Rivista20 gennaio febbraio 2017

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N°19 gennaio-febbraio 2017 -

periodico bimestrale d’Arte e Cultura

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

www.rivista20.jimdo.com

ALBERTO BURRI

Edito dal Centro Culturale ARIELE


GIORGIO BILLIA

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Ermanno Benetti Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Silvia Grandi Irene Ramponi Letizia Caiazzo Antonietta Campilongo Alessandra Primicerio Francesco Mastrorizzi Roberta Panichi Enzo Briscese Ludovico Operti Paola Corrias Cinzia Memola Nicolò Marino Ceci www. riv is t a 2 0 . jimd o . co m

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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 15 alle 19 tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------

In copertina: opera di Alberto Burri

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Presentazione delle attività associative a cura di Enzo Briscese

In questo 2016, ormai al termine, ricorre il primo quarto di secolo di attività della nostra Associazione di Torino. Come Centro Culturale Ariele siamo orgogliosi di quanto abbiamo sviluppato in termini di proposte e risultati nel settore delle Arti Visive in questi anni. Siamo un’Associazione che ha sempre operato sul territorio, abbiamo fin da subito allestito mostre, realizzato corsi per la lavorazione della cartapesta, in seguito abbiamo promosso corsi di informatica, abbiamo aperto un laboratorio con corsi di disegno e di pittura destinato ai bambini e agli adulti il quale rappresenta un appuntamento fisso per la periferia torinese in cui è dislocato. Tra le nostre varie attività annoveriamo anche una qualificante partecipazione al “ Progetto scuole aperte al pomeriggio”, oltre all’apertura di uno spazio espositivo in Barriera di Milano, quartiere con forte disagio sociale e giovanile in particolare. Nel 2013 abbiamo riqualificato alcuni locali presi in affitto dall’ATC in corso Casale, 85 a Torino denominandoli “Galleria20” dove abbiamo organizzato alcune prestigiose mostre facendo incontrare artisti affermati con colleghi capaci ma meno affermati. Dal 2012 pubblichiamo una rivista virtuale e in cartaceo diffusa a livello nazionale ,”Rivista20 ”(www.rivista20-jimdo.com) in cui convergono approfondimenti e notizie culturali e artistiche a cura dei responsabili della nostra Associazione sparsi sul territorio nazionale. L’obiettivo è quello di circolarizzare su tutto il territorio informazioni su mostre, artisti, gallerie, critici di arte, e di promuovere iniziative e ricerche culturali che permettano lo sviluppo della rete di conoscenza individuale e lo scambio/confronto con pubblico qualificato. Fino ad oggi abbiamo sviluppato progetti e realizzato attività solo ed esclusivamente con le nostre scarse risorse. Siamo consapevoli che la scarsità di mezzi economici con cui dobbiamo misurarci nel quotidiano non permette non solo di fare progetti faraonici ma tante volte anche solo di portare a termine progetti di più modesta caratura.

Da parte nostra continueremo nell’opera di coinvolgimento di realtà vivaci e positive per dar luogo a scambi di qualità a livello ideativo e operativo e a confronti di competenze e lo faremo anche incrementando la rete a livello locale e nazionale tramite la Rivista20.

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ALBERTO BURRI

Dopo la laurea in medicina, conseguita nel 1940, nel corso della seconda guerra mondiale fu ufficiale medico. Fatto prigioniero in Tunisia dagli americani, fu recluso, insieme a Giuseppe Berto e Beppe Niccolai, nel “criminal camp” per non cooperatori del campo di concentramento di Hereford (in Texas), dove cominciò a dipingere.[1] Tornato in Italia nel 1946, si trasferisce a Roma, dove l’anno successivo tiene la sua prima personale alla galleria La Margherita. Nel 1948, espone sempre nella stessa galleria, le prime opere astratte: Bianchi e Catrami. Nel 1949 realizza SZ1, il primo Sacco stampato. Nel 1950 comincia con la serie le Muffe e i Gobbi e utilizza per la prima volta il materiale logorato nei Sacchi. Nel 1950 Burri partecipa alla fondazione del Gruppo Origine[2], insieme a Mario Ballocco, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla. Il gruppo si scioglie nell’aprile 1951. Fu conoscente di Brajo Fuso, artista perugino, col quale aveva animate discussioni su tecniche e materiali. Nel 1952 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, presentando l’opera il Grande Sacco. Con le mostre di Chicago e New York del 1953 inizia il grande successo internazionale. Nel 1952 Robert Rauschenberg, mentre trascorre quasi un anno a Roma, visita lo studio di Alberto Burri, potendo così vedere i Sacchi. Nel 1954 realizza piccole combustioni su carta.

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Continua a utilizzare il fuoco anche negli anni successivi, realizzando Legni (1956), Plastiche (1957) e Ferri (1958 circa). Nel 1955 espone all’Oakland Art Museum e alla VII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma.


Agli inizi degli anni sessanta si segnalano in successione ravvicinata, a Parigi, Roma, L’Aquila, Livorno, e quindi a Houston, Minneapolis, Buffalo, Pasadena, le prime ricapitolazioni antologiche che, con il nuovo contributo delle Plastiche, diverranno vere e proprie retrospettive storiche a Darmstadt, Rotterdam, Torino e Parigi (1967-1972). Gli anni settanta registrano una progressiva rarefazione dei mezzi tecnici e formali verso soluzioni monumentali, dai Cretti (terre e vinavil) ai Cellotex (compressi per uso industriale), mentre si susseguono le retrospettive storiche: Assisi, Roma, Lisbona, Madrid, Los Angeles, San Antonio, Milwaukee, New York, Napoli. Nel 1963 una sua opera viene esposta alla mostra Contemporary Italian Paintings, allestita in alcune città australiane[3]. Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d’aujourd’hui, organizzata in medio oriente e in nordafrica[4].

“Premio Feltrinelli” per la Grafica, con la seguente motivazione: “per la qualità e l’invenzione pur nell’apparente semplicità, di una grafica realizzata con mezzi modernissimi, che si integra perfettamente alla pittura dell’artista, di cui costituisce non già un aspetto collaterale, ma quasi una vivificazione che accoppia il rigore estremo ad una purezza espressiva incomparabile”. Nel 1975 partecipa ad Operazione Arcevia, progetto coordinato dall’architetto Ico Parisi,[5] di costruzione ex novo di una comunità da realizzare ad Arcevia, comune in provincia di Ancona, con i contributi di artisti, musicisti,

Nel 1964 vince il premio Marzotto. Nel 1973 inizia il ciclo dei Cretti e su questo filone si colloca il sudario di cemento con cui rivestì i resti di Gibellina terremotata in un famoso esempio di Land Art. Nel 1976 inizia a lavorare ai Cellotex. Nel 1973 Burri riceve dall’Accademia Nazionale dei Lincei il

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critici, scrittori, cineasti, psicologi, istituzioni locali.[6] Burri realizza il bozzetto per il Teatro, ora conservato nella Collezione di Palazzo Albizzini.[7]

Nel 1976 Alberto Burri crea (avvalendosi dell’aiuto “tecnico” del ceramista Massimo Baldelli) un cretto di imponenti dimensioni, il ‘Grande Cretto Nero’ esposto nel giardino delle sculture Franklin D. Murphy dell’Università di Los Angeles (UCLA). Altra opera analoga, per stile, forza espressiva e imponenti dimensioni è esposta a Napoli, nel museo di Capodimonte.[8]

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Nel 1977 espone un’importante antologica al Solomon R. Guggenheim Museum di New York dal titolo “Alberto Burri. A retrospective View 1948-77”. Al 1979 risalgono i Cicli, che domineranno tutta la sua produzione successiva. Il primo, intitolato Il Viaggio”, viene esposto negli Ex-Seccatoi del Tabacco di Città di Castello. Presenterà altri cicli a Firenze (1981), Palm Springs (1982), Venezia (1983), Nizza (1985), Roma, Torino (1989) e Rivoli (1991).


Nel 1981 viene inaugurata la Fondazione Burri in Palazzo Albizzini a Città di Castello, con una prima donazione di 32 opere. Le opere del Maestro sono esposte principalmente in due musei a Città di Castello. Il primo, a “Palazzo Albizzini”, ha una superficie di 1660 m² inaugurato nel 1981. Il secondo ospitante i “grandi cicli pittorici” dell’artista, inaugurato nel 1990, è un’area industriale inutilizzata, gli “Ex Seccatoi del Tabacco” recuperata architettonicamente.

il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, la Tate Gallery di Londra, la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, Il Castello di Rivoli (TO), il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Burri muore a Nizza nel 1995, un mese prima del suo ottantesimo compleanno.

Nel 1984, per inaugurare l’attività di Brera nel settore del contemporaneo, viene ospitata un’esaustiva mostra di Burri. Nel 1994 Burri partecipa alla mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968 presso il Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Dall’11 maggio al 30 giugno ‘94 presso la Pinacoteca Nazionale di Atene viene presentato il ciclo Burri il Polittico di Atene, Architetture con Cactus, che verrà esposto in seguito presso l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid (1995). Il 10 dicembre 1994 vengono ricordate le donazione di Burri agli Uffizi in Firenze: un quadro Bianco Nero del 1969 e tre serie di grafiche datate 1993-94. Le sue opere sono esposte in alcuni fra i più importanti musei del mondo: il Centro Georges Pompidou a Parigi,

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LE ANIME DEL SURREALISMO E LE LORO EVOLUZIONI a cura di Giovanna Arancio

Il surrealismo, definito nel “Manifesto del surrealismo da Andrè Breton nel 1924, non è un movimento puramente letterario bensì spalanca le porte anche agli esponenti delle arti figurative e ciò sarà una sua caratteristica costante: l’intento è liquidare il vecchio modo di gestione sociale tramite un rinnovamento complessivo al fine di risolvere i problemi principali della vita. Sin da subito si dimostra un gruppo coeso nonostante le diversità importanti tra le sue componenti; c’è infatti sempre, anche nella seconda parte temporale del gruppo (Manifesto del ‘29) un’interdipendenza tra poesia pittura e via via un’apertura verso le altre arti (fotografia, cinematografia, installazioni,..) presentandosi come “fabbrica del pensiero”. La nascita del gruppo è legata all’arte dada: casualità (tipica del dadaismo) e automatismo del pensiero (dettato del pensiero surrealista in assenza del controllo della ragione). Alla base di questa rinascita delle coscienze e delle norme sociali si colloca la riscoperta dell’immaginazione e dei sogni, sotto l’influenza delle teorie di Freud. Nel periodo iniziale del movimento, durante il primo ventennio, si avverte una carica entusiastica e l’uso dei meccanismi psichici quali il frottage, il collage ed in seguito la decalcomania. Max Ernst, di origine dadaista, è l’esponente più significativo, egli rifiuta una

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definizione puramente tecnica del collage dichiarandolo il paradigma della concezione surrealistica stessa. Intanto Tristan Tzara e gli altri dadaisti ribelli rifiutano ogni regola comportamentale e coivolgono tutto il gruppo nelle loro serate turbolente e assai discusse. La rivista “Revolution surrealiste” raccoglie anche altri artisti vicino al movimento come Picasso, per un certo periodo De Chirico, Man Ray, Andrè Masson, e il primo evento che vede tutti i pittori riuniti data ‘23. Due anni dopo si manifesta un cambiamento importante per i surrealisti che abbandonano le azioni Dada tentando con il Bureau di Recherche di mantenere l’impegno sociale ma è presto chiaro che resta la sola strada anarchica o la via rivoluzionaria del marxismo, Alla fine del ventennio arriva una svolta con il 2° Manifesto del Surrealismo (‘29) di Breton dal tono mistico e speculativo che presagisce la tarda fase del movimento. Gli oggetti surrealisti fino allora prodotti, tra cui anche quelli di Giacometti, a partire dagli anni trenta diventano di crescente interesse. Le descrizioni realistiche di Dalì sono corredate da un commento onirico poetico, Renè Magritte, subentrato in questo periodo inserisce le sue riflessioni dipinte corredate di didascalie. Nelle definizioni illustrate Magritte si serve del disorientamento generato da epiteti fuorvianti e inconsueti per porre davanti agli occhi dell’osservatore la complessità e l’assurdità di quanto viene comunemente chiamato normale. Nel ‘33 con la pubblicazione del primo numero del “Minotauro”, con la copertina picassiana in edizione di lusso e rivolta a facoltosi collezionisti, è chiara la trasformazione surrealista in una corrente artistica che si dedica alle proprie ricerche in maniera autarchica. Il Minotauro (vi scrivono Paul Klee, Carl Einstein, Carl Bataille,..) non sarebbe stato possibile senza il surrealismo. Quest’ultimo si propone ora come un movimento

mirante a scavalcare le differenze tra i vari generi, traendo origine da questioni sociali, artistiche o letterarie. Con l’inizio della seconda guerra mondiale e la partenza degli artisti emigrati verso gli USA termina il movimento anche se i suoi adepti andranno a fecondare nuove realtà oltreoceano.

