N°27 maggio-giugno 2018 -
periodico bimestrale d’Arte e Cultura
www.rivista20.jimdo.com
ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE
MUSEO ETTORE FICO Torino
Edito dal Centro Culturale ARIELE
ENZO BRISCESE
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE
del Centro Culturale Ariele
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Lo stagno della memoria - t.m. su tela - 2007
Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Francesca Ramarony Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Silvia Grandi Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Virginia Magoga Nadia Celi Enzo Briscese Paola Corrias Cinzia Memola Valentina Gandaglia Barbara Vincenzi www. riv is t a 2 0 . jimd o . c o m
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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedĂŹ al venerdĂŹ tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------
albero - t.m. su tela - 2012
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mail: enzobriscese6@gmail.com cell. 347.99 39 710
In copertina: foto del Museo Ettore Fico MEF
Sommario N° 27 * maggio-giugno 2018
In copertina
foto Museo Ettore Fico
4 MEF - Museo Ettore Fico mostra fotografica di Paolo Monti e Duane Michals 12 Nicola Magrin. La traccia del racconto Aosta
13 “Durer e il Rinascimento” a Milano 14 “ Picasso, De Chirico, Morandi”
24 Enzo Briscese 25 Mirella Caruso 26 Lorenzo Curioni 27 Francesco Di Martino 28 Franco Erreni 29 Gina Fortunato 30 Elisa Fuksa Anselme 31 Giulio Gamberucci
Eventi Liguria 15 Gasparini .su porti.
32 Domenico Lasala
Eventi Trentino 15 Depero
34 Santo Nania
17 Eventi Veneto Ruskin 18 Eventi friuli Beatrice Cepellotti Daniela Moretti 20 Eventi Emilia Romagna Angeli e Dei 21 Simultanea Spazi d’Arte Mostra C.C.Ariele a Firenze 22- Corrado Alderucci 23- Franco Bolzoni
33 Marco Longo
Eventi Molise 42 - Antonio D’Attelli 43- Francino “Evolution” Eventi Marche 44- Henri Cartier Bresson
46 Eventi Abruzzo De Nittis, Patini e i Palizzi” a Villa Urania“ Eventi Campania 47- Van Gogh the immersive experience 49- Vincent Van Gogh
35 Umberto Salmeri
50- io Dalì
36 Renzo Sbolci
51 Eventi Puglia Lucia Rotundo Mirella Bentivoglio
37 Eventi Toscana
53 Eventi Calabria MATAKSA
L’anno della Madonna del Sole e di Michelangelo Buonarroti di Lodovico Gierut
38 Eventi Lazio Tibaldi Arte Contemporanea 40 Eventi Umbria
da Raffaello a Canova da Valdier a Balla
54 zeroottouno 55 museo multimediale
56 E venti Sicilia Picasso è NOTO 58 Eventi Sardegna arrivano le futuriste 3
SCHEDA TECNICA mostra e catalogo a cura di Pierangelo Cavanna e Silvia Paoli Edizioni Silvana Editoriale
mostra realizzata da MEF-Museo Ettore Fico Comune di Milano - Cultura, Civico Archivio Fotografico
date e orari 4 maggio-29 luglio 2018 da mercoledì a domenica ore 11-19 inaugurazione giovedì 3 maggio ore 18
ARTE E VITA Ghetto nuovo, 1950 ca. stampa ai sali d’argento 38,7 x 29,7 cm Pubblicità per la società Sandoz, 1959 stampa a sviluppo cromogeno 29,4 x 23,1cm
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Paolo Monti (1908 - 1982) è tra i più importanti fotografi italiani del ‘900. Dirigente d’industria, si appassiona alla fotografia al punto da sceglierla come professione, affiancandola a un’intensa attività critica e di curatela. Dopo essersi avvicinato alla pratica fotografica sin dagli anni Venti, furono gli anni trascorsi a Venezia, dove si era trasferito per lavoro nel dopoguerra, a segnare una svolta, sia per il contatto con la realtà lagunare, sia per l’incontro con quel gruppo di fotografi coi quali nel 1948 avrebbe fondato il Circolo fotografico “La Gondola”, artefice nell’Italia del dopoguerra di un profondo rinnovamento del linguaggio fotografico, sempre più attento al contesto internazionale rappresentato in primo luogo dalla tedesca Subjektive Fotografie di Otto Steinert ma anche dai grandi autori della fotografia americana, come Edward Weston e Aaron Siskind, o francese, come Daniel Masclet e Brassaï.
ARTE E VITA
Ritratto del pittore Crippa, 1953-54 stampa ai sali d’argento 32,5 x 29,6 cm Venezia, 1950 ca. stampa ai sali d’argento 24 x 23,5 cm Carta nera immersa nell’acqua, 1959 stampa ai sali d’argento 19,4 x 28,6 cm
Dal 1953 è a Milano, città in straordinaria crescita economica e culturale dove consolida ’attitudine critica e sperimentale diventando uno degli autori più affermati anche a livello internazionale. Lavora per le Triennali, per i maggiori studi di architettura (BBPR, Gio Ponti, Albini, Scarpa), per i Musei del Castello Sforzesco, per la Storia della Letteratura Italiana Garzanti, curata da Cecchi e Sapegno, in un continuo racconto del paesaggio e delle architetture che gli consentirà alla fine degli anni Sessanta di affrontare in modo magistrale l’imponente campagna di rilevamento del centro storico di Bologna e di altre città, come dei beni storico artistici dell’Appennino emiliano e romagnolo. In modo certo singolare rispetto alla realtà italiana Monti affiancò sempre alla sua intensa attività professionale una significativa produzione sperimentale e artistica, che lo portò a misurarsi con fotogrammi, chimigrammi e varie sperimentazioni con materiali a colori, in un dialogo intenso e colto con la produzione artistica contemporanea, a lui ben nota anche per i contatti con artisti come Baj, Crippa, Dova, Fontana, Capogrossi, Pomodoro, di cui curò la documentazione delle opere e dei quali ci ha lasciato una serie di intensi ritratti.
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LA MOSTRA La mostra intende rendere ragione di questo straordinario percorso, affrontando in
Gianni Berengo Gardin, Paolo Monti a Venezia, 1959 un’unica sequenza la genesi e gli sviluppi di un variegato quanto unitario lavoro di stampa ai sali d’argento, 25,5 x 35 cm ricerca in ambito fotografico.
L’indagine, testimoniata anche dal catalogo, è stata condotta sull’intero Archivio di Paolo Monti (circa 240.000 fotografie, documenti, libri), catalogato grazie al contributo della Fondazione Biblioteca Europea di Informazione e Cultura (BEIC), proprietaria dell’Archivio, oggi consultabile in rete (www.beic.it; http://www.comune.milano.it/ fotografieincomune). L’Archivio Monti, dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza Archivistica della Lombardia sin dal 2004, è conservato in deposito, grazie a un formale accordo tra BEIC e Comune di Milano, presso il Civico Archivio Fotografico al Castello Sforzesco, istituto nato agli inizi del ‘900, che dispone di un patrimonio di circa 900.000 fotografie di cui garantisce la consultazione pubblica (https://archiviofotografico.milanocastello.it/). L’indagine scientifica ha consentito di apportare nuovi elementi di conoscenza sull’attività di Paolo Monti e sul suo straordinario ruolo culturale. La mostra presenta circa centottanta fotografie originali, datate dal 1935 al 1982, insieme a materiali come riviste, libri, documenti, anche inediti. Il catalogo della mostra, bilingue, presenta un’ampia selezione delle fotografie montiane, incluse tutte le fotografie esposte.
con il contributo di in collaborazione con nell’ambito di mostra realizzata da Paolo Monti FOTOGRAFIE 1935-1982 con il patrocinio di:
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SCHEDA TECNICA mostra e catalogo a cura di Enrica Viganò
mostra realizzata da Fundación MAPFRE, Madrid
catalogo Coedizione Fundación Mapfre - MEF
in collaborazione con MEF - Museo Ettore Fico
date e orari 4 maggio - 29 luglio 2018 da mercoledì a domenica ore 11 - 19 inaugurazione
giovedì 3 maggio ore 18
ARTE E VITA Boy in Leningrad, 1958 stampa ai sali d’argento 20,32 x 25,40 cm courtesy DC Moore Gallery, New York © Duane Michals
Duane Michals è uno dei fotografi contemporanei che ha rinnovato il linguaggio fotografico con maggiore intensità. Artista in bilico tra fotografia e poesia, Michals è uno dei nomi più prestigiosi dell’avanguardia americana. Negli anni Sessanta attiva un nuovo approccio alla fotografia che non pretende di documentare il fatto compiuto, il “momento decisivo” o di affrontare gli aspetti fisici della vita. «Quando guardi le mie fotografie, stai guardando i miei pensieri». In questa frase si trova la chiave per leggere l’opera completa di Duane Michals: un’opera che corrisponde alla sua filosofia di vita.
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ARTE E VITA Marcel Duchamp, 1964 stampa ai sali d’argento con testo manoscritto 35,56 x 27,94 cm courtesy DC Moore Gallery, New York © Duane Michals
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Nato in Pennsylvania nel 1932, Michals ha studiato arte all’Università di Denver e disegno a New York, dove ha lavorato nel mondo dell’editoria. Iniziò a fotografare per hobby nel 1958, durante una vacanza nell’Unione Sovietica con una macchina fotografica presa in prestito, con la quale realizzò alcuni ritratti al popolo russo che riscossero subito grande successo grazie alla loro schiettezza e semplicità. Con questi ritratti inizia la sua carriera come fotografo professionista, collaborando con numerose riviste prestigiose. I ritratti di personalità, celebri e non, sono una costante nel lavoro su commissione che Duane Michals ha continuato a svolgere fino a oggi in parallelo con la ricerca personale. In effetti, il lavoro di Michals si è sviluppato fin dall’inizio in territori inesplorati e privi di regole. Ciò gli ha permesso di allontanarsi dalle consuete pratiche senza preoccuparsi dei limiti imposti dalla fotografia. Così, nel 1966, introduce la tecnica della sequenza per raccontare storie immaginarie e inizia a disegnare a mano, sulla superficie delle sue copie, brevi testi che fungono da contrappunto o integrazione alle immagini, negando la convinzione che una fotografia valga più di mille parole. È in queste opere che Michals rivela in misura maggiore la sua filosofia esistenziale e la sua posizione politica di assoluta tolleranza e difesa dei diritti umani. La personalità di Duane Michals, così sensibile e lontana dai luoghi comuni, gli impone fin dall’inizio di andare oltre la superficie delle cose, oltre la realtà fotografica, per raggiungere l’identità dell’essere. In questo modo, Michals si allontana dalla fotografia come strumento di memoria visiva: ciò che non può essere visto, ciò che rimane nascosto, diventa l’obiettivo della sua ricerca. Il gioco e l’ironia caratterizzano molte delle sue opere e Michal usa questi strumenti per analizzare la sua personalità e le sue paure in modo innocente e senza pregiudizi, toccando argomenti come la morte e la sessualità. I suoi autoritratti costituiscono un compendio molto personale e spesso umoristico, ma è nella serie dedicata ai vizi e alle virtù dell’arte contemporanea dove il suo linguaggio beffardo raggiunge livelli esilaranti, a partire dal titolo: “Come la fotografia ha perso la sua verginità sulla via della banca”. Duane Michals ha compiuto 86 anni e continua a creare, inventando forme e tecniche al servizio del suo bisogno di esprimersi. Non importa quale sia il mezzo, ciò che conta per lui è non ripetere mai se stesso, inventare nuovi modi di comunicare con il resto del mondo, raggiungere il profondo dell’essere o ridere di se stessi. Così, negli ultimi anni, ha iniziato a produrre una serie di opere a colori che sono fatte a forma di ventaglio, ispirate alla popolare tradizione giapponese di Ukiyo-e, con l’intenzione di esplorare l’enigmatica natura fluttuante della vita contemporanea. A questo progetto segue la reinterpretazione dei vecchi ferrotipi, in cui Michals sovrappone segni e parole disegnate nell’olio. In quest’ultimo anno si è dedicato alla regia di cortometraggi della durata di sette minuti. Duane Michals è un artista totale, appassionato di maestri come Balthus, Magritte e De Chirico, che ha voluto incontrare di persona e fotografare nel corso della sua lunga carriera e che ha ispirato visioni surreali nelle sue creazioni fantasiose. Le fotografie stampate di Duane Michals sono di piccolo formato, una caratteristica molto rara in questi tempi, ma è un altro modo in cui prova a sottolineare il rifiuto delle strategie di mercato. Come lui dice: «Non mi interessa la stampa perfetta. Mi interessa un’idea perfetta. Idee perfette sopravvivono a stampe scadenti e a riproduzioni economiche. Possono cambiare le nostre vite».
LA MOSTRA René Magritte, 1965 stampa ai sali d’argento con testo manoscritto 27,30 x 35,24 cm courtesy Carnegie Museum of Art, Pittsburgh The Henry L. Hillman Fund, 2009.31.2 © Duane Michals Heisenberg’s Magic Mirror of Uncertainity, 1998 stampa ai sali d’argento con testo manoscritto sequenza di 6 immagini 12,7 x 17,78 cm courtesy DC Moore Gallery, New York © Duane Michals
La mostra è realizzata in collaborazione con la Fondazione Mapfre di Madrid. Il percorso espositivo è suddiviso in sezioni che mostrano le diverse modalità espressive gradualmente inventate da Michals, nonché le diverse serie realizzate su argomenti specifici nel tempo. Unione Sovietica La mostra inizia con una selezione di ritratti realizzati durante un tour dell’ex Unione Sovietica. Questo è un momento decisivo per il futuro artistico e professionale di Michals che, al suo ritorno a New York, abbandona il lavoro di grafico e inizia la sua carriera di fotografo. Maestri Questa sezione è un omaggio ai tre pittori che hanno maggiormente influenzato la visione artistica di Michals e il suo viaggio attraverso l’espressione creativa. Balthus, René Magritte e Giorgio de Chirico sono riferimenti essenziali nell’universo di Michals che, oltre ad averli incontrati e ritratti, ha trovato ispirazione e collegamenti
estetici nelle loro opere.
Empty New York La prima importante serie di Michals è Empty New York, ispirata all’opera del fotografo Eugène Atget. In esso è documentata la città vuota e silenziosa di una domenica mattina, nei cui spazi inanimati l’artista trova un ambiente perfetto per mettere in scena le sue storie future. Sequenze Questa mostra dedica un ampio spazio alle sequenze, forse la soluzione formale che ha dato più fama a Michals. Con loro riesce a superare i limiti dell’immagine individuale, viene ritenuta insufficiente per esprimere il mondo interiore che vuole mostrarci: «Quando ho iniziato a fare sequenze, non era perché pensavo fosse bello o l’ultima cosa da fare. L’ho fatto per superare la frustrazione del fermo immagine».
