N°45 MAGGIO-GIUGNO 2021 -
periodico bimestrale d’Arte e Cultura
Edito dal Centro Culturale ARIELE
ARTE ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE
ww w.f a c e b oo k . c o m/ R i v is ta 2 0
NINO AIMONE
ENZO BRISCESE
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE
del Centro Culturale Ariele
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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Monia Frulla Rocco Zani Miele Lodovico Gierut Franco Margari Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Virginia Magoga Enzo Briscese Susanna Susy Tartari Cinzia Memola Concetta Leto Claudio Giulianelli
www. f a c e b o o k . c o m/ Riv is t a 2 0 ----------------------------------------------------------
Pesaggio Praghese - 2012 - t. m. su tela - cm35x45
Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------
Visibile e invisibile - 2011 - t. m. su tela - cm35x45
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In copertina: Nino Aimone
MODUS OPERANDI dal 2 al 31 luglio 2021
CORRADO ALDERUCCI GIORGIO BILLIA ENZO BRISCESE ENRICO MEO MICHELE ROCCOTELLI
ARTE ATTUALE ARTE ATTUALE
Casa del Conte Verde Via F.lli Piol 8, Rivoli (TO) Mostra realizzata dalla Città di Rivoli Con il patrocinio di Regione Piemonte e Città Metropolitana di Torino Orari da martedì a venerdì 16 - 19 sabato e domenica 10 - 13 / 16 - 19 lunedì chiuso Info tel. 011 956 30 20 Casa del Conte Verde: www.comune.rivoli.to.it
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NINO AIMONE - opere dal 1964 ad oggi
Per Nino Aimone, una mostra personale è sempre un problema da affrontare e risolvere in piena responsabilità; tanto più ora che è tempo di consuntivi. Il problema non è la selezione dei pezzi da esporre, che sono parecchi e di convincente qualità, non lo spazio espositivo, che comunque dovrebbe essere grande e ben articolato, e neppure il tempo più o meno lungo sul quale puntare (per esempio, l’ultima stagione o un momento più o meno coerente in una vicenda ormai lunga e complessa), invece la scelta di una prospettiva secondo la quale riconsiderare il proprio lavoro nella sua totalità, da ricomporre in ragione del punto di vista privilegiato. Ogni mostra, dunque, come un modo per ripensare criticamente dal presente il vissuto, ovvero per riconoscere nel presente l’attualità del fatto e del pensato in illo tempore. In questo caso, la scelta prospettica può così riassumersi: il costante ma differenziato impegno ideologico ed etico dal 1964/5 alle ultime opere. Il 4
1965 è l’anno della Quadriennale romana, alla quale Aimone partecipa su invito con tre opere di grande formato (U.S.A. 1965, Il reattore, Minaccia atomica, presenti in questa mostra), ma è anche l’anno di una esperienza bruciante, un viaggio negli Stati Uniti con un gruppo di artisti italiani, che gli serve per confermare intuizioni, chiarire percorsi avviati almeno l’anno precedente, esprimere valutazioni rispetto ad orizzonti più vasti. Da quell’opera epocale nella vicenda del pittore che è Corso Massimo d’Azeglio derivano dipinti significativi come la ragazza Standa, e si avvia una serie di incisioni nell’arco del ’65 che s’intrecciano senza soluzione di continuità con i lavori di “’iconografia americana”. Al centro di questo manipolo di potenti immagini sta una figura, maschile o femminile, in fuga disperata e scomposta (figura che era comparsa circa due anni prima ma con riferimento alla seconda guerra mondiale: Il soldato tedesco, residuo di un dipinto smembrato).
Ora invece – dico nelle opere del ’64-’65 – la fuga è motivata non da situazioni di natura bellica, almeno di guerra guerreggiata, ma da pericoli più subdoli, che allignano nella struttura stessa del capitalismo, specialmente evidenti nelle megalopoli sconvolte come da un dissesto generalizzato: il consumismo estremo, la violenza sociale, l’aggressività politica, l’ottusità ideologica, la potenza militare sempre meno controllata e controllabile, il dilagare dell’imperialismo economico, espressi da simboli che l’immaginario popolare ha coagulato in forme totemiche quasi primitive. Nelle incisioni (ben rappresentate in mostra), il segno è duro e diretto, apparentemente elementare; nei dipinti, il disegno, più che mai forte e sintetico in modo da reggere le misure monumentali, si incontra con una materia (olio e smalto) densa, tetra, perfino brutale, con ripensamenti tutt’altro che mascherati – che il tempo può aver accentuato ma che subito risultano di una funzionalità impressionante nel proporre situazioni ai limiti dell’esplosione o dell’implosione
(non a caso compare la figura del polittico assestato/ scompaginato). La tradizione dell’espressionismo (in particolare tedesco) filtra il linguaggio della Pop statunitense (presente alla Biennale di Venezia del ’64), e l’esperienza della grafica pubblicitaria da Nino praticata in una grande fabbrica torinese, facendone un efficace strumento di presentazione e narrazione, di denuncia e di implicito spietato giudizio. Sullo sfondo continua ad essere importante, nonostante tutto, il colto sintetismo casoratiano e un picassismo “naturale”, nella sua forma più libera, tra espressione, realtà e surrealtà. L’impegno, mutando di segno, travalica gli anni: dal ‘64/65 precipita sul 2000 e seguito, con tappe intermedie (se ci fosse spazio sufficiente, ogni decennio potrebbe essere rappresentato da almeno un’opera).
