Rivista20

Page 1

N°37 gennaio-febbraio 2020 w w w.facebook.co m/Rivista 2 0

-

periodico bimestrale d’Arte e Cultura ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

LEONARDO DA VINCI I volti del genio al museo storico Nazionale d’Artiglieria a Torino

Edito dal Centro Culturale ARIELE


ENZO BRISCESE

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

----------------------------------------------------------

Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Monia Frulla Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Silvia Grandi Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Virginia Magoga Enzo Briscese Susanna Susy Tartari Cinzia Memola Miriam Levi Barbara Vincenzi

www. f a c e b o o k . c o m/ Rivi s t a 2 0 ----------------------------------------------------------

la nuda verità. - 2013 - t.m. su tela - cm70x80

Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------

il vecchio e il cane - 2013 - t.m. su tela - cm70x80

2

In copertina: Leonardo da Vinci


LEONARDO DA VINCI

volti del genio al Museo Storico Nazionale d’Artiglieria di Torino dal 7 dicembre 2019 al 31 maggio 2020 A conclusione dell’anno dedicato al 500° anniversario dalla morte di Leonardo da Vinci, il Mastio della Cittadella ospiterà una grande mostra interattiva dedicata ai mille volti dell’artista italiano più geniale di tutti i tempi

Torino, 2 dicembre 2019 – L’anno dedicato a Leonardo da Vinci giunge a conclusione con Leonardo da Vinci – i volti del genio, dal 7 dicembre 2019 al 31 maggio 2020 al Museo Storico Nazionale d’Artiglieria (Mastio della Cittadella) di Torino. L’esposizione curata dall’esperto mondiale Christian Gálvez, già curatore della mostra Los rostros del genio di Madrid, è un omaggio speciale alla figura di un uomo mortale che non smette di essere attraente e potente, un’occasione unica per gli spettatori di trovarsi faccia a faccia con l’immenso genio artistico di una personalità poliedrica e complessa, di colui che, in una vita sola, è riuscito a essere scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, anatomista, botanico, musicista, ingegnere e progettista. “L’avventura di quello spirito la cui eredità trafigge i cuori e le menti in un’unica lezione di anatomia, indipendentemente dalle teorie cardiocentriche o cefalentriche sull’anima, che viene discussa e celebrata oggi. La leggenda di quell’architetto di domani che non ha lasciato nessuno indifferente, che ha solo osato progettare il futuro, che si è svegliato mentre gli altri dormivano ancora. Tutto questo era, è e sarà Leonardo da Vinci. Questa è la storia che voglio raccontare”, ha commentato Christian Gálvez. La mostra, suddivisa in cinque aree tematiche, indaga la vita del grande artista rinascimentale, la sua immensa eredità, la sua opera più famosa, L’ultima cena, i suoi studi sul corpo umano e infine la celebre Tavola Lucana, una tempera su

legno realizzata tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo. Il lavoro, sottoposto alle scrupolose analisi scientifiche condotte dagli esperti del CNR dell’Università Federico II di Napoli e del Circe – Innova, presenta il volto di Leonardo da Vinci ripreso di tre quarti in semi-profilo, con caratteristiche fisiche molto diverse dalle aspettative e da quelle già evidenziate dal famoso ritratto di un anziano custodito nella Biblioteca Reale di Torino. Il misterioso autoritratto attribuito al genio rinascimentale, conservato in una raccolta privata di Salerno, è stato ritrovato dallo Studioso Nicola Barbatelli nel dicembre 2008.

3


“La mostra che si inaugurerà prossimamente negli spazi del Mastio della Cittadella di Torino, rappresenta senza dubbio uno dei laboratori di studio più intensivi sulla figura di Leonardo. Essa intende sottoporre al visitatore tutte le attività di ricerca del genio toscano passando dalle prime teorizzazioni artistiche apprese nella bottega del Verrocchio, a contatto coi suoi contemporanei, sino alle più suggestive e intense trattazioni dei progetti di ingegneria, botanica, anatomia, fisica e ottica. L’esposizione pone al centro del dibattito il tema della fisionomia di Leonardo, raccontando la genesi di un corollario iconografico che nei secoli ha contribuito a rendere l’immagine del maestro altamente mitizzata, allontanandone la reale fisionomia ad oggi probabilmente rispondente al ritratto ripreso nella Tavola Lucana, nel Profilo di Windsor Castle e, forse, in un Ritratto di allievo posto tra studi di gambe di cavalli, sempre a Windsor”, ha commentato Nicola Barbatelli. Per tutta la durata della mostra, gli spazi del Mastio

della Cittadella ospiteranno anche numerosi incontri, rievocazioni storiche ed eventi curati da Susanna Tartari del “Progetto Rievocare”, mentre i laboratori didattici, le attività per le scuole e le visite guidate saranno a cura di Theatrum Sabaudiae. Leonardo da Vinci - i volti del genio è un progetto dell’Associazione Reinterpreta, in collaborazione con Piemonte Musei, 47Ronin e Iniciativas yexposiciones. La mostra è realizzata con il patrocinio di Regione Piemonte, Città di Torino, Ambasciata d’Italia a Madrid, Leonardo DNA Project, Confindustria Piemonte, Confartigianato Torino e il sostegno di Link Campus University, iDocet, Comau, Tucano Viaggi, Defendini, DLGS81 Ambiente e Sicurezza. La mostra è convenzionata con Abbonamento Musei Piemonte, Blue Torino, Mercato Centrale Torino e M** Bun. Media partner Cronaca Qui, charity partner Fondazione Piemontese per la ricerca sul cancro.

INFO Leonardo da Vinci – i volti del genio Dal 7 dicembre 2019 al 31 maggio 2020 Museo Storico Nazionale d’Artiglieria (Mastio della Cittadella), Corso Galileo Ferraris, 0 (angolo via Cernaia) – Torino Orari Dal lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì: 9:30 – 19:30 Sabato e domenica: 10:30 – 20:30 Giorno di chiusura: martedì Biglietti • Intero: 12,50 € • Fidelity Card: 10,50 € (Confartigianato To Confindustria Piemonte - ACI SYC) • Ridotto: 9,00 € – Over 65, Giornalisti con regolare tessera dell’ordine nazionale, Abbonamento Musei Piemonte • Ridotto Gruppi: 9,00 € – Gruppi di min 10 persone • Ridotto studenti: 7,00 € – Ragazzi dagli 11 ai 18 anni, Studenti universitari • Ridotto scuole: 4,50 € – Scuole di ogni grado e ordine, bambini che accedono non in gruppo scolastico dai 6 agli 11 anni non compiuti • Prezzo famiglia (bambini fino a 11 anni non compiuti) 2 adulti e 2 bambini €28,00 - 2 adulti e 1 bambino €24,00 Prevendite disponibili sul circuito Ticketone. Per ulteriori informazioni: https://www.leonardodavincitorino.com/ Facebook @ivoltidelgenio Instagram Leonardodavinci-ivoltidelgenio Ufficio stampa: Francesca Cavallo

4

Torino: Via Caboto, 35 – 10129 / Tel: 011.83.65.61 francesca.cavallo@loginpress.it Facebook


EVOLUZIONE E INVOLUZIONE DELL’ARTE

A partire “dalla notte dei tempi,”sicuramente dal Mesolitico in poi, gli uomini hanno sentito il bisogno di esprimersi attraverso l’arte. Sacralità e quotidianità, prima della scrittura, hanno fatto la loro comparsa tramite forme,colori, segni simbolici. L’arte si è evoluta nel corso della storia umana conservandone le tracce. Per quanto ci riguarda e ci coinvolge più profondamente, sono le tracce della grande cultura classica occidentale greco-romana declinata con l’avvento del Cristianesimo, quelle che ci interrogano sul nostro patrimonio culturale e artistico, dominanti rispetto

agli altri apporti che la arricchiscono e la contaminano. In particolare ci soffermiamo sulla nostra storia rinascimentale, ammirata ovunque nel mondo, sfruttata più ancora che amata e compresa da noi italiani, discendenti da simili giganti. I nostri antenati. Per consolazione sappiamo che questa superficialità non è condivisa da tutti. Boccioni, ad esempio,nel primo Novecento, apprezzato come futurista di spicco e fautore della modernità, affermava la grandiosità della nostra “antica pittura” di fronte alla quale il suo lavoro si scioglieva come neve al sole.

5


Ed ebbe sempre, dentro di sé, una celata nostalgia. Prima di Boccioni, Van Gogh, capace di intendere e innovare il passato, diceva che l’artista coglie gli intrecci, i colori, le sfaccettature innumerevoli e cangianti dell’animo umano, come specchio del mondo, è colui che vede e sa dar voce, indagando, alle leggi che soggiacciono e a quegli eventi emozionali apparentemente ineffabili e incomprensibili. Nella prima metà del secolo breve Morandi, che con la

6

sua pregevole pittura silenziosa andava però smaterializzando il dipingere, tenne sempre in grande considerazione la pittura del passato, specie il Seicento, si occupò con interesse di tutte le tecniche artistiche e fu un incisore di elevatissima qualità. Per tutto il Novecento, avanguardie comprese, gli artisti abitarono ancora le arti sperimentando senza rompere quel filo vivo che costituiva il necessario legante storico-artistico.


Ora non è più così: o meglio, gli artisti con serie competenze di mestiere e di rigorosa ricerca, capaci di vivere il proprio tempo e di comunicare emozioni e pensiero, ci sono ancora ma vengono totalmente ignorati. L’involuzione dell’arte ha raggiunto il suo apice con millantatori che propongono il vuoto: di creatività, di capacità, di

valori. “L’importante non è l’arte ma lo shock che si provoca”(Cattelan) “L’arte contemporanea’? E’ cronaca scandalistica (Hirst). L’involuzione non è nata all’improvviso. Il Novecento stesso aveva già in sé i germi della corrosione (Duchamp, Manzoni, gli artisti dell’arte povera decretavano la separatezza dell’arte dalla vita…)

Il secolo breve, con le sue contraddizioni, ha rappresentato un momento di svolta, e come Giano bifronte ci ha mostrato il suo lato corrosivo al varco del nuovo millennio. E’ stata un’erosione lenta, protratta in modo subliminare e progressiva negli ultimi secoli e scoppiata in forma eclatante nel secondo millennio. E’ arte incorniciare un animale squartato asserendo che l’arte è pettegolezzo e la poe-

tica è morte e bruttura? Quindi questo può essere definito un periodo di decadenza purtroppo in tutti i settori, dalla cultura alla politica, dal lavoro all'ecologia. Il compito di ognuno di noi, tant'è se è un'artista, è quello di trovare e sperimentare strade nuove per riportarci ad un concetto di bellezza e di cultura che sembrano ormai perduti.

7


Artisti presentati su questa rivista “Arte e non banana attaccata alla parete con un pezzettino di scotch”

8

Alessi Salvatore

Enzo Briscese

Cappelli Franco

Dell’Uomo Daniele

Cervellera Anna

Catellani Maurizio

Elisa Fuksa-Anselme

Cavalieri Claudio

Giacomo Tinacci


Billetto Alfredo

Castelli Giani

Domenico Lasala

Andrea Berlinghieri

Nino Aimone

Giuliano Censini

Febbo Carlo

Umberto Salmeri

Gehard Demez

9


Piergiovanni Ferroglia

Angelo Maggia

Nicole Grammi

Greca Giuseppe

Silvia Finetti 10

Mario Surbone

Marki Erica

Santo Nania

Gina Fortunato

Francesco Preverino

Giorgio Billia


Pino Mantovani

Margari Franco

Giuseppe Foruso

Mrazova Sarka

Renzo Sbolci

Angela Guiffrey

Enrica Maravalle

Levi iMriam

Ieronimo Gabriele 11


Richiusa Pino

Roccotelli Michele

Giacomo Soffiantino 12

Roccotelli Mariuccia

Franco Erreni

Italo Zopolo

Anna Azzalini

Ramella Giorgio


MarcoLongo

Marco Creatini

Aldo Pietro Ferrari

Angelo Buono

Rosa Quaglieri

Franco Bolzoni

Lorenzo Curioni

Enrico Meo 13


Anna Mostacci

Paola Boni

Tramontano Antonio 14

Giovanni Spinazzola

Ines Daniela Bertolino

Alderucci Corrado

Vittoria Arena

Carla Silvi

Alessia Zolfo


Clara Mastrangelo

Elisa Filomena

Oronzo Mastro

Guido Mannini

Albino Caramazza

Aurora Cubicciotti

Anna Maria Moretto

Matteo Maso

Ruggero D’Autilia 15


Giuseppe D’Antonio

Raluca Misca

Francesco Di Martino

Giovanni Carpignano 16

Roberto Vione

Discepolo Girardi

Mauro Chessa


Claudio Marciano

Giulio Gamberucci

Alex Ognianoff

Alice Cristelli

Michele Coccioli

Marco Vigo

17


PIEMONTE

Andrea Mantegna. Rivivere l’Antico, Costruire il Moderno: la grande mostra a Torino

