n°3 Marzo 2011 Anno XII
mostra convegno internazionale dellʼenergia sostenibile
SMART CITY alla ribalta... • telegestione • bioenergia • casa attiva • ecomobility • ciclo virtuoso rifiuti
TORINO
07-09 APRILE
orario: 9-19 nellʼambito di
preregistrazione online
con il sostegno di
Free Service Edizioni
energethica.it
Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona
®
CN/CONV/0969/2010
n°
3
MARZO
2011 Anno XII €
7,00
26 MARZO 2011
ciano magenta giallo nero
C
M
Y
CM
MY
CY CMY
K
egAMBIENTE_tf2011_210x297col 22/02/11 11.47 Pagina 1
Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità ONLUS
mostra-convegno internazionale
terrafutura buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile
abitare
firenze - fortezza da basso produrre
20-22 maggio 2011 VIII edizione ingresso libero
coltivare
• appuntamenti culturali • aree espositive • laboratori • animazioni e spettacoli
agire
governare
Terra Futura 2011 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus per il sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale. È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente. In collaborazione e con il patrocinio di Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA e numerose altre realtà nazionali e internazionali. Relazioni istituzionali e Programmazione culturale Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus tel. +39 049 7399726 - email fondazione@bancaetica.org
Organizzazione evento Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. tel. +39 049 8726599 - email info@terrafutura.it
www.terrafutura.it
ciano magenta giallo nero
Rivista mensile di informazione e aggiornamento di cultura ambientale Edizioni:
Free Service s.r.l. Sede amministrativa, Direzione, Redazione, Grafica:
Via del Consorzio, 34 60015 Falconara M. / AN tel. 071 9161916 - fax 071 9203270 www.freeservicesrl.it info@regionieambiente.it grafica@regionieambiente.it Aut.Trib. di Ancona n. 1/2000 del 4/1/2000 Direttore Responsabile:
Andrea Massaro Grafica:
Free Service srl Responsabile Marketing:
Fabio Bastianelli Stampa: BIEFFE s.r.l.
via Zona Industriale P.I.P. 62019 Recanati (MC)
Una copia: €7,00 Arretrati: €14,00 Abbonamento annuale: €58,00 Versamento su C/C postale n° 17270604 intestato a Free Service s.r.l. Via del Consorzio, 34 60015 Falconara M. (AN) Sped. in abb. postale - Pubbl. inf. al 45% Aut. Dir. Prov.le P.T. Ancona
La Redazione di REGIONI & AMBIENTE si riserva il diritto di modificare, rifiutare o sospendere un articolo a proprio insindacabile giudizio. L’Editore non assume responsabilità per eventuali errori di stampa. Gli articoli firmati impegnano solo i loro autori. È vietata la riproduzione totale o parziale di testi, disegni e foto. Manoscritti, disegni e foto, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. Tutti i diritti sono riservati.
In copertina: il nuovo Logo 60+ per Earth Hour 2011, l’appuntamento lanciato dal WWF che si celebrerà il 26 marzo
SOMMARIO
N° 3 MARZO 2011 ANNO XII
6
16 6
CAMBIAMENTI CLIMATICI
Il sole ha inaspettatamente anticipato di 2 giorni la sua comparsa La “festa del Sole” in Groenlandia non si è celebrata
8 L’instabilità climatica determinante nel crollo dell’impero romano La dendroclimatologia fondamentale per conoscere i mutamenti del clima nel corso dei secoli
11 Le attività di adattamento: “Cenerentola alla ricerca della scarpetta di cristallo” La Figueres favorevole alla carbon tax
14 Il clima in Italia negli ultimi 150 anni ISAC-CNR ha ricostruito il clima del Bel Paese a partire dalla sua nascita
16 Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua (WWD) Gestione delle risorse idriche questione trasversale dei cambiamenti climatici
18
MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Fiera di Roma, 23-25 marzo 2011 ECOPOLIS: torna a Roma il Forum sulla Città Sostenibile
24
44 20
32
Earth Hour 2011, l’appuntamento del WWF Per più di un’ora...
22
SERVIZI AMBIENTALI
COSMARI Dati record nei Comuni maceratesi che effettuano la raccolta differenziata “Porta a Porta” di Luca Romagnoli
INNOVAZIONE E RICERCA
L’innovazione in Europa cresce meno di USA e Giappone L’Italia si colloca ben al di sotto della media UE
24 Celebrato ufficialmente l’Anno Internazionale della Chimica (IYC) Chimica: la nostra vita, il nostro futuro
26
26
INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
L’Europa a basse emissioni di CO2 in 10 anni?: 2.900 miliardi di euro di investimenti! Necessari finanziamenti privati per una domanda senza precedenti
28 Ancora lontano l’obiettivo di una “società del riciclaggio” Anche se i tassi di riciclaggio sono migliorati, diminuiti i rifiuti in discarica e ridotti gli usi di sostanze pericolose
31 Chiarimenti sul nuovo regime di iscrizione all’Albo Esteso l’obbligo di iscrizione entro il 19 aprile di commercianti e intermediari di rifiuti
34
IL COMMENTO
L’Italia all’avanguardia per sicurezza alimentare e informazione del consumatore Finalmente è Legge l’etichettatura degli alimenti! Ora bisogna spingere l’Europa a seguirne l’esempio
38
NORMATIVA
Legge 3 febbraio 2011, n. 4 Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari
42
ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Rinnovabili UE: necessario un approccio integrato tra i Paesi membri Per l’EWEA, il Piano nazionale italiano mancherebbe l’obiettivo
44 Polemiche dopo i dati forniti dal GSE sulle installazioni al 2010 Solare fotovoltaico: bolla o cura dimagrante?
48 Pubblicato il Rapporto WWF sull’Energia Nel 2050 il 100% di energia da fonti rinnovabili? È possibile!
4a edizione
1a edizione
Salone internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei metalli ferrosi e non ferrosi
Salone internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei materiali industriali, la qualità dell’ambiente, l’efficienza energetica
Kn ]P[H H UHZJL SH ÄLYH KLSSL [LJUVSVNPL WLY PS YPJPJSV PUK\Z[YPHSL
+\L L]LU[P \U NYHUKL HWW\U[HTLU[V
19 - 21 Maggio 2011 Centro Fiera del Garda - Montichiari - Brescia
Con il patrocinio di: AIB - AIM - AIR - APER - ASS.TO ALLA TUTELA DELL’AMBIENTE ECOLOGIA ED ATTIVITÀ ESTRATTIVE-ENERGIA DELLA PROVINCIA DI BRESCIA - ASSOFERMET - ASSOMET - ASSORIMAP - BIR - CARPI CCIAA BRESCIA - CIAL - CONFCOMMERCIO - CONSORZIO ARGO ECODOM - ENEA - FACE - FEDERACCIAI - OEA - UNCSAAL
Alfin-Edimet Spa Via Brescia, 117 - Montichiari, Brescia Tel. 030 9981045 - commerciale@edimet.com
www.metalriciclo.com - www.recomatexpo.com
63
70
74 51
68
MOBILITÀ SOSTENIBILE
Eco-Coin: la moneta ecologica del futuro La sua diffusione in occasione dell’EXPO 2015 di Milano
Parma: Zero Emission City 9 milioni di Euro per 1000 auto elettriche e 300 punti di ricarica entro il 2015 di Agnese Mengarelli
54
EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ
Alla ricerca della sostenibilità per la prosperità dei mercati Sempre più numerose le imprese che si impegnano per un’economia sostenibile
56 Le questioni emergenti dello “Year Book 2011” dell’UNEP Troppe quantità di plastiche e fosforo negli oceani
70 Sostenibili le megalopoli del futuro se adeguatamente progettate e pianificate Il consumo di risorse si riduce con il maggior reddito dei suoi abitanti
72
AGENDA 21
XII Assemblea Nazionale del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane A Siena dall’8 al 9 aprile gli enti locali più sostenibili d’Italia, insieme per superare la crisi di Elisabetta Mutto Accordi
60 La Commissione UE per una “visione strategica ed integrata” dei mercati delle materie prime L’Unione europea imbocca la via dell’economia ecologica?
63 A rischio gran parte del patrimonio culturale mondiale Intanto, Cambogia e Thailandia si contendono il tempio Khmer di Massimo Lombardi
66 Come evitare la sommersione della Grotta dei Cristalli di Naica Un progetto per salvaguardare la più grande meraviglia sotterranea della Terra
74
AMBIENTE E ARTE
I colori del mondo Novantacinque immagini inedite per raccontare il Pianeta
77
€CO-FINANZIAMENTI
80
I QUESITI DEL LETTORE
80
AGENDA - Eventi e Fiere POLIECO MAGAZINE
CAMBIAMENTI CLIMATICI
Il sole ha inaspettatamente anticipato di 2 giorni la sua comparsa
LA “FESTA DEL SOLE” IN GROENLANDIA NON SI È CELEBRATA Tra le spiegazioni avanzate anche il maggior scioglimento dei ghiacciai Nel villaggio di Pré, sul fondovalle della Valle di Ledro (TN), la domenica successiva il 5 di febbraio si svolge la “Festa del Sol”. Dopo tre mesi di assenza (“Tre mes senza sol, tre mes senza luna e ’l rest senza fortuna”, dice il proverbio locale), il sole si riaffaccia dai crinali dei monti e illumina per un po’ il sagrato della chiesetta della frazione del comune di Ledro e nei giorni successivi sempre più ampi spazi: “da Santa Agà [il 5 febbraio si celebra in calendario S. Agata] el sul l’è giù per la cuntrà”. Anche ad Ilulissat sulla costa occidentale della Groenlandia, poco più a nord del Circolo Polare Artico, come da tradizione i 4.533 abitanti si apprestavano a dare il bentornato al sole (l’opposto del Sole di mezzanotte), dopo un mese e mezzo di buio, riunendosi il 13
gennaio sulla collina di Holms Bakke, presso la baia di Disko. Quest’anno, però, il sole ha anticipato la sua comparsa sulla linea dell’orizzonte di ben due giorni (è esattamente sorto l’11 gennaio 2011 alle ore 12 56min. 57 sec., lasciando stupiti ed impreparati i cittadini di questa caratteristica località, meta ambita del turismo groenlandese, perché a memoria d’uomo un simile evento non si era mai manifestato. Thomas Posch dell’Istituto di Astronomia dell’Università di Vienna, secondo quanto riportato dal Daily Mail che l’ha contattato, ha escluso che il fenomeno possa essere messo in relazione a motivi geofisici ed astronomici, attribuendone la causa ad un cambiamento dell’orizzonte locale, abbassatosi per via dello scioglimento dei ghiacciai. Resta il fatto, però, che il giorno dopo
La cittadina di Ilulissat (Groenlandia)
6
il sole non si è fatto vedere e il fatidico giorno 13 è spuntato con quasi 30 min. di ritardo. Un’altra spiegazione potrebbe derivare dal fenomeno della rifrazione della luce, per cui il sole, pur essendo al di sotto del piano dell’orizzonte, viene intravisto (al sorgere o al tramonto) a causa dell’attraversamento dei raggi solari in un’atmosfera di diversa densità. Il sito Accuweather.com ha formulato l’ipotesi che tali variazioni di densità atmosferica possano essere causate da una alta concentrazione di metano, determinato a sua volta dallo scioglimento del permafrost. Senza voler sposare alcuna delle soluzioni proposte, in attesa di verificare quel che accadrà l’anno prossimo, non possiamo fare a meno, comunque, di osservare
Questa è l’immagine fotografica comparsa l’11 gennaio 2011 sul sito della rete radiotelevisiva groenlandese KNR (foto: Franz Pedersen)
che alcune ipotesi hanno in sostegno nel reale cambiamento delle condizioni ambientali dell’Artide in generale, della Groenlandia in particolare. Uno Studio pubblicato il 21 gennaio 2011 sull’“Environmental Research Letters” indica che il 2010 ha stabilito un nuovo record per la fusione dei ghiacciai della Groenlandia (Marco Tedesco et al. “The role of albedo and accumulation in the 2010 melting record in Greenland”, Vol. 6, Issue 1, january-march 2011). “La stagione appena trascorsa è stata eccezionale, poiché il periodo di fusione in alcune aree è stato più lungo fino a 50 giorni rispetto alla media - ha dichiarato il Dott. Marco Tedesco, Direttore del Laboratorio dei Processi della Criosfera presso il City College di New York e Co-
ordinatore di un Progetto di studio delle variabili che influenzano lo scioglimento degli strati di ghiaccio - Lo scioglimento nel 2010 è iniziato insolitamente alla fine di aprile e si è concluso tardivamente a metà settembre”. Lo Studio ha esaminato la serie delle anomalie delle temperature sulla superficie degli strati di ghiaccio della Groenlandia, nonché le stime di scioglimento da dati satellitari, osservazioni a terra e modelli matematici. È risultato che le temperature estive, risultate superiori di oltre 3 °C della media, si sono aggiunte ad uno scarso innevamento. La capitale della Groenlandia (Nuuk) ha avuto la primavera e l’estate più calde da quando è cominciata la registrazione. Il ghiaccio è così rimasto esposto prima
e più a lungo rispetto agli anni precedenti, contribuendo al record. “Il ghiaccio esposto ha una superficie più scura, assorbendo così di più la radiazione solare - ha spiegato Tedesco - Gli altri cicli di fusione che stiamo esaminando includono l’impatto dei laghi sulla superficie glaciale, la polvere e la fuliggine depositata sopra lo strato di ghiaccio e come l’acqua di fusione superficiale influenzi lo scivolamento del ghiaccio verso l’oceano”. Come sappiamo l’acqua di fusione dei ghiacciai è uno degli elementi tenuti maggiormente in considerazione dagli scienziati per formulare le ipotesi di innalzamento del livello dei mari, che sarà più alto quanto più velocemente i ghiacciai perderanno la loro massa per effetto del riscaldamento globale.
Figura: (a) Mappa delle anomalie di giorni di scioglimento dei ghiacciai nel 2010; (b) serie storica dei giorni di scioglimento fino alla stagione 2010; (c) indice standard di scioglimento
7
Nuovo Studio fa luce sul ruolo avuto dai cambiamenti climatici nella storia umana
L’INSTABILITÀ CLIMATICA DETERMINANTE NEL CROLLO DELL’IMPERO ROMANO La dendroclimatologia fondamentale per conoscere i mutamenti del clima nel corso dei secoli
Di certo, Edward Gibbon che tanta parte della sua vita dedicò alla stesura del monumentale libro “Storia del declino e della caduta dell’Impero Romano” (1772-1789) non avrebbe mai immaginato che, dopo più di due secoli, altri studiosi potessero aggiungere all’elenco di cause da lui analizzate, un’altra fondamentale: i cambiamenti climatici. Infatti, secondo un recente studio pubblicato on line il 13 gennaio 2011 da Science (“2.500 Years of European Climate Variabilità and Human Susceptibility”), un periodo prolungato di tempo instabile durato dal 250 al 600 d. C. provocò con il collasso delle produzioni
agricolo-alimentari il declino dell’Impero a cui l’impatto delle cosiddette “invasioni barbariche”, l’esodo in massa di popolazioni spinte dalla necessità di trovare altrove aree di sussistenza, avrebbe dato il colpo decisivo che ne determinò il crollo. “Nel corso degli ultimi 2.500 anni si sono verificati numerosi esempi di come i cambiamenti climatici abbiano influenzato la storia dell’umanità - ha dichiarato il coordinatore della ricerca, il paleoclimatologo presso l’Istituto Federale di Ricerca di Zurigo, Ulf Büntgen - Non casualmente, i periodi caldi ed umidi hanno connotato la prosperità dell’epoca romana e medievale, mentre un aumento dell’instabilità climatica ha coinciso con la fine dell’Impero Romano d’Occidente e con le turbolenze dell’epoca delle migrazioni. Si pensi alla siccità durante il III sec. d.C., che si accompagnò in parallelo, alla crisi dell’Impero
8
d’occidente, segnato dalle invasioni barbariche, dai tumulti politici e dalle ripercussioni economiche in diverse province della Gallia”. Lo studio, a cui hanno partecipato studiosi e ricercatori di varie discipline, ha analizzato una banca dati di oltre 9.000 campioni di alberi, anche semifossilizzati, e manufatti strutturali di vecchi edifici e antichi mobili, provenienti da Francia, Germania, Austria e Italia e risalenti fino a 2.500 anni fa. Per ottenere la temperatura media di ogni anno, gli studiosi hanno misurato l’ampiezza degli anelli degli alberi di conifere caratteristiche di elevate altimetrie, che si allarga di più con le calde estati e si restringe negli anni più freddi. Per le precipitazioni, si sono analizzati gli anelli delle querce che crescono a quote più basse e che sono molto sensibili al variare delle precipitazioni. Ulteriori tecniche integrative hanno permesso, poi, di stabilire a quali anni fossero ascrivibili. La stabilizzazione dei modelli climatici dal 700 al 1.000, potrebbe spiegare la crescita demografica e la prosperità nelle campagne dell’Europa Nord-occidentale e la colonizzazione dell’Islanda e della Groenlandia da parte delle popolazioni scandinave. Mentre, una piccola era glaciale durante il XIV secolo provocò un periodo di carestia che indebolì la salute delle popolazioni, creando i presupposti per il contagio della peste che si diffuse nel 1347 nell’Europa Centro-meridionale. Un altro periodo particolarmente freddo si verificò nel corso del XVII, coincidendo con la Guerra dei Trent’anni (1618-1648) e l’inizio delle migrazioni degli Europei nel Nuovo Mondo. “Non è che ci fu la guerra perché era freddo - ha osservato Büntgen - Ma alle difficili condizioni politiche che esasperavano la società del tempo, si
erano aggiunte le sofferenze determinate dalle fredde temperature estive”. A onor del vero, se lo studio ha avuto ampia eco sui media che hanno evidenziato soprattutto i riferimenti all’Impero Romano, esisteva già un certo accordo fra gli studiosi nel considerare il periodo 850-1250 come climaticamente ottimo, mentre il 1250-1350 sarebbe stato molto freddo e umido e il periodo 1550-1800 è stato definito “piccola età glaciale” (H. H. Lamb, “Climate: Present, Past and Future”, 1977) (ndr.: per
testimonianze sulle cattive condizioni climatiche del XVII si veda box). Finora gli storici, tuttavia, erano stati disponibili solo ad ammettere un ruolo di concausa del clima nelle vicende umane, tanto che lo stesso E. Le Roy Ladurie, che è considerato il più autorevole degli studiosi di storia del clima e il cui libro più famoso “Histoire du climat depuis l’an Mil”(1967) è ricchissimo di fonti documentali sulle variazioni climatiche dell’epoca, aveva ribadito che “Il clima è una funzione del tempo: varia, è soggetto a fluttuazioni, ha una sua storia”
e che “un clima studiato storicamente per sé stesso, e non più soltanto per le sue incidenze umane o ecologiche”. Ora, secondo gli studiosi che hanno redatto lo studio, i risultati conseguiti aiuteranno a rafforzare la vigilanza, atteso che l’attuale civiltà non è immune dai mutamenti climatici e che le analisi hanno confermato che le variazioni che si stanno verificando oggi non hanno precedenti negli ultimi 2.500. Studiare le relazioni tra il clima e la società del passato potrebbe aiutarci,
Francesco Manuzi di Jesi (AN), proprietario di campagne nella Vallesina, ha tenuto dal 1606 al 1627, anno quest’ultimo della sua probabile morte, un Diario in cui annotava, soprattutto, le notizie sui danni che il maltempo e le avverse condizioni climatiche provocavano sui raccolti e che incidevano sulle condizioni di vita della sua famiglia. Ha scritto lo storico locale marchigiano Carlo Vernelli che “Le sue annotazioni, all’inizio sintetiche, forniscono sempre più particolari, più dettagli, man mano che il Manuzi si rende conto di una realtà che va peggiorando”. Nel 1614 cominciano a comparire le invocazioni alla misericordia divina che si fanno via via più frequenti. “L’ultima è del 1626 e da essa traspare una completa disperazione: che il Signore mi aiuti, che possi governare questa mia famiglia, che dapoi che son vivo mai più ho ricolto così poche robba et a 63 anni mi mette paura a vivere per la pocha entrata”. A riprova dell’incidenza che i cambiamenti climatici determinavano sulle condizioni economico-sociali del tempo, ci sono i riferimenti da lui fatti agli alti tassi di mortalità, confermati secondo Vernelli dai registri parrocchiali, provocati da fame e carestie che lasciavano la popolazione in preda a malattie ed epidemie. Il quadro cronologico delle avversità da lui riscontrate testimonia dell’instabilità climatica di quel periodo. Ne riportiamo alcune delle più significative. 1608, 10 marzo: inizia una nevicata che durerà 6 giorni e gli abitanti del “Massacio, nostro castello, usivano dalle finestre tanto vi era grossa neve”. 1610, 27 marzo: “una grossa neve et avessimo le brine sino alli 2 maggio”. 1612, gennaio: “è jaci crudeli. Il valatello si è baciato et ancora la mità del fiume”; 29 giugno: “mai sino in qui avemo auto giorni 10 di bon tempo et non fa altro che piove et non si pol metere. E li grani si seche con l’aqua, ma li grani sono boni, senza erba. Et al ultimo di detto mese una pioggia crudelissima, che ha durato 24 ore, che mai ha fatto a mio tempo, che ho 48 anni. Alli 8 di luglio ogni giorno piove et li cavalletti del grano tutti giermognia et li lini e fave infradia”. 1613, 21 aprile: “ha fatto la neve alla montagna. Et alli 22, 23, 24 è cascate le brine, ha secate tutte le foglie delli mori et le erborate et vigne nelle basse… La nebbia è stata la notte de San Giovanni, adì 24 de giugnio, e talli 29 il simile”. 1614, 2 maggio: “pioggia grandissima. E talli 8 pioggia freda e venti grandissimi. Et alli 11 seguita tempo asprissimo et alle montagnie è cascata una grossa neve et il simile alla marina”; 8 novembre: “si è guastati li tempi con grandi pioggie, che ha portato via da 30 passine del ponte del fiume, che è stata una grandissima pianura”. 1616, 22 gennaio: “ha cominciato a nenguere et ha durato sino alli 8 di febraro …Et alli 10 detto un’altra neve grossissima, che per li androni della città non si vede da capo a piedi, tanto nengue folto”. 1618, 14 maggio: “non è stato ancora mai caldo”; 12 agosto: “è freddo come fusse de inverno et de frutti non se ne trova quasi niuno, da un pochi de perseci in poi”. 1620, 2 marzo: “ha nenguto et è stato il magior fredo, che dapoi che son vivo non mi ricordo più cusì gran freddo. Et oggi che semo adì 6 detto ancor nengue et vè fredo grandisimamente. Dio ci aiuti delli bestiami, che avemo pocha paglia, perché è tardi l’invernata!”; 6 maggio: “ la fronda delli mori non vien fora, che chi ha messo li baci si stenta terribilmente, che si governa con alcune piante che è nelli orti dentro la città e borgho. Et oggi che semo adì 11 di maggio ho cominciato a cogliere la fronda ad alberata mia inanti al molino di sopra; che alli dì mia non mi ricordo un altro mese di maggio simili a questo, che le montagne di Santo Albertino et di Norsia vi è la neve come fusse de gienaro”. 1621, 31 maggio: “mai avemo auto un giorno di bon tempo. Et oggi che semo alli 20 di giugnio sono fredi. Il Signore ci aiuti della stagione!”. 1623, 20 maggio: “è venuta una gran pioggia freda e al monte de San Vicino adì 23 ha nenguto. Dio ci aiuti alli bachi con questo fredo! Adì 25 è cascata la brina, che non è solito nelli nostri paesi”. 1624, 21 febbraio: “una neve grossa, che non si ricorda nisuno che abbia nenguto così larghi fiocchi. Che veramente era cosa da stupire, che li più piccoli fiochi era come un cantone di carta da latino et ha durato quatro ore acosì a nenguere”. 1625, 28 maggio: “Una gran piogia, che del detto mese quasi sempre ha piuto et li grani tutti straccolti. Dio ci aiuti alla ricolta! Ha nenguto fino allo Sfatolo per tutte le montagnie il giorno sopradetto giorno… Et oggi che semo adì 24 de giugnio giorno di San Giovanni, è venuta la nebia e guazza grande. Et oggi che semo alli 26 de giugnio si mete a furia et li grani sta malidssimi. Et le fave, cicerchie, brasatimi s’è amanati tutti. Dubito che in questo di Jesi e contado non sia una carestia”. Fonte: Carlo Vernelli, “Crisi demografica e vicende meteorologiche a Jesi nel diario di Francesco Manuzi, 1606-1627”, in Proposte e Ricerche n. 7, Urbino, 1982, pagg. 127-161).
9
perciò, a pianificare il futuro: “Le circostanze storiche possono contestare l’attuale riluttanza politica e fiscale per mitigare i previsti cambiamenti climatici”, si legge nel rapporto. La dendroclimatologia sta fornendo significativi apporti alla comprensione di cause collaterali allo svolgersi di significativi momenti storici. Qualche mese fa abbiamo dato ampia informazione sui risultati di uno studio che, avvalendosi dell’analisi degli anelli di un esemplare arboreo di 979 anni situato nel Sud-est asiatico, ha avanzato, anche in quel caso, che siano stati i cambiamenti climatici ad avere un ruolo decisivo nella fine dell’Impero Khmer (800-1431), evento che dopo la scoperta della città sepolta nella foresta di Angkor aveva
organiche con minerali), individuata dai ricercatori dell’Ohio University State ad Ellesmere, una delle grandi isole dell’Artico canadese, dopo alcune segnalazioni pervenute da guardie del Quittinirpaaq National Park, area fredda ed asciutta delimitata dai ghiacciai e dove riescono a sopravvivere piante nane dalle dimensioni di un bonsai. I ranger si erano imbattuti in resti di alberi più grandi, alcuni di qualche metro, immersi nel fango ai piedi di un ghiacciaio in fusione e dei quali non sapevano dare spiegazione. Da qui era iniziata la ricerca che aveva permesso di individuare il sito di una foresta sepolta, probabilmente da una frana, da 2 a 8 milioni di anni fa, che l’ha isolata da aria ed acqua che ne avrebbe accelerato la decomposizione,
spiegato il Prof. Joel Baker a capo dell’équipe che sta conducendo gli studi - L’isola di Ellesmere è passata rapidamente da un ambiente caldo da bosco di latifoglie a quello freddo delle conifere”. Intorno a 5 milioni di anni fa, durante il Neogene (secondo dei tre periodi geologici in cui è suddivisa l’era del Cenozoico), la Terra ha iniziato un progressivo raffreddamento che culminò nelle glaciazioni del Quaternario, passando da una condizione di “serra” a una di “ghiacciaia”, l’opposto di quanto non si sta verificando ora con i ghiacciai che si stanno verificando. Nella regione artica, nel corso degli ultimi 40 anni le temperature sono cresciute de di 4,5 °C, un aumento ben più veloce della media mondiale.
Resti della “foresta mummificata” rinvenuta nell’Artide canadese. (foto: Joel Baker)
costituito per storici ed archeologi un vero e proprio mistero (cfr.: Massimo Lombardi, “Prolungate siccità hanno costretto ad abbandonare Angkor”, in Regioni&Ambiente, n. 8/9 agostosettembre 2010, pagg. 10-12). Ulteriori contributi alla conoscenza dei cambiamenti climatici gli scienziati si attendono dall’analisi dei campioni di legno provenienti dalla “foresta mummificata” (da non confondersi con “pietrificata”, termine usato per la fossilizzazione ovvero processo chimico-fisico di sostituzione delle parti
come ritengono gli studiosi che hanno presentato i primi risultati il 17 dicembre 2010 a San Francisco (Ca) nel corso dell’annuale congresso dell’American Geophysical Union. Al momento della loro sommersione, gli alberi avevano all’incirca 75 anni, ma la scarsità di specie rinvenute (betulle, pini, larici, abeti), le foglie dalle ridotte dimensioni e gli anelli di crescita molto stretti, fanno ritenere che le piante abbiano lottato per sopravvivere al rapido cambiamento climatico. “Questi alberi sono vissuti in un periodo particolarmente duro dell’Artico - ha
10
“Il ritrovamento di foreste mummificate non è evento raro, ma ciò che rende questo unico è la sua latitudine che non fa crescere alberi - ha osservato Baker - Quando il clima cominciò a raffreddarsi, questo impianto potrebbe essere stato tra i primi ad averne risentito. Lo studio del materiale organico, conservato come se gli alberi fossero appena caduti al suolo, può aiutarci a comprendere le fasi del cambiamento climatico e la risposta delle piante al fenomeno”.
La Segretaria dell’UNFCCC promuove gli Accordi di Cancún
LE ATTIVITÀ DI ADATTAMENTO: “CENERENTOLA ALLA RICERCA DELLA SCARPETTA DI CRISTALLO” La Figueres favorevole alla carbon tax
Intensa è stata la partecipazione della Segretaria esecutiva dell’UNFCCC Christiana Figueres a vari e importanti eventi che si sono succeduti in queste prime settimane dell’anno, allo scopo di divulgare gli elementi salienti degli Accordi di Cancún (cfr. “Durban… ultima spiaggia!”, in Regioni&Ambiente, n. 1/2 gennaio-febbraio 2011, pagg. 6-9) e di promuoverne l’implementazione da parte dei principali stakeholders. Ha cominciato con la partecipazione al Word Future Energy Summit di AbuDhabi (17-20 gennaio 2011) dove è intervenuta con una keynote. Dopo aver rammentato che “Quando sua Altezza lo Sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, Principe ereditario di Abu Dhabi, espresse il suo sogno di fondare una città basata sulle energie rinnovabili - Masdar City - egli sospinse il mondo verso una nuova era di fiducia sulle rinnovabili come fonti di energia affidabili, definendo una visione del futuro a cui il mondo potesse aspirare”, altrettanto importante per la cooperazione internazionale per la riduzione dei livelli di emissione del carbonio devono essere considerati, secondo la Figueres, gli Accordi di Cancun. “Non esagero se dico che esso è il pacchetto più completo che sia mai stato concordato dai Governi per aiutare le nazioni ad intraprendere un corso per i cambiamenti climatici, facilitando la trasformazione dei sistemi energetici ha aggiunto la Segretaria UNFCCC - Gli Accordi costituiscono la base del più grande sforzo collettivo che il mondo abbia mai visto per ridurre le emissioni di carbonio nel tempo e per costruire un sistema che renda tutti i Paesi reciprocamente responsabili di quel che promettono di fare”. Fin qui è del tutto in linea con quanto ci si aspetti da chi in prima persona ha gestito la Conferenza di Cancun e i suoi esiti. Poi, durante un dibattito svoltosi a
Davos, nel corso dell’annuale World Economic Forum (26-30 gennaio 2011) la Segretaria esecutiva dell’UNFCCC non ha usato mezzi termini per strigliare, però, i Governi dei Paesi sviluppati ad intraprendere azioni più ambiziose per ridurre gli impatti del riscaldamento globale, invitandoli a prendere esempio dalla Cina che “sta per lasciare tutti noi nella polvere” nella transizione verso un’economia più efficiente dell’energia globale e nel consolidamento della propria leadership in alcune delle tecnologie più redditizie e nei mercati finanziari per i prossimi decenni. Ma i cinesi, ha aggiunto la Figueres, “non lo fanno solo perché vogliono salvare il pianeta. Lo fanno perché è un bene per l’economia”. Le sue parole hanno trovato risonanza tra le varie personalità del mondo dei Governi, della politica, delle imprese e della comunità scientifica, molti dei quali sostengono che l’economia del futuro può essere solo sostenibile. Tra gli altri, Joseph Stiglitz, Professore di Economia alla Columbia University e Premio Nobel per l’Economia 2001, intervistato durante l’evento e in aperta polemica con i tentennamenti del Governo statunitense, ha dichiarato che “Il vero problema non è quanto si debba spendere, ma il modo con cui spendiamo il denaro. Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è di aumentare la nostra spesa per gli investimenti... e ridurre quella per armi che non funzionano contro nemici che non esistono”. Come è noto, Stiglitz è un fautore del keynesismo che auspica, tra l’altro, che il Governo stimoli l’economia per aiutare il Paese ad uscire dalla crisi. Ma come avevamo facilmente previsto (cfr: “China VS USA: la battaglia per l’energia pulita”, in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2010, pagg. 10-11), il Presidente USA, Barack Obama ha dovuto ufficialmente rinunciare a varare una legge “Cap and Trade” per limitare le emissioni di gas serra che provocano il riscaldamento
11
globale, non essendo stata inclusa nella proposta di Legge Finanziaria per il 2012 presentata al Congresso il 14 febbraio 2011. Anche alla luce di ciò, assume rilievo le dichiarazioni rese dalla Figueres durante la sua partecipazione a 3 eventi che si sono svolti nello stesso giorno a Madrid (15 febbraio 2011), nel corso dei quali la Segretaria esecutiva UNFCC ha avuto occasione di ritornare sugli Accordi di Cancún e sulle prospettive che ne derivano in relazione all’appuntamento della Conferenza di fine anno, a Durban (Sud Africa). Se al Congresso dei Deputati Spagnoli, svoltosi presso il Centro di Studi Superiori di Difesa Nazionale, la Figueres si è soffermata sulle azioni di adattamento e mitigazione previste dagli Acuerdos e sul ruolo che questi possono svolgere in termini di sicurezza e stabilità politiche, qualora siano “rapidamente implementate e che ogni opportunità sia colta da tutti i settori economici”, alla Conferenza della Segreteria Generale Ibero-americana (SEGIB) che aveva specificatamente a tema l’impatto dei cambiamenti climatici sulla regione dell’America latina, dopo la presentazione del Rapporto UNEP (cfr. “America Latina e Carabi tra le aree più sensibili agli effetti del global warming”, in Regioni&Ambiente, n. 1/2 gennaio-febbraio 2011, pagg. 1617), la Segretaria esecutiva UNFCCC è stata più chiara. Secondo quanto riportato dal sito SIGEB, la Figueres avrebbe espresso opinioni più libere di quelle che aveva preventivate, almeno paragonandole con quelle previste e apparse alla vigilia sul sito UNFCCC. La Segretaria esecutiva avrebbe riconosciuto che se il mondo fosse perfetto, un accordo equo, ambizioso e vincolante per tutti i Paesi potrebbe essere realizzato in occasione della prossima Conferenza sul clima a Durban, in Sud Africa. “Sarebbe bello arrivare a Durban in dicembre con tale patto, ma questo suc-
cede solo nelle favole - ha ammesso la Figueres - L’accordo deve essere equo per differenziare i più vulnerabili, vincolante per non rimanere ancorato alle raccomandazioni scientifiche e ambizioso per superare l’attuale livello di ambizione che abbiamo. Sono questi tre elementi che ci danno conto delle fiabe e della realtà se le nostre aspirazioni non cambieranno da qui a Durban”. Dopo aver rammentato che la regione latino-americana è estremamente vulnerabile, la Figueres ha osservato, tuttavia, che ha grandi opportunità di generare energia elettrica da fonti
rinnovabili, specialmente dal vento e dall’acqua, che le permettono di intraprendere iniziative di mitigazione e per lo sviluppo sostenibile. Dichiarandosi ottimista circa le soluzioni per il riscaldamento globale, ha rilevato che “non possiamo perdere di vista la politica degli Stati Uniti, anche se questo non significa che il risultato di Durban diventi necessariamente una Copenhagen 2”. Secondo la Figueres, anche se potrebbero essere aumentati i livelli di ambizioni degli Accordi di Cancún, non avrebbe senso un Kyoto 2 quando
Paesi come gli Stati Uniti e il Giappone non vi aderissero. Di certo tale affermazione avalla la tesi di chi sostiene che a Cancún è iniziata la fine del Protocollo di Kyoto. La COP 16 di Cancún, a suo dire, ha rappresentato un passaggio decisivo per la comunità internazionale delle nazioni, ma un progresso pietoso per il pianeta. I Governi, pur avendo compiuti passi importanti nella riduzione dei gas inquinanti, non hanno fissato obiettivi che sarebbero necessari, perché l’impegno di 80 Stati raggiunge a malapena il 60% dello sforzo necessario
Una donna sta cucinando il pasto quotidiano per la famiglia che sta appoggiata su una zattera di tronchi di banano dopo che l’alluvione ha invaso la sua cucina posta su un isolotto fluviale nel sotto Distretto di Sariakandi nel Distretto settentrionale di Bogra. Secondo l’Agenzia IRIN (Servizio di notizie e analisi dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari), le ultime inondazioni nel Bangladesh hanno creato mezzo milione di sfollati. L’80% del territorio del Paese si trova, infatti, su una pianura alluvionale, attraversata da centinaia di fiumi e canali. (foto: Shamsuddin Ahmed/IRIN)
12
per frenare cambiamenti climatici. Tra i risultati conseguiti a Cancun, la Figueres ha citato lo sforzo di ridurre i gas serra, la creazione del Fondo verde per i Paesi in via di sviluppo e l’accordo per fermare l’aumento della temperatura sotto i 2 °C. Si è rammaricata, tuttavia, che in tale occasione non sia stato possibile stabilire un massimale per la crescita delle emissioni né ad abbassarle, senza sacrificare lo sviluppo economico. Per quanto riguarda l’attività di adattamento, la Segretaria esecutiva della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, usando un’efficace metafora, aspetto della sua oratoria che già in passato avevamo colto quale caratteristica del suo linguaggio e di cui avevamo dato testimonianza in precedenti occasioni, ha dichiarato che questa è risultata “la Cenerentola della UNFCCC, che neppure a Cancún ha trovato la sua scarpetta di cristallo [Cenicienta de la Convención Marco, que hasta Cancún no ha encontrado su zapato de cristal]”. La Figueres si è quindi soffermata sull’accordo REDD Plus (Reducing missions from deforestation and forest degradation) raggiunto a Cancún: “L’uso sostenibile delle foreste ha molteplici vantaggi, non solo direttamente per le popolazioni che dipendono dalla foresta, ma anche per una serie di questioni fondamentali, incluse la biodiversità, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. L’accordo REDD Plus di Cancún costituiscono una concreta azione per la conservazione delle foreste nei Paesi in via di sviluppo, essendo munito di congrue risorse finanziarie per attuarlo”. Al terzo evento, Christiana Figueres è stata ancora più esplicita, esprimendosi a favore di una carbon tax per affrontare il riscaldamento globale. Intervenendo alla Conferenza organizzata da ENEL presso la sede di Endesa in occasione del “Sustainability Day”, Giornata mondiale dedicata alla Re-
sponsabilità Sociale d’Impresa (CSR), e nel corso della quale sono state presentare le conclusioni del Rapporto “Futuro Sostenibile: promuovere la crescita tramite la sostenibilità” che il Gruppo italiano ha commissionato all’Economist Intelligence Unit, la Segretaria UNFCCC ha dichiarato che “Se si potesse introdurre una tassa sul carbonio da tutti accettata, allora la soluzione sarebbe molto, molto vicina”. “Sono in modo assoluto pronta e determinata ad essere ancora in vita quando ci sarà una completa internazionalizzazione del prezzo del carbonio - ha aggiunto la Figueres - Se non lo facciamo, la bolletta enorme che sta salendo sempre di più verrà trasferita sulla generazione futura”. Le imprese, a suo dire, debbono essere incoraggiate ad intraprendere soluzioni a lungo termine. La loro definizione in termini di 18 mesi o 5 o 10 anni “è francamente troppo breve - ha concluso - Ciò che realmente debbono tenere d’occhio è lo scenario a lungo termine. Gli effetti delle decisioni [prese oggi] hanno conseguenze fra non meno di 10 o 20 o 30 anni”. Mentre Christiana Figueres esprimeva tali considerazioni, sull’altra sponda dell’Atlantico il Presidente USA, Barack Obama rinunciava ufficialmente a varare una legge “Cap and Trade”per limitare le emissioni di gas serra che provocano il riscaldamento globale, non essendo stata più inclusa nella proposta di Legge Finanziaria per il 2012 presentata al Congresso il 14 febbraio 2011. Il sistema, del tipo ETS europeo, che prevedeva che le compagnie pagassero per produrre un numero maggiore di emissioni inquinanti, era stato al centro della politica in materia di clima del Presidente Obama, ma non era stata approvata, anche per l’opposizione di numerosi Democratici. Dopo le elezioni di Mid term, che hanno dato la maggioranza alla Camera ai Repubblicani, tutti decisamente contrari, era irrealistico pensare di poter far approvare una misura del genere.
13
Il Presidente statunitense ha ribadito, comunque, che la sua amministrazione intende onorare l’impegno assunto di tagliare entro il 2020 del 17%, rispetto ai valori del 2005, le emissioni di gas serra. Come avevamo facilmente previsto (cfr: “China VS USA: la battaglia per l’energia pulita”, in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2010, pagg. 10-11), dopo le elezioni di Mid term, che hanno dato la maggioranza alla Camera ai Repubblicani, tutti decisamente contrari, era irrealistico pensare di poter far approvare una misura del genere. Il Presidente statunitense ha ribadito, comunque, che la sua amministrazione intende onorare l’impegno assunto di tagliare entro il 2020 del 17%, rispetto ai valori del 2005, le emissioni di gas serra. Vedremo quale sarà il “clima” ai prossimi Climate Change Talks che avranno luogo a Bangkok dal 3 all’8 aprile 2011, ma la sensazione è che ci si debba concentrare soprattutto sulle iniziative di adattamento e mitigazione, visto che difficilmente si riuscirà a raggiungere un accordo vincolante sulle emissioni. Peraltro, sono molti gli scienziati e gli studi che sottolineano come si sia giunti ad un livello di irreversibilità dei cambiamenti climatici in corso. Tra gli ultimi, uno Studio pubblicato on line il 9 gennaio 2011 su Nature Geoscience (Nathan P. Gillett et al., “Ongoing climate change following a complete cessation of carbon dioxide emissions”, Nature Geoscience, 4, pagg. 83-87 [2011]), svolto utilizzando il canadese Earth System Model (CanESM1) per simulare l’evoluzione della CO2 atmosferica, la temperatura globale, il livello del mare e delle precipitazioni. La conclusione è stata che, se tutte le emissioni fossero state bloccate al 2010, non si eviterebbe che i cambiamenti climatici in atto siano destinati egualmente a peggiorare e anche le proposte di emergenza geoingegneristica avrebbero bisogno di secoli per avere degli effetti rilevanti.