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Impegno, questa volta, tutto dentro la pittura, negli ultimi anni misurato sui grandi maestri della tradizione realista (da Tiziano a Pontormo, da Rembrandt a Velasquez…), sempre più concentrato, dal punto di vista tematico, sulla rappresentazione/meditazione della propria vicenda umana. ”La mia Storia”, ci tenevi a precisare in una specie di intervista o lunga chiacchierata che registrai in preparazione di una mostra del 2010. “Nei Quadri il flusso dei segni accumulati per anni si organizza, prende forma in un certo senso esemplare, a seconda dei casi specialmente in profondità o in estensione. Poi […] il flusso riprende, ma credo che le Opere, nel percorso della mia vicenda di uomo e di pittore, rappresentino momenti di snodo, siano i luoghi dove, ripeto, in profondità o estensione, il senso del fluire si rivela; ma potrebbe essere il contrario: si complica sottraendosi alla chiarezza della registrazione, si allontana dal senso, o meglio dalla riduzione di senso espressa dal dato cronistico. 6
Sono, vorrebbero essere, quei Quadri, le mie “poesie”, frammenti lirici però dilatati materialmente, così che comprendano, per dire, tutta la risonanza che meritano; o i miei “romanzi”, raccolti come compete alla Pittura, in una apparizione esclusiva, a volte assai complicata, in una epifania dove le lentezze e le velocità del flusso esistenziale coagulano nell’alveo di una definitiva imperfezione, di una incompiutezza perfetta. Pensa a certi torrenti di montagna. Veloci, tumultuosi, imprevedibili nel percorso; ogni tanto l’acqua ristagna in una pozza o addirittura n un laghetto, a volte limpidissimo, trasparente, a volte riflettente come uno specchio, uno specchio nero insondabile, Anch’io, a intervalli, ho bisogno di fermarmi, e poi ricomnciare con vigore rinnovato, spesso in direzioni diverse”. “Un Pontormo visto attraverso la Transavanguardia”, definì Gigliola Carretti “Le tre donne” del 1987. Estendendo il giudizio fulminante di Gigliola, dal punto di vista formale sono un po’ tutti ”transavanguardia” i Quadri dell’ultimo quindicennio, di cui viene qui proposta una scelta di cinque sei pezzi significativi; nel senso che vi si riconosce una sorta d’ipermanierismo selvaggiamente squisitamente proiettato su tutta la storia dell’arte. Nino Aimone non si fa scrupoli: se gli serve X o Y o Z, lo afferra con presa sicura, tanto sa che la coerenza appartiene ad un altro piano che quello della continuità stilistica, ad una identità sottesa e ad una natura verificata dall’esperienza, che nessuno potrà mai levare a chi l’abbia vissuta con compromessa onestà. Da un discorso attraverso la pittura a un discorso sulla pittura: si conferma la natura intellettuale della Pittura di Nino Aimone. Non a caso allievo di gran maestro e maestro lui stesso. Pino Mantovani 7
Luciano Ventrone
Ventrone frequenta il liceo artistico di Roma e dopo il diploma, conseguito nel 1964, si iscrive alla facoltà di architettura che frequenterà sino al 1968, anno in cui decide di abbandonare gli studi per dedicarsi interamente alla pittura. tenzione di critici e storici dell’arte, da Federico Zeri a Giorgio Soavi, Roberto Tassi, Achille Bonito Oliva, Vittorio Sgarbi, Marco Di Capua, Antonello Trombadori, Edward Lucie-Smith, Angelo Crespi, Beatrice Buscaroli, Evgenia Petrova, Victoria Noel-Johnson. Luciano Ventrone ha esposto nei più importanti musei e gallerie internazionali, da Roma a Londra, da Montréal a Singapore, da New York a Mosca, da Tokyo a San Pietroburgo. Si è appena conclusa la sua ultima personale “Luciano Ventrone. La grande illusione” al Mart -Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Appena l’emergenza sanitaria in atto lo avesse consentito, sarebbe stata inaugurata la sua mostra “Luciano Ventrone. Il pittore dell’iperbole”, a cura di Vittorio Sgarbi, presso le sale del Castellare di Palazzo Ducale a Urbino.
