Rivista20 Maggio - Giugno 2020

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N°39 maggio-giugno 2020

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periodico bimestrale d’Arte e Cultura

www. f a c e b o o k . c o m / R i v i s t a 2 0

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

Le lune di ALESSANDRI

Edito dal Centro Culturale ARIELE


ENZO BRISCESE

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Monia Frulla Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Franco Margari Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Virginia Magoga Enzo Briscese Susanna Susy Tartari Cinzia Memola Concetta Leto Claudio Giulianelli www. f a c e b o o k . c o m/ Rivi s t a 2 0

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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedĂŹ al venerdĂŹ tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------

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In copertina: Lorenzo Alessandri


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Le lune di Alessandri’ a vent’anni dalla scomparsa dell’artista Doppio appuntamento, a emergenza sanitaria conclusa, per riscoprire l’arte del visionario torinese che fondò il gruppo artistico SURFANTA. Vent’anni di attività espositive non sono pochi per ricordare e spiegare l’arte di un pittore discusso, chiacchierato e spesso frainteso. Lorenzo Alessandri ( Torino, 16 febbraio 1927 – Giaveno, 15 maggio 2000) sarà ricordato dal Consiglio regionale del Piemonte che a settembre (o a conclusa emergenza sanitaria) proporrà presso l’elegante Galleria Spagnuolo di Palazzo Lascaris, una retrospettiva in cui la sua curatrice, Concetta Leto, presenterà con trentatré opere i vari cicli pittorici dell’artista fantastico e visionario. Per la seconda volta, (la prima è del 2016 con la mostra ‘Il Tibet di Alessandri’) il Consiglio regionale del Piemonte ospita nella sua storica sede l’arte di un genio ancora troppo poco conosciuto, nonostante l’instancabile lavoro di valorizzazione svolta negli anni. In concomitanza con l’evento torinese, anche a Giaveno si riaprirà il

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Museo Alessandri, inaugurato un anno fa, ma chiuso al termine della mostra celebrativa per terminare i lavori architettonici e di sicurezza. ‘Le lune di Alessandri’ ripercorreranno metaforicamente cinquant’anni di espressione artistica, dalla Soffitta Macabra al Gruppo Surfanta, racconteranno i mutamenti dell’artista che ha indagato ogni aspetto del vivere, affrontando le sue ombre e le sue eclissi con colorate fantasie affidandosi ai sogni conturbanti e misteriosi. Disegni, acqueforti e dipinti, seguendo un percorso cronologico, narreranno i viaggi compiuti da Alessandri, soprattutto quelli nel regno dell’io e nell’abisso della coscienza. I due eventi programmati per il mese di maggio saranno accomunati dall’unico tema, la luna, descritta in modo memorabile dallo stesso Alessandri così:


“La luna ha visitato le mie notti fin dall’infanzia quando, per raggiungerla bastava che attraversassi i vetri chiusi della finestra e mi arrampicassi sui rami degli alberi del viale. Lei era là ad aspettarmi sui tetti della buia fabbrica misteriosa che stava oltre il marciapiede, dietro le piante; io mi sedevo su di lei e, insieme, salivamo sino alle stelle. Era mia. Ero felice. Luna, mia lanterna silenziosa: bianca, gialla, rossa, verde, nera. Mio unico lume. Tiepida mammella che mi nutre di poesia. Carezza che mi consola nell’oscurità. Gioia pura dell’infanzia […].

Certe volte le notti sono lunghe e crudeli, ma quando sorge la luna qualcosa di straordinario inonda il mio cuore. Ne sono incantato. Con inchiostro e carta celebro riti solitari di ombre bianche e di luci nere. Sono io il cane invisibile che lontano abbaia alla luna. Mi commuovo e offro devotamente al Padre Eterno la liturgia delirante ma sincera dei miei lavori. E quando Lui benedice le eclissi del mio spirito, la follia e la ragione si perdono in una tenebra accecante che tutto confonde e tutto distingue: gli opposti si placano e trovo un momento di pace”.

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PIEMONTE

L’ Hotel Surfanta, il testamento spirituale di Alessandri “Ho terminato la serie delle CAMERE e sto preparando il menabò di un volumetto con 36 riproduzioni a colori e una ventina di schizzi in nero. Quando avrò trovato l’editore, e il libro sarà stampato, farò una mostra a Torino per lanciarlo […]. Da parte mia ce la metterò tutta […] e prego il Padre eterno che mi conceda questa chance”. Così si esprimeva Alessandri in una lettera scritta nel 1982 in cui annunciava la realizzazione di un sogno dopo aver concluso il suo Hotel Surfanta, composto da trentatré Camere, o Interni, come spesso vengono definite. Egli, però, morirà due anni dopo insoddisfatto per una pubblicazione mancata e consapevole dell’ineluttabile limite imposto dalla vita. Nelle interviste televisive , nelle lettere agli amici pittori, nei suoi diari si ritrovano continui riferimenti ai personaggi, alle situazioni e alle “recite assurde, scostanti, talvolta umoristiche, talvolta drammatiche” di questi Interni fissati nella mente del pittore e disegnati a china sin dai tempi della Soffitta Macabra. Il percorso offerto è inconsueto, ma lo è ancora di più il testo di commento unito a ogni quadro, un racconto bizzarro che però possiede la forza evocatrice di atmosfere surreali, oniriche, sarcastiche, impietose e ridicole. Non sfugge, poi, la simbologia dei numeri: sono tre i dipinti che aprono e chiudono lo scenario di trentatré luoghi angusti, privi di finestre, malamente arredati e illuminati da candele. Il tre, secondo la tradizione esoterica, possiede una grande forza energetica, mentre il trentatré, oltre a richiamare gli anni di Cristo, è un numero “maestro”, simbolo dell’amore profondo e incondizionato. I multipli del tre sono ancora richiamati dalle candele che Alessandri dipinge con scrupolo quasi per stigmatizzare ogni scena rappresentata. Inizialmente l’artista pensa a cento camere, annunciando che le ultime sei o sette avrebbero dovuto essere a sorpresa, ma dovrà ridimensionare il progetto poiché parallelamente svilupperà il ciclo dei Posti, ossia gli “esterni”, i luoghi amati e “visitati durante i viaggi […] gli ambienti che nell’infanzia e giovinezza eccitavano la [sua] avida

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curiosità e rappresentavano momenti di grande gioia e di ingenue avventure favolistiche” La continuità tra i due cicli pittorici è evidente, sia nello stile sia nel contenuto: le scene sono animate da figure amate e studiate nel dettaglio come barboni, prostitute, ubriaconi, diavoli, celebri musicisti e scrittori e persino da icone sacre come Cristo e la Madonna. Tutti recitano la “commedia dell’assurdo” alternando situazioni angoscianti e macabre a quelle comiche e grottesche, ma piene di mistero e cariche di un simbolismo complesso ed esoterico non facile da decodificare. L’Hotel Surfanta è infatti sintesi di una vita che si racconta con la forza di immagini corrosive e capaci di proferire insopportabili verità. In questo immaginario luogo, frequentato dagli artisti “Furfanta” sopraffatti da umani vizi e basse passioni, troviamo un cicerone d’eccezione che ci guida tra le varie stanze: è Alessandri, “ormai morto”, spirito “trasparente” in “attesa del supremo giudizio” che non ha fretta nel vedersi assegnare un posto nell’aldilà, ma sa vedere ciò che non è concesso ai viventi. Gli scenari che si aprono di fronte a lui fanno parte del Theatrum mundi dove sono messe a nudo le idiozie e le perversioni umane per sottolineare che, quando l’uomo offusca la propria ragione, è dominato dalle forze dell’animalità, dalle passioni distruttive, dall’egoismo, dalla menzogna e dalle ingiustizie sociali.


La pittura di Alessandri attacca un certo conformismo dei costumi offrendoci una galleria di vizi da cui l’umanità esce irrisa e sbeffeggiata. In lui sembra esserci l’ossessione di afferrare tutte le perversioni possibili e immaginabili dove gli elementi biografici sono il pretesto per decifrare le contraddizioni umane e, più profondamente, il magma confuso della nostra coscienza. Nell’hotel fantastico, poco a poco, si fa strada un realismo sconvolgente poiché Alessandri tira fuori tutto ciò che è nascosto e non visibile creando così situazioni emblematiche che mettono in evidenza la malattia storica dell’uomo, ossia la separazione tra il corpo e l’anima e la continua lotta degli istinti. A volte il mistero viene affrontato con il mistero e non tutto viene svelato, anzi ci si avvale di continui rimandi misteriosi per condurre lo spettatore nel mondo spirituale. In una nota frettolosa, su un suo taccuino, il pittore torinese infatti scriveva che le Camere dovevano essere lette allegoricamente quasi come le stazioni di una Via Crucis in cui è d’obbligo riflettere sulla verità della vita e della morte e sulla nostra identità divina. Da qui la volontà di considerare questi ultimi dipinti un testamento spirituale, opere immortali capaci di trasmettere idee e valori sempre validi al di là del tempo e dello spazio. Le scene allucinate che egli dipinge con passione hanno lo stesso grado di realtà delle percezioni e delle rappresentazioni della realtà quotidiana: l’irrealtà si confonde con la realtà e lo stravolto e il raccapricciante trovano un posto concreto nel vissuto dove non vi è limite, purtroppo, per le nefandezze umane che superano ogni immaginazione dipinta. Rispetto ai cicli precedenti, le Bambole, le Bestie, le Tavolette, le Doppie e i Pascal, Alessandri non abbandona il tema erotico o quello della disinibita sessualità, ma lo circoscrive

all’interno di una forma caricaturale e grottesca, unica via per rendere manifesta l’ironica visione. Alessandri surrealista? Visionario? Fantastico? Realista magico? Un rigido inquadramento della sua pittura risulta costrittivo e non sempre adeguato. La precisione dei contorni della sua originale narrativa mette in risalto la gioia per le variazioni cromatiche che prevalgono in ogni composizione e alleggeriscono quell’intensa inquietudine diffusa e volta ad annullare qualsiasi rimando poetico o sentimento romantico. Alessandri sa creare altre dimensioni prive di incanto ma solide di materia enigmatica. Egli tuttavia guarda con gli occhi dell’uomo che crede e termina il suo viaggio con una supplica finale e amara che esprime in un urlo liberatorio: “Adesso che ho compiuto settantadue anni, e tra poco sarò dall’altra parte, dopo tutto quello che ho visto, disegnato, dipinto e inciso, mi vergogno di essere un umano. Oh Signore, non posso credere che tu ci abbia creati a tua immagine e somiglianza. La prossima volta, ti prego, fammi nascere un passero, o un gatto, o un delfino, o anche solo un abete o un sasso. Amen”. Colori e forme di una fantasia che ha sempre reclamato libertà incondizionata si innalzano qui come ultima preghiera confermando che l’Arte è scintilla divina e abita solo nell’anima del vero artista, uomo folle di Dio. Concetta Leto

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CIRCOLO DEGLI ARTISTI - TORINO

Il Circolo degli Artisti, tra gli enti culturali più antichi d’Italia, eretto in Ente Morale da decreti reali succedutisi dal 1857, ha una storia incredibilmente ricca di personaggi, eventi, luoghi ed aneddoti. Moltissimi torinesi conoscono la sua sede storica, il bellissimo appartamento nobile di palazzo Graneri della Roccia, al numero 9 di via Bogino a Torino, attualmente sede del Circolo dei Lettori, arricchito ancora oggi, grazie ad un vincolo del Ministero e delle Sovraintendenze, degli arredi e delle opere d’arte che in oltre 170 anni di vita sono stati raccolti dal Circolo. Quelle splendide sale seicentesche passarono infatti nel 1858, quando il Circolo aveva undici anni di vita, dalla famiglia de Sonnaz, proprio agli Artisti, che in quegli anni

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avevano raggiunto la quota di circa gli 800 soci. I grandi locali non dovettero aspettare molto per diventare un vero e proprio punto di riferimento della vita mondana torinese dell’epoca e per i successivi 100 anni, poiché si diceva che gli Artisti, lavoravano all’Accademia, esponevano alla Promotrice ma si divertivano al Circolo degli Artisti! E tra le sue fila non c’erano solo artisti, ma imprenditori, professionisti, aristocratici, membri del governo e della famiglia reale. Proprio grazie a questi ultimi, i ricevimenti dati al Circolo erano i più gettonati ed esclusivi, ancora oggi possono essere letti nelle cronache mondane dell’epoca gli articoli che ne riportano dettagliatamente eventi, personaggi e mise delle signore. Per 160 anni Palazzo Graneri è stato la casa degli Artisti,


dove hanno offerto grandi eventi aperti al pubblico, mostre, concerti e conferenze. Da appena due anni tutte le attività culturali, sono state trasferite in una nuova sede poco lontana da quella storica, sita nei giardini reali, in corso San Maurizio 6, in una bella palazzina ottocentesca dove il sodalizio continua a difende la sua storia e si dedica alla promozione dell’arte e della cultura, nella quale oltre alle sale espositive e conviviali, custodisce i suoi archivi; ma prosegue anche con le attività presso lo chalet del Circolo Eridano, storica sede sportiva, dove agli appuntamenti culturali affianca le attività sportive, tennis, canoa e canottaggio.

Nonostante la pandemia che ha costretto alla chiusura tutti i luoghi di incontro, il Circolo continua a promuovere le sue attività. Lo fa tramite le pagine social del Circolo, su Facebook: circolo degli artisti di torino e Instagram: circolodegliartisti_torino, dove vengono raccontati aneddoti storici, eventi e promosse opere dei soci mediante mostre virtuali. Il periodo di pausa sta permettendo ad un completo rinnovo del sito, mentre la segreteria continua ad essere a disposizione via mail segreteriacircoloartisti@yahoo.it o tel. 0118128718.

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Nei meandri del secolo breve. Parte 1

niato a fine ottocento con cui i giovani artisti affermano di essere “avanti”, più moderni rispetto agli altri che ancora si intrattengono in classici studi accademici. Per queste avanguardie storiche la tradizione è superata ed esse intendono elaborare linguaggi adeguati alle mutate esigenze. E’ un periodo ricco di battaglie artistiche, di entusiasmi, di voglia di agire. I giovani creativi sono interessati a conoscere, in quel mondo che li attornia, le scoperte scientifiche e i progressi della tecnica perché il loro obiettivo è esplorare per trovare spunti e intuizioni al fine di nuove sperimentazioni artistiche.