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Brueghel.

Capolavori dell’arte fiamminga

VENARIA REALE (TO) - 21-9-2016/19 -2-2017

A Venaria Reale si è aperta la più importante raccolta di artisti fiamminghi tra il XVI e il XVI sec.; Bruegel diventa una dinastia e marchio di eccellenza riconosciuto ovunque a quei tempi. Sono presenti cinque generazioni: in particolare, Pieter Bruegel il Vecchio, seguito dai figli Pieter Bruegel il Giovane che ha ripercorso la fama paterna, e Jan Bruegel il Giovane noto per la straordinaria perfezione pittorica. Nella pittura Fiamminga la natura é la vera protagonista della storia umana ed é presentata con una ricchezza visiva, una cura nel dettaglio e una bellezza compositiva mai vista prima nella storia della pittura. Le opere esposte percorrono la storia di centocinquanta anni. Pieter Bruegel il Vecchio si ispira per un certo tempo a Bosch ma presto apporta una rivoluzione realista dedicando la sua attenzione alla vita popolare nei suoi vari

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aspetti perdendo pertanto quell’aspetto surreale che aveva caratterizzato il suo predecessore. La sua bottega in cui lavorano figli e collaboratori diventa famosa. Nella mostra sono esposti anche disegni, schizzi, piccoli quadri in rame, opere allegoriche di grandi dimensioni. Si snoda un suggestivo viaggio alla scoperta dele esperienze del gusto, dello stile, delle tendenze dell’epoca d’oro della pitture fiamminga comesi può cogliere osservando i dipinti con brani d’arte sacra, della natura e delle feste contadine (1563) e “La grande natura morta” di frutta di paesaggio (1670) del pronipote Abraham Bruegel. Difficile da inquadrare, la figura di Bruegel venne letta nei secoli nelle maniere più disparate: contadino o borghese, cattolico osservante o libertino, umanista o satirico, seguace di Bosch o ultimo dei Primitivi... la sua arte venne etichettata via via come realista, paesaggistica, di genere, favolosa, bizzarra, ecc. Nello stesso secolo Robert Herrick, in un suo poema, affiancò il nome di Brugel a quello di sommi artisti come Holbein, Raffaello, Rubens e altri. Lodato da Vasari, venne trattato con ampiezza da Karel van Mander nello Schilderboek, anche se quest’ultimo enfatizzò eccessivamente le differenze con l’arte “aulica” italiana, dandone un giudizio per certi versi precostituito e dequalificante, nel complesso geniale ma talvolta grossolano e addirittura volgare. Tali valutazioni condizionarono


negativamente la percezione di Bruegel per secoli. Tra il XVIII e il XIX secolo la sua opera subì una relegazione nel genere popolare, confondendo spesso le sue opere originali con quelle dei seguaci.

Nel Settecento ad esempio Descamps (La vie des peintres..., 1753) non solo lo relegò all’ambito secondario della pittura popolaresca, ma pure in tale settore lo considerò inferiore e molti altri, preferendogli colleghi come Brouwer e il piacevole Teniers il Giovane. Ancora Waagen, nel 1869, dedicò a Bruegel appena una pagina scarsa, mentre a Teniers ne concesse sei. È chiaro che sul giudizio del pittore influissero anche le difficoltà nel distinguere i lavori originali dalle copie e le derivazioni, ma c’era anche un’attenzione spropositata all’anedottistica sulla sua figura, - al lato più popolaresco e meno edificante della sua opera,m tanto da valergli il soprannome “Piet den Drol”, cioè Pietro il Buffo. Solo qualche episodica menzione incrinò tale visione negli anni successivi. Mariette ad esempio accostò i suoi paesaggi a quelli di Tiziano. SALA DELLE ARTI DELLA REGGIA DI VENARIA TEL. +39 0114992333 da martedi a venerdi dalla9 alle 18,30 - sabato, domenica, festivi dalle 9 alle 19’30 Lunedi’ chiuso

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Corso Casale, 85 Torino

CHRISTMAS ART EXPO 2016 dal 16 dicembre al 5 gennaio 2017 dal martedĂŹ al sabato dalle ore 15 alle 19

Marco Greppi

Wilson Ortiz

Jessica Spagnolo

Cristina Taverna

OK

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Gabriella Santuari

Laura Zilocchi

Silvana Cammi


Sandro Frinolli Puzzilli

Margherita Caliendo

Venerdì 16 dicembre 2016 alle ore 18 si è inaugurato presso la Galleria20 di Torino, in corso Casale 85, la mostra “CHRISTMAS ART EXPO” il cui intento (in questo nostro tempo globalizzato, da un lato fertile e ricco di potenzialità dall’altro caotico e confuso) è di presentare e di dare evidenza alle varie espressioni artistiche dei nuovi creativi. Si tratterà cioè di dare spazio al “dialogo aperto” che intreccia le due sezioni secondo cui è organizzata la rassegna in programma: infatti saranno presenti due comparti pittorici, l’uno dedicato ai linguaggi astratto informali e l’altro occupato da quelli figurativi.

Renzo Sbolci

Il periodo in cui viviamo ci sfida e nello stesso tempo ci spinge alla prova e gli artisti avvertono questa atmosfera che stimola a superare l’inerzia e ad impegnarsi in prima persona per dare delle risposte pressanti. Intanto va chiarito che sono mutate le necessità e le urgenze vissute dai creativi. Sono ormai lontani i tempi durante i quali i diversi generi espressivi entravano (negli anni ‘70 del novecento) in collisione tra loro registrando una netta dominanza delle opere astratto-informali. Quel dibattito acceso è ormai ampiamente superato tanto da permettere addirittura contaminazioni fra i diversi generi all’interno di uno stesso quadro. Le due sezioni, di cui quella figurativa sarà la più numerosa per numero di opere, starà a dimostrare la situazione attuale caratterizzata da una ricca convivenza dei generi al cui interno si collocano anche i nuovi lavori espressi dalla giovane arte digitale. Il terreno di incontro e di confronto diventa sconfinato e permette di misurarsi su innumerevoli spazi, compreso quello virtuale.

Nicole Grammi

L’interessante mostra sarà visitabile fino al 5 gennaio prossimo e rappresenta un’ottima occasione per esplorare il nuovo contesto artistico. Giovanna Arancio

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TINA CIRAVEGNA

(Catalogo Piemonte Artistico e Culturale, Torino) “...un susseguirsi di piani essenziali della visione vitalizzati dall’intreccio del segno. Un percorso non facile, pieno di rinunce, pieno di una tensione emozionale e intelettuale per un risultato raggiunto con la peculiarità del mezzo dell’incisione.”

G. Soffiantino, 1996

(Personale, Galleria Hibiya Yamagata, Tokio) “Il ‘paesaggio”italiano’ è nuna costruzione dell’occhio sollecitato dallo spirito e dall’anima, una costruzione chiara che si vale non di un progetto ma di un metodo operativo che governi i procedimenti dal più semplice al più complesso. Così l’incisione praticata da Ciravegna appare come una variante della tessitura, e la ‘somiglianza’ non è di dirivazione ma strutturale”

P. Mantovani, 2002

(Catalogo Premio Acqui - VI Biennale Internazionale per l’Incisione) “Durante il nostro cammino capita di fermarcie, guardan- In questo lavoro la memoria elabora ciò che l’occhio codoci intorno, improvvisamente, quello che vediamo è un nosce da sempre, per restituirci, attraverso una descrizione paesaggio che conosciamo, ma che ogni volta, misterio- minujziosa e cristallina, una tranquillità interiore, una nitisamente, ci appare come nuovo. E’ la calma, la serenità, dezza spirituale e una purezza di intenti egfficace ed emoil piacere di provare piacere. Ce lo restituisce, con sa- zionante.” pienza, il tratto minuto, il fraseggio ritmato e incalzante W. Pazzaia, 2003 di Tina Ciravegna Giaccone.

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ERALDO GHIETTI

Eraldo Ghietti, nato a Carignano nel 1949, musicista, designer, fotografo, stilista e pittore. Dopo essere stato consulente e collaboratore delle più importanti aziende internazionali del settore fashion/textile vive tra le colline dell’Astigiano dedicandosi alla sua attività artistica che spazia tra progetti pittorici , bd, illustrazioni, e webdesign,il tutto condito da fotografie e brevi racconti ironici e surreali. Potremmo definire il suo lavoro “manifesto

vivente della libertà’ artistica”. Parafrasando J. P. Sartre si potrebbe definire un artista condannato ad essere libero, eclettico e sconnesso, Eraldo spazia dalla tela a tavole in legno, dal cartone a piccole sculture in pasta di legno, coniuga i paradigmi della libertà con gusto ironico talora sarcastico con spirito grottesco sempre ricercando la complicità degli spettatori del suo teatro d’arte.

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EVENTI

LOMBARDIA

BELLOTTO E CANALETTO:

L’AVANGUARDIA DEL VEDUTISMO VENEZIANO

Gallerie d’Italia - Piazza della Scala 6, Milano 25 novembre 2016 – 5 marzo 2017 “Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce”, mostra a cura di Bożena Anna Kowalczyk, porta cento opere tra dipinti, disegni e incisioni – un terzo delle quali mai esposte prima in Italia – alle Gallerie d’Italia a Milano. Il progetto espositivo è dedicato al genio pittorico e all’intelligenza creativa di due artisti di spicco del Settecento europeo: Antonio Canal, detto “il Canaletto”, e suo nipote

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Bernardo Bellotto, infatti, seppero trasformare il vedutismo veneziano da genere peculiare a corrente d’avanguardia che caratterizzò quel periodo. Canaletto s’impose sul teatro europeo grazie ai particolari procedimenti compositivi; Bellotto ne comprese i segreti della tecnica per poi sviluppare il proprio originale approccio secondo una personale chiave interpretativa.


L’incontro delle opere e il confronto tra i due artisti offre uno sguardo interessante sul panorama europeo del tempo; ripercorre le tappe di un viaggio artistico che parte da Venezia, tocca varie tappe in Italia, prosegue alla volta dell’Europa, dove Bellotto mette a frutto l’insegnamento di Canaletto nelle sue vedute e paesaggi di stupefacente modernità, fino a raggiungere luoghi fantastici e immaginari, immortalati nei memorabili “capricci”. Le opere di entrambi presentano tecniche che influenzeranno in vario modo la fotografia e il cinema in futuro, e sono rappresentative di un periodo storico importante per il Bel Paese. La mostra è quindi il punto di partenza per raccontare un clima culturale, una corrente artistica e luoghi geografici

suggestivi, temi ripresi e sviluppati in attività collaterali come visite guidate, spettacoli teatrali e soprattutto un ciclo di conversazioni in cui relatori di prim’ordine condividono le loro impressioni in un dialogo con lo scrittore Andrea Kerbaker, curatore dell’iniziativa. Un ricco approfondimento multimediale è disponibile in mostra.

Da martedì a domenica 9:30 – 19:30 (ultimo ingresso 18:30) Giovedì ore 9:30 – 22:30 (ultimo ingresso 21:30) Chiuso il lunedì

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LORENZO LOTTO A Bergamo in varie sedi cittadine

Sabato 03 dicembre 2016 / Domenica 26 febbraio 2017

LORENZO LOTTO | ATTRAVERSO BERGAMO è un progetto espositivo che si articola nella mostra UN LOTTO RISCOPERTO, presso Accademia Carrara, nell’itinerario in città LORENZO LOTTO TOUR – LLT, organizzato dalla Fondazione Adriano Bernareggi, e nella visita al Coro della Basilica di Santa Maria Maggiore, proposta dalla fondazione MIA. Un progetto Fondazione Accademia Carrara con la collaborazione di Comune di Bergamo, Diocesi di Bergamo e Luogo Pio Colleoni, da dicembre 2016 a febbraio 2017, a cura di Emanuela Daffra e Paolo Plebani. Per incontrare Lorenzo Lotto: due opere inedite, il racconto della scoperta, prestiti nazionali e internazionali in dialogo con gli straordinari dipinti della collezione di Accademia Carrara, un itinerario nella città di Bergamo, un progetto dedicato a un artista che a ogni nuovo sguardo torna a emozionare. L’esposizione intende approfondire un importante momento del percorso di Lorenzo Lotto (Venezia 1480 circa – Loreto 1556/57), una fase che coincide con gli ultimi anni trascorsi dal pittore a Bergamo. Dall’Accademia Carrara

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alla Basilica di Santa Maria Maggiore, Museo Adriano Bernareggi e oltre, verso le opere di Lotto presenti in città, luoghi in alcuni casi di difficile accesso, che sarà possibile visitare grazie a una rete di collaborazioni.