Il 17 marzo, l’Italia compirà 150 anni
IL CLIMA IN ITALIA NEGLI ULTIMI 150 ANNI ISAC-CNR ha ricostruito il clima del Bel Paese a partire dalla sua nascita
dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR di Bologna, in collaborazione con i colleghi del Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano, ha ricostruito il clima d’Italia a partire dalla sua nascita.
Come noto, saranno numerose e varie le iniziative volte a celebrare la ricorrenza del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia. Tra le altre, l’Istituto di Scienze
Attraverso la propria banca dati di serie storiche secolari, contenente parametri meteorologici organizzati ed analizzati, è stato possibile verificare che dal 1861 c’è stato un continuo incremento delle temperature, fino a raggiungere i massimi storici in questi ultimi anni, nonostante il 1861 si sia segnalato negli annali come più caldo rispetto ai decenni precedenti. “Nell’anno dell’Unità d’Italia il
Grafico 1
14
nostro Paese ha registrato un calo della temperatura di 0,83 °C rispetto alla media del periodo di riferimento 1971-2000, l’arco temporale di trent’anni che corrisponde ad una Convenzione a livello internazionale - ha spiegato Teresa Nanni, Responsabile del Gruppo di Meteorologia Storica dell’ISAC-CNR - Ciò significa che il 1861 era più freddo rispetto ai valori medi dell’ultimo trentennio del secolo scorso, mentre è stato più caldo se ci riferiamo ad inizio Ottocento”. La storia d’Italia inizia, dunque, con un massimo relativo di temperatura e, proseguendo l’analisi, si nota un decremento fino al 1890 circa. Poi le temperature risalgono nuovamente,
con diverse oscillazioni, fino a raggiungere un nuovo massimo relativo intorno al 1950, il più rilevante dell’intera serie, fatta eccezione per gli ultimi due decenni (vedi grafico 1). “In seguito, le temperature rimangono stazionarie fino agli anni ’70, quando ritornano ad incrementare fino ai giorni nostri - ha proseguito la Nanni - Il primo decennio del XXI secolo risulta dunque il più caldo dell’intera serie. Nello stesso periodo si registrano anche i tre anni più caldi: 2001, 2003 e 2007”. Per quanto riguarda le piogge, l’anno dell’Unità d’Italia è stato meno piovoso (0,91%) rispetto alla media del periodo di riferimento 1971-2000,
anche se decisamente più secco rispetto ai primi sessant’anni del XIX secolo (vedi grafico 2). “Per questo parametro del resto - ha precisato la ricercatrice dell’ISACCNR - il trend di lungo periodo è molto meno evidente che per la temperatura e la debole tendenza alla decrescita è spesso sotto la significatività statistica, oltre che fortemente dipendente dalla regione e dal periodo considerato”. Il data base a disposizione dell’ISACCNR copre uniformemente il territorio italiano e contiene, oltre a temperatura e precipitazioni, anche pressione atmosferica, copertura nuvolosa, eliofania, umidità relativa
Grafico 2
15
e pressione parziale di vapore. La risoluzione delle serie è svolta con cadenza quasi giornaliera. Assieme ai dati, sono state raccolte anche tutte le notizie relative alla storia delle stazioni meteorologiche (spostamento e sostituzione di strumenti, malfunzionamenti degli stessi, ecc.). L’insieme di queste informazioni ha reso possibile “omogeneizzare” i dati, operazione necessaria per “ripulire” le serie meteorologiche da tutti i segnali di origine non climatica, assicurando una ricostruzione attendibile della variabilità e delle variazioni climatiche avvenute in Italia negli ultimi 200 anni.
Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day)
GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE QUESTIONE TRASVERSALE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI Anche l’Europa mediterranea dovrà investire in nuove infrastrutture per far fronte alla scarsità d’acqua
In una recente corrispondenza dal Niger, l’Agenzia di notizie umanitarie dell’ONU, IRIN riferiva che la maggior parte dei Paesi dell’Africa Occidentale e Centrale non sono in grado di conseguire l’obiettivo dell’Igiene, uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDG), tant’è che, come affermato anche dall’Unicef, in quest’area i tassi di mortalità infantile sono tra i più alti del mondo, con la diarrea che provoca il 20% di questi morti: nel Niger addirittura solo il 2% della popolazione dispone di servizi igienici adeguati (“Sanitation: making toilets the norm in rural Niger”, 23 febbraio 2011).
Il 22 marzo di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day), istituita dalle Nazioni Unite nel 1992, prevista all’interno delle direttive dell’Agenda 21, quale risultato della Conferenza di Rio. Le Nazioni Unite invitano i Paesi membri a dedicare questo giorno a espletare le raccomandazioni raggiunte con l’Assemblea generale e alla promozione di attività concrete. In aggiunta agli Stati membri, una serie di ONG utilizzano la Giornata per sensibilizzare l’attenzione del pubblico sulla critica questione dell’acqua nella nostra era, con un occhio di riguardo all’accesso all’acqua dolce e alla sostenibilità degli habitat acquatici. Nel mondo circa un miliardo e cento milioni di persone, più o meno un sesto della popolazione mondiale, non hanno accesso ad acqua sicura e 2 miliardi e 400 milioni, ossia il 40% della popolazione del Pianeta, non dispongono di impianti igienici adeguati. Si stima che acqua non potabile e impianti igienici inadeguati siano all’origine dell’80% di tutte le malattie presenti nei Paesi in via di sviluppo. Donne e bambine tendono a soffrire maggiormente a causa della mancanza di impianti igienici. Lo sciacquone della toilette in un paese occidentale impiega una quantità d’acqua equivalente a quella che, nel mondo in via di sviluppo, una persona media impiega per lavare, bere, pulire e cucinare nell’arco di un’intera giornata. Nel corso del XX secolo l’uso dell’acqua è aumentato del doppio rispetto al tasso di crescita della popolazione. Medio Oriente, Nord Africa e Asia meridionale sono le aree geografiche che soffrono di carenze idriche croniche.
Nei Paesi in via di sviluppo fino al 90% delle acque reflue viene scaricato senza subire alcun genere di trattamento. Il pompaggio intensivo delle acque freatiche per ricavare acqua da bere e per l’irrigazione ha fatto sì che in numerose regioni i livelli dell’acqua siano diminuiti di decine di metri, costringendo le persone a bere acqua di qualità scadente. Inoltre, in tali Paesi le perdite di acqua causate da dispersioni, allacci illegali e sprechi ammontano a circa il 50% dell’acqua da bere e al 60% dell’acqua irrigua. Nell’ultimo decennio dello scorso secolo, le inondazioni hanno interessato più del 75% di tutte le persone colpite da disastri naturali, causando più del 33% del totale dei costi stimati per i disastri naturali. Nel corso della Conferenza sul Clima di Cancún, il Global Water Partnership (GWP), una rete internazionale di oltre 2.000 organizzazioni diffuse in 80 Paesi, che offre consigli pratici per la gestione sostenibile delle risorse idriche, ha presentato una Dichiarazione in cui si chiedeva ai negoziatori di non relegare la gestione delle risorse idriche come un aspetto settoriale della più generale questione dei cambiamenti climatici, bensì quale questione trasversale determinante per il conseguimento degli obiettivi di adattamento e mitigazione. “Quando i leader mondiali parlano di clima, inevitabilmente parlano di acqua - di inondazioni, siccità e mancati raccolti - esprimendo il loro allarme - si legge nella Dichiarazione - Essi hanno ragione di farlo: il cambiamento climatico interessa soprattutto l’acqua. “Ma le risorse mondiali d’acqua e la loro gestione devono essere individuate come cause del potenziale impatto dei cambiamenti climatici sulla società che, in molti casi, sarà indotto tramite l’acqua”, prosegue la Dichiarazione. Eppure le varie sessioni di lavoro dell’UNFCCC non hanno previsto di dedicare al tema un apposito ordine del giorno e non c’è stata finora una chiara volontà di assumere in merito un ruolo guida. Secondo GWP, questa inazione rischia tali conseguenze: - insufficienza idrica in grado di garantire un approvvigionamento sostenibile di acqua e servizi igienico-sanitari
16
per una popolazione mondiale in costante crescita; - carenza di acqua per sostenere la crescita economica, sia per la produzione di energia che per l’approvvigionamento idrico per imprese ed industrie; - penuria d’acqua per coltivare i prodotti necessari per sfamare la gente del mondo, anche utilizzando colture più resistenti alla siccità; - impossibilità di mitigare gli effetti delle inondazioni e
La scarsità d’acqua non è soltanto problema che coinvolge alcune aree del Sud del mondo, ma tocca da vicino anche alcuni Paesi membri dell’Unione europea, soprattutto dell’area mediterranea. Seppure la legislazione UE si è finora concentrata sulle questioni relative alla qualità dell’acqua, l’introduzione nel 2000 della Direttiva quadro sulle acque ha fornito il primo strumento giuridico coerente per affrontare il problema della
fonte: World Bank Photo Gallery
della siccità, soprattutto nei Paesi a basso reddito, tra i gruppi indigeni e per quelli in condizioni di estrema povertà; - incapacità di tutelare e valorizzare la fauna e la flora mondiali; - tensioni nelle relazioni, perfino guerre, tra Stati confinanti che dipendono dalle comuni risorse idriche; - insufficienza idrica per gli obiettivi di mitigazione, comprese le opzioni per le energie rinnovabili, la gestione sostenibile delle foreste e il recupero delle zone aride. In estrema sintesi, per la rete GWP la risposta globale ai cambiamenti climatici è strettamente connessa alla gestione sostenibile delle risorse idriche.
penuria d’acqua e per dare un ulteriore supporto normativo ad una oculata gestione. Tuttavia, ci sono molte questioni di politica locale che debbono essere affrontati, come i modelli irrigui di agricoltura, le reti di distribuzione dell’acqua, il riciclaggio dell’acqua per usi industriali, e che presuppongono investimenti in innovazione, nuove infrastrutture, tecnologie per il risparmio idrico. Il passaggio è obbligato se si vuol vincere la sfida che si preannuncia della scarsità dell’acqua, anche in regioni dell’UE.
17
MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Fiera di Roma, 23-25 marzo 2011
ECOPOLIS: TORNA A ROMA IL FORUM SULLA CITTÀ SOSTENIBILE
Tre giorni alla Fiera di Roma per discutere sullo stato attuale e le prospettive future
Si rinnova, dal 23 al 25 marzo 2011 alla Fiera di Roma, l’appuntamento con Ecopolis: l’expo&conference dedicata al tema della Città, dell’ambiente urbano e della sostenibilità. Promossa da Camera di Commercio e Fiera Roma, alla sua terza edizione, la manifestazione si conferma uno dei più importanti punti di riferimento nazionale ed internazionale per tutti coloro che si occupano della crescita sostenibile delle nostre città. Un forum dove istituzioni e aziende, urbanisti e architetti, esperti di alimentazione, energy e mobility manager si incontrano per confrontarsi sulle tematiche più rilevanti della green economy, rappresentando la pluralità di esperienze di quanti quotidianamente operano per proporre soluzioni volte a soddisfare il crescente bisogno di fare impresa sostenibile. Questa visione a tutto campo esplora le molte dimensioni del concetto di Polis, mantenendo sempre associate le due componenti dello sviluppo sociale ed economico e i temi della città fisica. Oltre ad un vasto spazio espositivo, che metterà in mostra le soluzioni e i progetti proposti dalle aziende, Ecopolis ospiterà anche quest’anno un ampio programma di conferenze che affronteranno due macro tematiche: “La città che mangia” e “La città che vive”
con il supporto scientifico di numerose indagini, condotte da prestigiosi enti di ricerca. La prima giornata di Ecopolis, dedicata ai temi delle filiere agroalimentari, approfondirà la sostenibilità dei flussi di approvvigionamento, riflettendo su filiere corte e farmers’ markets, ma anche sul tema del lavoro e dei flussi migratori nel Mediterraneo. Ad avviare il dibattito saranno i risultati della ricerca condotta dall’istituto SWG con l’obiettivo di verificare come sono cambiati il volto e i colori del lavoro nei campi in questi anni e verificare qual è l’apporto, ma anche il rapporto esistente, tra l’immigrazione e il lavoro agricolo. Energia e mobilità sostenibile saranno, invece, i temi al centro del dibattito del secondo giorno con “La città che vive”: un confronto sulla pianificazione urbana, sul rapporto tra passato e futuro, sull’adeguamento delle città costruite alle esigenze delle reti, per dimostrare che città sostenibili sono ‘convenienti’ non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico. A sostegno della discussione verranno illustrate le conclusioni di quattro ricerche. Il Direttore del CRESME Lorenzo Bellicini presenterà
18
i risultati della ricerca ‘Città, costruzioni ed Energy technology’, sui regolamenti edilizi energetici e illustrerà lo stato di diffusione delle energie rinnovabili in Italia e il ruolo delle città in riferimento alla strategia ambientale ed energetica in vista degli obiettivi 2020. Enzo Risso di SWG racconterà i risultati dell’indagine ‘Immagini della città del futuro’, condotta con l’innovativa metodologia della web-discussion, per raccontare come i cittadini si immaginano la città del futuro, nei suoi spazi, nei materiali usati, nella mobilità, nelle forme e abitudini di vita. La webdiscussion ha messo a confronto cittadini comuni, residenti nelle diverse aree del paese e con diverse fasce di età tra i 18 e i 65 anni (segmentati per sesso e livello culturale), per farli discutere insieme della città del futuro. Sui temi della mobilità, l’Università “La Sapienza” (CRITEVAT) presenterà “La mobilità sostenibile urbana in Europa: strategie e sperimentazioni”: una fotografia dei casi studio e delle realizzazioni europee sui temi della mobilità e dei costi economici; Claudio Cipollini di Retecamere esporrà invece i risultati dello studio ‘Trasformazioni urbane e mobilità sostenibile’, con un focus sugli strumenti di finanziamento attualmente utilizzabili e l’analisi della convenienza economica ed ambientale del riuso dei vuoti urbani
generati dalle aree ferroviarie dismesse. La sessione vedrà inoltre il contributo della convention dei Mobility Manager: 150 professionisti tra grandi aziende e istituzioni. Al centro della terza e ultima giornata saranno le best practices, con Racconti d’impresa - un incontro/conversazione con alcune delle imprese che fanno della sostenibilità la loro leva competitiva - e la consegna dei premi ai vincitori del Premio Impresa Ambiente, il più alto riconoscimento italiano per le imprese che si siano distinte in un’ottica di Sviluppo Sostenibile, Rispetto Ambientale e Responsabilità Sociale. Il Premio, ‘porta d’accesso’ all’European Business Awards for the Environment, si rivolge alle aziende che hanno fatto della politica verde una delle leve essenziali per essere competitive a livello nazionale ed europeo. Il premio ha visto nelle scorse edizioni aziende eccellenti candidate con progetti e prodotti che contribuiscono concretamente a migliorare l’impatto economico, sociale e ambientale in Italia e ha portato alla ribalta progetti di grandi aziende, ma anche e soprattutto di piccoli imprenditori con un forte potenziale, guidati da una nuova filosofia del fare impresa. C’è, infatti, nel nostro Paese un grande fermento da parte delle imprese, che sempre più cercano di distinguersi sul mercato offrendo soluzioni che fanno della sostenibilità la carta “vincente”.
19
Earth Hour 2011, l’appuntamento lanciato dal WWF si celebrerà il 26 marzo
PER PIÙ DI UN’ORA...
Necessario assumere uno stile di vita più sostenibile
“Se vivi su questo Pianeta non puoi mancare”: è questo l’appello lanciato dal WWF (World Wildlife Fund) per il 26 marzo alle ore 20.30, quando si ripeterà, per il quinto anno, il più grande evento mai realizzato sui temi della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico. Organizzato per manifestare un comune impegno nei confronti del nostro Pianeta, “Earth Hour” (Ora della Terra), nei 60 minuti di buio coinvolgerà cittadini, istituzioni ed imprese. All’edizione del 2010 (si tiene ogni anno l’ultimo sabato di marzo) più di un miliardo di persone in 4.500 città di 128 Paesi del mondo hanno spento simbolicamente la luce per un’ora, per testimoniare il loro impegno nella lotta al cambiamento climatico. Per l’occasione, sono stati 1.200 i monumenti più famosi del
Per questo, con il nuovo logo “60+”,dopo aver spento tutto il mondo, l’Ora della Terra 2011 chiede a tutti non solo di partecipare a questo gesto simbolico, ma di attivare nelle nostre vite uno stile di vita consapevole, equilibrato, sostenibile, votato al risparmio energetico e al rispetto della Terra. A febbraio dal sito www.earthhour.org è stata attivata una piattaforma che consente ai partecipanti di condividere storie di quello che stanno facendo o hanno intenzione di portare avanti per fare la vera differenza per il loro ambiente nel prossimo anno, dimostrando che, non importa quanto grandi o piccole, insieme le nostre azioni si sommano. Il cittadino che rinuncia all’auto un giorno a settimana, una scuola che
26 MARZO 2011 mondo (dalla Tour Eiffel alla Fontana di Trevi, alla Città proibita di Pechino, fino alle Piramidi egiziane) che si sono oscurati per sensibilizzare i cittadini sulla necessità di attuare iniziative concrete, indispensabili per migliorare la qualità dell’ambiente. “La crescita rapida di Earth Hour in quattro anni ha dimostrato che centinaia di milioni di persone vogliono fare di più per proteggere il loro Pianeta - ha affermato Andy Riedley, Co-fondatore e Direttore esecutivo di Earth Hour - Che si tratti di un bambino che cambia una classe o un Presidente che cambia un Paese, persone, organizzazioni e Governi di tutto il mondo sono invitati a spegnere le luci per Earth Hour 2011 e impegnarsi ad agire al di là delle ore”.
installa pannelli solari sul tetto, un Comune che costruisce piste ciclabili, ogni piccola azione contribuisce, comunque, a proteggere l’unico Pianeta che abbiamo. L’anno prossimo il Protocollo di Kyoto giungerà alla scadenza e non c’è ancora un accordo globale per ridurre le emissioni e contrastare il lento declino che minaccia il nostro Pianeta. Ma, come dimostra il recente Energy Report del WWF (cfr: “Nel 2050 il 100% di energia da fonti rinnovabili? È possibile!” in questo stesso numero di Regioni&Ambiente alla pag. 48 e segg.) ci sono già gli strumenti per sostenere questa rivoluzione verde e garantirre quegli equilibri ambientali, economici e sociali imprescindibili per la vita dell’umanità intera.
20
In Italia, alla precedente edizione hanno partecipato 140 Comuni, 200 aziende e decine di Associazioni, Enti Locali e Scuole. Sul sito www.wwf.it/oradellaterra sono indicate le modalità di partecipazione per i Comuni che vorranno aderire, partecipando attivamente anche con ulteriori iniziative di sensibilizzazione o con interventi concreti da realizzare sul proprio territorio. È già partita l’iniziativa speciale “La mia scuola non divora il pianeta”, promossa in collaborazione con il canale Repubblica@ScuoladiRepubblica.it, che invita gli studenti delle scuole medie superiori e inferiori a presentare un’idea per rendere la propria scuola sostenibile. Il miglior elaborato farà vincere alla scuola un contributo economico, per avviare la realizzazione dell’idea con l’aiuto degli esperti del WWF.
a cui parteciperà Günther Pauli, l’imprenditore-economista fondatore di ZERI (Zero Emission Research Initiative) che presenterà il suo libro “Blue Economy”, la cui edizione italiana è stata realizzata e patrocinata dal WWF Italia, dove descrive la concreta attuazione di un’economia che utilizza le tecnologie ispirate dal funzionamento della natura. “Se vogliamo dare al mondo un futuro migliore - ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia - dobbiamo trasformare le nostre società, tagliare le emissioni inquinanti per vincere la sfida dei cambiamenti climatici e perseguire un’economia nuova, rispettosa degli equilibri del Pianeta e di gran lunga vantaggiosa anche per il benessere dell’uomo”.
A lanciare il primo appello all’adesione il cantante Marco Mengoni, vincitore degli MTV Europe Music Awards 2010, che in un video-messaggio invita tutti ad aderire parafrasando uno dei suoi più grandi successi: “Questo è l’unico pianeta che abbiamo, è da matti… anzi è da sciocchi non proteggerlo!”.
In questa edizione il WWF tenta di coinvolgere soprattutto le imprese non solo attraverso l’adesione all’Ora della Terra, magari facendo il simbolico gesto di regalare ai propri dipendenti, partner e clienti la Candela Earth Hour 2011 e sostenere in questo modo i progetti WWF per il clima, ma con la loro attiva partecipazione a programmi di riduzione degli impatti ambientali della produzione e percorsi di orientamento della policy ambientale, identificati sulla base delle esigenze di ogni singola impresa. Tra le varie iniziative dedicate al tema della sostenibilità, merita segnalazione l’appuntamento del 9 marzo a Roma,
L’“Ora della Terra 2011” ha ricevuto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), dell’Unione Province d’Italia (UPI), dell’Associazione Comuni Virtuosi, del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane (A21 Italy).
21
INNOVAZIONE E RICERCA
Presentato il Quadro Valutativo dell’Unione dell’Innovazione relativo al 2010
L’INNOVAZIONE IN EUROPA CRESCE MENO DI USA E GIAPPONE L’Italia si colloca ben al di sotto della media UE
Persiste lo scarto in materia d’innovazione tra le prestazioni dell’UE e quelle dei suoi principali concorrenti internazionali: gli USA e il Giappone. È questo l’assunto principale contenuto nella I edizione del Quadro Valutativo dell’Unione dell’Innovazione, strumento riconosciuto e consolidato per valutare e monitorare i risultati dell’innovazione negli Stati membri dell’UE, a seguito dell’adozione l’anno scorso del Programma “Unione dell’Innovazione”, una delle 7 iniziative faro della Strategia “Europa 2020”. L’“Unione dell’Innovazione” è un progetto finalizzato a concentrare gli interventi dell’Europa - e la
cooperazione con i Paesi terzi - in ambiti quali i cambiamenti climatici, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e alimentare, la salute e l’invecchiamento della popolazione. Il programma intende utilizzare gli interventi pubblici per stimolare il settore privato e rimuovere gli ostacoli che impediscono alle idee di raggiungere il mercato: si tratta, ad esempio, di ovviare a problemi quali la mancanza di finanziamenti, la frammentazione dei sistemi di ricerca e dei mercati, lo scarso utilizzo degli appalti pubblici nel campo dell’innovazione e la lentezza nella definizione delle norme. Sebbene l’andamento nella maggior parte degli Stati membri UE
La Commissaria UE per la Ricerca, l’Innovazione e la Scienza, Máire Geoghegan-Quinn e il Vicepresidente UE, Antonio Tajani, Commissario per l’Industria e l’Imprenditoria
22
sia promettente, nonostante la crisi economica, i progressi non sono abbastanza rapidi, si legge nella relazione che è stata presentata dalla Commissione UE il 1° febbraio 2011. Mentre l’Unione mantiene un chiaro vantaggio sulle economie emergenti di India e Russia, il Brasile continua ad avanzare e la Cina la sta velocemente raggiungendo. All’interno dell’UE, la Svezia ha ottenuto i migliori risultati, seguita da Danimarca, Finlandia e Germania. Subito dopo si attestano, nell’ordine, Regno Unito, Belgio, Austria, Irlanda, Lussemburgo, Francia, Cipro, Slovenia ed Estonia. L’Italia rientra nel gruppo dei cosiddetti “innovatori moderati”, quelli le
cui prestazioni sono inferiori dal 10 al 50% rispetto alla media UE. “Il quadro valutativo evidenzia che dobbiamo aumentare il nostro impegno per rendere l’Europa maggiormente innovativa, per raggiungere i nostri principali concorrenti e riprendere il cammino verso una crescita solida e sostenibile”, ha sottolineato il Vicepresidente Antonio Tajani, Commissario per l’Industria e l’Imprenditoria. “Il nuovo e migliorato Quadro valutativo dell’Unione dell’innovazione mette in luce l’emergenza a cui l’Europa deve far fronte in tema di innovazione –gli ha fatto eco Máire GeogheganQuinn, Commissaria per la Ricerca, l’Innovazione e la Scienza - L’innovazione è essenziale per un’economia moderna ed è il principale strumento di creazione di posti di lavoro”. Il quadro valutativo del 2010, considera i 27 Stati membri dell’UE, la Croazia, la Serbia, la Turchia, l’Islanda, la Norvegia e la Svizzera e si basa su 25 indicatori relativi a ricerca e innovazione , raggruppati in tre principali categorie: - “Elementi abilitanti”, ovvero gli elementi fondamentali che rendono possibile l’innovazione (risorse umane, finanziamenti e aiuti, sistemi di ricerca aperti, di eccellenza e attrattivi); - “Attività delle imprese” che mostrano in che modo le imprese europee sono innovative (investimenti, collaborazioni e attività imprenditoriali, patrimonio intellettuale); - “Risultati” che mostrano come ciò si traduca in benefici per l’intera economia (innovatori, effetti economici). Un confronto tra gli indicatori di UE27, USA e Giappone evidenzia che l’Unione non riesce a colmare il divario nelle prestazioni in materia d’innovazione che la separa dai suoi principali concorrenti.
Le differenze maggiori si riscontrano nella categoria “Attività delle imprese”, nell’ambito della quale l’UE-27 è in ritardo in termini di copubblicazioni pubblico/privato, spesa delle imprese per attività di R&S e, rispetto al Giappone, brevetti PCT (Trattato di cooperazione in materia di brevetti). Questi dati sottolineano che il deficit di innovazione dell’Europa deriva innanzitutto dal settore privato. Dovrebbe quindi essere data priorità alla creazione di condizioni normative e quadro, atte a incoraggiare maggiori investimenti del settore privato e ad agevolare l’impiego dei risultati della ricerca da parte delle imprese, in particolare tramite un sistema di brevetti più efficiente. Il divario è particolarmente ampio e in rapido aumento per quanto riguarda le entrate dall’estero derivanti da licenze e brevetti. Questo elemento è un indicatore importante del dinamismo economico ed evidenzia che nell’UE il modello economico e il funzionamento del mercato interno della conoscenza protetta devono essere migliorati. Esso dimostra inoltre che l’Unione produce meno brevetti ad alto impatto (che generano entrate significative da Paesi terzi) rispetto a USA e Giappone e che non raggiunge una posizione adeguata nei settori a crescita globale elevata. Si riduce leggermente lo scarto, ancora notevole, riguardante il numero di persone che portano a termine gli studi di istruzione terziaria, con una crescita relativamente elevata nell’UE. L’UE-27 ottiene invece risultati migliori rispetto agli USA nell’ambito della spesa pubblica per R&S e delle esportazioni di servizi ad elevata intensità di conoscenze. Negli ultimi cinque anni la maggiore crescita degli indicatori di innovazione dell’UE-27 si è registrata nei sistemi di ricerca aperti, di eccellenza e attrattivi (co-pubblicazioni scientifiche
23
internazionali, pubblicazioni ad alto impatto, dottorandi extraeuropei) e nel patrimonio intellettuale (deposito di marchi UE, brevetti PCT e disegni e modelli dell’UE). Complessivamente l’UE-27 rimane in posizione più avanzata rispetto a India e Russia, mentre sta perdendo il proprio vantaggio sul Brasile e soprattutto sulla Cina, il cui deficit in termini di prestazioni si sta rapidamente assottigliando. Il quadro valutativo suddivide gli Stati membri in quattro gruppi di Paesi: - Leader dell’innovazione: Svezia (ha ottenuto le migliori performance), Danimarca, Finlandia, Germania presentano risultati molto al di sopra della media dell’UE-27; - Paesi che tengono il passo: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia e Regno Unito, con risultati che si avvicinano alla media dell’UE-27; - Innovatori moderati: Croazia, Repubblica ceca, Grecia, Ungheria, Italia, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna, le cui prestazioni sono inferiori dal 10 al 50% rispetto alla media dell’UE-27. - Paesi in ritardo: Bulgaria, Lettonia, Lituania e Romania i cui risultati sono molto inferiori di oltre il 50% alla media dell’UE-27.
Celebrato ufficialmente l’Anno Internazionale della Chimica (IYC)
CHIMICA: LA NOSTRA VITA, IL NOSTRO FUTURO
Gli eventi in Programma per sottolineare l’importanza della chimica nella preservazione delle risorse naturali
Il 2011 è l’Anno Internazionale della Chimica (IYC): lo ha proclamato la 63ma Sessione dell’Assemblea Generale della Nazioni Unite che ha accolto il 30 dicembre 2008 una proposta di risoluzione presentata dall’Etiopia, affidando la responsabilità dell’evento all’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura), e all’IUPAC (Unione Internazionale della Chimica Pura ed Applicata). L’Anno 2011, celebrativo delle conquiste della chimica e del suo contributo al benessere dell’umanità, rappresenta uno degli appuntamenti che le Nazioni Unite hanno creato nell’ambito del DESS (Decennio dedicato all’Educazione allo Sviluppo Sostenibile - 2005-2014). “Lo sviluppo e l’uso responsabili della chimica offrono risposte ad alcune delle domande più impellenti a cui si deve dare risposta: sostentamento alimentare dell’umanità, miglioramento della salute e sviluppo sostenibile - ha dichiarato Irina Bokova, Direttore generale dell’UNESCO - L’Anno Internazionale della Chimica è occasione per riflettere su tali questioni. Dobbiamo integrare ulteriormente le capacità della chimica a sostenere e cambiare i nostri modelli di vita per i beni comuni”.
delle risorse naturali e nella risoluzione dei problemi globali e che riguardano, appunto, cibo, acqua, salute, energia, trasporti e altro ancora. “Ritengo che sia giunto il momento di celebrare le conquiste della chimica e il suo contributo al benessere dell’umanità - ha sottolineato infatti Nicole Moreau, Presidente di IUPAC - Lo slogan scelto per presentare gli eventi, evidenzia l’importanza della scienza e del settore chimico per la comprensione materiale del mondo e per risolvere i problemi di energia, sviluppo sostenibile e salute pongono per il futuro del nostro pianeta e dell’umanità”. A tal fine sono stati programmati vari appuntamenti e manifestazioni tutti focalizzati sull’acquisizione di 4 obiettivi-chiave: - aumentare l’apprezzamento del pubblico per la Chimica; - incoraggiare l’interesse per la Chi-
Con il tema unificante “Chimica: la nostra vita, il nostro futuro”, in particolare, le attività nazionali e internazionali che si svolgeranno nel corso dell’anno saranno incentrate sull’importanza della chimica nella preservazione
24
mica tra i giovani; - generare entusiasmo per il futuro creativo della Chimica; - celebrare le conquiste di Marie Curie e i contributi delle donne alla Chimica. Il 2011, infatti, coincidendo con il 100° anniversario del Premio Nobel per la Chimica assegnato a Madame Marie Sklodowska Curie e la costituzione dell’Associazione Internazionale delle Società Chimiche (IACS), cui è succeduta qualche anno dopo IUPAC, offre occasione per evidenziare i vantaggi della collaborazione scientifica internazionale e punto focale o fonte di informazione per le attività da parte delle società chimiche nazionali, le istituzioni educative, industrie, governi e organizzazioni non governative. La cerimonia ufficiale di lancio dell’IYC 2011 è avvenuta a Parigi, presso il
Quartiere generale dell’UNESCO (27-28 gennaio 2011) alla presenza di prestigiose personalità e relatori, tra cui diversi premi Nobel, scienziati e leader del settore chimico di tutto il mondo. Oltre a Nicole Moreau e Irina Bokova che hanno svolto i discorsi di apertura, ha partecipato all’evento la Professoressa Hélène Langevin-Joliot, nipote di Marie Curie e Direttore di ricerca presso il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), la più grande e importante organizzazione di ricerca pubblica in Francia, che ha tenuto il discorso principale della Conferenza. Una delle attività che è stata proposta a livello didattico per celebrare l’IYC è “Water: A Chemical Solution A Global Experiment” che coinvolgerà gli studenti delle scuole superiori di tutto il mondo che si concentreranno sui moduli che esaminano le proprietà delle loro acque locali e le soluzioni tecnologiche offerte dalla chimica per la fornitura di acqua potabile pulita. L’esperimento globale promuove gli obiettivi della IYC, compresa la generazione di entusiasmo per la scienza chimica tra i giovani di tutto il mondo. Gli insegnanti lavore-
ranno con le loro classi per completare i moduli delle attività, dando agli studenti una panoramica di una varietà di concetti come l’acidità, la salinità, la filtrazione e la purificazione dell’ acqua. Le loro conclusioni sulla qualità e il trattamento delle acque saranno diffuse su una mappa online, permettendo agli studenti di poter confrontare i risultati e connettersi con altri studenti di tutto il mondo. La chiusura delle celebrazioni avverrà a Bruxelles il 1° dicembre 2011. Un Convegno a Roma nel mese di marzo costituirà il momento ufficiale di lancio dell’Anno Internazionale della Chimica in Italia. L’evento è l’espressione delle istanze sia della ricerca, sia dell’industria, sia delle istituzioni per fare il punto su che cosa ha rappresentato, rappresenta e, soprattutto, dovrà rappresentare la chimica nella nostra vita e nel nostro futuro. Il sito ufficiale www.chimica2011.it, promosso dal Piano Lauree Scientifiche del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dalla Società della Chimica Italiana (SCI) e da Federchimica riporta il calendario completo di tutte le iniziative e i soggetti coinvolti in ambito nazionale.
25
Le iniziative evidenziate in primo piano dagli organizzatori sono, oltre al Convegno inaugurale cui si è accennato: - Fabbriche Aperte (una scelta di trasparenza iniziata nel 1987 ed orientata verso la credibilità, non solo verso gli opinion leader, ma sempre più verso la cittadinanza in generale e le comunità locali, in particolare, con 175 imprese e più di 600 impianti e laboratori che, secondo i suggerimenti dei promotori nel periodo fra il 9 ed il 22 maggio 2011, apriranno i loro cancelli al grande pubblico); - Orientagiovani nazionale Confindustria (in particolare con la giornata inaugurale a tema della Giornata Nazionale Orientagiovani, dal titolo: “Chimica, la nostra vita, il nostro futuro” Milano, ottobre 2011); - Settimana Nazionale della Chimica (programma in fase di definizione, il cui obiettivo, espresso in chiare lettere, resta comunque: “Avvicinare il grande pubblico alla chimica mettendolo a diretto contatto con i prodotti della chimica, col mondo della ricerca e della infinita varietà delle sue applicazioni”; ottobre 2011); - Gruppo di eventi organizzati o anche semplicemente sostenuti dalla SCI: si tratta di decine di appuntamenti in tutta Italia, per lo più conferenze, ma anche mostre, spettacoli e momenti di intrattenimento per i più piccoli; - Gruppo di eventi organizzati da Piano Lauree Scientifiche; - Concorso “Tutti Pazzi per la Chimica”, destinato a studenti ed insegnanti delle scuole medie (scuole secondarie di primo grado), avente l’obiettivo di aumentare la conoscenza della chimica nel contesto scolastico e migliorarne, più in generale, la percezione tra i giovani, anche tramite lo sviluppo di un approccio interdisciplinare ai temi proposti, valorizzando la sinergia tra approccio creativo e scientifico. Le tre classi vincenti avranno l’opportunità di visitare i Musei della Scienza di Monaco, Milano e Napoli e approfondire le loro conoscenze di chimica con vari scienziati. Inoltre, nel corso di CHEM-MED 2011, la Fiera del settore che avrà luogo a Milano dal 5 al 7 ottobre 2011, saranno premiati 3 giovani ricercatori selezionati tra coloro che avranno partecipato al concorso indetto dalla Rivista internazionale Chimica Oggi (Chemistry Today).
INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Pubblicato uno Studio Accenture - Barclays
L’EUROPA A BASSE EMISSIONI DI CO2 IN 10 ANNI?: 2.900 MILIARDI DI EURO DI INVESTIMENTI!
Necessari finanziamenti privati per una domanda senza precedenti
In contemporanea con il Vertice UE ad alto livello sull’Energia, il 4 febbraio 2011 Accenture (azienda globale di consulenza direzionale, servizi tecnologici e outsourcing che conta circa 211 mila professionisti in oltre 120 paesi del mondo) e Barclays (uno dei maggiori fornitori mondiale di servizi finanziari, impegnati in retail e commercial banking, carte di credito, investment banking, wealth management e servizi di gestione degli investimenti in tutto il mondo) hanno pubblicato lo Studio “Carbon Capital. Financing the low carbon economy” in cui si stima in 2.900 miliardi di euro gli investimenti necessari per lo sviluppo, l’acquisizione e l’implementazione in tutta Europa delle tecnologie, che entro il 2020, contribuiranno alla riduzione delle emissioni di CO2 dell’83% rispetto ai valori del 1990, pari a un abbattimento di 2,2 miliardi di tonnellate di CO2. Per l’Italia la spesa prevista per il prossimo decennio 2011-2020 è di 265 miliardi di euro, che porterebbe a un risparmio di 230 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Secondo lo studio, per raggiungere l’obiettivo, sarà fondamentale il ruolo delle banche per finanziare la transizione dell’Europa a un economia low carbon, soprattutto attraverso attività di intermediazione sui capitali istituzionali, unitamente agli incentivi e alle politiche governative di lungo periodo che continueranno a rivestire un ruolo cruciale. Rispetto ai 2.300 miliardi di euro di capitali richiesti dalle stime per le attività di acquisizione, il 73% (pari a 1.650 miliardi di euro) richiederà un finanziamento esterno, dando luogo a una domanda senza precedenti di capitali privati e dei prodotti e servizi bancari connessi. “Il cammino dell’Europa verso gli obiettivi a basse emissioni di CO2 è dipeso in gran parte dalle iniziative dei singoli governi - dichiara Peter Lacy, Managing Director di Accenture - Gli elevati deficit pubblici e il consolidamento delle tecnologie rendono fondamentale, per accelerare gli investimenti necessari a conseguire gli obiettivi del 2020, un afflusso di capitali provenienti dal settore privato, la cui intermediazione avverrà principalmente attraverso gli istituti
bancari. Tuttavia, alle amministrazioni pubbliche spetta ancora un ruolo di stimolo della domanda e stabilizzazione dei mercati del carbonio attraverso politiche trasparenti e di lungo periodo”. Dei 2.900 miliardi di euro necessari per finanziare la transizione dell’Europa verso un’economia a basse emissioni di CO2, i primi 2.300 sosterranno l’acquisizione e l’implementazione di impianti a basse emissioni e i restanti 600 finanzieranno la ricerca, lo sviluppo e la produzione di tali tecnologie. Queste includono: • Edilizia: gli adeguamenti necessari per l’efficienza energetica, gli “edifici intelligenti” e la produzione distribuita di energia in ambito residenziale richiederanno gli investimenti più ingenti, pari a 600 miliardi di euro, a fronte di un risparmio potenziale pari al 18% delle emissioni di CO2 identificate. • Mezzi di trasporto commerciale: i veicoli commerciali elettrici, ibridi, a biocarburanti e a gas naturale compresso e le navi per trasporto merci a basso consumo di carburante richiederanno 582 miliardi di euro a fronte di un risparmio potenziale pari al 19% delle emissioni di CO2 identificate. • Infrastrutture per i trasporti: le stazioni di carica per i veicoli elettrici e i sistemi di trasporto intelligente richiederanno 35 miliardi di euro a fronte di un risparmio potenziale pari all’1% delle emissioni di CO2 identificate. • Distribuzione dell’energia elettrica: la rete energetica intelligente e i contatori intelligenti richiederanno 529 miliardi di euro e saranno in grado di gestire attivamente una produzione elettrica intermittente e distribuita, a fronte di un risparmio potenziale pari al 13% delle emissioni di CO2 identificate. • Produzione di energia elettrica: il passaggio alle fonti rinnovabili, tra cui l’eolico, il solare, le biomasse e il geotermico, richiederà 508 miliardi di euro. La produzione di energia solare dal fotovoltaico rimarrà probabilmente il settore energetico a più forte capitalizzazione, anche se ne aumenterà il rapporto costo/benefici grazie al sempre minor costo delle materie prime e dei processi produttivi, nonché a una migliore efficienza energetica raggiunta nella
26
conversione solare-elettrico. La produzione di energia elettrica è la tecnologia ritenuta in grado di fornire il maggior risparmio potenziale delle emissioni di CO2 identificate, pari al 49% del totale. • Infrastruttura per il solare e l’eolico: gli impianti solari ed eolici realizzati per i servizi pubblici e i privati richiederanno 617 miliardi di euro. Nella stima sono compresi gli effetti di diminuzione dei costi energetici e i maggiori tassi di adozione dovuti agli avanzamenti tecnologici. “In Europa le banche scontano le difficoltà legate ai vincoli nei prestiti di capitali, alle incertezze dei mercato della CO2 e alla pletora di politiche locali - ha dichiarato Rupesh Madlani, Direttore della Renewables and Clean Technology Equity Research di Barclays Capital - Per ridurre gli oneri di bilancio e mitigare i rischi, esse devono creare dei prodotti di credito in grado di soddisfare le aspettative di rischio e di redditività degli investitori. La transizione verso le basse emissioni di CO2 rappresenta una grande opportunità di innovazione per i prodotti e i servizi finanziari al fine di affrontare tale sfida”. Il rapporto Carbon Capital valuta il fabbisogno di investimenti per 15 tecnologie a basse emissioni con potenzialità commerciali. L’analisi si basa sulle stime di adozione legate alla domanda e sulle curve di apprendimento dei costi tecnologici per determinare il fabbisogno di capitale tra il 2011 e il 2020 nei 25 Paesi dell’UE. Le previsioni del rapporto Accenture-Barclays si basano su calcoli realistici dei tassi di adozione effettivi delle tecnologie a basse emissioni a
Fonte: HSK Energy
differenza degli studi esistenti che stimano il fabbisogno di capitale partendo dai tassi di adozione necessari per raggiungere gli obiettivi europei del 2020. Il modello sviluppato nell’ambito dello studio si basa su un approccio legato alla domanda, che deriva dall’applicazione di tassi di adozione realistici delle tecnologie a basse emissioni di CO2 nei settori dell’edilizia, dell’energia e dei trasporti. Tali tassi di adozione sono coerenti con numerose previsioni già pubblicate e sono stati resi più precisi grazie alla collaborazione con esperti nel settore delle tecnologie a basse emissioni di CO2. Tale approccio si distingue dai precedenti modelli basati sull’offerta, che stimano il fabbisogno di capitali in funzione dei tassi di adozione tecnologica necessari per conseguire gli impegni sottoscritti per la riduzione di CO2. Le principali caratteristiche del modello sono: • Approccio specifico per ciascuno dei Paesi analizzati (in termini di mercati applicabili, fattori di costo, fattori di emissione, ecc.) • Segmentazione di dettaglio dei mercati applicabili per tutte le tecnologie a basse emissioni di CO2 analizzate. • Calibrazione del tasso di adozione basata su un approccio di calibrazione con curva a S. • Integrazione della curva di apprendimento dei costi delle tecnologie per ottenere le stime dei capitali. • Integrazione delle stime di intensità di emissione delle reti elettriche per ottenere i risparmi di CO2.
