R&A n. 3 Marzo 2010

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n°3 Marzo 2010 Anno XI

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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n° MARZO

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2010

Anno XI

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In copertina: World Water Day 2010 “Communicating Water Quality Challenges and Opportunities”

n°3 Marzo 2010 anno XI

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Formalizzate le proposte di riduzione delle emissioni previste dal Copenhagen Accord Falliscono l’obiettivo di contenimento del riscaldamento entro i 2 °C L’ultima occasione per l’UE di riaffermare una leadership

9 La credibilità dell’IPCC sotto la pressione degli ecoscettici e dei propri errori Climategate, ghiacciai himalayani e... Olanda sott’acqua L’ONU decide di sottoporre a revisione l’AR4, ma ne convalida la scientificità

12 Diffuso lo Studio commissionato dall’ICTSD Una strategia concreta per il trasferimento di tecnologia ai paesi in via di sviluppo Preliminare il sostegno finanziario a Università e Istituti di Ricerca dei PVS

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Progettazione e gestione delle discariche Confindustria Palermo e Ordine Regionale dei Geologi hanno promosso un evento dedicato all’approfondimento di una tematica quanto mai attuale di Dario Cordone


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“L’economia riparte dalle rinnovabili” di MGP Comunicazione

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Potenzialità della Rete dei Laboratori ISPRA/ARPA/APPA A supporto delle attività di controllo previste dal Regolamento REACH di Stefania Balzamo, Maria Belli, Daniela Conti, Maria Gabriella Simeone, Vanessa Ubaldi

20 La Commissione UE pubblica Studio di fattibilità In arrivo l’agenzia europea dei rifiuti Saranno controllate le inadempienze e le spedizioni sui rifiuti degli Stati membri

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INNOVAZIONE E CREATIVITÀ

Moderne soluzioni su antichi princìpi Dal vento all’acqua Tecnologie per catturare l’umidità dell’aria e trasformarla in acqua

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IL COMMENTO

Il Sistema di Tracciabilità dei Rifiuti sottoposto a lobbying SISTRI: si parte!... anzi no! Con le continue proroghe non si esce dalle emergenze MATERIALE IN INSERTO Decreto 17 dicembre 2009 (S.O. n. 10 alla G.U. 13 gennaio 2010 n. 9) Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti - SISTRI

ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Pubblicata la Ricerca AssoICIM Le aziende italiane verso le rinnovabili per tagliare i costi della bolletta energetica Nonostante le incertezze legate a tempi e modi dei finanziamenti

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EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ

22 marzo 2010 Giornata Mondiale dell’Acqua “Comunicare la qualità delle acque: sfide e opportunità” Ancora scarsa la sensibilità del mondo politico

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SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI Per migliorare i propri impianti di selezione dei rifiuti Nuovi investimenti deliberati dal Consiglio di Amministrazione di Luca Romagnoli

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QUALITÀ E AMBIENTE

Più della metà della popolazione mondiale è urbanizzata Città più intelligenti per un futuro più sostenibile Decisivo il ruolo degli Amministratori locali

48 Inaugurata a Milano la Mostra “Green Life” “Costruire Città Sostenibili” Il futuro è già presente di Massimo Lombardi


Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità

mostra-convegno internazionale

terrafutura buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile

firenze - fortezza da basso

abitare

28-30 maggio 2010

produrre

VII edizione ingresso libero

coltivare

• appuntamenti culturali • aree espositive • laboratori • animazioni e spettacoli

agire

governare

Terra Futura 2010 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica per conto del sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente. In collaborazione con Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA e numerose altre realtà nazionali e internazionali. Relazioni istituzionali e Programmazione culturale Fondazione Culturale Responsabilità Etica via N.Tommaseo, 7 - 35131 Padova tel. +39 049 8771121 fax +39 049 8771199 email fondazione@bancaetica.org

Organizzazione evento Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. via Boscovich, 12 - 35136 Padova tel. +39 049 8726599 fax +39 049 8726568 email info@terrafutura.it

www.terrafutura.it


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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

La biodiversità come attore della Governance La politica deve usare il lInguaggio della scienza, non quello dello spettacolo Adottata dalla Commissione una comunicazione sul futuro della biodiversità nell’UE

La sottoscrizione di accordi di programma per l’attuazione semplificata del SISTRI e della normativa in materia di rifiuti: il ruolo centrale delle regioni e degli enti locali di Maria Adele Prosperoni

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AGENDA 21

LIFE+ CHAMP: Risposte locali al cambiamento climatico

56 World Economic Forum, Davos (27-31 gennaio 2010) C’è anche la perdita di Biodiversità nel “Global Risks 2010” dell’economia Migliorare lo stato del mondo: Ripensando, Riprogettando, Ricostruendo

a cura della Segreteria del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

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AMBIENTE E ARTE

“Avatar”: la ricerca del paradiso perduto Quale immagine della Natura emerge dal film che ha sbancato botteghini ed entusiasmato le platee globali? di Alberto Piastrellini

58 Dopo trent’anni di modifiche Codificata la Direttiva “Uccelli” In Italia continuano ad imperversare le polemiche per i calendari venatori

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Pubblicato il Rapporto FAO “Stato dell’Alimentazione e dell’Agricoltura” “Per una zootecnia più sostenibile” Più sostenibile e salutare sarebbe la riduzione del consumo di carne nei Paesi sviluppati

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere POLIECO MAGAZINE AMBIENTE ABRUZZO NEWS


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Formalizzate le proposte di riduzione delle emissioni previste dal Copenhagen Accord

FALLISCONO L’OBIETTIVO DI CONTENIMENTO DEL RISCALDAMENTO ENTRO I 2 °C

L’ultima occasione per l’UE di riaffermare una leadership

I colloqui internazionali sul clima a olandese non guiderà più i colloqui e Copenhagen nel dicembre scorso le trattative tra le Parti, avendo dato le sono stati generalmente considerati sue dimissioni effettive dal 1° luglio deludenti, se non un fallimento. Alla 2010, per andare come consulente per fine di frenetiche attività si è raggiunto il clima alla KPMG, Società con sede un Accordo tra i Paesi BASIC del quale ad Amsterdam leader nella consulenza le Parti della Convenzione quadro alle imprese in materia fiscale. sui Cambiamenti Climatici dell’ONU Evidentemente né lui, né il Segretario (UNFCCC) hanno semplicemente generale ONU, Ban Ki-moon, che non “preso atto”. Tale espressione stava l’ha invitato a rimanere, sono rimasti soddisfatti degli esiti di Copenhaa significare che non sussisteva gen, nonostante si debba riconoscere condivisione sul testo proposto all’Assemblea e che esso non esercitava che de Boer in questi 4 anni abbia alcun effetto giuridico, lasciando liberi condotto con tenacia ed impegno le i Paesi a partecipare volontariamente defatiganti trattative. a fare “ciò che avevano già detto che avrebbero fatto”, che è poi quel che Anche i partecipanti alla Tavola Roè effettivamente accaduto. tonda “The Road from Copenhagen”, organizzata dal Massachussets Institute Nel Copenhagen Accord si concordava che “sono necessari drastici tagli of Technology (MIT) il 5 febbraio, sono alle emissioni globali in accordo con stati concordi nell’osservare che i suoi la scienza e come è documentato nel risultati in realtà rappresentano un reIV rapporto di valutazione dell’IPCC, ale progresso negli sforzi del mondo di ridurre le emissioni in modo da per scongiurare i pericoli dei cambiacontenere l’aumento della temperamenti climatici e potrebbero risultare Il termometro mostra l’incremento della tempetura globale entro i 2° C”. A tal fine le nel lungo periodo migliori di quelli ratura globale con un margine di incertezza in Parti della Convenzione di cui all’Alche in molti avrebbero considerato un relazione agli impegni assunti dai Paesi (fonte: Climate Action Tracker) legato I (i Paesi industrializzati) che successo se fosse stato ratificato un avessero aderito all’Accordo avrebbero accordo a Copenhagen. formalizzato le loro proposte di riduzione delle emissioni Henry Jacoby, co-Direttore del Programma MIT su Scienza al 2020 presentando al Segretariato delle Parti entro il 31 e Politica dei Cambiamenti Globali ha dichiarato che “L’imgennaio 2010 i loro obiettivi. Alla stessa data, le Parti non portante è non perdersi d’animo, perché qualsivoglia azione incluse nell’Allegato I (i Paesi in via di sviluppo) avrebbero venga intrapresa ha un ruolo nella riduzione dei rischi da comunicato, anche loro su base volontaria, i propri obiettivi conseguenze gravi dei cambiamenti climatici”. e impegni di mitigazione dei cambiamenti climatici. In particolare, Steven Steinfeld Direttore del MIT-China Secondo quanto è riportato sul sito dell’UNFCCC, alla da- Programme ha osservato che una componente essenziale ta del 4 febbraio 2010 risultavano aver aderito 91 Paesi, per il conseguimento di qualunque accordo sarà costituito compresi i 27 Paesi membri dell’Unione europea, che rap- dal ruolo che assumerà la Cina e, in questo senso, è motivo presentano totalmente l’80,5% delle emissioni globali. La di ottimismo rilevare che c’è notevole divario fra le posizioni maggior parte delle carte sono ora sul tavolo. Allora, qual politiche di opposizione a limiti di emissione, espresse nelle è il verdetto? Non vi è motivo di speranza, o era tutto il grandi assise, e quel che avviene effettivamente all’interno malcontento giustificato? del Paese. Quali considerazioni possono trarsi da questi dati? “Oggi stiamo assistendo a sbalorditivi investimenti in tutti i Secondo Yvo de Boer, Segretario esecutivo dell’UNFCCC, settori energetici cinesi per nuove tecnologie d’avanguardia è un risultato che convalida l’Accordo volontario di Co- in grado di soppiantare le vecchie infrastrutture - ha afferpenhagen: “Quasi 100 Paesi responsabili dell’80% delle mato Steinfeld - Questo significa che i cambiamenti climatici emissioni di CO2 hanno presentato gli obiettivi nazionali sono in atto e che la Cina è vulnerabile”. per affrontare i cambiamenti climatici. Questo sottolinea I partecipanti hanno pure indicato in 2-2,5 °C l’aumento la loro volontà di accettare la sfida del global warming della temperatura globale se gli impegni formalizzati venised è un buon presupposto per giungere ad una soluzione sero rispettati e le azioni di mitigazione messe in atto dai concordata a Cancun”. Paesi in via di sviluppo potessero usufruire di un budget Alla COP16 di dicembre 2010 in Messico, però, il diplomatico finanziario offerto dai Paesi industrializzati superiore di 4-5

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volte rispetto a quanto finora promesso.

con possibilità di raggiungere il 40% se ci sarà un accordo vincolante a fine 2010) e Giappone (25% rispetto al 1990) sono gli unici a conseguire la “sufficienza”. Un discorso a parte merita l’Unione europea: se la riduzione rimane del 20% rispetto al 1990 (e così sarà perché Polonia e Italia si sono opposte ad un eventuale aumento di riduzione delle emissioni) il target è “insufficiente”; qualora si raggiungesse il 30%, si avvicinerebbe alla “sufficienza”. Tra i Paesi in via di sviluppo, c’è da segnalare che i cosiddetti Paesi BASIC (Brasile, Sudafrica, India e Cina) che hanno attivamente partecipato all’elaborazione del Copenhagen Accord, si erano incontrati il 24 gennaio a Nuova Delhi, per concertare un’azione comune in vista della scadenza del 31 gennaio, annunciando che, oltre a formulare le loro

Al moderato ottimismo di de Boer e del MIT si contrappone lo sconsolante dato che emerge dal sito “Climate Action Tracker” che aggiorna continuamente i dati delle emissioni globali e delle proposte di riduzione dei vari Paesi, sulla base di una metodologia elaborata da organismi indipendenti di alto profilo scientifico, quali Ecofys, Climate Analytics e Potsdam Institute for Climate Impacts Research (PIK): le proposte di riduzione delle emissioni presentate dai vari Paesi entro il 31 gennaio 2010 non sono coerenti con l’obiettivo di contenere entro i 2 °C il riscaldamento globale. Secondo Climate Action Tracker gli attuali impegni porterebbero il Pianeta verso un riscaldamento globale di oltre 3 °C al di sopra dei livelli preindustriali entro il 2100. Né la situazione poteva essere cambiata rispetto a quanto emerso dal Briefing paper “Copenhagen Climate Deal - How to Close the Gap?”, presentato il 15 dicembre al Bella Center sede della COP15, in cui si metteva in risalto che con le proposte sul tappeto allora ci sarebbe stata una riduzione di soli 2 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti su un totale di emissioni previste al 2020 di 57 miliardi, rispetto ai 13-17 miliardi necessari per raggiungere l’obiettivo dei 2 °C. Ora, le proposte formalizzate non differiscono sostanzialmente da quelle che i grandi emettitori mondiali avevano preannunciato e solo 2 Paesi tra i 10 Paesi industrializzati grandi emettitori hanno conseguito una qualifica di “sufficiente”, secondo Climate Action Tracker. Le variazioni significative tra i Paesi sviluppati provengono dalla Russia che ha leggermente aumentato il suo livello di ambizione (un range dal 15% al 25% rispetto al 1990, condizionato dalla contabilizzazione delle sue risorse forestali e dagli impegni degli altri grandi emettitori), comunque inferiore alle necessità; mentre il Canada l’ha addirittura ridotto al 17% rispetto al 2005, conforme all’obiettivo dichiarato degli USA; e il Kazakistan ha proposto per la prima volta un suo impegno (15% rispetto al 1992). Norvegia ( 30% rispetto al 1990, (fonte: Climate Action Tracker)

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proposte relative alle loro azioni di Speriamo che il suo esempio possa mitigazione volontarie, è loro ferma essere seguito da altri Paesi. intenzione proseguire attraverso le due tracce negoziali redatte dai due GrupAlcuni paesi dell’America Latina pi di Lavoro ad hoc (AWG sull’Azione che sono stati decisamente contrari di Cooperazione a Lungo Termine e all’Accordo di Copenhagen, con la AWG sul Protocollo di Kyoto), come Bolivia di Evo Morales in testa, hanno base di partenza per i nuovi colloqui organizzato una Conferenza a Cochache non dovrebbero limitarsi alla tapbamba (Bolivia) dal 20 al 22 aprile pa intermedia di Bonn (31 maggio - 11 per denunciare il “patto” BASIC-USA giugno) prima del Messico, bensì ine puntare ad una specie di tribunale contrarsi almeno altre cinque volte. internazionale per crimini ambientali, “Insufficiente”, comunque, è il giudizio che rischia di avere ulteriori ripercusdi Climate Action per la Cina che ha sioni sul processo negoziali. annunciato un obiettivo di riduzione delle emissioni da attività di mitigazioIn questa situazione, con gli USA che ne tra il 40% e il 45% rispetto a livelli stanno dimostrando di non essere in del 2005 per unità di PIL. A fronte di grado di assumere una leadership, si ambiziosi obiettivi di riduzione nell’uso offre un’ultima occasione all’Unione dei combustibili solidi da sostituire europea di riprendere le sue ambiConnie Hedegaard, neo Commissario UE al clima progressivamente con fonti rinnovaziose aspirazioni di guida contro il bili (15% di consumo energetico primari entro il 2020) per riscaldamento globale, che erano state conculcate dalle inile quali è diventato il più grande investitore mondiale, di ziative USA-BASIC, ma anche dalla sua incapacità a parlare aumento di 40 milioni di ettari di superficie forestale (sempre con una sola voce, come abbiamo osservato all’indomani entro il 2020) era lecito attendersi un maggiore sforzo da della Conferenza di Copenhagen (ndr: “Le Major Countriprimo emettitore mondiale, anche in considerazione che i es dettano le condizioni”, in Regioni&Ambiente, nn. 1-2 suoi tassi di crescita economica determineranno, nonostante gennaio-febbraio 2010, pag. 6 e segg.). la riduzione dell’intensità di carbonio, un raddoppio delle Questa nostra considerazione ha trovato conforto nelle emissioni entro il 2020. dichiarazioni rese dalla nuova Commissaria UE al Clima Anche l’India si è impegnata sulla base di unità di PIL, ma Connie Hedegaard che nel corso dell’audizione al Parper azioni che comporteranno una riduzione del 20-25% dei lamento UE dei candidati alla nuova Commissione UE ha livelli di emissione del 2005. È decisamente basso, quindi, il affermato che “Nelle ultime ore di Copenhagen, Cina, Inlivello di ambizione per un Paese che è il 7° emettitore mon- dia, Giappone, Russia, USA hanno ciascuno parlato con diale (il 5° per i combustibili solidi) di CO2 equivalente. una sola voce, mentre l’Unione europea si è espressa con Leggermente migliore è la proposta dell’Indonesia, altro diverse e numerose voci. A volte abbiamo bisogno di tempo grande emettitore mondiale (5° posto), che arriva ad azioni per metterci d’accordo tra di noi, poi, quando andiamo in grado di abbattere le emissioni del 26%, ma rispetto agli a negoziati internazionali, siamo incapaci di negoziare. attuali livelli. Credo che dobbiamo migliorare affinché l’Europa assuma L’impegno del Brasile è il più ambizioso tra i grandi emet- un ruolo più forte nel mondo”. titori (4° posto nella graduatoria mondiale) delle economie Anche il Parlamento UE sembra esserne convinto, dal moemergenti, avendo formalizzato un piano di azioni di mi- mento che nella Risoluzione approvata il 10 febbraio u.s. tigazione che ridurrà del 36-39% le emissioni rispetto al si legge: “L’Unione europea ha fallito nel tentativo di svol1994, impegnandosi anche a ridurre dell’80% entro il 2020 gere un ruolo guida nella lotta contro il cambiamento”. Disapprovando l’assenza di unità degli Stati membri, i Parla deforestazione. Ha stupito negativamente il Messico, sede della prossima lamentari europei sottolineano che “è urgente che l’UE parli Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, che aveva con una sola voce nei prossimi negoziati sui cambiamenti annunciato una riduzione del 30% rispetto alla situazione climatici”. attuale a seguito delle attività di mitigazione, a condizione C’è la necessità di dar vita ad una nuova “diplomazia clidi un adeguato sostegno finanziario e tecnologico da parte matica”, prosegue la risoluzione: “L’Alto rappresentante dei Paesi sviluppati, ma non ha poi formalizzato entro il 31 dell’UE per gli Affari Esteri e il Commissario per l’Azione gennaio le sue intenzioni. sul Clima dovrebbero condurre questa strategia, lavorando Di forte impatto morale e mediatico, seppur di scarso peso soprattutto con i Paesi in via di sviluppo ed emergenti più rispetto alle emissioni globali, è la scelta delle Maldive di progressisti. Le politiche climatiche dovrebbero essere incluse proporre l’obiettivo di mitigazione più ambizioso: entro il in ogni partenariato strategico ed accordi di cooperazione 2020 il piccolo Paese insulare diventerà carbon neutral, bi e multilaterale, al fine di definire una strategia estera tagliando le emissioni di anidride carbonica del 100%. coerente di protezione del clima”. Nella lettera inviata il 29 gennaio 2010 al Segretario esecu- Nella risoluzione si chiede pure che l’UE aumenti unilateraltivo UNFCCC, il Ministro degli Esteri delle Maldive Ahmed mente la sua ambizione di fissare un obiettivo di riduzione Shaheed ha sottolineato che “Le Maldive presentano le azio- superiore al 20%, ma, come abbiamo già rilevato, nel Conni di mitigazione volontarie e incondizionate, affinché siano siglio dei Ministri non c’è stato accordo su tale aspetto. registrate e rese pubbliche, per poi essere internazionalmente esaminate e verificate”.

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La credibilità dell’IPCC sotto la pressione degli ecoscettici e dei propri errori

CLIMATEGATE, GHIACCIAI HIMALAYANI E... OLANDA SOTT’ACQUA L’ONU decide di sottoporre a revisione l’AR4, ma ne convalida la scientificità

Alla vigilia della Conferenza di Copenhagen e subito dopo il suo svolgimento, alcuni contenuti del Rapporto IPCC (2007) sono stati sottoposti al tiro mediatico degli ecoscettici per accusare di scarsa attendibilità il lavoro dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, il documento base su cui i decision makers dovrebbero prendere le decisioni politiche per contrastare il riscaldamento globale e per raggiungere un eventuale accordo post-Kyoto.

Andando con ordine, il primo episodio è il cosiddetto “Climategate”, ossia la pubblicazione di alcune e-mail delle oltre mille che sono state sottratte, con un atto di pirateria informatica di cui tuttora non si conoscono i responsabili, dal Climate Research Unit (CRU) dell’East Anglia University e pubblicate immediatamente su numerosi quotidiani. Le mail riguardavano lo scambio di corrispondenza privata tra gli scienziati e ricercatori del Centro ed i loro colleghi in altre parti del mondo. Si riferivano ad un periodo andava dal 1997 in poi, ma ne sono state prescelte, dopo essere state velocemente monitorate, quattro che sembrerebbero corroborare l’ipotesi di un tentativo di manipolare i dati a disposizione per enfatizzare il riscaldamento globale e i suoi “catastrofici” effetti. Il Direttore del CRU, il prof. Phil Jones si è temporaneamente dimesso in attesa delle conclusioni della Commissione d’inchiesta, voluta dall’Università, per accertare se con il suo comportamento abbia violato la legislazione sulla libertà di informazione (Fol Act), allorché avrebbe omesso di fornire

Poiché in questi ultimi tre anni Regioni&Ambiente ha seguito con puntualità le relazioni scientifiche sui cambiamenti climatici, nonché le varie tappe del processo negoziale che non si è ancora concluso e del quale vogliamo continuare ad interessarci (come dimostrano altri articoli di questo stesso numero) non possiamo sottrarci a liquidare quanto accaduto con un semplice giudizio di tendenziosità ed offriamo al lettore l’opportunità di avere elementi di giudizio su cui sia possibile farsi una propria opinione, con l’avvertenza che cercheremo di essere obiettivi, ma non neutrali.

Il “bastone da hockey di Micahel Mann e altri”, ripreso dal Rapporto IPCC (2001), indica l’andamento delle temperature dell’emisfero settentrionale negli ultimi mille anni, effettuato tramite ricostruzione delle temperature sulla base della larghezza degli anelli degli alberi fino al 1850 e con i dati strumentali successivamente, mettendo in evidenza l’impennata negli ultimi 2 secoli. L’esempio riportato si riferisce alle temperature registrate in Inghilterra tra il 1659 e il 2007.

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le informazioni richiestegli nel maggio 2008 dall’eco-scettico on. David Holland, poiché non sarebbe stato più in grado di rintracciare la relativa documentazione. Però, c’è una mail di qualche giorno successiva alla richiesta, con cui il prof. Jones chiede al collega Michael Mann, Direttore dell’Earth System Center della Pennsylvania State University se gli fosse possibile eliminare i messaggi, intercorsi con Keith Briffa, paleoclimatologo del CRU, relativi al 4° Rapporto di valutazione dell’IPCC: “Can you delete any e-mails you may have with Keith re AR4?”, secondo quanto riportato dal The Guardian del 1° febbraio 2010, in un articolo a firma del noto giornalista ambientalista Fred Pearce (è uscito di recente in Italia il suo libro “Confessioni di un eco-peccatore. Viaggio all’origine delle cose che compriamo”). È opportuno ricordare che i personaggi di cui è riportata la corrispondenza privata non sono due ricercatori qualsiasi, bensì due eminenti scienziati facenti parte dell’IPCC, autori di studi e tecniche socio-economiche sui cambiamenti climatici. In particolare, Michael Mann è autore e creatore del discusso grafico conosciuto come “il bastone da hockey”, (vedi grafico nella pagina precedente) dove vengono riportate le tendenze delle temperature dell’emisfero settentrionale negli ultimi mille anni, con la significativa impennata degli ultimi due secoli. In una intervista concessa il 3 dicembre 2009 alla BBC, Mann ha sostenuto che le mail sono vere, ma estrapolate dal contesto e prescelte alcune frasi possono essere fraintese e far giungere a conclusioni del tutto opposte di quel che intendevano. Ha ribadito, poi, sul Washington Post del 19 dicembre che quanto emerge dalla pirateria informatica in cui è stato coinvolto “non pregiudica in alcun modo la teoria scientifica che il riscaldamento globale sia effettivamente causato dall’uomo”. La Commissione d’inchiesta nominata dall’Università di Stato della Pennsylvania, ha prosciolto in questi giorni Mann da 3 “capi d’accusa” relativi alla validità scientifica dei suoi lavori, mentre ha rinviato ad un gruppo di cinque eminenti scienziati il compito di appurare se con la sua azione comunicativa abbia nociuto alla “credibilità della scienza del clima”. Come se il caso non fosse già sufficientemente dibattuto (basterebbe navigare su internet per rendersi conto del clamore suscitato dalla vicenda, con minuziose ricostruzioni di quanto finora era stato prodotto sui cambiamenti climatici da parte dell’IPCC), scoppia in gennaio un altro caso relativo alla previsione di scioglimento dei ghiacciai himalayani, contenuta nel 4° Rapporto, in cui al capitolo 10 del II volume è scritto che “la loro area totale probabilmente diminuirà dagli attuali 500mila a 100mila Km2 entro il 2035 (WWF 2005)”. Un gruppo di glaciologi, non convinti di questo dato, seppur

consapevoli, come da loro stessi affermato, che lo scioglimento dei ghiacciai è un fatto reale e più veloce di quanto non si fosse supposto, sono andati alla fonte della “rivelazione”, scoprendo così che la citazione del WWF derivava da una campagna di sensibilizzazione in cui si riportava il resoconto di un’intervista su New Scientist del glaciologo indiano Syed Hasnain che riprendeva alcune conclusioni del Rapporto della Commissione Internazionale per la Neve e il Ghiaccio (ICSI) in cui il Presidente V. M. Kotlyakov parlava di 2350, non già di 2035. In sostanza, un “refuso” di madornale evidenza è divenuto un dato “scientifico” senza che venisse sottoposto a controlli, tanto che i media hanno riassunto la vicenda con “L’IPCC scivola su ghiacciai himalayani”. Ma i media che hanno dato grande risalto all’errore, si sono ben guardati dal diffondere l’iniziativa del Governo del Nepal, che in quegli stessi giorni aveva tenuto una riunione di esecutivo con 26 Ministri, seppure della durata di soli 20 minuti per le condizioni ambientali estreme, al campo base di Gorakshep (5.165 m) ai piedi dell’Everest. L’iniziativa è stata attuata per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale che lo scioglimento dei ghiacciai della regione dovuto ai cambiamenti climatici, come indicano i numerosi laghetti che si sono formati su quelli che erano un tempo i fronti dei ghiacciai, rischia di compromettere la futura sicurezza idrica di 1,6 miliardi di persone che vivono nel subcontinente indiano e che dipendono per gli approvvigionamenti di acqua dai fiumi alimentati da quegli stessi ghiacciai. Alla denuncia dell’errore, comunque, ne è seguita una lettera su Science del 20 gennaio u. s., dove alcuni scienziati hanno messo in risalto che un simile madornale errore “si sarebbe potuto evitare se fossero state rispettate le norme sulle pubblicazioni scientifiche”. Uno degli autori della lettera, il glaciologo austriaco Georg Kaser che fa parte dell’IPCC, ha dichiarato di essersi accorto dell’errore e di averne informato Murari Lal, responsabile della sezione del Rapporto in cui è contenuta la previsione sullo scioglimento dei ghiacciai himalayani, senza riceverne risposta. “Teoricamente, diciamo che siamo scivolati su un numero - ha dichiarato il Presidente dell’IPCC Rajendra Pachauri - Non penso che questo sia sufficiente a far scomparire le schiaccianti prove scientifiche su quel che sta accadendo al clima della Terra”. Un po’ più d’umiltà e minor arroganza, in questa occasione, sarebbero state auspicabili, perché se è vero che in un Rapporto di 3.000 pagine con la citazione di oltre 10.000 articoli, studi e relazioni, certi errori possono capitare, la scienza oltre a dimostrare di essere in grado di correggere gli errori compiuti, non può permettersi di dare l’impressione

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di assumere posizioni tendenziose, premendo sui decision makers, anche se è stato fatto osservare che quella previsione non era inserita nel Documento di Sintesi per i politici. A minare la credibilità scientifica dell’IPCC nell’opinione pubblica, sulla quale, peraltro, premono i negazionisti dei cambiamenti climatici che enfatizzano artatamente tali “incidenti”, non sono gli errori commessi, bensì simili atteggiamenti. Tant’è che in una dichiarazione ufficiale l’IPCC ha ammesso che “i tassi di recessione dei ghiacciai dell’Himalaya e la data della loro scomparsa sono scarsamente motivati”, ma non è bastato ad evitare che il suo Presidente fosse sottoposto a dure critiche anche da parte di ambientalisti, come ha fatto la sezione britannica di Greenpeace che ne ha chiesto le dimissioni “per non aver detto chiaramente: abbiamo commesso un errore”.

circa la metà”. Così si può constatare, in questo caso si tratta di errore veniale che non inficia la sostanza della valutazione, ma tanto è bastato per sollevare un altro “polverone” mediatico, ancora orchestrato dai cosiddetti eco-scettici e dai giornali dei grandi gruppi industriali, accusando di “slovenliness” (sciatteria) le metodologie usate dall’IPCC. Bene ha fatto l’ONU ad aver annunciato per voce del Direttore esecutivo dell’UNEP Achim Steiner che “per superare la crisi di credibilità con il pubblico”, il Rapporto 2007 dell’IPCC verrà sottoposto ad una revisione da parte di un Comitato di scienziati indipendenti, non facenti parte del Panel, anche al fine di sgomberare il campo da zone grigie, in vista della successiva redazione prevista tra il 2013 e il 2014. Copertina del Rapporto 2009 sui ghiacciai del versante indiano della catena himalayana curato da WWF India e Birla Institute of Technology (BIT)

Infine, anche l’Agenzia Olandese di Valutazione Ambientale ha voluto mettere la cosiddetta “ciliegina sulla torta”, con una precisazione diffusa il 5 febbraio in cui si afferma che è errato il dato contenuto nel Rapporto dove si legge che i Paesi Bassi sono “un esempio di Paese altamente sensibile all’innalzamento del livello del mare e alle inondazioni fluviali, poiché il 55% del suo territorio è sotto il livello del mare”. Secondo l’Agenzia “il 26% del Paese è sotto il livello del mare e il 29% del suo territorio è sensibile alle inondazioni fluviali”. In questo caso l’IPCC ha subito riconosciuto che la frase incriminata avrebbe dovuto terminare con “perché il 55% del suo territorio è a rischio di inondazioni”, ma ha pure indicato che “una relazione del Ministero dei Trasporti olandese afferma che circa il 60% del Paese è sotto il livello del mare e un altro studio della Commissione UE parla di

Ci sorge spontanea una domanda: perché si è atteso quasi tre anni per denunciare gli “errori” contenuti nel Rapporto? Azzardiamo una risposta: l’attuale difficoltà negoziale per raggiungere un accordo sulla riduzione delle emissioni climalteranti e sulle azioni di mitigazione e adattamento, crea adesso una situazione più favorevole per quanti vogliono negare una relazione di causa-effetto tra attività umane e cambiamenti climatici e, soprattutto, non vogliono mettere mano alla borsa per scongiurare i disastrosi effetti economico-sociali che ne deriveranno, con “alta probabilità” per mutuare il linguaggio IPCC.

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Diffuso lo Studio commissionato dall’ICTSD

UNA STRATEGIA CONCRETA PER IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA AI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Preliminare il sostegno finanziario a Università e Istituti di Ricerca dei PVS

Migliorare l’accesso da parte dei Paesi in via di sviluppo alle tecnologie è l’elemento chiave per una risposta internazionale efficace alla sfida globale dei cambiamenti climatici. È questo l’assunto dello studio “Access to Climate Change Technology by Developing Countries. A Practical Strategy”, commissionato dall’International Centre for Trade and Sustainable Development (ICTSD) nell’ambito del Programma sui Diritti di Proprietà Intellettuale e Sviluppo Sostenibile, che mira specificatamente a contribuire ad una effettiva collaborazione internazionale per affrontare i cambiamenti climatici, promuovendo la capacità di analisi dei soggetti coinvolti e la loro interazione con i responsabili politici, in modo tale che possano essere approntate ed approvate soluzioni efficaci. L’autrice Cynthia Cannady, fondatrice e titolare di IP*SEVA, Studio di consulenza per imprese di tecnologie per l’energia sostenibile, è una esperta di politiche internazionali e di licenze per brevetti tecnologici (Intellectual Property). Il cambiamento climatico rappresenta una sfida epocale per i Paesi in via di sviluppo. La povera gente non riesce a far fronte a situazioni critiche, come la scarsità di acqua nelle regioni aride, le inondazioni sulle isole, le infezioni e i deficit immunitari, le carenze alimentari, la mancanza di infrastrutture energetiche e il costo sempre maggiore dell’energia. I Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di impiegare tecnologie adeguate per affrontare i cambiamenti climatici al fine di evitare la catastrofe climatica. Lo studio esamina in modo critico i diversi approcci che sono stati avanzati per facilitare il loro accesso alle tecnologie di contrasto ai cambiamenti climatici (concessioni di licenze, pool di brevetti, banche dati di brevetti, licenze struttura-

te su meccanismi a base volontaria), perché non fornirebbero soluzioni, bensì, nella migliore delle ipotesi, soluzioni parziali di scarsa efficacia nel raggiungimento degli obiettivi previsti. A questo proposito, secondo lo Studio, alcuni di questi approcci potrebbero essere potenzialmente dannosi per i Paesi in via di sviluppo. Per esempio, si potrebbe evidenziare che nel pool di brevetti alcuni di questi non sono giuridicamente validi in molti Paesi in via di sviluppo, mentre si chiede loro di contribuire con il proprio capitale intellettuale e/o di pagare un canone per l’uso dei brevetti che viceversa non sarebbero legalmente obbligati a pagare. Proposte per i meccanismi di concessione di licenze su base volontaria comportano delle royalties e l’affidamento della gestione a professionisti dei Paesi sviluppati, con appesantimenti di ordine burocratico internazionale, mentre sarebbe necessario un agile processo commerciale. Secondo la Cannady è necessario un nuovo approccio basato su 2 assi: - strategie di innovazione tecnologica per far fronte ai cambiamenti climatici (CCTIS) da diffondere nei Paesi in via di sviluppo; - strategie di accordi di collaborazione “win-win” (vantaggiosi per entrambi i contraenti) per lo sviluppo della tecnologia tra Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Nell’ambito del primo asse, i Paesi in via di sviluppo dovrebbero introdurre la ricerca sui cambiamenti climatici nelle loro Università e Istituti di Ricerca, rafforzare le infrastrutture dell’innovazione per sostenere i loro ricercatori, riconoscere il valore economico del loro capitale umano, inteso come proprietà intellettuale (IP) e partecipare, in qualità di proprietari, nel mercato globale in crescita per la tecnologia di

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contrasto ai cambiamenti climatici. Una strategia di innovazione dovrebbe avere come obiettivo il finanziamento per colmare il deficit di infrastrutture che paralizza la ricerca, lo sviluppo e il commercio tra attori di Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Le iniziative internazionali di finanziamento dovrebbero sostenere le CCTIS messe in atto nei Paesi in via di sviluppo, che costituiscono il presupposto per il secondo asse di questo nuovo approccio: i contratti di reciproco vantaggio per il trasferimento di tecnologie. Tali contratti, in genere licenze per l’uso di tecnologia e accordi di collaborazione allo sviluppo, nella forma “win-win”, prevedono che entrambe le parti contribuiscano alla pari nei costi della transazione di tecnologia, traendone reciproci e paritari benefici economici. Senza il supporto di questa strategia innovativa, secondo lo Studio, tentare di negoziare accordi di trasferimento di tecnologia sarebbe come costruire un edificio senza fondamenta. Infine, il documento riflette sulle raccomandazioni del progetto UNFCCC “Enhanced Action on Technology Transfer”, sottolineando la necessità che ogni progetto di finanziamento

e incentivazione allo sviluppo non può prescindere da aspetti dettagliati e concreti, in cui è fondamentale l’inserimento in ogni futuro accordo del sostegno finanziario alle Università e Istituti di Ricerca dei Paesi in via di sviluppo. Le osservazioni del paper risultano essere stimolanti vuoi, per usare le parole dell’autrice, “per coloro che ritengono che il rafforzamento delle leggi sulla proprietà intellettuale sia di per sé in grado di promuovere l’innovazione (il mito che siano più favorite le nazioni più sviluppate), come per chi crede nella necessità di intraprendere una nuova strada per il flusso di risorse (il mito che siano più favorite le nazioni in via di sviluppo)”. Più in generale, il documento è un invito a pensare in modo critico sulle questioni sollevate durante le discussioni sui cambiamenti climatici in tema di trasferimento di tecnologia e di diritti di proprietà intellettuale, considerando le concrete implicazioni derivanti da alcune delle proposte che sono state avanzate. Speriamo che il dialogo che si è bruscamente interrotto a Copenhagen, possa essere ripreso su tali basi nel corso del nuovo processo che culminerà alla COP 16 di Messico City.

CONTRATTI WIN-WIN PER L’USO DI TECNOLOGIE Esempio 1: Un accordo di licenza in base al quale un team di scienziati presso una università, che possiede un brevetto, ne autorizza l’uso ad un’impresa che pagherà canoni all’università per la vendita di prodotti ottenuti con il brevetto. Esempio 2: Una joint-venture in base alla quale entrambe le parti investono capitale umano, risorse o l’uso di impianti e altre voci di valore, al fine di sviluppare un progetto di turbina eolica in aree climatiche ad elevata piovosità; le parti convengono che la proprietà intellettuale sia congiunta, con diritti di distribuzione su altre differenti aree geografiche. Esempio 3: Un paese in via di sviluppo lancia un bando per un sistema di pubblico trasporto ad alta efficienza ed accetta un’offerta da una società di un paese sviluppato che offre una licenza di proprietà intellettuale per il brevetto e la documentazione relativa al sistema di trasporto, nonché l’impegno di utilizzare ingegneri formati dalla locale università.

(fonte: ICTSD)

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

PROGETTAZIONE E GESTIONE DELLE DISCARICHE Confindustria Palermo e Ordine Regionale dei Geologi hanno promosso un evento dedicato all’approfondimento di una tematica quanto mai attuale di Dario Cordone

Si è svolto a Palermo lo scorso 4 Febbraio il Convegno: “Progettazione e gestione delle discariche”, organizzato da Gianvito Graziano - Presidente Ordine dei Geologi di Sicilia; Domenico Messina - Geologo, Direttore tecnico G.S.A. S.r.l; e Leonardo Trinca - Geologo, libero professionista, con il patrocinio dell’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia e di Confindustria Palermo (Comitato Provinciale Piccola Industria) che, oltrettutto, ha ospitato il Convegno presso la propria sede. Gianvito Graziano In apertura dei lavori hanno portato i proPresidente Ordine dei Geologi di Sicilia pri saluti istituzionali Antonino Salerno, Presidente di Confindustria Palermo e Giuseppe Catanzaro, Vice Presidente di Confindustria Sicilia nonché titolare del Gruppo Catanzaro, Società che si occupa di garantire la gestione del ciclo finale dei rifiuti con un’attenzione particolare all’ambiente ed al recupero di energia. La Sessione tecnica del Convegno ha visto, fra gli interventi più significativi, quello del Professor Gaspare Viviani Ordinario di Ingegneria Sanitaria Ambientale dell’Università di Palermo, il quale ha presentato la relazione dal titolo: “Nuovi criteri per il progetto e la gestione delle discariche controllate”. Dalla relazione sono emerse le numerose novità normative introdotte nel settore sia per quanto concerne la fase di progettazione, che per quanto riguarda la gestione delle discariche; nonché i diversi interventi che devono essere effettuati sulle stesse prima della loro entrata in esercizio, durante (fase operativa) e dopo la chiusura del ciclo di vita (fase post operativa). Entrando nel merito della questione, il professor Viviani ha poi effettuato un panoramica illustrando contenuti ed aspetti fondamentali dei diversi “termini” del “discorso” discariche. I rifiuti vengono collocati in discarica controllata con il metodo “a strati” che richiede la formazione iniziale di una vasca costituita da una depressione naturale o artificiale. Dopo

l’allestimento della discarica (previa opera di impermeabilizzazione e drenaggio), i rifiuti vengono disposti in strati, abbancati in maniera di ottenere la massima compattazione al fine di ridurre i volumi occupati. Il percolato è causato da diversi fenomeni, spesso concomitanti: - rilascio dell’acqua contenuta nel rifiuto (umidità iniziale); - produzione di acqua di processo; - attraversamento e conseguente lisciviazione dei rifiuti da parte di acque di origine meteorica (fenomeno che da il maggior contributo alla produzione di percolato). Il biogas è costituito da metano (55%), anidride carbonica (40%) e da composti minori. La produzione di biogas in discarica può essere massima anche alla fine della fase di esercizio e proseguire in seguito. Va sottolineato che solo il 50% circa viene estratto attraverso gli impianti di captazione, mentre la restante parte si disperde nell’atmosfera. Le discariche vengono rivestite con geomembrane, sorta di fogli realizzati con polimeri termoplastici di spessore compreso fra 0.5 e 2.5 mm fabbricati con diversi metodi produttivi, ma tutti tendenti alla ridotta conducibilità idraulica che li caratterizza come ottimi mezzi per l’impermeabilizzazione anche di canali, dighe, bacini. A seguire c’è stato l’intervento del Presidente dell’Ordine dei Geologi di Sicilia Gianvito Graziano, il quale ha relazionato sulla: “Caratterizzazione geotecnica dei rifiuti”. Nella progettazione di nuove discariche, così come nella messa in sicurezza di quelle esistenti, necessita acquisire una parametrizzazione dei terreni e dei rifiuti, per poter procedere alle necessarie verifiche. Tale caratterizzazione, nel merito dei rifiuti, prevede tanto l’analisi delle peculiarità fisiche, quanto quelle meccaniche (compressibilità e resistenza al taglio). I rifiuti, ed in particolare i rifiuti solidi urbani (RSU), così come i terreni, costituiscono un mezzo polifase, composto, cioè, da uno stadio solido, uno fase liquido ed uno gassoso. Per quanto concerne la compressibilità e i cedimenti si possono definire 3 modalità di cedimento per i RSU:

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1. consolidazione (variazione delle tensioni efficaci). Si riferisce al cedimento risultante dall’espulsione dell’acqua dai materiali depositati; 2. ritiro (decomposizione del materiale organico). Processo di diminuzione del volume del materiale provocato dalla graduale decomposizione dei componenti organici, che si convertono in anidride carbonica e metano; 3. compattazione (sovraccarico). Il riorientamento dei solidi in una configurazione più addensata, dovuto alla perdita graduale di rigidità delle particelle solide a causa del creep sotto carico o della decomposizione. Queste particelle solide, che fungono spesso da ponte tra i vuoti, collassano successivamente (maggiore responsabile potenziale dei cedimenti in una discarica). La resistenza al taglio dei RSU riveste una notevole importanza nei progetti di realizzazione e di recupero di discariche. Come per i terreni, essa è caratterizzata dall’angolo di attrito e dalla coesione C. Per la sua determinazione si utilizzano diverse metodologie: prove di laboratorio; prove in sito; back analisys, sulla base di osservazioni su campi sperimentali o su discariche. Le prove di laboratorio sono state eseguite sia su campioni ricostruiti, sia prelevati mediante appositi campionatori. Gli apparecchi utilizzati sono le celle triassiali e le scatole di taglio diretto, entrambi necessariamente di grandi dimensioni per garantire la rappresentatività del provino. Le Prove in sito, generalmente, sono poche e poco rappresentative. Sono effettuate con scissometro (dimensioni troppo ridotte rispetto alle inclusioni che formano i RSU) e con prove penetrometriche SPT (mancano le correlazioni specifiche sviluppate per questi materiali). Il Dott. Graziano ha concluso il suo intervento affermando che gli angoli di resistenza al taglio sono via via inferiori negli RSU più vecchi mentre la coesione tende ad aumentare all’invecchiare del rifiuto. Altro intervento significativo è stato quello della dottoressa Anna Abita dell’ARPA Sicilia, che ha relazionato sul “Piano di monitoraggio e controllo - situazione delle discariche nella provincia di Palermo”. A partire dalle considerazioni circa gli obiettivi della Raccolta Differenziata, la dottoressa ha citato Secondo l’art. 7 del Decreto Legislativo 13 gennaio 2003 n. 36, secondo il quale: “I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento che consiste nei processi fisici, termici, chimici o biologici, incluse le operazioni di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza”.

In questo senso, il Piano di sorveglianza e di controllo comprende il monitoraggio di tutti i fattori ambientali e di efficienza degli impianti sia in fase operativa che di post-chiusura. Il controllo e la sorveglianza, ovviamente, devono essere condotti da personale qualificato terzo e indipendente. Le matrici da analizzare sono: percolato, acque sotterranee (1 pozzo monte, 2 pozzi a valle), acque di drenaggio superficiale (1 a monte, 1 a valle), gas di discarica e qualità dell’aria (CH4, CO2, O2, H2, H2S, NH3, polveri, mercaptani, fibre di amianto (DM 6/9/94)) (disciplinato da DPR 203/88 e DPCM 21/89). Inoltre vanno anche analizzati i parametri meteoclimatici e lo stato del corpo della discarica. Sempre per quanto concerne l’attuazione del Piano di sorveglianza e di controllo tutti i parametri da monitorare devono essere misurati almeno semestralmente in fase operativa e devono essere approvati dall’autorità competente. Almeno una volta l’anno la ditta terza che effettua il controllo deve presentare un Rapporto alla Regione (Art.10 c.f). Nel piano devono essere definiti i livelli di guardia (in funzione di soggiacenza falda, idrogeologia, qualità acque sotterranee). Il raggiungimento dei livelli di guardia prevede l’attivazione del piano d’intervento individuato nell’autorizzazione. La dottoressa Anna Abita ha, pertanto, preso in considerazione a titolo di esempio tre discariche ubicate nella provincia di Palermo dove l’ARPA Sicilia ha effettuato i suoi controlli. In particolare si tratta della discarica di Bellolampo, dove vengono conferiti i rifiuti di Palermo e dei comuni limitrofi, la discarica di Castellana Sicula e la discarica di Partinico. Per quanto concerne la discarica di Bellolampo è stato messo in evidenza, con un’ampia documentazione fotografica, un sistema di copertura dei rifiuti non sufficiente come del resto è risultato inadeguato il sistema per la raccolta del percolato. Inoltre è stato effettuato un solo controllo della stabilità del corpo rifiuti, anziché due, a causa della mancanza di risorse economiche. La dottoressa Abita ha citato, infine, alcune parole della relazione dell’ing. Cusmano: “in corrispondenza della sezione I-I, i valori dei coefficienti di sicurezza sono risultati, per alcuni cerchi, inferiori a quelli previsti dalla normativa adottata, sia per la verifica in presenza di sisma che per quella in assenza di sisma”. Concludendo, in Sicilia a causa di una non corretta gestione delle discariche - dovuta ad una inadeguata programmazione delle problematiche inerenti lo smaltimento dei rifiuti (raccolta differenziata, termovalorizzatori) - gran parte di esse si trovano in una situazione di parziale abbandono che ha dato vita ha situazioni geologiche ed idrogeologiche a rischio.

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Paliano (FR), 10 Marzo 2010

“LʼECONOMIA RIPARTE DALLE RINNOVABILI” Convegno organizzato dalle Società ARKESIA e AMEA

di MGP Comunicazione, Ufficio stampa convegno “L’economia riparte dalle rinnovabili”

Energie rinnovabili intese come via percorribile per vincere la sudditanza dalle fonti fossili, e come settore in netta espansione per dare nuovo slancio all’economia italiana.

La crisi economica ha affondato gli artigli sulle imprese italiane, colpendo indistintamente e senza esclusione di colpi grandi e piccoli. Anzi, soprattutto sulle piccole e me-

Se a questi fattori sommiamo lo spettro del picco del petrolio (o picco di “Hubbert”, una teoria che afferma la vicinanza del momento in cui la produzione di oro nero raggiungerà il

È questo l’assunto che si propone di sottolineare il Convegno “L’economia riparte dalle rinnovabili”, organizzato il 10 marzo a Paliano (Frosinone), dalle Società ARKESIA e AMEA.

die imprese la scure della recessione ha inflitto i danni maggiori, anche a causa della inadeguatezza degli strumenti economici-creditizi capaci di attutirne l’impatto.

suo massimo livello, per poi azzerarsi costantemente), gli andamenti altalenanti delle quotazioni del greggio sulle borse mondiali a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, l’oggettiva

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difficoltà nell’approvvigionamento delle risorse (dovuta all’instabilità politica dei Paesi produttori), oltre a una accresciuta consapevolezza da parte dell’opinione pubblica dello stato di pericolo che l’ambiente sta correndo a causa dei cambiamenti climatici, appare chiaro la necessità di correre ai ripari fin da subito, guardando con costante interesse alla diffusione delle energie rinnovabili. L’incontro è stato organizzato con il contributo di ARKESIA e di AMEA, due aziende che hanno un forte legame con il territorio locale e provinciale. Paliano - sede del Convegno - è una città situata nel cuore della provincia di Frosinone, una zona geografica che negli anni ha registrato un sensibile tasso di industrializzazione, con presenza di aziende importanti come la Fiat a Cassino, la Henkel, la Ceat e la Dreher solo per citarne alcune. Ma che, specie negli ultimi periodi, risente degli effetti causati dal non felice momento economico, nonostante il territorio offra infrastrutture e manodopera altamente qualificata. ARKESIA Spa, già AMEA Servizi Spa, è stata costituita nel gennaio 2001, dalla scissione della società madre AMEA Spa. L’Azienda, che annovera come principale azionista il Comune di Paliano, fornisce servizi commerciali relativi al gas metano e all’energia elettrica. Attualmente ARKESIA è presente in 3 comuni e gestisce più di 4400 clienti. AMEA (Azienda multiservizi energia e ambiente) è stata fondata nel 1904 come Consorzio idroelettrico Paliano/Anagni e nel 1955 è diventata Società municipalizzata per la gestione dei servizi idrici ed elettrici. Quindi, nel 2002, è avvenuta la trasformazione in Società per Azioni con azionista di maggioranza il Co-

mune di Paliano (e il 2% detenuto dal Comune di Piglio). Oggi AMEA è attiva nella distribuzione e vendita di energia elettrica, nella gestione della pubblica illuminazione, nella distribuzione del gas e nella gestione del sistema idrico integrato. In questo panorama le due società guardano con grande interesse all’innovazione, alla qualità e ai nuovi settori di sviluppo. Infatti AMEA, negli ultimissimi anni, ha acquisito particolare vitalità, intraprendendo nuove e rilevanti iniziative societarie idonee a fornire un significativo sviluppo alle attività operative, sia nello storico contesto centenario, sia in nuove aree di business guardando a solide prospettive di espansione per il prossimo futuro. ARKESIA è orientata invece a incrementare la propria leadership offrendo servizi di qualità, consolidando il rapporto di collaborazione con i Comuni limitrofi e valorizzando il proprio patrimonio personale e professionale. Entrambe le imprese vogliono anche avere un ruolo di traino e di catalizzatore di processi virtuosi nel settore delle rinnovabili, soprattutto per quelle tipologie di impianto più legate a uno sviluppo territoriale sostenibile e quindi a basso impatto. In particolare, AMEA intende proporsi come operatore nel settore del fotovoltaico domestico e industriale e nel settore del supporto alle imprese nel campo dell’energy savings. Il primo Progetto, in fase di start up, è la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 1 MW su un’area di proprietà comunale. A dimostrazione dell’interesse degli enti locali al tema della valorizzazione degli assets sinora improduttivi. Si registra in tal modo, nella nuova classe di amministratori dei comuni, che vivono i problemi quotidiani di bilancio, una tendenza alla gestione manageriale del comune che deve

essere anche centro di ricavi e non solo di costi. Va infine ricordato che AMEA e ARKESIA hanno importanti progetti legati a uno sviluppo industriale del territorio, strettamente connesso con gli sviluppi dei settori agricolo, turistico e della PMI. Le energie rinnovabili devono trovare una loro sinergia con il territorio e, nell’area della provincia, con il mondo agricolo. AMEA intende anche verificare l’opportunità di sviluppare iniziative nel settore delle mini centrali a biomasse (quelle per intenderci inferiori al Megawatt) che hanno maggiore possibilità di diffusione sul territorio. “ARKESIA, insieme ad AMEA, hanno voluto fortemente questo convegno in quanto ritengo che aziende che hanno un ruolo di players, seppur a livello regionale, nel settore dell’energia, devono farsi promotori di iniziative nel settore delle rinnovabili per presentare opportunità e modelli di sviluppo che coinvolgano la classe imprenditoriale e le istituzioni - afferma Paolo Massarini, Amministratore delegato di ARKESIA - Il Convegno, per l’eterogeneità e per il profilo dei relatori, ha come ulteriore obiettivo quello di approfondire le tematiche legate alle FER dal punto di vista del mondo della ricerca e dell’industria. Non escludo, da ultimo, che tale convegno possa costituire in futuro un appuntamento per la regione Lazio”.


INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

POTENZIALITÀ DELLA RETE DEI LABORATORI ISPRA/ARPA/APPA

A supporto delle attività di controllo previste dal Regolamento REACH

di Stefania Balzamo, Maria Belli, Daniela Conti, Maria Gabriella Simeone, Vanessa Ubaldi ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - Servizio di Metrologia Ambientale

Il Regolamento comunitario REACH (Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals) CE n. 1907/2006, entrato in vigore il 1 giugno 2007, ha modificato radicalmente la disciplina per l’immissione in commercio delle sostanze chimiche, annullando gran parte della normativa preesistente e stabilendo un sistema unico di gestione del rischio chimico. Tale Regolamento prescrive l’obbligo di registrare tutte le sostanze chimiche prodotte o importate in quantità superiore a 1 tonnellata/anno, attraverso la presentazione, all’Agenzia europea per le sostanze chimiche ECHA, di dossier tecnici contenenti i risultati di prove chimico-fisiche, tossicologiche ed ecotossicologiche (allegati da VII a X) finalizzate a definire i rischi potenziali per la salute umana e per l’ambiente. Il sistema di controllo e vigilanza previsto per garantire la corretta applicazione del Regolamento REACH in ognuno degli Stati Membri della CE, è divenuto operativo dal 1 giugno 2008 insieme all’obbligo di registrazione. Nel nostro Paese l’adeguamento a tale sistema è avvenuto solo di recente con l’Accordo tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 29 ottobre 2009, pubblicato sulla G.U. del 7 dicembre 2009. L’Accordo definisce i ruoli per la gestione delle attività di controllo, la cui operatività deve essere assicurata dall’Autorità Competente per l’attuazione del Regolamento REACH, già individuata nel Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. È previsto che il sistema dei controlli coinvolga le seguenti amministrazioni dello Stato: gli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera «USMAF», i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma dei Carabinieri «NAS», l’Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro «ISPESL», il “Corpo ispettivo centrale” di cui al D 27 gennaio 2006 del Ministro della

Salute, l’Agenzia delle dogane ed i Nuclei Operativi Ecologici dell’Arma dei Carabinieri “NOE”, ciascuna nell’ambito delle proprie attività istituzionali. Entro 90 giorni dalla pubblicazione dell’Accordo, è fatto obbligo alle regioni e province autonome, nell’ambito della propria organizzazione e legislazione, di individuare l’Autorità per i controlli sul REACH, e di nominare al “Gruppo tecnico” i propri esperti, provenienti dai ruoli delle medesime Regioni/ Province o delle Aziende Sanitarie Locali, ASL, o delle Agenzie Regionali/Provinciali per la Protezione Ambientale, ARPA/ APPA. Tale Gruppo tecnico di esperti, che opera d’intesa con il Comitato Tecnico di Coordinamento del REACH, seguirà nel tempo le attività di programmazione del controllo garantendone il coordinamento territoriale. L’Accordo Stato-Regioni stabilisce inoltre, che le regioni e le province autonome, debbano individuare, sulla base delle strutture analitiche già esistenti, i laboratori che eseguiranno le analisi chimiche e i saggi tossicologici ed ecotossicologici sui campioni prelevati durante le attività di controllo. Per l’assolvimento di determinate esigenze si potrà promuovere anche una rete di centri analitici di eccellenza interregionale o nazionale. All’Autorità Competente con il supporto tecnico-scientifico del Centro Sostanze Chimiche (CSC) e dell’ISPRA è affidato il compito di assicurare e armonizzare le prestazioni della rete dei laboratori e di pubblicare con frequenza annuale un elenco dei laboratori individuati per il supporto all’attività di controllo con l’indicazione delle tipologie delle prestazioni effettuate. In ottemperanza agli adempimenti a breve termine (2007-2009) previsti per l’attuazione del regolamento REACH in Italia, espressi nel D.M. 22 novembre 2007 (G.U. n. 12 del 15 gennaio 2008),

Fig.1 - Numero di saggi eseguiti ripartiti per Agenzia. Nella parte inferire della figura è riportato il numero di organismi utilizzato per l’esecuzione dei saggi.

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il Ministero della Salute, il CSC e l’ISPRA hanno predisposto e diffuso, nel marzo 2008, un questionario finalizzato al censimento delle potenzialità dei laboratori, pubblici e privati, operanti sul territorio nazionale, ad effettuare i saggi previsti dal REACH. Il questionario è diviso in tre parti relative alla richiesta di informazioni sui 17 parametri chimico-fisici, le 16 prove tossicologiche e le 26 ecotossicologiche indicate negli Allegati da VII a X. Un ulteriore informazione richiesta è l’eventuale adesione a schemi di certificazione BPL (Buone Pratiche di Laboratorio) o la ISO 17025:2005. I risultati finali dei questionari compilati dai laboratori della Rete del Sistema delle Agenzie ISPRA/ARPA/APPA sono stati elaborati dal Servizio di Metrologia Ambientale dell’ISPRA. Complessivamente hanno inviato i loro questionari 15 Agenzie a cui va aggiunto quello di ISPRA. Tra queste, 3 (APPA Bolzano, ARTA Abruzzo e ARPA Puglia) non eseguono nessuno dei saggi indicati. Sei Agenzie (APPA Trento, ARPA Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise, Calabria e Basilicata) non hanno risposto al questionario. Nella figura 1 è riportato il numero totale di saggi effettuati. Poiché ogni singolo saggio ecotossicologico può essere eseguito con organismi differenti, ognuno di questi è stato considerato nel conteggio totale; il numero di organismi utilizzati da ISPRA o dalle Agenzie è indicato nella parte inferiore del grafico. In merito alla determinazione dell’ecotossicità acquatica (fig. 2) si evidenzia che mentre la quasi totalità dei laboratori è in grado di eseguire il saggio di tossicità acuta con invertebrati (in modo particolare con la specie Daphnia magna), solo 3 laboratori (compreso ISPRA) hanno la possibilità di effettuare saggi a breve e lungo termine con pesci. Inoltre, solo il laboratorio di ARPA Ferrara possiede la struttura e le competenze per l’esecuzione del saggio di bioaccumulo. Nessun laboratorio ARPA/APPA ha ancora messo a punto il saggio a breve termine su pesci negli stadi di embrione e avannotto (Conti et al., 2009a). Proprio ai fini di un ampliamento delle competenze dei laboratori ISPRA/ARPA/APPA e in linea con le indicazioni del Regolamento REACH circa la promozione di metodi alternativi all’uso di animali vertebrati, è operativo un Gruppo di Lavoro organizzato da ISPRA con i laboratori delle Agenzie di Campania, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Umbria e Sicilia, per lo studio dei saggi di citotossicità con linee cellulari stabilizzate di pesce (Conti et al., 2009b). Questo modello biologico caratterizzato da una fattibilità più rapida ed economica, correlabile alla tossicità acuta in vivo con pesci (Schirmer, 2006), costituisce uno strumento di

più facile impiego per la valutazione preliminare dell’ecotossicità delle sostanze chimiche in ambito REACH. Un altro importate fattore evidenziato anche dall’elaborazione del questionario, è l’adozione da parte di molti laboratori ISPRA/ ARPA/APPA del sistema di accreditamento ISO 17025:2005. Nessuno invece possiede la certificazione BPL. Complessivamente quindi, il Sistema dei Laboratori ISPRA/ ARPA/APPA mostra una buona potenzialità rispetto a quanto richiesto dal REACH. E’ una ricchezza di risorse e competenze a nostra avviso in grado di raccogliere le nuove sfide della normativa europea. A tale proposito, tra le iniziative già avviate per la realizzazione di una Rete armonizzata dei Laboratori del Sistema delle Agenzie Ambientali, il Servizio di Metrologia Ambientale di ISPRA insieme ad alcuni laboratori ARPA/APPA sta promuovendo tre nuovi progetti: • Studio di fattibilità per l’applicazione della certificazione BPL agli studi di ecotossicità condotti nei laboratori ISPRA/ ARPA/APPA; • Applicazione e armonizzazione di metodi in vitro per valutazioni ecotossicologiche delle sostanze chimiche, ai fini del Regolamento REACH: utilizzo della linea cellulare stabilizzata di pesce RTG-2 (Rainbow Trout Gonad); • Regolamento REACH: implementazione dei metodi C1, C13, C14 e C15 (CE 440/2008) sui pesci, utilizzando la specie autoctona Dicentrarchus labrax (L.1758). Tali progetti hanno l’obiettivo comune di diffondere la certificazione BPL, indispensabile anche per l’esercizio delle attività di controllo, e nuovi metodi più economici e che consentano di utilizzare le serie storiche dei dati. Un ringraziamento va agli esperti dei Laboratori che rispondendo al questionario hanno reso possibile l’indagine. Bibliografia Conti D., Martone C., Balzamo S., Belli M., Savorelli F., Gelli F., et al. (2009a) Dissemination of alternative in vitro methods with fish cell lines to Regional Environmental Protection Agencies of Italy. Atti del VII World Congress ALTEX “Calling on Science”. Roma 30 Agosto - 3 Settembre 2009, pag. 333 Conti D., Balzamo S., Simeone M.G., Belli M. (2009b) REACH: applicazione di metodi alternativi di saggi in vitro. Acqua & Aria 3: 28-31. Questionario reperibile su www.ministerosalute/sicurezzachimica.it Schrimer K. (2006) Proposal to improve vertebrate cell cultures to establish them as substitutes for the regulatory testing of chemicals and effluents using fish. Toxicology 224: 163-183

Fig.2 - Laboratori che producono informazioni sulla tossicità acquatica - I saggi sono indicati con il numero di riferimento del Regolamento REACH: 9.1.1 - Saggio a breve termine con invertebrati; 9.1.5 - Saggio a lungo termine con invertebrati; 9.1.2 - Saggio di inibizione della crescita su piante acquatiche (Alghe); 9.1.3- 9.1.6 - Saggi a breve e lungo termine con pesci; 9.3.2 - Saggio di bioaccumulo con specie acquatiche (preferibilmente pesci).

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La Commissione UE pubblica Studio di fattibilità

IN ARRIVO L’AGENZIA EUROPEA DEI RIFIUTI

Saranno controllate le inadempienze e le spedizioni sui rifiuti degli Stati membri

La Commissione europea ha pubblicato il 1° febbraio 2010 lo Studio, commissionato a Milieu Ltd., AmbienDura e FFACT, il cui scopo era quello di verificare benefici e costi della creazione di un’Agenzia in grado di sorvegliare l’attuazione e l’applicazione della normativa UE sui rifiuti. Lo Studio fa parte di una serie di iniziative della Commissione per migliorare la gestione dei rifiuti e garantire che si rispettino le norme fissate dall’Unione europea a tutela dei cittadini e dell’ambiente. Controllare che la gestione dei rifiuti avvenga in modo sicuro e nel rispetto dell’ambiente rappresenta una delle sfide ambientali più importanti cui l’Unione europea deve far fronte attualmente. Si stima che nell’UE siano prodotti ogni anno 2,6 miliardi di tonnellate di rifiuti, circa 90 milioni dei quali sono classificati come pericolosi. Lo scarico illegale di rifiuti continua ad essere una pratica diffusa: secondo gli elementi in possesso della Commissione, sulla base dei dati forniti dagli Stati membri, vi sono circa 7.000 discariche illegali che operano, cioè, senza permesso. Ma questa “è solo la punta dell’iceberg”, ha dichiarato Jorge Diaz de Castillo, della Direzione Generale Ambiente della Commissione. Secondo le cifre relative al 2005, il numero più alto di siti illegali sono situati in Italia (1.763), dei quali 700 sono considerati pericolosi. Seguono poi Grecia (1.453), Francia (1.042), il Belgio Vallone (963), Bulgaria (252). Tuttavia, la Commissione ritiene che il numero reale dei siti illegali sia molto più elevato, stimandone circa 5.000 in Italia e 1.500 in Francia, per esempio. Già nel 2008 il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione in cui invitava la Commissione a riferire sulla fattibilità della creazione di una “forza ispettiva ambientale comunitaria” per l’attuazione e l’applicazione della legislazione ambientale. Nel corso della Conferenza “Legislazione per le discariche e i rifiuti”, svoltasi il 16 luglio 2009 a Bruxelles ed organizzata dall’European Centre of Employers and Enterprises providing Public services (CEEP) in collaborazione con il Comitato delle Regioni, durante la quale era stato annunciato lo studio di fattibilità soprarichiamato, Helmut Maurer, anch’egli della Direzione Ambiente della Commissione UE, aveva osservato che “Noi (ndr: della Commissione) siamo bravi a produrre la legislazione, ma i responsabili della sua attuazione sono gli Stati membri.” L’Unione europea ha adottato 60 atti normativi (Direttive, Regolamenti, Decisioni) che sono stati progettati per assicurare che i rifiuti siano gestiti in modo corretto, anche se dobbiamo osservare che a volte si lascia troppo margine alla discrezionalità dei Paesi membri, come è accaduto con la Direttiva sulle discariche che dopo aver introdotto l’obbligo di ridurre del 65% entro il 2016 la quantità di rifiuti solidi urbani conferiti nelle discariche, non si introducono speci-

fiche vincolanti in merito a questi, così che la maggior parte degli Stati membri sta optando per l’incenerimento. Descrivendo, poi, le iniziative della Commissione come “tigri di carta”, Maurer aveva lamentato che la Commissione “può fare ben poco in termini di applicazione delle disposizioni attuative”. Al 2008 vi erano 141 procedure di infrazioni sui rifiuti, pendenti sugli Stati membri, che rappresentavano il 19% di tutte le procedure di infrazione in campo ambientale, le quali, peraltro hanno scarso effetto, secondo Maurer, perché le decisioni di carattere giudiziario possono richiedere anche 6 anni. La Commissione UE aveva adottato, quindi, il 20 novembre 2009 due relazioni: una relativa allo stato di attuazione della Direttiva 2006/12/CE sui rifiuti (ora abrogata con effetto dal 12/12/2010 dalla Direttiva 2008/98/CE), Direttiva 91/689/ CEE relativa ai rifiuti pericolosi, Direttiva 75/439/CEE concernente gli oli usati, Direttiva 86/278/CEE sui fanghi di depurazione, Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti e Direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, nel periodo 2004-2006; l’altra sull’attuazione, sempre per il periodo 2005-2008, della Direttiva 2000/53/CE sui veicoli a fine vita. In particolare, la Relazione sui rifiuti aveva evidenziato che l’attuazione della normativa comunitaria e i relativi controlli continuano ad essere insufficienti, sia per quanto attiene la Direttiva quadro, sia per quella sulle discariche, oltre che per il mancato rispetto del Regolamento sulle spedizioni dei rifiuti. In molti casi, si legge nella relazione, mancano le infrastrutture per il trattamento dei rifiuti, talché questi continuano ad essere raccolti in maniera indifferenziata, senza alcuna possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati in termini di riutilizzo, riciclo e recupero. In merito alla Direttiva sui veicoli a fine vita, la Commissione ha sottolineato che nel 2008 sono stati comunicati per la prima volta i livelli di riutilizzo, riciclaggio e recupero raggiunti nel 2006. Dalle 25 relazioni ricevute (ndr: ricordiamo che gli Stati membri hanno l’obbligo di presentare ogni 3 anni alla Commissione delle relazioni in merito all’attuazione delle normative sui rifiuti, mentre ogni anno devono essere presentate quelle sui tassi di riutilizzo, riciclaggio e recupero raggiunti per i diversi flussi di rifiuti) si osserva che nel 2006 l’obiettivo dell’80% di riutilizzo/riciclaggio è stato raggiunto da 19 Stati membri, e l’obiettivo dell’85% di riutilizzo/recupero, soltanto da 13 Stati membri. La Commissione ritiene che tale risultato sia insoddisfacente ed ha scritto agli Stati membri che non hanno raggiunto gli obiettivi, chiedendo spiegazioni in proposito. Nell’adottare le Relazioni sopra menzionate, Stavros Dimas, l’allora Commissario per l’Ambiente, ora sostituito da Janez

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Potočnik, già Commissario per la Scienza e la Ricerca, aveva commentato: “è essenziale che la normativa sui rifiuti venga applicata in modo corretto al fine di proteggere l’ambiente e la salute. Non è sufficiente che le norme esistano: devono anche essere efficaci nella pratica. Sfortunatamente la verifica del rispetto delle norme in materia di rifiuti non riceve l’importanza necessaria. Alla Commissione giungono continuamente denunce da parte dei cittadini e del Parlamento europeo in relazione ad una cattiva gestione dei rifiuti. Gli Stati membri devono prendere sul serio l’attuazione delle normative sui rifiuti che devono essere gestiti in maniera adeguata al fine di preservare le risorse, ridurre le emissioni di gas a effetto serra e proteggere la salute dei cittadini. La Commissione intensificherà gli sforzi per aiutare gli Stati membri a migliorare l’attuazione della normativa”. Questo excursus chiarisce come l’opzione di un’Agenzia dell’Unione europea non nasce all’improvviso, ma si inserisce in un quadro programmatorio in cui l’Agenzia costituirebbe “il modo più efficace in futuro” per contribuire a superare la “crisi di esecutività” della legislazione UE sui rifiuti. Lo studio di fattibilità suggerisce che l’Agenzia dovrebbe svolgere una serie di compiti, quali esaminare i sistemi di applicazione delle norme negli Stati membri, effettuare controlli e ispezioni coordinate e formare i funzionari nazionali, la relazione suggerisce. Ad essa sarebbe associato uno “specifico organismo europeo”, eventualmente ospitato dall’Esecutivo UE, al fine di effettuare ispezioni dirette e controlli delle strutture e dei siti in “casi gravi di inadempienza”. Altre sfide per un maggior rispetto del diritto dell’Unione nazionale dei rifiuti sono, secondo gli autori, la mancanza di capacità tecnica per preparare Piani e Programmi di gestione dei rifiuti, nonché l’assegnazione di insufficienti risorse per le attività di controllo che, dicono gli autori, è dovuta alla “bassa” priorità e alla diversità di interpretazione date all’attuazione e alla diversi della normativa UE sui rifiuti da parte degli Stati membri. Le raccomandazioni, contenute nella Relazione, sono basate sulle risposte fornite da funzionari degli Stati membri e da soggetti interessati in questionari e nel corso di colloqui e seminari informali. Il costo annuale di attuazione delle raccomandazioni è stimato di poco superiore a16 milioni di euro , impiegando 60 membri di personale. Un’analisi più approfondita dei costi e benefici verrà effettuata nel corso del 2010. Una rete europea di Stati membri sosterrebbe l’Agenzia nelle sue attività.

all’anno, con un risparmio annuo di 2,5 miliardi di euro al prezzo attuale del carbonio di circa 13 euro a tonnellata. Un rafforzamento dell’attuazione della normativa produrrebbe altri benefici economici significativi, quali eque condizioni di concorrenza per le imprese europee, migliori opportunità per l’innovazione e un accesso più agevole a preziose materie prime secondarie. Secondo la Commissione, che ha reso noto nello stesso giorno una Relazione sulle attività congiunte degli Stati membri in termini di controllo applicativo della normativa sulle spedizioni dei rifiuti, la mancanza di ispezioni e controlli sul posto costituisce un fattore importante nel determinare l’elevato numero di casi di spedizioni illegali di rifiuti che suscitano preoccupazione crescente. In risposta a questa situazione la Commissione ha sostenuto una serie di ispezioni coordinate, controlli sul posto e controlli di spedizioni di rifiuti negli Stati membri in collaborazione con IMPEL (European Union Network for the Implementation and Enforcement of Environmental Law), la Rete UE di funzionari delle amministrazioni competenti per l’attuazione e il controllo dell’applicazione delle norme in materia di ambiente. Nella Relazione si legge che sono state effettuate oltre 10.000 ispezioni su trasporti e diverse centinaia di ispezioni in imprese. In totale hanno partecipato alle azioni congiunte di controllo dell’applicazione 22 Stati membri e numerosi paesi confinanti. Nel 19% circa dei casi di trasporti contenenti rifiuti gli ispettori hanno riscontrato che le spedizioni erano illegali. La maggior parte dei casi riguardava esportazioni illegali dai paesi dell’UE verso l’Africa e l’Asia in violazione del divieto di esportazione dei rifiuti pericolosi o degli obblighi di informazione per l’esportazione di rifiuti “verdi” non pericolosi. La rete IMPEL continua ad effettuare ispezioni congiunte di spedizioni di rifiuti e intende estenderle a tutti gli Stati membri. La Commissione ha, inoltre, affrontato il problema proponendo un rafforzamento della normativa. La revisione proposta della Direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) comprende norme aggiuntive intese ad evitare le spedizioni illegali di rifiuti elettrici ed elettronici, soprattutto quando sono falsamente dichiarati come prodotti usati. La Commissione sta inoltre valutando la fattibilità di rafforzare i requisiti in materia di ispezioni nell’ambito della normativa UE sulle spedizioni di rifiuti.

Oltre ad altri benefici derivanti dal trattamento dei rifiuti, la piena attuazione della legislazione UE sui rifiuti ridurrebbe le emissioni di gas a effetto serra, compreso il metano prodotto dalle discariche, di quasi 200 milioni di tonnellate di CO2

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INNOVAZIONE E CREATIVITÀ

Moderne soluzioni su antichi princìpi

DAL VENTO ALL’ACQUA Tecnologie per catturare l’umidità dell’aria e trasformarla in acqua

Molti ricorderanno il film di fantascienza “Dune” (1984) che il regista David Lynch trasse dal romanzo omonimo di Frank Herbert (il ciclo di Dune consta di 6 romanzi scritti tra il 1965 e il 1985). Il film suscitò molte critiche, tra cui il rimprovero fatto al regista di aver completamente omesso l’ecologia del pianeta Arrakis, dove si svolgono le vicende, e il tentativo del popolo Fremen di trasformarne il clima, rendendo verde e piovoso un deserto, che sono poi i temi pregnanti del romanzo. I Fremen vivono in caverne (sietch) le cui riserve d’acqua (bene consumato con parsimonia e continuamente riciclato) sono state raccolte con “reti” che condensano la scarsa rugiada del mattino e “trappole” che catturano l’umidità dell’aria trasportata dal vento. Quando sono all’esterno i Fremen indossano tute distillanti che filtrano il sudore corporeo e distillano acqua dalle urine, tanto che se correttamente indossata si può sopravvivere con un “ditale” d’acqua al giorno. Questa reminescenza è affiorata nel leggere l’intervista rilasciata a “L’Express” da Marc Parent: “L’homme qui changeait l’air en eau”, in cui il picco-

lo imprenditore del Sud della Francia (Dipartimento Alpi - Alta Provenza), spiega come funziona la sua invenzione, Eole Water. Il principio è semplice: “l’umidità contenuta nell’aria viene catturata da una turbina azionata dal vento. Quindi, non rimane che aprire il rubinetto per utilizzare l’acqua potabile. Grazie a questo sistema, si può recuperare fino a 1.000 litri di acqua al giorno”. Ovviamente, tale produttività è calcolata con condizioni meteorologiche di: 10 m/ sec di vento; 25 °C di temperatura e 60% di umidità relativa. Ma il suo inventore dichiara che “Nella zona delle Alpi [dove ha messo a punto la tecnologia] l’aria è secca. Se funziona qui, funzionerà ancora meglio nei Paesi caldi”. Obiettivo di Parent è quello di distribuire Eole Water sia nel continente africano, dove la carenza d’acqua potabile è endemica e i pozzi costruiti dalle ONG si inquinano molto rapidamente, sia nelle zone aride del Medioriente dove molti Paesi praticano la costosa dissalazione dell’acqua di mare ovvero nelle zone remote del Pianeta, come i piccoli Stati insulari in cui le caratteristiche geomorfologiche rendono impossibile attingere alle falde acquifere.

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L’idea da cui è scaturito il prototipo gli è venuta una decina di anni fa, allorché, vivendo nelle Antille e non avendo l’abitazione collegata alla rete idrica, aveva cominciato ad utilizzare l’acqua condensata dal condizionatore d’aria. Ovviamente, per poter distribuire questa tecnologia verde c’è bisogno di abbassare i costi (attualmente si aggirano tra i 10 mila e i 50 mila euro, a seconda delle dimensioni) che potrà avvenire solo industrializzando il prodotto. C’è da osservare, inoltre, che questa tecnologia può essere utilizzata anche per produrre Watt: “quando di giorno l’aria è secca può essere utilizzata per produrre elettricità e di notte, allorché c’è maggior umidità, per produrre acqua”. Non è casuale che tra i potenziali acquirenti ci sia il marchio di qualità Masdar City di Abu Dhabi. Il sistema per trasformare l’umidità in acqua potabile, utilizzando fonti di energia rinnovabili, tali da rendere il convertitore autonomo ed utilizzabile in mezzo al deserto o in regioni del mondo prive di reti elettriche, è pure oggetto di ricerca da parte dell’Istituto Fraunhofer per Ingegneria e Biotecnologia interfacciali di Stoccarda.


Secondo quanto apparso su Science Daily (8 giugno 2009), i ricercatori dell’Istituto hanno messo a punto una tecnologia per convertire l’umidità presente nell’aria in acqua potabile. Traendo spunto dal fatto che le zone aride hanno comunque una percentuale di umidità dell’aria (nel deserto del Negev, in Israele, la media annua di umidità relativa è del 64%: in ogni m3 di aria ci sono 11,5 ml. di acqua), il sistema funziona attraverso l’assorbimento dell’umidità tramite una soluzione igroscopica salina (hygroscopic brine-saline) che scende giù lungo un’unità a forma di torre. Questa “sala-

moia”, viene quindi risucchiata in un serbatoio sotto-vuoto, posto a pochi metri da terra. Dei collettori solari riscaldano la “salamoia”, che è stata diluita dall’umidità assorbita, mentre il sotto-vuoto permette l’ebollizione del liquido a temperature più basse di quel che avverrebbe in condizioni di normale pressione atmosferica (questo fenomeno è ben conosciuto in montagna dove la minor pressione atmosferica fa bollire l’acqua ben al di sotto di 100

°C). Il vapore è privo di sale e la successiva condensazione scorre verso il basso in modo controllato attraverso un tubo. La colonna continua d’acqua, per effetto della gravità, produce il vuoto senza che sia necessaria una pompa. La “salamoia” riconcentrata scivola ancora giù sulla superficie della torre per assorbire l’umidità dell’aria. “Il processo che abbiamo sviluppato - ha spiegato Sigfried Egner, Capo del Dipartimento dell’Istituto - si basa esclusivamente su fonti di energia rinnovabili, come collettori solari termici e celle fotovoltaiche, che permettono di rendere il metodo autonomo energeticamente e adatto per essere installato in varie dimensioni, sia per singole unità come per rifornire d’acqua un intero hotel”. Nella regione andina, è stata sviluppata un’altra tecnica che consiste

Le torri per catturare l’umidità dell’aria trasformandola in acqua da bere (fonte: Science Daily)

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nell’utilizzare delle reti per far condensare le goccioline della nebbia, frequente nelle aride regioni della cordigliera per effetto della fredda corrente di Humboldt che scorre da Nord lungo la costa del Perù e del Cile nella sezione meridionale dell’Oceano Pacifico. Allorché la Compagnia mineraria statunitense Bethlehem Steel Company abbandonò lo sfruttamento della miniera di ferro di El Tofo, a 360 Km a Nord-ovest di Santiago, venne smantellato pure il sistema di approvvigionamento idrico di cui si serviva la comunità del villaggio, posto ad una altitudine di 780 metri. Così, l’Università del Cile, l’Università Cattolica del Cile, l’Agenzia Governativa Cilena delle Foreste e il Centro Internazionale di Ricerca per lo Sviluppo - IDRC (ONG che ha sede nell’Ontario - Canada) hanno condotto studi per applicare delle tecnologie in grado di catturare l’acqua contenuta nella nebbia.

Senza bisogno di energia e utilizzando materiali semplici la cui manutenzione può essere fatta a livello locale, è stata approntata a un’area di grandi reti (12 m. x 3,5 m.), a doppio strato in modo che lo strofinìo provocato dal vento possa far meglio condensare l’umidità della nebbia che hanno assorbito le fittissime maglie. Le goccioline condensate cadono poi in grandi tubi di PVC, posti alla base delle reti, e, per effetto della forza di gravità, vengono convogliate verso il serbatoio del villaggio. Ogni rete può produrre fino a 180 litri di acqua al giorno, a seconda della densità della nebbia. Con questa tecnica semplice, ogni abitante può usufruire di 25 litri d’acqua giornalieri. Non solo, tramite questa tecnica si spera di poter operare una riforestazione della zona tale che dopo cinque o sei anni gli alberi piantati siano in grado di con-

Fonte: IDRC, foto Sitoo Mukerji

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densare essi stessi, attraverso le fronde (secondo gli scienziati le aghifoglie sarebbero tra le varie essenze quelle più efficienti), l’acqua di cui necessitano. La ricerca compiuta ha individuato ben 22 Paesi di tutti i Continenti, dove sussistono le caratteristiche altimetriche e climatiche che permettono l’utilizzazione di questa tecnica, tra i quali, molti sono Paesi in via di sviluppo (Honduras, Ecuador, Angola, Kenya, Namibia, Sud Africa). Alcune sperimentazioni sono state fatte anche lungo le coste dell’Oman, dove le nebbie perdurano per 3 mesi all’anno. Non è senza ragione che questa tecnica, infatti, era già utilizzata da tempi immemorabili dalle popolazioni nomadi del Rub Al Khali, il grande deserto della penisola arabica. Per altro, lo scrittore Frank Herbert non aveva dichiarato di essersi ispirato per “Dune” alle popolazioni berbere?


IL COMMENTO

Il Sistema di Tracciabilità dei Rifiuti sottoposto a lobbying

SISTRI: SI PARTE!... ANZI NO! Con le continue proroghe non si esce dalle emergenze Nei primi giorni di febbraio si sono succedute, sempre più insistenti, voci circa un probabile inserimento nella conversione in Legge del Decreto “Milleproroghe” (D. L. n. 194/2009) di un provvedimento che farebbe slittare i termini di inizio operatività del SISTRI (SIStema di controllo della Tracciabilità dei RIfiuti), di cui al Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 17 dicembre 2009 (G. U. 13 gennaio 2010, S. O.), che per il 1° gruppo di soggetti tenuti ad aderirvi è il 13 luglio 2010, anche se sono definiti in modo differenziato tempi e modalità di attivazione in relazione alle caratteristiche dimensionali e alle tipologie di attività svolte, a partire dal 13 febbraio (vedi tabella). Al momento di andare in stampa non risulta che tale predisposizione sia contenuta nel “Milleproroghe”, lasciando intravedere la possibilità di un Decreto ad hoc che significherebbe non solo un differimento di termini, ma anche modifiche al testo. La notizia non ci sorprende, dal momento che, commentando l’entrata in vigore dal 18 gennaio (con un ritardo di oltre 15 mesi rispetto al primo Decreto che ne disciplinava l’attuazione e che era stato ritirato e sostituito con un altro), dell’obbligo per i gestori dei Centri di raccolta rifiuti urbani di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali, avevamo osservato: “non ci meraviglieremmo se pressioni analoghe venissero messe in atto per l’entrata in funzione del sistema di tracciabilità dei rifiuti SISTRI” (Regioni&Ambiente, nn. 1-2 gennaio-febbraio 2010, pp. 16-17). L’avverarsi della previsione non può che dispiacere perché è un’ulteriore conferma che, al di là di giudizi di merito su certi aspetti di criticità del SISTRI, questo Paese non riesce ad uscire dalle emergenze di cui il mancato rispetto dei tempi previsti è, purtroppo, il presupposto. A questo proposito, osserviamo che la data del 18 gennaio per mettere in regola i centri di raccolta di cui si è

dei bagni mobili chimici”, sulla quale pendeva un procedimento della Commissione UE perché “i requisiti previsti determinano ostacoli ingiustificati agli scambi di merci”, riteniamo che l’Italia stia perdendo una buona occasione di essere all’avanguardia in Europa per aver attivato un sistema di controllo dei rifiuti così moderno.

parlato prima, stante le disposizioni contenute nel maxiemendamento presentato dal Governo per la conversione in Legge del “Milleproroghe”, verrà differita di altri 6 mesi. Questa situazione di proroga su proroga si trascina ormai da diversi anni in modo del tutto bipartisan, e l’“istituzionalizzazione” del “Milleproroghe” ne è la conferma. L’Italia ha collezionato il maggior numero di procedimenti di infrazione avviati dalla Commissione UE per mancata o tardiva trasposizione di norme comunitarie e, tra questi, quelli di tipo ambientale sono in maggioranza, specialmente per il settore rifiuti. Nel momento in cui il Ministro del Lavoro, Salute e Politiche sociali si vede costretto a disporre la revoca (G. U. n. 12 del 10 gennaio 2010) della Circolare con cui il Ministro del precedente Governo aveva definito le “Linee Guida relative alle caratteristiche igieniche minime costruttive e gestionali

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Ma quali sarebbero le motivazioni che hanno scatenato l’attività di lobbying di imprese e categorie sul legislatore? Seppur con qualche distinguo, tutte hanno sottolineato la “bontà” del provvedimento, ma hanno essenzialmente lamentato i tempi “troppo ristretti” che non permetterebbero ai vari operatori di adeguarsi tempestivamente e formativamente alle nuove disposizioni. Vale la pena ricordare che il sistema era già previsto nel D. Lgs. n. 152/2006, art. 2 - comma 24 (il cosiddetto Testo Unico Ambientale) e la Legge Finanziaria 2007 disponeva uno stanziamento non inferiore a 5 milioni di euro per la realizzazione di un sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Il sistema ha avuto, poi, la sua prima normazione con l’Art. 2 - comma 2 bis della Legge 210/2008 “Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale”, tanto che in Campania si sta avviando in questi giorni il progetto pilota denominato SITRA, che costituisce di fatto la prima applicazione in Italia del SISTRI, per tener sotto controllo i flussi dei rifiuti e contrastare i traffici criminali. Con il D. L. n. 78/2009, convertito in L. n. 102/2009 si stabiliva che il Ministero dell’Ambiente emanasse uno o più decreti per la costituzione e il finanziamento del SISTRI, sostituendo con tecnologie elettroniche procedure cartacee quali, Registro carico/scarico, Formulario di identificazione dei rifiuti e MUD, per garantire un controllo puntuale e la tracciabilità dei rifiuti pericolosi, come peraltro richiesto dalla nuova Direttiva UE sui rifiuti (2008/98/CE).


Di qui discende il Decreto del 17 dicembre 2009. Peraltro, le due recenti e quasi contemporanee operazioni condotte dai carabinieri del NOE “Golden rubbish” e “Spiderman”) hanno evidenziato, qualora ce ne fosse bisogno, che gli illeciti commessi nello smaltimento dei rifiuti speciali sono numerosi e diffusi in tutte le regioni italiane, causando gravissimi danni all’ambiente ed espongono a rischi la salute delle comunità coinvolte, così che a buon diritto il Ministro Stefania Prestigiacomo ha rilevato “quanto sia stato opportuno il varo del SISTRI, il sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali che entrerà in funzione fra qualche mese e consentirà un monitoraggio attento ed in tempo reale di queste attività. Il SISTRI che sarà gestito proprio dal NOE, renderà possibile un contrasto molto più efficace e puntuale dei traffici delle ecomafie e delle attività criminose di quanti commettono reati ambientali nel campo dei rifiuti” Anche se si deve osservare che chi vuol continuare a smaltire illegalmente i rifiuti non si iscriverà al SISTRI e il Sistema non potrà verificare, comunque, quel che succede effettivamente dentro gli impianti di smaltimento e recupero.

I rifiuti urbani maleodoranti e indifferenziati che debordano dai cassonetti assurgono facilmente agli onori della cronaca, ma sono ben più pericolosi per l’ambiente e la salute umana i rifiuti speciali dei quali si perdono le tracce e le quantità, salvo a ricomparire sui media quando vengono smantellati traffici e gruppi criminali. Ora con il SISTRI, tale flusso di rifiuti sarà meglio monitorato, dando maggior visibilità al loro trasporto, anche se non potrà essere scongiurato del tutto ogni reato. Forse, evidenziandosi che non ci sono a sufficienza impianti di smaltimento dedicati a tali tipologie di rifiuti, si potrebbe cominciare a programmarne la loro costruzione. Si è lamentata anche la mancata emanazione da parte della Pubblica Amministrazione di Circolari e Regolamenti per invocare proroghe al SISTRI, che sarebbero serviti a chiarire ed uniformare aspetti del sistema, ma si deve poi riconoscere che contestualmente alla pubblicazione del Decreto istitutivo, il Ministero ha messo ha disposizione sul suo sito le Linee Guida proprio al fine di assicurarne la comprensione e applicazione tempestiva alle centinaia di migliaia di grandi e piccole imprese che sono obbligate (si calcola che siano

600.000), ovvero vogliano volontariamente, aderire al SISTRI. Anche la forte informatizzazione del sistema è stata fonte di critiche, in considerazione che molti soggetti obbligati non sarebbero in grado nemmeno di usare un computer. Tale circostanza non può costituire una remora all’avvio del SISTRI, bensì può divenire occasione per una diffusa alfabetizzazione informatica, visto che oggi è quasi impossibile gestire una qualsiasi impresa senza saper utilizzare internet, altrimenti non avrebbe senso gli investimenti miliardari programmati dall’Unione europea per il superamento del digital divide. Comunque, chi non possiede un computer può delegare un’associazione imprenditoriale per la compilazione della scheda e per la procedura di movimentazione. Certo nel SISTRI, quale uscito dal Decreto del 17 dicembre 2009, non mancano lacune, criticità e procedure farraginose, ma sarebbe stato meglio iniziare senza le proroghe, a questo punto necessarie per la scarsa informazione e/o mancata formazione di chi avrebbe dovuto svolgere un ruolo attivo e che è, forse volutamente, rimasto inane.

TEMPISTICA DEL SISTRI (D. M. 17 Dicembre 2009) Data

Prescrizione

Norma

13 gennaio 2010

Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010 - S.O. n. 10

/

14 gennaio 2010

Entrata in vigore (il giorno successivo alla pubblicazione)

Art. 12, c. 4

28 febbraio 2010

Entro tale data, obbligo di iscrizione al Sistri per i soggetti di cui all’art. 1, c. 1, lett. a) e art. 2 (entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore). Entro tale data, scadenza del termine per il versamento del contributo annuale.

Art. 3, c. 1

13 febbraio 2010

Entro tale data, definizione della “tipologia dei dati di cui al comma 3, i tempi e gli standard per la trasmissione degli stessi... dal Ministero dell’ambiente”.

Art. 8, c. 4

13 febbraio 28 marzo 2010

In questo lasso di tempo, obbligo di iscrizione al Sistri per i soggetti di cui all’art. 1, c. 1, lett. b (dal 30° al 75° giorno successivo alla data di entrata in vigore). In questo lasso di tempo, scadenza del termine per il versamento del contributo annuale.

Art. 3, c. 1

Art. 4, c. 3

Art. 4, c. 3

13 luglio 2010

Operatività del sistema per i soggetti di cui all’art. 1, lett. a (dal 180° giorno dalla data di entrata in vigore)

Art. 1, c 1, lett. a)

13 luglio 2010

Operatività del sistema per i comuni, gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della Regione Campania (dal 180° giorno dalla data di entrata in vigore)

Art. 2, c. 1

12 agosto 2010

Operatività del sistema per i soggetti di cui all’art. 1, lett. b (dal 210° giorno dalla data di entrata in vigore)

Art. 1, c. 1, lett. b)

13 agosto 2010

Fino a tale data i soggetti di cui all’art. 1, c. 1, lett. a) rimangono tenuti agli adempimenti di cui agli artt. 190 e 193 del D. L.vo 152/06 (per un mese successivo all’operatività del Sistri)

Art. 12, c. 2

13 agosto 2010

Fino a tale data i soggetti di cui all’art. 2, c. 1 rimangono tenuti agli adempimenti di cui agli artt. 190 e 193 del D. L.vo 152/06 (per un mese successivo all’operatività del Sistri)

Art. 12, c. 2

12 settembre 2010

Fino a tale data i soggetti di cui all’art. 1, c. 1, lett. b) rimangono tenuti agli adempimenti di cui agli artt. 190 e 193 del D. L.vo 152/06 (per un mese successivo all’operatività del Sistri)

Art. 12, c. 2

31 dicembre 2010

Entro tali date comunicazione al Sistri delle informazioni di cui all’art. 12 da parte dei produttori iniziali di rifiuti, delle imprese e degli enti che effettuano operazioni di recupero o smaltimento che erano tenuti alla presentazione del Mud.

Art. 12, c. 1

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Così, oltre ad essere percepita come un’ulteriore beffa da parte di coloro che hanno approntato per tempo le varie operazioni per rispettare le previste scadenze, la proroga, se non adeguatamente gestita, rischia di ingenerare confusione e fraintendimenti dal momento che viene ad inserirsi in un quadro di settore, già ricco di precedenti proroghe, come evidenzia, per esempio, la questione del MUD. Il Modello Unico di Dichiarazione ambientale con l’entrata in vigore dell’operatività del SISTRI non dovrà più essere compilato dagli operatori soggetti al sistema di tracciabilità, ma per quest’anno dovrà essere spedito ancora entro il 30 aprile: con il vecchio o il nuovo modello? Già, perché il “Milleproroghe” dello scorso anno, quello convertito con Legge n. 13 per intendersi, dal momento che nei vari passaggi legislativi si era addirittura “duplicato”, aveva disposto di utilizzare per il 2009 il vecchio MUD (DPCM 24 dicembre 2002 come modificato dal DPCM 22 dicembre 2004), anziché quello previsto dal DPCM 2 dicembre 2008. Per il 2010 quale modello utilizzare?

Passiamo ad analizzare i principali aspetti del SISTRI, del cui Decreto istitutivo diamo pubblicazione nell’Inserto normativo delle successive pagine di questo numero, con l’avvertenza che non sono prese in considerazioni modifiche annunciate o presunte, dal momento che questo commento è stato redatto con la vigenza dei tempi e contenuti del D.M. 17 dicembre 2009. Eventuali modifiche e proroghe saranno comunicate e commentate con il numero di aprile 2010. Per le “Definizioni” si rinvia all’Allegato IA. Soggetti obbligati al SISTRI I soggetti tenuti all’obbligo di iscrizione e comunicazione, secondo un ordine di gradualità temporale (vedi tabella) sono individuati nell’Art. 1. Ne fanno parte (1° gruppo): - imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi, con più di 50 dipendenti; -imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi con più di dieci dipendenti, a condizione che i rifiuti siano prodotti da lavorazioni industria-

li, artigianali, e quelli derivanti dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento fumi, con più di 50 dipendenti ; - commercianti e intermediari senza detenzione di rifiuti; - Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati; - imprese che raccolgono e trasportano rifiuti speciali; - imprese che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti; - terminalisti e responsabili degli scali merci nel trasporto intermodale. Oltre ai soggetti sopracitati, sono obbligati i Comuni, gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della regione Campania il cui sistema di controllo di tracciabilità già operativo SITRA viene interconnesso telematicamente con il SISTRI (Art. 2). Sono obbligati, con modalità temporali diverse, tali da definirli come un 2° gruppo: - imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi, che hanno fino a 50 dipendenti; - imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi, che hanno tra i 50 e gli 11 dipendenti. Soggetti non obbligati che possono aderire su base volontaria Possono altresì aderire in modo volontario tutte le imprese e gli enti che non rientrano fra quelli sopra riportati (3° gruppo), e fra questi: - imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi con meno di 11 dipendenti, a condizione che i rifiuti siano prodotti da lavorazioni industriali, artigianali, e quelli derivanti dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento fumi; - imprese ed enti che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi; - imprese agricole di cui all’art. 2135 del codice civile che producono rifiuti non pericolosi. Iscrizione al SISTRI Le modalità di iscrizione al SISTRI sono descritte nell’Allegato IA, secondo una

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sequenza temporale che tiene conto delle categorie e delle tipologie di rifiuti. Prima fase Il primo gruppo di utenti aderisce al SISTRI iscrivendosi allo stesso entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto. Il secondo gruppo di utenti aderisce al SISTRI dal 30° giorno al 75° giorno dalla data di entrata in vigore del Decreto. Il terzo gruppo di utenti, per i quali l’adesione al SISTRI è facoltativa, può aderire a decorrere dal 210° giorno dalla data di entrata in vigore del Decreto. Per quanto riguarda la procedura da seguire, l’operatore deve iscriversi al SISTRI utilizzando, a sua scelta, una delle seguenti modalità: • Modalità on line. L’utente deve collegarsi alla sezione del Portale SISTRI (www.sistri.it) dedicata alla fase di iscrizione al sistema ed inserire i dati indicati nel modulo di iscrizione riportato in Allegato. • Modalità via fax. L’utente potrà comunicare i dati indicati nel modulo di iscrizione via fax, al seguente numero: 800 05 08 63 • Telefonicamente. L’utente potrà comunicare i dati indicati nel modulo di iscrizione telefonando al seguente numero verde: 800 00 38 36. All’atto della comunicazione dei dati, con evidenza dell’effettuato pagamento dei contributi, l’utente dovrà, inoltre, specificare anche le modalità (posta elettronica, fax o telefono) con le quali desidera ricevere le comunicazioni dal SISTRI, nonché i recapiti (indirizzo di posta elettronica, numero di fax o di telefono) e la persona da contattare. Qualora l’operatore si avvalga, per le attività previste dal Decreto, di una Associazione imprenditoriale che ha sottoscritto la convenzione con la Camera di Commercio territorialmente competente, così come disciplinato dal Decreto, ritirerà presso tale Associazione o la sua società di servizi il dispositivo USB e, in tal caso, dovrà specificare al momento dell’iscrizione il nome e la sede di tale Associazione o società di servizi. Il SISTRI comunicherà, quindi, a ciascun operatore, entro 48 ore, l’avvenuta ricezione dei dati e il numero di pratica assegnato, con le modalità ed ai recapiti da questi precedentemente indicati.


Verifica dei dati e personalizzazione dei dispositivi I dati comunicati dagli operatori saranno confrontati con quelli contenuti nel Registro delle imprese gestito dalle Camere di Commercio e con quelli contenuti nell’Albo Nazionale Gestori Ambientali. A seguito della predetta verifica il SISTRI procederà alla personalizzazione dei dispositivi USB e alla consegna degli stessi presso i siti di distribuzione che sono: • le Camere di Commercio; • le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali; • le Associazioni imprenditoriali che hanno sottoscritto appositi accordi con le Camere di Commercio territorialmente competenti, o loro società di servizi. Le Camere di Commercio, le Associazioni imprenditoriali o loro società di servizi delegate dalle Camere di Commercio e le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali contatteranno gli operatori, con le modalità ed ai recapiti da questi precedentemente indicati, per comunicare luogo e data dell’appuntamento per la consegna dei dispositivi USB e, nel caso delle imprese di trasporto, anche luogo e data dell’appuntamento per l’installazione delle Black box presso le officine autorizzate.

ritiro dei dispositivi USB sarà necessario presentare la seguente documentazione: • copia della ricevuta di pagamento del contributo di iscrizione al SISTRI previsto nell’Allegato II relativo alla/ alle categoria/e di appartenenza, per ciascuna unità locale; • la dichiarazione, resa dal legale rappresentante ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, contenente un’autocertificazione dei dati comunicati in fase di iscrizione, come risultanti dall’espletamento delle procedure di verifica di cui al precedente punto 2. Per coloro che avranno effettuato la procedura di iscrizione con la modalità “on line”, il modulo di dichiarazione sarà generato automaticamente dal sistema; esso dovrà essere stampato e sottoscritto dal legale rappresentante. Coloro che avranno effettuato la procedura

di iscrizione con le altre modalità dovranno redigere l’autodichiarazione compilando l’apposito modulo; • fotocopia leggibile di un documento di identità del rappresentante legale dell’azienda in corso di validità; • qualora siano stati individuati uno o più delegati, occorre presentare anche fotocopia leggibile del/i documento/i di identità del/i delegato/i; • numero di pratica assegnato dal Sistema; • attestato di versamento dei diritti di segreteria dovuti alle Camere di Commercio. In caso di ritiro da parte di un soggetto diverso dal legale rappresentante, oltre ai documenti sopra indicati, l’incaricato al ritiro dovrà presentarsi munito: - del proprio documento di riconoscimento; - della delega per il ritiro, in carta sem-

Dispositivo USB Dispositivo personalizzato che abilita la firma fino a tre addetti per unità locale e operativa

Seconda Fase Consegna dei Dispositivi I dispositivi USB verranno rilasciati: • per le imprese di trasporto iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, presso la Sezione regionale o provinciale dell’Albo a cui sono iscritte; • per tutti gli altri operatori, presso la sede della Camera di Commercio della Provincia dove è ubicata la sede legale dell’operatore, oppure presso le sedi delle Associazioni imprenditoriali o loro società di servizi che hanno sottoscritto una apposita convenzione con le Camere di Commercio territorialmente competenti. Nel caso in cui l’operatore abbia anche una o più unità locali, la consegna verrà effettuata presso la sede della Camera di Commercio dove è ubicata ciascuna unità locale.

