e futuri, fornisce un contributo importante all’evoluzione del quadro legislativo,
Fonte: DIIAR - Politecnico Milano
coerente con schemi e procedure in grado di garantire una rapida evoluzione di moderni sistemi di gestione dei rifiuti al passo con i principali Paesi europei. “Zero discarica, 100% recupero è lo slogan coniato da CiAl - ha dichiarato il Direttore generale del Consorzio, Gino Schiona - che ben sintetizza la visione di un sistema di gestione integrata dei rifiuti urbani in grado di minimizzare, se non addirittura eliminare, lo smaltimento in discarica al termine dei vari processi di raccolta, trattamento, recupero e riciclaggio, valorizzando, quindi, anche le scorie post combustione che ancora oggi vanno a finire in discarica”. Nel suo intervento, Schiona ha evidenziato i benefici ambientali, sociali, economici, energetici derivanti dalla separazione e dal recupero dei metalli e della valorizzazione delle scorie di combustione dei rifiuti urbani (vedi Box). Per Gianluca Cencia, Direttore generale di Federambiente “Lo studio rappresenta un importante passo avanti sulla strada della chiusura del ciclo del recupero di energia dai rifiuti urbani. Le importanti quantità di alluminio e altri metalli, e ancor più d’inerti, che possono essere sottratte alle scorie di
combustione e avviate a nuovo utilizzo possono consentire di realizzare consistenti risparmi di materie prime permettendo, al tempo stesso, d’azze-
rare o quasi il ricorso alla discarica per lo smaltimento finale delle scorie stesse”.
I benefici ambientali, sociali, economici, energetici della separazione e recupero dei metalli e della valorizzazione delle scorie di combustione dei rifiuti urbani La nuova e rivoluzionaria modalità di recupero dell’alluminio si affianca ad altre opzioni ormai consolidate: alla raccolta differenziata, che attualmente prevede due principali modalità di gestione, diversamente diffuse sul territorio nazionale (multimateriale pesante vetro+alluminio e multimateriale leggera plastica+alluminio), alla captazione dell’alluminioda impianti di trattamento dei rifiuti che residuano a valle della raccolta differenziata e da processi per la produzione di CDR, al recupero di tappi e capsule dagli impianti di lavorazione del vetro, alla valorizzazione tramite recupero energetico delle frazioni sottili incenerite. Si tratta di risultati molto importanti che CiAl ha perseguito negli ultimi anni con determinazione allo scopo di garantire al sistema di gestione dei rifiuti urbani e al sistema industriale crescenti vantaggi e benefici in termini sia economici sia ambientali: • ottimizzazione dei sistemi di gestione integrata dei rifiuti urbani in contesti diversificati e in ambiti territoriali ottimali; • riduzione dei quantitativi di materiale avviato in discarica e conseguente beneficio economico e territoriale dovuto al mancato smaltimento; • corrispettivi economici da CiAl per la selezione e il conferimento dell’alluminio; • benefici economici indotti anche a vantaggio di frazioni merceologiche diverse dall’alluminio; • facilitazione delle fasi di recupero e riciclaggio delle altre frazioni metalliche; • salvaguardia del territorio grazie all’evitato ricorso all’escavazione; • salvaguardia delle risorse naturali grazie ai crescenti quantitativi di materiale recuperato e avviato al riciclaggio; • sviluppo e adozione di tecnologie e processi utili e vantaggiosi anche per altri materiali; • riduzione delle importazioni di rottame dall’estero; • contributo al consolidamento della leadership italiana per quantità d’alluminio riciclate annualmente; • grazie al riciclaggio, risparmio del 95% dei costi energetici necessari a produrre alluminio partendo dalla bauxite; • riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera grazie alle elevate quantità d’alluminio annualmente recuperate e avviate al riciclaggio.
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In Italia, a fine 2008, 393 impianti di trattamento dei rifiuti urbani
RAPPORTO SULLE TECNICHE DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI URBANI IN ITALIA In discarica ancora il 52% dei RSU
Ai fini dell’attuazione in Italia di un sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani in linea con i principi di uno sviluppo sostenibile risulta fondamentale che quantitativi sempre maggiori di rifiuti siano sottratti al circuito dello smaltimento a favore del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero, in modo da confinare ad un ruolo marginale la discarica controllata. Ciò presuppone la disponibilità sul territorio nazionale di un adeguato parco impiantistico che consenta di valorizzare sia le frazioni oggetto di raccolta differenziata, sia i rifiuti urbani indifferenziati che residuano a valle. Presentando a Roma il 12 maggio 2010 il “Rapporto sulle tecniche di trattamento dei rifiuti urbani in Italia” che riassume i risultati di un’indagine conoscitiva condotta congiuntamente da ENEA e Federambiente, con la collaborazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, a cavallo tra il 2008 e il 2009, finalizzata a caratterizzare gli aspetti tecnici di progetto e di esercizio dell’impiantistica di trattamento dei rifiuti urbani presente sul territorio nazionale, l’Ing. Giovanni Lelli, Commissario ENEA, ha evidenziato che “Un’impiantistica di trattamento e recupero dei rifiuti urbani, congruente con una corretta gestione integrata e in linea con la normativa di settore, nonché con gli standard tecnologici adottati in altre realtà dell’Unione Europea, è già una realtà per molte aree del nostro Paese. Un maggiore impulso va ora dato allo sviluppo di tale impiantistica in alcune aree del Centro-Sud”. L’obiettivo principale dell’indagine è stato quello di mettere a disposizione di quanti (istituzioni, operatori, tecnici,
amministrazioni, cittadini ecc.) sono coinvolti o ripongono semplicemente interesse nello specifico settore una serie di informazioni e dati, quanto più esaustivi ed attendibili riguardo alla situazione attuale delle tecniche di trattamento dei rifiuti urbani che vengono adottate in Italia, con particolare riguardo a quelle finalizzate al riciclaggio e al recupero di materia ed energia. Seguendo un approccio ormai consolidato in precedenti indagini, anche in questo caso le attività sono state principalmente indirizzate ad acquisire ed analizzare informazioni e dati tecnici di progetto e di esercizio caratteristici dell’impiantistica nazionale di trattamento dei rifiuti urbani. Finalità questa che esula dagli obiettivi a fronte dei quali l’ISPRA pubblica annualmente il “Rapporto Rifiuti” (cfr. …), nei confronti del quale il Rapporto si pone non in forma alternativa, bensì complementare. Le informazioni e i dati relativi al parco impiantistico nazionale di trattamento dei rifiuti urbani riguardano sia le caratteristiche progettuali (capacità di trattamento, apparecchiature e configurazioni adottate per varie sezioni di pre-trattamento, trattamento e post-trattamento, i sistemi di controllo delle emissioni ecc.), sia le condizioni operative (tipologia e quantitativi dei rifiuti trattati, recuperi effettuati, produzione e gestione dei residui ecc.). Le informazioni e i dati relativi alle caratteristiche progettuali sono aggiornati al 31 dicembre 2008, mentre i dati operativi (quantitativi di rifiuti trattati, recupero di materia ed energia, produzione e gestione dei residui ecc.) sono invece riferiti al 2007.
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L’indagine è stata condotta tramite l’invio, a tutti gli impianti individuati sul territorio nazionale, di appositi questionari integrati, se necessario, con opportune interviste telefoniche e richieste di ulteriori informazioni e/o chiarimenti. È stato deciso di limitare il campo di indagine agli impianti aventi capacità di trattamento superiore alle 1.000 t/a, in considerazione del fatto che, in base alle informazioni ricevute, quelli al di sotto di tale taglia non risultano rappresentativi del parco impiantistico in quanto, anche se a volte abbastanza numerosi, coprono una percentuale molto ridotta in termini di capacità di trattamento, oltre a risultare di non agevole caratterizzazione a causa delle oggettive difficoltà di reperimento di informazioni e di dati tecnici. Per quanto riguarda specificatamente gli impianti di digestione anaerobica sono stati presi in considerazione solo gli impianti che trattano - in maniera esclusiva o come flusso anche non prioritario - rifiuti di origine urbana, tralasciando quelli dedicati esclusivamente al trattamento di altre tipologie di rifiuti quali i fanghi, i reflui zootecnici e/o gli scarti dell’industria agroalimentare. Sulla base dei risultati conseguiti, il numero degli impianti oggetto dell’indagine (“impianti censiti”), nonché la loro capacità complessiva di trattamento, sono quelli riportati nella tabella. È da rilevare che la capacità di trattamento complessiva (riportata solo a titolo informativo sotto la voce “totale”), non risulta direttamente correlabile alla produzione di rifiuti urbani in quanto si tratta di voci non omogenee. Alcuni flussi di rifiuti sono sottoposti a trattamenti successivi “in serie” nello stesso impianto o nello stesso sito o, nella maggioranza dei casi, in impianti diversi, per cui le rispettive capacità di trattamento non sono sommabili. E’ questo, ad esempio, il caso degli impianti di trattamento meccanicobiologico (TMB) che producono combustibile derivato da rifiuti (CDR) o frazione secca (che vanno successivamente a recupero energetico) o che inviano la frazione secca ad un impianto che produce CDR. E’ da ricordare, inoltre, che negli stessi impianti vengono trattati anche rifiuti speciali, come ad esempio nel caso del recupero energetico. Benché i questionari siano stati inviati a tutti i contatti individuati è stato possibile ottenere solo una risposta parziale tramite la ricezione degli stessi opportunamente compilati. Per colmare questa lacuna ed aumentare la rappresentatività del campione esaminato, si è provveduto, per le voci più significative (capacità, stato funzionale, anno di avviamento, sequenza dei trattamenti, dati di esercizio del 2007), ad integrare le informazioni e i dati ricevuti con quelli reperibili da fonti bibliografiche. In tale modo è stato possibile acquisire le informazioni e i dati, che sono stati oggetto delle successive elaborazioni, relativi ad un numero maggiore di impianti i quali hanno portato a definire l’insieme degli “impianti esaminati”. Ciò ha permesso di conseguire, rispetto al totale degli impianti censiti, percentuali di copertura soddisfacenti, sia in termini di numero di impianti, sia di capacità di trattamento, che vanno da un minimo di circa il 55% nel caso del compostaggio fino al 100% per la digestione anaerobica e i trattamenti temici. Entrando in dettaglio, sono stati raccolti ed analizzati le informazioni ed i dati relativi alle seguenti categorie di impianti:
• i trattamenti meccanici post RD; • il compostaggio di frazioni selezionate; • i trattamenti meccanico-biologici; • la digestione anaerobica; • i trattamenti termici. Oltre alle tecnologie di trattamento consolidate, che costituiscono l’ossatura dell’impiantistica di settore, sono state anche brevemente esaminate alcune soluzioni alternative. Di queste si è venuti a conoscenza nel corso dell’indagine, sia tramite incontri con i proponenti, sia a seguito di pressanti iniziative di promozione, alle quali è stata data ampia eco a livello mediatico. Si è cercato di evidenziare le loro potenzialità e i loro limiti, con l’unico intento di fornire un quadro informativo quanto più chiaro e corretto sul piano tecnico, nei limiti determinati dalla quantità e dalla qualità delle informazioni e dei dati di cui si è avuta disponibilità. In particolare, per ciascuna proposta è stata elaborata una scheda che illustra: • le origini e le finalità; • la descrizione della tecnologia; • il grado di sviluppo raggiunto; • alcune considerazioni tecniche. I principali risultati conseguiti possono essere così riassunti: • Per quanto riguarda l’analisi dei trattamenti meccanici post RD, il campione esaminato è risultato piuttosto limitato (33 impianti censiti), a causa delle oggettive difficoltà nell’individuare questa tipologia di impianti sul territorio. Si ritiene tuttavia che esso sia sufficientemente rappresentativo per quanto concerne le tecniche di trattamento adottate le quali risultano, nel complesso, abbastanza standardizzate. Sulla base dei dati relativi agli impianti esaminati (18) è possibile valutare, nel corso del 2007, un recupero di materiali avente una resa media superiore all’85%. • Al 31 dicembre 2008 sono presenti sul territorio nazionale 393 impianti destinati al trattamento di rifiuti urbani, finalizzati al recupero di materia (compostaggio) e di energia (digestione anaerobica, incenerimento con recupero energetico), aventi una capacità nominale complessiva di oltre 27 Mt/a e che nel corso dell’anno 2007 hanno trattato circa 18 milioni di tonnellate di rifiuti. Tale capacità di trattamento non può essere direttamente correlata alla produzione totale in quanto si tratta di voci non omogenee. Infatti, con riferimento ai dati di consuntivo del 2007, a fronte di una produzione totale di rifiuti urbani pari a 32,55 milioni di tonnellate è possibile stimare che il quantitativo di rifiuti urbani trattati - inclusi gli impianti di trattamento meccanico post RD - sia stato pari al massimo a 20,66 milioni di tonnellate (63,5%), per cui almeno 11,89 milioni di tonnellate (36,5%) sono state smaltite direttamente in discarica senza subire nessuna forma di trattamento. A questi vanno sommati i quantitativi di rifiuti pretrattati e i residui di trattamento che fanno sì che l’incidenza della discarica sia ancora pari al 51,9%. • Gli impianti di trattamento di frazioni organiche selezionate per la produzione di compost sono 195, con una capacità complessiva di trattamento pari a circa 5,35
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Mt/a e una capacità media pari a circa 27.000 t/a. Questi impianti sono concentrati soprattutto nel Nord del Paese (122 su 195 con una capacità di trattamento pari a circa il 56% del totale), dove sono inoltre caratterizzati da una taglia inferiore alla media, segno di una maggiore distribuzione sul territorio. Sono stati individuati anche 60 impianti di capacità inferiore alle 1.000 t/a che coprono solo lo 0,8% del totale in termini di capacità di trattamento. Nel corso del 2007 negli impianti di compostaggio sono stati trattati circa 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani con una produzione di circa 930.000 tonnellate di compost. • Gli impianti di TMB, ai fini della separazione seccoumido nonché della produzione di CDR e di frazione organica stabilizzata (FOS), sono 135 per una capacità complessiva di trattamento pari a circa 14,5 Mt/a e una capacità media di circa 108.000 t/a. Detti impianti, contrariamente a quelli di compostaggio, risultano abbastanza ben distribuiti a livello nazionale, con capacità di trattamento pressoché equivalenti al Nord ed al Sud e solo lievemente inferiore al Centro. Anche in questo caso si registra al Nord un numero maggiore di impianti (58 su 135) di taglia mediamente inferiore, a conferma di una maggiore diffusione sul territorio. Nel corso del 2007 negli impianti di TMB sono stati trattati poco più di 10 milioni di tonnellate di rifiuti di cui circa la metà (4,9 milioni di tonnellate trattate in 60 impianti) destinate alla produzione di CDR. La produzione di quest’ultimo è stata pari a circa 1,45 milioni di tonnellate, alla quale vanno associate 1,25 milioni di tonnellate di FOS. • Gli impianti di digestione anaerobica che trattano flussi di rifiuti di origine urbana sono solo 10, corrispondenti a una capacità complessiva di trattamento pari a 477.000 t/a. Di questi, 7 sono localizzati nelle regioni settentrionali e rappresentano oltre l’80% della capacità complessiva. Nel corso del 2007 in questo tipo di impianti sono stati trattati circa 200.000 tonnellate di rifiuti che hanno dato luogo alla produzione di poco meno di 50.000 tonnellate di digestato, oltre a circa 25 GWh di energia elettrica, che costituisce la forma prevalente di recupero energetico. • Gli impianti di trattamento termico sono 53 (di cui 51 operativi e 2 in avviamento nel corso del 2009) tutti costituiti da inceneritori, tranne un gassificatore, per una capacità complessiva di trattamento pari a circa 6,7 Mt/a e una capacità media pari a circa 125.000 t/a. Essi sono concentrati soprattutto al Nord (29 su 53), con una capacità di trattamento pari a circa il 66% del totale. Il recupero energetico viene effettuato nella quasi totalità degli impianti (51 su 53) tramite la produzione di energia elettrica, mentre la produzione di energia termica, effettuata nell’ambito di uno schema di funzionamento cogenerativo, riguarda solo 11 impianti, tutti situati al Nord. Tramite l’esercizio di questi impianti sono stati trattati, nel corso del 2007, 4,45 milioni di tonnellate di rifiuti costituiti principalmente da RUR (59,2%), da flussi da essi derivati (frazione secca, CDR) derivanti da trattamenti di tipo meccanico-biologico (25,1%) e, in misura minore, da rifiuti speciali (15,7%). Dal trattamento termico dei rifiuti sono stati prodotti nel corso del 2007 circa 2.834 GWh di energia elettrica e 757 GWh di energia termica, nonché circa 800.000 tonnellate di scorie, il
cui recupero ha raggiunto una quota superiore al 50%, e circa 220.000 tonnellate di residui dal trattamento dei fumi. L’esame delle tecniche adottate nelle varie tipologie di impianti prese in esame ha mostrato un buon livello di sviluppo, sicuramente in linea con gli indirizzi delineati dai BRefs a livello europeo e dalle linee guida a livello nazionale riguardo alla applicazione delle BAT, ovvero degli standard tecnologici adottati in altre realtà dell’Unione Europea. Il sistema è da considerarsi sicuramente “maturo” nelle regioni settentrionali ove si assiste ad una distribuzione generalizzata e abbastanza capillare delle varie tipologie di impianti di trattamento. Invece nel Centro-Sud appare evidente la carenza di impiantistica di trattamento di recupero energetico e, in misura minore, di compostaggio di frazioni selezionate. Oltre a ciò è da sottolineare che l’impiantistica presente nel Centro-Sud, anche quando non penalizzata da una minore capacità complessiva di trattamento, risulta caratterizzata dalla presenza di un numero inferiore di impianti sul territorio. Questi sono di taglia mediamente maggiore e presentano, inoltre, un “fattore di utilizzo” (rapporto fra quantitativi di rifiuti trattati e capacità di trattamento dell’impianto) e una resa in materiali recuperati (CDR, compost) inferiori rispetto a quelli riscontrabili nelle regioni settentrionali. Sicuramente occorre riflettere sullo sviluppo dell’impiantistica di TMB finalizzata al trattamento dei RUR, alla luce del fatto che le frazioni in uscita presentano difficoltà di collocazione. Ancora oggi, secondo le informazioni e i dati raccolti, almeno una percentuale variabile tra il 15 e il 20% del CDR prodotto viene smaltito in discarica. Discarica che costituisce anche la destinazione principale della FOS, per la quale divengono sempre più pressanti le richieste di sbocchi alternativi, tra cui la più auspicabile risulta paradossalmente essere l’incenerimento con recupero energetico. Proprio l’incenerimento con recupero energetico è la modalità gestionale più carente sotto l’aspetto della dotazione impiantistica, come confermato dall’ancora elevata incidenza dello smaltimento in discarica (51,9%), nei confronti della quale esso si pone come unica alternativa ambientalmente compatibile, nell’ambito di una gestione sostenibile dei rifiuti, così come ribadito dalla direttiva 2008/98/CE. “L’Italia in tante parti è ancora sotto la minaccia d’incombenti crisi nel trattamento e nello smaltimento dei rifiuti - ha affermato il Presidente di Federambiente, Daniele Fortini - Lo studio che presentiamo dà conto d’un apparato industriale importante, orientato alla valorizzazione del riciclo di materia e del recupero d’energia. Un apparato che però è ancora largamente insufficiente, poiché ancora il 50 per cento dei rifiuti urbani italiani finisce in discarica. Il Rapporto sulle tecniche di trattamento dei rifiuti urbani in Italia è la testimonianza di una fase in cui non difettano competenze, tecniche e strategie. Ma si deve fare ancora di più”.
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QUALITÀ E AMBIENTE
Diffuso da EuPR un Documento strategico
UN DECALOGO PER LA POLITICA DI GESTIONE DEI RIFIUTI PLASTICI Evidenziata la necessità di flussi separati per le bioplastiche
In Europa nel 2008 sono state trasformate 48,5 milioni di tonnellate di materie plastiche (- 7,5% rispetto al 2007), da cui si sono generati rifiuti plastici per 24,9 milioni di tonnellate, con un recupero di oltre il 50% delle quantità immesse a consumo. Nonostante tale confortante dato, c’è ancora molto da fare per poter sfruttare appieno le potenzialità di tale “risorsa”. Il riciclaggio dei rifiuti plastici postconsumo è argomento impegnativo e variegato per la cui soluzione sussistono diverse azioni, tra cui quella del riciclaggio meccanico. L’European Plastics Recyclers (EuPR), l’Associazione che riunisce aziende che coprono l’80% del mercato europeo, ha pubblicato un
nuovo rapporto “How to Increase the Mechanical Recycling of Post-consumer Plastics”, volto a incoraggiare il riciclaggio dei rifiuti plastici post-consumo in tutta la regione europea. Nel documento, oltre a sottolineare gli aspetti generali dei processi di recupero delle plastiche post-consumo, in particolare i benefici del riciclaggio meccanico, si denunciano i potenziali danni al comparto, che nel lungo periodo potrebbero derivare dalle materie plastiche compostabili e oxodegradabili che sono suscettibili di inquinare i flussi di rifiuti esistenti. “Si prevede che la presenza di questi nuovi materiali possa dare luogo ad una qualità incontrollata di materiale riciclato - vi si legge - poiché non possono essere eliminati o rilevati”.
Un altro aspetto critico che viene evidenziato è l’integrazione del comparto del riciclo delle materie plastiche con la normativa REACH. Secondo l’EuPR, nonostante i rifiuti siano al di fuori del campo di applicazione del REACH, i riciclatori, in quanto produttori di materie prime, debbono soddisfare alcuni obblighi, tra cui la creazione delle Schede di sicurezza dei prodotti riciclati, impossibile ad ottemperare in ordine a due motivi: - i riciclatori al momento dell’acquisto dei materiali in entrata non ricevono le informazioni necessarie relative REACH, perché il rifiuto è fuori il campo di applicazione di REACH; - il flusso in entrata varia costantemente per composizione. L’Associazione chiede che la Commissione europea e l’European Chemical Agency (ECHA), forniscano immediatamente fornire una soluzione praticabile per gli impianti di riciclaggio materie plastiche per conformarsi al REACH. Il documento strategico descrive 10 azioni fondamentali destinate a promuovere il riciclaggio dei rifiuti plastici postconsumo in tutta Europa, in modo che le potenzialità degli impianti siano sfruttate di più, consentendo così di incrementare la quota di rifiuti plastici avviati a recupero. Ecco sinteticamente il Decalogo della politica pubblica di gestione dei rifiuti plastici. 1. Controllo più rigoroso dei sistemi nazionali di raccolta e loro migliore armonizzazione a livello europeo. 2. Sospensione dell’impiego di tecnologie non sostenibili
per le materie plastiche e creazione di flussi separati per bioplastiche e materiali oxodegradabili. 3. Impostazione di specifici obiettivi di riciclo meccanico delle materie plastiche nell’ambito della Direttiva quadro sui rifiuti. 4. Limitazione delle esportazioni di rifiuti plastici per garantire l’approvvigionamento ai riciclatori europei. 5. Definizione di un sistema fiscale favorevole per l’industria europea del riciclaggio. 6. Offerta di soluzioni adeguate ai riciclatori della plastica per conformarsi al REACH (Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals) attraverso la collaborazione e il supporto dell’intera filiera. 7. Eliminazione delle norme discriminatorie che vietino l’uso di materiali riciclati. 8. Rafforzamento di acquisti pubblici verdi da parte della pubblica amministrazione (Green Public Procurement) e fissazione di un contenuto minimo obbligatorio di materiali riciclati per l’eco-etichette (Ecolabel). 9. Creazione di incentivi economici per promuovere il riciclato, includendo il settore dei rifiuti e del riciclaggio nel sistema ETS (Emission Trading System). 10. Rafforzamento della comunicazione e cooperazione nell’ambito di tutta la filiera.
IL COMMENTO Pubblicato il Decreto per la tracciabilità delle biomasse e del biogas
CERTIFICATI VERDI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA BIOMASSE DA “FILIERA CORTA”
Il settore ha generato nel 2009 un business da 1 miliardo di euro
Dopo un’attesa di circa 3 anni e a più di 2 mesi dalla firma, con la pubblicazione sulla G. U. del 5 maggio 2010 del Decreto Interministeriale è finalmente giunto a conclusione il tortuoso iter per la definizione delle regole per Tracciabilità e rintracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica e “premialità” da riservare alla cosiddetta “filiera corta”. Il percorso era iniziato con la Legge n. 296/2006 (la Finanziaria 2007), là dove al comma 382 dell’Articolo 1 si prevedeva che entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della stessa Legge (27 dicembre 2006) “il Ministro dello Sviluppo economico, d’intesa con il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, provvede con proprio decreto alla revisione della disciplina dei Certificati Verdi”, per incentivare l’impiego ai fini energetici di materie prime e prodotti di origine agricola, zootecnica e forestale. Dopo 6 mesi, tuttavia, di tale decreto non c’era traccia. Con la Legge n. 222/2007 che convertiva con modificazioni il Decreto Legge n. 159 del 1° ottobre 2007, il cosiddetto collegato alla Finanziaria 2008, si provvedeva a modificare (Art. 4 bis) il comma 382, prevedendo (382 septies) che: “Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, sono tenuti a garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, al fine di accedere agli incentivi di cui ai commi da 382 a 382-quinquies”. La previsione veniva reiterata nella Legge n. 244 del 24 dicembre 2007
(la Finanziaria 2008) che in allegato riportava una Tabella relativa alle Tariffe onnicomprensive (pari a 0,30 euro/ kWh per i prodotti di origine agricola) e una Tabella 2, relativa ai Coefficienti Certificati Verdi (per le biomasse e biogas veniva previsto il coefficiente 1,80), aggiornate poi con Legge n. 99/2009 che eliminava dalla tabella delle tariffe onnicomprensive l’intera categoria della filiera corta, ma aumentava la tariffa per biomasse e biogas affinché fossero distinti da quelli da rifiuti (da 0,22 euro/kWh a 0,28 euro/kWh, per impianti non inferiori ad 1 MW), mentre veniva mantenuto il coefficiente 1,80 della tabella certificati verdi. Ciònonostante si è arrivati al 3 marzo 2010 per avere le firme al sospirato Decreto, dopo una serie di approfondimenti ed estenuanti confronti con la Commissione UE circa la liceità della “filiera corta” e la sua accoglibilità. Vediamo ora quali sono gli aspetti principali del provvedimento che viene integralmente riportato nel Materiale in Inserto di questo numero. Definizione di biomassa e biogas da prodotti agricoli, allevamento e forestali: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse”. La Tabella A ne precisa i termini, indicando espressamente : - colture dedicate agricole e forestali; - gestione del bosco; - residui di campo delle aziende agricole; - residui delle attività di lavorazione dei prodotti agroalimentari, zootecnici e forestali; - residui di zootecnia. Provenienza Le biomasse in oggetto possono provenire esclusivamente da: a) intese di filiera o contratti quadro; di cui agli artt. 9 e 10 del D.Lgs.