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LA MOSTRA Rigamarole, 2012 ferrotipo con olio applicato a mano 36,19 x 25,71 cm courtesy Carnegie Museum of Art, Pittsburgh The William T. Hillman Fund for Photography, 2013.61
Foto-testo La rivoluzione delle sequenze segue quella della scrittura. I testi fotografici includono frasi che l’artista scrive a mano sulla carta fotografica e che costituiscono un complemento di ciò che non è visto nell’immagine ma che deve essere raccontato e condiviso, un elemento fondamentale per la comprensione totale dell’opera. Molti dei suoi testi sono ambigui, sono fantastici e privilegiano il doppio gioco di parole e immagini. Attraverso di loro esprime la sua ideologia politica, la sua critica sociale, ad esempio in fotografie come Black is Ugly o The Unfortunate Man, rivela i suoi sentimenti più intimi. Domande senza risposta Il capitolo dedicato a “Domande senza risposte” si concentra sulle preoccupazioni filosofiche del fotografo, spiegate in immagini con lunghi testi manoscritti che indagano sulle questioni fondamentali dell’esistenza. La casa che una volta chiamavo dimora La doppia esposizione, una tecnica usata da Michal in numerose occasioni, diventa uno strumento visivo di memoria nella storia delle sue origini e della sua famiglia. Il progetto è intitolato The House I Once Called Home e i testi che lo accompagnano sono di una sincerità disarmante. Come la fotografia ha perso la sua verginità In On Contemporary Art dà fede alle sue idee sulla deriva del mercato dell’arte contemporanea, dove la parola del critico innesca la citazione di opere di per sé insignificanti Immagini di un mondo fluttuante Sempre alla ricerca di nuovi modi e sensibili alla cultura classica internazionale, Michals inventa le fotografie sotto forma di ventagli con la serie Photographs from a Floating World, ispirata alla tradizione popolare giapponese di Ukiyo-e. Queste fotografie sono precise come haiku ed enigmatiche come la natura della vita contemporanea. Fotografie dipinte Michals ha recuperato negli ultimi anni una tecnica di pittura a olio applicata direttamente alla fotografia. Aggiungendo certi segni ai vecchi ferrotipi, dà nuova vita ai vecchi ritratti comprati nei mercati di strada, che il fotografo reinterpreta come protagonisti di un mondo creato a sua misura. Lavoro su commissione Una grande parte della mostra è dedicata all’opera su commissione di Duane Michals, condotta sempre con grande determinazione per avere libertà nella sua ricerca personale. Magistrale per immortalare personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, i ritratti
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LA MOSTRA Clint Eastwood, senza data stampa ai sali d’argento 27,94 x 35,56 dourtesy DC Moore Gallery, New York © Duane Michals
per prestigiose riviste compongono un mosaico di personaggi che si presentano in un modo nuovo. Queste foto si aggiungono ad altri lavori per il mondo della pubblicità. Cortometraggi La mostra si conclude con le ultime opere dell’autore, realizzate in formato video. Si tratta di una serie di cortometraggi in cui le invenzioni formali sono combinate con contenuti che vanno dalla politica alla comunicazione interpersonale, risolti con un’enorme creatività. Michals ha realizzato per ognuno di essi un poster in cui la cornice dell’immagine è arricchita da testi manoscritti dell’autore. Completano questo percorso, documenti, disegni originali o modelli di libri mai presentati prima, così come una biografia illustrata.
BIOGRAFIA Dr. Duanus’ Famous Magic Act, 1996 stampa ai sali d’argento con testo manoscritto 27.94 x 35,56 cm courtesy DC Moore Gallery, New York © Duane Michals
Duane Michals nasce il 18 febbraio 1932 a McKeesport, Pennsylvania. Nel 1953 si laurea presso l’Università di Denver. Dal 1956 studia alla Parsons School of Design di New York non completando gli studi. Nel1958 durante una vacanza in Russia scopre il proprio interesse per la fotografia. Rientrato a New York, lavora come fotografo freelance per riviste come «Esquire», «Mademoiselle» e «Vogue». Parallelamente svolge la propria attività in ambito non commerciale. Ottiene la prima mostra personale alla Underground Gallery di New York nel 1963, dove espone tra l’altro le fotografie scattate in Russia. Da sempre interessato al mondo dell’immaginazione esegue i ritratti degli artisti più amati come Magritte e Balthus. Non avendo un proprio studio, fotografa le persone nel loro ambiente quotidiano, entrando così in contrasto con il metodo di altri fotografi dell’epoca come Richard Avedon e Irving Penn. A metà degli anni Sessanta iniziano le sue sperimentazioni che lo porteranno alle sovrimpressioni, doppie esposizioni, sequenze narrative, lunghe esposizioni. A metà degli anni Settanta inizia a inserire testi manoscritti ai margini delle proprie sequenze che si fanno col tempo sempre più elaborate. Nel 1970 le sue opere vengono esposte al MoMA di New York e nel 1977 partecipa a Documenta 6. Tra i lavori di natura commerciale, la commissione ufficiale da parte del governo messicano per le riprese fotografiche dei Giochi Olimpici del 1968 a Città del Messico e la copertina dell’album Synchoronicity dei Police nel 1983.
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VALLE D’AOSTA
Nicola Magrin. La traccia del racconto Aosta - Centro Saint-Bénin 05 maggio 2018 - 07 ottobre 2018
L’esposizione presenta circa settanta acquerelli su carta di piccole, medie e grandi dimensioni, realizzati tra il 2009 e il 2018, che ripercorrono i temi salienti dell’artista: il percorso interiore dell’uomo e il suo rapporto con la natura selvaggia, la raffigurazione dei boschi e degli animali selvaggi, la montagna e i paesaggi notturni Autore apprezzato dal pubblico per l’intensa attività di illustratore, Nicola Magrin ha realizzato per Einaudi le copertine dell’opera di Primo Levi. Sua è la copertina de Il richiamo della foresta di Jack London e del fortunato romanzo di Paolo Cognetti Le otto montagne, che ha vinto il Premio Strega 2017 ed è stato tradotto in 39 lingue. L’esposizione rivela la maturità espressiva di un autore che ha scelto l’acquerello come tecnica artistica esclusiva. La mostra presenta al pubblico opere di grandi dimensioni quali Walking (300×114 cm) e L’infinito (58×250 cm), una selezione di tavole originali del libro di Folco Terzani, Il Cane il Lupo e Dio, e numerose carte riunite in gruppi tematici, dalle serie Betulle ai Notturni, da Lupo e uomo a In baita. L’allestimento è arricchito da un video realizzato nello studio dell’artista che documenta la sua tecnica pittorica.
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CONTATTI: Assessorato regionale Istruzione e Cultura Piazza Roncas 12 - 11100 AOSTA (AO) Telefono: 0165.275937 E-mail: u-mostre@regione.vda.it
LOMBARDIA
“DURER E IL RINASCIMENTO” A MILANO
Albrecht Dürer (1471 - 1528) l’apice del Rinascimento tedesco una pietra fondamentale nella storia dell’arte Palazzo Reale ddal 21 febbraio al 24 giugno 2018 Orari Mostra: Lunedì: 14.30–19.30; Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30; Giovedì e sabato: 9.30Telefono: +39 0288445181 c.mostre@comune.milano.it http://mostradurer.it curatore Bernard Aikema costo del biglietto Intero € 12, Ridotto € 10 L’arte di Dürer – prolifico pittore, disegnatore e grafico – approda a Palazzo Reale, insieme all’opera dei suoi contemporanei tedeschi e (nord)italiani, in una grande esposizione: “Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia”. In mostra, una magnifica e rappresentativa selezione di circa 130 opere tra pittura, disegno e grafica, apice del Rinascimento tedesco e italiano. Fu anche matematico, trattatista, incisore, studioso del mondo naturale, l’estro poliedrico di Dürer può facilmente essere associato a Leonardo da Vinci, suo contemporaneo, col quale condivise più di un interesse. Grande viaggiatore e innamorato dell’Italia, di cui seppe apprezzare le ricerche rinascimentali più raffinate, Albrecht Dürer era in grado di coniugare la ricercatezza intellettualistica delle corti italiane con la maniera tedesca, attenta al dettaglio e alla teorizzazione, dando alla propria opera un taglio originalissimo in cui arte, scienza, esoterismo e modernità si intersecano in suggestioni assolutamente uniche.
L’opera di Dürer spazia tra i generi pittorici più disparati, dal ritratto all’arte sacra, dal paesaggio alla pittura di genere, dalla pittura naturalistica al mito, sempre raggiungendo risultati di altissima perfezione, tutte supportate da un lavoro teorico che con le sue intuizioni di matematica, geometria, prospettiva e astronomia, raggiungei vertici del pensiero rinascimentale europeo. La maestria espressa nella sua arte e nel suo peculiare senso del colore ha conservato il suo fascino intatto fino a oggi. Tra i suoi contemporanei, Durer fu quello che dedica maggiore attenzione all’autoritratto. L’artista però vive nel clima difficile e socialmente agitato della Riforma Lute-
rana. Cerca di mantenere equilibrio e moderazione, suoi principi ispiratori da sempre, quasi una filosofia di vita che l’artista trasmette attraverso le sue opere. La mostra di Dürer a Palazzo Reale a Milano diventa un’ occasione per ammirare la produzione di uno dei maggiori artisti della storia dell’arte, messa a confronto con i più grandi interpreti dell’arte tedesca del tempo, da Lucas Cranach a Albrecht Altdorfer e con i grandi protagonisti della scuola veneta da Giovanni Bellini a Giorgione, di cui è eccezionalmente esposta La vecchia. Il cuore dell’esposizione rivelerà le qualità intrinseche delle sue opere evidenziandone il carattere innovativo nonché i rapporti con gli altri grandi protagonisti come Hans Baldung Grien, Hans Burgkmair e Martin Schongauer da un lato, e dall’altro Tiziano, Giorgione, Andrea Mantegna, Leonardo da Vinci, Giovanni Bellini e Andrea Solario.
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LOMBARDIA
“Picasso, De Chirico, Morandi” Palazzo Martinengo - Brescia
Apre al pubblico la grande mostra “Picasso, De Chirico, Morandi. 100 capolavori del XIX e XX secolo dalle collezioni private bresciane”. Palazzo Martinengo si trasforma in una sorta di “museo ideale” dove confluiscono capolavori di Balla, Boccioni, Depero, De Chirico, Savinio, Morandi, Carrà, De Pisis, Sironi, Burri, Manzoni, Vedova e Fontana ricercati, acquistati e amati dalle più illustri famiglie bresciane che, quadro dopo quadro, hanno dato vita a raccolte di importanza museale uniche per qualità, varietà e vastità. Per il pubblico è un’occasione per entrare virtualmente nelle più belle e inaccessibili dimore della provincia di Brescia e ammirare, in via del tutto eccezionale, opere di straordinario valore storico-artistico che consentono di esplorare le varie correnti e i movimenti artistici succedutesi nel corso dei decenni, dal futurismo alla metafisica, dal “ritorno all’ordine” fino all’arte informale. Apre al pubblico la grande mostra “Picasso, De Chirico, Morandi. 100 capolavori del XIX e XX secolo dalle collezioni private bresciane”. Palazzo Martinengo si trasforma in una sorta di “museo ideale” dove confluiscono capolavori di Balla, Boccioni, Depero, De Chirico, Savinio, Morandi, Carrà, De Pisis, Sironi, Burri, Manzoni, Vedova e Fontana ricercati, acquistati e amati dalle più illustri famiglie bresciane che, quadro dopo quadro, hanno dato vita a raccolte di importanza museale uniche per qualità, varietà e vastità.
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Per il pubblico è un’occasione per entrare virtualmente nelle più belle e inaccessibili dimore della provincia di Brescia e ammirare, in via del tutto eccezionale, opere di straordinario valore storico-artistico che consentono di esplorare le varie correnti e i movimenti artistici succedutesi nel corso dei decenni, dal futurismo alla metafisica, dal “ritorno all’ordine” fino all’arte informale.
Via dei Musei, 30 Dal 20/01/2018 al 10/06/2018 Da mercoledì a venerdì 9-17.30. Sabato, domenica e festivi 10-20. Lunedì e martedì chiuso. Intero 10 €; ridotto 8 €; ridotto scuole 5 €
LIGURIA
GASPARINI .SU PORTI. Antico Castello sul mare. Lungomare Vittorio Veneto, Rapallo 31 marzo - 13 maggio 2018
L’intera mostra si compone di 30 tele tra grandi e medie,quadri su carta, e tre sculture. Il titolo “ .SU PORTI. “ ben si fidanza con l’esperienza visiva dell’artista che ha giocato e gioca col doppio senso, essendo tutta la sua intera produzione, fin dagli esordi all’oggi, un intero corpo di veliero che solca l’onda contraria, ora increspata ora cheta. Porti a cui approdare e da cui partire, porti come bacini di umanità e di scambi di ogni tipo, moli assolati e accecanti o sotterrati dall’onda gigante, dipende. Il castello è il porto/molo oltre il quale si estende l’enorme
continente liquido che, per definizione, non ha confini essendo sempre e da sempre percepito come infinito. Non meno infinita è la tela candida o la carta presuntuosa e piena di sé, la juta logora e fintamente povera, la carnascialesca carta pesta . Tutti supporti differenti tra loro da graffiare con le unche penne,grattare coi peli ispidi, striare col gesso o solleticare e accarezzare coi fieri pennelli da larghi toraci o con quelli assai più esili ed ondulanti come giunchi al vento di MAESTR’ ALE. A.Gasparini
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TRENTINO
Fortunato Depero
“Prospettive fiabesche di macchine rare”
“Il dorso di una sesta macchina mi pare la potente maschera di una testuggine automobilistica. Occhi posteriori enormi con le profonde pupille difese. Parafanghi simili a salde coscie d’acciaio resistenti ai morsi più felini. Sette sbarre le proteggono la faccia invisibile. Marca “Blitz” ovvero “Lampo”: nome temporalesco che rivela il suo programma d’assalto.” Fortunato Depero, “Prospettive fiabesche di macchine rare”, Protagonista di una profonda trasformazione del paesaggio e dello stile di vita collettivo, l’automobile è al centro di un percorso espositivo che attraversa diversi momenti della storia dell’arte del XX secolo. Dal mito futurista dell’automobile in movimento alla fascinazione per i valori estetici delle autovetture nei dipinti degli anni Venti e Trenta, la mostra giunge al presente con opere di artisti che hanno fatto propria l’immagine della macchina, esprimendo nei suoi confronti interesse o critica. A cura di Nicoletta Boschiero e Federico Zanoner, l’esposizione è arricchita da una selezione di fotografie, illustrazioni, materiali pubblicitari e a stampa provenienti dall’Archivio del ’900 del Mart. Emblema del Novecento, responsabile della trasformazione del paesaggio urbano e dello stile di vita nel corso del secolo, per le sue valenze simboliche, estetiche e culturali l’automobile è stata immortalata da artisti in dipinti, opere di grafica pubblicitaria, ritratta in scatti fotografici, raccontata attraverso scritti e lettere. Ernesto Thayaht si è fatto immortalare accanto alle auto da lui possedute in fotografie che sono testimonianza di una vera e propria passione. L’immagine dell’automobile quale simbolo di progresso e potere è usata dal regime fascista, come mostrano alcune fotografie di Mussolini o del console Mario Carli. Depero ha esaltato le industrie automobilistiche nazionali e il relativo indotto – Fiat, Alfa Romeo, Isotta Fraschini, Ansaldo, Pirelli – glorificandone i prodotti e sottolineando l’importanza che la loro pubblicità riveste per artisti e grafici. Sotto questo aspetto la mo-
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stra permetterebbe di valorizzare in particolare, il lavoro di illustratore e cartellonista Marcello Dudovich attraverso il fondo Tomatis e di Mario Duse, futurista nei primi anni Trenta e autore poco dopo di una vasta campagna pubblicitara Pirelli. Il tema della mostra offre l’occasione di esporre variegato e raro materiale a stampa conservato nella biblioteca del Museo, costituto da libri, manifesti e riviste (Da La nuova arma la macchina Mario Morasso del 1905 al manifesto di Fedele Azari Per una Società di protezione delle macchine del 1927).