Paul Cézanne

Prime avanguardie: Fauvismo (bestie selvagge) Henri Matisse - Andre Derain Cubismo Paul Cézanne, Georges Braque, Pablo Picasso Espressionismo Oskar Kokoschka, Edvar Munch, Egon Schiele Astrattismo Vassily Kandinsky, Piet Mondrian, Paul Klee Costruttivismo Vladimir Tatlin, Alessander Rodchenko, Naum Gabo Futurismo Giacomo Balla Gino Severino, Umberto Boccioni, Marinetti Bauhaus Vassily Kandinsky, Paul Klee Dadaismo Marcel Duchamp, Man Ray, Surrealismo Salvator Dalì, Joan Mirò, Renè Magritte

Pablo Picasso

In particolare gli impressionisti studiano le leggi ottiche, i futuristi si addentrano nei meccanismi della tecnologia per prendere coscienza del progresso urbano, i surrealisti si interessano alla psicanalisi. Quelle giovani generazioni discutono i punti dei loro programmi fissando gli obiettivi tramite dei manifesti ed è caratteristico il loro modo di procedere che fa coesistere contemporaneamente nel processo artistico sia la progettualità sia la rottura per cui abbandonano con radicalità la tradizione e,creando gruppi, si aggregano per originare nuovi modi d’essere e di fare, molto diversi a seconda delle correnti di appartenenza ma, comunque, capaci di comunicare gli uni con gli altri. Importante è la nascita (ottocentesca) della fotografia che li spinge verso nuove strade percettive ed espressive incanalando diversamente le loro esigenze artistiche. Accostiamo i gruppi più importanti per fissarne i caratteri distintivi.

Henri Matisse

Realtà, sogno, storia, arte, sono da sempre intrecciati inestricabilmente: a volte alcuni confini paiono dissolversi oppure il reale sorprende e spiazza l’arte e il sogno o ancora la storia deprime o avvince fantasticamente l’arte. Sono aspetti costitutivi essenziali che non cessano mai di rincorrersi e di relazionarsi dando origine a quel racconto irripetibile che è la nostra vita collettiva. Il novecento si apre sullo scena artistica con le sue avanguardie storiche accomunate da un deciso rifiuto del naturalismo e del decadentismo che hanno imperversato nel secolo precedente e che sono sbaragliate dall’arrivo della prima guerra mondiale. “Avanguardie” è un termine co-

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Egon Schiele


della modernità, alla velocità, alle macchine, al ritmo cittadino. Valenti artisti come Balla e Boccioni espongono a livello europeo: il futurismo esalta un’arte e un modello di vita che vuole azzerare il passato e ogni tradizione .Dopo la drammatica frattura della guerra, la seconda generazione (Depero, Prampolini, Fillia) dà l’avvio alla ricerca nei diversi settori delle arti applicate. Le influenze futuriste si fanno sentire anche nella ricerca russa.

Vassily Kandinsky

Gli espressionisti tedeschi dipingono figure distorte, “eccessive” che rivelano un accentuato primitivismo, con esplosioni cromatiche e un insieme compositivo tormentato e violento . Essi scelgono come campo di indagine favorito l’introspezione,indagando sulle proprie interiorità con forti tensioni risolte in dramma e ribellismo. Hanno una visione pessimistica della vita Tra i principali esponenti ricordiamo Kokoschka e Schiele. In Francia, i fauves di inizio secolo (1909), pur raggiungendo un profilo europeo non si propongono come un vero e proprio movimento ma sono piuttosto un grande sodalizio tra giovani artisti (Matisse, Derain) che condividono una visione simile della pittura e della società Aspirano a un mondo più giusto ed espongono un’arte del tutto libera da regole: mirano infatti alla semplificazione di figure e spazio. L’appellativo “fauve”, bestia, è dato loro da un giornalista impressionato dall’aggressività del colore e dalla brutalità espressiva dei soggetti. il sodalizio dei fauves dura un quadriennio: espongobo nelle gallerie private e al Salone degli indipendenti e al Salone d’autunno; nel contempo le loro personalità si evolvono a tal punto da convincerli singolarmente a imboccare ciascuno la propria strada.

Umberto Boccioni

Il futurismo è un movimento complesso, artistico, letterario, politico, fondato da Marinetti nei 1909 con il primo manifesto a cui ne seguiranno vari altri. Questo modello esalta il progresso e la tecnica. Inneggia al dinamismo

Fortunato Depero

Il cubismo non presenta manifesti ma le sue caratteristiche distintive sono anzitutto l’introduzione della “quarta dimensione”, ossia il fattore “tempo”, e determina la scomposizione delle parti la quale necessita di un’accurata osservazione per rendere comprensibile la figurazione. Inoltre introduce il principio di simultaneità che permette di guardare l’oggetto raffigurato da diversi punti di vista. Questa corrente influenza l’opera di molti artisti e ancora oggi rivive come frequente contaminazione nei linguaggi dell’arte contemporanea. Si annoverano diversi astrattismi ciascuno dei quali arriva alla non figurazione con percorsi differenti. Kandinskij parte da una pittura espressionista accentuando l’aspetto coloristico, Malevic vi accede a partire dal valore simbolico dell’immagine mentre Mondrian passa attraverso lo studio formale del cubismo. Il traguardo comune è la totale eliminazione dell’immagine che rende l’ astrazione un puro mezzo di espressione. Il dadaismo si sviluppa in Svizzera, , terra neutrale in un periodo storico tormentato dalla prima guerra mondiale: è un movimento formato da artisti rifugiati che si contrappone alle atrocità della guerra. Si manifesta a Zurigo fra il 1916 e il 1919 per poi diffondersi a Colonia, Berlino, Hannover, Parigi. A New York nasce negli stessi anni un fenomeno simile a quello svizzero, del tutto indipendente da questo, e vi fanno parte Duchamp, Picabia, Man Ray. Il dadaismo denuncia il fallimento dell’’arte come rappresentazione, la sua nullità in quanto separata dalla vita. e si autoproclama, nel manifesto del 1919, un movimento antiartistico al fine di differenziarsi in modo palese per azzerare e ripartire da zero. Il ready-made (Duchamp , Man Ray, Picabia) è una forma che può definirsi antiartistica e che nasce come voluta provocazione contro l’insoddisfacente livello artistico del tempo. Il primo oggetto comune, che diventa “di fatto” un’opera d’arte per il solo fatto di essere esposto in mostra, è la ruota di bicicletta di Duchamp nel 1913.

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Fra i l suoi esponenti ricordiamo Harp, Ernst, Mirò, Dalì, Magritte. Se l’inconscio dell’uomo è ritenuto il grado più profondo e più vivo della realtà è naturale che i surrealisti sentano la necessità di intervenire nel sociale, di avere un atteggiamento d’opposizione, proponendosi il compito di coinvolgere tutte le arti. Giovanna Arancio

Marcel Duchamp

E’il primo esempio di ready-made cui seguiranno diversi altri casi nel corso del novecento, specie da parte dei dadaisti. Il costruttivismo russo fa riferimento al 1913, data dei progetti di Tatlin, pittore e scultore di rilievo del movimento. La corrente però prende avvio negli anni venti con l’obiettivo di un’arte a servizio del sociale. Questi artisti (El Lissitskij, Moholy Nagy) si oppongono vivamente all’”arte per l’arte” a favore di una pratica diretta alla costruzione secondo il concetto di struttura, valevole anche per le arti plastiche e pittoriche. Il costruttivismo rimanda in parte alla scuola d’arte tedesca, il Bahaus, attiva durante la repubblica di Weimar e fondata nel 1919 dall’architetto Gropius che concede anche largo spazio alle arti applicate e alla grafica: vi insegnano maestri del calibro di Kandinskij , Klee , Feinenger, ma la scuola fu chiusa con l’avvento del nazismo. Il surrealismo ha basi letterarie (le poesie di Mallarmè, Rimbaud,..) e André Breton ne firma il primo manifesto nel 1924; E l’obiettivo del gruppo è palesare la complessità della psiche con la tecnica della scrittura automatica che consiste nel lasciare piena libertà all’inconscio facendo lavorare senza progetti il pennello o la penna.

Rene Magritte

Salvator Dalì

Man Ray,

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LA SECONDA PARTE SARA’ PUBBLICATA NEL PROSSIMO NUMERO DELLA RIVISTA


Artisti Centro Culturale Ariele

Nasce a Venosa in Basilicata. Vive e lavora a Torino. Segue i primi studi artistici presso il maestro Lillo Dellino di Bari. Cresce in un ambiente intellettualmente stimolante, frequentato da musicisti, letterati ed artisti. Nella prima giovinezza si trasferisce a Torino dove frequenta lo studio di disegno del maestro Giacomo Soffiantino e in seguito l’atelier di Giorgio Ramella. Nella città di Torino, dove apre un laboratorio di disegno e pittura, si confronta con diverse ed importanti esperienze nel campo delle arti visive. Fra queste sono da evidenziare l’avvio del Centro Culturale Ariele, tuttora vitale, la gestione di spazi espositivi, la realizzazione di unna rivista d’arte diffusa a livello nazionale.

Enzo Briscese

Come pittore elabora, attraverso una personale e rigorosa ricerca, una poetica coerente con il suo impegno sociale ma, soprattutto, capace di comunicare la sua forza espressiva grazie alla resa sicura del segno e ad un colorismo raffinato. I cicli tematici si susseguono declinando diversi linguaggi all’interno dei percorsi del figurativo e dell’astratto, densi di rimandi storici e di sapienti contaminazioni. Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali in Italia e all’estero. sito web: www.facebook.com/enzo.briscese.9 mail: enzobriscese6@gmail.com cell: 347.99 39 710

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Artisti Centro Culturale Ariele

Alderucci Corrado è nato ad Avola (SR) il 21 Luglio 1946, arriva a Torino nel Novembre del 1961, dove vive ed opera ,in via Giacomo Balla 1/a. Nell’anno 1963/64 frequenta il Liceo Artistico “ Vittorio Veneto “ di via Pomba a Torino, sotto la guida del compianto maestro Pontecorvo. Nel 1965 sospende gli studi per la morte del padre e per tre anni frequenta i corsi serali ENALC per cartellonistica e grafica , dove incontra il compianto maestro Bercetti. dal 1966 ad oggi partecipa con successo a mostre collettive,

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Corrado Alderucci

concorsi e rassegne organizzate dalle Associazioni e Gallerie: Andrea Zerbino, Arte Città Amica, Galleria Europa, Piemonte Artistico Culturale, Arte Totale, Galleria Ariele , Galleria20, Cral Regione Piemonte , Amici di Bene Vagienna e altri ancora. mail: corrado.alderucci@asa-pro.it sito: www.artavita,com cell. 393.17 16 51


Artisti Centro Culturale Ariele

Figlia della pittrice Jindra Husáriková e dello storico d´arte Jaroslav Mráz é nata in Rep.ceca dove ha vissuto la sua infanzia nell´affascinante cittá termale di Karlovy Vary e l´adolescenza a Praga, dove ha conseguito la maturitá classica. Al raggiungimento della maggiore etá Šárka si é distaccata dalle proprie radici, ma le opere della madre l´hanno accompagnata nella sua nuova dimora. Sicché che la sua naturale ed ereditata predisposizione non si é lasciata reprimere per sempre e in un nuovo ambiente nascono come frutto del piacere e naturale necessitá i suoi primi dipinti che in poco tempo maturano raggiungendo una posizione seria, professionale. Dopo aver visitato in compagnia di sua mamma, giá stimata artista in gran parte d´Europa, i luoghi piú significativi per lo studio e l´approfondimento della storia dell´arte, si dedica per lo piú alla ricerca dei nuovi approcci per poter esprimere le profonde emozioni

Sarka Mrazova

e messaggi che la sua interioritá le invia riportando in vita antichi e recenti ricordi. Si dedica ai collages, alla pittura su anfore, ceramiche, mobili antichi approdando cosí alla sua prima mostra personale in Italia dei dipinti ad olio nel 1995. Da allora ad oggi, prediligendo la pittura ad acrilico, ha partecipato a decine di mostre collettive sia in Italia che all´ estero e ha proposto la sua arte nelle svariate mostre personali o doppie personali / con J. Husáriková, Enzo Briscese/ a Torino, Praga, Spoleto, Brno, Karlovy Vary e altrove, l´ultimissima a gennanio-febbraio di quest´anno alla Galleria Otto Gutfreund a Dvůr Králové .Le sue opere con la loro risonanza ci assicurano che l´eterno desiderio dell´uomo di armonia, bellezza e di liricitá é tuttora vivo ed é ancora in grado di colmarci di felicitá anche nella vita odierna. mail: sarka.mrazova62@gmail.com

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Artisti Centro Culturale Ariele

Miriam Levi, fotografa emergente, nasce a Torino nel 1998, si diploma al Liceo Classico Alfieri di Torino nel 2007. Il suo interesse per la fotografia ha la possibilità di approfondirsi nell’estate 2006 durante la quale partecipa ad un progetto di volontariato fotografico che ha luogo in Sud Africa dove ha modo di misurarsi con un contesto naturale del tutto diverso da quello fino ad allora conosciuto. All’estremo sud del continente africano si confronta, come artista, con fauna, flora, ritratti, paesaggi, che la entusiasmano, la stimolano a sperimentare e l’aiutano ad acquisire buona padronanza tecnica; inoltre la luce, i luoghi, “l’immersione” quotidiana in un mondo “altro” fanno affiorare in lei nuovi aspetti interpretativi particolarmente singolari. Il suo lavoro contribuisce alla costruzione di una banca dati fotografica per una Associazione non governativa. Decide di proseguire gli studi assecondando la sua inclinazione creativa e si reca nel Regno Unito per perfezionare la formazione artistica iscrivendosi al corso di laurea in fotografia presso Edimburg Napier University, in Scozia. Nel 2018 realizza un servizio fotografico “Orizzonti asiatici” incentrato sulla vita e costumi in Thailandia e Cambogia, paesi visitati nell’estate di quell’anno: il servizio viene pubblicato sul Bimensile di arte e cultura “Rivista20” nel numero autunnale di settembre-ottobre.Fotografare e viaggiare sono vitali per Miriam, la quale, appena le è possibile, va alla ricerca di nuove terre e culture da conoscere e da vivere come artista. E’ a Londra, che la giovane fotografa ha deciso di partecipare quest’anno con

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Miriam Levi

tre opere fotografiche all’evento collettivo “UJS incubator 2019” (Unione studentesca ebraica – Incubatore 2019) che indaga il rapporto tra gli studenti ebrei ed Israele . Dal 2 al 16 novembre 2019 parteciperà con una fotografia astratta ad una importante rassegna chierese “Astrattissima 2019 – II edizione” realizzata dal Centro Culturale Ariele di Torino. Il lavoro di ricerca e sperimentazione della giovane artista è promettente e tuttora in corso: il suo è uno studio condotto con rigoroso impegno e appassionata partecipazione.