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n. 102/2005; b) filiera corta. Nel primo caso il riferimento normativo e il D.Lgs. n. 120/2005 relativo a “Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della legge 7 marzo 2003, n. 38:” “L’intesa di filiera è stipulata nell’ambito del Tavolo agroalimentare, di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, tra gli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari, presenti o rappresentati nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. A tale fine, i predetti organismi indicano la rappresentanza di filiera a livello nazionale per il settore di appartenenza. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità per la stipula delle intese di filiera, nonché quelle di costituzione e di funzionamento dei tavoli di filiera” (Art. 9, comma 2). “Le intese possono, inoltre, essere stipulate dalle Organizzazioni interprofessionali riconosciute ai sensi all’articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173” (Art. 9, comma 3). “Le intese non possono comportare restrizioni della concorrenza ad eccezione di quelli che risultino da una programmazione previsionale e coordinata della produzione in funzione degli sbocchi di mercato o da un programma di miglioramento della qualità che abbia come conseguenza diretta una limitazione del volume di offerta” (Art. 9, comma 4). “Le intese sono comunicate al Mi-
nistero delle politiche agricole e forestali entro i quindici giorni dalla loro sottoscrizione che ne verifica la compatibilità con la normativa comunitaria e nazionale. Le intese di cui al comma 4 sono approvate con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali” (Art. 9, comma 5). “Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali possono essere definite, per singole filiere, modalità di stipula dei contratti quadro in mancanza di intesa di filiera, che prevedano una rappresentatività specifica, determinata in percentuale al volume di produzione commercializzata, da parte dei sog-
getti economici di cui al capo I” (Art. 10, comma 2). “Il contratto quadro definisce il prodotto, le attività e l’area geografica nei cui confronti è applicabile; nel contratto quadro devono essere indicate la durata e le condizioni del suo rinnovo” (Art. 11, comma 1). Per quanto attiene il 2° caso, è il Decreto 5 marzo 2010 che lo specifica, chiarendo che si tratta di “biomassa e biogas come sopra definiti e che sono prodotti entro il raggio di 70 km dall’impianto di produzione dell’energia elettrica. La lunghezza del raggio è misurata come la distanza in linea
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d’aria che intercorre tra l’impianto di produzione di energia e i confini amministrativi del Comune in cui ricade il luogo di produzione della biomassa stessa, come individuato da un’ulteriore tabella allegata al decreto”. Documentazione Per ottenere i “Certificati verdi e il relativo coefficiente moltiplicativo 1,80”, i produttori, oltre a dover qualificare il proprio impianto come Iafr (Impianto alimentato da fonti rinnovabili), la qual cosa viene richiesta, peraltro, a tutte le tipologie di impianti, devono assolvere ad altri 2 obblighi: - devono “trasmettere al Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali, entro il 30 novembre di ciascuno degli anni per cui si richiede l’emissione dei certificati verdi, la documentazione indicata nell’allegato 1 in relazione a ciascuna tipologia di biomassa”; - devono inoltre “conservare per l’intero periodo di emissione dei certificati verdi, la documentazione indicata nell’Allegato I, in relazione a ciascuna tipologia di biomassa di cui alla Tabella A, necessaria per le verifiche”. Tracciabilità e rintracciabilità Viene previsto che il MIPAAF predisponga una procedura tecnica, contenente “le modalità operative di dettaglio a cui gli operatori della filiera devono conformarsi, in modo da consentire la tracciabilità e la rintracciabilità delle biomasse, ai fini dell’accesso al coefficiente moltiplicativo”. Verificata la documentazione ricevuta dal MIPAAF, entro il 31 gennaio dell’anno successivo, il Ministero “comunica al GSE l’esito di tale verifica ai fini del controllo della quantità e tracciabilità delle biomasse utilizzate dal produttore di energia elettrica nel corso dell’anno solare”. In caso di esito positivo della verifica, il Gestore per i Servizi Energetici provvederà ad applicare all’energia prodotta dall’impianto il coefficiente moltiplicativo 1,80 al numero dei Certificati verdi ottenuti, per ogni MWh elettrico. Tale meccanismo non deve essere confuso con quelle delle tariffe onnicomprensive (0,28 euro per ogni kWh immesso in rete) per impianti a biomassa e biogas non inferiori a 1MW, per il cui accesso non è prevista alcuna tracciabilità. Le procedure alle quali gli operatori dovranno attenersi per accedere al coefficiente 1.80 saranno disponibili entro il mese di ottobre, come indicato nella Circolare del MIPAAF del 31 marzo 2010, con la quale si individua nell’AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) l’organismo di controllo
sui dati circa la tracciabilità e la rintracciabilità delle biomasse utilizzate, compito che l’Agea già svolge per gli oli vegetali. Speriamo che gli incentivi per le biomasse agro-forestali non si trasformino da opportunità per tante piccole e medie imprese agro-alimentari nel solito business per pochi, come sta accadendo con i parchi fotovoltaici. Dal “Biomass Energy Report”, curato alla sua prima edizione da Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, che fornisce un quadro completo ed organico sul business delle bioenergie in Italia, focalizzandosi sulle diverse modalità attraverso cui le biomasse possono essere valorizzate dal punto di vista energetico, si evidenzia che la produzione di energia elettrica da impianti a biomasse agro-forestali è in crescita. In Italia nel 2009 ha creato un volume di affari pari a 970 milioni di euro, inferiore solo a quello generato dal recupero energetico dei rifiuti solidi urbani, ma il settore si è collocato al primo posto per incidenza sul fabbisogno energetico totale, con 5,2 Mtep (pari al 2,7%). L’Italia, con 7.558 MWt di potenza complessiva installata (pari al 50% di quella installata in Germania) si colloca al quinto posto tra i Paesi europei. Sono stimate oltre 350 le imprese che operano nelle diverse aree di business del mercato delle biomasse agro-forestali nel nostro Paese e, a differenza di quanto avviene nel solare, i player sono prevalentemente italiani. “Il problema è che aumentano gli impianti di piccola taglia, mentre quelli di portata maggiore restano al palo – ha affermato Vittorio Chiesa, Direttore dell’Energy & Strategy Group - Nel 2009, rispetto al 2008, a fronte della realizzazione di 12 nuove centrali di teleriscaldamento alimentate a biomasse agroforestali di piccola portata, ne sono state costruite solo 2 per la produzione di energia elettrica di portata
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superiore a 1 MW”. Intanto, il 21 maggio il nuovo Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Giancarlo Galan ha firmato il primo Decreto per la produzione di energia elettrica da biomasse agricole di origine vegetale attraverso impianti di potenza superiore a 1 MW, che provengono da territori limitrofi agli impianti o in una logica di filiera italiana. Il provvedimento consentirà di ridurre la dipendenza energetica dall’estero, conseguire gli obiettivi di produzione energetica da fonti rinnovabili, contenere l’impatto ambientale e climatico, assicurare una adeguata remunerazione al settore della filiera agro-alimentare.
INSERTO
TRACCIABILITÀ DELLE BIOMASSE PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
Decreto MATTM 8 marzo 2010 (G.U. 4 maggio 2010, n. 102)
REGOLAMENTO DI GESTIONE DEI RAEE CON MODALITÀ SEMPLIFICATE (ndr: Si avverte che il testo del Decreto inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea).
MINISTERO POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI Decreto 2 marzo 2010 (G.U. 5 maggio 2010 n. 103) Attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sulla tracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministero dello sviluppo economico Vista la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (di seguito legge finanziaria 2007), come modificata dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, di conversione del decretolegge 1° ottobre 2007, n. 159; Visto in particolare l’articolo 1, comma 382-septies, della citata legge n. 296 del 2006, il quale prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, sono tenuti a garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, al fine di accedere agli incentivi di cui al medesimo articolo 1, commi da 382 a 382-quinquies, come modificato dalla legge 23 luglio 2009, n. 99; Vista la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (di seguito: legge finanziaria 2008), e in particolare l’articolo 2, commi da 143 a 154, che stabiliscono i meccanismi con cui è incentivata la produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento; Visto il decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 18 dicembre 2008, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 2 gennaio 2009, n. 1, recante modalità per l’incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili tramite il meccanismo dei certificati verdi di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 e al decreto legislativo n. 387 del 2003, redatto in attuazione dell’articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e successive modificazioni;
Visto il decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, che reca disposizioni in materia di regolazioni dei mercati agroalimentari, disciplinando, in particolare, le intese di filiera e i contratti quadro utilizzati per la stipula dei contratti di coltivazione e aventi per scopo, tra l’altro, la produzione, la trasformazione, la commercializzazione e la distribuzione di biomasse agricole e di biocarburanti di origine agricola; Visto il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, recante disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura; Vista la legge 18 giugno 1998, n. 192, recante la disciplina della subfornitura nelle attività produttive; Visto il regolamento (Ce) 19 gennaio 2009, n. 73/2009; Vista la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/ Ce e 2003/30/Ce; Visti in particolare gli articoli da 17 a 20 della direttiva 2009/28/Ce in materia di sostenibilità dei biocarburanti e di altri bioliquidi; Considerato che l’articolo 17, paragrafo 9, della direttiva 2009/28/Ce stabilisce che la Commissione riferisce sui requisiti di un regime di sostenibilità per gli usi energetici della biomassa, ad eccezione dei biocarburanti e dei bioliquidi, precisando che la relazione è accompagnata, se del caso, da proposte indirizzate al Parlamento europeo e al Consiglio per la creazione di un regime di sostenibilità per gli altri usi energetici della biomassa; Considerato che le biomasse e il biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, oppure di filiere corte, cioè ottenuti entro un raggio di 70 chilometri dall’impianto che li utilizza per produrre energia elettrica, adeguatamente tracciati, ai sensi dell’articolo 1, comma 382-septies, della legge n. 296 del 2006, consentono un miglior controllo della qualità, della provenienza e, in prospettiva, della sostenibilità dei medesimi prodotti; Ritenuto che l’attuazione dell’articolo 1, comma 382-septies, della legge n. 296/2006 sia funzionale al perseguimento delle finalità in materia di sostenibilità di biocarburanti e bioliquidi, nonché,in vista dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 17, paragrafo 9, della direttiva 2009/28/Ce, anche di sostenibilità delle biomasse diverse dai biocarburanti e bioliquidi; Considerato che i suddetti profili costituiscono ulteriori
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Regioni&Ambiente n° 6 Giugno 2010
Decreto MIPAAF 2 marzo 2010 (G.U. 5 maggio 2010, n. 103)
elementi a favore di uno specifico sostegno alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, oppure di filiere corte, cioè ottenuti entro un raggio di 70 chilometri dall’impianto che li utilizza, ferma restando l’opportunità che l’intera materia venga più organicamente trattata nell’ambito del recepimento della direttiva 2009/28/Ce; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa; Decreta: Articolo 1 Finalità e campo di applicazione 1.Il presente decreto stabilisce: a) le modalità con le quali è garantita la tracciabilità e la rintracciabilità della biomassa di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c) del presente decreto, affinchè la produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da tale fonte possa essere incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, con l’applicazione del coefficiente moltiplicativo k = 1,8, previsto dall’articolo 1, comma 382-quater della medesima legge n. 296 del 2006. b) i requisiti che qualificano la provenienza delle biomasse di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c). Articolo 2 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto, si applicano le seguenti definizioni: a) “biomassa e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali”: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse; b) “biomassa da intese di filiera”: la biomassa e il biogas di cui alla lettera a), prodotti nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro di cui agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 102 del 2005; c) “biomassa da filiera corta”: la biomassa e il biogas di cui al punto a) prodotti entro il raggio di 70 km dall’impianto di produzione dell’energia elettrica. La lunghezza del predetto raggio è misurata come la distanza in linea d’aria che intercorre tra l’impianto di produzione dell’energia elettrica e i confini amministrativi del comune in cui ricade il luogo di produzione della biomassa, individuato sulla base della tabella B allegata al presente decreto. Articolo 3 Modalità per la tracciabilità e rintracciabilità delle biomassa 1. Il produttore che intende accedere al coefficiente moltiplicativo k = 1,8 presenta al Gse domanda di qualifica Iafr per l’impianto alimentato dalle fonti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c) con le modalità di cui al decreto interministeriale 18 dicembre 2008, ed
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è tenuto inoltre a: a) trasmettere al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, entro il 30 novembre di ciascuno degli anni per cui si richiede l’emissione dei certificati verdi, la documentazione indicata nell’allegato 1 in relazione a ciascuna tipologia di biomassa di cui alla tabella A; b) conservare per l’intero periodo di emissione dei certificati verdi la documentazione indicata nell’allegato 1 in relazione a ciascuna tipologia di biomassa di cui dalla tabella A, necessaria per le verifiche di cui all’articolo 4. 2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell’ambito della definizione della procedura tecnica di cui al seguente articolo 4, potrà mettere a punto procedure informatiche di applicazione delle modalità di cui al precedente comma 1.a, sostitutive della trasmissione manuale delle informazioni e della documentazione da parte degli operatori. Articolo 4 Verifiche dei requisiti 1. Il Mipaaf, predispone una procedura tecnica che indica le modalità operative di dettaglio a cui gli operatori della filiera devono conformarsi, in modo da consentire la tracciabilità e rintracciabilità delle biomasse, ai fini dell’accesso al coefficiente moltiplicativo previsto dall’articolo 1, comma 382-quater della legge n. 296 del 2006. 2. Il Gse dispone verifiche e controlli sugli impianti in esercizio o in costruzione con le modalità stabilite dall’articolo 18, comma 1, del decreto ministeriale 18 dicembre 2008 e successive modificazioni. 3. Entro il 31 gennaio dell’anno successivo il Mipaaf, verificata la documentazione ricevuta ai sensi dell’articolo 3, comma 1.a ed avvalendosi delle procedure di controllo di Agea, comunica al Gse l’esito di tale verifica ai fini del controllo della quantità delle biomasse utilizzate dal produttore di energia elettrica nel corso dell’anno solare. 4. Fatte salve le altre conseguenze disposte dalla legge, la falsa dichiarazione o la mancata comunicazione comportano la decadenza agli incentivi sull’intera produzione, a partire dal primo anno in cui si rileva il mancato rispetto delle condizioni, e per l’intero periodo residuo di diritto all’ottenimento degli stessi. Articolo 5 Emissione dei certificati verdi 1. Il Mipaaf comunica al Gse l’esito della verifica di cui all’articolo 4, ai fini dell’emissione dei certificati verdi. Nel caso di esito positivo, il Gse provvede al riconoscimento del coefficiente moltiplicativo k = 1,8 con le modalità fissate dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 18 dicembre 2008 e successive modificazioni. 2. Restano ferme tutte le altre pertinenti disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 18 dicembre 2008. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Tabella A (articolo 2, comma 1, lettera a)) Tipologie di biomassa e biogas di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a) I - colture dedicate agricole e forestali II - gestione del bosco III - residui di campo delle aziende agricole IV - residui delle attività di lavorazione dei prodotti agroalimentari, zootecnici e forestali V - residui di zootecnia
Tabella B (articolo 2, comma 1, lettera c)) Tipologie di biomassa e biogas di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a)
Modalità di individuazione Comune amministrativo sede del luogo di produzione della biomassa da filiera corta
I - colture dedicate agricole e forestali
Comune della sede aziendale (operativa) dell’impresa che produce le colture dedicate
II - gestione del bosco
Comune in cui ricadono le particelle con contratto di taglio
III - residui di campo delle aziende agricole
Comune della sede aziendale (operativa) dell’impresa che conduce i terreni dai quali si ottiene il residuo
IV - residui delle attività di lavorazione dei prodotti Comune della sede aziendale (operativa) o unità operativa dell’impresa di agroalimentari, zootecnici e forestali trasformazione V - residui di zootecnia
Comune della sede aziendale (operativa) dell’impresa di produzione di residui zotecnici
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ALLEGATO 1 I - COLTURE DEDICATE AGRICOLE E FORESTALI 1. Documentazione da conservare 1.1. Il produttore di energia elettrica è tenuto ad acquisire la seguente documentazione relativamente ad ogni singolo fornitore di biomassa: a) le informazioni presenti nel fascicolo aziendale di cui al decreto legislativo n. 99 del 2004 per i quantitativi di biomassa in relazione ai quali sono richiesti i certificati verdi; b) i documenti di trasporto (Ddt) previsti nei contratti di subfornitura di cui alla legge n. 192 del 1998, contenenti nominativo dell’azienda di provenienza della materia prima, comune, data, tipologia e quantitativo prodotto; c) contratti di fornitura delle biomasse utilizzate e di cui è previsto l’utilizzo nell’anno solare in corso. Ogni singolo contratto contiene almeno le seguenti informazioni: i. la data e il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); ii. il nome e l’indirizzo dei contraenti; iii. la durata del contratto (annuale o poliennale); iv. le specie di ciascuna materia prima e la relativa superficie con le informazioni catastali; v. il quantitativo di prodotto ottenibile; vi. eventuali condizioni applicabili alla consegna del quantitativo previsto di materia prima; vii. dichiarazione che attesti la conformità a contratti quadro o intese di filiera, ovvero dichiarazione che attesti la provenienza della materia prima da non più di 70 km. 2. Documentazione da trasmettere 2.1. Entro i termini di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), il produttore di energia elettrica trasmette al Mipaaf i. le informazioni di cui al punto 1.1. lettera c); ii. nel caso in cui il produttore di energia elettrica sia anche produttore della biomassa utilizzata, esso comunica il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); le specie di ciascuna materia prima e la relativa superficie con le informazioni catastali; il quantitativo di prodotto ottenuto. II - GESTIONE DEL BOSCO 1. Documentazione da conservare 1.1. Il produttore di energia elettrica è tenuto ad acquisire la seguente documentazione relativamente ad ogni singolo fornitore di biomassa: a) contratti di taglio e i documenti di trasporto (Ddt) previsti nei contratti di subfornitura di cui alla legge 192/1998 , contenenti nominativo azienda di provenienza della materia prima, comune, data, tipologia e quantitativo prodotto; b) contratti di fornitura delle biomasse utilizzate e di cui è previsto l’utilizzo nell’anno solare in corso. Ogni singolo contratto contiene almeno le seguenti informa-
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zioni: i. la data e il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); ii. il nome e l’indirizzo dei contraenti; iii. la durata del contratto (annuale o poliennale); iv. il tipo di bosco o impianto arboreo, la relativa superficie con le informazioni catastali e i relativi contratti di taglio; v. il quantitativo di prodotto ottenibile; vi. eventuali condizioni applicabili alla consegna del quantitativo previsto di materia prima; vii. dichiarazione che attesti la conformità a contratti quadro o intese di filiera, ovvero dichiarazione che attesti la provenienza della materia prima da non più di 70 km. 2. Documentazione da trasmettere 2.1. Entro i termini di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), il produttore di energia elettrica trasmette al Mipaaf i. le informazioni di cui al punto 1.1. lettera b); ii. nel caso in cui il produttore di energia elettrica sia anche produttore della biomassa utilizzata, esso comunica: il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); il tipo di bosco o impianto arboreo e la relativa superficie con le informazioni catastali; il quantitativo di prodotto ottenuto; III - RESIDUI DI CAMPO DELLE AZIENDE AGRICOLE (RESIDUI DA COLUTRE ERBACEE O ARBOREE 1. Documentazione da conservare 1.1. Il produttore di energia elettrica è tenuto ad acquisire la seguente documentazione relativamente ad ogni singolo fornitore di biomassa: a) autocertificazione della azienda agricola produttrice con riferimento al quantitativo di ettari seminati compresi nella Domanda di pagamento unico di cui al regolamento (Ce) 73/2009 ovvero autocertificazione della azienda agricola riportante il quantitativo di ettari coltivati a colture arboree come da fascicolo aziendale di cui al Dlgs 99/2004; b) i documenti di trasporto (Ddt) previsti nei contratti di subfornitura di cui alla legge 192/1998, contenenti nominativo azienda di provenienza della materia prima, comune, data, tipologia e quantitativo prodotto; c) contratti di fornitura delle biomasse utilizzate e di cui è previsto l’utilizzo nell’anno solare in corso. Ogni singolo contratto contiene almeno le seguenti informazioni: i. la data e il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); ii. il nome e l’indirizzo dei contraenti; iii. la durata del contratto (annuale o poliennale); iv. le specie di ciascuna materia prima e la relativa superficie con le informazioni catastali; v. il quantitativo di prodotto ottenibile; vi. eventuali condizioni applicabili alla consegna del quantitativo previsto di materia prima; vii. dichiarazione che attesti la conformità a contrat-
ti quadro o intese di filiera, ovvero dichiarazione che attesti la provenienza della materia prima da non più di 70 km. 2. Documentazione da trasmettere 2.1. Entro i termini di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), il produttore di energia elettrica trasmette al Mipaaf i. le informazioni di cui al punto 1.1. lettera c); ii. nel caso in cui il produttore di energia elettrica sia anche produttore della biomassa utilizzata, esso comunica al Mipaaf: il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); le specie di ciascuna materia prima e la relativa superficie con le informazioni catastali; il quantitativo di prodotto ottenuto. IV - RESIDUI DELLE ATTIVITÀ DI LAVORAZIONE DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI, ZOOTECNICI E FORESTALI 1. Documentazione da conservare 1.1. Il produttore di energia elettrica è tenuto ad acquisire la seguente documentazione relativamente ad ogni singolo fornitore di biomassa: a) accordi di fornitura sottoscritti da parte di una piattaforma di lavorazione ovvero di una autocertificazione nel caso di autoconsumo. b) documento di trasporto (Ddt) previsto nei contratti di subfornitura di cui alla legge 192/1998, contenente nominativo azienda di provenienza della materia prima, comune, data, tipologia e quantitativo prodotto. c) contratti di fornitura delle biomasse utilizzate e di cui è previsto l’utilizzo nell’anno solare in corso. Ogni singolo contratto contiene almeno le seguenti informazioni: i. la data; ii. il nome e l’indirizzo dei contraenti; iii. la durata del contratto (annuale o poliennale); iv. il quantitativo di materia prima e l’indicazione della sua provenienza; v. eventuali condizioni applicabili alla consegna del quantitativo previsto di materia prima; vi. dichiarazione che attesti la conformità contratti quadro o intese di filiera, ovvero dichiarazione che attesti la provenienza della materia prima da non più di 70 km.
1774/02 per i residui derivanti da produzioni animali. b) documento di trasporto (Ddt) previsto nei contratti di subfornitura di cui alla L. 192/1998, contenente nominativo azienda di provenienza della materia prima, comune, data, tipologia e quantitativo prodotto, ovvero i documenti commerciali previsti dall’articolo 7 del regolamento (Ce) 1774/02. c) contratti di fornitura delle biomasse utilizzate e di cui è previsto l’utilizzo nell’anno solare in corso. Ogni singolo contratto contiene almeno le seguenti informazioni: i. la data e il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); ii. il nome e l’indirizzo dei contraenti; iii. la durata del contratto (annuale o poliennale); iv. la consistenza dell’allevamento e la tipologia delle deiezioni; v. le informazioni catastali; vi. eventuali condizioni applicabili alla consegna del quantitativo previsto di materia prima; vii. dichiarazione che attesti la conformità a contratti quadro o intese di filiera, ovvero dichiarazione che attesti la provenienza della materia prima da non più di 70 km. 2. Documentazione da trasmettere 2.1. Entro i termini di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), il produttore di energia elettrica trasmette al Mipaaf i. le informazioni di cui al punto 1.1. lettera c); ii. nel caso in cui il produttore di energia elettrica sia anche produttore della biomassa, comunica al Mipaaf: il codice identificativo univoco del fascicolo aziendale (Cuaa = Codice unico delle aziende agricole); la consistenza dell’allevamento e la tipologia delle deiezioni; le informazioni catastali; il quantitativo di prodotto ottenuto.
2. Documentazione da trasmettere 2.1. Entro i termini di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), il produttore di energia elettrica trasmette al Mipaaf i. le informazioni di cui al punto 1.1. lettera c); V - RESIDUI DI ZOOTECNIA 1. Documentazione da conservare 1.1. Il produttore di energia elettrica è tenuto ad acquisire la seguente documentazione relativamente ad ogni singolo fornitore di biomassa: a) autocertificazione della azienda agricola sulla base del numero dei capi appartenenti alle diverse specie riportate nel fascicolo aziendale di cui al Dlgs 99/2004, ovvero dalle norme previste dal regolamento (Ce)
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(ndr: Si avverte che il testo del Decreto inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea).
Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare Decreto 8 marzo 2010 (G.U. 4 maggio 2010, n. 102) Regolamento recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature. Capo I MODALITÀ SEMPLIFICATE PER LA GESTIONE DEI RAEE DOMESTICI IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE di concerto con IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO e IL MINISTRO DELLA SALUTE Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche, ed in particolare la parte quarta relativa alla gestione dei rifiuti; Visto il decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante «Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE relative alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche nonché allo smaltimento dei rifiuti», e successive modifiche; Visto in particolare l’articolo 6, comma 1, lettera b), del predetto decreto legislativo n. 151 del 2005, che prevede l’obbligo, per i distributori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), di assicurare il ritiro gratuito, in ragione di uno contro uno, dell’apparecchiatura usata al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura ad un nucleo domestico, provvedendo al trasporto dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) presso i centri di raccolta comunali organizzati dai produttori, nonché il comma 1-bis, che prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro della salute e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata, siano individuate nel rispetto delle norme comunitarie e anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, specifiche modalità semplificate per la raccolta e il trasporto dei RAEE ritirati da parte dei distributori; Visto l’articolo 195, comma 2, lettera s-bis, del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, ai sensi del quale rientra tra le competenze dello Stato l’individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie e anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del medesimo decreto n. 152 del 2006, di semplificazioni in materia di adempimenti amministrativi per la raccolta e
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il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori e ai distributori dei beni stessi; Ritenuto di individuare modalità semplificate per la gestione dei RAEE provenienti dai nuclei domestici da parte dei distributori, tenuti ad adempiere all’obbligo predetto al fine di rendere possibile la restituzione dei RAEE al produttore e la realizzazione degli obiettivi di recupero fissati a livello comunitario; Ritenuto altresì di individuare modalità semplificate per la gestione dei RAEE provenienti dai nuclei domestici da parte degli installatori e dei gestori di centri di assistenza di AEE, al fine di incentivarne il conferimento presso i centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo n. 151 del 2005; Ritenuto infine di prevedere modalità semplificate per la gestione dei RAEE professionali da parte dei distributori, nonché degli installatori e dei gestori di centri di assistenza che agiscano in nome dei produttori di AEE professionali, al fine di agevolare l’organizzazione di adeguati sistemi di raccolta separata di tali rifiuti ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del citato decreto n. 151 del 2005; Visto il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare dell’8 aprile 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 28 aprile 2008, n. 99, recante «Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto dall’articolo 183, comma 1, lettera cc) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e successive modifiche» come modificato ed integrato dal decreto ministeriale del 13 maggio 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 18 luglio 2009, n.165; Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Sentito il parere della Conferenza unificata Stato Regioni, città e autonomie locali, espresso nella seduta del 26 marzo 2008; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 18 maggio e del 23 luglio 2009; Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi della citata legge n. 400 del 1988 ed il relativo nulla-osta n. DAGL 6.1.6/7/09/8324 del 10 novembre 2009: Adotta il seguente regolamento: Art. 1 Ritiro dei RAEE da parte dei distributori e loro raggruppamento per il trasporto ai centri di raccolta 1. I distributori di cui all’articolo 3, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 25 luglio 2005, n.151, al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica od elettronica, in appresso AEE, destinata ad un nucleo domestico assicurano il ritiro gratuito della apparecchiatura che viene sostituita. I distributori, compresi coloro che effettuano televendite o vendite elettroniche, hanno l’obbligo di informare i consumatori sulla gratuità del ritiro, con modalità chiare
e di immediata percezione, anche tramite avvisi posti nei locali commerciali con caratteri facilmente leggibili. 2. Rientra nella fase della raccolta, così come definita dall’articolo 183, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il raggruppamento dei RAEE finalizzato al loro trasporto presso i centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n.151, effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita o presso altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all’articolo 3 del presente decreto, nel rispetto delle seguenti condizioni: a) il raggruppamento riguarda esclusivamente i RAEE disciplinati dal decreto legislativo n. 151 del 2005 provenienti dai nuclei domestici; b) i RAEE di cui alla lettera a) sono trasportati presso i centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005 con cadenza mensile e, comunque, quando il quantitativo raggruppato raggiunga complessivamente i 3500 Kg; c) il raggruppamento dei RAEE è effettuato presso il punto di vendita del distributore o presso altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all’articolo 3, in luogo idoneo, non accessibile a terzi e pavimentato. I RAEE sono protetti dalle acque meteoriche e dall’azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili e raggruppati avendo cura di tenere separati i rifiuti pericolosi, nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 187, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. E’ necessario garantire l’integrità delle apparecchiature, adottando tutte le precauzioni atte ad evitare il deterioramento delle stesse e la fuoriuscita di sostanze pericolose. 3. I distributori che effettuano il raggruppamento di cui al comma 2 adempiono all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico mediante la compilazione, all’atto del ritiro di cui al comma 1, di uno schedario numerato progressivamente, conforme al modello di cui all’Allegato I, dal quale risultino il nominativo e l’indirizzo del consumatore che conferisce il rifiuto e la tipologia dello stesso. Tale schedario, integrato con i documenti di trasporto di cui all’articolo 2, comma 2, è conservato per tre anni dalla data dell’ultima registrazione. Art. 2 Trasporto dei RAEE presso i centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005 1. Il trasporto dei RAEE provenienti dai nuclei domestici e’ effettuato dai distributori o dai terzi che agiscono in loro nome secondo le modalità di cui al presente articolo e al successivo articolo 3 solo se riguarda: a) il tragitto dal domicilio del consumatore presso il quale viene effettuato il ritiro al centro di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005 o al luogo ove è effettuato il raggruppamento di cui all’articolo 1 del presente decreto; b) nei casi in cui il raggruppamento di cui all’articolo 1 sia effettuato in luogo diverso dai locali del punto di vendita, il tragitto dal punto di vendita al luogo ove e’ effettuato il raggruppamento medesimo; c) il tragitto dal luogo ove è effettuato il raggruppamento di cui all’articolo 1 del presente decreto al centro
di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005; d) un quantitativo complessivo di RAEE non superiore a 3500 kg, effettuato con automezzi con portata non superiore a 3500 kg e massa complessiva non superiore a 6000 kg. 2. Il trasporto di cui al comma 1, lettere a) e c), è accompagnato da un documento di trasporto conforme al modello di cui all’allegato II, numerato e redatto in tre esemplari. Il documento di trasporto è compilato, datato e firmato dal distributore o dal trasportatore che agisce in suo nome. Il trasportatore, se diverso dal distributore, provvede a restituire al distributore una copia del documento di trasporto sottoscritta dall’addetto del centro di raccolta destinatario dei RAEE, trattenendo per sé un’altra copia, anch’essa sottoscritta dal medesimo addetto del centro di raccolta e adempie all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico conservando per tre anni le copie dei documenti di trasporto relativi ai trasporti effettuati. Il distributore conserva la copia del documento di trasporto insieme allo schedario di cui all’articolo 1, comma 3. La terza copia del documento di trasporto rimane al centro di raccolta destinatario dei RAEE. 3. Il trasporto di cui al comma 1, lettera b), è accompagnato da copia fotostatica, firmata dal distributore, delle pagine dello schedario di cui all’articolo 1, comma 3, relative ai rifiuti trasportati, compilate con la data e l’ora di inizio del trasporto dal punto di vendita al luogo di raggruppamento. Dette copie fotostatiche sono conservate a cura del distributore presso il luogo di raggruppamento sino al trasporto dei rifiuti cui si riferiscono presso il centro di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005. 4. I distributori adottano tutte le misure necessarie ad assicurare che i RAEE giungano al centro di raccolta nello stato in cui erano stati conferiti, senza aver subito processi di disassemblaggio o di sottrazione di componenti, che si configurerebbero comunque come attività di gestione dei rifiuti non autorizzate. Art. 3 Iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per le attività di raccolta e trasporto dei RAEE domestici 1. Le attività di raccolta e trasporto dei RAEE domestici di cui agli articoli 1 e 2 sono effettuate previa iscrizione in un’apposita sezione dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. 2. Ai fini dell’iscrizione per le attività di cui al comma 1 i distributori presentano alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente una comunicazione con la quale attestano sotto la propria responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241: a) la sede dell’impresa; b) l’indirizzo del punto vendita presso il quale sono raggruppati i RAEE in attesa del trasporto; c) nei casi in cui il raggruppamento di cui all’articolo 1 sia effettuato in luogo diverso dai locali del punto di
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vendita, l’indirizzo del luogo presso il quale sono raggruppati i RAEE in attesa del trasporto, il nominativo o ragione sociale del proprietario dell’area e il titolo giuridico in base al quale avviene l’utilizzo dell’area stessa; d) le tipologie di RAEE raggruppati, con l’indicazione dei relativi codici dell’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; e) la rispondenza ai requisiti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c) del luogo dove i RAEE sono raggruppati; f) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica degli eventuali mezzi da utilizzare per il trasporto dei RAEE; g) il versamento del diritto annuale di iscrizione di cui al comma 4. 3. Ai fini dell’iscrizione per le attività di trasporto di cui all’articolo 2 i terzi che agiscono in nome dei distributori presentano alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente una comunicazione con la quale attestano sotto la propria responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell’impresa; b) gli estremi del distributore per conto del quale si effettua il trasporto e l’indirizzo del punto vendita o del diverso luogo presso il quale sono raggruppati i RAEE in attesa del trasporto; c) le tipologie di RAEE trasportati, con l’indicazione dei relativi codici dell’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; d) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi da utilizzare per il trasporto dei RAEE; e) il versamento del diritto annuale di iscrizione di cui al comma 4. 4. La sezione regionale dell’Albo rilascia il relativo provvedimento entro i trenta giorni successivi alla presentazione della comunicazione di cui ai commi 2 e 3. Per tali iscrizioni non e’ richiesta la prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 7 dell’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni ed è subordinata alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. L’impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione. Art. 4 Ritiro dei RAEE provenienti dai nuclei domestici da parte degli installatori e dei gestori dei centri di assistenza tecnica di AEE 1. Le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 2 e 3, all’articolo 2, commi 1, lettere a), c) e d), 2 e 4, e all’articolo 3 si applicano anche al ritiro di RAEE provenienti dai nuclei domestici effettuato dagli installatori e dai gestori dei centri di assistenza tecnica di AEE nello svolgimento della propria attività, limitatamente alle seguenti fattispecie: a) raggruppamento dei RAEE ritirati presso i locali del proprio esercizio; b) trasporto dei RAEE con mezzi propri presso i centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005 dal domicilio del cliente o
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dalla sede del proprio esercizio. 2. La provenienza domestica dei RAEE conferiti dagli installatori e dai gestori dei centri di assistenza tecnica ai centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005 è attestata da un documento di autocertificazione redatto ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445 e sottoscritto dall’installatore o dal gestore del centro di assistenza. Tale documento è redatto in conformità al modello di cui all’Allegato III ed è consegnato all’addetto del centro di raccolta, unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. Capo II MODALITÀ SEMPLIFICATE PER LA GESTIONE DEI RAEE PROFESSIONALI Art. 5 Ritiro dei RAEE da parte dei distributori e loro raggruppamento per il trasporto agli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE 1. Le disposizioni di cui al precedente articolo 1, commi 2 e 3, si applicano anche ai distributori di AEE professionali formalmente incaricati dai produttori di tali apparecchiature di provvedere al ritiro dei RAEE definiti come professionali dal decreto legislativo n. 151 del 2005, nell’ambito dell’organizzazione di un sistema di raccolta di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n.151 del 2005. 2. I RAEE professionali sono raggruppati con le modalità di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c) e trasportati presso gli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE professionali nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b). 3. I distributori che effettuano il raggruppamento di cui al comma 2 si iscrivono all’Albo dei gestori ambientali secondo le modalità di cui all’articolo 3 e adempiono agli obblighi di cui all’articolo 1, comma 3, del presente decreto. Art. 6 Trasporto dei RAEE presso gli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE professionali 1. Il trasporto dei RAEE professionali è effettuato dai distributori o dai terzi che agiscono in loro nome secondo le modalità e le condizioni previste dagli articoli 2 e 3 del presente decreto. 2. Per le utenze professionali, il tragitto indicato dall’articolo 2, comma 1, lettera a), s’identifica con quello dal domicilio dell’utente non domestico, presso il quale viene effettuato il ritiro del RAEE, all’impianto autorizzato indicato dal produttore di AEE professionali o al luogo ove è effettuato il raggruppamento di cui all’articolo 5. Art. 7 Ritiro dei RAEE professionali da parte degli installatori e dei gestori dei centri di assistenza tecnica incaricati dai produttori di AEE 1. Le disposizioni di cui agli articoli 3, 5 e 6 si applicano anche al ritiro di RAEE professionali effettuato dagli installatori e dai gestori dei centri di assistenza
tecnica di AEE formalmente incaricati dai produttori di tali apparecchiature di provvedere al ritiro nell’ambito dell’organizzazione di un sistema di raccolta di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 151 del 2005, limitatamente alle seguenti fattispecie: a) raggruppamento dei RAEE ritirati presso i locali del proprio esercizio; b) trasporto dei RAEE con mezzi propri presso gli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE dal domicilio dell’utente professionale o dalla sede del proprio esercizio.
sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Capo III DISPOSIZIONI FINALI Art. 8 Realizzazione e gestione dei centri di raccolta 1. La realizzazione e la gestione di centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e c) del decreto legislativo n. 151 del 2005, si svolge con le modalità previste dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare dell’8 aprile 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 28 aprile 2008, n. 99 e successive modifiche ed integrazioni. Art. 9 Esonero dalla comunicazione di cui all’art. 189, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - MUD 1. I soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei RAEE ai sensi del presente regolamento sono esonerati dall’obbligo della comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Art. 10 Sanzioni 1. I soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei RAEE ai sensi del presente regolamento sono assoggettati alle sanzioni relative alle attività di raccolta e trasporto di cui all’articolo 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e alle sanzioni relative alla violazione degli obblighi di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari di cui all’articolo 258 del medesimo decreto. Art. 11 Norme transitorie 1. In sede di prima applicazione del presente regolamento, l’obbligo di iscrizione all’Albo dei gestori ambientali di cui all’articolo 3 del presente decreto, si intende assolto con la presentazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente della comunicazione effettuata ai sensi di quanto previsto dai commi 2 e 3 dell’articolo 3 medesimo. 2. L’iscrizione di cui al precedente comma 1 deve ritenersi validamente operante fino a che la competente sezione regionale o provinciale dell’Albo non adotti una formale pronuncia di iscrizione o di rigetto della domanda. Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato,
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Pubblicato il Regolamento di Gestione dei RAEE
DAL 18 GIUGNO “ONE TO ONE” Ma il Garante Europeo della Privacy sottolinea i rischi di un inadeguato smaltimento Dopo un’attesa di oltre due anni, rispetto ai tempi previsti dal D.Lgs. n. 151/2005, attuativo della Direttiva 2003/96/ CE relativa allo smaltimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), che impone ai distributori di assicurare “al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica, destinata ad un nucleo domestico, il ritiro gratuito, in ragione di uno contro uno, della apparecchiatura usata”, tale obbligo scatterà dal 18 giugno 2010. È stato, infatti, pubblicato sulla G. U. n. 102 del 4 maggio u. s. il Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, recante “Gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Modalità semplificate”. Il Provvedimento in vigore dal 19 maggio, ma operativo dal 18 giugno, definisce le modalità semplificate per la gestione dei RAEE (dal televisore al phon, dal frigorifero al forno, dal computer al telefonino) non solo domestici, ma anche professionali, ed è rivolto ai Distributori e Installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché ai Gestori dei centri di assistenza. “Il Decreto va incontro alle esigenze di chi deve liberarsi dei vecchi elettrodomestici e contribuisce ad evitare il fenomeno dell’abbandono indiscriminato di apparecchiature non più funzionanti, con indubbi vantaggi per la salvaguardia dell’ambiente e la riduzione dell’inquinamento - ha dichiarato in una nota il Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo - Il Decreto, inoltre, garantisce procedure agevolate per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti di apparecchiature effettuata dai rivenditori, dai manutentori e dagli installatori autorizzati dai costruttori delle apparecchiature”. Il provvedimento risulta quanto mai necessario, anche alla luce della crescita vertiginosa dei RAEE, stimata attorno al 5%, percentuale tripla rispetto a quella prevista dei normali rifiuti. Il “Rapporto RAEE 2009”, presentato il 27 aprile dal Centro di Coordinamento RAEE (l’organismo che per legge si occupa di coordinare il lavori dei “Sistemi Collettivi”, ossia le strutture costituite e finanziate dai Produttori di AEE, che sono responsabili del ritiro dei RAEE dai Centri di raccolta e del loro trattamento), ha messo in evidenza che nel 2009 in Italia ne sono stati raccolti 193 milioni di Kg. Sebbene la media pro-capite, pari a 3,21 Kg, sia ancora inferiore all’obiettivo previsto per il 2008 di 4 Kg, il risultato è stato di circa il triplo rispetto a quello ottenuto l’anno precedente, con incrementi nel secondo trimestre che lasciano intravedere il raggiungimento del target nell’anno in corso. C’è da osservare, poi, che dal Rapporto esce un Italia a due velocità nella gestione dei RAEE, con l’Italia Settentrionale e Centrale che presenta una copertura del servizio attorno
al 95%, mentre al Sud e nelle Isole il numero dei Comuni con Centri di raccolta sul proprio territori è ancora assai basso. Non mancano, comunque, esempi virtuosi come la Puglia dove la popolazione servita raggiunge il 98,5%, anche se poi il rapporto quantitativi raccolti/abitanti è pari a 1,13 Kg, graduatoria questa che vede in testa il Trentino-Alto Adige con 6,43 Kg/ab e in coda la Sicilia (0,82 Kg/ab). Tra i raggruppamenti, i più raccolti sono stati Tv e Monitor (R3), anche a seguito del passaggio in molte regioni al digitale, e i frigoriferi (R2). “Il 2009 è stato l’anno della svolta visto che si tratta del primo in cui la gestione dei RAEE è stata di competenza esclusiva dei Sistemi collettivi - ha dichiarato Giorgio Arienti, Presidente del CdC RAEE - I risultati conseguiti sono assolutamente lusinghieri, visto che è stata triplicata la raccolta del 2008 e per la prima volta si avvicina al raggiungimento degli standard dettati dall’Unione Europea e un altro passo in avanti decisivo verrà fatto con l’entrata in vigore del Decreto dell’uno contro uno”. Passiamo, quindi, ad analizzare gli aspetti più rilevanti ed operativi del Decreto n. 65, rinviando al testo pubblicato nel Materiale in Inserto di questo stesso numero, chi volesse approfondire o verificare quanto da noi indicato. Art. 1 - Ritiro dei RAEE da parte dei distributori e loro raggruppamento per il trasporto ai centri di raccolta Si ribadisce che il distributore, iscritto al Registro delle imprese, al momento della fornitura di una nuova AEE destinata ad un nucleo domestico, assicura il ritiro gratuito dell’apparecchiatura che viene sostituita, informandone il consumatore con modalità chiare, anche attraverso appositi avvisi posti nei locali commerciali. Restano, pertanto, esclusi dal regime derogatorio i distributori che rivendono AEE a soggetti diversi dagli utilizzatori finali. Viene precisato, inoltre, che il “raggruppamento” dei RAEE finalizzato al loro trasporto presso il Centro di raccolta comunale, effettuato dal distributore presso i locali del proprio punto vendita o in altro luogo, rientra nella fase di “raccolta” di cui all’Art. 183, comma 1, lettera e) del D.Lgs. n. 152/2006 (il cosiddetto Testo Unico Ambientale che così la definisce: “operazione di prelievo, di cernita e di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto”) Detto “raggruppamento” deve soddisfare alcune condizioni, in assenza delle quali l’operazione diverrebbe abusiva: - che il raggruppamento riguardi esclusivamente RAEE provenienti da nuclei domestici (sono equiparati quelli di origine commerciale, industriale, istituzionale ed altre tipologie analoghe per natura e quantità, ma non quelli chiaramente professionali);
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- che i RAEE siano trasportati direttamente presso i Centri di raccolta comunali di cui al D. M. 8 aprile 2008, con cadenza mensile e, comunque, quando abbiano raggiunto il quantitativo di 3.500 kg., inteso come limite massimo per la liceità dello stoccaggio (il che presuppone che possono essere avviati prima di tali tempi e quantitativi); - che il raggruppamento dei RAEE sia effettuato presso il punto vendita del distributore o in altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all’Art. 3 (si tratta della comunicazione che il distributore presenta all’atto dell’iscrizione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, con cui si indica dove sono raggruppati i RAEE, in attesa del trasporto), in luogo non accessibile a terzi e pavimentato, garantendone l’integrità e la protezione dalle acque meteoriche, per evitare il loro deterioramento e la fuoriuscita di sostanze pericolose. I distributori debbono adempiere agli obblighi di tenuta del registro di carico e scarico, che si intendono assolti tramite la compilazione di uno Schedario numerato progressivamente, conforme al modello dell’Allegato I, dal quale risultino nominativo e indirizzo del consumatore che conferisce il RAEE e la tipologia dello stesso, che dovrà essere integrato con i documenti di trasporto e conservato per tre anni dall’ultima registrazione. Art. 2 - Trasporto dei RAEE presso i Centri di raccolta Il trasporto dei RAEE “domestici”, effettuato dai distributori o da terzi che agiscono in loro nome, secondo le modalità previste, per giovarsi del regime semplificato deve essere limitato a: - tragitto dal domicilio del consumatore, presso il quale viene effettuato il ritiro, al Centro di raccolta o al luogo dove viene effettuato il raggruppamento (chiaramente, qualora tale modalità di ritiro sia contrattualmente definita tra distributore e consumatore); - casi in cui il raggruppamento sia effettuato in luogo diverso dal punto vendita, quindi, da questo al luogo di raggruppamento; - quantitativo complessivo di RAEE non superiore a 3.500 Kg., trasportato con mezzi di portata massima non superiore a 3.500 Kg. e massa complessiva non superiore a 6.000 Kg. Il trasporto deve essere effettuato con l’accompagnamento di un documento di trasporto, secondo il modello di cui all’Allegato II, numerato e redatto in tre esemplari e compilato, datato e firmato dal distributore o dal trasportatore che agisce in suo nome. Il trasportatore, se diverso dal distributore, provvede a restituire al distributore una copia del documento di trasporto sottoscritta dall’addetto del centro di raccolta destinatario dei RAEE, trattenendo per sé un’altra copia, anch’essa sottoscritta dal medesimo addetto del Centro di raccolta e adempie
all’obbligo di tenuta del Registro di carico e scarico conservando per tre anni le copie dei documenti di trasporto relativi ai trasporti effettuati. Il distributore conserva la copia del documento di trasporto insieme allo Schedario. La terza copia del documento di trasporto rimane al Centro di raccolta destinatario dei RAEE. Il trasporto è accompagnato da copia fotostatica, firmata dal distributore, delle pagine dello Schedario, relative ai rifiuti trasportati, compilate con la data e l’ora di inizio del trasporto dal punto di vendita al luogo di raggruppamento. Dette copie fotostatiche sono conservate a cura del distributore presso il luogo di raggruppamento sino al trasporto dei rifiuti cui si riferiscono presso il Centro di raccolta. I distributori adottano tutte le misure necessarie ad assicurare che i RAEE giungano al Centro di raccolta nello stato in cui erano stati conferiti, senza aver subito processi di disassemblaggio o di sottrazione di componenti, che si configurerebbero comunque come attività di gestione dei rifiuti non autorizzate. Art. 3 - Iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per le attività di Raccolta e Trasporto di RAEE domestici I soggetti che effettuano le attività di raccolta e di trasporto dei RAEE devono essere iscritti all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 5 anni ed è subordinata alla corresponsione di un diritto annuale pari a 50 euro. Tuttavia, in sede di prima applicazione del Regolamento, l’obbligo si intende assolto con la presentazione alla Sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente di una relativa Comunicazione (cfr: Art. 11 Norme transitorie). L’iscrizione deve ritenersi “validamente operante” fino a che la competente Sezione dell’Albo non adotti una formale pronuncia di iscrizione o di rigetto della domanda. Per garantire l’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale delle disposizioni del Decreto, è stata emanata la Delibera n. 1 del 19 maggio 2010 del Comitato dell’Albo che ha definito la Modulistica per l’iscrizione. Art. 4 - Ritiro dei RAEE provenienti dai nuclei domestici da parte degli installatori e dei gestori dei centri di assistenza tecnica AEE Le disposizioni semplificate e gli esoneri sopracitati si applicano anche al ritiro di RAEE provenienti dai nuclei domestici effettuato da installatori e gestori de centri di assistenza di AEE nello svolgimento delle proprie attività, limitatamente alle seguenti fattispecie: - raggruppamento dei RAEE ritirati presso i locali del proprio esercizio.
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- trasporto dei RAEE con mezzi propri presso i Centri di raccolta dal domicilio del cliente o dalla sede del proprio esercizio. Nel qual caso, il regime derogatorio è strettamente limitato ai RAEE “domestici” la cui natura viene attestata da un documento di autocertificazione redatto e sottoscritto dall’installatore o dal gestore del centro di assistenza, in conformità al modello di cui all’Allegato III ed è consegnato all’addetto del Centro di raccolta, unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. È abbastanza palese l’intenzione del legislatore di voler escludere in maniera categorica i RAEE professionali dalle esenzioni di cui possono usufruire gli installatori e i gestori dei centri di assistenza. Modalità semplificate per la gestione dei RAEE professionali Art. 5 - Ritiro dei RAEE da parte dei distributori e loro raggruppamento per il trasporto agli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE Le disposizioni sopra indicate si applicano anche ai Distributori di AEE professionali formalmente incaricati dai Produttori di tali apparecchiature di provvedere al ritiro dei RAEE definiti come professionali dal D.Lgs. n. 151/2005, nell’ambito dell’organizzazione di un Sistema di raccolta di cui all’articolo 6, comma 3, che recita: “fatto salvo quanto stabilito all’articolo 12 circa le modalità di finanziamento, i produttori od i terzi che agiscono in loro nome organizzano e gestiscono, su base individuale o collettiva, sostenendone i relativi costi, sistemi adeguati di raccolta separata di RAEE professionali”. In tale quadro i RAEE professionali sono raggruppati con le modalità di cui all’articolo 1e trasportati presso gli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE professionali.
I distributori che effettuano il raggruppamento si iscrivono all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, secondo le modalità di cui all’articolo 3 e adempiono agli obblighi di cui all’articolo 1. La disposizione è riferita solo ai “distributori”, escludendo tutti gli altri soggetti che operano per conto dei produttori, anche se formalmente incaricati del ritiro di RAEE, come per esempio i trasportatori che si limitano a ritirare i RAEE, ma non fanno parte della catena commerciale di distribuzione dei produttori, salvo che agiscano per conto di un “distributore incaricato”. I distributori di AEE professionali debbono essere “formalmente incaricati” del ritiro di RAEE nell’ambito di un “sistema di raccolta separata”, individuale o collettiva, che sia stata organizzata dai produttori. In pratica, ai distributori di AEE professionali è data la possibilità di effettuare in regime semplificato il “raggruppamento” dei RAEE che abbiano ritirato per conto dei produttori di AEE o di sistemi collettivi di raccolta separata, come i Consorzi con i quali possono stipulare accordi. Favorendo le sinergie tra Produttori di AEE e Raccoglitori di RAEE, attraverso il ruolo di integrazione che viene assunto dai Distributori, si tenta così di approntare quel ciclo virtuoso che è conosciuto con la metafora “dalla culla alla tomba” (Cradle to Grave) Art. 6 - Trasporto dei RAEE presso gli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE professionali Il trasporto dei RAEE professionali è effettuato dai distributori o dai terzi che agiscono in loro nome, secondo le modalità e le condizioni previste dagli articoli 2 e 3. Per le utenze professionali, il tragitto indicato dall’articolo 2 si identifica con quello dal domicilio dell’utente non domestico, presso il quale viene effettuato il ritiro del RAEE, all’impianto autorizzato indicato dal produttore di AEE
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professionali o al luogo ove è effettuato il raggruppamento di cui all’articolo 5. Quindi, il vettore non potrà in alcun modo effettuare presso di sé un “raggruppamento”. Art. 7 - Ritiro dei RAEE professionali da parte degli installatori e dei gestori dei centri di assistenza tecnica incaricati dai produttori di AEE Le disposizioni di cui agli articoli 3, 5 e 6 si applicano anche al ritiro di RAEE professionali effettuato dagli Installatori e dai Gestori dei centri di assistenza tecnica di AEE, formalmente incaricati dai produttori di tali apparecchiature di provvedere al ritiro nell’ambito dell’organizzazione di un sistema di raccolta di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n. 151/2005, limitatamente a: - raggruppamento dei RAEE ritirati presso i locali del proprio esercizio; - trasporto dei RAEE con mezzi propri presso gli impianti autorizzati indicati dai produttori di AEE dal domicilio dell’utente professionale o dalla sede del proprio esercizio. A differenza dei Distributori, tuttavia, a Installatori e Gestori di centri di assistenza non è consentito di effettuare il raggruppamento in luogo diverso da quello del proprio esercizio. Art. 8 - Realizzazione e gestione dei centri di raccolta Si ribadisce che la realizzazione e la gestione di Centri di raccolta di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n. 151/2005, si svolge con le modalità previste dal D. M 8 aprile 2008, modificato poi con il D.M. 13 maggio 2009 (cfr.: “Centri di raccolta rifiuti urbani differenziati con nuove regole”, in Regioni&Ambiente, n. 1/2 genn./febb. 2010, pagg. 16-17). I Centri di raccolta comunali sono, quindi, gli unici luoghi destinatari dei RAEE domestici. Art. 9 - Esonero dalla comunicazione di cui all’art. 189, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - MUD I soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei RAEE in regime derogatorio quale previsto dal Regolamento sono esonerati dall’obbligo del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (MUD). Art. 10 - Sanzioni I soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei RAEE ai sensi del Regolamento sono assoggettati alle sanzioni relative alle attività di raccolta e trasporto di cui all’articolo 256 del D.Lgs. n. 152/2006 e alle sanzioni relative alla violazione degli obblighi di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari di cui all’articolo 258 del medesimo decreto.
In realtà non viene previsto alcunché, se non un rimando alle sanzioni definite nel Testo Unico Ambientale, che verrebbero integrate, qualora i soggetti abilitati ad operare in regime semplificato, quale previsto nel Regolamento stesso, non si attenessero a quanto ivi previsto. Art. 11 - Norme transitorie In sede di prima applicazione del Regolamento, l’obbligo si intende assolto con la presentazione alla Sezione regionale o provinciale dell’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali territorialmente competente di una Comunicazione secondo le modalità dell’articolo 3. L’iscrizione deve ritenersi “validamente operante” fino a che la competente Sezione dell’Albo non adotti una formale pronuncia di iscrizione o di rigetto della domanda. Intanto, il Garante Europeo della Protezione dei Dati Personali (European Data Protection Supervisor) Peter Hustinx ha sollevato una questione di non poco conto. In relazione alla proposta da parte della Commissione UE di rifusione della Direttiva RAEE, il 15 aprile Hustinx ha adottato un parere in cui, lamentando come il dibattito in corso si concentri essenzialmente sugli aspetti ambientali connessi ai E-Waste, ha sottolineato i rischi alla sicurezza dei dati personali connessi ad un inadeguato smaltimento, reimpiego o riciclaggio di PC e portatili (lagtop) . Gli hard-disk in loro contenuti, secondo il Garante europeo per la privacy, possono essere facilmente recuperati ed eventualmente rivenduti alla criminalità organizzata. Si intuisce chiaramente quali potrebbero essere gli usi che farebbero individui senza scrupoli delle informazioni contenute nei files: per esempio, a scopo di ricatto, qualora vi siano notizie sulla vita privata di persone, ovvero di utilizzare i numeri di eventuali carte di credito e account per compiere furti di denaro. “È importante tener conto dei potenziali effetti dannosi sulla protezione dei dati personali conservati nelle attrezzature utilizzate - ha dichiarato Hustinx - Il rispetto di misure di sicurezza e un approccio di tutela della privacy nella fase di progettazione dovrebbero essere considerate precondizioni per garantire effettivamente la protezione dei dati personali”. Nel parere che accompagna la proposta di rifusione della Direttiva, infatti, si raccomanda che il legislatore: - preveda che tali apparecchiature possano essere dotate con sistemi di facile cancellazione dei dati da parte dell’utente, prima di disfarsene, fin dalla fase di progettazione e fabbricazione; - inserisca il divieto di commercializzare tali apparecchiature se prima non siano state sottoposte a misure di sicurezza, adeguate a cancellare i dati personali ivi contenuti.
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AMBIENTE E SALUTE
Gennaio-Aprile 2010 il 3° periodo più caldo di sempre (NOAA)
ONDATE DI CALORE E ALTI LIVELLI DI OZONO NEI PROSSIMI DECENNI Secondo nuovo Studio Pianura Padana e Coste le aree più rischiose per la salute In Italia, la primavera 2010 è stata caratterizzata da abbondanti precipitazioni e temperature più basse delle medie del periodo, viceversa a livello globale, secondo le analisi condotte dall’Agenzia statunitense su Atmosfera e Oceani (NOAA) e pubblicate nel Rapporto preliminare di maggio, il mese di Aprile 2010 è stato il più caldo dal 1880 e il periodo gennaio-aprile 2010 è stato il 3° più caldo di sempre, dopo il 2007 (il più caldo) e il 2002 (il secondo). Il mappamondo delle anomalie (vedi cartina 1), rispetto al periodo 19712000 preso come base, mostra una riduzione delle temperature in America (Centro-sud e Sud-est degli USA e
Messico), Europa e Russia, ma le altre aree continentali evidenziano aumenti fino a 4 °C, soprattutto nell’America Settentrionale e nella fascia sub-Sahariana del continente africano. Si deve prendere in considerazione, perciò, l’eventualità che in estate possano verificarsi periodi di elevate temperature che mettono a repentaglio la salute degli individui, in particolare di anziani e bambini, durante le “canicole”, quando cioè si supera la soglia di 40,6 °C (valore per il quale vengono emessi gli avvisi di rischio di “colpi di calore” negli USA). Durante l’ondata di calore che ha
Fig. 1 - Fonte: National Climatic Data Center/NESDIS/NOAA
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colpito l’Europa nel 2003, si sono registrati 70.000 morti in eccesso in 12 Paesi, secondo “Le cifre del cambiamento climatico e salute”, scheda tecnica presentata a Parma nel marzo u. s. dalla WHO Europe (la sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), nel corso della V Conferenza ministeriale su Ambiente e Salute (cfr: “Ridurre entro i prossimi 10 anni gli impatti dell’ambiente sulla salute”, in Regioni&Ambiente, n. 4 aprile 2010, pag. 41 e segg.). Inoltre, si sono avute siccità e penuria di acqua in varie regioni, registrati black-out elettrici per i picchi di domanda per l’uso di condizionatori, si sono verificate morie di pesci nei
bacini interni, oltre ad altri danni contingenti, tanto che la Compagnia di Assicurazione Swiss Re ha stimato il costo complessivo dell’evento climatico in 13 miliardi di Euro. Alle elevate temperature si associano alte concentrazioni di ozono, che rendono questo gas irritante per le vie respiratorie, determinano difficoltà respiratorie e fanno aumentare di intensità gli attacchi di asma, anche se si deve osservare che, oltre all’effetto delle elevate temperature, l’ozono si forma a partire dai cosiddetti “inquinanti precursori” che derivano dal traffico (NOx) e attività industriali ed artigianali (COV). La Direttiva UE a lungo termine entratata in vigore quest’anno, indica come valore bersaglio per proteggere la salute umana meno di 25 superamenti annui della media massima giornaliera su 8 ore di 120 μg/m3, a 180 µg/m3 la concentrazione media oraria per informare la popolazione sui rischi connessi e a 240 µg/m3 la soglia di allarme. Come si può osservare dalla cartina geografica costruita dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), nel 2003 furono numerose le aree dell’Unione Europea che superarono il limite di 180 µg/m3 per oltre 10 giorni, tra cui alcune regioni italiane (la Pianura Padana, il Lazio, la Sicilia occidentale, la provincia di Napoli).