“Andrea Mantegna. Rivivere l’Antico, Costruire il Moderno”: la grande mostra a Torino Palazzo Madama di Torino ospiterà dal 12 dicembre 2019 al 4 maggio 2020 la mostra dal titolo “Andrea Mantegna. Rivivere l’Antico, Costruire il Moderno” dedicata a questo gradissimo artista che ha saputo coniugare nelle proprie opere la passione per l’antichità classica, ardite sperimentazioni prospettiche e uno straordinario realismo nella resa della figura umana. Nelle sale monumentali del Palazzo Madama di Torino potrete ammirare questa grande esposizione che vede protagonista Andrea Mantegna (Isola di Carturo 1431 – Mantova 1506), uno dei più importanti artisti del Rinascimento italiano. Intorno alle sue opere si articolano le testimonianze di una stagione artistica, quello del Rinascimento in pianura padana, prima a Padova e poi a Mantova, che è stata in grado di far rivivere l’antico costruendo il moderno. L’esposizione, curata da Sandrina Bandera e Howard Burns, è divisa in sei sezioni e presenta al pubblico il percorso artistico del grande pittore partendo dai prodigiosi esordi giovanili fino ad arrivare al riconosciuto ruolo di artista di corte dei Gonzaga. La mostra si compone di un corpus di oltre un centinaio di opere, riunito grazie a prestigiosi prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo. Tra queste ci sono il Victoria and Albert Museum di Londra, il Musée du Louvre e il Musée Jacquemart André di Parigi, il Metropolitan Museum di New York, il Cincinnati Art Museum, il Liechtenstein Museum di Vienna, lo Staatliche Museum di Berlino, ma anche numerose realtà italiane come le Gallerie degli Uffizi, la Pinacoteca Civica del Castello Sforzesco, il Museo Pol-

18

di Pezzoli di Milano, il Museo Antoniano e i Musei civici di Padova, la Fondazione Cini, il Museo di Capodimonte di Napoli.


Il Piano Nobile di Palazzo Madama accoglie l’esposizione delle opere, a partire dal grande affresco staccato proveniente dalla Cappella Ovetari, parzialmente sopravvissuto al drammatico bombardamento della seconda guerra mondiale ed esposto per la prima volta dopo un lungo e complesso restauro e dalla lunetta con Sant’Antonio e San Bernardino da Siena proveniente dal Museo Antoniano di Padova.

Il percorso della mostra è preceduto e integrato, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, da una installazione multimediale che permetterà ai visitatori di vivere una esperienza immersiva nella vita, nei luoghi e nelle opere di Mantegna. In questo modo saranno “accessibili” anche i capolavori che, per la loro natura o per il delicato stato di conservazione, non possono essere presenti in mostra, dalla Cappella Ovetari di Padova alla celeberrima Camera degli Sposi, dalla sua casa a Mantova al grande ciclo all’antica dei Trionfi di Cesare.

Potete acquistare i biglietti per la mostra “Andrea Mantegna. Rivivere l’Antico, Costruire il Moderno” qui. Data/e: 12 Dicembre 2019 - 4 Maggio 2020 Orario: 10:00 - 18:00 Chiusura martedì - La biglietteria chiude un’ora prima Palazzo Madama - Piazza Castello - Torino Biglietto intero: 15€ - Biglietto ridotto: 13€ gruppi di minimo 15 persone - Biglietto ridotto under 25: 7€ giovani e studenti da 6 fino a 25 anni compiuti con documento e tesserino universitario - Mostra + museo: 19€ intero - Mostra + museo: 13€ ridotto - Gratuito per minori di 6 anni. Disabili e accompagnatore - Ingresso libero Abbonamento Musei e Torino Piemonte card Altre informazioni: www.ticketone.it

19


LOMBARDIA

EMILIO VEDOVA Palazzo Reale - Piazza del Duomo, 12 MILANO dal 6 dicembre 2019 al 9 febbraio 2020 a cura di Germano Celant

“Nella sua pittura, il tratto aspro e violento, proiettato in uno spazio dinamico, è il segno di un atteggiamento di fronte al dramma non di passiva rassegnazione ma di ferma protesta” Una mostra importante è ospitata al Palazzo Reale di Milano per ricordare il centenario dalla nascita di Emilio Vedova (Venezia 1919-Venezia 2006), uno dei più autorevoli protagonisti della vita artistica novecentesca del nostro paese. La sua lunga carriera ha attraversato la storia del secolo breve e con le sue opere l’artista veneziano ha partecipato con intensità sia sul piano umano che professionale alle vicende sociali, culturali,artistiche della sua epoca. Vedova iniziò a lavorare nell’ambito figurativo ma dopo breve tempo iniziò a conoscere le principali esperienze europee ed internazionali: dall’espressionismo al neocubismo, alla sperimentazione di tecniche e di materiali di origine dada e costruttivista, all’espressionismo astratto americano. Il suo campo d’indagine preferenziale era l’inconscio, mentre rifiutò di confrontarsi con le ricerche minimaliste e concettuali considerandole riduttive per la sua poetica. L’esposizione inizia dalla Sala del Piccolo Lucernario, un ambiente dove viene tracciato l’itinerario biografico e personale con opere, fotografie, modelli che testimoniano i numerosi passaggi del suo percorso poetico; la sala successiva, detta delle Cariatidi, era il salone delle feste che, per realizzare questa mostra, è stato diviso diagonalmente da una parete lunga trenta metri per cinque

20

metri di altezza, circondata da una fonte luminosa. E’ stato progettato questo intervento per creare un forte impatto scenografico che non è fine a se stesso ma serve ad accentuare il contrasto e l’attenzione su due diversi periodi storici di Vedova, ossia da una parte sono dinamicamente disposti i lavori degli anni Sessanta e dall’altra quelli altrettanto decisivi degli anni ottanta.


Un tale intervento oltretutto crea un ulteriore conflitto tra il neoclassicismo della sala e l’apparato espositivo del pittore, esplosivo sia dal punto di vista compositivo che cromatico accendendo un’atmosfera tensiva particolarissima. Sono messi a confronto dipinti e sculture e l’impressione primaria che scatena nel visitatore è di solito l’inedita visione di una monumentalità dovuta alle grandi dimensioni delle opere dai toni infuocati dai segni tormentati. La sala contiene una settantina di opere da muro e da pavimento. Famoso è il ciclo dei Plurimi (anni sessanta) a confronto con le imponenti tele degli anni ottanta: sono dialoghi pittorici e spaziali estremi. Questa grande retrospettiva antologica dà conto del valore dell’opera di Emilio Vedova nel contesto contemporaneo internazionale. Del primo periodo figurativo dell’artista si avvertono l’influenza della tradizione europea e il fascino eser citato dalla sua Venezia, in particolare da Tintoretto, non per il manierismo che incarna quanto piuttosto per la sua smisurata potenza espressiva. Fa seguito un acco-

stamento all’arte contemporanea che il suo stile rielabora. Vedova entrò in Corrente ma interruppe le sue attività per partecipare alla resistenza e in seguito aderì al Fronte Nuovo delle Arti. Le sue opere risentono della guerra manifestandola tramite un espressionismo spinto; negli anni cinquanta sviluppò cicli pittorici astratti. Intanto. Alla trentesima Biennale di Venezia venne premiato per la pittura, arrivarono anche i riconoscimenti internazionali, i viaggi, l’insegnamento, gli interventi scenografici per gli amici artisti. La sua vita creativa e personale fu intensa e dinamica quanto le opere per cui è difficile sintetizzare in breve il percorso poetico di un simile vulcanico artista. Certo è che Vedova ha sviluppato un linguaggio nuovo e ha influito molto sulle generazioni successive. Pittore, scultore, incisore, scenografo, disegnatore, era dotato di un talento poliedrico dal segno secco,veloce, sintetico. Creazione, materismo, spazio, movimento, furono al servizio di un’arte “sociale” : infatti il grande maestro veneziano credeva nella possibilità dell’arte di incidere nella realtà.

Promozione: Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale, Fondazione Vedova Curatela: Germano Celant Info: mostre@comune.milano.it Tel. 39 0288445181 Ingresso gratuito Orario: lunedì 14:30 – 19: 30; martedì, mercoledì, venerdì, domenica 09:30 – 19:30 gioved’, sabato 09:30 – 22:30

21


VENETO

“ KANDINSKIJ, GONCAROVA, CHAGALL. SACRO E BELLEZZA NELL’ARTE RUSSA” 5 OTTOBRE 2019 – 26 GENNAIO 2020

Vasnecov

Gallerie d’Italia Palazzo Leoni Montanari “ La grande arte, quella seria, non può che essere nazionale. Priva della Russia del passato l’arte taglia le proprie radici. Non voglio dire che le influenze straniere sono inutili. Ma ciò che è straniero deve fondere con ciò che ci appartiene” (Goncarova) “In ogni centro artistico vivono migliaia e migliaia di artisti, la maggior parte dei quali cerca solo una maniera nuova, e crea opere d’arte col cuore freddo e

Chagall

22

Contra’ Santa Corona, 25 - VICENZA l’anima addormentata” (Lo spirituale nell’arte – Kandinskij) “Sono un mistico. Non vado in chiesa o in sinagoga. Per me lavorare è pregare” (Chagall) L’esposizione vicentina, stimolante e complessa, intende far dialogare le icone russe con le opere dell’avanguardia novecentesca. La collezione della Galleria di Vicenza, è tra le più ricche ed importanti d’Europa. Il filo conduttore è il concetto di spiritualità, l’unione tra sacro e bellezza, sintetizzata dalle immagini a soggetto religioso proprie dell’Ortodossia. Si vuole approfondire come l’arte moderna russa

Kandinskij “Lo spirituale nell’arte”


Vodkin attinga ad antichi modelli iconografici per esigenze di spiritualità. La caratteristica principale dell’icona è il suo antinaturalismo. I soggetti sono limitati con rigore. delimitati da griglie esatte, compositive e interpretative, mentre la posa delle figure è frontale e immobile, e manca la prospettiva lineare. I pittori di icone percepivano il mondo in modo sintetico, ossia come un tutt’uno e per questo eliminavano la finzione prospettica. L’arte del primo Novecento scardina l’illusoria rappresentazione visibile trovando nella pittura iconica un valido punto di riferimento; anche se diverse correnti interne di allora (Futurismo, Costruttivismo…) non si riconoscono in tali modelli, per molti altri artisti la tradizione pittorica russa è importante. Essa si dimostra utile per la ricostruzione identitaria e anche per la formazione di una nuova sensibilità estetica che riscopre nelle icone la perduta capacità di esprimere una simbologia universale. Questo ampio movimento spiritua le lascia libero spazio al linguaggio simbolico e interiore

Filonov riscuotendo attenzione e studio ancora oggi, tenuto conto della distanza che ci separa da quel periodo. Tra i protagonisti più influenti presenti in mostra ricordiamo Vrubel, Vaspecov,Ivanov, Petrov, Vodkin, Filonov… Svariate opere in mostra nel fastoso Palazzo barocco Leoni Montinari, sono esposte per la prima volta in Italia.

Gonarova

Vrubel

Orario martedì- domenica 10:00 – 18:00 lunedì chiuso Costi 5 euro; 3 euro ridotto Tel 800 5788875 E-mail info@palazzomontanari.com Progetto in collaborazione con il Centro Studi sulle Arti della Russia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia Curatela Silvia Burini, Giuseppe Barbieri, Alessia Cavallaro La mostra è affiancata da molteplici iniziative film, didattica, storia dell’art, convegni, musica, danza…

23


in concomitanza con

salonedell’edilizia, risparmio energetico e sicurezza

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA WEB-ART - Treviso - tel.: 0422 430584

arteinfieradolomiti@gmail.com www.arteinfiera.it Direzione artistica: Franco Fonzo

arte.fiera.dolomiti

24

@ARTEINFIERADO

artein fieradolomiti

+39.328 485189


25


FRIULI VENEZIA GIULIA

L’ opinione

di Graziella Valeria Rota Trieste nell’Arte…. e dintorni Da diversi anni l’artista Alenka Deklic, che è stata segnalata dall’artista cosmopolita Milko Bambič, e ha esposto nella Galleria a lui dedicata una personale di pittura e fotografia nella località di Opicina –TS- con ’associazione Mitja Čuk dove ha presentato il percorso artistico iniziato a partire dal 2002 come momento importante del suo

fare arte, perché parte di una ricerca artistico sistematico dopo la frequentazione tecnica nell’Associazione artistico culturale slovena Kud-Magnet e poi dal 2004 alla Scuola Superiore d’Arte dell’UN.INT. di Trieste. Ora si occupa dell’insegnamento scolastico e della parte culturale e organizzativa di eventi locali e internazionali.