Black box - contenitore di dimensioni 15x10x5 cm; - modulo di ricezione GPS per il rilevamento di posizione del veicolo; - modulo di comunicazione dati GPRS per la trasmissione di allarmi da parte dell’utente; - modulo di sicurezza; - modulo di interfaccia con il dispositivo USB; - batteria tampone; - memoria locale per consentire l’archiviazione dei dati

Soggetti competenti e documentazione necessaria per il ritiro Il ritiro dei dispositivi USB dovrà essere effettuato dal legale rappresentante dell’operatore che potrà delegare al ritiro un proprio incaricato. Per procedere al

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plice, secondo il formato disponibile sul sito del Portale SISTRI e firmata dal legale rappresentante. Procedura di ritiro L’addetto del sito di distribuzione: • verifica la corrispondenza dei dati visualizzati nel SISTRI con quelli indicati nell’autodichiarazione presentata dal richiedente; • inserisce nel sistema gli estremi del soggetto che effettua il ritiro; • verifica che i pagamenti siano stati effettuati correttamente per quanto riguarda gli importi e le modalità; • verifica altresì la completezza dei documenti presentati dall’incaricato al ritiro, ivi inclusa l’eventuale delega al ritiro. Nel caso in cui dall’esame effettuato risultino documenti mancanti o necessità di rettifiche/integrazioni dei dati, l’addetto del sito di distribuzione concorda con l’operatore un nuovo appuntamento per il completamento della procedura. L’addetto del sito di distribuzione competente alla consegna dei dispositivi USB, dopo aver terminato la verifica di cui al precedente punto, stampa dal SISTRI e fa firmare al soggetto incaricato al ritiro (per conto dell’operatore) i seguenti documenti: • la dichiarazione di presa visione dell’informativa sul trattamento dei dati personali e di consenso al trattamento dei dati stessi; • la dichiarazione di impegno all’uso corretto e alla custodia dei dispositivi USB. Infine, l’addetto del sito di distribuzione consegna al soggetto incaricato al ritiro un plico contenente: • il/i dispositivo/i USB già precedentemente personalizzato/i; • la/e stampa/e in busta cieca della password per l’accesso al sistema, della password di sblocco del/i dispositivo/i USB (PIN), del PUK, dell’identificativo utente (username) e del numero di serie del dispositivo; • nel caso in cui l’operatore sia un trasportatore, la lista delle officine autorizzate ad installare le Black box nelle province interessate, stampata dal sito del Portale SISTRI, con l’indicazione del periodo temporale entro cui fissare l’appuntamento per l’installazione e un modulo per il ritiro e installazione delle Black box. La distribuzione dei dispositivi USB e l’installazione delle Black box devono essere completate entro i 30 giorni

antecedenti l’avvio dell’operatività del sistema. Al termine della procedura di iscrizione le Camere di Commercio, le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali e le Associazioni imprenditoriali comunicheranno settimanalmente al SISTRI l’avvenuto ritiro dei dispositivi elettronici. Contributo all’iscrizione I soggetti destinatari del SISTRI aderiscono allo stesso mediante la procedura di iscrizione precedentemente descritta e tramite il versamento di un contributo. Tale contributo è destinato alla copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI ed è versato per ciascuna attività di gestione dei rifiuti. Le imprese che raccolgono e trasportano i rifiuti versano il contributo per la sola sede legale e per ciascun veicolo adibito al trasporto rifiuti. Il livello dei contributi, per categoria di soggetti obbligati, risponde ai seguenti criteri: • dimensione d’impresa; • tipologia di rifiuti; • quantità dei rifiuti prodotti, trasportati e gestiti. Il contributo si riferisce all’anno solare di competenza e negli anni successivi va versato entro il 31 gennaio dell’anno al quale i contributi si riferiscono. Ai sensi dell’art. 14-bis del decreto legge n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102/2009, i contributi sono versati all’entrata del Bilancio dello Stato per riessere riassegnati, con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Il pagamento dei contributi può avvenire mediante versamento diretto presso la competente Tesoreria Provinciale dello Stato, ovvero tramite conto corrente bancario o bonifico bancario i cui estremi saranno indicati nel Portale SISTRI, con le seguenti modalità: • per il primo gruppo di utenti il pagamento dovrà essere effettuato dal 14 gennaio al 28 febbraio 2010; • per il secondo gruppo di utenti il pagamento dovrà esser eseguito dal 13 febbraio al 28 marzo 2010; • per il terzo gruppo di utenti il pagamento della quota di iscrizione potrà essere versato a decorrere dal 12 agosto 2010 in poi.

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L’operatore dovrà quindi segnalare, con le modalità contenute nel Portale, l’avvenuto pagamento al SISTRI e successivamente presentare, alla Camera di Commercio competente o all’Associazione Imprenditoriale delegata, o alla Sezione regionale o provinciale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali per le imprese che esercitano attività di trasporto, la ricevuta di avvenuto pagamento del contributo di iscrizione al SISTRI. I valori dei contributi da versare a seconda della categoria di utenti sono riportati nell’Allegato II del Decreto e possono essere rideterminati annualmente con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: A) per le Imprese, ad esclusione di quelle di raccolta e trasporto dei rifiuti, il contributo, determinato in relazione alla tipologia di rifiuti (pericolosi e non pericolosi) ed alle quantità degli stessi, è dovuto in un’unica soluzione: • per ciascuna unità locale e per la sede legale, qualora quest’ultima produca e/o gestisca rifiuti; • per ciascuna operazione di recupero o smaltimento svolta all’interno dell’unità locale o della sede legale. Per le Imprese che producono sia rifiuti pericolosi che rifiuti non pericolosi, si applica il contributo relativo ai rifiuti pericolosi. Per gli impianti che gestiscono sia rifiuti pericolosi che non pericolosi, il contributo dovuto è dato dalla sommatoria del contributo corrispondente alla quantità di rifiuti pericolosi e del contributo corrispondente alla quantità di rifiuti non pericolosi. Per le unità locali in cui insistano più unità operative da cui originano autonomamente rifiuti (è il caso, in genere, dei grandi gruppi industriali che dispongono di siti caratterizzati dalla presenza di più stabilimenti) e per le quali sono richiesti distinti dispositivi USB per ciascuna unità operativa, il pagamento dei contributi dovrà essere effettuato per ciascuna di esse. B) per le Imprese che raccolgono e trasportano rifiuti, il contributo è dovuto per la sede legale e per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. Per le Imprese che trasportano sia i rifiuti pericolosi che non pericolosi, il contributo relativo alla sede legale è dato dalla sommatoria del contributo dovuto per il quantitativo autorizzato di rifiuti non pericolosi e del contributo


dovuto per il quantitativo autorizzato di rifiuti pericolosi. Nel caso di veicoli adibiti sia al trasporto di rifiuti pericolosi che al trasporto di rifiuti non pericolosi, il contributo è dovuto per l’importo relativo ai rifiuti pericolosi. C) per le Imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti di cui all’art. 212, comma 8, del D. Lgs. n. 152/2006, il contributo è dovuto in base alla categoria dei produttori di appartenenza; esse, inoltre, sono tenute al pagamento del contributo per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. D) per i Comuni della Regione Campania, il contributo è determinato in base al numero degli abitanti. E) per le Imprese di raccolta e di trasporto di rifiuti urbani della Regione Campania, il contributo è dovuto in relazione alla popolazione complessivamente servita. F) per i consorzi, gli intermediari, i terminalisti, gli operatori logistici, i raccomandatari marittimi, i centri di raccolta comunali, le piattaforme, le associazioni imprenditoriali e loro società di servizi il contributo è unico ed è quello previsto nell’allegato II del Decreto ministeriale. Il pagamento del contributo potrà essere effettuato presso qualsiasi Ufficio Postale, il proprio Istituto bancario o, se il pagamento viene effettuato in contanti, presso la competente Tesoreria Provinciale dello Stato (Banca d’Italia). Ciascun Operatore, non appena si iscriverà al SISTRI, riceverà un numero di pratica e, successivamente, nel più breve tempo possibile, dovrà effettuare il pagamento del contributo di sua competenza per acquisire i dispositivi elettronici ad esso spettanti. Il pagamento potrà avvenire nei seguenti modi: • presso qualsiasi Ufficio Postale, mediante versamento dell’importo dovuto sul conto corrente postale n. 871012 intestato alla Tesoreria Provinciale dello Stato di Roma. In particolare, nella causale di versamento occorrerà indicare: - Capo 32/Capitolo 2592/Articolo 14 contributo SISTRI/anno 2010; - il codice fiscale dell’Operatore; - il numero di pratica comunicato dal SISTRI, a conferma dell’avvenuta iscrizione; • presso gli sportelli del proprio Istituto di credito, mediante bonifico bancario alle coordinate IBAN IT88 Z010 0003

2453 4803 2259 214. In particolare, nella causale di versamento occorrerà indicare: - contributo SISTRI/anno 2010; - il codice fiscale dell’Operatore; - il numero di pratica comunicato dal SISTRI, a conferma dell’avvenuta iscrizione; • presso la Tesoreria provinciale dello Stato (Banca d’Italia), versando il contributo in contanti con la seguente causale di versamento: - Capo 32/Capitolo 2592/Articolo 14 contributo SISTRI/anno 2010; - il codice fiscale dell’Operatore; - il numero di pratica comunicato dal SISTRI, a conferma dell’avvenuta iscrizione. Dopo aver effettuato il pagamento dei contributi dovuti, gli Operatori dovranno comunicare al SISTRI, via fax al numero verde 800 05 08 63 o via e-mail collegandosi al sito www.sistri.it, i seguenti estremi di pagamento: • numero della quietanza di pagamento rilasciata dalla Sezione della Tesoreria Provinciale presso la quale è stato effettuato il pagamento, ovvero il numero VCC-VCY della ricevuta del bollettino postale, ovvero il numero del “Codice Riferimento Operazione” (CRO) del bonifico bancario; • l’importo del versamento; • il numero di pratica a cui si riferisce il versamento. A seguito dell’invio al SISTRI degli estremi del pagamento, gli Operatori saranno contattati dalle Camere di Commercio, dalle Associazioni imprenditoriali o loro società di servizi delegate dalle Camere di Commercio ovvero dalle Sezioni regionali e provinciali dell’Albo Gestori Ambientali per la comunicazione della data dell’appuntamento per la consegna dei dispositivi USB e delle Black box. In assenza della citata comunicazione di avvenuto pagamento, il SISTRI non potrà procedere alle successive operazioni relative alla consegna dei dispositivi elettronici a ciascuno spettanti. Dettagli operativi Ogni operatore richiede un dispositivo USB per ciascuna unità locale. In caso di unità locali nelle quali sono presenti unità operative, da cui originano in maniera autonoma rifiuti, è facoltà richiedere un dispositivo USB per ciascuna unità operativa. Se nell’unità locale è esercitata più di un’attività

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di gestione dei rifiuti per la quale è obbligatorio l’utilizzo dei dispositivi, l’operatore dovrà dotarsi di un dispositivo USB per ciascuna attività esercitata nell’unità locale. Tuttavia, qualora siano stati individuati i medesimi Delegati per tutte le attività di gestione dei rifiuti esercitate nella predetta unità locale, sarà possibile richiedere un solo dispositivo USB per tutte le attività attribuite a tali Delegati. L’operatore che svolge attività di raccolta e trasporto di rifiuti dovrà richiedere un dispositivo USB per la sola Sede Legale e un dispositivo USB per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. I dispositivi USB relativi ai veicoli adibiti al trasporto di rifiuti sono associati all’impresa. Su ciascun veicolo che trasporta i rifiuti deve essere installato un dispositivo elettronico denominato Black box. Gli operatori titolari di “cantieri temporanei”, salvo quanto previsto all’articolo 6 del Decreto, devono dotarsi di un dispositivo USB per ciascun cantiere, individuando come “Delegato” il direttore del cantiere. Il terminalista concessionario dell’area portuale di cui all’articolo 18 della legge, n. 84/1994 e l’impresa portuale di cui all’articolo 16 della medesima legge, che detengono i rifiuti in attesa dell’imbarco o allo sbarco per il successivo trasporto, devono dotarsi di un dispositivo USB per ciascun porto in cui operano. I raccomandatari marittimi di cui alla legge n. 135/1977 devono dotarsi di un dispositivo USB per località nella quale sono abilitati a svolgere la propria attività. Le imprese responsabili degli uffici di gestione merci e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie o gli interporti devono dotarsi di un dispositivo USB per ciascuna stazione o interporto in cui operano. Ciascuna articolazione territoriale dell’Associazione imprenditoriale, o società di servizi, che abbia ricevuto delega ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del Decreto, richiede un dispositivo USB. Le Associazioni imprenditoriali, o loro società di servizi, trasmettono al SISTRI l’elenco dei soggetti da cui hanno ricevuto delega, e la relativa documentazione; il SISTRI, entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione, segnalerà all’Associazione, o società di servizi, l’avvenuta configurazione delle


applicazioni informatiche necessarie all’operatività. I Dispositivi elettronici del SISTRI Agli utenti al SISTRI vengono consegnati: • un dispositivo elettronico per l’accesso in sicurezza dalla propria postazione al sistema informatico, definito dispositivo USB, idoneo a consentire la trasmissione dei dati, a firmare elettronicamente le informazioni fornite ed a memorizzarle sul dispositivo stesso. Ciascun dispositivo USB può contenere fino ad un massimo di tre certificati elettronici associati alle persone fisiche individuate durante la procedura di iscrizione come delegati per le procedure di gestione dei rifiuti. Tali certificati consentono l’identificazione univoca delle persone fisiche delegate e la generazione delle loro firme elettroniche ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; • per ciascun dispositivo USB, l’identificativo utente (username), la password per l’accesso al sistema, la password di sblocco del dispositivo (PIN) e il codice di sblocco personale (PUK); • un dispositivo elettronico da installarsi su ciascun veicolo che trasporta rifiuti, con la funzione di monitorare il percorso effettuato dal medesimo, definito Black box. La consegna e l’installazione della Black box avviene presso le officine autorizzate, il cui elenco è fornito contestualmente alla consegna del dispositivo USB e disponibile sul Portale del SISTRI; • apparecchiature idonee per monitorare l’ingresso e l’uscita degli automezzi dagli impianti di discarica. Procedura per l’installazione del dispositivo Black box a. Individuazione delle officine autorizzate all’installazione delle Black box L’installazione delle Black box sui veicoli adibiti al trasporto dei rifiuti può essere effettuata dalle imprese iscritte nel Registro delle imprese esercenti attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n.122, sezione elettrauto. Tali officine devono altresì essere dotate di computer e collegamento ad internet, senza particolari requisiti di banda di trasmissione. Per essere autorizzati all’installazione delle Black box, i soggetti di cui sopra devono presentare domanda di autorizzazione al Ministero dell’Ambiente e

della Tutela del Territorio e del Mare, accedendo al sito www.sistri.it, e compilando l’apposita sezione. I dati comunicati dalle officine saranno confrontati con quelli in possesso delle Camere di Commercio. Le domande devono essere presentate entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare inviterà i soggetti che avranno presentato la domanda di autorizzazione e che saranno risultati in possesso dei requisiti prescritti a partecipare a corsi di formazione gratuiti. I corsi, di carattere teorico/pratico, sono strutturati in un solo modulo della durata di 6 ore e si terranno nelle date pubblicate sul Portale SISTRI. L’attestazione di partecipazione al corso di formazione è requisito necessario per ottenere l’autorizzazione all’installazione delle Black box. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare provvede alla formazione dell’elenco delle officine autorizzate, che sarà pubblicato sul Portale SISTRI e sarà liberamente consultabile. b. Attività propedeutiche all’installazione Ciascun operatore che effettua l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti deve dotarsi di una Black box per ciascun veicolo in dotazione all’azienda. Le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali curano la programmazione delle installazioni delle Black box. A tal fine: • unitamente al dispositivo USB, forniscono agli operatori la lista delle officine autorizzate, con l’indicazione del periodo temporale entro cui procedere all’installazione, e un modulo per il ritiro e installazione delle Black box; • contattano le officine autorizzate indicate dagli operatori o, in caso di eccessivo carico di lavoro delle stesse, altra officina concordata con gli operatori medesimi, per richiedere l’appuntamento per l’installazione, che potrà essere fissato non prima di sette giorni dalla richiesta. Il SISTRI provvederà a consegnare le Black box direttamente alle officine autorizzate, previa indicazione da parte delle Sezioni regionali e provinciali dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali competenti per territorio. Per l’installazione dei dispositivi sarà

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inoltre necessario: • acquistare una scheda SIM dati GPRS di qualsiasi operatore telefonico, per ciascuna Black box da installare, il cui costo è a carico dell’operatore; • inserire nel modulo per il ritiro delle Black box, consegnato insieme alla lista delle officine, il nome dell’intestatario della SIM e i seguenti dati: PIN, PUK, numero di telefono e intestatario della SIM. In alternativa, l’operatore può consegnare all’officina una fotocopia della scheda SIM rilasciata dal gestore telefonico al momento dell’acquisto, contenente i dati sopra indicati. La richiesta di installazione delle Black box presso l’officina potrà essere effettuata dal legale rappresentante dell’operatore, che dovrà presentarsi munito di un proprio documento di identità in corso di validità. Qualora siano stati delegati soggetti diversi dal legale rappresentante, tali soggetti dovranno presentarsi muniti, oltre che di un proprio documento di riconoscimento, di delega scritta da parte del rappresentante legale dell’operatore, da redigere in carta semplice secondo il formato disponibile sul sito del Portale SISTRI e della copia dei documenti di riconoscimento del sottoscrittore della delega. c. Installazione presso l’officina autorizzata L’operatore dell’officina autorizzata: • verifica i dati contenuti nel modulo per il ritiro e l’installazione della Black box, accerta l’identità del richiedente e l’eventuale delega rilasciata dal legale rappresentante al ritiro dei dispositivi; • inserisce la SIM nella Black box; • installa la Black box sul veicolo; • al termine dell’installazione esegue il test di corretta installazione e configurazione; • sigilla la Black box; • fa firmare al soggetto delegato al ritiro delle Black box una dichiarazione con la quale il medesimo soggetto, per conto dell’operatore, attesta l’esito positivo delle verifiche e il corretto funzionamento dei dispositivi installati e si impegna a custodire ed utilizzare correttamente i dispositivi installati; • emette fattura relativa al servizio di installazione effettuato, il cui costo è a carico dell’impresa di trasporto. Comunicazione al SISTRI dell’avvenuta installazione Completata l’installazione, il responsabile dell’officina invia alla Sezione regionale o provinciale dell’Albo Na-


zionale Gestori Ambientali, ai fini del successivo inoltro al SISTRI, la dichiarazione di avvenuta installazione, contenente il numero seriale delle Black box e i dati delle relative SIM abbinati alle targhe dei veicoli su cui i dispositivi sono stati installati, nonché l’attestazione dell’esito positivo delle verifiche e la presa d’atto del corretto funzionamento dei dispositivi installati, controfirmata dal soggetto delegato al ritiro. Nel caso in cui, in fase di installazione, la Black box risulti non funzionante dovrà essere restituita al SISTRI. Qualora, a seguito del verificarsi di una delle ipotesi previste dal Decreto, sorga l’obbligo di restituzione delle Black box, gli operatori dovranno recarsi presso una delle officine autorizzate, in persona del legale rappresentante o previa delega di quest’ultimo. Il responsabile dell’officina autorizzata provvederà a disinstallare le Black box, che saranno restituite al SISTRI, e ad estrarre la scheda SIM, che sarà invece restituita all’operatore. Al termine della procedura di disinstallazione, il responsabile dell’officina autorizzata comunicherà alla Sezione regionale o provinciale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali l’avvenuta disinstallazione, controfirmata dall’operatore, precisando luogo e data e il numero seriale delle Black box disinstallate per ciascun veicolo. Sostituzione dei dispositivi elettronici Gli operatori dovranno utilizzare i dispositivi solo per le finalità previste nel decreto e custodire i dispositivi medesimi con la dovuta diligenza, assumendo oneri e responsabilità in caso di furto, perdita distruzione, manomissione o danneggiamento dei dispositivi stessi che ne impedisca l’utilizzo e che non sia dovuto a vizio di funzionamento dei dispositivi predetti. Fatta eccezione per le ipotesi di perdita dei dispositivi Black box conseguenti al furto dei veicoli sui quali sono installati, i costi per la sostituzione dei dispositivi sono a carico dei richiedenti. In tutte le ipotesi sopra indicate, gli operatori dovranno comunicare al SISTRI, entro 24 ore dall’evento, la perdita, la manomissione o il danneggiamento dei dispositivi e richiedere la sostituzione dei dispositivi stessi. Nel caso di perdita delle Black box conseguente al furto dei veicoli sui

quali erano installati, il richiedente dovrà anche sporgere tempestivamente denuncia alle autorità di pubblica sicurezza ed inviare a SISTRI, entro il termine sopra indicato, l’originale o la copia conforme di tale denuncia. Il SISTRI provvederà a predisporre i dispositivi sostitutivi e a comunicare al richiedente la data e il luogo dove, previo pagamento dei costi sopra indicati, potrà provvedere al ritiro del dispositivo USB e l’elenco delle officine autorizzate presso cui sarà possibile richiedere l’installazione delle Black box sostitutive. Conferimento rifiuti ai Centri di raccolta Il comma 3 dell’articolo 7 del Decreto prevede che i produttori che conferiscono i propri rifiuti, previa convenzione, al servizio pubblico o ad altro circuito organizzato di raccolta, possono adempiere agli obblighi di cui al Decreto tramite il gestore del servizio di raccolta o della piattaforma di conferimento. In tali ipotesi il gestore del servizio pubblico di raccolta o della piattaforma di conferimento sono tenuti a iscriversi al SISTRI per la specifica categoria. Viene disciplinato nel dettaglio il trasporto dei rifiuti dal luogo di produzione sino ai predetti centri di raccolta o piattaforme di conferimento. Viene, infine, specificato che in tale ipotesi la responsabilità del produttore iniziale dei rifiuti è assolta al momento della presa in carico degli stessi da parte del centro di raccolta o piattaforma di conferimento. I produttori restano tenuti all’iscrizione al SISTRI ai sensi dell’articolo 3, ad eccezione degli imprenditori agricoli che trasportano e conferiscono i propri rifiuti in modo occasionale e saltuario, per quantitativi che non eccedano i trenta chilogrammi o i trenta litri, i cui dati sono inseriti nel sistema dal gestore del servizio di raccolta o della piattaforma di conferimento. Impianti di discarica Viene previsto l’obbligo, per i gestori degli impianti di discarica, di installare, presso gli impianti medesimi, senza alcun costo, specifiche apparecchiature idonee a monitorare l’ingresso e l’uscita degli automezzi. L’installazione e la manutenzione delle apparecchiature è effettuata dal personale del SISTRI, al quale è riservato in via esclusiva l’accesso ai suddetti apparati.

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I dati acquisiti verranno inviati alla centrale operativa del SISTRI ed archiviati per il periodo previsto dal D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. Tale disposizione ha l’evidente finalità di garantire un effettivo controllo dei rifiuti conferiti nelle discariche, evitando conferimenti abusivi da parte di automezzi non in regola con la normativa vigente. Il ruolo delle Associazioni di Categoria L’Articolo 7 del Decreto disciplina, secondo quanto previsto dal citato articolo 14-bis del decreto-legge n. 78/2009, convertito con legge n. 102/2009, le modalità operative semplificate di adesione al SISTRI da parte di alcuni soggetti espressamente indicati. Il comma 1 prevede la possibilità, per i soggetti ivi indicati, previa iscrizione al SISTRI ai sensi dell’articolo 3, di adempiere agli obblighi di cui al Decreto tramite delega alle Associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale interessate, o società di servizi di loro diretta emanazione. In tale ipotesi le citate Associazioni, o loro società di servizi, sono tenute ad iscriversi al SISTRI e provvedono alla compilazione del Registro Cronologico e delle singole schede SISTRI. La responsabilità delle informazioni inserite nel SISTRI rimane, comunque, a carico del soggetto delegante. Il comma 2 prevede la procedura per la movimentazione dei rifiuti in caso di delega all’Associazione imprenditoriale per i produttori che non dispongano di un computer e, pertanto, non possano seguire la procedura ordinaria, che implica l’inserimento della USB. Casi particolari Il Decreto prevede la disciplina di alcuni casi particolari, ai quali non è applicabile la procedura generale del sistema. Il primo e il secondo comma dell’Articolo 6 sono relativi ai produttori di rifiuti per i quali l’adesione al SISTRI non è obbligatoria: in tali ipotesi i dati necessari per la compilazione della scheda SISTRI – Area movimentazione, sono comunicati al delegato dell’impresa di trasporto, tenuto ad aderire al SISTRI; una copia della scheda, firmata dal produttore, viene consegnata al conducente del mezzo di trasporto. I produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati in un’organizzazione di ente


o di impresa devono conservare per cinque anni con funzioni di registro una copia della scheda SISTRI, in conformità a quanto disposto all’articolo 11, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, che prevede tale modalità di tenuta del Registro di carico e scarico, alternativa rispetto al disposto di cui all’art. 190 del D. Lgs. n. 152/2006. Il gestore dell’impianto di recupero o smaltimento dei rifiuti è tenuto a stampare e trasmettere al produttore iniziale dei rifiuti stessi la copia della scheda SISTRI completa, al fine di attestare l’assolvimento della sua responsabilità. I produttori di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 184, comma 3, lettere c), d) e g), del citato D. Lgs. n. 152/2006, che non hanno più di dieci dipendenti e non aderiscono su base volontaria al SISTRI, continuano, invece, a tenere il Registro di carico e scarico di cui all’art. 190 D. Lgs. n. 152/2006. Anche le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo n. 152/2006 che non aderiscono su base volontaria al SISTRI continuano ad accompagnare il trasporto con il Formulario di identificazione di cui all’articolo 193 del medesimo decreto legislativo e, qualora producano rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), tengono il Registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 dello stesso decreto legislativo. Nei commi successivi del medesimo articolo 6 sono dettagliatamente disciplinate le procedure da seguire nei casi di spandimento dei fanghi in agricoltura ai sensi del D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99, di rifiuti prodotti in cantieri temporanei la cui durata non sia superiore a sei mesi e che non dispongano di tecnologie adeguate per l’accesso al SISTRI e di rifiuti prodotti da attività di manutenzione. Sono, altresì, disciplinate le procedure da seguire nei casi di indisponibilità temporanea dei dispositivi a causa di furto, perdita, distruzione o danneggiamento o non funzionamento del sistema. Scheda SISTRI La scheda SISTRI del rifiuto è un documento elettronico, che si compone di diverse sezioni che devono essere compilate da ciascun soggetto coinvolto nel processo di gestione del rifiuto in momenti distinti, sulla base delle

diverse responsabilità. Si suddivide in 2 sezioni: Registro Cronologico e Movimentazione Rifiuti. Sezione Registro Cronologico Tale sezione viene compilata dal produttore/detentore dei rifiuti entro 10 giorni dalla produzione del rifiuto e contiene le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative del rifiuto prodotto. Il SISTRI a seguito della movimentazione dei rifiuti (dall’impianto di produzione all’impianto di destinazione) compila automaticamente la riga dell’Area Registro Cronologico, corrispondente alla movimentazione effettuata, per quanto riguarda il Registro Cronologico di tutte le altre figure presenti nell’attività di gestione del rifiuto. I campi inseriti in tale Registro risultano essere, in linea generale, i seguenti: - codice operazione; - data dell’operazione; - tipologia dell’operazione (“carico”/“ scarico”); - numero delle specifiche operazioni di scarico con i carichi che si vogliono movimentare; - Codice Europeo del Rifiuto (CER) caricato; - denominazione CER del rifiuto caricato; - descrizione dell’aspetto esteriore dei rifiuti tale da consentire di identificare il rifiuto con il massimo grado di accuratezza; - quantità dei rifiuti prodotti o presi in carico espressa in chilogrammi; - stato fisico corrispondente al rifiuto; - caratteristiche del rifiuto (solo nel caso di rifiuti speciali pericolosi) come individuate all’Allegato III della Direttiva 2008/98/CE; - Paese estero di destinazione del rifiuto; - conferimento a… (indicazione della ragione sociale e dell’indirizzo dell’impianto di destinazione); - COD. REG. 1013/2006/CE (specifico codice previsto dagli Allegati III e IV del Regolamento sulle spedizioni transfrontaliere della Comunità Europea); - estremi del numero di notifica di cui alla casella 1 del documento di movimento per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti di cui all’Allegato I B del Reg. 1013/2006; - numero di serie della spedizione, di cui alla casella 2 dell’Allegato I B del Reg. 1013/2006;

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- rifiuto destinato a... (operazione di gestione tra quelle previste negli Allegati I e II della Direttiva 2008/98/CE); - identificativi univoci (ID) delle Aree Movimentazioni delle schede SISTRI a cui si riferisce la riga della tabella; - peso quantitativo del rifiuto verificato a destino; - annotazioni eventuali. Sezione Area Movimentazione Flusso di base Quando il produttore decide di movimentare un rifiuto accede al SISTRI, si autentica tramite le credenziali di accesso al sistema che gli sono state consegnate in sede di iscrizione e seleziona nella scheda SISTRI - Area Registro Cronologico il codice CER con il corrispondente quantitativo. Terminata questa operazione, in automatico il SISTRI genera una scheda SISTRI - Area Movimentazione, contenente tutte le informazioni inserite precedentemente dall’utente nel suo Registro ed avente uno specifico codice identificativo che accompagnerà il rifiuto durante tutto il suo percorso. A questo punto per il produttore non rimane che compilare gli ultimi campi previsti quali: numero colli, se il rifiuto è soggetto a procedura ADR, l’eventuale presenza di un intermediario; l’indicazione dell’impianto di destinazione; il caricamento del certificato analitico, qualora previsto. Compilata la parte di scheda di competenza del produttore, il delegato dell’azienda di trasporto coinvolto nella movimentazione accede al SISTRI, si autentica tramite le credenziali che gli sono state consegnate in fase di iscrizione e compila la scheda SISTRI - Area Movimentazione, precedentemente aperta dal produttore, per la parte di sua competenza. I campi che il delegato dell’azienda di trasporto deve compilare sono: mezzo utilizzato, conducente, targa, data della movimentazione, percorso ed eventuale tratta intermodale. In questa fase del processo interviene il conducente del mezzo che, partito dalla sua azienda con l’autoveicolo dotato della corrispondente Black box, del relativo dispositivo USB e di una copia della scheda SISTRI - Area Movimentazione, si reca dal produttore per prendere in carico i rifiuti oggetto della movimentazione. Terminato il carico dei rifiuti sul mezzo di trasporto, il conducente inserisce il


dispositivo USB nel computer del produttore per dare il via al tracciamento del percorso. Giunto presso l’impianto di destinazione, dopo le verifiche da parte del gestore dell’impianto di destinazione, il delegato dell’azienda accede al SISTRI, si autentica tramite le credenziali che gli sono state consegnate in fase di iscrizione e compila la scheda SISTRI - Area Movimentazione, precedentemente aperta dal trasportatore, per la parte di sua competenza. I campi del delegato dell’azienda di destinazione risultano essere: spedizione accettata e quantitativo ricevuto. Una volta eseguita la precedente operazione, il SISTRI genera automaticamente per l’azienda di trasporto la riga di scarico del Registro Cronologico e compila automaticamente per il gestore dell’impianto di destinazione la riga di presa in carico dei rifiuti. Il ciclo di gestione dei rifiuti si conclude con l’inserimento del dispositivo USB da parte del conducente del mezzo nel computer del destinatario per l’invio al SISTRI dei dati memorizzati dalla Black box durante il percorso.

Operatività del Sistema Entro 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto per i soggetti che abbiamo inserito nel 1° gruppo. Entro 210 giorni dall’entrata in vigore del Decreto per i soggetti di cui al 2° gruppo. Dopo 210 giorni dall’entrata in vigore del Decreto per i soggetti di cui al 3° gruppo che hanno aderito al SISTRI su base volontaria. SISTRI e Istituzioni Come già precisato la gestione del SISTRI è stata affidata al Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente che dovrà, altresì, garantire la messa a disposizione dei dati sulla produzione, movimentazione e gestione dei rifiuti. Dal sistema sarà, così, possibile ricavare i flussi di informazione che consentiranno di adempiere agli obblighi informativi previsti dalla normativa comunitaria e di rispondere alle necessità derivanti dalle rispettive competenze di ciascuna Istituzione coinvolta. In particolare, il SISTRI sarà interconnesso telematicamente con: - l’ISPRA (Istituto Superiore per la Pro-

Fonte: sistri.it

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tezione e la Ricerca Ambientale) che fornirà attraverso il Catasto Telematico (Art. 10) i dati sulla produzione e la gestione di rifiuti alle Agenzie Regionali e Provinciali di Protezione dell’Ambiente (ARPA/APPA), che a loro volta provvederanno a fornire i medesimi dati alle competenti Province; - l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, tramite il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in ordine ai dati relativi al trasporto dei rifiuti (Art.8). Per garantire la tracciabilità dei rifiuti speciali, anche per quanto riguarda il trasporto marittimo e ferroviario, il SISTRI sarà interconnesso con i sistemi informativi della Guardia Costiera e delle Imprese ferroviarie, nonché con il SITRA della Regione Campania. Una volta a regime, si verrà così a creare un sistema-rete che consentirà di conoscere la movimentazione completa dei rifiuti dalla produzione alla destinazione finale. Un Comitato di vigilanza e controllo, istituito presso il Ministero dell’Ambiente e costituito per 2/3 dai rappresentanti delle categorie interessate, garantirà il monitoraggio del Sistema (Art. 11).


ISTITUZIONE DEL SISTEMA DI CONTROLLO DELLA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI - SISTRI (ndr: Si avverte che il testo del Decreto inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea).

Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e, in particolare, la parte quarta, relativa alla gestione dei rifiuti; Visto l’articolo 1, comma 1116, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; Visto l’articolo 189, comma 3-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativo all’istituzione di un sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti; Visto l’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210; Visto il decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con legge 3 agosto 2009, n. 102 recante: “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini” e, in particolare, l’articolo 14-bis; Considerata la necessità di definire, anche in modo differenziato in relazione alle caratteristiche dimensionali e alle tipologie delle attività svolte, le modalità di attivazione nonché la data di operatività del sistema, le informazioni da fornire, le modalità di fornitura e di aggiornamento dei dati, nonché le modalità di elaborazione dei dati stessi; Considerata la necessità di definire le modalità con le quali le informazioni contenute nel sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti dovranno essere detenute e messe a disposizione delle autorità di controllo; Considerata la necessita di definire le misure idonee per il monitoraggio del sistema e per la partecipazione dei rappresentanti delle categorie interessate al medesimo monitoraggio; Considerata la necessità di definire le modalità di interconnessione ed interoperabilità con gli altri sistemi informativi; Adotta il seguente decreto: Articolo 1 Entrata in funzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti - Sistri 1. Il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nel seguito detto anche Sistri, gestito dal Comando

carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, è operativo: a) dal centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi ivi compresi quelli di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 con più di cinquanta dipendenti, per le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 con più di cinquanta dipendenti, per i commercianti e gli intermediari, per i consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati, nonché per le imprese di cui all’articolo 212, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006 che raccolgono e trasportano rifiuti speciali, per le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti e per i soggetti di cui all’articolo 5, comma 10, del presente decreto; b) dal duecento decimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto per le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi ivi compresi quelli di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - che hanno fino a cinquanta dipendenti e per i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del medesimo decreto legislativo n.152 del 2006 che hanno tra i cinquanta e gli undici dipendenti. 2. I soggetti di cui al comma 1 comunicano le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto della loro attività attraverso il Sistri. 3. Le informazioni di cui al comma 2 vengono fornite dai soggetti obbligati utilizzando i dispositivi elettronici indicati all’articolo 3. 4. Le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che non hanno più di dieci dipendenti, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile che producono rifiuti non pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 possono aderire su base volontaria al sistema Sistri a partire dalla data di cui al comma 1, lettera b). 5. Gli impianti di discarica sono dotati di apparec-

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Regioni&Ambiente n° 3 Marzo 2010

INSERTO

Decreto 17 dicembre 2009 (S.O. n. 10 alla G.U. 13 gennaio 2010 n. 9)


chiature idonee a monitorare l’ingresso e l’uscita di automezzi dai predetti impianti. L’installazione, la manutenzione e l’accesso a tali apparecchiature sono riservati al personale del Sistri. I relativi oneri sono a carico del Sistri. Articolo 2 Rifiuti urbani della Regione Campania 1. Al fine di attuare quanto previsto all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, nella Regione Campania a decorrere dal centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, oltre ai soggetti di cui all’articolo 1, sono sottoposti agli obblighi di cui al presente decreto i comuni e gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della predetta Regione. 2. Il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) è interconnesso telematicamente con il sistema di tracciabilità di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210 (Sitra) ed ai relativi oneri si provvede ai sensi del predetto articolo. Articolo 3 Modalità di iscrizione al Sistri 1. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), e all’articolo 2, aderiscono al Sistri iscrivendosi allo stesso entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti iscrivendosi allo stesso dal trentesimo al settantacinquesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Decorsi i termini di cui al comma 1, i soggetti di cui al medesimo comma di nuova costituzione si iscrivono al Sistri prima di dare avvio alle rispettive attività. 3. Le modalità di iscrizione al Sistri sono descritte nell’allegato IA. 4. Le Camere di Commercio industria, artigianato e agricoltura, previa stipula di un Accordo di Programma tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e l’Unioncamere, provvedono agli adempimenti di cui al comma 6 del presente articolo. Alla copertura dei costi derivanti dallo svolgimento dei compiti di cui al presente comma si provvede ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera c), della legge 29 dicembre 1993, n. 580. Per le attività di cui al presente comma le Camere di commercio si avvalgono, previa stipula di apposita convenzione, delle Associazioni imprenditoriali interessate rappresentative sul piano nazionale e loro articolazioni territoriali, o delle società di servizi di diretta emanazione delle medesime organizzazioni. 5. In deroga a quanto previsto dal comma 4 del presente articolo, le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 provvedono agli adempimenti di cui al comma 6 per

II

le imprese iscritte al predetto Albo. Alla copertura dei costi derivanti dallo svolgimento dei compiti di cui al presente comma si provvede ai sensi del comma 16 del sopra citato articolo 212. 6. Una volta perfezionata la procedura di iscrizione, ai soggetti di cui agli articoli 1 e 2 vengono consegnati: a) un dispositivo elettronico per l’accesso in sicurezza dalla propria postazione al sistema informatico, d’ora in avanti definito dispositivo Usb, idoneo a consentire la trasmissione dei dati, a firmare elettronicamente le informazioni fornite ed a memorizzarle sul dispositivo stesso. È necessario dotarsi di un dispositivo Usb per ciascuna unità locale dell’impresa e per ciascuna attività di gestione dei rifiuti svolta all’interno dell’unità locale. In caso di unità locali nelle quali sono presenti unità operative da cui originano in maniera autonoma rifiuti è facoltà richiedere un dispositivo Usb per ciascuna unità operativa. Per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, è necessario dotarsi di un dispositivo Usb relativo alla sede legale dell’impresa, e di un dispositivo per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. Ciascun dispositivo Usb può contenere fino ad un massimo di tre certificati elettronici associati alle persone fisiche individuate durante la procedura di iscrizione come delegati per le procedure di cui al presente decreto dai soggetti di cui agli articoli 1 e 2. Tali certificati consentono l’identificazione univoca delle persone fisiche delegate e la generazione delle loro firme elettroniche ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; b) per ciascun dispositivo Usb, l’identificativo utente (username), la password per l’accesso al sistema, la password di sblocco del dispositivo (Pin) e il codice di sblocco personale (Puk); c) un dispositivo elettronico da installarsi su ciascun veicolo che trasporta rifiuti, con la funzione di monitorare il percorso effettuato dal medesimo, definito Black box. È necessario dotarsi di una Black box per ciascun veicolo in dotazione all’impresa. La consegna e l’installazione della Black box avviene presso le officine autorizzate, il cui elenco è fornito contestualmente alla consegna del dispositivo Usb e disponibile sul portale del sistema Sistri. I costi di installazione e per l’acquisto della necessaria carta Sim sono a carico dei soggetti obbligati. Le modalità di individuazione delle officine autorizzate e le modalità di ritiro ed installazione delle Black box sono indicate nell’allegato IB. 7. In tutti i casi in cui si verifichi un’ipotesi di sospensione o cessazione dell’attività per il cui esercizio è obbligatorio l’utilizzo dei dispositivi di cui al comma 6, ovvero di estinzione dei soggetti giuridici ai quali tali dispositivi sono stati consegnati, a qualsiasi causa tale estinzione sia imputabile, ivi incluse le ipotesi di cancellazione e fusione, ovvero in caso di chiusura di un’unità locale, i soggetti di cui agli articoli 1 e 2 devono comunicare via telefax al sistema Sistri il verificarsi di uno dei predetti eventi, non oltre le 72 ore dalla data di comunicazione al Registro delle


imprese dell’evento, e provvedere, nei successivi 10 giorni lavorativi, alla restituzione del dispositivo Usb ai medesimi uffici presso i quali è stato effettuato il ritiro e alla restituzione del dispositivo Black box ad una delle officine autorizzate all’installazione. 8. La procedura di cui al comma 7 si applica anche nel caso di cessione dell’azienda o del ramo d’azienda avente ad oggetto l’esercizio delle attività per le quali è obbligatorio l’uso dei dispositivi di cui al comma 6. In tale ipotesi il soggetto acquirente dell’azienda o del ramo d’azienda dovrà iscriversi al sistema Sistri entro 10 giorni dalla comunicazione al Registro delle imprese dell’atto di cessione dell’azienda e provvedere al ritiro dei dispositivi seguendo la procedura indicata negli allegati IA e IB. 9. In caso di variazione dei dati identificativi dell’impresa comunicati in sede di iscrizione, i soggetti delegati all’utilizzo del dispositivo Usb provvedono, successivamente all’iscrizione della variazione presso il Registro delle imprese, ad effettuare le necessarie variazioni della sezione anagrafica accedendo all’apposita area del portale del sistema Sistri. 10. Eventuali variazioni delle persone fisiche individuate quali delegati per le procedure di cui al presente decreto devono essere comunicate dall’impresa al Sistri, che emette un nuovo certificato elettronico. Il dispositivo contenente il nuovo certificato elettronico è ritirato secondo la procedura indicata nell’allegato IA. 11. I dispositivi di cui al comma 6 restano di proprietà del Sistri e vengono affidati ai soggetti di cui agli articoli 1 e 2 in comodato d’uso. Articolo 4 Contributo di iscrizione al Sistri 1. La copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, a carico dei soggetti di cui agli articoli 1 e 2 è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale. 2. Il contributo è versato da ciascun soggetto di cui agli articoli 1 e 2 per ciascuna attività di gestione dei rifiuti svolta all’interno dell’unità locale. In caso di unità locali per le quali è stato richiesto un dispositivo Usb per ciascuna unità operativa ai sensi dell’articolo 3, comma 6, lettera a), il contributo è versato per ciascun dispositivo Usb richiesto. Le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti versano il contributo per la sola sede legale e per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, versano il contributo relativo alla categoria di produttori di appartenenza e il contributo relativo al numero di veicoli adibiti al trasporto di rifiuti. 3. Il contributo si riferisce all’anno solare di competenza, indipendentemente dal periodo di effettiva fruizione del servizio e va versato, in sede di prima applicazione, entro la scadenza dei termini per l’iscrizione di cui all’articolo 3, comma 1. Negli anni successivi il contributo va versato entro il 31 gennaio

dell’anno al quale i contributi si riferiscono. L’importo e le modalità di versamento dei contributi sono indicati nell’allegato II. I contributi possono essere rideterminati annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 4. Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, i contributi sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Articolo 5 Informazioni da fornire al Sistri 1. La tipologia delle informazioni che ciascun soggetto di cui agli articoli 1 e 2 deve fornire al Sistri è riportata nelle schede di cui all’allegato III. Le istruzioni dettagliate per la compilazione delle schede sono disponibili nel portale del sistema Sistri (www. sistri.it). 2. La persona fisica cui è associato il certificato elettronico contenuto nel dispositivo Usb è il titolare della firma elettronica ed è responsabile della veridicità dei dati inseriti mediante l’utilizzo del dispositivo Usb nelle schede Sistri sottoscritte con firma elettronica. 3. I produttori di rifiuti inseriscono nell’Area Registro Cronologico della Scheda Sistri Produttori le informazioni relative ai rifiuti prodotti entro dieci giorni lavorativi dalla produzione dei rifiuti stessi. 4. Le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti inseriscono le informazioni relative ai rifiuti ricevuti dall’estero entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti. 5. I commercianti, gli intermediari e i consorzi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), inseriscono nell’Area Registro Cronologico della Scheda Sistri Intermediari le informazioni relative alle transazioni effettuate entro dieci giorni lavorativi dall’effettuazione della transazione stessa. 6. I soggetti di cui al comma 3 in caso di movimentazione di un rifiuto devono accedere al sistema per aprire una nuova Scheda Sistri Area movimentazione. Tali soggetti sono obbligati a comunicare al sistema i dati del rifiuto almeno 8 ore prima che si effettui l’operazione di movimentazione, salvo giustificati motivi di emergenza, da indicare nella parte annotazioni dell’Area Registro Cronologico. 7. Il trasportatore deve accedere al sistema ed inserire i propri dati relativi al trasporto almeno 4 ore prima dell’operazione di movimentazione, salvo giustificati motivi di emergenza, da indicare nella parte annotazioni dell’Area Registro Cronologico. 8. Durante il trasporto i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della Scheda Sistri Area movimentazione relativa ai rifiuti movimentati, stampata dal produttore dei rifiuti al momento della presa in carico dei rifiuti da parte del conducente dell’impresa di trasporto. Tale copia, sottoscritta dal produttore e dal trasportatore dei rifiuti, costituisce documentazione

III


equipollente alla scheda di trasporto di cui all’articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al Dm 30 giugno 2009, n. 554. Ove necessario sulla base della normativa vigente, i rifiuti sono accompagnati da copia del certificato analitico che ne identifica le caratteristiche, che il produttore dei rifiuti allega in formato “pdf “ (portable document format) alla Scheda Sistri Area movimentazione. 9. Nel caso di spedizioni transfrontaliere dall’Italia, il produttore inserisce nel sistema in formato “pdf” il documento di movimento di cui al regolamento Ce n° 1013/2006 relativo alla spedizione dei rifiuti effettuata restituito dall’impianto di destinazione. 10. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, sono tenuti ad aderire al sistema Sistri anche i seguenti soggetti: a) in caso di trasporto marittimo, il terminalista concessionario dell’area portuale di cui all’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e l’impresa portuale di cui all’articolo 16 della citata legge n. 84 del 1994, ai quali sono affidati i rifiuti in attesa dell’imbarco o allo sbarco, in attesa del successivo trasporto; b) in caso di trasporto ferroviario, i responsabili degli uffici di gestione merci e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione e gli scali merci ai quali sono affidati i rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto. 11. Nel caso di trasporto marittimo di rifiuti, l’armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto possono delegare gli adempimenti di cui al presente decreto al raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135. In tale ipotesi il raccomandatario consegna al comandante della nave la copia della scheda Sistri Area movimentazione, debitamente compilata. Il comandante della nave all’arrivo provvede alla consegna della copia della scheda al raccomandatario rappresentante l’armatore o il noleggiatore presso il porto di destinazione. 12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste tecniche all’interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci devono essere effettuate nel più breve tempo possibile e, comunque, non superare i quattro giorni. 13. Nel caso in cui il rifiuto venga respinto o accettato parzialmente dal gestore dell’impianto di destinazione, il trasporto dei rifiuti non accettati deve essere accompagnato dalla copia cartacea della Scheda Sistri - Area movimentazione relativa ai rifiuti medesimi, firmata elettronicamente e stampata dal gestore dello stesso impianto di destinazione. 14. La responsabilità del produttore dei rifiuti per il corretto recupero o smaltimento degli stessi è esclusa a seguito dell’invio da parte del Sistri, alla casella di posta elettronica attribuitagli automaticamente dal sistema, della comunicazione di accettazione dei rifiuti medesimi da parte dell’impianto di recupero o smaltimento.