Punto di partenza: un eccezionale inedito che si collega a una delle imprese più celebri del pittore, la realizzazione dei disegni per le tarsie lignee del coro della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il Luogo Pio Colleoni di Bergamo custodisce una tarsia raffigurante la Creazione, creduta sinora una replica antica di quella negli stalli del coro della Basilica. L’oggetto di finissima esecuzione, viene ora proposto come una delle tarsie, attestate dalle fonti, che furono realizzate a titolo di saggio e direttamente profilate da Lotto.

quella felice vena narrativa e quella singolare attitudine a elaborare immagini non convenzionali, che caratterizza anche le invenzioni degli anni bergamaschi. Dal Ritratto di giovane al presunto Autoritratto del Museo Thyssen di Madrid all’Assunta di Celana, opera che dopo anni torna a essere protagonista di un’esposizione dedicata all’artista e che traspone su scala monumentale l’invenzione contenuta nella tarsia della Creazione. Lorenzo Lotto | Attraverso Bergamo è un percorso che racconta uno degli artisti del Rinascimento più vicini alla sensibilità moderna, anche attraverso una serie di iniziative per il pubblico: visite guidate, percorsi didattici pensati per bambini e ragazzi, una pubblicazione e un progetto teatrale nel mese di gennaio. Sito: http://www.lacarrara.it/

La mostra parte da questo capolavoro ritrovato, legato a un’impresa, come quella del coro, che rappresenta un apice dell’intera carriera di Lotto per lo straordinario universo narrativo e simbolico; accanto alla tarsia saranno esposti due studi preparatori a inchiostro, realizzati per opere maggiori, uno dei quali inedito e di recente attribuzione. Il percorso espositivo prosegue poi ponendo in dialogo alcuni dipinti di Lotto appartenenti alle raccolte della Carrara, con altre opere in prestito eseguite negli stessi anni. Autentici capolavori: dall’enigmatico e affascinante Ritratto di Lucina Brembati alle Nozze mistiche di Santa Caterina di Palazzo Barberini a Roma, nel quale si ritrova

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Wilson Ortiz

Fotografare significa scrivere con la Luce. La particolarità che contraddistingue la fotografia sull’architettura dell’artista Wilson Ortiz, è di arrivare alla sostanza concettuale della medesima, attraverso la vibrazione della luce ed il suo movimento: la realtà viene trasposta, tramite la sperimentazione, ad un piano superiore dove il sogno sfugge attraverso il dinamismo, dalla realtà. Wilson Ortiz è un fotografo di origini Colombiane che dopo aver viaggiato e aver fatto virtù del viaggio in Europa e in America, ha analizzato, attraverso i suoi scatti, l’interazione tra luce, ombra, colore, movimento e stasi, unendo tutte queste caratteristiche in opere di senso compiuto. Attualmente risiede a Monaco di Baviera dove svolge la sua attiva di fotografo, in vari settori e campi. Negli ultimi anni si è dedicato e specializzato sulla ritrattistica contestualizzando il soggetto e fotografia di architetture: facendo rimanere invariato e caposaldo l’elemento “spazio”. La fotografia di Wilson Ortiz, all’interno dei progetti sull’architettura, verte sul far emergere la sostanza nascosta dell’ edificio e ciò che lo spazio circostante può svelare aldilà della realtà retinicamente ed universalmente tangibile. Partendo da un’ immagine statica quale un architettura, attraverso la rielaborazione e attraverso la tecnica e la sua sensibilità riesce a donarle vita, movimento, dinamismo creando architetture e spazi surreali dove prevale un forte fattore di luce e del suo movimento nello spazio: ciò che abbiamo edificato con tanta razionalità e meccanicità, viene focalizzato sotto un altro aspetto, gli occhi dell’artista e la sua capacità riescono a scardinare, attraverso un profondo studio della luce, dell’ombra e del riverbero la fermezza e la monumentalità della medesima. All’ interno delle sue fotografie, la staticità dell’architettura viene messa in movimento dall’ occhio dell’ artista creando un estetica della velocità propria del futurismo. “È luce del movimento, lo spazio è luce e movimento” :

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ciò si traduce nel vivere ed abitare lo spazio, saper vedere la luce nelle sue forme, nelle sue linee, riportando le fotografie in una dimensione astratta, esulate dalla rappresentazione oggettiva. Un astrattismo surreale chepartendo da un fattore di luce, elemento importante per il saper vedere, va oltre la luce stessa e rende possibile il guardare e focalizzare l’altrove di linee, di sospensioni ed apparenti soggetti che si aggirano nello spazio e vivono di colori che gridano movimento, di fugaci linee che armonizzano, di stabili presenze architettoniche che rifuggono dalla stabile funzionalità; è questa la fotografia poetica di Wilson. Il saper guardare il dinamismo oltre una legge precostituita : “io sfuggo dall’architettura ma la vivo e sento dentro che il movimento c’è anche durante la stasi della notte. Quando tutto tace il movimento è un fantasma che si svela e rivela.” Una luce - un punto - una linea - un architettura - uno spazio - una foto - dinamicamente smuove. rivive e diventa altro. Romina Sangiovani OnArt Gallery Firenze


Enzo Briscese

Traduce in rapidi racconti i suoi vissuti e la mimesi degli inizi diventa in seguito un maturo narrare trasfigurato. All’epoca della serie sui paesaggi urbani egli delinea una struttura di astrazione dal fondo scabro, squadernato tra fogli incollati di giornale, interi o strappati, ed emergenti con le loro tracce di cronaca, con il segno raggrinzito dei caratteri e i brandelli di sagome e storie. Fatti e fantasie finiscono con l’intrecciarsi sul supporto adibito come affabulatore visivo, in mezzo ad intensi e cupi paesaggi periferici in cui affiorano estese strisciate di bianco, simbolo del tempo che cancella ciò che è stato. Intorno al 2008 le tele vanno mutando con un conseguente trascolorare delle atmosfere e un lento spostamento tematico, sempre spalancato sul tragitto pulsante di viaggi e città. Si arricchisce il suo universo pittorico realizzando con pathos informale dipinti di solida bidimensionalità. Il bianco perde la sua funzione di simbolo temporale e accende i dipinti come luce con echi allusivi, ma del tutto contemporanei, al grande colorismo veneto. Si avvertono una dematerializzazione controllata, e sviluppa un processo di rimeditazione artistica e, in specifico, della sua poetica. Rimedita la situazione epocale dell’ arte sia quella personale, gremita di dubbi e stimoli che lo inducono ad una nuova fase di rottura nella continuità. Si va dal figurativo alla Bonnard alle esperienze neocubiste e ai rimandi costruttivisti, dal passaggio all’informale all’astrazione cui segue l’ astrattismo, ed ora, nei lavori del 2013, si ravvisa pienamente avviata la reintroduzione della figurazione, anche il tempo, come lo spazio, ha sostituito le

superate coordinate tenendo conto di questo primo quarto di millennio policentrico e frammentato Briscese vive il suo tempo senza subirlo pittoricamente sottraendosi alla percezione di un angoscioso appiattimento. Lo spazio pittorico, peraltro, controlla l’affastellarsi di tracce e figure mirando all’essenzialità verso cui il pensiero è proteso nel segno del divenire.

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EVENTI

VALLE D’AOSTA

Dal 17 dicembre 2016 al 1° maggio 2017 il Forte di Bard dedica una mostra ad uno dei più grandi fotografi del Novecento: Robert Doisneau. Robert Doisneau. Icônes, a cura dell’Atelier Robert Doisneau di Parigi e dell’Associazione Forte di Bard, presenta una nuova selezione di fotografie realizzate dal grande artista francese nel corso della sua straordinaria carriera. Fil rouge del percorso la iconicità delle immagini, quelle che maggiormente hanno saputo conquistare l’immaginario collettivo e il grande pubblico, a partire dal celebre bacio del 1950, Le baiser de l’Hôtel de ville. Doisneau viene definito per i suoi ritratti e la sua straordinaria capacità di raccontare la realtà nella sua quotidianità, un esponente della “fotografia umanista”. E’ lui, meglio di ogni altro, ad aver immortalato i miti e le icone della Parigi del ‘900, cogliendone appieno il loro fascino. Attraversando la Ville Lumière dalle rive della Senna alle periferie, regala un monumentale affresco di Parigi e dei parigini,

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immortalando gli aspetti più curiosi e le contraddizioni della società francese. I soggetti che lo hanno reso celebre sono i bambini e gli innamorati. In mostra anche i ritratti di personalità quali Picasso, Giacometti, Prévert. Insieme ad Henry Cartier-Bresson è considerato uno dei padri fondatori del fotogiornalismo di strada. Al centro della sua fotografia c’è l’uomo con le sue emozioni, spesso colte nei momenti surreali che si presentano


tutte le foto più belle di Robert Doisneau sono scatti immortali nella storia della fotografia

E’ stato uno dei più grandi fotografi del ‘900, famoso per le sue bellissime immagini delle strade parigine . Tutte le foto più belle di Robert Doisneau hanno in comune le strade di Parigi, la città che ha più amato e fotografato: Robert Doisneau e Parigi sono un binomio inscindibile! Il grande fotografo francese amava riprendere la vita di strada, scene quotidiane nei tipici ambienti parigini: ai piedi della Tour Eiffell, lungo la la Senna, nei bistrot, negli

atelier di moda e nelle gallerie d’arte. Le sue fotografie in bianco e nero ci regalano uno spaccato di vita vera, una rappresentazione sincera della vita parigina, rappresentando tutti gli strati della società, dai clochard agli artigiani, dai bambini che giocano alle ragazze che prendono il sole, persone comuni e grandi artisti… con uno sguardo sempre umoristico e benevolo. Il senso e lo spirito della sua fotografia sono perfettamente spiegati nelle parole dello stesso Robert Doisneau:

“Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano una prova che questo mondo può esistere.”

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EVENTI

LIGURIA

QUARTOARTE

MUSEATTIVO SPAZIO DI PARTECIPAZIONE E ACCOGLIENZA a cura dell’I.M.F.I. – Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli: Massimo Casiccia, Barbara Cella, Sandro Ricaldone,Rossella Soro

Il Museattivo intitolato a Claudio Costa, che ne è stato il promotore e l’animatore, è uno spazio situato nel complesso dell’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto, dove negli anni si sono moltiplicati – interagendo con gli assistiti – gli interventi di artisti di generazioni e orientamenti diversi che hanno collaborato e che tuttora collaborano nei vari atelier artistici. La mostra ne documenta la presenza, attraverso una selezione di opere e di inediti materiali d’archivio. Dall’I.M.F.I., Istituto per le materie e forme inconsapevoli, fondato nel 1988 presso l’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto, sulla scia dell’interesse suscitato dal Laboratorio di ArteTerapia attivato da Claudio Costa in consonanza con gli intenti del direttore, lo psichiatra Antonio Slavich, nasceva quattro anni più tardi il “Museo attivo delle forme inconsapevoli”. A differenza di altre fondamentali esperienze nel campo – come il Museu de

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imagens do inconsciente creato nel 1946 a Rio de Janeiro da Nise de Silveirae il lavoro svolto a partire dagli anni ’50 da Leo Navratil presso la Clinica per malattie nervose Maria Gugging di Klosterneuburg – l’idea portante del Museo si basava “sul presupposto che l’arte può vivere la sua libera avventura nel mondo, al di fuori di schemi precostituiti o di classificazioni definite e che esiste come supporto creativo per una rinnovata socializzazione”.