Collabora e coordina alcune attività e conferenze della scuola Vision Arts di Trieste per la diffusione dell’arte e la sua comprensione pratica e teorica. Ha esposto le sue opere in diverse città in Italia, Slovenia e Croazia. Recentemente si è presentata in Perù e alla 2° Biennale Internazionale Donna a Trieste. L’artista ha origini sloveno croate, vive a Muggia –Trieste- sul confine di due stati, quello italiano e sloveno, e ne rispecchia tale poliedricità, superando i limiti di questo stesso spazio e tempo.

<Tra le parole archetipiche, di cui è difficile trarre i significati più puri e completi, vi è il termine – libertà; la parola sta in una trama complessa che intende interiorità e realtà esterna: il decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, ricorrere alla volontà mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla> (CIT. Alenka Deklic).

Ritratto1

<Donna Libere Scelte > una riflessione.

Ritratto 2

L’artista traccia una linea molto espressiva e dinamica e la varietà di pressione sulla matita dona allo spazio un maggiore senso dimensionale .> (CIT. prof. L. Calvo) Info : genteadriatica@libero.it - alenkadeklic@hotmail.com

26


Valentina Miani in arte Valensia, nasce a Udine, vive e opera a Fagagna –UD_. Molto legata alla natura e alla sua terra il Friuli Venezia Giulia che ispira parte delle sue opere dove c’è anche la ricerca dell’utilizzo di materiali naturali e di riciclo. Dal 2014 ha creato questa tecnica di pittura, si tratta di supporti lavorati con la tela di palma che recupera dalla natura e che donano al dipinto questa particolarità della tela “che si fa pelle”.

Selezionata al Concorso Arte Laguna. Natale in Galleria, la Loggia , Udine. Collettiva, Piccoli passi d’Arte 4 edizione, Fagagna Udine. Segnalazione di Merito, Premio arte Coseano, Coseano Udine. Concorso “Montmartre , Quadrivium, Codroipo Udine.2018, Partecipazione Fiera Art Innsbruk, Galleria Malinpensa By la Telaccia, Innsbruk, Austria. Le donne nell’Arte, Galleria Malinpensa By la Telaccia, Torino. Selezionata per ”Anatomia della bellezza”, Casa Cava, Matera., Collettiva, Piccoli passi d’Arte 5° edizione, Fagagna Udine. Collettiva, Colori e tecniche in libertà, Moruzzo Udine. L’arte è vita la vita è arte, collettiva Galleria La Pigna. Roma. Rassegna di Pittura e Arte

Contemporanea, Galleria Seghizzi, Gorizia. 28° Mostra d’Estate , Pozzalis, Udine. Collettiva “Bellezza”, galleria La Loggia, Udine. Personale a Villa Malbuton, Mortegliano. Collettiva “Eva Luna”, Espansioni, Gorizia. Mini personale, “Tra cibo e arte”, Isola Augusta, Palazzolo dello Stella., Selezionata per “Il bacio che non ti ho dato”, Villa Lysis, Capri. 29° Mostra d’Estate, Pozzalis, Udine., Collettiva, Piccoli pa ssi d’Arte 6° edizione, Fagagna Udine. Arte in Castello, Castello di Villalta, Udine. Esposizione opere Galleria Saphira e Ventura, Manhattan, New York. (Rec. G.V.Rota - Info genteadriatica@libero.it )

27


Tra gli snodi dell’attualità Italiana A cura di Enzo Briscese

La globalizzazione e lo sviluppo avanzato delle tecnologie hanno determinato in Italia (e non solo) una diminuzione progressiva dei posti di lavoro: cambia il modo di produrre i beni per la collettività, aumenta a dismisura la parte di ricchezza in mano a pochissimi “paperoni” provocando di conseguenza un’enorme massa di poveri e un numero in crescendo di schiavi. Saltano le garanzie conquistate in precedenza dai lavoratori che ora si adattano, quando hanno la fortuna di lavorare, a una massiccia mobilità che annienta le speranze di carriera, di aggiornamento e quindi di professionalità diventando ricattabili per non incorrere in facili licenziamenti. Molti devono ridurre la propria vita alla mera sopravvivenza. All’orizzonte non si intravvede praticabile una rapida creazione di nuovi modelli lavorativi. Il malessere collettivo è profondo anche per il ceto medio in caduta e tutto il Paese ne risente.

Stiamo assistendo da parte delle grandi potenze mondiali ad una pace armata, fondata sulla ”dissuasione” tramite ù

Venezia

28 Torino Un altro fattore che ha contribuito a inasprire il contesto complessivo è la caduta del muro di Berlino. Il muro, a ben vedere, ha rappresentato una distanza di sicurezza capace di rendere possibile un certo equilibrio, una sorta di bilanciamento imperfetto e problematico ma utile per la convivenza dei due blocchi (Europa occidentale e Unione Sovietica) contrapposti tra ovest ed est durante la “guerra fredda”. E’ stata sorprendente e inquietante, crollato il Comunismo Sovietico, l’evoluzione dell’unico sistema rimasto, organizzato in economia di mercato, che sta vivendo il radicale cambiamento epocale dovuto alla globalizzazione in corso.

28

l’aumento progressivo dell’ arsenale nucleare: ciò significa che, se sfugge il controllo (speriamo mai) in un istante la presenza umana viene cancellata dalla terra. L’Italia risente dei fattori di crisi internazionali ( guerre economiche, guerre locali sparse, migrazioni di massa, atrocità, dittature, terrorismi) e interni: il mondo è diventato piccolo, sempre connesso e in diretta. La parte più consapevole della popolazione italiana avverte con grande disagio il bisogno di attrezzarsi per un diverso modo di comunicare, di percepire, di “ripensare”, di narrare, e di gestire le nuove sfide. Anche l’etica, il patrimonio valoriale, in generale l’autoriconoscimento collettivo, è in via di ridefinizione e di resistenze. Sul piano economico ci si rende conto che c’è stata una svolta dopo la fine del periodo della guerra fredda: prima il denaro regolava il rapporto “lavoro-guadagno “, ossia la moneta si confrontava con la reale crescita del Paese attraverso la concretezza della produzione di beni per la collettività, adesso invece la moneta regola il rapporto “denaro-crea altro denaro”, cioè il potere finanziario si è avvitato su se stesso originando un fenomeno speculativo, sganciato dal mondo del lavoro e perdendo contatto con le criticità del Paese. Inoltre abbiamo un debito pubblico


vertiginoso su cui intervengono i poteri finanziari esteri imponendo alti tassi di interesse e creando un circolo vizioso che soffoca lo sviluppo economico. L industria, i servizi, la politica, e tutti i comparti istituzionali e culturali non possono più funzionare come un tempo ma vanno “riprogettati” alla luce delle trasformazioni in corso e dei numerosi nuovi problemi conseguenti senza avventurarsi nel vuoto dell’incompetenza la quale è per l’Italia una strada scivolosa. Infatti dopo le ultime elezioni, l’ incapacità della classe dirigente rischia di essere un pericolo serio.

e danneggia ulteriormente il Paese esasperando il clima interno e peggiorando la crisi. Il governo alimenta l’insicurezza sociale cavalcandola per furbeschi interessi elettorali e convogliandola contro i profughi sbarcati in Italia facendone così il capro espiatorio: lo squallido scopo è quello di addebitare allo “straniero” i problemi italiani e di deviare in sordina l’attenzione generale. Di contro, le misure a favore della dilagante povertà sono come gocce nel mare. Anche il dialogo tra le grandi potenze passa attraverso i mezzi di gestione digitale alla facile ricerca di“audience” e ciò non alza il livello educativo e culturale, emotivo e razionale delle popolazioni. Tale formazione al ribasso è disinvoltamente rivolta alle fasce più deboli che non possono permettersi un percorso critico personale e un ciclo di studi e di mature relazioni e sono ristrette nei nuovi media. Il mondo digitale, ricco di potenzialità positive, non riesce ad evitare le nuove forme di schiavitù intellettiva.

Firenze Per quanto riguarda il consenso politico assistiamo all’uso massivo di internet dove non può più aver luogo un serrato confronto di idee, scelte, responsabilità, ma avviene invece un pietoso battibecco con un linguaggio da stadio attraverso il quale si pilotano propaganda ed esibizionismi. Gli attuali governanti soffiano sul fuoco di uno sguaiato chiacchiericcio virtuale che sostituisce una partecipazione critica della cittadinanza con un esaltato gergo da branco: questo gruppo di tifosi si stringe intorno all’uomo forte del momento invocandolo ( “ oh capitano, mio capitano “..). E’ uno spettacolo deprimente che trasforma l’uomo pensante in un alienato da tenere a bada, pare di tornare al tempo dei gladiatori dell’antica Roma. L’ultimo voto elettorale degli italiani è stato dettato da una reazione di rabbia verso le inefficienze dei governi precedenti piuttosto che da una consapevole scelta politica; ora siamo sommersi da un populismo che non porta da nessuna parte

Roma

Napoli

C’è un’Italia, terra bellissima, dell’eccellenza , ricca di talento e di creatività che non riesce ad avere spazio. Molti italiani scelgono comprensibilmente la fuga. La direzione per una risalita di crescita resta la via dell’Europa Unita che va riaffermata e rafforzata politicamente con una riconferma democratica. Riteniamo che si possa lavorare per un’Italia più stabile ed equilibrata all’interno di una UE resa forte e competitiva.

Palermo

29


LORENZO CURIONI

Lorenzo Curioni, pittore brianzolo, intesse sulla tela un profondo rapporto tra l’uomo e lo spazio, una relazione per lo più giocata nell’habitat urbano dove la presenza umana traccia la sua storia e si affaccia facendo sentire i diversi ritmi della sua quotidianità o impregna di sé attraverso i segni del suo passato con cui ha imparato da sempre a coabitare. L’artista dipinge questa realtà complessa, ne conosce luci ed ombre. Inoltrandosi nelle sue periferie, facendosi largo tra gli interni dei suoi angoli più degradati od occhieggiando i luoghi deserti delle sue fabbriche dismesse si rimane catturati ascoltando il silenzio che ci investe e ci avvolge in un’atmosfera intrisa da questo inquieto legame uomo-spazio. Sono opere senza retorici rimpianti che ritraggono un mondo trascorso di intensa vita vissuta. Il novecento lombardo, con la sua rapida industrializzazione, ha lasciato un ricco bagaglio di fermenti, testimonianze, e nondimeno di arte, che arriva fino ai nostri giorni e con il quale il

30

terzo millennio fa i conti. I pietrificati silenzi dei paesaggi urbani sironiani, le irrequietezze chiariste, i disagi e le speranze, che si vissero nell’epoca dell’inurbamento, si ritrovano in quella tradizione lombarda di cui Curioni porta i segni, naturalmente ormai lontani e rivisitati. In queste aree, che l’artista ricrea,viene tratteggiata la fine irreversibile di un’epoca e nel contempo ciò che appare in questa prima parte del terzo millennio: infatti gli spazi periferici , seppure anonimi, rivendicano una loro attuale identità collettiva, rivelano un loro modo d’essere all’interno di una tavolozza chiara fra gamme di grigi e celestini, terre tenui aranciate od ocracee, luci pacate e soffuse. I contorni delle cose sono leggeri, spesso al limite dell’accenno, mentre i piani cromatici si susseguono in profondità all’interno di una composizione di rigorosa coerenza. Giovanna Arancio mail: curionilorenzo@tiscali.it cell.: 340.97 24 174


31


Il senso dell’ineffabile Antologica 20 porta in rassegna l’estetica informale di Antonio Tramontano di Elisabetta Esposito

Circondata da mura traboccanti di storia, la galleria Impressione di Pesche in provincia di Isernia riapre le sue porte dopo alcuni anni di inattività con un’inedita mostra dedicata all’arte contemporanea molisana, attraverso un excursus pittorico dei fruttuosi decenni di ricerca artistica di Antonio Tramontano. Per la “Antologica 20”, che celebra due decenni di profonda sperimentazione pittorica verso nuovi orizzonti estetici nel panorama nazionale, Tramontano torna ad esporre nella sua terra natia, guidato dalla sapiente direzione artistica del critico e storico dell’arte Tommaso Evangelista e dalla curatela degli spazi espositivi affidata all’architetto e proprietario della galleria Pietro Travaglini. Le opere esposte, circa quaranta, spaziano da un primo Tramontano, dominato da un universo enigmatico di cavalleresche memorie, a una visione artistica aniconica più contemporanea, segno del cosciente raggiungimento di un altissimo grado di astrazione. L’Antologica 20 ci conduce a ritroso nel tempo, dove la ricerca espressiva di Tramontano ci invita a visitare mondi metafisici popolati da creature fiabesche, concepite attraverso un plastico figurativismo narrativo, e dove il segno pulito e la prospettiva stilizzata sottraggono ai sogni enigmatiche geometrie volumetriche che omaggiano archetipi d’infanzia. Nel suo periodo aniconico e analitico, invece, la forma, originaria essenza del volume, si rarefà, sublimata così da diventare un ricordo inconsistente, silenzioso, imperfetto nella memoria. Secondo Evangelista «la linea d’azione, per dirla come Filiberto Menna, è metonimica, nel senso

32

che la sua pittura procede non sul versante del significato ma sull’idea di superficie del significante, lavorando nei tempi della percezione e della variazione». La stesura pittorica, di grande impatto visivo, e le liriche suggestioni cromatiche disvelano un universo evocativo e immateriale, in cui l’opera appare diversa ogni volta che ci poniamo davanti. La composizione rinuncia alla forma e sfida lo sguardo, turbandolo, spingendolo oltre la tela, intrappolandolo in uno stato di incertezza fra l’andare e il fermarsi.