27 27
Pubblicata la Relazione della Commissione UE sulla Strategia tematica su prevenzione e riciclaggio dei rifiuti
ANCORA LONTANO L’OBIETTIVO DI UNA “SOCIETÀ DEL RICICLAGGIO” Anche se i tassi di riciclaggio sono migliorati, diminuiti i rifiuti in discarica e ridotti gli usi di sostanze pericolose
La Strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, adottata nel 2005, stabilisce per l’Unione europea un obiettivo di lungo termine, cioè diventare una società fondata sul riciclaggio, che cerca di evitare la produzione di rifiuti e utilizza i rifiuti come risorsa. Al fine esaminare i progressi compiuti, la Commissione europea ha inviato il 19 gennaio 2011 al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, una Relazione sui risultati ottenuti dagli Stati membri nella prevenzione e nel riciclaggio dei rifiuti, da cui emerge che, anche se alcuni Paesi membri hanno compiuto progressi eccellenti, si è ancora lontani dal raggiungere l’obiettivo di una “società del riciclaggio”, in cui non solo si eviti di produrre rifiuti ma li si utilizzi anche come vera e propria risorsa.
“Il mio vecchio cellulare contiene oro, platino, palladio e rame: tutte risorse rare in Europa. Una tonnellata di questi apparecchi contiene circa 280 grammi d’oro, 140 grammi di platino e palladio e 63,5 chilogrammi di rame. Non si tratta di rifiuti da interrare o incenerire, ma di risorse che dovremmo rispettare – ha dichiarato Janez Potocnik, Commissario UE per l’Ambiente - Il nostro serio intento è fare dell’Europa un’economia efficiente dal punto di vista delle risorse, obiettivo che ci apprestiamo a realizzare nel quadro della strategia di Europa 2020 e che non si limiterà ad una semplice riduzione delle conseguenze ambientali negative e delle emissioni di gas a effetto serra, ma che genererà anche occupazione. Nel solo settore del riciclaggio dei rifiuti si potrebbero creare mezzo milione di posti di lavoro”. Secondo quanto affermato dalla Relazione, la produzione
Fonte: Leaflet del Report “Supporting the Thematic Strategy on Waste Prevention and Recycling”
TENDENZE INCORAGGIANTI MA AMPIE DIFFERENZE TRA GLI STATI MEMBRI Fra il 1998 e il 2008 il riciclaggio e il compostaggio dei rifiuti urbani è cresciuto dal 19% al 38% e la quantità di rifiuti avviati in discarica è diminuita dal 50% al 40%. Nonostante una generale positiva tendenza, permangono ancora significative differenze sulle modalità di gestione dei flussi di rifiuti tra gli Stati membri. Il riciclaggio varia da percentuali minime di alcuni Paesi ad oltre il 70% in altri e mentre l’avvio in discarica è di fatto quasi scomparso dal maggior numero degli Stati membri, in altri è tuttora la discarica viene utilizzata per il 90% dei propri rifiuti. Le ottime performance degli Stati membri attestano che è possibile fare ben di più dei bassi livelli di recupero e riciclaggio. Essi hanno introdotto un insieme di azioni economiche e legali, compreso il divieto di conferire nelle discariche certi flussi di rifiuti, l’introduzione di tasse e schemi di pagamento che hanno favorito il riciclaggio e l’applicazione del principio di responsabilità del produttore. Ciò ha reso i fabbricanti responsabili del loro prodotto durante il suo “ciclo di vita”, compreso quando diventa rifiuto.
28
complessiva di rifiuti è tendenzialmente in aumento (nel migliore dei casi, in via di stabilizzazione) nella maggior parte degli Stati membri, ma ad un ritmo più lento della crescita economica. Negli ultimi dieci anni, la produzione di rifiuti urbani si è fermata su circa 524 kg pro capite all’anno, sebbene nello stesso periodo i consumi domestici siano aumentati mediamente del 16%. Per ridurre la quantità di rifiuti prodotti, in valore assoluto, si potrebbe, pertanto, fare di più. Il 25% del cibo acquistato dalle famiglie europee, ad esempio, finisce nella spazzatura. Si dovrebbe evitare di gettar via circa il 60% di questi rifiuti, con un risparmio dell’ordine di 500 euro all’anno per famiglia. Esistono enormi differenze tra uno Stato membro e l’altro. I tassi di riciclaggio variano da pochi punti percentuali ad
un massimo del 70%. In alcuni Paesi lo smaltimento in discarica è virtualmente scomparso, in altri più del 90% dei rifiuti viene ancora interrato. Ciò sta ad indicare che gli obiettivi minimi attuali dell’UE in materia di raccolta e riciclaggio possono essere notevolmente migliorati. In tal senso andrebbe incoraggiata l’introduzione di una combinazione degli strumenti economici e normativi utilizzati dagli Stati membri che registrano i risultati migliori – tra cui il divieto di smaltimento in discarica e l’applicazione del concetto di responsabilità del produttore ad altri flussi di rifiuti all’interno dell’UE. Per promuovere maggiormente il riciclaggio, inoltre, occorre rendere più coerenti la progettazione dei prodotti e le politiche in materia di rifiuti. Poiché la realizzazione di obiettivi ambiziosi nel settore del riciclaggio e della prevenzione richiede la partecipazione dell’intera società, la
Fonte: Leaflet del Report “Supporting the Thematic Strategy on Waste Prevention and Recycling”
LA CRESCENTE GLOBALIZZAZIONE Il numero dei beni di consumi e degli approvvigionamenti industriali importati in Europa è cresciuto significativamente negli ultimi anni. Nel 2008, l’Unione europea ha importato merci sei volte di più di quelle esportate. Ciò significa che i negativi impatti ambientali dei nostri consumi sono stati sopportati in altre parti del mondo, dove materiali e merci che noi utilizziamo sono stati prodotti. Al contempo, le esportazioni dei rifiuti che possono essere trasformati in materie secondarie di valore e che potrebbero ridurre la nostra domanda di materie prime è pure in aumento. Tra il 1997 e il 2005 le esportazioni dei rifiuti dai Paesi membri sono quadruplicate, in particolare verso l’Asia. Tale fenomeno dimostra l’importanza crescente di sviluppare azioni e strumenti capaci di intercettare questa dimensione internazionale.
29
Relazione insiste sulla necessità di compiere sforzi continui per migliorare il coinvolgimento dei soggetti interessati e sensibilizzare i cittadini. I rifiuti sono ancora al centro del 20% circa di tutti i procedimenti d’infrazione in materia di diritto ambientale. Come dimostrato dai recenti avvenimenti in Ungheria e in Italia, la piena attuazione delle norme in materia di rifiuti è vitale per la tutela dell’ambiente e della salute. La nuova Direttiva quadro sui rifiuti, che avrebbe dovuto essere recepita entro il 12 dicembre 2010, non è stata ancora trasposta negli ordinamenti nazionali in molti paesi dell’UE. Gli Stati membri disponevano di un periodo transitorio di due anni per poter adottare le misure necessarie ad allinearsi alla nuova direttiva ma, ad oggi, solo pochi hanno informato la Commissione del recepimento della normativa. La Commissione sta controllando attentamente la situazione e, se del caso, procederà contro chi si sarà dimostrato inadempiente in tal senso. La nuova Direttiva aggiorna e semplifica il nostro modo di concepire la politica in materia di rifiuti, ispirandola al concetto del “ciclo di vita”. Introduce una gerarchia vincolante a seconda del tipo di rifiuti, stabilendo un ordine di priorità per il loro trattamento. Antepone la prevenzione al riutilizzo, al riciclaggio e alle altre modalità di recupero, relegando in fondo alla scala sistemi di smaltimento quali la messa in
discarica. Obbliga infine gli Stati membri ad ammodernare i loro piani di gestione dei rifiuti e a predisporre appositi programmi di prevenzione entro il 2013, nonché a riciclare il 50% dei rifiuti urbani e il 70% dei rifiuti da costruzione e demolizione entro il 2020. La Commissione, si legge nella Relazione, continuerà a controllare l’attuazione e l’applicazione delle norme sui rifiuti a livello nazionale, incluse le disposizioni della nuova Direttiva quadro, e nel contempo cercherà di sviluppare, a monte, il sostegno agli Stati membri nel mettere a punto strategie e politiche adeguate. Nel 2012, per consolidare le sue politiche in materia di rifiuti, essa formulerà nuove proposte che comprenderanno, tra l’altro, la definizione delle misure concrete da adottare per potersi avvicinare sempre di più a una società europea fondata sul riciclaggio e su un impiego efficiente delle risorse. La Relazione è corredata di un documento di lavoro dei servizi della Commissione UE (“Final Report. Supporting the Thematic Strategy on Waste Prevention and Recycling”) che fornisce maggiori informazioni generali sui progressi riguardanti gli interventi fondamentali previsti dalla Strategia e un opuscolo (Leaflet) che sintetizza i principali messaggi contenuti nel Report.
La Commissione UE prevede un giro di vite sulle esportazioni di rifiuti, in particolare RAEE, nei Paesi non OCSE
30
L’Albo Nazionale Gestori Ambientali ha pubblicato una Circolare
CHIARIMENTI SUL NUOVO REGIME DI ISCRIZIONE ALL’ALBO Esteso l’obbligo di iscrizione entro il 19 aprile di commercianti e intermediari di rifiuti
Con la Circolare del 9 febbraio 2011, l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali ha fornito chiarimenti sulle novità introdotte dal D. Lgs. n. 205/2010, attuativo della Direttiva quadro sui Rifiuti 2008/98/CE e di modifica della Parte IV- Norme in materia di gestione dei rifiuti di cui al D. Lgs. n. 152/2006 , il cosiddetto Testo Unico Ambiente. L’articolo 25 del D. Lgs. n. 205/2010, ha, infatti, ridefinito la disciplina dell’Albo, introducendo modifiche sostanziali all’articolo 212 del D. Lgs n. 15272006, destando alcune difficoltà interpretative. Essendo pervenute numerose richieste di chiarimento in ordine al nuovo regime d’iscrizione all’Albo, il Comitato Nazionale ha ritenuto di diramare le direttive in merito che possono essere così riassunte. A. Iscrizioni in essere a) Le imprese e gli enti iscritti all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerati dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che la quantità complessiva dei rifiuti che si intendono trasportare non comporti variazione della classe per la quale sono iscritti. b) L’iscrizione all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato. Non è, invece, più richiesta la garanzia finanziaria per l’iscrizione nella categoria 4 e per l’iscrizione nella categoria 1, qualora l’attività non riguardi la raccolta e il trasporto di rifiuti urbani pericolosi. Pertanto, le imprese iscritte nelle Categorie 4 e 5 possono richiedere la cancellazione dalla categoria 4 e la revoca dell’accettazione della relativa garanzia finanziaria prestata, nonché il passaggio nella Categoria 5 delle tipologie di rifiuti non pericolosi e dei relativi veicoli. Qualora le quantità di rifiuti complessivamente considerate dovessero superare quelle previste dalla classe di iscrizione nella Categoria 5, è necessario richiedere il passaggio alla classe superiore, con il conseguente obbligo di adeguamento dei requisiti e della garanzia finanziaria. Le imprese iscritte alla Categoria 4 possono: - continuare a rimanere iscritte fino alla scadenza dell’iscrizione; - richiedere la revoca dell’accettazione della garanzia finanziaria prestata, rimanendo iscritte nella Categoria 4. Le imprese iscritte nella categoria 1, possono: - continuare a rimanere iscritte fino alla scadenza dell’iscrizione; - qualora non risultino iscritte per la raccolta e il trasporto di rifiuti urbani pericolosi, richiedere la revoca dell’accettazione della garanzia finanziaria prestata; - qualora risultino iscritte per la raccolta e il trasporto di rifiuti urbani pericolosi richiedere la revoca dell’accettazione della garanzia finanziaria prestata e prestare contestual-
mente una nuova garanzia, sulla base delle quantità annue di rifiuti urbani pericolosi che si intendono gestire e che l’impresa dovrà dichiarare. B. Nuove iscrizioni e rinnovo delle iscrizioni nella Categoria 1 L’iscrizione, o il rinnovo dell’iscrizione, nella categoria 1 è subordinata alla prestazione di garanzia finanziaria solo se l’impresa intende gestire rifiuti urbani pericolosi. Sempre in sede di domanda o di rinnovo dell’iscrizione, le imprese o gli enti dovranno iscriversi nella Categoria 1 per il trasporto dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata e individuati con i codici del capitolo 20 01 e del capitolo 15 dal D.M. 5 febbraio 1998. L’iscrizionerelativa a rifiuti non pericolosi, non è subordinata alla prestazione di garanzia finanziaria. C. Iscrizioni nelle Categorie 2 e 3 e 1 Non è più possibile presentare domanda d’iscrizione o di rinnovo dell’iscrizione per tali categorie che vanno ora riferite alle Categorie 4 e 5. Sempre in sede di domanda o di rinnovo dell’iscrizione, le imprese o gli enti dovranno iscriversi nella Categoria 1 per il trasporto dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata e individuati con i codici del capitolo 20 01 e del capitolo 15 dal D.M. 5 febbraio 1998. Si precisa, altresì, che tale iscrizione, relativa a rifiuti non pericolosi, non è subordinata alla prestazione di garanzia finanziaria. La modulistica relativa ai suddetti casi è disponibile presso le Sezioni regionali e sul sito web www.albogestoririfiuti.it Inoltre, si informa che con la pubblicazione sulla G. U. n. 40 del 18 febbraio 2011 della Delibera n. 1/2011, relativa a “Entrata in vigore ed efficacia della Delibera n. 2/2010 - Criteri per l’iscrizione all’Albo nella Categoria 8: intermediazione e commercio dei rifiuti”, è divenuto operativo dalla stessa data l’obbligo di iscrizione all’Albo nella Categoria 8 per le imprese che effettuano commercio e intermediazione dei rifiuti senza detenzione. La Delibera n. 2/2010 detta i parametri della dotazione minima di personale e di capacità finanziaria che debbono essere soddisfatti per l’iscrizione. Le imprese che sono già in attività avranno 60 giorni per iscriversi, adeguandosi ai nuovi parametri entro 3 anni dall’inizio dell’attività. Tali norme varranno fino a che non sarà emanato il Decreto Ministeriale che, previsto dal D. Lgs. n. 152/2006, avrebbe dovuto riscrivere importi e modalità per la prestazione delle idonee garanzie finanziarie e che non è stato ancora emanato. Viene, perciò, abrogato l’art. 4 della Delibera n. 2/2010 che faceva decorrere l’efficacia della deliberazione dal suddetto Decreto. La modulistica per l’iscrizione all’Albo per tale Categoria è allegata alla Delibera n. 2/2010.
31
SERVIZI AMBIENTALI
COSMARI
DATI RECORD NEI COMUNI MACERATESI CHE EFFETTUANO LA RACCOLTA DIFFERENZIATA “PORTA A PORTA” Nel 2010 la percentuale su base provinciale della raccolta differenziata è salita al 61,79% di Luca Romagnoli
Se nel corso del 2010 la percentuale di raccolta differenziata nei Comuni serviti dal COSMARI è salita al 61,79%, si deve poi osservare che nel mese di dicembre si è raggiunta addirittura quota 66,59%. La progressione è stata eccezionale, con variazioni annuali di oltre 10 punti: anno 2007/28.19%: anno 2008/39,04%; anno 2009/50,42%; anno 2010/61,79%. Queste le percentuali dei Comuni “Ricicloni” della provincia di Macerata dove si effettua la raccolta “Porta a Porta” su base annuale: Montelupone 80,71%; Appignano 77,05%; Montecosaro 76,64%; Castelraimondo 75,77%; Recanati 75,65%;
Urbisaglia 74,39%; Treia 73,43%; Ripe San Ginesio 72,67%; Potenza Picena 71,80%; Corridonia 70,57%; Tolentino 70,06%; San Severino Marche 69,27%; Montefano 68,62%; San Ginesio 67,96%; Loro Piceno 67,33%; Camerino 65,68%; Civitanova Marche 65,57%; Belforte del Chienti 65,21%; Serrapetrona 64,71%; Monte San Giusto 64,15%; Camporotondo di Fiastrone 64,08%; Caldarola 63,55%; Colmurano 62,62%. Da rilevare che alcuni di questi Comuni hanno attivato il servizio “Porta a Porta” nel corso dell’anno partendo da percentuali basse. A questi vanno aggiunti i Comuni che hanno attivato il servizio “Porta a Porta” nel corso dell’anno 2010 partendo da percentuali basse e che quindi pur avendo ottimi risultati hanno la percentuale totale, sem-
32
pre riferita al 2010, ad di sotto della media provinciale del 61,71%. Morrovalle 57,25; Porto Recanati 56,72%; Matelica 48,34%; Mogliano 43,87%; Esanatoglia 40,19%; Petriolo 39,04%; Montecassiano 38,79%; Fiordimonte 35,67%; Pievebovigliana 35,24%, Sarnano 26,60%; Apiro 18,30%; Gagliole 17,60%. “Il COSMARI è oggi una delle più importanti aziende del territorio maceratese e marchigiano con oltre 23 milioni di fatturato e 117 dipendenti a cui vanno aggiunti gli 8 milioni di fatturato di Sintegra, società interamente di proprietà del COSMARI, con 146 dipendenti - ricorda il Presidente Fabio Eusebi - La condivisione delle scelte operate in piena sintonia con i Comuni soci, l’affidabilità dimostrata in oltre venti anni di attività
e gestione diretta degli impianti e dei servizi hanno consentito al nostro Consorzio di raggiungere traguardi molto ambiziosi che oggi ci vengono riconosciuti anche a livello italiano. Ricordiamo ad esempio il Premio nazionale di Legambiente che ci è stato conferito quale Consorzio che applica un sistema di qualità nella raccolta domiciliare dei rifiuti organici, conferiti mediante sacchetti in mater-bi ed il Premio di Consorzio Riciclone delle Marche conferitoci sempre da Legambiente”. Tra i Comuni che effettuano la raccolta differenziata con il sistema tradizionale, utilizzando i cassonetti stradali, nel 2010, troviamo Ussita 44,93%, Montecavallo 38,94%, Acquacanina 34,36%, Visso 31,58%, Poggio San vicino 25,88%, Cessapalombo 25,53%, Bolognola 25,38%, Castel Sant’Angelo sul Nera 24,98%, Monte San martino 23,73%, Muccia 23,60%, Sefro 20,78%, Gualdo 20,67%, Fiastra 20,51%, Fiuminata 17,63%, Pievetorina 14,21%, Sant’Angelo in Pontano 12,61%, Serravalle 12,46%, Penna San Giovanni 10,00%, Pioraco 9,25%. “I dati del 2010 - sottolinea il Direttore Giuseppe Giampaoli confermano che la scelta fatta dal COSMARI e dai Comuni che hanno avviato sul loro territorio la raccolta differenziata domiciliare “Porta a Porta” fin dal 2007, era ed è quella giusta per aumentare la percentuale della raccolta differenziata, invertendo la tendenza che fino allo scorso 2009 vedeva la maggior parte dei rifiuti finire in discarica. Oggi, grazie al “Porta a Porta” sempre più materiali, invece, si riciclano con importanti vantaggi ambientali ed economici. Infatti se in fase di avvio, il servizio “Porta a Porta” ha fatto sopportare ai Comuni aumenti dovuti ad un maggior costo, oggi dopo tre anni di sperimentazione, abbiamo riscontrato una inversione di tendenza che ha consentito la diminuzione della produzione dei rifiuti, l’aumento dei contributi provenienti dai consorzi di filiera per il recupero degli imballaggi in carta, cartone, plastica, vetro, alluminio, acciaio e legno, pari a oltre 1 milione e 721 mila euro, l’applicazione di
economie di scala sui servizi come la raccolta della frazione organica trasformata in compost e ovviamente la diminuzione delle spese per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati nella discarica di Fermo. Attualmente il servizio interessa 35 Comuni per 235 mila abitanti, pari al 74% della popolazione provinciale. La qualità dei nostri servizi, della nostra impiantistica e la nostra economicità è dimostrata dai confronti che facciamo con altre realtà italiane e che evidenziano come il “modello COSMARI” stia operando a livelli importanti, con risultati che pongono la nostra provincia ai più alti valori nazionali”. “Ad un recente Convegno che si è tenuto nei giorni scorsi a La Spezia - aggiunge il Direttore del COSMARI - un Istituto nazionale di ricerca ha confermato i nostri numeri e soprattutto la positività del nostro “sistema” che porta i Comuni a valori record di raccolta differenziata, come si rileva dai dati 2010, già ampiamente superati nel primo mese di questo 2011. Le incertezze legislative che stanno caratterizzando i servizi pubblici in questo ultimo periodo devono essere sopravanzate con l’intento di continuare ad erogare ai cittadini servizi pubblici di qualità, rispondenti alle loro esigenze, al giusto costo, nel pieno rispetto della normativa, sempre orientati alla completa ecocompatibilità ed ecosostenibilità. Con l’occasione annunciamo che a breve sarà anche operativo un nuovo portale internet interamente dedicato al “Porta a Porta” con tante informazioni utili per migliorare ulteriormente le nostre “buone pratiche” di differenziazione dei rifiuti. Inoltre, nei prossimi mesi, avvieremo una sperimentazione nel Comune di Petriolo per la tariffazione puntuale”. Nel corso della Conferenza stampa di presentazione dei dati relativi alla raccolta differenziata nell’anno 2010, il Vicepresidente del COSMARI Daniele Sparvoli ed il Direttore Giuseppe Giampaoli hanno ringraziato i componenti del Fotoclub “Diaframma Zero Tolentino”, al quale è stata consegnata una targa ricordo, per le fotografie messe a disposizione per la realizzazione dell’EcoCalenda-
33
rio 2011. Infatti, oltre alla copertina, opera di Gianluca Bocci, ad accompagnare i dodici mesi dell’anno, sono state scelte le fotografie di Marco Antognini, Sandro Brillarelli, Giorgio Gattari, Ottorino Latini, Franco Pennesi, Massimo Savoretti, Mirko Scoccia e Giordano Seghetta. Tutte le immagini, molto suggestive, raccontano in maniera perfetta sia l’impegno degli operatori che le diverse attività impiantistiche del COSMARI, dando vita ad una pubblicazione informativa molto utile e graficamente molto curata e realizzata da Katia Fidani per K-Brush. L’EcoCalendario è stato distribuito a tutte le famiglie che sono coinvolte nella raccolta “Porta a Porta”. È stato molto apprezzato il collegamento effettuato dall’impianto di selezione del COSMARI con il programma “Buongiorno Regione” di Rai Tre Marche. A condurre la diretta televisiva è stata la giornalista Patrizia Ginobili che ha intervistato il Direttore Giuseppe Giampaoli sui risultati ottenuti con il “Porta a Porta” e sui prossimi investimenti che il COSMARI ha programmato per migliorare sia l’impiantistica che la qualità dei servizi erogati. È intervenuto anche il Sindaco di Montelupone quale “Comune Riciclone 2010” e Sara Gagliesi che ha fornito consigli utili ai telespettatori su come fare agevolmente la raccolta differenziata. Il COSMARI con questo collegamento in diretta ha avuto la possibilità di far conoscere in maniera approfondita i propri servizi e il ciclo integrato di trattamento e riciclo delle diverse tipologie di rifiuto.
Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net www.cosmari.sinp.net
IL COMMENTO
L’Italia all’avanguardia per sicurezza alimentare e informazione del consumatore
FINALMENTE È LEGGE L’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI!
Ora bisogna spingere l’Europa a seguirne l’esempio
Con l’approvazione all’unanimità il 18 gennaio 2011 da parte della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, in sede legislativa, del d.d l. n. 2260, recante “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari” è diventata finalmente legge la normativa che assicurerà ai consumatori “una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati”, rafforzando contestualmente la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari (ndr: il testo della Legge è riportato a pag. 38). “Da oggi gli italiani potranno comprare prodotti ancora più sicuri, perché sapranno sempre da dove provengono - ha dichiarato il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giancarlo Galan - È finita l’era del falso Made in Italy agroalimentare che danneggia i nostri prodotti tipici e tradizionali”. “Mi auguro che l’Europa prenda atto della necessità di tutela-
re i consumatori con informazioni chiare e trasparenti - ha proseguito il Ministro - I recenti e ripetuti allarmi relativi alla diossina in Germania, ma non solo, ci confermano la necessità di rassicurare per davvero i cittadini che vogliono sapere cosa mangiano e quindi la provenienza degli ingredienti utilizzati”. “Ringrazio per questo importante risultato, di cui vado orgoglioso, i parlamentari di maggioranza e di opposizione ed i Presidenti delle Commissioni Agricoltura di Senato e Camera Paolo Scarpa Bonazza Buora e Paolo Russo: la loro determinazione ed il loro impegno ci hanno regalato una legge all’avanguardia che spero potrà essere d’esempio in Europa - ha concluso nella sua nota Galan - Il nostro lavoro, infatti, non è finito e dovrà proseguire a Bruxelles. Come dimostrano i fatti, anche i risultati più ambiziosi possono essere raggiunti con serietà e determinazione”. Si era cominciato a parlare della necessità di rassicurare i consumatori su quel che portano a tavola più di 10 anni fa, dopo lo scoppio del “morbo della mucca pazza” (BSE) ed era divenuta via via più impellente dal sopraggiungere di nuove emergenze e scandali: dall’ “aviaria” per le carni di pollo del 2005 fino alle più recenti “mozzarelle blu” e agli ultimissimi “suini e uova alla diossina”. Oltre che di attentati alla salute dei cittadini, si è trattato di un vero e proprio danno economico per il nostro Paese, dal momento che, secondo Coldiretti, circa il 33% della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy, in quanto la legislazione, sino ad oggi, lo consentiva, nonostante in realtà esse potessero provenire da qualsiasi punto del Pianeta. Il vero e proprio percorso legislativo di questa Legge era iniziato con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del 31 ottobre 2008 di un d.d.l. di iniziativa dell’ex Ministro MIPAAF, Luca Zaia, volto a rafforzare la competitività del settore agro-alimentare, al cui interno un relativo articolo dettava “disposizioni in materia di etichettatura di prodotti alimentari”. Tale d.d.l è stato presentato alla Camera dei Deputati il 4 marzo 2009, ma nel frattempo il Presidente della Commissione Agricoltura del Senato aveva depositato l’atto n. 1331, recante “Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti alimentari” che l’Assemblea del Senato approvava il 23 settembre 2009. Nel corso dell’esame di tale provvedimento presso la Commissione Agricoltura della Camera, si è deciso di abbinare i due testi, prendendo a base di discussione quello governativo. Pur essendo stato approvato dalla Commissione il 5 no-
34
vembre 2009 e discusso in Assemblea l’11 febbraio 2010, la Commissione, su proposta del Ministro Galan, decideva di concentrare l’esame del provvedimento sulla tematica della qualità e tracciabilità dei prodotti agroalimentari con riferimento all’etichettatura, stralciando gli argomenti estranei a tale tematica e riducendo il testo a 9 articoli. Il d.d.l., approvato il 6 ottobre 2010, passava quindi alla Commissione Agricoltura del Senato in sede deliberante, che il 6 dicembre approvava il testo licenziato dalla Camera dei Deputati, dopo aver stralciato, a sua volta, alcune disposizioni che ponevano problemi di copertura finanziaria. Di qui, l’approvazione definitiva del gennaio u.s. ad opera della Commissione Agricoltura della Camera di cui alla premessa. La sintesi dell’iter legislativo che abbiamo proposto serve a chiarire le dichiarazioni del Ministro Galan e l’entusiasmo bipartisan per tale risultato sia del mondo politico che di quello associativo e di categoria, anche se da parte di quest’ultimo c’è il rammarico per alcuni stralci subiti dal provvedimento e la sottolineatura che questa Legge non avrebbe “peso” se non trovasse un correlativo nella legislazione europea, dal momento che questa sopravanza quella italiana. Non casualmente, il riferimento al lavoro politico da svolgersi in sede europea è quanto mai opportuno, visto che su tale tema anche la Commissione UE e il Parlamento europeo stanno legiferando, ma che a livello di Consiglio UE non sembra trovare adeguata eco. Infatti, mentre il Parlamento UE in prima lettura aveva approvato un “Regolamento sulle informazioni alimentari ai consumatori”, il Consiglio UE Salute dell’8 dicembre 2010 ha tolto l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti, sostituendolo con un sistema di etichettatura su base volontaria, ad eccezione del caso in cui il consumatore sia tratto in errore e che la sua assenza determini confusione. Anche il successivo Consiglio dei Ministri Agricoli del 13-14 dicembre 2010, nel corso del quale il Commissario Dacian Cioloş ha presentato il “Pacchetto Qualità”, adottato dalla Commissione UE il 10 dicembre 2010 per valorizzare “la politica europea a sostegno di una migliore comunicazione della qualità dei prodotti alimentari”, in cui hanno trovato posto nuovi Orientamenti, “non vincolanti” sulle buone pratiche applicabili ai sistemi di certificazione volontaria e all’etichettatura dei prodotti che utilizzano indicazioni geografiche come ingredienti (GUUE, del 16 dicembre 2010, serie L, n. 341), non è uscito dai termini di vaghezza in merito all’indicazione di origine dei prodotti in etichetta, anche se non ha chiuso la porta. Dal dibattito è emerso, infatti, che alcuni Paesi (per es. Danimarca e Paesi Bassi) sono decisamente contrari all’obbligo della etichettatura d’origine, in nome della riduzione degli oneri amministrativi. Ci auguriamo che quanto fatto dall’Italia costituisca un esempio che spinga altri Paesi a fare altrettanto, al fine di orientare Commissione UE e Consiglio (il Parlamento UE si è dimostrato già sensibile in merito, come sempre del resto!) ad assumere un analogo atteggiamento. L’esperienza della Legge n. 204/2004 relativa a “Disposizioni urgenti per l’etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca”, che obbligava a citare le materie prime di tutti i prodotti, bocciata dalla Commissione UE per incompatibilità con il diritto comunitario, e la recente sentenza della Corte europea di Giustizia (25 novembre 2010, Causa C. 47/09) con cui l’Italia è stata condannata per avere autorizzato la denominazione
“cioccolato puro” sulle etichette di prodotti di cioccolata che avrebbero dovuto segnalare anche la presenza di altri grassi vegetali oltre al burro di cacao, stanno lì a rammentarci che in sede comunitaria bisogna fare compromessi tra esigenze di consumatori e quelle dei produttori-trasformatori e che non è sufficiente che siano stati raggiunti in un singolo Paese, se altri non ne seguono, poi, le orme. La Legge approvata, anche dopo la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, non sarà immediatamente in vigore in quanto, d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, e sentite le Organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale nei settori della produzione e della trasformazione agroalimentare, e dopo aver acquisito i pareri delle competenti Commissioni parlamentari, dovranno essere definiti (entro 60 giorni dall’approvazione) i Decreti interministeriali del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e del Ministro dello Sviluppo con cui si individueranno: - prodotti alimentari soggetti all’obbligo di etichettatura di origine, relativamente a ciascuna filiera; - il requisito della prevalenza della materia prima utilizzata; - le modalità dell’etichettatura di origine; - le disposizioni sulla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale. L’articolo 4 (la Legge consta di 7 articoli) Etichettatura dei prodotti alimentari, può essere indicato come la struttura portante dell’impianto legislativo, perché statuisce l’obbligatorietà dei prodotti alimentari di “riportare nell’etichettatura di tali prodotti l’indicazione del luogo di origine o di provenienza e, in conformità alla normativa dell’Unione europea, dell’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati”, “in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale”. Per i prodotti alimentari non trasformati, l’indicazione del luogo di origine o provenienza riguarda “il paese di produzione”; mentre per quelli trasformati è “il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata”. La legge estende quindi l’indicazione di provenienza anche a pasta, carne di maiale e salumi, carne di coniglio, frutta e verdura trasformata, derivati del pomodoro diversi da passata, formaggi, derivati dei cereali (pane, pasta), carne di pecora e agnello, latte a lunga conservazione, tutti prodotti finora non etichettati da questo punto di vista. Ad oggi, infatti, l’indicazione di provenienza era presente solo su carne bovina, carne di pollo e derivati, frutta e verdura fresche, uova, passata di pomodoro, latte fresco, pesce, extravergine di oliva, miele. Vediamo in sintesi gli altri Articoli. - L’articolo 1. Estensione dei contratti di filiera e di distretto a tutto il territorio nazionale, la cui operatività era limitata finora alle aree sottoutilizzate. - L’articolo 2. Rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta e istituzione del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, prevede l’istituzione del “Sistema di qualità nazionale di produzione integrata” dei prodotti agroalimentari (commi
35
3-9), volto a garantire una qualità superiore del prodotto agroalimentare finale, contraddistinto da un basso uso di sostanze chimiche, controllato da organismi terzi accreditati e identificato con uno specifico logo, al quale i produttori potranno aderire su base volontaria. L’adesione al Sistema è, quindi, aperta a tutti gli operatori che si impegnino ad applicare la disciplina di produzione integrata e si sottopongano ai relativi controlli. Per garantire la “tracciabilita” dei prodotti agroalimentari, oltre alle disposizioni sull’etichettatura sopra ricordate, infatti, l’articolo 2 contiene sanzioni relative alla violazione delle norme che limitano l’utilizzo di latte in polvere, raddoppiando tali sanzioni qualora la violazione riguardi prodotti DOP, IGP o riconosciuti come specialità tradizionali garantite (STG). -L’articolo 3. Disposizioni per la salvaguardia e la valorizzazione delle produzioni italiane di qualità nonché misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio delle sementi e degli oli, reca disposizioni riconducibili alla salvaguardia delle produzioni italiane di qualità, con rilevanti nuove sanzioni in materia di sementi e di oli. Maggiori poteri di controllo vengono attribuiti al Corpo Forestale dello Stato (CFS) e all’Ispettorato Centrale della Tutela e Repressioni Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF). - L’articolo 5. Presentazione dei prodotti alimentari, prescrive che, ad integrazione dell’obbligo di etichettatura, per i prodotti alimentari le informazioni relative al luogo di origine o di provenienza delle stesse materie prime sono necessarie al fine di non indurre in errore il consumatore medio, costituendo l’omissione delle stesse “pratica commerciale ingannevole” ai sensi del Codice del consumo (Decreto
legislativo n. 206 del 2005). In questo modo si assicura lo stop alle pratiche commerciali sleali nella presentazione degli alimenti per quanto riguarda la reale origine geografica degli ingredienti utilizzati. - L’articolo 6. Misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio di mangimi, riformula con pesanti sanzioni amministrative, salvo che il fatto non costituisca reato, le violazioni in materia di produzione e commercio dei mangimi. - L’articolo 7. Disposizioni per la rilevazione della produzione di latte di bufala, introduce l’obbligo per gli allevatori di bufale di adottare strumenti per la rilevazione della quantità di latte prodotto giornalmente da ciascun animale, per assicurare la più ampia tutela degli interessi dei consumatori e di garantire la concorrenza e la trasparenza del mercato. Alla soddisfazione per l’approvazione della Legge sull’etichettatura e la qualità dei prodotti alimentari, si è aggiunta quella per la Sentenza, emessa il giorno successivo, dalla Sezione III della Corte di Cassazione che ha riconfermato la disciplina in tema di tutela degli alimenti contenuta nella Legge n. 283 del 1962 che permette a Carabinieri e a Magistrati di indagare sulla vendita di cibi adulterati o su fenomeni come le ”mozzarelle blu”, sottraendola all’abrogazione di quelle previste dalla Legge n. 246/2005 (la cosiddetta “taglialeggi”). La Suprema Corte, ribaltando una precedente sentenza del febbraio 2010 che, di fatto, ne confermava l’annullamento, ha annunciato in una “informazione provvisoria”, diramata prima di depositare le motivazioni, quasi a voler sottolineare l’importanza e l’urgenza delle decisioni a cui era pervenuta, che “la disciplina contenuta nella Legge n. 283/1962 non rientra fra quelle abrogate dalla Legge n.246/2005”.
In merito alla Legge sull’etichettatura degli alimenti abbiamo interpellato il Presidente della Commissione Agricoltura della Camera, On. Paolo Russo, al quale abbiamo rivolto alcune domande. di Alberto Piastrellini On. Russo, l’iter legislativo della Legge ha avuto negli ultimi mesi un’encomiabile accelerazione. Quali ne sono stati i fattori? Il primo fattore era costituito dal fatto che il testo normativo, originariamente, nasceva un po’ appesantito, nel senso che conteneva in sé anche aspetti diversi dall’etichettatura in senso stretto; ad esempio, un aspetto riguardava il fondo di solidarietà (vicenda che poi abbiamo risolto con una norma apposita), un altro aspetto riguardante gli sgravi contributivi e fiscali (che poi abbiamo stabilizzato in Legge Finanziaria)… Insomma, il testo originale era una sorta di “treno utile” al quale erano stati agganciati più “vagoni”, tanto da renderla straordinariamente pesante. Devo dire che, di concerto con il Governo, in sede di Commissione, abbiamo ritenuto alleggerire il testo limitandolo al solo aspetto dell’etichettatura in senso stretto. Fatto questo, il lavoro è proceduto più speditamente e anche il confronto con le opposizioni è stato più agevole, malgrado le accese discussioni e le “passioni” tipiche di chi affronta questioni facendo valutazioni di merito prima delle valutazioni di parte. Dal lavoro complessivo è scaturito un testo largamente condiviso da Camera e Senato, tanto da giungere all’approvazione della più importante norma etica degli ultimi tempi, sostanzialmente, all’unanimità. La chiamo “norma etica” perché non costa allo Stato, dà un grande vantaggio al sistema-Paese, agisce in misura sostanzialmente opposta alle problematiche che insistono nel settore delle filiere agro-alimentari. Nel merito, abbiamo registrato due criticità: la prima è rappresentata dal fatto che il lavoro, la passione, degli agricoltori non è adeguatamente remunerata. Troppo spesso le aziende agricole lavorano senza un prospettiva certa di utile. La seconda scaturisce dalla considerazione che i consumatori acquistano troppo spesso prodotti alimentari senza avere la certezza di cosa stiano acquistando. Abbiamo cercato di lavorare per rispondere adeguatamente ad entrambe le questioni. Da oggi, i consumatori avranno la possibilità di scegliere consapevolmente e con certezza assoluta, qualità e provenienza del cibo
36
che acquistano. Contemporaneamente, le aziende produttrici acquisteranno maggior “peso” in termini di immagine e, conseguentemente, avranno la possibilità di conseguire più utile d’impresa. Siamo consapevoli del fatto che di fronte alla molteplicità di offerta nazionale ed internazionale per quanto riguarda i generi alimentari, il consumatore italiano saprà scegliere i migliori prodotti nazionali e locali, dando il giusto valore aggiunto agli agricoltori del Paese. In questo senso, in Italia, c’è già un’esperienza simile partita lo scorso anno. Mi riferisco all’etichettatura dell’olio. Attraverso questa strategia abbiamo visto che il valore del prodotto agricolo, in campo, è cresciuto del 20-25%; questo significa che con gli strumenti opportuni è possibile valorizzare l’eccellenza agricola italiana. On. Russo, ha mai temuto di non riuscire a “portare in porto” la Legge, come era accaduto in passato ad altre simili iniziative legislative? Una legge del genere ha molti amici; dal mondo degli agricoltori a quello dei consumatori… Entrambe sono categorie poco organizzate, “deboli” e sovente le loro rivendicazioni passano nel silenzio più generale. In questo senso, talvolta ho avuto la sensazione che potevamo essere sconfitti da coloro che hanno interesse a che non si realizzi una competizione consapevole e di qualità; sconfitti da coloro che vorrebbero continuare a competere con lo strumento della sola economia, facendo leva solo sui costi comprimibili come il diritto e la tutela dei lavoratori o la tutela dell’ambiente. Tuttavia, ero anche consapevole che le perplessità, pur corrette, sarebbero state presentate nelle sedi opportune. Noi le abbiamo ascoltate e crediamo di aver raggiunto un punto di equilibrio utile. L’Italia non è solo il luogo di produzioni agroalimentari di eccellenza organolettica, ma anche della “manifattura” dei derivati e quindi il punto di equilibrio sta non tanto nella sola tutela dei luoghi di provenienza delle produzioni agricole, ma anche la straordinaria tradizione del comparto manifatturiero agro-alimentare del Paese. Faccio l’esempio della pasta alimentare: va bene tutelarne la provenienza, ma allo stesso tempo si deve prestare attenzione a che non si sposi con pomodoro di provenienza estera. In un Paese come il nostro, dove all’ombra di ogni campanile fioriscono prodotti e ricette diverse, dobbiamo avere la capacità di valorizzare ogni tradizione accanto alla possibilità di farne un valore aggiunto per il mercato. Alcune Organizzazioni di categoria del settore agricolo si sono rammaricate dello stralcio dei due articoli relativi a misure in favore dell’imprenditoria giovanile e della concentrazione delle imprese cooperative. È possibile, On. Russo, che il loro contenuto possa essere recuperato il altre norme emanate nel corso di questa legislatura? Nella risposta alla sua prima domanda avevo accennato all’immagine di un “treno con più vagoni” per descrivere il testo originale della legge prima della sua approvazione. Proprio alcuni di questi segmenti erano del tutto estranei al tema dell’etichettatura e più orientati alla tutela e sviluppo della competitività delle aziende agricole. Nella fattispecie, i due articoli a cui lei fa riferimento non avevano una adeguata copertura finanziaria, quindi lo stralcio si è reso assolutamente necessario. Tuttavia dobbiamo fare in modo da trovare per queste misure, così come per tante altre, qualche ulteriore risorsa per valorizzare la capacità di competere delle nostre aziende. Devo dire che i Piani di Sviluppo Rurale agiscono significativamente in questo senso e sono misure ricche di risorse che possono adeguatamente fronteggiare queste necessità. Come noto, la legislazione europea prevale su quella nazionale. Considerato che la normativa europea, attualmente, prevede solo la “volontarietà” dell’etichettatura, ritiene che la Commissione UE possa impugnare le Legge? Quali azioni dovrebbero essere intraprese, eventualmente, per scongiurare tale evenienza? Non vogliamo un’Europa degli “agroburocrati”, né un’Europa “matrigna” che propone solo quote e limitazioni… Vogliamo un’Europa moderna. Sarà difficile sostenere ragioni contrarie al principio alla base della nostra legge, non solo perché - e qui prendo ispirazione da recenti fatti di cronaca - nella rigorosa Germania sono accaduti i noti avvenimenti legati alla presenza di alte concentrazioni di diossina nelle uova e nella carne di maiali… Sarà difficile sostenere che rendere più consapevole il consumatore provoca un danno al consumatore stesso. Noi sosterremo lealmente questa battaglia in Europa, ben consapevoli che vi sono avanguardie in ogni partita politica. Lo siamo già stati per quanto riguarda l’etichettatura dell’olio e l’abbiamo avuta vinta… Eravamo soli, allora, ed oggi ci sono altri Paesi che si sono affiancati. Ormai molti hanno capito che su queste tematiche si gioca il futuro delle produzioni agroalimentari e della protezione ambientale, senza contare che, in questo modo si dà la possibilità all’Unione di essere competitiva non tanto sul costo del lavoro (cha a poche centinaia di chilometri dai confini europei è decisamente più conveniente), bensì sulla qualità dei prodotti. Come accaduto con l’etichettatura dell’olio eravamo apripista e l’abbiamo spuntata, crediamo di farcela anche in questo caso. Poi, se sarà necessario modificare qualche aspetto o incidere ancor più sulle filiere, siamo ben consapevoli del ruolo che ci siamo dati nella battaglia politica. Troppe volte, come Paese, siamo additati per le tante criticità e furbizie nei confronti dell’Europa. Stavolta siamo pronti a stanare gli “agrofurbi”, gli “agrostupidi”, gli “agroretrò” su un tema che ha un aspetto assolutamente centrale nella tracciabilità dei prodotti agroalimentari. Intanto, questa è la legge del nostro Paese e deve essere rispettata da piccole e grandi aziende. Sono convinto che da questa dinamica scaturiranno, per tutte le filiere, analoghi percorsi di emulazione onde intervenire al più presto per le norme attuative. Partiremo da pomodoro, suini e filiera lattiero-casearia per andare alle altre filiere in un clima che sarà misurato nei tempi per consentire a tutti di maturare nella nuova consapevolezza. Ricordo che in occasione della contaminazione da BSE in tutta Europa era partita una etichettatura della filiera della carne. Allora era sembrata una rivoluzione che determinava grossi danni al sistema sotto forma di appesantimenti burocratici e organizzativi. Guarda caso, proprio quell’impulso è diventato un modello di eccellenza che ha consentito alle nostre carni di eccellere nel mondo per caratteristiche organolettiche, tracciabilità e qualità. Vorrei concludere ricordando che la nostra legge, al di là del principio etico che l’ha prodotta, ha il vantaggio di rimodulare i sistemi sanzionatori dando maggior forza e peso al Corpo Forestale dello Stato ed oltretutto tutela particolarmente alcune tipicità locali. Faccio l’esempio della mozzarella di bufala, per cui obbligheremo tutti i produttori ad adottare le strumentazioni che consentano di conoscere quotidianamente la produzione di latte per singoli capi di bestiame, in modo tale da conseguire una sorta di microtracciabilità, ma anche macro numeri che non consentono furbizie. Di questo si avvantaggeranno tutti i produttori seri, ma soprattutto i consumatori che avranno sempre prodotti migliori per la loro tavola.