IV

Articolo 6 Particolari tipologie 1. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa e i produttori di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che non hanno più di dieci dipendenti e non aderiscono su base volontaria al sistema Sistri comunicano i propri dati, necessari per la compilazione della Scheda Sistri Area movimentazione, al delegato dell’impresa di trasporto che compila anche la sezione del produttore, inserendo le informazioni ricevute dal produttore stesso; una copia della scheda, firmata dal produttore, viene consegnata al conducente del mezzo di trasporto. Una copia della scheda Sistri rimane presso il produttore, che è tenuto a conservarla per cinque anni. Il gestore dell’impianto di recupero o smaltimento dei rifiuti in tali ipotesi è tenuto a stampare e trasmettere al produttore iniziale dei rifiuti stessi la copia della Scheda Sistri completa, al fine di attestare l’assolvimento della sua responsabilità. In conformità al disposto di cui all’articolo 11, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, i produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa adempiono all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie della Scheda Sistri Area movimentazione, relative ai rifiuti prodotti. I produttori di rifiuti non pericolosi di cui al presente comma rimangono tenuti all’obbligo di cui all’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 2. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile che producono rifiuti non pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 comunicano i propri dati, necessari per la compilazione della Scheda Sistri - Area Movimentazione, al delegato dell’impresa di trasporto che compila anche la sezione del produttore, inserendo le informazioni ricevute dal produttore stesso; una copia della scheda, firmata dal produttore, viene consegnata al conducente del mezzo di trasporto. Il gestore dell’impianto di recupero o smaltimento dei rifiuti in tale ipotesi è tenuto a stampare e trasmettere al produttore iniziale dei rifiuti stessi la copia della Scheda Sistri completa, al fine di attestare l’assolvimento della sua responsabilità. 3. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che non aderiscono su base volontaria al sistema Sistri accompagnano il trasporto con il formulario di identificazione di cui all’articolo 193 del medesimo decreto legislativo e, qualora producano rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), tengono il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 dello stesso decreto legislativo. 4. Nel caso in cui uno dei soggetti tenuti alla com-


pilazione della Scheda Sistri si trovi a non disporre temporaneamente dei mezzi informatici necessari a causa di furto, perdita, distruzione o danneggiamento dei dispositivi o non funzionamento del sistema, la compilazione della scheda è effettuata, per conto di tale soggetto e su sua dichiarazione, da sottoscriversi su copia stampata della scheda, dal soggetto tenuto alla compilazione della parte precedente o successiva della scheda medesima. Nel caso di temporanea interruzione del sistema Sistri, i soggetti tenuti alla compilazione delle schede sono tenuti ad annotare le movimentazioni dei rifiuti su un’apposita scheda Sistri in bianco tenuta a disposizione, da scaricarsi dal sistema, e ad inserire i dati relativi alle movimentazioni di rifiuti effettuate entro le ventiquattro ore dalla ripresa del funzionamento del sistema. 5. I produttori di fanghi che destinano gli stessi allo spandimento in agricoltura ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, stampano la Scheda Sistri Area movimentazione contenente l’indicazione del soggetto destinatario e la consegnano al conducente del mezzo di trasporto. Il destinatario è tenuto a controfirmare, datare e restituire al produttore dei rifiuti la scheda, al fine di attestare l’assolvimento della responsabilità del produttore per il corretto recupero dei fanghi. Il delegato dell’impresa di trasporto accede al sistema Sistri e chiude la relativa scheda confermando l’arrivo a destinazione del rifiuto. 6. Nel caso di rifiuti prodotti in cantieri la cui durata non sia superiore a sei mesi e che non dispongano di tecnologie adeguate per l’accesso al sistema Sistri, il registro cronologico e la Scheda Sistri Area movimentazione sono compilati dal delegato della sede legale o dell’unità locale dell’impresa. In tale ipotesi il delegato dell’impresa di trasporto stampa due copie della scheda Sistri e le consegna al conducente, che deve indicare data e ora della presa in carico dei rifiuti. Le copie sono firmate dal responsabile del cantiere temporaneo. Una copia rimane al responsabile del cantiere temporaneo e l’altra al conducente, che la riconsegna al delegato dell’impresa di trasporto. Il delegato dell’impresa di trasporto entro 2 giorni lavorativi accede al sistema ed inserisce i dati relativi alla data e all’ora della presa in carico dei rifiuti. 7. Nel caso di rifiuti prodotti da attività di manutenzione o da altra attività svolta fuori dilla sede dell’unità locale, il registro cronologico è compilato dal delegato della sede legale dell’impresa o dal delegato dell’unità locale che gestisce l’attività manutentiva. 8. Fermo restando quanto previsto all’articolo 230, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 per i materiali tolti d’opera per i quali deve essere effettuata la valutazione tecnica della riutilizzabilità, qualora dall’attività di manutenzione derivino rifiuti pericolosi, la movimentazione dei rifiuti dal luogo di effettiva produzione alla sede legale o dell’unità locale dell’impresa effettuata dal manutentore è accompagnata da una copia della scheda Sistri-Area movimentazione, da scaricarsi dal sistema, debitamente compilata e sottoscritta dal soggetto che ha effettuato la manutenzione.

Articolo 7 Modalità operative semplificate 1. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a ottomila euro che producono rifiuti pericolosi, i soggetti la cui produzione annua non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi, nonché i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, possono adempiere agli obblighi di cui al presente decreto tramite le associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale interessate e loro articolazioni territoriali, o società di servizi di diretta emanazione delle medesime organizzazioni. A tal fine i predetti soggetti, dopo l’iscrizione al Sistri ai sensi dell’articolo 3, provvedono a delegare le organizzazioni, o loro società di servizi, prescelte. La delega, scritta in carta semplice secondo il modello disponibile sul sito del portale Sistri, è firmata dal rappresentante legale del soggetto delegante; la firma deve essere autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Nelle ipotesi di cui al presente comma le associazioni imprenditoriali, o loro società di servizi, sono tenute a iscriversi al sistema Sistri per la specifica categoria. Le associazioni imprenditoriali delegate, o loro società di servizi, provvedono alla compilazione del registro cronologico e delle singole schede Sistri. La responsabilità delle informazioni inserite nel sistema Sistri rimane a carico del soggetto delegante. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, qualora i soggetti che si configurano come produttori non dispongano di tecnologie adeguate per l’accesso al sistema Sistri, la movimentazione dei rifiuti prodotti è effettuata con la seguente procedura: il delegato dell’impresa di trasporto stampa due copie della scheda Sistri e le consegna al conducente, che deve indicare data e ora della presa in carico dei rifiuti. Le copie sono firmate dal produttore dei rifiuti. Una copia rimane al produttore e l’altra al conducente, che la riconsegna al delegato dell’impresa di trasporto. Il delegato dell’impresa di trasporto accede al sistema ed inserisce i dati relativi alla data e all’ora della presa in carico dei rifiuti. 3. I produttori che conferiscono i propri rifiuti, previa convenzione, al servizio pubblico o ad altro circuito organizzato di raccolta, possono adempiere agli obblighi di cui al presente decreto tramite il gestore del servizio di raccolta o della piattaforma di conferimento. In tali ipotesi il gestore del servizio pubblico di raccolta o della piattaforma di conferimento sono tenuti a iscriversi al sistema Sistri per la specifica categoria. I produttori rimangono tenuti all’iscrizione al Sistri ai sensi dell’articolo 3, ad eccezione degli imprenditori agricoli che trasportano e conferiscono i propri rifiuti in modo occasionale e saltuario per quantitativi che non eccedano i trenta chilogrammi o i trenta litri, i cui dati sono inseriti nel sistema dal gestore del servizio di raccolta o della piattaforma di

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conferimento. Qualora il trasporto dei rifiuti dal luogo di produzione al centro di raccolta o piattaforma di conferimento venga effettuato dai soggetti di cui all’articolo 212, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i produttori comunicano i propri dati, necessari per la compilazione della Scheda Sistri Area movimentazione, al delegato dell’impresa di trasporto che compila anche la sezione del produttore, inserendo le informazioni ricevute dal produttore stesso; una copia della scheda, firmata dal produttore, viene consegnata al conducente del mezzo di trasporto, che provvede a sua volta a consegnarla al gestore del centro di raccolta o piattaforma di conferimento. Nelle ipotesi di cui al presente comma, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai fini della movimentazione dei rifiuti dal luogo di produzione al centro di raccolta o piattaforma di conferimento richiedono preventivamente al delegato del centro o piattaforma il rilascio di un determinato numero di schede Sistri-Area movimentazione, da scaricarsi dal sistema. Il delegato del centro di raccolta o piattaforma di conferimento consegna le copie richieste, debitamente numerate e compilate con i riferimenti del centro o piattaforma quale destinatario dei rifiuti. Il trasporto dei rifiuti è accompagnato da tali schede, compilate e sottoscritte dal produttore, che sono consegnate al delegato del centro di raccolta o piattaforma di conferimento; il delegato accede al sistema ed inserisce i dati delle singole schede. Nei casi di cui al presente comma, la responsabilità del produttore iniziale dei rifiuti è assolta al momento della presa in carico dei rifiuti da parte del centro di raccolta o piattaforma di conferimento. Articolo 8 Trasmissione dei dati al Catasto dei rifiuti e all’Albo nazionale gestori ambientali 1. Il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti è interconnesso telematicamente al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 secondo le modalità di interoperabilità fra i sistemi informativi, così come definiti dal centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (Cnipa). 2. La tipologia dei dati, i tempi e gli standard per la trasmissione degli stessi sono definiti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l’Ispra. 3. L’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, comunica al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti i dati relativi alle iscrizioni di sua competenza e riceve a sua volta, dal sistema stesso, le informazioni attinenti al trasporto dei rifiuti, attraverso l’interconnessione diretta tra i sistemi informativi. 4. La tipologia dei dati di cui al comma 3, i tempi e gli standard per la trasmissione degli stessi sono definiti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del

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presente decreto dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Comitato nazionale dell’Albo. Articolo 9 Disponibilità dei dati da parte delle autorità di controllo 1. Le informazioni detenute dal sistema sono rese disponibili agli organi deputati alla sorveglianza e all’accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché alla repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti di cui all’articolo 195, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 secondo modalità da definirsi con successivo decreto. 2. Il Catasto dei rifiuti assicura le informazioni necessarie per lo svolgimento delle proprie funzioni di controllo alle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa), che sono tenute a rendere disponibili tali dati alle Province. Articolo 10 Catasto dei rifiuti 1. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) organizza il Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per via informatica attraverso la costituzione e la gestione del Catasto Telematico interconnesso su rete nazionale e articolato nelle seguenti banche dati: a) una banca dati anagrafica ed una banca dati contente le informazioni sulla produzione e gestione dei rifiuti trasmesse dal sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti attraverso l’interconnessione diretta secondo le modalità previste dal comma 2 dell’articolo 8 del presente decreto; b) una banca dati contenente le informazioni relative alle autorizzazioni e alle comunicazioni di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 213, 214, 215 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152. A tal fine le amministrazioni autorizzanti comunicano all’Ispra, subito dopo il rilascio dell’autorizzazione, la ragione sociale e la sede legale dell’impresa autorizzata, l’attività per la quale viene rilasciata l’autorizzazione, i rifiuti oggetto dell’attività di gestione, le quantità autorizzate, la scadenza dell’autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell’autorizzazione stessa; c) una banca dati relativa alle iscrizioni all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, aggiornati attraverso interconnessione diretta; d) una banca dati contenente le informazioni afferenti alla tracciabilità dei rifiuti nella Regione Campania di cui all’articolo 2, integrata dalle previsioni contenute negli atti ordinativi adottati nel corso della fase emergenziale. 2. L’Ispra elabora i dati forniti dal sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti ai fini della predisposizione di un Rapporto annuale e ai fini della trasmissione al


Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare dei dati necessari per le Comunicazioni alla Commissione Europea previste dai Regolamenti e dalle direttive comunitarie in materia di rifiuti.

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare

Articolo 11 Comitato di vigilanza e controllo 1. Al fine di garantire il monitoraggio del sistema e la partecipazione dei rappresentanti delle categorie interessate al medesimo monitoraggio, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza oneri per il bilancio dello Stato, un Comitato di vigilanza e controllo, composto da quindici membri, esperti nella materia, nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e designati rispettivamente: a) tre dal Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare, tra cui il Presidente; b) uno da Ispra; c) uno da Unioncamere; d) dieci dalle associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative dei produttori, trasportatori, recuperatori e smaltitori di rifiuti.

ALLEGATO IA (articolo 3, comma 3)

Articolo 12 Disposizioni transitorie 1. Entro il 31 dicembre 2010, i produttori iniziali di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti alla presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, comunicano al Sistri compilando l’apposita scheda le seguenti informazioni, relative al periodo dell’anno 2010 precedente all’operatività del sistema Sistri, sulla base dei dati inseriti nel registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152: a) il quantitativo totale di rifiuti annotati in carico sul registro, suddiviso per codice Cer; b) per ciascun codice Cer, il quantitativo totale annotato in scarico sul registro, con le relative destinazioni; c) per le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, le operazioni di gestione dei rifiuti effettuate; d) per ciascun codice Cer, il quantitativo totale che risulta in giacenza. 2. Al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del sistema Sistri, per un mese successivo all’operatività del Sistri come individuata agli articoli 1 e 2 i soggetti di cui ai medesimi articoli rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 3. Il presente decreto è trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. 4. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

“PROCEDURA DI ISCRIZIONE AL SISTRI” Per essere abilitati ad accedere al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, i soggetti di cui agli articoli 1 e 2 del decreto devono iscriversi al predetto sistema e dotarsi dei Dispositivi secondo la procedura di seguito descritta. Definizioni Ai fini della presente procedura si intende per: - “SISTRI”: il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti di cui all’art. 189, comma 3 bis del decreto legislativo n. 152 del 2006; - “Operatore/i”: gli enti e le imprese rientranti nelle categorie di cui agli articoli 1 e 2 del decreto, che sono obbligati ad aderire al SISTRI entro le date indicate nel comma 1 dell’articolo 3 del medesimo decreto, nonché i soggetti di cui al comma 4 dell’articolo 1 del decreto che possono aderire al sistema su base volontaria; - “Delegato”: il soggetto al quale, nell’ambito dell’organizzazione aziendale, sono stati delegati i compiti e le responsabilità relative alla gestione dei rifiuti per ciascuna unità locale. Qualora l’Operatore non abbia indicato un delegato alla gestione dei rifiuti, per Delegato si intenderà il rappresentante legale dell’Operatore; - “Dispositivo/i”: i dispositivi indicati all’articolo 3 del decreto e cioè: il dispositivo per l’accesso in sicurezza al SISTRI (di seguito, “dispositivo USB”) e/o il dispositivo da installarsi sui veicoli di trasporto dei rifiuti avente la funzione di monitorare il percorso effettuato dal veicolo durante il trasporto (di seguito, “Black box”); - “Unità Locale”: l’impianto o l’insieme delle unità operative ubicato in luogo diverso dalla sede legale, nel quale l’impresa esercita stabilmente una o più attività economiche dalle quali sono originati i rifiuti; ovvero ciascuna sede presso la quale vengono conferiti i rifiuti per il recupero o lo smaltimento; - “Titolare del/i Dispositivo/i”: ciascun Operatore obbligato ad aderire al SISTRI o che aderisce al SISTRI su base volontaria; - “Titolare della firma elettronica”: la persona fisica cui è attribuita la firma elettronica e che ha accesso al dispositivo USB per la creazione della firma elettronica; - “Siti di distribuzione”: le sedi provinciali delle Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura, che provvederanno alla consegna dei dispositivi USB per tutti gli altri Operatori non iscritti all’ Albo Nazionale Gestori Ambientali, nonché le Associazioni imprenditoriali, o loro società di servizi, delegate, con apposita convenzione, dalle Camere di Commercio

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Industria, Artigianato e Agricoltura presso le quali potranno essere ritirati i dispositivi; le sezioni regionali e provinciali dell’ Albo Nazionale Gestori Ambientali, istituite presso le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura dei capoluoghi di Regione e delle Province autonome di Trento e Bolzano, che provvederanno alla consegna dei dispositivi USB agli Operatori tenuti all’iscrizione al predetto Albo. Ciascun Operatore richiede un dispositivo USB per ciascuna Unità Locale. In caso di Unità Locali nelle quali sono presenti unità operative da cui originano in maniera autonoma rifiuti è facoltà richiedere un dispositivo USB per ciascuna unità operativa. Se nell’Unità Locale è esercitata più di un’attività di gestione dei rifiuti per la quale è obbligatorio l’utilizzo dei dispositivi, l’Operatore dovrà dotarsi di un dispositivo USB per ciascuna attività esercitata nell’Unità Locale. Tuttavia, qualora siano stati individuati i medesimi Delegati per tutte le attività di gestione dei rifiuti esercitate nella predetta unità locale, sarà possibile richiedere un solo dispositivo USB per tutte le attività attribuite a tali Delegati. L’Operatore che svolge attività di raccolta e trasporto di rifiuti dovrà richiedere un dispositivo USB per la sola Sede Legale e un dispositivo USB per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. I dispositivi USB relativi ai veicoli adibiti al trasporto di rifiuti sono associati all’impresa. Gli Operatori titolari di “cantieri temporanei”, salvo quanto previsto all’articolo 6 del decreto, devono dotarsi di un dispositivo USB per ciascun cantiere, individuando come “Delegato” il direttore del cantiere. Il terminalista concessionario dell’area portuale di cui all’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e l’impresa portuale di cui all’articolo 16 della citata legge n.84 del 1994, che detengono i rifiuti in attesa dell’imbarco o allo sbarco, in attesa del successivo trasporto devono dotarsi di un dispositivo USB per ciascun porto in cui operano. I raccomandatari marittimi di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135 devono dotarsi di un dispositivo USB per località nella quale sono abilitati a svolgere la propria attività. Le imprese responsabili degli uffici di gestione merci e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie o gli interporti devono dotarsi di un dispositivo USB per ciascuna stazione o interporto in cui operano. Ciascuna articolazione territoriale dell’associazione imprenditoriale, o società di servizi, che abbia ricevuto delega ai sensi dell’articolo 7, comma 1, richiede un dispositivo USB. Le associazioni imprenditoriali, o loro società di servizi, trasmettono al SISTRI l’elenco dei soggetti da cui hanno ricevuto delega, e la relativa documentazione; il SISTRI, entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione, comunicherà all’organizzazione, o società di servizi, l’avvenuta configurazione delle applicazioni informatiche necessarie all’operatività. Il certificato elettronico e le credenziali per l’accesso al SISTRI e per la firma elettronica (password di ac-

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cesso al Sistema, password di sblocco del dispositivo (PIN), PUK, e l’identificativo utente “user name”) sono associate al soggetto indicato come “Delegato”. Qualora l’Operatore non abbia indicato un Delegato, il certificato elettronico e le credenziali sopra indicate sono associate al rappresentante legale dell’Operatore. Qualora l’Operatore abbia unità locali per una o più delle quali non sia stato individuato un Delegato, dovrà dotarsi comunque di tanti dispositivi USB quante sono le unità locali; in tale ipotesi il certificato elettronico e le credenziali per l’accesso al SISTRI verranno attribuite, in relazione alla/e unità locale/i per la/e quale/i non sia stato individuato un Delegato, al Rappresentante Legale dell’Operatore. Ciascun dispositivo USB può contenere fino ad un massimo di tre certificati elettronici per la creazione delle firme elettroniche, ciascuno dei quali è associato ad un Delegato. La procedura di iscrizione si articola nelle seguenti fasi: I. PRIMA FASE - Iscrizione 1. Iscrizione al SISTRI L’Operatore dovrà iscriversi al SISTRI utilizzando, a sua scelta, una delle seguenti modalità: A. Modalità on line In caso di iscrizione on line, l’utente deve collegarsi alla sezione del Portale SISTRI dedicata alla fase di iscrizione al sistema SISTRI (al seguente indirizzo web: www.sistri.it) ed inserire i dati indicati nel modulo di iscrizione riportato di seguito con il numero 1. B. Modalità Via Fax In alternativa alla modalità di iscrizione on line, l’utente potrà comunicare i dati indicati nel modulo di iscrizione via fax, al seguente numero: 800 05 08 63. Il servizio di ricezione fax sarà attivo 24 ore su 24 per sette giorni alla settimana, sino alla scadenza del termine per l’iscrizione. C. Telefonicamente L’utente potrà comunicare i dati indicati nel modulo di iscrizione anche telefonando al seguente numero verde: 800 00 38 36. Il call center sarà attivo nei giorni feriali, compreso il sabato, dalle 6.00 alle 22.00, sino alla scadenza del termine per l’iscrizione in sede di prima applicazione del decreto; successivamente, il call center sarà attivo nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 17.30 e il sabato dalle 8.30 alle 12.30. L’utente dovrà specificare anche le modalità (posta elettronica, fax o telefono) con le quali desidera ricevere le comunicazioni dal sistema SISTRI nonché i recapiti (indirizzo di posta elettronica, numero di fax o di telefono) e la persona da contattare. Qualora l’Operatore si avvalga, per le attività previste dal presente decreto, di un’associazione imprenditoriale che ha sottoscritto la convenzione di cui al comma


4 dell’articolo 3 con la Camera di Commercio, ritirerà presso tale Associazione o la sua società di servizi il dispositivo USB, e in tal caso dovrà specificare al momento dell’iscrizione il nome e la sede di tale Associazione o società di servizi. Il SISTRI comunicherà a ciascun Operatore entro 48 ore dalla ricezione dei dati l’avvenuta ricezione degli stessi e il numero di pratica assegnato, con le modalità ed ai recapiti da questi precedentemente indicati. 2. Verifica dei dati e personalizzazione dei dispositivi I dati comunicati dagli Operatori, saranno confrontati con quelli contenuti nel Registro delle imprese gestito dalle Camere di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato e con quelli contenuti nell’Albo Nazionale Gestori Ambientali gestito dalle Sezioni Regionali e Provinciali dell’Albo nazionale Gestori. A seguito della predetta verifica il SISTRI procederà alla personalizzazione dei dispositivi USB e alla consegna degli stessi presso i siti di distribuzione. Le Camere di Commercio, le associazioni imprenditoriali o loro società di servizi delegate dalle Camere di Commercio e le Sezioni dell’Albo gestori ambientali contatteranno gli Operatori, con le modalità ed ai recapiti da questi precedentemente indicati, per comunicare luogo e data dell’appuntamento per la consegna dei dispositivi USB.

445/2000, contenente un’autocertificazione dei dati comunicati in fase di iscrizione come risultanti dall’espletamento delle procedure di cui al punto 2. Per coloro che avranno effettuato la procedura di iscrizione con la modalità “on line”, il modulo di dichiarazione sarà generato automaticamente dal sistema; esso dovrà essere stampato e sottoscritto dal legale rappresentante. Coloro che avranno effettuato la procedura di iscrizione con le altre modalità dovranno redigere l’autodichiarazione compilando il modulo di seguito riportato con il numero 2. 3) fotocopia leggibile di un documento di identità del rappresentante legale dell’azienda in corso di validità; 4) qualora siano stati individuati uno o più Delegati, occorre presentare anche fotocopia leggibile del/i documento/i di identità del/i delegato/i; 5) numero di pratica assegnato dal Sistema; 6) attestato di versamento dei diritti di segreteria dovuti alle Camere di Commercio. In caso di ritiro da parte di un soggetto diverso dal Legale Rappresentante, oltre ai documenti sopra indicati, l’incaricato al ritiro dovrà presentarsi munito: - del proprio documento di riconoscimento; - della delega per il ritiro scritta in carta semplice secondo il formato disponibile sul sito del Portale SISTRI e firmata dal Legale Rappresentante.

SECONDA FASE - Consegna dei dispositivi 3. Siti di Distribuzione La consegna dei dispositivi USB avverrà: - per gli Operatori iscritti all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, presso la sezione regionale o provinciale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali a cui è iscritto l’operatore; - per tutti gli altri Operatori, presso la sede della Camera di Commercio della Provincia dove è ubicata la sede legale dell’Operatore, oppure presso le sedi delle associazioni imprenditoriali, o loro società di servizi, delegate dalle Camere di Commercio. Nel caso in cui l’Operatore abbia anche una o più unità locali, la consegna verrà effettuata presso la sede della Camera di Commercio dove è ubicata ciascuna unità locale. 4. Soggetti competenti e documentazione necessaria per il ritiro Il ritiro dei dispositivi USB dovrà essere effettuato dal legale rappresentante dell’Operatore. Il Legale Rappresentante dell’Operatore potrà delegare al ritiro un proprio incaricato. Per procedere al ritiro dei dispositivi USB, sarà necessario presentare la seguente documentazione: 1) copia della ricevuta di pagamento del contributo di iscrizione al SISTRI previsto nell’Allegato II relativo alla/alle categoria/e di appartenenza, per ciascuna unità locale; 2) la dichiarazione, resa dal legale rappresentante ai sensi degli artt. 46 e art. 47 del D.P.R. n.

5. Procedura di ritiro L’addetto del Sito di distribuzione: - verifica la corrispondenza dei dati visualizzati nel sistema SISTRI con quelli indicati nell’autodichiarazione presentata dal Richiedente; - inserisce nel sistema gli estremi del soggetto che effettua il ritiro; - verifica che i pagamenti siano stati effettuati correttamente per quanto riguarda gli importi e le modalità; - verifica altresì la completezza dei documenti presentati dall’incaricato al ritiro, ivi inclusa l’eventuale delega al ritiro. Nel caso in cui dall’esame effettuato risultino documenti mancanti o necessità di rettifiche/integrazioni dei dati, l’addetto del Sito di distribuzione concorda con l’Operatore un nuovo appuntamento per il completamento della procedura. L’addetto del Sito di distribuzione competente alla consegna dei dispositivi USB, dopo aver terminato la verifica di cui al precedente punto, stampa dal Sistema e fa firmare al soggetto incaricato al ritiro (per conto dell’Operatore) i seguenti documenti:

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- la dichiarazione di presa visione dell’informativa sul trattamento dei dati personali e di consenso al trattamento dei dati stessi; - la dichiarazione di impegno all’uso corretto e alla custodia dei dispositivi USB. Infine, l’addetto del Sito di distribuzione consegna al soggetto incaricato al ritiro un plico contenente: - il/i dispositivo/i USB già precedentemente personalizzato/i; - la/e stampa/e in busta cieca della password per l’accesso al Sistema, della password di sblocco del/i dispositivo/i USB (PIN), del PUK, dell’identificativo utente (username) e del numero di serie del dispositivo; - nel caso in cui l’Operatore sia un trasportatore, la lista delle officine autorizzate ad installare le Black box nelle province interessate, stampata dal sito del portale SISTRI, con l’indicazione del periodo temporale entro cui fissare l’appuntamento per l’installazione, e un modulo per il ritiro e installazione delle Black box. La distribuzione dei dispositivi USB e l’installazione delle Black box devono essere completate entro i 30 giorni antecedenti l’avvio dell’operatività del sistema. Al termine della procedura di iscrizione le Camere di Commercio e le Sezioni regionali dell’Albo comunicheranno settimanalmente al Sistema SISTRI l’avvenuto ritiro dei dispositivi elettronici. Gli Operatori dovranno utilizzare i dispositivi solo per le finalità previste nel decreto e custodire i dispositivi medesimi con la dovuta diligenza, assumendo oneri e responsabilità in caso di furto, perdita distruzione, manomissione o danneggiamento dei dispositivi stessi che ne impedisca l’utilizzo e che non sia dovuto a vizio di funzionamento dei dispositivi predetti. Fatta eccezione per le ipotesi di perdita dei dispositivi Black box conseguenti al furto dei veicoli sui quali sono installati, i costi per la sostituzione dei dispositivi sono a carico dei richiedenti e sono i seguenti: In tutte le ipotesi sopra indicate, gli Operatori dovranno comunicare al sistema SISTRI, entro 24 ore dall’evento, la perdita, la manomissione o il danneggiamento dei dispositivi e richiedere la sostituzione dei dispositivi stessi. Nel caso di perdita delle Black box conseguente al furto dei veicoli sui quali erano installati, il richiedente dovrà anche sporgere tempestivamente denuncia alle autorità di pubblica sicurezza ed inviare a SISTRI, entro il termine sopra indicato, l’originale o la copia conforme di tale denuncia. Il sistema SISTRI provvederà a predisporre i dispositivi sostitutivi e a comunicare al richiedente la data e il luogo dove, previo pagamento dei costi sopra indicati, potrà provvedere al ritiro del dispositivo USB e l’elenco delle officine autorizzate presso cui sarà possibile richiedere l’installazione delle Black box sostitutive. Nel caso di malfunzionamento dei dispositivi dovuti a vizi dei dispositivi stessi, gli Operatori dovranno comunicare tempestivamente il malfunzionamento al SISTRI che provvederà a proprie cura e spese, alla rimozione del malfunzionamento e/o alla sostituzione

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dei dispositivi: entro 24 ore dalla comunicazione del malfunzionamento, se i vizi riguardano il software; entro 72 ore dalla comunicazione del malfunzionamento, se i vizi riguardano l’hardware. Per tutte le comunicazioni al SISTRI, sarà attiva un’apposita sezione dedicata del Portale SISTRI, un call center gratuito e un servizio di ricezione fax, i cui numeri saranno indicati nel medesimo Portale SISTRI. Il modello per le comunicazioni via fax sarà scaricabile dal Portale. MODULI DI ISCRIZIONE AL SISTRI (omissis)

ALLEGATO IB (articolo 3, comma 6, lettera c) “PROCEDURA PER L’INSTALLAZIONE DEI DISPOSITIVI BLACK BOX.” 1. Individuazione delle officine autorizzate all’installazione delle Black box L’installazione delle Black box sui veicoli adibiti al trasporto dei rifiuti può essere effettuata dalle imprese iscritte nel Registro delle imprese esercenti attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n.122, sezione elettrauto. Tali officine devono altresì essere dotate di computer e collegamento ad internet, senza particolari requisiti di banda di trasmissione. Per essere autorizzati all’installazione delle Black box, i soggetti di cui sopra devono presentare domanda di autorizzazione al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, accedendo al sito www.sistri.it, e compilando l’apposita sezione. I dati comunicati dalle officine saranno confrontati con quelli in possesso delle Camere di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato. Le domande devono essere presentate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare inviterà i soggetti che avranno presentato la domanda di autorizzazione e che saranno risultati in possesso dei requisiti prescritti a partecipare a corsi di formazione gratuiti. I corsi, di carattere teorico pratico, sono strutturati in un solo modulo della durata di 6 ore e si terranno nelle date pubblicate sul Portale SISTRI. L’attestazione di partecipazione al corso di formazione è requisito necessario per ottenere l’autorizzazione all’installazione delle Black box. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare provvede alla formazione dell’elenco delle officine autorizzate, che sarà pubblicato sul Portale SISTRI e sarà liberamente consultabile. 2. Attività propedeutiche all’installazione Ciascun Operatore che effettua l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti deve dotarsi di una Black box per


ciascun veicolo in dotazione all’azienda. Le Sezioni regionali dell’Albo curano la programmazione delle installazioni delle Black box. A tal fine: - unitamente al dispositivo USB, forniscono agli Operatori la lista delle officine autorizzate, con l’indicazione del periodo temporale entro cui procedere all’installazione, e un modulo per il ritiro e installazione delle Black box; - contattano le officine autorizzate indicate dagli Operatori, o, in caso di eccessivo carico di lavoro delle stesse, altra officina concordata con gli Operatori medesimi, per richiedere l’appuntamento per l’installazione, che potrà essere fissato non prima di sette giorni dalla richiesta. Il SISTRI provvederà a consegnare le Black box direttamente alle officine autorizzate. Per l’installazione dei dispositivi sarà inoltre necessario: - acquistare una scheda SIM dati GPRS di qualsiasi operatore telefonico, per ciascuna Black box da installare; - inserire nel modulo per il ritiro delle Black box, consegnato insieme alla lista delle officine, il nome dell’intestatario della SIM e i seguenti dati: PIN, PUK: numero di telefono e intestatario della SIM. In alternativa, l’Operatore può consegnare all’officina una fotocopia della scheda SIM rilasciata dal gestore telefonico al momento dell’acquisto, contenente i dati sopra indicati. La richiesta di installazione delle Black box presso l’officina potrà essere effettuata dal legale rappresentante dell’Operatore, che dovrà presentarsi munito di un proprio documento di identità in corso di validità. Qualora siano stati delegati soggetti diversi dal legale rappresentante, tali soggetti dovranno presentarsi muniti, oltre che di un proprio documento di riconoscimento, di delega scritta da parte del rappresentante legale dell’Operatore, da redigere in carta semplice secondo il formato disponibile sul sito del portale SISTRI, e della copia dei documenti di riconoscimento del sottoscrittore della delega. [ndr: a questo punto il testo riportato in G.U. passa direttamente al comma 5, non è dato sapere se trattasi di un refuso o di omissione]

dei dispositivi installati e si impegna a custodire ed utilizzare correttamente i dispositivi installati. 6. Comunicazione al SISTRI dell’avvenuta installazione. Completata l’installazione, l’operatore dell’officina invia alla Sezione regionale dell’Albo, ai fini del successivo inoltro al SISTRI, la dichiarazione di avvenuta installazione, contenente il numero seriale delle Black box e i dati delle relative SIM abbinati alle targhe dei veicoli su cui i dispositivi sono stati installati, nonché l’attestazione dell’esito positivo delle verifiche e la presa d’atto del corretto funzionamento dei dispositivi installati, controfirmata dal soggetto delegato al ritiro. Nel caso in cui in fase di installazione la Black box risulti non funzionante, dovrà essere restituita al SISTRI. Qualora, a seguito del verificarsi di una delle ipotesi previste dal decreto, sorga l’obbligo di restituzione delle Black box, gli Operatori dovranno recarsi presso una delle officine autorizzate, in persona del legale rappresentante o previa delega di quest’ultimo. L’operatore delle officine autorizzate provvederà a disinstallare le Black box, che saranno restituite al SISTRI, e ad estrarre la scheda SIM, che sarà invece restituita all’Operatore. Al termine della procedura di disinstallazione, l’operatore dell’officina autorizzata comunicherà alla Sezione regionale dell’Albo l’avvenuta disinstallazione, controfirmata dall’Operatore, precisando luogo e data e il numero seriale delle Black box disinstallate per ciascun veicolo.

5. Installazione presso l’officina autorizzata. L’operatore dell’officina autorizzata: - verifica i dati contenuti nel modulo per il ritiro e l’installazione della Black box, accerta l’identità del richiedente e l’eventuale delega rilasciata dal legale rappresentante al ritiro dei dispositivi; - inserisce la SIM nella Black box; - installa la Black box sul veicolo; - al termine dell’installazione esegue il test di corretta installazione e configurazione; - sigilla la Black box; - fa firmare al soggetto delegato al ritiro delle Black box una dichiarazione con la quale il medesimo soggetto, per conto dell’Operatore, attesta l’esito positivo delle verifiche e il corretto funzionamento

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Pubblicata la Ricerca AssoICIM

LE AZIENDE ITALIANE VERSO LE RINNOVABILI PER TAGLIARE I COSTI DELLA BOLLETTA ENERGETICA

Nonostante le incertezze legate a tempi e modi dei finanziamenti

La crisi economica e la più alta bolletta energetica d’Europa spingono le aziende italiane a tagliare costi e consumi, cercando nuove fornitori, rendendo più efficaci i processi e meno energivore le infrastrutture, ma soprattutto installando impianti per produrre in proprio energia da fonti rinnovabili. Non sfuggono a questa dinamica le imprese manifatturiere italiane, per le quali le spese in energia rappresentano mediamente il 7% del totale, ma con punte che in alcuni casi, come nel cartario, posso arrivare al 20%. La ricerca “L’Industria Manifatturiera Italiana e le Energie Rinnovabili”, commissionata da AssoICIM (Associazione che promuove lo sviluppo del Sistema Italia attraverso la cultura della Qualità, che annovera tra i soci: CEI, ISPEL; CNR; UnionMeccanica; UCIMU; Unione Nazionale Consumatori; ACIMIT; ANFIA; CTI; Ansaldo Energia; ENEL; Assolombarda; Snam Rete Gas; ANIMA e ASA) a 6DVision, (Società che opera nel management d’impresa) e realizzata da INSINTESI ricerca & comunicazione, in collaborazione con l’Istituto di Ricerche DOXA, ha esplorato sia le misure adottate dalle aziende per ridurre i consumi e i costi dell’energia che i driver e i freni che hanno determinato le scelte aziendali. Dalla ricerca, che ha preso in esame un campione rappresentativo dell’industria manifatturiera italiana con più di 50 dipendenti e, quindi, relativa ad un universo composto da oltre 12.000 aziende, emerge che tutte hanno almeno “preso in considerazione” una soluzione e l’88% ha effettivamente fatto qualcosa: - il 65% ha cambiato fornitore di elettricità o gas; - il 49% ha migliorato l’efficienza dei processi produttivi; - il 34% ha migliorato l’efficienza energetica degli edifici; - l’11% ha installato un impianto per produrre energia da fonti rinnovabili. Tra le imprese che hanno installato gli impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, il livello di soddisfazione è veramente elevato: il 72% dichiara infatti di essere molto soddisfatto. Inoltre, il 6% ha già pianificato di installarli e il 61% ha valutato o almeno considerato la loro adozione. Tra le varie tipologie di energia rinnovabile, emerge il fotovoltaico che è stato adottato, installato, pianificato, valutato o almeno considerato dal 60% dell’intero comparto esplorato. La presenza del fotovoltaico nel manifatturiero viene spiegato da Paolo Gianoglio, Direttore ICIM spa di cui AssoICIM è socio unico, “come integrazione ad altri sistemi. La maggior parte delle aziende non lo fa per ragioni di autoconsumo quanto piuttosto per rivendere l’energia prodotta in rete”.

Le motivazioni che spingono le aziende a ridurre i consumi energetici sono: - il risparmio economico, per il 94% delle imprese; - gli incentivi fiscali, per l’81%; - motivazioni etiche (RSI), per il 75%. Mentre a frenare sono cause di tipo finanziario: - il 70% dichiara di aver altre priorità economiche; - il 57% individua nel difficile accesso a finanziamenti esterni, la mancata adozione; - il 48% dichiara difficoltà a valutare i ritorni sugli investimenti (ROI). Sono evidenziati anche problemi burocratici (55%) e grosse incertezze relative alla qualità delle installazioni degli impianti (42%). La difficoltà a valutare il ROI è, in realtà, il problema chiave su cui lavorare per ridurre i freni principali, quelli, cioè, di ordine economico finanziario. “Per ridurre i freni principali, quello economico e quello relativo alle incertezze legate a tempi e modi dei finanziamenti, la riduzione dei prezzi potrebbe essere d’aiuto, ma non riuscirebbe a risolvere le difficoltà di valutare i ritorni sugli investimenti - ha osservato il Prof. Pierangelo Andreini, Presidente AssoICIM, nonché Docente di Termotecnica e Fisica tecnica industriale presso il Politecnico di Milano - è per questo motivo, ma anche per sostenere la fiducia in scelte innovative da parte delle organizzazioni, che AssoICIM, nel suo ruolo istituzionale, si pone l’obiettivo di facilitare l’acquisizione di conoscenze attraverso il nuovo Osservatorio di AssoICIM di cui questa ricerca è il primo appuntamento”. Comunque, dalla ricerca si evidenzia che le aziende che hanno già installato impianti per produrre energia da fonti rinnovabili sono: - più attente ai costi energetici; - più grandi; - con spese energetiche minori; - più innovative; - più socialmente responsabili; - più attente alla comunicazione; - hanno un responsabile della gestione energetica che proviene dall’area tecnica. Di grande interesse lo scenario di 6DVision sui trend dell’“Energia da Fonti Rinnovabili” che contestualizza la Ricerca stessa e che viene proposta di seguito. Gli obiettivi di Kyoto e di Barack Obama Nel 2008, gli investimenti a livello mondiale in tecnologie rinnovabili hanno raggiunto i 120 miliardi di Euro con

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una crescita del 600% (al netto del grande idroelettrico) rispetto al 2004. Il settore è cresciuto del 16% rispetto al 2007 e ha resistito molto meglio di tanti altri alla crisi finanziaria. Sempre nel 2008, la produzione di energia da fonti rinnovabili ha raggiunto, a livello mondiale, i 280mila Megawatt: il 75% in più rispetto al 2004 e quasi tre volte la capacità nucleare degli Stati Uniti. D’altronde la produzione d’energia da fonti rinnovabili e le misure per l’efficientamento energetico rientrano tra gli obiettivi condivisi e vincolanti a livello internazionale nell’ambito delle misure per uno sviluppo sostenibile e sono incentivate da istituzioni internazionali, europee e nazionali per motivi economici e ambientali. Il Protocollo di Kyoto, ad oggi ratificato da 184 Stati, impone all’Unione Europea di ridurre in media del 5,2% le emissioni dei gas serra (GHG), in particolare l’anidride carbonica (CO2), nel periodo 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990. Parallelamente, gli Stati Uniti, con il “Green New Deal”, si sono impegnati a ridurre del 25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005 le emissioni di CO2 (ndr.: la riduzione in base alle proposte depositate presso il Segretariato UNFCCC, come stabilito nel Accord di Copenhagen risulta essere del 17%), investendo massicciamente in tecnologie verdi ed eco-sostenibili per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

w w w. i n f o p i n e t a . i t

Le rinnovabili in Europa In Europa, la produzione di energia da fonti rinnovabili (al netto del grande idroelettrico) ha raggiunto i 100mila MW nel 2008. Per i 15 Paesi dell’Unione Europea, la Direttiva 2001/77/CE impone quote diverse di energia rinnovabile sul Consumo Interno Lordo (C.I.L.) di energia elettrica e per l’Italia l’obiettivo è del 22% entro il 2010. Mentre la nuova Direttiva 2009/28/CE (che dovrà essere recepita

entro il 2010) fissa obiettivi ancora più stringenti: ridurre del 20%, entro il 2020, le emissioni di gas a effetto serra; raggiungere una quota di energia da fonti rinnovabili pari al 20 % sul consumo finale lordo di energia; migliorare del 20% l’efficienza energetica; raggiungere una quota del 10 % per l’energia da fonti rinnovabili nei trasporti. ... e in Italia. Per quanto riguarda l’Italia, entro il 2020, le energie rinnovabili dovranno coprire almeno il 17% dei consumi energetici totali (era 5,2% nel 2005) e si dovranno ridurre del 14% rispetto al 2005 le emissioni dei gas serra. Con i 58,2 TWh nel 2008, l’Italia è al 5° posto - dopo Germania, Svezia, Francia e Spagna - nella produzione lorda reale di energia ottenuta da fonti rinnovabili. Si tratta soprattutto di Energia Idrica (41.623 GWh nel 2008 in crescita del 26,8% rispetto al 2007); Biomasse e Rifiuti (quasi i 6000 GWh e +9,7%) e Geotermia (5.520 GWh in leggera decrescita: - 0,9%). L’Eolico è al quarto posto (4.861,3 GWh), ma in forte sviluppo: 39 nuovi impianti solo nel 2008. E, anche se all’ultimo posto, il Solare è la fonte energetica rinnovabile a più rapida espansione (394% rispetto al 2007) con una produzione lorda degli impianti di 193 GWh e una potenza efficiente lorda degli impianti di 431 Megawatt. In Europa, l’Italia è al 7° posto per la produzione di energia eolica e al 3° nel solare. Il nodo degli incentivi. Grazie agli incentivi previsti dalla normativa vigente - in particolare al “Conto Energia” per il Fotovoltaico, l’Italia presenta però ottimi livelli di attrattività degli investimenti in tecnologie e impianti di produzione di energie rinnovabili. La Finanziaria 2008 prevede una forte incentivazione delle rinnovabili e proroga fino al dicembre 2010, le age-

t )05& t 3*4503"/5& t $".1*/( Lago Piazze 38043 Bedollo Pinè (TN) tel 0461 556642 fax 0461 556058 www.infopineta.it info@infopineta.it

tra i colori della natura

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volazioni fiscali per i contribuenti (privati, imprese, enti e condomini) che investono per risparmiare energia. Nel 2009 è infatti proprio l’Italia, ad essere considerata uno dei mercati più promettenti al mondo nel Solare Fotovoltaico (PV), insieme alla Grecia e agli Stati Uniti. Mentre la Germania si presenta ormai come un mercato maturo e la Spagna, che nel 2008 ha realizzato quasi la metà degli impianti fotovoltaici nel mondo (2,5 Gw), è costretta a rallentare a causa dei tagli a finanziamenti e incentivi operati da Governo. Secondo uno studio GSE-Bocconi-IEFE in Italia gli investimenti in tecnologie rinnovabili nel settore elettrico - nello scenario condizionato dalle politiche del cosiddetto “pacchetto Clima-Energia” - potranno raggiungere una valore complessivo di circa 100 miliardi di euro nei prossimi dodici anni, con un valore medio annuo di più di 8 miliardi e la potenziale ricaduta occupazionale totale potrebbe raggiungere i 250mila addetti nel 2020. Mentre, secondo un altro recente studio Bocconi-Centrobanca (“Investire in energie rinnovabili - La convenienza economica per le imprese”): “le iniziative legate a energie rinnovabili si confermano come investimenti estremamente interessanti sotto il profilo dei rendimenti economici, ma soprattutto caratterizzati da una rischiosità sostanzialmente contenuta”. Il boom del Fotovoltaico. L’impiego del PV per la produzione di energia elettrica rappresenta di gran lunga il principale business nel settore dell’energia solare in Italia: nel 2008 ha raggiunto un volume di affari poco inferiore a 1,1 miliardi di euro, con un aumento del 150% rispetto al 2007. A giugno 2009 la potenza installata nel PV in Italia sfiora, secondo GSE, i 500 MW e per la fine del 2009 si stima che si raggiungeranno 900 MW; 1500 MW entro il 2010 e 3000 MW entro il 2016. Con oltre 630 imprese (74% nazionali) attive al giugno del 2009, il mercato italiano del PV si presenta infatti molto dinamico, anche se estremamente frammentato. È possibile stimare il margine operativo lordo generato nel 2008 dalle imprese italiane del fotovoltaico in circa 180 milioni di Euro. La maggioranza dei profitti va però a operatori stranieri (giapponesi, tedeschi, statunitensi, ma anche cinesi e taiwanesi). Perciò, secondo lo studio GSE-Bocconi-IEFE, le aziende italiane dovranno sfruttare meglio le risorse e le competenze già acquisite in altri settori manifatturieri (meccanica, automazione, elettrotecnica e elettronica) per non lasciare il campo alle sole importazioni degli apparati e delle componenti industriali degli impianti a fonti rinnovabili in gran parte prodotte oggi da imprese internazionali. Rinnovabili, Industria e ROI. La convenienza degli investimenti in efficienza energetica e in impianti di energia rinnovabile è particolarmente evidente per l’industria, a cui è imputabile oltre il 40% del consumo energetico finale in Europa, soprattutto nei settori più energivori come l’alimentare, il chimico, la lavorazione di minerali non metalliferi e la produzione dei metalli e loro leghe. Anche perché il prezzo dell’energia elettrica in Italia (0.115 Euro/KWh nel 2008) è più elevato rispetto ad

altri paesi europei: in Germania, principale concorrente per le esportazioni industriali, è di 0.093 Euro, in Spagna 0,092 Euro mentre in Francia addirittura 0,059 Euro. Secondo una ricerca di Confartigianato gli imprenditori italiani pagano l’energia il 38,7% (in media 1.380 euro all’anno) in più rispetto alla media UE. Allo stesso tempo però il sistema di incentivazione del Governo Italiano per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica è tra i più attraenti in Europa, soprattutto per gli investimenti in impianti di energia fotovoltaica). Bocconi-Centrobanca calcolano che per il fotovoltaico il periodo di recupero semplice dell’investimento va da 10 a 11 anni a seconda della quota di autoproduzione. Mentre per investimenti in altre fonti d’energia rinnovabile è anche più basso. Efficienza: un tesoro nascosto. In tutte le analisi con orizzonti temporali da qui al 2050, comunque, l’efficienza energetica risulta essere la risorsa più importante non solo ai fini della riduzione delle emissioni, ma anche per il contenimento della domanda di combustibili fossili. Ma si tratta anche dell’area più complessa da trattare nel contesto di questa ricerca. Soprattutto per la varietà di tecnologie che ad essa afferiscono oltre che per le sue implicazioni sociali, comportamentali (usi finali) e commerciali. Non esiste infatti una misura del volume di questo mercato, né a livello europeo, né a livello italiano. Tra le tecnologie più interessanti per potenziale e costo (negativo) di abbattimento, bassa intensità di capitale e quindi ritorno tempestivo degli investimenti, si collocano molte delle tecnologie di uso finale che consentono risparmi nei consumi elettrici nei settori residenziale, commerciale e dei servizi come ad esempio le nuove tecnologie per l’illuminazione, l’elettronica e i dispositivi domestici a basso consumo, il condizionamento efficiente, con costi di abbattimento compresi tra -60 e -90 Euro/ tCO2. Discorso che vale anche per l’isolamento termico (mediante retrofitting) degli edifici, che tuttavia richiede maggiori investimenti e tempi di ritorno più lunghi dipendenti anche dalle condizioni climatiche locali. In termini di potenziale di abbattimento e di rapporto costo/benefici gli interventi di efficienza energetica sono però meno attraenti nei settori industriali. Anche perché, in molti paesi avanzati, settori industriali energivori quali quelli del cemento, acciaio, chimica e petrolchimica (circa il 75% percento dei consumi finali e delle emissioni industriali) hanno già messo in atto, in anni recenti, processi di miglioramento dell’efficienza per assicurarsi la sopravvivenza economica nei mercati. Il potenziale di miglioramento residuo è quindi più contenuto (ma non trascurabile) e disponibile a costi relativamente più elevati, pur con ovvie differenze regionali e tra industria energivora - in cui l’efficienza è un fattore di competitività economica - e altri settori industriali meno energy-intensive. Fa eccezione il basso costo di abbattimento (-60 Euro/tCO2) e di investimento per la sostituzione dei motori elettrici industriali con motori più efficienti, un intervento già ultimato in alcuni paesi europei (non in Italia). Complessivamente si valuta che comunque l’efficienza nell’industria possa contribuire per il 10% agli obiettivi di mitigazione.