«La mia pittura si basa su un unico elemento fondante: il colore» (spiega Tramontano), «una pratica basata sulla luce e sulle trasparenze, che si manifesta attraverso la stratificazione del colore e degli impercettibili passaggi graduali. Questo procedimento si basa sicuramente su un impianto razionale, una sorta di protocollo, ma sono convinto che l’effetto ottenuto sia sottilmente lirico». Il colore è quindi per Tramontano il vero regista di una narrazione sinfonica che si muove in un sistema di attese e rimandi e collega a sé tutte le opere. Dice di lui Giuseppe Nifosì, docente e storico di storia dell’arte e dell’architettura «grazie alle delicate e sfocate suggestioni cromatiche delle sue opere astratte, Antonio Tramontano riesce a spingere l’osservatore verso una dimensione onirica che non inquieta. La sua opera può quindi definirsi contemplativa e nel contempo rassicurante». La ricerca artistica che Tramontano sta portando avanti lo allontana irrimediabilmente dalla sua precedente stagione pittorica, evolutasi consapevolmente nel radicale azzeramento della forma nella dimensione immateriale, dove specchi cromatici riflettono rarefatte atmosfere degli spazi interiori. La sua ricerca dell’effetto retinico di dissolvenza è una sperimentazione senza fine, senza tregua. Quello di Tramontano è quindi un provocatorio suprematismo del sentimento, in un’opera d’arte elusiva e disturbante, che esige di non essere immaginata, spiegata e confinata. Possiamo dire che oggi Tramontano è libero più che mai dai retaggi formali di materia e spazio e ci arriva attraverso un lavoro continuo di mettere e togliere, dipingere e sfumare, lasciandoci nomadi e liberi nel suo universo immateriale empaticamente travolto dall’energia del colore. La mostra inaugurata il 7 dicembre ha riscosso un grande interesse di pubblico e resterà aperta fino al 21 dicembre. Nella galleria per i visitatori, è possibile visionare un’antologia fotografica che raccoglie la documentazione di vent’anni di carriera, scaricabile anche dal sito internet www.antoniotramontano.com

33


ENRICO MEO

Sin da ragazzo frequenta le piùprestigiose botteghe d’arte della ceramica in Grottaglie. Contemporaneamente frequenta e acquisisce il titolo di maestro d’arte presso l’Istituto d’Arte grottagliese. Prosegue gli studi e frequenta i corsi internazionali di incisione a Urbino e successivamente quelli di pittura a Salisburgo.

L’esperienza pittorica è altamente articolata, sperimenta l’arte concettuale sotto la guida di Opalca a 34

Salisburgo. Conosce e sperimenta la Pop Art con Joe Tilson ad Anacapri.Utilizza tutti i materiali possibili. Negli anni a seguire attraversa un percorso di ricerca e rinnovamento figurale. Numerose sono state le mostre di successo che lo hanno visto protagonista in varie parti del mondo rendendolo uno degli artisti più apprezzati nel panorama contemporaneo.


LAZIO

MEDARDO ROSSO La mostra antologica di Medardo Rosso (Torino 1859-Milano 1928), considerato il padre della scultura moderna, si snoda nelle ampie sale rinascimentali del Palazzo Altemps in un contesto curatissimo, stimolante e inedito. La scelta espositiva è tematica e pertanto non segue la cronologia delle opere bensì privilegia un percorso mirato alla riflessione mettendo in risalto un voluto accostamento di numerosi capolavori del maestro in dialogo con i capolavori classici del Museo, e dando rilievo alla singolare e accanita ricerca di materiali diversi da sperimentare di Medardo Rosso , curioso di verificarne la resa. Fu uno scultore che lavorò specialmente con la cera, il gesso e il bronzo. Sono esposte anche le fotografie che egli stesso scattava e che fecero parte integrante del nuovo modo di procedere nelle sue creazioni: infatti è stato uno dei primi a riconoscere l’importanza e le potenzialità del mezzo fotografico sul finire dell’Ottocento. Inoltre, con l’avvento dell’artista torinese ebbe inizio il rifiuto della concezione dell’opera scultorea come riproduzione, si decretò la fine del secolare “tutto tondo” e Rosso si buttò a capofitto nello studio della materia e della luce; ecco perché si serviva dello scatto fotografico: gli premeva capire e verificare le conseguenze

della sua ricerca. Egli intendeva delineare un solo punto di vista azzerando il volume a favore di un diverso primato, quello della luce. Smaterializzò la scultura,scompigliò il concetto di prospettiva e si svincolò dal vero provocando una radicale rivoluzione artistica. La rassegna comprende anche una sezione dedicata alle fotografie di Rosso il quale non permetteva a nessuno di fotografare i suoi lavori a cui provvedeva in prima persona. La sezione grafica comprende una quarantina di opere tra le quali si annoverano carte e acquerelli. Nel lasso di tempo 1890-1910 lo scultore mutò il pensiero moderno concependo non più la “copia” ma “l’interpretazione”, anticipando le avanguardie novecentesche e diventando una figura di riferimento per molti artisti: si pensi a Boccioni, Modigliani, Brancusi, Moore, Giacometti, Man Ray, etc. Quanto a lungimiranza superò lo stesso celebre Rodin al quale Rosso fu legato da un ambivalente rapporto di stima e di successivo contrasto; fu attento conoscitore delle esperienze europee, pronto al confronto, ma indipendente nel suo percorso poetico. Durante la sua vita fu spesso ostacolato e lo si comprese solo molto più tardi.

35


Dopo un primo avvicinamento alla scapigliatura milanese, espulso da Brera e dotato di un carattere difficile sebbene geniale, creò tramite la scultura, senza legarsi a nessuna corrente, delle immagini altamente evocative. Rese cioè nelle sue opere “l’impressione dell’attimo”, le trasformò in superfici pittoriche, luminose, smussando i dettagli, ottenendo trasparenze, riducendo all’essenziale. Questo modo di operare originò la poetica del “non finito”: creò capolavori ritratti dal mondo degli emarginati e dal quotidiano, pochi temi come l’infanzia, gli amici, uomini, donne, bambini, gesti della vita comune, ma provati e ripetuti ottenendone una serie di varianti. Affiorano stati d’animo fugaci, tracce. Lo studio della luce e l’uso del

la fotografia sul piano tecnico e compositivo si rivelarono complementari ed efficaci al fine di rendere diafana la scultura. Tra queste forme sfaldate troviamo “Allucinato” ”Ruffiana””Birichino” “Portinaia””Sagrestano” “Bambino malato” “Ecce puer” “Bambino alle cucine economiche”, usando non solo gesso, cera, bronzo ma anche altri materiali a buon mercato e poi stampando le opere prescelte con diverse tecniche. Egli lavorò sempre su piccola scala e in tal modo anche il trasporto delle sculture, fino ad allora pesanti e ieratiche, diventava agevole ed economico. Sono sculture della luce prima che della materia. Si riportano solo alcune fulminanti citazioni tratte da un articolo di Ardengo Soffici del 1909 titolato: Il caso Medardo Rosso. Sculture evanescenti ai limiti dell’esistere. Sono impressioni atemporali, immerse e confuse con l’infinito atmosferico. La forma appare e scompare. La ricerca espressiva è portata oltre ogni limite del possibile. Diventano tagli abrasioni combustioni macchie polvere. E’ l’assenza della forma nell’esistere in divenire. Pertanto si può pensare: assenza della forma che sarà l’essenza di tutte le cose nel corso del secolo breve…

10 ottobre 2019 – 2 febbraio 2020 Museo Nazionale Romano nelle sede di Palazzo Altemps Piazza Sant’Apollinare, 46 - 00186 ROMA In collaborazione con la Galleria di Arte Moderna di Milano Promozione: Electa Curatela: Francesco Scocchi, Paola Zatti, Alessandra Capodiferro Orario: 09:00 – 19:45 dal martedì alla domenica Costo: 10 euro Tel. 06 684851 Fax 06 689700 “A me nell’arte interessa far dimenticare la materia” (Medardo Rosso)

36


GIORGIO BILLIA

Ha frequentato il liceo artistico e l’ Accademia di belle arti di Torino - insegna materie artistiche al liceo artistico “ A. PASSONI” di Torino. Vive e lavora a Rivoli (TO). Mostre collettive e personali dal 1987 al 2018 ...le opere di Billia rivelano un’inquietudine categoriale che le rende sfuggenti, come del resto sono sfuggenti le sue immagini, costruite con particolari tanto eloquenti quanto evasivi, che colpiscono per la loro intensità, mai per la loro completezza. Questa continua indicibilità, questo continuo sottrarsi non è un’esigenza formale. E’ un’esigenza mentale. Il proble-

ma di Billia non è tanto quello di superare i generi espressivi. E’ già stato fatto. Il suo problema è quello di suggerire contrasti e irriducibilità, anche avvalendosi dell’opposizione dei mezzi espressivi. Elena Pontiggia

mail : giorgio.bil21@gmail.com Cell: 338.50 00 741

37


38


CORRADO ALDERUCCI

Se guardiamo un’opera di Corrado Alderuccisorge naturale notare alcuni canoni che richiamano in parte il movimento artistico del Simbolismo. Non parlo del classico simbolismo di Moreau ma vorrei sottolineare come sia importante l’”idea” concepita come protagonista dei quadri di Alderucci e come elemento di incontro tra variepercezioni, sia materiali che più spirituali. L’arte pittorica di Alderucci è molto raffinata, e si contraddistingue per un’aurea artistica che rapisce l’osservatore. Il suo percorso artistico è molto ricco di partecipazioni ad importanti collettive ed eventi di notevole rilevanza e ciò dimostra che la sua arte è molto apprezzata sia dagli addetti ai lavori che dagli appassionati. Le matite, le barchette di carta proposte dall’artista nei suoi più recenti lavori, si manifestano come segni di un

universo di disarmante semplicità, sono le testimonianze di un passato, le tracce di quell’uomo faber che rappresentava attraverso la sua operatività manuale, l’ancestrale pulsione umana al conoscere attraverso l’esperienza. Il modello conoscitivo contemporaneo passa attraverso una percezione virtuale della realtà, la simulaziome elettronica esclude le mani dal processo dal fare e produrre. L’artista propone la matita come simbolo e archetipo, il medium tra l’immaginazione e l’azione creativa.

sito web www.artavita.com mail: corrado.alderucci@asa-pro.it cell.: 393.17 16 518

39


L’Associazione MEGA ART (Web Art Gallery MEGA ART)

Nasce nel lontano 2007 con l’aiuto di una prestigiosa galleria d’arte romana, la Tartaglia Arte, essa risiedeva in quello che era stato lo studio del grande pittore informale PIERO TARTAGLIA, poi trasformatosi in quella prestigiosa galleria che comunemente esponeva i maestri italiani del ‘900. Con il passare del tempo alla nascente MEGA ART si unirono, nel tempo artisti di livello nazionale ed internazionale che proponevano le loro opere sul web. Nel tempo iniziarono a collaborare con la nostra Associazione altre gallerie e musei sul territorio nazionale ed all’estero. Caratteristica fondamentale di questa Associazione è la cura nel selezionare i propri artisti dando estrema importanza alla qualità delle loro opere. Nel 2017, MEGA ART diviene anche una galleria d’arte, la nostra prima sede è stata nei locali della FCO - Fondazione Corchiano Monumento Naturale - e in lì organizzammo delle mostre di alto livello esponendo opere da quasi tutto il mondo. Citando una delle tante mostre “La Grande Arte Cinese espone in Italia” ove vennero mostrate opere di artisti provenienti da diverse città dalle Cina anche di due metri di larghezza.... Dal 23 febbraio 2019 ci siamo trasferiti in Via Roma 29/ b nella via centrale di Corchiano, cuore nevralgico del paese.. Il nostro scopo è quello di dare la possibilità agli artisti di alto talento di poter proporre le loro opere in galleria e nel

40

web a costi minimi... ci piace dire “C’è nell’aria un vento nuovo”. Nella nuova galleria vengono organizzati corsi di pittura, concorsi d’arte, presentazioni di libri poiché essa sta diventando un polo culturale della Tuscia Viterbese. MEGA ART collabora anche con altre importanti gallerie di Roma, Firenze, Venezia ed un museo in America.