37
NORMATIVA
Legge 3 febbraio 2011, n. 4
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ETICHETTATURA E DI QUALITÀ DEI PRODOTTI ALIMENTARI G.U. n. 41 del 19 febbraio 2011
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge: Art. 1 Estensione dei contratti di filiera e di distretto a tutto il territorio nazionale 1. All’articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Al fine di favorire l’integrazione di filiera del sistema agricolo e agroalimentare e il rafforzamento dei distretti agroalimentari, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del CIPE in attuazione degli articoli 60 e 61 della presente legge e nel rispetto dei criteri di riparto territoriale stabiliti dalla medesima deliberazione del CIPE, ovvero nei limiti finanziari fissati dall’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, nonché dagli eventuali altri stanziamenti previsti dalla legge, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura». Art. 2 Rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta e istituzione del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata 1. All’articolo 6 della legge 11 aprile 1974, n. 138, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le sanzioni di cui ai commi primo e secondo sono raddoppiate se la violazione riguarda prodotti a denominazione protetta ai sensi dei regolamenti (CE) n. 509/2006 e n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, o se la violazione riguarda locali in cui sono lavorati i predetti prodotti». 2. Al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e di evitare che siano indotti in errore, è vietata nelle etichettature delle miscele di formaggi l’indicazione di formaggi a denominazione di origine protetta (DOP), tranne che tra gli ingredienti, a condizione che per ciascun formaggio DOP la percentuale utilizzata non sia inferiore al 20% della miscela e che ne sia stata data comunicazione al relativo consorzio di tutela, che può verificarne l’effettivo utilizzo nella percentuale dichiarata; in ogni caso, l’indicazione tra gli ingredienti deve essere riportata utilizzando i medesimi caratteri, dimensioni e colori delle indicazioni concernenti gli altri ingredienti. 3. È istituito il «Sistema di qualità nazionale di produzione integrata», di seguito denominato «Sistema». Il Sistema è finalizzato a garantire una qualità del prodotto finale significativamente superiore alle norme commerciali correnti. Il Sistema assicura che le attività agricole e zootecniche siano esercitate in conformità a norme tecniche di produzione integrata, come definita al comma 4; la verifica del rispetto delle norme tecniche è eseguita in base a uno specifico piano di controllo da organismi terzi accreditati secondo le norme vigenti. 4. Si definisce «produzione integrata» il sistema di produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici. I requisiti e le norme tecniche che contraddistinguono la pro-
38
duzione integrata, nonché le procedure di coordinamento da seguire da parte delle regioni e delle province autonome che hanno già istituito il sistema di produzione integrata nei propri territori, sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I prodotti conformi al Sistema possono essere contraddistinti da uno specifico segno distintivo. Il decreto di cui al secondo periodo prevede le opportune forme di coordinamento in relazione a eventuali segni distintivi già adottati dalle regioni o dalle province autonome per la produzione integrata. 5. L’adesione al Sistema è volontaria ed è aperta a tutti gli operatori che si impegnano ad applicare la disciplina di produzione integrata e si sottopongono ai relativi controlli. 6. Con successivi provvedimenti, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede a istituire, al proprio interno, un organismo tecnico-scientifico, eventualmente organizzato in gruppi di lavoro omogenei per materia, con il compito di definire: a) il regime e le modalità di gestione del Sistema; b) la disciplina produttiva; c) il segno distintivo con cui identificare i prodotti conformi al Sistema; d) adeguate misure di vigilanza e controllo. 7. Ai componenti dell’organismo tecnico-scientifico di cui al comma 6 non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese. 8. Le disposizioni del presente articolo divengono efficaci dopo il completamento della procedura di notifica alla Commissione europea. 9. All’attuazione dei commi 3, 4, 5 e 6 si provvede nell’ambito delle risorse uma-
ne, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 3 Disposizioni per la salvaguardia e la valorizzazione delle produzioni italiane di qualità nonché misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio delle sementi e degli oli 1. All’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1994, n. 460, e successive modificazioni, dopo le parole: «del Corpo forestale dello Stato» sono inserite le seguenti: «del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari» e dopo le parole: «di sicurezza pubblica» sono inserite le seguenti: «nonché di vigilanza, prevenzione e repressione delle frodi nel settore agricolo, alimentare e forestale». 2. Al fine di rafforzare l’azione di repressione delle frodi alimentari e di valorizzare le produzioni di qualità italiane, alla legge 25 novembre 1971, n. 1096, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’articolo 31 è sostituito dal seguente: «Art. 31. - 1. A chiunque esercita la produzione a scopo di vendita di prodotti sementieri senza l’autorizzazione prescritta dall’articolo 19 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 6.000. 2. Si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 6.000, nel caso di violazione delle norme relative alla detenzione dei prodotti sementieri nei locali adibiti alla vendita, previste all’articolo 13»; b) l’articolo 32 è sostituito dal seguente:
«Art. 32. - 1. A chiunque omette di tenere o tiene irregolarmente i registri di carico e scarico prescritti dagli articoli 5 e 18 si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 6.000. 2. Nel caso di violazione delle disposizioni relative alle condizioni per l’immissione in commercio dei prodotti sementieri di cui agli articoli 10, secondo comma, 11, 12, primo comma, e 17, si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 6.000, salvo quanto disposto dall’articolo 33»; c) l’articolo 33 è sostituito dal seguente: «Art. 33. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti sementieri non rispondenti ai requisiti stabiliti, o non rispondenti a quelli indicati sulla merce, o pone in vendita miscugli in casi non consentiti ovvero pone in commercio prodotti importati in confezioni non originali o riconfezionati senza l’osservanza delle disposizioni di cui agli ultimi tre commi dell’articolo 17, si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma stabilita in misura proporzionale di euro 40 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotti sementieri e comunque per un importo non inferiore a euro 4.000. 2. Salvo che il fatto costituisca reato, la sanzione prevista al comma 1 si applica a chi vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti sementieri non sottoposti al controllo prescritto per la categoria nella quale essi risultano classificati. 3. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da euro 4.000 a euro 6.000 in caso di violazione delle norme della presente legge per le quali non sia prevista una specifica sanzione»; d) l’articolo 35 è sostituito dal seguente: «Art. 35. - 1. Indipendentemente dalle sanzioni amministrative previste dagli
39
articoli precedenti, nel caso di grave infrazione delle norme contenute nella presente legge o in caso di recidiva può essere disposta la sospensione o la revoca dell’autorizzazione prevista dall’articolo 19 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214. 2. La sospensione o la revoca dell’autorizzazione sono applicate dai servizi fitosanitari regionali a seguito di segnalazione da parte del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. 3. Si applicano in ogni caso le disposizioni dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507». 3. Al regio decreto-legge 15 ottobre 1925, n. 2033, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 41: 1) al primo comma, dopo le parole: «è tenuto a fornire,» sono inserite le seguenti: «a titolo gratuito,»; 2) il terzo comma è abrogato; b) dopo l’articolo 47 è inserito il seguente: «Art. 47-bis. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti in violazione di quanto stabilito dall’articolo 20, primo comma, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 a euro 1.500 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotto irregolare. 2. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque produce, vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti in violazione di quanto stabilito dall’articolo 21, quarto comma, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 a euro 1.500 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotto irregolare. 3. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque produce, vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti in violazione di quanto stabilito dall’articolo 23, primo comma,
si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 a euro 1.500 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotto irregolare. 4. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti in violazione di quanto stabilito dall’articolo 23, secondo comma, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000»; c) l’articolo 54 è abrogato. 4. Alla legge 13 novembre 1960, n. 1407, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’articolo 8 è sostituito dal seguente: «Art. 8. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque viola le disposizioni dell’articolo 5 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 400 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotto irregolare. 2. Se il fatto è di lieve entità, la sanzione è diminuita fino alla metà. 3. Se il fatto è commesso dal produttore diretto che abbia venduto modeste quantità del suo prodotto, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 1.500»; b) l’articolo 9 è sostituito dal seguente: «Art. 9. - 1. A chiunque viola le disposizioni dell’articolo 6, secondo comma, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000». 5. L’articolo 4 della legge 24 luglio 1962, n. 1104, è sostituito dal seguente: «Art. 4. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque viola le disposizioni dell’articolo 1 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 1.032 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotto irregolare».
Art. 4 Etichettatura dei prodotti alimentari 1. Al fine di assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati,
parzialmente trasformati o non trasformati, nonché al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari, è obbligatorio, nei limiti e secondo le procedure di cui al presente articolo, riportare nell’etichettatura di tali prodotti, oltre alle indicazioni di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, l’indicazione del luogo di origine o di provenienza e, in conformità alla normativa dell’Unione europea, dell’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale. 2. Per i prodotti alimentari non trasformati, l’indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti. 3. Con decreti interministeriali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale nei settori della produzione e della trasformazione agroalimentare e acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari, previo espletamento della procedura di cui agli articoli 4, paragrafo 2, e 19 della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, e successive modificazioni, sono definite le modalità per l’indicazione obbligatoria di cui al comma 1, nonché le disposizioni relative alla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale. In sede di prima applicazione, il pro-
40
cedimento di cui al presente comma è attivato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 4. Con i decreti di cui al comma 3 sono altresì definiti, relativamente a ciascuna filiera, i prodotti alimentari soggetti all’obbligo dell’indicazione di cui al comma 1 nonché il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o produzione dei prodotti. 5. All’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «5-septies. In caso di indicazione obbligatoria ai sensi del presente articolo, è fatto altresì obbligo di indicare l’origine dell’ingrediente caratterizzante evidenziato». 6. Fatte salve le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni dispongono i controlli sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo e dei decreti di cui al comma 3, estendendoli a tutte le filiere interessate. 7. Al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione degli illeciti in materia agroambientale, nonché di favorire il contrasto della contraffazione dei prodotti agroalimentari protetti e le azioni previste dall’articolo 18, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, all’articolo 5, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché del Corpo forestale dello Stato». 8. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, le sezioni di polizia giudiziaria sono composte anche dal personale con qualifica di polizia giudiziaria appartenente ai rispettivi corpi forestali regionali o provinciali, secondo i rispettivi ordinamenti, previa intesa tra lo Stato e la regione o provincia autonoma interessata.
9. All’articolo 2, comma 6, del decretolegge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché, limitatamente alle persone appartenenti all’Amministrazione centrale delle politiche agricole alimentari e forestali, del Corpo forestale dello Stato». 10. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti alimentari non etichettati in conformità alle disposizioni del presente articolo e dei decreti di cui al comma 3 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro. 11. A decorrere dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui al comma 3 del presente articolo, è abrogato l’articolo 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204. 12. Gli obblighi stabiliti dal presente articolo hanno effetto decorsi novanta giorni dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 3. I prodotti etichettati anteriormente alla data di cui al periodo precedente e privi delle indicazioni obbligatorie ai sensi del presente articolo possono essere venduti entro i successivi centottanta giorni.
Art. 5 Presentazione dei prodotti alimentari 1. Per i prodotti alimentari di cui all’articolo 4, comma 1, ottenuti da materie prime agricole prodotte in Italia o negli altri Paesi comunitari ed extracomunitari, le informazioni relative al luogo di origine o di provenienza delle stesse materie prime sono necessarie al fine di non indurre in errore il consumatore medio ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. L’omissione delle informazioni di cui al presente articolo costituisce pra-
tica commerciale ingannevole ai sensi dell’articolo 22 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, e successive modificazioni.
Art. 6 Misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio dei mangimi 1. L’articolo 22 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Art. 22. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo prodotti disciplinati dalla presente legge non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all’analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro. 2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita, mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo prodotti disciplinati dalla presente legge contenenti sostanze di cui è vietato l’impiego, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 euro a 30.000 euro. 3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo sostanze vietate o prodotti, con dichiarazioni, indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno sulla composizione, specie e natura della merce, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 66.000 euro. 4. Le sanzioni previste dai commi 2 e 3 si applicano anche all’allevatore che detiene e somministra i prodotti richiamati ai medesimi commi». 2. L’articolo 23 della legge 15 febbraio
41
1963, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Art. 23. - 1. In caso di reiterazione della violazione delle disposizioni previste dall’articolo 22, commi 2 e 3, l’autorità competente dispone la sospensione dell’attività per un periodo da tre giorni a tre mesi. 2. Se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute umana, l’autorità competente dispone la chiusura definitiva dello stabilimento o dell’esercizio. Il titolare dello stabilimento o dell’esercizio non può ottenere una nuova autorizzazione allo svolgimento della stessa attività o di un’attività analoga per la durata di cinque anni».
Art. 7 Disposizioni per la rilevazione della produzione di latte di bufala 1. Al fine di assicurare la più ampia tutela degli interessi dei consumatori e di garantire la concorrenza e la trasparenza del mercato, gli allevatori bufalini sono obbligati ad adottare strumenti per la rilevazione, certa e verificabile, della quantità di latte prodotto giornalmente da ciascun animale, secondo le modalità disposte con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le regioni interessate. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addì 3 febbraio 2011 NAPOLITANO Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Galan, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Visto, il Guardasigilli: Alfano
ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Presentata la Comunicazione “Energie rinnovabili procedere verso l’obiettivo 2020”
RINNOVABILI UE: NECESSARIO UN APPROCCIO INTEGRATO TRA I PAESI MEMBRI Per l’EWEA, il Piano nazionale italiano mancherebbe l’obiettivo (- 0,9%)
La Commissione UE ha presentato il 31 gennaio 2011 la sua Comunicazione “Energie rinnovabili: procedere verso l’obiettivo 2020”, sullo stato di avanzamento delle energie rinnovabili nell’UE, come previsto dalla Direttiva 2009/28/ CE per le energie rinnovabili che doveva essere recepita nel diritto nazionale entro il 5 dicembre 2010. Con la tale Direttiva, l’UE gode di un quadro normativo molto più forte rispetto al passato, con gli obiettivi nazionali “vincolanti” per l’anno 2020, mentre la Direttiva “Green Electricity” del 2001 e quella sui “Biocarburanti” del 2003 prevedevano obiettivi nazionali solo “indicativi”. Comunque, la Comunicazione ha tenuto conto anche di questi. Dalla Comunicazione si evince che gli obiettivi al 2020 possono essere raggiunti e superati se gli Stati membri attueranno pienamente i Piani d’azione nazionali per la produzione di energia da rinnovabili e se saranno migliorati gli strumenti di finanziamento. Inoltre, vi si sottolinea la necessità di un’ulteriore cooperazione tra gli Stati membri e una migliore integrazione delle fonti energetiche rinnovabili nel mercato unico europeo, che potrebbero comportare risparmi di 10 miliardi di euro ogni anno. “Dobbiamo investire molto di più nell’energia rinnovabile ed abbiamo bisogno di strumenti di finanziamento intelligenti ed economicamente vantaggiosi per una migliore
integrazione delle fonti energetiche rinnovabili nel mercato unico europeo - ha dichiarato il Commissario per l’Energia Günther Oettinger - Se gli Stati membri collaborassero e producessero energia rinnovabile là dove costa meno, le imprese, i consumatori e i contribuenti ne beneficerebbero”. L’UE si è impegnata a raggiungere l’obiettivo di una quota del 20% di energie rinnovabili entro il 2020, per raggiungere il quale, la Commissione sollecita gli Stati membri a: - Implementare i piani d’azione nazionali che gli Stati membri hanno presentato nel 2010 e che contengono le modalità di conseguimento degli obiettivi vincolanti al 2020. Gli ultimi dati mostrano, tuttavia, che nel 2010 gli obiettivi indicativi che gli Stati membri si erano dati per i settori dell’elettricità e dei trasporti non sono stati conseguiti dalla maggior parte degli Stati membri e più in generale dall’UE. - Garantire un raddoppio degli investimenti in conto capitale nell’energia rinnovabile da 35 miliardi di euro a 70 miliardi di euro all’anno. All’interno del nuovo quadro legislativo dell’Unione europea, gli Stati membri dovranno impegnarsi in necessari sforzi per investire e cooperare di più per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Ulteriori investimenti nelle rinnovabili richiederanno un sostanzioso impiego di sistemi di supporto, che assieme ad altri strumenti utilizzati per finanziare le energie rinnovabili a livello UE o nazionale, devono essere basati sul miglior rapporto costo-efficacia.
42
La Comunicazione mostra pure che, quantunque siano utilizzati in tutti gli Stati membri vari strumenti finanziari per sviluppare le energie rinnovabili (sovvenzioni, prestiti, prezzi di acquisto, regimi di certificazione, ecc.), la loro gestione deve essere migliorata, perché gli investitori hanno bisogno di maggiore coerenza, chiarezza e certezza crescenti. La Comunicazione sottolinea, inoltre, l’importanza della cooperazione tra gli Stati membri. La convergenza dei regimi di sostegno e di integrazione del mercato deve essere rafforzata per garantire che le fonti e le tecnologie di energia rinnovabile diventino economicamente competitive il più presto possibile. L’analisi della Commissione indica che potrebbero essere risparmiati ogni anno fino a 10 miliardi di euro con un approccio più integrato. Tre sono i meccanismi che possono favorire la cooperazione: • “Statistical tranfers” tramite i quali uno Stato membro con una eccedenza di energia rinnovabile prodotta può “venderla” statisticamente ad un altro Stato membro i cui forti costi di produzione di energia da fonti rinnovabili possono essere più elevati; • “Joint projects” per mezzo dei quali un nuovo progetto di energia rinnovabile in uno Stato membro può essere co-finanziato da un altro Stato membro e la produzione verrà condivisa statisticamente tra i due; • “Joint support schemes” per cui due o più Stati membri convengono di armonizzare in tutto o in parte i loro regimi di sostegno nazionali.
La Commissione valuterà nel 2014 l’effettivo funzionamento di tali meccanismi di cooperazione. Come sopra accennato, secondo la vigente Direttiva sulle rinnovabili, non ci sono obiettivi intermedi vincolanti al 2010, ma a tale data gli obiettivi indicati dagli Stati membri in relazione alla Direttiva “Green Electricity” del 2001 sono stati conseguiti solo da 7 Stati, con una performance dell’Unione europea del 18% a fronte di un obiettivo del 21%; mentre l’obiettivo del 5,75% previsto per il settore dei trasporti di cui alla Direttiva “Biofuels” del 2003 si è arrestato al 5,1%. Sorge inevitabile la domanda: riuscirà l’UE a raggiungere l’obiettivo al 2020? L’analisi dettagliata dei Piani di Azione Nazionali (NREAPs) dei 27 Stati membri dell’UE, compiuta da ECN (Energy Research Centre of the Netherlands) per conto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, indica che l’obiettivo del 20% di energie rinnovabili nel mix complessivo dell’UE al 2020 verrà raggiunto, anzi è previsto il suo superamento (20,7%) e tutti gli Stati membri sono lungo la giusta traiettoria. Questi dati trovano conferma anche dall’analisi effettuata dalla EWEA (European Wind Energy Association), che consegue lo stesso risultato finale per l’UE nel suo complesso (20,7%). Tuttavia, secondo l’Associazione degli operatori dell’eolico, due Stati membri non raggiungerebbero l’obiettivo e dovrebbero utilizzare i meccanismi di cooperazione per colmare il gap: Lussemburgo (- 2,1%) e Italia (-0,9%).
43
Polemiche dopo i dati forniti dal GSE sulle installazioni al 2010
SOLARE FOTOVOLTAICO: BOLLA O CURA DIMAGRANTE?
A seguito della crescente domanda di parchi solari, anche la Gran Bretagna, dopo gli altri Paesi europei, rivede la FIT prima della scadenza
Alla Conferenza “L’energia per il lavoro sostenibile. La terza rivoluzione industriale”, promossa dall’Associazione “Bruno Trentin” e svoltasi a Roma il 24 gennaio 2011, più che il Dossier IRES-Cgil su “Energia e lavoro sostenibile” o la Dichiarazione del “Piano sostenibile per l’occupazione per l’Italia e per l’Europa”, sottoscritta da Jeremy Rifkin, Presidente della Foundation on Economic Trends, e Guglielmo Epifani, Presidente dell’Associazione “Bruno Trentin”, ha attratto l’attenzione dei media l’intervento del Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), Giuseppe Mussari. Secondo il Presidente ABI, “Il settore delle energie rinnovabili è a rischio di bolla speculativa, poiché è sostanzialmente basato sulle sovvenzioni pubbliche che potrebbero venire meno”. “I conti economici di queste imprese senza le provvidenze statali non reggerebbero - ha spiegato Mussari - Avere investito nell’installazione del pannello solare o del mulino a vento ha determinato la creazione di un sistema economico garantito dai soldi pubblici e, quindi, c’è il rischio di una potenziale bolla speculativa pronta ad esplodere”. Che il settore fosse finanziato dal pubblico era risaputo, quel
che non è chiaro perché questi allarmi non sono stati lanciati per tempo. Forse insorgono adesso le preoccupazioni per mutui e finanziamenti concessi al settore, soprattutto per gli impianti di grandi dimensioni che comportano rischi finanziari più complicati, perché arrivano le notizie dei drastici tagli o congelamenti dei sussidi intrapresi da altri Paesi europei e si avvertono le avvisaglie di quello che potrebbe accadere agli istituti di credito per un’esposizione finanziaria per crediti che potrebbero non rientrare? La domanda si avvalora con le ulteriori precisazioni del Presidente ABI: “Le banche in Italia hanno fatto molto per le rinnovabili, spesso hanno fatto troppo. I finanziamenti alle rinnovabili non solo non sono mancati, ma mi auguro che non arrivi il momento di una rivalutazione critica di questi finanziamenti”. Poi Mussari ha di fatto espresso un giudizio, del tutto condivisibile, ma che finora è stato inascoltato: “Se dovessi scegliere io, metterei più soldi sulla ricerca per il pannello efficiente e più soldi sul risparmio energetico”.
44
Già, ma questo presupporrebbe avere un Piano Energetico nazionale serio, mentre noi non siamo stati ancora in grado di definire il burden sharing regionale per le rinnovabili. Vorrebbe dire investire risorse per la ricerca e l’innovazione, quando viceversa si preferisce importare pannelli al silicio che non sono di certo la soluzione tecnologica più efficiente ed innovativa. Non sappiamo trarre insegnamenti neppure da quanto sta accadendo negli altri Paesi europei che hanno vissuto o stanno vivendo le stesse esperienze, per eliminare le distorsioni e le speculazioni del sistema, senza compromettere l’evoluzione della filiera delle rinnovabili, come stanno facendo Spagna, Germania, Repubblica Ceca e Francia, che hanno ridotto drasticamente o addirittura annullato i sussidi ai parchi fotovoltaici installati a terra, il settore dove è più facile imbattersi in progetti di pura e semplice speculazione. Per ultimo tra i Paesi europei che stanno rivedendo la loro posizione in merito ai grandi impianti fotovoltaici, la Gran Bretagna il cui Governo ha deciso una “fast track”, un rapido cambio di rotta sulle modalità di sostegno al fotovoltaico. Secondo quanto riportato dal “The Guardian” del 7 febbraio 2011, il Governo di Sua Maestà ha deciso di anticipare i tempi della revisione della feed-in-tarifsf (FIT), le tariffe incentivanti per le rinnovabili, che sarebbe dovuta avvenire nel 2012, a seguito della crescente domanda di installazioni di parchi solari. Istituita il 1° aprile 2010, la FIT avrebbe dovuto consentire ed incentivare l’adozione di energia rinnovabile a piccola scala per rendere autosufficienti imprese e famiglie, viceversa le autorità britanniche si sono accorte che la grande richiesta per l’installazione di parchi fotovoltaici stava compromettendo le finalità della FIT. “Abbiamo agito per evitare che la maggior parte dei finanziamenti siano assorbiti da operazioni commerciali su larga scala, che vanificherebbe il fine della misura e restringerebbero drammaticamente i finanziamenti per le famiglie e imprese - ha dichiarato il Ministro dell’Energia, Charles Hendry - Riteniamo più importante l’obiettivo di avere un significativo numero di piccoli impianti piuttosto che fattorie fotovoltaiche”. “Siamo fortemente impegnati allo sviluppo di energie rinnovabili decentrate, ma dobbiamo gestire l’implementazione strategica di queste nuove tecnologie all’interno di un ragionevole budget - gli ha fatto eco in un’intervista comparsa nello stesso giorno su BusinessGreen, Greg Barker, Ministro per il Clima - Siamo impegnati al 110% per lo sviluppo dell’energia solare tramite le tariffe incentivanti, ma il sistema non è mai stato progettato per impianti solari a grande scala. Al fine di garantire certezze a lungo termine ed evitare reazioni drastiche, abbiamo agito per intraprendere la revisione”.
È stato precisato che la revisione delle tariffe non riguarderà le altre rinnovabili e non avrà effetti retroattivi. Ovviamente, le reazioni degli imprenditori del settore non si sono fatte attendere, lamentando che non si aspettavano una revisione così ravvicinata che mette in discussione gli investimenti fatti e danneggia la fiorente industria fotovoltaica. Né più né meno le stesse lamentele delle altre associazioni imprenditoriali del settore degli altri Paesi europei, che hanno tentato di coinvolgere i parlamentari per far pressioni sui Governi affinché rivedessero le decisioni assunte. Per tutti vale la pena riportare la risposta del Primo Ministro francese Francois Fillon ad esponenti del suo stesso partito che gli chiedevano di rivedere la posizione di “moratoria” del fotovoltaico: “Io non sarò mai complice di una bolla speculativa”. In Italia, negli stessi giorni, intervenendo sul Corriere della Sera, dopo la diffusione da parte del Gestore dei Servizi Energetici (GSE) dei dati sui nuovi allacci del fotovoltaico durante l’audizione alla Commissione Industria, Turismo e Commercio del Senato, il Ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani ha ammonito “Fermeremo le truffe sull’energia pulita”, esprimendo il timore che dietro l’impennata di richieste ci possano essere fenomeni di speculazione. Gli incentivi per la realizzazione degli impianti “andranno soltanto a chi realmente produce, rispettando le regole - ha aggiunto il Ministro - Solo lo scorso mese di dicembre sono state avanzate richieste di incentivi per 55.000 nuovi impianti per un totale di 4.000 MW. Un’accelerazione anomala”. La diffusione dei dati da parte del GSE, ha dato luogo a reazioni contrastanti da parte degli operatori del settore delle rinnovabili. ASSOLARE (Associazione Nazionale dell’Industria Solare Fotovoltaica) ha contestato i dati del GSE e ha espresso le sue perplessità in un documento inviato alla X Commissione del Senato. “Tali stime - recitava il documento di Assosolare - hanno sollevato allarmismi non utili a una obiettiva discussione sul futuro del fotovoltaico, comparto che a oggi è uno dei pochi settori trainanti dell’economia e dell’occupazione: la grande crescita degli investimenti in questo campo va letta come un caso di successo per l’Italia e per gli impegni del Governo nei confronti delle direttive comunitarie e potrebbe consentire al Paese di diventare, in questo settore, il mercato di riferimento in Europa e nel mondo, in un momento critico per l’economia come l’attuale”. Secondo i dati in possesso di Assosolare, infatti, le importazioni di pannelli da Paesi extra UE si attestano a circa 2 GW, che sommati alla produzione nazionale (circa 0,6 GW) e alle importazioni dall’UE (Germania e Spagna), pari a 0,8 GW,
45
porterebbero a 3,4 GW l’ammontare del mercato in Italia nel 2010. Se si considera che la potenza degli impianti connessi alla rete nel 2010 (quelli cioè non riconducibili alla legge 129/2010) sono circa 1,85 GW, rimarrebbe una potenza di appena 1,55 GW di pannelli disponibili per l’installazione, quindi molto meno della metà dei 4 GW stimati dal GSE in base alle dichiarazioni di fine lavori ricevute al 31 dicembre. La FIPER (Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili), di fronte anche all’ipotesi di reintrodurre nel passaggio alle Camere del decreto “Milleproroghe” la proroga per le asseverazioni per gli impianti fotovoltaici, realizzati nelle possibilità aperte dal “Decreto salva Alcoa”, di poter usufruire del vecchio Conto energia, anche se entreranno in funzione nel 2011, ma entro il 30 giugno, ha espresso la sua contrarietà perché “Il carico che ne deriverebbe sui consumatori elettrici sarebbe così elevato che non ci sarebbe più margine per stimolare e incentivare altre applicazioni per la produzione di energia da fonti rinnovabili, meno costose e con maggior impatto sulla filiere produttive nazionali”. “In particolare - prosegue la nota - Fiper esprime forte preoccupazione per la copertura finanziaria relativa alle misure attuative per la promozione degli usi termici da fonti rinnovabili che dovrebbero seguire nei prossimi mesi le indicazioni del Decreto di Recepimento della Direttiva Europea sulle fonti rinnovabili, attualmente in esame in Senato. Per far sì che questo Decreto abbia ancora un senso è necessario che, come avvenuto recentemente in Francia e Spagna, si dia un segnale forte al mercato di abbassamento dell’incentivo, applicando con rigore le leggi emanate. La proposta di prorogare la data di scadenza delle asseverazioni sulle realizzazioni degli impianti va in direzione opposta al senso comune dei cittadini e alle dichiarazioni del Ministro Romani di voler bloccare le speculazioni sulle fonti rinnovabili. Di fatto tale provvedimento premierebbe quegli operatori che hanno prodotto asseverazioni ad hoc, che i diversi controlli in atto stanno riscontrando non corrispondenti al vero”. Per chiarire la situazione, il GSE ha pubblicato successivamente due tabelle con ripartizione per Regione e Classe di potenza, una relativa agli Impianti in esercizio ai sensi del Conto Energia al 31 Dicembre 2010 e l’altra con gli Impianti fotovoltaici che hanno comunicato al GSE la fine dei lavori ai sensi della L. 129/10, dalle quali si evince rispettivamente: - che il loro numero risultava pari a 144.832, per una potenza complessiva di 2.902.759 kW, con l’avvertenza che si tratta di valori cumulati provvisori al 31 gennaio 2011 in quanto gli operatori hanno 60 giorni per comunicare l’entrata in esercizio degli impianti (vedi tabella a fianco); - che sono 54.106 gli impianti ultimati nel 2010, per una potenza totale dichiarata di 3.770.579 kW, per i quali è già stata verificata l’asseverazione, con l’avvertenza in questo
caso che si sta completando l’analisi delle comunicazioni pervenute tramite mail e raccomandata e che pertanto i valori definitivi potranno essere superiori a quelli indicati nella tabella. Agli impianti entrati in esercizio nel 2010 dovranno aggiungersi quelli che saranno completati entro il prossimo giugno, ma per quali sia già stata presentata, entro lo scorso 31 dicembre, la comunicazione di fine dei lavori. Si tratta di altre 55.000 centrali, per una potenza complessiva pari a circa 4.000 MW. Anche a questi impianti, in base alla legge 129/2010, saranno riconosciute le tariffe incentivanti 2010, più generose di quelle introdotte dal Terzo conto energia entrato in vigore nel 2011. Sommando al totale quest’ultima categoria di impianti, anche se saranno allacciati alla rete solo nei prossimi mesi, la potenza complessiva installata al 2010 potrebbe sfiorare i 7.000 MW (su 200.000 impianti) contro i soli 1.142 di dodici mesi fa. Praticamente, in base a questi presupposti nel corso del 2011 si raggiungerà il target di 8.000 MW, previsto per il fotovoltaico dal Piano Nazionale per le Energie Rinnovabili, adottato nel giugno scorso. Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club nonché di QualEnergia, il 3 febbraio dalle colonne della Rivista omonima, lanciava un allarme. “Occorre fare una riflessione seria sulla bolla fotovoltaica riferita dal GSE. I numeri riportati sono assolutamente incredibili: sarebbero quasi 6.000 i MW installati lo scorso anno, includendo 55.000 “prenotazioni” per 4.000 MW ufficialmente installati entro il 31 dicembre. Sono valori, peraltro, che contrastano con le valutazioni sulle vendite di moduli e inverter dei principali operatori. Plaudiamo quindi alla decisione del GSE di effettuare controllo rigorosi anche utilizzando mappature satellitari. Quali che saranno i numeri finali, la responsabilità di questa accelerazione viene dall’emendamento parlamentare, passato con il consenso del governo, che ha prolungato la validità degli incentivi 2010 agli impianti installati entro il 31 dicembre. Si è prodotta così una corsa sconsiderata, vista la modestia dei tagli del primo quadrimestre 2011, che ha coinvolto anche molti furbetti che hanno effettuato false dichiarazioni di “fine lavori”. Al di là degli aspetti penali, questi impianti utilizzeranno gli incentivi di quest’anno. In attesa di sapere quale sarà il reale dato finale della potenza installata nel 2010, resta un tema di fondo. Più volte abbiamo detto e scritto che gli incentivi italiani erano troppo elevati. Alcune associazioni fotovoltaiche hanno sbagliato a muoversi per fare lievitare gli incentivi. Una visione lungimirante avrebbe dovuto favorire una rapida riduzione delle tariffe, tenuto conto del calo dei prezzi dei moduli”. “Si dovrà spingere - concludeva Silvestrini - perché venga seriamente finanziata e coordinata la ricerca sul solare e
46
“folle” del fotovoltaico in Italia, anche facendo finta di non vedere le distorsioni che si stavano diffondendo. Ora si sta diffondendo “il rischio di compromettere gli obiettivi delle rinnovabili” se dovessero insorgere limitazioni sulla diffusione dei grandi impianti fotovoltaici o revisioni del Conto energia che bloccherebbero il settore che è tra i pochi in espansione.
venga agevolata la creazione di imprese nel comparto delle rinnovabili, nello spirito del programma Industria 2015, depotenziato e messo da parte da questo governo”. Considerazioni del tutto condivisibili, ma tardive, almeno relativamente agli effetti che sarebbero derivati dall’emendamento proposto dal sen. Francesco Ferrante, Vice-presidente di Kyoto ed ex Direttore generale di Legambiente, ed accolto in modo bipartisan dal Governo. Non era difficile immaginarsi che tale provvedimento avrebbe scatenato un “assalto alla diligenza”, come per altro avevamo previsto e denunciato quasi un anno fa (cfr: “Solare FV: da opportunità per tutti a business per pochi?”, in Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2010, pagg. 20-23). Purtroppo questi allarmi sui rischi speculativi che la diffusione dei parchi fotovoltaici avrebbero potuto comportare sono stati tacciati in modo generalizzato come “attacchi alle rinnovabili”. Basterebbe andare a rileggere le scomposte reazioni alla relazione del Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, Alessandro Ortis che indicava la necessità di una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico, per rendersi conto che non si voleva arrestare in alcun modo la corsa
Tant’è che la Commissione Industria del Senato, che si è espressa sul Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle fonti rinnovabili, ha chiesto di “fissare l’entrata in vigore dei nuovi meccanismi di incentivazione a partire dal 2014, anziché dal 2013,” e di “elevare da 50 a 200 kW per ettaro il rapporto tra la potenza nominale dell’impianto e la superficie del terreno nella disponibilità del proponente”, limite che era stato “fortemente voluto e ottenuto” dal Ministro delle Politiche Agricole alimentari e Forestali, Giancarlo Galan, spalleggiato dalla collega Stefania Prestigiacomo, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (cfr: “Limiti al fotovoltaico sui campi, ma i buoi sono già scappati dalla stalla”, in Regioni&Ambiente, n. 12 dicembre 2010, pagg.42-45).
Impianti fotovoltaici in esercizio ai sensi del Conto Energia al 31 Dicembre 2010 RIPARTIZIONE PER REGIONE E PER CLASSE DI POTENZA
Valori cumulati provvisori al 31/01/2011 in quanto gli operatori hanno 60 giorni per comunicare l'entrata in esercizio degli impianti
REGIONE
CLASSE 1 :
CLASSE 2:
CLASSE 3:
CLASSE 4:
CLASSE 5:
1 kW P 3 kW
3 kW < P 20 kW
20 kW < P 200 kW
200 kW < P 1000 kW
P > 1000 kW
Numero
Potenza (kW)
Numero
Potenza (kW)
Potenza (kW)
Numero
Potenza (kW)
Numero
TOTALE
Potenza (kW)
Numero
Numero
Potenza (kW)
Pot. Media (kW/imp.)
