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Depositarie e previdenza complementare pochi player per masse ‘consistenti’
DEPOSITARIE E PREVIDENZA
Secondo l’aggiornamento statistico al 2021 fornito dal database Mefop-PreviDATA, quattro entità (cinque nel caso dei fondi preesistenti) hanno in deposito la quasi totalità degli oltre 140 miliardi di euro in gestione.
Un patrimonio di oltre 140 miliardi di euro e poche banche depositarie a spartirsi il mercato. I numeri, d’altronde, offrono la sintesi estrema del contesto della previdenza complementare in Italia in uno scenario ormai consolidato che vede la presenza di pochi player per masse consistenti. Il rapporto tra fondi pensione e depositarie è disciplinato dall’articolo 7 del Dlgs 252/2005, che al comma 1 indica come le risorse dei fondi in gestione siano “depositate presso un unico soggetto, distinto dal gestore (…)” e, sulla base del dettato normativo, i fondi pensione negoziali o chiusi (FPN), i fondi pensione aperti (FPA) e i fondi pensione preesistenti (FPP) si suddividono tra le entità che operano in Italia.
Si tratta, nel complesso, di 103 fondi pensione, di cui 33 negoziali, 40 aperti e 30 preesistenti per un mercato “molto concentrato, con quattro player (cinque nel caso dei preesistenti) che hanno in deposito la quasi totalità degli oltre 140 miliardi di euro in gestione”, si legge nell’aggiornamento statistico al 2021 fornito dal database Mefop-PreviDATA. È opportuno chiarire in questa sede che i dati sono stati diffusi a marzo 2022 ma fanno riferimento, per quanto riguarda la quota di mercato di fondi negoziali e aperti al 30 settembre 2021 (mentre nel primo caso il dato è riferito al 100% del mercato, nel secondo caso è al 99% del mercato) e al 30 dicembre 2020 per i preesistenti (con il dato sul 75% del mercato). L’ultima analisi di Mefop-PreviDATA risaliva al 2018 (in riferimento agli anni precedenti) da allora “non sono emersi particolari differenze, soprattutto sul fronte dei fondi negoziali, con quattro soggetti che
QUOTA DI MERCATO IN TERMINI DI PATRIMONIO
FPA FPN FPP
BFF BANK
12,6% 24,0%
BNP PARIBAS SECURITIES SERVICES 24,9% 37,3%
37,4%
45,7%
ROYAL BANK OF CANADA
SOCIÉTÉ GÉNÉRALE SECURITIES SERVICES 1,4%
STATE STREET BANK INTERNATIONAL GMBH 18,3% 15,8% 14,1%
9,5%
26,1% 32,8%
Fonte: Elaborazioni Mefop su dati FPN, FPA, FPP. Dati al 30 settembre 2021 su 33 FPN (pari al 100% del patrimonio) e 40 FPA (pari al 99% del patrimonio). Dati al 30 dicembre 2020 per 30 FPP (pari al 75% del patrimonio).
sono andati a consolidare la propria posizione”, afferma Daniele Marzocchi, Area Economia e Finanza di Mefop e autore della rilevazione statistica.
I NUMERI
Sul fronte dei numeri e, nel dettaglio dei fondi pensione negoziali, i primi due player si spartiscono la fetta più consistente della torta sia in termini di patrimonio (quasi il 75% complessivo) sia in termini di fondi (25 su 33). A livello di quota di mercato è BNP Paribas Securities Services a salire sul primo gradino del podio, con il 37,4% delle masse complessive e otto FPN, mentre BFF Bank mette a segno un 37,3% di quota di mercato spalmata, però, su ben 17 FPN.