Utilizzando 6 nuovi modelli ad alta risoluzione (25 Km), i ricercatori hanno indagato come potrebbero evolversi i rischi connessi alla salute in Europa. “Volevamo capire se le zone di rischio future potessero essere localizzate, nonostante le incertezze sullo sviluppo dei fattori del clima
che influiscono sulla salute - ha affermato Fischer, uno degli autori della Ricerca - L’inquinamento atmosferico potrebbe far peggiorare le condizioni sanitarie degli individui prima ancora degli aspetti problematici connessi alle temperature più elevate dell’aria”.
Queste ondate di calore potrebbero diventare eventi sempre più diffusi e gravi nel corso del XXI secolo, come viene indicato in uno Studio pubblicato sul numero di maggio di Nature Geoscience e condotto da due professori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera del Politecnico di Zurigo (cfr: Erich M. Fischer & Christoph Schar, “Consistent geographical patterns of change in high-impact European heatwaves”). Fig. 2 - Fonte: AEA (Agenzia Europea per l’Ambiente)
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I due studiosi hanno incluso nella loro Ricerca i più importanti fattori di rischio climatico per la salute: la combinazione di elevate temperature di giorno associate a calde notti; l’elevata umidità relativa; la durata delle ondate di calore. Un aspetto chiave è costituito dall’impatto che possibili variazioni dell’umidità dell’aria potrebbe determinare sul rischio sanitario. Studiando i cambiamenti dell’indice di calore, indicatore che combina i rischi per la salute derivanti dalle temperature e dall’umidità, le simulazioni effettuate, hanno dimostrato che sussiste un modello “geograficamente coerente” tra i modelli utilizzati. “Per la penisola Iberica e le regioni del Mediterraneo si prevede un aumento dei giorni di canicola [nello studio viene definita “canicola” il periodo continuo di 6 giorni con temperature che si collocano nel 10% delle più calde registrate in ogni regione nello stesso periodo], passando da una media di 2 giorni per ogni estate del periodo 1961-1990, ai 13 giorni del periodo 2021-2050, per arrivare ai 40 giorni nel 2070-2100”. Secondo gli autori della Ricerca, due sono i motivi per cui queste regioni saranno più sensibili: la bassa quota altimetrica e l’elevata umidità relativa. In particolare, ne risentiranno maggiormente il bacino del Po e la bassa valle del Danubio. Sebbene i modelli prevedano che la siccità in aumento nel sud-Europa riduca in qualche modo l’umidità dell’aria, un certo livello di umidità permarrà naturalmente, e più pesantemente, lungo le fasce costiere di queste regioni. C’è, poi, il fatto che l’escursione termica è risultata mantenersi costante, perché all’aumento di temperature di giorno segue un incremento anche di quelle notturne, mentre in altre parti d’Europa di notte ci sarebbe
Fig. 3 - La previsione di frequenza delle giornate con temperature superiori alla soglia critica di 40,6 °C tra il 1971-2010. Il modello presenta la proiezione multimediale dei 6 modelli climatici regionali Fonte: Erich Fischer..., op. cit.
un minor riscaldamento. In queste aree vi sono città densamente popolate come Barcellona, Marsiglia, Milano, Napoli, Atene, Bucarest, dove i problemi sanitari potrebbero risultare ancora più gravi. “Nello Studio non si è tenuto conto ha osservato Fischer - che le città possono agire come isole di calore, per cui la situazione effettiva potreb-
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be risultare peggiore”. Comunque, concludono i ricercatori, una migliorata previsione climatica può costituire un aiuto per ridurre i rischi per la salute, approntando azioni di mitigazione e adattamento, come testimoniano gli abitanti dell’Arizona.
ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Una Guida del ProSto per il solare termico
SUPERARE LA VISIONE ELETTROCENTRICA DEL SOLARE Le “ordinanze solari” per usufruire dei benefici del sole nell’edilizia
L’opinione pubblica non conosce le potenzialità del solare termico, per il prevalere di un’idea elettrocentrica dell’energia pulita, anche indotta dal disinteresse dei politici e dalla scarsa attenzione dei media. Nel 2009, l’Italia con oltre 750 MW è risultata seconda nel mondo per le installazioni di fotovoltaico, nonostante a livello di rapporto tra costi di incentivazione e riduzione delle emissioni le rinnovabili termiche siano oggi le più convenienti. Il Position Paper sulle Rinnovabili approvato il 7 settembre 2007 dal Governo sulla ripartizione dell’obiettivo europeo del 20% di energie rinnovabili al 2020 sui consumi totali, indicava la necessità di raddoppiare il potenziale di elettricità “green”, ma indicava la necessità di quintuplicare quello delle rinnovabili termiche. Tuttavia le rinnovabili termiche sono sotto utilizzate ed incentivate, così che il solare termico contribuisce solamente per 2,2 Mtep (il 29% delle rinnovabili) a fronte di un potenziale sul totale al 2020 di 16 Mtep (60%). Alla vigilia della redazione del Piano Nazionale e del burden sharing regionale è opportuno riflettere su questo limite che rischia di compromettere il raggiungimento dell’obiettivo definito dall’Unione europea per l’Italia della quota del 17% dei consumi finali.
Co-finanziata dalla Commissione europea e coordinata anche da Ambiente Italia srl, è stata pubblicata una Guida di 50 pagine per fornire sostegno alle autorità locali nella pianificazione, lo sviluppo, l’introduzione e la gestione di “ordinanze solari”. L’iniziativa offre a municipalità, province e regioni d’Europa le indicazioni per mettere in pratica le misure per promuovere il calore dal sole. Dalla consultazione degli stakeholders, agli studi economici, fino alle campagne di comunicazione, ogni fase spiegata dalla Guida è corredata di esempi di buone pratiche già operative e di come è stata affrontata in varie realtà europee che vi sono già passate. Si parla ad esempio del processo di consultazione che ha coinvolto oltre 30 associazioni industriali, ecologiste e di settore, con cui la municipalità di Murcia in Spagna ha preparato la bozza della sua ordinanza solare; si cita lo studio del comune di Stoccarda in cui si sono chiariti i vantaggi economici per le famiglie di dotarsi di un impianto solare termico; si spiegano i vari tipi di incentivi introdotti in giro
Per promuovere l’uso del solare termico nei Paesi dell’Unione Europea, è nato ProSto, progetto che rientra nel Programma Energia Intelligente (IEE) che mira ad aumentare l’uso delle risorse rinnovabili, per limitare la dipendenza dalle fonti fossili convenzionali e allo stesso tempo far fronte ai pressanti problemi di carattere ambientale che sono generati dal loro utilizzo e, quindi, alla creazione di migliori condizioni per un futuro uso più responsabile e sostenibile dell’energia. È stata la Direttiva europea che regola il corretto rapporto tra energia e clima a imporre, tra l’altro, che nei regolamenti e codici edilizi o qualsiasi altro sistema con effetto equivalente gli Stati membri richiedano entro il 2015, al più tardi, l’impiego di livelli minimi di energia da fonti rinnovabili nelle nuove costruzioni e negli edifici esistenti che sono soggetti a importanti ristrutturazioni. Obiettivo generale del Progetto, dunque, è quello di promuovere l’uso del solare termico nei Paesi dell’Unione Europea, favorendo l’implementazione efficace degli obblighi relativi al solare termico (STO - Solar Thermal Obbligations) a livello comunale. Le ordinanze solari sono disposizioni legali che impongono l’obbligo di installare impianti solari ai proprietari di edifici di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazione. In molti casi, fanno parte di leggi nazionali o regionali per il settore energetico e spesso vengono attuate per mezzo di regolamenti edilizi a livello comunale. Un numero sempre crescente di Comuni, Regioni e Stati ha già introdotto tali ordinanze.
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10 BUONI MOTIVI PER SCEGLIERE IL SOLARE TERMICO 1.
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L’energia solare sostituisce i combustibili fossili, riducendo la bolletta energetica, la dipendenza dall’estero e le emissioni di gas serra. Il solare termico è una tecnologia matura, che viene utilizzata in tutto il mondo dagli anni ‘70. L’energia solare è economica, anche se confrontata con i combustibili tradizionali. I tempi di ritorno degli investimeni sono normalmente ben al di sotto della vita utile degli impianti. La tecnologia solare è ormai ampiamente diffusa. Reperirla, pertanto, è semplice ed è possibile confrontare numerosi prodotti disponibili sul mercato. I costi di manutenzione sono contenuti e la vita utile dei sistemi è di oltre 20 anni. I componenti di un impianto solare possono essere integrati armonicamente in edifici nuovi ed esistenti. Il solare termico è una tecnologia versatile: può essere utilizzato per riscaldare l’acqua sanitaria, gli ambienti, le piscine, oppure per raffrescare in estate. I collettori solari termici possono essere installati in diverse parti di un edificio: sui tetti, sulle facciate, sui balconi, sul terreno... Il tetto è un elemento sempre presente negli edifici, e spesso non viene utilizzato: il solare termico lo trasforma in un sistema di produzione di energia. Inoltre il solare termico sensibilizza i cittadini alle tematiche ambientali.
per il continente e così via. Il documento, interessante e utile, batte su due punti fondamentali per la lotta al global warming: - le azioni a livello locale che si possono intraprendere: - il grande potenziale delle rinnovabili termiche per la riduzione delle emissioni di gas serra.
Anche attraverso il portale web, ProSto offre strumenti di supporto per gli enti che vogliano predisporre obblighi sul solare termico: dalle consulenze sul potenziale e sui problemi di integrazione con le varie leggi nazionali, fino al materiale informativo sui benefici del solare termico.
I BENEFICI Pianificare il futuro, oggi Le ordinanze solari sono un aiuto per predisporre gradualmente il parco edilizio all’era del dopo-petrolio e del dopo-gas: gli investimenti sugli edifici, infatti, vengono programmati con decenni di anticipo. Risparmiare energia e salvaguardare l’ambiente Se in Europa il 50 % dei consumi per l’acqua calda sanitaria (ACS) fosse coperto con il solare, si otterrebbe un risparmio di circa a 12 Mtep all’anno, equivalente al consumo totale per riscaldamento ed ACS di circa 10 milioni di famiglie. Agire al momento giusto Risulta più conveniente includere il solare fin dalla fase di progettazione di un nuovo edificio oppure al momento dell’installazione di un nuovo impianto di riscaldamento in un edificio esistente. Le ordinanze solari fanno sì che queste importanti opportunità non vengano sprecate. I proprietari costruiscono, gli inquilini risparmiano Un’ordinanza solare promuove le energie rinnovabili anche quando le spese energetiche sono a carico degli inquilini, i quali non possono partecipare alle decisioni riguardanti gli investimenti strutturali. Promuovere il solare termico Creando un mercato stabile su parte del parco edilizio, le ordinanze solari attirano investimenti verso l’intera filiera dell’offerta, favorendo importanti economie di scala e un maggiore uso dell’energia solare. Le ordinanze solari incoraggiano, inoltre, l’uso volontario di energia solare in quantità superiore rispetto all’obbligo di legge ed in edifici non soggetti all’obbligo. Tanti vantaggi a costo zero La promozione delle rinnovabili tramite i più diffusi incentivi finanziari, prelevati dai conti pubblici, diventa più complessa man mano che il volume di mercato cresce; le ordinanze solari hanno, al contrario, un impatto molto limitato sui conti pubblici, in quanto i costi maggiori sono sostenuti dai gestori e dai proprietari degli edifici, che possono scaricare a loro volta le spese sugli inquilini, i quali beneficiano, però, degli effetti di riduzione della bolletta energetica dovuti all’impianto solare.
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Presentato uno Studio della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
SCENARI ELETTRICI FUTURI: CONSUMI IN DISCESA E AUMENTO DELLE RINNOVABILI Dopo la crisi non c’è necessità del nucleare, almeno fino al 2030
Con la recessione economica del 2008-2009 e con lo sviluppo del risparmio e dell’efficienza energetica lo scenario della domanda di elettricità nei prossimi due decenni è profondamente cambiato: mentre nel decennio pre-crisi 1997-2007 l’energia elettrica richiesta alla rete è aumentata del 25% (passando da 271,4 a 339,9 TWh , con un aumento di ben 68,5 TWh) , nel solo 2009 il calo dell’energia elettrica richiesta alla rete è stato del 6,7% ( e cioè di ben 22 Twh in meno del 2008 , con una discesa a 317,6 TWh) . L’aspetto strutturale della riduzione dell’energia richiesta in rete può influenzare i programmi di sviluppo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, nonché frenare il rilancio dell’atomo. Questo in sintesi quanto emerge dal Rapporto della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, guidata dall’ex Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, “Scenari elettrici post crisi al 2020 e 2030” che è stato presentato il 7 maggio. Dall’analisi dei consumi elettrici settoriali sembrerebbe che la crisi abbia promosso una riduzione non solo congiunturale dei consumi: alcuni cambiamenti virtuosi avvenuti sia nei processi produttivi sia nei comportamenti dei consumatori appaiono, infatti, già in embrione prima della crisi, con forti probabilità di crescita e sviluppo anche successivamente ad essa. “Già oggi - ha osservato il Presidente della FoSS ed ex Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi – alcune centrali termoelettriche ad alta efficienza vengono fatte funzionare non a pieno regime, e l’efficienza energetica porterà a ridurre
ulteriormente i consumi italiani, in linea con gli obiettivi europei e mondiali”. Lo studio, condotto sui dati ufficiali di istituzioni pubbliche (GSE, Terna, ISPRA, Ministero dello Sviluppo Economico, Commissione UE), ipotizza due scenari elettrici per il 2020 e il 2030: • nello scenario grigio (di peggioramento dell’efficienza elettrica) la crescita del consumo di elettricità sarebbe comunque minore di quella del decennio pre- crisi, pur essendo superiore ai 50 TWh per ogni decennio; • nello scenario blu (di miglioramento dell’efficienza elettrica) - il più probabile dopo la crisi - l’incremento dei consumi di elettricità sarebbe più che dimezzato, con una crescita di circa 50 TWh dal 2010 al 2030 e col ritorno ai consumi elettrici pre-crisi (2007) solo nel 2020. Mantenendo il trend di crescita in atto, le fonti rinnovabili raggiungeranno nel 2020 la produzione di circa 107 TWh (oltre il 30% dell’elettricità consumata) in linea con l’attuazione della Direttiva 2009/28/CE . Lo sviluppo delle rinnovabili potrebbe poi, secondo lo scenario avanzato delineato dalla DG Energia della Commissione UE, raggiungere in Italia 167 TWh nel 2030, che nello scenario blu dello Studio corrisponde al 45% dell’elettricità consumata. Uno degli effetti della crisi economica è stato quello per cui il settore elettrico ha quasi raggiunto l’obiettivo di Kyoto:
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le emissioni di CO2 sono scese nel 2009 del 5,5% rispetto al 1990. Per il 2020 e 2030 le emissioni di CO2 al 2020, nello scenario grigio, aumenterebbero dell’1,6% rispetto a quelle del 1990 e diminuirebbero solo del 10,3% rispetto a quelle del 2005. Ciò conferma che senza un impegno per l’efficienza energetica, anche con un aumento delle rinnovabili, non si potrebbero raggiungere gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni (-20% ,entro il 2020, rispetto al 2005). Nello scenario blu invece la riduzione delle emissioni di CO2 al 2020 è in linea con la Direttiva ETS, con una riduzione di circa il 20% rispetto a quelle del 2005. La riduzione proseguirebbe anche al 2030, di oltre il 26% rispetto al 2005. Nello scenario grigio il fabbisogno di potenza elettrica al 2020 per fornire l’elettricità richiesta alla rete sarà di circa 76 GW. Tenendo conto del fatto che sono già in costruzione nuove centrali termoelettriche convenzionali per circa 5,2 GW (che saranno terminate entro il 2011) e che la potenza efficiente lorda nel 2008 era di 76 GW , anche con qualche dismissione non ci saranno problemi di potenza disponibile al 2020. Nel 2030 il fabbisogno di potenza elettrica, sempre nello scenario grigio, sale a circa 87,6 GW : con gli ulteriori 1,2 GW già autorizzati e non ancora in costruzione e gli altri 4,75 GW con progetti definiti ed in fase avanzata di autorizzazione si coprirà completamente il fabbisogno di potenza. Nello scenario blu, invece, con le nuove centrali ormai in fase avanzata di costruzione (e che entreranno in esercizio entro il 2011 per circa 5,2 GW) fino al 2020 continuerebbe ad esservi un eccesso di potenza installata: servirebbero 70,6 GW e ne abbiamo già 76. Solo nel 2030 si arriverebbe ad un fabbisogno di potenza elettrica installata di 77 GW. Quindi, nello scenario blu, occorrerà rivedere , rinviare o annullare la costruzione di nuove centrali termoelettriche convenzionali già progettate e in fase avanzata di autorizzazione, e probabilmente la minore domanda di energia elettrica e l’entrata in esercizio di nuove centrali anticiperà la dismissione di alcuni vecchi impianti.
In tutti e due gli scenari del dopo-crisi, comunque, non si rileva una domanda elettrica aggiuntiva, almeno fino al 2030, che giustifichi nuove grandi centrali nucleari, la cui entrata in esercizio comporterebbe o la chiusura anticipata di centrali termoelettriche convenzionali ancora efficienti e/o la riduzione dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Per quanto riguarda le opzioni tecnologiche per i futuri scenari, nel settore dell’energia elettrica , sono in campo: • le innovazioni per l’ efficienza energetica; • le tecnologie per lo sviluppo delle fonti rinnovabili; • le tecnologie di cattura e sequestro della CO2 (CCS); • il nucleare. Pare difficile, e non consigliabile ad un Paese come l’Italia, sostiene lo Studio, di percorrere tutte e quattro queste opzioni entro il 2030. L’efficienza energetica e le rinnovabili sono opzioni già in atto che sarebbe assolutamente controproducente rallentare: l ’efficienza è già oggi l’opzione economicamente più conveniente e lo sviluppo delle rinnovabili, entro il prossimo decennio, avrà un forte impulso tecnologico e potrebbe diventare una delle attività trainanti anche delle esportazioni. Restano, quindi, in discussione o la scelta nucleare o la produzione di elettricità con centrali a carbone dotate di impianti di cattura e di sequestro della CO2. Percorrerle entrambe, per un Paese dotato di limitate risorse finanziarie e tecnologiche come l’Italia significa concludere poco in entrambe e giocare quindi solo un ruolo di appendice di altri Paesi. “Per il 2020 e per il decennio successivo - si legge nello Studio - , converrebbe sviluppare ed applicare la cattura e sequestro della CO2: una tecnologia matura per il sequestro e che sta avendo sviluppi importanti per la cattura. Una tecnologia innovativa, con grandi potenzialità di sviluppo, con la quale non partiremmo in ritardo e alla coda di altri, come per il nucleare , ma dove potremmo essere fra i primi al mondo”.
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AMBIENTE E SPORT
Al via la FIFA World Cup 2010
IN SUDAFRICA PER IL “GREEN GOAL” Perplessità sulla gestione sostenibile degli stadi dopo l’evento
L’11 giugno prenderà avvio in Sudafrica la 19a edizione del Campionato Mondiale di Calcio, il primo ad essere ospitato nel Continente africano. Centinaia di milioni di appassionati seguiranno le partite davanti alla TV, ma saranno numerosi anche i tifosi che si metteranno in viaggio per assistere alle prestazioni della squadra nazionale. Un grande evento sportivo di tale rilievo ha un notevole impatto dal punto di vista ambientale, contribuendo ai cambiamenti climatici, per il rilascio delle emissioni di carbonio in atmosfera, e per il dispendio di risorse. Anche la FIFA se n’è resa conto, tanto che in occasione dei Mondiali svoltisi tisi in Germania (2006) aveva lanciato ill Progetto “Green Goal” che consistee nell’organizzare l’evento in modo o tale da ridurre l’impatto ambientale sull’ambiente o di bilanciarne le inevitabili conseguenze con investimenti a favore di progetti ecologici in Paesi in via di sviluppo (climate neutrality). Il Sudafrica si è impegnato ad integrare i principi ambientali del “Green Goal”nella pianificazione ed organizzazione della World d Cup 2010, sulla base delle esperienze nze ac-
quisite nell’edizione 2006 in Germania e delle Olimpiadi 2008 di Pechino. Nei mesi scorsi, Buyelwa Sonjica, Ministro dell’Ambiente sudafricano, sulla base di una stima effettuata da Carbon Footprint, ha dichiarato che la manifestazione calcistica che si svolgerà nel suo Paese avrà un’impronta emissiva “quasi 10 volte quella della Coppa del Mondo in Germania”. Dal momento che Öko Institut di Friburgo, organismo specializzato nel calcolo delle emissioni in atmosfera, ha valutato in oltre 100.000 tonnellate di CO2 eq. l’impronta carbonica della Ma Manifestazione in Germania, se ne può dedurre che ch la sola competizione calcistica in Sudafrica determinerà una emissione di 1 milione di tonnellate di CO2. Se poi si calcolano quelle emesse dagli aerei per trasportare tr gli attesi 500.000 turisti provenienti da ogni parte del mondo, e da provenien voli interni sudafricani per i vari spostamenti tra le varie sedi di gioco, che sono reputate pari al 65% del d totale, ecco che si arriverà a circa 3 milioni milion di tonnellate, limite che finora non era stato m mai raggiunto e difficilmente sarà eeguagliato in seguito da altra manifestazione sportiva. Di qui gli sforzi effettuati dal Governo sudafricano e dal Comitato organizzatore per trovare m partnership solide in grado di supportare i
Città del Capo,Green Point Stadium. – Situato tra le morbide colline del Signal Hill e l’Oceano Indiano in una zona ambita della città, destinata a diventare un luogo di impulso per futuri sviluppi urbani, lo stadio si inserisce discretamente nel paesaggio circostante, integrandolo.La superficie della struttura è in grado di assorbire e riflettere la luce del giorno, cambiando così di tonalità a seconda delle condizioni meteorologiche. In grado di ospitare 70.000 persone, darà la sede di una delle due semifinali.
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costi per la neutralizzazione dell’evento che si aggirerebbe sui 10 milioni di euro, mentre la compensazione dei viaggi aerei ne richiederebbe il doppio. Oltre alle emissioni di CO2, tali eventi sportivi hanno un impatto significativo dal punto di vista ambientale, con incidenze notevoli sulle risorse idriche, sulle fonti energetiche, per la produzione di rifiuti. In merito, il Sudafrica farà grande affidamento sulla produzione di energia rinnovabile, dotando tutte le aree residenziali delle nove città, sede delle partite, di illuminazione a basso consumo (LED), mentre semafori e apparecchiature di videosorveglianza della rete stradale ed autostradale funzioneranno ad energia solare. L’energia necessaria per il funzionamento, illuminazione e gestione degli stadi deriverà da fonti rinnovabili (ad es., Città del Capo vi provvederà tramite l’energia eolica della Wind Farm Darling; Durban utilizzerà quella derivante dal biogas delle discariche. Tutte le città coinvolte hanno introdotto sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti, ma soprattutto sono stati definiti programmi di riduzione dei rifiuti da imballaggio per evitare il conferimento in discarica di grossi quantitativi e di prevenzione, attraverso attività di informazione e formazione. Per ridurre al minimo la mobilità individuale sono stati predisposti servizi collettivi per e da gli stadi, che utilizzeranno carburanti alternativi e tecnologie verdi, come il biodiesel, il bioetanolo e celle a combustibile. Percorsi pedonali e piste ciclabili garantiranno un facile accesso ai mezzi di trasporto. Degli ingenti investimenti che sono stati assicurati per l’evento, ben il 90% è stato assorbito dalle infrastrutture. Il Sudafrica ritiene, infatti, che la manifestazione calcistica costituirà una grande opportunità economica per il Paese che ha visto crearsi numerosi posti di lavoro, soprattutto nell’industria turistica, con investimenti privati che lasciano intendere una crescita del settore nei prossimi anni. Per i visitatori e gli operatori turistici è stato stilato un Codice di condotta responsabile in cui si sottolinea la necessità del
rispetto dell’ambiente, delle diversità culturali e del commercio equo. Se la durata della Manifestazione è di un solo mese, i benefici per il Paese ospitante perdureranno nel tempo, specie quelli relativi alle infrastrutture turistiche e alle reti di trasporto. Non siamo convinti, tuttavia, che gli investimenti nei nuovi stadi costruiti saranno remunerativi. Se si considera che la premier league sudafricana nell’ultimo stagione calcistica ha avuto in media 8.000 spettatori, pur prevedendo un loro incremento per l’effetto traino della Coppa del Mondo, difficilmente si riuscirà a coprire con l’afflusso di spettatori i costi di esercizio dei nuovi stadi o di quelli ristrutturati, il più piccolo dei quali (Royal Bafokeng Stadium di Rustemburg) può contenere 42.000 posti a sedere. Se è giusto che la FIFA si interessi della sostenibilità ambientale dei nuovi stadi che vengono costruiti per ospitare la Coppa del Mondo (quelli in Sudafrica hanno rispettato il manuale Football Stadiums: Technical Recomendations and Requirements della FIFA, integrato dal capitolo Green Goal, implementato con i criteri economici, ambientali e sociali, quali previsti dal Sustainable Building Assessment Tool, in uso in Sudafrica), è altrettanto importante domandarsi se tali stadi possono essere gestiti in modo economicamente sostenibile, al di là dei loro bassi consumi ed efficienti prestazioni. Ne sa qualcosa il Portogallo che, dopo aver ospitato il Campionato di Calcio Europeo nel 2004, si ritrova con stadi che accolgono mediamente solo 4.000 paganti. Eppure, per i Campionati Mondiali 2018 e 2022, i Paesi candidati ad ospitarli debbono mettere a disposizione “12 stadi dalla capienza minima di 40.000 posti a sedere e lo stadio per la finale dovrà contenerne almeno 80.000”. Sarebbe a dire che, all’infuori di Germania, Gran Bretagna, Italia e Francia, tutti gli altri Paesi, dopo che Sepp Blatter avrà consegnato l’ambito trofeo, avranno stadi sottoutilizzati ed con una gestione in perdita. La qual cosa non ci sembra sia “sostenibile”!
Johannesburg-Soweto, Soccer City. Indicato anche come FNB Stadium, qual era il suo nome prima di essere completamente ristrutturato, si colloca nel più popoloso quartiere della città con una struttura a forma di pentola, dal colore rosso come la locale ceramica, che si accentua nella parte inferiore per simulare il fuoco. Dalla capacità di 94.700 posti, questo stadio ospiterà la partita inaugurale e quella di finale, con relativa cerimonia conclusiva.
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SERVIZI AMBIENTALI
Firmato Protocollo di intesa tra i principali operatori del settore
PFU: TUTELARE L’AMBIENTE, VALORIZZANDO UNA PREZIOSA RISORSA Tecnologie all’avanguardia permettono oggi un recupero totale di tutti i materiali impiegati di Adriana Malandrino
Un Protocollo d’Intesa dal titolo “La gestione degli pneumatici fuori uso: tutelare l’ambiente e dare valore ad una risorsa preziosa” è stato firmato, nel corso del Convegno nazionale di Assorigom, dai principali operatori del settore per assicurare una corretta gestione nazionale degli pneumatici fuori uso (PFU), in attesa del Decreto Ministeriale che darà il via a un sistema nazionale integrato. “Nel lungo cammino che porterà all’attuazione di un sistema nazionale di recupero dei pneumatici fuori uso, gli operatori del settore hanno scelto di confrontarsi e condividere importanti obiettivi, gettando le basi per una filiera impostata all’efficienza, all’ottimizzazione dei processi e alla valorizzazione delle migliori aziende esistenti - ha affermato in un comunicato Ecopneus, sottolineando che - Tale documento risulta di particolare importanza, poiché i firmatari rappresentano una parte cospicua del sistema che prenderà il via con l’atteso decreto del Ministero dell’Ambiente che darà vita ad un sistema di raccolta e recupero del 100% degli PFU generati ogni anno in Italia”. I firmatari (Ecopenus, Federpneus, FISE-Unire, Assorigom e Assodem) si sono impegnati ad attuare, ognuno per l’ambito di propria competenza, un sistema improntato nel rispetto dei seguenti principi: • lotta all’illegalità per garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana attraverso un governo costante del flusso dei PFU; • garanzia totale della tracciabilità dei flussi attraverso un maggior controllo della movimentazione del PFU con una
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rendicontazione dettagliata e tempestiva alle Istituzioni e Autorità preposte; attuazione degli indirizzi comunitari, contribuendo, in linea con il Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente e la Direttiva sui rifiuti 2008/98/CE, allo sviluppo di una “società europea del riciclaggio” e alla creazione di un’economia basata su un uso efficiente delle risorse naturali; sviluppo di un’industria nazionale del riciclo e del recupero di alta qualità attraverso la promozione delle eccellenze e l’adozione (in tutti i settori della filiera coinvolti nella gestione) dei migliori standard affermati in ambito internazionale; massimizzazione del beneficio ambientale ed economico attraverso l’obiettivo di raccolta e recupero pari al 100% del quantitativo immesso nel mercato favorendo la garanzia di un flusso costante di materiale da destinare all’industria produttiva; ottimizzazione dei costi di sistema pianificando e organizzando le operazioni di gestione degli PFU su tutto il territorio nazionale in modo da contenere il contributo ambientale richiesto ai cittadini; non ultimo si tenta, con questo protocollo, di favorire la ricerca e la sperimentazione, sostenendo, attraverso progetti di ricerca e sperimentazione, lo sviluppo di nuove applicazioni dei materiali derivati dal riciclo e recupero degli PFU.