ABRUZZO
812
2.192
1.965
16.787
199
15.419
30
16.919
1
2.469
3.007
53.786
BASILICATA
501
1.405
613
5.169
417
21.013
23
14.152
-
-
1.554
41.739
27
1.180
3.286
1.980
14.242
178
11.197
23
13.560
4
8.528
3.365
50.813
15
CALABRIA
18
CAMPANIA
1.448
3.992
2.113
15.872
211
13.222
35
20.317
2
22.952
3.809
76.355
20
EMILIA ROMAGNA
5.869
15.418
6.248
49.832
1.077
75.815
144
77.848
53
82.641
13.391
301.554
23
FRIULI VENEZIA GIULIA
2.513
6.991
5.197
34.314
223
15.460
15
9.056
4
14.817
7.952
80.639
10
LAZIO
3.481
9.176
4.333
30.896
280
17.711
37
21.645
24
132.485
8.155
211.914
26
879
2.239
666
5.008
49
3.131
5
2.152
1
1.077
1.600
13.607
9
LOMBARDIA
LIGURIA
9.664
26.045
10.559
82.009
1.542
113.329
118
57.865
18
27.089
21.901
306.337
14
MARCHE
2.294
6.097
2.489
19.604
456
32.350
124
67.792
10
23.562
5.373
149.404
28
139
386
272
2.261
43
2.740
7
3.879
2
4.707
463
13.973
30
PIEMONTE
4.647
12.568
5.828
49.421
812
58.495
108
54.955
19
30.882
11.414
206.320
18
PUGLIA
3.219
8.739
4.923
36.294
559
32.951
458
410.896
9
76.822
9.168
565.702
62
SARDEGNA
3.509
9.775
3.672
25.741
104
6.769
34
22.386
9
18.642
7.328
83.313
11
SICILIA
3.211
8.899
4.104
28.602
257
16.882
50
34.455
13
49.384
7.635
138.222
18 13
MOLISE
TOSCANA
3.800
10.048
4.305
35.279
376
26.979
54
29.753
5
11.837
8.540
113.896
TRENTINO ALTO ADIGE
3.191
8.933
3.971
39.224
783
48.926
87
36.889
-
-
8.032
133.971
17
UMBRIA
1.532
4.319
1.685
12.715
265
15.818
47
28.649
3
7.016
3.532
68.517
19
VALLE D'AOSTA VENETO Totale ITALIA
121
320
185
1.850
19
1.180
1
441
-
-
326
3.790
12
6.718
18.219
10.580
72.867
887
63.794
95
45.171
7
88.855
18.287
288.905
16
58.728
159.047
75.688
577.987
8.737
593.179
1.495
968.780
184
603.766
144.832
2.902.759
20
47
Pubblicato il Rapporto WWF sull’Energia
NEL 2050 IL 100% DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI? È POSSIBILE! Per ottenere tale risultato debbono essere seguite anche delle linee guida
Il WWF International ha pubblicato “The Energy Report. Al 2050, 100% di Energia Rinnovabile”, redatto in collaborazione con Ecofys (Società di consulenza sulle energie rinnovabili) e con l’OMA (Office for Metropolitan Architecture). Si tratta di un documento programmatico che ha richiesto due anni di lavoro e che fa il punto sullo stato dell’arte delle energie rinnovabili a livello mondiale, con l’aggiunta di alcune linee guida da seguire per ottenere quel che il dossier dimostra essere il risultato che può essere conseguito. “Il modo in cui produciamo e utilizziamo l’energia oggi non è sostenibile”, si legge nell’introduzione al Report. Le nostre principali fonti di combustibili fossili (petrolio, carbone e gas) sono risorse naturali che hanno un limite e le stiamo rapidamente esaurendo. Inoltre, i combustibili fossili sono i principali fattori che contribuiscono ad innescare i cambiamenti climatici, e la corsa alle ultime risorse fossili “a basso costo” fa ipotizzare grandi disastri per l’ambiente naturale, come si è visto di recente con la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. Nel mondo in via di sviluppo la desertificazione, sia a livello regionale che a livello locale, è provocata dal depauperamento delle fonti di legna da ardere e delle altre biomasse che vengono spesso utilizzate in modo inefficiente, causando gravi forme di inquinamento degli spazi confinati (come abitazioni e luoghi di lavoro) e milioni di decessi ogni anno. Un’offerta di energia rinnovabile interamente sostenibile rappresenta l’unico modo attraverso il quale potremo assicurare energia per tutti ed evitare la catastrofe ambientale. Da qui la domanda provocatoria a cui lo studio doveva
dare una risposta: è possibile garantire a tutti gli abitanti del pianeta energia rinnovabile al 100% entro il 2050? Ecofys ha risposto illustrando uno scenario audace e ambizioso che dimostra come sia tecnicamente possibile dotarsi di fonti di energia rinnovabile per quasi il 100% del fabbisogno entro i prossimi quattro decenni, usando le tecnologie attualmente disponibili. Nel complesso, The Energy Report indaga sulle scelte e sulle sfide politiche, economiche, ambientali e sociali che presentano la maggiore criticità, e incoraggia la prosecuzione del dibattito in materia. La riconversione ad una offerta di energia interamente rinnovabile entro il 2050 è fattibile, ma ci sono degli ostacoli da superare. La crisi energetica globale è un problema preoccupante, eppure non dobbiamo andare troppo lontano per cercare le soluzioni. L’energia che possiamo ricavare dal sole, dal vento, dal calore terrestre, dall’acqua e dal mare è potenzialmente in grado di coprire molte volte il fabbisogno globale di elettricità, anche tenendo conto delle fluttuazioni dell’offerta e della domanda. Potremmo ridurre notevolmente la quantità di energia che usiamo mediante semplici interventi come l’isolamento degli edifici, il riciclaggio delle materie prime e l’installazione di caldaie efficienti alimentate da biomasse. Le biomasse ricavate dai rifiuti, dai raccolti e dalle risorse forestali sono in grado di fornire energia, anche se questo solleva dei significativi problemi sociali e ambientali che vengono evidenziati nel documento. In tutto il mondo si stanno facendo dei passi nella direzione giusta. Nel 2009 la Cina ha aumentato di 37 GW la produzione di energia
48
rinnovabile, portando così la propria potenza rinnovabile totale a 226 GW, pari a quattro volte la potenza necessaria per soddisfare il consumo totale di picco di energia elettrica della Gran Bretagna, o più del doppio della potenza elettrica totale dell’Africa! In Europa e negli USA più della metà di tutta la nuova potenza elettrica installata nel 2009 proviene da fonti rinnovabili. Nel mondo in via di sviluppo, più di 30 milioni di famiglie dispongono di generatori di biogas per la cottura e per l’illuminazione. Oltre 50 milioni di famiglie usano stufe a biomasse “ottimizzate”, che sono più efficienti e producono minori quantità di gas serra e di altre sostanze inquinanti. Il riscaldamento dell’acqua con energia solare viene usato da 70 milioni di famiglie in tutto il mondo. La potenza installata di energia eolica è cresciuta del 70%, e quella dell’energia solare (fotovoltaica) di un imponente 190% negli ultimi due anni (2008 e 2009). Durante lo stesso periodo, l’investimento complessivo in tutte le fonti rinnovabili è cresciuto da circa 100 miliardi di dollari USA nel 2007 fino agli oltre 150 miliardi del 2009. Ma i tempi del processo di cambiamento sono enormemente lenti. Se si esclude l’energia idroelettrica, a tutt’oggi solo il 3 % di tutta l’elettricità consumata proviene da fonti rinnovabili. Enormi quantità di combustibili fossili continuano ad essere estratte e utilizzate, e le emissioni globali di carbonio continuano a crescere. I finanziamenti pubblici e gli investimenti privati nei combustibili fossili, e i progetti nel campo dell’energia nucleare, superano ancora di molto quelli nel campo dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, malgrado queste ultime garantirebbero un rendimento a lungo termine molto maggiore. Mentre migliaia di case in tutto il mondo, specialmente in Germania e in Scandinavia, sono state costruite con gli standard della “casa passiva”, che richiedono livelli pari quasi a zero di energia per il riscaldamento e il condizionamento, sono molte di più le costruzioni progettate con criteri obsoleti improntati all’inefficienza energetica. La migrazione verso un futuro interamente basato sulle energie rinnovabili entro il 2050 richiede un abbandono radicale della strada attualmente seguita dall’umanità. Si tratta di un obiettivo ambizioso. Lo scenario tracciato da Ecofys, che costituisce la seconda parte del documento, rappresenta l’analisi più ambiziosa nel suo genere mai realizzata fino ad oggi. Lo scenario dimostra che è tecnicamente possibile, entro il 2050, fornire a tutti l’energia di cui hanno bisogno con una percentuale pari al 95% di energie derivanti da fonti rinnovabili. Ciò ridurrebbe di circa l’80% le emissioni di gas serra del settore dell’energia, tenendo comunque conto delle residue emissioni di origine terrestre derivanti dalla produzione di bioenergia. La sfida di fronte a noi è naturalmente enorme, e solleva problematiche straordinarie.
Tuttavia, lo scenario illustrato da Ecofys, è possibile e praticabile e si basa solo sulle tecnologie di cui il mondo già dispone ed è realistico per quanto riguarda i tempi in cui le stesse possono essere messe in atto nelle misure necessarie. Gli investimenti necessari sono notevoli, ma l’impegno economico è ragionevole e i costi netti non supereranno mai il 2% del PIL globale. Lo scenario di Ecofys tiene conto dei previsti aumenti della popolazione e dei viaggi a lungo raggio e dell’incremento della ricchezza economica, e inoltre non richiede cambiamenti del nostro stile di vita che non possiamo affrontare con beneficio e soddisfazione. Sinteticamente, lo scenario Ecofys prevede che nel 2050 la domanda di energia risulterà del 15 % inferiore a quella del 2005, sebbene la popolazione, la produzione industriale, i passeggeri e le merci trasportati continuino a crescere come previsto. L’industria utilizzerà una quantità maggiore di materiali riciclati ed energeticamente efficienti, gli edifici verranno costruiti o ristrutturati in modo tale da richiedere livelli minimi di energia per il riscaldamento e il condizionamento, e le varie forme di trasporto saranno più efficienti. Per quanto possibile, si userà l’energia elettrica in luogo dei combustibili solidi e liquidi. L’energia eolica e solare, l’energia derivata dalle biomasse e l’energia idroelettrica saranno le principali fonti di elettricità, e le fonti solari e geotermiche, oltre alle pompe di calore, forniranno una grossa quota del calore per gli edifici e l’industria. Dato che l’offerta di energia eolica e solare è variabile, saranno state sviluppate delle reti elettriche “intelligenti” (smart grid) per immagazzinare e distribuire l’energia con più efficienza. La bioenergia (biocombustibili liquidi e biomasse solide) verrà usata come ultima risorsa, quando non sarà possibile usare altre fonti di energia rinnovabile, soprattutto per rifornire di combustibile gli aerei, le navi e i camion, e nei processi industriali che richiedono temperature molto elevate. Per soddisfare la domanda, sarà comunque necessario avviare delle coltivazioni sostenibili di raccolti destinati alla produzione di biocombustibile, e prelevare più legname da foreste ben gestite. Una pianificazione prudente dell’uso del territorio, e una migliore collaborazione e governance a livello internazionale saranno essenziali per garantire che questa linea di condotta non comporti minacce per l’approvvigionamento di cibo e di acqua e per la biodiversità, e non provochi un aumento dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera. Entro il 2050 si risparmierebbero quasi 4 trilioni di euro l’anno grazie alla maggiore efficienza energetica e ai minori costi del combustibile, rispetto allo scenario in cui si dovesse mantenere l’assetto attuale, senza modificarlo. Ma saranno
49
necessari grandi aumenti degli investimenti di capitali per poter installare su larghissima scala una grande potenza di generazione di elettricità mediante energie rinnovabili, per trasformare il settore delle merci e quello del trasporto pubblico e migliorare l’efficienza energetica non solo dei nuovi edifici ma anche di quelli esistenti. Tali investimenti inizieranno a dare frutti intorno al 2040, quando i risparmi cominceranno a superare i costi. Se i prezzi del petrolio cresceranno più rapidamente del previsto, tenendo conto anche dei costi dei cambiamenti climatici e dell’impatto dei combustibili fossili sulla salute pubblica, il periodo necessario per il recupero degli investimenti sarà ancora più breve. Attualmente oltre l’80% dell’energia a livello globale deriva dai combustibili fossili (petrolio, gas e carbone). Il resto deriva da fonti energetiche nucleari e rinnovabili, soprattutto dal comparto idroelettrico, e dai combustibili tradizionali a base di biomasse come la carbonella, che vengono spesso usati in modo inefficiente e non sostenibile. In base allo scenario Ecofys, i combustibili fossili, l’energia nucleare e le biomasse tradizionali saranno interamente abbandonati entro il 2050, e verranno sostituiti da una combinazione più diversificata di fonti rinnovabili di energia. Per
ciascuna risorsa lo scenario tiene conto delle potenzialità complessive, dei tassi di crescita attuali, dei criteri di sostenibilità prestabiliti e di altri vincoli e opportunità, come la variabilità del vento e delle fonti solari. I progressi tecnologici, le forze del mercato e la posizione geografica influenzeranno i modi in cui verranno sviluppate e impiegate le energie rinnovabili, al punto che la composizione definitiva potrà probabilmente apparire molto diversa, pur essendo sempre basata sul 100 % di risorse rinnovabili sostenibili. “Entro il 2050, noi possiamo trarre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno dalle fonti rinnovabili - ha dichiarato il Direttore generale del WWF, James P. Leape - Il rapporto dimostra che tale transizione è non solo possibile, ma anche vantaggiosa dal punto di vista economico, garantendo energia disponibile per tutti e prodotta in un modo che può essere sostenibile per l’economia globale e per il Pianeta. La transizione comporterà numerose sfide, ma spero che questo rapporto possa ispirare i Governi e Imprese ad affrontare questi problemi e, allo stesso tempo, a muoversi con coraggio per far diventare l’economia rinnovabile una realtà. Non c’è nulla di più importante per essere davvero capaci di creare un futuro sostenibile”.
10 RACCOMANDAZIONI PER UN FUTURO 100% ENERGIE RINNOVABILI -
-
-
Energia pulita: promuovere solo i prodotti più efficienti; sviluppare le fonti di energia rinnovabile, quelle che esistono già oggi e quelle che verranno ideate nei prossimi anni, per garantire abbastanza energia pulita entro il 2050. Reti: condividere e scambiare energia pulita attraverso le reti e il mercato, fare il miglior uso delle risorse di energia sostenibile nelle differenti aree. Accesso: porre fine alla povertà energetica; garantire a tutti, nei Paesi in via di sviluppo, energia pulita e promuovere le pratiche sostenibili, come le stufe per cucinare efficienti. Soldi: investire nell’energia pulita e rinnovabile e nei prodotti e edifici efficienti dal punto di vista energetico. Cibo: fermare lo spreco di cibo; scegliere gli alimenti prodotti in modo efficiente e sostenibile per liberare terra per la Natura, le foreste gestite in modo sostenibile e la produzione di biocarburanti. Ognuno ha lo stesso diritto a un adeguato livello di proteine nella dieta e perché questo accada le persone più benestanti devono mangiare meno carne. Materiali: ridurre, riusare, riciclare per minimizzare gli sprechi e risparmiare energia; sviluppare materiali duraturi; evitare quello di cui non abbiamo bisogno. Trasporti: garantire incentivi per incoraggiare un maggior uso dei mezzi pubblici e per ridurre le distanze per gli spostamenti di persone e merci; promuovere ‘‘elettrificazione ogni volta che sia possibile e appoggiare la ricerca per l’uso dell’idrogeno per l’aviazione e il trasporto marittimo. Tecnologia: sviluppare piani di azione nazionali, bilaterali e multilaterali per promuovere la ricerca e lo sviluppo nell’efficienza energetica e nelle energie rinnovabili. Sostenibilità: sviluppare e applicare criteri di sostenibilità rigorosi che assicurino che l’energia rinnovabile sia compatibile con gli obiettivi ambientali e di sviluppo. Accordi: appoggiare accordi ambizioni sul clima e l’energia per garantire regole globali e promuovere la cooperazione globale negli sforzi sull’energia rinnovabile e l’efficienza.
50
MOBILITÀ SOSTENIBILE
PARMA: ZERO EMISSION CITY
9 milioni di Euro per 1000 auto elettriche e 300 punti di ricarica entro il 2015 di Agnese Mengarelli
La mia prossima auto sarà una berlina extra lusso completamente elettrica, presentata recentemente alla 81° edizione del Salone Internazionale dell’Auto di Ginevra. Con la mia nuova macchina alimentata solo a batterie sfreccerò per le strade di tutta Italia senza inquinare e senza dovermi preoccupare del rifornimento e della ricarica delle batterie. Un sogno? Solo in parte! Purtroppo chi scrive non fa parte del segmento extra lusso a cui si rivolge la nota casa automobilistica inglese che produce la berlina tanto desiderata, ma la diffusione di automobili elettriche nel nostro paese comincia a fare notevoli passi in avanti. Sono sempre più numerose, infatti, le Pubbliche Amministrazioni che hanno a cuore una mobilità veramente sostenibile e impegnate a diminuire gli impatti ambientali
causati dalla circolazione di veicoli privati inquinanti. Una delle città più all’avanguardia in questo settore è Parma che ha recentemente presentato il Progetto “Zero Emission City”, Città ad Emissione Zero. L’innovativo progetto sulla mobilità elettrica prevede un investimento complessivo di 9 milioni di euro, di cui 1,9 nella fase iniziale di start up; incentivi all’acquisto di un veicolo elettrico fino a 6.000 euro; 100 vetture elettriche in circolazione per il 2011 da portare a 1.000 nel 2015 e una rete di 100 punti di ricarica delle batterie che diventeranno 300 nel 2015. Il progetto, pensato da Carlo Iacovini, esperto di mobilità ecologica, è ancora in fase preliminare, ma ormai già ben definito, e si pone obiettivi più che ambiziosi. Si prevede di partire già quest’anno con l’installazione delle prime 100 colonnine per la ricarica elettrica di almeno altrettanti veicoli, anch’essi ovviamente elettrici. Per il prossimo anno sono previste 300 colonnine e fra i 400 e i 450 veicoli elettrici in circolazione, portando il progetto a pieno regime. I veicoli saranno di piccole dimensioni, facili da guidare e da parcheggiare e le colonnine saranno posizionate in tutta l’area delle tangenziali, in corrispondenza di parcheggi, parcheggi scambiatori e punti nevralgici, dove i veicoli possono essere raggiunti comodamente dal maggior numero di automobilisti possibile. Il Comune di Parma, attraverso la collaborazione di alcune case automobilistiche, quali Chevrolet, Citroen, Mitsubishi Motors, Nissan, Opel, Renault insieme a Pininfarina, gruppo Tazzari, Estrima e Ducati Energia, si farà carico dell’acquisto dei veicoli, che saranno poi assegnati agli automobilisti attraverso diverse forme di contratto: noleggio, comodato o acquisto. “Mi auguro che la rivoluzione dell’auto elettrica parta da Parma – ha detto il Sindaco di Parma, Pietro Vignali, in apertura del Convegno “Politica Europea per la mobilità elettrica”, durante il quale è stato presentato il progetto Zero Emission City - Sicuramente in Europa sono state compiute scelte che vanno nella direzione di promuovere l’elettrico e la realizzazione di colonnine di ricarica e quindi della piattaforma che serve per sviluppare la mobilità elettrica.” “Parma è città capofila delle iniziative in campo am-
bientale dal 1998 – ha aggiunto il sindaco - a partire dall’utilizzo degli happy bus e delle prime bici elettriche, fino ai servizi di car sharing e bike sharing e alla recente firma della convenzione sulle politiche ambientali, durante il convegno sull’Ambiente del Marzo 2009.” La città della Certosa, che tanto ispirò Stendhal, non è nuova a questo tipo di iniziative, dimostrando negli anni tutta la sua sensibilità al tema della mobilità sostenibile. Nel 2004, infatti, il Comune di Parma è stato designato come capofila ICBI (Iniziativa Carburanti a Basso Impatto), un progetto ministeriale per promuovere lo sviluppo di carburanti meno inquinanti presso i cittadini, mettendo a disposizione finanziamenti per convertire in via prioritaria i veicoli non catalizzati e per sviluppare reti di distribuzione di metano e GPL. Per fare in modo che gli sforzi che poniamo in essere al nostro stile di vita possano dare risultati soddisfacenti, bisogna rendere consapevoli anche i più piccoli e coinvolgere le scuole, in quanto i bambini di oggi saranno gli automobilisti di domani. Anche in questo campo la città di Parma dimostra di essere un passo avanti. Nel Novembre scorso l’Assessorato alla Mobilità e Trasporti del Comune di Parma, in collaborazione con l’Assessorato Servizi Educativi e con Infomobility S.p.A., ha firmato un protocollo d’intesa per coinvolgere proprio le scuole nella formazione dei bambini per la diffusione della cultura della mobilità sostenibile. “Giunti a metà di questo speciale percorso didattico, il bilancio è più che positivo - ha dichiarato l’Assessore alla Mobilità del Comune di Parma Davide Mora - Dei 14 istituti coinvolti, circa 2.000 bambini partecipano regolarmente ai corsi tenuti da figure professionali provenienti dalle strutture e dagli enti firmatari del protocollo che sono l’Assessorato ai Servizi Educativi del Comune, Infomobility, Polizia Municipale, AUSL e FIAB”. L’azione principale è stata concentrata in cinque progetti. Nella “lezione” dedicata alla mobilità sostenibile, per esempio, i più piccoli, attraverso incontri interattivi, affrontano le tematiche del movimento e del benessere, mentre gli alunni delle classi terze e quarte si concentrano sulla bicicletta e su come diventare ciclisti consapevoli. Altri corsi, strettamente legati alla sicurezza stradale, sono tenuti dalla Polizia Municipale, mentre con il supporto dell’ASL si tengono incontri legati a tematiche relative alla salute e alle buone abitudini alimentari. Grazie alla sensibilità sviluppata dal Comune da oltre 10 anni, il Vice Presidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha proposto di “inserire Parma nel progetto Smart Cities, come riconoscimento al suo impegno nella mobilità sostenibile, nel trasporto urbano e nella riduzione delle emissioni. Questo progetto - ha spiegato Tajani - includerà 20 città europee, aperte all’innovazione sulla mobilità sostenibile: tra gli obiettivi, la riduzione del 20% di CO2, l’aumento del 20% del trasporto pubblico, dell’efficienza energetica, delle quote di energie rinnovabili.” Anche il resto dell’Europa sembra interessato a una mobilità più sostenibile che strizza l’occhio alle auto elettriche.
In Inghilterra, ad esempio, il Governo ha finanziato il programma di sviluppo elettrico con 230 milioni di sterline. Dal 1° aprile 2010, inoltre, i veicoli elettrici delle imprese sono detassati e dal 2011 gli acquirenti di auto elettriche riceveranno uno sconto del 25% sul prezzo di listino fino ad un massimo di 5.000 sterline. In Spagna, il Piano d’Azione prevede investimenti pubblici pari a 590 milioni in due anni, incentivi per veicoli elettrici fino al 20% del prezzo totale, con un tetto di 6.000 Euro e la creazione di un parco di 250.000 veicoli elettrici entro il 2014. In Germania, invece, un’iniziativa congiunta del Governo e delle industrie automobilistiche tedesche punta a un milione di veicoli elettrici entro il 2020. Infine, in Francia il piano Borloo prevede un investimento di 250 milioni per l’installazione di 75.000 colonnine di ricarica sulla rete stradale e 5.000 Euro di incentivo all’acquisto di un’auto elettrica fino al 2012, mentre entro il 2015 è previsto un parco di veicoli elettrici 100.000 unità. In Italia, invece, secondo gli ultimi dati, la situazione non è delle migliori per la mobilità sostenibile. Nel 2010 sono state vendute 103 auto elettriche, pari allo 0,01% del mercato automobilistico, contro le 69 del 2009. I concessionari, secondo una ricerca di InterAutoNews, presentata al Motor Show di Bologna, parlano di un mercato potenziale del 2-5%. Secondo un sondaggio svolto da Swg sulle auto elettriche per Federutility, la Federazione che riunisce le imprese energetiche ed idriche, il 61% degli italiani probabilmente acquisterebbe un’auto elettrica e un altro 10% la comprerebbe di sicuro; il 48% dei cittadini, se fosse sindaco, riserverebbe le Zone a Traffico Limitato (ZTL) ai veicoli elettrici e a quelli non inquinanti, mentre solo il 26% ritiene che i sindaci, quelli attualmente in carica, avranno il coraggio di prendere misure a sostegno della eco-sostenibilità. L’autista medio italiano, insomma, ha una certa sensibilità ambientale, vorrebbe risparmiare nel carburante e comprerebbe volentieri un’auto elettrica, a patto, però, che siano più efficienti, meno costose e soprattutto con un sistema di ricarica delle batterie diffuso nelle città e sul territorio. Le premesse ci sono tutte. “Nella riduzione di emissioni di CO2 l’industria automobilistica è indietro del 40% rispetto ad altri settori, ma ora punta con decisione verso le auto elettriche con l’obiettivo di affiancarle ai veicoli tradizionali - ha dichiarato Pietro Menga, Presidente di Cei-Cives, Commissione italiana veicoli elettrici stradali - I costi? Tra cinque-sei anni, quando le grandi case automobilistiche inizieranno una produzione su più vasta scala, i prezzi saranno allineati a quelle delle auto tradizionali, con in più solo l’aggravio del costo in leasing delle batterie. Per favorire il mercato, anche in Italia bisognerebbe seguire la strada già intrapresa da undici Paesi europei: aumentare di 1.000 Euro il prezzo delle auto tradizionali di grande cilindrata e maggiormente inquinanti, utilizzando poi gli introiti per incentivare l’acquisto di auto elettriche. Un risultato ottenibile, quindi, senza gravare sui conti dello Stato”.
52
Una delle più forti criticità è l’attuale rete elettrica, che non è ancora in grado di sostenere lo sforzo notevole a cui sarà sottoposta in seguito all’introduzione di una notevole quantità di veicoli elettrici. Per quanto riguarda poi la diffusione di punti di ricarica sul territorio gli enti pubblici dovranno seguire l’esempio del Comune di Parma e intervenire in tempo per adeguare le proprie infrastrutture. Ciò comporterà grossi investimenti di denaro e risorse, ma qualcosa sembra muoversi in tal senso. Ad Ottobre è stato presentato un d.d.l., che introduce novità sostanziali per lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia, stabilendo incentivi a favore dell’acquisto di nuovi mezzi e sgravi fiscali per realizzare la rete di ricarica. Lo sviluppo di una rete efficiente di ricarica a servizio dei veicoli alimentati ad energia elettrica rappresenta un obiettivo prioritario e urgente al fine di perseguire i livelli prestazionali in materia di emissioni delle autovetture fissati dall’Unione Europea e soprattutto nell’ambito degli interventi per l’ammodernamento del sistema stradale urbano ed extraurbano italiano, per la promozione della ricerca e dello sviluppo nel settore delle tecnologie avanzate e per l’incentivazione dell’economia reale.
Anche l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas si sta muovendo, introducendo nuove regole e agevolazioni a sostegno dello sviluppo di infrastrutture di ricarica. Dal primo gennaio, infatti, è entrata in vigore una nuova tariffa di rete riservata alla ricarica delle auto elettriche nei centri urbani ed in altri luoghi aperti al pubblico. (cfr: “Il settore energetico coerente con i princìpi dello sviluppo sostenibile”, in Regioni&Ambiente, n. 1/2 Gennaio/Febbraio 2011, pagg. 32-33) Mobilità ed inquinamento atmosferico rappresentano due dei grandi temi con cui le Amministrazioni cittadine devono quotidianamente misurarsi e certe iniziative portate avanti da Comuni coraggiosi e ambiziosi rappresentano delle eccellenze a livello europeo nella lotta contro le polveri sottili al fine di rendere le nostre città vivibili e a misura d’uomo. Sicuramente la mia prossima auto non sarà quella berlina extra lusso inglese, ma progetti pionieri, come la Zero Emission City del Comune di Parma, renderanno finalmente realtà il mio desiderio di guidare un’auto veloce e silenziosissima, il cui unico rumore è un leggero ronzio ed il suono delle ruote sull’asfalto.
53
EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ
Business, Governance e ONG per dar vita a partenariati
ALLA RICERCA DELLA SOSTENIBILITÀ PER LA PROSPERITÀ DEI MERCATI Sempre più numerose le imprese che si impegnano per un’economia sostenibile
“Immagina un mondo dove l’energia in eccesso di un’impresa sarà usata per alimentarne un’altra. Dove i palazzi avranno bisogno di sempre minor energia e dove si progetteranno edifici commerciali “rigenerativi” - quelli che producono più energia di quella che consumano. Un mondo in cui i prodotti e i processi eco-sostenibili saranno più efficaci dal punto di vista dei costi di quelli derivanti con materiali di scarto. Un mondo dove le grandi società come Costco, Nike, BP e tante altre formeranno delle partnership con organizzazioni ambientaliste ed umanitarie, per garantire una migliore gestione del Pianeta e una migliore qualità della vita nei Paesi in via di sviluppo. Ora smetti di immaginare - quel mondo sta già emergendo.” (Peter M. Senge et Al., “The Necessary Revolution. How Individuale and Organizations Are Working Together to Create a Sustainable World”, Ed.
Nicholas Brealey Publishing, 2010, traduzione a cura della redazione di Regioni&Ambiente). Peter M. Senge, Direttore del Center of Organizational Learning presso il Massachussets Institute of Technology (MIT) è conosciuto per il suo libro-best seller, con oltre un milione di copie vendute, “La Quinta Disciplina. L’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo” ( l’unico, purtroppo, tradotto in italiano e solo in occasione della sua revisione 16 anni dopo la sua prima uscita), in cui ha sviluppato l’idea che solo organizzazioni che sono in grado di adattarsi velocemente ed efficacemente saranno in grado di eccellere nel proprio settore e mercato. Con questo nuovo saggio, Senge e i suoi collaboratori, operano una trasposizione delle teorie sistemiche, svolte in precedenti altri testi, dal mondo delle imprese alla società globale, ipotizzando il superamento dell’Era industriale che,
pur avendo portanti grandi vantaggi, ha provocato la distruzione degli ecosistemi e delle culture. Se gli imprenditori non ripensano ad un loro approccio con l’ambiente “non avremo fra 20 anni imprese degne di essere considerate tali”, perché la “bolla” al pari di quella finanziaria prima o poi scoppierà. Fortunatamente, come indicato con dovizia di best practices da Serge, ci sono imprese ed organizzazioni che stanno muovendosi nella “necessaria” direzione. C’è necessità, tuttavia di andare oltre gli sforzi di una singola azienda e di trovare a larga scala risposte al mercato. Per questo l’impresa ha bisogno dei Governi a livello nazionale, regionale e globale per definire le regole del gioco, affinché i mercati possano prosperare, specialmente nei Paesi in via di sviluppo. Nel Rapporto “Challenges and Opportunities in a Rapidly Changing
Immagine adattata dalla figura 31 di pag. 36 di “The Necessary Revolution” in cui sono indicate le maggiori operazioni innovatitve da attuare per passare dall’era industriale (a sinistra) a un’era di sostenibilità (a destra).
54
World”, diffuso recentemente dal World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), si mette in evidenza che il miglioramento dell’efficienza energetica e delle risorse, e che le soluzioni sostenibili per rispondere alla crescente domanda di cibo, assistenza sanitaria, alloggio, energia, mobilità, acqua, servizi igienici e la comunicazione, sono le sfide che ci attendono. Le imprese in questo senso sono lo snodo fondamentale per la transizione verso una società più inclusiva, a basse emissioni di carbonio e che fa uso efficiente delle risorse. Ma le imprese non possono gestire da sole lo sviluppo sostenibile, c’è bisogno di dar vita a partnerariati, in cui “Business, Governance e ONG, seduti allo stesso tavolo, uniscano le loro forze non già per operare una scelta impropria tra sviluppo economico e benessere ambientale, bensì per scegliere entrambi, perché sono interdipendenti”. In Europa si fa sempre più diffusa questa consapevolezza, come dimostra anche la recente Dichiarazione “100% di energia rinnovabile in Europa nel 2050”, sottoscritta da diverse imprese ed istituzioni europee e presentata alla vigilia del Consiglio UE del 4 febbraio che aveva all’ordine del giorno i problemi del risparmio e dell’efficienza energetici. I firmatari del Manifesto, promosso da EREC (European Renewable Energy Council), Eufores (European Forum for Renewable Energy Sources) e Greenpeace, includono diverse Istituzioni tra cui associazioni di categoria, professionisti, docenti universitari, sindacati, organizzazioni ambientaliste, rappre-
poraneamente la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e dei cambiamenti climatici, mentre al tempo stesso la creazione di un’economia orientata al futuro sostenibile, offirà posti di lavoro verdi di alta qualità”. Viene ritenuto necessario, inoltre, un riorientamento dei fondi esistenti e una maggiore attenzione negli stanziamenti futuri nei bilanci di sviluppo e ricerca e nei fondi strutturali e di sviluppo a favore di rinnovabili ed efficienza energetica. Anche in Italia crescono di giorno in giorno le imprese impegnate nell’economia sostenibile. Si è da poco costituito l’Osservatorio Nazionale delle Attività Economiche Ecosostenibili (ONAEE) che Fonte: WBCSD si propone come punto di aggregazione per le impresentanti politici, tra cui una trentina se impegnate nell’economia “verde” e di deputati del Parlamento europeo come casa comune per chi ha intenzio(nessun italiano al momento), nonché ne di sviluppare iniziative volte a una le imprese che operano non solo nel capillare diffusione del fenomeno. settore energetico e che impiegano cir- “La green economy deve rappresentaca mezzo milione di lavoratori. re il punto di partenza dell’economia “Di fronte non soltanto ad una recessio- post-crisi. I più importanti governi monne economica, ma soprattutto alle sfide diali hanno destinato parti consistenti poste dal cambiamento climatico, ad dei pacchetti di stimoli economici ad una crescente dipendenza dalle impor- investimenti ecosostenibili - ha dichiatazioni di carburante e all’aumento dei rato Raffaele Di Marco, Presidente prezzi dei combustibili fossili, l’Europa ONAEE - L’Italia non può e non deve ha urgente bisogno di sviluppare solu- rimanere indietro: la presenza di un zioni per un futuro sistema energetico organismo in grado di convogliare le sostenibile, interamente basato su fonti istanze degli imprenditori e di fare da energetiche rinnovabili - si legge nel punto di riferimento per il comparto, documento - Le risposte alle sfide di oggi può apportare benefici considerevoli non sono fuori della nostra portata, ma nello sviluppo economico ed ambientale si trovano nel palmo delle nostre ma- del nostro Paese”. ni. Con la promozione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, saremo in grado di affrontare contem-
55
Le questioni emergenti dello “Year Book 2011” dell’UNEP
TROPPE QUANTITÀ DI PLASTICHE E FOSFORO NEGLI OCEANI Sensibilizzare i consumatori a migliorare e modificare i propri comportamenti
L’ultimo “Year Book 2011” che l’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, dedica annualmente ai Problemi emergenti nel nostro ambiente globale che è stato diffuso il 17 febbraio 2011, alla vigilia dell’annuale riunione mondiale dei Ministri dell’Ambiente (Nairobi, 21-24 febbraio 2011), mette in rilievo
tre questioni: - l’impatto delle plastiche diffuse nei mari; - le crescenti quantità di fosfati che vengono sversate nelle acque e da qui negli oceani; - le prospettive della biodiversità forestale. Abbiamo prescelto di sintetizzare le
prime due, avendo una comune problematica: il cattivo stato di salute dell’ambiente globale marino. Nuove ricerche indicano che i miliardi di frammenti di plastica di ogni dimensione diffusi negli oceani, oltre alle pallottoline (pellets) scaricate dall’industria, possono assorbire una
vasta quantità di prodotti chimici fossili correlati al cancro ed hanno effetti negativi sui processi riproduttivi degli esseri umani e della fauna selvatica. L’inquinamento da fosforo, assieme ad altri scarichi incontrollati di acque, come di azoto, si collega ad un aumento della proliferazione di alghe dannose per la qualità delle acque, gli stock ittici e il turismo costiero. Soltanto negli Stati Uniti, i costi determinati da questo tipo di inquinamento sono stimati in più di 2 miliardi di dollari l’anno, che fa presumere che a livello mondiale arrivino a decine di miliardi di dollari all’anno. Gli esperti dicono che sia l’abbandono delle plastiche che gli scarichi di fosforo necessitano di una migliore gestione dei rifiuti del mondo e di un miglioramento dei modelli di consumo e produzione. “La scienza è determinante per aiutare i Governi a definire delle priorità di azione sulle sfide persistenti ed emergenti, anzi queste questioni emergenti saranno alla base delle attività dei prossimi 15 mesi dei Ministri dell’Ambiente per preparare la cruciale Conferenza di Rio sullo Sviluppo Sostenibile del prossimo an-
no - ha affermato il Direttore UNEP, Achim Steiner - Il fosforo e le materie plastiche che finiscono in mare mettono a fuoco l’urgenza di colmare le lacune scientifiche, ma anche di catalizzare una transizione globale verso un’economia verde con un uso efficiente delle risorse, al fine di realizzare lo sviluppo sostenibile e ridurre la povertà”. Steiner si è poi soffermato sul impegni connessi alla Conferenza di Rio de Janeiro, (Rio +20), che avrà luogo dal 14 al 16 maggio 2012, dopo 20 anni dal Summit della Terra che si tenne nella stessa località e 10 anni dopo il Summit sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg: “L’attenzione sarà anche sulle soluzioni e le opportunità. Che si tratti di fosforo, di plastica o di una qualsiasi altra della miriade di sfide del mondo moderno, ci sono chiaramente delle possibilità di dar vita a nuovi tipi di lavoro e di industrie più efficienti”. “Bisogna gestire in modo più intelligente, e riciclare i rifiuti - ha aggiunto Steiner - per trasformare i loro impatti sull’ambiente e sulla salute da grave problema a preziosa risorsa, mantenendo l’impronta dell’’umanità all’interno dei confini planetari”.
La prima questione su cui interviene il Libro, come annunciato in premessa, è la necessità di una più intensa ricerca sull’impatto delle materie plastiche scaricate negli oceani. Gli scienziati sono preoccupati non solo per il danno diretto alla fauna selvatica, ma per la potenziale tossicità di alcuni tipi di materiali chiamati microplastics che sono pezzetti molto piccoli di 5 mm. di lunghezza, scaricata come pellets da parte dell’industria o formatisi come conseguenza della suddivisione di pezzi di plastica più grandi, sotto l’azione per esempio delle onde e della luce solare. Le quantità esatte di materie plastiche, tra cui le microplastics anche abbandonate da navi da trasporto e da pesca, che entrano o che formano negli oceani isole di scarichi, sono sconosciute. Quello che si sa è che il consumo pro capite di materie plastiche, dal packaging ai sacchetti di plastica e dagli altri settori dei beni di consumo, è stato in forte aumento. • Nel Nord America e nell’Europa occidentale, ogni persona utilizza circa 100 kg di materie plastiche all’anno: dato che è destinato ad aumentare fino a 140 kg entro il 2015.
Un modello di simulazione della spazzatura marina negli oceani dopo 10 anni mostra che la plastica converge nei 5 vortici delle correnti oceaniche: il vortice dell’Oceano Indiano, i vortici del Nord e del Sud del Pacifico e i vortici del Nord e del Sud dell’Atlantico. La simulazione, derivata da una distribuzione iniziale uniforme e basata su movimenti di fluttazione reali, mostra l’effetto dei 5 principali vortici oceanici nel tempo.
57
• Ogni individuo dei Paesi in rapido sviluppo dell’Asia utilizza 20 kg di plastica all’anno, quantitativo anche questo destinato a crescere fino a circa 36 kg entro il 2015. Attualmente tassi di riciclaggio e reimpiego variano enormemente anche tra i Paesi sviluppati: in Europa i tassi di riciclaggio di materie plastiche per la produzione di energia variava da 25%, in vari Paesi dell’UE, ad oltre l’80%, in Norvegia e in Svizzera. Sono in aumento le preoccupazioni per i danni e la morte causati alla fauna selvatica per essere rimasta impigliata nelle plastiche abbandonate. C’è anche il timore che la fauna selvatica possa mangiare la plastica, scambiandola erroneamente per cibo. Gli albatros, per esempio, potrebbero scambiare la plastica di color rosa per i calamari; allo stesso modo, le tartarughe potrebbero confondere i sacchetti di plastica per delle meduse; i giovani uccelli marini di alcune specie potrebbero ammalarsi per cattiva alimentazione qualora si nutrissero di plastica da rifiuti in mare, erroneamente assunta come cibo, per la “persistente bio-accumulazione di sostanze tossiche”. La ricerca indica che i pezzi di piccola e piccolissima taglia di plastica rilasciano una vasta gamma di prodotti chimici, da bisfenoli policlorurati ai pesticidi DDT, che vengono assorbiti e si concentrano nell’acqua e nei sedimenti marini. “Molti di questi inquinanti, ivi compresi i PCB, causano effetti cronici come perturbazione endocrina, mutagenicità e cancerogenicità - si legge nel Libro dell’Anno - Alcuni scienziati temono che questi contaminanti persistenti possano alla fine finire nella catena alimentare, anche se vi è grande incertezza circa il grado di minaccia per la salute dell’uomo e dell’ecosistema”. Alcune specie, come il pesce spada e le foche, che sono al vertice della catena alimentare, vengono citate come quelle potenzialmente vulnerabili e sono, peraltro, specie consumate dall’uomo. Una recente indagine in merito alle concentrazioni di PCB sulle pallottoline trascinate a riva, effettuata su 56 spiagge di quasi 30 paesi, ha rilevato che “le concentrazioni più elevate sono state trovate nelle palline di plastica delle coste degli Stati Uniti, dell’Europa
occidentale e del Giappone, mentre le più basse in quelle delle regioni tropicali dell’Asia e del Sud Africa”. Il Libro dell’Anno riporta anche una serie di iniziative, nuove e già esistenti, di linee guida e di leggi volte a ridurre gli scarichi di plastiche e di altri rifiuti, dalla Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi al Programma globale di azione per la protezione dell’ambiente marino e alle attività svolte a terra dall’UNEP. Si chiede, inoltre, una migliore applicazione di tali norme, una sensibilizzazione dei consumatori per migliorare e modificare i loro comportamenti e un migliore supporto per le iniziative nazionali e delle comunità. C’è anche un urgente bisogno di migliorare e rendere più innovativo il controllo delle plastiche in tutto l’ambiente marino, dato che persistono lacune reali circa la comprensione del destino finale di questi materiali. Ci sono prove che alcune materie plastiche non galleggiano, ma affondano, accumulandosi sui fondali marini. “Detriti di plastica sono stati osservati sui fondali oceanici dalle profondità dello Stretto di Fram nel Nord Atlantico alle acque delle gole profonde al largo della costa mediterranea - gran parte della plastica che è entrata nel Mare del Nord si pensa che giaccia sul fondo del mare”. Particolarmente forte è la richiesta di cambiamenti nella raccolta, nel riciclaggio e nel riutilizzo delle materie plastiche: “Se la plastica fosse trattata come una risorsa preziosa, non già come un prodotto di scarto, qualsiasi opportunità per dare un valore secondario al materiale offrirà incentivi economici per la raccolta e il riutilizzo”. La seconda questione su cui interviene il Libro è l’inquinamento da fosforo “Grandi quantità di fosforo, prezioso fertilizzante necessario per nutrire una popolazione mondiale in crescita, vengono sversate negli oceani come conseguenza delle inefficienze in agricoltura e dell’incapacità di riciclare le acque reflue”. La domanda di fosfati è schizzata nel corso del XX secolo, in parte a causa dell’incertezza sulla disponibilità di riserve a livello mondiale. Si stima che siano 35 i Paesi produt-
58
tori di fosfato, dei quali Algeria, Cina, Israele, Giordania, Russia, Sudafrica, Siria e i Stati Uniti, sono quelli che ne posseggono le maggiori riserve. Nuove miniere di fosfati stanno per essere coltivate in Australia, Perù e Arabia Saudita ed alcuni Paesi, nonché imprese si spingono ancora più lontano nella ricerca, perfino sui fondali marini, come avviene al largo della costa della Namibia. Alcuni ricercatori suggeriscono che il consumo di fosforo a livello globale è nel medio-lungo termine, insostenibile e che il picco della produzione, con un successivo calo, potrebbe verificarsi nel XXI secolo. Altri dissentono, come l’International Fertilizer Development Centre che ha da poco rivisto al rialzo le stime delle riserve da 16 miliardi di tonnellate a 60 miliardi di tonnellate, che a livelli di consumo attuali potrebbero durare per altri 300-400 anni. Anche lo United States Geological Survey ha recentemente modificato le proprie stime portandole a 65 miliardi di tonnellate. Tuttavia, i fautori della teoria del picco del fosforo sostengono che, anche se la sequenza temporale dovesse variare, non cambierebbe la questione fondamentale di un’offerta di fosforo a basso costo e facilmente accessibile che è, in ultima analisi, limitata. Year Book chiede di poter disporre di una mappa più dettagliata dei flussi di fosforo nell’ambiente e di valutare i livelli delle riserve economicamente validi. Secondo i redattori, l’uso globale di fertilizzanti che contengono fosforo, azoto e potassio è aumentato del 600% tra il 1950 e il 2000. Si deve aggiungere, poi, che la crescita demografica nei Paesi in via di sviluppo e l’aumento dei consumi di latte e carne nella dieta globale rischiano di far aumentare ulteriormente l’uso di fertilizzanti. “Mentre ci sono ingenti quantità di rocce fosfatiche commercialmente sfruttabili in diversi Paesi, a cui attingere in caso di carenze a livello mondiale”, si osserva nel Libro dell’Anno. Ulteriori ricerche sono necessarie anche sulle modalità con cui il fosforo viene diffuso nell’ambiente, al fine di massimizzare il suo utilizzo in agricoltura e nella produzione di carne
per ridurre gli sprechi, riducendo al contempo gli impatti ambientali su fiumi e mari. • Attualmente il consumo umano per la produzione di cibo è solo di 1/5, il resto viene disperso nei suoli e rilasciato nell’ambiente acquatico. • Negli ultimi 50 anni le concentrazioni di fosforo nelle acque dolci e sui terreni sono cresciute di almeno il 75%. • Il flusso stimato di fosforo nell’ambiente marino di provenienza terrestre è stimato in circa 22 milioni di tonnellate all’anno. Nel Libro si sottolinea la necessità di trattamento delle acque reflue nelle
metropoli dei Paesi in via di sviluppo fino al 70% di queste acque cariche di sostanze nutritive e fertilizzanti, come il fosforo, viene scaricato senza alcun trattamento nei fiumi e lungo le aree costiere. • La Svezia, ad esempio, punta a riciclare entro il 2015 il 60% cento del fosforo contenuto nelle acque reflue comunali. Altre misure per ridurre gli scarichi includono i tagli per evitare l’erosione e il dilavamento della superficie dei suoli dove ci sono le parti di terriccio che contengono grandi quantità di fosforo e fertilizzanti in eccesso, che sono state trattenute dopo l’ap-
plicazione. • In Africa le perdite di suolo sono in crescita e pari a 0,50 tonnellate per ettaro all’anno e in Asia, sono ancora più elevate, circa 1,70 tonnellate per ettaro all’anno. Misure di gestione dei suoli comprendono l’aratura circolare, impianti circolari di siepi su pendii ripidi e l’applicazione di trincee con piantagioni di colture di copertura degli impianti e di altra vegetazione a terra. L’aumento dei tassi di riciclaggio nelle miniere di fosfati può anche aiutare a conservare le riserve e a ridurre gli scarichi negli impianti idrici locali.