Il percorso della sua pratica artistica, lungo quasi sessant’anni di attività, parte dagli esordi con le sperimentazioni geometriche, passando per l’informale e l’arte programmata, fino alla sua lunga ricerca sui vari aspetti della Natura con il suo personale “realismo-astrattismo” per il quale è diventato famoso in tutto il mondo. Come l’Artista ripeteva spesso: «Lo studio della pittura non è la mera rappresentazione dell’oggetto ma è colore e luce: i giusti rapporti fra le due cose danno la forma nello spazio. Il soggetto non va visto come tale, ma astrattamente». È questa sua ricerca dell’invisibile che ha destato nei decenni l’at-
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IBRAHIM KODRA
Ibrahim Shaban Likmetaj Kodra (Ishëm, 22 aprile 1918 – Milano, 7 febbraio 2006) è stato un pittore albanese, attivo in Italia in ambito milanese. È considerato l’unico pittore albanese della sua generazione ad aver ottenuto successo e riconoscimenti a livello mondiale. Formatosi inizialmente in Albania, dove frequentò la American Vocational School[1] e vinse il Premio Tirana, si trasferì a Milano nel 1938 grazie a una borsa di studio messa a disposizione dalla Regina dell’Albania Géraldine; si iscrisse all’Accademia di Brera, dove ebbe come maestri Carlo Carrà, Aldo Carpi e Achille Funi e si aggiudicò il Premio Hayez. Partecipò combattendo con la Resistenza italiana[2][3] e nel suo studio milanese morì il 28 settembre 1944 Ciri Agostoni, a causa di un colpo d’arma da fuoco esploso accidentalmente durante la preparazione di un’azione partigiana[4]. L’anno seguente fu tra i firmatari del manifesto con cui si chiedeva la nomina di Carpi a direttore dell’Accademia di Brera dopo la deportazione a Mauthausen e Gusen[5]. Dopo una lunga carriera a Milano, morì nel 2006 e venne sepolto nel paese natale. Dapprima inserito nel solco stilistico novecentista, anche in conseguenza delle esperienze pittoriche dei suoi maestri braidensi, attinse in seguito alla lezione di Cézanne. Nella sua produzione rimase comunque vivo un certo gusto orientaleggiante, soprattutto nell’uso estroso dei colori e nelle geometrie tipiche delle composizioni musive, derivante dalle sue origini balcaniche e dalla sua prima formazione albanese[2][3]. Le opere di questo primo periodo sono caratterizzate dalla con-
vivenza fra una certa «anarchia espressionista» e una notevole limpidezza e ariosità dei paesaggi, spesso letti in chiave lirica ed esotica.
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13ª edizione
MOSTRA MERCATODI DIARTE ARTE MODERNA MODERNA EE CONTEMPORANEA MOSTRA MERCATO CONTEMPORANEA 2 - 3 ottobre
e 8 - 9 - 10 ottobre 2021
2.3 ottobre e 8.9.10 ottobre 2021 Orario di apertura: dalle ore 10:00 alle ore 19:00 Fiera di Parma - INGRESSO OVEST Enzo Briscese 2013 - il vecchio e i suoi pensieri t.m. su tela - cm70x80
Corrado Alderucci Dialogo tra sogno e realtà - 2021 acrilico su tela - cm100x70
Pasquale Simonetti anno - titolo tecnica - dimensioni
www.artparmafair.it Segreteria Organizzativa: Nord Est Fair - 049 8800305
Anna Mostacci 2019 - Donna in maschera olio su tela - cm60x90i
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Osvaldo Moi 2016 - bimba curiosa stoffa su resina - cm61x61x76
Alberto D’alessandro Corpo MDB, 1998. Nitro su tavola, 80 x 62 cm.