sito: miriamlevi.com Instagram: @_levimiriam_


Artisti Centro Culturale Ariele

Roberto Vione

nato a Torino il 30 aprile 1954, Diplomato al Liceo Artistico di Torino. Allievo di Tabusso, Soffiantino, Chessa, Surbone, Cordero, Brazzani, ma soprattutto di Beppe Devalle, che a soli 15 anni lo chiama nel suo studio per lavorare alla ricerca concettuale per la realizzazione di una grande opera di pittura-scultura sulla scia dell’opera African Tree. Durante questo periodo porta a casa dallo studio i “compiti” per giocare con i colori, (Klee, Kandinski, Mirò e Picasso sono i punti di riferimento) fino al trasferimento del maestro Devalle a Brera. Il momento del distacco dal maestro Devalle segna un primo grande momento di crisi che sfocia nel tentativo di allargare lo spazio creativo a tutti i livelli. Attore, autore di testi teatrali e pittore, dal 1976 al 2004 lavora in laboratori di arti figurative ed espressione pittorica nelle scuole di Torino ( Coop. Della Svolta, Teatro del Canto, Teatro in Rivolta, Progetto Muse), lavorando nel frattempo come mimo lirico e acrobata al Teatro Regio di Torino. Viaggia per molti anni in India e Nepal a riempirsi gli occhi di colori ed a assorbire le violente emozioni di paesi che vivono mille contraddizioni. I colori dell’oriente sono gli stessi che cercherà di trasferire nella vita e nei quadri. L’anima del viaggiatore è come uno spazio vuoto bisognoso di riempirsi di immagini ma il viaggio non è cosa sempli-

ce, non è un movimento da A a B, neppure è solamente un leggero tocco di pennello o uno svolazzare di un foulard di seta, il più delle volte è una ragnatela di linee e curve che nascondono il punto di arrivo e il punto di ritorno, basta un piccolo passo in più o in meno e tutto cambia, anche la prospettiva di una sfera perfetta. Preferisce non stilare un elenco di partecipazioni a mostre e collettive ma preferisce citare le realtà in cui è stato coinvolto che non prevedevano nessuna logica di profitto, quali la partecipazione a varie mostre con il Centro Culturale Ariele di Torino e l’Associazione MegaArt di Corchiano di cui è socio, la pubblicazione sul catalogo YearBook 2019 dell’Associazione Scacchistica Italiana giocatori per corrispondenza ( e qua bisogna ricordare che Marcel Duchamp giocò a scacchi anche per corrispondenza) di otto pagine con 14 immagini di quadri dedicati al gioco degli scacchi, grazie all’interessamento e alla ricerca di Maurizio Sampieri, capo redattore del Catalogo, gli inviti della gastronomia Sapori di Gea di Bussoleno e del Comune di Bussoleno (che mette a disposizione la prestigiosissima Casa Aschieri, la casa medioevale che fu modello per la realizzazione delle case del Borgo Medioevale di Torino) per la realizzazione di mostre personali. Pagina facebook : vione roberto art

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Artisti Centro Culturale Ariele

Diplomata al Primo Liceo Artistico di Torino nel 1969, allieva di Casorati, Terzolo e Chessa. Regista, attrice, esperta di Teatro d’Ombre e del colore nell’Ombra torna a dipingere nel 2013 per approfondire questa forma espressiva, dare risposta alle domande della sua anima e mantenere vivo il fuoco della passione e l’entusiasmo della creatività. Anna appartiene alla categoria dei curiosi del mondo e della vita e come tale la strada che ha scelto nella pittura è quella della ricerca estetica della sperimentazione dove il gesto, il segno, la luce e il colore sono protagonisti. Attratta dalla figura , dalla luce che la lambisce e la penetra, che la scompone e la trasforma facendola vibrare. Ama dipingere forme femminili che si lasciano trasportare dai loro pensieri che irrompono nella composizione pittorica diventando tangibili e presenti nella costruzione del dipinto come le figure stesse.

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Anna Mostacci

Figure aggraziate, ma tutt’altro che “solo belle”. Sono figure che vivono, che soffrono che gioiscono, che diventano ambigue e capaci di coinvolgere chi le guarda fino ad obbligarlo a porsi le stesse domande. Identifica nella pittura ad olio il linguaggio più adatto al proprio sentire, ma spesso si lascia incuriosire dalle tonalità che offrono gli acrilici, dalla matericità della sabbia che impastata al colore conferisce tridimensionalità alle sue figure aumentandone la sensazione di “presenza” fuori dalla tela. Ultimamente la sua ricerca verte sulle trasparenze e sui colori tenui e si lascia trasportare dai pensieri e dalle emozioni che animano la figura o figure protagoniste del quadro comunicando uno scorcio del suo delicato mondo interiore. Anna Mostacci è socia del Centro Culturale Ariele di Torino. Pagina facebook : anna mostacci art


Artisti Centro Culturale Ariele

Ha frequentato il liceo artistico e l’ Accademia di belle arti di Torino - insegna materie artistiche al liceo artistico “ A. PASSONI” di Torino. Vive e lavora a Rivoli (TO). Mostre collettive e personali dal 1987 al 2018 ...le opere di Billia rivelano un’inquietudine categoriale che le rende sfuggenti, come del resto sono sfuggenti le sue immagini, costruite con particolari tanto eloquenti quanto evasivi, che colpiscono per la loro intensità, mai per la loro completezza.

Giorgio Billia

Questa continua indicibilità, questo continuo sottrarsi non è un’esigenza formale. E’ un’esigenza mentale. Il problema di Billia non è tanto quello di superare i generi espressivi. E’ già stato fatto. Il suo problema è quello di suggerire contrasti e irriducibilità, anche avvalendosi dell’opposizione dei mezzi espressivi. Elena Pontiggia mail : giorgio.bil21@gmail.com Cell: 338.50 00 741

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Artisti Centro Culturale Ariele

Ines Daniela Bertolino è nata a Torino dove avviene la sua formazione artistica. Si diploma al Liceo Artistico di Torino e consegue l’abilitazione per l’insegnamento dell’educazione artistica. Approfondisce la sua formazione frequentando l’Accademia di Belle Arti e i corsi di grafica pubblicitaria, successivamente si specializza per l’insegnamento agli alunni portatori di handicap. Frequenta il Corso Internazionale per l’incisione artistica presso l’ISIA di Urbino.

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Ines Daniela Bertolino

La sua passione per la pittura è molto precoce, fin da bambina manifesta un’attrazione particolare per il disegno e per i colori. Esordisce nel 1983 con la sua prima personale presso la galleria “Bodoni studio” di Torino. A questa prima esposizione seguono numerose mostre personali, collettive, riconoscimenti e premi. sito web www.inesdanielabertolino.it mail: inesdanielabertolino@gmail.com cell.: 340.67 71 992


Artisti Centro Culturale Ariele

Anna Cervellera, colorista di talento oltrechè competente e “completa” pittrice, espone due quadri a olio alla collettiva Torino Dreams presso la Galleria20 di Corso Casale. “Vele a Venezia” e “Dance of passions” sono due oli su tela di immediato impatto visivo anche se inducono a fermarsi per leggerne le potenziali chiavi di lettura ed entrare in comunicazione riflessiva con lo stato interiore dove prendono forma le creazioni dell’artista. Il rapporto diretto della pittrice con il colore e la materia si intreccia con la sua costante ricerca volta a declinare la tradizione

Anna Cervellera

con la contemporaneità. I soggetti (i paesaggi, le nature morte, il quotidiano) si trasformano e sempre più la vena espressionista si palesa rivelando uno sconfinamento nell’informale dove lo spazio figurato del dipinto si accende di colore e si frammenta o scompare tra i riverberi luminosi. Un’intensa liricità ricompone i dipinti. Giovanna Arancio mail: anna.cervellera@libero.it cell.: 347.46 22 341

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MARIO GIAMMARINARO

Mario Giammarinaro è nato a Torino nel 1951 Vive e lavora a Moncalieri (Torino) Allievo di Filippo Scroppo ai corsi di nudo all’Accademia Albertina di Torino e di Roberto Bertola alla Scuola di Arti Grafiche “Vigliardi Paravia“. Per trent’anni ha svolto la professione di grafico. Il suo è un viaggio attraverso resine, plastiche e colle da legatoria, affascinato sempre dal rapporto con la materia, come quella che l’artista ama definire “la poetica del silenzio“. Da tempo lavora su temi ambientali, dalle maree nere alle mareggiate e alle terre fossili, tra pittura, scultura e installazioni. https://mariogiammarinaro.wix.com/mariogiammarinaro mail: mario.giammarinaro@alice.it cell. 338.48 45 201

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Ma sei sicuro, avevo chiesto a Mario, sei sicuro di aver piacere di qualche riga scritta da me, che mi occupo di tutt’altro? Che seguo la televisione e le imprese effimere delle immagini su schermi sempre più piccoli, una volta televisori, ora tablet, computer, telefoni... Mario mi ha risposto di essere incuriosito proprio dal parere di una persona che non c’entra niente, uno spettatore esterno, abituato però a osservare molto. E così, prima di tutto, vorrei ringraziare Mario per la fiducia e per il suo lavoro. Per tutte le sue opere e in particolare per «Nostro Signore delle maree nere», sottotitolo «Padre nostro che sei nei cieli... restaci». Quel Cristo. Quel Cristo in croce a grandezza naturale, quella corona di spine incatramata come i pesci e i pin-

guini che guardano verso l’alto. Come a chiedere comprensione e solidarietà e perdono a quella figura di uomo in Croce che sta subendo le stesse pene che subiscono loro. Se si ripetesse la Crocifissione di Gesù, forse succederebbe proprio quello che ha immaginato Mario: Nostro Signore soffocato dai liquami, e la speranza molto lontana. C’è un’idea ambientale forte, nelle opere di Giammarinaro. E questa sua vocazione ambientale non è recente, dettata magari dall’urgenza del momento, tutta la sua attività artistica è permeata di ricerca sulla materia, quasi una «materia prima interiore», com’è stata correttamente definita. Le opere di Mario Giammarinaro mi fanno pensare alla maieutica socrati-

ca: l’arte di «estrarre» la verità. Ecco, è come se l’arte di Mario fosse quella di estrarre dalla materia la sua essenza più profonda, per reinterpretarla secondo un afflato morale che lo pervade. E intanto, la maestria della scultura, o delle installazioni, come penso sia opportuno dire, si effonde tra le sue opere. Diventa un’onda che coinvolge, affanna e consola chi guarda: e chi guarda inevitabilmente riflette, pensa, si inquieta o si dispera con quel Cristo finito nel bitume. Come una preghiera, forse laica, ma comunque preghiera. L’etimologia di pregare è domandare. E la prima domanda qui è: perché? L’artista non può rispondere, ma può interpretare, esortarci, scuotere le nostre coscienze. Alessandra Comazzi

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Mirella Caruso è nata a Sciacca, luogo di atmosfere mediterranee che l’ha sempre ispirata nei suoi dipinti. Si è laureata in Giurisprudenza e si è dedicata all’insegnamento di discipline giuridiche ed economiche. Trasferitasi a Torino ha approfondito i suoi studi di arte pittorica, a lei particolarmente cara, seguendo i corsi dei maestri Gian Cravero, Titina Alacevich e Dino Pasquero. Ha ottenuto piazzamenti d’onore in concorsi nazionali e internazionali; ha sviluppato nel corso degli anni, in contrapposizione all’arte digitale, una pittura materica, facendo uso anche della spatola al fine di dare dinamicità e vibrazione ai suoi quadri. Nel suo percorso artistico è da citare la mostra collettiva a

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Mirella Caruso

Mestre-Venezia presso l’atelier 3+10. Ha inoltre allestito una personale a Firenze nella Galleria Centro Storico, dove le è stato conferito il premio alla carriera. Tra le altre personali quella di Sciacca al Circolo di Cultura e la mostra al Container Concept Store di Torino. Ha inoltre preso parte a rassegne artistiche a Villar Perosa, Pescara e Torino, dove ha esposto nell’ambito di diverse collettive allestite alla Promotrice delle Belle Arti. Mostra collettiva a New York e a Madrid. e-mail: mire.caruso@gmail.com website:http://www.mirellacaruso.com/ tel.: 339.36 56 046


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Silenti attese piene di luce. Angelo Buono. Allievo di Emilio Greco ha sviluppato una tipologia pittorica di forte espressivitĂ tridimensionale virata ad esperienze fauves dai colori cangianti e luminosi.Figure essenziali,quasi effimere, si diramano sulla tela come femmine presenze plastiche, collocate in scenografici interni, con brocche, teiere, vasi e fiori di matissiana memoria. Sapiente la linea nera di contorno, lungo una sinuosa sinopia, che accentua il gesto signico del definire accademico in una dimensione di pura tensione. Eleganti modelle , evidenziate a biacca, ammorbidiscono le forme, le architetture quasi filmiche e neorealiste, generando una

Angelo Buono

piacevole asmosi tonale priva di ombre. I dipinti appaiono come suggestivi racconti esistenziali, in accadimenti intimi, frammenti di tempo perduto ed ora svelato da sottili percezioni compositivi, dove i colori primari si rilevano a metafisici sussurri della quotidianitĂ immagini lontane, raccontate da Angelo Buono con inedita poesia. Il silenzio pervade la tela,focalizza le numerose prospettive, a cende le sensuali atmosfere tra suggestioni di Luce e sottese presenze, uniche testimoni di la e riscatto. mail: angelo.buono49@gmail.com cell.: 346.72 40 502

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Artisti Centro Culturale Ariele

Lorenzo Curioni

Lorenzo Curioni, pittore brianzolo, intesse sulla tela un profondo rapporto tra l’uomo e lo spazio, una relazione per lo più giocata nell’habitat urbano dove la presenza umana traccia la sua storia e si affaccia facendo sentire i diversi ritmi della sua quotidianità o impregna di sé attraverso i segni del suo passato con cui ha imparato da sempre a coabitare. L’artista dipinge questa realtà complessa, ne conosce luci ed ombre. Inoltrandosi nelle sue periferie, facendosi largo tra gli interni dei suoi angoli più degradati od occhieggiando i luoghi deserti delle sue fabbriche dismesse si rimane catturati ascoltando il silenzio che ci investe e ci avvolge in un’atmosfera intrisa da questo inquieto legame uomo-spazio. Sono opere senza retorici rimpianti che ritraggono un mondo trascorso di intensa vita vissuta. Il novecento lombardo, con la sua rapida industrializzazione, ha lasciato un ricco bagaglio di fermenti, testimonianze, e nondimeno di arte, che arriva fino ai nostri giorni e con il quale