Più netto, invece, lo stacco sulla quota di mercato di BNP Paribas nel settore dei preesistenti: se i fondi sono 10, come nel caso di BFF, la quota di mercato della prima raggiunge il 45,7 per cento. “BFF è leader a livello di numero di fondi, che sono complessivamente 35; tuttavia dal punto di vista monetario le masse ammontano a 36 miliardi di euro, mentre BNP Paribas è depositaria per 33 fondi ma vanta una concentrazione di 54 miliardi”, specifica ancora Marzocchi che indica come State Street Bank International GMBH detenga 28,5 miliardi per 21 fondi (e la quota di mercato più ampia sui fondi aperti: il 32,8%), mentre Société Générale Securities Services 22 miliardi e 13 fondi complessivamente. “Dal punto di vista dei fondi chiusi la situazione è immutata negli ultimi anni”, afferma l’esperto specificando che nel 2018 era ancora presente DEPOBank (da marzo 2021, dopo la fusione per incorporazione di DEPObank in BFF, l’ente ha assunto la denominazione sociale di BFF Bank Spa). “La variazione più rilevante è sui fondi aperti, dove si contavano anche altre entità ora non più presenti tra le depositarie. In questi anni anche questo segmento si è uniformato sul
SUL FRONTE DEI NUMERI, DUE ENTITÀ SI SPARTISCONO LA FETTA PIÙ CONSISTENTE DELLA TORTA, SIA IN TERMINI DI PATRIMONIO, SIA IN TERMINI DI FONDI
BANCA DEPOSITARIA PER TIPOLOGIA DI FONDO
TIPO DI FONDO BFF BANK BNP PARIBAS SECURITIES SERVICES ROYAL BANK OF CANADA
SOCIÉTÉ GÉNÉRALE SECURITIES SERVICES STATE STREET BANK INTERNATIONAL GMBH
FPA 8 15 0 6 11
FPN 17 8 0 5 3
FPP 10 10 1 2 7
Fonte: Elaborazioni Mefop su dati FPN, FPA, FPP. Dati al 30 settembre 2021 su 33 FPN (pari al 100% del patrimonio) e 40 FPA (pari al 99% del patrimonio). Dati al 30 dicembre 2020 per 30 FPP (pari al 75% del patrimonio). * Si riporta una precisazione di CACEIS: “Dal 2019 anche CACEIS fornisce il servizio di depositario a fondi pensione, di tipo FPA e FPP, che non sono ricompresi all’interno della raccolta dati Mefop” .
fronte della concentrazione, come già avvenuto per negoziali e preesistenti. Una differenza residuale persiste sugli FPP dove un unico fondo si affida ancora alla Royal Bank of Canada”.
MANTENERE LA POSIZIONE
Un terreno ben delimitato dunque, dove i player attivi cercano di confermare e mantenere le posizioni di vantaggio raggiunte nei singoli segmenti. “Il nostro ruolo di banca depositaria sta evolvendo verso un modello di partnership che ci vede più vicini ai nostri clienti per supportarli nelle loro strategie di crescita verso nuove asset class (ad esempio in fondi alternativi e investimenti sostenibili) e affiancarli in un contesto regolamentare dinamico e sempre più complesso”, afferma Andrea Cattaneo general manager di BNP Paribas Securities Services Italy & head of Italy, Switzerland & Iberia nel commentare il posizionamento nel settore. Anche le altre entità si focalizzano sull’evoluzione in corso e sulla crescente complessità del mercato previdenziale. Secondo Federico Viola, responsabile Sales and Client Coverage per Italia, Medio Oriente e Nord Africa (MENA) di State Street International Bank GmbH - Succursale Italia, questo avviene anche come risposta alle richieste del cliente, che vanno in direzione “di una presenza più capillare all’interno della filiera operativa e dei processi di investimento, con monitoraggio, gestione di enormi quantitativi di dati, elaborazioni, reportistica, tanto più necessari quanto più le strategie di investimento si spostano verso asset class diverse rispetto a quelle tradizionali”. Emerge dunque come le funzioni tradizionali della banca depositaria non siano più sufficienti e quello dei fondi pensione sia un settore che, parallelamente alla crescita delle masse, vede una continua richiesta di servizi aggiuntivi. Il tema è sollevato da Maurizio Tacchella, direttore, Banca Depositaria di BFF. “Una delle aree di attività della nostra banca è indubbiamente guidata da questo ambito, sia per la quota di mercato che abbiamo raggiunto nel tempo sia perché gli enti previdenziali sono soggetti istituzionali che, più di altri, hanno l’esigenza di usufruire di servizi aggiuntivi rispetto a quanto già obbligatoriamente previsto dalla normativa”.
DENIS DOLLAKU Country Head Italia, State Street Bank
Asset digitali e il ruolo delle depositarie: una finestra sul futuro del risparmio gestito
Se consideriamo i gestori come gli architetti principali del processo d’investimento, possiamo definire la depositaria come l’ingegnere che assicura che tutti i sistemi funzionino correttamente: per questo motivo, la crescita della finanza digitale sta spingendo tutto il settore a ridefinire sé stesso, e ad interrogarsi sulle forme che la custodia digitale può assumere.
Per noi di State Street, la custodia digitale richiede una visione più olistica, che faccia da ponte tra il tradizionale e il nuovo.