Gabriele Vicari 2020 - Gabriele D’Annunzio bronzo
Rossana Bartolozzi 2019 - la bambola olio su tela
Giovanna Magugliani prigioniera del suo Zoster olio su tela - cm 128x118
Gabriele Ieronimo 2019 -punti nevralgici polimaterica su tela - cm80x80
Fulvio Donorà 4 Tondo 2013
Gina Fortunato 2020 - tra le pieghe della vita acrilico su tela - cm50x50
Massimo Mancini Uomo - Tufo, piedistallo in ferro L 15cm x H 43cm Profondità 15cm
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Angela Ippolito 2020 - La musica della vita acrilico su tela - cm80x80
Roberto Franchitti 2020- recinti silenti tecnica mista - cm 100x90
Silvia Finetti 2017 - Iceberg t.m. su tela- cm 70x50
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Umberto Salmeri 2005 - nella mente degli dei digitale su pvc - cm70x113
Elisa Fuksa-Anselme 2018 - senza titolo tecnica mista su tela - cm20x20
Letizia Caiazzo 2019 - Voglia di volare digital-art - cm.80x120
Giovanni Boccia 2019 - Evoluzione tecnica mista - cm35x50
Albino Palamara 2021 - Calipso acrilico su tela - cm60x140
Renzo Sbolci 2020 - nei labirinti del dubbio tecnica mista - 30x40
Angelo Buono 2018 - interno con cane olio su tela - cm50x70
Francesco Giraldi 2020-Metamorfosi femminile olio su tela - cm150x165
Raffaella Pasquali anno - giochi di bimbi a Cuba olio su tela
Claudio Giulianelli 2020- i dialoghi con la natura olio su tela - cm50x70
Roberto Vione 2021 - Geometrie e altre solitudini olio e acrilico su tela - cm 50x70
Aurora Cubiciotti 2021 - Rinascita Olio su carta e tavola - cm100x50
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Antonio Tramontano anno - titolo tecnica - dimensioni
Eugenia Di Meo 2021 - alba tra i fiori tecnica mista - cm30x42
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Antonio Iozzo anno - titolo tecnica - dimensioni
Mariangela Calabrese Ascolta il canto del vento, 2018, acrilico su tela, cm 60X60
Ca San
Gold Marilyn - 2021
acrilico, smalto e collage su legno - cm100x50
Nicole Grammi, anno - titolo tecnica - dimensioni
Lorenzo Basile 2012 - anima amante olio su tela
Michele Roccotelli bacio - 2021 olio su tela - 140x150cm
Giorgio Billia cecità - 2021
Tiziana Inversi 2009 - non siamo soli olio su tela - cm50x60
Vittoria Arena 2019 - Landscape t.m. su tavola - cm52x38
Mirella Caruso. 2019 - Sciacca, la coda della volpe olio su tela - cm50x40
legno e alabastrino - cm 30x42
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Anna Coppola anno - titolo tecnica - dimensioni
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Salvatore Chiarello anno - titolo tecnica - dimensioni
Luigi Caserta 2010 - senza titolo resina e cera
Mavi anno - titolo tecnica - dimensioni
Rosanna Iossa anno - titolo tecnica - dimensioni
Vittorio Vanacore anno - titolo tecnica - dimensioni
Fernando Falconi anno - titolo tecnica - dimensioni
Luisa Colangelo 2014 - Magenta e fuoco tecnica - dimensioni
Maria La Mura anno - titolo tecnica - dimensioni
Albino Caramazza 2018 - Paul Newman bustine dello zucchero incollate su carta
Enrica Maravalle 2020 - il giardino segreto olio su tela - cm80x60
Alessio Mazzarulli Leopold (n.467)-”I need pampering” series acrilico su pezzettini di carta su tela -cm85x60x2,5
Carla Silvi 2020 - vacanza al mare olio su tela - cm70x50
Sarka Mrazova 2020 -Natale acrilico su cartone - cm25x20
Maria Halip 2020 -Materials Ruber gomma su griglia in ferro - cm30x40x15
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personale della pittrice TIZIANA INVERSI inaugurazione 29 Maggio 2021 ore 18,00 sede del circolo “La giardineria Reale” in Corso S. Maurizio da lunedì a venerdì dalle 15. 30.alle 19.30 finissage: 12 giugno 2021 alle 18,00 La Pittrice partecipa da tempo a mostre collettive Nazionali ed Internazionali. Con alcune delle sue opere si e’ imposta all’attenzione della critica, da cui e’ stata meritatamente gratificata, in ricorrenza di rassegne dalla consolidata notorieta’, come l’annuale Concorso Artistico il “CENTENARIO”, dove ha ottenuto progressivi qualificanti riconoscimenti, fino al conseguimento del 1°premio nell’Edizione del 2016 e del Premio”Edgar Degas” nel 2017. Dal 2015 e’ Socia della Societa’ Promotrice delle Belle Arti di Torino e dal 2017 del Circolo degli Artisti di Torino con partecipazione alle Mostre Collettive. Dal 2016 e’ socia dell’Associazione Culturale Artistica “Magica Torino” con partecipazione alle Mostre. Parte del suo lavoro lo si puo’ trovare sul sito internet http:// tiziana inversi.altervista.org
“Trasfigurazione” - 2012 - olio su tela - cm 40x50
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S erv i zi C ri t i ci s i p o s s o n o t ro v are s u l l a R i v i s t a PERCORSI d’oggi di Torino, dove sulla copertina del n°2( Marzo-Aprile 2017) e’riportata una sua opera dal titolo “Estasi” e nell’interno alle pagine 12-13 la critica del Prof. Giuseppe Nasillo. Nel IV Volume de” La donna nella storia dell’Arte “ e’ Riportata la sua storia di Artista alle pagine98-101. Il libro scritto dal Prof.Giuseppe Nasillo , Critico D’Arte. Edizioni Pentarco Maggio 2019. Una sua opera fa parte del libro “Profili di Musicisti Italiani” Autore Prof.Giuseppe Nasillo. Servizi circa le sue opere si possono altresi’ trovare su: Canale Arte; Il Torinese, quotidiano on line di Societa’ e Cultura; il Corriere dell’Arte, Periodico di Cultura e Informazione e sui cataloghi delle Mostre.