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il terzo millennio fa i conti. I pietrificati silenzi dei paesaggi urbani sironiani, le irrequietezze chiariste, i disagi e le speranze, che si vissero nell’epoca dell’inurbamento, si ritrovano in quella tradizione lombarda di cui Curioni porta i segni, naturalmente ormai lontani e rivisitati. In queste aree, che l’artista ricrea,viene tratteggiata la fine irreversibile di un’epoca e nel contempo ciò che appare in questa prima parte del terzo millennio: infatti gli spazi periferici , seppure anonimi, rivendicano una loro attuale identità collettiva, rivelano un loro modo d’essere all’interno di una tavolozza chiara fra gamme di grigi e celestini, terre tenui aranciate od ocracee, luci pacate e soffuse. I contorni delle cose sono leggeri, spesso al limite dell’accenno, mentre i piani cromatici si susseguono in profondità all’interno di una composizione di rigorosa coerenza. Giovanna Arancio mail: curionilorenzo@tiscali.it cell.: 340.97 24 174


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Aurora Cubicciotti

Aurora Cubicciotti nasce a Taranto nel 1972, ha studiato e si è specializzata presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli, attualmente vive e lavora a Parma, docente in Discipline Pittoriche nelle scuole statali Superiori. Primo Premio della critica Palazzo Pretorio Firenze, giuria Franco Zeffirelli. Vincitrice due volte del primo Biennale Internazionale dell’Incisione. Primo Premio Pittura Carlo Dalla Zorza Galleria Il ponte rosso Milano. Selezione speciale Casa di Dante, Firenze, 54^ Biennale di Venezia insieme al movimento Lex -Icon , Personale al Maschio Angioino di Napoli patrocinata dal presidente della Re-

pubblica Giorgio Napolitano. Attualmente le sue opere sono presenti in tre musei italiani, Napoli, Campagna ( Sa), Roma.Le principali mostre a Cadaques (Spagna),Wingfield (England), Barcellona (Spagna),Bages (France),London City, Firenze, Roma, Napoli, Parma,Torino, ed altre.

mail: cubyaurora@gmail.com cell. 339.18 38 913 27


SOCIETA’ DELLE BELLE ARTI - CIRCOLO DEGLI ARTISTI

CASA DI DANTE - FIRENZE

Nel 1843, per iniziativa di circa 400 Notabili Fiorentini e personalità di spicco nel mondo della cultura e dell’arte, venne costituita la Società Promotrice delle Belle Arti, il cui statuto ottenne la validità dal S.A.S. Il Granduca Leopoldo II di Toscana il 18 Agosto 1843. Successivamente nel 1855, per iniziativa di un gruppo di artisti di indiscusso valore, si era creata un’altra Società Promotrice di Belle arti in seno alla Fratellanza Artigiana; in seguito a lunghe trattative, durate circa due anni, le due società si fusero nel 1888 assumendo la nuova denominazione Società delle Belle Arti di Firenze. Tra i soci iscritti cominciarono ad affluire importanti artisti come Francesco Vinea, Federico Andreotti, Serafino e Felice de Tivoli, Vincenzo Cabianca, Odoardo Borrani, Stefano Ussi, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Silvestro Lega. Nel XX secolo entrarono a far parte della Società altri importanti artisti come Ardengo Soffici, Pietro Annigoni e Primo Conti e, si sono succedute mostre che videro la partecipazione di artisti come Francesco Chiappelli, Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Lorenzo Viani, nonché di letterati di rilievo tra i quali Giosuè Carducci e Sem Benelli.

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Inoltre fin dai suoi esordi vi entrarono a far parte le massime autorità, come i Granduchi di Toscana, i Reali d’Italia, il Duca d’Aosta, i Ministri degli Affari Esteri, dell’Interno, dell’Agricoltura, Industria e Commercio, della Pubblica Istruzione e Lavori Pubblici, il Grande Magistero dell’Ordine Mauriziano, la Società delle Belle Arti di Milano e Torino, il Municipio di Campiglia e poi, con la costituzione del Regno d’Italia, anche i Sovrani di Savoia. La Società di Belle Arti di Firenze si impegnò nell’affermazione del culto delle Arti e del Disegno e si fece promotrice di importanti esposizioni, eventi musicali, incontri letterari e di architettura. In tal senso, particolarmente rilevante fu la realizzazione nel 1914 del Palazzo delle Esposizioni nel pratello di San Gallo, detto il Parterre, su progetto dell’architetto Enrico Dante Fantappiè. Dopo i noti eventi bellici, il 29 ottobre 1957 la Società delle Belle Arti e per essa il suo presidente prof. Primo Conti, si fondeva con il Circolo degli Artisti di Firenze, presidente l’avv. Renato Zavataro, assumendo la denominazione di Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti di Firenze – Casa di Dante. La nuova Società ri-

prendeva così quel cammino storicoartistico improntato da forti valori e modelli tradizionali e da un indissolubile legame con la città fiorentina. La Società delle Belle Arti oggi La Società delle Belle Arti costituisce ancora oggi un fondamentale punto d’incontro e di scambio culturale vivo e vissuto da parte degli artisti. Per questo, si pone come obiettivo di mantenere integri i valori dell’arte, attraverso un’intensa attività espositiva e culturale (concerti, conferenze, incontri letterari), mostrandosi sempre sensibile a promuovere l’antica memoria e a coniugarla ad una uguale attenzione per i valori estetici, storici ed ambientali intrinseci all’operazione artistica. La Società, con la sua sede nel cuore di Firenze, possiede tre sale espositive per mostre personali o collettive, una sala per conferenze e concerti e, al piano superiore, un archivio storico. In maniera continuativa offre un ricco programma artistico-culturale animato anche da dibattiti sulle tematiche contemporanee ed è comunque a disposizione per artisti e collezionisti interessati ad esporre le proprie opere nella storica sede.


prima sala espositiva

Franco Margari Vive e lavora a Firenze: Inizia la sua esperienza artistica in campo grafico negli anni 80 e si specializza in tecniche incisorie, dai primi anni 90 si dedica contemporaneamente anche alla pittura. In questo arco di tempo ha qualificato la sua attivita’ espositiva partecipando a numerose collettive di prestigio e ha allestito molte personali, tra le più importanti quelle del 2000 alla Galleria Art Point Black con la quale ha presentato per la prima volta il suo ciclo “orizzonti”,così come in quelle al Centro d’Arte Puccini e alla Villa Medicea di Poggio Imperiale. Si ricorda inoltre la mostra del 2004 al Museo Diocesano di Firenze con 12 lavori ispirati al Vangelo di Giovanni, uno dei quali è presente nella collezione

ORIZZONTE tondo diam 80 cm

contemporanea del Museo e quella al Consiglio della Regione Toscana, dove ha esposto 20 lavori di intenso astrattismo evocativo, uno dei quali fa parte della Pinacoteca Regionale. Sempre nel 2004 ha partecipato al Concorso Internazionale Firenze e ha vinto il primo premio fiorino d’oro per la pittura. «L’artista – come rileva nel 2003 Giampaolo Trotta - approda all’informale, mantenendo un solido substrato ‘grafico’, proveniente dalla sua consolidata preparazione nel campo del disegno e della figura, qualità indispensabile anche per gli artisti che, con la loro opera, si distanziano dalle forme riconoscibili e prospetticamente costruite.

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Le sue forme astratte, - continua Trotta - disegnate con la plastica materica, increspata e tormentata del colore (talvolta dalle lontane eco tardogotiche della pittura tedesca di Matthias Grünewald o dei ‘segni’ moderni di Georges Rouault) dato con decisione attraverso ampie e veloci pennellate, disegnano linee spezzate ed elementi primari, spesso diedri elementari di cristalli, scomposti e frantuma-

seconda sala espositiva

Angiolo Pergolini Angiolo Pergolini, pittore e scultore nato a Firenze, dove risiede e lavora. La sua prima mostra significativa è in ottobre 2000 presso Galleria Mentana di Firenze. Nel 2001 espone a Ginevra in Europ Art e a Gent (Belgio) presso Flanders Expo. Dal 2003, oltre alla normale attività espositiva, partecipa, in collaborazione con la rivista Eco d’Arte Moderna, a varie edizioni del Premio Italia, del Premio Firenze ed alla Mostra Nazionale di Santhià, ricevendo premi e riconoscimenti. Dal 2005 è presente alla Fiera In-

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ti in una sorta d’esplosioni vitali. Ma è la luce, una luce bianca e pura come quella sognata dall’Umanesimo, che interviene plasmando e modificando la materia inerte». Ha fatto parte, nel 2006 del movimento “NE5” con altri 4 artisti fiorentini, coi quali ha partecipato a vari eventi fra i quali il più importante la mostra al Palagio di Parte Guelfa a Firenze.

terza sala espositiva

villaggi -tecnica mista su m.d 90x60

ternazionale “Immagina Arte” di Reggio Emilia. Le sue opere si trovano in collezioni private in Italia, Germania, Stati Uniti e Olanda ed in collezioni pubbliche nei comuni di Città del Vasto (CH), Pontassieve (FI), Barberino Val d’Elsa (FI), C.O.N.I Foro Italico – Roma, Libreria Bocca – Milano ed Eco D’Arte Moderna – Firenze. Hanno scritto di lui critici e storici dell’arte: Roberta Fiorini, Angela Sanna, Nicola Nuti, Ivo Gigli, Lucia Mongardi, Sonia Salsi, Silvia Ranzi, Daniela Pronestì e Virginia Bazzechi.


ragazza uscita dal mare cm 70x120

anna.cecchetti44@gmail.com Sito: www.annacecchetti.it

Anna Cecchetti Anna Cecchetti dipinge da sempre e dal 2000 si è dedicata anche alla scultura a Pietrasanta. Tra l’altro realizza gioielli in marmo con oro e pietre preziose. Di rilievo il periodo dei grandi ritratti ad artisti e poeti fiorentini, in esposizione permanente all’Ospedale Palagi di Firenze. In questi ultimi anni ha festeggiato il suo Cinquantennale Artistico con una Personale a Forte dei Marmi ( Museo Guidi e Hotel Logos ), una Antologica a Firenze in Palazzo Medici Riccardi, una Personale al Lu.C.C.A. Museum – Lucca Center of Contemporary Art , una Personale a Firenze nel Palazzo del Pegaso. Nel giugno 2016 Le è

stato assegnato , nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, il premio Caterina de’ Medici . Principali eventi del 2018 : interscambio artistico con la Cina e doppia Mostra Auditorium al Duomo Firenze/Meibo Art Center di Shangai; omaggio a Franco Zeffirelli con donazione di un ritratto del Maestro al Museo Zeffirelli; onorificenza della Targa “ Premio Ponte Vecchio Nell’ottobre/novembre 2019 ha festeggiato i 55 anni di attività artistica con una Personale di pittura dal titolo “ Inno alla vita – salviamo il mondo “ nella Sala Conferenze della Biblioteca delle Oblate.

la natura imbrigliata

Francesca Guetta Francesca Guetta è nata a Firenze, dove tuttora vive e lavora. Ha partecipato a numerose rassegne artistiche e concorsi sia in Italia che all’estero ricevendo diversi premi e riconoscimenti. Tra le recenti mostre personali si segnalano nel 2015 : “Un chicco, un profumo per il mondo… aspettando l’Expo”, Istituto Agronomico per l'Oltremare - Ministero Italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo - Firenze; “Un caffè con Michelangelo ed i Futuristi “, Società delle Belle Arti, Circolo degli Artisti, Casa di Dante - Firenze ; nel 2016/2017: “ Un regalo ad Arte “, Tornatora Art Gallery - Roma; nel 2017 :esposizione in modalità mini personale all’interno della Mostra d’Arte Contemporanea “Artisti in San Lorenzo”, cripta della Basilica di San Lorenzo, Salone Donatello, Firenze; nel 2018

: “Dialoghi in divenire “, Simultanea Spazi d’Arte, Firenze; nel 2018 : “Frammenti di storie e colori “, Complesso Monumentale del Polo Museale dell’Ex Monastero dei Benedettini , Sala Pietro Novelli, Monreale (Pa) ; nel 2019 : “ Tra Surrealismo ed Astrattismo – Tre percorsi paralleli “, Società delle Belle Arti, Circolo degli Artisti , Casa di Dante, Firenze. ; esposizione in modalità mini personale all’interno della Mostra “ Terra Madre “, Società delle Belle Arti, Circolo degli Artisti, Casa di Dante, Firenze. Le sue opere sono pubblicate in più di cento cataloghi editi in occasione degli eventi espositivi a cui ha partecipato. mail info@francescaguetta.com Sito www.francescaguetta.com

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Giuseppe Cavallo Per la ricerca della realtà occorre considerare la struttura, tutto quello che ci circonda e noi stessi siamo fatti di elementi organizzati in strutture, è la struttura con le sue infinite combinazioni che interagendo con la luce colora il mondo e crea diversità, tutto questo avviene seguendo regole ben precise. Sono un pittore, il lavoro di studio e misurazione lo lascio ai tecnici, io ho l’obbligo di usare la fantasia, la struttura me la sono immaginata come appare nei miei lavori, guazzi dove la regola non esiste, dove prevale l’aver maturato

Gualtiero Risito Nato a Firenze il 10 Gennaio 1947, vive e lavora a Sesto Fiorentino. Autodidatta, ha sentito la necessità, alla fine degli anni Ottanta, di approfondire le basi tecniche ed artistiche del disegno e del colore frequentando l’istituto Raimondo Riachi di Firenze, dove ha studiato nudo dal vero. La frequentazione con altri artisti, fra i quali quelli dello Studio 7, e con numerose associazioni culturali, ha posto le basi per diversi legami di amicizia e di collaborazione duraturi nel tempo. Un gratificante lavoro collettivo con gli amici dello Studio 7 è stata la realizzazione dei paramenti della cappella della Casa di Riposo La Mimosa in Campi Bisenzio (Fi), benedetti, nel corso di una cerimonia, dal cardinale di Firenze Silvano Piovanelli.

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un senso estetico frutto dell’aver visto migliaia di opere, imbrattato altrettante migliaia di superfici, dalla carta al legno e metallo, passando per la tela e la ceramica, dove l’assonanza è un caso, perché come in natura, prevale la dissonanza e comunque nelle dissonanze scoprire una forma che abbia la semplicità e la bellezza di un diamante grezzo, la preziosità di una pagliuzza d’oro o la sorpresa che suscita un pezzetto di pirite con i suoi prismi abbozzati e la rugosità dei diversi elementi che la compongono, il naturale è questo, questa è la realtà.