L’ordinamento affiancava perciò, senza distinzione, le opere degli artisti affermati a quelle elaborate dai pazienti artisti nell’ambito dell’Atelier interno alla struttura, scelta che non mancò all’epoca di sollevare vibranti polemiche. Il Museo venne chiamato “attivo” perché si poneva “oltre che come Centro pilota per la raccolta di opere difficilmente visibili provenienti da ateliers di Tecniche espressive italiani, stranieri ed interni al Presidio di Quarto, come spazio aperto per assemblee, convegni, incontri sulle funzioni riabilitative della creatività … come luogo di feconda invenzione, in grado di veicolare idee atte a spezzare la sorda parete del silenzio che spesso si crea attorno alle disabilità mentali”. All’impegno assunto allora sotto l’impulso di Claudio Costa e dei cofondatori,il Museo attivo e l’I.M.F.I. hanno tenuto fede promuovendo, nel tempo, laboratori di pittura e disegno, ceramica, incisione, acquarello e danza (ora aperti a persone con disagio e a partecipanti esterni), convegni (da “Luoghi, percorsi e voci. La creatività nell’espressione terapeutica” del 1993 al recente “Totem e Tabù”, 2015), ospitando manifestazioni teatrali (fra le più recenti il progetto “Case Matte. Un viaggio attraverso gli ex-manicomi italiani” di Teatro periferico in collaborazione con Chille de la Balanza, legato a sua volta a La Tinaia di San Salvi), pubblicando volumi di poesie raccolte fra le carte degli ospiti della Residenza protetta (“Parola smarrita, parola ritrovata”, a cura del Gruppo per la poesia del Coordinamento Riabilitazione USL 3), collaborando con il circolo cinematografico Lamaca gioconda e la Compagnia de La Zanzottereide alla produzione di “Uargh”, film di Maria Lodovica Marini dedicato ad Antonio Slavich. Fra i risultati di maggior rilievo va segnalata la scopertae la diffusionedell’opera di Davide Mansueto Raggio, a lungo ospite dell’O.P. di Quarto, autore di straordinaria forza inventiva. Durante i venticinque anni della sua esistenza il Museo attivo è stato animato e accompagnato da artisti di generazioni diverse, in prevalenza – per ovvie ragioni logistiche -

attivi sul territorio, impegnati nei laboratori o presenti con mostre, performances, interventi e significative donazioni. Al loro essenziale apporto la mostra, realizzata nel quadro delle iniziative del Coordinamento Quarto Pianeta, vuole rendere omaggio, presentando una scelta di lavori prestati o creati per l’occasione che testimonia la qualità delle collaborazioniinstaurate e,di riflesso,l’importanza del patrimonio museale custodito a Quarto.

Si ringraziano per l’ospitalità Palazzo Ducale – Fondazione per la Cultura e per la collaborazione l’Accademia Ligustica di Belle Arti, l’Archivio Claudio Costa, l’Associazione Centro Sociale Quarto e il Conservatorio Niccolò Paganini.

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EVENTI

VENETO

MAYA

Il Linguaggio della Bellezza alla Gran Guardia 8 ottobre 2016 - 5 marzo 2017

Fino al 5 marzo 2017 il Palazzo della Gran Guardia di Verona ospita la mostra Maya Il Linguaggio della Bellezza. Maya Il Linguaggio della Bellezza è una mostra di circa 300 opere provenienti dai principali musei del Messico, allestita presso il Palazzo della Gran Guardia di Verona e visitabile fino al 5 marzo 2017. L’esposizione racconta la civiltà precolombiana del sud America attraverso sculture, oggetti d’uso comune, maschere e urne funerarie, fregi, frammenti di testi, mappe e molto altro. La realizzazione di Maya Il Linguaggio della Bellezza è stata permessa dall’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico e promossa dal Comune di Verona con il supporto di Arena Museo Opera, rimarrà aperta fino al 5 marzo 2017 dal lunedì alla domenica dalle ore 9.30 alle 19.30 e sarà visitabile previo acquisto del biglietto.

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E’una mostra dedicata alla vasta e misteriosa civiltà Maja, una cultura plurimillenaria tra le più interessanti dell’America precolombiana. E’ un popolo che non cessa di affascinarci per le sue conoscenze matematiche, per i suoi sistemi calendariali e per le sue realizzazioni. La quantità di opere,provenienti dai principali musei del Messico, questa mostra è una delle più grandi ed esaaustive che siano state proposte a livello internazionale. Inoltre affronta il tema della cultura attraverso le parole e i testi degli antichi Maja, la più grande rivoluzione dell’intero secolo: la decifrazione della loro scrittura. La mostra si articola in sei sezioni che raccontanola il modo di vivere, la decorazione dei corpi, gli abiti e gli ornamenti utilizzati per indicare lo tato sociale, il rapporto con gli animali e le diverse diviniità. T. +39°45853221 www.majaverona.it

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EVENTI

TRENTINO

Umberto Boccioni Genio e memoria

Mart Rovereto 05 NOVEMBRE 2016 / 19 FEBBRAIO 2017 Nella ricorrenza del primo centenario della morte di Umberto Boccioni (1882-1916), il Comune di Milano e il Mart di Rovereto celebrano l’artista con due mostre che ne evidenziano, alla luce anche di documenti inediti, il percorso artistico e la levatura internazionale. Dopo il successo a Palazzo Reale di Milano, la mostra Umberto Boccioni. Genio e memoria si presenta in una nuova e inedita versione espositiva nelle sale del Mart.

Il progetto offre un percorso selettivo sulle fonti visive che hanno contribuito alla formazione e all’evoluzione dello stile dell’artista futurista. L’esposizione, frutto di un lavoro di ricerca svolto dai Musei Civici di Milano e promossa dalla Soprintendenza del Castello Sforzesco in collaborazione con il Museo del Novecento, il Mart di Rovereto e la casa editrice Electa, presenta circa 180 opere tra disegni, dipinti, sculture, incisioni, fotografie d’epoca, libri, riviste e documenti ed è sostenuta da prestiti e collaborazioni di importanti

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istituzioni museali e collezioni private italiane e straniere. Umberto Boccioni. Genio e memoria dialoga con l’attività espositiva del museo, con le opere presenti nelle Collezioni museali e con i progetti della Casa d’Arte Futurista Depero, seconda sede del Mart. La mostra si lega, inoltre, all’attività di ricerca dell’Archivio del ‘900 del Mart, presso cui ha sede il CISF, Centro Internazionale Studi sul Futurismo.


Umberto Boccioni nacque a Reggio Calabria da genitori romagnoli, terminò gli studi all’Istituto tecnico di Catania. I suoi esordi artistici sono decisamente al di fuori della tradizione accademica poiché svolse un breve tirocinio nello studi di un cartellonista pubblicitario (Roma 1899). I suoi inizi risentono sia della lezione divisionista, sia della pittura impressionista e postimpressionista ma,a partire dal 1910,anno del suo incontro con Marinetti, Boccioni aderisce con entusiasmo al Futurismo,collaborando alla pubblicazione del Manifesto dei pittori futuristi,e diventando poi il principale ispiratore del Manifesto Tecnico della pittura futurista, nel quale la pittura è definita come “la sensazione dinamica eternata come tale”. Partecipa a numerose esposizioni in Italia e nelle maggiori città d’Europa. In particolare a Parigi ha modo di conoscere direttamente gli esiti maturati dal movimento cubista,traendone motivo per un approfondimento e un affinamento dei propri principi compositivi,soprattutto per quanto riguarda il processo di scomposizione delle forme e dei volumi. Nel 1914 pubblica Pittura scultura futuriste, importante testo teorico nel quale egli definisce con grande lucidità i concetti fondamentali della pittura futurista come quelli di linea-forza,di dinamismo,di simultaneità. Se l’impostazione divisionista e l’attenzione verso il mondo inesplorato delle nascenti periferie urbane sono

elementi che appartengono già pienamente al linguaggio boccioniano,del tutto nuovo è il modo in cui essi si fondono sulla tela,dove “tutte le abilità del mestiere sono sacrificate alla ragione ultima dell’emozioni”. Figura più rappresentativa del panorama artistico dei primi ‘900; • Umberto Boccioni riconosceva al Cubismo il merito di aver restituito solidità alla visione ma criticava un atteggiamento astrattamente intellettuale con risultati che peccavano di staticità: l’oggetto, sezionato e ricomposto, perdeva vitalità e finiva per apparire privo di spessore; a questa visione statica contrappose il dinamismo futurista (ogni oggetto aveva un movimento interno, universale e assoluto, sia in stato di quiete che di moto).

Umberto Boccioni, Costruzione spiralica, 1913, Museo del Novecento, Milano

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Paola Calcatelli

Paola Calcatelli mostra installazioni e opere su metallo e tela nelle quali la matericità è tangibile, ma senza che il suo linguaggio si leghi con l’estetica dell’arte povera. Stiamo attraversando territori nuovi e già da tempo l’arte percorre piste espressive e tecniche che trattano la materia con impostazioni in cui la classicità è piegata alle istanze mediatiche più aggiornate. Al proposito Paola Calcatelli espone l’effimero analizzando sia perdite e aggiunzioni operate su di esso dal tempo, sia il tentativo virtuale e impossibile, sperimentato dalla tecnologia avanzata, di immortalare con immagini sempre più perfettibili la fisicità oggettuale. L’artista mette in evidenza l’illusorio sforzo della contemporaneità di fermare così l’usura delle cose; questa utopia cela una heideggeriana presenza metafisica che cambia pelle alle precedenti versioni occidentali dell’essere. Le creazioni in metallo suggeriscono liriche astrazioni, rugginose, bianche, nero-grigiastre, ocra, o con poche e tenui tonalità ottenute con lavorazione di ossidi, gessi e colle (tutti materiali deteriorabili). Sono denominate

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“Opere a termine” per sottolineare in tal modo le inesorabili mutazioni del lavoro artistico su base organica. Le installazioni viventi invece, chiamate “Bioopere a termine”, supportano lo stesso principio attivando però specifiche fasi: la prima è la riproduzione fotografica dell’elemento naturale, ripreso in un dato istante, mentre la seconda è la concreta presentazione del mutamento dello stesso, al momento temporale della mostra. Anche le “Tele a termine”, opere destinate a un lento trasformarsi dei gessetti e degli altri strumenti pittorici instabili, sono composizioni intense dove si intersecano piani, forme vagamente geometriche, prospettive impossibili, morbidi segni semicorrosi, fantastiche architetture astratte su cieli neri. L’artista ci accompagna lungo il suo tragitto ideativo e poetico, acutamente sottile. Giovanna Arancio


Anna Cervellera

Anna Cervellera, colorista di talento oltrechè competente e “completa” pittrice, espone due quadri a olio alla collettiva Torino Dreams presso la Galleria20 di Corso Casale. “Vele a Venezia” e “Dance of passions” sono due oli su tela di immediato impatto visivo anche se inducono a fermarsi per leggerne le potenziali chiavi di lettura ed entrare in comunicazione riflessiva con lo stato interiore dove prendono forma le creazioni dell’artista. Il rapporto diretto della pittrice con il colore e la materia si intreccia

con la sua costante ricerca volta a declinare la tradizione con la contemporaneità. I soggetti (i paesaggi, le nature morte, il quotidiano) si trasformano e sempre più la vena espressionista si palesa rivelando uno sconfinamento nell’informale dove lo spazio figurato del dipinto si accende di colore e si frammenta o scompare tra i riverberi luminosi. Un’intensa liricità ricompone i dipinti. Giovanna Arancio

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L’opinione Graziella Valeria Rota Bruxelles-Woluwe-St-Lambert, Trieste e Gorizia.

Giovani divisi cent’anni fa dal conflitto e riuniti ora nel segno della pace simbolizzata dall’arte. Ideata e guidata dall’artista architetto Marianna Accerboni la rassegna, Paolo Caccia Dominioni, un artista sul fronte di guerra con i giovani artisti d’Europa cent’anni dopo, è stata inaugurata alla presenza del sindaco di BruxellesWoluwe-St-Lambert e che rientra nel Programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della prima Guerra mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lo scopo è di creare un confronto fra l’immaginario artistico sulla guerra di un secolo fa, rappresentato dal grande artista-architetto Dominioni, che la dipingeva in

diretta. Dopo Trieste alla Biblioteca Statale Stelio Crise (MiBACT) “i quattro anni della Grande Guerra –periodo che coincide anche con uno dei momenti più creativi nella storia dell’arte- molti pittori e scultori, infatti, concretizzarono il bisogno di nuove forme visive attraverso opere rivoluzionarie”, lo ha spiegato lo storico A. Gualtieri durante l’apertura della rassegna, ora alla Biblioteca Statale Isontina di Gorizia. Il seguito del progetto prevede un ampliamento degli scambi artistico-culturali di Trieste e Bruxelles.

La mostra si trasferirà da dicembre al gennaio 2017 alla Biblioteca Statale Isontina di Gorizia. Alcune opere dei giovani artisti belgi e francesi assieme a quelle di giovani triestini, goriziani, friulani, austriaci e sloveni:

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È disponibile il video Ritratto inedito di Dominioni in otto interviste, curato dalla Accerboni è realizzato grazie alla Pro Loco Redipuglia • Sentieri di pace con il contributo di RFI Rete Ferroviaria Italiana. Allestita con il patrocino del Comune di Trieste e organizzata in collaborazione con Biblioteca Statale Crise (MiBACT), Comune di Bruxelles

- Woluwe-St-Lambert, Città di Meudon (Francia) e Associazione Giuliani nel Mondo con il suo Circolo di Bruxelles, e con il sostegno di Associazione Dario Mulitsch Gorizia, Soroptimist Club Trieste, Rotary Club Muggia, Klaudij Jakoncic Flowers, Il Piccolo media partner.