Il mistero della genesi - 2013 - olio su tela - cm 50x60
I Macchiaioli. Una rivoluzione en plein air Dal 24 febbraio in mostra nella suggestiva cornice del Forte di Bard le opere più significative della corrente artistica che ha segnato il nostro Ottocento
Giovanni Fattori - la lettera al campo - 1873/1875 - olio su tavola, 16,6 x 34,5 cm
E’ il suggestivo Forte di Bard, in Valle d’Aosta, a ospitare una coinvolgente retrospettiva dedicata a una delle correnti più significative del nostro Ottocento. Intitolata “I Macchiaioli. Una rivoluzione en plein air”, è in calendario dal 24 febbraio al 6 giugno ed espone ben ottanta capolavori. La mostra, curata da Simona Bartolena, inaugura con efficacia il 2021 del Forte di Bard: la pittura dei Macchiaioli è infatti fondamentale per la nascita della pittura moderna italiana e l’esposizione in programma ne racconta nascita ed evoluzione. Tutto ha inizio a Firenze, da sempre città culla di manifestazioni artistiche e culturali, quando un gruppo di pittori, riuniti al Caffè Michelangelo, elabora una propria poetica, basata sul rifiuto dell’accademia e sul desiderio di raccontare nelle proprie opere la vita vera, pulsante. Definiti Macchiaioli per scherno da pubblico e critica, questi artisti si appropriano con orgoglio del termine e ne fanno la loro bandiera. La loro è una rivoluzione estetica che segnerà anche gli anni a venire. L’esposizione, ospitata all’interno delle Cannoniere del Forte di Bard, ha inizio con le opere di Serafino de Tivoli, precursore dei Macchiaioli, per aprirsi poi ai dipinti di Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Vincenzo Cabianca, Raffaello Sernesi, Odoardo Borrani e Cristiano Banti. Il percorso segna anche il distaccarsi progressivo dalla tradizionale pittura di paesaggio italiana e dalla lezione francese della scuola di Barbizon, a favore di un approccio più asciutto. In mostra anche i soldati di Giovanni Fattori e le opere più tarde del movimento, dallo stile più disteso. Date e orari potranno subire variazioni sulla base delle
eventuali chiusure disposte nell’ambito della classificazione dell’indice di rischio delle regioni stabilito dalle autorità di governo. Per tutte le informazioni più aggiornate, consultate il sito ufficiale della mostra I Macchiaioli. Una rivoluzione en plein air
Telemaco Signorini - Pioggia a Settignano 1880-1887, olio su tavola, 26 x 17 cm
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Nicola Samorì. Sfregi Palazzo Fava , dal 08/04/2021 al 25/07/2021 - Via Manzoni, 2 BOLOGNA
A Bologna Genus Bononiae. Musei nella Città ha presentato oggi alla stampa “Sfregi”, la prima mostra antologica di Nicola Samorì (Forlì, 1977), allestita a Palazzo Fava, a cura di Alberto Zanchetta e Chiara Stefani (fino al 25 luglio), con un percorso che si snoda tra 80 lavori dell’artista e opere di grandi maestri della storia dell’arte. “Sfregi” «è un progetto espositivo studiato dall’artista, Nicola Samorì, in esclusiva per le sale del Palazzo delle Esposizioni di Bologna. Una lettura esaustiva e lenticolare del percorso da lui intrapreso negli ultimi vent’anni che illumina le opere più rappresentative della sua produzione. La mostra – circa 80 lavori che spaziano dalla scultura alla pittura, dagli esordi fino alle realizzazioni più recenti – è un progetto di Genus Bononiae. Musei nella Città, ente strumentale della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna», hanno spiegato gli organizzatori. «L’esposizione a Palazzo Fava diventa così «occasione per Samorì di cimentarsi in un faccia a faccia con l’intera storia dell’arte, e in particolare con l’epoca barocca, articolando un percorso di suggestioni e analogie e innescando una stretta e intensa relazione con i preziosi fregi che decorano le pareti del piano nobile e con alcune opere individuate all’interno delle collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo, come i suggestivi ritratti di donne cieche di Annibale Carracci, stabilendo una “affinità elettiva”, oltre che con gli spazi, con lo stesso patrimonio del Museo», hanno proseguito i curatori. (La partecipazione alle visite, dal costo di 7 euro, può essere prenotata sul sito di Genus Bononiae o su www.ticketlandia.com).