INES DANIELA BERTOLINO

“L’artista del Silenzio s’inebria del sogno, ed allora lo spettatore che guarda un’opera fatta e costituita da linguaggi di silenziosi spazi, s’accosterà a quest’arte del racconto pittorico come a un paesaggio proprio, a un paesaggio interiore, a un paesaggio di contemplazione…” Nata a Torino dove avviene la sua formazione artistica. Si diploma al Liceo Artistico di Torino e consegue l’abilitazione per l’insegnamento dell’educazione artistica. Approfondisce la sua formazione frequentando l’Accademia di Belle Arti e i corsi di grafica pubblicitaria, successivamente si specializza per l’insegnamento agli alunni portatori di handicap. Frequenta il Corso Internazionale per l’incisione artistica presso l’ISIA di Urbino. La sua passione per la pittura è molto precoce, fin da bambina manifesta un’attrazione particolare per il disegno e per i colori. Esordisce nel 1983 con la sua prima personale presso la galleria “Bodoni studio” di Torino. 1986 il secondo premio al Concorso Nazionale “Premio ARTE Mondadori” 1996 il primo premio “F.Vasapolli” di Avigliana per cui

dipinge anche il Palio per il torneo storico 1998 e 2000 allestisce due ampie mostre personali presso le sale delle gallerie FOGLIATO e FOGOLA di Torino, 2002 presso la galleria “LE COUP DE COEUR” di Losanna partecipa ad una interessante rassegna artistica sul tema delle ROSE. 2004 vince il premio- selezione e pubblicazione presso la libreria “BOCCA” di Milano. 2011 1° PREMIO acquisizione di opere per la nuova caserma del Corpo forestale dello Stato di Asti . 2012 1° PREMIO acquisizione di opere d’arte per la Caserma Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (To) 2015 selezione e mostra PREMIO GAMBINO Ha esposto le proprie opere presso la galleria ART LINE di Mannheim. Figura tra i soci fondatori del Piemonte Artistico e Culturale ed è stata socia della Promotrice delle Belle Arti. sito web www.inesdanielabertolino.it mail: inesdanielabertolino@gmail.com cell.: 340.67 71 992

41


PUGLIA

In viaggio con GIUSEPPE DE NITTIS,

artista pugliese, uno dei più apprezzati pittori dell’ottocento Italiano,che riuscì a conquistare la Parigi degli impressionisti.

colazione in giardino “A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perché credetemi, l’atmosfera io la conosco bene e l’ho dipinta tante volte. Conosco tutti i colori, tutti i segreti dell’aria e del cielo nella loro intima natura. Oh, il cielo! La natura, io le sono così vicino. L’amo.” (Giuseppe De Nittis Dopo un breve periodo presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli, dove si era iscritto nel 1861, De Nittis (Barletta 1846 – Saint Germain en Laye 1884) si dedica fin da subito alle composizioni en plein air, aventi come soggetto soprattutto Barletta: gli è stata concessa una vita troppo breve, e, malgrado ciò, ha sicuramente segnato lo sviluppo dell’’arte italiana della seconda metà dell’Ottocento e ha visto la sua fama riconosciuta anche in città come Parigi e Londra.

da Brindisi a Barletta

42

Autoritratto


oltre l’Ofanto

Poco dopo aver lasciato l’Accademia fonda con altri pittori, fra cui Adriano Cecioni, la scuola di Resina, non lontano dall’odierna Ercolano, luoghi che ha amato ritrarre nei suoi dipinti. Forte dell’influenza della Scuola di Posillipo, dedita alla pittura di paesaggio, il programma della scuola di Resina è esattamente come l’indole di De Nittis, cioè antiaccademico e orientato alla rappresentazione dal vero e dall’impressione del momento. C’è una grande affinità fra i lavori del pittore barlettano e quanto si sta realizzando a Firenze ad opera dei Macchiaioli, anch’essi orientati verso la pittura all’aria aperta e con una tecnica simile a quella degli Impressionisti. Dal 1868, anno del suo trasferimento a Parigi, frequenta i circoli artistici della metropoli, specie gli impressionisti e nel 1874 partecipa alla Prima Mostra impressionista. Intanto si intensificano i viaggi dell’artista, si ferma per qualche tempo a Londra e la ritrae con successo. Non dimentica però la sua terra e vi ritorna spesso a dipingere paesaggi pugliesi, la città di Portici e, più in generale, i paesi del Sud Italia. Nel 1873 iniziano le pitture di marine e pescherecci, a testimonianza del forte impatto che Barletta, situata sulla costa adriatica, ha avuto sulla sua formazione Molte delle opere realizzate in Italia sono presso la Pinacoteca che porta il suo nome, la più ricca collezione esistente dedicata al pittore, composta da 146 quadri, 65 disegni, libri e un epistolario. La collezione si trova nel maestoso Palazzo Marra, gestito dal comune di Barletta. E’ un artista che, seppure nato in provincia, ha un’anima europea: protagonisti non sono solo i paesaggi della sua terra ma anche la modernità e la continua variabilità della metropoli e dei suoi abitanti, specie le donne che lui ama ritrarre nella sontuosità dei loro abiti. E’ collezionista,

come tanti parigini dell’epoca, di giapponerie come conseguenza del governo giapponese che vuole far conoscere la propria arte mediante la partecipazione alle Esposizioni Universali. Al pittore pugliese, artista europeo, sono state dedicate molte antologiche e retrospettive, l’ultima delle quali è ancora in corso a Ferrara, fino al 26 gennaio 2020. E’ allestita presso il Palazzo dei Diamanti e titolata: De Nittis e la rivoluzione dello sguardo. Questo grande sperimentatore di tecniche artistiche viene riletto da una prospettiva che mette al centro il suo “occhio fotografico” e lo vede partecipe del rinnovamento dei codici visivi che apre le porte alla modernità. Egli sviluppa il suo talento rappresentando la natura e, in particolare, quelle condizioni atmosferiche che fanno da sfondo alle scene di vita; fonde l’amore per la natura e l’attenzione alla quotidianità. La naturalezza e la singolarità della sua pittura ribelle alle scuole, la genialità quasi fotografica di cogliere colori e atmosfere dimostrano un’autonoma personalità artistica in grado di cogliere lo spirito vivo dei luoghi nelle sue istantanee su tela. La mostra ferrarese sceglie come filo conduttore la messa in dialogo di una straordinaria selezione di foto d’epoca con le opere del pittore pugliese. Sono 150 i dipinti provenienti da collezioni private e pubbliche italiane ed europee che fanno di De Nittis una figura di spicco nel panorama artistico europeo di fine Ottocento. E’ un artista che guarda e traduce la realtà con immediatezza grazie ad inquadrature audaci, tagli improvvisi, prospettive sorprendenti, affiancando una sapiente resa della luce.: partecipa così alla creazione del nuovo linguaggio visivo del mondo moderno declinandolo nel suo apparire fugace e transitorio. Giovanna Arancio

43


CAMPANIA

ASCOLTO E PRONUNCIAMENTO di Rocco Zani

MOSTRA AL PAN DI NAPOLI - TRA SEGNO E MATERIA. LA METAMORFOSI CALABRESE, CICCOZZI, D’AMBROSIO, MANGIACAPRA. QUATTRO ARTISTI NEL PRESTIGIOSO SPAZIO NAPOLETANO, DAL 14 GENNAIO AL 4 FEBBRAIO 2020.

MARIANGELA CALABRESE Crux simplex e attraversamenti multipli, 2019, acrilico su tela cm 60X60

MARIANGELA CALABRESE Di scrittura d’ immagine di assenza, 2019, acrilico su tela, cm 100X100

L’attenzione per le parole – soprattutto quelle degli altri – è un dato di ascolto quasi famelico, come se il pronunciamento si facesse allarmata sentinella di ogni benevolo – o malevolo – indizio. E’ la necessità di ascoltare, al pari di porre lo sguardo. E seguire la parola che apre varchi e fabbrica ipotesi o rinnova il sapere della luce o le esitazioni notturne dell’occhio. Ascolto in primis. O lettura. Parole offerte come viatico o intuizioni quelle rapinate, inventariate, riassunte dai vocabolari degli altri, parole di frontiera che non sono laison bensì spiraglio, appendice, confine. Dalle parole suggerite dalla titolazione di questo incontro, vorrei che prendesse vita il senso ininterrotto di questo viaggio breve, eppure intenso, nei reticoli di una poesia identitaria; nella doratura di un indizio o di un teorema. O nel registro dei toni offerti come metafore di esorbitante intimità. Di solito il titolo è un accadimento occasionale, relegato a corollario – altrettanto fortuito – di una dimensione più autonoma, finanche anarchica. In questo caso invece è un indirizzo autentico, un tracciato da inseguire fin dal prologo. E allora non sono casuali le scelte. Degli artisti in primis, e delle loro opere. Tra segno e materia – La metamorfosi è un capoverso ragionevole per sollecitare un’indagine, ovvero per imbastire un’ipotesi di tracciato tra i tanti. Ma con un comune denominatore, quello di una intonazione circolare, di uno sforzo quasi timbrico per anteporre la “sostanza dell’espressività” al senso riparato della bellezza. E allora c’è una corrispon-

denza forse – a proposito di parole – con quelle offerte, in un arrangiato monologo da Philippe Daverio. “Il bello non è un problema italiano nella Storia. Gli italiani hanno una caratteristica, cercano ciò che è espressivo. Ed è questa la grande lezione di Giotto che viene da san Francesco. Il Cristo deve essere quello del dolore. Noi siamo i primi a portare nell’arte il valore enorme dell’espressività, quindi la pancia dell’arte. Lo strazio, il fuoco, la distruzione, la materia. Tutta questa roba, insieme, fa l’espressività…”. Si articola su questo crinale di intenti e di umori il nostro viaggio e nomadi sono gli autori con le loro vacillanti dimore, affrancate dalla certezza e braccate dal dubbio. Lo sa bene Giancarlo Ciccozzi che fa della materia – dell’intensità di questa – l’ambientazione sostanziale delle sue intime ammissioni. Come “ritorte radici” di bonaviriana memoria, le opere dell’artista aquilano sembrano attingere da una tradizione espressiva per nulla remota (ma già sintesi di secolari percorrenze) per porsi poi come chiuse narranti di inediti approdi. La materia, incarnazione – non soltanto visiva – di una sentenza che, in verità, è “sperimentazione processuale”, riflessione orfana di paradigmi conclusivi. Quella di Ciccozzi è un’arte che potremmo definire “immersiva” per quella volontà di stratificare, riesumare, plasmare il fiato della Storia, le sue turbolenze o i rari convincimenti. Lui, l’autore, incide le proprie cifre sulla campitura millenaria per farsi testimone – tra i testimoni – di questo alito, di questo sentire, di questo stupore.

44


E’ un linguaggio parallelo quello che sostiene e alimenta l’opera pittorica di Giovanni Mangiacapra. Analogamente alla scrittura grammaticale, le vocali e le consonanti che dettano la narrazione di Mangiacapra ottengono forza e genere da quel fantastico alfabeto cromatico che l’artista di Napoli ha voluto concepire – appunto – come una sorta di intima, personale grafia sostituendo l’acclarato abicì con un arcipelago di accenti tonali capaci di pronunciare – e di offrire – inedite facciate della sua cronaca pittorica. Come se il rosso sanguigno declinasse (di volta in volta) la sua esuberanza per bagliori sedati, al pari delle parole che si fanno indulgenti allo sguardo dimesso o all’antagonismo del dubbio. Come se le scie del giallo e del turchese riferissero di approdi, di trame, di prospettiva di incroci. Al colore , alla sua dinamica energia, Giovanni Mangiacapra assegna la funzione di un lessico capace di sostituire il ruolo meticoloso e millenario della parola. La memoria. E con essa ancora il colore. Archetipi intransigenti del fare pittura di Mariangela Calabrese. Il colore e la memoria come “organizzazione” narrativa capace di indirizzare il segno, di mutarne l’estensione e l’indirizzo. Capace di celarlo o di rimarcarlo, di confonderne la presenza ovvero di assecondarla. Le opere recenti di Mariangela Calabrese suggeriscono un inedito svelamento, per sottrazione di accenti o per trafugamento di materia. Si stempera il vermiglio del fiato e il blu che serrava i fondali; si fa fluido il dialogo tra l’oro e il tormento della biacca.