Con Philippe Daverio a Trieste durante la mostra.

Marianna Accerboni artista, architetta, giornalista, scenografa, critica e curatrice di eventi d’arte, ha realizzato diversi progetti importanti. Dalla metà degli anni Novanta lavora sul tema della LUCE dove ha ideato scenografie d’avanguardia da realizzarsi attraverso raggi laser, allestimenti e scenografie di luce per concerti, spettacoli teatrali e mostre d’arte ed eventi multimediali e di luce per spazi urbani e musei. Proiezione di luce per la vernice della Lux Art Gallery•Trieste.

Ha esposto abiti-scultura e di luce, per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, 2011, bozzetti per scene e costumi e installazioni luminose in gallerie d’arte e teatri in Italia e all’estero e attualmente realizza inediti interventi di luce, con l’ausilio delle più sofisticate tecnologie.

Mare in tempesta, 2011tempera su carta e disegno. Collabora da anni con varie testate, riviste specializzate ed emittenti radio-televisive. Già allieva e collaboratrice del grande scenografo Luciano Damiani, idea e organizza, in qualità di curatore e di progettista dell’allestimento e della linea grafica, mostre ed eventi d’arte in Italia e all’estero, Roma, Firenze, Trieste, Bruxelles, Austria, ecc.

Info E-mail: marianna.accerboni@gmail.com - Skype. marianna.accerboni-

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EVENTI

EMILIA ROMAGNA

VOLTI

Ritratti in Romagna dal primo novecento ad oggi

Con la mostra “VOLTI. Ritratti in Romagna dal primo novecento ad oggi”, il DOC Centro di documentazione arti Moderne e Contemporanee in Romagna e la Fondazione Cassa di Risparmio di Imola intendono realizzare un evento culturale dedicato sia alla vicenda delle arti figurative moderne e contemporanee in Romagna, sia a personaggi della storia civile, letteraria, politica e, più largamente sociale e culturale, della regione. La mostra intende offrire al pubblico una doppia possibilità di lettura. Da un lato, presenta una storia artistica e artisti che, lungo il percorso di oltre un secolo, si sono espressi con le più varie tecniche (dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla caricatura fino al digitale) secondo modi originali o in linea con le varie tendenze via via emergenti. Dall’altro, vengono messi in luce personaggi, romagnoli o dalle vicende afferenti la Romagna, che in regione hanno vissuto significativi momenti della loro vita oppure ad essa abbiano fatto riferimento nella loro opera. Si citano, a titolo d’esempio, la scultura di Adolfo Wildt di Fulcieri Paulucci, la caricatura di Gabriele D’Annunzio, militare a Faenza, eseguita da Achille Calzi; il ritratto di Dino Campana eseguito da Giovanni Costetti; quello del generale polacco Wladyslav Anders, comandante il Secondo Corpo d’Armata Polacco che liberò Bologna nel 1945 eseguito da Tommaso Della Volpe; il busto di Alfredo Oriani di Ercole Drei conservato al Cardello; il ritratto di Francesco Beltramelli di Domenico Rambelli; per giungere, più vicino a noi, a quelli dei personaggi del film “Amarcord” di Federico Fellini, di Dario Fo (lungamente presente a Cesenatico) di Ilario Fioravanti, di Michelangelo Antonioni (regista di “Deserto rosso” ambientato anche a Ravenna) di Miria Malandri, di Vittorio Sgarbi (critico attento all’arte figurativa romagnola del Novecento) dei

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gemelli Vaccari, di Andrea Emiliani, storico dell’arte, soprintendente e direttore della Pinacoteca Nazionale di Bologna, di Cesare Baracca, del filosofo Enzo Melandri di Antonio Faeti, del piccolo Zeno di Bertozzi & Casoni. Tra i volti illustri appaiono anche quelli di personaggi meno conosciuti o anonimi che tuttavia hanno fatto o fanno parte dell’immaginario artistico e della realtà sociale della Romagna.


Questo è particolarmente evidente in parte dei lavori fotografici in mostra. Tra i fotografi romagnoli contemporanei sono stati invitati a partecipare: Guido Guidi, Alessandra Dragoni, Ulisse Bezzi, Cesare Ballardini, Michele Buda, Daniele Casadio, Jonathan Frantini, Marcello Galvani, Alex Majoli, Luigi Tazzari, Ettore Malanca, Luca Nostri, Matteo Bosi, Sauro Errichiello . Sei opere di Umberto Folli, disposte nelle varie sale di esposizione, esemplificano tipi e personaggi di una Romagna tanto mitica e letteraria quanto concreta. Tra pregio artistico e importanza storica o documentaria, viene recuperato un tema, quello del ritratto, che pur avendo avuto significative tappe anche nella modernità è venuto poi ad essere confuso con momenti retorici ed elogiativi dati per conclusi e trascorsi. Tuttavia, proprio nella contemporaneità – e ne sono testimonianza la diffusione dei “volti”, anonimi o meno, permessa e grandemente incrementata da nuovi veicoli comunicativi quali le fotocamere digitali o i social network – si assiste a una nuova e inedita presenza del ritratto nella vita quotidiana. Non occorrerà ricordare l’importanza, per le nuove generazioni, del selfie come parte indissolubile della narrazione della propria vita. Come le tecniche sono variate, dalla pittura a olio fino al digitale, così anche la stessa concezione del ritratto è passata dai tradizionali intenti celebrativi, encomiastici o di consegna alla storia di una memoria a una dimensione più attualizzante che fa parte della comunicazione globale attuale.

Mostra realizzata in collaborazione con : Biblioteca Comunale Manfrediana Faenza Centro Studi Campaniani “Enrico Consolini”, Marradi Cineteca del Comune di Rimini Circolo di Studi Sociali “Errico Malatesta”, Imola Fondazione Casa Oriani, Il Cardello, Casola Valsenio Galleria d’Arte Farneti, Forlì Galleria Carlo Virgilio di Roma Galleria Il Vicolo di Cesena Istituto per la Storia della Resistenza e dell’età Contemporanea della Provincia di Forlì-Cesena Museo della Città di Rimini Pinacoteca Comunale di Faenza Pinacoteca Comunale di Forlì Scuola di Musica “Giuseppe e Luigi Malerbi”, Lugo La cura della mostra è stata affidata a Franco Bertoni sotto la direzione di Andrea Emiliani.

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EVENTI

TOSCANA Arte in Toscana

Torre del Lago Puccini, Pescia, Pietrasanta... ma con un “ponte” con la Thailandia. Dipinti, sculture e... solidarietà. di Lodovico Gierut

2014 a 'La Capannina' per ARNo- Ubaldo Bonuccelli, Claudio Sottili, Gianfranco Antognoli, Andrea Bocelli e Lodovico Gierut (foto G. Mozzi, da archivio Gierut)

Terminate le manifestazioni di dicembre a Lucca e a Torre del Lago dedicate a Giacomo Puccini, non possiamo non evidenziare, sin da ora, il grande progetto che proprio nel Gran Teatro torrelaghese titolato al compositore toscano caratterizzerà l’unione tra arte e lirica, partendo dalla

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Girolamo Ciulla - Emù, tempera su carta - cm 28,5x38,5 - 2014

prossima fine Primavera sino a tutta la stagione estiva. Una corposa Collettiva con dipinti e disegni, sculture e fotografie, omaggerà sia “La Rondine” (rappresentata per la prima volta proprio cento anni fa), sia altre opere pucciniane quali “La Bohème”, “Tosca”, “Turandot” e “Madama Butterfly”.

Marcello Scarselli, Viaggio nell'opera, t. m. su tela cm 100x150, 2016


Anna Chromy, Madame Butterfly, pastello binco su carta nera cm 70c50

Marcello Podestà, L'elefante, un simbolo, acrilico su carta Magnani m 50x35, 2016

A proposito di “Madama Butterfly”, all’interno della selezionata mostra di gruppo comprendente, tra gli altri, Riccardo Benvenuti, Giacomo Mozzi, Marcello Scarselli, Alberto Bongini e Renzo Maggi (ovvero parte dei protagonisti del mese pucciniano 2016 in “Giacomo Puccini, la Musica e il Lago”), ci sarà la prima presentazione mondiale di un cospicuo numero di disegni dedicati a “Madama Butterfly”, autrice Anna Chromy (di cui al sito www.annachromy.com), presente pure, accanto alle opere di Kan Yasuda, Igor Mitoraj, Pietro Cascella, con alcuni bronzi monumentali collegati alla Musica. Se qualcuno pensava ad un inizio 2017 scarso di avvenimenti, si sbaglia, tanto che è veramente difficile sceglierne proprio per la quantità e la qualità, per cui è sufficiente porre attenzione, come esempio, a “Lorenzo Viani a Pescia” nel Palazzo del Podestà/Piazza Palagio, a Pescia, opere dalla Collezione Carlo Pepi e Stamperia “Benedetti” (bellissima una xilografia dedicata a San Francesco): Viani ebbe notevoli rapporti con la cittadina pistoiese, anche tramite amici quali Carlo Magnani (delle storiche Cartiere) e Carlo Spicciani, tanto che le prime frequentazioni sono datate sin dal biennio 1909-1910. La solidarietà e la generosità sono poi ben attuate dall’universo artistico nell’intera Toscana, con vari tipici esempi diversificati. Uno è a Viareggio – Galleria Ismi – con “Arte per la Ricerca”, collettiva di molti autori tra cui Girolamo Ciulla, Grazia Leoncini, Maria Gamundi, Domenico Bellipanni, Mara Moschini e Paolo Lapi (quest’ultimo purtroppo scomparso da qualche settimana) organizzata dall’Associazione Ricerca Neurologica ARNO (presieduta da Gianfranco Antognoli, Direttore Scientifico Ubaldo Bonuccelli), sodalizio operante a livello nazionale e internazionale avente Andrea Bocelli quale testimonial del Premio Atorn fatto della stessa Associazione la quale ha un ottimo ruolo nella ricerca scientifica, nell’informazione ad essa legata e nel sostegno a fianco dei pazienti affetti soprattutto da Parkinson e Alzheimer. Un altro è partito dalla Versilia e riassume pure la generosità toscana e nazionale; intitolato “Dalla foresta alla scuola e al lavoro”, opere su carta realizzate e donate da Massimo Facheris, Clara Mallegni, Annamaria Maremmi, Bruna Nizzola e Marcello Podestà, terminerà a metà marzo in

Annamaria Maremmi, Sono in Thailandia, matita su carta Magnani cm 50x35, 2016

Thailandia, presso il Camillian Social Center di Chiangrai (celebrandosi i 25 anni dalla nascita), diretto da Giovanni Dalla Rizza, finalizzato per l’aiuto ai tanti bambini che vi studiano (alcuni sono diversamente abili). Un’altra concertazione espositiva “Incontro d’Arte a Pietrasanta”, con apertura a inizio febbraio è presso la Galleria “Ribani Arte”, legata sia a nomi ormai storicizzati (Emilio Vedova, Mario Sironi, Roberto Crippa...) ad altri emergenti o già noti come Massimo Facheris. Sempre a Pietrasanta ci fa piacere – dato che siamo stati i primi a impegnarci, in senso culturale, per la sua mostra che si intitolerà “Orti della germinazione”, il sapere che lo scultore sardo Giuseppe Carta esporrà, dopo i bronzi di Dalì di cui la Rivista 20 aveva già dato notizia, la monumentalità delle sue sculture in marmo e in bronzo (peperoncini, pere, melagrane) soprattutto nella centralità cittadina da febbraio a giugno, con cura di Vittorio Sgarbi e regia/allestimento di Alberto Bartalini. Non troppo lontano, ai “Giardini della Versilia” la collettiva “La Via Francigena, il sacro e il profano”, organizzata per raccogliere fondi destinati ad aiutare le popolazioni colpite dal terremoto del 2016: tra gli aderenti, Marzio Cialdi, Albino Caramazza, Tommaso Chiappa, Lalla Lippi, Fabio Locatelli, Annamaria Maremmi, Marina Romiti.