Curatori: Nicoletta Boschiero, Federico Zanoner Costo biglietto: Intero 7 €, Ridotto 4 €. Gratuito: ragazzi fino a 14 anni, tel per informazioni: +39 0464 454105 e-mail info: info@mart.trento.it sito: http://www.mart.trento.it/ orari: Martedì - Domenica 10-18. Lunedì chiuso
VENETO
Mostra dedicata a Ruskin pittore
Le pietre di Venezia, John Ruskin “torna” in laguna in una grande mostra a Palazzo Ducale . Per la prima volta in Italia, un evento internazionale punta i riflettori su Ruskin-artista e sul suo rapporto con la città lagunare. Cosa sarebbe il mito di Venezia senza John Ruskin, cantore della bellezza eterna della città, tanto più affascinante ed estrema perché colta nella sua decadenza? Personaggio centrale nel panorama artistico internazionale del XIX secolo, scrittore, pittore e critico d’arte, l’inglese John Ruskin (1819-1900) ebbe un legame fortissimo con la città lagunare, alla quale dedicò la sua opera letteraria più nota, “Le pietre di Venezia”: uno studio della sua architettura, sondata e descritta nei particolari più minuti: è un inno all’unicità ma anche alla fragilità di questa città. Ruskin, ammirato da Tolstoj e da Proust, capace di influenzare fortemente l’estetica del tempo con la sua interpretazione dell’arte e dell’architettura, rivive nei luoghi della sua ispirazione. Infatti l’esposizione ha luogo a Palazzo Ducale, edificio emblematico che egli esplorò a lungo da angolazioni diverse: il Ruskin artista, è presentato attraverso oltre cento acquerelli su carta, taccuini, rilievi architettonici, calchi in gesso, albumine, platinotipi. Ad ospitarlo è la sequenza di sale e loggiati tante volte raffigurati, ove la scenografia di Pier Luigi Pizzi dà risalto alle presenze architettoniche e scultoree della Venezia gotica e bizantina, medievale e anticlassica che egli tanto amava e che desiderava preservare dall’oblio. La mostra voluta da Gabriella Belli, quale tributo alla conoscenza e al mito di Venezia, è curata da Anna Ottani Cavina: prima presentazione, in Italia, dell’opera di un artista che “ha valicato ogni confine in nome di una visione interdisciplinare, praticata quando il termine ancora non c’era”. Ruskin nel corso della sua vita opera e s’interroga sulle questioni sociali, sull’arte, sul paesaggio e sulla Natura; scrive di mineralogia e di botanica, così come di economia, architettura e restauro, preoccupato che le tecniche
allora in uso finissero con il cancellare gli edifici medievali. La mostra fa una scelta e, non potendo dare conto della complessità di Ruskin e del suo genio versatile in tanti e diversi campi, si focalizza sull’artista, articolandosi in particolare attorno alle sue opere pittoriche che ne documentano la vocazione a tradurre in immagini la realtà, fissando su migliaia di fogli, a penna e acquarello, il suo “instancabile tentativo di comprendere il mondo”.
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FRIULI VENEZIA GIULIA
L’opinione di Graziella Valeria Rota
Le artiste a Codroipo - Udine
Beatrice Cepellotti
La pittura di Beatrice Cepellotti appare connotata da una radice immaginativa che l’autrice sviluppa in alcuni passaggi essenziali, quali a partire dalla scansione della visione in diversi piani, successivamente sottoposti ad un’azione di rimontaggio secondo personalizzazioni meditate. Il colore può essere utilizzato in base al potenziale espressivo oppure può rappresentare il risultato ultimo di un processo di eliminazione dalla forma reale e di
elementi utili alla riconoscibilità, ma senza emotività, che porta l’autrice ad enfatizzare alcuni elementi per coglierne appieno la valenza simbolica. Spesso si tratta di particolari che fanno parte della nostra quotidianità che inseriti in un percorso pittorico appaiono nobilitati e densi di poesia. L’atmosfera ricorrente e caratterizzante nei quadri della artista è spesso sospesa e ammanta l’intera composizione. Il suo racconto visivo si sfuma come
le sonorità raccontate con parola sussurrata che lascia spazio ad una visibilità piena di suggestioni. L’artista nata Gorizia e da tempo risiede da tempo a Codroipo. Studia la figura e il nudo dal vero, successivamente passa alle esperienze simboliche prediligendo le espressioni contemporanee più emozionali e informali assieme quelle poetiche in quanto rispecchiano la sua persona e il suo mondo interiore.
Le sue prime mostre collettive sono iniziate dal 1995 a Udine Padova Bologna Torino, proponendosi fino ad oggi con le personali in tutta la regione Friuli Venezia Giulia acquisendo numerosi premi e segnalazioni di merito. Info: www.beatricecepellotti.com
Daniela Moretti e la sua Piccola Cosmogonia
L’artista in arte Daz vive a Codroipo UD. Si forma a Roma in letteratura e filosofia e si addentra in esperienze artistiche di ogni tipo. Si accorge che vuole, dopo la poesia, esprimere il suo “essere” anche attraverso la scultura e la pittura. Ad oggi questa artista si sperimenta nell’espressione sia figurativa sia astratta. Partecipa alle attività degli artisti friulani nelle varie città della Regione del Friuli Venezia Giulia dal 2011. Nel 2017 le sue ultime mostre sono state alla galleria Atthirtyseven di Fiumicello GO dal titolo: “olduvai” e alla Luxgallery Trieste.Nelle opere “Piccola Cosmogonia”, la cosmogonia, ovvero la genesi del cosmo, rappresenta la dualità, la scissione del bene e del male, l’ elevazione e l’abiezione. È un oscuro compendio di antropologia culturale che si addensa nella sua proposta. Il pensiero base del progetto nasce da una idea, come esigenza filosofica, dall’impulso che l’arte abbia un fine taumaturgico e può condurci oltre il sensibile per elevarci o per sotterrarci, ma ciò non esclude infatti l’una o l’altra parte di noi stessi. ( Graziella Valeria Rota)
-Daz.- < Questo corpus di 23 quadri e 25 sculture, l’intreccio filosofico e religioso da cui scaturisce il percorso artistico non rappresenta solo l’enigma di un ingorgo esistenziale che cerchiamo di affogare nella fluidità razionale, ma anche l’esigenza di una molteplicità di parametri espressivi -pittura, scultura, filosofia e che solo attraverso il loro intreccio e loro comunione, sanno raggiungere verità inafferrabili. Questi esseri rappresentati nascono e si muovono in un mondo sconosciuto, un possibile altrove.> Info: www.artedaz.it
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EMILIA ROMAGNA
ANGELI E DEI
ESPONE : BARBARA PELLANDRA CURATRICE/ART DIRECTOR; Susanna Tartari SPAZIO ESPOSITIVO; Cloister Galleria d’Arte DATA DI ESPOSIZIONE; La mostra – inaugurata il 03 Aprile – rimarrà aperta fino al 28 Aprile 2018.
Pagina FB dell’evento; https://www.facebook.com/ events/153688095343426/ Ha inaugura il 3 Aprile, presso lo spazio espositivo di Ferrara Cloister Galleria d’Arte, Angeli e Dei, la personale dell’artista Barbara Pellandra. Il progetto, nasce dall’idea, della curatrice Susanna Tartari, di mettere in correlazione l’arte contemporanea e l’antico. Un incontro tra linguaggi e materiali distanti molti secoli in cui ci si potrà immergere sfogliando il catalogo, realizzato con scatti eseguiti dal fotografo Max Angeloni, all’interno del Museo Nazionale Archeologico di Ferrara. Epoche apparentemente lontane ma al contempo vicine; i vasi attici ed etruschi a figure nere e rosse abbracciano le opere scultoree, realizzate in plexiglass, di Barbara Pellandra, a volte bianche in altri casi fortemente colorate, mentre il paesaggio e l’architettura rinascimentale fanno da sfondo ai quadri materici, fondendo ciò che l’essere umano è da sempre, Artigiano e Artista nel contempo. Nell’allestimento della mostra, visitabile fino al 28 di Aprile ci si potrà immergere completamente nel lavoro di Barbara, dove colori e polveri, plasmate tra resine e plexiglass vi accompagneranno in un mondo ricco di storia e di sentimento. Il progetto Angeli e Dei, completerà il suo viaggio, in autunno, con l’esposizione delle opere di Barbara presso il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara. In quell’occasione verranno proiettati gli scatti diMax Angeloni, eseguiti durante il back stage e lo shooting per la realizzazione del catalogo.
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Diplomata presso l’Istituto Dosso Dossi di Ferrara, inizia il suo percorso artistico aprendo un’atelier a Cento (FE) e nel 2010, riceve il premio Washington per la collettiva “Artist in the World”. Poco tempo dopo, sente la necessità di spostarsi verso una città più stimolante e nel 2012 inaugura lo show room AlbaArt a Ferrara. In questo piccolo ma importante spazio, continua il percorso di sperimentazione, cominciando ad usare materiali innovativi come il plexiglass e la resina, uniti alle tecniche artistiche tradizionali del mosaico, della pittura e del restauro. Realizza quadri, dipinti murali, complementi di arredo, arrivando a recuperare e personalizzare vecchi mobili. Da alcuni anni sviluppa progetti di interior design in collaborazione con architetti, artigiani e arredatori, realizzando lavori su commissione. Alcuni suoi lavori sono esposti presso lo Studio di architetti-interiordesigne Mark Maset a Parigi e lo Studio Mi.Made a Milano. (DSCF6164_CS) Opera dal titolo LOTTA TRA IL BENE E IL MALE a confronto con Cratere a calice attico a figure rosse con rappresentazione su due registri della guerra degli dei contro i giganti e dei cortei in onore di Dioniso e delle divinità eleusine dalla tomba 313 della necropoli di Spina-Valle Trebba.Pittore dei Niobidi (460 a.C) susanna.tartari1@gmail.com
TOSCANA
Corrado Alderucci
Franco Bolzoni
Simultanea Spazi d’Arte
Spazio curatoriale / Associazione artistico culturale Via San Zanobi 45 rosso 50129 Firenze SIMULTANEA - SPAZI D’ARTE, non una galleria, ma uno spazio curatoriale che sostiene il dialogo tra artisti e curatori, ospitando mostre, eventi poliartistici e progetti espositivi che coinvolgono oltre ai linguaggi artistici tradizionali, anche il design e la creatività a tuttotondo. Enzo Briscese
Mirella Caruso
Gina Fortunato
Marco Longo
Lorenzo Curioni
Elisa Fuksa Anselme
Santo Nania
Francesco Di Martino
Giulio Gamberucci
Umberto Salmeri
Franco Erreni
Domenico Lasala
Renzo Sbolci
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CORRADO ALDERUCCI e-mail: corrado.alderucc@asa-pro.it tel. 393.17 16 518
Se guardiamo un’opera di Corrado Alderuccisorge naturale notare alcuni canoni che richiamano in parte il movimento artistico del Simbolismo. Non parlo del classico simbolismo di Moreau ma vorrei sottolineare come sia importante l’”idea” concepita come protagonista dei quadri di Alderucci e come elemento di incontro tra variepercezioni, sia materiali che più spirituali. L’arte pittorica di Alderucci è molto raffinata, e si contraddistingue per un’aurea artistica che rapisce l’osservatore. Il suo percorso artistico è molto ricco di partecipazioni ad importanti collettive ed eventi di notevole rilevanza e ciò dimostra che la sua arte è molto apprezzata sia dagli addetti ai lavori che dagli appassionati. Alcune opere di Alderucci testimoniano come continuamente il suo “io” si sovrapponga a pensieri differenti talvolta più drammatici, altre più solari. Si creano dunque simbologie geometriche create trascendendo la realtà e immergendo la propria anima in un vortice di forme scomposte, che richiamano soggetti come la casa, la matita, un profilo di un uomo. Dunque la sua arte s’ispira ad una visione informale ove i simboli sopra citati captano sentimenti contrastanti che assumono un significato talvolta psicologico, molto amplificato dalle personali emozioni. Nascono particolarità che rimandano ad idee già presenti nell’animo del pittore e che vengono raffigurate perseguendo una singolare creatività che fa nascere differenti trasposizioni. La sua pittura percorre a volte sentieri informali che sono precursori di un mondo esterno guardato con occhi diversi, con il desiderio di raccontare un viaggio molto profondo. L’opera dal titolo “Dove la notte e il giorno si abbracciano senza fine” rivela la capacità di Alderucci di entrare nelle
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parti più recondite dell’animo e riportarne i segni per mostrarli al pubblico. Sussiste una composizione segnica e cromatica ove risalta un’elaborazione molto raffinata che evidenzia un’autorevolezza tecnica importante. La qualità artistica della sua ricerca può essere considerata un mezzo per estrinsecare un messaggio più nascosto e innalzarlo ad una dimensione sublime. Le matite, le barchette di carta proposte dall’artista nei suoi più recenti lavori, si manifestano come segni di un universo di disarmante semplicità, sono le testimonianze di un passato, le tracce di quell’uomo faber che rappresentava attraverso la sua operatività manuale, l’ancestrale pulsione umana al conoscere attraverso l’esperienza. Il modello conoscitivo contemporaneo passa attraverso una percezione virtuale della realtà, la simulaziome elettronica esclude le mani dal processo dal fare e produrre. L’artista propone la matita come simbolo e archetipo, il medium tra l’immaginazione e l’azione creativa.