Pare esserci una rinnovata “fragilità” del racconto. Perché questo possa, nella trasparenza del tono – o nell’evidenza della persuasione – restituirci l’ascolto. Ecco, a me pare che l’artista indaghi sotto la coltre stratificata del tempo e delle storie che ne sono figliolanza omessa. Svuotare, svelare, rimuovere è una sorta di intima promessa affinché le voci e gli sguardi – finanche uno soltanto – riaffiorino e si facciano eco. Parlando, ovvero scrivendo di Diana D’Ambrosio, mi sovviene alla memoria un recente incontro con Bruno Corà che riportava alla luce una considerazione a lui molto cara. “…nell’arte contemporanea è ormai impossibile riproporre quelle categorie liturgiche che ci hanno accompagnato fin qui. A proposito di un’opera d’arte non parliamo più di pittura, di scultura, di grafica e così via. Parliamo semplicemente di opera d’arte…”. Ecco, nel caso di Diana D’Ambrosio questo teorema enunciato trova una sorta di domicilio ideologico, perché nelle stanze della sua “appartenenza” le tracce dismesse- o quelle più rimarcate – offrono incantesimi sottointesi, strisce di mezzo, stazioni curiosamente rischiarate. E la materia si trasforma per rivoli narrativi anziché per implosioni o affanni. E’ nel silenzio vulnerabile del gesto, della posa, delle architettate sembianze che il racconto si affida agli occhi degli altri, alla sorpresa, al silenzio. Come minuti furti di verità.

GIOVANNI MANGIACAPRA - bianco rosso giallo cm 80 x 80 tecnica mista

GIOVANNI MANGIACAPRA - compoizione cm 100 x 100 - 2014 tecnica mista

Rocco Zani

Trasmutazioni - a scintilla del divenire nell’arte Tra Segno e Materia. Metamorfosi è una mostra che, come titola, ha come tema, attraversando linguaggi grafico-simbolici e plastico-materici, la trasformazione, il mutamento, un concetto articolato ed affascinante, che nella sua globalità implica un cambiamento di forma ma non d’identità. Eraclito col suo panta rei sottolinea come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza due volte, giacché ogni entità, ogni elemento, nella realtà è sottoposto ad una continua metamorfosi, assoggettato alla legge inesorabile del cambiamento. Dunque, tutto scorre, tutto si trasforma, si

converte e diviene altro pur restando uguale nella sua essenza. La metamorfosi sembra essere uno dei temi chiave della cultura contemporanea e, soprattutto, l’arte diviene la dimensione più congeniale nella quale cogliere e sviluppare tale tematica, congiuntamente alla situazione stessa dell’artista che narra se stesso, il suo enigma, la sua evoluzione. La metamorfosi, si svela, così, nel suo senso più profondo e lirico: sviluppo e perfezionamento dell’identità mutante e non il suo snaturamento, rinnovamento e affermazione del divenire e non la sua alterazione.

45


CAMPANIA

DIANA D'AMBROSIO - installazione -

DIANA D'AMBROSIO - installazione -

Mariangela Calabrese presenta un’ indagine artistica legata alle manifestazioni del profondo personale, alla delicata nostalgia della memoria, agl’incanti che riserva, sorprendentemente, il vivere quotidiano, la bellezza e gli enigmi dell’esistenza. L’artista trasmette tali tematiche attraverso l’immediatezza di rapidi tocchi di colore, con una gestualità che diviene realizzazione dell’idea e dell’inconscio senza mediazione della forma, ma puro contenuto emozionale. Congeniali, dunque, linguaggi espressivi che reinterpretano l’Informale alla luce di un’intensa volontà comunicativa, che faccia riemergere, dai misteri e dagli oblii della coscienza, sensi e significati. Così, si snodano opere che posseggono e narrano il concetto di notte, silenzioso universo dello svelamento degli arcani; di vento, ferita e carezza percepita nonostante la sua invisibilità; di mare, dimensione mitica, ultraterrena di malìa e affrancamento; di luce, albeggiante o crepuscolare sempre araldo di vita. L’artista, poliedrica e amante della continua sperimentazione, propone suggestive installazioni poiché fondamen-

tale, nella sua ricca e complessa ricerca, è l’interazione con lo spettatore che ne diviene, al tempo stesso, protagonista. Tali opere posseggono un’aura evocatrice che risulta esserne l’anima, evidente e vibrante, nei suoi coinvolgenti site specific che hanno come protagonista la Natura, ma anche opere letterarie, entrambe accomunate da visioni inattese, da meraviglia e improvvisa sorpresa. Mariangela Calabrese studia a fondo le caratteristiche del luogo prescelto, poiché esse sono parte integrante dell’opera che dialoga con lo spazio e, contemporaneamente, con il fruitore. Lo scambio emotivo, empatico, relazionale diviene fondamentale nell’indagine dell’artista, attenta interprete delle segrete dinamiche che accomunano gli uomini e dei fili di un’anima universale, indissolubile legame di una ignota, perfetta alchimia. Tutto ciò, per qualche prezioso istante, si fa percezione d’unità viva e pulsante, per poi sfuggire nei meandri del quotidiano e comparire, per chi saprà scorgerla, nell’Arte.

GIANCARLO CICCOZZI - Trasposizioni cm 100 x 100 - tecnica mista

GIANCARLO CICCOZZI - Trasposizioni cm 100 x 100 - tecnica mista

46


Giancarlo Ciccozzi propone un’indagine artistica nella quale il linguaggio espressivo più congeniale risulta un informale materico riletto alla luce di un’accurata ricerca e riproposta di materiali scelti in base alle loro specifiche caratteristiche: la duttilità e i “segreti” della carta, soprattutto antica, recante stralci di documenti e lacerti di confessioni epistolari; la flessibilità di tessuti quali juta e lino, la resistenza della pietra. Tali materiali eterogenei, poveri, di recupero, naturali ed artificiali, logorati dal tempo e dall’uso oppure nuovi, ma defunzionalizzati sono presentati nelle loro possibilità di trasformazione, di spostamento, di trascrizione. L’artista considera la materia contemporaneamente nel suo significato di cosa e di segno, riaprendo così la via al rapporto dell’arte con una realtà, che ha come riferimento la materia vera e propria. Vi è una forte identità tra la soggettività dell’artista e l’emblematicità che assume l’opera d’arte, poiché, le immagini proposte, posseggono valori estetici ed espressivi definiti e conclusi nei materiali utilizzati. I colori creati appositamente dall’artista posseggono la magia dell’unicità, il mistero dell’origine:ossidi, pigmenti, terra, cenere, resine sono amalgamate, lavorate, essendo e creando l’opera d’arte. Nasce la serie intitolata “Trasposizioni”, lo spostamento degli elementi, concettuali e fisici, in posizione e contesto non ordinario, differente e nuovo da quello consueto, diventa protagonista di tale ricerca, la metamorfosi quale concetto di evoluzione, rilettura e reinterpretazione diviene il fulcro dell’atto creativo. L’artista sovrappone su tela e su tavola strati di colore, misto a materiali, intervenendo con segni, graffiti, creando un effetto simile a quello di muri scrostati, memori di avvenimenti e vissuti, ampliando il concetto di arte che anela alla creazione di nuove immagini lontane dal reale, ma fortemente legate alla sacralità della natura e al symbolum. Diana D’ambrosio, attraverso la sua scultura, analizza profondamente il concetto di spazio, non solo nella sua accezione di estensione, superficie, distanza, margine d’azione ma anche in quella di collocazione e posizione dell’oggetto, dell’opera d’arte nello stesso. Una ricerca complessa la sua, nella quale materiali primigeni quali pietra, marmo, tufo, ferro ma anche bronzo e plexiglass si uniscono nella ricerca continua di creazioni che attingono da un’ispirazione e da una cultura ancestrale. La consistenza fisica, l’evento tattile, l’esperienza sensibile, donata dalla materia che da’ luogo alla molteplicità del mondo reale, è interpretazione fondamentale dell’analisi di Diana D’Ambrosio. Dunque spazio e materia al centro dello studio dell’artista, che propone forme essenziali nelle quali compare sempre un centro, un’origine, un nucleo dal quale si dipana la simmetria, l’energia, il principio. La costruzione rigorosa dell’opera scultorea ha, dunque una doppia valenza: geometrica ed equivalente per un bilanciamento delle strutture e una ponderazione delle forme e dei profili, ma anche concettuale poiché tesa alla compenetrazione e all’armonia dell’idea che sottende a tale lavoro giocato sugli equilibri, e cioè la genesi, l’origine. Operando sulla stilizzazione delle forme spesso istoriate di colori, l’artista appare profondamente interessata al dato simbolico e trascendente e non alla verosimiglianza. Le sue opere divengono effigi mistiche e sublimazioni dei principi che sono agli albori dell’esistenza dell’uomo, superando il dato reale che costituirebbe un limite rappresentativo nell’estrinsecazione dell’ideale.

Giovanni Mangiacapra è un attento interprete di un Informale ricco di spiritualità, concentrato su un continuo dialogo che, sovente, esprime una narrazione del se’, del quotidiano, della segreta armonia cercata e ritrovata con il mondo naturale. Egli indaga una dimensione soggettiva ed individuale, ove ogni avvenimento della vita è parte di un cammino significativo, d’incessante crescita che sfocia nella consapevolezza e nell’esperienza quotidiana del mondo. Congeniale è il linguaggio espressivo legato all’Informale poiché, l’assenza di una mimesi, affranca l’artista che, con la sua arte, esplora tutte le possibilità comunicative e la stessa evoluzione dell’arte. Egli abbandona la necessità di rappresentare il visibile e, uno dei principali scopi della ricerca, diviene quello di rendere oggettivamente presente, nella realtà, il suo rapporto con i mezzi e la pratica dell’arte in una continua sperimentazione. Giovanni Mangiacapra, attraverso le sue opere, esprime un assunto fondamentale e cioè che la coscienza dell’artista e il fare arte siano predominanti, di conseguenza, la forma, perdendo d’importanza, ne fa acquistare alla materia con la quale, spesso, l’opera viene ad identificarsi. L’opera d’arte vuole essere altro dal contingente che la circonda, indipendente dall’immagine retinica e abbraccia contenuti complessi e non descrivibili: il mistero che è parte essenziale della natura, la sacra ancestralità che la lega al mito, l’intrinseca arcana bellezza. Il concetto di natura, è essenzialmente affidato al colore, che diviene testimone inconfutabile e memoria evocativa di una dimensione còlta nel suo perpetuo movimento, viva, dinamica. Con questo studio, cromatico e contenutistico, proposto in diverse sfaccettature, il mondo naturale è narrato attraverso la sua vita pulsante, spontanea, germinate e, in questo, sposa l’atto creativo e ne diviene l’anima. L’idea, la suggestione, l’ispirazione sono una triade unitaria e salda dalla quale scaturiscono profonde sensazioni, intense percezioni vissute come attimi del prodigio, legati all’incomprensibile, al magico che anelano dapprima, e poi ordinano al cuore, di essere messe sulla tela, rese palesi all’occhio, di possedere la scintilla della nascita e del divenire. Antonella Nigro Critico d’Arte

47


CAMPANIA

Palazzo Fondi di Napoli si apre ad una mostra tutta dedicata a Salvador Dalì, cogliendo i lati inconsueti della sua produzione artistica.

Dal 25 ottobre 2019 al 2 Febbraio 2020 a Palazzo Fondi di Napoli va in scena la mostra “Branding Dalì. La costruzione di un mito” a cura di Alice Devecchi. Questo importante evento, patrocinato dal Comune di Napoli, è organizzato da LelesArt in collaborazione con Mediterranea Art e Con-fine edizioni. Si tratta di un’operazione che vuole dare luce ad un aspetto particolare dell’opera di Salvador Dalì, che si basa principalmente sul suo sapiente lavoro di autopromozione e branding di sé stesso. Con questa terminologia inglese si vuole identificare il modo in cui l’artista ha sapientemente saputo inventarsi e vendere la sua immagine, divenendo uno dei geni indiscussi del mondo artistico. In questa mostra, visitabile dal martedì alla domenica dalle 10:00 alle 20:00, viene esposta e messa in luce una produzione poco nota al pubblico, che tratta pezzi tra i più disparati per tecniche e materiali utilizzati, in cui però emerge sempre chiaramente il suo stile inconfondibile. Il processo di brandizzazione delle sue opere si collega ad una serie impressionante di creazioni poliedriche che portano il suo nome e il suo operato e vanno da l’illustrazione xilografica della Divina commedia, a manifesti, a oggetti in materiali come porcellana, terracotta, argento ecc., pezzi d’uso comune come piatti o bicchieri o ancora carte da gioco. Informazioni sulla mostra di Salvador Dalì

48

Dove: Palazzo Fondi, Via Medina 24, Napoli Quando: Dal 25 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020 Orario: Dal martedì alla domenica 10:00 alle 20:00. Chiusura il lunedì.