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Dall’8 aprile Palazzo Fava ospita SFREGI, la prima mostra antologica in Italia di Nicola Samorì, artista contemporaneo tra i più originali della sua generazione. Un percorso espositivo di circa 80 opere, tra sculture e pitture, progettato dall’artista in esclusiva per le sale del Palazzo delle Esposizioni di Genus Bononiae, che getta uno sguardo esaustivo sulla sua produzione artistica nel corso degli ultimi vent’anni. Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, Samorì si cimenta nella mostra in un faccia a faccia con la storia dell’arte, innescando un costante gioco di rimandi, analogie e suggestioni tra le sue imponenti opere e i preziosi fregi dei Carracci e degli allievi che decorano le pareti del Piano Nobile. Il percorso è arricchito dalla presenza di alcune opere delle collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo – come la Maddalena Penitente di Canova e i ritratti di donne cieche di Annibale Carracci – in un continuo dialogo con gli spazi e con il patrimonio del Museo. Nelle sale del secondo piano, infine, saranno esposti lavori di piccolo e medio formato che svilupperanno singoli temi o costituiranno dei focus sulle diverse tecniche utilizzate dall’artista. La mostra, curata da Alberto Zanchetta e Chiara Stefani, è un progetto di Genus Bononiae. Musei nella Città con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.
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MAURO CHESSA
New York è la capitale del Novecento. Celebrata da artisti, fotografi e musicisti; immortalata dal cinema, che l’ha resa un luogo dell’immaginario prima ancora che un luogo fisico, reale. Si scopre Venezia, Londra o Parigi solo andandoci. A New York, in qualche modo, siamo stati tutti. Anche chi non si è mai mosso da casa propria. Ed è proprio il lavoro sulla superficie di immagini familiari, che parlano la lingua di Fitzgerald e Gershwin, di Scorsese e Hopper, al centro di questa mostra, composta interamente di vedute di New York. Vedute tratte da fotografie realizzate nel corso di un recente viaggio dell’artista nella città americana. Del resto, la riscrittura dell’immagine è, da sempre, elemento dominante nella poetica di Chessa, che lavora su fotografie che si trasformano in pretesti, punti di partenza, per un linguaggio pittorico la cui prima, più facile e immediata lettura è quella figurativa, ma che apre invece a un’astrazione delle forme che potremmo, a buon diritto, definire “musicale”, in cui l’oggetto è di fatto messo da parte dopo avere compiuto la sua missione principale: mettere in contatto l’opera e chi la guarda. New York, New York! è, prima ancora che una mostra, un viaggio nell’idea di città, che mette in discussione il nostro rapporto con l’immagine e con
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il contemporaneo attraverso lo strumento artistico più vecchio del mondo: la pittura.
“Pare che scopo d’un viaggio sia sottoporre a verifica tutto ciò che già si crede di sapere di un paese o di una città. Come in tutti i luoghi comuni c’è una parte vera e una falsa. Provate per esempio a mettere piede in un dinner, uno dei locali nei quali siamo entrati, al cinema, migliaia di volte (Hopper ne ha dipinto uno in “night hawks”) e mettetevi a verificare, che so, l’odore dei cibi (inesistente), il gusto dei medesimi (ottimo), la gentilezza standard della ragazza che vi serve e capirete quello che voglio dire. Sappiamo tutto, ma è tutto diverso. Così per New York (che i locali pronunciano “Nu” iork), era un mio sogno, che la delicatezza di mia figlia ha permesso di realizzare: sapevo tutto, eppure era una città di cui non avevo la più pallida idea. Ho dipinto quadri piccoli, ma numerosi; quasi appunti di viaggio. Ringrazio il mio caro amico Emilio Jona, per aver portato dalla lontana Furfaro, in Arizona, un suo delizioso racconto, sugello di un’antica amicizia. Si chiedeva William Saroyan: “Che ve ne sembra dell’America?” Mauro Chessa, giugno 2015 Mauro Chessa studia pittura con Menzio e Calandri; esordisce nel ‘54. Partecipa alle Biennali di Venezia del ’56 e del ’58 ed espone in numerose mostre di giovani pittori in Italia e all’estero. Dal ’55 a tutti gli anni ’60: personali a Milano (a Le Ore e alla Gian Ferrari), a Torino, a Norimberga, a Roma e a Londra. In seguito abbandona la Pittura, per dedicarsi al Cinema. Nel 1981 riprende a dipingere e ad esporre, fino ad oggi. Nel 2001 la Regione Piemonte gli dedica una grande mostra antologica alla Sala Bolaffi di Torino e, nel 2004, dipinge due grandi opere sulla Resistenza (“Partigiani nella notte” e “I 23 giorni”) per il Municipio di Alba. Nel 2006- ‐07 esegue sei lunette (“Negozi” e “Mercati”), collocate nella Galleria Umberto I° a Torino.