Labirinti

È presente nel mercato dell’arte da diversi anni, ottenendo favorevoli consensi dalla critica e successi in ambito di varie manifestazioni culturali. Alcuni suoi lavori sono allocati in locali pubblici e privati: Carabinieri a cavallo nella Sala conferenze del Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri in Borgognissanti in Firenze; a Villa Gisella a Firenze il ritratto di Enrico Caruso. Un ritratto della Beata Bettina si trova in un tabernacolo di San Piero a Ponti (Fi) e un’opera con lo stesso soggetto è presso il fonte battesimale nella chiesa di Santo Stefano di Campi Bisenzio (Fi). Una tela ad olio raffigurante Abramo è collocata nel convento delle Suore Carmelitane di Santa Teresa a Firenze.


Paolo Lanteri

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Roberto Romoli

premio Internazionale Cremona. Hanno scritto :Duccia Camiciotti, Pier Paolo Castellucci, Roberta Fiorini, Isabella Lapi, Paolo Levi, Giuliana Matthieu, Nicola Nuti, Tommaso Paloscia, Paolo Rizzi, Pierfrancesco Listri. Suoi lavori sono pubblicati su “ Arte Mondadori “ n. 308, 310, 315, 316, 321, 325, 327, sul “ Catalogo dell” Arte Moderna Italiana” n. 33, 35, 36, edito da G. Mondadori e sul catalogo “ Ecom “ del 2000. Documentazione della sua attività è reperibile al Kunsthistorisches Institut di Firenze.

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Paolo Lantieri è nato a Messina e ha studiato in Brera, a Milano. Risiede a Firenze, dove ha frequentato la scuola di Primo Conti all’ Accademia di Belle Arti e si è laureato in Architettura. Attivo sin dagli anni sessanta, ha partecipato alle fiere di Bari, Palermo, Milano, Firenze, Vicenza, Padova, New York, Gent. Nel 1998 gli è stata assegnata la medaglia d’oro al III Salon des Arts en Méditerranée a Bastia, in Corsica, ed è stato invitato alle manifestazioni fiorentine “ Firenze oggi - arte in galleria “, “ Novecento i temi della tradizione figurativa “, XIV “ Premio Firenze “ e alle Fiere “ Art International “ a New York ( Stati Uniti) e “ International Art Fair 20th Century “ a Gent (Belgio),

Nato a Firenze il 25 Luglio 1947. La mia attività artistica inizia negli anni sessanta frequentando la Piccola Accademia di Pittura e successivamente corsi di nudo, dove faccio amicizia con alcuni colleghi che poi diventeranno cofondatori dello Studio 7. Qui, ho avuto incontri sull’arte con vari artisti fiorentini di tutte le tendenze pittoriche. Questa esperienza è stata per me fucina per la mia formazione pittorica e culturale, dove apprendo il concetto”IDEA e FORMA”, cioè, trasformazione del pensiero in concretezza pittorica, quindi un modo per esprimere e comunicare il proprio pensiero attraverso forma e colore. La mia pittura tende ad essere una espressione surreale

e simbolica, dove il pensiero va al di là della realtà, dando vita ad una concettualità creativa, espressione del mio percorso di vita. In essa avvengono riflessioni che mi portano a staccarmi dal reale con fragili bolle di sapone oppure volteggiare con i miei palloncini nel mio mondo utopico, per poi tristemente tornare nella mia realtà quotidiana, dove tutto corre freneticamente e ti sfugge di mano. Le mie tele trasudano di emozioni utopiche, ma tali espressioni vivranno sempre in me, fino a che l’uomo non prenderà conoscenza della sua crudeltà e della sua ipocrisia con la speranza che si possano creare i presupposti di un mondo più libero, sereno e socialmente equo

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Scuola d’arte - santonania - Legnano CORSO DI PITTURA INFORMALE - Studio dei materiali, conoscenza delle tecniche con diversi metodi di rappresentazione. - studio delle campiture di colore ad olio utilizzando le tecniche, primi interventi di segni gestuali, pianificazione della espressione Informale. - studio delle masse di colore che creano armonie negli accostamenti del colore, creazione profondità, punti luce e intervento segnico. Via Roma, 17 Legnano (MI) info@accademianania.it

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Scuola d’arte Milan Accademi of art. Maestro: Simone Nania Via Gian Giacomo Morra,5 Milano . La scuola da una formazione classica, si insegna ritratto, figura con modella dal vero. studio del colore. Per inf.tel. 333 968 9994

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L’ARTE CONTEMPORANEA INTERNAZIONALE VIAGGIA ONLINE IL MAESTRO GUADAGNUOLO PRESENTA LA SUA “NASCITA DI VENERE” – “MORTE DELL’ARTE” L’Evento diventa virtuale di fronte alla crisi del Coronavirus La Morte dell’Arte. Considerazioni. * In questi giorni guardavo con interesse la “splendida e terribile” scultura titolata “La Morte dell’Arte” (uso la M e la A al maiuscolo per sottolineare il dovuto rispetto per tali parole) del versatile artista e uomo di cultura Francesco Guadagnuolo, pensando al significativo, diretto e crudo messaggio che essa contiene. Guadagnuolo, ben conosciuto e apprezzato internazionalmente, anche in questa occasione è andato al dunque in modo chiaro, senza orpelli o tentennamenti, gettando nelle acque di un ipotetico stagno, sempre più superficiale, amato e frequentato da certi asettici ambienti che si autodefiniscono “culturalmente impegnati e preparati”, un “sasso”, consistente in un’opera quanto mai interessante che fa riferimento ad uno dei capolavori dell’Arte, cioè la “Nascita di Venere” di Sandro Botticelli attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi, a Firenze. Provocazione? Certamente, ma la ceramica di Guadagnuolo con la sua potente simbologia, non si allinea a quelle sempre più deficitarie “provocazioni” ormai tanto di moda che, grazie ad abili movimenti di mercato, a critici e storici dell’arte e ad altri spesso profumatamente pagati, portano alle più grandi altezze anche comunicative sculture, dipinti e installazioni connesse ad una illusoria provocazione che personalmente definisco “polvere di niente”. Come critico d’arte e giornalista – anche se mi sento sempre più “diverso”, ma non sono l’unico – accetto la provocazione allorché fa pensare “con equilibrio” quando è intelligente e non volgare e non casuale. Chi mi legge, non conoscendomi, a questo punto potrebbe dire che sono troppo severo, ma ribadisco ciò in cui credo e cioè che tutti, indistintamente, devono avere la possibilità di esprimersi e, nel caso della cosiddetta “creatività”, pure di esporre i propri lavori. Per me è un obbligo morale guardare e ad analizzare con sempre maggiore attenzione la scultura di Guadagnuo lo perché noto che, con il passare degli

info@guadagnuolo.it

anni, tanta gente ha sempre meno tempo di leggere per i motivi più vari e vedo pure un certo allineamento didattico verso il basso e una odierna confusione nell’universo dell’arte, “La Morte dell’Arte” è un’opera che può diventare non tanto un simbolo contro l’ignoranza generalizzata nell’ambito artistico, bensì una vera e propria “luce-messaggio” direzionata verso una collettività imbrigliata dalla “non arte”. Vorrei esser più esplicito facendo nomi e cognomi di artisti, meglio de

finirli “pseudo-artisti” in quanto, se li si nomina, usufruirebbero del clamore e della notorietà che cercano a tutti i costi e con ogni mezzo, tant’è che, avvalendosi di un certo potere comunicativo, sono riusciti a fare una sorta di lavaggio del cervello a chi pensa all’erronea dicitura per cui il termine “famoso” va sempre abbinato al “bello”. Poiché ho visitato mostre personali e di gruppo, guardato sculture d’arredo urbano, frequentato da decenni fonderie d’arte e spazi per la lavorazione del marmo, studi privati, musei e

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altro ancora, non riesco e non voglio starmene in silenzio, dato che la morte dell’Arte si avvicina sempre più ed è incombente. Non ‘sparo’ a vanvera, dico soltanto che oltre a me ci sono altre persone stanche di essere “prese per il culo”. La frase non è volgare bensì pertinente; basta sfogliare un qualsiasi vocabolario di lingua italiana ed alla parola “culo” leggeremo: “Prendere, pigliare per il c., (fig) (…) imbrogliare”. A quella che chiamo “bellezza/contenuto” – questione non legata alla figurazione o all’astrattismo e argomento troppo vasto per essere trattato in queste mie semplici considerazioni – si va contrapponendo la valanga della malafede e della casualità che, andando a braccetto, stanno recando un diretto danno a chi crede ancora che l’Arte autentica sia un mezzo di crescita intellettuale. Francesco Guadagnuolo ha simbolicamente deposto nella bara la botticelliana “Nascita di Venere” per dirci dell’estremo saluto che, ‘grazie’ all’invadente inquinamento artistico, la nostra società sempre più ricca di conquiste, va subendo senza che ci sia un’opposizione. E allora qualcuno potrà dirmi: “Che ci vuoi fare Lodovico... questa è la vita..., l’arte va avanti e si diversifica! Ci sono i concetti e le idee spesso contano ben più di quel “mestiere d’artista” che c’era una volta e in cui tu, già anziano critico d’arte, credi ancora. Dopotutto a che serve saper disegnare e conoscere, magari, la storia dell’arte e l’anatomia, preparare la base per

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Nino Aimone 36

una tela o per una carta su cui lavorare ad olio o a tempera o ad acrilico, plasmare la creta e saper patinare, scegliere una materia o l’altra...? Ora c’è la virtualità!”. Senza entrare in merito a classifiche e alla sostanza di qualsivoglia lavoro fatto con onestà intellettuale e passione, è davvero malinconico dover giornalmente assistere sul palcoscenico di quella che dovrebbe essere l’Arte, alla tragedia di una vera e propria decapitazione – o meglio – capitolazione di ciò in cui da sempre si crede. Dato che vivo in una zona particolarmente attiva nella tematica artistica, anche se ce ne sono altre, per me è inquietante notare opere di alto livello accostate in modo definitivo o provvisorio, a vere e proprie “catastrofi estetiche”, che deturpano spazi esterni o interni, opere compiute da nullità (magari le hanno solo pensate e firmate, facendole fare ad altri), che vengono paragonate, proprio per il plauso di addetti ai lavori in malafede (singoli o collettivi), a certi Maestri, famosi e non, del passato e dell’oggi. Un’ultima considerazione: oggi è di moda l’apparenza e l’apparire, l’abito firmato – magari bruttissimo ma conosciuto – come pure le altisonanti oratorie di prostituti mentali che non di rado speculano su chi ama sperticatamente la lode. In più ci sono artisti che dopo aver dato molto all’arte, diventano quasi delle carte riciclate senza più nerbo, copisti di se stessi, elargendo, per la fama acquisita, opere svuotate di contenuto.

In troppi, anche nell’odierno collezionismo, comprano la firma e non l’arte. E’ poi particolarmente “di moda”, considerata la non conoscenza della storia dell’arte, il “copia-copia” particolarmente nella scultura: la presa in prestito di gessi di bellissime sculture greche o romane o michelangiolesche e farle rielaborare al computer, dandole nelle mani di tecnici, ovvero di abili artigiani (ma il grande artigianato è sempre più in crisi, scarseggia la manodopera giovane, il ricambio), copiarle mutandone la materia, magari aggiungervi segni e segnali. Lo sprovveduto, e ce ne sono, sarà sicuramente attratto dall’insieme... e comprerà. Un’altra ‘moda’ è quella di andare in una discarica di marmo e caricare un camion di scarti della lavorazione, aggiungervi gessi e forme rotte, non più utilizzabili, buttate via da una fonderia ed ecco la nascita di un’opera d’arte, poi collocata in una sede di prestigio. Se la sede è conosciuta, un museo o una chiesa dismessa, una galleria nota internazionalmente, allora in tanti casi la mostra è considerata “bella, esaustiva, interessante”, e la qualità va a farsi friggere. Cosa posso dire di più? Capirà, la gente, il messaggio di Francesco Guadagnuolo? Lo spero. Io sono con lui e se saremo in tanti a pensarla in modo simile, “la morte dell’arte” potrà attendere e forse scomparire. Lodovico Gierut Critico d’arte e giornalista Marina di Pietrasanta, marzo 2020.