Flussi di fosforo nell’ambiente. Per aumentare la produzione di cibo, il fosforo è aggiunto al suolo sotto forma di fertilizzante minerale o concime. La maggior parte del fosforo che non viene assorbito dalle piante, rimane nella terra e può essere utilizzato in futuro. Il fosforo può essere trasferito nelle acque superficiali, quando viene bonificato o trattato, quando viene applicato al suolo il fertilizzante in eccesso, quando il suolo viene eroso e quando gli effluenti vengono rilasciati dai canali di scarico. Le frecce rosse mostrano la direzione primaria dei flussi di fosforo; le frecce gialle il riciclo del fosforo nel sistema di coltivazione del suolo e il movimento nelle masse d’acqua; e le frecce grigie il fosforo disperso tramite il conferimento di cibo in discarica.
59
La Commissione UE per una “visione strategica ed integrata” dei mercati delle materie prime
L’UNIONE EUROPEA IMBOCCA LA VIA DELL’ECONOMIA ECOLOGICA?
Se non si vuole incorrere in “a perfect storm”
La Commissione europea ha presentato il 2 febbraio 2011 la Comunicazione “Affrontare le sfide dei mercati delle commodities e delle materie prime”, un approccio strategico integrato per far fronte ai rischi di inflazione e di adozione di misure protezionistiche per “l’eccessiva volatilità dei prezzi su tutti i mercati delle materie che si verifica in un momento in cui la competitività dell’industria europea dipende in modo cruciale da un accesso efficiente e sicuro alle materie prime”, che integra quella approvata il 26 gennaio 2011: “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse. Iniziativa faro nell’ambito della Strategia Europa 2020”. In verità, la Comunicazione era stata annunciata la settimana prima, ma si era deciso un rinvio proprio per includere tra le commodities i metalli rari, le materie prime indispensabili per l’hi tech e la green economy, come fortemente voluto dal Presidente Barroso e dalla Cancelliera Merkel. “Al fine di garantire l’approvvigionamento di materie prime per l’industria europea per i prossimi anni, abbiamo bisogno di collegare questo con la nostra politica di riforme del quadro normativo per i mercati finanziari - ha dichiarato il Presidente della Commissione UE Manuel Barroso Comprendere meglio la sinergia tra le due assicurerà che le forniture di merci e materie prime corrisponda in un modo efficiente alle risorse, contribuendo alla crescita sostenibile nell’Unione europea”. Il 16 giugno 2010 la Commissione UE aveva pubblicato il Rapporto “Critical raw materials for the EU”, sottoposto a consultazione fino al 15 settembre 2010, che un apposito Gruppo di Lavoro aveva redatto su commissione della Direzione Generale Impresa e Industria, al fine di valutare quali materie prime risultassero essenziali per il futuro dell’Unione Europea sulla base della Raw Materials Iniziative lanciata nel 2008. Il Rapporto costituiva, di fatto, il focus europeo di altri due Rapporti che l’UNEP-International Panel for Sustainable Resource Management aveva pubblicato il mese prima (“Metal Recycling Rates” e “Metal Stocks in Society”), che avevano preso in esame il ciclo di vita di 62 metalli, evidenziando che, eccetto ferro, platino, rame e alluminio, i più erano stati riciclati una sola volta: “Questo è chiaramente insostenibile - aveva affermato Thomas Graedel, Professore di Ecologia Industriale all’Università di Yale e Coordinatore del Gruppo di Lavoro - In futuro si deve prendere in considerazione la possibilità di non poter disporre per i vari usi dell’intera tavola periodica” (cfr. “Green Economy a rischio per l’indisponibilità di metalli rari”, in Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2010, pagg. 26-28). A sottolinearne la “visione strategia ed integrata”, la Comunicazione è stata presentata da tre Commissari: Antonio
Tajani per l’Industria e l’Imprenditoria; Michel Barnier per il Mercato interno; Dacian Cioloş per l’Agricoltura. Nella Comunicazione è stato illustrato quel che è stato fatto dopo il lancio della Raw Materials Iniziative, elencando successi come: - identificzione delle materie prime essenziali; - azioni in materia di commercio e sviluppo; - linee guida che chiariscono come l’estrazione nell’UE può essere compatibile con i requisiti di Natura 2000; - nuove opportunità di ricerca nell’ambito del 7° programma quadro di ricerca e sviluppo dei criteri di end-of-waste. Allo stesso tempo, i recenti sviluppi sui mercati delle materie prime dimostrano che i prezzi dei derivati e dei mercati fisici possono essere legati in più modi. Chiaramente, il prezzo dei derivati sulle merci è influenzato dal prezzo della materia prima sottesa. È altrettanto chiaro che gli investitori utilizzano sempre più gli strumenti dei derivati sulle merci come parte dei loro investimenti strategici. Una regolamentazione dei mercati finanziari è una risposta importante a questi sviluppi. Le iniziative di autoregolamentazione già intraprese o programmate per i prossimi mesi garantirà una rafforzata integrità, trasparenza e stabilità dei mercati dei derivati sulle materie prime. La Comunicazione rileva, inoltre, che un ulteriore lavoro è necessario per comprendere appieno il legame tra mercati fisici e finanziari. La Commissione europea ha intenzione di continuare a lavorare su questa materia, nel quadro del dibattito del G20 in corso a livello globale. Gli elementi chiave del piano strategico integrato comprendono: - migliorare la trasparenza, l’integrità e la stabilità dei mercati delle materie derivate, tra l’altro, attraverso una revisione delle Direttive sugli Abusi di Mercato e sui Mercati degli Strumenti Finanziari; - intraprendere ulteriori ricerche sugli sviluppi finanziari e fisici dei mercati delle materie prime con l’obiettivo di individuare ulteriori opportunità di miglioramento; - aggiornare periodicamente la lista delle 14 materie prime fondamentali già individuate dalla Commissione UE; - monitorare lo sviluppo di accesso alle materie prime essenziali, con il fine di individuare le azioni prioritarie per garantire un accesso costante; - rafforzare la strategia commerciale dell’UE e inserire il tema delle materie prime negli incontri internazionali multilaterali; - sviluppare la cooperazione con i Paesi africani nel settore delle materie prime, promuovendo gli investimenti, la conoscenza geologica e la capacità di estrazione delle materie prime; - promuovere, in cooperazione con gli Stati membri e con gli altri portatori interesse, un quadro normativo per
60
l’estrazione sostenibile all’interno dell’UE; - migliorare l’efficienza delle risorse e promuovere il riciclaggio, affrontando i livelli di spreco dei rifiuti a causa del trattamento sotto-standard all’interno o all’esterno dell’UE e gli ostacoli allo sviluppo del riciclaggio attraverso, per esempio, il rafforzamento del sistema di applicazione della Direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE); - promuovere ulteriormente la ricerca e gli sforzi di innovazione lungo l’intera catena delle materie prime, dall’ estrazione, alla lavorazione, al riciclaggio e all’efficienza delle risorse da sostituire.
della produzione delle materie prime in un determinato Paese. Il grafico [alla pagina seguente] mostra la provenienza di queste materie prime “critiche”.
Ad integrazione della Comunicazione, è stato divulgato il documento “Questions and Answers on the Communication on Commodity Market and Raw Material” che contribuisce a chiarire alcuni aspetti e ragioni che hanno determinato l’azione della Commissione UE. Tra questi, c’è la risposta alla domanda “Perché l’accesso sicuro alle materie prime è così importante per l’Europa?”: Materie prime - quali metalli e minerali - sono gli elementi di base per i prodotti che usiamo quotidianamente. Pertanto, l’approvvigionamento continuo, equo, sostenibile e conveniente di questi materiali è essenziale per l’economia dell’UE e del nostro modo di vivere. Inoltre, data la loro importanza per le tecnologie future, sono anche una parte importante del nostro futuro, sia economicamente che per soddisfare gli obiettivi ambientali. La tabella seguente fornisce un esempio di un certo numero di materie prime e quello che è il prodotto finale della loro utilizzazione:
Questo significa che gli altri metalli e minerali non sono visti come importanti? No, al contrario. Minerali come il litio e il ferro, e metalli, come nichel e rame, sono stati e continueranno ad essere essenziali per l’economia dell’Unione europea. Questo è risaputo. Tuttavia, poiché questi materiali non sono soggetti ad un rischio di interruzione di approvvigionamento a breve termine, essi non sono classificati come “fondamentali”. Detto questo, il mantenimento di un accesso non falsamente equo e conveniente per queste materie prime rimarrà una priorità.
Materie prime
Esempi d’uso
Cobalto
Batterie
Rame
Beni elettrici ed elettronici
Gallio
Illuminazione (LED)
Indio
Pannelli per schermi piatti
Ferro
Siderurgia
Litio
Batterie per auto elettriche/Dispositivi per tecnologie della comunicazione e informazione
Nickel
Acciai inossidabili
Metalli del gruppo del platino
Catalizzatori e Telefonini
Terre rare
Magneti fissi per turbine eoliche e auto ibride, e Schermi a cristalli liquidi
Tantalio
Telefonini
Tellurio
Celle fotovoltaiche
Rielaborazione Regioni&Ambiente da fonte: www.europa.eu
Alla domanda “Perché alcuni materie prime sono considerate fondamentali per l’UE?” viene data la seguente risposta: La Commissione ha individuato nella Comunicazione un elenco di14 materie prime che sono passibili di un alto rischio di interruzione dell’approvvigionamento e che sono determinanti per l’economia. Le ragioni di questo alto rischio sono molteplici, una di queste è l’elevata concentrazione
Il rischio di approvvigionamento può anche accentuarsi a causa della scarsa stabilità politico-economica dei principali fornitori, così come dal basso livello di sostituibilità e dei tassi di riciclaggio della materia prima stessa. La Commissione seguirà la questione delle materie prime indispensabili per individuare le azioni prioritarie e la esaminerà con gli Stati membri e i soggetti coinvolti, aggiornandone costantemente la lista.
Che cosa propone di fare la Commissione in materia di riciclaggio e di efficienza delle risorse? Notevoli progressi sono stati fatti nel miglioramento del tasso di riciclaggio in Europa negli ultimi 20 anni. Nonostante i numerosi successi, c’è ancora margine di miglioramento. All’interno dell’UE, vi sono ancora notevoli differenze nei tassi di riciclo realizzati dagli Stati membri, nonché tra i flussi di rifiuti. I motivi di queste differenze devono essere ulteriormente esaminati. La Comunicazione propone di sviluppare le migliori pratiche di raccolta e trattamento dei rifiuti, per migliorare, ove necessario, le statistiche sui flussi di rifiuti e materiali, e per sostenere la ricerca sugli incentivi economici per il riciclaggio. Anche se ci sono una serie di regole per controllare le spedizioni di rifiuti, gran parte dei nostri rifiuti è illegalmente esportata verso Paesi non OCSE in cui il trattamento si traduce spesso in danni ambientali e una perdita permanente di materiale. Per affrontare questa situazione, la Commissione ha proposto emendamenti alla Direttiva RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) in modo da rendere difficile l’esportazione di beni elettronici usati. Tuttavia, altre azioni sono necessarie per applicare le regole esistenti. La Comunicazione illustra una serie di proposte mirate a impedire le esportazioni illegali e di assicurare che gli impianti di trattamento di rifiuti dell’UE raggiungano standard accettabili. Che ruolo dovrebbe svolgere la politica europea per l’innovazione per soddisfare i nostri bisogni di materie prime? L’innovazione può contribuire ad aumentare l’approvvigionamento di materie prime in vari modi - a partire da nuovi metodi di estrazione alle modalità con cui i prodotti possono essere meglio progettati per essere riciclati, ai modi in cui i metalli rari possono essere recuperati dai rifiuti, per esempio. La sostituzione dei materiali, oltre a trovare nuovi modi per utilizzare al meglio ciò che già abbiamo, svolge
61
Fonte: www.europa.eu
anche in questo caso un ruolo importante. Al fine di migliorare l’innovazione attraverso l’intera catena del valore, la Commissione nel corso del 2011 valuterà l’opportunità di lanciare, nell’ambito della Strategia UE 2020, una “innovation partnership” dedicata alle materie prime. Se è vero che nella sintesi della Comunicazione abbiamo dato maggior risalto agli aspetti connessi alle materie prime, ciò è dovuto non già ad un tifo a favore della Merkel nel “dissidio” che si era creato con Sarkozy che avrebbe voluto una presa di posizione più forte dell’UE contro le speculazioni finanziarie sulle commodities, aspetto anche questo da non sottovalutare e che, comunque, il Presidente francese ha annunciato sarà il tema centrale del suo turno di Presidenza del G20 (Deauville, a fine maggio il G8 e Cannes, in novembre il G20), con la proposta della creazione di una banca dati internazionale sulle materie prime agricole, per prevenire crisi alimentari: “Se non facciamo niente - ha affermato Sarkozy - rischiamo delle rivolte per il cibo nei Paesi piú poveri e, d’altronde, anche un impatto molto sfavorevole sulla crescita economica mondiale”. Nemmeno che quella parte del documento sia stata promossa dall’attività svolta dal “Commissario italiano”, a cui, peraltro, va riconosciuto il merito, è stato l’elemento determinante nella scelta operata. Bensì è risultata decisiva per la nostra scelta, oltre al fatto che sulla questione delle materie prime agricole e della volatilità dei loro prezzi sui mercati si è abbondantemente interessata la stampa nostrana, soprattutto per sottolineare che l’UE non ha la “bacchetta magica” e non ha ipotesi operative se non in un quadro globale, la sensazione avuta dalla lettura della Comunicazione che, finalmente, l’Unione europea abbia
imboccato la strada dell’“economia ecologica”, il cui pilastro non può che essere il “risparmio di energia e risorse”. Due anni fa, il Prof. John Buddington che ha preso il posto del famoso scienziato Sir David King, quale Capo consigliere scientifico del Governo inglese (permane, tuttavia, la denominazione di Governo di Sua Maestà), nel corso di una Conferenza sullo sviluppo sostenibile tenuta a Londra aveva ammonito che bisogna muoversi per tempo per affrontare “A Perfect Storm” che ci attende entro il 2030, una tempesta perfetta provocata dalle contemporanee penurie, rispetto alle esigenze di una popolazione in crescita, di: cibo, acqua, risorse ed energia. Crediamo che le attuali rivolte delle popolazioni del Maghreb che stanno proseguendo lungo la fascia del Mediterraneo, coinvolgendo anche quelle del Mashreq, seppur causate anche da problemi di ordine politico e rappresentanza democratica dei singoli Paesi, ne siano, tuttavia, solo un anticipo. La pensa così anche Jeremy Rifkin, Presidente della Foundation Economic Trends, che, in occasione del Consiglio UE del 4 febbraio sulla Politica energetica e l’Innovazione, ha rivolto un appello affinché l’Unione europea intraprenda azioni immediate per la transizione verso un’economia low-carbon, sulla base anche delle attuali tensioni del mondo arabo, perché “C’è una relazione tra prezzo del petrolio, le grandi commodities, la fame della gente e quello che succede nelle piazze - ha affermato Rifkin - Il sistema collasserà ancora una volta se il prezzo del petrolio arriverà ai livelli di 140-150 dollari al barile” (fonte: ANSA).
62
Un Rapporto GHF sollecita l’UNESCO ad un maggior interesse nei PVS
A RISCHIO GRAN PARTE DEL PATRIMONIO CULTURALE MONDIALE Intanto, Cambogia e Thailandia si contendono il tempio Khmer
di Massimo Lombardi
Nell’ultimo decennio, abbiamo assistito a una nuova e gradita tendenza che si sta evolvendo, soprattutto nei Paesi in via sviluppo. Sto parlando della cultura come volano dell’economia: un creatore di lavori e di redditi, un mezzo per rendere le strategie di sradicamento della povertà più efficaci e pertinenti a livello locale. (Irina Bokova, Direttore Generale UNESCO). Secondo il Global Heritage Fund (GHF) che ha recentemente pubblicato il Rapporto “Saving Our Vanishing Heritage”, più di 200 siti dei circa 500 che sono stati analizzati e che costituiscono un significativo patrimonio culturale mondiale, potrebbero andar perduti o essere gravemente danneggiati perché i Paesi in via di sviluppo in cui si collocano non hanno fondi necessari per la loro salvaguardia. “Questi siti rivestono un inestimabile valore culturale, ma se non facciamo qualcosa potrebbero essere irrimediabilmente compromessi, e sarebbe una tragica perdita - ha dichiarato il Direttore esecutivo GHF, Jeff Morgan - Tuttavia, l’UNESCO si interessa solo di alcuni, visto che dei siti inclusi nella relazione solo 76 fanno parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità”. Nel Rapporto si evidenzia che vi è uno squilibrio significativo tra l’attenzione che l’Organismo ONU riserva ai Paesi del mondo occidentale e a quelli in via di sviluppo: mentre
Italia e Spagna hanno rispettivamente 44 e 41 siti inclusi nell’elenco Patrimonio Mondiale, il Perù, pur avendo una storia di civiltà di 4.000 anni e centinaia di siti culturali, ne ha solo 9 e il Guatemala, addirittura 3, nonostante sia stata la culla della civiltà Maya con la presenza di antiche città e piramidi tra le più grandi del mondo. Secondo gli estensori del Rapporto bisogna agire su tre livelli: - aumentare l’informazione critica per una consapevolezza globale; - individuare tecnologie e soluzioni innovative; - aumentare i finanziamenti attraverso partnership pubblico-privato. Gli autori osservano, inoltre, che i
Paesi che non hanno le risorse necessarie per proteggere e valorizzare tale patrimonio, rimangono fuori anche dalle entrate finanziarie che derivano dai flussi turistici. Il monitoraggio effettuato con immagini e dati satellitari permettono di individuare i rischi più immediati che coinvolgono i siti presenti soprattutto in Bangladesh, Cambogia, Cina, India, Kenya, Pakistan e Filippine, nonché gli eventuali saccheggi. Affermando, poi, che si rischia di perdere in questa generazione di uomini tesori culturali che avevano resistito per millenni, il Rapporto considera questa crisi “culturale” analoga per certi aspetti a quella “ambientale”. “La storia non è raccontata adeguatamente - ha concluso Morgan - Siamo ora nella stessa situazione di Al Gore quando iniziò la campagna di denuncia dei pericoli del riscaldamento globale. Ci sono migliaia di scienziati ed esperti, ci sono le competenze, ma non c’è nessuno che voglia tradurle in azioni”. Capita, purtroppo, che Paesi in via di sviluppo, che non hanno mezzi adeguati per salvaguardare i propri siti, riescano comunque a trovare le risorse necessarie a farsi guerra proprio per rivendicare l’appartenenza di uno di questi patrimoni. Il sito in questione è il “Sacro santuario” Preah Vihear che è, dopo il tempio di Angkor, il più spettacolare tra quelli costruiti dall’Impero dei Khmer,
63
la cui dinastia regnò dall’802 al 1462 su buona parte del Sud-est asiatico (ndr: per una analisi delle cause del suo declino, si veda Massimo Lombardi “Prolungate siccità hanno costretto ad abbandonare Angkor”, in Regioni&Ambiente, n. 8/9 agostosettembre 2010, pagg. 10-12). I Paesi che se ne contendono attualmente il possesso sono Cambogia e Thailandia. Il tempio, il cui primo nucleo fu eretto nel IX secolo e dedicato al dio induista Shiva, fu successivamente ampliato, quando gli imperatori Khmer si allontanarono dall’induismo per aderire al buddismo mahayana. Esso sorge a 525 m. sopra la pianura
cambogiana e a 625 m. (s.l.m.), in cima ad un’alta falesia facente parte della catena dei monti Fangrek, che è lo spartiacque naturale tra le due nazioni, ma le carte geografiche del 1907, sottoscritte dal Siam (così si chiamava la Thailandia) e dalla Francia (di cui la Cambogia era una colonia), fanno passare il confine poco più a Nord, includendo la totalità del tempio nel territorio coloniale francese. Per decenni, la Thailandia non ha contestato la demarcazione territoriale, ma nel 1954, subito dopo il ritiro delle truppe francesi, l’esercito di Bangkok si impadronì del tempio. La Cambogia, da poco indipendente, si appellò alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, che nel 1962, con verdetto 9 a 3, decise che
Fonte: Saving Our Vanishing Heritage
64
il tempio apparteneva alla Cambogia e che la Thailandia avrebbe dovuto restituire le sculture che aveva rimosso (7 a 5), astenendosi, comunque, dal tracciare un confine. Quella intorno al tempio è solo una delle aree sensibili lungo un confine terrestre e marittimo, che in parte deve essere ancora fissato tra Thailandia e Cambogia. Così, Phnom Penh e Bangkok si sono via via accusate di continue violazioni delle rispettive sovranità territoriali, ma gli scontri si sono intensificati dopo il 2008, data in cui l’UNESCO ha accolto la proposta, avanzata dalla Cambogia, di inserire il sito tra quelli del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, ricevendo l’avallo del Ministro degli Esteri tailandese che ne sottoscriveva il documento.
La scelta si è basata sull’eccezionale qualità dell’architettura e dello stato di conservazione del sito e della natura che lo circonda. In particolare, si è sottolineata la purezza degli ornamenti, che fanno del tempio un “capolavoro dell’architettura khmer”. È chiaro, quindi, che la disputa viene ora utilizzata soprattutto per questioni politiche interne: i nazionalisti thai ne fanno oggetto di campagna elettorale per la tornata prevista in luglio, in cui tenteranno di rovesciare l’attuale premier che viene accusato di svendere un pezzo di storia del Paese; mentre il premier cambogiano strumentalizza le violazioni per rinsaldare il suo potere. Il fatto è che le scaramucce, ricorrenti
da due anni, sono degenerate in scontri d’artiglieria, che dal 4 al 7 febbraio hanno provocato 8 vittime. C’è da sottolineare, inoltre, che la situazione desta preoccupazione dal punto di vista socio-sanitario, con 30.000 persone che sono state evacuate dalle loro abitazioni lungo i rispettivi confini, senza che possa essere assicurata loro un’adeguata sicurezza sanitaria, sia per la precarietà degli accampamenti che per l’accesso ad acqua potabile, con il rischio anche di un minor contrasto, lungo la fascia di territorio conteso, alla diffusione della malaria. (IRIN, 4 february 2011 “Cambodia/Thailand: Border row could aid spread of drug-resistant malaria”). Tant’è che il 14 febbraio il Consiglio di
Il tempio khmer Preah Vihear conteso tra Cambogia e Thailandia
65
sicurezza ONU ha invitato i due Paesi ad “astenersi da qualsiasi azione possa peggiorare la situazione” e arrivare a un cessate il fuoco permanente. Inoltre, i 10 Stati membri dell’ASEAN, l’Associazione dei Paesi del Sud-est asiatico, con l’avallo anche della Cina, si sono riuniti il 22 febbraio nel tentativo di rafforzare il cessate il fuoco. Il Governo di Bangkok, tuttavia, accusa l’UNESCO di aver provocato le tensioni, assegnando un riconoscimento a un monumento conteso, e si oppone a qualsiasi “ingerenza” nella “questione bilaterale”. Al contrario, le autorità cambogiane parlano apertamente di guerra, tanto da suggerire alle Nazioni Unite l’invio di caschi blu nell’area.
Come evitare la sommersione della Grotta dei Cristalli di Naica (Messico)
UN PROGETTO PER SALVAGUARDARE LA PIÙ GRANDE MERAVIGLIA SOTTERRANEA DELLA TERRA
Pochi anni rimangono prima della chiusura della miniera “Or, jamais minéralogistes ne s’étaient rencontrés dans des circonstances aussi merveilleuses pour étudier la nature sur place. Ce que la sonde, machine inintelligente et brutale, ne pouvait rapporter à la surface du globe de sa texture interne, nous allions l’étudier de nos yeux, le toucher de nos mains”. Jules Verne, “Voyage au centre de la Terra”, Hetzel, 1864, Chapitre XXII, page 122. Orbene, mai mineralogi si erano trovati in circostanze così meravigliose per poter studiare la natura in situ. Quel che la sonda, arido ed insensibile strumento, della struttura interna della Terra non poteva riportare alla superficie, noi siamo stati in grado di esaminare con i nostri occhi e toccare con le nostre mani. (Traduzione a cura della redazione) Vengono inevitabilmente alla mente i passi del “Viaggio al centro della Terra” o le immagini dei film tratti dal romanzo di Jules Verne quando si osservano le fotografie delle grotte della miniera di Naica. Crediamo che i sentimenti di stupore ed entusiasmo di chi ha avuto l’opportunità di visitare il sito, non siano stati diversi da quelli provati dal Prof. Otto
Lindenbrock e da suo nipote Axel, così mirabilmente descritti nel fantascientifico romanzo. La miniera si trova nello Stato di Chihuahua (nel nord del Messico) e seppur registrata nel 1794, cominciò ad essere coltivata nel 1896 per l’estrazione di piombo e, soprattutto, di argento del quale è una delle più grandi del mondo, con il contemporaneo l’insediamento della cittadina di Naica (1.500m s.l.m. che conta oggi 5.494 abitanti), toponimo che significa, secondo la tradizione locale, “senza acqua” e che chiarisce le condizioni di aridità dei luoghi, sovrastati dalla Sierra omonima. Nel corso dello sfruttamento, venne scoperta nel 1910 la “Cueva de las Espadas” (Grotta delle Spade), così chiamata per via dei grandi cristalli “prismatici “di cui la grotta era stracolma e gran parte dei quali sono andati arricchire i vari musei di mineralogia, sparsi nel mondo. Il Geoide (così vengono denominate le caverne ricoperte di cristalli) era, infatti, ricco di cristalli di gesso puro (Selenite CaSO4.2H2O, da Selene nome della divinità greca della Luna per la sua morbida luce bianca) di circa 2 metri di lunghezza e 25 cm di diametro, la cui formazione era avvenuta nel corso di millenni sottacqua attraverso una lentissima deposizione del minerale lungo la linea di separazione tra le
Foto Archivio La Venta
66
acque fredde penetrate dalla superficie calcarea (carsismo) e quelle sulfuree profonde e calde (59 °C), che per effetto della diversa densità non potevano amalgamarsi. Gran parte dei cristalli più grandi è andata ad arricchire i vari musei di mineralogia, sparsi nel mondo, ma tale sfruttamento ha danneggiato la cavità (80m di diametro e di 120m di profondità), non solo perché l’ha privata degli esemplari migliori, ma soprattutto per averne alterato le caratteristiche microclimatiche in modo tale che i cristalli rimasti sono ormai opachi e polverosi. Fortunatamente, nel 2000 durante le perforazioni per scavare un nuovo tunnel, a 300m di profondità veniva scoperta la “Cueva de los Cristalos” (Grotta dei Cristalli), con formazioni di dimensioni ben maggiori a quelle rinvenute nella prima, raggiungendo fino i 12 m di lunghezza e i 2 m di diametro. In questo caso, la Compagnia Peñoles, diventata proprietaria della miniera, sulla base dell’esperienza negativa della Grotta delle Spade e per la morte di un minatore che, avendo cercato di trafugare reperti, era stato trovato privo di vita, ha fatto chiudere la miniera e ne ha permesso la visita solo per scopi scientifici volti ad approfondire la conoscenza dei fenomeni legati alla sua formazione e ad approntare soluzioni per la sua conservazione. Peraltro, come accennato, le condizioni ambientali del sito sono “estreme” (47-48 °C di temperatura e umidità relativa vicina al 100%), tali da non averne permesso l’esplorazione che per poche decine di metri. Ci sono indizi che fanno ritenere che le grotte facciano parte di un sistema sotterraneo complesso, in gran parte ancora sconosciuto, costituito da più cavità su diversi livelli. Nel 2002 una spedizione italiana del Gruppo esplorazioni geografiche “La Venta” ha svolto una prima ricognizione, a cui ha fatto seguito dal 2006 al 2009 altre missioni sotto il
controllo del “Proyecto Naica” che ha stipulato un Accordo di ricerca e documentazione con la concessionaria Peñoles, diretto da ricercatori dell’Università di Bologna e Torino, in collaborazione con Enti di ricerca e Università di tutto il mondo. I gruppi di lavoro sono coordinati da Paolo Forti del Dipartimento di scienze della Terra dell’Università di Bologna, per la parte geologica e mineralogica, e da Giovanni Badino del Dipartimento di Fisica generale dell’Università di Torino, per la parte fisica, tecnica e di rilievo topografico. Ma l’obiettivo fondamentale è di come poter conservare questa meraviglia della natura, perché fra qualche anno (non ne rimangono molti!) la coltivazione si esaurirà e a quel punto cesseranno di funzionare le idrovore che finora pompano a 1.000l al secondo le acque e la Grotta dei Cristalli tornerà nuovamente ad essere invasa da 170m di acque bollenti che la oscureranno per sempre. Per evitare tale “perdita” è nata l’idea di tagliare “la foresta di cristalli” per spostarla molto più in alto. “Un intervento simile a quello che è stato fatto a suo tempo sotto l’egida dell’UNESCO per i templi di Abu Simbel, in Egitto, per salvarli dalle acque del Nilo, a seguito della costruzione della diga di Assuan”, ha dichiarato il Prof. Paolo Forti che ha presentato il progetto a Bologna nel corso di Arte e Scienza in Piazza, dal 3 al 13 febbraio 2011 - Salvare i cristalli di Naica non sarebbe solo una cosa doverosa per la loro eccezionalità ed unicità ma anche, e forse soprattutto, perchè da loro dipende l’esistenza stessa di un intero paese (quello di Naica appunto) che quando la miniera chiuderà, diventerà un “paese fantasma” dato che gli abitanti non avranno più nessuna fonte di sostentamento. Salvare i cristalli e renderli fruibili turisticamente sarebbe un modo di dare un chance anche al villaggio di Naica.... dobbiamo provarci!”
Foto Archivio La Venta
67
Presentata alla Fiera Mondiale della Moneta di Berlino
ECO-COIN: LA MONETA ECOLOGICA DEL FUTURO La sua diffusione in occasione dell’EXPO 2015 di Milano
Alla Fiera Mondiale della Moneta di Berlino (28-30 gennaio 2011), la Zecca italiana ha presentato, prima nel mondo, l’Eco-Coin, una moneta in metallo riciclato, che costituisce un messaggio di green economy sulla necessità di risparmiare le risorse e l’energia per la coniazione delle monete. Anche se oggi il ricorso al cash è sempre meno diffuso a favore dei pagamenti con carte di credito, la moneta e i metalli del suo conio godono ancora di un certo valore simbolico, seppur non equiparabile all’apprezzamento che questi hanno avuto nel passato allorché proprio i metalli o le percentuali del loro utilizzo testimoniavano la solidità finanziaria ed economica del Paese che coniava le monete. Nei libri di Storia antica si dedica tuttora spazio al ruolo giocato dalle riforme monetarie effettuate durante il Basso Impero Romano e, in particolare, all’importanza avuta dall’introduzione del follis (moneta rivestita da un patina d’argento) nell’accentuare l’inflazione dei prezzi dei beni di consumo e la crisi economico-finanziaria che portò alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. (vedi box). L’idea dell’Eco-Coin era nata negli anni ’90 del secolo scorso da un progetto ideato e coordinato da Sandro Sassoli, in collaborazione con Arthur Schlesinger Jr. (ex consigliere del Presidente USA, John F. Kennedy), per una moneta mondiale (UFWC - United Future World Currency). La moneta è contraddistinta su una faccia dalla dicitura “Test Expo 2015 Milano” perché sarà in quella occasione che avverrà il test della nuova valuta virtuale che coinvolgerebbe gli oltre 20 milioni di visitatori previsti durante i 6 mesi dell’evento milanese il cui tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”, sottolinea la scelta di trattare le tecnologie, l’innovazione, la cultura, le tradizioni e la creatività in rapporto alle problematiche dell’alimentazione e del cibo. Questo lato, opera del coin designer della Zecca Reale del Belgio, Luc Luycx che ha creato il lato comune delle monete Euro, riporta il numero 1 ripetuto 5 volte, con accanto il
simbolo internazionale del riciclo. L’altra lato è stato realizzato da Laura Cretara, ex responsabile artistica della Zecca, che per il rovescio di questa moneta ecologica ha disegnato “L’Albero della Vita”, costituito da 5 foglie di altrettanti alberi che crescono in ognuno dei 5 Continenti e che richiama il tema dell’Expo 2015. Attualmente non ha un valore, anche se dai primi studi dovrebbe variare tra 1,23 e 1,68 euro, secondo quanto affermato da Sassoli che ha pure annunciato che presto la moneta sarà consegnata al Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. “L’ecologia salverà il mondo - ha dichiarato Sandro Sassoli - Questa moneta dà un messaggio forte sulla protezione della natura, con particolare riferimento al riciclaggio delle materie”. La scelta di limitare lo spreco e il consumo eccessivo di materie prime e di energia avrà un ruolo centrale nelle future strategie globali, e la moneta, che rappresenta un oggetto degli scambi internazionali, costituisce un ottimo strumento di diffusione e promozione di tali concetti, in quanto raggiunge un grande numero di persone in tutto il mondo. Basta dare uno sguardo alle cifre per rendersi conto della quantità di energia che si risparmierebbe con il riciclaggio dei metalli, rispetto all’utilizzo dei minerali vergini: - il 92% per l’alluminio; - il 90% per il rame; - il 56% per l’acciaio. A questi dati si devono aggiungere i risparmi di risorse naturali che potrebbero essere utilizzate in altro modo. Per esempio, con 1.000 kg. di acciaio riciclato, si eviterebbe l’estrazione di 1.130 kg. di ferro, di 634 kg. di carbone e 53 kg. di calcare; riciclando 1 tonnellata di alluminio si conserverebbero 8 tonnellate di bauxite e 14 MW orari di energia elettrica.
68
L’ideatore dell’Eco-Coin, Sandro Sassoli (il secondo da sinistra) - fonte: UFWC
LA SCARSA QUALITÀ DELLE MONETE COME SINTOMO DELLA CRISI DELL’IMPERO ROMANO Viene riproposta diffusamente nei libri di storia la vicenda esemplare del follis, moneta introdotta da Diocleziano alla fine del III secolo, costituita essenzialmente da bronzo (95%) e da una lamina esterna in argento (5%). Alla fine del III secolo d. C., le monete argentee, su cui si erano basati fino allora gli scambi commerciali, erano ormai introvabili perché la gente preferiva “tesorizzarle”, in quanto le zecche non erano più in grado di provvedervi per le difficoltà di reperimento del prezioso metallo. Le comunicazioni tra le varie parti dell’Impero, che permettessero il raggiungimento delle miniere, erano diventate difficili ed insicure, sia per le prime scorribande delle popolazioni “barbariche” sia per la scarsa affidabilità degli eserciti che ne dovevano controllare l’accesso, senza contare i saccheggi che i carichi subivano durante il tragitto verso le zecche del tempo. Dal 235 al 284, infatti, l’Impero Romano, indebolito economicamente dalle scarse raccolte di prodotti agricoli per le sfavorevoli condizioni climatiche (vedi articolo “L’instabilità climatica determinante nel crollo dell’Impero Romano”, a pag. 8 di questo stesso numero), dalle conseguenti carestie ed epidemie che determinarono una diminuzione dei lavoratori nelle campagne e dei soldati, dall’utilizzo sempre più diffuso di eserciti stranieri per poter fronteggiare le incursioni dei Germani e delle altre popolazioni dell’Europa Centro-orientale, fu preda di una grave crisi politico istituzionale che prese il nome di “anarchia militare”. Erano gli scontri tra le varie armate degli eserciti imperiali a determinare l’ascesa al trono dell’imperatore e le truppe erano diventate così esose nelle loro richieste finanziarie che lo Stato si trovò impotente e a corto di liquidità. Iniziò così il rincaro dei beni di consumo che comportò una conseguente inflazione che la riforma monetaria (295 d. C.) voluta dall’imperatore Diocleziano accentuò drammaticamente, con l’introduzione del follis, di cui le regioni dell’Impero furono letteralmente inondate. Collocato come valore tra le monete bronzee e quella aurea, il follis era così “svilito” e si ossidava in così poco tempo che la gente non vedeva l’ora di liberarsene. Se dal 285 al 295 i prezzi si erano raddoppiati, nel decennio successivo aumentarono addirittura del 500%. Inutile risultò a quel punto il tentativo dell’imperatore dalmata di imporre un prezzo massimo ai generi di consumo (301) che, per lo più, furono ritirati dal commercio per essere immessi sul “mercato nero”, fuori così dal giro delle imposte: tant’è che l’Editto fu ritirato. Anche se Costantino nel 324 tentò di ripristinare un buon corso ad una moneta aurea (solido), ormai si era perduto il suo valore nominale: per pagare veniva pesata.
69
Da uno Studio di Siemens è Singapore la città asiatica dai migliori target ambientali
SOSTENIBILI LE MEGALOPOLI DEL FUTURO SE ADEGUATAMENTE PROGETTATE E PIANIFICATE Il consumo di risorse si riduce con il maggior reddito dei suoi abitanti
Lo Studio “Asian Green City Index”, commissionato alcuni mesi fa da Siemens e realizzato dall’organismo indipendente Economist Intelligence Unit (EIU), è stato presentato contestualmente il 14 febbraio 2011 a Monaco di Baviera e a Singapore City. Il Report che analizza l’impatto ambientale delle metropoli asiatiche di più rapida crescita, giunge ad una conclusione assai interessante: il maggior reddito degli abitanti non significa necessariamente un maggior consumo di risorse.