Fuga dal museo: le statue del Mann ‘scappano’ per visitare i luoghi più belli di Napoli

Le statue del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann), stanche della loro staticità, scappano in una vera e propria fuga alla scoperta di Napoli. Non è un film e, ovviamente, neanche la realtà. Si tratta di un’originale mostra fotografica che sarà inaugurata i primi di dicembre. Una mostra decisamente insolita, le cui parole chiave sono sorriso e leggerezza, è quella che si inaugura il 2 dicembre nella Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico di Napoli. Parliamo di “Fuga dal Museo”, un’installazione fotografica che riesce ad unire insieme l’antica bellezza e l’austerità delle sculture della Collezione Farnese con la modernità della vita partenopea. L’idea e la realizzazione sono di Dario Assisi e Riccardo Maria Cipolla che propongono 40 fotomontaggi in cui le sculture “scappate” dal museo vivono i luoghi più belli o rappresentativi di Napoli. Vediamo le famose statue del Mann, tra cui i capolavori di Canova, che partono alla scoperta dei vicoli, delle strade

e degli angoli più caratteristici di questa splendida città come Piazza del Plebiscito, Castel dell’Ovo, il Petraio, il lungomare, i vicoli del centro storico. Nonostante le loro nobili origini e l’austerità che le caratterizza, le sculture non disdegnano neppure la vita “vera” di chi prende i bus e le metro, gira in scooter o stende i panni. Tanto per fare qualche esempio, vediamo la Venere di Capua impegnata a stendere le lenzuola su un balcone nei quartieri spagnoli, la danzatrice del Canova fare una passeggiata lungo Vico San Domenico, il Doriforo aspettare il bus sul lungomare Caracciolo mentre Amore e Psiche godersi un nuovo scenario per il loro intenso abbraccio, il Real Orto Botanico. Come hanno spiegato i due artisti: “Il nostro progetto nasce dalla volontà di dare vita alle statue del MANN, rendendole vere creature che interagiscono con la realtà. Le sculture divengono persone, che si aggirano per le città, desiderose di scoprirne i misteri, le bellezze e le paure”. Un’idea divertente non trovate? La mostra sarà visitabile fino al 24 febbraio 2020.

49


CAMPANIA

Joan Mirò in una grande mostra a Napoli E’ al PAN a Napoli, per la prima volta, una mostra tutta dedicata al suo genio.

La mostra, curata dal professore Robert Lubar Messeri sotto la guida del direttore scientifico C.O.R. Francesca Villanti, è stata promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli e organizzata dalla Fondazione Serralves di Porto con C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, ed è un evento di grandissima portata. A proposito delle opere selezionate, esse coprono un arco temporale molto vasto, dal 1927 al 1986, consentendo così di osservare l’evoluzione stilistica dell’artista e di scoprire materiali inaspettati su cui Mirò diede forma ad autentici capolavori, riutilizzando di tutto, senza porsi mai limiti. ’esposizione, intitolata “Joan Mirò. Il linguaggio dei segni“,è iniziata il 25 settembre 2019 e terminerà il 23 febbraio 2020ed è ospitata presso il PAN Palazzo delle Arti Napoli, in via dei Mille 60. Grandi protagoniste le sue opere, ben 80 selezionate tra sculture, quadri, collage e arazzi, provenienti dalla collezione dello Stato portoghese in deposito alla Fondazione Serralves di Porto. Le opere di Joan Miró, una delle personalità più illustri della storia dell’arte moderna, hanno aperto la strada a una nuova concezione della pittura. La sua tecnica, basata su codici pittorici innovativi, ha dato una direzione nuova

50

all’arte del XXI secolo e influenzando le generazioni successive di pittori, scultori e incisori in tutto il mondo. Dove: PAN – Palazzo Roccella Via dei Mille 60, 80121 Napoli Quando: dal 25 settembre 2019 al 23 febbraio 2020, chiuso il martedì Orario: dal lunedì al sabato dalle 9,30 alle 19:30, domenica dalle 9.30 alle 14.30 Per info: 081. 7958601 – 334.1324281 – email: info@ mostramironapoli.it – www.corperlacultura. it/mostre/joanmiro/


Il fantastico mondo di Joan Miró e i suoi meravigliosi “Miroglifici” di Letizia Caiazzo Il primo a parlare di “ miroglifici “fu Il celebre scrittore e poeta francese Raymond Queneau che coniò, nel 1949, nel suo saggio Joan Miró ou le poète préhistorique, questo nuovo termine per riferirsi alle opere pittoriche dell’artista catalano Joan Miró miroglifico. Secondo Queneau, nella produzione di quest’ultimo, ricorrevano puntuali segni e forme simili a geroglifici ,sicchè affermò che l’arte di Mirò fosse “UNA SCRITTURA DA IMPARARE A DECIFRARE E A LEGGERE”, affermando che un dipinto dell’artista poteva essere letto come una Poesia: “Una poesia deve essere letta nella sua lingua originale quindi bisogna imparare il Miró. Una volta che si sa (o che si crede di sapere) il Miró, ci si può mettere a leggere le sue poesie”. Ovvero le sue composizioni pittoriche. Lo stesso Mirò presentava il carattere semiologico - delle sue opere, sottintendendo che i segni impressi sulle sue tele rimandassero sempre a forme concrete, come elementi di un linguaggio verbale: “Per me una forma non è mai qualcosa di astratto; è sempre il segno di qualcosa. Per me la pittura non è mai la forma per la forma”. Rese la sua Arte libera, fantasiosa, armonica e positiva e nei suoi colori, (dai più svariati tono brillanti e accesi, nonchè dalle forme di triangolo,quadrati e rombi siamo proiettati in un mondo fantastico e magico, che fa rivivere, in chi vede la sue opere,il proprio “ fanciullino pascoliano”. Ricordiamo che una caratteristica propria del “Surrealismo” è la fede nell’onnipotenza del sogno,e le sue tele sono ricche di sogni con personaggi buffi realizzati con linee arabescanti che fanno intravedere occhi, nasi, bocche che si delineano su uno sfondo colorato che crea un ambiente surreale e allegro. Quando questo suo stile si esaurì, verso la fine degli anni Venti, nacque il suo amore per le stelle e il cielo e anche qui egli ci porta in un cielo sognante e sug-

gestivo. Infatti anche i titoli di questa Raccolta delle “Costellazioni” sono poetici ispirati dalla poesia e dalla musica , di cui era appassionato. Ciò sicuramente lo portava lontano dalla triste realtà quotidiana e dalla guerra civile appena scoppiata in Spagna , regalandoci e lasciandoci opere che ci trasportano e ci fanno incantare, riportandoci in un mondo più umano, semplice e vero dove l’elemento creativo e giocoso è centrale.

51


“Sarà tre volte Natale”: il Presepe di sabbia a Catanzaro.

Nella terza edizione di “Sarà tre volte Natale”, la manifestazione organizzata dall’amministrazione comunale di Catanzaro, si potrà ammirare dal 1 dicembre il Presepe di sabbia, in piazza Prefettura, promosso e progettato dall’Associazione “Cala - 3”. Lo scorso anno, il presepe, è stato presentato a Stalettì ottenendo oltre 12 mila visitatori. La sabbia, con il suo colore caldo, rende il presepe ancora più monumentale e suggestivo. La natività trasmette un importante messaggio. Betlemme, i re Magi, il cavatore, il castello Svevo di Cosenza, la Cattolica di Stilo, la chiesetta di Piedigrotta, il castello Aragonese di Crotone e Capo Colonna sono scolpiti nella sabbia e occupano 500 metri quadrati. La presenza dei contadini sono metafora dell’umiltà trasmessa dalla natività. Sette artisti di fama mondiale e nazionale (provenienti dalla Spagna, dalla Russia, dall’ Ucraina e dal Canada) hanno trasportato 200 tonnellate di sabbia modellata e hanno raccontato, ognuno con il suo bagaglio culturale, questo straordinario evento, rappresentando in modo incantevole le bellezze della nostra terra: la Calabria. Sergi Ramirez è il coordinatore dei lavori; l’ucraino Roma Shurubkinas ha realizzato la natività; Oscar Rodriguez ha pensato al castello aragonese di Le Castella e al Tempio di Hera Lainia di Capo Colonna; Guy Oliver (canadese) ha costruito il castello Normanno Svevo Di Cosenza e la Cattedrale di Stilo; Montserray Cuesta, artista spagnola ha realizzato il Cavatore; Anna Sinues, anche lei spagnola, ha curato le ambientazioni e la fauna; Iemelianenko Vlakeslav è l’autore dei re magi. Il castello di sabbia sarà visitabile fino al 7 gennaio. Il materiale utilizzato per le sculture di sabbia, come la Natività di Catanzaro, è sabbia di mare impastata con acqua . L’acqua è, insieme alla sabbia, elemento indispensabile. Sulla superficie della scultura, ultimata l’opera, va spruzzata, con un nebulizzatore, colla diluita con acqua, per renderla impermeabile. In questo modo la scultura trattie-

52

ne l’umidità all’interno evitando che si asciughi e crolli. Questa operazione si utilizza soprattutto quando le opere sono esposte al vento e al sole. Per attaccare piccoli dettagli come colonne, capitelli, merli ecc si utilizza una tecnica di “montaggio”, tutti i pezzi vengono realizzati vicino alla scultura e in seguito trasportati e montati su di essa. Gli strumenti utilizzati sono mirette con punta in ferro e coltellini di varie misure. Ogni artista della sabbia ha i suoi utensili che spesso realizza da solo. Sono tante le città che preparano presepi di sabbia durante il periodo natalizio: Città di Castello (PG),Tricesimo (UD), Jesolo (VE), Salerno (SA), Cesena (FC),Rimini, Bellaria Igea Marina, Brisighella. Alessandra Primicerio (critico d’arte)


“Il Mio Tempo Non Fugge” la scultura di Enrico Franchi a Rossano.

“Il Mio Tempo Non Fugge”, la scultura dell’artista romano Enrico Franchi è stata inaugurata nel 2013 a Rossano. L’opera è legata alla città: vedrà passare il tempo ma resterà ferma lì. Nulla è più misterioso e sfuggente del tempo. Molti filosofi, scienziati, poeti e artisti hanno cercato di rispondere a questo grande interrogativo. Sant’Agostino diceva: Se nessuno me lo chiede, so cos’è il tempo, ma se mi si chiede di spiegarlo non so cosa dire. Dov’è finito il passato ? Esiste ancora? Il futuro ci aspetta anche se non lo conosciamo? L’artista, Enrico Franchi, nasce a Roma il 30 Agosto 1972. Dopo il conseguimento del diploma di maturità artistica, nel 1991, entra nella bottega del padre, scultore e orafo romano. La sua sensibilità lo porta a creare sculture da indossare. Oggi Franchi realizza sculture e opere di gioielleria artistica, disegnando ed esponendo nel laboratorio artistico F.M.F in via del Clementino, 98 , nel centro storico di Roma. La Bottega fu, fondata dal padre, Fausto Maria Franchi nel 1962. L’artista riesce a trasportare sul metallo le emozioni e le trasformarle in forme. Ad Enrico Franchi ho chiesto di spiegarmi il significato dell’opera realizzata per la città di Rossano: “Il mio tempo non fugge è una scultura in bronzo da me realizzata per il Comune di Rossano. Contemporaneamente alla mostra – racconta l’artista – ho esposto, a San Bernardino, una serie di sculture e artefatti in argento. La scultura ha come significato il tempo; il tempo che passa

inesorabile, vedrà passare le stagioni, le vite delle persone, gli eventi. Lei sarà lì, spettatrice di tutto questo. È un viaggio interiore sulla necessità di fermarsi, di dare importanza al tempo, ad ogni minuto che passa della nostra vita in contrapposizione alla vita frenetica del nostro essere in questa società. Dobbiamo riprenderci il nostro tempo e dargli il giusto valore”. Alessandra Primicerio (critico d’arte)