Alla base della firma del Protocollo, più in generale, c’è la possibilità di imparare a considerare lo pneumatico fuori uso come una risorsa da valorizzare e non più rifiuto, in una realtà attuale che manca di un sistema nazionale di gestione degli PFU. Focalizzandosi sulla situazione italiana attuale, si nota che ogni anno vengono venduti nel nostro paese oltre 30 milioni di pneumatici per autovettura, 2 milioni per autocarro, 3 milioni per mezzi a 2 ruote e 200.000 per mezzi industriali e agricoli, cui corrispondono, in linea di massima, altrettante quantità di pneumatici usati. Ogni anno sono circa 350.000 le tonnellate degli PFU prodotte nel nostro paese, anche se non esistono statistiche ufficiali. Tale dato (stimato da Ecopneus) deriva dalla convergenza di diverse fonti legate al settore, che lo convalidano come riferimento affidabile per dimensionare il fenomeno. Nel 2009, di questa quantità: - circa la metà è stata destinata al recupero energetico; - circa il 20% è stato recuperato come materia prima per utilizzi urbani e industriali (dato pari alla metà della media Europea); - la quota restante si è dispersa invece in traffici, pratiche illegali o comunque fuori controllo. Fino ad oggi l’assenza di un sistema integrato di gestione a livello nazionale ha generato una situazione caratterizzata da: - mancato controllo sui flussi globali di questo materiale attraverso tutti i passaggi della filiera; - situazione che non permette di avere una chiara visione complessiva di questa realtà; - insufficiente utilizzo degli PFU e dei suoi derivati ; - assenza di una ottimizzazione tra le varie componenti del sistema (raccolta, trasporto, recupero e impiego). La firma del Protocollo arriva dopo tre anni di confronto sulle tematiche dibattute in merito all’art. 228 del D.Lgs. n. 152/2006 (il cosiddetto Testo Unico Ambientale) ed è sicuramente un risultato significativo che rappresenta un primo passo importante per le problematiche poste, va però sottolineato che il lavoro da fare è ancora molto poiché molti sono i punti che restano in sospeso per una corretta gestione del sistema. Il documento in questione riflette e tocca una serie di tematiche sulle quali il Consorzio Argo, nel corso degli anni, ha lavorato proponendo una serie di interventi istituzionali che hanno, di fatto, aperto la strada al settore del recupero e alla relativa proposta normativa che, in parte, oggi è una realtà decisiva per tutto il comparto industriale degli pneumatici.
ha espresso soddisfazione per l’intesa raggiunta e per la quale si era impegnata, dichiarando che “Questa è la strada giusta da perseguire. Sarebbe auspicabile quindi che, anche con la collaborazione dei produttori, si facesse chiarezza sulle responsabilità di rappresentanza di un sistema complesso che necessita dell’apporto delle specifiche conoscenze e competenze che altrimenti rischia di attuare solo scelte parziali, lasciando scoperte le potenzialità di un settore che rappresenta la vera chiave di volta per la risoluzione del problema pneumatici/rifiuti”. A oggi 3,5 milioni di vecchi pneumatici vengono riciclati ogni anno in Europa e una grande quantità di questi viene usata per creare granulati di gomma. Gli pneumatici usati però contengono anche acciaio e per questo MeWa Recycling Maschinen und Anlagenbau GmbH di Baden- Württemberg, in Germania, ha messo a punto la macchina UNI-Cut Sp per separare la gomma dal ferro e recuperare interamente un acciaio di ottima qualità dagli pneumatici di auto e tir. Al fine di proteggere nei passi a valle del processo contro l’eccessiva usura, un accorgimento è quello di rimuovere l’acciaio il prima possibile. La distruzione è solitamente seguita da un primo processo di frantumazione per ottenere granuli di gomma da 15 a 30 millimetri. Successivamente, dopo la prima granulazione, un sistema di separazione per i metalli estrae una grande porzione di acciaio dal flusso di materiale. Questa frazione estratta è però ancora sporca, poiché è ancora contaminata dal 10 al 35% del peso di gomma, una percentuale troppo alta. È a questo punto che entra in campo la UNI-Cut Sp della MeWa, specializzata nella pulizia dell’acciaio dai residui di gomma. Questo macchinario alterna la forza della pressione e della triturazione per scomporre questo materiale mescolato. Creata con lame sensibili e pistoni che sfregano l’uno contro l’altro, l’innovativo macchinario individua i due diversi composti, l’acciaio e la gomma. Il sistema permette dunque di individuare i diversi materiali e tenerli separati, e poiché tutto l’impianto è incapsulato, questo permette di soffiare via i residui della separazione e trattenerli in uno speciale filtro. Il sistema di separazione e pulizia produce una tonnellata di materiale diviso e pulito al 98% all’ora, mentre la gomma si trasforma in polvere riutilizzabile.
Anche il Consorzio ARGO, associato ad ETRA (European Tyre Recycling Association) e a FISE-Unire che riunisce imprese nazionali del recupero all’interno di Confindustria,
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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE
Parigi, “Nature Capitale” per celebrare la Biodiversità
UN IMMENSO GIARDINO LUNGO GLI CHAMPS ÉLYSÉES Le Mairie ha lanciato un Piano per la salvaguardia delle Biodiversità cittadine Per due giorni, in occasione delle manifestazioni per la celebrazione della Giornata Mondiale della Biodiversità (22 Maggio 2010), Parigi si è svolta “Nature Capitale”. Gli Champs Élysées, uno dei viali più belli e famosi, dal Rond Point a Place de l’étoile, per la lunghezza di 1 Km. e per 27 m. di larghezza, si è trasformato in un gigantesco orto-giardino nel volgere di una notte e di dodici ore di duro lavoro di 600 agricoltori e tecnici che sotto la guida esperta di Gad Weil, “createur de rue”, che già nel 2010 aveva dato vita alla trasformazione della celebre passeggiata in un immenso campo di grano (La Grande Moisson), e del noto paesaggista Laurence Médioni. “La natura è più che mai la preoccupazione di tutti - ha osservato Weil - I problemi ecologici e ambientali sono divenuti particolarmente gravi in Foto di Xavier Defaix tutto il mondo. Ho voluto cogliere l’occasione per fornire al pubblico della Beaune, passando per i pascoli l’opportunità di discutere di ambiente, montani”, ha dichiarato Carole Doré, mentre ha goduto di una performan- vice-Presidente di Jeunes Agricolteurs, ce artistica e di un’atmosfera bucolica l’Associazione agricola che è stata partner dell’iniziativa, coinvolgendo le 11 unica”. Su una superficie complessiva di 3 ettari, regioni in cui siamo rappresentati. in una notte sono cresciuti 650 alberi, Se dialogando con i professionisti spuntati 150 mila alberelli, fiorite 150 che lavorano la terra di Francia è staspecie vegetali suddivise in 8.000 parti- ta occasione per rendere consapevoli celle di orto da 1,2 m2 che chiunque ha cittadinanza e turisti dell’importanza di potuto acquistare e portare altrove, di- mantenere alta la qualità del cibo attraventando “essaimeur” (diffusore). Era verso la conservazione dell’ambiente, previsto, infatti, il coinvolgimento attivo e del ruolo che i coltivatori assolvono dei visitatori che, ripiantando, accuden- nel preservare la biodiversità, non c’è do e condividendo le piante, avrebbero dubbio che “Nature Capitale” ha cocontribuito a portare lontano nel tempo stituito un momento di riflessione sul la memoria dell’evento e a diffondere la delicato equilibrio tra uomo e ambiente per apprendere con facilità le complesse biodiversità. Inoltre, sono stati allestiti recinti dove questioni dell’ecologia e dello sviluppo hanno trovato collocazione 60 animali, sostenibile. Neppure il Presidente della Repubblica tra mucche, vitelli, maiali, capre, polli. “È una Francia in miniatura, con tutte Nicolas Sarkozy ha voluto sottrarsi a le varietà dei suoi paesaggi, dalle tenute questo appuntamente. Accompagnato della Normandia alle grandi pianure dalla Première Dame, Carla Bruni si è
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immerso tra le colture e gli animali, soffermandosi di tanto in tanto a dialogare con agricoltori ed allevatori. Nella parte bassa dell’Avenue, all’altezza del Grand Palais, 30 gigantografie di insetti “sentinelles et acteurs de la biodiversité”, sottolineavano l’importante ruolo da loro svolto per la sicurezza alimentare, tramite l’impollinazione, e la necessità di essere salvaguardati, riducendo l’uso dei pesticidi. Anche la Tour Eiffel, icona della città, non si è sottratta all’evento celebrativo ed ha offerto ai suoi visitatori, fino alla fine di maggio, un “giardino effimero”, progettato dal Dipartimento di Architettura del Paesaggio e dell’Ambiente della Città di Parigi. Allestito al 1° piano del monumento, il giardino ha occupato una superficie di 400 m2 su cui si sono distribuite 80 essenze, scelte tra quelle che si possono trovare allo stato selvatico nella regione parigina. Al centro, grandi vasi illuminati con un sistema a LED diffondevano colori che mutavano, rinnovando in continuazione la decorazione. Particolarmente apprezzata dai visitatori la ringhiera floreale di piante aromatiche, affacciantesi sul lato di Campo di Marte. Parigi allestisce ogni anno nei suoi angoli più prestigiosi i cosiddetti “giardini effimeri” (ndr.: moda che risale al Rinascimento allorché in occasione di feste e celebrazioni era invalsa l’abitudine di approntare giardini ornamentali, definiti “effimeri” perché venivano smantellati appena conclusi i divertimenti, come il breve ciclo vitale degli insetti omonimi da cui traggono l’appellativo) in punti strategici per il passaggio di numerosi cittadini e turisti, tra cui si ricorda quello allestito nell’estate 2008 sul parvis dell’Hotel de Ville, sede del Comune nel 4° arrondissement, corre-
Il Presidente francese Nicolas Sarkozy, accompagnato dalla moglie Carla Bruni, visita Nature Capitale
dato da uno stagno, per sensibilizzare sull’importante ruolo che la biodiversità assolve per l’ambiente urbano (azione intrapresa nell’ambito dell’adesione a Natureparif). La Capitale francese può annoverare 6 milioni di alberi e 110.000 specie sono potenzialmente in grado di viverci, e numerose aree etichettate “spazio verde ecologico”, che sono in continuo incremento, soprattutto dopo che l’Amministrazione Comunale ha sottoscritto nel 2004 la “Carta Regionale Île de France della Biodiversità degli Ambienti Naturali”. La Città ha riaffermato il suo interesse per la biodiversità, sottoscrivendo il 25 giugno 2009 l’azione coordinata dalla IUNC “2010 Conto alla rovescia per arrestare la perdita di biodiversità”. In occasione, poi, della proclamazione da parte dell’ONU del 2010 Anno Internazionale della Biodiversità (IYB), con lo slogan “Biodiversità è vita. La Biodiversità è la nostra vita” (cfr: Regioni&Ambiente, n. 1/2, Gennaio-Febbraio 2010, pag. 40 e segg.) il Sindaco ha lanciato un Piano per salvaguardare la biodiversità ed arricchire le specie animali e vegetali presenti a Parigi che può contare, comunque, su 2.000 specie di piante selvatiche e funghi, più di 1.000 specie di insetti, 10 specie di anfibi, 174 specie di uccelli, 3 specie
di rettili, 33 specie di mammiferi e 36 specie di pesci. “Spero che il 2010 sia l’occasione per la Città di Parigi per migliorare le sue conoscenze e le iniziative sulla biodiversità - ha dichiarato alla presentazione del Piano, il Sindaco, Bertrand Delanoë - Quest’anno sarà un anno di intenso lavoro per sviluppare e adottare questo piano”. Il Piano mira ad un coinvolgimento attivo di cittadini, associazioni, scienziati, che potranno partecipare alla formulazione
di inventari, tramite osservazioni e fotografie, gruppi di studio e conferenze ad, ad elaborare riflessioni e proposte per aumentare la biodiversità in 4 siti prescelti della città (I Canali della Senna e dintorni; I Boschi di Vincennes/Charenton-Bercy; Il Cimitero di Père Lachaise e dintorni; Le Rive della Senna lungo il Bois de Boulogne), che successivamente verranno raccolte in un Libro Bianco nell’autunno e sottoposte entro la fine dell’anno all’approvazione del Consiglio Comunale.
Il Giardino Effimero collocato al 1° piano della Tour Eiffel
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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
FONTI RINNOVABILI: RIVEDERE GLI INCENTIVI PER FERMARE LE SPECULAZIONI E PREMIARE L’EFFICIENZA ENERGETICA E LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE di Francesco Maria Ciancaleoni Area Ambiente e Territorio Coldiretti
È preferibile puntare a produrre energia sul territorio con coltivazioni dedicate e biomasse residuali dimensionate nell’ambito della filiera corta e della generazione distribuita, optando per impianti - meglio se gestiti direttamente dagli imprenditori agricoli - di dimensioni ridotte, che garantiscono maggiore efficenza anche grazie alla possibilità di recupero e all’impiego locale dell’energia termica. Questo modello, oltre a rispondere ad obiettivi strategici di carattere generale, preserva l’agricoltura e la sua funzione di tutela della qualità territoriale. Diversamente valutati dovrebbero essere gli impianti e le tecnologie che producono energia sottraendo spazio all’agricoltura e impattando il paesaggio. Questa è la sintesi dell’intervento di Coldiretti al Convegno organizzato da Amici della Terra, dal titolo “Non solo elettricità Opportunità e prospettive della valorizzazione del comparto termico sulle rinnovabili termiche”, tenutosi a Roma il 14 aprile scorso. L’iniziativa, che ha visto anche la partecipazione delle associazioni industriali del settore e gli interventi di Alessandro Ortis, dell’Autorità per l’energia, dei rappresentanti dei Gestori dei Servizi Energetici (GSE) e del Ministero dello Sviluppo Economico, ha costituito un’occasione per fare il punto della situazione rispetto agli obiettivi nazionali in materia di energia rinnovabile. I numerosi e competenti intervenuti al Convegno hanno evidenziato come, rispetto al raggiungimento dell’obiettivo del 17% al 2020, è necessario pensare anche alla valorizzazione dell’impiego dell’energia termica. La produzione e il recupero di calore sono destinati, infatti, a fornire un contributo più che rilevante, con importanti ricadute economiche, ambientali e sociali, quali l’ottimizzazione delle sinergie con le politiche di efficienza energetica riguardanti gli interventi negli edifici nei settori del residenziale e del terziario; la massimizzazione dei benefici per gli utenti finali (famiglie e imprese); la maggiore possibilità di sollecitare investimenti diffusi con incentivi limitati; l’attivazione di soluzioni integrate a diversi problemi territoriali (utilizzo dei rifiuti organici, dei residui agricoli e forestali, dei reflui zootecnici e dei fanghi di depurazione); il coinvolgimento del mondo agricolo per l’approvvigionamento di impianti a filiera corta; l’organizzazione di filiere industriali italiane a energia rinnovabile a partire dall’industria meccanica varia, che offre già innovazioni tecnologiche ad alta efficienza energetica e che nelle riconversioni in corso può trovare nuovi sbocchi applicativi nelle fonti rinnovabili; il rafforzamento della rete delle E.S.CO. per la diffusione dei servizi energetici; la formazione e l’occupazione per
personale qualificato. Anche secondo il Prof. Alessandro Ortis, Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas “Il miglioramento dell’efficienza nell’uso dell’energia, anche attraverso le rinnovabili termiche, dovrà necessariamente assumere un ruolo determinante per poter rispettare gli impegni nazionali e comunitari connessi al cosiddetto Pacchetto 20-20-20 al 2020”. “In questo senso - ha proseguito Ortis - l’Autorità per l’energia sta intensificando il suo impegno a favore del meccanismo certificati bianchi applicato al comparto termico”. L’intervento a cura del Ministero dello Sviluppo Economico ha ribadito, inoltre, l’importanza del raggiungimento di obiettivi comunitari attraverso un sostegno più accentuato alla produzione di calore da fonti rinnovabili. Si tratta di una necessità anche alla luce delle modalità con cui sono fissati gli obiettivi dal “Pacchetto 20-20-20”, che agiscono sui consumi complessivi di energia e non solo sull’elettricità e sui carburanti per trasporto. A tal fine, il Governo è impegnato ad una riflessione articolata ed alla predisposizione di una proposta organica che deve essere formalizzata nell’ambito del Piano nazionale d’azione sulle fonti rinnovabili e del Decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE. Un ulteriore elemento determinante è quello della riorganizzazione del sistema di incentivazione, che richiede incentivi stabili ed a basso rischio (come le tariffe fisse) per le tecnologie meno mature, accompagnati da un sostegno continuo alla ricerca ed allo sviluppo, e incentivi sempre più orientati al mercato per le tecnologie più competitive. Di estrema importanza risultano essere, poi, l’adozione delle linee guida nazionali in materia di procedimento autorizzativo, che dovrebbero garantire regole unitarie ed omogenee su tutto il territorio nazionale e che dovrebbero essere approvate al più presto dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni; e la ripartizione tra Regioni e Province autonome della quota minima di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili per raggiungere l’obiettivo posto dalla normativa europea (17% del consumo interno lordo entro il 2020). Il Ministero ha annunciato anche il varo di un Piano straordinario per l’efficienza ed il risparmio energetico, previsto dalla Legge n. 99/2009, con l’obiettivo di promuovere la cogenerazione diffusa con misure volte a favorire l’autoproduzione di energia per le piccole e medie imprese, il rafforzamento del meccanismo dei titoli di efficienza energetica, la promozione di nuova edilizia
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a rilevante risparmio energetico e la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, oltre all’introduzione di incentivi per l’offerta di servizi energetici. Nell’ambito del dibattito, l’intervento di Coldiretti ha puntato a sottolineare come la mancanza di una strategia energetica di governo a lungo termine, con obiettivi di efficienza, sicurezza, sostenibilità territoriale ed economicità, rischi di penalizzare il ruolo dell’agricoltura nella produzione di fonti rinnovabili. Al di là di incentivi non commisurati allo sviluppo tecnologico, come quelli per l’eolico, anche Coldiretti conviene sulla necessità di porre rimedio all’attuale sottovalutazione del ruolo del recupero termico all’interno dello sviluppo di strutture e misure per l’efficienza energetica. Oltre a prevedere meccanismi di consultazione pubblica che rendano più certa la decisione, si tratta, inoltre, di mettere in campo strumenti attuativi che garantiscano la sostenibilità delle energie rinnovabili, che rischiano oggi di premiare interventi speculativi, sottraendo territorio all’agricoltura. Le potenzialità dell’agricoltura nell’ambito della produzione delle fonti rinnovabili sono, infatti, notevoli. Secondo i dati di uno Studio elaborato da Coldiretti e C.e.t.a., il contributo energetico potenziale aggiuntivo che l’agricoltura potrebbe fornire al 2020 sarebbe pari a 11,50 Mtep. Rispetto a questo scenario al 2020, dunque, il contributo percentuale delle agroenergie al bilancio energetico nazionale potrebbe raggiungere l’8%, per un totale di energia rinnovabile prodotta pari a 15,80 Mtep. La quota di energia aggiuntiva rispetto alla produzione attuale può essere così ripartita per settori: 1,08 Mtep dalle fonti fisiche (solare, fotovoltaico, eolico, geotermico e idroelettrico), 7,65 Mtep dalle biomasse combustibili, di cui 5,2 Mtep dalla biomassa legnosa forestale e fuori foresta, 0,4 Mtep da colture erbacee dedicate, 1,75 Mtep dalla biomassa residuale (cereali, frutta/agrumi, olivicoltura e vite), 0,29 dai reflui e residui per la produzione di biogas e 0,01 dai residui avicoli; 2,78 Mtep dai biocarburanti (0,89 dal bioetanolo e 1,89 dal biodiesel). Un’ulteriore previsione riguarda gli impatti occupazionali: si tratta di poco meno di 100.000 unità attive nelle fasi di produzione o di conversione delle energie dalle varie fonti rinnovabili. Per quanto riguarda le emissioni, la CO2 evitata potrebbe essere pari a 26,37 Mt/annue. In termini di superfici agricole, per quanto riguarda la stima delle potenzialità energetiche (al 2020) delle biomasse combustibili, dobbiamo considerare i 10,7 milioni di ettari delle foreste italiane, 70.000 ha di colture dedicate, 30 milioni di ettari complessivi (cereali, semi oleosi,
frutta, agrumi, olivo e vite) da cui attingere per i residui delle attività agricole. A queste superfici vanno aggiunte quelle potenzialmente investite a biocarburanti, pari a circa 360.000 ha. Tuttavia, per Coldiretti resta prioritario porre il problema delle modalità di utilizzo del territorio da parte di tutte le filiere a rinnovabili. Ad esempio, assistiamo ad una forte richiesta di autorizzazioni di grandi impianti di fotovoltaico in Puglia (con valori prossimi ai 10 MW). Rispetto agli attuali 2.200 ha già occupati da impianti, si prospetta una ulteriore e vasta occupazione del territorio. Il medesimo problema si riscontra per i progetti eolici. Il territorio ha le sue esigenze di mantenimento di elevati livelli qualitativi, cui l’agricoltura contribuisce in maniera decisiva. Da questo punto di vista, Coldiretti accoglie con preoccupazione la recente decisione della Corte Costituzionale che ha escluso la possibilità, da parte delle Regioni, di individuare delle aree da preservare rispetto agli investimenti su fonti rinnovabili. Tuttavia l’agricoltura non rinuncerà a far valere le proprie ragioni nell’ambito del dibattito sulla compatibilità di certi investimenti, rispetto all’assetto ambientale e paesaggistico del territorio, oggi più che mai fattore produttivo per le imprese agricole che hanno investito nell’identificazione delle produzioni agroalimentari con le aree di provenienza. Permane, infatti, la tendenza a sottovalutare certi impatti e grandi investimenti stanno sfuggendo ad una logica di integrazione, mentre altri, di piccole dimensioni, che invece sono ben dimensionati e integrati, fanno fatica a trovare il loro spazio, in assenza di un necessario contesto di programmazione. Il settore agroenergetico, e con esso le rinnovabili in generale, può crescere solo in presenza di una forte condivisione con il tessuto territoriale e imprenditoriale del Paese. Sulle biomasse Coldiretti ha operato una scelta d’interesse, distinguendo, ad esempio, fra i biocarburanti di importazione e quelli provenienti da filiere corte. Questa scelta risponde alla consapevolezza del fatto che, a costo di rinunciare a delle opportunità economiche per il settore, gli incentivi devono avvantaggiare gli interventi che vanno nella direzione della sostenibilità ambientale, che resta prioritaria sul resto. L’agricoltura, perciò vuole essere protagonista degli investimenti sulle rinnovabili, ma senza sacrificare la sua principale risorsa: il territorio.
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EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ
A margine dell’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull
ANCORA UN MONITO DALL’ISLANDA Verrà colto?
“... Natura - Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l’intenzione a tutt’altro, che alla felicità degli uomini o all’infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n’avveggo, se non rarissime volte: come ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o per giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei. ...” Giacomo Leopardi, “Operette Morali”: Dialogo della Natura e di un Islandese (1824). In quella che è forse la sua Operetta più conosciuta ed antologizzata, il poeta recanatese rovescia le teorie filosofiche tardo-illuministiche del suo tempo, che presupponevano una evidente superiorità dell’uomo sulla natura. Il contrasto tra i punti di vista, quello umano e quello globale, risultano insanabili, perché i giudizi di valore che l’Islandese (l’uomo moderno che ha saputo adattarsi ad un ambiente “estremo”), dipendono essenzialmente dalla parzialità dei suoi interessi rispetto alla totalità a cui egli stesso appartiene (Natura), che non agisce secondo una propria ed intrinseca finalità.
Seppur scontata, la rivisitazione dei passi del poeta di Recanati, dopo lo scompiglio dei trasporti aerei per la nube di ceneri che ha sovrastato i cieli d’Europa, emessa dall’attività di uno dei tanti vulcani attivi della remota Islanda, potrebbe costituire occasione di riflessione sul modello di sviluppo che abbiamo creato, sempre che si vogliano cogliere i “messaggi” che ne derivano. Il sistema è così “globalizzato” che qualsivoglia evento naturale o artificiale accada in qualche parte del mondo ha ripercussioni così ampie da rischiare un blocco totale. L’esplosione del vulcano islandese ha avuto il merito o, secondo i punti di vista, demerito di riportare “a terra”, non solo metaforicamente, gli uomini che, nonostante tutti i progressi tecnologici raggiunti si sono sentiti inermi di fronte ad uno “starnuto” della Natura. Senza voler “tirare per la giacca” Leopardi o rispolverare i filosofi stoici dell’antichità, più recentemente, e su basi scientifiche più solide, il matematico e meteorologo del MIT Edward Norton Lorenz, morto due anni fa, con la sua intuizione degli “attrattori strani” aveva elaborato la teoria del Caos deterministico o del disordine ordinato, che condensò in un celebre aforisma, tratto dal titolo di una
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sua Conferenza, tenuta nel 1972: “Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?” L’“effetto farfalla”, forse ispirato dal diagramma generato dagli attrattori, dapprima sottovalutato, è valso a Lorenz nel 1991 il Premio Kyoto (riconoscimento alternativo che copre discipline non previste nel Nobel) per Scienze della Terra e Planetarie, perché “ha messo in evidenza il fenomeno del caos deterministico, un principio che ha profondamente influenzato un ampio spettro di discipline scientifiche conducendo al cambiamento più drastico, nella visione delle leggi della natura, dopo quello che scaturì dall’opera di Sir Isaac Newton”. Al di là dei danni “economici” connessi alle perdite del settore turistico e delle derrate alimentari deperibili giacenti presso gli scali aerei, c’è un aspetto “politico”del blocco dei voli, che non può essere sottaciuto e che riguarda lo scarso livello di integrazione dei Paesi dell’Unione Europea, che la nube ha messo impietosamente in luce: “Abbiamo assistito al disastro dell’azione di concertazione tra i Governi dell’UE - ha
dichiarato il Commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia - Ora dobbiamo trarre delle conclusioni, non solo per il ritorno alla normalità aerea, ma politiche”. Nell’occasione, infatti, i vari Paesi si sono mossi in modo autonomo, senza alcuna concertazione tra di loro che potesse evitare le conseguenze che, singole decisioni adottate in merito alla chiusura o meno di alcuni aeroporti, avrebbero causato ai traffici altri Paesi dell’UE e non solo. Quanto accaduto era stato un avvertimento delle divisioni che di lì a poco si sarebbero evidenziate in occasione del rischio default per la Grecia, seppur accantonate all’ultimo momento, ma con pesanti conseguenze sul piano economico-finanziario. Curiosamente, anche l’avvertimento premonitore della possibilità di bancarotta di un intero Paese, era giunto dall’Islanda nel 2008, con il fallimento delle tre banche locali (Kaupthing, Landsbanki e Glitnir). Tradizionalmente, l’economia dello Stato meno popolato d’Europa si è basata sull’esportazione di pesce di cui le sue acque sono ricche. Nell’ultimo decennio, oltre al turismo che ha cono-
sciuto una notevole espansione per le incontaminate bellezze paesaggistiche (nell’Environmental Performance Index 2010, messo a punto dalle Università statunitensi di Yale e Columbia e che mette in classifica 163 Paesi in base al loro impegno ecologico monitorato attraverso 25 parametri, l’Islanda viene collocata al 1° posto), il Paese ha diversificato la sua economia, aprendosi ad imprese estere della metallurgia (alluminio) e del cemento, che trovavano grande disponibilità di fonti energetiche rinnovabili (idroelettrico e geotermico), tanto che il 99,9% dell’energia elettrica nel Paese è a zero emission, cosicché, unico tra i Paesi occidentali, l’Islanda era stata esentata (Iceland Provision, 2005) dagli obblighi del contenimento delle emissioni di CO2, previsti dal Protocollo di Kyoto. I capitali esteri affluivano, attratti dal Paese che cresceva a ritmi del 5% annuo e con un reddito pro-capite dei suoi 320.000 abitanti di 52.764 dollari (2005), uno tra i più alti della Terra. Così le tre banche locali, disponendo di liquidità, hanno cominciato a fare importanti acquisizioni all’estero, soprattutto da banche europee, aprendo anche delle filiali in Gran Bretagna e Olanda, ma indebitandosi sui mercati
con strategie rischiose. Le prime difficoltà di far fronte ai debiti contratti si ebbero nel 2007, quando le agenzie di Fitch e Moody’s abbassarono il rating delle banche, determinando un aumento dei tassi di interesse da pagare sui mercati e rendendo più difficile la possibilità di reperire nuove risorse. La situazione precipitò nel 2008 con la crisi delle borse per i mutui sub-prime e le richieste dei correntisti britannici e olandesi, oltre a quelli islandesi, di rientrare dei loro capitali. Nonostante l’intervento della Banca centrale che alzò ripetutamente il tasso di interesse fino a portarlo al 15% per difendere la moneta locale (Krona) che aveva perso il 30% del suo valore, le Banche non furono più in grado di far fronte agli impegni e l’Islanda si dichiarò sull’orlo del fallimento. Solo un prestito di 4 miliardi di euro della Russia e successivamente nel 2009 di 2 miliardi del Fondo Monetario Internazionale ha tamponato a tutt’oggi la situazione, ma i correntisti britannici non avranno al momento il rimborso di 3,4 miliardi di euro, perché un referendum popolare, nel marzo u.s., ha bloccato a stragrande maggioranza (97%) la legge. Era un monito di quel che sarebbe
Immagine al computer dell’“attrattore” di Lorenz il cui diagramma ha presumibilmente ispirato la denominazione di “effetto farfalla”
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potuto succedere anche ad altri Paesi, più grandi, sotto gli attacchi della speculazione finanziaria. In fin dei conti, l’errore degli islandesi è stato quello di adeguarsi ad accettare la supremazia della finanza che pensa solo al “presente”, rispetto a quella dell’economia reale che tende ad agire in prospettiva “futura”.