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EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ

22 marzo 2010 Giornata Mondiale dellʼAcqua

“COMUNICARE LA QUALITÀ DELLE ACQUE: SFIDE E OPPORTUNITÀ” Ancora scarsa la sensibilità del mondo politico Ogni anno vengono prodotti a livello globale 1.500 Km3 di acque di scarico, che potrebbero essere riutilizzati in modo produttivo per l’energia e l’irrigazione. Nei Paesi in via di sviluppo il 90% delle acque reflue e il 70% dei rifiuti industriali sono scaricati in acque superficiali senza alcun trattamento, per mancanza di regole e di risorse. La crescita demografica e industriale fanno aumentare proporzionalmente le fonti di inquinamento e la domanda crescente di acqua pulita. Sono in gioco la salute dell’uomo e dell’ambiente e l’approvvigionamento di acqua potabile e per usi agricoli per l’oggi e il futuro, eppure l’inquinamento idrico viene raramente percepito come un problema urgente. Per ovviare a questa lacuna, UN-Water, il Comitato delle Nazioni Unite che ha il compito di sostenere i Paesi membri a raggiungere

gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio correlati all’acqua, ha scelto come tema per il World Water Day 2010 “Communicating Water Quality Challenges and Opportunities”. Istituita dall’ONU nel 1992 alla Conferenza di Rio all’interno delle direttive di Agenda 21, la Giornata Mondiale dell’Acqua cade regolarmente ogni 22 marzo e in tale circostanza gli Stati membri debbono promuovere attività concrete per espletare le raccomandazioni raggiunte con l’Assemblea delle Nazioni Unite, mentre varie ONG utilizzano l’evento per sensibilizzare il pubblico sulla critica questione dell’acqua. La Campagna, coordinata quest’anno dall’UNEP (United Nations Environment Programme), vuole mettere in risalto che la qualità delle acque riveste un’importanza pari alla loro quantità, perché

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se la vita sulla Terra deriva essenzialmente dalla disponibilità d’acqua, la qualità della vita dipende soprattutto dalla qualità dell’acqua. Anche se si utilizzano misurazioni chimico-fisico-biologiche per definire la qualità dell’acqua, c’è necessità di maggiore informazione circa le complesse interconnessioni tra le acque superficiali e quelle sotterranee, tra le caratteristiche geomorfologiche dei terreni e la gestione umana dei suoli. Sempre più frequentemente giungono notizie circa situazioni per le quali l’acqua a disposizione non è più adeguata per gli usi normali. Batteri e microrganismi si sono infiltrati nelle condutture cittadine di acqua potabile, causando malattie; inquinanti chimici vengono rilevati in corsi d’acqua, mettendo in pericolo la vita animale e vegetale; sversamenti di


liquami hanno costretto a far bollire l’acqua; pesticidi e altre sostanze chimiche penetrate nel terreno hanno danneggiato l’acqua delle falde acquifere; il deflusso di acque meteoriche da strade e parcheggi hanno influito sulla qualità delle acque dei fossi urbani. Anche le aree rurali possono contribuire a degradare la qualità delle acque con la dispersione di fosforo e azoto in quantità eccessiva per uso massiccio di fertilizzanti e letame. Non si deve pensare che tali situazioni siano tipiche e diffuse soltanto nei Paesi in via di sviluppo. Il caso della grave epidemia di gastroenterite che nell’estate 2009 a San Felice del Benaco (BS) ha colpito in pochissimi giorni oltre 2.000 persone e ne ha ospedalizzate oltre 1.000, presumibilmente causata da inquinamento del locale acquedotto pubblico, testimonia che l’attenzione alla qualità dell’acqua è problema globale a cui neppure un Paese del G8 come l’Italia può dichiararsi estraneo. La scarsa tutela delle acque dall’inquinamento da reflui industriali nel nostro Paese ha trovato ulteriore conferma nell’approvazione definitiva da parte del Parlamento in questi giorni (2 febbraio)

del Disegno di Legge di iniziativa governativa che ha modificato la disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue in fognatura, prevista dall’articolo 137 comma 5° del D. Lgs. n. 152/2006, il cosiddetto Testo Unico Ambientale, prevedendo la sanzione penale ai soli casi in cui vi sia un pericolo effettivo, vale a dire il superamento dei limiti fissati dalla tabella 5 dell’Allegato V per le 18 sostanze più pericolose, mentre il superamento dei limiti fissati nelle tabelle 3 e 4 comporterà solo sanzioni amministrative. Il provvedimento, giustificato come necessità di rendere più chiara la norma, differenziando il regime sanzionatorio, di fatto depenalizza fattispecie che la giurisprudenza configurava come reati penali. La Campagna per Giornata Mondiale dell’Acqua diviene, quindi, occasione per: - aumentare la consapevolezza per sostenere lo stato sano degli ecosistemi e il benessere umano, affrontando le sfide crescenti per la qualità delle acque nei processi di gestione delle risorse idriche; - elevare il profilo della qualità delle acque, sollecitando Governi, Organizzazioni, Comunità e sem-

plici individui di tutto il mondo ad impegnarsi attivamente per affrontare in modo proattivo la qualità delle acque, come, ad esempio, la prevenzione dell’inquinamento, la depurazione e la manutenzione. Purtroppo, nonostante i tentativi di inserire il tema dell’acqua a Copenhagen nel corso della Conferenza sui Cambiamenti Climatici, non hanno trovato adeguato supporto. Avevamo già anticipato come nel corso dei Climate Change Talks di Barcellona fosse stato tolto ogni riferimento all’acqua nel testo negoziale per le azioni di adattamento (cfr: “L’acqua ‘evaporata’ dal testo negoziale per Copenhagen”, in Regioni&Ambiente, n. 12 dicembre 2009, pagg. 10-11), ma ci si augurava un ripensamento. Quantunque la Conferenza, come si sa, non abbia ancora prodotto documenti vincolanti, il fatto che nell’Accordo non si faccia riferimento al problema, sta a significare che difficilmente l’acqua potrà rientrare in gioco nella trattativa, stante anche l’indisponibilità evidenziata dagli USA e dall’UE, che, peraltro, rinviava alla querelle del Forum Mondiale dell’Acqua di Instanbul, in merito alle ambiguità della Dichiarazione finale (cfr:

Un giovane mandriano osserva i suoi buoi che si abbeverano in una buca d’acqua melmosa - Lajouk, Sud Kordofan (Sudan) (fonte FAO: foto Antonello Proto)

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“Acqua: non ancora diritto, ma bisogno”, in Regioni&Ambiente n. 5, maggio 2009, pag. 18 e segg.). L’acqua, infatti, è lo strumento principale attraverso il quale i cambiamenti climatici influenzano gli ecosistemi terrestri e, quindi, la vita e il benessere delle persone. Gli impatti dei cambiamenti climatici sulle acque sono già in atto nella forma di gravi fenomeni di siccità e più frequenti inondazioni. Le temperature medie più elevate e le variazioni delle precipitazioni e dei picchi di calore sono destinate ad influenzare la disponibilità delle risorse idriche attraverso cambiamenti nella distribuzione delle piogge, nell’umidità dei suoli, nello scioglimento dei ghiacciai e delle calotte, nelle portate dei fiumi e nei flussi delle acque sotterranee: fenomeni tutti che produrranno un ulteriore degrado della qualità delle acque. I Paesi poveri, che sono anche i più vulnerabili, saranno quelli su cui si produrranno le conseguenze più gravi. La disponibilità e la qualità delle acque avranno un peso determinante su quasi tutti i settori della società e dell’economia, in particolare su salute, produzione e sicurezza alimentare, approvvigionamento idrico e servizi igienico-sanitari, energia, industria e il funzionamento degli ecosistemi. A causa della variabilità climatica attuale, lo stress idrico è già forte, particolar-

mente nei Paesi in via di sviluppo, e i cambiamenti climatici rendono ancora più urgente l’azione. Senza una miglior gestione delle risorse idriche, saranno in pericolo: - il progresso verso gli obiettivi di riduzione della povertà; - i Millennium Development Goals; - lo sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni economiche, sociali e ambientali. Riconoscere che l’adattamento ai cambiamenti climatici presuppone soprattutto una migliore gestione delle risorse idriche, significa dare risposte adeguate alle opportunità di sviluppo che ne conseguono. Promuovere adeguate misure di adattamento sulla base della conoscenza della natura dei terreni e di pratiche gestionali delle risorse idriche, rinforza la resilienza ai futuri cambiamenti climatici, migliorando al contempo la sicurezza delle acque. Sono necessarie anche le tecnologie innovative e le soluzioni integrate, valutando, tuttavia, gli effetti negativi involontari, in particolare quelli sull’ambiente e sulla salute umana. Adattarsi alla crescente variabilità del clima attraverso una migliore gestione delle risorse idriche richiede cambiamenti nell’azione politica e significativi investimenti, che dovrebbe essere guidati dai seguenti principi: 1. Porre al centro le attività di adatta-

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mento nel più ampio contesto dello sviluppo; Rafforzare la governance della gestione delle risorse idriche e migliorare l’integrazione tra la gestione dei suoli e quella delle risorse idriche; Migliorare e condividere le conoscenze e le informazioni su clima, acque e misure di adattamento, investendo nella raccolta completa di dati e sistemi di monitoraggio; Costruire la resilienza a lungo termine attraverso istituzioni e infrastrutture idriche più forti, che includano il buon funzionamento degli ecosistemi; Investire in un rapporto costi-efficacia di adattamento nella gestione delle acque e nel trasferimento tecnologico; Liberare fondi aggiuntivi attraverso una maggiore dotazione nei bilanci nazionali e meccanismi innovativi di finanziamento per una migliore gestione delle risorse idriche in termini di adattamento.

Purtroppo, come si è potuto constatare, il senso di urgenza per le attività di adattamento ai cambiamenti climatici e il riconoscimento del ruolo centrale che vi assume l’acqua, non hanno ancora permeato il mondo politiche non trova sistematicamente riflesso nei piani nazionali e internazionali di investimenti per le azioni di adattamento.

L’inquinamento delle acque del fiume Sabarmati che attraversa la città di Ahmedabad, Gujarat - India (fonte UN-Water: foto di Swiatek Wojtkowiak)

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SERVIZI AMBIENTALI

COSMARI

PER MIGLIORARE I PROPRI IMPIANTI DI SELEZIONE DEI RIFIUTI Nuovi investimenti deliberati dal Consiglio di Amministrazione di Luca Romagnoli

Continuano le attività di investimento volte al miglioramento tecnologico degli impianti consortili del COSMARI. Infatti, il Consiglio d’Amministrazione presieduto dal Presidente ing. Fabio Eusebi, in stretta sinergia con la Direzione aziendale dell’ing. Giuseppe Giampaoli, ha deliberato una serie di progetti esecutivi molto importanti che andranno a perfezionare ulteriormente le diverse linee di lavorazione di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata, specialmente da quella effettuata domiciliarmente “porta a porta”. Il primo importante investimento, quasi totalmente finanziato dalla Regione Marche ed approvato per quanto di competenza dalla Provincia di Macerata, è inerente il progetto esecutivo per la riorganizzazione e l’adeguamento della linea di compostaggio e stabilizzazione della frazione organica dai rifiuti solidi urbani.

Si prevede una spesa di oltre 1 milione e 900 mila euro che consentirà oltre alla produzione del compost di avviare il progetto per la “digestione anaerobica” della frazione organica per la produzione di energia pulita. Molto importante anche l’approvazione del progetto esecutivo riguardante il potenziamento dell’impianto di selezione manuale e automatica dei materiali sempre provenienti dalla raccolta differenziata per un importo complessivo di oltre 3 milioni e 500 mila euro. Il progetto prevede l’ampliamento del capannone esistente con l’istallazione di una nuova linea di vagliatura e selezione automatica e della tettoia per la selezione e lo stoccaggio dei rifiuti ingombranti. La nuova linea automatica, che andrà ad affiancare quella manuale, prevede

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per il rifiuto un percorso ben definito e delineato. Il processo di lavorazione, infatti, contempla che una pala meccanica carichi i sacchi di rifiuti raccolti entro un rompisacchi dotato di coltelli particolari che lacerano il sacco e lo vuotano. Attraverso un nastro trasportatore, il rifiuto arriva ad un vaglio rotante che seleziona il materiale più piccolo, ad esempio bottiglie e lattine, mentre il materiale più grande (cartone, imballaggi di plastica, film di grandi dimensioni, ecc.) viene trasportato sulla linea di selezione manuale dove gli operatori provvedono alla separazione delle tipologie di materiali che si vogliono recuperare e che vengono accumulati in appositi silos i quali scaricano, automaticamente in un nastro


che finisce alla pressa per i confezionamento di ecoballe. Il materiale non selezionato manualmente, attraverso nastri trasportatori viene inviato a speciali lettori ottici per una ulteriore selezione. Il materiale più piccolo, bottiglie, lattine, ecc., sempre attraverso un nastro trasportatore passa sotto un separatore magnetico che seleziona il ferro e poi sotto un separatore di alluminio per separare lo stesso alluminio dagli altri metalli. Questo nuovo impianto, come detto va ad aggiungersi a quello manuale già esistente e che sarà riconvertito per trattare solo carta e cartoni. La realizzazione di questo nuovo impianto

mezzi che, quotidianamente, scaricano i propri rifiuti, per una spesa di oltre 338 mila euro.

garantisce un servizio sempre migliore, seppur con minor utilizzo di operatori, di separazione dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata, assicurando una lavorazione di circa 6.000 kg/ora di rifiuti costituiti da multimateriali che dopo la separazione vengono inviati ai consorzi di filiera. Infine, è stato approvato il progetto esecutivo per le opere di ulteriore minimizzazione degli impatti ed inserimento ambientale degli impianti consortili. Proseguendo quanto sinora realizzato, si andrà a completare il primo stralcio funzionale che prevede la sistemazione della viabilità di accesso all’area nord della sede di Tolentino, nei pressi dell’impianto di selezione manuale. In pratica, si razionalizzerà la viabilità interna, migliorando il traffico dei

raccolta differenziata, evidenziando il successo del modello “COSMARI”.

Il Presidente Fabio Eusebi ed il Direttore Giuseppe Giampaoli hanno sottolineato l’importanza di questi nuovi investimenti che dimostrano la volontà del COSMARI di avere impianti tecnologicamente avanzati con lo scopo di fornire servizi sempre migliori, moderni ed a costi non troppo elevati, come sinora fatto, perseguendo tutte quelle politiche di sensibilizzazione che, grazie al “porta a porta”, proiettano i Comuni maceratesi ai vertici nazionali con percentuali particolarmente alte di

La raccolta differenziata della provincia di Macerata nel mese di gennaio supera il 55% Il COSMARI ed i Comuni che effettuano la raccolta differenziata dei rifiuti “porta a porta” hanno superato un altro importante record. Infatti, nello scorso mese di gennaio la percentuale di raccolta differenziata, per la prima volta in provincia di Macerata, su base provinciale ha superato il 55% attestandosi su un valore pari al 55,26%. Questo importante traguardo è stato raggiunto grazie alle ottime performances dei cittadini impegnati ogni giorno a differenziare i rifiuti, secondo il metodo “porta a porta”.

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Grande è stato il risultato raggiunto da Castelraimondo che in pochi mesi è il “Comune riciclone” di gennaio con una percentuale dell’80,40%. Seguono nell’ordine Appignano (78,66%), Treia 78,31%, Montelupone (77,02%), Ripe San Ginesio (74,70%), Recanati (73,78%), Montecosaro (73,69%), Potenza Picena (71,21%), Urbisaglia (70,26%), Tolentino (70,17%), Loro Piceno (70,04%), Corridonia (67,82%), San Ginesio (66,42%), Camerino (63,37%), Civitanova Marche (63,22%), San Severino Marche (63,02%) e Porto Recanati (53,93%). In questi ultimi due Comuni il servizio interessa solo una parte della popolazione.

In questi giorni il “porta a porta” è stato attivato a Colmurano e Montefano e nelle prossime settimane interesserà anche gli abitanti dei Comuni di Monte San Giusto, Belforte del Chienti, Caldarola, Camporotondo di Fiastrone e Serrapetrona.

Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net www.cosmari.sinp.net


QUALITÀ E AMBIENTE

Più della metà della popolazione mondiale è urbanizzata

CITTÀ PIÙ INTELLIGENTI PER UN FUTURO PIÙ SOSTENIBILE Decisivo il ruolo degli Amministratori locali

“Il XIX secolo è stato il secolo degli Imperi; il XX secolo è stato il secolo degli Stati-nazioni; il XXI secolo sarà il secolo delle Città”. Con queste parole, Wellington E. Webb, allora Sindaco di Denver (Colorado) e Presidente del Forum, introdusse i lavori del 1° Summit Transatlantico dei Sindaci, svoltosi a Lione (6-8 aprile 2000) a cui parteciparono 30 delegati (Francesi, Germanici, Statunitensi). “Le nostre città sono motori economici che muovono le economie delle nostre nazioni - continuò Webb - Attraverso i nostri sforzi collettivi e di partnership possiamo assumere il ruolo di broker economici e culturali sul piano internazionale”. Oggi la maggioranza della popolazione mondiale risiede nelle città. Questo passaggio da una popolazione prevalentemente rurale ad una urbana ha impiegato secoli, ma ora sta accelerando a grande velocità verso un’urbanizzazione inimmaginabile qualche decennio fa. Un secolo fa solo 19 città in tutto il modo avevano una popolazione superiore al milione, ora sono già 450 e sono destinate a crescere nel prossimo futuro: entro il 2050 quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città. Il fenomeno è più veloce nel Sud-est asiatico, dove in India, ad esempio, i demografi e sociologi stimano che ogni minuto 30 individui abbandonino le campagne per trasferirsi in città, tanto da prevedere che questo Stato vedrà sorgere nel giro di qualche decennio 500 nuove città. Se è pur vero che l’ambiente urbano favorisce l’incontro tra la forza lavoro e l’offerta, lo scambio di informazioni e l’innovazione, tuttavia non sempre significa progresso, modernità e benessere, come denunciano le numerose baraccopoli che si diffondono attorno alle metropoli del sud del mondo. La Rivista Science ha dedicato un numero speciale alle grandi città, sof-

fermandosi sugli aspetti economici, sociali e ambientali, per testimoniare che i processi bio-geo-chimici e i loro effetti a livello globale sono ancora poco conosciuti (“Cities”, 8 febbraio 2008, Vol. 319, pagg. 693-836). Nello Studio condotto da alcuni ricercatori dell’Arizona State University si conclude, peraltro, che i cambiamenti globali e l’ecologia delle città sono strettamente connessi. “Quando sentiamo parlare di cambiamenti climatici, vengono subito alla mente immagini relative allo scioglimento delle calotte polari o alla desertificazione di aree agricolo-forestali - ha dichiarato Nancy Grimm, una ecologista che ha partecipato alla ricerca - In realtà, gran parte dell’attuale impatto ambientale deriva dalle città, con un’impronta urbana che continuerà a crescere”. Questo è il momento opportuno per valutare come le Città del mondo si stanno muovendo per ridurre le loro emissioni di anidride carbonica, anche al fine di costituire esempio per altre città in altri parti del mondo. Così come devono essere valutati tipo e qualità delle forniture di energia e le relative infrastrutture, l’efficienza energetica degli edifici, il consumo di energia dei suoi sistemi di trasporto e la congestione del traffico. Si stima che la perdita di produttività e il consumo di energia a causa della congestione del traffico sia tra 1% e il 3% del Prodotto Interno Lordo mondiale. Tutti vogliono vivere in città dove la qualità della vita è migliore. Operativamente, le infrastrutture delle città forniscono servizi essenziali, quali trasporti, sanità, istruzione, sicurezza pubblica, energia e acqua, che sono messi a dura prova da richieste sempre più numerose e che devono, perciò, essere programmati e gestiti con intelligenza e in modo coordinato per soddisfare le esigenze delle loro popolazioni in crescita.

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Secondo un recente studio condotto da IBM Institute of Business Value, “A Vision of Smarter Cities: How Cities Can Lead the Way into a Prosperous and Sustainable Future”, i leader politici che governano le città devono concentrarsi su tre aspetti determinanti, al fine di trasformare il territorio da loro amministrato in una “città intelligente”. • Formare squadra. Gli amministratori devono svolgere le loro funzioni, senza confini organizzativi, efficacemente con gli altri livelli di governo, al fine di affrontare i problemi che richiedono una collaborazione significativa tra Città, Regioni o Province e Stato. Oltre a formulare nuove politiche, le città devono essere in grado di cogliere le sfide che possono essere affrontate, anche quando le scelte sono fatte altrove. • Pensare all’evoluzione non alla rivoluzione. Costruire una città di nuova generazione richiede grande impegno ed efficienza. Gli amministratori debbono analizzare i sistemi, la maggior parte dei quali sono collegati, e permettere alle persone e oggetti di interagire in modi del tutto nuovi. Sono 6 i punti strategici individuati nella ricerca: - popolazione (sicurezza, istruzione, prevenzione delle calamità, salute…); - economia (produzioni, commerci, impieghi, uffici…); - trasporti (strade, porti, aereoporti, ferrovie, metropolitane, mezzi privati…); - comunicazione (telefonia, bandalarga, wireless…); - acqua (approvvigionamento, reti, servizi igienico-sanitari, gestione del ciclo…); - energia (produzione, inclusa termovalorizzazione dei rifiuti, reti, consumi, efficienza …).


La città viene definita un sistema dei sistemi (a system of systems) che possono utilizzare gli strumenti di analisi e di relazione sulla condizione esatta delle singole parti, come i sistemi di traffico cittadino che vengono riprogrammati a seguito di incidenti automobilistici. Utilizzando sistemi “intelligenti”, le città sono in grado di rispondere ai cambiamenti in modo rapido e preciso, con la possibilità di meglio prevedere e pianificare i futuri eventi.

Gli investimenti complessivi, pubblici e privati, necessari nei prossimi 10 anni in Europa sono stimati in 11 miliardi di euro. Nella Comunicazione “Investing in the Development of Low Carbon Technology” (Investire nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio), adottata dalla Commissione UE il 7 ottobre 2009, si sottolinea ancora

• Avere quali obiettivi tutti i sistemi di città, non di uno solo. Le inter-relazioni tra i vari sistemi operativi della città, ovviamente, devono privilegiare le necessità, ma risolvere i problemi di un solo sistema non è un’opzione praticabile a lungo termine. Una strategia olistica che guarda a tutti i sistemi di una città, fa riferimento a meccanismi di risposta ad ampio raggio e costituisce il modo migliore per garantire una prosperità sostenibile ai suoi cittadini. Se si vuole davvero un cambiamento significativo delle città, deve essere incoraggiata una più stretta collaborazione tra i governi, le imprese, il mondo accademico e gli abitanti e i gruppi sociali della città, perché ogni organismo, conclude lo studio IBM, offre punti di forza per risolvere qualsiasi problematica. Soluzioni interessanti sono già state adottate in varie città del mondo (Singapore, Brisbane, Stoccolma, ecc.), dove il cammino è già iniziato e nell’Unione europea la Strategia per le tecnologie energetiche (Strategic Energy Technology-SET) assegna un posto di rilievo all’iniziativa Città Intelligenti, che entro il 2020 dovrebbe portare 25-30 città europee ad essere all’avanguardia in materia di riduzione delle emissioni di carbonio.

rimentare e dimostrare se e come sia possibile superare gli attuali obiettivi che l’UE ha fissato per energia e clima, vale a dire puntare, entro il 2020, ad una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra attraverso una produzione, distribuzione e uso sostenibile dell’energia. Queste città, secondo la Commissione UE, saranno i nuclei dai quali nasceranno le reti intelligenti e una nuova generazione di edifici e di soluzioni di trasporto a basse emissioni destinati a trasformarsi in realtà di scala europea che cambieranno il nostro futuro energetico. Durante il vertice di Copenhagen, in contemporanea ai negoziati della COP 15, si è svolto il Climate Summit for Mayors che ha riunito Sindaci provenienti da tutto il mondo, che hanno formalmente richiesto che nell’eventuale nuovo accordo fosse riconosciuto alle città un ruolo più forte degli enti locali e regionali per combattere i cambiamenti climatici.

una volta che l’efficienza energetica è la soluzione più semplice e più economica per abbattere le emissioni di CO2. Secondo la Commissione UE, nei settori dei trasporti, dell’edilizia e dell’industria occorre tradurre le opportunità offerte dalla tecnologia in opportunità commerciali: Città Intelligenti è, appunto, l’iniziativa finalizzata a creare le condizioni per far partire l’adozione di massa delle tecnologie a favore dell’efficienza energetica. Le città con maggiori ambizioni e pionieristiche (ad esempio, quelle che hanno firmato il Patto dei Sindaci) che intendono trasformare i propri edifici, le proprie reti energetiche e i propri sistemi di trasporto in edifici, reti e sistemi del futuro, dovranno spe-

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Il World Business Council for Sustainable Development ha organizzato a Londra - Chapman House (8-9 febbraio 2010) la Conferenza “The Future of Cities”, nel corso della quale sono state messe a fuoco le sfide principali che le città dovranno sostenere nel XXI secolo e le possibili soluzioni. Intervenendo alla Conferenza, il Direttore esecutivo di UN-HABITAT Anna Tibaijuka, dopo aver dichiarato che la rapida urbanizzazione del continente Africano, anche a seguito dei cambiamenti climatici che hanno ridotto gli agricoltori in “profughi ambientali”, ha osservato che le città da causa del problema possono diventare parte della soluzione, “adottando misure in grado di migliorare l’efficienza energetica, la qualità dell’aria e dell’acqua, insomma, la qualità della vita”.


Inaugurata a Milano la Mostra “Green Life”

“COSTRUIRE CITTÀ SOSTENIBILI” Il futuro è già presente

di Massimo Lombardi

Secondo l’ultimo Rapporto “The State of the World’s Cities” di UN-Habitat, l’Agenzia delle Nazioni Unite il cui compito è favorire un’urbanizzazione socialmente ed ambientalmente sostenibile, la maggior parte della popolazione mondiale vive ormai nelle città e metropoli, con una previsione che entro il 2050 si arriverà al 70%: in Europa questa percentuale è già stata oltrepassata ed entro il 2020 salirà all’80%. Ne consegue che la domanda di terra dentro ed attorno le città sta diventando un problema assillante e lo sprawl urbano, modificando il paesaggio, incide direttamente sulla qualità della vita e dell’ambiente. Se poi si aggiunge che le città consumano il 69% dell’energia prodotta ed emettono il 67% di anidride carbonica globale, si può ben comprendere perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità consideri la pianificazione urbana un fattore decisivo per la salute dei cittadini e lo sviluppo economico. Le città, inoltre, sono molto più vulnerabili agli impatti dei camProgetto: Kraanspoor Officebuilding (Amsterdam) Architetto: Oth Kraanspoor (foto di Christiaan De Bruijne)

biamenti climatici, con un prevedibile aggravamento delle condizioni sociali e una esasperazione dei “problemi” urbani, se non verranno adottate soluzioni innovative per ridurre i rischi alla salute, garantire le infrastrutture essenziali, la disponibilità di energia, trasporti e risorse idriche. Tuttavia sono ancora poche le città che, nella consapevolezza che progettare adesso eviterà spese enormi in futuro, si stanno attrezzando con soluzioni adeguate. Per “mettere in mostra quelle città che hanno saputo darsi una visione del futuro, hanno adottato strategie coraggiose, hanno messo in atto azioni concrete per un’architettura più sostenibile” è stata allestita “Green Life: costruire città sostenibili”, la Mostra promossa da Legambiente, La Triennale di Milano e Istituto di Ricerche Ambiente Italia, che inaugurata a Milano il 4 febbraio proseguirà fino al 28 marzo. Per capire che cosa si intenda per “città sostenibili”, la presentazione del progetto della Mostra, nato in occasione dell’assegnazione a Milano dell’Expo 2015, riportava la citazione della Dichiarazione di Interdipendenza per un Futuro Sostenibile redatta a Chicago nel 1993 dall’Unione Internazionale degli Architetti: “la pianificazione sostenibile è quella che sa integrare un utilizzo

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efficiente di risorse ambientali ed energia, una produzione di materiali ed edifici sani, un uso del suolo attento alle sensibilità ecologiche e sociali e un senso estetico in grado di dare ispirazione, forza e competenza a questo sforzo d’integrazione”. Già nel 1996, Thomas Herzog, Norman Foster, Renzo Piano e Richard Rogers, decisero di promuovere la Carta Europea per l’Energia Solare nell’Architettura e nella Pianificazione Urbanistica. Questi architetti sono presenti con le loro realizzazioni, dimostrando come sia possibile passare dall’utopia alla realizzazione per vivere diversamente gli spazi urbani. Oltre a loro ce ne sono tanti altri per un insieme di 80 casi che si distribuiscono su una superficie di 1.500 m2 al piano terra della Triennale di Milano, con un ricco repertorio di immagini, disegni, filmati. “Sono luoghi reali e concreti, la cui conoscenza potrebbe portare i cittadini e gli amministratori ad un diverso atteggiamento verso il territorio”, ha spiegato l’architetto Maria Berrini, Presidente dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e curatrice della Mostra insieme ad Aldo Colonnetti. Si va dalle “Vivaldi Towers” di Norman Foster, nel quartiere energeticamente avanzato di Amsterdam al Soka-Bau di Thomas Herzog, quartiere per uffici ad alta efficienza energetica a Wiesbaden; dalla California Academy of Sciences di Renzo Piano, con il sistema di frangisole che si muove a seconda dell’ora del giorno a San Francisco, al terminal dell’aeroporto di Barajas a Madrid di


Progetto: Linked Hybrid Beijing (Beijing, Cina) Architetto: Steven Holl Architects (foto di Iwan Baan)

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Richard Rogers, penetrato dalla luce per un maggior controllo energetico. Non mancano poi i recentissimi complessi come il Linked Hybrid di Steven Holl a Pechino, nominato “Best Tall Building” 2009, che utilizza masse termiche (655 pozzi geotermici) per immagazzinare calore di giorno e rilasciarlo di notte o il Centre for Sustainable Energy a Ningbo di Mario Cuccinella, che con sofisticate tecniche di illuminazione (luce naturale convogliata dalla grossa apertura sulla copertura), di isolamento termico (vetro trasparente o opaco a seconda dell’esposizione), di energia rinnovabile (pannelli radianti alimentati da energia geotermica) è praticamente ad impatto zero. Non sono dimenticati i quartieri residenziali sociali come quelli realizzati o in via di realizzazione ad Umbrete (Siviglia) da Solinas - Verd o CasaNova di Bolzano, caratterizzati da un funzionamento energetico passivo e da costi contenuti. Oltre alle architetture, la Mostra offre un tour europeo fra 9 città che hanno fatto della “green life” la propria filosofia abitativa. “La Mostra è la sfida della sostenibilità: le città sono parte del problema e la soluzione, è la tesi, si trova all’interno delle stesse città - ha affermato Andrea Poggio, Presidente della Fondazione Progetto: Genzyme Corporation Headquarter (Cambridge, MA) Architetto: Behnisch, Behnisch & Partner, Inc. (foto di Anton Grassl)

Lega Ambiente Innovazione ed autore, insieme all’architetto Maria Berrini del volume “Green Life. Guida alla vita nelle città di domani”, e presentato nel corso della Mostra stessa - Guardiamo insieme a queste esperienze come ad una parte di una soluzione. Nessuno di questi è un esempio da copiare, ma ognuno di loro mette in luce una soluzione parziale, come soluzione al problema”. Ci sono le città di Stoccolma ed Amburgo, insignite dalla Commissione UE “Capitali Verdi d’Europa” rispettivamente per il 2010 e il 2011, per i loro sforzi di riqualificazione urbana tesa a ridurre drasticamente i consumi energetiche e le emissioni di CO2, con esemplificazioni dei quartieri pilota Hammerby Siostad e di Hafen City. Seguono Copenhagen con il suo progetto di quartiere libero dalle auto (Nordhavn); Amsterdam e il suo storico eco-quartiere (GVL Terrain); Friburgo e i suoi quartieri solari (Vauban e Sonnenschiff)); Zurigo, tesa ad una riduzione del 65% dei suoi consumi energetici dei suoi edifici e migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti con il progetto Gartencity; Vienna con il suo quartiere solare e senza auto (Bikecity); Barcellona e i suoi progetti di riqualificazione urbana ecosostenibile (Distretto 22@, Forum Building, sta-

zione metropolitana di Sagrera); e, naturalmente, Milano con i suoi numerosi progetti per l’appuntamento EXPO 2015 tra cui primeggia quello di Abbado e Piano. “Abbiamo voluto questa Mostra e spero che il suo contenuto possa raggiungere tutta l’Italia - ha dichiarato il Presidente de La Triennale Stefano Rampello - per noi era essenziale dare spazio al tema dell’ambiente e del paesaggio, anche dal punto di vista agroalimentare, soprattutto in vista dell’Expo 2015 (Nutrire il Pianeta, Energia per la vita). Infatti, oltre alla Mostra, la Triennale vuole comunicare l’intenzione di elaborare un programma strutturato sul tema dell’eco-sostenibilità, utilizzando vari linguaggi come l’architettura, l’arte, il design e il teatro. Milano e il Paese tutto hanno bisogno di rivoluzionare il modello di muoversi e di abitare la città e con l’arrivo dell’Expo e di mostre come questa penso che la situazione possa cambiare”. La Mostra che si è aperta in coincidenza con MADE EXPO (Milano Architettura Design Edilizia), Salone dedicato ai professionisti del settore dell’edilizia e delle costruzioni, oltre che della progettazione, ha anche una sezione dedicata ai materiali innovativi per dimostrare che l’eco-sostenibilità non è il “futuro” ma è già “presente”.


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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

La biodiversità come attore della Governance

LA POLITICA DEVE USARE IL LINGUAGGIO DELLA SCIENZA, NON QUELLO DELLO SPETTACOLO Adottata dalla Commissione una comunicazione sul futuro della biodiversità nell’UE

“I politici possono continuare a gestire le loro conflittualità in modo strategico, militare o diplomatico: fino a che dimenticheranno di tener conto della Biogée, essi affonderanno nelle sabbie mobili”. In un’intervista pubblicata il 21 dicembre 2009 su “Le Monde”, il filosofo della scienza Michel Serres ha osservato che a Copenhagen la grande assente, non invitata, è stata la Biogée, termine con cui intende la Terra con tutti i suoi elementi. Da tempo Serres denuncia che gli scienziati sono completamente oscurati nella nostra società dello spettacolo e che bisogna ristabilire un nuovo ordine mondiale in cui la Biogée sia attore a pieno titolo della scena politica, come riaffermato recentemente nel suo pamphlet “Temps de crises” (Ed. Le Pommier, ottobre 2009) dove afferma che “il faut donc inventer du radicalement nouveau”. Secondo l’Accademico di Francia, la Biogée deve entrare nei Parlamenti e inserirsi nel dibattito politico perché le nostre istituzioni non possono più permettersi di continuare a “giocare in due”.

Per esplicitare il suo pensiero, Serres cita il dipinto “Duello rusticano” di Goya: “Si vedono due uomini che si affrontano a colpi di bastone. Da questo scontro a due chi ci guadagna? Quando Hegel utilizza le figure del padrone e del servo, egli fornisce il risultato dello scontro (il servo che diventa padrone del padrone), ma si dimentica di dire dove si svolge la scena. Goya, che è un pittore, non può permettersi una simile dimenticanza e colloca lo scontro... nelle sabbie mobili. A mano a mano che i due uomini si affrontano, sprofondano sempre più! Ecco perché oggigiorno è divenuto indispensabile il gioco a tre”. È di buon auspicio che il Ministro francese per l’Ecologia, l’Energia, lo Sviluppo Sostenibile e il Mare, Jean-Louis Borloo, nel corso della “Biodiversity Science Policy Conference”, svoltasi a Parigi (25-29 gennaio) e indetta dall’UNESCO per celebrare l’Anno Internazionale della Biodiversità, abbia citato Serres per sottolineare come la politica debba usare il linguaggio “comune” della scienza se vuole recuperare il gap di perdita della bio-

Francisco Goya, “Duello Rusticano”, 1820-1821, Madrid, Prado, olio/m-tl, 123x266

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diversità, è di buon auspicio. Tuttavia tale metodologia non può essere solo declamata in occasione di grandi eventi internazionali, bensì deve divenire prassi quotidiana di governance, a partire da Francia e Italia, che sono state indicate da Serres come le nazioni in cui si è scaduti nella “società dello spettacolo” (cfr: “Michel Serres: inventer un autre monde”, intervista pubblicata on line il 22 gennaio 2010 dal giornale belga francofono di tradizione cattolica “La Libre”). Di certo il deludente risultato della conferenza di Copenhagen di dicembre sui Cambiamenti climatici, non poteva costituire preludio peggiore per celebrare il 2010 quale Anno Internazionale per la Biodiversità, dal momento che le due questioni sono strettamente interconnesse e le risposte per risolverle tardano ad arrivare non essendo ancora diffusa tra politici e opinione pubblica la consapevolezza che bisogna cambiare radicalmente il modo di utilizzare le risorse naturali e l’attuale forma di crescita economica. Comunque, merita di essere segnalata


l’iniziativa della Commissione UE che il 19 gennaio ha adottato la comunicazione “Soluzioni per una visione e un obiettivo dell’UE in materia di Biodiversità dopo il 2010”. Il documento presenta le possibili alternative per la politica comunitaria in materia di biodiversità, poiché, nonostante gli sforzi compiuti finora, le specie continuano ad estinguersi ad un ritmo allarmante ed è necessario definire una nuova visione strategica se si vuole porre fine a queste perdite. La comunicazione illustra tale visione e presenta quattro possibili obiettivi che consentirebbero di tradurla nella pratica secondo diversi gradi di ambizione. Lo scopo è di lanciare e favorire un dibattito tra gli Stati membri per elaborare, prima della fine dell’anno, un quadro strategico dell’UE in materia di biodiversità dopo il 2010. Occorrono nuovi obiettivi, poiché quelli attuali fissati a livello europeo e internazionale scadono alla fine dell’anno. Il Commissario per l’Ambiente uscente Stavros Dimas (ndr: con la votazione del 9 febbraio del Parlamento UE è subentrato Janez Potočnik, già Commissario per la Scienza e Ricerca) ha dichiarato: “Ci impegneremo ancora più a fondo per mutare di politica dopo il 2010. Nel campo della biodiversità abbiamo bisogno di una nuova visione strategica e nuovi traguardi, che tengano conto della costante perdita di specie e che rispecchino l’importanza che attribuiamo a questo problema. Non possiamo permetterci di prendere alla leggera la lotta contro la perdita di biodiversità ed è fondamentale che le nostre politiche per gli anni a venire siano oltremodo ambiziose”. La Comunicazione propone una visione strategica per la biodiversità a lungo termine (2050), con quattro alternative per raggiungere l’obiettivo intermedio (2020), che costituisce una tappa fondamentale verso la realizzazione del traguardo di fondo. Le parti interessate hanno concordato sostanzialmente su quelli che dovreb-

bero essere gli elementi principali della visione a lungo termine dell’UE per la biodiversità, che dovrebbe contenere una tempistica chiara (fino al 2050), rispecchiare l’urgenza della situazione critica della biodiversità, i valori intrinseci e tangibili della biodiversità e l’importanza dei servizi che questa offre. Una tale visione dovrebbe essere comprensibile e accettabile per il pubblico e dovrebbe applicarsi all’UE e in ambito mondiale. Sulla base di queste considerazioni, per definire una visione UE per il 2050, la Commissione propone di utilizzare gli elementi indicati di seguito, che serviranno come base per l’obiettivo chiave da fissare e per tradurre la visione in realtà. In base a tale visione strategica la biodiversità e i servizi ecosistemici che la natura ci offre sono preservati, valorizzati e, per quanto possibile, ripristinati per il loro valore intrinseco, a sostegno della prosperità economica e del benessere umano e per evitare i cambiamenti catastrofici legati alla perdita di biodiversità. A livello mondiale si sta discutendo di un obiettivo per il 2020. In questo contesto la Commissione ritiene che l’UE dovrebbe fissare un obiettivo; le opzioni presentate nel prosieguo del documento prendono il 2020 come variabile non modificabile, per garantire che l’obiettivo dell’UE abbia un peso nei negoziati internazionali. Inoltre, dieci anni è l’intervallo di tempo minimo necessario per concepire, mettere in atto e valutare gli interventi nel campo della biodiversità, in cui le risposte sono spesso lente e molto variabili; questo lasso di tempo è inoltre necessario per realizzare progressi quantificabili e realistici. Infine, anche altre politiche che hanno forti nessi con la politica sulla biodiversità hanno come obiettivo temporale il 2020. Il fatto di fissare come obiettivo chiave il 2020 dovrebbe permettere di tradurre la visione in realtà. Un tale obiettivo dovrebbe essere misurabile, realizzabile ed efficace sotto il profilo economico e dovrebbe con-

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tribuire alla realizzazione degli impegni che l’UE ha assunto a livello internazionale nel campo della biodiversità. Tra alcuni di questi criteri c’è una relazione inversa: ad esempio, un obiettivo basso potrebbe essere raggiunto con maggiore probabilità, ma essere meno efficace per evitare di raggiungere i “punti di non ritorno” per la biodiversità. Questi fattori devono essere ponderati a vicenda per valutare la stabilità globale delle opzioni proposte e decidere quale sia l’obiettivo migliore. L’obiettivo a medio termine (2020) inteso a tradurre nella pratica questa visione strategica può declinarsi in quattro modi, a seconda del livello di ambizione perseguito. 1) Ridurre in maniera significativa, entro il 2020, il tasso di perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell’UE. Questa opzione dovrebbe comportare l’accettazione, a livello politico, del fatto che non sarà fattibile arrestare la perdita di biodiversità nell’UE nel futuro prevedibile e si tratterà dunque di stabilire un obiettivo meno ambizioso, cioè quello di “ridurre in maniera significativa” il tasso di perdita della biodiversità da qui al 2020. In tal caso si tratterebbe di rallentare e non di bloccare la perdita di biodiversità; la conseguenza sarebbe che la biodiversità non sarebbe necessariamente mantenuta al di sopra del parametro di riferimento. La nuova scadenza dovrebbe lasciare più tempo agli interventi già attuati o in via di attuazione di avere effetto e, in tal modo, sarebbe più semplice dimostrarne il successo. Sarebbe inoltre possibile tener conto delle conoscenze e degli sviluppi che si sono avuti dal momento in cui è stato fissato l’obiettivo 2010 in poi nelle misure adottate per raggiungere l’obiettivo. 2) Arrestare, entro il 2020, la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell’UE. In questa opzione verrebbe mantenuto l’obiettivo attuale, che però sarebbe


conseguito in una data successiva. Come nel caso dell’opzione 1, la nuova scadenza lascerebbe più tempo agli interventi già attuati o in via di attuazione di avere effetto e permetterebbe di tener conto delle nuove conoscenze e dei nuovi sviluppi. La finalità sarebbe la stessa di quella fissata per l’obiettivo del 2010: arrestare la perdita di biodiversità e anche dei servizi ecosistemici nell’UE. Se l’obiettivo venisse raggiunto si otterrebbe il recupero di alcuni ecosistemi e dei servizi che essi supportano. 3) Arrestare, entro il 2020, la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell’UE e, nei limiti del possibile, ripristinarli. Questa opzione comporterebbe il mantenimento dell’obiettivo attuale in materia di biodiversità, spostandone la scadenza al 2020 e l’ampliamento dell’ambito di applicazione; in questo caso si tratterebbe anche di garantire che i principali servizi ecosistemici che la biodiversità fornisce nell’UE siano offerti in maniera soddisfacente e di ripristinare gli ecosistemi che non riescono a fornire i servizi necessari. Se entro la fine del 2010 si riuscirà a preparare un primo elenco dei servizi ecosistemici che rivestono importanza a livello di UE, con la relativa mappatura, sarà più agevole definire la portata dell’impegno in termini di mantenimento e ripristino degli ecosistemi necessario per realizzare l’obiettivo fissato. Gli obiettivi di ripristino potrebbero essere stabiliti facendo riferimento all’obbligo di raggiungere uno stato di conservazione soddisfacente per le specie e gli habitat, come prevede la direttiva Habitat. Lo stato attuale delle specie e degli habitat, quale risulta dalle recenti comunicazioni presentate in virtù della direttiva Habitat, potrebbe servire da parametro di riferimento. Questa opzione riconosce l’imperativo scientifico di arrestare ulteriormente la perdita di biodiversità e tiene conto del peso che hanno per l’UE gli ecosistemi di importanza strategica.

4) Arrestare, entro il 2020, la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell’UE, nei limiti del possibile ripristinarli e incrementare il contributo dell’UE per evitare la perdita di biodiversità a livello mondiale. Questa opzione fa un passo avanti rispetto alla precedente: riconosce infatti che è nell’interesse dell’UE intervenire per affrontare la perdita di biodiversità non solo all’interno del suo territorio ma anche oltre i suoi confini. Poiché gran parte della biodiversità mondiale si trova al di fuori dell’UE, affrontare il problema della sua perdita solo all’interno dei suoi confini non basterebbe ad evitare le gravi conseguenze che si avrebbero se tale perdita proseguisse invece a livello mondiale. Questa opzione impone che l’UE acceleri gli interventi per affrontare la crisi mondiale che colpisce la biodiversità. A tal fine potrebbero essere necessarie misure finalizzate a ridurre ancora l’impatto dei modelli di consumo dell’UE sulla biodiversità in altre parti del mondo e ulteriori sforzi di protezione della biodiversità in altri paesi; l’adozione di strumenti specifici potrebbe essere una possibilità da esaminare. Questi quattro livelli di ambizione apporteranno vari costi e benefici e richiederanno lo sviluppo di azioni politiche e strumenti più o meno rigorosi. Essi si fondano su un riferimento comune per le politiche, che comprende la legislazione UE in vigore nel settore della conservazione della natura e altri atti connessi alla biodiversità e la legislazione in altri settori pertinenti, soprattutto in materia di clima, energia, la PAC attuale e la riforma della politica comune della pesca. Dovrebbe essere prioritario cogliere tutte le opportunità possibili per riuscire a realizzare le finalità della politica sulla biodiversità garantendo nel contempo la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi all’insegna dell’efficacia economica.

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Affrontare alcuni fattori che incidono sulla biodiversità nell’UE richiede anche una cooperazione internazionale; sarà dunque importante ottemperare agli impegni già assunti in ambito internazionale, in particolare quelli nell’ambito di accordi multilaterali in materia di ambiente come la Convenzione sulle specie migratorie (CMS), la Convenzione di Ramsar sulle zone umide e l’Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori afro-euro-asiatici, facendo passi avanti per istituire zone marine protette a livello internazionale. Tutte le quattro opzioni proposte impongono di definire dei parametri di riferimento scientifici sullo stato della biodiversità e dei servizi ecosistemici in Europa per poter successivamente misurare i progressi. Non si tratterà di una cifra unica e saranno piuttosto basati sullo stato attuale dei principali attributi della biodiversità: conservazione delle specie e degli habitat, ecosistemi e servizi ecosistemici più critici. Analogamente, quando si parla di “arrestare la perdita” di biodiversità non s’intende in termini assoluti, ma si tratta piuttosto di mantenere gli attributi principali al di sopra del riferimento. Le conoscenze disponibili sono già sufficienti per definire un parametro di riferimento chiaro e affidabile, ma occorrerà adoperarsi ancora per tradurre queste conoscenze in indicatori specifici, misurabili e che rispondano alle politiche. Anche la ricerca deve aumentare per colmare le lacune in termini di conoscenze. Tali lacune riguardano l’economia della biodiversità e dei servizi ecosistemici, lo sviluppo e il perfezionamento di indicatori che permettano di misurare i progressi e la definizione della pressione massima che la biodiversità può tollerare prima che la perdita diventi irreversibile, con conseguenze potenzialmente catastrofiche. Se fosse istituita nel 2010, la Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES) potrebbe dare un notevole contributo a questi sforzi, ma occorre anche un intervento


a livello di UE. Sarà, pertanto, necessario intensificare e concludere i lavori in corso su questi aspetti. Infine, anche se la conservazione dovrà continuare ad essere uno dei pilastri della politica UE per la biodiversità, qualsiasi obiettivo nuovo che sarà fissato dovrà tener conto del ruolo degli ecosistemi e dei relativi servizi. La politica vigente riconosce già l’importanza dei servizi ecosistemici, che sono, ad esempio, una componente importante della Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, nell’ambito della politica marittima integrata dell’UE, ma questa consapevolezza non si è tradotta sufficientemente in misure specifiche. È ora importante individuare e valutare i principali servizi ecosistemici e tenerne conto nell’obiettivo futuro. Il livello di ambizione richiesto dall’obiettivo fissato determinerà in che misura si terrà conto di tali servizi ed ecosistemi, in una scala che va dal loro mantenimento al ripristino totale.

La definizione di una visione e di un obiettivo dopo il 2010, secondo la Commissione UE, non è un fine in sé, ma indica l’inizio di un processo volto a istituire una nuova strategia UE per la biodiversità, per quando l’attuale obiettivo non sarà più valido. Non ci sono soluzioni facili per far fronte efficacemente alla perdita di biodiversità. Occorre, pertanto, un approccio integrato e fondato su dati che punti principalmente ad affrontare le pressioni più forti che alcuni settori specifici - come il cambiamento d’uso dei suoli, lo sfruttamento eccessivo, le specie invasive, l’inquinamento e i cambiamenti climatici - esercitano sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici. Sarà anche necessario prevedere dei sotto-obiettivi per ciascun tipo di pressione, settore o ecosistema e delle azioni economicamente efficaci al livello di intervento adeguato; solo così sarà possibile ottenere i risultati auspicati. Secondo la Commissione, sarà necessario considerare soluzioni politiche eque

adatte a ciascuna situazione specifica. In altri termini, gli interventi e l’attuazione dovranno avvenire a molteplici livelli: in ambito internazionale; a base dell’ Unione europea; nazionale e subnazionale. Rimane completamente valida l’impostazione adottata nel Piano d’azione per la biodiversità dell’UE: tutti i settori devono condividere la responsabilità dell’attuazione e gli Stati membri devono istituire partnership. Tutto questo richiederà un quadro efficace di governance che coinvolga tutti i soggetti interessati ai vari livelli. La Commissione continuerà le sue attività nel corso del 2010 per creare la base di dati scientifici necessari a definire meglio il nuovo quadro politico dell’UE; tali attività comprenderanno anche altre consultazioni delle parti interessate. Questo lavoro darà anche un contributo alla strategia e agli obiettivi dell’UE per negoziare il futuro quadro internazionale sulla biodiversità.

Thunnus Thynnus. La Commissione UE preoccupata per l’eccessivo sfruttamento degli stock di tonno rosso ha proposto di vietarne il commercio internazionale; solo quello prodotto da attività di pesca artigianale potrà finire nel piatto dei consumatori, senza uscire dalle frontiere comunitarie. La proposta sarà discussa dagli Stati membri al fine di raggiungere una posizione condivisa, in vista del prossimo WTO di Doha (13-25 marzo 2010).

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World Economic Forum, Davos (27-31 gennaio 2010)

C’È ANCHE LA PERDITA DI BIODIVERSITÀ NEL “GLOBAL RISKS 2010” DELL’ECONOMIA Migliorare lo stato del mondo: Ripensando, Riprogettando, Ricostruendo

Ogni anno in gennaio a Davos, splendida località delle Alpi svizzere, ha luogo il World Economic Forum (WEF) incontro che riunisce i maggiori dirigenti politici ed economici internazionali con intellettuali e giornalisti selezionati, al fine di discutere delle questioni più urgenti che il mondo si trova ad affrontare. Quest’anno, a sottolineare l’importanza dell’evento, erano presenti circa 2.500 leader di oltre 90 Paesi e più di 30 Capi di Stato e di Governo. Il tema dibattuto in occasione del 40° anniversario del Forum è stato “Improve the State of the World: Rethink, Redesign, Rebuild”: superare la crisi economico-finanziaria ripensando, riprogettando e ricostruendo i modelli strategici di business in un contesto meno performante. Oltre gli interventi, gli incontri e le sessioni di lavoro, che ricevono grande rilievo sui media (ha tenuto banco in quest’ultima edizione il discorso di apertura affidato al Presidente francese Nicolas Sarkozy: “Un’intera visione del mondo è fallita”), il Forum produce tutta una serie di rapporti di ricerca che vengono dibattuti nel corso del Meeting, tra cui, il “Global Risks 2010”, la relazione annuale sui rischi più significativi su cui l’economia globale dovrà attentamente vigilare nel corso dell’anno e nei successivi periodi, giunta

alla V edizione e realizzata dal WEF in collaborazione con Citigroup, Marsh&McLennan Companies, Swiss Re, Wharton School Risk Center e Zurich Financial Services. Nel Report si afferma che gli eventi dello scorso anno hanno evidenziato la natura sistemica dei rischi globali e la necessità fondamentale di ripensare i modi per gestirli ed affrontarli. “I prossimi mesi metteranno alla prova la volontà dei decisori politici globali di collaborare per affrontare i rischi globali - ha dichiarato Sheana Tambourgi, Direttrice del Global Risks Network del WEF e curatrice del Report, nel corso di una intervista su YouTube del 14 gennaio, in occasione della presentazione dello Studio - Il semplice ritorno al business as usual potrebbe avere gravi conseguenze a lungo termine in diverse aree a rischio”. Secondo lo Studio, i rischi sono stati acuiti dalla crisi economico-finanziaria mondiale che ha portato a livelli senza precedenti l’interconnessione tra le varie aree a rischio, creando uno scenario più vulnerabile in cui i rischi, non adeguatamente monitorati oggi, possono trasformarsi in vere crisi domani.