MASSIMO FACHERIS - GABRIELE VICARI Il bergamasco Massimo Facheris al lavoro per la grande scultura in terracotta dedicata a Dante Alighieri (aprile 2020, foto Lodovico Gierut)

Fase iniziale della scultura di Gabriele Vicari dedicata a Gabriele D’Annunzio

“Che pure la Toscana, come altre regioni italiane, non si fermi nonostante questo terribile periodo, è cosa nota. Oggi – proprio per far capire che l’Arte non sarà sconfitta – propongo due immagini legate ad altrettante sculture in via di realizzazione che tra qualche tempo vedranno la luce. Si tratta di due ritratti. Il primo, autore il bergamasco Massimo Facheris, è legato ad un omaggio a Dante Alighieri, mentre il secondo, del lucchese Gabriele Vicari (di chiare origini siciliane), è per ricordare la presenza del poeta Gabriele D’Annunzio in Versilia, tant’è che la Fondazione ‘Versiliana’ di Marina di Pietrasanta, una volta fuso, ha già ufficialmente deciso di collocarlo all’inizio dell’estate proprio all’ingresso della famosa villa che nel 1906 ospitò il ‘Vate’. La sede del secondo, quando sarà terminato, non la sappiamo: chissà che leggendo la Rivista 20 qualcuno non lo richieda. Non serve la mia parola di critico d’arte per dire che saranno lavori molto belli, di contenuto, dato che li stanno realizzando due artisti seri, che con non moltissimi altri hanno la mia stima”. Lodovico Gierut

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Giuliano Censini

nasce a Sinalunga (SI) nel 1951, vive e opera a Torrita di Siena (Siena) . Diplomato all’Istituto d’Arte “ Piero della Francesca “ di Arezzo. (Sez. Arte dei metalli e dell’oreficeria) - Frequenta i corsi della facoltà di Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze – Consegue varie abilitazioni all’Insegnamentoper diverse discipline artistiche storia dell’Arte – Negli anni 1975 e 1977 frequenta , sotto la guida del M° Remo Brindisi i corsi di disegno presso L’Accademia di Belle Arti di Macerata – Dall’ A,S. 1973/74 e fino al 2010 è stato docente di “Design e Progettazione dell’oreficeria” presso gli Istituti d’Arte di Arezzo , Macerata, Pistoia e, ininterrottamente per oltre trent’anni presso l’Istituto d’Arte “Piero della Francesca” di Arezzo. – Gli annni 80 e 90 sono caratterizzati da svariati soggiorni/studio nelle principali capitali europee, tesi all’approfondimento di quelle specifiche realtà e alla conoscenza dei grandi maestri del passato e del presente di quei paesi. – Dagli anni 80 e, per oltre quindici anni , ha collaborato con importanti aziende orafe aretine per la progettazione di manufatti orafi. – Ha realizzato, sia in ambito pittorico che scultoreo, varie opere pubbliche nonchè specifici manufatti in materiale prezioso, utilizzati e collocati in precisi contesti civili e religiosi. – Ha illustrato, con tavole grafiche specifiche, vari testi letterari.- le sue opere sono utilizzate per servizi giornalistici su riviste di arredamento. – Da vari anni collabora con importanti aziende che operano nel campo dell’editoria sue opere vengono riprodotti poster artistici e commercializzati in ogni parte del mondo. –Ha partecipato a svariati conocorsi di pittura

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sia a livello nazionle che internazionale, conseguendo prestigiosi consensi e significativi riconoscimenti, quali la medaglia del Pontificato di S.S: Giovanni Paolo II , del Presidente della Camera dei Deputati e del Presidente del Senato della Repubblica . La targa delle Regione Toscana di Enti e Amministrazioni Pubbliche . Nel 2013 a Cefalonia ( Grecia ) è coordinatore della mostra “ italian Artist for Kefalonia “ dove un gruppo di artisti italiani interpretano con le loro opere i 70 anni dell’eccidio Ha dipinto negli anni 1974/ 75/ 77/ 78/ 82/95 / 2006 i drappelloni del Palio dei Somari di Torrita di Torrita di Siena e, negli anni 1989/ 90 /93/ 94/ 99 ha firmato i drappelloni del Bravio delle Botti di Montepulciano, oltre al Bravio Strardinario del1993 dedicato a Telethon. Negli 1999 e 2012 vince il concorso per la realizzazione dela Lancia d’Oro per la Giostra del Saracino di Arezzo. Nel 1993 progetta e realizza il calice in oro e lapislazzuli e della Pisside in argentopwer S.S. Giovanni paolo II , in occasione della Sua Visita Pastorale ad Arezzo Nel 2002 realizza per il parco San Domenico S.Domenico di Torrita di Siena il monumento in travertinoe cristallo “inno alla vita “ Negli anni 2006 /2009 realizza per la chiesa Nostra Signora del Rosario il grande ciclo pittorico “I misteri del rosario “ Tel 0577 687653 cell.349 2842711 giulianocensini@gmail.com www.giulianocensini.it


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Giuliani Caporali

Giuliano Caporali, nato a S.Mama (Arezzo) nel 1950, risiede ad Arezzo. Diplomato all’Istituto d’Arte si dedica da giovanissimo a collettive e concorsi di pittura. La sua formazione pittorica nasce soprattutto dalla volontà assidua di sperimentazione che ha concretizzato e sedimentato nei complessi rapporti tra materia e colore. Dal 1976, dipende dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è disegnatore presso la Soprintendenza di Arezzo. Ciò gli ha permesso di frequentare e studiare da vicino alcuni maestri del passato, da Piero della Francesca a Beato Angelico, dal Signorelli al Vasari al Cimabue, per i quali ha curato elaborati grafici per il recupero delle opere, collaborando ad allestimenti di mostre e progetti architettonici. A queste esperienze istituzionali, fondamentali per la sua crescita artistica, ha opposto un dialogo con la poetica dell’informale, traendo suggestioni dall’ambiente antico dei muri corrosi, dal rapporto tra tempo e spazio, tra pittura e architettura, natura e artificio. Della sua opera si sono interessati la stampa quotidiana e riviste specializzate.

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Franco Cappelli, pittore e scultore, è nato a Pistoia il 3 luglio 1949 ed è attualmente residente a Pistoia, luogo in cui opera con studi di pittura, scultura e ceramica. Dagli anni ‘60 inizia il suo lavoro artistico con il figurativo classico, passando per vari percorsi. Franco Cappelli lavora prevalentemente con moduli tridimensionali costituiti da due prismi posti in opposizione e leggermente distanziati, che vanno a formare un quadrilatero, il parallelogramma (di nuovo prisma). Queste aggregazioni, a volte ripetute costituiscono un sistema di unità che intende raffigurare, una volta dipinte con interessanti matrici geometriche, il frammento dell’unitàglobale rappresentata dall’idea metafisica che certa ricerca artistica storicizzata (vedi la teosofia

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Franco Cappelli

di Mondrian o nell’arte di Kandinskij) ha consegnato agli eredi della pittura non figurativa. Franco Cappelli fa parte del gruppo artistico “Gadarte” di Firenze, del gruppo artisti della Antica Compagnia del Paiolo di Firenze e dell’ associazione “Brigata del Leoncino” di Pistoia. Altra attività parallela alla pittura è la scultura, su pietra, marmo, metallo ecc, assemblaggi con materiali diversi e infine il plexiglas. Una sua opera fa parte della Pinacoteca della Regione Toscana. Partecipa a rassegne in Italia e all’estero. mail: francocappelli@hotmail.it cell.: 349.68 49 862


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Gina Fortunato è una delle più alte forme di raffinatezza dell’attuale panorama artistico italiano, che si manifesta sui supporti attraverso una tecnica di elevata fattura e un uso del colore e della luce di particolare spessore. Dalle sperimentazioni figurative post accademiche, la Fortunato ha trovato il suo percorso in due filoni fondamentali: l’astrattismo e la figurazione. Nelle sue opere astratte, l’artista di origini pugliesi declina l’attaccamento alla sua terra e ai valori, unitamente alla mentalità aperta al cambiamento; nelle sue opere, infatti, prevalgono il bianco e i colori della terra, con un uso costante anche delle tonalità di blu, che manifesta un animo profondo e orientato alla meditazione. La perfezione del gesto non è fine a se stessa, tanto meno

Gina Fortunato

si tratta dell’inseguimento maniacale di quanto osservato attraverso la vista; al contrario, nei colori e nei tratti delicati della Fortunato, assume l’esigenza di rendere la donna presenza importante, un punto esclamativo in un mondo che vede il gentil sesso ancora sminuito in molti settori del vivere. L’arte di Gina Fortunato è di grande livello, soprattutto perché si tratta di un’artista che, malgrado le costanti ricerche e sperimentazioni, ha già un percorso delineato, che ne configura uno stile inconfondibile. Critico d’arte Pasquale di Matteo sito web : www.ginaeffe.it mail: ginaeffestudio@alice.it cell.: 349.84 49 227

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LE OCCASIONI DEL SILENZIO, L’ARTE NEI LUOGHI DELL’ALTROVE di Rocco Zani

Antonio TRAMONTANO La mostra è un evento virtuale visitabile nella pagina facebook di “ad Arte in Dimora - Discovery of Urban Site” . L’idea, di Mariangela Calabrese, artista e Rocco Zani, critico d’Arte, è nata in seno al progetto ad Arte in Dimora – Discovery of Urban Site. Il progetto vede protagonista l’Arte in un percorso espositivo all’interno di dimore storiche che rappresentano veri e propri luoghi della memoria individuale e collettiva, con una serie di eventi già programmati sul territorio nazionale, e con la speranza di fissarne di nuovi oltre i confini. Le recenti e necessarie restrizioni che impediscono il naturale svolgimento delle nostre attività, ci spingono ad esplorare nuovi contesti e inediti percorsi. Nasce da queste considerazioni Le occasioni del silenzio, il primo appuntamento espositivo in cui l’originaria dimora si fa luogo virtualmente dischiuso allocando l’intera esposizione in un giardino per offrire al contempo una immaginaria e suggestiva passeggiata nella natura Il rischio di un abbandono riflessivo si fa marcato in questo tempo malconcio, come se lo spaesamento defluisse in una nuova condizione: di assenza, di vuoto, di vertigine. Tempo malato e non identificabile e pertanto capace di un inedito pencolamento. L’arte – finanche l’arte – sembra ritrarsi come bassa marea, riponendo lo sguardo e l’idea – falcidiati, offesi, imbarazzati – in un periferico largario di assenze. Come in attesa di un divenire smarrito, orfano di coordinate e accenti. Sarà di nuovo la memoria a ripristinare il volano? O tutto accadrà per ressa, per sfinimento, per lampi lunari? Resta oggi un crinale incerto su cui disporre sacchi di sabbia e incidere trincee d’avamposto. Non per difendere l’indifendibile piuttosto per testimonia-

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Alberto DALESSANDRO re la presenza – non già l’assenza – di un accampamento sopravvissuto, di anime in transito, di occhi che custodiscono – ancora – stralci di immaginifico.

Viviana FAIOLA


Ecco allora che Le occasioni del silenzio possono (e devono) essere altre e propiziatorie, epilogo di una temporalità non completamente esaurita ed esordio acerbo, al contempo, di rinnovate possibilità, di germinali traiettorie. Nasce in un mondo altro questa esperienza di comuni sguardi, senza un orientamento preallertato o come resa dei conti, piuttosto come voce estesa, guardiana, ventosa. Nasce nella bellezza del vuoto, come tassello testimoniale di un mosaico assai più ampio. E mai come ora senza confronto alcuno di echi e indizi, di affabulazioni o do parole non dette. Dieci autori come comunità. Ovvero luci diffuse in un attraversamento notturno, paletti di appiglio e di sosta. Per ognuno di loro, per ognuno di noi. Come i loro indirizzi cromatici, al pari dei segnali riposti sui piani o sull’indolenza del legno e del ferro.

Enzo SABATINI

Michele PERI Opere sospese tra i rovi e i fiori di un paesaggio che non è più emarginato o alveo occasionale, ma anch’esso universo finalmente (e diversamente) percettibile. Bagliore e presenza. anzi, pare quasi che le opere siano affidate alla magnanimità della natura, come figliolanza gracile tra le braccia e il cuore di una madre consolante. Affida al pronunciamento del rosso la “custodia del dire” Mariangela Calabrese, quasi a insanguinare le ore del cielo mentre il mare è cucitura ardita di aliti e boati. Sa di echi campestri e di memorie mai disperse il viaggio di Alberto D’Alessandro, di minuscoli crateri in cui le voci e gli occhi hanno trovato ripari appartati. Scie o traiettorie senza bavaglio sono quelle che Viviana Faiola accende sulla campitura come estrema e reiterata pronuncia di presenza. Di lotta, di sguardo. Anime o presagio per Elmerindo Fiore,

Elmerindo FIORE quasi a ribadire l’incustodita assenza, l’ombra generosa e la recita durevole che profetizza l’epilogo e di questo l’oltre. La pittura di Giovanni Mangiacapra consuma vertigini e attese e l’occhio penetra i vizi e l’inedia. Come folate di cenere per ridisegnare ipotesi di luoghi o cortili. Un dire di tracce tonali quello di Bruno Paglialonga, di indizi soffocati, quasi a sopprimere l’alito e l’argine della tela. Senza compromesso alcuno perché la scrittura sia incantamento e appiglio. Saldo e spoglio il tempo narrativo di Michele Peri. Arroccato sui cardini del tramonto – la sua ora – quando la terra gravida si offre alla luna e le litanie della ricordanza si fanno sagome. E’ luce profetica quella che Enzo Sabatini sparge e dilunga nella ritualità della forma. Incastonandola a mò di specchi minuti perché con essa – con la forma - tutto diventi lievito.

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Mariangela CALABRESE

Giovanni MANGIACAPRA La fusaggine si fa ferro e viceversa nel segno primitivo e sensuale di Jano Sicura. In un periscopico gioco di legature e intrecci – di abbracci e di rimozioni – tutto appare pronunciatamente sospeso. Trasparire, quasi fosse parola ormeggiata. E’ uno svelamento accecante quello che Antonio Tramontano sperimenta lasciando all’occhio lembi e varchi, sollievi e percettibili ragioni.

Bruno PAGLIALONGA

Jano SICURA 44


Maria Aristova

Vive e lavora a San Pietroburgo e membro dell’Unione degli artisti della Russia e di San Pietroburgo. Nel 2010 si è laureata presso l’Accademia Imperiale delle Arti intitolato a Ilya Repin, dipartimento di Eduard Kochergin. I suoi eventi artistici comprendono 15 mostre personali (una delle principali sono il Museo Anna Akhmatova,

San Pietroburgo, 2009, la galleria “Ariele”, Torino, 2010, Art-Muse, San Pietroburgo 2014, la Sala Bianca, l’Unione degli artisti, San Pietroburgo, Russia, 2015, HermitageVyborg, 2016) in Russia, Italia e Svezia e oltre 100 mostre collettive (Esposizione nazionale della gioventù 2010, la Casa degli artisti centrale, Mosca, Russia, 2010, ...

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sito: www.megaart.it mail: megaartassociation@gmail.com Mega Art - Via Roma, 29/b - Corchiano (VT) cell. 393.04 02 949

L’Associazione MEGA ART nasce nel lontano 2007 con l’aiuto di una prestigiosa galleria d’arte romana, la Tartaglia Arte. Poi nel 2017 abbiamo aperto la nostra Galleria d’Arte a Corchiano, prima nella sede della FCO - Fondazione Corchiano Monumento Naturale poi, successivamente, nella centralissima Via Roma al civico 29/b. Nella Galleria si allestiscono le mostre collettive dei nostri artisti associati che provengono da quasi tutto il mondo; organizziamo anche eventi dedicati ad una singola nazione – abbiamo infatti inaugurato le mostre degli artisti pro-

Claudio Giulianelli 46

venienti dalla Cina e dalla Grecia. Nella nostra Galleria d’arte si effettuano corsi di pittura e anche saggi di musica. Caratteristica fondamentale di questa Associazione è la cura nel selezionare i propri artisti dando estrema importanza alla qualità delle loro opere. Il nostro scopo è quello di dare la possibilità agli artisti di alto talento di poter proporre le loro opere nella galleria MEGA ART ed in altre a noi convenzionate a costi minimi... ci piace dire “C’è nell’aria un vento nuovo”.