Bruna Nizzola, L'albero, una preghiera fra terra e cielo, pastello su carta Magnani cm 56x66, 2016

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EVENTI

UMBRIA

Gubbio 2016 - XXVI Biennale di Scultura 15 ottobre 2016 - 15 gennaio 2017

Dal 15 ottobre 2016 al 15 gennaio 2017, Gubbio torna a essere la capitale della scultura contemporanea ospitando le cinque sezioni della Biennale di Gubbio 2016. La manifestazione, nata nel 1956, è stata pioniera nonché assoluto punto di riferimento per lo sviluppo e l’affermazione dell’arte tra gli anni Sessanta e Ottanta ed è diventata nel tempo un importante appuntamento per la conoscenza della produzione sia di artisti già affermati, sia di giovani talenti. Molti gli apporti e contributi scientifici di questa edizione che si articola nelle sezioni: Nuove Presenze, workshop-concorso per giovani artisti delle Accademie, Museo della Biennale a Palazzo Ducale (collezione permanente) e le due mostre-omaggio alle artiste Nedda Guidi e Mirella Bentivoglio al Palazzo dei Consoli. L’inaugurazione si terrà sabato 15 ottobre alle ore 16.30 a Palazzo Ducale

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Orari di apertura: Palazzo Ducale: tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30; lunedì dalle 13 alle 19 Palazzo dei Consoli: tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 (14.30 – 17.30 da novembre a fine mostra). Biglietti: € 10.00 interi. Per maggiori informazioni: Servizio Turistico Associato IAT Gubbio 075 9220693 info@iat.gubbio.pg.it www.facebook.com

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ARTISTI

MARCHE

Giovanni Schiaroli

Tra gli artisti storici marchigiani fortemente motivati e da sempre attivi in ambito pittorico va certamente menzionato Giovanni Schiaroli, originario di Senigallia dove da sempre vive e lavora. Pittore figurativo dal tratto vibrante e dinamico, portavoce dei colori e delle immagini della sua terra … “ Attraverso le riproduzioni di una natura armonica in equilibrio con i ritmi della vita umana, con i suoi racconti di vita quotidiana, le vedute campestri e marine, Giovanni Schiaroli

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rappresenta un mondo antico che si perde nella notte dei tempi con una natura selvaggia e incontaminata in cui si fondono realtà e finzione….Proietta sulla tela la sua visione della realtà che è pura poesia, una visione che nasce dal profondo della sua anima…” ( Monia Frulla). Attraverso i visi dei suoi personaggi , Giovanni, indaga l’umanità nascosta dell’essere umano , le sue ansie, i dolori esistenziali ma, al contempo, anche le speranze e la certezza di un riscatto futuro.


Artista attento ai cambiamenti sociali e artistici del suo tempo ben presto inizia a riflettere sulle dinamiche relazionali contemporanee, questa sensibilità, che lo caratterizza, lo porta a sperimentare senza sosta nuove tematiche sociali tanto da formulare l’idea di un Movimento Artistico propenso a riproporre un’arte focalizzata sulla centralità umana “alla ricerca dell’autentica essenza costitutiva della persona favorendo l’instaurarsi di uno sguardo nuovo , più attento e sensibile a percepire tutte le sfaccettature della realtà, come un filtro capace di catturare la verità sensibile che più si avvicina all’autenticità” ( da Manifesto del Movimento Artistico Introvisione). Sulla scia di questi intenti nasce il Movimento Artistico Introvisione di cui Giovanni ne è un degno rappresentante fondatore . In breve tempo il Movimento attraversa l’o-

ceano e arriva in Argentina al Centro Cultural Borghes di Buenos Aires con una mostra internazionale. Successivamente tutti gli artisti del Movimento partecipano all’Expo di Milano ospiti del padiglione argentino , come rappresentanti di un movimento artistico italiano, contemporaneo e internazionale. Tuttora Giovanni Schiaroli mantiene fede al suo impegno artistico e sociale con le molteplici committenze e tutti i progetti promossi dal Movimento artistico.

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EVENTI

MOLISE FEDERICO LOMBARDO SL PROJECT A cura di: Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio

L’ARATRO inaugura la sua nuova stagione espositiva con una nuova mostra personale di Federico Lombardo dove saranno presentati due nuovi recenti cicli di opere digitali e disegnative esposte per la prima volta, insieme ad alcune opere pittoriche. Lombardo lavora sul limite incerto che separa la pittura tradizionale dalla sua ricreazione mediante i programmi informatici, costruendo una sorta di Second Life della pittura stessa, sospesa tra materialità e immaterialità. Nelle opere in mostra l’artista riflette così sui temi del ritratto e della copia dai grandi maestri della pittura antica, in opere completamente ricostruite dalla sua mano attraverso pennelli reali o digitali. Lombardo scopre quindi un sistema metodologico posto al limite tra passato e futuro, nello snodo tra la storia, la sua ricostruzione e la sua trasformazione attraverso una visione contemporanea. Nella sua proiezione futuribile, l’artista cerca tuttavia di tornare costantemente a un nucleo originario e psichico, alla necessità umana di fare pittura anche attraverso media nuovi ma che conservano radici archetipe. In questo viaggio parallelo, Lombardo dialoga così con

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il Rinascimento, e con il Barocco, insegue Guido Reni, Caravaggio, Giorgione e Ribera, ricostruisce volti facendoli emergere dalle tenebre del nulla, ridà senso al flusso ininterrotto di un fare pittorico che, nonostante oblii e negazioni, rinasce e fiorisce perennemente dal profondo dell’anima umana.


Picasso, ceramiche in mostra a Campobasso 200 opere raccontano l’artista nella sua dimensione privata

Duecento opere tra grafiche, incisioni e ceramiche di un Picasso inedito e intimo, provenienti da collezioni private, in mostra da oggi fino al 17 aprile 2017 alla ex Gil di Campobasso. L’attività di Picasso come ceramista, disegnatore e incisore segna forse, come nessun’altra, il talento inquieto, tenace e appassionato che caratterizzò l’artista. Gli spazi espositivi ex Gil, grazie all’impegno della Fondazione Molise cultura e della Regione, seguono quel filo rosso che dal 2013 caratterizza l’area: dalle personali di artisti molisani come Gino Marotta a Giorgio De Chirico. “Esposizioni come questa tracciano un passaggio fondamentale in una realtà piccola come il Molise . Il Picasso che vediamo qui - spiega il direttore della Fondazione Sandro Arco - è l’uomo nella sua dimensione privata, l’esecutore di lavori nella libertà dei luoghi che amava e viveva”. “La mostra - aggiunge il presidente della Fondazione Antonella Presutti - è la conferma di un percorso tracciato due anni fa”. “La formula ripetuta più volte, fino a diventare

un refrain ‘portare il Molise fuori dal Molise’, che ha in sé l’idea di un flusso in entrata e uscita del turismo culturale, si è fatta realtà, qualità, utilizzo degli spazi espositivi della Gil, attenzione rivolta ai dettagli, sviluppo di professionalità che hanno lavorato e lavorano con passione e impegno”. Tra i curatori della mostra, con Stefano Cecchetto, c’è Piernicola Maria Di Iorio. “La forza e la bellezza della grafica originale e della ceramica -spiega- è rappresentazione personale della vita di Picasso. Le incisioni, sintesi della sua tecnica, sono presenti in mostra con 5 serie per oltre 160 opere che, come un componimento, mostrano globalmente le evoluzioni e le trasformazioni dell’artista”. “Orgoglio e gratitudine - sottolinea il presidente della Regione Molise Paolo Frattura - per un evento che dà ragione all’impegno di tutti coloro che si sono adoperati per realizzarlo. È una scommessa difficile e importante che, con la Fondazione, la nostra regione ha vinto.

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EVENTI

LAZIO

Artemisia Gentileschi e il suo tempo dal 30/11/2016 al 07/05/2017

30 novembre al Museo di Roma a Palazzo Braschi

Un viaggio nell’arte della prima metà del XVII secolo seguendo Un viaggio nell’arte della prima metà del XVII secolo seguendo le tracce di una grande, vera donna. Una pittrice di prim’ordine, un’intellettuale effervescente, che non si limitava alla sublime tecnica pittorica, ma che seppe, quella tecnica, declinarla secondo le esigenze dei diversi committenti, trasformarla dopo aver assorbito il meglio dai suoi contemporanei, così come dagli antichi maestri, scultori e pittori. La parabola umana e professionale di Artemisia Gentileschi (1593-1653), straordinaria artista e donna di temperamento, appassiona il pubblico anche perché è vista come un’antesignana dell’affermazione del talento femminile, dotata di un carattere e una volontà unici. Un talento che le consentì, giovanissima, arrivata a Firenze da Roma, prima del suo genere, di entrare all’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze; che le fece imparare, già grande, a leggere e scrivere, a suonare il liuto, a frequentare il mondo culturale in senso lato; una volontà che le consentì di superare le violenze familiari, le difficoltà economiche; una libertà la sua che le permise di scrivere lettere appassionate al suo amante Francesco Maria Maringhi, nobile

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raffinato quanto tenero e fedele compagno di una vita. Una tempra la sua, che pure sotto tortura (nel processo che il padre intentò al suo violentatore Agostino Tassi) le fece dire: “Questo è l’anello che tu mi dai et queste le promesse”, riuscendo così a ironizzare, fino al limite del sarcasmo, sulla vana promessa di matrimonio riparatore. La mostra che si apre il 30 novembre al Museo di Roma a Palazzo Braschi, con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, promossa e prodotta da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia Group e organizzata con Zètema Progetto Cultura, e che copre l’intero arco temporale della vicenda artistica di Artemisia Gentileschi, consentirà al visitatore di ripercorrere vita e opere dell’artista a confronto con quelle dei colleghi: circa 100 sono in totale le opere in mostra, provenienti da ogni parte del mondo, da prestigiose collezioni private come dai più importanti musei in un confronto serrato tra l’artista e i suoi colleghi, frequentati, a Roma, come a Firenze, ancora a Roma e infine a Napoli, con quel passaggio veneziano di cui molto è da indagare, così come la breve intensa parentesi londinese.


Oltre quindi ai magnifici capolavori di Artemisia come la Giuditta che taglia la testa a Oloferne del Museo di Capodimonte, Ester e Assuero del Metropolitan Museum di New York, l’Autoritratto come suonatrice di liuto del Wadsworth Atheneum di Hartford Connecticut, si vedranno la Giuditta di Cristofano Allori della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze o la Lucrezia di Simon Vouet del Národní galerie v Praze di Praga, solo per citarne alcuni: dopo i dipinti della prima formazione presso la bottega del padre Orazio, quelli degli anni fiorentini, segnati dai lavori dei pittori conosciuti alla corte di Cosimo de Medici come

Cristofano Allori e Francesco Furini, ma anche le tangenze con Giovanni Martinelli; altri che recano echi, e non solo, della sua amicizia e frequentazione con Galileo, come del mondo, allora nascente, del teatro d’opera. Scandite all’interno di un itinerario cronologico, le successive opere di Artemisia sono messe in relazione con quelle dei pittori attivi in quegli anni d’oro a Roma: Guido Cagnacci, Simon Vouet, Giovanni Baglione, fonte d’ispirazione rispetto ai quali la pittrice aggiorna, di volta in volta, il suo stile proteiforme e mutevole.