Speriamo che dopo quanto sta accadendo non vogliano rimettere in discussione la loro richiesta di adesione all’UE e di adozione dell’Euro. Veniamo all’aspetto “ambientale” connesso all’eruzione dell’Eyjafjallajökull, toponimo che si compone di eyia (isole, le Westman su cui il vulcano
incombe) + fjalla (montagna) + jökull (ghiacciaio). La domanda più ricorrente che viene formulata è: “Quali ripercussioni ed effetti avrà sul clima e la qualità dell’aria?”. Come spiegano gli scienziati e climatologi, al momento non è possibile determinarne le conseguenze perché
Ceneri raccolte durante l’eruzione del St. Helen’s (1980)
L’immagine catturata alle ore 13.20 UTC del 17 aprile 2010 dal satellite NASA - Aqua, mostra il pennacchio di ceneri emanate dal vulcano Eyjafjallajökull sul Nord-Atlantico
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dipendono dalla durata, dall’altezza e dalla quantità di ceneri emesse. Anche se chiamata ash la cenere vulcanica non è un prodotto della combustione come la morbida polvere che lascia il legno e la carta bruciati. La cenere vulcanica è costituita da minuscole particelle di roccia frastagliata e vetrosa, molto abrasiva e leggermente corrosiva. L’ultima eruzione di tale vulcano è durata quasi due anni (1821-1823) e le ceneri si sono sparse su tutta l’isola, causando la morte di numerosi bovini, equini ed ovini, che oggi viene attribuita ad avvelenamento da fluoro di cui le ceneri avevano un’elevata concentrazione e che ha effetti negativi sulla struttura ossea degli animali, nonché degli uomini. Certo è pure l’effetto sul clima per la diminuzione delle temperature dovute all’intercettazione dei raggi solari da parte della nube eruttiva, specie se dovessero raggiungere la stratosfera, lo strato dell’atmosfera che inizia mediamente a 12 Km di altezza (8 Km ai Poli per aumentare a mano a mano che si scende di latitudine, fino a 20 Km all’Equatore. Qualora si dovesse verificare tale
evento storicamente il fenomeno è percepibile nell’anno successivo, come è accaduto con l’eruzione del vulcano Pinatubo nelle Filippine (1991), del St. Helen’s nello Stato di Washington (USA) avvenuta egualmente nell’aprile di 30 anni fa o del Tambora (Indonesia) che iniziò sempre in aprile e determinò l’“anno senza estati” (1816). Paradossalmente, con tecniche che vanno sotto il nome di Geoingegneria, la cui attività è tuttora controversa, il Direttore del Laboratorio Nazionale di Ricerca Gestione Rischi e Prevenzione Inquinamento Atmosferico dell’Agenzia di Protezione Ambientale statunitense (EPA), Frank Princiotta, in uno studio a corredo delle strategie e raccomandazioni dell’EPA da sottoporre al Congresso e alle altre Agenzie Federali per contrastare il global warming, aveva proposto, di simulare le eruzioni vulcaniche, rilasciando enormi quantità di particolato sulfureo nella stratosfera in modo da far riflettere i raggi solari (Paper “Global Climate Change and the Mitigation Challenge”, febbraio 2009). Potrebbero verificarsi pure peggiora-
menti dell’inquinamento atmosferico per un aumento della concentrazione di polveri: il famigerato PM10, oltre ad avere origini antropiche, deriva anche da non trascurabili cause naturali, quali, appunto, i fenomeni di vulcanesimo. I dati comunque riportati dalle osservazioni del CNR, al momento non indicano valori superiori a quelli che nel nostro Paese si registrano in occasioni del trasferimento di sabbie sahariane al seguito di venti del II e III quadrante. È presumibile che a seguire l’evolversi della situazione siano soprattutto Sindaci e Governatori, con la segreta speranza di poter trovare un “capro espiatorio” a cui imputare le “bollenti” centraline di monitoraggio della qualità dell’aria nei loro territori. Nel frattempo, la Commissione UE ha inviato all’Italia un “parere motiviato” preludio del deferimento alla Corte di Giustizia, dopo che il nostro Paese non era riuscito a dimostrare la bontà delle soluzioni proposte. In sostanza, rischiamo di pagare, anche in modo salato, l’aria cattiva che respiriamo.
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tra i colori della natura
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Una copertina “provocatoria” del World Watch
FORESTE NELLO SCIACQUONE Ribadita la necessità di utilizzare prodotti di carta riciclata “Il costante aumento della domanda di carta igienica nei Paesi in via di sviluppo è un fattore di criticità per l’impatto che i produttori di carta igienica provocano sulle foreste di tutto il mondo”. Così scrive Noelle Robbins, giornalistascrittrice specializzata in salute di comunità e ambiente, in un articolo dal titolo “Flushing Forest” pubblicato sul numero di maggio/giugno 2010 del World Watch Magazine, rivista del prestigioso Worldwatch Institute, fondato da Lester Brown.
WORLD •WATCH Volume 23, Number 3
Vision for a Sustainable World
FLUSHING FORESTS
Se il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie dei Paesi in via di sviluppo è pur sempre una “buona” notizia, c’è anche il risvolto “cattivo” costituito dal pericolo che corrono le grandi foreste del mondo sotto la spinta di un business che non conosce flessione, nonostante la recessione economica mondiale, tenendo presente anche che è l’unico prodotto di carta che non può essere riciclato dopo l’uso. In tutto il mondo, ogni giorno si consuma in carta igienica l’equivalente di quasi 27.000 alberi, che rappresenta il 10% dei circa 270 mila alberi che quotidianamente vengono abbattuti per la produzione di carta che finisce, per lo più, con l’essere bruciata o conferita in discariche. Ad incidere su questi dati è l’aumento della popolazione mondiale, l’adozione di stili di vita occidentali e, soprattutto,
May/June 2010
Water Challenges
in Central and South Asia Cell Phones as Appropriate Technology
il miglioramento igienico-sanitario nei Paesi in via di sviluppo. Alla continua crescita nei grandi mercati tradizionali del Nord America, dell’Europa occidentale e del Giappone si aggiunge ora l’“incremento sostanzioso” nei mercati emergenti in Asia (soprattutto in Cina), America Latina e Russia, scrive Robbins, citando un rapporto di PricewaterhouseCoopers. “Non vi è praticamente alcuna parte del Pianeta - osserva la Robbins - dove la carta igienica non sia utilizzata, almeno saltuariamente”. Nel 2005, la società di Marketing RISI (Essential information for the forest products industry) ha stimato in 3,8 kg. il consumo pro capite a livello mondiale
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di carta igienica, con differenze notevoli a livello continentale tra il Nord America, maggior consumatore con 23 kg., e l’Africa, in coda con 0,4 kg. Ma, mentre nel Nord America i consumi sono rimasti stabili, in Europa Occidentale e in Cina sono cresciuti, con previsioni di ulteriore crescita. Solo in Europa ogni giorno vengono utilizzati 60 milioni di rotoli di carta igienica; mentre in Cina il consumo di carta igienica è cresciuto dell’11% tra il 1990 e il 2003 e l’Istituto cinese della Carta prevede che entro il 2020 la Cina diverrà il più grande consumatore di prodotti in carta, compresa la carta igienica di cui sarà il produttore leader a livello mondiale.
Come alternativa alla deforestazione, le multinazionali della carta per approvvigionarsi continuamente di cellulosa vergine o pasta di fibre legnose hanno iniziato a coltivare piantagioni monocolturali. Secondo la Robbins, che cita il Natural Resources Defence Council (NRDC), tale soluzione sarebbe più dannosa del disboscamento, perché “soppianta le piante autoctone, modifica la vita degli animali preesistenti, richiede enormi quantità di pesticidi e fertilizzanti chimici e necessita di grandi quantità di acqua”. I sostenitori dell’utilizzo di carta igienica prodotta da carta riciclata osservano che tale impiego richiederebbe meno
acqua (-54%) rispetto al processo di utilizzo di pasta vergine e darebbe una seconda vita alle tonnellate di carta, già utilizzate e che vengono in gran parte conferite nelle discariche. Inoltre, si avrebbe un risparmio del 64% di energia con un -74% di inquinamento complessivo. “La maggior parte dei prodotti di carta può passare attraverso quattro cicli di riciclaggio da ognuno dei quali derivano fibre sempre più sottili - ha riferito Tim Spring, Amministratore di Marcal, azienda che produce da oltre 50 anni
sostenibile e al miglioramento della qualità, dei prezzi e della commercializzazione di prodotti riciclati; nonché di “prendere in considerazione le alternative alla carta igienica, come l’acqua e il sapone”. Nel corso dei secoli, osserva la Robbins, gli esseri umani hanno impiegato diversi metodi di pulizia personale dopo la minzione e la defecazione, tra cui foglie, stracci, alghe, paglia, erba, neve, sabbia, pannocchie, gusci di noce di cocco, giornali e pagine di catalogo. Quelli con maggior benessere hanno
Paper, no. 42, febbraio 2009), Progetto a lungo termine co-finanziato dal Dipartimento Britannico per lo Sviluppo Internazionale (DFID) e dall’International Development Research Centre (IDRC), per migliorare la comprensione di cause e conseguenze della povertà sull’infanzia, monitorando la situazione indotta dalle politiche di riduzione della povertà su 12.000 bambini etiopi, indiani, peruviani e vietnamiti, ha mostrato risultati inaspettati, rispetto alle nostre più diffuse convinzioni. Condotta nelle zone rurali dell’Etiopia,
carta igienica riciclata - Vari gradi di fibre riciclate possono essere mescolate per la produzione di carta igienica”. Ovviamente i produttori si adeguano alle richieste del mercato che richiede carta igienica sempre più morbida, soffice, assorbente, spessa, a tre o quattro strati, che viene prodotta solo con fibre vergini, eppure questi consumatori si adattano, poi, all’uso di carta igienica riciclata in occasione di eventi sportivi, manifestazioni e feste o sul luogo di lavoro.
potuto godere di mezzi di comfort e lusso: i reali francesi utilizzavano il pizzo, mentre la canapa era usata dalle classi più agiate di molte culture e lana imbevuta di acqua di rosa era apprezzata nell’antica Roma. Anche defecare nell’acqua corrente è stata considerato un metodo efficace di lavaggio e smaltimento di rifiuti ed è ancora praticato in alcune aree in via di sviluppo. Peraltro, uno Studio (“La “migliorata” igiene rende i bambini più sani?”) della Ricercatrice del Dipartimento Salute Pubblica e Cura della Salute Primaria dell’Università di Oxford, Lita Cameron pubblicato da “Young Life” (Working
la ricerca ha evidenziato che non sussistono differenze significative in termini di salute tra gruppi di bambini che hanno potuto utilizzare toilette domestiche e quelli che hanno continuato ad usare un campo o la foresta. “I responsabili politici - si conclude nello Studio - dovrebbero tener presente che il semplice accesso ad una latrina con buca non produrrà necessariamente risultati migliori in termini di salute, specialmente quando la “migliorata” igiene sembra essere meno pulita di altre opzioni disponibili”.
Al fine di soddisfare la domanda crescente, si suggerisce di incrementare l’educazione dei fruitori al consumo
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Assegnati i riconoscimenti della FEE
BANDIERE BLU 2010 Non sono mancate le polemiche Sono complessivamente 231 (4 in più rispetto allo scorso anno) le Bandiere Blu assegnate alle spiagge italiane dalla FEE (Foundation for Environmental Education) per il 2010. Istituita nel 1987, l’Anno europeo per l’Ambiente, la Campagna è curata in tutti gli Stati europei dagli organi nazionali della FEE Internazionale che ha sede in Danimarca ed è presente in 59 Paesi. Attraverso Comitati nazionali di giuria, le FEE nazionali effettuano visite di controllo alle varie località candidate per poi proporre alla FEE Internazionale le candidature delle singole Nazioni. “I dati dimostrano - ha detto Claudio Mazza, Segretario generale della FEE Italia - l’impegno crescente delle località turistiche marine rispetto alla sempre maggior pressione del turismo sul patrimonio ambientale che impone ai Comuni di affrontare sempre nuove sfide per migliorare i propri standard di qualità, orientando tutti i propri impegni in chiave di sostenibilità”. In rapporto con gli altri Paesi del Mediterraneo, l’Italia si trova al 5° posto dopo Spagna, Grecia, Turchia e Francia. Distribuite sulle località balneari di 117 comuni (+4 rispetto all’anno precedente) e 61 approdi turistici (+1), dislocati su tutto il territorio nazionale, le Bandiere blu della 24a edizione hanno premiato le località marine (solo 2 lacustri) che si sono impegnate concretamente nel miglioramento dello stato dell’ambiente, promuovendo un turismo sostenibile. Il primato quest’anno è andato alla Liguria con 17 bandiere, seguita da Toscana e Marche, stabili con 16 bandiere ciascuna e dall’Abruzzo con 13 (+1). Non sono mancate polemiche da parte di alcune Regioni che si sono lamentate per la ridotta presenza delle loro, pur note e apprezzate località, o per esserne state escluse altre che si erano candidate (in totale sono state 149), ma i criteri per ottenere il vessillo non si
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basano solo sulla bellezza paesaggistica e il colore del mare. “Bandiera blu non significa solo mare pulito - ha osservato Carla Creo, Ricercatrice dell’ENEA, tra i principali partner dell’iniziativa - ma attenzione alla gestione del’ambiente e servizi e sicurezza in spiaggia”. È per questa motivo che le regioni meridionali, pur meta per le sue spiagge paesaggisticamente rinomate, si trovano agli ultimi posti della graduatoria: la Sicilia con 5 bandiere blu, la Calabria con 4 e la Sardegna con soltanto 2. “Anche località che hanno una qualità delle acque eccellenti non sono rientrate nella classifica della FEE essenzialmente per due motivi - ha commentato la Creo - la legge italiana prevede che località con un’alta qualità delle acque, possano ridurre i campionamenti da due a uno al mese, mentre la FEE, che ha regole più rigide, ne prevede tassativamente due”. L’altro motivo è la gestione complessiva dell’ambiente: “A volte in località molto belle da un punto di vista turistico manca un tipo di approccio alla gestione integrata del territorio, che preveda il ricorso alla raccolta differenziata e la presenza di depuratori”. Al fine della valutazione, sono stati presi in considerazione: - i dati sulle acque di balneazione; - l’esistenza ed il grado di funzionalità degli impianti di depurazione; - un regolare smaltimento dei rifiuti con particolare riguardo alle raccolte differenziate e relativo riciclaggio; - le iniziative ambientali promosse dal-
le amministrazioni; - la cura dell’arredo urbano e delle spiagge; - il sostegno a programmi di educazione ambientale diretti alle scuole ed ai cittadini con l’organizzazione di convegni, mostre e formazione attinenti problematiche ambientali. Per la scelta delle località, alle quali assegnare la Bandiera Blu 2010, la FEE Italia ha operato attraverso una giuria composta da Rappresentanti del COBAT (Consorzio Nazionale Batterie Esauste), di Funzionari ed Esperti della Direzione del Turismo, del Ministero delle Attività Produttive, del Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, del Comando Generale
delle Capitanerie di Porto, dell’ENEA, dell’ISPRA, dei Sindacati balneari SIBConfcommercio e FIBA-Confesercenti, dell’Associazione Nazionale Approdi Turistici (ASSONAT-Federnautica). La FEE continua la collaborazione con la Direzione generale della Pesca presso il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e il Progetto “Bandiera Blu - Pesca Ambiente” che mira a sensibilizzare il mondo della pesca alle tematiche ambientali e nel contempo valorizzare le tradizioni locali ad esso legate, in tutte le località bandiere blu in cui siano presenti flotte pescherecce.
Principali criteri per assegnare questo importante riconoscimento alle spiagge: - assoluta validità delle acque di balneazione; - nessuno scarico di acque industriali e fognarie nei pressi delle spiagge; - elaborazione da parte dei Comuni di un piano per eventuale emergenza ambientale; - elaborazione da parte del Comune di un piano ambientale per lo sviluppo costiero; - acque senza vistose tracce superficiali di inquinamento (chiazze oleose, sporcizia, ecc.); - spiagge allestite con contenitori per rifiuti in numero adeguato; - spiaggia tenuta costantemente pulita; - dati delle analisi delle acque di balneazione a disposizione; - facile reperibilità delle informazioni sulla Campagna Bandiere Blu d’Europa; - iniziative ambientali che coinvolgano turisti e residenti - servizi igienici in numero adeguato nei pressi della spiaggia; - collocamento di salvagenti ed imbarcazioni di salvataggio; - assoluto divieto di accesso alle auto sulla spiaggia; - assoluto divieto di campeggio non autorizzato; - divieto di portare cani sulla spiaggia; - facile accesso alla spiaggia; - rispetto del divieto di attività che costituiscono pericolo per i bagnanti; - equilibrio tra attività balneari e rispetto della natura; - servizi di spiaggia efficienti; - accessi facilitati per disabili; - fontanelle di acqua potabile; - telefoni pubblici dislocati vicino alla spiaggia.
Portonovo di Ancona, una delle new entry dell’elenco Bandiere Blu 2010 - Spiagge
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Per gli approdi turistici la Regione con il maggior numero di vessilli conseguiti è la Liguria con 13 (stabile rispetto all’anno precedente), seguita da Friuli Venezia Giulia e Sardegna, entrambe con 9.
Principali criteri per gli approdi turistici: - le acque del porto e quelle prospicienti non sono visivamente inquinate; - fognature non sversano nel porto; - presenza di attrezzature per la raccolta di residui di olio, vernici e prodotti chimici; - salvagenti e attrezzature di pronto intervento; - informazioni ambientali fornite dalla Direzione; - informazioni relative alla Campagna Bandiere Blu fornite dalla Direzione; - possibiliĂ di smaltire le acque di sentina e delle toilettes delle imbarcazioni; - accorgimenti per lo smaltimento dei residui di lavorazione cantieristica; - luci ed acqua potabile in banchina.
Marina di Rodi Garganico (FG), una new entry delle Bandiere Blu 2010 - Approdi turistici
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- migliorare la capacità di innovazione delle piccole e medie imprese.
COMMISSIONE EUROPEA Programma CIP ECO-INNOVATION 2010 EACI - Invito a presentare proposte per Progetti pilota e Progetti di prima applicazione commerciale nel campo della Ecoinnovazione
I progetti finanziati devono trovarsi nella condizione di essere stati tecnicamente già dimostrati, ma di aver bisogno di ulteriori incentivi, al fine di penetrare significativamente sul mercato.
Nel corso di un contestuale info-day svoltosi a Bruxelles il 13 aprile, l’Agenzia Esecutiva per la Competitività e l’Innovazione (EACI) ha pubblicato un invito a presentare proposte per Progetti pilota e Progetti di prima applicazione commerciale, nel campo dell’innovazione e dell’ecoinnovazione, nell’ambito del Programma Competitività e Innovazione (CIP). “Questo Bando è una fantastica opportunità che deve permettere agli imprenditori talentuosi dell’Europa di presentare delle nuove idee al fine di ridurre la nostra impronta ecologica - ha dichiarato il Commissario UE all’Ambiente Janez Potočnik - Il programma CIP Eco-Innovation dimostra che la protezione dell’ambiente deriva dal buon senso economico di numerosi prodotti e servizi, evidenziando che oggi crescita e protezione dell’ambiente possono andare di pari passo”. Finalità Sostenere ogni forma di innovazione che miri al progresso dimostrabile e significativo verso l’obiettivo dello sviluppo sostenibile, attraverso la riduzione dell’impatto sull’ambiente o il raggiungimento di un uso responsabile e più efficiente delle risorse naturali, compresa l’energia. Il programma CIP contribuisce a colmare il divario tra ricerca e innovazione e a promuovere tutte le forme di innovazione, perseguendo i seguenti obiettivi: a) promuovere la competitività delle imprese, in particolare delle PMI; b) promuovere tutte le forme di innovazione, compresa l’ecoinnovazione; c) accelerare lo sviluppo di una società dell’informazione sostenibile, competitiva, innovativa e capace d’integrazione; d) promuovere l’efficienza energetica e le fonti energetiche nuove e rinnovabili in tutti i settori, compresi i trasporti. CIP Eco-Innovation supporta progetti nell’ambito dei seguenti obiettivi: - promuovere l’adozione di nuovi ed integrati approcci alla eco-innovazione nei settori quali la gestione ambientale e di prodotti, processi e servizi più sostenibili; - incoraggiare la creazione di soluzioni ambientali, migliorando il mercato e rimuovendo le barriere alla penetrazione sul mercato, intese ad includere nuovi prodotti, processi, tecnologie o servizi;
Azioni Nell’ambito di CIP Eco-Innovation vi sono delle aree tematiche che sono considerate una priorità, grazie alla loro importanza per la protezione ambientale e per i mercati della eco- innovazione e al valore aggiunto dei progetti in tali aree. Tali priorità tematiche sono: Materiali di riciclaggio Le azioni saranno volte al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - migliorare i processi ed i metodi per il materiale di riciclaggio, da costruzione e demolizione, commerciale/ industriale, di riciclaggio dalla strumentazione elettrica ed elettronica e dai veicoli da rottamazione; - creare prodotti innovativi usando il materiale riciclato o favorendo il riciclaggio del materiale, andando incontro agli standard dei prodotti internazionali, ai requisiti avanzati di progettazione ed ai bisogni del consumatore di alta qualità; - creare innovazioni commerciali per rafforzare la competitività dell’industria del riciclaggio, quali nuove strutture di mercato per il riciclaggio dei prodotti o fornire processi armonizzati di riciclaggio e di produzione. Edilizia sostenibile Le azioni saranno volte al raggiungimento del seguente obiettivo: favorire i prodotti edilizi e i processi correlati che riducono il consumo delle risorse, dell’inquinamento e della produzione di rifiuti, comprendendo l’utilizzo di materiale da costruzione sostenibile, riducendo l’utilizzo delle materie prime e favorendo processi di produzione innovativi, al fine di far diminuire ampiamente l’impatto ambientale delle costruzioni edili. Settore alimentare e bevande Le azioni saranno volte al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - favorire prodotti più puliti ed innovativi, comprendendo metodi e materiali di imballaggio, processi e servizi ad alta efficienza di risorse, l’utilizzo di materie prime del settore alimentare, che aumentino l’efficienza delle risorse e la produttività e riducano i rifiuti biodegradabili e supportino la transizione verso una economia sostenibile; - favorire prodotti più puliti ed innovativi, processi e servizi che mirino alla riduzione dei rifiuti e delle emissioni inquinanti e che aumentino l’attività di riciclaggio e recupero,
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migliorando l’efficienza nel settore del consumo d’acqua per un processo sostenibile di gestione della risorsa idrica; - favorire prodotti innovativi più puliti, processi e servizi che mirino a ridurre l’impatto ambientale del consumo di cibo e bevande, come la progettazione di servizi logistici per l’imballaggio, la distribuzione e l’acquisto. Business verde ed acquisti intelligenti Le azioni saranno volte al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - progettare, implementare e adottare prodotti innovativi per il mercato che diminuiscano l’impatto ambientale ed utilizzino meno risorse. I progetti in questo ambito dovrebbero seguire i principi della Politica del Prodotto Integrato, un approccio basato sul ciclo di progetto e dovrebbero essere in linea con le varie politiche documentate nel Piano di Azione sul Consumo Sostenibile e con la Politica Industriale Sostenibile. I progetti dovrebbero fare riferimento alla Direttiva 2009/125/CE sulla Eco-progettazione, mettendo in pratica una prospettiva più globale ed ambientale. Essi dovrebbero, inoltre, indirizzare le performance ambientali dei nuovi prodotti sul nuovo Ecolabel europeo o altri schemi di certificazione accreditati; - favorire servizi che facilitino un miglior collegamento tra domanda e offerta per soluzioni ecoinnovative e che aiutino l’eco-innovazione nell’ambito del mercato; - favorire la sostituzione con materiali a basso impatto ambientale e ad alta efficienza di risorse (es. prodotti ecologici) e la sostituzione di materiali scadenti. Tale attività può avvenire sia sul piano del prodotto, sia a livello di processo; - rendere più verde la produzione e favorire processi di produzione puliti, supportando processi ambientali ed innovativi con un alto fattore di replicabilità. Le azioni possono anche includere collaborazioni industriali, al fine di migliorare l’impatto ambientale della produzione industriale; - andare verso una graduale innovazione, introducendo meccanismi di ri-fabbricazione e servizi innovativi di riparazione, con sostanziali benefici ambientali e un alto fattore di replicabilità. La durata massima delle azioni in tutti gli ambiti tematici è di 36 mesi. Beneficiari I progetti possono essere presentati da uno o più enti. I soggetti devono essere persone giuridiche, sia pubbliche sia private e devono essere stabiliti in uno dei seguenti territori: Paesi membri dell’UE, Paesi EFTA (Norvegia, Islanda e Liechtenstein), Paesi associati e candidati che beneficiano di una strategia di pre-adesione, Paesi dei Balcani Occidentali ed altri Paesi terzi, qualora vi siano degli accordi stipulati con la UE.
Disponibilità finanziaria Lo stanziamento finanziario complessivo per questo bando ammonta a 35.020.000 euro. La sovvenzione concessa nell’ambito di CIP Eco-Innovation copre fino al 50% delle spese totali ammissibili per il progetto. Modalità di presentazione delle proposte e scadenza Le domande devono essere presentate utilizzando il sistema on line e i moduli di domanda indicati sul sito web del programma Eco-Innovation: www.ec.europa.eu/environment/ eco-innovation/application_en.htm. Il termine ultimo per la presentazione delle iniziative progettuali è il 9 settembre 2010, ore 17.00 (ora locale di Bruxelles).