Nicolas Sarkozy mentre pronuncia il discorso di apertura al World Economic Forum a Davos il 27 gennaio 2010 Fonte: World Economic Forum (foto Monika Flueckiger)

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La crisi della fiscalità, la disoccupazione, il calo degli investimenti nelle infrastrutture - specialmente nei settori dell’energia e dell’agricoltura - e le malattie croniche, sono state individuate come aree cruciali di rischio nei prossimi anni. “Questi rischi non sono comparsi ovviamente nell’arco di una notte afferma il Report - ma la recessione ha limitato la capacità di combatterli efficacemente da parte dei decisori politici e dei responsabili economici”. Sono stati identificati, inoltre, come rischi egualmente sistemici, bisognosi di una governance più efficace a livello globale: i crimini internazionali; la corruzione; la vulnerabilità dei sistemi informatici; la scomparsa della biodiversità. Proprio alle implicazioni economiche connesse alla perdita di biodiversità, il Global Risk Network, in collaborazione con PricewaterhouseCoopers (PwC), ha dedicato un briefing “Biodiversity and Business Risk” che dovrebbe costituire un quadro di riferimento per tutte quelle imprese che vogliono avere una visione strategica del problema. “Il riscaldamento globale può dominare tra le notizie più importanti oggi. Il degrado dell’ecosistema lo farà domani”. Questa frase, inserita in prefazione e tratta dalla “Rivista dell’Azienda Servizi Ecosistemici” (World Resources Institute, 2008), costituisce un po’ l’assunto del documento informativo che esplora in modo specifico i rischi imprenditoriali associati alla perdita di biodiversità. Il briefing include: - una sintesi della natura sistemica della perdita di biodiversità; - esempi di perdita di biodiversità, di degrado degli ecosistemi, di valore associato al rischio; - la percezione attuale di perdita della biodiversità tra i maggiori imprenditori e decisori politici; - una tipologia di rischi imprenditoriali connessi alla perdita di biodiversità e al degrado degli ecosistemi, inclusi esempi attuali e un caso-studio riguardante le catene di approvvigionamento agricolo; - una guida ad alto livello per

amministratori che vogliano proteggere le aziende dai rischi identificati, con l’indicazione di un numero di iniziative e risorse cui far affidamento. Inoltre, si sottolinea che seppure il rischio costituisca il focus del documento, si deve ricordare che dove sussistono rischi ci sono anche opportunità; con nuovi meccanismi economici e di mercato, con nuove tecnologie e strategie di progettazione, con nuovi modelli nell’uso dei suoli, la nuova economia verde offre alle imprese una miriade di settori da cui creare valore.

Il grafico presenta alcune delle interconnessioni tra la perdita di biodiversità e gli altri rischi globali. La perdita di biodiversità si collega ad un certo numero di altri rischi le cui intensità sono state stimate in termini di dollari da decine di miliardi, a seguito di inondazioni e malattie infettive, a molte centinaia di miliardi di dollari a causa della volatilità dei prezzi dei generi alimentari e delle malattie croniche.

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Dopo trentʼanni di modifiche

CODIFICATA LA DIRETTIVA “UCCELLI” In Italia continuano ad imperversare le polemiche per i calendari venatori È stata pubblicata sulla G.U.U.E. del 26 gennaio 2010 la Direttiva 2009/147/CE concernente la Conservazione degli Uccelli selvatici. Non si tratta di una nuova Direttiva, bensì è la codificazione di quello che è il più “antico” testo legislativo ambientale della Comunità europea, vale a dire la Direttiva 79/409/CEE, meglio conosciuta come la Direttiva “Uccelli”. La finalità dichiarata è di rendere la normativa in materia più chiara e facilmente accessibile, alla luce delle numerose e sostanziali modificazioni intervenute nel frattempo, senza cambiare di fatto la sostanza e l’obiettivo del testo. Non sfugge, tuttavia, che la revisione a trent’anni dalla sua promulgazione, vuole rendere più incisivo il testo, alla luce della continua diminuzione, in certi casi rapidissima, di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri che rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell’ambiente naturale, in particolare poiché minaccia gli equilibri biologici. Le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri sono in gran parte specie migratrici. Tali specie costituiscono un patrimonio comune e l’efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni. “La conservazione degli uccelli selvatici è uno di quei temi in cui la cooperazione internazionale è indispensabile - ha osservato la relatrice al Parlamento UE Lidia Joanna Geringer de Oedenberg - I volatili non conoscono frontiere, per cui nessuna legge nazionale può essere efficace quanto un’azione a livello europeo”. La conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli

Stati membri è necessaria per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile. Le misure da prendere devono riguardare i diversi fattori che possono influire sull’entità della popolazione aviaria, e cioè le ripercussioni delle attività umane, in particolare la distruzione e l’inquinamento degli habitat, la cattura e l’uccisione da parte dell’uomo e il commercio che ne consegue; nel quadro di una politica di conservazione bisogna adeguare la severità di tali misure alla situazione delle diverse specie. La conservazione si prefigge la protezione a lungo termine e la gestione delle risorse naturali in quanto parte integrante del patrimonio dei popoli europei. Essa consente di regolarle, disciplinandone lo sfruttamento in base a misure necessarie al mantenimento e all’adeguamento degli equilibri naturali delle specie entro i limiti di quanto è ragionevolmente possibile. La preservazione, il mantenimento o il ripristino di una varietà e di una superficie sufficienti di habitat sono indispensabili alla conservazione di tutte le specie di uccelli. Talune di queste devono essere oggetto di speciali misure di conservazione concernenti il loro habitat per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione. Tali misure devono tener conto anche delle specie migratrici ed essere coordinate in vista della costituzione di una rete coerente. Per evitare che gli interessi commerciali esercitino, eventualmente, una pressione nociva sui livelli di prelievo, è necessario istituire un divieto generale di commercializzazione e limitare le deroghe alle sole specie il cui status biologico lo consenta, tenuto conto delle condizioni specifiche che prevalgono nelle varie regioni.

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A causa del livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità, talune specie possono formare oggetto di atti di caccia, ciò che costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, sempreché vengano stabiliti ed osservati determinati limiti; tali atti di caccia devono essere compatibili con il mantenimento della popolazione di tali specie a un livello soddisfacente. I mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione in massa o non selettiva, nonché l’inseguimento con taluni mezzi di trasporto devono essere vietati a causa dell’eccessiva pressione che esercitano o possono esercitare sul livello di popolazione delle specie interessate. Data l’importanza che possono avere talune situazioni particolari, occorre prevedere la possibilità di deroghe a determinate condizioni e sotto il controllo della Commissione. La conservazione dell’avifauna e delle specie migratrici, in particolare, presenta ancora dei problemi, per cui si rendono necessari lavori scientifici, che permetteranno, inoltre, di valutare l’efficacia delle misure prese. Si deve curare, in consultazione con la Commissione, che l’eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri non danneggi in alcun modo la flora e la fauna locali. Ogni tre anni la Commissione elaborerà e comunicherà agli Stati membri una relazione riassuntiva basata sulle informazioni inviatele dagli Stati membri per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva. La Direttiva che si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat è in vigore dal 15 febbraio 2010, senza la necessità di recepimento nella le-


gislazione nazionale, trattandosi di codificazione. C’è da osservare, inoltre, che la Commissione UE ha provveduto ad aggiornare il 22 dicembre 2009 gli elenchi dei SIC - Siti di Importanza Comunitaria (G.U.U.E L. 30 del 2 febbraio 2010). L’Italia è interessata da 3 delle 6 regioni biogeografiche europee (Alpina, Continentale e Mediterranea), istituite dalla Direttiva 92/43/CEE, conosciuta come “Habitat”, a seguito della quale è stata organizzata una rete di siti, individuati dagli Stati membri, al fine di tutelare le aree naturali e le specie che vi vivono. Le aree SIC, pertanto, sono destinate ad essere designate come Zone Speciali di Conservazione (ZPS) nel momento in cui vengono approntate ed attivate le idonee misure di protezione e conservazione e formulati i piani di gestione che prefigurino la tutela di tali ambienti, in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Tali siti, ovviamente, non debbono essere considerati definitivi, in quanto subiscono evoluzioni sia di tipo naturalistico che antropico, tanto che sulla base dei dati che vengono trasmessi dagli Stati membri per le loro modifiche o nuove istituzioni, la Commissione UE proceda, appunto, ad aggiornamenti: in questo caso si è trattato della terza revisione. Che i SIC abbiano una forte connotazione di tutela ambientale è stato ribadito di recente da una sentenza della Corte di Giustizia europea che, richiesta da un giudice germanico in quale caso un Stato membro può rifiutarsi di approvare il progetto di elenco dei SIC predisposto dalla Commissione UE, ha statuito che “l’art. 4, n. 2, 1° comma, della Direttiva Habitat deve essere interpretato nel senso che esso non consente ad uno Stato membro di non approvare, per motivi diversi da quello di tutela dell’ambiente, l’inclusione di uno o più siti nel progetto di elenco dei SIC elaborato dalla Commissione” (Sezione II, 14.01.2010, Sentenza C-226/08). Va da sé che queste perimetrazioni incidono sull’attività venatoria che ne viene limitata, soprattutto in Italia, tanto che la Rete Natura e la cosiddetta “caccia in deroga” sono state oggetto di annosi contenziosi

che, purtroppo, sono destinati ad acuirsi, anche alla luce della recente approvazione da parte del Senato degli emendamenti all’articolo 38 della Legge Comunitaria, per cui Province e Regioni potrebbero fissare limiti dei periodi della caccia, senza analisi scientifiche validate dall’ISPRA, contrariamente a quanto proposto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Ci riserviamo un’analisi più approfondita sull’argomento, quando il testo sarà definitivamente approvato, dopo il passaggio alla Camera dei Deputati. In questa occasione ci limitiamo ad osservare che la Commissione UE ha già avviato varie procedure nei confronti dell’Italia per le continue violazioni delle Regioni alla Direttiva “Uccelli” per la concessione di

deroghe per la caccia di specie di uccelli protetti, per ultima la richiesta di condanna dell’Italia al pagamento delle spese in giudizio per le ripetute violazioni da parte della Regione Veneto. Pertanto, come ha dichiarato la portavoce della Commissione Ambiente Barbara Helfferich, “se ci sarà una nuova legge in Italia la Commissione l’analizzerà per verificare che rispetti la normativa UE”. Ricordiamo pure che lo scorso anno in occasione del trentennale della Direttiva “Uccelli”, la Commissione ha pubblicato una Guida con lo scopo di chiarire le disposizioni in merito alla Direttiva stessa (cfr: “Guida per la caccia sostenibile agli uccelli selvatici” in Regioni&Ambiente n. 5, maggio 2009, pag. 54 e segg.).

Fonte: Commissione UE, “Guida per la caccia sostenibile agli uccelli selvatici”

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Pubblicato il Rapporto FAO “Stato dell’Alimentazione e dell’Agricoltura”

“PER UNA ZOOTECNIA PIÙ SOSTENIBILE”

Più sostenibile e salutare sarebbe la riduzione del consumo di carne nei Paesi sviluppati

È stato presentato nel mese di febbraio lo “Stato dell’Alimentazione e dell’Agricoltura” (SOFA 2009), l’annuale Rapporto della FAO, che analizza i cambiamenti in atto nella produzione animale mondiale e che quest’anno dedica un focus al bestiame (Livestock in the balance). La relazione sottolinea che la zootecnia fornisce reddito, alimenti di alta qualità, combustibile, forza lavoro, materiale da costruzione e fertilizzanti, contribuendo in tal modo alla sicurezza alimentare e alla nutrizione di circa un miliardo di persone povere. Per molti piccoli agricoltori, inoltre, il bestiame costituisce anche una importante rete di sicurezza nei momenti critici. Ma l’Agenzia ha sottolineato la necessità di consistenti investimenti e istituzioni più solide a livello globale, regionale, nazionale e locale, al fine di garantire che la crescita continua del settore zootecnico contribuisca a migliorare le condizioni di vita, soddisfi la crescente domanda dei consumatori e riduca gli impatti ambientali e sanitari. “La rapida transizione del settore zootecnico ha avuto luogo in un vuoto istituzionale - ha scritto il Direttore Generale della FAO, Jacques Diouf, nella prefazione del Rapporto - La questione della governance è fondamentale. Identificare e definire un ruolo adeguato di governance, nel suo senso più ampio, è la pietra angolare su cui si deve costruire lo sviluppo futuro di settore zootecnico più responsabile”. La zootecnia è uno dei settori dell’economia agricola in più rapida crescita, sottolinea il Rapporto FAO, costituendo il 40% del valore globale della produzione agricola, contribuendo al 15% dell’energia alimentare totale e al 25% di proteine animali nella dieta. I prodotti animali, poi, forniscono micronutrienti essenziali che non sono facilmente ottenibili da altri prodotti vegetali. L’aumento dei redditi, l’incremento demografico e la crescita dell’urbanizzazione sono le forze trainanti della domanda sempre più sostenuta di prodotti a base di carne nei Paesi in via di sviluppo, che continueranno ad aumentare. Secondo le proiezioni della FAO, per soddisfare la domanda crescente, a livello mondiale la produzione annua di carne passerà dagli attuali 228 milioni di tonnellate ai 463 milioni entro il 2050, con la popolazione di bovini destinata a

crescere da 1.5 a 2.6 miliardi, di capre e pecore da 1.7 a 2.7 miliardi. “Il settore zootecnico ha avuto una grande trasformazione nel modello organizzativo - ha dichiarato Terri Raney, redattrice del Rapporto - È diventato sempre più commercializzato ed integrato a tutti i livelli della catena di prodotto, al contempo la crescita del commercio internazionale è stata altrettanto rapida”. La forte domanda di prodotti alimentari di origine animale offre notevoli opportunità alla zootecnia di contribuire alla crescita economica e riduzione della povertà. Tuttavia molti piccoli agricoltori, osserva il Rapporto, si trovano ad affrontare diverse sfide per rimanere competitivi con i più grandi sistemi di produzione più intensiva. Questo crescente divario sta emergendo tra coloro che possono usufruire di un’accresciuta domanda di prodotti animali e coloro che ne sono tagliati fuori. La FAO raccomanda che i piccoli proprietari siano sostenuti nel cogliere le opportunità offerte da un settore in espansione e nella gestione dei rischi connessi ad una crescente concorrenza a cui da soli non riuscirebbero a far fronte. Strategie rurali di più ampio respiro che creino opportunità occupazionali extragricole potrebbero aiutare coloro che non riescono ad adattarsi e competere in un settore in grande fase di modernizzazione. “I responsabili politici devono anche riconoscere e tutelare la sicurezza del bestiame”, perché le malattie degli animali hanno ripercussioni non solo in economia, ma anche sulla salute umana. Poiché continueranno ad emergere nuovi agenti patogeni, i piccoli allevatori poveri non sono in grado di contrastarli. Per evitare il rischio che le malattie animali possano trasmettersi all’uomo, c’è bisogno di maggiori investimenti per le attività di controllo della salute animale e per la sicurezza igienico-sanitaria delle infrastrutture. Infine, il Rapporto evidenzia la necessità di migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse naturali del settore e di ridurre l’impatto ambientale della produzione zootecnica. L’obiettivo è quello di assicurare che la crescita costante della produzione zootecnica, non crei pressioni eccessive su ecosistemi, biodiversità, territorio e risorse forestali e qualità dell’acqua,

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e non contribuisca al global warming. Mentre alcuni Paesi hanno compiuto progressi nel ridurre l’inquinamento e la deforestazione associate alla produzione zootecnica, molti altri dovrebbero attuare politiche adeguate, oltre che essere capaci di applicarle. Politiche basate sul mercato, come imposte e tasse per l’uso delle risorse naturali o pagamenti per i servizi ambientali, potrebbero costituire misure volte ad incoraggiare gli allevatori ad effettuare una produzione in modo sostenibile. Secondo la FAO, la zootecnia può svolgere un ruolo importante sia nell’adattamento ai cambiamenti climatici e che nella mitigazione dei suoi effetti sul benessere umano. A tal fine, sarà necessario sviluppare nuove tecnologie per riuscire al realizzare le potenzialità del settore, mediante una migliore capacità di monitorare, verificare e riferire sulle le emissioni derivanti dalla produzione animale.

Ci permettiamo di osservare che, al di là delle puntuali analisi effettuate non ci convince la filosofia di fondo che sottende al Rapporto: “poiché la crescita demografica, la sicurezza alimentare, nonché i cambiamenti nelle abitudini e diete alimentari, richiedono sempre maggior quantità di bestiame e derivati, il mondo deve attrezzarsi per produrli in modo sostenibile”. Se è del tutto equo che milioni di individui possano godere di una dieta alimentare varia e integrata, non c’è alcun dubbio che vi sono altrettanti milioni di individui che mangiano troppo e troppa carne con tutte le conseguenze che ne derivano. Non è forse più sostenibile agire culturalmente sulla domanda per convincere questi ultimi che una riduzione del loro consumo di carne apporterebbe molti benefici in termini di impatti sull’ambiente e sulla salute?

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LA SOTTOSCRIZIONE DI ACCORDI DI PROGRAMMA PER LʼATTUAZIONE SEMPLIFICATA DEL SISTRI E DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI RIFIUTI: IL RUOLO CENTRALE DELLE REGIONI E DEGLI ENTI LOCALI di Maria Adele Prosperoni

Con il decreto ministeriale 17 dicembre 2009 è stato istituito il nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), gestito dal Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, con lo scopo di informatizzare la filiera dei rifiuti speciali, a livello nazionale, e dei rifiuti urbani, per la Regione Campania. Il sistema SISTRI presenta alcuni elementi di rilevante novità, tra cui va segnalata la sostituzione del formulario di trasporto, del registro di carico e scarico e del modello unico di dichiarazione ambientale con i dispositivi elettronici che vengono consegnati al momento dell’iscrizione al sistema, attraverso i quali viene effettuata la gestione informatica degli adempimenti ed è assicurata la tracciabilità dei rifiuti. Con riferimento ai soggetti obbligati all’iscrizione il decreto ministeriale individua le categorie di soggetti obbligati ad iscriversi al SISTRI ed a comunicare, secondo un ordine di gradualità temporale, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto della propria attività, utilizzando gli appositi dispositivi elettronici, nonché le categorie di soggetti che possono aderire al SISTRI su base volontaria. In particolare, in via generale, fatto salvo quanto si dirà successivamente con riferimento alle imprese agricole, sulla base delle previsioni del decreto sono obbligati ad iscriversi: - le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi; - le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali, derivanti da attività di recupero e smaltimento di rifiuti, potabilizzazione e altri trattamenti delle acque, dalla depurazione e da abbattimento di fumi, quando abbiano più di dieci dipendenti; - i Comuni, gli Enti e le Imprese che

gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della Regione Campania; - i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione; - i consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati; - le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti speciali a titolo professionale (iscritte all’Albo dei gestori ai sensi dell’articolo 212, comma 5 del decreto legislativo n.152/06); - alcuni operatori del trasporto intermodale; - le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi (iscritte all’Albo dei gestori ai sensi dell’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo n. 152/2006); - le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti. Sono invece indicati tra coloro che possono aderire al sistema SISTRI su base volontaria: - le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali, derivanti da attività di recupero e smaltimento di rifiuti, potabilizzazione e altri trattamenti delle acque, dalla depurazione e da abbattimento di fumi, quando abbiano meno di dieci dipendenti; - gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del codice civile che producono rifiuti non pericolosi; - le imprese ed gli enti produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle industriali, da lavorazioni artigianali, derivanti da attività di recupero e smaltimento di rifiuti, potabilizzazione e altri trattamenti delle acque, dalla depurazione e da abbattimento di fumi; - le imprese che raccolgono e traspor-

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tano i propri rifiuti non pericolosi (iscritte all’Albo dei gestori ai sensi dell’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo n. 152/2006). Il decreto riconosce alcune possibilità di semplificazione e di esonero dall’iscrizione. Segnatamente, è previsto che possano adempiere agli obblighi indicati dal decreto, tramite le associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale interessate e loro articolazioni territoriali (o società di servizi di diretta emanazione delle medesime organizzazioni): - le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi (iscritte all’Albo dei gestori ai sensi dell’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo n.152/06); - gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a ottomila euro che producono rifiuti pericolosi; - i soggetti la cui produzione annua non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi. In tali ipotesi, fatto salvo l’obbligo di iscrizione al SISTRI, le imprese possono delegare le proprie organizzazioni, o loro società di servizi (con delega autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato), che provvedono alla compilazione del registro cronologico e delle singole schede. Un elemento di rilevante interesse è rappresentato dalla specifica deroga all’obbligo di iscrizione riconosciuta alle imprese agricole che conferiscano i propri rifiuti previa convenzione ad un circuito organizzato di raccolta (ad esempio accordi di programma o convenzioni con soggetti pubblici o privati). In particolare, i produttori che conferiscono i propri rifiuti, previa convenzione, al servizio pubblico o ad altro circuito organizzato di raccol-


ta, possono adempiere agli obblighi previsti dal decreto tramite il gestore del servizio di raccolta o della piattaforma di conferimento. Il gestore del servizio pubblico di raccolta o della piattaforma di conferimento è, quindi, tenuto a iscriversi al sistema per la specifica categoria. In questo caso, mentre, in via generale, i produttori rimangono comunque tenuti all’iscrizione al SISTRI, sono esonerati espressamente dall’iscrizione gli imprenditori agricoli che trasportano e conferiscono i propri rifiuti in modo occasionale e saltuario per quantitativi che non eccedano i trenta chilogrammi o i trenta litri, i cui dati sono inseriti nel sistema dal gestore del servizio di raccolta o della piattaforma di conferimento. Emerge, quindi, con tutta evidenza, il ruolo chiave che gli accordi di programma per la gestione dei rifiuti rivestono, nell’ottica di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente, controlli efficaci e l’applicazione di semplificazioni amministrative. In generale, infatti, gli accordi di programma, nella logica di superamento delle obsolete politiche di command and control, rappresentano un elemento di flessibilità nelle relazioni istituzionali tra amministrazione pubblica ed organizzazioni di rappresentanza, assicurando il dialogo,

l’approfondimento e la determinazione delle politiche di tutela ambientale, favorendo lo sviluppo di approcci di condivisione delle responsabilità per la salvaguardia dell’ambiente tra soggetti pubblici e privati. Al riguardo, vale la pena di ricordare come, a partire dal D. Lgs. n.22/97 (cosiddetto “decreto Ronchi”), attraverso gli accordi di programma, elaborati a livello locale, è stato possibile creare virtuosi circuiti di raccolta e sistemi integrati di gestione dei rifiuti speciali agricoli, con lo scopo di stimolare un’applicazione concreta e convinta della normativa, di aumentare l’efficacia dei controlli pubblici, di semplificare gli oneri burocratici a carico delle imprese e di favorire la raccolta differenziata. Nel corso degli ultimi anni, quindi, gli accordi di programma hanno svolto un ruolo fondamentale, avendo consentito la prevenzione e la riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti, il loro recupero, riutilizzo e riciclaggio e, infine, il conseguimento di livelli ottimali di utenza raggiunta dai servizi di recupero e smaltimento. L’articolo 206 del decreto legislativo n.152/06 (nel testo modificato dalla legge di conversione del decreto legge n.172/08), consente alle imprese di concordare con la pubblica amministrazione la realizzazione di circuiti di

raccolta dei rifiuti e modalità agevolate per l’effettuazione delle operazioni di trasporto e conferimento nelle isole ecologiche appositamente allestite, assicurando il pieno controllo e l’efficacia del sistema. L’attenzione riservata dal legislatore, nell’ambito delle norme di recente approvazione in materia di tracciabilità dei rifiuti, agli accordi di programma come fondamento per l’applicazione di un regime semplificato di adempimenti, rappresenta un’ulteriore conferma del riconoscimento dell’efficacia dello strumento nelle politiche di tutela ambientale, in via generale e di gestione dei rifiuti, in particolare. D’altra parte, resta centrale il ruolo delle Regioni e degli enti locali nella promozione e nella sottoscrizione di accordi di programma con le organizzazioni rappresentative delle imprese agricole, per la possibilità di creare sistemi organizzati e controllati di raccolta dei rifiuti sul territorio, valutando, nel rispetto della disciplina comunitaria, adeguate semplificazioni negli adempimenti burocratici che, come è noto, quando non siano strettamente funzionali alla tutela ambientale, moltiplicano inutilmente i costi, anche economici, a carico delle imprese, aprendo la via all’evasione ed all’illegalità.

di Stefano Masini, Responsabile Area Ambiente e Territorio - Coldiretti Negli ultimi anni le imprese agricole hanno recuperato un ruolo strategico, divenendo strumento necessario per raggiungere obiettivi di tutela, salvaguardia del territorio e sicurezza alimentare. In alcune situazioni errori ed omissioni nella gestione del ciclo dei rifiuti hanno, tuttavia, generato rilevante impatto e perdita di valore nella costruzione di un progetto di economia della qualità agroalimentare legata ai luoghi. Le implicazioni della diossina rispetto alla promozione dei prodotti lattiero-caseari tipici di alcune aree del Sud fortemente compromesse da episodi di illegalità, sono un esempio recente e capace di dimostrare il collegamento tra competitività delle produzioni, valore delle risorse naturali e consumi responsabili. Il sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) risponde, in questa direzione, alla messa in sicurezza del territorio e si candida a controllare con adeguati strumenti informatici la probabilità dei rischi di inquinamento. Da questo punto di vista è certamente condivisibile la serie delle misure che devono accompagnare l’effettiva messa a regime del sistema, salvo operare le opportune semplificazioni che, per quanto riguarda, in specie le imprese agricole, debbono tener conto dei risultati positivi già raggiunti dagli accordi di programma promossi da Coldiretti su tutto il territorio e della ridotta rilevanza dimensionale di alcune tipologie di attività che possono trovare una migliore disciplina attraverso l’istituzione di apposite isole ecologiche e circuiti di raccolta dedicati.

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AGENDA 21

LIFE+ CHAMP: RISPOSTE LOCALI AL CAMBIAMENTO CLIMATICO a cura della Segreteria del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

In molti Paesi dell’Unione Europea, negli Stati Uniti e nei Paesi asiatici emergenti si lavora attorno ad un’idea di ripresa economica che faccia leva sugli investimenti pubblici e privati nei settori più innovativi. E, in primo luogo, nella conversione ambientale, nel risparmio energetico, nella lotta al cambiamento climatico. L’Unione Europea ha riconfermato l’impegnativo “pacchetto energia”, il programma “20-20-20” di riduzione del 20% delle emissioni climalteranti e dei consumi energetici e di copertura del 20% del fabbisogno energetico con fonti rinnovabili al 2020. 400 città europee hanno firmato il Patto dei Sindaci e si impegnano a superare l’obiettivo del “20-20-20” in cooperazione con la Commissione europea. I programmi di stimolo economico approvati o proposti nei grandi Paesi sono marcatamente orientati in questo senso: sono in gran parte programmi di “green economy”, di “green new deal”, di creazione di lavoro nei settori energetici e ambientali. La definizione e l’attuazione di questi programmi presuppongono, da parte degli enti locali e territoriali, capacità decisionale, coordinamento intersettoriale, coinvolgimento degli stakeholders e strategie integrate d’azione, ovvero capacità di gestione integrata nell’ottica della sostenibilità. L’importanza del ruolo degli enti locali nella lotta contro i cambiamenti climatici e nello sviluppo di misure di adattamento a questi cambiamenti è molto evidente quando ci si confronta con l’evidenza dei dati: più del 50% delle emissioni di gas serra derivano dall’uso di energia nelle attività antropiche, la popolazione urbana globale è prevista raddoppiare da 3.3 miliardi nel 2007 a 6.4 miliardi nel 2050 e in Italia quasi il 75% della popolazione vive in aree urbane (30% nei soli capoluoghi di provincia) dove oggi si consuma più del 75% di tutta l’energia. È quindi necessario lo sviluppo e l’attuazione di strategie integrate d’azione, definite e realizzate con l’attivo coinvolgimento delle comunità locali. Questa è l’impostazione suggerita da vari documenti e linee guida dell’Unione Europea quali la Politica regionale e di coesione, l’Agenda territoriale, la Carta di Lipsia sulle città sostenibili e la Strategia tematica per l’ambiente urbano. Pochi enti tuttavia hanno le capacità per affrontare i problemi complessi posti dal cambiamento climatico attraverso un’azione e gestione integrata. L’obiettivo principale di “CHAMP - Risposte locali al cambiamento climatico” è dunque quello di offrire alle autorità locali un’intensa attività di formazione e affiancamento sull’applicazione dei sistemi di gestione integrata per costruire o consolidare, sia nell’ambito delle proprie strutture interne sia nella comunità locale, le competenze e capacità di gestione necessarie ad affrontare con efficacia la sfida per la sostenibilità locale e la lotta al cambiamento climatico.

Il progetto, avviato il 1° gennaio 2009 e della durata di tre anni, è cofinanziato dall’Unione Europea nel programma LIFE+, insieme a Regione Lombardia, Ministero Federale Tedesco per l’Ambiente, la Protezione della Natura e la Sicurezza Nucleare, Agenzia Federale per l’Ambiente Tedesca, l’associazione Deutsche Umwelthilfe e lo Stato federale del Reno-Palatinato. CHAMP è gestito da 7 partner con base nei 4 Paesi coinvolti (Italia, Germania, Finlandia e Ungheria), tutti con una lunga e significativa esperienza di affiancamento delle autorità locali nell’applicazione di strumenti e percorsi per la sostenibilità locale. In CHAMP un certo numero di autorità locali saranno formate per attuare un sistema di gestione integrata per affrontare i problemi del cambiamento climatico.

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I partner di CHAMP Union of the Baltic Cities, Commission on Environment (UBC EnvCom)-partner capofila www.ubc-environment.net ICLEI - Governi Locali per la Sostenibilità - responsabile per il Pacchetto di Sviluppo delle Competenze (Capacity Development Package), lo sviluppo delle competenze in Germania, lo sviluppo della rete EU 27 e la promozione di esperienze e sostegno nell’Europa occidentale www.iclei-europe.org Fondazione Lago Costanza - responsabile per il coordinamento del Modulo di formazione per le parti terze, lo sviluppo delle competenze in Ungheria e la promozione e disseminazione nell’Europa orientale www.bodensee-stiftung.org Ambiente Italia - responsabile per lo sviluppo delle competenze in Italia e per la promozione e la disseminazione nell’Europa meridionale www.ambienteitalia.it Coordinamento Agenda 21 Locali Italiane - responsabile insieme ad Ambiente Italia dello sviluppo delle competenze in Italia e per la promozione e disseminazione delle esperienze nell’Europa meridionale www.a21italy.it/ Agenzia di Coordinamento per lo sviluppo della regione del Lago Balaton - responsabile per lo sviluppo delle competenze in Ungheria e la promozione e la disseminazione nell’Europa orientale, in cooperazione con la Fondazione Lago di Costanza www.balatonregion.hu Associazione delle autorità locali e regionali finlandesi - responsabile per lo sviluppo delle competenze in Finlandia e per la promozione e la disseminazione delle esperienze nella Regione del Mare Baltico www.localfinland.fi


Le azioni previste e i risultati attesi in Italia • costituzione di un Centro di iniziativa nazionale sulla gestione integrata per la sostenibilità, con un focus specifico sul tema della lotta al cambiamento climatico, in rete con altrettanti centri di iniziativa nazionali realizzati negli altri Paesi partner (Finlandia, Germania, Ungheria) e in altri paesi UE che potranno aderire nel corso del progetto; • realizzazione di un programma di formazione e affiancamento sulla gestione integrata per la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico, rivolto alle autorità locali, fondato sul confronto e lo scambio di buone pratiche realizzate in ambito europeo; • creazione di una rete nazionale di formatori accreditati, in grado di applicare e disseminare i contenuti messi a punto nell’ambito del progetto; • sviluppo di casi studio: 10 gli enti locali italiani coinvolti nel percorso formativo e almeno 5 supportati per mettere a punto l’applicazione di un sistema di gestione integrata per la sostenibilità e la lotta ai cambiamenti climatici; • messa a punto e standardizzazione di un Sistema di Gestione Integrata per la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico, coerente con i Sistemi di Gestione EMAS e ISO.

Il progetto prevede inoltre la promozione e disseminazione in tutta Europa del metodo e del modello messi a punto. La metodologia del progetto, fondata sul confronto e lo scambio di buone pratiche realizzate in ambito europeo, fornirà agli enti locali la capacità per predisporre o potenziare il proprio sistema di gestione integrata e migliorare la propria programmazione e pianificazione in modo tale da rispondere adeguatamente agli effetti dei cambiamenti climatici. Tra le attività del progetto vi sono la realizzazione di programmi di formazione e di eventi regionali, nazionali ed internazionali (il primo si è svolto il 7 ottobre 2009 a Bruxelles). In Italia ha preso il via lo scorso febbraio un ciclo di 5 seminari formativi che si concluderà a maggio 2011 per l’elaborazione e attuazione del Piano d’azione per la lotta al cambiamento climatico. Uno degli obiettivi del progetto è la costituzione in ogni Paese partner di un Centro di iniziativa nazionale sulla gestione integrata per la sostenibilità, in rete tra loro e con altri centri in altri Paesi UE che potranno aderire nel corso del progetto. CHAMP prevede anche l’attuazione di un programma di formazione dei futuri formatori accreditati (train-the-trainers). I formatori saranno in grado di applicare e disseminare negli altri Paesi membri dell’UE le esperienze degli enti coinvolti nel progetto e il metodo e il modello messi a punto durante il corso dell’iniziativa pilota.

Ulteriori obiettivi di CHAMP sono: - sensibilizzare le autorità nazionali, gli uffici EMAS competenti, i verificatori EMAS, le autorità locali ed il pubblico riguarda l’efficacia dei sistemi di gestione integrata come strumenti per combattere i cambiamenti climatici; - dimostrare l’efficacia di una programmazione a bassa impronta di carbonio - un approccio che il progetto CHAMP stesso adotta, ad esempio, tramite il maggior uso di etechnology che permette una riduzione del numero di viaggi intrapresi, oltre ad un risparmio di tempo e di soldi. La documentazione del progetto CHAMP è disponibile nel sito www.localmanagement.eu

I punti di forza di CHAMP ¾ CHAMP è il Progetto di formazione sulla gestione integrata per la sostenibilità e la lotta ai cambiamenti climatici della Campagna Europea Città Sostenibili ¾ CHAMP si inquadra nell’ambito delle iniziative europee di attuazione del Patto dei Sindaci e della Carta di Lipsia e di istituzione del Premio Green Capitals ¾ CHAMP affronta il tema cruciale della lotta al cambiamento climatico valorizzando le esperienze di gestione integrata per la sostenibilità già applicate con successo dalle città europee, in particolare nell’ambito dei progetti MUE-25 e Enviplans ¾ CHAMP individua nella creazione di adeguate capacità di gestione integrata alla scala locale il fattore di successo delle strategie di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico ¾ CHAMP crea una rete europea di formatori accreditati per la disseminazione di capacità di gestione integrata per la sostenibilità e la lotta ai cambiamenti climatici, coadiuvata da specifici centri di iniziativa nazionali realizzati in almeno 4 Paesi europei

LIFE07 ENV/FIN/000138 La piena responsabilità dei contenuti del presente articolo è attribuita agli autori. Non rappresenta l’opinione della Comunità Europea. La Commissione Europea non è responsabile per alcun utilizzo illecito che può essere fatto delle informazioni ivi contenute.

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AMBIENTE E ARTE

“AVATAR”: LA RICERCA DEL PARADISO PERDUTO

Quale immagine della Natura emerge dal film che ha sbancato botteghini ed entusiasmato le platee globali? di Alberto Piastrellini

Nei giorni seguenti il lancio italiano della spettacolare, ed attesissima pellicola di James Cameron, “Avatar”, ospitiamo, nella Rubrica Ambiente e Arte una riflessione originale che tenti, attraverso l’analisi del linguaggio cinematografico, di estrinsecare i significati veicolati attraverso le pur coinvolgenti immagini. Tale scelta s’è resa necessaria, all’interno della Redazione, dopo che in molti hanno evidenziato il coté naturista e le istanze ecologiste contenute nella pellicola, al punto da indicarla e sceglierla quale “icona” dell’Anno Mondiale della Biodiversità. Ma qual è l’immagine della Natura che emerge dalla visione di Avatar? La proiezione metaforica di un ideale irrealizzato (e irrealizzabile), oppure una costruzione tanto gradevole ad una lettura emozionale, quanto distante dalla realtà? Spirituali e spiritati Innanzi tutto: il nome. Avatar è termine desunto dalla religione induista, dove per avatara si intende l’incarnazione fisica nel mondo reale di un

Dio o di uno dei suoi tanti aspetti. In sanscrito il termine assume il significato di disceso e allude alla venuta sulla terra di uno Spirito o del Dio allo scopo di svolgere compiti o azioni particolari. In questo senso, presso i vaishnava (adoratori di Vishnu), si ritiene che il Dio si manifesti attraverso svariati avatar, i cui più noti sono Krishna e Rama. I credenti sostengono che tali incarnazioni avvengano puntualmente allorquando, nella storia del mondo, si verifica un declino generale delle forze del Bene a favore di quelle del Male; un disequilibrio inaccettabile nella logica della legge cosmica. Pertanto, nel poema epico Bhagavad Gita (“Canto del Divino” o “Canto del Beato”), frammento del più voluminoso Mahābhārata, si legge che Krishna, ottavo avatar di Vishnu, prima della battaglia del principe Arjuna, pronuncia le seguenti parole: “per la protezione dei giusti, per la distruzione dei malvagi, e per ristabilire i principi della Giustizia Divina, Io mi incarno di era in era”. Tale digressione ci è apparsa necessaria allorquando questa

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dinamica ritorna, con le dovute cautele e prudenze del caso, nella storia immaginata dal regista (qui anche autore del soggetto e della sceneggiatura), Jake Sully, ex marine paralizzato, discende nel mondo di Pandora con una missione precisa, che però, poco a poco, diventa salvifica e ristabilizzatrice dell’ordine etico e biologico, messo in discussione dai militari/invasori/ demoni. Di nuovo, la dimensione spirituale (o spiritualista), ritorna nel tratteggio evanescente della religione che accomuna i solidi Na’vi; sorta di credo libero e diffuso in un Ente supremo identificato con il complesso sistema di relazioni biologiche che legano ed interconnettono il Pianeta stesso con tutti i suoi esseri viventi, piante e animali. La Gaia Evoluzione Bello e terribile il Pianeta “vivente” in cui si svolge il dramma: Pandora, dal greco “pan doron” (“tutti i doni”). Anche in questo caso i riferimenti mitologico-letterali non sono nascosti, si pensi al mito della fanciulla Pandora, alla sua insaziabile curiosità che determinò la dispersione fra l’umanità di tutti i mali contenuti nel vaso di Zeus (ivi compreso il salvataggio della speranza, quale virtù ultima a morire). Pandora, appare come un allucinato Giardino delle Delizie, un Eden incontaminato (per quanto denso di pericoli, tentazioni e frutti proibiti, con tanto di albero della conoscenza che riunisce in sé le qualità di Media e Divinità). Eppure, nella volontà di ricreare, seppur in chiave di fantasia, un mondo plausibile, qualche perplessità biologica salta agli occhi: la bioluminescenza diffusa, le caratteristiche struttu-

rali comuni (6 zampe, due coppie di occhi, due coppie di ali) in tutte le creature (tranne, cosa strana, che nei Na’vi), lo sviluppo di una caratteristica possibilità di interconnessione fisiologica fra tutte le specie e quella dominante rappresentata dal popolo blu. Ora, la bioluminescenza è un fenomeno naturale neanche tanto raro, per mezzo del quale alcuni organismi viventi emettono luce attraverso particolari reazioni bio-chimiche. Essa costituisce una vera e propria conquista evolutiva che risponde a svariate esigenze: difesa, offesa, mimetismo, rituali di corteggiamento, ecc., ma chiaramente, come tutte le strategie vincenti ha senso quando sono limitate ad una o poche specie che interagiscono in un unico habitat. La diffusione della bioluminescenza in Pandora, invece, sembra più che altro rispondere alle esigenze di spettacolarizzazione di una pellicola che comunque vuole essere solo di intrattenimento. Caratteristiche strutturali comuni, potrebbero invero essere un esempio di quel fenomeno noto come “convergenza evolutiva” (evento per cui specie diverse che condividono lo stesso ambiente o che insistono in nicchie ecologiche simili, proprio perché sottoposte alle medesime pressioni ambientali, si evolvono sviluppando determinate strutture che li portano ad assomigliarsi reciprocamente: esempio delfini e pescecani). Tuttavia, è abbastanza inconcepibile che tutti gli animali di un pianeta sviluppino convergenze evolutive così smaccate, con la sola eccezione, peraltro di un’unica specie, guarda caso, dominante. Infine, l’ultima caratteristica biologica, quella più intrigante

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dal punto di vista evolutivo e comportamentale: la possibilità, da parte della specie dominante, di connettersi a tutte le altre attraverso un sistema di “bio-porte” da cui emettere/ricevere informazioni, comandi, stimoli emozionali, ecc. Fascinoso, certo, magari rispondente a quel desiderio innato di comandare bonariamente tutto il creato ed asservirlo/sottometterlo senza troppe violenze, tuttavia quanto di più distante da una visione laica dei processi naturali. Oltretutto, tale visione, ricalca quel concetto New Age di changelling secondo il quale tutti siamo connettibili, in quanto parti del Tutto. Vecchia favola o racconto moderno? Negli anni ’70, in Francia, ad opera del semiologo Alain Greimat fu teorizzata una coincidenza fra le modalità narrative del Cinema classico e quelle del racconto tradizionale. Fu creato così il meta-genere Fabula che riunisce in sé tanti generi del Cinema, dall’horror al western, dalla fantascienza, all’epic, sino al noir, ecc. In sostanza, si tratta di individuare, nel racconto, gli archetipi della favola tradizionale: un personaggio principale, eroe, attante, che viene investito di una missione nello svolgimento della quale viene adiuvato ed ostacolato da altri personaggi. In questo senso Avatar non fa eccezione, ricalcando pedissequamente una modalità narrativa che è perfettamente riscontrabile in quasi tutta la produzione d’oltreoceano, quasi un marchio di fabbrica. In più, l’estetica del postmoderno è intervenuta pesantemente col tipico rimescolamento fra i generi: il racconto, quindi, presta il fianco a letture extradiegetiche con divagazioni a metà fra western, kolossal, war movie, racconto di formazione. Non mancano citazioni “cinephiles” all’acqua di rose, vedonsi: la sequenza dell’ “operazione valchiria” con gli elicotteri come in Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979); il personaggio ruvido della dott.ssa Augustine (con Sigourney Weaver che rifà il verso a sé stessa nei panni della ricercatrice Dian Fossey di

Gorilla nella nebbia; Michael Apted, 1988), oppure le tante piccole situazioni mutuate da precedenti pellicole quali Mission (Roland Joffé, 1986), Balla coi lupi (Kevin Costner, 1990) o Pochaontas (Mike Gabriel e Eric Goldberg, 1995). Tuttavia, se le modalità narrative non sembrano molto innovative (i lunghissimi tempi di realizzazione non sono certo dipesi dalla fase di sceneggiatura, quanto dai tempi tecnici e dalla disponibilità tecnologica), ciò che intriga maggiormente (ad una visione epidermica ed emozionale) è il mix fra 3D e la tecnologia “performance capturing” che permette di cogliere le minime espressioni degli attori per trasferirle nell’animazione digitale con risultati sorprendenti. In più, il valore aggiunto della digitalizzazione di riprese ed immagini, consente soluzioni visive di grande impatto, panoramiche e “movimenti di macchina” mozzafiato (angolazioni ed inclinazioni di ripresa desuete, capovolgimenti e rotazioni dell’asse di ripresa, panoramiche impossibili e vertiginosi plongées) ed un montaggio serrato oltre ogni limite, soprattutto nelle sequenze più concitate. Gli “ismi” col fiato corto Pacifismo, ecologismo, antimilitarismo, spiritualismo… Sono tanti i temi e gli spunti di riflessione che la pellicola veicola in chiave lounge; una sorta di tappeto, di sottofondo leggero ed evanescente, che dimostra il trionfo del significante sul significato e palesa i limiti di certo cinema d’intrattenimento contemporaneo. Capace sì di evocare immagini potenti, ma altresì incapace di stimolare efficacemente una riflessione approfondita (e proprio per questo, faticosa) nel grande pubblico. Si esce piacevolmente frastornati dal multisala e, con buona pace dei propositi di cui sopra, ci si infila distratti nel primo distributore di panini e cibo take away per l’officio dell’ennesimo rito globale. Con tanti saluti alle foreste vere abbattute nell’indifferenza generale e ai pogrom legalizzati ai danni delle popolazioni autoctone di tanti angoli puri del mondo.

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Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Bando per il finanziamento di impianti per la produzione di energia da biomasse Pubblicato sul sito MiPAAF il 16 febbraio 2010

Il MiPAAF, attraverso l’ENAMA (Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola), a cui è stata affidata la gestione dell’attivazione del Programma delle fonti energetiche rinnovabili da biomasse, ha pubblicato un bando per la concessione di contributi per la realizzazione, il completamento o il miglioramento di impianti per la produzione di energia da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali. Finalità Con tale bando vengono disciplinate le procedure per la richiesta di concessione e per l’erogazione del contributo finalizzato alla realizzazione, al completamento o al miglioramento di impianti per la produzione di energia da biomassa e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, la parte dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, e dalla silvicoltura e dalle relative industrie di trasformazione. La realizzazione degli impianti dovrà avvenire secondo un modello di sviluppo attento non solo alle logiche produttive, ma anche alle tematiche ambientali ed energetiche per un’agricoltura sostenibile. La selezione delle domande di cui al Bando sarà volta a creare dei modelli innovativi di impianti sull’intero territorio nazionale che possano fungere da “impianti dimostrativi pilota” per altri imprenditori intenzionati ad investire nel settore. Gli impianti realizzati dovranno essere oggetto di divulgazione delle conoscenze acquisite e di monitoraggio degli aspetti energetici, ambientali ed economici ad essi relativi. Beneficiari Possono partecipare al Bando: a) imprese agricole singole o associate; b) imprese forestali singole o associate; c) consorzi agrari; d) società con partecipazione societaria non inferiore, per statuto al 51% di imprenditori di cui alle precedenti lettere a) e b). Le imprese, per poter presentare domanda di assegnazione del contributo, non devono versare in condizioni di difficoltà alla data del 30 giugno 2008.