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Marco Longo

Marco Longo è nato a Torino il 27/11/56. insegna disegno e pittura presso lo studio” Ricerche Visive di Torino”in via Giulia di Barolo 12. Diplomato al liceo artistico, ha frequentato l’Accademia Albertina, diplomato alla “scuola Internazionale di grafica”a Venezia. Dal 1978 al 1994 fa parte della cooperativa “arti visive “di Torino. Partecipa a numerose mostre personali e collettive. Nel 2004 riceve il 1° premio concorso pittura “Città di Novara” Quello a noi più vicino è sicuramente dato dalle pitture dell ‘artista Torinese Marco Longo, il quale trasfigura in

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dimensione lirica la realtà metropolitana. Il suo paesaggio abdica al colore. Lo pone anzi in silenziosa attesa, accanto al respiro delle realtà quotidiane, appoggiandosi sulla malinconia amica delle ore lente, nei giorni di luce piovosa e diafana.Il tutto si traduce in immagini di bellezza eterea che il sole non riesce a penetrare. La prospettiva mette a fuoco soltanto gli oggetti inanimati, fissandoli per riflesso: i bordi della strada riflessa tra le pozzanghere, così come la pioggia battente vista protetti dal parabrezza di una macchina in corsa. Zaira Beretta (galleria Zaion Biella Aprile 2014)


Lorenzo Curioni

“E’ un mondo pittorico particolare quello di Lorenzo Curioni, una ricerca espressiva dove emozioni e aspirazioni si coniugano perfettamente. La sua è una pittura più emozionale che descrittiva, una tecnica forbita, una scrittura densa di significati, un’intonazione impostata su un registro lirico. Curioni non concede spazio alla retorica, l’osservatore si sente coinvolto dai sentimenti profondi che l’artista vuole trasmetterci. Lorenzo Curioni ha elaborato un proprio linguaggio espressivo, pieno di suggestive armonie, tendenti a conseguire validi risultati estetici. Sa dare vivezza con pennellate fresche. Un impasto che nel segno di una figura umana o di un paesaggio, sintetizza il senso dell’osservatore, dell’esplorazione profonda. Nelle sue opere c’è l’ombra di un’indagine introspettiva con cui elabora i fermenti

esistenziali, avvalendosi di un intuito psicologico che focalizza le istanze spirituali, pervase spesso da sottili inquietudini. Lorenzo Curioni è in possesso di un notevole bagaglio tecnico culturale il quale gli permette di creare opere di ragguardevole valore artistico. Sia le zone geometriche che le sinuose linee fluide che compongono la superfice dell’opera, conferiscono una evidenza intuitiva allo spazio che diviene esteso non solo in profondità ma anche verso un fluido movimento che struttura l’immagine attraverso un sistema di piani cromatici. Curioni rifugge i compromessi riuscendo così a raggiungere l’essenza di nuove energie espressive e possibilità stilistiche genuine e di alta qualità. Roberto Puviani

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PUGLIA

Mostra di Renato Guttuso nel Castello Aragonese di Otranto DAL 26 NOVEMBRE 2016 ALL’8 GENNAIO 2017..

. “Dal 26 novembre e fino all’8 gennaio sarà allestita un’antologica di Renato Guttuso, uno dei principali esponenti nell’arte internazionale del realismo socialista e protagonista della pittura neorealista. Circa 50 le opere che saranno esposte narrano del percorso professionale e di vita del maestro. Le opere scelte sono tra i dipinti ad olio su tela, tecniche miste e le litografie che ripercorrono il percorso pittorico e introspettivo di Guttuso e il cambiamento del tessuto sociale di cui il pittore è stato interprete e poeta. • La rarità si intreccia con la ricchezza tematica, visibile nella bellezza dei ritratti e delle scene di genere, nella ricercatezza delle nature morte.La figura femminile

sarà protagonista indiscussa dell’esposizione. • Non mancheranno studi preparatori di importanti lavori museali come lo studio per la”Vuccina”, un ritratto della moglie” Minise”, uno studio per la spiaggia ed altri. Accanto agli oli sarà presentara un’ampia selezone di opere a china e disegni su carta, insieme a bozzetti originali dei famosi tarocchi. ”A Otranto, in un paese ricco d’anima, la mia più bella mostra dedicata al Maestro Guttuso con 55 opere esposte”, afferma il curatore Giuseppe Benvenuto. “Sono in questa Città con tanto entusiasmo perché il Salento è terra nostra che merita attenzione e rispetto come tutti gli amministratori locali che hanno stimolato la mia volontà e dedizione, trasferendomi competenza e sensibilità”.

ORARI MOSTRA 10/13 - 15/18 giorni feriali e 10/19 giorni festivi BIGLIETTI DI INGRESSO AL CASTELLO Intero: € 5,00 Ridotto per gruppi di almeno 8 persone: € 3,00 Scolaresche: € 2 Gratuito per minori accompagnati dai genitori, guide turistiche con patentino che accompagnano gruppi, disabili e un accompagnatore.

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Michele Coccioli

“In queste opere celebra il passato utilizzando le vecchie fotografie in bianco e nero che appartengono ad ogni famiglia, che fanno parte di ognuno di noi, le cala in ambientazioni fatiscenti che forniscono sfondi dai colori caldi tipicamente mediterranei. Non sceglie una via né semplice né scarna per quanto riguarda la realizzazione delle sue fotografie, predilige l’utilizzo di molteplici immagini che, trattate come inserti, si rincorrono e si sovrappongono in un caleidoscopico divenire. Attraverso quella che potrebbe essere definita una correzione ottica, Coccioli combina superfici e persone, crea un’orbita dove le figure riportano al passato e al contempo spingono in avanti provocando nello spettatore una sospensione spazio-temporale che, separandolo dal contesto specifico nel quale si trova, da origine al

ricongiungimento tra individuo e genere umano, tutti riconosciamo le persone ritratte, tutti le guardiamo con lo stesso moto del cuore che ci fa inevitabilmente sorridere, tutti proveniamo dallo stesso tempo passato, quindi tutti abbiamo lo stesso futuro”. (Mariangela Mutti)

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EVENTI

CAMPANIA

Steve McCurry in mostra a Napoli al Pan, 28 ottobre 2016 - 12 febbraio 2017 Napoli

Steve McCurry è uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea ed è un faro per molti di noi che, nelle sue fotografie, riconoscono lo specchiarsi del nostro tempo. Ogni suo scatto è un racconto con esperienze ed emozioni: non a caso, i suoi lavori sono conosciuti in ogni parte del mondo. Fin dal 2009, Civita e SudEst57 hanno scelto di dedicare varie mostre al grande fotografo americano, mostre che hanno registrato la presenza di oltre 800.000 visitatori. La nuova esposizione, allestita nel Palazzo delle Arti di Napoli, presenta non solo le foto più famose, ma anche alcuni lavori più recenti e foto non ancora pubblicate.La mostra mette in evidenza il lavoro di fotografo impegnato nel sociale, senza tempo né spazio. Steve McCurry fotografa in tutto il mondo, è presente dove si verificano guerre, carestie, disastri, dove la sofferenza e il disagio sono insostenibili, dove il dramma di ogni singolo uomo è evidente. Questi eventi drammatici, purtroppo, sono all’ordine del giorno e Steve McCurry li documenta fin dalla fine degli anni ’70. Questa mostra di arte contemporanea internazionale al Pan, Palazzo delle Arti Napoli, segue il filo conduttore delle precedenti: è emozionante, interessante, valida, non solo per la valenza artistica dell’autore, ma per i racconti veri che denunziano la sofferenza, il dolore, le ingiustizie che avvengono di continuo in questo nostro mondo. La mostra è una sequenza di immagini dell’uomo contemporaneo che oggi, spesso, vive nella sofferenz , nella violenza della guerra e non solo, nella diversità delle culture, delle etnie. La verità fotografata regala forti emozioni che spesso lacerano i cuori di chi compie uno scatto e di chi poi

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li osserva. Le foto di Steve affascinano, incuriosiscono, meravigliano, commuovono e, sicuramente, ci migliorano. La mostra da non perdere, promossa dal Comune di Napoli e dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo oltre che dal Pan, Palazzo delle Arti, comprende oltre 180 foto di vari formati, selezionate da Biba Giacchetti insieme allo stesso McCurry ed è completata da un’ audioguida a disposizione di tutti i visitatori (e inclusa nel biglietto) nella quale il grande fotografo racconta in prima persona le sue foto con aneddoti e appassionanti testimonianze. (articolo di Letizia Caiazzo ,foto dal web) Orario di visita: 9.30-19.30.


L’opinione Letizia Caiazzo IL CRISTO VELATO, vero capolavoro della scultura di tutti i tempi Il Cristo velato è un’opera scultorea che, da sempre, toglie il respiro a chi l’osserva e l’ammira. Si resta rapiti e increduli nel contemplarla: rappresenta un Cristo sdraiato dopo il martirio, ricoperto da un velo che aderisce perfettamente alle forme del viso e del corpo, rendendone visibili, in trasparenza, i particolari più reconditi

giosa “tessitura” del velo che riesce a creare un’atmosfera magica fuori dal tempo. Oggi più che mai stare dinanzi al corpo martoriato di Cristo, ricoperto con un velo che copre ma, al tempo stesso, svela tutte le sue sofferenze, è meraviglioso e struggente poiché nell’animo dello spettatore vi sono sentimenti contrastanti dovuti alla soavità e serenità

ovvero le contratture del volto sofferente, le piaghe sul costato, le lacerazioni di mani e piedi, l’incavo del ventre. Parliamo di un’opera intensa e di rara bellezza, vera meraviglia che trasporta l’osservatore in un oltre trascendentale e divino. Il Cristo velato è custodito all’interno del Museo Cappella Sansevero a Napoli e fu commissionato da Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, a Giuseppe Sammartino, noto artista napoletano vissuto tra gli anni Venti e Novanta del Settecento. La leggenda vuole che Sammartino abbia scolpito solo il corpo del Cristo sul quale Raimondo di Sangro avrebbe poi disteso un telo successivamente marmorizzato tramite un procedimento alchemico sconosciuto, fino a diventare parte integrante della scultura. In realtà, il Cristo velato è un’opera interamente in marmo, ricavata da un unico blocco di pietra, come si può constatare da un’osservazione scrupolosa e come attestano vari documenti coevi alla realizzazione della statua. Il fascino e la storia di questa magnifica opera sono conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Parliamo di un capolavoro assoluto che, come testimoniato da molti, ha fatto dire al Canova, quando si trovò a contemplare l’opera: “Dieci anni della mia vita pur d’essere lo scultore del Cristo velato”. L’opera, la più famosa di Sammartino, è interamente in marmo, ritenuta un gioiello per la prodi-

di un volto senza più vita, abbandonato, e ai segni evidenti sul viso e sul corpo del martirio subito. L’opera, attraverso la trasparenza e la leggerezza del velo, racconta la storia delle sofferenze dell’umanità, ci interroga sul nostro essere, sull’essenza e sul mistero del vivere. L’intravedere attraverso il marmo la sublimazione della sua stessa materia, dovrebbe suscitare compassione, tolleranza, solidarietà per i mali dell’uomo e far riflettere, più che mai in questo periodo precario della nostra esistenza. Oggi, infatti, bisognerebbe riportare l’umanità che non ha più nulla di umano, all’umanità vera fatta di una vita condotta all’insegna del rispetto e dell’amore, accorgendoci delle miserie del mondo che ci circonda per lenirle e superarle. E’ possibile visitare il Museo tutti i giorni dalle 09:30 alle 18:30. L’ultimo ingresso è consentito fino a 30 minuti dalla chiusura. Resta chiuso il martedì. E’ consigliata la prenotazione per gruppi numerosi chiamando al numero 081.5524936 . (foto dal web)

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LETIZIA CAIAZZO

L’attesa - cm.50x70

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L’attesa di Letizia Caiazzo è uno dei dipinti più interessanti che abbia mai visto in vita mia. L’energia e la luminosità che sprigiona sono incantevoli e il magnetismo che cattura lo sguardo, trafigge lo spirito nel profondo, aprendo una serie infinita di emozioni e di quesiti. ......la figura raffigurata è solo una donna? E’ un angelo? Una creatura interplanetaria? Una trascendenza mistica dell’io? E’ l’idealizzarsi della perfezione? L’immaginario utopistico del desiderio? E’ l’incarnazione velata ma svelata dell’essenza dell’amore? Ognuno trarrà da questi colori e dallo sguardo sfuggevole della donna del quadro, ciò che all’anima ispira. Io trovo che sia un’opera meravigliosa che

incolla lo sguardo fino a diventarne geloso, impune dallo spostarsi da tale sublime visione, quasi come un dolore, un rimpianto... La donna e le onde... saggezza, fragilità, discontinuità e rituale ciclico mai uguale ma pur sempre lo stesso. Uh... vi sono miliardi infiniti sogni nello sguardo trasognato e sfuggente di tal personaggio quasi di spalle, come a non curarsi del mondo, ne del cielo ma dell’intersecarsi di attimi imprigionati e liberi tra colori e sfumature. Proprio come la vita di tutti noi. Grande l’artista alla quale il Cielo ha donato questa dote, di saper suo malgrado rendere eterna la scintilla della nostra umana essenza: la Vita. Pino Carella ( musicista eclettico, autore e compositore )


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CALABRIA

Al MAM di Cosenza la mostra dei presepi: “Il Presepio tra arte e tradizione”.