FRANCO BOLZONI e-mail: info@francobolzoni.it sito: www.francobolzoni.it tel. 349.23 44 880 Diplomato al liceo artistico di Torino nel 74, un po’ di Accademia, un po’ di Architettura e tanta pittura. Nel 1977 inizio ad occuparmi di illustrazione e di grafica come free lance e come art director in importanti agenzie pubblicitarie. Nel 2006, riprendo la mia ricerca artistica, i primi studi, i primi tentativi, le prime garze colorate. Sono nati così i primi oggetti mummia, oggetti d’uso comune come una bottiglia, un libro, una fetta d’anguria, oppure animali, animali che mantengono la loro forma, la loro struttura, animali “vivi” che a tratti emergono dalle fasce che li avvolgono e li costringono. I curiosi e intriganti quadri mummia di Franco Bolzoni. Formatosi al Liceo Artistico, ha lungamente lavorato nel campo dell’illustrazione e della pubblicità come art director dell’agenzia Armando Testa, mentre alla fine degli anni Settanta ha allestito una personale alla Galleria Quaglino di Torino con opere classicamente figurative. Ora la sua esperienza si identifica con una ricerca intorno alle mummie, a un universo di immagini celate dalle fasce, a una realtà negata all’osservatore, ma sicuramente misteriosa e, talvolta, sottilmente inquietante: «Rappresentare un oggetto qualsiasi - suggerisce il pittore - da un animale ad una fetta d’anguria, senza mostrarlo nei suoi colori, nelle sue superfici e materiali, apre ampi spazi di libertà...». E’ la libertà dell’immaginazione che unisce la forma di un pesce verde a quella di una bottiglia blu o di una tazzina arancio. Così le scarpe dal colore oro, i sassi grigi, una stilografica e un libro aperto avvolto con strisce di tela, diventano altrettanti capitoli di un racconto che si snoda sulle pareti della galleria in una sorta di percorso tra immaginazione, sogno e affiorante struttura degli oggetti. In particolare, le composizioni di Bolzoni possono essere viste e «lette» come quadri-sculture estremamente essenziali, nitidi, caratterizzati dall’impiego del colore acrilico e dal
poliuretano per formare l’immagine: «Desidero che in qualche modo siano vissuti ancora come veri e propri quadri e cerco più che altro il gioco, l’ironia, il divertimento anche a rischio di apparire ingenuo». Non solo gioco. Perchè tra le opere esposte si nota l’opera «Aviaria gallina rossa»: un documento dell’angoscia che ha coinvolto la popolazione mondiale. Angelo Mistrangelo La Stampa 17-12-2007
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ENZO BRISCESE e-mail: enzobriscese6@gmail.com sito: www.galleria-ariele.com tel. 347.99 39 710 Affiorano lacerti della memoria, nella pittura di Enzo Briscese. Affiorano, innanzitutto, la figura e la storia. E, di conseguenza, affiorano i miti e la filosofia, attraverso la rappresentazione figurativa della persona. E poi emergono, anche, codici numerici: assegnati a un immaginario fantastico (di forte potenza evocatrice in senso archetipale) e a progressioni algebriche che appaiono, in alcune circostanze, del tutto casuali - tuttavia, pur sempre, armoniche - e in altre situazioni rispondono, invece, a un calcolo preciso, sembra quasi desiderato, certamente ricercato, da parte dell’artista, il quale è come se avesse tutto prefissato dentro di se, nel suo immaginario e nel suo inconscio. Insomma, è come se le sequenze geometriche dei cerchi, dei triangoli e dei rettangoli- che l’artista crea sul piano
di mettere insieme la figura e l’espressione astratta di un’idea. E poi, anche, nella sua abilità di far convergere la forma in un “tutto armonico” dove c’è spazio per il segno, per la linea e per il colore. Rino Cardone
prospettico dell’opera – rispondano a un preciso apparato geroglifico, tutto suo, che racconta: sia la complessità del pensiero razionale e sia l’insostenibile leggerezza dell’individuo, attento a voler manifestare la sua fantasia e la sua immaginazione. E poi compaiono, pure, nei dipinti di Enzo Briscese: segni e simboli che sono descrittivi, in qualche misura, dello spazio sociale e relazionale, abitato dall’individuo contemporaneo. Da altri dipinti emerge, per di più, un urlo. È l’urlo di un individuo che pone come epicentro, ideale, della sua condanna sociale, la ruvidezza del nostro tempo. Un tempo che conosce solo l’inquieta complessità del vivere quotidiano; dentro spazi architettonici che sono chiusi, a filo di refe, in una dimensione urbana che stringe, che soffoca e che opprime. Una realtà, insomma, che è comunque da condannare e da mettere da parte, ricorrendo al sistema dell’immaginario fantastico: a tratti, ludico, giocoso e disimpegnato e a tratti, invece, serio, greve, misurato e continente. La forza visionaria di Enzo Briscese sta in tutto questo. Sta nella sua capacità
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MIRELLA CARUSO mail: mire.caruso@gmail.com website: www.mirellacaruso.com tel.: 339.36 56 046
Mirella Caruso è nata a Sciacca, luogo di atmosfere mediterranee che l’ha sempre ispirata nei suoi dipinti. Si è laureata in Giurisprudenza dedicandosi all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche. Trasferitasi a Torino ha approfondito i suoi studi di arte pittorica, a lei particolarmente cara, seguendo i corsi dei maestri Gian Cravero, Titina Alacevich e Dino Pasquero. Ha ottenuto piazzamenti d’onore in concorsi nazionali e internazionali; ha sviluppato nel corso degli anni, in contrapposizione all’arte digitale, una pittura materica, facendo uso anche della spatola al fine di dare dinamicità e vibrazione ai suoi quadri. Nel suo percorso artistico è da citare la mostra collettiva a Mestre-Venezia presso l’atelier 3+10. Ha inoltre allestito una personale a Firenze nella Galleria Centro Storico, dove le è stato conferito il premio alla carriera. Tra le altre personali quella di Sciacca al Circolo di Cultu-
ra e la mostra al Container Concept Store di Torino. Ha inoltre preso parte a rassegne artistiche a Villar Perosa, Pescara e Torino, dove ha esposto nell’ambito di diverse collettive allestite alla Promotrice delle Belle Arti. Pubblicazioni: schede informative all’interno di ‘Arte Nuova’, Giorgio Mondadori Editore. Pubblicazione quadri sulla rivista ‘Arte’, Editore Mondadori. Pubblicazione quadri su ‘Il catalogo dell’Arte Moderna n. 53 – Gli artisti dai Primi del Novecento a oggi’, Editore Mondadori. Menzione sul volume ‘La donna nella storia dell’arte’ di G. Nasillo, Edizione Pentarco. La critica d’arte D’Isanto ha evidenziato la sua innata sensibilità artistica come “poesia su tela”.
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LORENZO CURIONI e-mail: curionilorenzo@tiscali.it tel. 340.97 24 174
Lorenzo Curioni, pittore brianzolo, intesse sulla tela un profondo rapporto tra l’uomo e lo spazio, una relazione per lo più giocata nell’habitat urbano dove la presenza umana traccia la sua storia e si affaccia facendo sentire i diversi ritmi della sua quotidianità o impregna di sé attraverso i segni del suo passato con cui ha imparato da sempre a coabitare. L’artista dipinge questa realtà complessa, ne conosce luci ed ombre. Inoltrandosi nelle sue periferie, facendosi largo tra gli interni dei suoi angoli più degradati od occhieggiando i luoghi deserti delle sue fabbriche dismesse si rimane catturati ascoltando il silenzio che ci investe e ci avvolge in un’atmosfera intrisa da questo inquieto legame uomo-spazio. Sono opere senza retorici rimpianti che ritraggono un mondo trascorso di intensa vita vissuta. Il novecento lombardo, con la sua rapida industrializzazione, ha lasciato un ricco bagaglio di fermenti, testimonianze, e nondimeno di arte, che arriva fino ai nostri giorni e con il quale il terzo millennio fa i conti. I pietrificati silenzi dei paesaggi urbani sironiani, le irrequietezze chiariste, i disagi e le speranze, che si vissero nell’epoca dell’inurbamento, si ritrovano in quella tradizione lombarda di cui Curioni porta i segni, naturalmente ormai lontani e rivisitati. In queste aree, che l’artista ricrea,viene tratteggiata la fine irreversibile di un’epoca e nel contempo ciò che appare in questa prima parte del terzo millennio: infatti gli spazi periferici , seppure anonimi, rivendicano una loro attuale
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identità collettiva, rivelano un loro modo d’essere all’interno di una tavolozza chiara fra gamme di grigi e celestini, terre tenui aranciate od ocracee, luci pacate e soffuse. I contorni delle cose sono leggeri, spesso al limite dell’accenno, mentre i piani cromatici si susseguono in profondità all’interno di una composizione di rigorosa coerenza. Da questi suoi quadri si esce con la sensazione di aver compiuto un viaggio fra i resti di un passato in via di sfaldamento e l’opera avvia il fruitore ad una riflessione quasi d’obbligo su quei luoghi intravisti chiedendosi quale fisionomia potrebbe avere un recupero dignitoso. La centralità del rapporto fra l’uomo e la macchina si è spostata altrove, in zone di altri quartieri dipinti dall’artista. L’arte di Curioni racconta l’uomo e il suo operato e vi affonda profonde radici ed è proprio questo che permette all’artista di sottolineare con continuità e fresca immediatezza l’attualità dei suoi paesaggi urbani. Sono scenari racchiusi da una sobria luce, tratteggiati con sottile lirismo e mossi da un’evocazione quasi magica.
FRANCESCO DI MARTINO e-mail: fp.dimartino@yahoo.it sito: www.facebook.com/francesco.dimartino.12382923 tel. 340.66 88 690
L’argilla è la protagonista dell’arte di Francesco Di Martino: è un materiale antico, espressione della storia dell’uomo fin dalle origini quando egli ne verificò la adattabilità ad un uso pratico per la vita, e non solo questo, ma ne verificò anche la sua potenzialità estetica. Una passione, quella di Francesco Di Martino, coltivata fin dalla giovinezza a Caltagirone dove frequenta il locale Istituto d’Arte e impara gli elementi base delle tecniche di lavorazione della materia,. Alimentata da anni di pratica e di sperimentazioni, la passione gli consente col tempo di acquisire quelle competenze necessarie per ‘andare oltre’ l’oggetto decorativo.
Ma la vera svolta avviene a Torino, seguendo il corso di Scultura dell’Accademia di Belle Arti: da qui nasce in Di Martino non solo una nuova consapevolezza delle sue stesse possibilità creative ma anche viene a definirsi in lui il senso vero e proprio della scultura, la sua logica strutturale,.Intanto non rinnega la scelta per la creta, materiale che diventa strumento per un messaggio contemporaneo e poi comincia ora a cercare i suoi temi nella natura, tra la figura umana e gli animali. Sente il bisogno di ridurre le forme, di sintetizzarle e quindi prende a lavorare per sottrazione allo scopo di eliminare ogni elemento ornamentale in eccesso, che possa disturbare la lettura compatta e essenziale delle masse e delle forme stesse. E, per questo, gli viene in aiuto la geometria che gli consente di riassumere la complessità della realtà in forme elementari, primarie, (cerchi, sfere, tronchi di cono, triangoli…). E’ in un certo senso lo stesso processo intuito dai minimalisti, verso la metà degli anni ’60, per ribellarsi all’esuberanza della pop Art . . Ma sono passati decenni dal minimalismo, non avrebbe più senso riproporre quel medesimo linguaggio: infatti le sculture di Di Martino acquistano una nuova moderna vi
talità. Nascono dunque i cavalli, i tori, gli elefanti, i gufi, gli stambecchi, i tucani, le rane …. figure cariche di simbologia antica, che sembrano uscite da un immaginario mondo mitologico, liberamente dipinto, quasi surreale. Verso la metà degli anni ’80 Francesco Di Martino frequenta un gruppo di artisti interessati alle ‘sculture sonore’: essi dotano le loro opere ceramiche di un apparato sonoro, di modo che, soffiando in un foro predisposto, l’aria si metta in moto nell’interno cavo, e ne fuoriesca emettendo un suono. . Così, interessato e incuriosito, Di Martino comincia a rendere ‘sonore’ anche le sue sculture e comincia a collaborare con il comune di Moncalieri dove nel frattempo si è aperto il primo “Museo dij Subièt” e dove periodicamente si tiene la “Fera dij Subièt”. Nasce da qui un panorama ricchissimo di animali colorati che tutto sembrano, a prima vista, fuorché fischietti. Perché sono veramente sculture, anche abbastanza grandi, equilibrate negli incastri delle masse e nel gioco tra concavità e convessità . Va dunque sottolineato il carattere sperimentale di tutto il percorso di ricerca dell’artista siciliano, che è riuscito a coniugare i contenuti e il linguaggio dell’arte ufficiale con quelli più spontanei e genuini dell’arte della tradizione popolare. Paola Malato
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FRANCO ERRENI e-mail: franco.erreni@libero.it sito: www.francoerreni.it tel. 347. 11 89 886
Nato a Milano nel 1952, ha ereditato dal padre Sergio la passione per la pittura iniziando sotto la sua guida ad usare colori ad olio. Diplomato perito meccanico nel 1971 ha continuato, nei ritagli di tempo, a dipingere, cercando valide alternative al classico paesaggio a cui lo aveva iniziato il padre. Nel 1989 frequenta il corso di disegno, pittura e Storia dell’Arte organizzato dal Comune di Gorgonzola e tenuto dai maestri Loris Riva e Giorgio Carlassara, che è rimasto in ottimi rapporti col pittore.Nel 1991 vince il primo premio all’esposizione concorso della “Biblioteca Popolare del Volontariato” di Cernusco sul Naviglio. Dal 2008 al 2013 ha frequentato corsi di pittura e corsi di disegno dal vero presso la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA). Nel febbraio 2010 partecipa alla collettiva “Spaccato artistico 2010” organizzata dalla Galleria Ariele di Torino. A settembre dello stesso anno presenta le sue opere in una
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personale presso “Art e Caffè” di Trezzo sull’Adda. Nell’aprile 2011 partecipa, con i colleghi del NABA, all’esposizione collettiva “ Insoliti Percorsi”, presentando una serie di disegni realizzati con gessi Contè. Nel Maggio 2014, 2015 e 2016 ha partecipato alle collettive “Martesana” in Vaprio organizzate dal Lions Club. Nel 2014 e nel 2016 ha partecipato a collettive organizzate da “Galleria 20” di Torino. Nel 2015 è stato selezionato dallo storico e critici d’arte Dott. Giorgio Grasso per partecipare alla mostra collettiva internazionale, da lui curata, dal 2 Maggio al 31 Ottobre 2015, presso la centrale idroelettrica di Trezzo sull’Adda, in concomitanza con EXPO Milano. Nel Maggio 2016 ha partecipato alla collettiva “Contemporanea Ovest” presso la Galleria “Antonello da Messina” a Legnano (MI). Da due anni a questa parte ha cominciato a dedicarsi alla scultura.
GINA FORTUNATO e-mail: ginaeffestudio@alice.it sito: www.premioceleste.it/Gina.Fortunato tel. 349.84 49 227
Gina Fortunato nasce a Spinazzola, in provincia di Bari, nel 1964. Fin da giovanissima ha sviluppato la sua naturale predisposizione per il disegno, ma con lo scorrere del tempo ha maturato la convinzione che l’arte va sperimentata in tutte le sue forme. Per approfondire la conoscenza delle molteplici forme d’arte si iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Bari, dove lo studio approfondito delle varie discipline l’hanno portata a perfezionare il disegno, l’equilibrio formale delle composizioni, lo studio e l’analisi del colore e le varie tecniche pittoriche, plastiche e scenografiche.
difficoltosa quale l’affresco. Colorista raffinata e sensibile, capace disegnatrice, alterna tecniche diverse in composizioni ben studiate ed equilibrate. Artista estrosa ed eclettica, esprime in diverse forme figurative i suoi linguaggi pittorici: dal ritratto al paesaggio, dalle composizioni di invenzione alle “nature morte”, fino a raggiungere uno stile personale di tipo astratto dove trova, con estrema convinzione, una dimensione totalmente confacente alla propria personalità.
Le diverse matrici della pittura figurativa europea sono state indubbiamente la sua fonte di ispirazione. Le prime opere della stessa, infatti, già ad un primo esame, denotano una ispirazione classica, insegnamento e base fondamentale nelle scuole d’arte e accademie di belle arti di anni addietro. Se oggi nelle scuole artistiche prevalgono indirizzi più sperimentali, finalizzati alla conoscenza dell’avanguardia contemporanea, è indubbio che per chi, come la FORTUNATO abbia voluto improntare un lavoro figurativo prettamente pittorico - decorativo, lo studio della tecnica classica tradizionale è di fondamentale importanza. Nei primissimi tempi del suo percorso artistico, Gina ha lavorato molto eseguendo elaborati in locali pubblici e privati: esecuzioni pittoriche impegnative soprattutto se eseguite con una tecnica complessa e
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ELISA FUKSA ANSELME e-mail: elisa.fuksa-anselme@orange.fr Sito: www.elisa-fuksa-anselme.com tel. 06 85 29 72 13
Elisa Fuksa-Anselme è nata a Parigi nel 1951. Vive e lavora a La Fontanette, in Savoia. Associate, Doctor in Plastic Arts, trasmette la sua passione insegnando fotografia fino al 2011 come Docente presso l’Università di Belle Arti, Paris I, Panthéon-Sorbonne. Oggi si dedica interamente alla sua pratica artistica, dove unisce i suoi interessi in fotografia e pittura. Dal 1980, ha esposto il suo lavoro di fotografa, e più recentemente la sua ricerca plastica in cui la nozione di memoria deriva da cliché fotografici e trame pittoriche. Alcune date: 2012 “Al crocevia” Spazio culturale di Saint-Jean-deMaurienne, Savoia. “La gente da qui” Ufficio del turismo Les Bottières, Savoia / 2011 “Persone” MAA Parigi. Fiera del libro di Hermillon, Savoia / 2006 e 2005 Extraordener, Parigi / 2005 “Immagini dall’alto” Grande salone dell’antico Eveche di Saint-Jean-de-Maurienne, Savoia.