Un amore bellissimo - 2018 - acrilico e olio su tela applicata su tavola cm 40 x 50


Augusto Barberini

Domenico D’Aria

Emiliano Alfonsi

La sperella - olio su tavola cm45x35

Respiro olio su tela cm 135 x 140

LUCIS GENESIS EST tempera e oro 22 kt su tavola 35x35x7 cm

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Ad Aversa, il futuro dell’arte contemporanea, fra anime e pensieri. Ad Aversa nel cuore della prima contea Normanna in Italia, nella storica piazza Mercato, a due passi dalle mura della Cattedrale di San Paolo - il Duomo della città - da circa tre anni, ininterrottamente, una ricchissima programmazione artistica anima le sale di Spazio Vitale. Una galleria d’arte contemporanea, dove si mescolano le anime e i pensieri degli artisti e dei collezionisti che la frequentano, centro di scambi culturali nella provincia di Caserta. E’ un luogo dove si fa cultura, in senso lato ma anche nel senso più ortodosso della ricerca contemporanea, è tale si appresta a restare nella sua articolazione programmatica, per ferrea volontà dei soci fondatori della galleria. Un nutrito gruppo di artisti campani in Spazio Vitale puntualmente si ritrovano. E’ la storia di una vita tanto breve ma tanto intensa, dimostrazione che il coraggio di investire in cultura ripaga sempre, al punto da premiare Spazio Vitale ad ogni vernissage con sale pienissime di ospiti. E’ l’esperienza di condividere il luogo della galleria come spazio di confronto, costruendo fruttuosi parallelismi, fra gli artisti della galleria in primis -cosa non scontata- e con altri mondi dell’arte, allungando lo sguardo su scenari internazionali, quali la Spagna. Dopotutto, sostenere una galleria è quasi una missione. Una cattedrale della cultura, in Campania poi diventa una scommessa, dall’esito non prevedibile.

Eppure Spazio Vitale, forte anche di un ampio terrazzo incorniciato da una favolosa fontana d’epoca è riconosciuto come luogo di libero scambio di idee ed emozioni. Di mostre, artisti e critici, in poco più di tre anni di vita, ne sono passati tanti. Per citarne solo alcuni gli artisti spagnoli Xavi Ferragut e Salvador Torres, con due rispettive personali, ma anche i potenti segni delle incisioni di Isabella Ciaffi, raffinata artista bolognese, sul tema insolito della “bianchezza della balena” ed ancora, gli ultimi lavori di Antonio Ciraci,

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racchiusi in “Mytho’s Portraits”, con catalogo edito dalla Gutemberg Edizioni. Inoltre, la ricca collettiva di “tentazioni connesse” e la mostra “trasfigurazioni” un’immersione nella ricerca fotografa di Pino di Meo, Rosanna Ascione, Barbara Cantiello, Antonio Russo. Gli artisti soci guardano già al dopo, al ritorno ad una diversa normalità della vita, dovendo superare l’esperienza traumatica del Covid 19 che ha congelato le distanze umane che per Spazio Vitale sono il centro motivazionale su cui gravita il proprio lavoro e alimenta la ricerca creativa. Servirà far leva sulle passioni, sulla buona qualità delle proposte, che quest’anno si apre alla collaborazione e agli scambi con la Francia e continuando a tessere le maglie di un dialogo con altre istituzioni culturali del territorio campano, fra le quali il Museo MACS di Santa Maria Capua Vetere. Michelangelo Giovinale


museo d’arte contemporanea statale

MACS Museo di Arte Contemporanea Statale Il MACS, Museo di Arte Contemporanea Statale, è stato inaugurato l’8 ottobre 2016. Il Museo, oggi, possiede una collezione di circa 500 opere di arte, donate da numerosi artisti di fama nazionale e internazionale. E’ situato in via Napoli, vico II, presso la sede del Liceo Artistico Statale “Solimena” di Santa Maria Capua Vetere ed è aperto al pubblico dal lunedì al sabato dalle ore 08.00 alle ore 14.00.

La raccolta, conservazione e l’esposizione di opere consente al Liceo Artistico di formalizzarsi quale polo culturale e sperimentale, diventando punto di incontro reale ed effettivo tra l’arte, cultura e scuola, realizzando uno spazio di libero confronto nel senso più ampio del termine, assicurando contaminazioni creative fra esperienze, stili, linguaggi, territori e generazioni.

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CAMPANIA

L’Arte diventa il mezzo per realizzare una didattica laboratoriale caratterizzata da multiformi codici, che rispecchia la civiltà e la cultura del nostro tempo, che valorizza il nostro territorio e la sua storia, promuovendo negli allievi la capacità di leggere e comprendere il significato delle opere d’arte, dei diversi stili, di valorizzare le esperienze personali, di acquisire consapevolezza e attenzione al patrimonio artistico. Dal 2016, il MACS è stato teatro di numerose attività, tra le quali, oltre alle presentazioni della collezione permanente, il vernissage “Voilà” sulle riviste Patafisiche, La rassegna “Mithra Sol Invictus” che quest’anno è arrivata alla quarta edizione, una rassegna internazionale “ Turismo con Arte” che ha visto coinvolti tre paesi, l’Italia, la Spagna e l’Uru-

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guai, i numerosi laboratori didattici che hanno interessato anche le scuole secondarie di primo grado delle città limitrofe. Il MACS non solo arricchisce la proposta culturale della città di santa Maria Capua Vetere, ma, di fatto, si propone come una spinta propulsiva in grado di costruire sinergie attraverso collaborazioni con le risorse del territorio e con il mondo dell’associazionismo, indagando i sentieri dell’estetica attraverso l’individuazione di dinamiche creative, anche emergenti. Responsabile museo MACS

Dirigente scolastico Alfonsina Corvino

Responsabile artistico

Vittorio Vanacore


Salvatore Acconcia Giovanni Balzano Raffaele Bova Decio Carelli Antonio Carotenuto Salvatore Chiarello Mario Ciaramella Antonio Ciraci Alfonso Coppola Giuseppe Cotroneo Giuseppina Cusano Loredana D’Argenio Carlo De Lucia Alessandro Del Gaudio Mario Di Giulio Antonio Di Grazia Giuseppe Di Guida Giovanna Donnarumma Mimmo Fabozzi Peppe Ferraro Maria Gagliardi Sergio Gioielli Antonio Graziano Gennaro Ippolito Maria La Mura Mario Lanzione Nicola Liberatore Federica Limoncelli Fabio Mariacci Enzo Marino Gabriele Marino Livio Marino Atellano Pasquale Mottola Nicola Neotto Russo Aldo Salatiello Mimmo Salese Gaetano Viglietti Nicola Villano

Germaine Muller Enzo Navarra Mimmo Petrella Felix Policastro Felice Re Nunzia Re Carlo Riccio Miriam Risola Gianni Rossi Donato Ruggiero Giovanni Ruggiero Antonio Salzano Raffaele Sammarco Maddalena Sardellino Rossano Sirignano Pasquale Tizzano Enzo Toscano Lucio Mayoor Tosi Enzo Trepiccione Vittorio Vanacore Maurizio Villè Francesca Zaccaria Elio Alfano Tommaso Arcella Luigi Auriemma Gennaro Caiazza Rocco Cardinali Umberto Carotenuto Luigi Caserta Cristina Cianci Fiormario Cilvini Anna Coppola Pasquale Coppola Fabio Santi Agostino Saviano Romualdo Schiano Ilia Tufano Raffaella Vitiello

Alfredo Cordova Crescenzio D’Ambrosio Diana D’Ambrosio Rosario Della Valle Deo’ Pietro De Sciscolo Prisco De Vivo Pina Della Rossa Loredana Della Rotonda Peppe Esposito Eduardo Ferrigno Francesco Giraldi Mauro Kronstantiano Fiore Andreja Hoinic Fisic Renato Iannone Alessandro Iavarone Rosanna Iossa Gaetano La Monaca Pino Lauria Adele Lo Feudo Antonio Longobardi Angela Marra Francesco Matrone Aldo Morrone Domenico Napolitano Adriano Necci Maya Pacifico Luigi Pagano Maria Palma Vittorio Pannone Marco Pili Sara Pistilli Anna Pozzuoli Mario Raviele Peppe Ricciardi Gennaro Ricco Federico Righi

MACS ARTE CONTEMPORANEA VIA NAPOLI VICO II ZONA S. ANDREA SANTA MARIA CAPUA VETERE CE TEL. 0823 847316

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Artisti Centro Culturale Ariele

Dalle sue opere emergono una sicurezza e una padronanza cromatica, che discendono dallo studio dei grandi maestri del novecento italiano come Renato Guttuso e Renzo Vespignani nonché dall’espressionismo tedesco ma con un suo modo di interpretazione e sopratutto con una forte personalità. Discepolo Girardi potrebbe anche non firmare le sue opere perché come pochi artisti ha un modo di impostare l’opera nonché una intrigata e complessalorazione che sono uniche e inderogabili. Una ricerca pittorica, dunque, a tutto tondo, capace di interpretare le varie tematiche dal paesaggio alle nature morte, dalla ritrattistica con pari

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Discepolo Girardi

efficacia,conferitagli da una minuziosa e incontentabile ricerca e da-- una fortissima ricerca e da una fortissima autocritica............................................................. Un’opera particolarmente intrigante è rapsodia di bicicletta si tratta di un olio su tela di ispirazione informale che presenta una tavolozza di colori diversa dalle altre opere basandosi infatti su rapporti cromatici chiari quasi una sintesi di tutta la pittura di Discepolo, è informale ma con tratti figurativi molto ben costruiti, che fanno sconfinare questo quadro in una sinf.nia musicale di note affascinanti.. Alessandro Ferrara e Teresa Esposito


Artisti Centro Culturale Ariele

Michele Roccotelli, nato a Minervino Murge, ha cominciato ad esporre nel 1968 e da allora ha allestito numerosissime personali. Presente in importanti rassegne nazionali e fiere d’arte contemporanea, sempre ospitato da prestigiose gallerie italiane dove espone in permanenza da circa trenta anni, come negli spazi espositivi della Ghelfi di Verona. Presente a Napoli, nel Castel dell’Ovo, con la personale “mediTERRANEO”, mostra trasferita poi a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo. Torna a Napoli esponendo le sue più importanti opere sul tema “La Camera delle Meraviglie” che ha proposto negli spazi espositivi in Germania, Austria e Svizzera. Intanto viene continuamente convocato per personali e retrospettive quale significativo rappresentante della pittura locale e si dedica alla ceramica prendendo spunto dalle forme e tecniche pugliesi per

Michele Roccotelli

invenzioni sempre nuove. Partecipa alle Biennali d’arte ed è più volte insignito di importanti premi. Numerosi e di prestigio i cataloghi pubblicatigli da rinomati istituti culturali, con interventi di critici di chiara fama conservati al Thomas J Waston Library del The Metropolitan Museum of Art di New York. Le ultime personali inglobano opere di pittura di grande formato, ceramiche, sculture, lavori di riciclo di oggetti di scarto ma rivissuti con il suo particolare timbro creativo, fatto di colori e materie. Instancabile maestro d’arte per allievi di talento nell’Accademia Margherita di Bari, prepara con loro mostre in gallerie d’arte e spazi espositivi pubblici e privati. mail:micheleroccotelli@libero.it cell. 347.58 23 812

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Artisti Centro Culturale Ariele

“Le opere di Domenico Lasala si evidenziano per un uso sapiente del colore, ordinato per contrasti simultanei; per una rigida idealizzazione geometrica delle forme che s’accompagna alla suggestione del racconto, con un effetto di incantata attesa, e per i temi spesso legati all’arte dei suoni. Se da una parte si può scorgere una tendenza arcaicizzante dall’altra la stilizzazione delle sagome, in un’atmosfera di fluidità musicale, rendono personale la sua maniera, che

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Domenico Lasala

viene sottoposta a un continuo processo di trasfigurazione, ove figure pulite e ferme stanno nella fissità di statue viventi. Questo pittore cerca la bellezza, con passione instancabile e tenta di fissarla sulle tele con immagini che, se non hanno lo scorrere caldo del sangue, il respiro stesso della vita, possiedono un senso plastico dei volumi e profondi sentimenti trascendenti.” Paolo Levi


LETIZIA CAIAZZO, Ritorneremo a vivere

Vive e opera a Piano di Sorrento (NA). Dopo gli studi superiori compiuti presso l’Istituto Santa Dorotea di Napoli, ha conseguito il diploma di Assistente sociale presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Da sempre ha coltivato la passione per l’arte che ha profuso in qualità di docente a generazioni di giovani. Molto attenta alle varie espressioni artistiche, ha sperimentato tecniche le più svariate. Questo percorso da lei intrapreso con determinazione le ha permesso e tuttora le consente di essere presente a rassegne di grande rilievo

e di esser stata lei stessa ad organizzare mostre eventi per la promozione dell’arte e della cultura. Letizia Caiazzo ha tenuto personali ed esposto sia in Italia che all’estero, in spazi pubblici di grande prestigio ricevendo lusinghieri riconoscimenti della critica e del pubblico. Presidente e fondatrice dell’associazione culturale Ars Harmonia Mundi il cui compito è quello di promulgare l’Arte in tutte le sue forme e stili, promuovere il bello e dal bello arrivare al buono e cercare di migliorare questa nostra società.

TOMMASO ANDREINI Nacqui in una città unica, crescendo, me ne innamorai. Nascere a Siena è per certi versi un privilegio di cui forse non si è mai pienamente consapevoli. La città si offre agli occhi di tutti con la bellezza e la potenza di un glorioso passato dipinto e scolpito in ogni angolo. Per quelli che come Andreini si muovono, ormai da tempo, nel mondo dei cantieri dell’arte e del restauro pittorico, una cosa è chiara: Siena è un grande libro di pietra e colori dove leggere, apprendere e trovare ispirazione. Qui l’artista ha trovato infatti forza e passione per disegnare, dipingere e modellare la materia. Nel 2009 ha deciso di portare fuori dal laboratorio i suoi lavori artistici.

Espone le sue opere in diverse gallerie italiane ed estere e nel suo atelier a pochi passi dalla Torre del Mangia. Non ci stupiremo quindi se nei suoi lavori, i risultati della qualita’ disegnativa hanno preceduto nel tempo e nell’ intensita’ i modi dell’espressione cromatica. In gran parte dei dipinti di Andreini, i mezzi grafici risolvono con sicura certezza l’invenzione dell’artista, precisandone figure e modulazioni, modificando e corredando il suo linguaggio con l’intervento dell’apporto chiaroscurale, costruendo con luci ed ombre, una suggestione plastica resa evidente anche da patinature, velature e trattamenti di finitura alle tele.