53


CALABRIA

“Il trionfo delle meraviglie. Bernini e il barocco romano” a Catanzaro

La mostra “Il trionfo delle meraviglie. Bernini e il barocco romano” è stata inaugurata a Catanzaro nel Complesso monumentale del San Giovanni. In esposizione oltre alle opere del Bernini sono presenti, per la prima volta in Calabria, altri grandi maestri del Seicento Barocco, sia italiani che stranieri, provenienti soprattutto da Palazzo Chigi Ariccia (Roma) tra cui: Giacinto Brandi, Carlo Maratta, Pier Francesco Mola, Salvator Rosa, Pietro da Cortona, Giovan Battista Gaulli “Il Baciccio”, Ferdinand Voet, Andrea Pozzo e altri maestri del Seicento. La mostra si potrà visitare fino al 29 febbraio 2020. È stata inaugurata dall’assessore alla cultura del Comune di Catanzaro, Ivan Cardamone insieme agli organizzatori Simona Cristofaro, Andrea Perrotta e il direttore artistico Francesco Petrucci. L’ambiente, dove è allestita la mostra, che raccoglie quadri e arredi di Gianlorenzo Bernini, è inserita in un contesto tecnologico che la rende estremamente fruibile grazie ad effetti speciali e immersivi che faranno rivivere il clima dell’epoca. Non potevano mancare due opere di Mattia Preti, il Cavaliere Calabrese, esposte per la prima volta in Calabria : ‘Campaspe’ e ‘La Peste a Napoli’. L’evento è arricchito da laboratori didattici, visite guidate e incontri con specialisti del settore e allietato da musica barocca con le composizioni di Antonio Vivaldi (colonna sonora della mostra) e un esemble di archi dal vivo che eseguiranno le Quattro stagioni. Ciceroni della mostra alcuni migranti come segno di integrazione e momento di

54

incontro e confronto culturale. La sorprendente bravura di Gian Lorenzo Bernini lo ha reso uno degli artisti più apprezzati del mondo. Scultore, architetto, urbanista, pittore: è stato uno dei massimi esponenti del Barocco Siamo al corrente della vita di Bernini grazie al gran numero di opere scultoree, di documenti e dalle biografie e varie fonti che ci permettono di conoscerlo a partire dai primi anni della sua vita, alla sua splendente carriera artistica, fino alla morte. Gian Lorenzo nasce a Napoli il 7 Dicembre 1598 da Pietro Bernini, scultore e pittore toscano. Nel 1605 la famiglia si trasferisce a Roma e fin da piccolo, Gian Lorenzo viene istruito dal padre. Ottiene la protezione del cardinale Scipione Borghese. Le sculture di Bernini colpiscono ancora oggi per il modo con cui l’artista ha saputo modellare il marmo che sotto il suo scalpello sembrava acquistare morbidezza, rendendo i corpi e le vesti dei suoi soggetti leggeri e i movimenti fluidi e dinamici. Maffeo Barberini fu uno dei primi mecenati dell’artista, divenne papa con il nome di Urbano VIII, amava l’arte e affidò a Gianlorenzo importanti progetti di architettura ed urbanistica. Nel 1629 l’artista assunse la direzione dei lavori a San Pietro in Vaticano, e realizzò il Sepolcro di Urbano VIII e il Baldacchino di San Pietro. Lavorò con tutti i papi successivi ad Urbano VII. A sessantadue anni subì la paralisi del braccio destro, malattia che degenerò sino a condurlo a morte il 28 novembre del 1680. Alessandra Primicerio (critico d’arte)


La statua di Rino Gaetano a Crotone.

Sul lungomare di Crotone dedicato a Rino Gaetano, nell’omonima piazzetta, all’inizio della Lega navale, si erge una statua bronzea del cantautore crotonese. Qui si affaccia la casa in cui nacque e trascorse i suoi primi anni di vita. Su un basamento troneggia la scultura, realizzata qualche anno fa dal maestro Raffaele Malena su incarico della Provincia e del comune di Crotone, che raffigura il cantante allegro, ironico e scanzonato con il suo cilindro, con in mano l’ukulele e il frac, look con il quale si presentò al Festival di Sanremo del 1978 con il brano ‘Gianna’, che lo portò al successo. Così l’artista cirotano lo ha voluto eternare nel bronzo. La targa posta ai piedi della statua recita: “Questa statua è l’unica cosa immobile di Rino Gaetano - La Sua musica, la Sua poesia, la Sua anima vivono nel cuore di tutti. Attento e ironico osservatore del nostro Paese, con la Sua arte ha saputo raccontare al mondo l’animo meridionale”. Di Rino viene ricordata la sua voce ruvida, l’ironia e i profondi testi delle sue canzoni, ma anche la denuncia attraverso scritti in apparenza leggeri. Tra le tante sculture compiute dallo scultore Malena ricordiamo: il busto in bronzo di Pitagora e l’altorilievo raffigurante la visita di SS Giovanni Paolo per la città di Crotone, il ritratto in bronzo del prof Gangale a Cirò Marina e altri ancora. Inoltre ha realizzato moltissime opere di pittura, scultura e gioielleria. In alcune parti del mondo la cultura della memoria e del rispetto per i propri artisti ha una grande importanza. In Italia artisti celebri sono stati omaggiati con una statua grazie all’impegno e alla sensibilità dei comuni: Lucio Battisti (Poggio Bustone), Rino Gaetano (Crotone), Domenico

Modugno (Polignano a Mare). Ma tanti altri , purtroppo, sono stati completamente dimenticati. Alessandra Primicerio (critico d’arte)

55


SICILIA

FRANCESCO CARBONE E IL SUO TEMPO Di Vinny Scorsone

Caterina Rao

Giuseppina Riggi

Salvatore Salamone

Sono passati venti anni da quel dicembre che ha portato via il corpo di Francesco Carbone condannando esso all’immobilità di un sacello. Il germe, però, ormai era stato piantato e l’involucro non serviva più, sarebbero rimaste le idee, i suoi scritti e per chi lo ha conosciuto il suono della sua voce, quel tono morbido e al contempo impetuoso (attraversato da un’intima malinconia), quel suo atteggiamento sempre disponibile e positivo con una grande voglia di “costruire”. Oggi, la Galleria Studio 71 di Palermo, in collaborazione con l’Istituzione Francesco Carbone, gli dedica una mostra collettiva dal titolo:“Francesco Carbone e il suo tempo”. Quella inaugurata il 14 dicembre di quest’anno, però, non è certamente la prima esposizione che la galleria dedica a questa figura di spicco del panorama culturale siciliano. La prima, tenutasi nel 2009 e intitolata “Strettamente personale”, vide la partecipazione

di letterati, pittori, scultori etc che erano gravitati attorno a lui. Negli anni, lo Studio 71 (in collaborazione con l’istituzione che porta il suo nome) ha sempre cercato di mantenere viva la memoria Carbone promuovendo convegni e mostre a lui dedicate tenutisi presso l’Ex Real Casina di Caccia Borbonica di Ficuzza PA. Vivido intellettuale dalla spiccata sensibilità e cultura, critico e storico dell’arte, Carbone sapeva andare oltre il suo tempo e coglierne, in maniera lucida e netta, le problematiche. Egli era un uomo d’azione, scuoteva l’ambiente che lo circondava, creava il contemporaneo pur mantenendo un rigoroso rispetto delle sue origini e delle tradizioni (quasi fosse uno “zoccolo duro” imprescindibile dal quale partire per costruire un futuro durevole). Nel 1980 fondò Godranopoli, un museo, un luogo in cui a pianterreno erano visibili le origini, gli attrezzi da lavoro dei contadini, gli ambienti

rurali (un piccolo museo etno-antropologico), mentre al piano superiore spiccavano opere di artisti contemporanei appartenenti a numerose correnti artistiche (dall’optical art all’arte povera, dalla poesia visiva alla pop art, dal cubismo dall’arte concettuale etc.)

Franco Spena

56

Accursio Truncali

Tommaso Serra

Tiziana Viola-Massa


Daniela Gargano

Giuseppe Gargano

Nato in Libia nel 1923 a Cirene da genitori godranesi, ancora giovane si trasferì in Italia, a Godrano; successivamente, si recò in Svizzera per poi approdare in Sud America come redattore per giornali in lingua italiana. In quel periodo si interessò principalmente all’emigrazione italiana transoceanica verso gli Stati Uniti e l’Argentina. Il suo ritorno in Sicilia fu caratterizzato dalla partecipazione alle nuove correnti artistiche che in quel periodo stavano prendendo piede. Nel 1963 fu uno degli animatori della prima mostra contro la mafia, seguita alla strage di Ciaculli. Fu un grande promotore culturale, ricordiamo ad esempio le riviste Temposud, Nuova Presenza, Presenzasud, Land Arty, Busambra. Spinti dalla sua passione e collaborazione in quel periodo nacquero in Sicilia: il Gruppo 63, Il Chiodo e Antigruppo che promuovevano una nuova visione dell’arte e del linguaggio. Carbone non fu solo un intellettuale e un teorico dell’arte bensì fu esso stesso artista eclettico e anticipatore dei tempi che riuscì a partecipare

anche alla vita culturale nazionale ed europea diventando un punto di riferimento per tantissimi artisti siciliani e soprattutto per tanti giovani che collaborarono con lui (ricordiamo che egli fu anche docente presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo). Tornando alla mostra, ventidue artisti ci raccontano di lui, del suo carisma, della sua vita mai quieta, dei suoi progetti e delle sue convinzioni sia politiche che artistiche. Certo, racchiudere in un dipinto ciò che Francesco Carbone ha rappresentato per la sua terra e per il suo tempo sarebbe alquanto riduttivo e inutile. Le opere prodotte, quindi, intendono focalizzare solo alcuni aspetti della sua personalità facendo emergere, inevitabilmente in questo modo, in una sorta di specchio riflettente, ciò che negli artisti stessi è rimasto di lui nel corso degli anni; le sue tracce impresse nell’anima di chi gli è stato accanto. Le opere sono dunque elaborazione di un vissuto lontano ma che ancora pulsa nelle vene. Calogero Barba, Franco Spena, Giuseppina Riggi,

Michele Lambo

Gabriella Lupinacci

Lillo Giuliana Salvatore Salamone, Michele Lambo, Tommaso Serra, Carlo Monastra, Angelo Denaro, Lillo Giuliana, Alessandro Bronzini, Dino Vincenzo Patroni, Raffaele Iannone, Accursio Truncali, Elio Corrao, Antonella Affronti, Aurelio Caruso, Pina D’Agostino, Giuseppe Gargano, Gabriella Lupinacci, Daniela Gargano, Caterina Rao, Tiziana Viola Massa hanno prodotto dei lavori che parlano della sua vita.

Raffaele Iannone

Carlo Monastra

57


SICILIA

Dino Vincenzo Patroni Essi ci raccontano di un personaggio, ci fanno rivivere le sue lotte, le sue passioni, ci trasmettono il suo senso dell’arte strettamente collegato allo strato socio-culturale dei tempi e all’aspetto psico-emotivo dell’artista e del fruitore dell’arte. Ogni opera è un tassello di un mosaico complesso il cui disegno solo in pochi riescono appieno a comprendere. Personalità complessa e molto profonda, quella di Francesco Carbone, segnata da mille sfaccettature che continuano a riversare luce su

Antonella Affronti chi l’ha conosciuto o anche su chi ne ha semplicemente sentito parlare. La sua cultura, unitamente alla generosità, gentilezza ed empatia (che hanno sempre contraddistinto i suoi rapporti umani) e la sua voglia di stimolare i giovani artisti a vivere nella contemporaneità e ad immergersi nel sociale, ha spinto l’Istituzione Francesco Carbone a dare vita ad un premio a lui dedicato, il premio “Francesco Carbone Experimenta”, quest’anno giunto alla terza edizione e che vedrà,

Calogero Barba giorno 20 dicembre, presso Palazzo Comitini a Palermo, la consegna dei premi a persone che si sono distinte negli anni in diversi campi. Dopo Filippo Panseca, Aldo Gerbino, Gonzalo Alvarez Garcia, Tommaso Romano, Beno Mazzone, Enzo Sciavolino, Annamaria Amitrano, Antonietta Iolanda Lima e molti altri, quest’anno il Premio è andato a Turi Sottile, Filippo Scimeca, Stefania Auci, Ignazio E. Buttitta, Enrico Hoffmann, Valerio Agnesi, Maurizio Carta, Marco Scalabrino, Nicola De Domenico, Sarah Zappulla Muscarà, Rosalia Billeci, Eleonora Chiavetta. La mostra “Francesco Carbone e il suo tempo” sarà visitabile presso la sede della Galleria Studio 71 in via V. Fuxa 9 a Palermo fino al 31 gennaio 2020 tutti i giorni (escluso i festivi) dalle 16:30 alle 19:30.

58

Alessandro Bronzini

Aurelio Caruso

Elio Corrao

Pina D’Agostino

Angelo Denaro


Giovanna opera di Letizia Caiazzo 2019 cm.50x70 “Racconto con ritratto� Uno spazio collocato fuori dal tempo, un ritratto che di quel tempo sottratto mostra le tracce; una grande luce illumina chi si espone sottraendosi. O un rigoroso gioco di ricerca del visibile o una reinvenzione,tramutante e autonoma

che annoda il suo racconto Luce senza sole,voce silenziosa narrante, radicata nella fisicitĂ da dove inizia il lungo viaggio vagabondo, immobile, presente. Giovanna Arancio

59



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.