Commissione europea LIFE+ INVITO A PRESENTARE PROPOSTE 2010 (GUUE C 114 del 4 maggio 2010) La Commissione UE ha rivolto l’invito ai soggetti stabiliti nell’Unione europea a presentare proposte per la procedura di selezione LIFE+, i l p r i n c i p a l e s t r u m e n t o d i finanziamento europeo nel settore dell’ambient e , del 2010, riguardante i temi seguenti: 1. LIFE+ Natura e biodiversità Obiettivo principale: proteggere, conservare, ripristinare, monitorare e favorire il funzionamento dei sistemi naturali, degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, al fine di arrestare la perdita di biodiversità, inclusa la diversità delle risorse genetiche, all’interno dell’UE entro il 2010. 2. LIFE+ Politica e governance ambientali Obiettivi principali: - cambiamento climatico: stabilizzare la concentrazione di gas ad effetto serra ad un livello che eviti il surriscaldamento globale oltre i 2 gradi centigradi; - acque: contribuire al miglioramento della qualità delle acque attraverso lo sviluppo di misure efficaci sotto il profilo dei costi al fine di raggiungere un «buono stato ecologico» delle acque nell’ottica di sviluppare piani di gestione dei bacini idrografici a norma della Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (Direttiva quadro sulle acque); - aria: raggiungere livelli di qualità dell’aria che non causino significativi effetti negativi, né rischi per la salute umana e l’ambiente; - suolo: proteggere il suolo e assicurarne un utilizzo sostenibile, preservandone le funzioni, prevenendo possibili minacce e attenuandone gli effetti e ripristinando il suolo
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degradato; - ambiente urbano: contribuire a migliorare il livello delle prestazioni ambientali delle aree urbane d’Europa; - rumore: contribuire allo sviluppo e all’attuazione di politiche sull’inquinamento acustico; - sostanze chimiche: migliorare, entro il 2020, la protezione dell’ambiente e della salute dai rischi costituiti dalle sostanze chimiche attraverso l’attuazione della normativa in materia di sostanze chimiche, in particolare il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (REACH) e la strategia tematica su un utilizzo sostenibile dei pesticidi; - ambiente e salute: sviluppare l’informazione di base per le politiche in tema di ambiente e salute (Piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute 2004-2010); - risorse naturali e rifiuti: sviluppare e attuare le politiche finalizzate a garantire una gestione e un utilizzo sostenibili delle risorse naturali e dei rifiuti e migliorare il livello di impatto ambientale dei prodotti, modelli di produzione e di consumo sostenibili, prevenzione, recupero e riciclaggio dei rifiuti; contribuire all’effettiva attuazione della strategia tematica sulla prevenzione e sul riciclaggio dei rifiuti; - foreste: fornire, soprattutto attraverso una rete di coordinamento a livello dell’UE, una base concisa e a largo spettro per le informazioni rilevanti per la definizione e l’attuazione di politiche relativamente alle foreste e ai cambiamenti climatici (impatto sugli ecosistemi forestali, mitigazione, effetti della sostituzione), biodiversità (informazione di base e aree forestali protette), incendi boschivi, condizione di boschi e foreste e funzione protettiva delle foreste (acqua, suolo e infrastrutture) nonché contribuire alla protezione di boschi e foreste contro gli incendi; - innovazione: contribuire a sviluppare e dimostrare approcci, tecnologie, metodi e strumenti innovativi diretti a facilitare l’attuazione del piano di azione per le tecnologie ambientali (ETAP); - approcci strategici: promuovere l’attuazione effettiva e il rispetto della normativa dell’Unione in materia di ambiente e migliorare la base di conoscenze necessaria per le politiche ambientali; migliorare le prestazioni ambientali delle piccole e medie imprese (PMI). Verranno accettate tutte le proposte di progetto riguardanti i summenzionati obiettivi; tuttavia, la Commissione darà la priorità alle proposte che hanno ad oggetto una gestione e un utilizzo sostenibili delle risorse naturali e dei rifiuti. 3. LIFE+ Informazione e comunicazione Obiettivo principale: assicurare la diffusione delle informazioni e sensibilizzare alle tematiche ambientali, inclusa la prevenzione degli incendi boschivi; fornire un sostegno alle misure di accompagnamento, come azioni e campagne di
informazione e comunicazione, conferenze e formazione, inclusa la formazione in materia di prevenzione degli incendi boschivi. Verranno accettate tutte le proposte di progetto riguardanti il summenzionato obiettivo; tuttavia, la Commissione darà la priorità alle proposte finalizzate a fermare la perdita di biodiversità.. Percentuali di cofinanziamento comunitario 1. Progetti LIFE+ Natura e biodiversità: - la percentuale massima del sostegno finanziario dell’Unione è pari al 50% delle spese ammissibili; - eccezionalmente può essere applicata la percentuale massima di cofinanziamento del 75% delle spese ammissibili ai progetti riguardanti habitat o specie prioritari delle Direttive “Uccelli selvatici” e “Habitat”. 2. LIFE+ Politica e governance ambientali: - la percentuale massima del sostegno finanziario dell’Unione è pari al 50 % delle spese ammissibili. 3. LIFE+ Informazione e comunicazione: - la percentuale massima del sostegno finanziario dell’Unione è pari al 50 % delle spese ammissibili. Dotazione Finanziaria Il bilancio complessivo per le sovvenzioni di azioni per progetti nel quadro di LIFE+ nel 2010 ammonta a 243.243.603 EUR. Almeno il 50 % di questo importo è assegnato a misure a sostegno della conservazione della natura e della biodiversità. L’importo indicativo degli stanziamenti assegnati all’Italia è di 21.429.948 EUR. Beneficiari Le proposte devono essere presentate da enti pubblici e/o privati, soggetti e istituzioni registrati negli Stati membri dell’Unione europea. Domande Le proposte di progetto, redatte su appositi moduli di domanda disponibili sul sito web della Commissione all’indirizzo: http://ec.europa.eu/environment/life/funding/lifeplus.htm, e trasmesse su CD-ROM o su DVD, devono essere presentate alle autorità nazionali competenti dello Stato membro nel quale il beneficiario è registrato entro il 1° settembre 2010. Le proposte saranno successivamente trasmesse dalle autorità nazionali alla Commissione entro il 4 ottobre 2010.
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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci
Nel rilascio di un’autorizzazione all’installazione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, quali misure di compensazione possono essere previste? Come recentemente ricordato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 119/2010), per misure di compensazione s’intende, in genere, una monetizzazione degli effetti deteriori che l’impatto ambientale determina, per cui chi propone l’installazione di un determinato impianto s’impegna ad assicurare all’ente locale cui compete l’autorizzazione determinati servizi o prestazioni. La legge statale vieta tassativamente l’imposizione di corrispettivo (le cosiddette misure di compensazione patrimoniale) quale condizione per il rilascio di titoli abilitativi per l’installazione e l’esercizio di impianti da energie rinnovabili, tenuto anche conto che, secondo l’ordinamento comunitario e quello nazionale, la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sono libere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione (art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003). Devono, invece, ritenersi ammessi gli accordi che contemplino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, nel senso che il pregiudizio subito dall’ambiente per l’impatto del nuovo impianto, oggetto di autorizzazione, viene “compensato” dall’impegno ad una riduzione delle emissioni inquinanti da parte dell’operatore economico proponente. L’art. 1, comma 4, lett. f), della Legge n. 239/2004, dopo aver posto il principio della localizzazione delle infrastrutture energetiche in rapporto ad un adeguato equilibrio territoriale, ammette concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto ambientale, prevedendo in tal caso misure di compensazione e di riequilibrio (anche relativamente ad impianti alimentati da fonti rinnovabili). A tal fine, il comma 5 dell’art. 1 della Legge n. 239/2004 afferma il diritto di Regioni ed enti locali di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 387/2003: quest’ultimo vieta che l’autorizzazione possa prevedere (o essere subordinata a) compensazioni (evidentemente di
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natura patrimoniale) a favore della Regione o della Provincia delegata. La stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 248/2006, ha ammesso che una norma regionale, in via generale, possa prevedere misure di compensazione quale contenuto di un’autorizzazione, a fini di riequilibrio ambientale. Ai fini della Valutazione Ambientale Strategica, può l’autorità competente coincidere con quella proponente? In una recente ed interessante sentenza (n. 1526 del 17 maggio 2010), il TAR Lombardia - Milano, dopo aver ricordato la distinzione tra autorità procedente e autorità competente (la prima è definita come la Pubblica Amministrazione che elabora il piano o programma, mentre la seconda è la Pubblica Amministrazione a cui compete l’attività di valutazione ambientale), ha affermato che le disposizioni sulla VAS contenute nel Codice dell’ambiente confermano, con chiarezza, la necessità di separazione fra le due differenti autorità, il cui rapporto nell’ambito del procedimento di valutazione ambientale strategica appare tutto sommato dialettico, a conferma dell’intendimento del legislatore di affidare il ruolo di autorità competente ad un soggetto pubblico specializzato, in giustapposizione all’autorità procedente. Ad avviso del TAR, dall’esame della disciplina legislativa si giunge alla conclusione per cui l’autorità competente va individuata tra soggetti pubblici che offrano idonee garanzie non solo di competenza tecnica e di specializzazione in materia di tutela ambientale, ma anche di imparzialità e di indipendenza rispetto all’autorità procedente, allo scopo di assolvere la funzione di valutazione ambientale nella maniera più obiettiva possibile, senza condizionamenti - anche indiretti - da parte dell’autorità procedente. Sicché, qualora l’autorità competente fosse individuata esclusivamente fra soggetti collocati all’interno dell’autorità competente, legati magari da vincoli di subordinazione gerarchica rispetto agli organi politici o amministrativi di governo dell’Amministrazione, il ruolo di verifica ambientale finirebbe per perdere ogni efficacia, risolvendosi in un semplice passaggio burocratico interno, con il rischio tutt’altro che remoto di vanificare la finalità della disciplina sulla VAS e di conseguenza di pregiudicare la corretta applicazione delle norme comunitarie, frustrando così gli scopi perseguiti dalla Comunità Europea con la direttiva 2001/42/CE, come quello di salvaguardia e promozione dello sviluppo sostenibile.
Eventi e Fiere
Torino, 2-7 luglio 2010 ESOF 2010 - Euroscience Open Forum Sede: Museo Regionale di Scienze natuarali - Via Giolitti, 136 - Torino Organizzazione: TopESOF Via Po, 18 - 10123 Torino Tel +39 0116702740 / 2741 - Fax +39 0116702746 Informazioni: www.esof2010.org - info@esof2010.org
Roma,7-10 settembre 2010 ZEROEMISSION Sede: Fiera di Roma Organizzazione: Artenergy Publishing srl Via Antonio Gramsci, 57 - 20032 Cormano (MI) tel. +39 0266306866 - fax +39 0266305510 Informazioni: www.artenergy.it - artenergy@zeroemission.eu
L’Aquila, 30 agosto - 3 settembre 2010 ISSAOS 2010 Sede: Università de L’Aquila Organizzazione: CETEMPS Informazioni: www.esof2010.org - info@esof2010.org
Bologna, 9-12 settembre 2010 SANA 2010 - Salone Internazionale del Naturale Sede: Fiera di Bologna Organizzazione: BolognaFiere S.p.A. - Viale della Fiera, 20 Informazioni: www.sana.it
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Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 1 al n. 6 Giugno 2010 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona
periodico
Omologato
N째
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GIUGNO 2010
In copertina: Fermo; in retrocopertina: Ancona - Teatro delle Muse (foto Maurizio Rillo)
INDICE Bandiere Blu Dopo la Liguria e a pari merito con la Toscana, le Marche al secondo posto in Italia per numero di bandiere blu 16 Bandiere Blu alle Marche Pulizia dell’acqua e della spiaggia, sicurezza e qualità dei servizi offerti. Queste le caratteristiche delle località balneari marchigiane premiate dalla Federazione per l’educazione ambientale di Silvia Barchiesi p. 4 Proclamati i vincitori della XII edizione del Premio Nazionale per l’editoria verde, promosso da Legambiente e La Nuova Ecologia Un libro per l’Ambiente 2009-2010 “L’isola delle Balene” di Michael Morpurgo e “Il Professor Varietà” di Luca Novelli i due vincitori del Premio. Ma vera trionfatrice dell’iniziativa si conferma la giuria di piccoli lettori. di Silvia Barchiesi p. 5 Camera di Commercio Nel corso dell’VIII Giornata dell’Economia la Camera di Commercio lancia la proposta di una riconversione ambientale dell’economia locale Arriva dal verde la spinta all’economia dorica Sostenibilità e responsabilità sociale, la ricetta per uscire dalla crisi e rilanciare le piccole e medie e imprese di Silvia Barchiesi p. 6 SOGENUS SPA In venti anni migliaia di studenti hanno visitato gli impianti di smaltimento rifiuti SO.GE.NU.S. s.p.a. di Eddy Ceccarelli
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SO.GE.NU.S. S.P.A. interamente pubblica al servizio del suo territorio e dei marchigiani di Eddy Ceccarelli
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ARPA MARCHE Il nuovo Regolamento Emas e l’attività di controllo dell’ARPAM di Gisberto Paoloni p.
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COSMARI Raccolta differenziata dei rifiuti: sfondato il muro del 60% in provincia di Macerata Nuovo record ottenuto dal Cosmari con la raccolta “Porta a “Porta” di Luca Romagnoli
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Adriatica Oli S.r.l. 150 comuni attivi nella raccolta degli oli vegetali esausti a cura della Dott.ssa Giusi Tanoni
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CONSULENZE IN: AMBIENTE - SICUREZZA SUL LAVORO - ALIMENTI
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LABORATORIO ANALISI CHIMICHE FISICHE E MICROBIOLOGICHE ACCREDITATO SINAL
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CONSULENZA PER LA CERTIFICAZIONE ISO 9000 - ISO 14000 - OHSAS 18001
BANDIERE BLU
Dopo la Liguria e a pari merito con la Toscana, le Marche al secondo posto in Italia per numero di bandiere blu
16 BANDIERE BLU ALLE MARCHE Pulizia dell’acqua e della spiaggia, sicurezza e qualità dei servizi offerti. Queste le caratteristiche delle località balneari marchigiane premiate dalla Federazione per l’educazione ambientale di Silvia Barchiesi
Quanto a qualità delle acque e delle spiagge, le Marche non hanno nulla da invidiare alle altre località balneari italiane. Anzi, tutt’altro. Sono, infatti, 16 le “Bandiere Blu” 2010 assegnate alle Marche dalla Federazione per l’Educazione Embientale (FEE) come riconoscimento alle località con i litorali che più si distinguono per la qualità delle acque, della costa, dei servizi e delle misure di sicurezza, oltre che per l’educazione ambientale. Con ben 16 Comuni costieri marchigiani “promossi” a pieni voti dalla FEE per qualità delle acque di balneazione e dei servizi offerti, le Marche si collocano al secondo posto della classifica nazionale, dopo la Liguria e a pari merito con la Toscana, per numero di vessilli “conquistati”. Da nord a sud, il litorale regionale, dall’offerta turistica balneare diversificata e variegata grazie ai suoi 180 km di costa, spiagge di varie tipologie e ai suoi 9 porti turistici, brilla per la qualità e fa così il pieno di riconoscimenti. Tra le località premiate figurano infatti: Gabicce Mare, Pesaro, Fano, Mondolfo (PU); Senigallia, AnconaPortonovo, Sirolo Numana (AN); Porto Recanati, Potenza Picena, Civitanova Marche (MC); Porto Sant’Elpidio, Porto San Giorgio, Cupra Marittima, Grottammare, San Benedetto Del Tronto (AP). Ad essere premiate anche quest’anno sono state quelle località le cui acque di balneazione sono risultate eccellenti e nelle quali le Amministrazioni si sono impegnate a migliorare lo stato dell’ambiente, promuovendo un turismo sostenibile, anche mediante attività di Educazione Ambientale, rivolte alle scuole, ai turisti ed ai cittadini con l’organizzazione di convegni, mostre e formazione attinenti alle problematiche ambientali. A finire sotto esame sono stati anche alcuni indicatori relativi alla gestione ambientale: l’esistenza ed il grado di funzionalità degli impianti di
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depurazione; lo smaltimento dei rifiuti con particolare riguardo alla riduzione della produzione di rifiuti, alla raccolta differenziata e alla gestione dei rifiuti pericolosi; le iniziative promosse dalle amministrazioni per una migliore vivibilità nel periodo estivo; la valorizzazione delle aree naturalistiche eventualmente presenti sul territorio; la cura dell’arredo urbano e delle spiagge; la possibilità di accesso al mare per tutti i fruitori senza limitazioni. Insomma, la valutazione della Federazione per l’Educazione Ambientale si basa su di un “paniere” di beni e servizi che si differenzia dalle “Vele” di Legambiente. L’assegnazione delle “Bandiere Blu”, pertanto, non identifica necessariamente i luoghi che offrono il mare più pulito, ma quelli che attuano una politica ambientale che promette la creazione di spazi più puliti, dal mare alla spiaggia. Qualità dell’ambiente e dei servizi è, quindi, il mix alla base dei riconoscimenti assegnati dalla FEE e, allo stesso tempo, la formula vincente dell’offerta turistica balneare regionale. “Siamo una Regione virtuosa, riconosciuta a livello internazionale. Vantiamo un riconoscimento che attesta le infinite qualità delle Marche, del territorio e del mare, delle spiagge e delle coste, delle strutture ricettive e dei servizi d’accoglienza. É un premio, quindi, a ciò che determina le scelte dei turisti sempre più selettivi e sensibili alla tutela del paesaggi”. Così l’Assessore regionale al Turismo, Serenella Moroder ha commentato e giustificato l’assegnazione di ben 16 Bandiere Blu alle Marche. “Questo importante riconoscimento è anche la testimonianza - ha aggiunto l’Assessore Moroder - di un buon lavoro svolto in sinergia tra istituzioni, Regione, Province e Comuni, insieme alle associazioni di categoria e agli operatori locali. La Regione crede e investe fortemente in questa azione congiunta a favore dell’ambiente e del turismo,
che rappresenta il secondo motore di sviluppo. Con queste 16 bandiere festeggiamo un attestato graditissimo, il miglior augurio per la prossima stagione balneare”. Ad esprimere soddisfazione per il prestigioso riconoscimento è stato anche l’Assessore regionale all’Ambiente, Sandro Donati: “Non solo un premio, ma una certificazione ambientale a tutti gli effetti dato che il riconoscimento della Bandiera Blu avviene dopo un esame rigoroso delle caratteristiche della località, sulla base di numerosi parametri riconducibili alla qualità delle acque, della costa e degli approdi, ai servizi messi a disposizione di residenti e turisti, alle misure di sicurezza e alle iniziative attivate per l’informazione e l’educazione ambientale”. “La questione dell’ambiente – ha aggiunto Donati - è una delle variabili più incisive nelle scelte delle località turistiche. Per questa ragione, abbiamo lavorato con determinazione per rinsaldare il legame tra turismo e ambiente. Vogliamo mantenere questi risultati con tutte le azioni necessarie come l’attenzione alla raccolta differenziata dei rifiuti, la difesa dei fiumi dalla sorgente alla foce, il servizio di assistenza e salvataggio ai bagnanti in tutte le spiagge, la costituzione dei Comitati dei Comuni per le Bandiere Blu fino alle attività di eco-school che coinvolgono gli studenti”.
Proclamati i vincitori della XII edizione del Premio Nazionale per l’editoria verde, promosso da Legambiente e La Nuova Ecologia
UN LIBRO PER L’AMBIENTE 2009-2010 “L’isola delle Balene” di Michael Morpurgo e “Il Professor Varietà” di Luca Novelli i due vincitori del Premio. Ma vera trionfatrice dell’iniziativa si conferma la giuria di piccoli lettori. di Silvia Barchiesi
“Un libro può rappresentare molto! Può celare oscuri misteri o nascondere tesori pronti per essere scoperti. In un libro si possono trovare luoghi sconosciuti o riscoprire paesaggi smarriti nella memoria. Da un libro possono nascere speranze e prendere vita sogni. Un libro può essere un amico prezioso.” È una dedica, ma anche un auspicio quello della XXII edizione del Premio Nazionale “Un Libro per l’Ambiente”, il concorso per editoria verde promosso da Legambiente e La Nuova Ecologia, con il contributo e il patrocinio della Regione Marche, Provincia di Ancona, Provincia di Macerata, Provincia di Pesaro-Urbino, Provincia di Fermo, Provincia di Ascoli Piceno, Comune di Ancona, Comunità Montana Esino-Frasassi - Parco Gola della Rossa e Parco del Conero, Comunità Montana Alte Valli del Potenza e dell’Esino e Ufficio Scolastico Regionale. In gara 115 titoli in rappresentanza di 52 case editrici, suddivisi in due sezioni (narrativa e divulgazione scientifica); una giuria d’eccezione composta da 1500 piccoli lettori, tra gli 8 e i 14 anni, provenienti da 85 classi di scuole primarie e secondarie di 15 Comuni della Regione: sono questi i numeri di un’edizione che ha visto i piccoli giurati marchigiani cimentarsi nella lettura, valutazione e votazione delle opere in gara. Sempre loro hanno proclamato, tra ben 6 finalisti, i due libri vincitori dell’edizione 2009-2010: “L’Isola delle Balene” di Michael Morpurgo per la sezione Narrativa e “Il Professor Varietà” di Luca Novelli per la divulgazione scientifica. A rubare l’attenzione della giovane giuria sono stati, così, un’avventura per difendere le balene e la biodiversità, nel caso del primo libro e un racconto fantastico sulle attuali emergenze ambientali e la difesa delle biodiversità degli ecosistemi nel caso del secondo. La motivazione della vittoria? A fornirla agli autori stessi, nel corso di un incontro, dal sapore di festa, svoltosi lo scorso 25 maggio al Palarossini di Ancona, sono stati proprio i piccoli lettori che li hanno prima votati e poi “interrogati”: “si tratta di libri che fanno riflettere sui problemi ambientali e sociali, affrontano l’attualità, ma divertendo e stimolando la fantasia”. Insomma, libri e autori avrebbero centrato in pieno lo scopo del Premio lanciato da Legambiente.
“Questo concorso – ha dichiarato il Sindaco di Ancona Fiorello Gramillano – è molto importante, perché ha una capacità riconosciuta ormai da anni di trasmettere ai ragazzi l’entusiasmo per la lettura e perché indirizza questo entusiasmo verso temi che sono fondamentali per la crescita e lo sviluppo di una società sempre più accogliente e a misura d’uomo, in cui la tutela e il rispetto dell’ambiente rivestono un ruolo fondamentale”. Dello stesso parere è l’Assessore alla Pubblica istruzione del Comune di Ancona, Andrea Nobili che ha dichiarato: “I libri per i ragazzi hanno una funzione formativa strategica: un bambino che legge diventerà un adulto più consapevole. Questa iniziativa, inoltre, ha un valore aggiunto, poiché pone l’accento sul protagonismo e sul senso critico dei ragazzi stessi”. Sulla stessa linea ha proseguito anche Lanfranco Giacchetti, Presidente dell’Ente Parco del Conero: “Il Parco del Conero è felice di collaborare con Legambiente a questa iniziativa di notevole spessore che riguarda i ragazzi, la cui corretta formazione farà di loro adulti consapevoli ed attenti verso l’ ambiente. Quest’anno inoltre, Un libro per l’ Ambiente ha un valore aggiunto perché il 2010 è l’anno delle biodiversità, un tema che ci sta particolarmente a cuore in quanto la sua tutela rappresenta la sopravvivenza del pianeta. La cultura e la sensibilità ambientale non può quindi che partire dai nostri giovani che rappresentano il futuro ed il Parco del Conero non poteva essere fuori da questa dinamica”. “Dodici anni fa - hanno rivelato Leonello Negozi e Marcella Cuomo, rispettivamente Responsabile e Coordinatrice del premio per Legambiente Marche - quando Legambiente ha lanciato questo concorso, è iniziato tutto come una grande scommessa. La consapevolezza e l’importanza che riveste l’ambiente nella crescita culturale e sociale di una società era ancora ben lontana da quella che invece abbiamo riscontrato in questi ultimi anni. Ormai il premio è un appuntamento che gli studenti, i veri grandi protagonisti di questa esperienza, attendono con impazienza e ogni anno la corsa alla scoperta del vincitore diventa sempre più emozionante. In questa edizione abbiamo incontrato giovani elettori preparatissimi e coinvolti, segno che la sensibilità ambientale continua a crescere, come questo concorso”.
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CAMERA DI COMMERCIO
Nel corso dell’VIII Giornata dell’Economia la Camera di Commercio lancia la proposta di una riconversione ambientale dell’economia locale
ARRIVA DAL VERDE LA SPINTA ALL’ECONOMIA DORICA Sostenibilità e responsabilità sociale, la ricetta per uscire dalla crisi e rilanciare le piccole e medie e imprese di Silvia Barchiesi
La Green Economy come ricetta per uscire dalla crisi, rilanciare l’economia e creare nuova occupazione: l’idea di un’economia “verde” contagia anche la Camera di Commercio di Ancona che guarda alla sostenibilità come ad un volano di sviluppo e auspica una riconversione in chiave “green” dell’economia locale. La proposta è stata lanciata dall’Ente camerale dorico in occasione dell’VIII Giornata dell’Economia, lo scorso 14 maggio ad Ancona, a seguito di un’approfondita analisi volta a fotografare l’economia nella Provincia di Ancona. È proprio da una fotografia a tinte fosche che evidenzia un’economia provinciale in forte sofferenza, con un tasso di crescita negativo delle imprese iscritte all’ente camerale (- 0,15%), una riduzione delle esportazioni (-26,6%) e un tasso di disoccupazione in crescita (dal 3,8% del 2008 al 5,8% del 2009), che scaturisce la proposta della svolta e del conseguente rilancio: “il modello produttivo cui siamo soliti fare riferimento nelle nostre analisi
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va aggiornato - ha detto il Presidente della Camera di Commercio di Ancona, Rodolfo Giampieri, in apertura dell’incontro - introducendovi fattori di competizione nuovi ed elementi di innovazione radicale, a partire dalla necessità di rendere sostenibile lo sviluppo dei prossimi anni”. Parole queste che fanno da eco a quelle del Presidente della Commissione Europea Manuel Barroso e che spingono verso lo stesso obiettivo: “promuovere una crescita intelligente, creare opportunità di lavoro, orientare la nostra società verso un futuro sostenibile”. Le previsioni e le attese su scala nazionale sono, infatti, allettanti e incoraggianti. È quanto si legge nel Rapporto “Lotta ai cambiamenti climatici, efficienza energetica e fonti rinnovabili: gli investimenti, le ricadute occupazionali e le nuove professionalità”, realizzato dall’Osservatorio Energia e Innovazione dell’IRES-CGIL: “In termini di valore aggiunto si stima che l’industria italiana potrà realizzare un fatturato
medio annuo compreso tra i 2,5 e i 5,5 miliardi di euro l’anno per i prossimi dieci anni”. Per non parlare delle ricadute occupazionali. Secondo le proiezioni IRES, da oggi al 2020 è atteso un incremento occupazionale di 12.000 unità nette permanenti che potrebbero raggiungere le 60.500 unità, considerando l’occupazione indiretta e temporanea. Anche la Commissione Europea ha provato a misurare l’impatto di una politica energetica responsabile sulla crescita economica e sull’occupazione: entro il 2020 nei 27 Paesi membri dell’Unione europea sono attesi oltre 400 mila posti di lavoro solo nel settore delle energie rinnovabili. Sebbene non siano disponibili dati relativi alla Provincia di Ancona, è probabile che anche il sistema economico dorico venga travolto da questa rivoluzione. Il dibattito sulla “green economy” come opportunità per uscire dalla crisi, oltre che su scala nazionale e internazionale,
riecheggia quindi ad Ancona, dove già si intravedono i primi segnali positivi che vanno nella direzione auspicata dal Presidente della Commissione Europea: - la produzione pro capite di energia solare da impianti fotovoltaici è pari a 16,25W contro i 7W a livello nazionale; - ulteriori investimenti sono stati pianificati in altre tipologie di energie alternative (in particolare nell’eolico e nel biogas) all’interno del Piano Energetico e Ambientale Regionale che prevede un aumento della produzione di energie rinnovabili e la messa in atto di una serie di azioni diffuse per rendere più efficiente il consumo di energia; - si stanno diffondendo anche i cosiddetti “brevetti verdi”, ovvero quelle innovazioni che, da un’analisi del titolo tecnico delle domande, hanno un riscontro positivo per l’ambiente secondo i principi di eco sostenibilità ambientale, risparmio energetico ed energie rinnovabili (nel 2009 ne sono stati presentati 17, nel 2006 erano stati solamente 2); - aumenta la spesa regionale dedicata alla Ricerca & Sviluppo e l’incidenza del personale: dei 271 milioni di euro investiti nel 2007, oltre la metà proviene proprio dal mondo industriale, grazie ad una crescita su base annua del 25%. Il numero degli occupati è passato da 3.700 a 4.300 unità in un
solo anno, delineando anche in questo caso una performance brillante. Anche la Camera di Commercio di Ancona ha fatto la sua parte. Molte delle iniziative promosse dall’Ente camerale dorico nel 2009 spingono infatti verso un’economia “green”. Tra queste rientrano importanti traguardi: - la Scuola EMAS, la prima in Italia istituita da una Camera di Commercio, prepara Consulenti e Revisori Ambientali, ovvero figure professionali in grado di assistere enti ed imprese nella realizzazione del proprio sistema di gestione ambientale e guidarle verso un’ottimizzazione dei consumi e della gestione dei costi di produzione; - la registrazione ambientale EMAS conseguita dall’Ente che qualifica ulteriormente la sua azione verso la qualità e l’attenzione all’ambiente; - il nuovo Regolamento della Camera di Commercio di Ancona recentemente approvato che prevede la concessione dei contributi alle PMI per l’adozione di sistemi di gestione ambientale, responsabilità sociale e (da quest’anno) salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In questi anni, 72 imprese hanno avuto accesso al finanziamento a fondo perduto messo a disposizione della Camera per supportare i processi di certificazione ambientale, con un contributo complessivo di oltre 360 mila euro. Insomma, Ancona è sulla buona strada, ma il cammino verso un’economia verde è ancora lungo. “Occorre, comunque, guardare con la massima obiettività e ponderazione al futuro, facendoci forti della consapevolezza che la grande frattura generata dalla crisi economica di questi anni lascerà segni indelebili con cui fare i conti”. È quanto ha detto il Presidente della Camera di Commercio dorica, Rodolfo Giampieri che, in apertura del Convegno ha annunciato la necessità di un cambio di rotta per l’economia locale: “Niente sarà più come prima. Ci si attende, quindi, un atteggiamento rigoroso e responsabile”. “S’impone un cambio di paradigma - ha ribadito nel suo intervento il Prof. Antonio Tencati, Professore di Economia e Gestione delle imprese all’Università Bocconi di Milano - è necessario rendere la responsabilità sociale approccio strategico per la sostenibilità . Attraverso
un forte orientamento alla sostenibilità la Regione Marche può riconfermare la propria posizione d’eccellenza nei mercati internazionali, consolidando e rafforzando dinamiche innovative emergenti. In particolare, grazie a logiche collaborative che coinvolgano imprese, soggetti pubblici e società civile, i distretti e le aree leader nella provincia di Ancona devono costituire veri e propri sistemi territoriali in grado di presidiare tre possibili linee di sviluppo tra loro interconnesse: la qualità della vita (ad esempio, sistema casa e fonti rinnovabili), le filiere tipiche (ad esempio, agroalimentare di qualità e tessile - abbigliamento) e il territorio sostenibile (ad esempio, turismo e infrastrutture). Solo attraverso uno sforzo congiunto - orientato a forme di innovazione capaci di costruire i mercati di domain – ha concluso il Prof. Tencati - si può superare la crisi e rilanciare lo sviluppo territoriale”. L’economia dorica necessita di ripartire dal “verde”, ma anche dalla “rete”. A sostenere la necessità di una maggior coesione è stato lo stesso Presidente Giampieri: “oggi più che mai c’è bisogno unità per guardare al futuro. Per sostenere uno sviluppo sostenibile, occorre muoversi insieme e dialogare”. L’appello è ai rappresentanti degli istituti di credito, perché rafforzino il legame con le imprese, alle stesse imprese affinché inizino a pensare alla “filiera verde” come a un nuovo elemento aggregante di distretto, alle istituzioni pubbliche e alle associazioni di categoria affinché, grazie ai cosiddetti “acquisti verdi”, possano orientare sempre di più il mercato verso soluzioni e prodotti ecocompatibili e attraverso il loro sostegno possano favorire quelle “reti di imprese” in grado di ridare slancio competitivo e forza contrattuale alle piccole e medie imprese. Di qui l’invito del Presidente Giampieri ad una “responsabilità sociale collettiva” anche da parte delle imprese: “Diventa necessaria una responsabilità sociale collettiva, e non più individuale, che faccia forza proprio sull’appartenenza comune allo stesso territorio, alla voglia di contribuire alla sua crescita senza dimenticarne la tutela, salvaguardando l’iniziativa imprenditoriale con regole certe di competizione e assumendo il territorio stesso come risorsa essenziale per lo sviluppo e come elemento chiave nella definizione dei nuovi distretti”.