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ASTRATTISTI dalle 20 regioni Italiane un’ esposizione d’arte astratta contemporanea di artisti provenienti da tutte le regioni italiane, artisti scrupolosamente selezionati, che assurgeranno ad emblema della vera arte nella sua più profonda essenza, un’arte che sia lontana e completamente svincolata dalla comune provocazione che in questo particolare momento storico la fa da padrona nel panorama artistico contemporaneo. L’evento si terrà nel 2021 presso diverse location in Italia INFO & CONTATTI Mail: galleriariele@gmail.com 24
www.facebook.com/groups/300965449963543 cell. 347 99 39 710
Jindra Husáriková
“Sono andato dai bambini ad imparare-molte cose sanno dire sul cielo ancora..”Tu avvolgevi sul dito la foglia-là sul dito dove sognavi ogni un anello d’oro- Io conservavo ancora il sole,- e tu già impallidivi alla luna- Frantisec Halas, pittore ceco.
Jindra Husarikova, illustra artista ceca, venne in Italia per la prima volta intorno agni anni Settanta; proprio Torino ebbe il privilegio di presentarla al pubblico grazie ad una personale presso la galleria l’”Approdo”. Tra i primi suoi lavori, in quegli anni, risalta una grande tela intitolata “I giocolieri”,, un piccolo spaccato, splendido per colori e sensibilità, del suo mondo pittorico. Ancora una volta fu Torino a invitarla presso La Cavallerizza, nel 1987, aprendo le sue porte eccezionalmente per lei, e permettendole un suggestivo incontro fra le bellezze naturali della città sabauda e la grande pittura narrante della pittrice Husarikova,un coloratissinmo affresco poetico della cultura e delle tradizioni del suo popolo . Rimase sempre lontana dalla scena mondana, scegliendo una strada ombrata ma ricca di valori umani e di rigore etico e intellettuale, prerogative primarie che ella vedeva assottigliarsi e quasi scomparire; nè desiderava le lodi del successo, ben sapendo quanto esse siani fragili e mutevoli e si sciolgano come neve al sole insieme ai regimi che le hanno sostenute. Occorre anche ricordare, al proposito,che l’artista visse negli anni difficili delle dittature novecentesche. I suoi quadri non passano inosservati: coloratisssimi, tessuti quasi da queste tinte intense, sature, mai convenzionali, leggere e liriche nel contempo. Anche i personaggi sono davanti a noi come delle “comparse”,è la gente dei vicoli, quella senza storia, tratteggiata con segni sommari, anonimi e volutamente deformati tanto da lasciar figurare un certo qual primitivismo, un anonimato in cui sono accolti e avvolti da un’aura melanconica e sottile. La scena è piatta, i visi perlopiù di profilo, gli occhi e la testa sono grandi,
il corpo e gli arti minuti, sproporzionati, e le espressioni alquanto sbigottite. Hanno le mani vuote e i piedi scalzi, la prospettiva mancante è sostituita da una quinta teatrale, a volte tutta monocroma. Ogni opera scompiglia e accende una nuova sorpresa. Su queste tele si incontrano i cavalieri del circo, gli acrobati, le ballerine, i musicanti e i pagliacci di compagnia, figure femminili ferme e assorte ad un tavolo di caffè, giovani madri in attesa.Si assiste a una silenziosa conversazione: i protagonisti raccontano le loro storie a partire dalle favole e dallle leggende ormai fuori dal tempo. I personaggi si ritirano e la chiusa si può affidare al poeta ceco Frantisec Halas.”L’uomo abita l’ombra delle parole, la giostra dell’ombra delle parole” “Le parole sono i raggi ultravioletti dell’animo”. Ed è proprio quell’ombra che fa risplendere quella luce che va oltre, illumina. Giovanna Arancio
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FRIULI VENEZIA GIULIA di Graziella Valeria Rota
A tutto maggio 2021 è in esposizione la Mostra Personale condivisa alla GalleryArt via Rossetti 4b nel chocolate Coffee di Trieste Le attuali opere sono parte della nuova ricerca intitolata < nell’ ESSERE che l artista Alessandra Gusso di Comeglians PN sperimenta per raccontare nelle tele come indagare il buio, il pensiero, l’azione, con le sue sfumature indagate come la pervade e attraversano il suo
tocco sensibile sensitivo sincero e come quel sentire affiorato la trasforma nel suo percorso di immagini tracciate portando il “chi siamo” come umani immersi nel bianco e nero con variazioni e accenni appena sfiorati di colore primario, sono tele in acrilico, bianco di zinco, avorio, nero avorio, di Marte, di mica, e smalti.