Per anni si è dibattuto sugli eventuali rischi ambientali connessi alla crescente ricchezza dei Paesi emergenti come Cina e India, qualora fosse replicato in tali aree geografiche il modello di consumo intensivo di risorse che si è assunto in Occidente. Ora questo studio dimostra che le metropoli con il maggior reddito dei suoi abitanti sono quelle che consumano meno acqua, generano meno rifiuti ed emettono meno anidride carbonica. Ovviamente, questa relazione deve essere limitata al contesto asiatico, dal
Lo skyline di Singapore City
70
momento che uno studio analogo svolto in America Latina ha offerto risultati diversi, ma nondimeno assume un notevole valore indicativo in merito alle capacità delle megalopoli del futuro di essere sostenibili se adeguatamente pianificate e progettate per avere edifici in grado produrre più energia di quanta ne consumino, per gestire i rifiuti come delle risorse, per far uso di acqua riciclata, per essere, insomma, delle “smart city”. Lo studio ha analizzato gli obiettivi e i risultati raggiunti nelle 22 principali
città asiatiche in tema di salvaguardia dell’ambiente e del clima. La città di Singapore si è distinta in modo particolare per gli ambiziosi target ambientali e l’efficiente approccio nel raggiungerli, mentre Karachi è risultata quella con le prestazioni più basse. Anche in altre città dell’Asia, tuttavia, le linee guida per la coscienza ambientale e la salvaguardia del clima stanno assumendo un ruolo sempre più importante. L’Asian Green City Index ha misurato e valutato le performance ambientali delle grandi città asiatiche, mettendo a confronto otto diversi parametri: - emissioni di CO2; - consumi energetici; - compatibilità ambientale degli edifici; - trasporti; - gestione e trattamento delle acque; - gestione dei rifiuti; - qualità dell’aria; - governance ambientale. L’Economist Intelligence Unit ha sviluppato questa metodologia in collaborazione con i migliori esperti mondiali di urbanistica, inclusi specialisti dell’OCSE, della Banca Mondiale e di CITYNET, un network regionale di autorità asiatiche locali. “Lo studio effettuato sulle città dell’Asia evidenzia chiaramente che non necessariamente un reddito più alto corrisponde ad un maggiore consumo di risorse. Mentre il consumo di risorse cresce considerevolmente fino al prodotto interno lordo di circa 15.000 di euro pro capite, esso si abbassa nuovamente quando il reddito supera questo valore”, sostiene Jan Friederich, responsabile dello studio EIU. Secondo gli analisti nelle floride metropoli asiatiche, c’è una maggiore coscienza ambientale e le infrastrutture sono più efficienti, riducendo attivamente il loro consumo di risorse naturali e sviluppando, quindi, una maggiore sostenibilità. “Inoltre, le città che hanno raggiunto le più alte posizioni nella classifica sono caratterizzate dalla loro capacità di applicare con successo progetti ambientali e nel far rispettare risolutamente le regole”, ha spiegato Friederich. Tra i risultati emersi dallo studio, alcuni sono particolarmente rilevanti: - la coscienza ambientale si sta sviluppando e la maggior parte delle città dell’Asia ha già cominciato ad introdurre dettagliate linee guida in
merito; - in Asia, l’emissione annuale di CO2 pro capite è pari a 4.6 tonnellate, una cifra inferiore al corrispettivo dato per le città europee (5.2 tonnellate annuali pro capite); - le 22 città asiatiche prese in considerazione dallo studio, producono una media di 375 kg di rifiuti pro capite annuali, meno che in America Latina (456 kg) e in Europa (511kg). Secondo lo studio, le sfide più grandi che le città asiatiche dovranno affrontare riguardano principalmente due aree: - i livelli di inquinamento atmosferico, che sono relativamente alti in tutte le città prese in esame, a prescindere dal reddito, con valori medi che eccedono ovunque gli standard WHO (World Health Organization). - le metropoli dell’Asia presentano ancora un buon margine di miglioramento nell’area delle energie rinnovabili, che rappresentano l’11% dell’elettricità totale generata nelle 22 città, a differenza delle città dell’America Latina che si aggira attorno al 64%, disponendo di numerosi impianti idroelettrici. Il progressivo esodo dalle zone rurali alle città, che sta avvenendo in questi anni in Asia, non ha precedenti nella storia. In accordo con la United Nations Population Division, infatti, la percentuale di popolazione che vive nelle città è cresciuta esponenzialmente negli ultimi 20 anni di circa un terzo fino a superare il 40%. Solo negli ultimi 5 anni, il numero di abitanti nelle città
Fonte: Asian Green City Index
71
asiatiche è cresciuto di circa 100.000 persone al giorno. Questo trend, peraltro, è destinato a crescere nei prossimi anni. Nella sola Cina, gli esperti prevedono che entro il 2025 saranno presenti ben 200 città con più di un milione di abitanti. Oggi, nel 2011, ce ne sono poco meno di 90, mentre in Europa solo 25 città raggiungono tale grandezza. La crescente urbanizzazione sta avendo un enorme impatto sulle infrastrutture: la crescita del numero di abitanti, richiede maggiori quantità di energia, acqua potabile, trasporti e case ad efficienza energetica. La Banca di Sviluppo Asiatico ha stimato che per essere all’altezza di questo afflusso le città dovranno, per fare un esempio, costruire 20.000 nuove case e 250 km di strade, implementare i trasporti e le infrastrutture e fornire ulteriori 6 milioni di litri di acqua potabile, il tutto su base giornaliera. Inoltre, le città sono le principali responsabili per l’emissione di gas serra: rappresentano le principali leve per lo sviluppo futuro, ma incidono per il 75% sui consumi energetici e sono responsabili di circa l’80% delle emissioni di CO2. “La battaglia contro i cambiamenti climatici sarà decisiva nelle città ha affermato Barbara Kux, membro del Managing Board di Siemens AG e Capo sezione Sostenibilità della compagnia - Questo vale per l’Asia, con i suoi agglomerati urbani in piena espansione, più di qualsivoglia altra parte sulla Terra. Ma solo le città green renderanno la vita degna di essere vissuta nel lungo termine”.
AGENDA 21
XII ASSEMBLEA NAZIONALE DEL COORDINAMENTO AGENDE 21 LOCALI ITALIANE
A Siena dall’8 al 9 aprile gli enti locali più sostenibili d’Italia, insieme per superare la crisi di Elisabetta Mutto Accordi
Sarà un’edizione tutta particolare quella della XII Assemblea Nazionale del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane. L’Associazione infatti ha organizzato due giorni di dibattiti, seminari, spazi di approfondimento e confronto per offrire l’opportunità, a chi vi prenderà parte, di trovare idee innovative per far fronte alla crisi. Proprio in quest’ottica i temi scelti per l’evento riguardano: cambiamenti climatici, governo del territorio e green economy. Argomenti di grande attualità che verranno sviluppati in specifici focus tematici grazie all’intervento di professionisti, amministratori, urbanisti ed esperti. L’obiettivo è proprio quello di proporre soluzioni funzionali, replicabili e realizzabili nei diversi territori, indipendentemente dalle loro dimensioni, perché già sperimentati in altri contesti.
Sabato sarà invece dedicato all’Assemblea. I temi scelti per l’evento del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane saranno il quarto Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile Rio+20 e la presentazione del Rapporto mondiale sull’Impronta Ecologica. “Abbiamo focalizzato la seconda giornata su due temi di rilievo internazionale – conclude Burgin – perché una delle strade che ci porteranno fuori dalla crisi è senza dubbio quella di uno sviluppo che abbia una visione d’insieme più ampia non esclusivamente legata ai nostri territori”. L’appuntamento quindi per gli amministratori più sostenibili di tutta Italia è a Siena per superare la crisi grazie all’azione del network.
“Per strutturare questi due giorni di approfondimento e confronto - spiega il presidente del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane Emanuele Burgin - siamo partiti da un concetto fondamentale: gli enti locali di grandi, medie e piccole dimensioni possono tutti indistintamente, con progetti disegnati ad hoc, divenire comunità più sostenibili e dare risposte concrete ai cittadini che chiedono una qualità della vita migliore. Siamo consapevoli della crisi che stiamo attraversando ma è proprio nei momenti come questi che emergono in modo lampante i vantaggi di far parte di un network consolidato e strutturato come il nostro, in grado di mettere a disposizione competenze e relazioni su larga scala in tutto il paese e creare partnership a livello nazionale ed internazionale”. Non a caso la mattina dell’8 aprile l’Assemblea aprirà il primo incontro, organizzato nell’ambito del Progetto europeo Sustainable Now, con una rassegna di strumenti ed azioni all’avanguardia messi a punto per la riduzione delle emissioni di CO2 e la produzione di energia sostenibile. Verranno presentati infatti i contributi di LG Action, CHAMP, Energy for Mayors, GPPinfoNET, Lacre, LAKS, Interpares e Laika. Il pomeriggio di venerdì poi proseguirà con tre dibattiti che si svilupperanno in parallelo rispettivamente su: “Cambiamenti climatici, energia sostenibile e Patto dei Sindaci, verso la COP17 di Durban”, “Green Economy, verso il IV Summit mondiale per lo Sviluppo Sostenibile di Rio+20”, “Consumo di suolo, riqualificazione urbana, verso un governo sostenibile del territorio”. “Si tratta dei temi più attuali – prosegue Burgin – che tutti gli enti locali, grandi o piccoli, si trovano a dover affrontare quotidianamente. Il nostro scopo è permettere un cambio di approccio per far sì che regioni, province e città non si sentano più sotto assedio dei cambiamenti climatici o della tutela dell’ambiente ma li trasformino in una vera opportunità di crescita e sviluppo”.
72
CAMBIAMENTI CLIMATICI, GOVERNO DEL TERRITORIO, GREEN ECONOMY XII ASSEMBLEA NAZIONALE COORDINAMENTO AGENDE 21 LOCALI ITALIANE 8 - 9 APRILE 2011 - SIENA Venerdì 8 Aprile Ore 10.00 Convegno “Comunità europee energeticamente sostenibili: un’azione efficace ed integrata per l’energia sostenibile” Progetto Sustainable Now: rassegna di strumenti ed azioni per la riduzione delle emissioni di CO2 e l’energia sostenibile Ore 14.00 Dibattito: i temi emergenti - Sessioni parallele Cambiamenti climatici, energia sostenibile e Patto dei Sindaci verso la COP17 di Durban Green Economy, verso il IV Summit mondiale per lo Sviluppo Sostenibile di Rio+20 Consumo di suolo, riqualificazione urbana, verso un governo sostenibile del Territorio Ore 16.15 - 18.30 Le attività dei Gruppi di Lavoro - Sessione plenaria
Sabato 9 Aprile Ore 9.00 XXII Assemblea degli associati del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane Saluti ed interventi istituzionali Il IV Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile Rio+20 Presentazione del rapporto mondiale sull’Impronta Ecologica Intervento in ricordo del Prof. Enzo Tizzi, Università di Siena Elezioni Presidente e Consiglio Direttivo Per informazioni più dettagliate www.a21italy.it
I progetti che verranno presentati la mattina dell’8 aprile sono:
delle Camere di Commercio, di Unindustria, delle Associazione Piccoli Imprenditori, di Confesercenti, di Legacoop, della Confederazione Italiana Agricoltori e della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa. LACRe è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Life.
CHAMP L’obiettivo principale di “CHAMP - Risposte locali al cambiamento climatico” è quello di offrire alle autorità locali un’intensa attività di formazione e affiancamento sull’applicazione dei sistemi di gestione integrata per costruire o consolidare, sia nell’ambito delle proprie strutture interne sia nella comunità locale, le competenze e capacità di gestione necessarie. I partner italiani sono: Ambiente Italia e il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane. CHAMP è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Life e per le attività svolte in Italia è cofinanziato anche dalla Regione Lombardia.
LAKS Il progetto LAKS ( Local Accountability for Kyoto goalS ) è un progetto europeo sviluppato dal Comune di Reggio Emilia insieme ad altre 3 città partner (Padova, Girona e Bydgoszcz) e all’ARPA Emilia Romagna. L’obiettivo è quello di fornire alle altre città italiane ed europee strumenti per monitorare le emissioni climalteranti (in particolare la CO2), valutarne l’impatto sull’ambiente e, di conseguenza, adottare le azioni correttive rendicontandone i risultati. LAKS è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Life.
Energy for Mayors Energy For Mayors mira a ottenere 180 nuove città aderenti al Patto dei Sindaci, accompagnare 60 Comuni nello sviluppo e nell’attuazione del proprio Piano d’azione per l’energia sostenibile – SEAP, creare 34 nuove strutture di supporto, organizzare 10 giornate dell’energia nelle regioni aderenti al progetto, attuare 8 sistemi pilota Energy Management System (EMS). Gli aderenti italiani a Energy for Mayors sono: Provincia di Genova, Provincia di Modena, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane e Sogesca. Energy for Mayors è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma EIE - Energia Intelligente Europa.
Laika Il progetto LAIKA è un progetto che vede il Comune di Milano in qualità Project Leader, e la partecipazione dei comuni di Bologna, Torino e Lucca e di CE.Si.S.P. (Centro Universitario per lo Sviluppo della Sostenibilità dei Prodotti). Il progetto si pone come obiettivo la sperimentazione di una strategia ‘territoriale’ per la riduzione delle emissioni di gas serra, con elaborazione di Piani Clima coordinati, promozione di un Registro delle emissioni a livello locale, attribuzione di valore economico ai crediti prodotti a livello locale e implementazione di un mercato simulato di scambio dei crediti tra le città partner. Laika è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Life+.
GPPinfoNET Il progetto GPPinfoNet - Green public procurement, che coinvolge direttamente come partner, oltre alla Provincia di Cremona in qualità di leader, le Regioni Liguria e Sardegna, la società di consulenza Ecosistemi e il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, in particolare mira a ridurre in maniera significativa gli impatti ambientali associati all’utilizzo dei beni e servizi che le amministrazioni acquistano e ad avere un’influenza significativa sul mercato, ovvero sul lato della produzione ad impatto ambientale ridotto e sulla diffusione delle tecnologie ambientali. GPPinfoNET è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Life.
LG Action LG Action è un’azione di networking a livello europeo che mira a coinvolgere le amministrazioni locali della EU27 nel dibattito sul clima e sull’energia sostenibile a livello sia europeo che internazionale. Informa, mobilita e da supporto agli impegni delle amministrazioni locali e chiede un maggior riconoscimento del loro ruolo essenziale nella protezione del clima e nello sviluppo di politiche di energia sostenibile. Il progetto è focalizzato sugli sviluppi a livello europeo che danno maggiore potere alle iniziative locali a supporto dei target 202020 dell’Unione Europea. LG Action è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma EIE - Energia Intelligente Europa.
Interpares Il progetto europeo Inter Pares - INnovative Tools for Energy Regulations of Province Associations on RES - Renewable Energy Sources (strumenti innovativi per la programmazione energetica nelle associazioni di province sulle energie rinnovabili), vede come capofila l’UPI (Unione delle Province d’Italia) e come partner ADF (Associazione dei Dipartimenti Francesi), UNCJR (Unione delle contee rumene), ENAE (Unione delle prefetture greche) ed S.D.I.e (Sustainability Development Innovation). Mira a sostenere le autorità locali nell’implementazione e lo sviluppo di politiche e strategie sulle RES - Renewable Energy Sources.
Sustainable now Il progetto Comunità Europee Energeticamente Sostenibili – Azione efficace per l’integrazione energetica locale oggi, intende rafforzare il ruolo degli enti locali nella loro veste di amministratori e decisori politici di un territorio, sostenere il loro impegno ad agire diventando dei punti di riferimento per altre comunità, ispirandole nel percorso verso l’energia sostenibile. I partner italiani sono: Coordinamento Agende 21 Locali italiane, la Provincia di Siena, il Comune di Bologna, il Comune di Rosignano Marittimo, Banca Etica, Comunità Montana Trasimeno medio Tevere. Sustainable NOW è cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma EIE - Energia Intelligente Europa.
Lacre Pubblico e privato insieme per il clima. È questo il significato del progetto europeo che, grazie all’impegno delle Province di Livorno e Ferrara, ha avviato in 29 aziende, insediate nei rispettivi territori, un percorso di riduzione delle emissioni. Il progetto, denominato LACRe, Local Alliance for Climate Responsibility, ha visto il coinvolgimento
73
AMBIENTE E ARTE
Aperta fino al 1° maggio la Mostra fotografica organizzata da National Geographic Italia
I COLORI DEL MONDO Novantacinque immagini inedite per raccontare il Pianeta
È giunta alla sua 4a edizione la Mostra fotografica organizzata da National Geographic Italia, curata da Gugliemo Pepe, editorialista di National Geographic, ed allestita allo Spazio Fontana presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma. Aperta liberamente al pubblico dal 12 febbraio al 1° maggio 2011 (chiusa il lunedì), la Mostra quest’anno, dopo “Acqua, Aria, Fuoco, Terra”, “Madre Terra” e “Il Nostro Mondo” delle passate edizioni, focalizza la sua attenzione su “I Colori del Mondo”, attraverso un affascinante viaggio fotografico, realizzato con gli scatti dei più grandi
fotografi che lavorano e collaborano con il Magazine a livello internazionale e nazionale, che racconta la vita sul Pianeta Terra. Le novantacinque immagini, inedite per il Magazine e di grande impatto visivo ed emotivo, sono infatti declinate attraverso quattro colori: - Rosso, colore della terra, del fuoco, delle comunità, degli usi e costumi, delle donne, dei bambini, degli uomini. È il colore del cuore, del sangue, della passione. - Verde: il mondo green in tutte le sue espressioni, il verde della speranza. È il
colore della natura, della vegetazione, della vita. - Bianco: l’immacolato dei luoghi colpiti dal riscaldamento globale, degli animali a rischio di sopravvivenza, dell’innocenza, della purezza. - Azzurro: il colore dell’acqua e del cielo, dei mari e dei suoi “abitanti”, della gioia di esistere e della tranquillità. Qesti quattro colori descrivono, tra contrasti e suggestioni, il presente e il futuro del mondo, la forza e la debolezza della natura e degli animali, l’umiltà e l’orgoglio, il dolore e la felicità degli esseri umani.
ROSSO Melissa Farlow, “Meraviglie d’autunno”. In autunno, le foglie di un acero giapponese si tingono di rosso intenso nello stato americano del North Carolina.
74
“La Mostra nasce dal desiderio di illustrare come i fotografi National Geographic sono riusciti, e riescono, a interpretare la vita sul nostro Pianeta, facendone risaltare i colori - ha spiegato Gugliemo Pepe -Attraverso i colori capiamo come vivono donne, bambini, uomini in tanti Paesi vicini e lontani da noi; qual è la condizione dell’esistenza per chi deve combattere contro fame, povertà, guerra, malattia; come gli animali riescono a resistere alle trasformazioni del loro habitat; che cosa succede all’ambiente sotto i colpi dei cambiamenti climatici. Ma vedia-
mo anche la Terra nella sua unicità, le persone in momenti felici, le altre specie nella loro fantastica diversità, la natura e la sua straordinaria bellezza”. Quarantotto i fotografi in mostra (tra cui quattro italiani): Sam Abell, Lynsey Addario, William Albert Allard, Stephen Alvarez, Ira Block, Robert Clark, Jodi Cobb, Bill Curtsinger, Peter Essick, Melissa Farlow, Alessandro Gandolfi, George Grall, David Alan Harvey, Chris Johns, Lynn Johnson, Ed Kashi, Karen Kasmauski, Tim Laman, Brian Lanker, Sarah Leen, Gerd Ludwig, Pascal Mai-
tre, Manoocher, Steve McCurry, James Nachtwey, Michael Nichols, Paul Nicklen, Flip Nicklin, Randy Olson, Carsten Peter, Antonio Politano, Reza, Jim Richardson, Sandro Santioli, Joel Sartore, Shaul Schwarz, Stephanie Sinclair, Brian J. Skerry, James L.Stanfield, George Steinmetz, Brent Stirton, Amy Toensing, Tomasz Tomaszewski, Stefano Unterthiner, Alex Webb, Steve Winter, Cary Wolinsky, Michael S.Yamashita. La mostra è stata realizzata con il contributo di Barilla, Levissima e con il contributo tecnico di Artiser.
VERDE Jim Richardson, “Fortezza”. I resti di Dun Carloway, una struttura preistorica sull’Isola di Lewis, in Scozia.
75
BIANCO Stephen Alvarez, “L’attesa del lemure”. Un lemure sifaka di Decken appollaiato su una pietra in Madagascar.
AZZURRO
76 Flip Nicklin, “Gigante dei mari”. Un raro primo piano subacqueo di un capodoglio.
ACCORDO ANCI-CONAI Bando “Progetti di comunicazione degli Enti locali in tema di raccolta differenziata e recupero dei rifiuti di imballaggio”
L’Accordo di Programma Quadro ANCI-CONAI 2009 2013 per la raccolta e il recupero dei rifiuti di imballaggio conferma la particolare attenzione agli aspetti legati alla comunicazione locale, volta principalmente ad informare e sensibilizzare i cittadini alla raccolta differenziata e all’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio. Per contribuire allo sviluppo di questa importante attività di supporto alla gestione del servizio di raccolta differenziata organizzato dagli enti locali o dai soggetti da essi delegati, il sistema CONAI/Consorzi di Filiera conferma anche per il 2011 il proprio impegno, che prevede una quota consistente del proprio budget complessivo di comunicazione. Finalità Obiettivi generali: informare, sensibilizzare, educare i cittadini sulla gestione integrata dei rifiuti di imballaggio, con particolare riferimento allo sviluppo della raccolta differenziata domestica e coadiuvare gli enti locali e i soggetti gestori al fine del raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo. Obiettivi specifici Le campagne di comunicazione locale devono essere finalizzate in particolare a: - indurre comportamenti virtuosi nella gestione dei rifiuti, con particolare riferimento a: 1. sviluppo sostenibile e rispetto per l’ambiente; 2. recupero, riutilizzo dei materiali e prevenzione della produzione dei rifiuti; 3. valore dei materiali di imballaggio e degli imballaggi e potenzialità del loro riciclaggio e riutilizzo; - attivare/aumentare la raccolta differenziata e migliorare la qualità dei materiali raccolti; - favorire il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio/ recupero dei materiali di imballaggio previsti dall’Accordo e dal Programma Generale di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio; - promuovere l’informazione in materia di consumo sostenibile ed in particolare acquisti verdi (anche in applicazione del DM 203/03); - incentivare modalità di raccolta che consentano migliori risultati quali-quantitativi delle raccolte. A tal proposito e premessa l’opportunità di coordinare le
modalità di raccolta con l’assetto impiantistico a valle, CONAI privilegia la raccolta monomateriale dei rifiuti di imballaggio a base cellulosica, monomateriale dei rifiuti di imballaggio in vetro, multimateriale “leggero” (rifiuti di imballaggio in plastica, acciaio ed alluminio) e raccolta presso i centri di raccolta dei rifiuti di imballaggi in legno; - fornire un’informazione esaustiva sulle modalità di separazione e conferimento delle varie tipologie di imballaggio. Destinatari: cittadini (utenze domestiche), scuole e utenze non domestiche che producono rifiuti assimilati agli urbani (uffici e servizi pubblici, attività artigianali e commerciali, ecc.) Proponenti: Comuni o loro delegati. Criteri per l’elaborazione dei progetti Il progetto di comunicazione deve essere redatto secondo i principi e i criteri contenuti nelle linee guida che costituiscono parte integrante del Bando. Qualora il progetto non fosse presentato dal Comune bensì dal soggetto delegato, dovrà essere specificato formalmente, su carta intestata del Comune (nel caso di aggregazioni di più Comuni, si dovrà allegare la dichiarazione almeno del Comune capofila), la piena condivisione del progetto di comunicazione locale presentato. I progetti di comunicazione devono essere conformi alla vigente normativa ambientale europea e nazionale. Il progetto deve essere corredato di tutte le informazioni utili alla loro valutazione complessiva sulla base dei criteri e degli indirizzi di cui sopra: descrizione dettagliata delle attività previste, creatività grafica, cronoprogramma operativo, valutazione economica (non sono ritenuti costi ammissibili le spese per il personale e per l’acquisto di contenitori dedicati alla raccolta differenziata), ecc. Il progetto, inoltre, deve prevedere una modalità di misurazione, tramite adeguati indicatori, dei risultati conseguiti in termini di miglioramento quali/quantitativo della raccolta di rifiuti di imballaggio e di incremento della conoscenza/sensibilità verso il tema del recupero e del riciclaggio. La realizzazione dell’iniziativa deve avvenire entro la fine del 2011. Il progetto di comunicazione può consistere in: - campagna informativa/di sensibilizzazione; - progetto educativo per le scuole;
77
- progetto diffusione buone pratiche negli uffici pubblici; - intervento di coinvolgimento attivo degli utenti (forum, incontri circoscrizionali); - progetti formativi per operatori e/o amministratori comunali. Modalità di presentazione dei progetti I progetti di comunicazione locale devono essere elaborati dai Comuni o dai soggetti da loro formalmente delegati e presentati entro il 31 marzo 2011 con invio tramite raccomandata A.R. a: CONAI (Consorzio per il Recupero degli Imballaggi) - via Pompeo Litta, 5 - 20122 Milano. I progetti spediti dopo tale data non saranno presi in considerazione (farà fede la data del timbro postale). I progetti dovranno essere presentati su supporto informatico e in forma cartacea, con l’indicazione dei riferimenti telefonici e nominativi per eventuali contatti e/o chiarimenti.
COMMISSIONE EUROPEA “Invito a presentare proposte per azioni nel settore dell’energia nell’ambito del Programma EIE (Energia Intelligente-Europa)” (GUUE C 26 del 28.01.2011)
Dopo aver appena finanziato con 58 milioni di euro 44 progetti volti alla riduzione dei consumi e all’efficienza energetica, la Commissione Europea ha incaricato l’Agenzia Esecutiva per la Competitività e l’Innovazione a pubblicare l’invito a presentare proposte relative al Programma di lavoro 2011 di Energia Intelligente in Europa (EIE). Finalità L’obiettivo del programma Energia Intelligente Europa II (EIE II) è di sostenere azioni volte a incoraggiare l’efficienza energetica e l’uso razionale delle risorse energetiche, nonché l’uso di fonti d’energia nuove per i trasporti, incoraggiando la diversificazione energetica, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivichiave europei, relativi al “Pacchetto Clima-Energia”. Dotazione Finanziaria Sono circa 67 i milioni di euro destinati a co-finanziare progetti che realizzano soluzioni energetiche intelli-
genti già verificate (ossia la cui efficacia sia già stata dimostrata). Progetti finanziabili Il bando, lanciato il 19 gennaio nel corso dell’info day di Bruxelles, supporta la realizzazione di progetti relativi a 5 macrotematiche: * Efficienza energetica (SAVE) sosterrà le seguenti azioni chiave: - prodotti di efficienza energetica, tramite azioni volte a orientare il mercato verso prodotti e sistemi più efficienti dal punto di vista energetico, sostenendo la normativa in questo settore; - eccellenza dell’industria nel settore energetico: azioni volte ad aumentare la competitività delle industrie europee, in particolare le PMI, consentendo loro di risparmiare energia. Dotazione indicativa: 12 milioni di euro. * Fonti di energia nuove e rinnovabili (ALTENER), sosterrà una o più delle seguenti azioni chiave: - elettricità generata da fonti di energia rinnovabile (RES-e), tramite azioni volte a migliorare la condivisione di elettricità rinnovabile nel consumo energetico finale in Europa; - energie rinnovabili per il riscaldamento/raffreddamento (RES-H/C), tramite azioni che promuovono l’utilizzo delle RES per le applicazioni di riscaldamento e raffreddamento; - bioenergia, attraverso azioni che promuovono la produzione e l’utilizzo di bio-massa, bio-liquidi e biogas nei mercati energetici. Dotazione indicativa: 16 milioni di euro. * Energia nei trasporti (STEER), sosterrà le seguenti azioni chiave: - efficienza energetica nei trasporti, tramite azioni volte a ridurre i viaggi in macchina e il trasporto merci su strada, al fine di sostenere modi di trasporto più efficienti; - veicoli più puliti ed efficienti dal punto di vista energetico, con azioni volte a trasformare il mercato dei trasporti verso veicoli più efficienti, sostenendo la legislazione in questo settore. Dotazione indicativa: 12 milioni di euro. * Iniziative integrate che riguardano azioni combinate dei diversi settori specifici (SAVE, ALTENER e STEER) o collegati ad alcune priorità UE e possono comprendere:
78
- integrazione di efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili in molti settori dell’economia; - combinazione di vari strumenti, strumenti e attori con la stessa azione o progetto. Dotazione indicativa: 27 milioni di euro. * Iniziative di formazione e di qualificazione della forza lavoro nel settore edile sui temi dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili Dotazione indicativa: 8 milioni di euro. Valutazione I criteri di riferimento per la valutazione dei progetti saranno: 1. rilevanza della proposta all’interno delle priorità del programma; 2. qualità del metodo di attuazione, soprattutto la chiarezza della comunicabilità; 3. scopi e credibilità dello studio sull’impatto del progetto; 4. valore aggiunto per l’UE; 5. risorse previste per il progetto proposto.
nell’ambito delle Iniziative di formazione e di qualificazione (Building Workforce Training and Qualification Initiative), in cui i finanziamenti dell’Unione europea possano essere fino al 90% dei costi totali. Presentazione delle domande e scadenze Le proposte per tutte le azioni (ad eccezione delle iniziative di Formazione e Qualificazione per le quali il termine ultimo è il 15 giugno 2011) dovranno essere presentate entro il 12 maggio 2011 ore 17.00 (ora locale di Bruxelles) all’Agenzia Esecutiva per la Competitività e l’Innovazione, attraverso il sito: http://ec.europa. eu/energy/intelligent/ Per le informazioni sul bando (in inglese) e sulle modalità di presentazione delle proposte, consultare il sito: http://ec.europa.eu/energy/intelligent/call_for_proposals/ index_en.htm
Durata La durata massima dei progetti è di 3 anni. Beneficiari I soggetti ammissibili devono essere persone giuridiche, sia nel settore pubblico che in quello privato, aventi sede in uno dei 27 Stati membri dell’UE e in Norvegia, Islanda, Liechtenstein o Croazia. I richiedenti che non hanno personalità giuridica possono fare richiesta, purché i rappresentanti di queste persone provino di essere in grado di garantire finanziariamente per loro. Le persone fisiche non sono ammesse. Le proposte devono arrivare da almeno tre enti giuridici indipendenti, ciascuno stabilito in uno Stato differente. Fanno eccezioni le: - Iniziative integrate nel settore della formazione del personale nei campi dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, le cui proposte devono arrivare da enti stabiliti nello stesso Stato; - Iniziative integrate nel settore della mobilità dei finanziamenti locali sull’energia, le cui proposte devono arrivare da una o più autorità pubbliche locali o regionali, o altri enti pubblici stabiliti in uno o più Stati. Contributo di co-finanziamento Il contributo concesso sarà fino al 75% del totale dei costi ammissibili, ad eccezione dei progetti finanziati
79
i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci
Gli atti di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani devono essere sempre impugnati davanti al T.A.R. di Roma? No. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con ordinanza n. 586 del 26 gennaio 2011, osservando quanto segue: - in forza dell’art. 135, comma 1, lett. e), del codice di procedura amministrativa sono devolute alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, salvo ulteriori previsioni di legge, le controversie demandate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all’articolo 133, comma 1, lettera p), cioè “le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti”; - per dato letterale emergono due distinte tipologie di vertenza, non necessariamente coincidenti, la prima riferita agli atti commissariali adottati in situazioni emergenziali ex art. 5 Legge n. 225/1992, la seconda alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti; - relativamente alla seconda tipologia, l’art.133, comma 1, lett. p) riguarda però non già l’affidamento della gestione, ma la gestione in sé considerata, in accezione ricollegabile sostanzialmente a quella dell’art.183, comma 1, lett. d), del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 s.m.i. , in forza del quale nel concetto di gestione dei rifiuti vanno ricondotti la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura; - nella materia de qua, oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, rientrano dunque le vertenze che riguardano atti normativi (spesso di carattere tecnico), programmatori e organizzatori, atti provvedimentali, moduli consensuali, comportamenti attinenti in senso stretto alla gestione e, in quanto tali, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della Pubblica Amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a
agenda
diritti costituzionalmente tutelati; - d’altra parte, l’affidamento della gestione dei rifiuti a seguito di procedura di evidenza pubblica non attiene alla gestione in senso stretto ma costituisce attività meramente preparatoria e strumentale rispetto ad essa, attività come tale autonomamente disciplinata in modo unitario dalla lettera e) dell’art. 133, comma 1., del cod. proc. amm., che ha ribadito la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo per tutte le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale; - l’art. 14 del cod. proc. amm. (che richiama il successivo art. 135) non riserva queste ultime controversie alla competenza funzionale di alcun Tribunale amministrativo regionale, sicché con riguardo ad esse, ai sensi dell’art. 13 del cod. proc. amm., deve ritenersi che sia inderogabilmente competente il T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’Amministrazione procedente o comunque sono limitati gli effetti diretti degli atti in vertenza . Tale soluzione è coerente con l’esigenza di accedere ad una interpretazione letterale e restrittiva delle norme eccezionali in deroga all’ordinaria competenza territoriale dei Tribunali amministrativi regionali periferici. L’autorizzazione alla costruzione di un impianto nucleare può essere rilasciata senza il preventivo parere della Regione interessata? No. La Corte Costituzionale, infatti, con sentenza 2 febbraio 2011 n. 33, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del D. Lgs. 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99) nella parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all’intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari.
Eventi e Fiere
Montichiari, 18-20 marzo 2011 VITA IN CAMPAGNA 1a Manifestazione dedicata all’agricoltore hobbista Sede: Centro Fiere del Garda Informazioni: www.centrofiera.it/on-line/Home.html Padova, 30 marzo - 2 aprile 2011 HYDRICA - Salone Internazionale Tecnologie Acqua e Ambiente Sede: Padova Fiere Informazioni: PadovaFiere spa - Via N. Tommaseo, 59 - 35131 Padova Tel. +39 049 840111 - fax +39 049 840570 hydrica@padovafiere.it - www.hydrica.org
Napoli, 14-16 aprile 2011 ENERGYMED Mostra Convegno sulle Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica Sede: Mostra d’Oltremare Segreteria organizzativa: ANEA - Tel. 081 419528 - fax 081 409957 Informazioni: www.energymed.it - info@energymed.it Parma, 15-17 aprile 2011 CIBUS TOUR - La Filiera agroalimentare incontra i consumatori Sede: Quartiere fieristico Organizzazione: Fiera di Parma Informazioni: inof@fierediparma.it - www.cibustour.it
80
M A G A Z I N E n. 13 - Marzo 2011
EDITORIALE
Al suo terzo anno consecutivo di pubblicazioni trimestrali, il primo numero 2011 del PolieCo Magazine, si offre ai Lettori quale ampia riflessione sulla tematica che, da molte settimane “tiene banco” nelle conversazioni informali e nei Tavoli ufficiali di Produttori e Riciclatori di plastica, ovvero il “divieto di commercializzazione, a partire dal 1° gennaio di quest’anno, dei sacchi per trasporto delle merci (comunemente detti shoppers) non biodegradabili o che entro la data prefissata non rispondano ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario”. È indubbio che tale novità, peraltro già preannunciata sin dalla Legge Finanziaria 2007 (n. 296 del 27 dicembre 2006) ha provocato un comprensibile sconcerto nel settore delle materie plastiche, a maggior ragione proprio nel comparto del riciclo, che, per sua mission e natura, da anni aveva raggiunto performance invidiabili a livello nazionale ed europeo ed ora si trova
2
a fare i conti con una situazione di incertezza che si va ad aggiungere agli effetti della crisi economica globale. Per contribuire alla diffusione di maggiori e puntuali informazioni circa la tematica in nuce, come Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni in polietilene, abbiamo ritenuto doveroso proporre, al di là di queste meritevoli pagine, un più ampio terreno di confronto fra Istituzioni ed operatori, che avrà luogo in Roma, il prossimo 7 marzo, presso la Sala delle Conferenze in Piazza di Montecitorio. Mentre queste pagine venivano chiu-
se in Redazione, sono stati definiti gli ultimi aspetti logistici relativi allo svolgimento dell’intensa giornata di studio e la nostra Segreteria logistica ha già provveduto ad informare puntualmente tutti gli stakeholders in attesa di ricevere le conferme di partecipazione che immaginiamo essere numerose. Nel frattempo, al fine di “preparare il terreno” per la prossima discussione, abbiamo preparato questo primo numero dell’anno in una forma doppia in luogo delle consuete 8 pagine, vista l’importanza delle tematiche ed il numero e la qualità degli interventi. Nell’attesa di ritrovarci tutti a Roma, il prossimo 7 marzo, auguro a tutti una buona lettura, ricordando che il PolieCo Magazine è sempre lieto di ospitare riflessioni ed articoli della base associativa.
PolieCo MagazineSOMMARIO Informazione e aggiornamento Stop, dal Governo, agli shopper in plastica non biodegradabili “VECCHIO” SHOPPER, ADDIO… O ARRIVEDERCI! Ma dopo il “proclama” del bando, persistono dubbi circa la validità ambientale delle soluzioni alternative ....................................p.
3
Focus bioshopper LE RAGIONI DI LEGAMBIENTE Intervista al Responsabile Scientifico Nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani ..........................................................................p.
5
LE RAGIONI DI CONFCOOPERATIVE Intervista al Direttore Federazione Nazionale delle Cooperative di Produzione, Lavoro e Servizi di Confcooperative ...................p.
7
LA VOCE DEI RICICLATORI Intervista al Presidente di Assorimap, Corrado Dentis ..................................................................................................................p.
9
IL PUNTO DI VISTA DI UN PRODUTTORE DI “MISTO” Intervista al titolare della Andolfi & C. Snc di Porto S. Elpidio ....................................................................................................p. 11 ALCUNE RIFLESSIONI SUL SACCHETTO DI PLASTICA ..................................................................................................p. 13
Sede Legale - Sede Operativa - Presidenza Sportello Servizi Piazza di Santa Chiara, 49 - 00186 Roma Tel. 06/68.96.368 - fax. 06/68.80.94.27 www.polieco.it - info@polieco.it
L’Editore non assume responsabilità sabilità per eventu eventuali errori di stampa Gli articoli firmati impegnano ano solo i loro autori
PolieCo Magazine
Uffici Bruxelles Espace Meeûs - Square de Meeûs, 38/40 1000 Bruxelles tel. 0032 02 4016174-fax 0032 02 4016868
Informazione e aggiornamento
Stop, dal Governo, agli shopper in plastica non biodegradabili
n. 13 - Marzo 2011
“VECCHIO” SHOPPER, ADDIO… O ARRIVEDERCI!
Ma dopo il “proclama” del bando, persistono dubbi circa la validità ambientale delle soluzioni alternative
Mentre questo numero del PolieCo Magazine stava per giungere alla sua chiusura in Redazione, la stampa ha dato notizia che la Commissione Ambiente del Senato ha bocciato la proposta di emendamento al Decreto “Milleproroghe” presentato dalla maggioranza che si è adoperata affinché, in extremis, passasse una proroga all’utilizzo degli shoppers in plastica non biodegradabili, la cui commercializzazione, attualmente, è vietata dal 1° gennaio 2011 (anche se è ancora possibile distribuire gratuitamente le scorte di magazzino nei punti vendita). In effetti, l’addio definitivo ai sacchetti per il trasporto delle merci tradizionalmente in plastica, banditi per legge, è ancora di là da venire anche se i primi effetti sul mercato dei produttori e dei riciclatori si sono avvertiti subito. Cerchiamo di ricostruire insieme cosa è accaduto per arrivare a questo, mentre, sulle pagine a seguire, presentiamo una piccola “rassegna” di interviste ad altrettanti portatori di interesse, ognuno dei quali offre una particolare riflessione sulle problematiche e le opportunità in essere, al momento. Dunque, dopo diversi anni in cui l’argomento era stato discusso (forse con un po’ di leggerezza) a livello nazionale, nel 2007 si compie il primo passo per la messa al bando degli shoppers in plastica non biodegradabili. L’articolo 1 (commi: 1129, 1130 e 1131) della Legge Finanziaria 2007 (n. 296 del 27 dicembre 2006), conteneva il divieto di commercializzazione dal 1° gennaio 2010 dei “sacchi per il trasporto delle merci… non biodegradabili o che entro la data prefissata non rispondessero ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario”. Obiettivo dichiarato della norma era quello di: “ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, rafforzare la protezione ambientale e sostenere le filiera agro-industriali nel campo dei bio-materiali”. Tuttavia, si sa che l’Italia non è mai stata molto puntuale nel rispetto delle sue scadenze, infatti, con D. L. n. 194/99, successivamente è stata prodotta una proroga al 1° gennaio 2011. Contestualmente, all’epoca, si dava il via ad un programma di sperimentazione a livello nazionale per favorire la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto di merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello europeo, non risultassero biodegradabili. Tale programma, per il cui avvio era prevista una quota non inferiore a 1 milione di euro a valere sul “Fondo Unico investimenti per la difesa del suolo e la tutela ambientale” del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare era finalizzato ad individuare le misure da introdurre progressivamente nell’ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto del 1° gennaio.
“Il sistema produttivo ha avuto tempo per prepararsi a questo cambiamento - ha dichiarato il Ministro Stefania Prestigiacomo dopo il CdM che ha messo definitivamente al bando gli shopper di plastica in polietilene - Era nella bozza del Milleproroghe, ma mi sono opposta. Sarebbe stato insopportabile che alla vigilia della scadenza della norma ci fosse stato nuovamente un motivo per non farlo entrare in vigore”. Ma è proprio vero che c’è stato tutto questo tempo per prepararsi? In effetti proprio i Ministeri interessati non hanno affrontato per tempo le problematiche connesse a queste scelte, non emanando i necessari e previsti Decreti attuativi fornendo, così, occasione di ricorsi ed opposizioni che sono già stati annunciati da più parti anche con il coinvolgimento della Commissione europea. Tuttavia, a livello locale, alcune strategie volte alla sensibilizzazione della popolazione in vista del “bando”, c’era stata; si pensi alla Campagna “Porta la Sporta”, promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi, che avevano approvato apposite delibere di Consiglio comunale e/o modificato i Regolamenti di polizia urbana, introducendo sanzioni per i commercianti che si fossero ostinati a distribuire sacchetti non biodegradabili. Anche la Grande Distribuzione si era attrezzata da tempo per abituare i propri clienti all’utilizzo di soluzioni alternative per trasportare a casa le merci acquistate. Del resto, i numeri del comparto shoppers, parlano di circa 200.000 tonnellate consumate annualmente in Italia, per un fatturato che si avvicina agli 800 milioni di Euro ed un impiego di circa 4.000 lavoratori. Se guardiamo al riciclo degli shoppers, scopriamo, dalla stampa specializzata, che le quantità riciclate si avvicinano alle 65.000 tonnellate rispetto all’immesso al consumo. Ed eguagliare queste performance non è poi così facile, dal momento che, attualmente, si sono evidenziate non poche difficoltà tecniche circa l’utilizzo di biopolimeri in impianti tradizionali, i cui costi di riconversione, nel caso, sono piuttosto ingenti (variando dai 30.000 ai 50.000 Euro). Da una prima valutazione sui costi di acquisto dei biopolimeri, poi, bisogna considerare il prezzo più alto rispetto ai polimeri tradizionali, il che significa che per avere un prodotto “ambientalmente compatibile” occorrerà approvvigionarsi di materia prima costosa che, oltretutto, non è neanche tanto disponibile sul mercato, visto che le stime attuali prevedono circa 20.000 tonn di biopolimeri disponibili (da contendersi con altre produzioni). Se poi si guarda alla minor resistenza meccanica del prodotti finito rispetto allo shopper tradizionale, alla sua “vita breve” che ne fa un perfetto bene “usa e getta”, alla sua scarsa riutilizzabilità e riciclabilità, si comincia a capire che lo stop agli shoppers tradizionali per favorire
3
www.polieco.it
quelli in biopolimero, non sia stata una mossa del tutto vincente.