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Collezione pubblica: Sous-Préfecture di Saint-Jean-deMaurienne, 2005. Ordine pubblico: Municipio di Saint-Jean-de-Maurienne, 2013. Edizioni-pubblicazioni, alcuni titoli: 2012 Mostra catalogo “All’incrocio” / 2011 Collaborazione a “L’atelier du regardeur” http://expositions.museedelaphoto.fr / 2001 “Double-view” / 1998 “Clichés pour mémoire “. Sito web dell’artista: http://www.elisa-fuksa-anselme.com
GIULIO GAMBERUCCI e-mail: gamberucci.giulio@alice.it sito: www.premioceleste.it/giuliogamberucci tel. 340.56 83 133
Paesaggio RGB1
Rivela la figura e il paesaggio iperreale, e poi sembra anticiparne la scomposizione, in una caduta appena accennata di gocce “dripping”, o in spatolate più dense di colore, ma anche di non-colore, vere portavoce di un dramma ignorato nel virtuale del quotidiano. Vedute post industriali o volti in primissimo piano, la pittura di Giulio Gamberucci, sembra confrontarsi, con eleganza, maestria e con un profondo senso del proprio tempo, con il ricorrere lirico e inarrestabile del vero protagonista: il vuoto. L’allestimento espositivo è in scala di bianchi e di neri, fino alla totalizzazione sfumata del grigio, coinvolgente per l’impatto rocambolesco della dinamica interna delle opere e nell’ipnotizzante pannello installativo dei volti reiterati di “vuoti a perdere”. Maschere irreversibili, causa ed effetto di una “retrostante” voragine interiore.
Il paesaggio “atteso” non ha solarità. E’ sublime, ma crepuscolare in una luce post-bellica, allietata da qualche sintetico riverbero remoto, o dalla freccia familiare e a prima vista rassicurante del tasto “play” di un video, che ne attualizza anche il codice di comunicazione. Forse chiave interpretativa di tutta l’esposizione, il web esplicitato o sotteso, è amplificato nei suoi effetti perversi e finali sul passato recente e già improvvisamente remoto e simbolico. Pittore del silenzio come Hopper, Gamberucci restituisce gli effetti post ‘post moderni’ di un ambiente sintetico che sgancia le emozioni dall’immedesimazione reale ed empatica della sofferenza. Un grande spettacolo, ma con una grande assente: l’anima. Elena Capone
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DOMENICO LASALA e-mail: lasaladomenico@virgilio.it tel. 320.93 21 564 “Pittura, scrivere la vita” (greco antico) Per Domenico Lasala la rilettura degli antichi classici e lo studio degli ulteriori passaggi artistici avvengono alla luce degli sviluppi internazionali contemporanei. Ne deriva un’interpretazione personale in cui le ambientazioni all’aperto e gli interni colpiscono per la loro essenzialità: i paesaggi rammentano vagamente il rigore dell’ultimo Carrà e le architetture urbane fanno pensare alle solide costruzioni sironiane, ma il tutto si presenta come un fondale cristallizzato in una struttura arcaica da cui, da un momento all’altro, si possono dischiudere delle quinte teatrali. I personaggi, enigmatici alla stregua di quelli di Piero della Francesca e torniti secondo l’insegnamento masaccesco, si inseriscono in una ritmica di incastri senza tradire emozioni, offrendosi come figure topiche, spesso sotto le sembianze di musici e cantori. Non è da dimenticare che la musica nella trattatistica classica possedeva uno spessore sapienziale in seguito smarrito e l’artista evoca, quasi fosse un magico antidoto, questo antico e vitale collante sociale per farne dono ad un mondo pervaso da un’anonima e drammatica frenesia.
musici - 2011 - olio su tela - cm50x40
nel mistero di un mondo di vibrante marca razionale, lontana da razionalismi e da languenti aridità semantiche e di sentimento. Di certo è facile cadere in ingenue nostalgie e mitizzazioni del passato. Così pure mi pare distruttivo abbarbicarsi ad un sogno lontano alla ricerca di una storica ripetizione tra l’apollinea luce della ragione e la dionisiaca ebbrezza, con una disperante ricerca nietzscheana. Al di là di formule perfette, restiamo in questo difficile presente senza però privarci della suggestione che “il bello”, in senso pieno, ci lascia trapassare silenziosamente per mezzo dei secoli. Già così fece, a suo modo, il quattrocento che Domenico Lasala guarda con occhi particolari. Su questo fascino influisce, credo, anche quella luminosità cromatica che vivifica la prospettiva e che intride spazio e tempo di colori intensamente puri, saturi e magnetici, così come sono stati scoperti nei restauri. La tavolozza lasaliana evoca la limpidezza di quella atmosfera colorata e i suoi luoghi e le sue stanze animate, ci trasportano in scenari, oppure in ambienti, dove suoni, danze, rapporti, perfino il sonno, non vengono sbarrati da mura di solitudine. e figure umane del pittore emergono tramite un leggero chiaroscuro; non ci sono ombre portate e lo spazio diventa “assoluto”, percorso da una sonorità silenziosa. Giovanna Arancio
le musiciste - 2011 - olio su tela - cm50x40
Quando si accenna alla musicalità antica come parte integrante del corredo sapienziale vanno sia ricordate le sue origini razionali che legano la bellezza con l’armonia, la misura , l’equilibrio, la perfezione e l’ordine sia non possono essere passate sotto silenzio le profonde radici del pathos che apporta all’insieme tono e vigore grazie alla forza espressiva e drammatica che lo costituisce. Intuire questo nesso che alimenta la cultura antica, animandola con una sua saggezza di verità vuol dire avvicinarsi alla comprensione della natura complessa che sostiene la potenza di quell’arcaica e vitalissima filosofia del bello. Le arti ne fanno parte esternandosi in una esperienza collettiva, al contempo ricca di contrasti ammessi e ricomposti, tragici e coreutici, intensi e catartici nello stesso tempo. La dismisura, anche il caos ha un suo senso, nella magia e
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il musicista errante - olio su tela - cm30x40
MARCO LONGO e-mail: longo.m@aruba.it sito: www.premioceleste.it/marc.longo tel. 339.26 69 414
Marco Longo è nato a Torino il 27/11/56. insegna disegno e pittura presso lo studio” Ricerche Visive di Torino”in via Giulia di Barolo 12 Diplomato al liceo artistico, ha frequentato l’Accademia Albertina, diplomato alla “scuola Internazionale di
grafica”a Venezia. Dal 1978 al 1994 fa parte della cooperativa “arti visive “di Torino. Partecipa a numerose mostre personali e collettive. Nel 2004 riceve il 1° premio concorso pittura “Città di Novara”
Marco Longo con somma poesia crea i suoi riflessi di strada: periferie e scorci della città raccontati attraverso i riflessi dell’acqua. Sono luoghi luoghi urbani e periferie dai viali alberati solitari completamente infradiciati dalle piogge, dalle strade asfaltate e bagnate percorse da sparute automobili che ordinate viaggiano con le luci accese. L’acqua crea un mondo riflesso, un mondo doppio dove i lunghi filari di alberi lungo il ciglio delle provinciali si riflettono silenziosi sull’asfalto ed i guard rail e i palazzi inseguono il procedere delle automobili. È una realtà fatta di pioggia e di umida consistenza, in cui la presenza umana è solo suggerita dalle automobili. E poi i suoi palazzi che Longo ritrae in primo piano e che con le loro vetrate raccontano il mondo circostante. Sono città riflesse. In questa realtà quasi monocromatica, dove lo sfondo sembra sfumarsi con l’incanto della memoria e il grigio diventa colore dominante, l’artista taglia l’orizzonte e il cielo, che si vedono solo nei riflessi delle pozzanghere e delle vetrate. Con sottile malinconia ci immerge nella poesia dell’acqua e della memoria, della strada e della silenziosa ed ordinata umanità che vive le periferie delle città. Emanuela Fortuna(catalogo Urban Soul Exibition Projet 2014 10-25 Maggio Novara)
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SANTO NANIA e-mail: santonania574@gmail.com sito: www.santonania.it tel. 333.39 89 131
Santo Nania, pittore di formazione figurativa, ha frequentato il Liceo Artistico e la scuola d’Arte del Castello Sforzesco di Milano, ha sempre trattato immagini che emozionalmente sentiva di rappresentare, con l’associazione di tecniche e valori di ricerca che accompagnano la sua scelta di vita, cioè quella di vivere questo mondo misterioso che è l’Arte con lo studio e la ricerca che porta a valorizzare quei valori di interpretazione che danno all’Artista un DNA individuale.Il Pittore Santo Nania è Presidente e Insegnante di Disegno e Pittura presso l’Associazione creata da lui nel 1980 e denominata “Antonello da Messina”, in memoria del grande pittore Siciliano, con sede in via Della Vittoria, 44 a Legnano, con scopi e finalità culturali.Negli ultimi 25 anni ha scelto di percorrere la Pittura Informale, come mezzo di espressione e di interpretazione altamente individuale, dove la propria libertà interiore viene messa in risalto dal segno, dal gesto e dalla ricerca coloristica che ogni volta riesce a mimetizzare il tuo stato d’essere. Valorizza sapientemente gli spazi tonali, con attenta valutazione sugli equilibri e stabilità dell’opera. Ogni intervento gestuale scandisce la disposizione della formazione del dipinto, per creare quella giusta sintonia tra materia e spiritualità. Osservare un’opera informale non per capire ma per scoprire un nuovo mondo interiore capace di trasmettere emozioni.
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UMBERTO SALMERI e-mail: umbertosalmeri@virgilio.it sito: www.premioceleste.it/artista-ita/idu:2550/ tel. 389.20 07 013
Umberto Salmeri vive e lavora a Roma. Dopo aver vissuto le prime esperienze nell’ambito del neoespressionismo e dell’informale, si è orientato per una esigenza spirituale verso i Maestri del Due-Trecento, sviluppando in modo del tutto personale un concetto pittorico di carattere neometafisico. Successivamente rivolge il suo interesse all’elaborazione informatica dei dati visivi, mixando tecniche digitali con tecniche tradizionali (olio e acrilico su tela). Negli ultimi tempi si registra nella sua opera un ritorno, seppur rielaborato dal linguaggio digitale, alla tematica mistico-psichedelica dei primi anni ’90. L’autore peraltro è stato sempre impegnato nello studio delle dottrine orientali ed esoteriche ed al riguardo ha pubblicato nel passato un opuscolo con le Edizioni Serarcangeli intitolato “La Compagnia dei Siderali”. L’operetta è stata anche divulgata personalmente tramite YouTube sull’apposito canale “umbsalmeri01”. Esteriorizzare con le parole quello che si prova ascoltando un brano musicale è forse descrivere troppo freddamente quella pioggia di calde emozioni che ci investono, ma rappresentarle con dei colori ed un pennello è prolungare ancora per un attimo quel piacere così effimero. Questo ha fatto Umberto Salmeri, giovane artista romano, in queste tele ispirate a brani musicali di gruppi pop-rock degli anni sessanta. J. Hendrix, Cream, Pink Floyd, Vanilla Fudge, Iron Butterfly, tutti gruppi di grande successo e non
ancora tramontati per l’attualità dei loro testi e labellezza coinvolgente della loro musica. Musica che a tratti è violenta, risoluta, rivoluzionaria ed a tratti è carezzevole, inti ma, proprio l’espressione degli anni sessanta, anni di gran di capovolgimenti nella ricerca della libertà in tutte le sue forme, in un disperato bisogno di spazio e di espressione. (Dalla Mostra “Cinque Fiori Psichedelici” testo critico a cura di Lorella Giudici)
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RENZO SBOLCI e-mail: racconti47@hotmail.it tel. 340.25 43 732
“Se Ingres ha posto ordine alla quiete, io vorrei, al di là del pathos, porre ordine al movimento”. Ernst Paul Klee, grande interprete dell’astrattismo, intendeva l’arte come un preciso discorso sulla realtà, e non solo come “riproduzione” della realtà. Questo pensiero nitido e complesso, assolutamente sincero, è la via che Sbolci percorre da sempre. Abbandonate le tele e gli oli, ha trasportato il suo mondo, o meglio, la sua visione del mondo e della realtà coniugata attraverso l’astratto, sulla tavola lignea, sagomata e lavorata come fosse materiale plastico. Forandola come fece Fontana con le tele, muovendone bordi e superfici interne alla ricerca della plasticità, non stando nella volumetria di un Mastroianni ma cercando quel connubio tra pittura e scultura e rapporti dimensionali che fanno divenire le sue opere e i suoi Totem una “terza via” espressiva. L’olio ha lasciato il posto al pastello e alla matita acquerellabile, utilizzati con maestria e leggerezza, con intensità o delicatezza, e con un risultato astratto e di profondità di segno molto interessante.