Dopo il successo dello scorso anno, l’AIAP ( Associazione Italiana Amici del Presepio) riespone, al M.A.M. (Museo Arti e Mestieri) di Cosenza, i Presepi nella mostra “Il Presepio tra arte e tradizione”. Presenti ben 140 maestri presepisti provenienti da tutta l’ Italia meridionale. Per l’ occasione del seicentenario della nascita del San Francesco di Paola sono presenti le opere con i miracoli e la vita del santo. Espone in mostra anche l‘artista bagherese Carmelo Maria Carollo che, con cinque presepi, veri gioielli realizzati in metallo trafo-

rato a mano, cesellato ed inciso a bulino, reinterpreta le opere di cinque maestri dell’ arte internazionale. La Mostra sarà visitabile fino all’8 gennaio 2017. Le opere presepiali sono valorizzate da laboratori, curati dalla direttrice del MAM Anna Cipparrone, utili per comprendere la realizzazione dei manufatti. Per creare un ideale percorso presepistico nel Centro Storico di Cosenza, alcuni presepi sono stati disposti nella Chiesa di San Giovanni Gerosolomitano. Alessandra Primicerio Foto dal web

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TRA STORIA E MITO:

la statua di Alarico di Paolo Grassino a Cosenza

Il 5 novembre scorso alla confluenza dei fiumi Crati e Busento, dove secondo gli storici fu sepolto Alarico e il suo tesoro, è stata inaugurata la statua del re dei Goti di Paolo Grassino. Cosenza viene ricordata nei libri di storia internazionale grazie alla figura di Alarico e dell’abate Gioacchino da Fiore . Alarico venne seppellito nel fiume Busento come era usanza tra gli imperatori barbari. L’episodio è raccontato dallo storico Jordanes, ripreso a sua volta da uno scritto del catanzarese Cassiodoro, magister officiorum (segretario) di Teodorico . A rendere la vicenda famosa fu, nell’Ottocento, il poeta August von Platen con i versi intitolati Das Grab im Busento, tradotti poi in italiano da Giosuè Carducci. Scrive Jordanes: “Alarico, colpito da morte improvvisa, uscì dalla scena del mondo. I Goti, piangendo per il grande affetto, deviano dal suo corso il fiume Busento, presso la città di Cosenza. Infatti qui il fiume, sceso dal piede del monte presso la città, scorre con onda pura. Dunque, raccolta una schiera di prigionieri, scavano il luogo della sepoltura in mezzo all’alveo, nel grembo del quale seppelliscono Alarico con molte ricchezze, e di nuovo riconducendo le acque nel loro alveo, perché il punto non fosse riconosciuto da qualcuno, uccidono tutti gli scavatori […]”. Negli anni scienziati, studiosi, archeologi e appassionati

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hanno cercato la tomba. L’Amministrazione comunale di Cosenza intende realizzare nel centro storico un museo dedicato ad Alarico . La scultura Alarico sul cavallo, dell’artista Paolo Grassino, è stata posizionata nei pressi della confluenza dei fiumi Crati e Busento. L’artista Paolo Grassino ha voluto rappresentare un cavallo ferito, senza gambe, sopravvissuto a tante battaglie. Un fantasma: sostenuto ed elevato, come una giostra, da quattro linee-tubi-trampoli, l’intenzione è di togliere il monumento equestre dal terreno per rendere l’oggetto materiale in un congegno che porta l’osservatore in una dimensione spirituale. Il re guerriero è in piedi attaccato al suo destriero, hanno la stessa sorte. La figura riemerge dall’acqua ponendo ancora domande dopo secoli. La superficie della scultura è rivestita da una pelle di linee in rilievo . Il cavallo, il re e la struttura che li sorregge, sono congiunti da onde che ridisegnano le forme e coprono i dettagli della figurazione. Il messaggio dell’artista è tutelare un segreto, presentarlo ma tenerlo velato. Non ci sono risposte razionali. Alessandra Primicerio Foto dal web


FRANCO AZZINARI il pittore del vento

Franco Azzinari nasce a San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza, il 3 marzo 1949. Dopo la morte dei genitori, a quattordici anni, lascia la Calabria. Si trasferisce per alcuni anni a Parigi, dove resta affascinato dai pittori impressionisti. In Francia inizia a eseguire ritratti per strada ai turisti. Nel 1973 a Lerici (SP) dipinge dieci tavole sulla Liguria e allestisce la sua prima mostra personale che darà ufficialmente inizio alla sua attività artistica. Inizia poi una serie di viaggi, in Estremo Oriente inseguendo le tracce di antiche civiltà asiatiche e successivamente negli Stati Uniti, nelle isole Seychelles e in Brasile. L’Amministrazione Comunale di Altomonte (CS) inaugura il “Museo Franco Azzinari nella Torre Pallotta, monumento di origine normanna. Dipinge i luoghi e i personaggi di Ernest Hemingway, venti ritratti di García Márquez e ritrae Fidel Castro. È amato da oltre trent’anni in tutto il mondo perché trasmette allo spettatore emozioni e sensazioni attraverso i colori, riuscendo a rappresentare l’anima della natura.

Abstract tratto dall’intervista di Alessandra Primicerio al M° Franco Azzinari presso gli studi della DN Pictures

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EVENTI

SICILIA A BAGHERIA RIAPRE IL MUSEO DI RENATO GUTTUSO

Il Museo Renato Guttuso è ubicato all’interno di Villa Cattolica, a Bagheria (PA) ed è strutturato su tre piani. L’edificio venne acquistato parzialmente dal Comune di Bagheria, nel 1973, che ne realizzò il Museo Civico al piano nobile, grazie alla donazione da parte del maestro Renato Guttuso delle sue opere alla sua città natale. Nel 1984, il Comune di Bagheria acquistò totalmente la Villa che venne adibita interamente a museo. Il primo piano rappresenta il cuore del museo, in esso vi sono circa cento opere di Renato Guttuso, in esposizione permanente, che esprimono tutto il calore ed il colore della terra siciliana e offrono una panoramica sulla vita e sulla carriera del pittore. Il secondo piano contiene innumerevoli foto, bozze e disegni che ritraggono momenti di vita e paesaggi siciliani. Oltre alle sue opere si possono ammirare all’interno del museo le opere di tanti artisti che hanno condiviso con

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Guttuso la loro attività creativa come Onofrio Tomaselli, Domenico Quattrociocchi e lo scultore Giuseppe Pellitteri. Al piano terra il museo dispone di una sezione etnografica nella quale sono esposti diversi carretti siciliani scolpiti e decorati. Al suo interno sono posti due Carretti originali i cui decori richiamano l’epopea dei Paladini e il tema dell’Unità d’Italia. I due Carretti sono corredati da parti in legno decorate, numerose foto e documenti che testimoniano la grande tradizione locale riguardante la realizzazione e la decorazione del Carretto Siciliano. Dagli anni 2000 il piano terra è stato destinato ad un laboratorio teatrale e a due laboratori pittorici. E’ stata istituita inoltre una sezione dedicata al manifesto cinematografico relativa agli anni dal 1928 al 1983.


Dal 1990 nel giardino della Villa, sono conservate le spoglie del celebre pittore, all’interno di un’arca monumentale realizzata dallo scultore e amico Giacomo Manzù. News 3- Nuova apertura: Aspettando Villa Cattolica – 26 dicembre 2016 2- Museo Guttuso attualmente chiuso, per ulteriori informazioni contattare: citbagheria@gmail.com 1- Dal 18 aprile 2015 e sino al 21 giugno 2015 potrà essere visitata solo la mostra “Guttuso – ritratti e autoritratti”. Orari Apertura: tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 19.00 Chiusura: lunedì Tickets Ingresso:  Euro 5,00 intero,  ridotto 4,00 euro;  gruppi scolastici 2 euro, gratuito per:  bambini fino a sei anni,  giornalisti con tesserino  guide turistiche con tesserino,  militari in divisa. Contatti Telefono: +39 091.943609 - E-mail: villacattolica@tiscali.it

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EVENTI

SARDEGNA

ALIGI SASSU

ORLANDO FURIOSO, FANTASIE D’AMORE E DI GUERRA

Ricorre nel 2016 il cinquecentenario dalla pubblicazione dell’Orlando Furioso, capolavoro assoluto della letteratura mondiale di tutti i tempi, che Ludovico Ariosto diede alle stampe a Ferrara, per la prima volta nel 1516 e in edizione definitiva nel 1532. Molti sono stati nel corso dei secoli gli illustratori del poema e delle vicende in esso narrate: nel Novecento, in particolare, l’universo poetico di Messer Ludovico ha ispirato numerosi artisti, che del poema hanno elaborato visioni inedite, a conferma della sua capacità di esercitare suggestive influenze sulla contemporaneità. . La mostra, dal titolo Aligi Sassu . Orlando furioso, fantasie d’amore e di guerra che sarà ospitata nella Sala delle Volte del centro d’arte EXMA dal 24 novembre 2016 al 5 febbraio 2017, espone le incisioni realizzate da Sassu nel 1974 e raccolte in una cartella, con introduzione di Vittorio Sereni, Accanto alle incisioni - in esemplari pregiati - vengono esposti gli studi preparatori inediti, che consentono al visitatore di entrare direttamente nel processo creativo dell’artista, mentre una selezione di dipinti rivela quanto l’immaginario di Sassu sia vicino all’universo poetico ariostesco. Un immaginario in cui ricorrono, lungo i decenni, i temi

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privilegiati della figura femminile, dei cavalli e dei cavalieri, delle battaglie. Il progetto si inserisce nell’ambito delle celebrazioni ariostesche che molti musei e università stanno conducendo in tutto il mondo, connettendo la città di Cagliari con una rete culturale nazionale e internazionale. La vasta produzione artistica di Aligi Sassu abbraccia tutto il XX secolo e comprende molteplici ambiti e tecniche d’espressione: dai dipinti alle grandi opere murali, dalla ceramica alla scultura monumentale, fino alle opere - acquerelli, acrilici, calcografie, litografie - create in stretto rapporto con la letteratura. Numerosi sono i cicli sassiani dedicati ai testi di autori classici e moderni: nel corso degli anni Ottanta vedono la luce, tra i numerosi lavori, le tavole per la Divina Commedia (1980-1986) e quelle per I Promessi Sposi (1982), precedute nel 1974 dalla fondamentale esperienza per il Furioso. «Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto…». Inizia così il poema d’Orlando pazzo d’amore. “E inizia da qui - scrive la curatrice della mostra Simona Campus - la passione di Sassu per il mondo


meraviglioso di Ludovico Ariosto, che tanto somiglia al suo mondo poetico. Un mondo dove ogni uomo e ogni amore hanno la propria legittimità, dove non importa la differenza tra fantasia e realtà, tra saggezza e follia, tra paladini e schiavi, tra bianchi e neri”. Invitato a produrre un’opera per la mostra collettiva Omaggio all’Ariosto, Sassu è tra i pochi artisti partecipanti a far derivare da quell’invito un lavoro di ampio respiro: realizza le Fantasie d’amore e di guerra dall’Orlando Furioso, una serie di quindici incisioni all’acquaforte e all’acquatinta, con interventi a bulino, - in tiratura di soli novanta esemplari numerati - e raccolte, con introduzione di Vittorio Sereni, in una cartella autonoma, la più voluminosa mai prodotta tra quelle dedicate al poema d’Orlando. Si ritrovano, in queste incisioni, alcune fondamentali prerogative iconografiche e stilistiche di tutta l’arte sassiana, ma declinate in funzione del rapporto, tutt’altro che convenzionale, a tratti inaspettato, con il testo poetico. Si ri-

trova l’attitudine a costruire le forme attraverso l’utilizzo di cromie intense e fortemente espressive. Ciò che colpisce è la capacità dell’artista di condensare in pochi episodi (in gran parte derivati dai primi canti) il profilo del poema intero con soluzioni allusive molto efficaci: una su tutte il ricorrente, metafisico pavimento a scacchi che sembra riproporre l’idea del Furioso come grande partita giocata sullo scacchiere del mondo. Il titolo scelto per l’opera, Fantasie d’amore e di guerra, inquadra bene i due basilari poli emotivi ricavati dall’incipit del poema e il ciclo di incisioni li trasla in immagine. Ne consegue un’esperienza di rara efficacia nella storia delle relazioni tra parole e immagini, che approda all’incontrarsi e all’incrociarsi dei linguaggi propri della cultura contemporanea. Nella forza emozionale delle figure umane e degli amatissimi cavalli si rende evidente la consonanza tra universo ariostesco e universo sassiano. Dal 27 Novembre al 05 Febbraio 2017 CAGLIARI EXMA Exhibiting and Moving Arts CURATORI: Simona Campus Patrocinio di Comitato Nazionale per il V Centenario dell’Orlando Furioso e Comune di Ferrara Con la collaborazione del Palazzo dei Diamanti Costo biglietto: intero € 5, ridotto € 3 (over 65, under 26, gruppi di almeno 10 persone) e scuole con visita guidata compresa. Gratuito bambini sotto i 6 anni, portatori di handicap con un accompagnatore, giornalisti. Visite guidate e visite speciali solo su prenotazione Tel.+39 070 666399 info@exmacagliari.com http://www.exmacagliari.com

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