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SOGENUS SPA
IN VENTI ANNI MIGLIAIA DI STUDENTI HANNO VISITATO GLI IMPIANTI DI SMALTIMENTO RIFIUTI SO.GE.NU.S. S.P.A. di Eddy Ceccarelli Presidente SO.GE.NU.S. S.p.a.
Presidente neo-eletta di SO.GE.NU.S. Spa ho voluto conoscere e ‘visitare’ il gioiello di gestione ed esperienza che mi è stato affidato. La natura, anche all’impianto discarica, offre ginestre, papaveri, rose canine. Colori e vivacità! ‘Dai diamanti non nasce niente… dal letame nascono i fior’ canta De Andrè. Con l’inizio dell’anno scolastico riprendono inoltre le visite di istruzione di tanti studenti presso l’impianto smaltimento rifiuti gestito da SO.GE.NU.S. Altra vivacità che ci piace accogliere, come sempre!! Gli Istituti Scolastici di ogni ordine della nostra Regione, inseriscono annualmente nelle loro programmazioni la visita agli impianti SO.GE.NU.S. S.p.a. di Maiolati Spontini. Le scuole mostrano massima attenzione ai percorsi formativi che riguardano l’ambiente per far crescere i giovani in una maggior consapevolezza della sua tutela e delle azioni necessarie a realizzarla. In questa logica si inseriscono le ‘ visite di istruzione’ che rappresentano un valore aggiunto rispetto alla semplice informazione sul ciclo dei rifiuti. SO.GE.NU.S. S.p.a. è sempre più consapevolmente orientata a fornire all’utenza più vasta il massimo della comunicazione e dell’apertura. Le visite dei cittadini e degli studenti in particolare non rappresentano solo un obbligo di trasparenza esercitato con la più ampia disponibilità, ma anche motivo di grande soddisfazione. Gli studenti manifestano interesse e curiosità durante le visite guidate dal nostro personale specializzato. Sono assolutamente da apprezzare la qualità e il livello di approfondimento e articolazione dei progetti di studio e
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ricerca, di analisi e sintesi che le scuole sistematicamente ci inviano quali ‘prove’ della consapevolezza ambientale raggiunta. Le relazioni mostrano studenti capaci di osservare con occhio attento e critico sia l’ambiente circostante che i processi di lavorazione. Per So.ge.nu.s. S.p.a. lo spirito critico dei ragazzi, le loro valutazioni costituiscono una conferma in positivo della qualità del lavoro svolto, confortandoci anche sul piano dell’impegno. La conoscenza dei processi lavorativi, dell’organizzazione aziendale, delle modalità di tutela dell’ambiente interno ed esterno all’impianto avvicina gli utenti produttori di rifiuti all’azienda preposta al loro smaltimento e riciclaggio. Questo favorisce maggior consapevolezza della complessità esistente dietro al gesto di gettare il superfluo (i rifiuti) e rende più attenti, consapevoli e protagonisti verso la tutela del paesaggio, delle città, dei luoghi di lavoro e di studio. La qualità della vita dipende anche dallo stile di vita che scegliamo di darci! Desideriamo ringraziare le scuole, i lori dirigenti, gli insegnanti per quello che sanno mettere in campo, i giovani ed i ragazzi per l’interesse, l’attenzione e lo scrupolo che manifestano.
Sede legale ed operativa: via Cornacchia, 12 - 60030 Moie di Maiolati Spontini (Ancona) Tel. 0731 703418 - 703008 - Fax 0731 703419 Sede amministrativa: via Petrarca, 5-7-9 - 60030 Moie di Maiolati Spontini (Ancona) Tel. 0731 705088 - Fax 0731 705111 info@sogenus.com - www.sogenus.com
SO.GE.NU.S. S.P.A. INTERAMENTE PUBBLICA AL SERVIZIO DEL SUO TERRITORIO E DEI MARCHIGIANI di Eddy Ceccarelli Presidente So.ge.nu.s. S.p.a.
SO.GE.NU.S. S.p.a. dal 1989 è impegnata nella tutela dell’ambiente e per fornire a cittadini, imprese ed enti pubblici un riferimento di primo ordine per la gestione dei rifiuti, principalmente lo smaltimento di rifiuti speciali ed urbani. SO.GE.NU.S. S.p.a. ha consolidato lo sviluppo del suo sistema di gestione con un percorso di eccellenza che l’ha portata inizialmente ad ottenere la Certificazione ISO 9002, quindi ha certificato il proprio sistema di Gestione Ambientale ISO 14001 poi la Registrazione EMAS del sito, la Certificazione OHSAS 18001 relativa alla Sicurezza ed Igiene sul lavoro e per ultimo la Certificazione SA 8000 per la Responsabilità sociale d’impresa. A marzo 2007 e nel 2009 l’intero sistema di qualità integrato è stato nuovamente convalidato ottenendo la certificazione Best 4. Con la Registrazione EMAS la SO.GE.NU.S. ha voluto dare un’ulteriore conferma della sua affidabilità, trasparenza e piena collaborazione con le autorità e gli organi di controllo. Poche aziende delle Marche hanno fatto lo stesso con tanta determinazione e impegno. Come Presidente devo riconoscere che essere soci, amministrare e lavorare in un’azienda così è motivo di orgoglio, soprattutto in un settore particolarmente delicato dove non mancano esempi deplorevoli e situazioni da non imitare. È noto che SO.GE.NU.S. ha costruito e consolidato nel tempo un rapporto con i Comuni, clienti e fornitori basato sulla collaborazione corretta e concreta. Con compagine interamente pubblica desidera operare anche nel futuro, in armonia e nel rispetto degli interessi pubblici e privati dei produttori, in modo particolare delle aziende marchigiane che seriamente lavorano nel ciclo dei rifiuti, pur sapendo che il mercato per sua natura è dinamico e competitivo. La compagine societaria di SO.GE.NU.S. a totale capitale pub-
blico dal 1° luglio 2009, è costituita dai Comuni di Maiolati Spontini (socio e proprietario degli impianti), Castelplanio, Castelbellino, Cupramontana, Mergo, Montecarotto, Monteroberto, Poggio S. Marcello, Monteroberto, Rosora, Serra S. Quirico, Staffolo, Jesi, Cis e Anconambiente. Realtà importante!! In nessuna maniera può essere considerata un ingombro da indebolire o spazzar via per far posto a soggetti economici che con il nostro territorio non hanno un intimo legame. Qui siamo nati, cresciuti e intendiamo continuare il nostro lavoro al servizio dei marchigiani. Guardando al futuro, ai nuovi scenari all’orizzonte, ancora molto indefiniti, SO.GE.NU.S. saprà considerare con attenzione e rispetto solo le operazioni imprenditoriali di alto profilo, chiare, in grado di offrire al mercato marchigiano servizi economici ed efficienti, in coerenza con gli interessi dei soci proprietari che per la loro natura pubblica non possono prestarsi ad operazioni confuse o velleitarie. Il settore dei rifiuti vuole trasparenza! SO.GE.NU.S. colloca la sua prospettiva di sviluppo nell’incontro e collaborazione con aziende dalle solide fondamenta che condividono progetti, obiettivi e un modo di operare serio, senza pericolose furbizie, basato sul lavoro paziente che produce ricchezza con l’onestà, caratterizzato da intraprendenza senza avventure che si traduce in comportamenti equilibrati nella sostanza, discreti nello stile. Consapevole dei mutamenti di scenario e di un’incalzante politica di liberalizzazioni e privatizzazioni SO.GE.NU.S. vuole mantenere il più possibile le sue caratteristiche genetiche e il ruolo avuto finora nel rispetto delle regole di mercato, della programmazione regionale e provinciale. Non strizzerà l’occhio di nascosto, come purtroppo fanno altri soggetti, ai grandi gruppi che da altre Regioni arrivano per “conquistare” le Marche.
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ARPA MARCHE
IL NUOVO REGOLAMENTO EMAS E L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO DELL’ARPAM di Gisberto Paoloni Direttore generale ARPAM
Il 25 novembre 2009 è stato adottato il Regolamento EMAS CE 1221/09 (denominato EMAS III) e pubblicato sulla GUUE il 22/12/2009. Dall’11 gennaio 2010, pertanto, non essendo più possibile registrarsi ai sensi del vecchio Regolamento EMAS (CE) n° 761/2001, Organizzazioni e Dichiarazioni Ambientali dovranno essere conformi al nuovo Regolamento. Per rinnovo, sorveglianza e convalida degli aggiornamenti della Dichiarazione Ambientale, le cui verifiche siano previste entro l’11 luglio 2010, è prevista una proroga della verifica di 6 mesi per adeguarsi al nuovo regolamento. Il ruolo delle Agenzie Ambientali nell’ambito dello schema comunitario EMAS e delle politiche ambientali europee è fondamentale. ARPAM aderisce ad ASSO ARPA - Coordinamento nell’ambito del Sistema Agenziale ISPRA/ARPA/APPA e svolge compiti di informazione e divulgazione delle politiche comunitarie (EMAS; Ecolabel; GPP; …), è nodo regionale (Politiche Ambientali Europee: EMAS; Ecolabel; GPP; …) e nell’ambito dell’istruttoria per il rilascio della registrazione EMAS fornisce ad ISPRA “… informazioni in merito al rispetto della legislazione ambientale applicabile all’organizzazione in oggetto.” (art. 6 del Regolamento 761/01 CE EMAS II). Anche se attualmente a livello nazionale non sono state organizzati incontri tecnici ISPRA/ARPA/APPA sul nuovo Regolamento, possiamo affermare che la procedura di controllo a carico delle Agenzie regionali non subirà revisioni sostanziali. ARPAM richiede informazioni a: Comune; Provincia; Servizio ambiente e paesaggio della Regione Marche; Comando provinciale VVF; Comando Provinciale Guardia di Finanza; Comando Provinciale Corpo Forestale dello Stato e, in alcuni casi, ASUR, in merito a procedimenti di diffida, revoca o sospensione di atti concessori o autorizzatori relativi a procedimenti sanzionatori, in materia ambientale/ sicurezza a carico dell’organizzazione richiedente la registrazione EMAS. Si chiede, inoltre, di mantenere attivo un canale informativo verso l’Agenzia, per far eventualmente pervenire, con la dovuta tempestività, tutte le informazioni circa le sopravvenute inadempienze e violazioni di disposizioni normative e/o prescrizioni regolamentari in materia ambiente/ sicurezza da parte dell’organizzazione ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 6 co.4 del Reg. CE n. 761/2001. L’ARPAM nell’ambito della procedura per il rilascio della Regi-
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strazione EMAS si esprime secondo questa formula: In merito alle informazioni richieste dal Settore EMAS di ISPRA l’ARPAM si esprime favorevolmente/propone la sospensione alla prosecuzione dell’istruttoria per la Registrazione EMAS dell’organizzatone in oggetto in quanto non sono emerse/sono emerse attualmente situazioni di non conformità legislativa nelle materie ambientali indagate dal Dipartimento Provinciale ARPAM… o dall’Ente… Si trasmettono le note/relazioni del Dipartimento Provinciale ARPAM xxx e degli Enti xxx. L’ottemperanza normativa (non solo ambientale secondo ARPAM...) è un requisito imprescindibile che deve sussistere al momento della convalida della dichiarazione da parte del Verificatore Ambientale e poi della registrazione da parte del Comitato. Deve essere il risultato di una condotta attuale e non l’oggetto di un impegno futuro, questo non può sanare una situazione di inottemperanza che è già causa di un potenziale o reale inquinamento. Mentre il miglioramento può consistere solo nel raggiungimento di risultati sempre più favorevoli e non nel passaggio da una situazione negativa di inottemperanza e d’inquinamento ad una positiva di ottemperanza. I controlli ambientali Il quadro di riferimento normativo e tecnico attualmente nel nostro paese non dà indicazioni di dettaglio per la gestione delle ispezioni ambientali intendendo per gestione il ciclo ispettivo cioè: la
predisposizione di un piano di ispezioni; la elaborazione dei correlati programmi; la esecuzione delle ispezioni; la gestione dei loro esiti in termini di ricaduta sulle autorizzazioni. Questa carenza di riferimento doveva essere colmata con il recepimento della Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio n° 331/2001 che stabilisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali negli Stati Membri. In effetti il recepimento
La Distribuzione per provincia delle organizzazioni e dei siti corrispettivi registrati secondo il Regolamento EMAS Ce n° 761/01 (anno 2009)
Legge 3 febbraio 2003 n. 14 recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2002” e successive, hanno indirizzato la programmazione regionale per l’esecuzione delle ispezioni ambientali in modo integrato per matrice ambientale e per competenza ispettiva. ARPAM ha iniziato il lavoro con la formazione degli ispettori e la messa a punto di un data base in rete che consente a tutte le Autorità Ispettive l’accesso e la gestione. Il database unico per le Province (Pesaro, Ancona, Macerata, Ascoli Piceno) è accessibile attraverso il sito http://www.pfr.marche.it, successivo login e le password distribuite al personale ispettivo. Il controllo ambientale permette di individuare illeciti amministrativi o penali eventualmente commessi e proporre sanzioni amministrative/penali agli organi competenti. L’illecito amministrativo è la violazione di norme perseguite dalla legge con la sanzione di tipo amministrativo che è sempre di natura economica. L’illecito amministrativo è sempre di competenza di autorità amministrativa (Comune, Provincia, Regione, Stato). La procedura comporta la redazione di un verbale di accertamento e contestazione della violazione da inviarsi all’organo competente L’eventuale violazione deve essere, oltre che accertata, anche contestata al trasgressore da parte dell’organo che ha effettuato l’accertamento immediatamente o entro il termine di 90 giorni da quando l’accertamento è stato compiuto (Art. 14. L.r. n° 33 del 1998; L. 689/01). La procedura di illecito amministrativo termina con il pagamento della somma prevista dal sistema sanzionatorio della legge o del regolamento violato.
era stato disposto dalla legge 3 febbraio 2003 n° 14, recante disposizioni per l’adempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea e, in particolare, con l’art. 23 il Governo veniva autorizzato ad adottare apposito regolamento per la definizione dei criteri specifici relativi all’organizzazione ed esecuzione delle ispezioni ambientali e l’introduzione di una banca dati relativa alle ispezioni effettuate accessibile anche al pubblico. La Raccomandazione 2001/331/CE del Parlamento Europeo e la
ARPA Marche Via Caduti del Lavoro, 40 int. 5 - 60131 Ancona Tel. 071 2132720 - fax 071 2132740 arpa.direzionegenerale@ambiente.marche.it www.arpa.marche.it
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COSMARI
RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI: SFONDATO IL MURO DEL 60% IN PROVINCIA DI MACERATA Nuovo record ottenuto dal COSMARI con la raccolta “Porta a “Porta” di Luca Romagnoli
Non si arresta il trend positivo del COSMARI nella raccolta differenziata. Infatti il Consorzio che si occupa della raccolta, trattamento e riciclo dei rifiuti prodotti dai Comuni maceratesi, nello scorso mese di aprile, attesta la propria percentuale di raccolta differenziata al 60,12%, confermandosi, con il suo modello organizzativo e con la qualità dei servizi erogati, come uno tra i migliori Consorzi d’Italia, in campo ambientale. Questo nuovo importante traguardo, su base provinciale, è stato raggiunto grazie alle performances dei Comuni dove è stato adottato il servizio di raccolta differenzia “Porta a Porta”. Del resto anche nel recente Convegno, che si è tenuto proprio
sfidando gli scettici, hanno puntato, già da qualche anno, sulla raccolta differenziata domiciliare spinta, favorendo un importante cambio di tendenza che ha portato il nostro territorio a riciclare sempre più rifiuti in confronto a quelli indifferenziati che finiscono in discarica, con evidenti vantaggi ambientali ed economici. Molto significativi i racconti delle esperienze fatte su diverse realtà regionali. In una sorta di tavola rotonda i Sindaci di Appignano, Corinaldo, Montecosaro, Montelupone, Serra de’ Conti e Urbisaglia hanno presentato le proprie sperimentazioni, evidenziandone i lati postivi e illustrando le soluzioni adottate per il miglioramento del servizio e per la risoluzione delle
al COSMARI, diversi esperti e politici, tra cui Stefano Ciafani, responsabile dell’Ufficio Scientifico di Legambiente, hanno elogiato quanto si sta facendo nelle Marche, in particolare nel maceratese, dove si riesce a ottenere importanti risultati con costi certamente inferiori a quelli praticati per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in altre regioni italiane. Il Convegno, promosso oltre che dal COSMARI dalla Regione Marche, dalla Provincia di Macerata e da Legambiente Marche, ha approfondito tutte le questioni inerenti i vantaggi, i benefici ambientali, i costi e le problematiche della raccolta porta a porta. Nei diversi interventi che si sono succeduti sia Fabio Eusebi presidente del COSMARI che Luigino Quarchioni presidente di Legambiente Marche, hanno sottolineato la felice intuizione di tutti quegli amministratori che, con tenacia e
criticità. Molto apprezzato anche il case history presentato dal Presidente del Cir 33 sulla metodologia adottata nei comuni della Vallesina - Misa. La situazione della raccolta differenziata e le varie esperienze adottate nelle diverse zone sono state confrontante anche grazie agli interventi degli Assessori all’Ambiente delle Province marchigiane. Infatti, hanno partecipato al Convegno anche un rappresentante della Provincia di Pesaro e Urbino e gli Assessori all’Ambiente della Provincia di Ancona, Marcello Mariani e della Provincia di Fermo, Renato Vallesi. Anche secondo il loro punto di vista il “porta a porta” consente di ottenere, in tempi brevi, diversi vantaggi. Nei loro interventi, in particolare, hanno illustrato i risparmi ottenuti anche in virtù di una maggiore percentuale di materiali
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riciclati. Gli indirizzi politici e le strategie della Provincia di Macerata sono state prospettate dal Presidente Franco Capponi il quale ha posto l’accento sul “modello” COSMARI, unico gestore della raccolta, trattamento ed avvio al riciclo per tutti i rifiuti prodotti su scala provinciale e sui risultati raggiunti dai cittadini del maceratese che si sono dimostrati particolarmente sensibili alla cura ambientale dei propri comuni, aderendo fin da subito con entusiasmo e con animo propositivo al nuovo sistema di raccolta differenziata. Nell’ultima parte dell’incontro, si è entrati in un’area più specialistica con gli interventi di Gianni Corvatta, Direttore del Dipartimento ARPAM di Macerata, di Giuseppe Giampaoli Direttore del COSMARI, di Isarema Cioni Dirigente dell’Ufficio Ambiente della Regione Marche e di Stefano Ciafani responsabile dell’Ufficio Scientifico nazionale di Legambiente. Tutti i presenti, tra cui diversi amministratori di tutta la regione Marche, hanno concordato sia sui risultati molto lusinghieri sinora raggiunti, sia sui risvolti economici positivi ed occupazionali che il “porta a porta” ha creato, malgrado il periodo congiunturale di crisi. Tutti hanno riconosciuto l’importanza di una gestione pubblica del servizio con un possibile sviluppo di integrazioni impiantistiche, gestionali, di know how tra
Di seguito si elencano i “Comuni ricicloni” della provincia di Macerata, dove è stato attuato il “porta a porta” e le loro percentuali di raccolta differenziata nel mese di aprile: Montelupone (83,11%), Montefano (79,86%), Camporotondo (78,82%), Belforte del Chienti (78,42%), Urbisaglia (76,86%), Ripe San Ginesio (76,72%), Montecosaro (75,56%), Serrapetrona (75,38%), San Ginesio (75,36%), Recanati (75,29%), Monte San Giusto (75%), Appignano (74,65%), Treia (74,82%), Colmurano (74,65%), Castelraimondo (74,39%), Potenza Picena (74,14%), Caldarola (73,92%), Tolentino (69,68%), Corridonia (68,87%), Loro Piceno (67,36%), Civitanova Marche (66,71%), Camerino (64,86%), San Severino Marche (64,42%) e Porto Recanti (52,42%). Nei Comuni di Civitanova Marche, San Severino Marche e Porto Recanti è interessata dal servizio “porta a porta” una parte della popolazione residente. Nelle prossime settimane è previsto il completamento del servizio su tutto il territorio di questi tre Comuni. “Se siamo riusciti a superare il 60% della raccolta differenziata - ha ricordato Fabio Eusebi Presidente del COSMARI - lo dobbiamo ai cittadini maceratesi che ogni giorno dimostrano la loro attenzione nel separare e conferire i rifiuti e alla sinergica collaborazione che abbiamo con tutte le Ammini-
Aziende e Consorzi pubblici, magari prevedendo anche una possibile espansione di un nuovo polo energetico-ambientale. Le professionalità sinora acquisite e formate, insieme alle sperimentazioni fatte, ormai trasformate in esperienze, consentono agli operatori pubblici presenti sul territorio di fornire servizi di grande qualità, erogati rispettando economie di scala e quindi competitivi sia sotto il profilo economico che di preservazione ambientale. Rifuggendo il “canto delle sirene” di grandi Società interessate ad introdursi su un territorio fertile e già educato e, quindi, ottima “preda”, tutti i presenti nella Sala convegni del COSMARI, hanno auspicato di poter continuare a gestire un servizio, in maniera pubblica, che viene riconosciuto, prima tra tutti dagli stessi cittadini e poi dagli esperti del settore, come esemplare, efficiente e rispondente alle istanze del territorio.
strazioni comunali, con l’intento di fornire servizi adeguati alle esigenze del territorio, rispettosi dell’ambiente e con costi che sono inferiori o, in linea, a quelli di altre realtà”.
Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net - www.cosmari.sinp.net
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ADRIATICA OLI S.R.L.
150 COMUNI ATTIVI NELLA RACCOLTA DEGLI OLI VEGETALI ESAUSTI a cura della Dott.ssa Giusi Tanoni
La raccolta e il riciclaggio degli oli vegetali esausti è uno dei settori in cui Adriatica Oli S.r.l. è particolarmente impegnata, dopo un’esperienza trentennale che ha fatto della Società un punto di riferimento in Italia. Membro fondatore del C.O.N.O.E. (Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento Oli e grassi animali e vegetali Esausti), costituitosi ai sensi del D. Lgs. 22/97, come organo di controllo della filiera oli vegetali e grassi esausti ai fini ambientali e a tutela della salute pubblica, Adriatica Oli, dopo confronti con le Pubbliche Amministrazioni, Comuni, Consorzi Intercomunali e Sindaci, ha scelto di estendere la raccolta degli Oli Vegetali Esausti (O.V.E.) anche presso le utenze domestiche.
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Il progetto pilota, iniziato nel 2004, su tre Comuni della provincia di Macerata, si è esteso,attualmente, alla raccolta presso 150 Comuni delle Regioni Marche ed Abruzzo e la città di Roma. Le Amministrazioni Pubbliche si rivolgono ad Adriatica Oli S.r.l. per essere supportate: non solo a livello logistico, ma soprattutto per la progettazione del servizio, per la valutazione dei siti e della metodologia di raccolta più opportuna per il proprio territorio. La raccolta differenziata degli O.V.E. da utenza domestica permette ai Comuni di diminuire i costi di manutenzione dell’impianto fognario e del depuratore risolvendo problematiche legate a: • accumulo ed intasamento sulla rete di adduzione all’impianto e sugli impianti di sollevamento. La pulizia e la manutenzione di condutture ed impianti di pompaggio incrostati o danneggiati dall’olio e dal grasso comportano un costo pari a oltre 50 Cent per ogni chilo di grasso (Fonte: ASM Bressanone SpA; Abfallwirtschaft Tirol Mitte GmbH); • malfunzionamento che può verificarsi nelle fasi di trattamento biologico aerobico, creando difficoltà alla depurazione. Per depurare 1 kg di olio usato sono necessari 3 kWh (Fonte: Università
della Tuscia, Viterbo; Università “La Sapienza”, Roma); • sovraccarico nella fase di digestione anaerobica del fango; gli oli ed i grassi si accumulano nei digestori, inibendo le reazioni biologiche e occupando come “schiume”, spazi inutili. I sistemi di raccolta degli oli vegetali esausti attuabili sono i seguenti: • raccolta con isole ecologiche; • raccolta con stazioni monomateriale (stradali e presso supermercati); • raccolta nei condomini (alternativo al porta a porta). La scelta e l’attivazione di uno o più sistemi integrati vengono effettuate tenendo conto delle caratteristiche del territorio (viabilità, densità abitativa) e della tipologia di utenze (pluri-utenze domestiche, mono-utenze domestiche, ecc.). Vengono inoltre strutturati in forma “integrata” al sistema di raccolta differenziata preesistente. La valutazione dei dati sperimentali ha dimostrato che la raccolta mediante contenitori stradali monomateriale, insieme alla raccolta condominiale, è la soluzione che ha ottenuto i maggiori quantitativi di O.V.E. pro capite. Infatti, se la percentuale di intercettazione media annua per ogni famiglia di un’isola ecologica è del 3,79%, la raccolta stradale, realizzata con contenitori idonei al posizionamento su strada, ha una percentuale di intercettazione del 21,90%, mentre la percentuale di un contenitore posizionato presso i condomini è del 52,7% come si evince dal grafico. La raccolta condominiale Gli indicatori, sopra citati, sono stati ottenuti da sperimentazioni effettuate senza campagne di informazione alla
cittadinanza. Si desume pertanto che, con un’azione educativa più mirata, si potrebbero ottenere percentuali di raccolta più elevate. Dato l’elevato numero di famiglie residenti in condomini, è stato valutato conveniente realizzare la raccolta di O.V.E. presso tali strutture, tenendo conto anche della risposta molto favorevole da parte dei cittadini.
I cittadini, così, possono conferire direttamente l’O.V.E. in un contenitore idoneo, chiamato H-Oli, nei locali immondezzaio o in area condominiale. Il contenitore H-Oli, è stato progettato appositamente per la raccolta presso condomini e grandi agglomerati abitativi, è una soluzione pratica e risposta risolutiva del “porta a porta” per gli oli. Questo sistema di deposito temporaneo tiene in massima considerazione la funzionalità del servizio al cittadino che, senza difficoltà, può conferire, a necessità, il rifiuto in luoghi facilmente raggiungibili. Si ribadisce in ogni caso che il sistema di raccolta condominiale per rispondere ai requisiti di efficienza ed economicità deve comunque essere sempre integrato con le altre tipologie di raccolta. L’attivazione di tale sistema è consigliabile in città superiori ai 100.000 abitanti, che di norma presentano numerosi condomini di dimensioni medio grandi. Nonostante lo start up della raccolta sia abbastanza impegnativo, poiché prevede, oltre al coinvolgimento del Comune di riferimento, anche quello degli Amministratori di condominio, i lati positivi in termini di capillarità del servizio la rendono altamente consigliata.
Adriatica Oli S.r.l. - C.da Cavallino, 39 Montecosaro (MC) - Tel. 0733 229080 Referente per le Amministrazioni Pubbliche Dott.ssa Sabina Ciarrocchi sabina.ciarrocchi@adriaticaoli.com - www.adriaticaoli.com
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