La matericità ha lasciato posto a campiture di stratificazioni cromatiche leggere che senza spessori arrivano a evidenze coloristiche anche intense quando non urlate, oppure al contrario molto tenui, e in ogni caso sempre elaborate in modo astratto. Le definizioni e le separazioni delle campiture cromatiche nette, effettuate con tratti neri o molto scuri sia abbozzati che marcati, i volumi ascritti a piani di composizione e di lettura, l’iterazione di segni e segmenti, la successione di linee curve e spigolosità, le alternanze di gamme estese di cromie: tutto contribuisce a restituire profondità e dinamismo alle tavole senza mai perdere di vista ricerca e riproposizione della personale interpretazio
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ne dell’astratto che Sbolci persegue. Al fruitore le opere di Sbolci offrono così uno straordinario risultato di lettura, che vede sviscerato ed esaltato tutto il senso della ricerca di quel “movimento ordinato del caos” e il dialogo che l’artista compie nell’incontro-scontro tra pieni e vuoti, tra assenza e essenza, tra interno ed intorno. Un dialogo sentito e profondamente vissuto e sofferto, ma esposto in maniera gioiosa, “danzando” sulla tavola lignea come a volteggiare sul palcoscenico della realtà. Un confronto teso e costante, sincero e colmo di domande sulla realtà che lo circonda o che lo colpisce e sulla Vita nell’accezione più vasta del termine, con spunti improvvisi, riflessioni, punti interrogativi, dubbi che Sbolci esprime con sincerità, sdrammatizzando con la sua ironia toscana le brutture, e in definitiva materializzando in Arte il suo personale pensiero di Uomo ed Artista. Torino, il 25-01-2018 Michele Franco
TOSCANA
L’anno della Madonna del Sole e di Michelangelo Buonarroti di Lodovico Gierut
Alberto Bongini, Omaggio alla Madonna del Sole, t. mista su carta cm 70x50, 2018
Renzo Maggi, Da Michelangelo. Cristo, carboncino su carta Magnani cm 44,7x44,6, 2018
Gianni Dorigo, Il tormento e l’estasi, t. mista su carta cm 70x50, 2018
L’avevamo preannunciato poco tempo fa: la Versilia, anche tisti Alberto Bongini, Marzia Martelli, Tano Pisano, Giocon la centralità di Pietrasanta, cioè a dire uno dei punti di vanni Balderi). Per tale mostra è in programma a fine agodiamante della Toscana dell’arte, avrà gli occhi puntati ad- sto un’asta benefica che verrà guidata dall’On.le Massimo dosso per l’intero 2018 partendo perentoriamente da mag- Mallegni. gio, soprattutto grazie a due eventi, così è giusto definirli, e cioè un grande “Omaggio alla Madonna del Sole” (dato Per le celebrazioni michelangiolesche è stato costituito un che è la Patrona di Pietrasanta, con riferimento ad una an- Comitato scientifico composto pure da elementi dei quattro tica immagine devozionale contro le antiche pestilenze e le Comuni della “Versilia Medicea” (come sopra riportati): piogge) e una serie di iniziative connesse alle celebrazioni per l’intero 2018 e sino a tutto il 2020 si terranno convegni dei cinquecento anni da quando, nel 1518, Michelangelo e mostre di vario tipo. Nel tutto sono inserite esposizioni Buonarroti firmò alcuni contratti per l’estrazione del mar- a fine maggio a Pietrasanta – nel corso di Pietrasanta Film mo dalle Apuane ‘versiliesi’. Festival, a carattere internazionale – a Marina di PietrasanPer ciò che attiene la Madonna del Sole, celebrata per via ta, Seravezza, Stazzema, con futuri momenti artistico-culdel 150° anniversario dell’incoronazione ufficiale avvenu- turali a Montignoso, Massa, Montecatini Terme e in altre ta nel 1868, non ci saranno solo quelle a carattere religioso zone. Anche qui, compresi in una grande pubblicazione/ – alle quali hanno già aderito alti Prelati di Pisa, Massa e documento che avrà pure un saggio di Marilena Cheli ToArezzo – ma anche concerti di musica all’interno del bel- mei dedicato alle Lettere e alle Rime di Michelangelo, salissimo Duomo di San Martino, con svolgimento anche ranno protagonisti oltre cinquanta artisti tra cui Giuseppe di una “Giornata del malato” a cura dell’U.N.I.T.A.l.S.I., Carta, Yoshin Ogata, Hu Huiming, Gianni Dorigo, Luciano come pure conferenze di Cristina Acidini, Anna Guidi, Lu- Massari, Francesco Cremoni, Renzo Maggi, Massimo Faigi Santini, Giovanni Paolo Benotto, ma non mancheranno cheris. collaborazioni con i Comuni di Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e Stazzema positivamente coinvolti da un Comitato promotore guidato dalla Parrocchia di Pietrasanta e dall’Istituto Storico Lucchese Sez. Versilia storica. Oltre ad un convegno ““A peste, fame et bello”: Le malattie infettive nella storia e nell’immaginario”, ovvie le mostre d’arte estive: “Il bucato della Madonna del Sole”, a coinvolgere studenti di vari livelli, che si terrà nella centralissima piazzetta San Martino, e “Omaggio alla Madonna del Sole”, con catalogo a cura di Lodovico Gierut e Melania Spampinato e la partecipazione di sessanta artisti provenienti anche Massimo Facheris, Rielaborazione di un Giovanni Balderi, Madonna del Sole, t. m. su da varie Regioni italiane (tra gli ar Prigione di Michelangelo, t. mista carta Magnani cm 44,5x44, 2018
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LAZIO
L’arte contemporanea del Sudamerica ha avuto negli ultimi anni un grande sviluppo. Oltre al macro-continente brasiliano, molti degli altri paesi latini hanno visto fiorire accademie, musei e ambienti di ricerca al livello dei paesi leader del mercato dell’arte ma soprattutto in qualità creativa. La Tibaldi Arte Contemporanea diretta dal brasiliano Roberto Tibaldi inizia con questa mostra collettiva una serie di eventi espositivi ideati per far conoscere al pubblico romano, e non solo, questo mondo affascinante in bilico tra il linguaggio della modernità e i legami con la tradizione. Tra nuova figurazione, linguaggi sperimentali o astrazione, elementi comuni sono sempre un’attenta osservazione della società in evoluzione del loro continente e
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una esplosione di vita che rendono la mostra un’esperienza dei sensi. In questa prima occasione, si è volutamente cercato di mettere a confronto artisti provenienti dal Cono Sud del continente con un nucleo di artisti italiani che recentemente hanno avuto esperienze espositive in Sudamerica. Cercando quelle radici comuni che certamente si sono stabilite nel corso degli anni tra le esperienze creative dei rispettivi paesi. Dove sono forti i riferimenti alle grandi tradizioni passate ma con i linguaggi nuovi del fare creativo che accomuna l’arte contemporanea Massimo Scaringella
Tibaldi Arte Contemporanea Via Panfilo Castaldi 18 - dal martedĂŹ al sabato dalle 16:30 alle 20:00 www.tibaldiartecontemporanea.com
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UMBRIA
Cento magnifiche opere, tra cui molti capolavori assoluti, appartenenti ad una delle più antiche e prestigiose istituzioni culturali italiane, l’Accademia Nazionale di San Luca di Roma, sono a Perugia per una mostra di ampio respiro che si sviluppa tra Palazzo Baldeschi e Palazzo Lippi Alessandri, edifici storici di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia situati nel centro storico cittadino e adibiti a spazi museali. Oltre alle opere di Raffaello, Bronzino, Pietro da Cortona, Guercino, Rubens, Wicar, Hayez, Giambologna, Canova, Valadier, Balla, si possono ammirare dipinti e sculture di altri fondamentali artisti italiani e stranieri, a documentare la grande arte tra il Quattrocento e il recente Novecento. La mostra nasce dalla collaborazione tra la Fondazione CariPerugia Arte e l’Accademia Nazionale di San Luca. E’ curata da Vittorio Sgarbi e accompagnata da un catalogo edito da Fabrizio Fabbri Editore con tutte le opere riprodotte e analizzate da schede scientifiche curate da specialisti e da un testo, oltre a quello del curatore, di Francesco Moschini Segretario Generale dell’Accademia, che vi traccia una rapida storia dell’istituzione. Il progetto espositivo offre una immersione nella storia dell’Accademia Nazionale di San Luca, testimoniata in mostra da dipinti, sculture, disegni architettonici, bozzetti
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preparatori, tutti patrimonio dell’Istituzione romana. Stimolante il confronto che la mostra propone con la realtà artistica perugina ed umbra. Alcune opere appartenenti alla collezione dell’istituzione romana, infatti, non solo entrano in dialogo con altre della Collezione Marabottini esposta permanentemente a Palazzo Baldeschi - è il caso dell’artista Jean-Baptiste Wicar - ma anche con capolavori di storiche istituzioni perugine, come l’Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci. In questa sorta di viaggio artistico che da Roma conduce a Perugia per svilupparsi nel cuore cittadino, il corpus di opere dell’Accademia di San Luca - allestito nelle due sedi espositive situate entrambe in Corso Vannucci, a pochissimi metri di distanza l’una dall’altra - si snoda complessivamente in 12 sale, seguendo un ordine cronologico. Le opere esposte sono state oggetto di una vasta campagna di restauri promossa e supportata dall’Associazione Forte di Bard che le ha recentemente presentate presso la sua sede in Valle d’Aosta. La Fondazione CariPerugia Arte contribuisce alla salvaguardia delle opere stesse attraverso un sostegno per la sistemazione e ristrutturazione dei depositi dell’Accademia.
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Il percorso inizia da Palazzo Baldeschi, dove nella prima sala è possibile ammirare il Putto reggifestone di Raffaello Sanzio, affresco staccato appartenuto a Jean-Baptiste Wicar e da lui donato, opera tra le più prestigiose della mostra. Percorrendo gli spazi si incontrano dipinti di Bronzino, Pietro da Cortona, Paris Bordon, Jacopo da Ponte detto il Bassano, che convivono con terrecotte di Vincenzo Danti e del fiammingo Giambologna. Ancora per il Seicento – molto ben rappresentato nell’Accademia Nazionale di San Luca – ecco tra gli altri il Cavalier d’Arpino con la sua teatrale interpretazione della Cattura di Cristo, Peter Paul Rubens con il notevole bozzetto Le ninfe che incoronano la dea dell’abbondanza, Anton Van Dyck con la Madonna con il Bambino fra gli angeli musicanti accompagnata dal relativo disegno, Sassoferrato con l’assoluta espressione di una pittura senza tempo nella purissima Madonna con il Bambino e poi Pier Francesco Mola, Swerts, Borgianni e tanti altri.
del romanticismo italiano, Jean Baptiste Wicar, con il suo potente Ritratto ufficiale di Giuseppe Valadier, Rinaldo Rinaldi con il bel ritratto in marmo di Domenico Pellegrini, pittore amatissimo da Canova. In tempo di Scapigliatura, ecco le moderne prove di Tranquillo Cremona, un misterioso Ritratto di donna, e di Federico Faruffini, un ombroso Autoritratto. Espressione artistica del Novecento sono l’autoritratto il Contadino di Giacomo Balla, l’autoritratto del dannunziano Lawrence Alma Tadema, il ritratto dello scultore Giovanni Nicolini realizzato da Antonio Mancini. Il dipinto forse più poetico dell’intera collezione è il Ritratto di Bianca in piedi, mentre attraversa le stanze della casa, portando una teiera di ceramica: è la giovane figlia del pittore Amedeo Bocchi, morta ventiseienne nel 1934. E ancora, marmi di Antonio D’Este – che ritrae Antonio Canova - Francesco Nagni, Pietro Tenerani, Albino Candoni e bronzi di Nicola D’Antino, Francesco Coccia,
La sesta sala è un tripudio di capolavori tra i quali campeggiano la compostezza di Amore e Venere del Guercino, il mondo del visionario pittore fiammingo Jan de Momper, Pietro da Cortona, Maratti, per arrivare ad un Settecento fortemente europeista che si caratterizza per la presenza di maestri come Angelika Kauffmann, Jan Frans Van Bloemen, il pittore di marine Claude Joseph Vernet e con i prestigiosi gessi del grande scultore danese Thorvaldsen e di Antonio Canova, l’idolo che, omaggiato dalle corti internazionali, reinventa il monumento funebre e di cui è esposto un gesso di un dettaglio del Monumento a Papa Clemente XIII in San Pietro datato 1784, il tutto insieme alle due splendide vedute antiquarie del Pannini. Una delle sale è dedicata ai disegni di architettura – di cui la collezione dell’Accademia è ricchissima - tra i quali si sono stati scelti gli spettacolari progetti per un Regio Palazzo in Villa di Filippo Juvarra e il rinnovamento di Roma nei progetti del Panteon e di Piazza del Popolo dell’architetto Giuseppe Valadier. A Palazzo Lippi Alessandri i visitatori sono accolti da artisti del calibro di Francesco Hayez, artista veneziano poliedrico e innovatore autore de Il bacio, opera simbolo
Adolfo Apolloni, Attilio Selva, Aroldo Bellini e Alberto Viani a coronare un percorso che si contraddistingue per essere particolarmente autorevole dal punto di vista autoriale e iconografico e altrettanto vario per quanto riguarda le tecniche e i linguaggi artistici usati.
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MOLISE
Antonio D’Attellis Senza confini. Racconto di un’ispirazione anarchica
I quadri di D’Attellisesposti a Campobasso presso lo Spazio AXA, raccontano il bisogno incessante di mostrare sempre di più e meglio un’idea di fondo: l’imperfetta bellezza del tratto è il calco della realtà. Mentre volti e corpi mostrano ben impressi i segni della propria storia grazie ad una pittura fisica, pesante e carica di impeto, la bellezza si insinua nella resa poetica di quegli stessi segni per mostrare come la grazia risieda nell’imperfezione, ossia nell’unicità. Attraverso i visi, graffiati su materiali poveri e labili (cartone, carta, alluminio), l’artista indaga l’umanità del margine e del confine, dialogando con lo
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spettatore in un continuo gioco di citazioni e rimandi. La grande perizia tecnica e l’estro disegnativo si piegano nel documentare un racconto infinito che sublima la grande tradizione figurativa del Novecento molisano. Il più moderno dei pittori classici ed il più classico dei pittori contemporanei incessantemente scava nel segno, cercando storie e tempi, racconti dimenticati, sogni interrotti, con lo spirito dell’osservatore e del viaggiatore, silenzioso flâneur che salvaguardia minimi momenti di felicità. Spazio AXA Tipografia Lampo Z.I. Campobasso febbraio – aprile 2018
Francino “Evolution”
Lo Spazio Cent8anta di Isernia ha riaperto le porte con il vernissage dell’artista campobassanoFrancino. La mostra dal titolo “Evolution” è a cura dello Spazio Arte Petrecca, con testo critico di Carmen D’Antonino.Francesco Rizzi (Francino) è nato a nel 1971. Dopo un breve periodo espositivo a Pavia torna nel capoluogo molisano e, in seguito all’incontro con il pittore Antonio D’Attellis, decide di dedicarsi alla pittura sviluppando una ricerca legata alle trame e ai pigmenti. La sua prima personale è del 1998 mentre ha partecipato a diversi eventi tra i quali Arte Fiera di Cremona e Padova (1999), Arte-Expo di New York (2000), personale Praga (2001). Nel 2017 ha esposto in importanti gallerie in Germania e Danimarca. Vive e lavora a Campobasso. 7 – 14 aprile 2018 Spazio Cent8anta - Isernia
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MARCHE
Henri Cartier Bresson,
Mole Vanvitelliana, Ancona 8 marzo-17 giugno 2018 Robert Doisneau, Palazzo del Duca, Senigallia 29 marzo-2 settembre 2018
Due Maestri della fotografia francese protagonisti nelle Marche: Henri Cartier-Bresson e Robert Doisneau
di ENZO CARLI - Movimento Artistico Introvisione Due grandi fotografi francesi in mostra nelle Marche tra Ancona e Senigallia; alla Mole Vanvitelliana di Ancona il celeberrimo Henri Cartier- Bresson e al Palazzo del Duca di Senigallia l’altrettanto famoso Robert Doisneau. Sono fotografi che con il loro impegno e le loro capacità hanno nel loro tempo, modificato il modo di vedere e fare fotografia e certamente influenzato un’ intera generazione di fotoamatori. Una fotografia storica, documentaria, “stradale”,(ma non per questo meno mentale) quella di Cartier-Bresson espressione del momento decisivo dello scatto e l’altra di Doisneau legata alla poesia esistenziale di Parigi. Henri Cartier-Bresson nasce in una famiglia alto borghese, benestante, amante delle arti e studia pittura come allievo di Jacques –Emile Blanche, scrittore e pittore francese noto come ritrattista e poi con André Lhote, pittore e critico, tra i fondatori della Nouvelle Revue Française. Poi con l’occasione di un viaggio in Africa acquista la macchina fotografica Leica, va in Messico e negli USA studiando
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cinema con il grande fotografo e videomaker Paul Strand (autore del fotolibro ”Il Paese”-Luzzara- 1955, con il contributo di Cesare Zavattini).Sono gli anni dell’impegno politico con il partito comunista e trovandosi in Spagna comincia i grandi reportages; rientrato in Francia, catturato dai Tedeschi evade e fotografa la guerra di liberazione di Parigi dal giogo nazista. Ma è nel 1952 con il suo libro, diventato subito un classico,:”Image à la sauvette”(Verve Parigi 1952) in cui definisce quello che sarà il momento decisivo, il suo stile fotografico inconfondibile:”La fotografia è, nello stesso istante, il subitaneo riconoscimento del significato di un fatto e l’organizzazione rigorosa delle forme percepite visualmente che esprimono e significano quel fatto”. HCB, diventato una sorta di leggenda vivente, soprannominato “l’occhio del secolo” ha testimoniato con le sue immagini i drammi e i mutamenti di quasi cent’anni di storia.