Il contesto odierno della banca depositaria è plasmato da sviluppi normativi creati decenni fa. In primo luogo, abbiamo visto il passaggio da titoli cartacei a registri elettronici, e con esso è arrivata la creazione dei CSD, i Depositi Centrali Titoli.
In genere, quello che è successo in quel periodo è stato che ogni mercato ha cercato di creare il proprio CSD, e con questo è arrivato il concetto di detenzione indiretta degli asset (cioè, l’accesso degli investitori a quegli asset attraverso l’uso di intermediari). Con l’introduzione degli asset digitali, stiamo assistendo ad una maggiore decentralizzazione della finanza, che sta gradualmente passando da un modello basato sull’intermediazione centrale ad uno che fa leva sulla cosiddetta blockchain.
Gli asset owner dovranno assicurarsi che il depositario possa mantenere un controllo efficace su questi asset assicurando che nessuno abbia accesso alle chiavi crittografiche private che controllano gli asset digitali, così come, con l’introduzione dei Registri Distribuiti (DLT), bisognerà interrogarsi su cosa potrà sostituire l’uso dei depositi di titoli nelle giurisdizioni che richiedono la registrazione delle transazioni in tali registri per trasferire la proprietà dei titoli.
A seconda della scelta del design della blockchain, della DLT o del wallet, ci può essere più di una chiave per ogni token, o può non esistere una singola chiave (cioè, diverse parti detengono una porzione della chiave e hanno bisogno di entrare in una procedura di firma per trasferire un asset, attraverso un accordo a più firme).
Il modo in cui gli asset owner generano chiavi crittografiche private, come le usano e come le conservano per un accesso successivo sono aspetti operativi fondamentali per reimmaginare i servizi delle depositarie nell’era digitale.
Un’altra area in cui l’industria è in attesa di ulteriori linee guida è la questione di come un depositario fornirebbe le sue funzioni di controllo in un ambiente digitale. Per esempio, la verifica del NAV di un determinato fondo è uno dei servizi che un depositario fornisce quando si tratta di beni regolamentati. In un ambiente crypto - dove ci sono più scambi ma una standardizzazione molto limitata intorno al trading - come si può determinare quale sia un buon prezzo di riferimento?
L’universo di attività in cui un dato fondo potrebbe investire sta anche diventando più vario e, probabilmente, più complesso. È improbabile che i tradizionali strumenti finanziari in forma scritturale che sono emessi in infrastrutture CSD scompaiano presto. In aggiunta all’infrastruttura di custodia tradizionale, tuttavia, è probabile che ci siano token di sicurezza che sono potenzialmente emessi al di fuori dei CSD e dei tradizionali quadri giuridici corrispondenti. Inoltre, esistono altri asset cripto, come Stablecoin, che non sono considerati titoli, ma potrebbero ancora essere obiettivi di investimento potenzialmente interessanti. Stiamo assistendo allo sviluppo di quadri giuridici specifici per questi nuovi asset digitali.
Nonostante i progressivi passi per creare chiarezza normativa in alcuni segmenti del mercato degli asset digitali, rimangono molte questioni aperte in diverse giurisdizioni. Un aspetto è il processo di rilascio dei token di sicurezza e la chiarezza intorno alla definizione legale di custodia e controllo di tali asset digitali. Le leggi nazionali e i diritti di proprietà nella creazione di titoli e il trasferimento del titolo differiscono da un Paese all’altro, il che può rendere difficile valutare l’impatto della tokenizzazione degli asset per il settore dell’asset servicing. Molto dipenderà da come si svilupperanno le strutture di mercato. Un approccio potrebbe essere quello di implementare un Depositario Centrale di titoli basato sulla DLT, che mantiene il controllo centrale sul processo di emissione e settlement attraverso una rete di autorizzazioni. In un tale modello, il cambiamento normativo necessario per abilitare un mercato di tokenizzazione di asset è probabilmente ridotto. un’altra soluzione potrebbe consistere nell’emissione e nella detenzione di titoli tokenizzati senza la necessità di un’autorità centrale di mercato; da un punto di vista normativo, questa opzione richiederebbe uno sforzo normativo più dinamico e complesso.
Le differenze tecnologiche tra le piattaforme istituzionali e le criptovalute, così come il quadro normativo digitale applicabile e ancora in evoluzione, richiedono una visione olistica del cambiamento del business della banca depositaria. I depositari tradizionali e su larga scala - banche fiduciarie che hanno i più alti livelli di regolamentazione applicati a loro per default - hanno un netto vantaggio competitivo in questo spazio.