Dotazione finanziaria La dotazione finanziaria destinata alla concessione dei contributi per la realizzazione degli impianti di cui all’articolo 1 ammonta ad Euro 20.000.000,00 (ventimilioni). Tale dotazione verrà erogata da MiPAAF ai progetti ammessi i cui impianti siano già realizzati e collaudati funzionalmente alla data del 15 settembre 2010. I progetti selezionati riceveranno un contributo in conto capitale non superiore al 40% del costo totale ammissibile dell’investimento, calcolato al netto delle imposte dovute. I contributi, in ogni caso, non possono essere superiori a 500.000,00 euro. Condizioni di ammissibilità Le domande ed i progetti presentati devono rispondere ad almeno una delle seguenti condizioni: a) avere un contenuto intrinseco di innovatività per tecnologia e/o modello organizzativo; b) avere un carattere di innovatività anche soltanto relativamente al territorio presso il quale dovranno essere realizzati. Costi ammissibili Concorrono a determinare i costi ammissibili di ciascun progetto, in base al quale verrà calcolato il contributo, i costi documentati per la realizzazione degli interventi previsti dal Bando riguardanti: a) l’acquisto di impianti per la produzione di energia alimentati da biomasse; b) l’acquisto e/o la realizzazione di manufatti funzionalmente connessi all’esercizio dell’impianto di produzione di energia alimentati da biomasse comprese le infrastrutture per l’allacciamento alle reti di distribuzione; c) l’acquisto di macchine e attrezzature nell’ambito degli investimenti di cui alle precedenti lettere a) e b), funzionalmente connessi alla produzione e/o al recupero della biomassa e/o all’esercizio dell’impianto di produzione di energia e/o vettori energetici da biomassa, nonché all’aumento dell’efficienza della filiera agroenergetica di riferimento ed al suo monitoraggio; d) l’acquisto e/o la realizzazione di macchine, attrezzature, manufatti e impianti finalizzati alla modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale dell’impianto. Sono ammesse le spese generali quali onorari di consulenti per la progettazione e direzione dei lavori fino al 6% del costo complessivo per le opere edili e per gli impianti fissi, e fino al 2% sull’importo complessivo dei macchinari e delle attrezzature. Modalità di presentazione e scadenza delle domande L’ammissione al contributo avviene sulla base della presen-

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tazione della domanda, redatta in conformità all’allegato n. 1 che riproduce il modulo scaricabile dai siti internet di ENAMA (www.enama.it) e del MiPAAF (www.politicheagricole.it). La domanda, corredata da tutta la documentazione prevista, deve essere inoltrata entro il 2 aprile 2010 a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento sia in duplice copia cartacea che in formato elettronico su supporto digitale a: ENAMA - Ente Nazionale Meccanizzazione Agricola, Via Venafro, 5 - 00159 ROMA 2

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Invito alla presentazione di progetti di ricerca industriale nell’ambito del Programma operativo nazionale “Ricerca e Competitività 2007-2013” (G. U. 21 gennaio 2010, n. 16)

Finalità Ai fini dell’attuazione dell’azione interventi di sostegno della ricerca industriale prevista nell’ambito dell’Asse I - Sostegno ai mutamenti strutturali del Programma operativo nazionale “Ricerca e Competitività” 2007-2013 (Pon R & C) per le Regioni della convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia), cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e da risorse nazionali (Fondo di rotazione), il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MiUR) intende promuovere progetti di ricerca industriale e attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, nonché i correlati progetti di formazione di ricercatori e/o tecnici di ricerca, in grado di innalzare il contenuto scientifico-tecnologico di prodotti e/o processi e/o servizi e concorrere in tal modo allo sviluppo di strategie di riposizionamento competitivo delle imprese. Ambiti di intervento I settori/ambiti di riferimento sono stati definiti nell’ambito degli Accordi di programma quadro (Apq), di cui alle premesse, in considerazione delle vocazioni e delle prospettive di sviluppo competitivo dei sistemi economici delle Regioni della convergenza, nonché degli elementi di coerenza con le priorità del Programma Nazionale della Ricerca (PNR), del Pon R & C e dei Programmi operativi regionali (Por), nonché delle strategie regionali della ricerca. Essi afferiscono a: Settore/ambito: ICT. Tecnologie ICT e applicazioni avanzate per il controllo, il monitoraggio e la gestione dei processi di produzione industriale e/o per lo sviluppo di servizi erogati al cittadino e alle imprese dalla pubblica amministrazione e/o per lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni e/o piattaforme di

calcolo ad alte prestazioni. Settore/ambito: materiali avanzati. Metodologie e tecnologie per la progettazione, la realizzazione e il controllo di materiali ad alto contenuto tecnologico, della funzionalizzazione superficiale dei materiali, nonché della funzionalizzazione di materiali massivi per applicazioni di impatto rilevante in differenti settori. Settore/ambito: Energia e risparmio energetico. Sviluppo di tecnologie, prodotti e processi per le energie rinnovabili e/o per l’utilizzo razionale dell’energia e/o per l’efficienza energetica. Settore/ambito: Salute dell’uomo e biotecnologie. Sviluppo di nuove tecnologie e prodotti in campo farmaceutico e/o biomedicale e/o di tecniche avanzate nella diagnosi e prognosi. Settore/ambito: Sistema agroalimentare. Tecnologie e processi per la produzione, trasformazione, conservazione e commercializzazione dei prodotti del comparto agroalimentare, zootecnico e ittico, finalizzati anche al miglioramento della eco-compatibilità e/o della sicurezza delle produzioni alimentari. Settore/ambito: Aerospazio/aeronautica. Sviluppo di tecnologie innovative per componenti, strutture e sistemi nel settore aerospaziale e/o per la realizzazione di sistemi complessi di monitoraggio, sorveglianza, assistenza e riparazione. Settore/ambito: Beni culturali. Tecniche e tecnologie per la tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali. Settore/ambito: Trasporti e logistica avanzata. Sviluppo e messa a punto di sistemi e tecnologie per la realizzazione di vettori di trasporto e per il miglioramento della logistica dei trasporti terrestri e navali e della mobilità delle persone e delle merci. Settore/ambito: Ambiente e sicurezza. Tecnologie di analisi, monitoraggio e controllo per la tutela dell’ambiente e/o per il miglioramento della conservazione e utilizzazione dell’ambiente marino; sistemi integrati per la sicurezza, per il controllo, il monitoraggio e la gestione delle risorse ambientali, delle infrastrutture e per la gestione di emergenze e la sicurezza. Soggetti ammissibili Possono presentare i progetti uno o più dei seguenti soggetti ex articolo 5 del decreto ministeriale n. 593/2000 e successive modificazioni e integrazioni, anche in forma associata: a. imprese che esercitano attività industriale diretta alla produzione di beni e/o di servizi; b. imprese che esercitano attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; c. imprese artigiane di produzione di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

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d. centri di ricerca con personalità giuridica autonoma promossi da uno o più dei soggetti di cui alle precedenti lettere a, b, c; e. consorzi e società consortili comunque costituiti, purché con partecipazione finanziaria superiore al 50% di soggetti ricompresi in una o più delle precedenti lettere a, b, c, d; il limite della partecipazione finanziaria è fissato al 30% per consorzi e società consortili aventi sede nelle aree considerate economicamente depresse del territorio nazionale ai sensi delle vigenti disposizioni comunitarie; f. i parchi scientifici e tecnologici indicati nella deliberazione Murst del 25 marzo 1994 (Gazzetta ufficiale n. 187 dell’11 agosto 1994). Caratteristiche dei progetti I progetti devono prevedere lo sviluppo di attività di ricerca industriale e di connesse attività di formazione di ricercatori e/o tecnici di ricerca. Le attività di ricerca dovranno ricomprendere attività non preponderanti di sviluppo sperimentale; in ogni caso l’importo dei costi ammissibili al cofinanziamento riferito a queste ultime attività deve essere inferiore al 50% del totale dei costi preventivati e ritenuti ammissibili relativi al progetto di ricerca. Ciascun progetto dovrà fare riferimento ad uno solo dei settori/ambiti. La durata massima dei progetti indicata in sede di presentazione della domanda di agevolazione non deve superare i 36 mesi. Gli specifici percorsi formativi devono avere durata non superiore a quella prevista per il progetto di ricerca e non inferiore a 12 mesi ed essere esclusivamente finalizzati allo sviluppo di conoscenze e abilità tecniche specifiche nel settore considerato, nonché di competenze nelle problematiche di gestione di impresa, con particolare riferimento alle attività di ricerca e di trasferimento di tecnologie. I destinatari della formazione non devono essere legati da alcun tipo di rapporto lavorativo con le strutture coinvolte. Il costo del singolo progetto, comprensivo della formazione, non può essere inferiore a 5 milioni di euro e superiore a 25 milioni di euro, mentre il costo sostenuto dalla singola impresa proponente non può superare i 10 milioni di euro, in rapporto a ciascun progetto.

Ammissibilità dei costi Le spese ammissibili alle agevolazioni, riferite sia ad attività di ricerca industriale sia ad attività di sviluppo sperimentale, comprendono: a. spese di personale; b. costi degli strumenti e delle attrezzature; c. costi dei servizi di consulenza e di servizi equivalenti; d. spese generali supplementari derivanti direttamente dal progetto di ricerca. Le spese ammissibili alle agevolazioni, riferite ad attività di formazione, comprendono: a. costo del personale docente; b. spesa di trasferta del personale docente e dei destinatari della formazione; c. altre spese correnti (materiali, forniture, ecc.); d. strumenti e attrezzature di nuovo acquisto per uso esclusivo per il progetto di formazione; e. costi di servizi di consulenza; f. costo dei destinatari della formazione. Modalità di presentazione delle domande I progetti devono essere presentati tramite i servizi dello sportello telematico Sirio (http://roma.cilea.it/Sirio), a cui si rinvia per ulteriori informazioni, entro e non oltre le ore 12.00 del 9 aprile 2010. Il predetto servizio on-line consentirà la stampa delle domande che, debitamente sottoscritte, dovranno essere inviate, corredate degli allegati cartacei ivi indicati, entro i successivi 7 giorni, a mezzo raccomandata A/R, a: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) - Dipartimento per l’Università, l’alta Formazione artistica, musicale e coreutica e per la Ricerca - Direzione generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca - Ufficio VI - piazzale J.F. Kennedy, 20 - 00144 Roma.

Risorse finanziarie Gli interventi di cui al presente invito sono cofinanziati con risorse a carico del Pon R & C con copertura a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e sul Fondo di rotazione (Fdr) pari a complessivi 465 milioni di euro, così individuate per le singole Regioni della convergenza: Regione Calabria 80 milioni di euro; Regione Campania 145 milioni di euro; Regione Puglia 150 milioni di euro; Regione Sicilia 90 milioni di euro.

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci

Qualora venga negata l’autorizzazione paesaggistica per un intervento di scavo di materiale dal fondo di un corpo idrico, davanti a quale giudice si deve presentare ricorso? Il Tribunale Amministrativo Regionale o il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche? Il Tribunale Amministrativo Regionale. Infatti, a fronte di provvedimenti amministrativi che solo indirettamente hanno a che fare con l’acqua, l’impugnazione rientra pacificamente nella giurisdizione del Giudice Amministrativo (cfr. T.A.R. Veneto, sentenza 12 gennaio 2010, n. 53). Può essere contestato il reato previsto dall’art. 21, comma 1, lett. b) della Legge 157/1992 nei confronti di chi esercita la caccia all’interno di un parco naturale regionale i cui perimetri non siano stati tabellati? No. Secondo la Suprema Corte (Cassazione Penale, Sez. III, sentenza 18 gennaio 2010, n. 1989), il principio di cui all’art. 10 della legge 11 febbraio 1992 n. 157, che prevede la necessaria perimetrazione delle aree oggetto di pianificazione faunistico-venatoria, risulta derogato solo per i parchi nazionali istituiti ai sensi della Legge n. 394/1991. I parchi nazionali, infatti, sono delimitati con appositi provvedimenti, completi di tutte le indicazioni tecniche e topografiche necessarie per l’individuazione, la cui conoscenza è assicurata dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Questa regola, però, anche per la sua natura di norma eccezionale o derogatoria, non può applicarsi, in mancanza di specifiche disposizioni normative, a fattispecie diverse, ossia ad aree che non rientrano tra i parchi nazionali. In ogni caso la regola stessa non può applicarsi ai parchi regionali qualora le leggi regionali che li istituiscono contengano sul punto una disciplina diversa, ed in particolare prevedano un obbligo di tabellazione o perimetrazione delle aree interessate. Del resto, già in passato i giu-

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dici di legittimità (Cass. pen. Sez. III, 21.4.2005, n. 33286) avevano affermato il principio che “in tema di aree protette, ai fini della efficacia e della operatività della istituzione di una riserva naturale o di un’oasi di protezione e rifugio della fauna nella Regione Sicilia, con la conseguente sua sottrazione all’esercizio venatorio, non è sufficiente la emanazione del decreto regionale e la sua pubblicazione sulla Gazzetta Regionale, ma è necessaria la delimitazione della zona con le previste tabellazioni, atteso che ai sensi dell’art. 21 della legge Regione Sicilia 1° settembre 1997 n. 33 la individuazione delle zone sottratte all’esercizio venatorio è condizionata, diversamente da quanto previsto in via generale dalla Legge 11 febbraio 1992 n. 157, dalla effettiva perimetrazione. (Fattispecie relativa all’esercizio dell’attività venatoria all’interno del Bosco di San Pietro, istituito come riserva naturale regionale con d. ass. reg. 23 marzo 1999)”. Le contestazioni relative al canone per il servizio idrico vanno sempre rivolte alla Commissione tributaria? No. La Corte Costituzionale, infatti, con sentenza 11 febbraio 2010 n. 39, osservando che il canone in questione non ha natura tributaria in quanto si identifica nel “corrispettivo ad una prestazione commerciale complessa”, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36. La stessa Corte, in via consequenziale, ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 2, comma 2, secondo periodo, del D. Lgs. n. 546/1992, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 29 aprile 2006, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 154 e 155 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Eventi e Fiere

Roma, 6-9 aprile 2010 ROMUN 2010 - Simulazione delle Nazioni Unite a Roma Organizzazione: Movimento Studentesco per l’Organizzazione Internazionale Piazza di San Marco, 51 00186 Roma Tel. 06 6920781 - 06 69207843 www.romun-msoi.org - romun@msoi.org Verona, 8-12 aprile 2010 ENOLITECH - Salone Internazionale delle Tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e delle Tecnologie Olivicole ed Olearie in contemporanea a Vinitaly Sede: Fiera di Verona

Organizazione: Ente Autonomo per le Fiere di Verona Viale del Lavoro 8 - 37135 Verona Tel. 045 8298111 - Fax 045 8298288 Informazioni: www.enolitech.it Parigi, 26-27 aprile 2010 Global Water Summit 2010 Sede: Marriott Rive Gauche Informazioni: International Desalination Association, PO Box 387, 94 Central Street, Suite 200, Topsfield, MA 01983 USA Tel. 978-887-0410 - Fax 978-887-0411 www.idadesal.org - info@idadesal.org - www.globalwaterintel.com

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M A G A Z I N E n. 9 - Marzo 2010


EDITORIALE

Giunto al suo terzo anno di pubblicazione, PolieCo Magazine, conferma la sua vocazione di agile strumento di comunicazione per i Soci, nonché efficace piattaforma mediale per la veicolazione di problematiche, strumenti, riflessioni, appuntamenti ed approfondimenti che travalicano i confini del Consorzio per estendersi a tutti gli stakeholders del settore del riciclo dei rifiuti, in generale, di quelli plastici, in particolare. Nella fattispecie, questo primo numero del 2010 è caratterizzato dall’enfasi posta su una problematica, che già in dicembre era stata oggetto di una riflessione durante l’Assemblea dei Consorziati (Roma, 9 dicembre 2009), durante la quale, tra gli altri argomenti affrontati, era stata introdotta proprio la questione dello smaltimento dei fanghi provenienti dalle operazioni di lavaggio di plastiche negli impianti di riciclo. Stante il fatto che la normativa di riferimento (D. Lgs. 152/2006), non chiarisce compiutamente se tali fanghi debbano essere considerati rifiuti, né attribuisce loro uno specifico codice CER, per cui, a volte, vengono assimilati – da parte degli Organi di controllo – ai fanghi

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provenienti dagli impianti di depurazione (e quindi ritenuti rifiuti speciali non pericolosi da conferire in discarica autorizzata), per le nostre Aziende, tale opacità della norma si trasforma in una lievitazione dei costi di smaltimento tale da rendere, molte volte, il processo di riciclo troppo oneroso rispetto ai valori di mercato del riciclato finale. È anche per tentare una possibile soluzione a questo problema che PolieCo ha inteso formulare, in prima battuta, con la Regione Lazio (Dipartimento Enti Locali, Reti Territoriali Energetiche, Portuali, Aeroportuali e dei Rifiuti), una proposta di Accordo di

Programma mirata alla possibilità di verificare e sperimentare possibili iniziative finalizzate all’attività di recupero e/o ottimale smaltimento di tali fanghi derivanti dai cicli produttivi delle Aziende associate. Ebbene, in data 5 febbraio c. a., la Regione Lazio ha comunicato l’approvazione dello schema di Protocollo di intesa che sarà firmato durante l’apposita Conferenza Stampa organizzata l’8 marzo, presso la Sala Cristallo dell’Hotel Nazionale in Piazza Montecitorio, Roma. Altro argomento che da tempo “tiene banco” fra gli addetti ai lavori, è quello relativo all’introduzione obbligatoria, a partire dal 2011, degli shopper in bioplastica in luogo dei tradizionali in polietilene. Per concludere, prosegue la riflessione dell’esimio Prof. Franco S. Toni di Cigoli su: “Il Diritto Internazionale, Comunitario e domestico dell’economia come diritto liquido”. Buona lettura

PolieCo MagazineSOMMARIO Smaltimento dei fanghi prodotti dal lavaggio di plastiche agricole REGIONE LAZIO E POLIECO VARANO UN ACCORDO DI PROGRAMMA Il Dott. Luca Fegatelli illustra le politiche regionali per l’ottimizzazione del ciclo dei rifiuti ed introduce alle positività offerte dall’Accordo con PolieCo p. 3 Shopper in bio-plastica QUALE FUTURO PER IL PE RICICLATO Un Consulente Ambientale illustra problematiche e prospettive per le aziende di riciclo p.

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IL DIRITTO INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E DOMESTICO DELL’ECONOMIA COME DIRITTO LIQUIDO Seconda parte di Franco Silvano Toni di Cigoli

Sede Legale - Sede Operativa - Presidenza Sportello Servizi Piazza di Santa Chiara, 49 - 00186 Roma Tel. 06/68.96.368 - fax. 06/68.80.94.27 www.polieco.it - info@polieco.it

PolieCo Magazine

Uffici Bruxelles Espace Meeûs - Square de Meeûs, 38/40 1000 Bruxelles tel. 0032 02 4016174-fax 0032 02 4016868


Informazione n. 9 - Marzo 2010

Smaltimento dei fanghi prodotti dal lavaggio di plastiche agricole

REGIONE LAZIO E POLIECO VARANO UN ACCORDO DI PROGRAMMA

Il Dott. Luca Fegatelli illustra le politiche regionali per l’ottimizzazione del ciclo dei rifiuti ed introduce alle positività offerte dall’Accordo con PolieCo

Prevenzione e riduzione dei rifiuti nell’ottica di una generale ripianificazione sull’intero ciclo di gestione, sono gli obiettivi del nuovo Piano di Gestione dei Rifiuti che la Regione Lazio ha approntato e che, attualmente, è in fase di adozione da parte della Giunta Regionale. Nel quadro relativo alla questione dello smaltimento e del riciclaggio dei rifiuti prodotti nel comparto agricolo, un peso notevole assume lo smaltimento dei fanghi derivanti dal lavaggio dei teli e dei film usati in agricoltura; fanghi per i quali non esiste uno specifico Codice CER e che, di fatto, normalmente vengono conferiti in discarica (con un aggravio dei costi per le aziende che riciclano materie plastiche e che rende, molte volte, il processo di riciclo troppo oneroso rispetto ai valori di mercato). Per tentare di superare questa difficoltà, PolieCo ha proposto alla Regione Lazio (Dipartimento Territorio, Direzione Area Energia, Rifiuti Porti e Aeroporti) un Accordo di Programma che mira alla possibilità di verificare e sperimentare iniziative finalizzate all’attività di recupero e/o ottimale smaltimento di tali fanghi derivanti dai cicli produttivi delle Aziende associate. Per saperne di più e meglio comprendere lo stato dell’arte del settore nella Regione, abbiamo contattato il Dott. Luca Fegatelli - Dipartimento Territorio, Direzione Area Energia, Rifiuti Porti e Aeroporti - Regione Lazio che ha gentilmente risposto alle nostre domande.

La Regione Lazio, nel recente “nuovo piano di gestione dei rifiuti” - al momento in fase di adozione in Giunta - ha posto come obiettivo generale quello operare una pianificazione sull’intero ciclo di gestione dei rifiuti. In particolare, ha affrontato il tema specifico della “prevenzione e riduzione dei rifiuti”, attraverso la redazione di un piano d’azione e la definizione di azioni di contenimento della produzione. L’obiettivo è quello di minimizzare la quantità e la nocività dei rifiuti prodotti dai consumatori attraverso l’attuazione di buone pratiche finalizzate alla riduzione della produzione quali-quantitativa dei rifiuti e all’ottimizzazione quali-quantitativa della raccolta differenziata ai fini di un effettivo recupero di materia attraverso: la riduzione dei consumi (di carta, energia, materiale plastico, prodotti usa e getta) l’uso di materiali e prodotti a ridotto impatto ambientale l’aumento della percentuale di raccolta differenziata e il suo miglioramento qualitativo. Le iniziative vanno dagli Acquisti verdi (GPP) - Green Public Procurement, alla riduzione dei materiali cartacei, al compostaggio domestico, alla diminuzione dell’usa e getta, alla riduzione dell’utilizzo degli imballaggi, alla diffusione delle pratiche del “vuoto a rendere” e così via.

Dott. Fegatelli, può sintetizzarci i punti nodali della politica regionale nei confronti dell’Ambiente? Il principio ispiratore delle politiche ambientali della Regione Lazio è lo “Sviluppo sostenibile”. Il territorio laziale vanta una grande varietà nel paesaggio e un patrimonio ambientale e archeologico di rilievo ed allo stesso tempo la regione accoglie la peculiare realtà di Roma e una realtà sociale, economica e produttiva dinamica e vivace. L’amministrazione regionale si è trovata dinanzi un compito non sempre facile: rispondere alle esigenze del mondo produttivo, fattore di crescita della qualità della vita e del benessere dei cittadini e tutelare l’ambiente, anch’esso volano di sviluppo. La conoscenza è alla base di ogni strategia di intervento: un confronto costruttivo, così come il monitoraggio dell’efficacia delle politiche di sostenibilità ambientale permettono di applicare con maggiore efficacia la volontà di valorizzare l’ambiente come risorsa vitale e opportunità di sviluppo. Sono molti gli interventi realizzati per rafforzare le politiche di sviluppo sostenibile, di informazione e di educazione ambientale: dal piano di indirizzi strategici per il risanamento ed il miglioramento della qualità dell’aria, agli investimenti nel settore della viabilità, dei trasporti tra i quali il progressivo rinnovamento del parco mezzi, ai finanziamenti per i tetti fotovoltaici ai fondi destinati al potenziamento del sistema di raccolta differenziata, al lavoro dei consorzi di bonifica per il recupero delle acque inquinanti, alla mappatura del territorio per la rilevazione dei campi elettromagnetici, al considerevole incremento delle aree protette. È necessario proseguire sulla strada intrapresa con un approccio globale che tenga conto delle molteplici interrelazioni tra i vari comparti ambientali (aria, acqua, suolo, matrice organica) e quindi continuare la lotta agli inquinamenti, all’incentivazione del ricorso alle risorse energetiche alternative, alla diffusione di comportamenti virtuosi che responsabilizzino istituzioni e cittadinanza a costruire una società che garantisca un’appropriata qualità della vita alle prossime generazioni.

Attraverso quali strategie si intende intraprendere il cammino adeguatamente tracciato dall’UE nell’approccio alla gestione dei rifiuti? Conformemente a quanto previsto dalla Direttiva del Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea n. 2008/98/CE del 19 novembre 2008, la Regione Lazio intende applicare la seguente gerarchia dei rifiuti quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento. Nell’applicare la su indicata gerarchia dei rifiuti, la Regione adotterà tutte le misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo e garantirà che l’elaborazione della normativa e della politica dei rifiuti avverrà in modo pienamente trasparente, nel rispetto delle norme nazionali vigenti in materia di consultazione e partecipazione dei cittadini e dei soggetti interessati e tenendo conto degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali.

Quali sono le principali problematiche che la Regione Lazio è chiamata ad affrontare e risolvere nello specifico del comparto rifiuti?

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Può indicarci la quantità di rifiuti generati dal comparto agricolo nella regione? La materia della gestione dei rifiuti è molto vasta poiché ogni tipo di rifiuto segue una propria procedura di smaltimento: conoscere l’impatto dei rifiuti agricoli è altrettanto complicato poiché non esiste un quadro statistico esatto sulle quantità di rifiuti prodotti dalle aziende agricole ma soltanto stime confrontate con le superfici coltivate. Quanto è incidente, nel settore del riciclo, la problematica relativa alla gestione e smaltimento dei fanghi derivanti dal pre-trattamento delle plastiche di origine agricola? Oggi, anche in conformità delle leggi in vigore (decreto ambientale 152/2006), si comincia a diffondere la pratica del riciclaggio anche per i rifiuti plastici di origine agricola che attraverso procedimenti di lavorazione meccanici e termici possono portare alla produzione di materia prima secondaria. La gestione dei rifiuti agricoli prove-

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Informazione

nienti dall’utilizzo dei film plastici e delle reti per la protezione delle colture è una problematica complessa che deve essere affrontata nell’ambito di un’adeguata pianificazione territoriale. Infatti, negli ultimi anni l’uso di film plastici per la pacciamatura del terreno e per la copertura di piccoli tunnel - soprattutto film in polietilene (PE) e copolimeri etilene-vinilacetato (EVA) - ha visto una più ampia diffusione. Solo in Italia le plastiche utilizzate a tal scopo interessano attualmente più di 100.000 ettari di aree coltivate con un consumo annuale di circa 65.000 tonnellate di film che per la maggior parte (circa l’80%) sono abbandonate sul terreno o bruciate in modo incontrollato dagli agricoltori, con conseguente immissione di sostanze nocive nell’atmosfera e nel suolo. In questa ottica la Regione Lazio, in linea con quanto dettato dalla UE, sta mettendo in campo ogni sforzo al fine di individuare un percorso certo e sicuro per il recupero e riciclaggio delle plastiche di origine agricola. Si fa presente che la Regione si è dotata sul proprio territorio di impianti idonei al recupero di rifiuti speciali. Come si è inteso classificare questa tipologia di rifiuti Per quanto concerne la classificazione di questa tipologia di rifiuti, è in fase di studio la redazione da parte di Arpa Lazio e CTSA (legge regionale 74/91), di linee guida per la corretta attribuzione dei codici CER.

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Quali aspetti di positività hanno spinto la Regione a sottoscrivere un Accordo di Programma con il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene? La Regione Lazio ha deliberato l’approvazione dello schema di Protocollo d’intesa (approvato con Delibera di Giunta Regionale n. 81 del 5 febbraio 2010) con il PolieCo - Consorzio Nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene, al fine di realizzare, promuovere, incrementare e razionalizzare la pratica della raccolta dei rifiuti di beni in PE allo scopo di facilitarne l’avvio al riciclo e al recupero presso i riciclatori e recuperatori operanti sul territorio regionale e nazionale. In sostanza, quali sono gli impegni e le attività che la Regione Lazio ha assunto ed intende perseguire nel prossimo anno per dare compimento a questo Accordo? Gli impegni e le attività che la Regione Lazio ha assunto ed intende perseguire al fine di dare atto al suddetto Accordo sono relativi a: - Adozione di strumenti idonei per l’avvio di tutte le attività necessarie ad implementare e potenziare il sistema di raccolta dei beni in PE anche con il coinvolgimento attivo dei Comuni, Province nonché degli Enti, Istituti ed aziende pubbliche;

- Promozione della raccolta sulla base dei criteri e degli obiettivi stabiliti nel piano vigente, nonché sulla base delle modalità di conferimento e di raccolta che definiscono un sistema organizzativo applicato in tutta la Regione; - Promozione di sistemi di gestione integrata dei rifiuti, tramite la definizione di linee di indirizzo; - Predisposizione delle attività necessarie all’avvio del sistema di monitoraggio delle raccolte di rifiuti di beni in PE; - Realizzazione di un progetto di mappatura completa del flusso dei rifiuti di beni in PE, per quantificare l’incidenza del rifiuto laziale sull’industria del recupero; - Individuazione e potenzialità di sviluppo della rete impiantistica e del reticolo industriale nella Regione Lazio stessa; - Potenziamento del mercato dei materiali e dei prodotti recuperati dai rifiuti, anche da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante l’inserimento nei capitolati per la fornitura di beni e servizi dell’obbligo di utilizzo di materiali riciclati (ex D.M. 203/03); - Promozione e partecipazione all’organizzazione di campagne di informazione/sensibilizzazione univoche nel territorio regionale, in accordo con PolieCo. Su quali risorse economiche può contare questo Accordo? Presumibilmente sarà possibile utilizzare quota parte delle risorse destinate alla Regione previste nella D.G.R. 291/09 “Programmazione delle risorse finanziarie per gli anni 2009 - 2011 destinate al potenziamento della Raccolta Differenziata e modifiche ed integrazioni alla D.G.R. 296/2008” relativamente alle campagne informative ad hoc. Come si intenderà favorire e promuovere il mercato dei materiali e dei prodotti derivanti dal riciclo del polietilene intercettato? Come indicato al punto h della domanda n. 8), la Regione Lazio, in accordo con PolieCo, promuoverà adeguate campagne informative su tutto il territorio, dirette al cittadino e alle aziende sia pubbliche che private nonché favorirà e promuoverà il mercato di tali materiali e prodotti anche da parte delle pubbliche amministrazioni mediante l’inserimento nei capitali per la fornitura di beni e servizi dell’obbligo di utilizzo di materiali riciclati (ex D.M. 203/03). Un’ultima domanda. Quale peso sarà destinato alla veicolazione dei dati prodotti e alla informazione dei cittadini? È disponibile il sito della Direzione “Energia, rifiuti, porti ed areoporti” su cui sarà data informazione ai cittadini circa le azioni derivanti dallo schema di Protocollo d’intesa “PolieCo e Regione Lazio”.

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Informazione n. 9 - Marzo 2010

Shopper in bio-plastica

QUALE FUTURO PER IL PE RICICLATO Un Consulente Ambientale illustra problematiche e prospettive per le aziende di riciclo

Ancora un anno. È l’arco di tempo che ci separa dal 1° gennaio 2011, momento in cui, secondo l’ultima proroga, scatterà il divieto di commercializzazione dei sacchetti di plastica per la spesa, i comuni shoppers. Più volte, durante gli scorsi anni, questa novità era stata valutata con prudenza da quanti si occupano di riciclo del PE (la materia più usata per questa tipologia di prodotti), che temevano, e temono tuttora, di perdere una importante quantità di materiale immesso al consumo. Eppure, non è nascosta la volontà di contribuire alla risoluzione della enorme quantità di rifiuti prodotti. Il dibattito è ancora aperto, ovviamente, ma senza scadere su posizioni estremistiche, alcuni ritengono che, per le sue qualità intrinseche, il PE abbia ancora un lungo futuro davanti a sé. Per saperne di più abbiamo intervistato l’Ing. Andrea Pugliese, Consulente Ambientale che ci ha illustrato il quadro della situazione e le prospettive future. Ing. Pugliese come mai si è arrivati ad una ennesima proroga nei confronti delle discipline ambientali, mi riferisco, ovviamente allo spostamento al 2011 del divieto di produrre e commercializzare shoppers in materiale plastico? Le proroghe nel diritto ambientale sono spesso decisioni obbligate quando non si è dato seguito alle pubblicazioni dei decreti attuativi e pertanto l’introduzione di una norma monca potrebbe arrecare danni al sistema economico del paese. Nel particolare ritengo che la proroga al 1 gennaio 2011 del divieto di commercializzazione dei sacchetti per la spesa di plastica non biodegradabili, nonostante le normative comunitarie siano fortemente orientate al recupero e al riutilizzo, sia stata una decisione saggia considerando, da un lato, il numero delle piccole e medie imprese commerciali che avrebbero dovuto soggiacere a tale obbligo, dall’altro la scarsa pubblicizzazione dell’obbligo normativo che poteva creare problemi legati sia all’approviggionamento degli shoppers biodegradabili che ai costi ad esso connessi. D’altronde la mancanza dei decreti attuativi rendeva il provvedimento una mera dichiarazione di principio, senza effetti concreti se non quello di favorire la promozione della percezione da parte degli utenti di strutture che favoriscono lo sviluppo sostenibile e la promozione del recupero e del riutilizzo dei sacchetti. Va invece accolto con favore la scelta di alcuni operatori della GDO e di alcuni comuni che hanno comunque rispettato la scadenza del 30 giugno e non prevedono più nei punti vendita sistemi di imbustamento con shoppers in plastica. Quali saranno, secondo lei, i vantaggi derivanti dalla diffusione di nuovi shoppers in materiale biodegradabile? Il sacchetto in plastica per la spesa è uno dei prodotti più utili e indispensabili della società dei consumi in quanto utile e comodo. Negli ultimi tempi era però diventato un vizio diventando il principale responsabile dei crescenti danni ambientali: si pensi che nel 2009 la produzione di oggetti e beni in plastica assorbe circa l’8% della produzione mondiale di petrolio ed oggi ne viene riciclata meno del 3% e la produzione mondiale cresce al ritmo del 3-4 % all’anno. La metà di tale produzione è dedicata al confezionamento di beni e prodotti monouso o di imballaggi che hanno una durata di vita media inferiore a un anno e non esiste una plastica meno dannosa di una altra a causa della sua sostanziale indistruttibilità non essendo biodegradabile non si dissolve ma si frantuma molto lentamente in parti sempre più piccole e, ad esempio, quando finisce in mare viene ingerita da diversi organismi. Pertanto è indubbio che il maggior guadagno nella diffusione degli shoppers in materiale biodegradabile è legata ai costi ambientali connessi al danno determinato dai non corretti metodi di smaltimento degli imballaggi in plastica. È chiaro che un ruolo strategico avrà la

GDO atteso che la stessa è responsabile della utilizzazione di circa il 20% degli shoppers. Quanto c’è da lavorare, ancora, in Italia, affinché si assista ad una maggiore attenzione verso nuovi prodotti e nuove tecnologie che tendano ad una più efficace e realistica politica di sostenibilità ambientale? Se il divieto di produrre e commercializzare shoppers in plastica sarà il primo ma non l’unico degli obblighi di policy ambientale che l’Italia si darà per orientare verso i principi della sostenibilità le proprie scelte di sviluppo, credo che si favorirà la nascita di un sistema produttivo ambientalmente avanzato in grado di dare concrete risposte alla collettività anche in tema ad esempio di Green Public Procurement o di edilizia sostenibile. La ricerca industriale in materia di produzione di beni in materiale biodegradabile potrà, infatti, avere grande impulso da un mercato che potrebbe richiedere in maniera sempre più significativa questi tipi di prodotti e beni. Già oggi grazie alla ricerca industriale, ad esempio, è possibile utilizzare la fibra di mais, biodegradabile al cento per cento e che non rilascia sostanze tossiche né in fase di produzione né in fase di messa in opera, che si ricava per estrusione e successiva filatura di un polimero dell’acido lattico (PLA) ottenuto dalla fermentazione controllata dei chicchi di mais a opera del sole per elementi da utilizzare nell’isolamento termico e acustico. Quali saranno, secondo lei, gli strumenti finanziari di cui il mondo dell’industria potrebbe usufruire per cogliere le opportunità della riconversione dei processi produttivi? In generale l’attenzione che il cliente finale sta ponendo agli atteggiamenti produttivi ambientalmente sostenibili da parte delle aziende, di fatto sta già orientando le aziende ad operare scelte ecocompatibili sottolineate anche dai propri uffici del marketing: pensiamo all’operazione environment friendly intrapresa dagli operatori della GDO a seguito della scelta di sostituire i sacchetti tradizionali con quelli biodegradabili. Ma sarebbe interessante anche studiare la percorribilità di investimenti nel settore della produzione degli shoppers che siano riutilizzabili e che possono diventare anche strumenti di comunicazione commerciale: si pensi al progetto del Comune di Milano presentato a fine dicembre.

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Puntare alla diffusione di shopper in materiale biodegradabile non rischia di affossare il mercato del riciclo del PE? Si deve tuttavia ricordare che il fine ultimo dello shopper biodegradabile e compostabile non è quello di permettere agli utenti di abbandonarlo nella natura o di buttarlo in modo indiscriminato, dato che questo non è un comportamento ecologico e lo stesso shopper può impiegare diverso tempo, anche se molto inferiore a quello in plastica a biodegradarsi. Il buon utilizzo dello shopper commerciale biodegradabile e compostabile e quello di utilizzarlo subito, dopo averlo portato a casa, per la raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU). Lo shopper biodegradabile e compostabile infatti non ha una lunga vita e si degrada facilmente, pertanto non può essere usato molte volte come lo shopper in plastica. In secondo luogo non può essere riciclato come lo shopper in plastica, pertanto potrebbe essere solo gettato nei rifiuti indifferenziati e bruciato, con un enorme spreco di risorse dato il costo notevolmente maggiore rispetto alla plastica. Ritengo pertanto che sia necessario concentrare il mercato del PE riciclato su forme di buste che siano orientate ad un loro riutilizzo continuativo pensando a coinvolgere il sistema produttivo in una corsa alla produzione di borse ecologically correct.

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IL DIRITTO INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E DOMESTICO DELL’ECONOMIA COME DIRITTO LIQUIDO [Paradigmaticità della materia ambientale e variazioni sul tema con riguardo ai soggetti, alle regole ed ai modelli organizzativi]* Franco Silvano Toni di Cigoli - Docente di Diritto del Commercio Internazionale all’Università di Padova e Regular Visiting Fellow at the British Institute on International and Comparative Law in London

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[segue] Un primo tratto potrebbe essere evidenziato nel “conflitto” tra il pluralismo e il monismo [del diritto e nel diritto]: conflitto che potrebbe essere così epitomato con pluralismo v. monismo. Quando, come giuristi, siamo chiamati a mestierare, magari dovendo ricostruire la disciplina atta a caratterizzare una fattispecie [e ciò ovviamente vale soprattutto per il diritto dell’economia, e quindi anche per quello riferito all’ambiente, e perciò anche alla gestione dei rifiuti, che qui ci preme], non è più data la [sia pur tendenziale] certezza cosiccome non è più dato il tranquillo [ed il tranquillante] consequenziale agio, ambedue un tempo facilmente ricavabili ed ottenibili dal poter fare affidamento sull’esercizio del solo diritto nazionale, interno o domestico [a dir si voglia] e così alle sue [collaudate liste di] fonti. Esiste ormai una linea di fuga [che da prospettica si fa immanente] la quale si manifesta anche nel corrente diritto dell’economia dell’ambiente [ancor di più nelle pieghe di ciò che è detto waste management] e detta manifestazione è con ogni probabilità sufficientemente intensa: tanto da far sì che detto diritto possa essere assunto come paradigmatico al fine di mostrare, con percettibile evidenza, come - nella ricostruzione della disciplina da vedersi applicata ai diversi casi che vengono via via imponendosi al giurista - l’integrazione di più ordinamenti e così di più fonti sia addirittura il presupposto della detta ricostruzione e non il suo punto di arrivo; è così che la cassetta degli attrezzi del giurista si arricchisce di scomparti: unitamente allo scomparto del diritto nazionale [cioè del diritto domestico, del Municipal Law, dello Internal Law], concorre a far sì che la detta cassetta sia veramente degli [utili ed essenziali] attrezzi anche il diritto comunitario [quello della Comunità Europea ma anche quello dell’Unione europea, anzi, per il futuro “dopo Lisbona”, quello dell’Unione Europea] e poi ancora il diritto internazionale [ma, si badi bene, il diritto nazionale, comunitario ed internazionale non completano né chiudono la lista dei diritti e degli ordinamenti di possibile riferimento: poiché a questi scomparti, che, cumulativamente e con qualche approssimazione, potrebbero essere detti scomparti di Hard Law, nella cassetta degli attrezzi del giurista che voglia occuparsi di diritto dell’economia - anche dell’ambiente - debbono aggiungersi altri scomparti, che, altrettanto cumulativamente ed approssimativamente, diremo

Seconda Parte

di Soft Law; cosicché la vertigine dei moltiplicatori del diritto non è solo in chi si avventuri nel tentativo di una lettura giuridica della realtà economica ma è nell’ordine da veder ricostruito per la stessa realtà economica, e, per quanto qui di interesse, per la gestionale ambientale]. Giunti a questo punto è facile introdurre un secondo tratto, quello che vede scompaginate le geometrie a cui come giuristi eravamo avezzi; intendo con ciò fare riferimento a come l’opera del giurista necessariamente tenda sempre più ad uscire, o ancor meglio - pena l’inintelligibilità di ciò che invece si vorrebbe giuridicamente intelligere - debba tendere sempre più ad uscire dai cardini su cui normalmente era abituata a veder girare il comune ed ordinario ragionare [appunto sul diritto]; debba tendere sempre più ad uscire dai cardini su cui normalmente, magari attraverso un ricercato contraddittorio [che di per sé ed astrattamente è un valore quando si tratti di diritto], era abituata a veder tessuto il vitale confronto dialettico, teleologicamente prodromico all’esercizio dell’arte dell’interpretazione; debba tendere sempre più ad uscire dai cardini su cui era normalmente anche abituata a veder costruito il suo dispiegarsi nella quotidianità delle cose; insomma la detta opera del giurista non riesce più ad ordinare il diritto [rectius, le fonti del diritto] ricorrendo allo strumento principe della detta ordinazione, vale a dirsi ricorrendo alla gerarchia delle fonti: secondo la quale il diritto, rectius la fonte del diritto che è posta ad un livello detto superiore governa, conforma e condiziona il dispiegarsi, l’efficacia e l’effettività del diritto, rectius della fonte del diritto che è posta ad un livello detto inferiore [ed è a tutti i giuristi noto come la detta gerarchia delle fonti fosse, tra l’altro, in grado di trasmettere il senso di sicurezza rappresentato da un porto “giuridico” che si faceva così sicuro rispetto ai marosi del diritto che nel frattempo avrebbero potuto altrimenti imperversare fuori da quel porto]. Ormai, si dice che la principale caratteristica del secondo tratto in parola, qui descritto, sia da ricercarsi attraverso la metafora della rete da veder come sostitutiva della detta gerarchia: con un consequenziale “moto giuridico” che nei suoi passaggi potrebbe essere epitomato con rete v. gerarchia; tra l’altro, corollario del rappresentato movimento in atto potrebbe essere rintracciato [e forse tracciato] nella conversione che la verticalità [riferibile alla gerarchia] sta subendo a favore della orizzontalità [altrimenti ed invece riferibile alla rete]; quindi rete ed orizzontalità da utilizzarsi per meglio combinare fonti diverse (mi limito per adesso alla geografia del diritto), cioè quelle internazionali, quella comunitarie, quelle nazionali e quelle subnazionali le quali devono essere dal giurista integrate e combinate attraverso la ricerca di un ordine che non è a priori ma che deve essere costruito caso per caso [e si pensi qui, solo per un cenno esemplificativo, alla teoria dei controlimiti atta a colorare la prevalenza del diritto comunitario su quello dello stato membro, cosiccome alla teoria che vede un diritto che nella Comunità Europea fa i conti con i ventisette ordinamenti giuridici degli Stati

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Approfondimento n. 9 - Marzo 2010

membri più uno, quello della stessa Comunità - così dovendosi parlare [piuttosto, anziché di ventisette] di ventotto ordinamenti giuridici, per finire poi con la teoria relativa ai controlli di costituzionalità a cui eventualmente sottoporre l’ordinamento internazionale nell’atto di penetrazione di questo nell’ordinamento statuale]. Un ulteriore tratto, il terzo tratto, potrebbe essere epitomato citando governance e governo, o meglio ancora governance v. governo. Per dare un esempio e far più semplice il nostro ragionare sul tema, quando cerchiamo il diritto lo dobbiamo sempre meno cercare nella legge e sempre più lo dobbiamo cercare altrove [facendo ancora riferimento a Paolo Grossi ed alle parole introduttive allo studio del diritto dallo stesso spese - si potrebbe dire come il diritto non coincida con la legge, lo Stato non abbia il monopolio del diritto, anzi lo Stato e la legge siano sotto il diritto]. Si sta sviluppando, o meglio stiamo tornando [e qui è facile il riferimento al Medioevo] ad una pluralità di momenti di produzione del diritto, ed un aspetto sintomatico di ciò potrebbe essere osservato nella curva decrescente della regolazione e nella curva ascendente della regolamentazione [ed in questo caso, trattandosi qui di diritto dell’economia, mi è facile indugiare sulle diverse Autorità e sulla istituzionale attività di queste che si manifesta appunto attraverso la regolamentazione]. Un diritto che una lunga stagione politica [quella anche della codificazione] ha voluto come prodotto esclusivo dello Stato [ed, all’interno di questo, lo ha magari voluto come prodotto principalmente del Parlamento] è ora un diritto che la nuova stagione politica [quella anche della decodificazione] deve accettare come prodotto non più esclusivo dello Stato [ed, all’interno di questo, lo deve intendere come prodotto sempre meno del Parlamento, forse sempre più Governo: e solo quando è rispettata la sintassi dei poteri è il primo che delega il secondo: ed è così ormai accettata la piega secondo la quale, nella migliore delle ipotesi, il compito del Parlamento non sia più quello di legiferare ma - anche e casomai - quello di esercitare un qualche controllo sulla produzione legislativa di altri]. Abbiamo così un diritto che è ormai costretto a subire continui processi di liquidificazione, che tende a farsi così liquido, che forse è ormai liquido, e che quindi percorre la realtà delle cose ovvero ciò che c’è e deve essere normato [se non addirittura ciò che c’è perché è normato] con le caratteristiche proprie di un liquido [ed è qui appena il caso di cenare come si abbia così un diritto che è particellare, con le particelle che lo compongono strutturalmente atte a, se non portate a, scorrere liberamente, soprattutto le une sopra le altre; il diritto liquido di cui parliamo ha volume proprio, ma non forma propria e tuttavia non è comprimibile; il diritto liquido di cui parliamo ha la tendenza a muoversi componendosi e ricomponendosi cosiccome ha la tendenza ad evaporare così cambiando il proprio stato]. Ancora un altro tratto, il quarto tratto: quello epitomabile ricorrendo alla dialettica tra ciò che può essere presentato come integrazione e ciò che invece può essere rappresentato come chiusura [diciamo così, proseguendo la nostra serie, integrazione v. chiusura]. Fino a non molti anni fa, anche alcuni tra i migliori manuali, in senso lato, di diritto privato [citando i quali è possibile così ricomprendere anche il diritto commerciale e così il diritto dell’economia] raccontavano che, anzi si premuravano di dare avvertenza di come, una delle principali caratteristiche [o uno degli elementi caratte-

rizzanti quel diritto] fosse la sua intrinseca statualità; credo sia invece oggi possibile affermare che insistere sull’argomento della statualità o della nazionalità del diritto privato latamente inteso, e quindi anche dell’ecomomia, così attardandosi con un gusto anche un poco antiquario, potrebbe realmente indurre a correre un rischio ormai ingiustificato: quello di farci trovare realmente spaesati rispetto al diritto invece corrente: ciò non significa prescindere dal diritto degli stati, significa solo andare oltre quel diritto, insomma superarlo [perché a superare gli angusti confini geopolitici delle realtà statuali è l’economia ed il mercato che invece si insiste, e correttamente, affinché siano disciplinati - rectius, ordinati - giacché è di ordine giuridico dei mercati che si parla; e se ciò è vero per l’economia ed i mercati, figuriamoci poi se non sia parimenti vero per l’ambiente e la sua gestione. Insistendo ancora sulla nozione di integrazione è anche il caso di far qui cenno alla essenziale comparazione giuridica: e se Gino Gorla [il Maestro italiano della disciplina] nella seconda metà del ’900 prediceva che nel XXI secolo il diritto non avrebbe più potuto essere insegnato come diritto nazionale, ma avrebbe dovuto essere insegnato attraverso la comparazione [almeno dei sistemi giuridici] tenendo peraltro conto, almeno in Italia ed in Europa, del diritto comunitario, per poi spingersi fino alla nuova lex mercatoria - oggi che nel XXI secolo ormai siamo, facendoci diligenti allievi possiamo certamente dire che quanto affermato circa la comparazione, il diritto comunitario e la lex mercatoria non vale solo per l’insegnamento e quindi per la ricerca, ma vale anche per la pratica [per i giuristi, siano essi professori, giudici, avvocati e notai, per gli altri professionisti che maneggiano il diritto, per il mercato ed i suoi soggetti, per la Pubblica amministrazione, a tacer altri]. Allora, così data l’essenziale ed imprescindibile necessità [anche operativa] di veder praticata, anche come metodo, l’integrazione e quindi l’apertura di vasti ed irriducibili orizzonti giuridici; data anche la cennata governance e quindi la regolamentazione ordinata al plurale; data poi la cennata ricostruzione “a rete” e quindi l’orizzontalità assunta dal diritto; data inoltre la dimensione ormai plurale dei livelli e delle fonti del diritto, insomma, tutto ciò dato, è facile percepire come l’immagine più consona a rappresentare il diritto privato dell’economia [anche dell’ambiente] non sia più neanche quella che sembrava essere fino ad ieri già un punto avanzato di descrizione: mi riferisco alla metafora del mosaico anche perché questo è immediatamente percepito come il risultato delle sue diverse ed innumerevoli tessere; oggi la metafora descrittiva forse più spendibile è reputata ormai essere quella del caleidoscopio: così sottolineandosi, proprio nella spendita della metafora, l’intrinseca variabilità del diritto dell’economia corrente, con le sue forme mobili [e liquide appunto] mutevolissime e cangianti al minimo movimento e perciò sempre nuove. [segue]

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* Il presente contributo è qui pubblicato, come evidenziato in epigrafe, nella sua seconda parte [la prima parte è stata pubblicata su questa Rivista n. 8 - dicembre 2009, pag 7] e costituisce ancora la trascrizione dell’intervento effettuato dall’Autore al Forum Internazionale, I edizione, in materia di Economia dei Rifiuti, tenutosi ad Ischia il 25 e 26 settembre 2009, organizzato da Ambrosetti e PolieCo. La trascrizione di detto intervento sarà oggetto di ulteriore completamento nel prossimo numero di questa Rivista.

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In copertina e retro: (foto Massimo Fraticelli)

INDICE Manifestazioni e convegni Istituito il Tavolo di tecnico concertazione volto a proporre modifiche e integrazioni alla Legge n. 45/2007 Verso la modifica delle norme per la gestione integrata dei rifiuti Con il recupero energetico dei rifiuti e la raccolta differenziata spinta l’Abruzzo si prepara alla svolta nella politica della gestione dei rifiuti di Silvia Barchiesi p. 4 Rifiuti Siglato un accordo di programma tra Regione Abruzzo, Federambiente, UPA, ANCI Abruzzo, Lega delle Autonomie Locali Abruzzo, Legambiente, Arcoconsumatori Rifiuti: ridurre si può e conviene Contro il costo economico e ambientale dei rifiuti, la Regione Abruzzo spinge verso la minimizzazione della loro produzione. di Silvia Barchiesi p. 6 Comuni virtuosi Contro lo spreco, “porta a porta” spinto e compostaggio domestico Giuliano Teatino svolta sui rifiuti Riduzione dei rifiuti, dei costi di gestione e dell’inquinamento di Silvia Barchiesi p.

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Aree Protette Dopo la firma del Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, anche la firma del Ministro dell’Economia Tremonti. Via libera all’Area Marina Protetta di Torre del Cerrano Tra i Comuni di Pineto e Silvi, un angolo di paradiso di 3.700 ettari, dove il verde si specchia nel blu. di Silvia Barchiesi

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Eco News Siglato un Accordo di programma tra Regione Abruzzo e CIVETA Emergenza rifiuti: un accordo per superare le criticità del Consorzio Stanziati 1.350.000 euro per riconfigurare il polo impiantistico di Silvia Barchiesi p.