Quando si parla della fotografia umanista francese si pensa(J.C.Lemagny e A.Rouille) alla poesia di quella Parigi come nostalgica evocazione di un epoca, quella della” Paris de nuit “di Brassai (1933); dei selciati umidi di pioggia, dei bistrots, dei mercati a Les Halles, dei riverberi solari, delle luci grigio-perla del mattino sui marciapiedi ammaccat,i delle vetrine decorate. Una Parigi di piccola gente, di arie di fisarmonica, ove eccellono quegli autentici poeti della fotografia che sono Marcel Bovis, Willy Ronis, Izis . Robert Doisneau di cui ricordiamo il libro: ” La banlieu de Paris”,1949 ( realizzato grazie all’amico Blaise Cendrars, scrittore,poeta) ne è il rappresentante più famoso, con il suo senso dell’umano, il suo tatto, la sua tenerezza, raggiungendo i più grandi momenti della fotografia pura seguendo l’umile via dell’attenzione agli altri. L’apogeo della grande corrente umanista e idealista in fotografia fu l’esposizione Family of Man organizzata da Edward Steichen, fotografo e critico nel 1955 e che ebbe uno straordinario successo di pubblico e che segnò l’inizio della storia della fotografia contemporanea,in line con la fioritura delle arti contemporanee.(ricordiamo del periodo fino oltre gli anni 70 la fotografia soggettiva di Otto Stainert , quella mistica di Minor White, fino alla rivoluzione del significato di Robert Frank ; la rivoluzione della forma di William Klein o l’immaginario reale di Mario Giacomelli, fino all’espressionismo di Diane Arbus) Robert Doisneau dopo gli studi di litografia all’école Estienne, ha lavorato come assistente dello scultore André Vigneau, e come fotografo industriale presso le officine. Dopo l’impegno nella nella Resistenza francese, dal 1945 cominciò a lavorare con il giornale Le Point e dal 1946 divenne fotografo indipendente per l’agenzia Rapho. Nel 1947 vinse il Kodak Prize e incontrò Jacques Prévert, con il quale lo legherà una profonda e reciproca stima. Una mostra riassuntiva, forse dispersiva per la produzione di Cartier-Bresson presso gli spazi della Mole con 140 fotografie; in occasione del decennale della sua morte il
Museo dell’Ara Pacis di Roma gli aveva dedicato una retrospettiva con 350 stampe vintage d’epoca, le ristampe e una corposa documentazione comprensiva di giornali, riviste, film documentari e i suoi disegni che unitamente alle immagini esposte testimoniavano l’impegno e il percorso artistico di Cartier-Bresson. E’considerato uno dei protagonisti del moderno fotogiornalismo. Una mostra contenuta, (50 fotografie) più intima quella di Robert Doisneau, presso le sale del Palazzo del Duca di Senigallia, ordinata sulle tematiche care a Doisneau: strade e periferie, bistrots, gli artisti, dell’amore, l’infanzia. La stessa mostra è stata presentata con 70 opere al Broletto di Pavia, al Lucca Center of Contemporary Art e sarà proposta al Museo della Grafia di Pisa dal 22 marzo al 17 giugno. Nel 2012 la mostra di Robert Doisneau con 200 fotografie originali scattate tra il 1934 e il 1991era stata presentata a Roma e poi a Milano.
Enzo Carli, allievo del grande Mario Giacomelli, fotografo, studioso della fotografia con varie pubblicazioni al suo attivo, direttore artistico dell’associazione culturale Movimento Artistico Introvisione.
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ABRUZZO
“Impressione e Verità nella pittura tra De Nittis, Patini e i Palizzi” a Villa Urania“ Museo Villa Urania, Viale Regina Margherita, 1 Pescara Dal 10/03/2018 al 2/9/2018
La Fondazione Museo Paparella di Pescara ha organizzato una prestigiosa mostra d’arte incentrata sull’opera di uno dei più grandi pittori dell’Ottocento italiano: Giuseppe De Nittis. L’evento, dal titolo “Impressione e Verità nella pittura tra De Nittis, Patini e i Palizzi: dalla Puglia a Parigi attraverso la via degli Abruzzi”, presenta dieci storiche opere di De Nittis provenienti dall’omonima Pinacoteca di Barletta che raccoglie oltre cento opere e manoscritti del grande artista, grazie alla donazione che sua moglie fece al Comune di Barletta. Nella mostra sono esposte opere che De Nittis ha realizzato durante la sua permanenza a Parigi; esse risentono dell’influenza del movimento Impressionista, considerata la sua amicizia e la collaborazione con Manet e Degas. Il nucleo di dipinti di De Nittis è posto a confronto con quelle dei più grandi artisti del Verismo italiano, rappresentato dalle opere di Patini, dei quattro fratelli Palizzi, Laccetti, Recchione e Della Monica. Tale confronto anima la dialettica tra l’Impressione e la Verità del titolo dell’evento. Un’ulteriore preziosità è rappresentata da un’opera in mostra, Mergellina, di QuintillioMichetti, fratello maggiore di Francesco Paolo, tanto valido quanto dimenticato per il difficile reperimento delle sue rarissime opere. Durante la visita della mostra temporanea si avrà la possibilità di ammirare la prestigiosa collezione permanente di
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151 esemplari di antiche maioliche di Castelli, prodotte tra il 1500 e il 1800, realizzate dai più grandi e famosi autori, fra i quali Francesco e Carlo Antonio Grue.
Apertura: Tutti i giorni, compresi i festivi, dalle 9:30-12:30 e dalle 17 alle 20:30 Intero: 6 € / Ridotto: 4 € (riduzione valida per gli over 65, i soci con tessera Touring Club, tessera FAI, tessera Italia Nostra, tessera Pro Loco, gli studenti e i gruppi superiori alle 15 persone) Visite guidate: Visita guidata 5 € fino a 5 persone, da 6 persone in poi 1 € a persona. Disponibilità di visite guidate anche in lingua francese e inglese.
CAMPANIA
VAN GOGH – the IMMERSIVE EXPERIENCE
La mostra multimediale in cui il visitatore è coinvolto a 360 gradi, vivendo la straordinaria esperienza di immergersi nei quadri di Van Gogh Arriva per la prima volta a Napoli l’ “esperienza” che ha commosso il mondo, la mostra che unisce il piacere della scoperta della vita di Van Gogh all’immersione totale nel cuore pulsante della sua arte. La bellissima location che ospiterà l’innovativa mostra sarà la Basilica di San Giovanni Maggiore, nuova casa delle emozioni di Van Gogh, pronta ad illuminarsi di colori
nuovi, ritratti e scenari toccanti e soprattutto di sensazioni uniche The IMMERSIVE EXPERIENCE interagisce con l’osservatore, lo prende per mano e lo invita ad entrare dentro al quadro di uno dei pittori più amati di tutti i tempi: un nuovo modo di conoscere e vivere l’Arte. Il visitatore esplora il fascino di Vincent camminando all’interno dei suoi quadri, grazie ad un innovativo sistema di proiezioni 3D mapping.
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CAMPANIA
L’interno della Basilica sarà rivoluzionato con il montaggio di grandi schermi che, grazie a proiettori video di altissima definizione, renderanno possibile l’impossibile: i quadri prenderanno vita coinvolgendo e abbracciando il pubblico a trecentosessanta gradi. Ogni superficie diventerà arte: pareti, colonne, soffitti, pavimenti e persino l’altare della Basilica che si colorerà delle tinte più amate da Van Gogh, dal blu profondo della notte stellata al giallo vivo dei girasoli.
anche l’udito, con una colonna sonora che accompagnerà il visitatore nel suo percorso, esaltando ancora di più l’emotività del viaggio.
Sarà impossibile non carpire a pieno il senso dei pensieri di Van Gogh e i suoi stati d’animo perché le sue opere prenderanno vita in vividi dettagli in un percorso video della durata di oltre un’ora, in cui sarà possibile gustare l’arte da diversi punti di vista, in piedi o sdraiati a terra, diventando parte integrante del quadro. L’osservatore diventa infatti protagonista dell’opera, ampliando i propri sensi verso onde di immagini e suoni, intensi e belli. E la mostra coinvolgerà non solo la vista, ma
LA MOSTRA E’ STATA PROROGATA FINO A DOMENICA 3 GIUGNO 2018
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CAMPANIA
Vincent Van Gogh
una delle più affascinanti personalità artistiche di sempre di Letizia Caiazzo
Osservando con il cuore una sola delle tante opere eseguite da Van Gogh si scoprono la sua tormentata anima , il suo essere complesso, complicato, ricco di atmosfere variegate e misteriose e la sua estrema sensibilità che non gli ha permesso di vivere una vita serena infatti la sua esistenza è stata molto triste e solitaria. Figlio di un pastore protestante, presto iniziò ad eseguire disegni e poi a dipingere. Più di novecento sono le sue tele e più di mille i suoi disegni. Pose le basi della sua arte sicuramente nell’Impressionismo ma è un errore definirlo tale, anche se è il colore che lo avvicina ad esso, tuttavia la forte impronta cromatica, le linee di contorno di oggetti e figure lo portano verso l’Espressionismo sempre con il suo modo di esprimersi e di sentire. Uno stile il suo inconfondibile. Disperazione e solitudine hanno agitato Van Gogh e le sue tele; in esse si scoprono l’immenso amore per la vita e il dolore di non saperla vivere al meglio a causa della sua fragilità. E’ stato un genio non compreso e ciò lo rese sempre più irrequieto, ribelle e instabile mentalmente; nelle sue tele
vi si legge il suo malessere.. L’uso del colore per lui è stato fondamentale: il giallo spesso è predominante e spesso si contrappone al blu, al viola, al rosso dei tetti e delle vigne, al verde degli alberi . Colori che si completano e si sfumano, aumentando la luminosità delle opere. Sebbene le opere risultino brillanti grazie alle pennellate fluide e corpose che rendono i soggetti vivi ed incisivi,traspare sempre una velata tristezza. La sua salute precaria peggiorò nel tempo, ma nonostante ciò produsse con grande forza ed inspiegabile energia moltissimi capolavori,che lo renderanno immortale. All’alba del 29 luglio 1890, si sparò in un campo, nella natura che era stata sempre la sua ispiratrice. La sua bara venne coperta da girasoli, i fiori che tanto aveva amato e dipinto. --------------------------------------------------------------------“La tristezza durerà per sempre” ( Biglietto scritto da Van Gogh prima di suicidarsi)
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CAMPANIA
Si è aperta al pubblico giovedì 1 marzo 2018, presso il PAN - Palazzo delle Arti di Napoli, via dei Mille 60, la mostra Io Dalí a cura di Laura Bartolomé, Lucia Moni e Francesca Villanti. Catalogo Gangemi editore. Mostra aperta fino al 10 giugno 2018 Dalla costruzione di un mito, all’immortalità. Per la prima volta in Italia una mostra che svela l’immaginario di Salvador Dalí, portando i visitatori nellaVita segreta del genio poliedrico. “Io Dalí” passerà in rassegna, attraverso dipinti, disegni, video, fotografie e riviste, il modo in cui il pittore è stato capace di creare il proprio personaggio rendendo opera d’arte ogni suo gesto; indagando e rivelando l’altra vita dell’artista catalano, quella meno conosciuta, fondamentale per comprendere la sua incredibile personalità. La mostra, fortemente voluta dal Comune di Napoli – Assessorato alla Cultura e al Turismo, con la Fundació Gala-Salvador Dalí e co-organizzata con C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, è curata da Laura Bartolomé e Lucia Moniper la Fundació Gala-Salvador Dalí e da Francesca Villanti, direttore scientifico di C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, con la consulenza scientifica di Montse Aguer direttrice dei Musei Dalí e di Rosa Maria Maurell. dalla redazione NT Sito web www.napoli.it
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PUGLIA
Mostra personale “Germinazioni” di Lucia Rotundo Galleria Spaziosei, Monopoli.
Lucia Rotundo opera da anni nel campo della ricerca estetica e della sperimentazione visiva con i linguaggi della scultura e dell’installazione ambientale. La sua poetica si sviluppa con allusioni minimali e concettuali al tempo stesso, e si fonda su una realtà sensibile che fonde tracce della natura e volumi razionali. La scelta compositiva di coniugare reperti naturalistici (legni, piume, piccole radici e rametti, conchiglie, pietre e sassi), materie scultoree (terracotta, bronzo, ottone, cristallo, gesso, lamine d’oro) forme geometriche primarie (sfere, quadrati, prismi, cerchi, piramidi e coni), e tracce antropologiche legate alle tradizioni mediterranee (riti sacri, leggende popolari, miti classici), rende le opere delle entità estremamente complesse, che ospitano differenti e molteplici frammenti. Come ha scritto il critico Paolo Balmas, possiamo parlare a proposito del lavoro di Lucia Rotundo di “poetica del frammento” poiché i frammenti della Rotundo mostrano “la loro struttura organica, le loro possibili forme di combinazione o di contaminazione con altri elementi ed altre materie e da ultimo la loro flessibilità e disponibilità a trasformarsi in metafore o simboli di eventi più complessi resi comunque possibili proprio dalle loro qualità di base”. Difatti, nelle opere “emotivamente intense ma visivamente scarne, il sentire interiore è sostenuto dall’esigenza di creare a partire da frammenti veri di realtà, sempre nel rispetto del proprio punto di vista che prevale sulle necessità
di un’arte considerata universale”, come scrive la curatrice della mostra Maria Vinella nel catalogo. Altra caratteristica delle opere di Lucia Rotundo sono la luce, la leggerezza, la trasparenza. Ci spiega l’artista stessa : “La mia identità è fatta di segni e simboli che intrecciano la storia, l’antropologia e la natura. L’essere umano è il motore dell’universo. … La mia ricerca ha un rapporto fortemente empatico con la materia e l’immaterialità. Utilizzo il cristallo, il metacrilato, il bronzo e diversi elementi naturali come la terra, le foglie, le conchiglie, i fili di seta, il lino, ecc. Con entrambi evoco la millenaria storia delle mie origini: la Calabria, antica terra che ha ospitato, nel proprio grembo materno, tante civiltà. La lievità delle mie sculture vuole cristallizzare l’energia che deriva dal centro del cosmo. L’essenzialità di un ramo senza vita rinasce attraverso il candore del bianco (colore), sospeso sulla trasparenza di un cristallo...”. Tutto ciò è visibile nelle opere ospitate negli spazi suggestivi della Galleria Spaziosei di Monopoli. Lavori raccolti sotto il titolo di “Germinazioni” che sottolinea l’iter di formazione dell’opera come un processo quasi naturale. Immagini geometriche a parete, piccole installazioni, leggere sculture, (tramite materiali essenziali e un colore bianco su bianco) ci colpiscono emotivamente raccontandoci un passato perduto che solo lo sguardo dell’arte ci permette di vedere nuovamente. Virginia Grazia Iris Magoga
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PUGLIA
Mirella Bentivoglio. Mostra “L’Assente” Museo Nuova Era di Bari
In Italia, sin dagli anni Settanta, alcune artiste realizzano opere che si possono identificare in diversi filoni tematici. Accanto ad opere più specificatamente femministe, nelle quali le artiste indagano la loro identità sessuale rivendicando il diritto ad esprimere la propria visione del mondo, affiorano posizioni che si collocano meno sul registro della contestazione quanto su quello della definizione della propria soggettività e dell’espressione di un’ottica tutta femminile. Sono numerose le protagoniste che utilizzano il corpo – il luogo della differenza per eccellenza – come mezzo espressivo (ad esempio Gina Pane, una delle più grandi rappresentati in Italia della Body art). Un altro elemento molto diffuso nell’espressività femminile è la microstoria personale, contrapposta alla storia, quella con la S maiuscola, fatta dagli uomini; tale attenzione alle storie minori si traduce artisticamente nel viaggio nella memoria, nella registrazione degli avvenimenti e delle sensazioni ad essi connessi in forma di diario, nonché nell’utilizzo della scrittura poetica insieme all’immagine. Sulle relazioni tra linguaggio, immagine, parola, lavora dagli anni sessanta e settanta in poi Mirella Bentivoglio che dedica gran parte delle proprie opere alle ricerche poetico-visive. Tra le artiste italiane che lavorano con l’uso della parola ricordiamo anche Lucia Marcucci, Maria Lai, Alba Savoi, Elisabetta Gut, Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli in Menna). In particolare a Mirella Bentivoglio è dedicata la mostra presso la galleria Museo Nuova Era affiancata dalla presentazione del libro L’Assente, a cura di Salvatore Luperto e Anna Panareo (Edizioni Milella). In esposizione, alcuni lavori noti dell’artista dedicati alle tematiche sociali femministe o alle simbologie naturalistiche. Fin dal 1966 il lavoro della Bentivoglio ha riguardato la parola nell’ambito del linguaggio e dell’immagine, sviluppandone l’aspetto poetico sulla materia (carta, metallo, legno), sull’oggetto (pietra, plexiglass) e nell’ambiente (interventi sul territorio). Come scrive Salvatore Luperto: “In tutte le sue operazioni poetico-simboliche è costante la riflessione personale sulla parola che esaltata, isolata, frammentata, staccata e ricombinata assume un significato pregnante. Per la sua sistemazione nel foglio, articolata e combinata nei caratteri e nei
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colori spesso tipografici, la parola comunica, per processi associativi alternativi, valori semantici con funzioni evocative. L’artista […] nel suo lavoro mentale, molto spesso ironico, gioca con il significato, duplicandolo, alternandolo, moltiplicandolo, capovolgendolo a tal punto che, come in un gioco delle parti, il significante assume il ruolo del significato e viceversa. Semplici lettere, vocaboli o parole rivisitate diventano segni semantici tangibili e in alcuni casi oggetti tattili che rimandano a concetti essenziali, precisi e chiari, che esprimono valori mentali nuovi”. Nel volume che accompagna la personale sono presenti racconti dell’artista ricchi di riferimenti alla poesia verbovisiva. Oltre alle narrazioni ed esperienze personali, essi trasmettono suggestioni e riflessioni sulla parola, intesa come corpo complesso e impalpabile che contiene casualità, aloni magici, allusioni alla vita. Ricordiamo che Mirella Bentivoglio, nata in Austria nel 1922 da genitori italiani, è deceduta lo scorso anno, lasciando grandi opere e installazioni nelle collezioni di alcuni musei italiani (MACRO di Roma; Museo di Ca’ Pesaro a Venezia; MUSMA di Matera ecc.); sue opere parietali e poemi-oggetto in materiali diversi sono nelle collezioni del National Museum of Women in the Arts, Washington; del Getty Institute, Los Angeles; del MoMA, New York; del MART, Rovereto; della Galleria degli Uffizi, Firenze; del Museo d’Arte Contemporanea (MAC), San Paolo del Brasile; del Sackner Archive di Miami; e in collezioni di poesia visiva di vari musei. Le sono stati assegnati vari premi sia per la sua attività poetico-letteraria che per quella critica e artistica. Virginia Grazia Iris Magoga
CALABRIA
MATAKSA Sculture e disegni di Jano Sicura
Il MAON – Museo dell’Arte dell’Otto e Novecento – inaugura il prossimo 21 aprile la mostraMATAKSA, personale dello scultore Jano Sicuraa cura di Tommaso Evangelista e Tonino Sicoli. Sicura, artista siciliano nato a Ferla (SR) nel 1950, si è formato in Germania negli anni Settanta prima alla Free Art School di Stuttgart e successivamente presso l’Academy of Fine Arts di Karlsruhe sotto la guida di Max Karninskì arrivando a conquistare nel 1990 anche la prestigiosa borsa di studio presso Villa Romana a Firenze. Vive e lavora tra Canicattini Bagni (SR) e Heiberg (Germania) seguendo una personale poetica legata a forme minimali e destrutturate, utilizzando spesso il ferro per ottenere complessi nuclei spaziali in dialogo con gli spazi.