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Artisti Centro Culturale Ariele

Enrico Meo Enrico Meo ha compiuto i suoi studi presso l’ISDA di Grottaglie, paese caratteristico della Puglia, dove si è formato frequentando l’ambiente operativo delle Botteghe d’Arte Ceramica. Da giovanissimo espone già le sue opere pittoriche nelle gallerie regionali e contemporaneamente partecipa a concorsi ed eventi a Milano e Torino riscuotendo consensi e apprezzamenti lusinghieri Nel 1964 si trasferisce a Cosenza dove, contestualmente al lavoro di docente di Discipline Pittoriche presso Liceo Artistico Statale, s’inserisce subito nell’ambiente artistico intellettuale della città e prende parte agli eventi d’arte più importanti di quegli anni insieme a Schifano, E. Calabria, C. Levi, R. Guttuso e altri artisti affermati del momento. A Urbino, nel 1969, segue il Corso di Calcografia col Maestro Renato Bruscaglia. Non smette mai di studiare e sperimentare tecniche che arricchiscono il suo complesso e vivace background cimentandosi nella grafica , nell’acquerello e nella scultura. Sensibile allo scorrere degli avvenimenti politico-sociali del territorio elabora ed espone costantemente i suoi lavori, con temi intrisi di passione antropologica, attraverso mostre personali e collettive in tutta Italia e collabora con vari Enti e Università alla realizzazione di manifestazioni artistiche che hanno molta eco nel sociale e soprattutto nella formazione dei giovani. Nel 1981 aderisce all’iniziativa internazionale del Comune di Diamante in Calabria per realizzare uno dei 100 Murales che ancora oggi suscitano interesse e attrazione per il luogo. Ad Anacapri, nel 1983, segue lo stage di Pittura degli Incontri Internazionali “Questioni delle Arti”, coordinato da Gillo Dorfles e Lea Vergine e diretto da Joe Tilson. A Salisburgo, nel 1992, alla Internationale SommeraKademie für Bilden

de Kunst segue il corso di Arte Concettuale diretto dal maestro Roman Opalka. In Germania negli anni 98 e 99, patrocinato dalla Provincia di Cosenza , espone i suoi dipinti all’Atelier Museum Haus Ludwig a Saarlouis e nello stesso periodo dipinge il murale “Giudizio Universale” nella Nuova Cappella della Chiesa di Hasborn vicino Laufeld. Nel 1994 è tra i fondatori de Il Graffio associazione d’Arte e di Libero Pensiero,sorta nel Centro Storico di Cosenza, per promuovere efficaci azioni artistiche nel territorio Influenzato dalle letture antroposofiche di R. Steiner e dai saggi sull’arte di G. Steiner, indaga sulla rappresentazione simbolica esoterica delle forme che personalmente trasmuta in installazioni e dipinti dal sapore metafisico fino poi a trasfigurarle dal reale in figurazioni molto personali sia nella ricerca stilistico-compositiva che spaziale. Nella maturità, il timbro delle opere di Meo, che da sempre attinge dalla sua immaginazione supportata dallo studio di grandi saggi della statura del russo Pavel Florensckji, esprime

una nuova laica sacralità proveniente senz’altro dal contatto con la cultura bizantina, molto presente nel meridione d’Italia dove lui risiede, ma soprattutto dal bisogno inarrestabile di conferire ai suoi lavori quell’aura indispensabile al compito dell’arte che è quello di diffondere bellezza e civiltà in tutti.


La bagnante di Emilio Greco

Il collezionista Carlo F. Bilotti ha donato a Cosenza due statue de La Bagnante di Emilio Greco, una alla Pinacoteca Nazionale di Palazzo Arnone nel 2004,datata 1959, l’altra al Museo all’aperto di Cosenza, collocata a Largo Lisa Bilotti, piazza dedicata alla figlia del mecenate. Lisa era una ragazza piena di vita, che amava l’arte ed era legatissima a Cosenza e alla Calabria. Quando capì di non avere più futuro espresse, come ultimo desiderio, quello di essere seppellita a Cosenza, accanto ai suoi nonni. Lisa conosceva personalmente molti tra i più grandi artisti del XX secolo che amava frequentare, da Andy Warhol ad Emilio Greco. Emilio Greco dal 1956 predilige il tema della bagnante e della figura femminile armoniosa e sensuale. L’artista guarda all’arte classica: le veneri preistoriche( stilizzate e formose), le Afroditi greche (perfette e sinuose), le baccanali romane (eleganti e seduttive). La bagnante è dritta e compie gesti teatrali ma controllati. La ragazza rappresentata nella scultura è la versione moderna di Afrodite, simbolo dell’amore e della seduzione, nata dalle acque del mare come narra la leggenda. L’artista coglie delle sue Bagnanti una bellezza antica, che non muore mai, perché vivono in un perenne presente. La Bagnante di Emilio Greco, volge il suo sguardo verso la scalinata di via Arabia arricchita dalle fontane “musicali” e sullo sfondo la Chiesa di Santa Teresa. La base della scultura è in marmo bianco di Carrara e misura m.1,40 di larghezza x 1,40 di lunghezza x 90 cm. di altezza. Greco era specializzato in nudi femminili e busti di ritratto. Ha tenuto la sua prima mostra personale a Roma nel 1946 e gli è stato assegnato il premio di scultura alla Biennale di Venezia del 1956 alla quale era esposto “Large Bather I” considerata dall’artista una delle sue sculture più

importanti. Il modello fu Anna Padovan che divenne la sua seconda moglie. Lo scultore ha realizzato altre sei grandi bagnanti tutte con pose diverse. La sua idea originale era quella di realizzarne dodici per decorare uno stagno o una piscina. La sua passione per la scultura antica iniziò studiando i resti dell’arte greco-romana. Iniziò a lavorare a 13 anni come scalpellino. A Roma operò con altri celebri artisti a villa Massimo. Fu docente all’Accademia di Carrara. Suo allievo fu il pittore Gualtiero Passani (Carrara 1926) . Ottiene notorietà con il monumento Pinocchio e la Fatina (1956) per il paese di Collodi[6]. Suggestivo il suo ciclo delle Grandi bagnanti e i suoi ritratti di giovani donne. Ha realizzato anche il Monumento a Papa Giovanni XXIII in San Pietro e delle Porte del Duomo di Orvieto (1970). Nel 1974 il museo all’aria aperta di Hakone gli dedicò una zona permanente chiamata “Giardino di Greco” (o “Greco Garden”). Insegnò per diversi anni a Napoli, e poi di nuovo nella capitale dove incontra l’artista kurdo Aziz Fuad , all’epoca diciottenne. Dopodiché ebbe prima la cattedra all’Accademia di Belle Arti a Monaco e in seguito lavorò a Salisburgo su interesse di Oskar Kokoschka. Visse in Iran, apprezzato dall’alta dirigenza del paese. Il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo e il Museo Puškin di Mosca gli dedicarono una sala di sculture e opere grafiche. A Catania, il museo dedicatogli accoglieva una collezione di numerose litografie e acqueforti. Oggi è valutato come uno dei più grandi scultori del Novecento. È stato sepolto nel Cimitero di Sabaudia. Alessandra Primicerio (critico d’arte)

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DIAMANTE, LA CITTA’ DEI MURALES.

Diamante è una cittadina sul mar Tirreno, nella Riviera dei Cedri, in Calabria, famosa per il peperoncino e valorizzata ogni anno da tanti murales che arricchiscono sempre di più le strade del centro storico. “Operazione Murales” nasce, nel 1981, da una idea del pittore Nani Razetti. Grazie all’appoggio del sindaco Evasio Pascale partì questa grandiosa idea con 80 pittori italiani e stranieri (per iniziare) che crearono sui muri delle case del centro storico delle opere d’arte. Oggi queste opere, con la loro fantasia e colori, incantano tutti quelli che camminano per il paese. Possiamo ammirare un murales-mosaico che racconta la storia della nostra regione e si trova sulle mura esterne della chiesa Madre, opera che fu ampliata con la figura dell’Immacolata Concezione. Lunghe storie si snodano all’interno del paese: le barche che tornano cariche di pesci, il mercato, le favole come Pinocchio, Gesù coronato di spine, l’Europa schiantata nell’indifferenza, Superman che bacia un’anziana donna e Il mistero di Diamante dove una ragazza aspetta una chiave per essere liberata: con la chiave che le porterà un passero potrà aprire ogni porta, metafora del nostro inconscio e del nostro io. Le tecniche dei murales sono diverse l’una dall’altra I Murales sono disegni e dipinti fatti sui muri. Il termine ha origine messicana. I poeti messicani parteciparono alla rivoluzione all’inizio del secolo e le loro pitture furono elemento indispensabile per la presa di coscienza del popolo e le scaturenti lotte sociali. E così i murales vennero adoperati come strumento di propaganda che consentiva di comunicare pensieri ed emozioni senza il sussidio di parole, soprattutto per chi non sapeva leggere. Le immagini venivano dipinte velocemente, sfuggendo così agli scontri con le forze dell’ordine. Iniziarono a diventare manifestazioni creative della gente contro il potere, assumendo sempre più valore estetico oltre che sociale. Oggi vengono spesso richiesti da Enti pubblici per sottolineare l’identità del luogo e attraggono turismo culturale. Nani Razetti genovese di nascita, si sentiva soprattutto diamantese. Raccontava in una sua intervista : “Diamante ha un lungomare meraviglioso, una scogliera degradante

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verso il mare, le piante, gli scogli. Era un bellissimo borgo marinaro senza porto, poi si è trasformata. Per un periodo non ho voluto più vederla perché era cambiata in senso negativo e sono andato a Milano. Sono tornato al paese per mia moglie che è di Diamante. L’idea di “Operazione murales” nel 1981 è venuta così. In quell’anno finisco in ospedale per il cuore. Sono tornato a Diamante perché dovevo fare questo progetto che pian piano ha preso corpo. Il sindaco è stato d’accordo. All’inizio ho proposto 80 murales. C’erano giornalisti, critici. Molte persone di Diamante non volevano i murales. Tutta Diamante era con impalcature, mura imbiancate e pensavano che fosse una pazzia. L’operazione inizia. Si dipinge sui muri di giorno, la sera si fanno attività culturali in teatro. Il pubblico man mano viene conquistato dai murales che non sono stati fatti dai diamantesi, ma da gente del nord, del sud, del centro, della Francia, della Svizzera, della Germania e dell’America. Doveva essere la storia di Diamante ma anche di qualsiasi altro paese. Il tema comune era l’anelito di libertà. Un altro tema era l’immigrazione conseguenza della libertà. Da Diamante si andava via perché si moriva di fame”. Nanni ricordava che la gente guardava i murales con il naso all’insù perché dal naso entrava l’occhio e quindi lo spirito. Alessandra Primicerio (critico d’arte)


L’icona della Madonna del Pilerio (XII sec.) che salvò la città dalla peste del 1576, custodita e venerata nella Cattedrale di Cosenza.

Il 12 febbraio Cosenza festeggia la Madonna del Pilerio, patrona della città, per ricordare la peste del 1576 che ridusse la popolazione allo stremo. Si narra che un devoto che pregava dinanzi all’antica icona bizantina della Vergine, posta all’interno del Duomo, si accorse che sul suo viso si era formato un bubbone. Una grande folla si recò ad ammirare l’evento che venne interpretato come volontà della Madonna di accollarsi la malattia per liberare la popolazione. Ancora oggi sul volto della Vergine si può notare il segno della malattia. Nel 1603 la sacra icona venne collocata su un pilastro del Duomo , fino a quando non fu costruita la cappella “Deli Pileri”. La peste estinse 40 mila persone: “Ogni dì nettate le strade e bagnate d’acqua nel Mezzogiorno: sfogate le carceri dei galeotti e inviati al remo anche i condannati a morte, fatti liberi invece i prigionieri per debiti…” (Alfonso Corradi). Al centro della parete dell’altare della Madonna del Pilerio, nel duomo di Cosenza, in un particolare riquadro, è posta l’immagine sacra della Madonna. Sotto il quadro, in riferimento al miracolo della peste del 1576, si legge in latino una scritta che significa: Questa immagine che noi veneriamo ci ha salvati dalla peste, la macchia apparsa sul volto ne mostra il miracolo. Secondo la tradizione il nome deriva da piliero (pilastro). Il titolo potrebbe anche essere più antico e derivare dal greco puleros (guardiana, custode della porta della città). L’icona rappresenta un tipo iconografico misto tra la KIKKOTISSA (Madonna con il capo coperto da un velo posto di traverso, chiamata così dall’icona conservata nel monastero di Kikko a Cipro) e la Galaktrophousa ( Vergine che allatta). Nel 1854 l’icona è stata arricchita da una preziosa cornice d’argento. Il velo che sta sul manto blu (mafòrion) che copre il capo della Vergine Madre di

Dio (la Theotókos, così chiamata perché ha generato Gesù, Figlio di Dio), è di colore rosso ed è simbolo di divinità. Il marrone del vestito della Vergine raffigura la sua umanità mentre la parte di manto di colore blu indica il privilegiato rapporto con Dio. Il bianco che si intravede sulla fronte e nella manica del braccio sinistro esprime la purezza della Vergine. L’aureola formata da medaglioni dorati, intorno al capo della Madonna, sono undici e rappresentano la Chiesa apostolica senza l’apostolo Giuda che ha tradito il Signore. Maria Santissima attese nel Cenacolo di Gerusalemme l’effusione dello Spirito Santo il giorno di Pentecoste, secondo la promessa di Gesù prima di ascendere al cielo. Il nastro color rosso, a doppio intreccio, che cinge il corpo nudo di Gesù indica la natura divina e umana del Figlio di Dio, incarnatosi per la redenzione degli uomini. L’aureola del Bambino è caratterizzata dal segno di Croce e simboleggia la Sua passione. Gesù Bambino poppa in seno alla Madre mentre la Vergine ha uno sguardo preoccupato per la dolorosa morte del suo Figlio amato. La Vergine Maria sorregge il Figlio tra le sue braccia e tiene tra le mani un drappo rosso che richiama la sua autorità regale e sacerdotale e la sua divinità. Il Bambino è coperto da un velo trasparente che ricorda la divina purezza di Cristo agnello senza macchia che toglie i peccati del mondo. La Vergine indica con la mano sinistra il figlio, si fa odigitria (indica la Via) a tutti coloro che guardando la sua immagine potrebbero cadere nella tentazione di fermare lo sguardo su di lei. Le tre dita delle mani indicano alcune verità di fede: richiamano il mistero trinitario. L’icona è avvolta da una luce che affiora dallo sfondo oro e raffigura la gloria di Dio che tutto abbraccia. Alessandra Primicerio (critico d’arte)

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