4
In un articolo apparso sul numero di gennaio/febbraio 2011 di Regioni & Ambiente, l’autore del testo presenta una piccola ricognizione su ciò che è accaduto in altri Paesi nel merito delle proposte alternative allo shopper tradizionale. Ebbene, da uno studio pubblicato nel giugno 2009, ma diffuso sui media il mese precedente, da EPIC news & views, notiziario dell’Environment and Plastics Industry Council (EPIC), gruppo industriale canadese che promuove l’uso responsabile e il recupero delle materie plastiche, avverte gli organi competenti circa i possibili rischi per la salute dall’uso di borse per la spesa riutilizzabili, a causa degli alti livelli di muffe, batteri e lieviti che erano stati riscontrati nei campioni analizzati. Lo studio, contestato nel metodo, aveva in seguito ottenuto una approvazione formale dal Dott. Richard Summerbell, del Centro di Ricerca di microbiologia ambientale “Sporometrics” di Toronto ed ex Capo della Divisione di Micologia Medica presso il Ministero della Salute dell’Ontario, il quale, richiesto di una valutazione dei risultati dello studio, dichiarava che un uso continuo ed improprio di borse per la spesa riutilizzabili comporta “il rischio principale di intossicazioni alimentari. Ma altri rischi significativi includono infezioni della pelle come bolle batteriche, reazioni allergiche, attacchi d’asma e infezioni all’orecchio”. “La presenza di materiale fecale in alcune borse è il fatto più rilevante - ha proseguito Summerbell - Tutti i prodotti a base di carne dovrebbero essere confezionati singolarmente prima di essere immessi in una borsa riutilizzabile per prevenire eventuali perdite. Questo comportamento dovrebbe diventare uno standard di sicurezza lungo tutta la filiera alimentare”. Summerbell ha ammonito, quindi, a non usare le borse per la spesa per trasportarvi abbigliamento da palestra o pannolini o qualcosa di similare, per prevenire la possibilità di essere esposti ad uno dei superbatteri MRSA, fortemente resistenti agli antibiotici (This Blue Marble, a Global Current Events Discussion Forum, 29 maggio 2009). Lo scorso mese di Novembre, dopo che alcune borse per la spesa riutilizzabili, per lo più prodotte in Cina, avevano rivelato livelli di piombo potenzialmente pericolosi, il Senatore dello stato di New York Charles E. Schumer ha scritto alla Food and Drug Administration per sollecitarla ad approfondire il problema. “La plastica è una sostanza chimicamente inerte, utilizzata in tutto il mondo per imballaggi e non è di per sé pericolosa per la salute e per l’ambiente, quando il
suo riciclaggio avviene secondo linee guida e procedure determinate”, aveva ricordato il Ministro indiano per l’Ambiente e le Foreste, Jairam Ramesh intervenendo in Parlamento sulla decisione dell’Amministrazione della città di Delhi di vietare l’uso dei sacchetti di plastica, allorquando aveva affermato che tale decisione era conseguenza del fallimento delle politiche cittadine e regionali di raccogliere e smaltire adeguatamente i rifiuti. Dichiarando, poi, di non essere d’accordo con le soluzioni alternative proposte dall’Amministrazione di Delhi di usare juta e carta perché comportano rischi ambientali di uso dei suoli e deforestazione, ha detto che il Governo indiano “si sta muovendo verso borse per la spesa di plastica biodegradabile, opzione buona ma ancora troppo costosa” (The Times of India, 9 luglio 2009). L’articolo prosegue, quindi, con una originale riflessione proprio sui bio-polimeri; alcuni hanno calcolato che per produrre lo stesso quantitativo di bio-shoppers corrispondente a quelli in polietilene utilizzati finora sarebbero necessari 300.000 ettari di terreno e 1.200.000 milioni di m3 d’acqua per irrigarli: un consumo di suolo e risorse idriche che nessun Paese sarebbe in grado di sostenere, salvo pensare ad ingenti importazioni dai Paesi in via di sviluppo, che comporterebbero saldi negativi alla bilancia commerciale e pure a quella ambientale se si considerano costi di trasporto e di depauperamento delle risorse naturali. E poi c’è l’aspetto etico: ancora una volta si cercherebbe di “risolvere” un problema, semplicemente spostandolo altrove, guarda caso in qualche luogo più debole politicamente ed economicamente. Inoltre, lo smaltimento del sacchetto bio-degradabile, divenuto rifiuto, non può avvenire tramite la raccolta differenziata della plastica come il “vecchio” shopper, perché non compatibile con i relativi processi di riciclaggio, ma può essere utilizzato per la raccolta dell’organico, là dove tale servizio viene effettuato. Viceversa, se finisce impropriamente in discarica, come capita anche al sacchetto di polietilene, produrrà metano (CH4), gas ad effetto serra molto più potente della CO2 prodotta dal vecchio, tradizionale shopper in polietilene. Ovviamente la questione è del tutto aperta e lungi dall’essere risolta con un semplice “colpo di mano”. In gioco ci sono troppi fattori, dall’innovazione tecnologica, alla ricerca; dallo sviluppo economico alla sostenibilità, dalla tutela delle eccellenze industriali virtuose, alla mitigazione degli impatti antropici. Dobbiamo dire “addio” al vecchio shopper? Forse è ancora troppo presto per dirlo, e comunque, ricordiamo che, anticamente, in Francia, l’annuncio della morte del Re era dato contestualmente al “Vive le Roi” del successore…
PolieCo Magazine
Focus bioshopper n. 13 - Marzo 2011
LE RAGIONI DI LEGAMBIENTE
Intervista al Responsabile Scientifico Nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani di Alberto Piastrellini
errore. Secondo noi si deve ridurre drasticamente la produzione di shoppers attraverso l’implementazione delle pratiche di riutilizzo delle sporte che certamente hanno un costo di acquisto molto più alto ma poi si possono riutilizzare molte più volte ammortizzandone l’investimento. Anche l’ambiente ne avrebbe un giovamento dal momento che si andrebbe ad intervenire sulla quantità dei rifiuti prodotti.
Apprezzando favorevolmente l’azione del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che, opponendosi in Consiglio dei Ministri alla bozza del Decreto “Milleproroghe” in cui era contenuta una seconda proroga (dopo quella del D. L. n. 194/2009), ha reso possibile la messa al bando degli shopper tradizionali, Legambiente ha da subito salutato con interesse questa novità dell’anno. Per meglio apprezzare il punto di vista della nota Associazione Ambientalista, abbiamo contattato il Responsabile Scientifico Nazionale, Dott. Stefano Ciafani che ha risposto alle nostre domande. Come ha salutato Legambiente questa normativa che rende illegale la produzione e commercializzazione degli shoppers in film plastico? L’abbiamo salutata molto positivamente, così come salutammo con entusiasmo la Legge Finanziaria del 2007, che sanciva la fine della commercializzazione di shoppers usa e getta tradizionali, i quali, in trent’anni avevano soppiantato le vecchie sporte riutilizzabili in tela e avevano concesso al Paese un triste primato in Europa. Di fatto, fino ad oggi, il 25% degli shoppers in plastica prodotti nell’UE, venivano utilizzati nel nostro Paese. L’idea del divieto era certamente una extrema ratio, tuttavia a fronte di un trend che non accennava a diminuire, questo Governo non ha voluto recedere dalle posizioni del precedente ed è proseguito sulla strada intrapresa. Di certo il bando degli shoppers usa e getta in plastica offre una possibilità al mondo dell’industria di convertire cicli inquinanti in cicli più virtuosi e filiere più innovative. Lei ha idea della massa di materiale tradizionale che verrà tolto dal mercato? In Italia consumiamo circa 200.000 tonnellate di shoppers tradizionali. Certo, non dobbiamo pensare di sostituirne la stessa quantità con sacchetti biodegradabili perché sarebbe un grave
Perché ha affermato che sarebbe un grave errore pensare di sostituire tutti gli shoppers tradizionali? Attualmente in Italia non c’è una potenzialità impiantistica tale da coprire il fabbisogno di 200.000 tonnellate di bioshoppers e poi rimane il fatto che non basta cambiare il materiale: bisogna ridurre tout court il numero dei sacchetti usa e getta. Ripeto, è inammissibile che da sola, l’Italia, consumi ¼ della produzione UE di sacchetti per la spesa, pari a circa 25 miliardi di pezzi. Dobbiamo assolutamente lavorare, in primis, per ridurre la quantità di sacchetti usa e getta, poi, se questi ultimi sono fatti di materiale biodegradabile e non derivante dal petrolio, tanto meglio. Si consideri che l’Italia ha un brevetto mondiale in questo senso, il cosiddetto Mater-bi della Novamont.
5
Tuttavia taluni hanno lanciato un allarme per quanto riguarda l’approvvigionamento della materia prima. L’amido di mais per produrre il biopolimero di base necessita di coltivazioni ingenti e sappiamo che questa pianta è piuttosto esigente in fatto di ricchezza dei suoli e consumo di acqua. Non si teme che proprio in un momento in cui i prezzi degli alimenti tornano a salire decisamente, si favoriranno speculazioni di mercato sui generi alimentari? Guardi, la ricerca sulle biomasse per la produzione di bio-polimeri sta dando risultati eccellenti e già adesso si sperimentano bio-polimeri a base oleosa. Quindi, attraverso una oculata gestione delle risorse si può produrre bio-plastica senza dipendere per forza dal mais. Dopodiché vale quanto detto poco fa: bisogna ridurre in partenza il numero di sacchetti usa e getta. In linea generale, poi, è sempre meglio produrre materie plastiche a partire da derivati vegetali piuttosto che dal petrolio che è una fonte non rinnovabile ed il suo utilizzo contribuisce fortemente alle emissioni di gas climalteranti. Tuttavia è un fatto che i bio-shoppers presentano alcune difficoltà tecniche circa la loro riciclabilità: non possono rientrare nel ciclo del riciclo del polietilene tradizionale (pur contenendone una buon quantità) e, di fatto, il loro ciclo di vita si esaurisce dopo pochis-
www.polieco.it
simi utilizzi, nella pattumiera dell’organico. Di fatto non sono usa e getta anche quest’ultimi? Sicuramente sono usa e getta e la loro miglior destinazione al fine vita è quella del conferimento della frazione organica nella raccolta differenziata e questo già avviene in quei circa 3.000 comuni italiani dove si effettua la raccolta differenziata della frazione organica. Questo garantisce una minor presenza di impurità negli impianti di compostaggio e nei di gestori anaerobici e quindi una minor presenza di inquinanti nel compost di qualità che poi viene commercializzato come ammendante nei suoli agricoli e nel settore florovivaistico. Però, i tempi di compostaggio dei bio-shoppers sono diversi rispetto alla parte umida della frazione organica… Questo è evidente, diversamente il bio-shopper si scioglierebbe sotto la pioggia. Tuttavia ci sono bio-shoppers compostabili che rispettando le normative europee in materia possono entrare tranquillamente nei cicli di produzione
6
del compost senza creare quelle problematiche che, viceversa, presenta il polietilene allorquando viene miscelato alla frazione organica. Non pensa che la diffusione massiccia di nuovi materiali di questo tipo possa determinare un contributo in termini negativi al mondo del riciclo, che, tutto sommato, ha lavorato e lavora proprio per evitare il ricorso alla materia prima e converte il rifiuto in nuovi beni di consumo? Ad oggi non è previsto che la bio-plastica venga riciclata nella filiera del Corepla perché il Corepla è attrezzato per riciclare i polimeri tradizionali. Tuttavia, proprio grazie alle bioplastiche si sta vivendo una stagione innovativa nel settore della produzione dei polimeri che fino ad oggi è stato visto nell’immaginario collettivo come un comparto industriale impattante a seguito dei petrolchimico. Ricordiamo come sia impattante la produzione di polietilene vergine e quali problematiche determina il suo post consumo quando questo avviene in maniera non rispettosa. Bisogna considerare che c’è, al momento, una grande opportunità in termini di riconversione industriale per chi decide di fare un salto di qualità verso la produzione di bio-polimeri. Si pensi, ad esempio, al consolidamento e all’affermazione di una Società come Novamont che da “costola” del colosso petrolchimico Montedison, ha saputo investire in ricerca mettendo insieme esperienze e saperi di settori diversi (chimico, agricolo, ambientale, ecc.), arrivando a brevettare un materiale innovativo attualmente venduto in tutto il mondo. Ecco, questo è il futuro della plastica; l’innovazione.
PolieCo Magazine
n. 13 - Marzo 2011
LE RAGIONI DI CONFCOOPERATIVE Intervista al Direttore Federazione Nazionale delle Cooperative di Produzione, Lavoro e Servizi di Confcooperative di Alberto Piastrellini
di riconversione ne di processo che di prodotto delle imprese coinvolte nella filiera, per cui abbiamo qualche preoccupazione sia per la tenuta delle imprese sul mercato e, conseguentemente, per il mantenimento dei livelli occupazionali. Vi sono state difficoltà nel passaggio dai primi a questi ultimi supporti per gli acquisti? Certo le notizie di stampa che davano per certo un ulteriore rinvio dell’adozione del provvedimento ha determinato nei produttori di shoppers un ritardo nell’approvvigionamento del materiale di produzione che genererà, nelle prossime settimane, qualche difficoltà.
Il divieto di commercializzazione degli shoppers in plastica non biodegradabili, non coinvolge soltanto il comparto della produzione e del riciclo, ma fa sentire i suoi effetti anche nella distribuzione commerciale, coinvolta a tutti gli effetti nella filiera. Il ruolo della grande distribuzione cooperativa, in questo senso, è quello di interfacciarsi con i consumatori finali, proponendo, allo stesso tempo, iniziative di sensibilizzazione ed informazione. Per meglio conoscere l’opinione di Confcooperative, abbiamo rivolte alcune domande al Direttore Nazionale delle Coooperative di Produzione , Lavoro e Servizi di Confcooperative, Mario Troisi, che ci ha esposto il suo pensiero.
Direttore, qual è la linea di pensiero di Confcooperative sulla questione delle nuove alternative ai tradizionali shopper in film di polietilene, ormai illegali? Il divieto di utilizzo degli shoppers tradizionali in polietilene risponde principalmente ad una esigenza ambientale: difatti lo shopper in plastica ha alcune caratteristiche ambientalmente dannose che i nuovi sistemi di imballaggio devono evitare. Innanzi tutto una vita “utile” brevissima, a fronte di una vita dannosa quasi eterna. Un sacchetto ha una vita utile di pochissime ore, mentre la sua non biodegradabilità lo fa restare nell’ambiente da un minimo di 15 a un massimo di 1000 anni. Inoltre, l’elevata fotodegradabilità produce un facile degrado in frammenti via via sempre più minuscoli che poi possono entrare nella catena alimentare, generando danni ingenti alla fauna atteso che molti animali muoiono per aver mangiato involontariamente un sacchetto di plastica abbandonato. Pertanto, come Confcooperative siamo assolutamente orientati a promuovere l’utilizzo dello shoppers biodegradabile ai sensi della normativa EN 13432. Dobbiamo però evidenziare, in quanto rappresentanti di imprese, che il provvedimento, come purtroppo spesso accade nel nostro Paese, ad oggi non è stato accompagnato da iniziative
Quali sono, a giudizio di Confcooperative, i vantaggi per i consumatori nell’utilizzo di tali buste? In generale lo sviluppo delle bioplastiche viene incontro agli obiettivi di Confcooperative di promuovere la green economy in ogni settore produttivo della nostra società. Certamente, c’è da aggiungere, le casalinghe più attente ricorreranno ai tradizionali e quasi dimenticati sistemi delle buste in rete o in yuta che favoriranno le politiche di riduzione nella produzione dei rifiuti. Questo cambiamento culturale già è apprezzabile e visibile. Sempre con maggiore frequenza, nei supermercati, il consumatore utilizza borse o simili di lunga durata e riutilizzabili a prescindere dalla gratuità del sacchetto.
7
Cosa cambia, per la grande distribuzione, a livello di costi? Spesso l’aumento dei costi viene sopportato più dai cittadini che dagli operatori del commercio, atteso che si assiste alla vendita di sacchetti in bioplastica nella Gdo al posto di quelli in plastica tradizionale che invece si regalavano. Nel caso della grande distribuzione cooperativa, però, già sono state sviluppate azioni e servizi gratuiti che rappresentano una sorta di compensazione. Mi riferisco, ad esempio, alla fornitura gratuita di strumenti di decalcificazione dell’acqua potabile o, anche, il recupero ed il riciclo a costo zero dei giocattoli realizzato con la collaborazione e su iniziativa dei PolieCo. Un problema rilevato sin dalle prime osservazioni è quello della fragilità di tali buste rispetto ai tradizionali shopper in polietilene. Cosa ne pensano i consumatori e quali accorgimenti state notando nei punti vendita? Il sacchetto biodegradabile ha di per sé delle caratteristiche meccaniche diverse, e se vogliamo inferiori, al sacchetto in plastica tradizionale. È pur vero che si verificano sempre più frequentemente rotture di sacchetti soprattutto a causa del peso della merce trasportata o della umidità di taluni prodotti. Credo però che la ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali (si pensi anche alle plastiche biodegradabili) ci consentiranno in breve tempo di far fronte a questi disagi. Data la natura in parte degradabile dei nuovi shopper, sembra che la destinazione finale, espletata la funzio-
www.polieco.it
ne di contenitore-trasporto della spesa, sia quella di contenere la frazione organica dei rifiuti domestici. Ma così non si creano “vuoti a perdere” o comunque poco riutilizzabili nel tempo? Credo sia opportuno cominciare a rivedere il concetto di imballaggio riutilizzabile: difatti la degradabilità del sacchetto prodotto ai sensi della norma 13432:2002 induce a valutare negativamente la possibilità che dopo che lo stesso sia stato usato per trasportare merce e/o prodotti possa essere utilizzato per contenere i rifiuti prodotti dalla singola utenza domestica. Risulta estremamente raro che i sacchetti si conservino integri dopo l’utilizzo e si può determinare pertanto la facile rottura del sacchetto quando utilizzato per contenere la frazione organica con conseguenti fenomeni sulla sostenibilità ambientale
8
urbana. Penso si debba cominciare a considerare il sacco per l’immondizia non una perdita di soldi o uno spreco per le famiglie ma un elemento fondamentale cardine di una corretta gestione dei rifiuti solidi urbani. Non c’è dubbio che un problema apparentemente banale possa rappresentare una opportunità per i produttori attraverso la realizzazione di strumenti idonei a sopperire alle prassi quotidiane. Anche in questo caso, però, auspichiamo interventi adeguati in ricerca ed accompagnamento delle imprese virtuose finalizzati ad uno sviluppo armonico della filiera del recupero, riciclo e riuso anche del polietilene e delle plastiche in generale.
n. 13 - Marzo 2011
LA VOCE DEI RICICLATORI
Intervista al Presidente di Assorimap, Corrado Dentis
di Alberto Piastrellini
giova ricordare, che con più del 5% di bioshoppers non è più possibile riciclare meccanicamente il film polietilene.
Pochi giorni fa sono apparse notizie circa un ricorso al TAR del Lazio contro il bando agli shoppers imposto dal Governo. Secondo alcuni, l’UE sarebbe pronta ad avviare una procedura di infrazione contro l’Italia alla quale potrebbe essere contestato un contrasto con la Direttiva sugli imballaggi. Indubbiamente l’accelerazione del Governo di fine dicembre ha creato il panico nei Produttori, ma, in realtà, tutta la filiera del polietilene ne ha risentito. Per approfondire le ragioni del comparto del riciclo, abbiamo rivolto alcune domande al Presidente di Assorimap, Corrado Dentis. Presidente, come hanno vissuto le Imprese del riciclo, l’introduzione della norma che vieta la commercializzazione di nuovi shoppers in plastica tradizionale? Devo dire che c’è stata e perdura una forte preoccupazione da parte delle aziende, soprattutto perché sembra che non si sia riusciti a mettere sul tavolo della discussione l’aspetto fondamentale che muove proprio le nostre aziende: il riciclo delle materie plastiche, in generale, e del film in polietilene, in particolar modo, soprattutto in relazione ad un provvedimento che andrà a chiudere uno sbocco di mercato importante per chi produce materiale riciclato. Si consideri che attualmente non sarà più possibile produrre nuovi shopper in film di polietilene partendo dal riciclaggio di quelli dismessi o da altri cascami di polietilene. Può farci un’idea dei danni che il mancato riciclo di questi materiali produrrà nelle aziende? Considerando il solo livello occupazionale, la filiera del riciclo delle materie plastiche, in Italia, coinvolge circa 5.000 addetti. Di questi, una buona parte è interessata al recupero del film per la produzione di shoppers ed è proprio su questa considerevole frazione che si abbatteranno più drammaticamente gli effetti di questa scelta operata dal Governo poiché inoltre,
Recentemente l’Antitrust si è pronunciato a sfavore degli shoppers prodotti da polietilene additivato con composti oxo-biodegradabili (in quanto questi ultimi ne pregiudicherebbero il sostanziale compostaggio, almeno secondo gli standard europei). Però a questo punto la frazione di polietilene che si deve miscelare al biopolimero per ottenere il film dove la si produce se, contestualmente, si favorisce un tracollo delle aziende italiane del riciclo? Non c’è il rischio di spostare la produzione da un’altra parte? Lei ha in parte intuito un problema che abbiamo già prospettato. Intanto, la forzatura normativa che si è venuta a creare pone un serio problema di libera circolazione delle merci e dei materiali in virtù di un presupposto “ambientale” tutto da dimostrare, almeno per il momento. Anche perché, nel caso della filiera del film in polietilene, si va a distruggere una filiera “chiusa”, proprio come prospettano i nuovi guru dell’economia ambientale. Mi spiego meglio, nel tempo si era arrivati a garantire il recupero totale del materiale derivante dal fine vita degli shoppers per la produzione di altri beni o degli stessi manufatti. Oggi questa filiera viene virtualmente interrotta con l’introduzione del bioshopper che, nel 90% dei casi non sarà riciclato, bensì avviato al compostaggio. Ma anche in questo caso le problematiche non mancano: questa nuova filiera è tutta da inventare. Non vorrei essere cattivo profeta, ma temo che nella stragrande maggioranza dei casi il bioshopper finirà in discarica dove, accanto al problema dello spazio disponibile e dei quantitativi conferiti, c’è quello relativo alle emissioni: metano, in questo caso, decisamente più pericoloso per l’effetto serra. Per tornare alla sua domanda, credo si sia voluto demonizzare un materiale agendo a livello di input, senza tener conto delle eccellenze ambientali che la filiera del film in polietilene aveva raggiunto nel tempo in termini di efficacia nel riciclo. Oggi, a mio avviso, in maniera un po’ miope, si è creduto di risolvere un aspetto dell’inquinamento ambientale togliendo di mezzo un materiale, ma, si badi bene, l’inquinamento dovuto all’abbandono indiscriminato nei suoli e nelle acque di sacchetti esausti, non dipende dal sacchetto in sé, bensì dalla scarsa educazione di chi compie tali atti, che peraltro penalizzano le aziende di riciclo stesse costrette a pagare per captare materiale da riciclare. Né si potrà giustificare l’abbandono indiscriminato dei bioshoppers con la scusa che questi si decompongono, perché, allora siamo al peggior livello del consumismo.
9
www.polieco.it
Cosa è mancato, secondo lei, a monte di questa decisione? Il problema degli shoppers “usa e getta” che finivano in discarica si sarebbe potuto risolvere agendo preventivamente con la formazione dei cittadini e, a valle, attraverso dinamiche che ne favorissero il massimo riciclo. Ricordo, infatti, che lo shopper/borsa in polietilene riciclato non è nato con la finalità “usa e getta” ma da sempre è stato più volte riutilizzato per essere poi conferito alla raccolta differenziata; al contrario il bioshopper nasce con le peculiarità di un bene “usa e getta”. E a questo punto mi domando pure: come si è lavorato negli ultimi anni per favorire il mercato dei prodotti riciclati? Credo che una soluzione più saggia, a questo punto, sarebbe stata quella che indicava nelle sporte riutilizzabili il futuro del trasporto della spesa, non certo quello di bloccare un’intera filiera produttiva dall’oggi al domani.
10
Stante il ricorso presentato alla Commissione Ue ed il relativo malcontento che serpeggia fra i produttori italiani, ci sono, a suo avviso, ulteriori margini di trattativa o di miglioramento a livello di norme? Forse è opportuno rispondere a questa domanda riferendosi ai due ambiti in gioco: quello politico e quello strettamente normativo. Pur non avendo competenze in materia, credo che a livello legale (ma anche nel rispetto della Comunità Europea) vi siano enormi margini di dubbio tali da stoppare la dinamica
che si è instaurata dai primi giorni dell’anno. A questo punto, devo ricordare che una iniziativa analoga si era già vissuta in Francia ed allora la risposta dell’Ue non si è fatta attendere sotto forma di un pronunciamento “restaurativo”, giustificato da una evidente distorsione nella concorrenza dei materiali. Quindi, credo che dal punto di vista normativo e legale, ci sia ancora molto da scrivere in proposito, non ultimo un probabile avviso di infrazione della Comunità Europea. Dal punto di vista politico, non conosco, nel dettaglio, i presupposti reali che hanno spinto il nostro Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ad intervenire con una scelta di questo tipo. Credo che se tale decisione fosse stata proposta in un ambito più esaustivo e completo, all’interno di uno scenario nazionale dove le aziende stesse produttrici non sono aprioristicamente prevenute nei confronti dell’ambiente e della sua tutela, allora, forse, si sarebbero evitate quelle perplessità che oggi sono oggetto della nostra riflessione. Se dovessi giudicare la dinamica dai fatti, dico che, mentre dal punto di vista normativo ci sono possibilità di confronto, sicuramente, da quello politico, noto una certa chiusura in partenza. Assorimap, indubbiamente sta cercando di fare il possibile per rimettere queste problematiche sul tavolo del confronto con le Istituzioni, per giungere quanto prima ad un provvedimento che preveda l’obbligo di produrre borse riutilizzabili interamente fabbricate con polietilene riciclato.
n. 13 - Marzo 2011
IL PUNTO DI VISTA DI UN PRODUTTORE DI “MISTO”
Intervista al titolare della Andolfi & C. Snc di Porto S. Elpidio
di Alberto Piastrellini
cata e delicata. Abbiamo notato una presenza di fumi negli ambienti anche se ci dicono che è un problema in via di risoluzione perché le stesse performance dei biopolimeri si stanno perfezionando.
Il bando alla produzione di shoppers tradizionali in film di polietilene, per i Produttori di film plastico, costituisce certamente una “tegola” di non poco conto e da tale problematica non sono esentati neppure quelle aziende che, magari da anni, hanno già diversificato la loro produzione introducendo sostanze addittivanti che favoriscono la degradabilità del materiale. Per saperne di più, abbiamo contattato Alessandro Andolfi, titolare della Andolfi & C. SnC, azienda marchigiana specializzata nella produzione di film flessibili per imballaggi industriali e shoppers per supermercati. Sig. Andolfi, quali prodotti producete per il mercato? Principalmente, film flessibili per imballaggi industriali e anche shoppers per supermercati con polietilene tradizionale alta e bassa densità ed anche shoppers in materiale biodegradabile anche con stampa in quadricromia. Ora, visto che dal 1° gennaio 2011 quelli di tipo tradizionale non possono essere commercializzati, stiamo spingendo sulla produzione di quelli biodegradabili. Come avete affrontato il passaggio da questo punto di vista? Abbiamo cominciato ad acquistare gli additivi necessari e i biopolimeri e abbiamo iniziato la produzione con i nuovi materiali. Quali difficoltà si sono presentate dal punto di vista tecnico? Finché si lavora con additivi non ci sono difficoltà, quando entrano in campo i biopolimeri è più difficile lavorare perché il materiale risente dell’umidità e di una minor tolleranza allo spessore sottile, inoltre entrano in gioco notevoli complicazioni di produzione, dal momento che alcune macchine risentono della differenza di materiale. Per fortuna, le nostre sono collaudate per lavorare anche il biodegradabile, tuttavia la lavorazione è un po’ più compli-
Dal punto di vista dell’approvvigionamento del materiale, diciamo che per quanto concerne il polietilene, voi, fino ad ora potevate captare il riciclato. Cosa succederà, da adesso in poi? Consideri che noi potevamo contare su un impianto di riciclaggio interno quindi tutto il materiale di scarto rientrava nel ciclo produttivo. Anche il biopolimero riusciamo a riciclare e c’è un mercato che ricerca questo materiale. Il problema è l’effettiva disponibilità dei biopolimeri; attualmente non c’è sufficiente quantità in rapporto alle richieste del mercato che sono esplose. Per assurdo che sia, abbiamo ordinativi che non riusciamo ad evadere dal momento che non riusciamo a reperire le quote di biopolimero necessario e questo porterà ad un calo dei fatturati e relativo aumento dei costi aziendali. Nel tempo come pensate di risolvere questa situazione, dal momento che bisognerà produrne certamente di più? I fornitori ci hanno assicurato che l’offerta aumenterà e in questo caso è chiaro che il discorso verrà riequilibrato con il tempo, altrimenti chi non riesce ad ottenere biopolimero si dovrà adattare con gli additivi, legge permettendo, che rendono biodegradabile il film tradizionale e che sono certamente più a buon mercato. In ogni caso non hanno problemi di disponibilità.
11
Dal punto di vista dei costi questi nuovi materiali incidono o meno in maniera rilevante? Il biopolimero incide molto e il prodotto finito supera del doppio o del triplo quello tradizionale. Quindi considerato che per il clienti il costo diventa importante e molto oneroso per rimanere sul mercato a prezzi concorrenziali, quello che decresce è il nostri margine di chi produce. Diciamo che ci troviamo nelle condizioni di dover sopportare un esborso notevole per poter lavorare a fronte di un ritorno economico addirittura inferiore rispetto a quello che poteva scaturire da una produzione tradizionale. Considerando questi fattori, voi che siete produttori di misto, come avete salutato la nuova normativa? Ma guardi per noi questo è un film già visto nel ’97. Allora i sacchetti di plastica erano tassati di 100 Lire, mentre venivano esentati quelli realizzati in materiale biodegradabile. Anche allora si utilizzavano additivi e i sistemi di analisi della degradabilità erano meno evoluti e si operava in assenza di uno standard europeo. Oggi la cosa è un po’ più seria il cliente è più preparato
www.polieco.it
e se esige il biopolimero non ci saranno scorciatoie con le difficoltà di approvvigionamento e di costo esoso della materia prima di cui parlavamo e questo non è un bene per noi che produciamo. Tuttavia non riusciamo a comprendere appieno lo spirito della legge se consideriamo che il polietilene si ricicla facilmente e a basso costo ed è inerte al contatto con gli alimenti risulta essere un materiale ecologico che si comporta come il vetro. Certo, c’è il problema dell’abbandono indiscriminato sul suolo, ma quello è inquinamento che deriva da comportamenti illeciti e dalla ignoranza. Il problema non è il materiale in sé. Volendo colpire l’usa e getta era sufficiente obbligare l’uso del materiale biodegradabile solo a shoppers magari di spessore inferiore ai 50 micron senza creare grandi disagi economici e occupazionali alle aziende del settore.
12
C’è una differenza di performance fra i vari materiali che compongono i nuovi bio-shoppers? Se si tratta di materiale addittivato la capacità alla resistenza e al carico è pressappoco la medesima del film in polietilene tradizionale; se si tratta di biopolimero, occorre aumentare lo spessore in proporzione e comunque il rischio di rottura del film è superiore.
Secondo lei le Associazioni di produttori di materiale plastico potevano gestire meglio questa problematica? C’è chi si è attivato con un ricorso al TAR del Lazio. Consideri che stiamo lavorando solo sulla base legislativa di un comunicato stampa del Ministero dello Sviluppo Economico, un documento molto generico che non ha niente a che vedere con l’efficacia esplicativa di un decreto legge che era sicuramente dovuto e nei dovuti tempi con opportuno anticipo. Questo non succederebbe neanche nell’ultimo fra i Paesi meno evoluti da un punto di vista giuridico. Il mondo dell’industria non può lavorare con riferimenti normativi così labili. In Europa mi risulta che non esista nessuno stato che prevede che possano essere aboliti gli shoppers in polietilene, tant’è vero che nel 2007 è stato fatto un ricorso contro la Francia che aveva prodotto una normativa analoga alla nostra e tutto è stato ripristinato riammettendo l’uso e la commercializzazione degli shoppers. Attualmente restiamo in attesa dei decreti attuativi per capire cosa dovrà essere abolito esattamente e speriamo si faccia chiarezza velocemente. Vero è che nel frattempo l’unione dei produttori europei delle materie plastiche ha presentato un ricorso alla Corte di Strasburgo, per cui, restiamo in attesa degli eventi.
n. 13 - Marzo 2011
ALCUNE RIFLESSIONI SUL SACCHETTO DI PLASTICA a cura di Deni Severini
Durante la redazione di questo numero del PolieCo Magazine, abbiamo contattato la Altene SpA sita in comune di Capannori (LU), società produttrice di borse da asporto e shopper tradizionali in plastica, domandando ad uno dei Soci, il Sig. Deni Severini, una riflessione “a caldo” sul bando imposto dal Governo, così come giudicato dal punto di vista di un produttore. p Ne è scaturita una riflessione a tutto campo che presenN ttiamo nelle pagine seguenti.
(commi: 1129, 1130 e 1131 della Legge Finanziaria 2007 - n. 296 del 27/12/2006), ha originato solo incertezza, che in un mercato già provato dalla crisi economica, è un’ulteriore fattore di preoccupazione. Sono a rischio 4.000 posti lavoro. Al momento gli operatori economici non sanno cosa fare e si profila la paralisi del mercato. Come Azienda produttrice di imballaggi, borse e sacchettame in materie plastiche, dal nostro ravvicinato punto di osservazione abbiamo potuto constatare che il comparto delle borse da asporto è completamente fermo fin dai primi di dicembre pur potendo produrre anche le borse biodegradabili. Tralasciando ogni considerazione tecnica riguardo alla legge (risulta inapplicabile per mancanza di decreto attuativo ed è inoltre contraria alle disposizioni comunitarie), nel merito non pare utile ai dichiarati fini ambientali e pratici. Per dirla con una battuta è come proibire l’uso degli accendini a gas per accendere le sigarette al fine di eliminare lo smog! Vorrei inoltre ricordare che la Comunità Europea richiede che i sacchetti di plastica abbiano almeno uno dei seguenti requisiti: riutilizzabili, recuperabili per riciclo di materia, recuperabili sotto forma di energia, biodegradabili. Quindi anche i non biodegradabili possiedono 3 requisiti su 4.
U Una premessa A tutti farebbe piacere vivere in un mondo puro e pulito, ssenza smog, senza plastica, senza carta e senza tutto il resto che… “inquina”, ma siamo disposti a tornare aalle candele per illuminare e alle carrozze a cavallo per muoversi?! m Bello, ma impossibile quindi è meglio mettere da parte la B ssuperficialità, le ipocrisie e le ideologie demagogiche… tornare con “i piedi per terra” e fare i conti con la realtà to cche stiamo vivendo. Amare e rispettare l’ambiente, sono azioni continuatiA ve che prendono corpo fin dai piccoli gesti quotidiani; v perciò dobbiamo assumere comportamenti virtuosi, usap rre meglio e consapevolmente quello che abbiamo e… rriutilizzarlo. Poi, recuperare e riciclare bene e correttamente, affinché P il rimedio non sia peggiore del male! Quindi ben venga l’utilizzo delle “vecchie” sporte riutilizQ zzabili come suggerito da alcuni, ma senza demonizzare il sacchetto di plastica che a ben guardare è anch’esso una specie di sporta. u
E poi qual è il problema che si vorrebbe risolvere con questa legge: lo shopper in sé o la plastica? Tutto il clamore scatenato sin dalla Finanziaria del 2007 con l’obiettivo della messa al bando degli shoppers è dovuto a cosa? Al sacchetto? Solo perché ne troviamo alcuni indebitamente gettati senza riguardo alcuno nei fiumi e nei mari, si pensa di risolvere il problema eliminando un materiale? Lodevole intento! Tuttavia pare un colpo fuori bersaglio; salvo rari casi, infatti, nessuno butta via un sacchetto vuoto lasciandolo in giro. Accade, invece, che il sacchetto venga riempito di rifiuti e poi buttato, ed è questo il punto! Perché se invece di gettarlo nei cassonetti o nelle discariche regolari viene buttato in giro o in discariche abusive è inevitabile che prima o poi lo si ritrovi nell’ambiente, con tutto il suo contenuto. È lampante, quindi, dove sta la responsabilità dell’inquinamento ambientale, non certo nel materiale in sé, quanto nei comportamenti umani.
V Veniamo alla legge: confusione totale! IIl caos generato dal divieto di commercializzazione dei ssacchi per il trasporto delle merci non biodegradabili
Se l’obiettivo della norma, viceversa, è colpire la plastica, pare ovvio che sia ben altro il bersaglio reale. Basti notare la nostra spesa all’uscita dal supermercato:
13
www.polieco.it
dentro la busta di plastica che pesa circa 10 grammi abbiamo sotto le più varie forme (flaconi, vasetti, blister, vaschette, bottiglie, tappi, coperchi, ecc.) almeno, 30, 40, 50 volte o più la quantità di plastica del sacchetto. Allora perché colpire il sacchetto? Che tra l’altro è l’unico bene riutilizzabile tal quale? E poi senza sacchetto come conferiamo i rifiuti domestici? Come possiamo sviluppare la raccolta differenziata? Non certo nei sacchi di carta o di cotone o di rafia ma occorrerebbe tornare a quelli di plastica da acquistare o acquisire a parte. Si tenga presente, oltretutto, che i sacchetti biodegradabili e compostabili sono adatti per i rifiuti organici ma non per tutti gli altri rifiuti. Pare chiaro, quindi, che eliminare il sacchetto di plastica a favore di altri sacchi che siano di plastica biodegradabile o in altri materiali non risolve il problema di fondo.
14
Inoltre è utile focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti per evitare che alcune informazioni errate diffuse e amplificate dai media inducano a false convinzioni: • non è vero che lo shopper è monouso; • non è vero che lo shopper non è riciclabile; • non risulta dimostrato scientificamente che inquini, ne per 1000 anni come dicono, ma nemmeno per 100, è inerte e stabile; • non è vero che fa strage di uccelli e pesci; • non risulta vero che esista nell’oceano un’isola galleggiante di sacchetti di plastica; • non è vero che l’Italia con la messa al bando degli shoppers si adegua alle direttive comunitarie; anzi è vero il contrario e certamente subiremo provvedimenti come è già successo alla Francia in occasione di analoghe iniziative datate al 2006; • al momento non risulta vero che la legge sia in vigore. I pregi del sacchetto in plastic plastica • È riutilizzabile e adatto per ta tantissimi impieghi; • è economico, utile, leggero e tascabile; • a differenza di altri imballi la l produzione del sacchetto non inquina, non comp comporta consumo di acqua né emissione di fumi e non produce p spreco o rifiuti perché consente di recuperar recuperare totalmente gli sfridi e gli scarti; • il rapporto peso/resistenza è alto a e nettamente superiore a qualsiasi altro tipo di borsa; b • ci permette di raccogliere com comodamente i rifiuti domestici agevolando la raccolta differenziata; • è riciclabile; • è virtuoso perché consente l’u l’uso proficuo di materie riciclate. Infatti può essere fatto fatt con plastiche di recupero senza utilizzo quindi di materie prime vergini; • insostituibile nella vita di tutti tut i giorni, nelle nostre case, per conservare e proteg proteggere le nostre cose, dal contatto con l’aria, polvere, u umidità etc. etc. Infine: una considerazione considerazione! Molte sono le cose che il progresso pr ci mette a disposizione per elevare la qualità della nostra vita, sta a noi farne bu buono e appropriato uso. Per esempio solo in Ita Italia muoiono purtroppo migliaia di perso persone vittime di incidenti stradali non per questo le colpe sono attribuite alle automobili bensì all’uso improprio che c ne viene fatto!!! E a nessuno v viene in mente (ovviamente!) di mettere al bando le autom automobili!
n. 13 - Marzo 2011
15
www.polieco.it
C
M
Y
CM
MY
CY CMY
K
egAMBIENTE_tf2011_210x297col 22/02/11 11.47 Pagina 1
Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità ONLUS
mostra-convegno internazionale
terrafutura buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile
abitare
firenze - fortezza da basso produrre
20-22 maggio 2011 VIII edizione ingresso libero
coltivare
• appuntamenti culturali • aree espositive • laboratori • animazioni e spettacoli
agire
governare
Terra Futura 2011 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus per il sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale. È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente. In collaborazione e con il patrocinio di Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA e numerose altre realtà nazionali e internazionali. Relazioni istituzionali e Programmazione culturale Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus tel. +39 049 7399726 - email fondazione@bancaetica.org
Organizzazione evento Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. tel. +39 049 8726599 - email info@terrafutura.it
www.terrafutura.it
ciano magenta giallo nero
n°3 Marzo 2011 Anno XII
mostra convegno internazionale dellʼenergia sostenibile
SMART CITY alla ribalta... • telegestione • bioenergia • casa attiva • ecomobility • ciclo virtuoso rifiuti
TORINO
07-09 APRILE
orario: 9-19 nellʼambito di
preregistrazione online
con il sostegno di
Free Service Edizioni
energethica.it
Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona
®
CN/CONV/0969/2010
n°
3
MARZO
2011 Anno XII €
7,00
26 MARZO 2011
ciano magenta giallo nero