Scrive Evangelista “I lavori di Jano sono estreme astrazioni dinamiche, non lineari, vitalizzate da una carica gestuale esasperata nella sua tendenza circolare e centrifuga. La visualizzazione, negli schizzi, di un movimento di torsione e nevrosi segnica dall’alto funzionamento simbolico, si trasforma in costruzioni plastiche precarie e frammentate impostate sulla dimensione aperta e autonoma della concatenazione e dell’intrecciatura. L’oggetto crea il vuoto e specifica per sé stesso la direzione di un personale agire monumentale e minimo. La tensione espressiva -segnica e attiva- determinata dallo scheletro costitutivo della materia plasmata che si irradia con singolare intensità nello spazio circostante, ora disposta in monadi, ora in nuclei più complessi in dialogo sul limite della rappresentazione, trasmette un’energia oscura, pulsante come da un mondo sub-
atomico, plasticamente espanso e riassorbito in frammenti ridotti e leggeri. Attraverso un assemblaggio complesso le strutture di Jano, autosufficienti ed ermetiche, scompongono in maniera caotica i piani e, utilizzando soprattutto i vuoti e il negativo, definiscono prominenze complesse, rilievi mobili carichi di assembramenti molecolari”. Per Sicoli, direttore del MAON, “Sicura elabora installazioni di matasse, fili, contorsioni, neo-oggetti, aggregazioni di forme plastiche e segni su carta a rendere interagenti il bidimensionale e la spazialità. C’è una dolce precarietà strutturale in queste opere disegnate nell’aria e sulle superfici a rappresentare soffici distretti in campi indefiniti, fra schegge in sussulto e movimenti contenuti. Con Sicura e le sue “sculture in libertà” sembra di vedere Picasso ripreso in un filmato mentre disegna con una pila accesa ghirigori di luce, scritte senza senso: ma, invece, che schizzate in penombra ed effimere qui sono intrecci ferrosi e duraturi. Si tratta di calligrammi astratti, svolazzi, che fissano tracciati tubolari, minuti e ritmici, con andamenti attorcigliati, grumi di nero, nodi e occhielli filiformi dalla sensualità latente.
MAON - Museo d’Arte dell’Otto e Novecento Via de Bartolo, 1, Palazzo Vitari - 87036 Rende (Cs) tel. 392 7748505 – Apertura da Martedì a Sabato, ore 10,00-13,00 /16:0019:00. Chiuso i festivi e il lunedì. sito: www.maon.it rc
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CALABRIA
“Nature, le trame dell’esistenza” è la mostra a cura di Simona Caramia che si svolge fino al prossimo 14 Maggio 2018 presso il MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro. Le opere esposte approfondiscono temi come la natura e l’uomo; gli artisti ritengono importante il tema di “prendersi cura del paesaggio calabrese per tutelarne le bellezze”, scuotendo le coscienze di tutti noi, parlando di una
tematica sempre attuale. I visitatori da una parte possono ammirare opere in cui viene evidenziato lo spettacolo del paesaggio della Calabria immersa nel verde, tra bellezze e misteri, mentre dall’altra mettono in risalto il dissesto ambientale di questo territorio, le problematiche sociali e le relative condizioni di marginalità provocate dall’uomo.
La rassegna segue i seguenti orari: dalle ore 9.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 21; giorno di chiusura il lunedì. Per informazioni contattare il sito: info@museomarca.com
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Alessandra Primicerio , critico d’arte
CALABRIA
A COSENZA UN MUSEO MULTIMEDIALE
Il Museo multimediale è ubicato nella struttura sottostante piazza Bilotti della città di Cosenza. Si entra in un’astronave e si parte per un viaggio trovandosi tra passato e futuro. Inaugurato il 3 marzo 2018 dal sindaco Mario Occhiuto con il film di Gianfranco Confessore che avvia le attività del museo. Fra gli attori Confessore ha usufruito di alcuni studenti del liceo classico B. Telesio di Cosenza. Il tema è su Alarico, condottiero dei Visigoti (370-410 ca), autore del Sacco di Roma del 410. Morì improvvisamente a Cosenza e secondo Giordane fu sepolto nel letto del fiume Busento. Alarico però è una scusa per parlare della storia della città. Il Comandante dell’astronave scopre un testo e si dirige con la sua astronave verso la città di Cosenza
dove ne scopre l’affascinate storia. Il Museo multimediale di Cosenza è una realtà che si trova in poche città in Europa e nel mondo ed è uno spazio didattico-educativo: è un non-museo. Attraverso l’utilizzo della tridimensionalità c’è uno studio più approfondito delle opere presenti nei musei civici e nella galleria nazionale di Cosenza. Il film fa vivere un’avventura spaziale. Per la realizzazione del film è stata condotta un’analisi scientifico-archeologica. Il tutto è certificato da studiosi internazionali come il direttore dell’Istituto nazionale di storia romana. L’équipe è costituita da maestranze locali, eccetto un collaboratore di Salerno. Alessandra Primicerio - critico d’arte
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SICILIA
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NOTO. Sarà presentata martedì 27 marzo alle ore 12, nella Sala degli Specchi del Comune di Noto, la mostra “Picasso è Noto”, dedicata a uno dei più grandi artisti del XX secolo. La mostraaccoglie tutte le principali tecniche di Picasso per consentire ai visitatori di intraprendere un viaggio intenso nelle sue evoluzioni artistiche, disponendo di una fotografia completa dell’eclettismo del grande artista. Le sue passioni più grandi furono il circo, il teatro, la tauromachia e, naturalmente, le donne. Presenze che hanno costituito lungo tutta la carriera di Pablo Picasso gli argomenti di ricerca portante della complessa cifra stilistica. Una mostra, in corso fino al 30 ottobre al Convitto delle Arti di Noto, ripercorre l’universo dell’artista che, come pochi nel Novecento, ha saputo trattare, con il suo poliedrico genio e ai livelli più alti, tutte le tecniche ascrivibili al mondo dell’arte, mettendosi in gioco e sperimentando fino alla vecchiaia. Picasso è Noto è un viaggio attraverso oltre 200 opere - tra oli, guache, disegni - nel complesso universo del maestro, dai teatranti e i saltimbanchi del circo - amati sin dagli inizi della sua vita parigina insieme all’amico George Gershwin - al combattimento tra tori, una delle sue passioni più grandi. Accanto al tema della politica e alle nature morte non mancano le donne. Ed ecco Deux Femmes, espressione di sensualità e femminilità, o anche La Célestine (1971) - 68 incisioni acquaforte e acquatinta - e ancora Tauromachia del 1959, 27 opere acquatinta allo zucchero e puntasecca. Ma è nella ceramica che si concentra tutta la forza della fantasia creatrice di Picasso, in un momento particolarmente felice della sua esistenza, quando l’artista, terminato l’incubo della seconda guerra mondiale, inizia una
sperimentazione che lo accompagna per il resto della vita, intrecciandosi indissolubilmente con i lavori su tela, le sculture, la grafica.
Momenti della corrida, ma anche pesci, uccelli, gufi, civette, cavalli affollano la sezione “Bestiario”, mentre le opere realizzate nei primi anni di attività, dal 1947 al 1955, cedono il posto al periodo di Cannes (1955), che segna l’inizio di una nuova stagione della sua arte caratterizzata soprattutto da murali in ceramica, piatti tondi noti come platsespagnols e mattonelle con scene di baccanali. Alla presentazione saranno presenti il sindaco Corrado Bonfanti, l’assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacolo Sandro Pappalardo, l’assessore alla cultura Frankie Terranova, il produttore Gianni Filippini e la curatrice della mostra Lola DuránÚcan. La mostra sarà aperta al pubblico presso il Convitto delle Arti Noto Museum dal 28 marzo fino al 30 ottobre
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SARDEGNA
Al MAN di Nuoro arrivano le Futuriste! dal 9 marzo al 10 giugno 2018
Il MAN è lieto di presentare “L’elica e la luce. Le futuriste. 1912_1944”, una mostra dedicata al futurismo e le donne. Si completa in questo modo la trilogia dal taglio inedito, realizzata con la direzione artistica di Lorenzo Giusti e focalizzata sui movimenti dell’avanguardia storica. La presenza delle donne nell’arte del Novecento è stata messa in luce da diversi studi a partire dalla fine degli anni settanta: al di là dell’intenzione di scoprire un genere, uno specifico femminile in arte, sono state compiute ricognizioni storico-critiche che hanno portato o riportato in luce personalità eccezionali, opere di alto valore, esistenze dalle trame complesse, di cui prima si ignoravano addirittura le date di nascita o morte, e ci hanno restituito un panorama dell’arte delle donne nelle avanguardie, fino a quel momento rimasto in secondo piano. Un caso ancora aperto e controverso è il ruolo delle donne nel futurismo, movimento programmaticamente misogino, che fin dalla sua fondazione proclamava il disprezzo della donna e costruiva una visione dell’arte totalizzante su valori quali la forza, la velocità, la guerra, da cui il genere femminile doveva rimanere escluso (“Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”, Manifesto del futurismo, 1909). La mostra rintraccia - attraverso oltre 100 opere fra di-
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pinti, sculture, carte, tessuti, maquette teatrali e oggetti d’arte applicata - l’operato di queste donne che hanno lavorato dagli anni dieci fino agli anni quaranta, firmando i manifesti teorici del futurismo, partecipando alle mostre, sperimentando innovazioni di stile e di materiali in ambiti trasversali quali le arti decorative, la scenografia, la fotografia e il cinema, ma anche la danza, la letteratura e il teatro. Figure indipendenti, artiste e intellettuali di primo piano nella ricerca estetica d’inizio secolo. I campi d’interesse sono vastissimi, dalla scrittura, alla pittura, all’illustrazione, alla ceramica, non esclusi gli studi di metapsichica e l’occultismo, verso cui anche il Manifesto della Scienza futurista mostra attenzione. La mostra, che vanta prestiti in arrivo da collezioni pubbliche e private italiane, con opere anche poco conosciute, prende le mosse dal Manifeste de la Femme futuriste, pubblicato da Valentine de Saint-Point il 25 marzo 1912, in risposta alla Fondazione e Manifesto del Futurismo di Marinetti pubblicato a Parigi nel 1909 su “Le Figaro”. Il percorso individua i caratteri di una ricerca collettiva che – libera da stereotipi, cliché, luoghi comuni e banali dipendenze legate ai rapporti di parentela con i “maschi” del movimento – testimonia la profondità di una riflessione estetica condivisa dalle donne del gruppo, ricca di implicazioni peculiari. La selezione delle opere è accostata da un ampio apparato documentario, prime edizioni di testi, lettere autografe, fotografie d’epoca, manifesti originali, studi, bozzetti.
Ogni capitolo del percorso, che procede per macro-temi – il corpo e la danza, il volo e la velocità, il paesaggio e l’astrazione, le forme e le parole – documenta una vena particolare delle artiste futuriste, dedite ora alle arti applicate, al tessuto, ora all’uso del metallo e, in generale, a una sperimentazione polimaterica e multidisciplinare nel campo delle arti figurative, ma anche letterarie e coreutiche. La mostra racconta le affascinanti biografie di ciascuna di loro, che s’intrecciano con la vita artistica e culturale del periodo (i salotti, le maggiori mostre nazionali, le riviste, i teatri) ma si ambientano anche sullo sfondo di un paese, allo stesso tempo, eccitato dal progresso, ferito dal conflitto. In catalogo saranno pubblicate le opere esposte con testi di Giancarlo Carpi, Enrico Crispolti, Chiara Gatti, Lorenzo Giusti, Raffaella Resch e una intervista a Lea Vergine, autrice della memorabile mostra curata nel 1980 per il Palazzo Reale di Milano, “L’altra meta` dell’avanguardia”, dedicata alle artiste attive tra il 1910 e il 1940.
MAN_Museo d’Arte della Provincia di Nuoro Via Sebastiano Satta, 27 08100 Nuoro | Sito internet: http://www.museoman.it Email: info@museoman.it Telefoni: t.0784/252110 | f.0784/36243
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Antico Castello sul mare Lungomare Vittorio Veneto, Rapallo
GASPARINI dal 31 marzo al 13 maggio 2018
.SU PORTI. sabato 10,30/12,00 - 15,30/18,30 domenica 10,30/12,00 - 15,30/18,30 lunedĂŹ 30 aprile 15,30/18,30 martedĂŹ 1 maggio 15,30/18,30