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Regione, Università e Associazioni dei consumatori insieme per educare i cittadini al consumo sostenibile. Il costo ambientale e sociale dei consumi Al via il progetto che punta a formare consumatori responsabili e a spingere i prodotti sostenibili di Silvia Barchiesi

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Qualità ambientale In arrivo 2 milioni e 400 mila euro per il risanamento dei fiumi Saline e Alento Obiettivo dell’Accordo la definizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel sito di interesse nazionale fiumi Saline e Alento di Silvia Barchiesi

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ACIAM SPA Utilizzo del compost in agricoltura Presentato, ad Avezzano, il compost prodotto dal primo impianto regionale che ha ottenuto i marchi di qualità CIC e Compost Abruzzo di Gianluca Di Lorenzo p. 14


MANIFESTAZIONI E CONVEGNI Istituito il Tavolo di tecnico concertazione volto a proporre modifiche e integrazioni alla Legge n. 45/2007

VERSO LA MODIFICA DELLE NORME PER LA GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI Con il recupero energetico dei rifiuti e la raccolta differenziata spinta l’Abruzzo si prepara alla svolta nella politica della gestione dei rifiuti di Silvia Barchiesi

Nella strada che porta alla modifica della L. R. n. 45/07 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”, la Regione Abruzzo compie l’ennesimo passo in avanti. Dopo aver approvato gli indirizzi politico-programmatici per la modifica della normativa nel settore della gestione dei rifiuti (D.G.R. n. 611 del 02/11/09), uno dei punti cardini del programma di Governo e dopo aver approvato, su proposta dell’Assessore all’Ambiente Daniela Stati, una delibera volta ad istituire un “Tavolo tecnico di concertazione”finalizzato al confronto sulle modifiche ed integrazioni alla L.R. 45/07 (D.G.R. n. 810 del 31/12/09), lo scorso 17 febbraio con la prima riunione del “Tavolo di concertazione” è iniziata un’ulteriore fase. “Ora effettuiamo un ulteriore passaggio necessario e indispensabile, la concertazione ed il confronto sulle disposizioni da emanare, sia da un punto di vista tecnico che amministrativo, tra i diversi livelli istituzionali, gli operatori pubblici e le associazioni di categoria interessate”. Così l’Assessore all’Ambiente Daniela Stati ha commentato l’istituzione del Tavolo tecnico, coordinato dal Direttore del settore Ambiente e dal Servizio Gestione Rifiuti a cui partecipano i rappresentati delle Province (2 per ogni Provincia), delle Autorità d’Ambito, dell’ANCI-Abruzzo e della Lega delle Autonomie-Abruzzo, un rappresentante della FISEAssoambiente e di Federambiente, i rappresentanti dei Consorzi comprensoriali dei rifiuti e dell’ARTA, oltre che i rappresentanti di alcune organizzazioni e società che si occupano di questioni ambientali. “L’obiettivo - ha spiegato l’Assessore Stati - è quello di cercare la massima condivisione sulle scelte strategiche da fare e di farlo in modo trasparente e utile nell’interesse della Regione e dei suoi cittadini. Le politiche ambientali stanno a cuore a tutti ed hanno bisogno dell’apporto di tutti, a prescindere dai ruoli e dalle appartenenze”.

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Compito del Tavolo di concertazione sarà dunque quello di elaborare un documento condiviso di proposta di modifica, da porre all’esame della Giunta e al vaglio del Consiglio. Si tratta di un passaggio intermedio, eppure cruciale, nella strada che punta alla modifica della normativa nel settore della gestione dei rifiuti, che a sua volta rappresenta uno dei punti cardine del programma dell’attuale Governo regionale. Il Disegno di Legge regionale che punta alla modifica della Legge n. 45 e che prevede la chiusura del ciclo integrato dei rifiuti con il ricorso anche al recupero energetico dei rifiuti non altrimenti riciclabili e il rafforzamento al tempo stesso di tutte le attività di riciclaggio di materia attraverso la diffusione dei servizi di raccolta differenziata domiciliari, ricalca in pieno gli indirizzi politico- programmatici del “Programma di Governo Chiodi” dove all’interno della Macro - Area di Intervento 9, alla voce “Rifiuti”, si legge: “L’attuale sistema degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) sarà completamente riformato per arrivare all’istituzione di un unico Ente d’Ambito Regionale al quale affidare le funzioni in materia di ciclo idrico integrato e ciclo integrato dei rifiuti. Nell’ottica dell’adozione di provvedimenti che non solo scongiurino il verificarsi di situazioni di emergenza (quali quelle recentemente emerse in Campania) ma assicurino la gestione dei rifiuti in termini di efficienza ed economicità nel rispetto dell’ambiente, sarà necessario: • rafforzare tutta la filiera del ciclo integrato dei rifiuti; • realizzare una forte campagna di promozione sulle famiglie e sulle imprese per ridurre la produzione del rifiuto; • dare un forte impulso alla raccolta differenziata; • creare una rete efficiente delle discariche; • modificare il piano rifiuti per eliminare la soglia di raccolta differenziata, in modo da progettare e realizzare


immediatamente un piano di termovalorizzazione con uno o più impianti sul territorio regionale. Tale percorso sarà necessario per raggiungere gli standards di altre regioni più evolute nella gestione di questo problema, con indubbi vantaggi non solo economici ma anche ambientali. In termini di gestione verranno adottati meccanismi di controllo su appalto di servizi ed affidamenti “in house”. La messa in rete di impianti e competenze, sviluppando opportune sinergie, dovrà tendere ad uniformare le tariffe sul territorio regionale”. La proposta di modifica che apre la strada alla termovalorizzazione sancisce il punto di svolta nella politica della gestione dei rifiuti della Regione che si appresta a virare decisamente verso una scelta politica di recupero energetico dei rifiuti. Di fronte alla previsione di un aumento nel 2010 della quantità di rifiuti urbani del 25% rispetto al 2005, la Regione Abruzzo raccoglie la sfida del recupero energetico. Una maggiore valorizzazione dei rifiuti e il dirottamento dei rifiuti dalle discariche rivestono per la Regione un ruolo fondamentale nel combattere gli impatti ambientali esercitati dai crescenti volumi di rifiuti. L’Assessore all’Ambiente ha anche spiegato che ci sarà un bando pubblico trasparente, serio e corretto, che permetterà a tutti gli Ambiti Territoriali di partecipare e presentare la propria offerta per la costruzione dell’impianto di termovalorizzazione in un sistema di leale concorrenza e di scelte condivise tra la Giunta regionale, i cittadini e le realtà locali. Oggetto di modifica saranno dunque le disposizioni inerenti la “Valorizzazione energetica dei rifiuti urbani” (art. 26 della Legge regionale n.45/2007), riferite alle modalità di avvio a recupero energetico del CDR e dei rifiuti urbani in impianti di incenerimento dedicati. Le Linee di indirizzo per l’aggiornamento della normativa regionale prevedono l’introduzione di meccanismi di carattere competitivo tra ATO diversi (es. riferiti ai livelli di % RD da raggiungere) a cui far seguire, una volta approvate le nuove norme dal Consiglio Regionale, l’approvazione di un “Documento di indirizzo”, da parte della Giunta Regionale, attuativo delle stesse, contenente in particolare: - criteri per l’individuazione delle aree maggiormente vocate in relazione all’ottimizzazione dei costi gestionali e, comunque, nel rispetto dei criteri di localizzazione degli impianti fissati dal presente piano regionale; tenendo conto che in tal caso l’ambito territoriale ottimale per la gestione di tali rifiuti è l’intero territorio regionale; - le migliori tecnologie applicabili in funzione delle più significative esperienze maturate nel contesto nazionale ed internazionale; - indirizzi operativi al fine di garantire la prevalente partecipazione delle AdA alle attività di gestione; - specifiche prescrizioni per garantire misure e campionamenti in continuo ed analisi. Ma se la Regione Abruzzo guarda con interesse al recupero energetico dei rifiuti, con altrettanta attenzione si dedica alle attività di prevenzione e di riduzione della produzione dei rifiuti, di preparazione al riuso e di riciclaggio. Nonostante tutti gli sforzi per promuovere e diffondere sul territorio le raccolte differenziate secondo “sistemi integrati”, basati su servizi di raccolte differenziate domiciliari e/o di prossimità, i dati, seppur incoraggianti, non sono tuttavia entusiasmanti: la media regionale di RD pari al 22.09% nel 2008, nonostante un consistente incremento rispetto al 2007 quando la media di RD si attestava al 18,93% o rispetto al

2006 quando era pari al 16,12%, non è, infatti, in linea né con gli obblighi nazionali in materia di aggiungimento delle percentuali di RD (al 2008 pari al 45%), né con le relative previsioni del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR). Di qui la necessità di un adeguamento/aggiornamento della normativa regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti urbani, secondo le seguenti priorità di intervento delineate dalla D.G.R. n. 611 del 02/11/09 “Linee di indirizzo per l’aggiornamento della normativa regionale in materia di gestione dei rifiuti”: 1. prevenzione e riduzione della produzione e pericolosità dei rifiuti; 2. recupero e riciclo di materiali e prodotti di consumo; 3. recupero energetico dai rifiuti, complementare al riciclo ed a chiusura del ciclo di gestione integrata dei rifiuti; 4. smaltimento in discarica, residuale ed in sicurezza. Le stesse priorità sono state annunciate dall’Assessore Stati che nel corso della prima riunione del Tavolo tecnico ha auspicato l’accellerazione dell’iter amministrativo: “Mi auguro che entro giugno le modifiche alla legge regionale 45 del 2007, dopo il passaggio in Giunta regionale, siano portate in Consiglio regionale per l’approvazione definitiva. La finalità è quella di arrivare ad una modifica importante che vada nella direzione del recupero energetico che, tra l’altro, è tra le priorità indicate nella Scheda Obiettivo numero 9 del Programma di Governo del Presidente Chiodi, quella relativa all’ambiente ed alla tutela del territorio. Il disegno di legge verrà sottoposto all’esame del Consiglio regionale che avrà l’ultima parola, attraverso la modifica o meno della legge regionale, sulla possibilità che in Abruzzo si possa realizzare un termovalorizzatore”. Ma la valorizzazione energetica non esclude il recupero e il riciclo, anzi tutt’altro: “Al tempo stesso - ha puntualizzato la Stati - sarà rafforzata la campagna per la promozione della raccolta differenziata porta a porta che rappresenta un altro dei punti qualificanti della strategia del Governo regionale insieme a quello relativo alla costituzione di un unico ATO (al momento ne esistono quattro) che accorpi le funzioni di gestione del ciclo idrico integrato a quelle di gestione dei rifiuti”. “Sarà un percorso condiviso tra tutti i soggetti - ha assicurato l’Assessore Stati - che, oltretutto, può già fare leva sui primi incoraggianti dati che, rispetto alla raccolta differenziata, segnalano un discreto incremento percentuale. Punteremo sulla raccolta differenziata e sulle politiche del porta a porta mettendo in competizione gli ATO tra di loro: chi otterrà migliori risultati nella raccolta differenziata procederà verso il recupero energetico. Insomma, sì al recupero energetico, sì alla raccolta differenziata. Si potrebbe riassumere in questo slogan la proposta di legge di modifica della Legge n.45/2007”. Oltre a fare il punto sulle proposte di modifica alla Legge regionale, l’istituzione del Tavolo tecnico di concertazione è stata anche l’occasione per l’Assessore Stati di respingere ogni allarmismo sulla situazione rifiuti: “Non siamo affatto in emergenza rifiuti. L’Abruzzo non diventerà mai come la Campania. É inutile negarlo - ha detto l’Assessore - le quattro Province sono in sofferenza, anche se allo stato non si può parlare di emergenza. A livello di volumetria - ha spiegato la Stati- si parla di circa un anno e mezzo di autonomia delle attuali discariche ma, nel frattempo, la Regione si è già mossa ed ha autorizzato, e continuerà a farlo, l’apertura di altri impianti di smaltimento e di trattamento dei rifiuti”.

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RIFIUTI Siglato un accordo di programma tra Regione Abruzzo, Federambiente, UPA, ANCI Abruzzo, Lega delle Autonomie Locali Abruzzo, Legambiente, Arcoconsumatori

RIFIUTI: RIDURRE SI PUÒ E CONVIENE Contro il costo economico e ambientale dei rifiuti, la Regione Abruzzo spinge verso la minimizzazione della loro produzione. di Silvia Barchiesi

Prevenire e ridurre la produzione dei rifiuti è ormai una strategia chiave nell’ambito delle politiche ambientali che la Regione Abruzzo persegue da anni con tenacia e convinzione. Nella lotta alla produzione dei rifiuti, la necessità di coinvolgere anche altri enti, soggetti e operatori sia a livello programmatico che operativo, è impellente, a partire dal sistema regionale delle Autonomie locali. ANCI Abruzzo, Lega delle Autonomie Locali d’Abruzzo e UPA (Unione Province d’Abruzzo), insieme a Federambiente, Legambiente e Arcoconsumatori, sono così i partner ideali per l’avvio di una collaborazione sinergica volta a promuovere e far decollare iniziative e attività in materia di prevenzione e riduzione dei rifiuti. Sono, infatti, questi gli stessi soggetti firmatari dell’Accordo di Programma sulla prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti, volto a promuovere e sviluppare: a. strategie generali condivise tra gli Enti Locali, i soggetti economici della distribuzione commerciale e della produzione dei beni e le Associazioni ambientaliste e dei consumatori, finalizzate ad incentivare azioni volte alla prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti; b. diffusione delle informazioni, educazione e sensibilizzazione dei cittadini verso il contenimento ed una effettiva prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti e verso “acquisti verdi”, frutto di scelte più consapevoli; c. azioni di educazione e sensibilizzazione sulla prevenzione nei confronti di Enti pubblici e soggetti economici della produzione e della commercializzazione dei beni, gruppi di cittadini, ecc.; d. attività di formazione di operatori pubblici ed altri soggetti interessati sui temi della prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti; e. scambio di esperienze e di buone pratiche tra gli Enti, le Associazioni ed altri soggetti competenti e/o interessati; f. programmazione e attuazione delle diverse iniziative sul territorio regionale. “Ridurre si può e conviene”: è questo il titolo dell’Accordo, elaborato dal Servizio Gestione Rifiuti e sottoscritto dalle parti, che allo stesso tempo suona anche come un invito e un appello a imprese e cittadini ad adottare buone pratiche ambientali. Prevenire la formazione di rifiuti e limitarne la produzione e la pericolosità, conviene dal punto di vista tecnico, economico, ambientale e sociale. Solo la prevenzione

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dei rifiuti è, infatti, in grado di innescare un meccanismo virtuso sia sotto il profilo ambientale che economico. Riduzione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti, riduzione dei consumi energetici e dell’inquinamento, conservazione delle risorse naturali e risparmio della capacità nelle discariche sono solo alcuni dei vantaggi di una politica a favore della riduzione dei rifiuti. Insomma la produzione dei rifiuti è un costo, sia in termini ambientali che economici. Accanto ad una precisa e rigorosa pianificazione e programmazione di tutte le fasi necessarie alla buona gestione del sistema integrato della gestione dei rifiuti (raccolta differenziata, impianti di trattamento, riutilizzo, recupero e smaltimento) occorre, così, oggi più che mai, porre in atto azioni di riduzione della produzione dei rifiuti, di prevenzione e minimizzazione. Del resto, è questo l’impegno previsto dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR), approvato con la L.R. n. 45/07 che mira all’obiettivo di diminuzione della produzione dei rifiuti del 5% al 2011 (partendo dai dati di riferimento del 2005). La spinta a invertire la rotta nella produzione dei rifiuti viene così dalla Regione Abruzzo che tramite il presente Accordo, in collaborazione con gli Enti locali e le Associazioni ambientaliste e dei consumatori, punta a stemperare stili di vita orientati al consumo, oltre che la propensione del sistema produttivo verso i rifiuti di imballaggio. Lattine, vasetti di vetro, bottiglie di plastica, confezioni di polistirolo e cellophane occupano, infatti, almeno la metà delle nostre pattumiere. Il processo di “ri-educazione” non coinvolge, però, solo i cittadini-consumatori che vanno sensibilizzati all’uso dei dispenser, all’acquisto dei prodotti alla spina, al riciclo e alla pratica del compostaggio, ma anche gli Enti locali, spesso poco consapevoli dei risvolti ambientali delle loro scelte o dei loro acquisti. Di qui la necessità e l’urgenza di spingere gli Acquisti Verdi o Green Public Procurement, ovvero l’introduzione organizzata di criteri ambientali e sociali nelle politiche di acquisti (gare/appalti) di beni e servizi, al fine di ridurre “a monte” gli impatti ambientali e sociali degli acquisti degli Enti Pubblici o delle imprese e favorendo l’utilizzo di prodotti “ecocompatibili”, ovvero più puliti, riciclabili, recuperabili, riutilizzabili e prodotti con processi innovativi nell’utilizzo di materiali. Più in dettaglio, gli impegni che la Regione Abruzzo assume con l’Accordo in questione sono i seguenti: 1. promuovere strumenti incentivanti o penalizzanti


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(es. ecofiscalità, ordinanze presidenziali, direttive regionali, ecc.), finalizzati a contenere e ridurre la quantità di rifiuti prodotti o la loro pericolosità da parte di soggetti pubblici e privati; favorire e promuovere iniziative per la diffusione di “Acquisti verdi”, anche ai sensi dell’art. 25 della L.R. 45/07 e s.m.i. avente per oggetto: “Programma d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi pubblici”; coinvolgere il CONAI ed i Consorzi Nazionali di filiera nelle attività individuate dal “Programma operativo annuale”; adottare, ai sensi della L.R. 45/07 e s.m.i., “direttive” e/o “linee guida”, per indirizzare e supportare tutti i soggetti interessati verso le migliori pratiche di prevenzione e riduzione di rifiuti; prevedere risorse finanziarie, nell’ambito della programmazione annuale di bilancio, per supportare l’attuazione delle attività.

Daltra parte, l’UPA (Unione Province d’Abruzzo) si impegna a mettere in campo le seguenti azioni: 1. sensibilizzare le Province ad adottare iniziative finalizzate alla diffusione di azioni di minimizzazione della produzione dei rifiuti; 2. promuovere l’adozione da parte delle Province di capitolati speciali d’appalto per l’acquisto di beni e servizi contenenti criteri che tengano conto della prevenzione e minore produzione di rifiuti e/o recupero-riciclo dei rifiuti; 3. collaborare con Enti ed Associazioni alla sperimentazione di forme concrete di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti. La sensibilizzazione dei Comuni è, invece, la principale attività in capo all’ANCI Abruzzo e alla Lega delle Autonomie Locali d’Abruzzo. Entrambe, infatti hanno il compito di: 1. sensibilizzare i Comuni alla realizzazione di politiche locali finalizzate alla crescita culturale e consapevolezza dei cittadini dell’importanza delle buone pratiche ambientali con priorità per quelle finalizzate alla prevenzione e minimizzazione della produzione dei rifiuti, recupero-riciclo dei rifiuti; 2. sensibilizzare i Comuni affinché introducano nei regolamenti di gestione dei rifiuti, disposizioni finalizzate alla prevenzione e riduzione dei rifiuti; 3. sensibilizzare i Comuni ad introdurre nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici punteggi aggiuntivi per coloro che dimostrano di attuare ini-

ziative di prevenzione e/o riduzione della produzione di rifiuti; 4. favorire iniziative per la diffusione degli “acquisti verdi”. Tra i compiti di Legambiente Abruzzo e Arcoconsumatori ci sono quelli di: 1. organizzare iniziative con gli Enti, i Soggetti economici della produzione e della distribuzione di beni ed altre Associazioni per promuovere la prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti, nonché valutare le richiestee e opinioni degli utenti; 2. inserire nella propria programmazione di iniziative (eventi annuali, premiazioni speciali, ecc.), che abbiano ad oggetto la prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti. Infine, Federambiente si impegna a: 1. organizzare, in collaborazione con Legambiente, un seminario regionale del ciclo “Verso il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti: partire dalle esperienze locali”; 2. raccogliere, anche sulla base delle indicazioni e delle informazioni fornite dalla altre parti e pubblicare, nell’ambito della Banca nazionale on line di Federambiente sulla prevenzione dei rifiuti, le buone pratiche attuate nel territorio regionale; 3. collaborare, nelle forme possibili, alla diffusione di campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte a soggetti pubblici e privati sui temi della prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti; 4. informare e/o consultare le altre parti in occasione di dell’organizzazione di eventi o nell’elaborazione di progetti e/o studi nazionali in materia di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti. A vigilare sull’attuazione degli obiettivi dell’Accordo, dalla durata triennale, sarà un Gruppo di Lavoro, costituito dai rappresentanti della Regione Abruzzo e degli Enti e delle Associazioni coinvolti.

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COMUNI VIRTUOSI

Contro lo spreco,“porta a porta” spinto e compostaggio domestico

GIULIANO TEATINO SVOLTA SUI RIFIUTI

Riduzione dei rifiuti, dei costi di gestione e dell’inquinamento di Silvia Barchiesi

Parte da Giuliano Teatino la rivoluzione in materia di gestione dei rifiuti urbani. Dopo aver raccolto la sfida del “porta a porta” e del compostaggio domestico, il piccolo Comune del chietino abruzzese con i suoi 1340 abitanti, si impone come un modello “pilota” da replicare. “Ci siamo ispirati alla natura che non produce rifiuti: ricicla tutto”. Così il Sindaco Dora Di Ciano commenta il nuovo sistema di raccolta dei rifiuti urbani, orientato al recupero, più che allo smaltimento. Ad eccezione dell’organico, smaltito completamente con la pratica del compostaggio domestico, la raccolta differenziata spinta riguarda, infatti, tutte le frazioni di RSU ed in particolare: - carta, cartone e cartoncino; - plastica e imballaggi in plastica; - vetro e imballaggi in vetro; - metalli e imballaggi in acciaio e alluminio; - secco non riciclabile. I numeri parlano chiaro: avviata lo scorso giugno, in soli pochi mesi, la raccolta differenziata nel piccolo Comune abruzzese ha già raggiunto la soglia dell’80%, (passando da 35mila tonnellate di RSU inviati in discarica nel mese di luglio 2009 a 4,9 tonnellate nel dicembre 2009) e punta a sfiorare l’obiettivo del 90% nei prossimi mesi. Merito dei cittadini, collaborativi non solo nel far decollare il porta a porta, ma anche nell’avviare il compostaggio domestico che interessa il 100% delle utenze. A tutti gli utenti sono stati, infatti, consegnati gratuitamente i contenitori specifici per ogni tipologia di rifiuto e una compostiera per l’umido. I vantaggi, oltre che ambientali, sono anche economici. Per rendersene conto basta scorrere la lista di segni meno che il piccolo Comune del Chietino ha incassato gra-

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zie al Progetto sperimentale “100% compostaggio domestico”, frutto di un protocollo di intesa tra Comune di Giuliano Teatino e Regione Abruzzo, approvato con D.G.R. n. 1190 del 04/12/08: - 35% la produzione totale dei rifiuti, incluso l’organico; - 40% di risparmio annuale sui costi di gestione (raccolta, selezione e smaltimento); - 50.000 kmanno evitati su strade e autostrade; - 2.237 tonnellate di CO2 risparmiate ogni anno; - 23% la riduzione sulla bolletta rifiuti per tutte le utenze che praticano il compostaggio. Il drastico abbattimento dei rifiuti conferiti in discarica è comunque il risultato più eclatante: dalle 8/10 tonnellate settimanali, con l’introduzione della pratica del compostaggio domestico che ha sottratto l’umido alla discarica, si è passati a circa una tonnellata alla settimana. Insomma, a Giuliano Teatino contro lo spreco via libera al riciclo: anche il compost derivante dal compostaggio sarà riutilizzato dagli stessi cittadini o ritirato dal Comune e utilizzato per la fertilizzazione delle aree verdi pubbliche. A guadagnarci non è solo l’ambiente, ma anche le tasche dei cittadini: con la drastica riduzione dei rifiuti in discarica e la netta riduzione dei passaggi le tariffe per i virtuosi cittadini di Giuliano Teatino saranno, infatti, meno salate. Il Comune, grazie anche all’aquisto di un sistema integrato di pesatura e riconoscimento ottico dei contenitori, convertirà l’attuale tassa sui rifiuti in tariffa puntuale, attribuendo ad ogni utente l’esatto quantitativo di rifiuto prodotto su cui calcolare la corrispondente tariffa e prevedere un opportuno sistema di premi e penalizzazioni. Riduzione della produzione dei ri-

fiuti, riduzione dei costi del servizio, riduzione dei consumi di combustibile e di usura dei mezzi, riduzione dei gas inquinanti in atmosfera. Sta in questa serie di segni “meno” la ricetta della svolta del piccolo commune abruzzese in materia di gestione di rifiuti. “Siamo una piccola realtà che vuole attuare uno sviluppo sostenibile che, secondo la definizione tradizionale, è uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie – ha dichiarato il primo cittadino - La gestione della filiera dei rifiuti costituisce un nuovo tassello allo sviluppo sostenibile che l’Amministrazione comunale ha già avviato da tempo anche con altre iniziative”. A segnare la strada è stata la Regione Abruzzo, da tempo impegnata nel realizzare politiche ambientali, in particolare nel settore rifiuti, più efficaci ed efficienti, in vista del raggiungimento nel 2011 dell’obiettivo di riduzione del 5% della produzione dei rifiuti. Il Comune di Giuliano Teatino con coraggio e convizione l’ha imboccata. Non rimane che seguirlo. È questo l’invito rivolto dall’Assessore regionale all’Ambiente Daniela Stati alle altre Amministrazioni e a tutti i cittadini: “É necessario un reale salto culturale di tutti gli abruzzesi che trasformi la pratica della raccolta differenziata da atto straordinario a naturale quotidianità. Il percorso virtuoso intrapreso dal Comune di Giuliano Teatino è un buon inizio. La vera sfida che il Comune di Giuliano Teatino e tutti i cittadini dovranno e sapranno vincere, sarà il consolidamento di tali buone pratiche di gestione dei rifiuti negli anni futuri”.


AREE PROTETTE

Dopo la firma del Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, anche la firma del Ministro dell’Economia Tremonti.

VIA LIBERA ALL’AREA MARINA PROTETTA DI TORRE DEL CERRANO

Tra i Comuni di Pineto e Silvi, un angolo di paradiso di 3.700 ettari, dove il verde si specchia nel blu. di Silvia Barchiesi foto di Massimo Fraticelli

Dopo un iter burocratico durato oltre 12 anni, la “regione verde d’Europa”, con oltre il 30% di territorio protetto, incassa un’altra conquista: l’“Area Marina Protetta Torre del Cerrano” è finalmente realtà. La firma del maggio 2009 da parte del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo e quella del Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti mettono fine alle lungaggini burocratiche e consacrano lo specchio d’acqua compreso, nel tratto teramano, tra i Comuni Pineto e Silvi ad Area Marina Protetta. L’Area, estesa su 3.700 ettari, che ricomprende 7 km di duna sabbiosa lungo la riva, compresa tra la foce del Calvano e la stazione ferroviaria di Silvi, si estende fino a 3 miglia nautiche. Qui, dove il verde dei monti si specchia nell’azzurro del mare, la natura incontra la storia. Al di là della rilevanza naturalistica della riserva, spicca, infatti, anche quella storico-archeologica: proprio nelle acque antistanti la Torre di Cerrano, si trovano i resti dell’antico porto romano di Atri. Ma non solo. Il connubio natura-storia riecheggia anche nello stesso nome della riserva, Torre del Cerrano, che abbina il nome del torrente Cerrano che scende dalle colline di Atri e che sfocia nella marina di Silvi, a quello della Torre, utilizzata nel XVI secolo dagli spagnoli,

come baluardo contro i pirati saraceni e oggi sede del Reparto Biologia Marina e Fluviale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”. Prorio qui, all’interno della storica Torre, oggi completamente restaurata, si trova un impianto sperimentale di acquacoltura di alta tecnologia e all’avanguardia. La superficie dell’Area Protetta ricomprende diverse zone, ognuna con un differente grado di tutela e quindi con un diverso regolamento: una ristretta zona B, un quadrato di circa 1 km di lato di fronte a Torre Cerrano, una più estesa zona C di 14 km², che si sviluppa per più di un miglio marino fino a circa 2 km dalla costa e un’ampia zona D di forma trapezoidale, di circa 22 km² che si estende fino al limite delle 3 miglia. A far guadagnare all’Area lo status di Area Protetta è proprio l’ambiente marino che ai tipici fondali sabbiosi adriatici (che caratterizzano la porzione più estesa dell’Area) alterna alcune parti di scogliere di fondo e che vanta una nutrita schiera di specie animali marine pelagiche e betoniche e una piccola rappresentanza di specie vegetali. Sede di ripopolamento e di studio dell’ecosistema marino, l’Area Marina Protetta di Torre del Cerrano è finalmente realtà!

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ECO NEWS

Siglato un Accordo di programma tra Regione Abruzzo e CIVETA

EMERGENZA RIFIUTI: UN ACCORDO PER SUPERARE LE CRITICITÀ DEL CONSORZIO Stanziati 1.350.000 euro per riconfigurare il polo impiantistico

di Silvia Barchiesi

Per superare le gravi criticità ambientali e finanziarie del CIVETA, il Consorzio intercomunale per il trattamento dei rifiuti nell’area del Vastese, ormai da tempo in emergenza per via del mancato conseguimento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per tutto il polo impiantistico, oltre che per l’ormai saturazione della discarica di servizio e l’indisponibilità della “nuova”, scende in campo la Regione Abruzzo che stanzia un milione e 350 mila euro per mettere fine alla grave situazione emergenziale in cui versa il Consorzio. È quanto prevede un Accordo di programma, approvato dalla Giunta regionale in data 30 novembre e sottoscritto lo scorso 22 dicembre dalla Regione Abruzzo e dal Consorzio intercomunale per il trattamento dei rifiuti nell’area del Vastese, localizzato in località “Valle Cena”, nel Comune di Capello. L’obiettivo dell’Accordo e dei finanziamenti regionali è la riconfigurazione ed il potenziamento dello stesso polo impiantistico per affrontare, secondo criteri di economicità, razionalità ed efficienza, la gestione integrata del ciclo dei rifiuti urbani nel territorio in questione, risolvendo così le criticità ambientali e gestionali del CIVETA che impediscono il rilascio dell’autorizzazione della discarica di servizio all’impianto, nonché l’adeguamento alle prescrizioni rilasciate per l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). L’Accordo prevede, infatti, un’effettiva collaborazione tra Regione e CIVETA: - da un lato, infatti, il Consorzio si è impegnato ad eliminare le criticità relative al nuovo invaso di discarica, che ne avevano compromesso il rilascio delle necessarie autorizzazioni (VIA in sanatoria, AIA) e a rimuovere, entro il 31 marzo 2010, i rifiuti stoccati nelle aie di stabilizzazione/ maturazione dell’impianto di trattamento meccanico-biologico, causa di una non puntuale attuazione delle disposizioni dell’AIA;

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- dall’altro, la Regione si impegna ad erogare 350 mila euro per la realizzazione della “linea trattamento fanghi” e almeno un milione di euro per interventi di adeguamento funzionale dell’impianto e di ripresa dell’attività gestionale. In particolare, la Regione Abruzzo si impegna a: a) previa presentazione di apposita richiesta da parte del Consorzio C.I.V.E.TA., correlata da apposita relazione tecnica che individui gli interventi necessari per adeguare l’impianto alle migliori tecniche disponibili di settore di cui all’art. 4 del D.Lgs. 59/2005 e s.m.i., ad esaminare ed approvare una rimodulazione temporanea all’AIA n. 125/2009, prevedendo il complesso impiantistico costituito dalle seguenti linee di trattamento: - impianto di trattamento meccanico-biologico (TMB) per il trattamento del solo flusso indifferenziato dei RU; - piattaforma ecologica per il trattamento e la valorizzazione delle sostanze recuperabili raccolte con il sistema differenziato; - post gestione della discarica esaurita; b) sospendere la procedura sanzionatoria, compatibilmente al quadro normativo vigente, avviata ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 59/2005 e s.m.i., esclusivamente per le inadempienze di cui all’art. 4 dell’AIA n. 125/112 del 30.06.2009; c) valutare la rassegnazione da parte del Servizio regionale e degli organi competenti del contributo finanziario (Euro 315.000,00), già concesso nell’ambito dei fondi del PRTTRA 2006-2008, per la realizzazione della “linea trattamento fanghi” con linea essiccazione, attualmente in fase di procedura di revoca; d) erogare al Consorzio C.I.V.E.T.A. un contributo di almeno Euro 1.000.000,00, previa adozione

degli atti amministrativi necessari da parte degli organi competenti, nell’ambito dei programmi finanziari regionali di cui al PRTTRA 2006-2008 e s.m.i., al fine di realizzare gli interventi urgenti ed impiantistici funzionali al ripristino della corretta gestione delle attività del complesso impiantistico; e) convocare celermente, alla conclusione del procedimento di V.I.A. in sanatoria, l’apposita conferenza dei servizi, ai sensi del D.Lgs. 59/05 e s.m.i., per l’approvazione della nuova discarica di servizio all’impianto di TMB; f) coinvolgere la Provincia di Chieti, affinché si impegni, in collaborazione del C.I.V.E.T.A. ad assicurare il corretto smaltimento degli scarti e sovvalli prodotti dall’attività di trattamento e valorizzazione del complesso impiantistico presso impianti di smaltimento autorizzati nell’ATO n. 3 e/o altra soluzione percorribile; inoltre, a richiedere alla Provincia di Chieti perché provveda a: - svolgere le funzioni di controllo e vigilanza ai sensi dell’art. 5 della L.R. 45/2007 e s.m.i.; - monitorare costantemente, in collaborazione dell’ORR, i dati sulle raccolte differenziate dei Comuni facenti parte del C.I.V.E.T.A., al fine di verificare, il raggiungimento degli obiettivi di legge ed il rispetto del cronoprogramma. Gli Organi del Consorzio CIVETA provvederanno rispettivamente: a) il CdA ad eliminare gradualmente e comunque non oltre il 31.03.2010, le criticità gestionali relative all’impianto di TMB con la rimozione dei rifiuti stoccati nelle aia di stabilizzazione/maturazione, causa di una non puntuale attuazione delle disposizioni di cui all’AIA n. 125/112 del 30.06.2009; b) l’Assemblea ad approvare il bilancio di previsione del Consorzio cosi co-


c)

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me deliberato dal CdA, con impegno formale al ripiano dei debiti assunti nei confronti di altri operatori del settore; l’Assemblea alla rimodulazione delle tariffe, secondo criteri di trasparenza e congruità delle stesse e/o secondo eventuali disposizioni regionali; superare entro il 31.12.2009, relativamente alla “nuova” discarica di servizio le criticità ambientali evidenziate dall’ARTA nel parere di cui alla nota prot.n. 1570 del 21.10.2009 e successive note rimesse al SGR, al fine di poter procedere da parte del competente Comitato regionale VIA, all’esame del progetto della nuova discarica per l’approvazione di una VIA a sanatoria; trasmettere entro il 31.03.2010, ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 59/05 e s.m.i. un apposito progetto di revamping del complesso impiantistico che preveda: - il raddoppio della linea di trattamento della FORSU, ai fini della produzione del “compost di qualità”, dagli attuali potenzialità di 30.000 t/a a 60.000 t/a; - l’esercizio della linea trattamento fanghi di depurazione. prevedere l’eventuale realizzazione, sentiti i Comuni interessati, di un “centro di trasferenza” della FORSU prodotta dai Comuni del consorzio, organizzando il recupero della stessa presso impianti di compostaggio autorizzati, anche al fine di aderire al programma di cui ai seguenti atti amministrativi: DGR n. 1528/06, DGR n. 604/2009 e DD n. 203/2009, con i quali la Regione Abruzzo ha istituito il marchio di qualità “Compost Abruzzo” (CA); presentare entro il 31.01.2010 un “cronoprogramma”, che preveda il potenziamento e la diffusione delle raccolte differenziate dei Comuni, secondo sistemi di raccolta domiciliari “porta a porta”, per i servizi che sono direttamente gestiti da parte del

Consorzio, anche per aderire alle disposizioni di cui all’art. 23 della L.R. 45/2007 e s.m.i. Il cronoprogramma previa valutazione tecnica, sarà approvato dal competente SGR della Regione Abruzzo. Un apposito gruppo di lavoro, coordinato dal commissario ad acta Marco Famoso e costituito da rappresentanti della Regione, della Provincia di Chieti e dell’ARTA, monitorerà gli adempimenti e gli effetti dell’Accordo che porterà nei prossimi tre anni, alla riconversione delle finalità dell’impianto di trattamento meccanico-biologico che non sarà utilizzato per il solo trattamento della materia organica del rifiuto per la produzione di compost di qualità, ma anche per il flusso indifferenziato. In particolare, l’apposito gruppo di lavoro avrà il compito di: - verificare e controllare l’utilizzazione delle somme messe a disposizione del C.I.V.E.T.A; - verificare e controllare l’esecuzione delle eventuali procedure di appalto, forniture, gare e quanto altro necessario alla realizzazione degli interventi; - verificare e controllare la corretta esecuzione dei lavori di adeguamento impiantistico previsti dal presente Accordo; - valutare l’eventuale rimodulazione del cronoprogramma in relazione agli obiettivi che saranno raggiunti, anche al fine di prevedere la conclusione del presente Accordo; - individuare tutte le ulteriori attività in relazione al raggiungimento delle finalità del presente Accordo; - valutare il coinvolgimento dei rappresentanti del C.I.V.E.T.A. (CdA, Direttore amministrativo, direttore tecnico, ecc.), nelle attività di vigilanza e controllo degli interventi connessi all’attuazione del presente Accordo; - relazionare trimestralmente al Presidente della Giunta Regionale, al componente della Giunta regionale

ed alla Direzione regionale Protezione Civile - Ambiente. A sottolineare l’importanza dell’Intesa siglata con il Consorzio CIVETA è stata lo stesso Assessore regionale all’Ambiente, Daniela Stati, proprio in occasione della presentazione dell’Accordo: “La Regione Abruzzo sta facendo con la dovuta celerità tutto ciò che deve fare per risolvere la difficile situazione del CIVETA. Questo Accordo è molto importante e strategico per la Regione che con oltre un milione di euro fa un investimento notevole per risolvere le criticità strutturali del CIVETA. Ciò significa impedire la morte di un impianto strategico per l’Abruzzo; risolvere le problematiche di una struttura pubblica; dare un forte segnale non solo sul fronte rifiuti e occupazione, ma anche sul senso di responsabilità dei Sindaci”. Anche il consigliere regionale Giuseppe Tagliente, intervenuto a nome pure dei colleghi Antonio Prospero e Nicola Argire, ha invocato il senso di responsabilità da parte dei Sindaci: “Questo Accordo sottolinea la volontà della Regione di soccorrere il CIVETA, a condizione, però, che il Consorzio ed i Sindaci, finora latitanti, dimostrino uguale volontà, approvando il Bilancio di previsione ed un Piano di rientro dal deficit che preveda tagli ed un esame critico della politica fallimentare portata avanti dal Consorzio fino ad oggi e della cattiva gestione degli ultimi anni”. “Lo stanziamento dei finanziamenti regionali previsti dall’Accordo finalizzati all’ammodernamento della struttura dal punto di vista delle tecnologie e della logistica - ha concluso Tagliente - consentirà finalmente al CIVETA di ripartire”. L’Accordo, che punta alla riconfigurazione e al potenziamento del polo impiantistico, segna così un primo passo di svolta nella gestione dei rifiuti nella Provincia di Chieti.

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Regione, Università e Associazioni dei consumatori insieme per educare i cittadini al consumo sostenibile.

IL COSTO AMBIENTALE E SOCIALE DEI CONSUMI

Al via il progetto che punta a formare consumatori responsabili e a spingere i prodotti sostenibili di Silvia Barchiesi

Informare sui costi ambientali e sociali dei consumi per formare consumatori responsabili e consapevoli: è questo l’obiettivo della convenzione, sottoscritta tra Regione Abruzzo, Università Telematica “Leonardo da Vinci”, Dipartimento delle Scienze aziendali e ambientali dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” e Associazioni dei consumatori (Adiconsum, ADOC, Arco, Associazione consumatori abruzzesi, Codacons, Codici, Federconsumatori e Guardiacivica) che mira alla realizzazione del progetto “Il Costo ambientale e sociale dei consumi”. Il progetto, finanziato con 357.000 euro, punta a promuovere attività di sensibilizzazione e formazione dei cittadini al consumo sostenibile, rivolte in particolare ai giovani, al mondo della scuola e al mondo del lavoro, oltre che attività di ricerca sulla valutazione degli effetti economici e sociali della produzione e del consumo. Lo scopo? Diffondere tra i cittadini un corretto stile di consumo, una sorta di vademecum del consumatore attento e responsabile di “buone pratiche di consumo”, spingere, una volta per tut-

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te, la domanda di prodotti sostenibili e a chilometri zero, oltre che promuovere le fonti rinnovabili ed il risparmio energetico. “La Regione Abruzzo insieme alle Regioni Marche, Umbria, Puglia e Toscana ha deciso di aderire ad un programma promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico - ha spiegato il Vice Presidente della Regione e Assessore allo Sviluppo economico, Alfredo Castiglione - In questo modo sarà possibile attivare interventi, in modo coordinato ed efficace, guardando soprattutto all’informazione e formazione al consumo sostenibile”. “L’obiettivo di fondo - ha continuato Castiglione - è quello di creare un circolo virtuoso tra produzione, commercio e consumo dei prodotti così i cittadini cambieranno anche i propri comportamenti promuovendo consumi più corretti e responsabili, consapevoli che ogni loro scelta orienta la domanda e modifica l’economia, riappropriandosi in pieno del diritto di scelta e risparmiando risorse economiche ed ambientali”. Ricerca, informazione e formazione.

La catena dell’educazione allo sviluppo sostenibile parte così dall’Università, raggiunge la società civile, passando per scuola e il lavoro e arriva a scuotere il mercato. In quest’ottica si gioca la collaborazione con l’Università “Leonardo da Vinci”. “Le azioni affidate alla nostra Università - spiega il Prof. Fabio Capani, Rettore dell’Ateneo Telematico - oltre a quelle più propriamente formative, riguardano anche temi che vanno dalla individuazione dei portatori di interesse da coinvolgere, al censimento delle attività educative al consumo sostenibile nel territorio, dalla formazione del personale delle associazioni di consumatori, alla realizzazione della learning community di progetto, dal censimento tra istituzioni e mondo imprenditoriale delle buone pratiche, fino alla relativa promozione”. Queste le principali attività affidate ai ricercatori dell’UNIDAV che, grazie alla Convenzione, potranno avvalersi anche del contributo scientifico dei ricercatori del Dipartimento di Scienze aziendali, statistiche, tecnologiche ambientali dell’Università “G. d’Annunzio”.


QUALITÀ AMBIENTALE

IN ARRIVO 2 MILIONI E 400 MILA EURO PER IL RISANAMENTO DEI FIUMI SALINE E ALENTO Obiettivo dell’Accordo la definizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel sito di interesse nazionale fiumi Saline e Alento di Silvia Barchiesi

Contro l’emergenza ambientale che grava lungo la fascia fluviale dei fiumi Saline e Alento il Ministero dell’Ambiente si mobilita. È stato, infatti, siglato lo scorso 25 febbraio presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare l’Accordo di programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel Sito di Interesse Nazionale “Fiumi Saline e Alento”. A siglare l’Accordo, oltre all’Assessore regionale all’Ambiente Daniela Stati, i rappresentanti delle Province di Pescara e Chieti e i rappresentanti degli otto Comuni interessati: Cappelle sul Tavo (PE), Città Sant’Angelo (PE), Collecorvino (PE), Francavilla al Mare (CH), Montesilvano (PE), Moscufo (PE), Ripa Teatina (CH), Torrevecchia Teatina (CH). Ammontano a 2.404.245,00 euro i finanziamenti stanziati dall’Accordo: - 2.304.245,00 euro stanziati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con D.M. 18.09.2001, n. 468; - 100.000,00 euro stanziati dalla Regione Abruzzo. L’obiettivo è il rientro dell’emergenza ambientale che da anni colpisce il Sito di Interesse Nazionale “Fiumi Saline e Alento”, incluso nell’elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale dal D.M. 468/01, la cui superficie totale risulta pari a 1.132 ha. I finanziamenti andrebbero a coprire le spese per la bonifica ed il ripristino ambientale della fascia fluviale dei due corsi d’acqua, il Saline (circa 24 km di asta fluviale, comprensiva dei due fiumi Fino e Tavo che lo alimentano, per un totale di circa 850 ha) e l’Alento (circa 10 km per un totale circa di 282 ha). È qui, lungo i loro argini che si trovano numerosi abbandoni di rifiuti e discariche abusive. Per non parlare degli scarichi liquidi incontrollati lungo le aste dei due fiumi. A valle della discarica comunale di Montesilvano nelle acque del fiume Saline si è riscontrata presenza di percolato, aumento di solfati, cromo e nichel. I risultati del Piano di caratterizzazione delle aree pubbliche hanno evidenziato contaminazione da diossine nei suoli agricoli, che è stata riscontata anche nelle matrici dei sedimenti fluviali e marini. Di qui l’urgenza degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica delle aree contaminate che consentano il recupero ambientale dell’area, condizione essenziale anche per il suo sviluppo economico-produttivo. In particolare, le risorse stanziate grazie all’Accordo dovranno essere impiegate per l’attuazione dei seguenti interventi: 1. Misure di prevenzione e interventi di messa in sicurezza: - ordinanze e misure di prevenzione nelle zone risultate contaminate - superamento delle concentrazioni

soglia di contaminazione (CSC); - asportazione e rimozione dei rifiuti interrati (600.000 euro, di cui 550.000,00 a carico del Ministero e 50.000,00 euro a carico della Regione); 2. Indagini integrative di caratterizzazione: - progettazione delle indagini integrative (50.000,00 euro); - realizzazione di indagini dirette, ricognizioni in campo e ricostruzione dello stato qualitativo del sito, necessari per la progettazione degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanent (180.000,00 euro); - individuazione delle sorgenti di contaminazione della falda (50.000,00 euro). 3. Progettazione ed esecuzione degli interventi: - progettazione e degli interventi di messa in sicurezza e/o bonifica di suoli e falda (150.000,00 euro); - realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e/o bonifica di suoli e falda (1.054.245,00 euro); - progettazione degli interventi di bonifica dei sedimenti fluviali e marini interna al SIN (50.000,00 euro); - esecuzione degli interventi di bonifica dei sedimenti fluviali e marini interna al SIN (150.000,00 euro); 4. Attività istruttoria, verifica interventi (20.000,00 euro). 5. Attività di ispezione, controlli, valutazioni di carattere sanitario e valutazioni epidemiologiche (100.000,00 euro di cui 50.000,00 euro a carico del Ministero e 50.000,00 euro a carico della Regione). Oltre alla Regione, alle due Province di Pescara e Chieti e agli 8 Comuni interessati, per le attività di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda e dei suoli e la messa in sicurezza dell’arenile, l’Accordo prevede il coinvolgimento anche di ISPRA, ARTA Abruzzo, Istituto Superiore di Sanità e Ispettorato dell’Agricoltura. Grande soddisfazione per il raggiungimento dell’Intesa è stata espressa dall’Assessore all’Ambiente Daniela Stati che non ha mancato l’occasione per rilanciare altre impellenti richieste: “Stiamo recuperando ritardi annosi negli interventi di messa in sicurezza dei siti da bonificare. Nei prossimi giorni terremo una riunione operativa con gli Enti coinvolti per stabilire le modalità di utilizzo delle risorse che ammontano a circa due milioni e mezzo di euro e stabilire inoltre interventi per bonifiche e ripristini ambientali dei siti. Inoltre, ho sollecitato il Ministero a stanziare ulteriori risorse per il Sito di Interesse Nazionale di Bussi sul Tirino per il quale ho proposto la sottoscrizione di un identico Accordo di programma”.

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ACIAM SPA

UTILIZZO DEL COMPOST IN AGRICOLTURA

Presentato, ad Avezzano, il compost prodotto dal primo impianto regionale che ha ottenuto i marchi di qualità CIC e Compost Abruzzo di Gianluca Di Lorenzo

Si è tenuto lo scorso 23 febbraio, presso i locali dell’ARSSA Abruzzo di Avezzano, il Convegno dal titolo “Utilizzo del compost di qualità in agricoltura”. È stata l’occasione ideale per presentare al mondo agricolo marsicano il compost prodotto nell’impianto di compostaggio di Aielli, primo impianto in Regione ad ottenere i marchi di qualità CIC e Compost Abruzzo, al fine di proporlo come valida alternativa ai fertilizzanti chimici già utilizzati per la concimazione dei terreni. Ad aprire il convegno è stato il Presidente di ACIAM S.p.A. Avv. Luigi Ciaccia, che ha introdotto il tema, richiamando all’attenzione del mondo agricolo locale, le principali peculiarità dell’impianto di compostaggio, nonché l’iter certificativo seguito per ottenere dal Consorzio Italiano Compostatori, il prestigioso marchio di qualità. A seguire il Dott. Massimo Centeme-

confronto agli addetti ai lavori. L’Ing. Paolo Recchia, direttore dell’impianto di compostaggio di Aielli, ha descritto il processo di produzione del compost, soffermandosi sulle caratteristiche chimico-fisiche e strutturali del prodotto finito. Da ciò è scaturito un confronto con il letame di origine bovina, che ha evidenziato come il compost, a parità di peso, sia più ricco di elementi nutrienti per il terreno e comporti minori costi di acquisto e distribuzione. La sessione è stata chiusa con l’intervento del Dott. Sergio Cappelli, agronomo dell’ARSSA Abruzzo, il quale ha ricordato l’importanza della sostanza organica nei suoli, sia in quelli che ne sono carenti, come la maggior parte dei terreni abruzzesi, sia in quelli, come il Fucino, che pur contando molta sostanza organica sono coltivati in modo talmente intensivo da richiederne

organica in grado di migliorare sensibilmente la produttività dei terreni. Il Dott. Alberto Torelli, Amministratore Delegato di ACIAM S.P.A., ha aperto il dibattito stimolando i presenti, in particolare gli agricoltori, ad uno scambio di esperienze reciproco per individuare le sinergie possibili sul territorio. Al dibattito hanno preso parte agricoltori, esponenti delle categorie agricole, agronomi, amministratori, etc, i quali hanno evidenziato il loro interesse per il compost ed hanno posto quesiti riguardo l’utilizzo in agricoltura biologica, i controlli che vengono effettuati sulle matrici in ingresso, le metodologie di utilizzo e spandimento e i costi di approvvigionamento. Tutti i rappresentanti delle aziende agricole presenti hanno espresso ampia disponibilità all’utilizzo del compost di qualità nei loro terreni, ponendo così le basi per la valorizzazione del compost in ambito agricolo. Al fine di governare il processo di introduzione del Compost di qualità nelle pratiche agricole, ACIAM S.p.A. metterà in atto una iniziativa (Accordo di Programma Regionale) denominata “Campi dimostrativi”, che prevede l’utilizzo del compost in campi selezionati e sottoposti a coltivazione controllata. I campi verranno scelti tra quelli messi a disposizione da ACIAM stessa e da altri agricoltori che vorranno dare la propria adesione ed avranno una funzione divulgativa e didattica, oltre che dimostrativa.

ro, coordinatore del CIC, ha illustrato un’ampia panoramica sullo scenario del compostaggio in Italia, le quantità prodotte, i controlli effettuati e i principali utilizzi, offrendo utili parametri di

quantità sempre maggiori. Vengono poi riportati i dati acquisiti dalle esperienze di utilizzo di compost in agricoltura in Italia e nel mondo, evidenziando come questo sia un’ottima fonte di sostanza

Azienda Consorziale Igiene Ambientale Marsicana Via Edison 27 (N. Ind.le) 67051 Avezzano (AQ) Tel 0863 441345 - Fax 0863 440651 info@aciam.it - www.aciam.it Numero Verde: 800 220403

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n°3 Marzo 2010 Anno XI

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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2010

Anno XI

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