Allora come rendere il nero vibrante e tridimensionale?! Proviamo quindi a mischiare a questo nero diversi colori che non siano bianco e vediamo cosa otteniamo, il che fa pensare che il nero sia tutt’altro che un colore piatto e univoco “E’ una panoramica, in dimensioni ridotte, del mio lavoro con il bianco e nero che ogni tanto emerge quando dipingo e in questa occasione ho avuto modo di ripercorrere le varie fasi; aggiungo anche che ho rinnovato, e sto rinnovando questo B/N con pensieri e occhi diversi e mi prende assai questo ricercare”
L’artista Alessandra non è alle prime armi perché dopo il percorso d’arte scolastico, lavora tra mostre insegnamento e con il laboratorio teatrale assieme al grafico Mauro Fornasier e costruttore di marionette che divertono e stupiscono grandi e piccini. Ha esposto in varie città italiane e all’estero, alla BID Trieste, scrive poesie, illustra per i bambini ai suoi corsi e frequenta il gruppo <Sintonie creative> nei Reading proposti. info: www.facebook.com/alessandra.gusso
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mail: sandragusso1@gmail.com
studiograz2@yahoo.it
Da Muggia a Trieste insieme per l’ARTE Mostra fotografica condivisa con le artiste Alenka Deklic, Rita Cocot, Micaela Giuliano, Alessio Iurman, G.V. Rota, e Marta Scortegagna. Comprendono una panoramica di Trieste, il Porto Vecchio, la Marina, le gru, tra le case e palazzi. L’esposizione è alla GalleryArt del Chocolate Coffe. Gli scatti sono stampati 30x40 tra sfumature e colori di una
città di mare Trieste. Si apre il 2 di maggio con un Reading poetico e lettura del libro SILLOGE dedicato a Ipazia di Alessandra d’Egitto, prodotto dalle artiste stesse assieme ai gruppi Noumeno Filosofia e Sintonie d’Arte. INFO visite, prenotazioni: 0402336449 e studiograz2@yahoo.it
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DOMENICO LASALA “Pittura, scrivere la vita” (greco antico) Per Domenico Lasala la rilettura degli antichi classici e lo studio degli ulteriori passaggi artistici avvengono alla luce degli sviluppi internazionali contemporanei. Ne deriva un’interpretazione personale in cui le ambientazioni all’aperto e gli interni colpiscono per la loro essenzialità: i paesaggi rammentano vagamente il rigore dell’ultimo Carrà e le architetture urbane fanno pensare alle solide costruzioni sironiane, ma il tutto si presenta come un fondale cristallizzato in una struttura arcaica da cui, da un momento all’altro, musici - 2011 - olio su tela - cm50x40
si possono dischiudere delle quinte teatrali. I personaggi, enigmatici alla stregua di quelli di Piero della Francesca e torniti secondo l’insegnamento masaccesco, si inseriscono in una ritmica di incastri senza tradire emozioni, offrendosi come figure topiche, spesso sotto le sembianze di musici e cantori. Non è da dimenticare che la musica nella trattatistica classica possedeva uno spessore sapienziale in seguito smarrito e l’artista evoca, quasi fosse un magico antidoto, questo antico e vitale collante sociale per farne dono ad un mondo pervaso da un’anonima e drammatica frenesia.
tiva, al contempo ricca di contrasti ammessi e ricomposti, tragici e coreutici, intensi e catartici nello stesso tempo. La dismisura, anche il caos ha un suo senso, nella magia e nel mistero di un mondo di vibrante marca razionale, lontana da razionalismi e da languenti aridità semantiche e di sentimento. Di certo è facile cadere in ingenue nostalgie e mitizzazioni del passato. Così pure mi pare distruttivo abbarbicarsi ad un sogno lontano alla ricerca di una storica ripetizione tra l’apollinea luce della ragione e la dionisiaca ebbrezza, con una disperante ricerca nietzscheana. Al di là di formule perfette, restiamo in questo difficile presente senza però privarci della suggestione che “il bello”, in senso pieno, ci lascia trapassare silenziosamente per mezzo dei secoli. Già così fece, a suo modo, il quattrocento che Domenico Lasala guarda con occhi particolari. Su questo fascino influisce, credo, anche quella luminosità cromatica che vivifica la prospettiva e che intride spazio e tempo di colori intensamente puri, saturi e magnetici, così come sono stati scoperti nei restauri. La tavolozza lasaliana evoca la limpidezza di quella atmosfera colorata e i suoi luoghi e le sue stanze animate, ci trasportano in scenari, oppure in ambienti, dove suoni, danze, rapporti, perfino il sonno, non vengono sbarrati da mura di solitudine. e figure umane del pittore emergono tramite un leggero chiaroscuro; non ci sono ombre portate e lo spazio diventa “assoluto”, percorso da una sonorità silenziosa. Giovanna Arancio
musicista e ballerina - olio su tela - 2010 - cm 70x70
Quando si accenna alla musicalità antica come parte integrante del corredo sapienziale vanno sia ricordate le sue origini razionali che legano la bellezza con l’armonia, la misura , l’equilibrio, la perfezione e l’ordine sia non possono essere passate sotto silenzio le profonde radici del pathos che apporta all’insieme tono e vigore grazie alla forza espressiva e drammatica che lo costituisce. Intuire questo nesso che alimenta la cultura antica, animandola con una sua saggezza di verità vuol dire avvicinarsi alla comprensione della natura complessa che sostiene la potenza di quell’arcaica e vitalissima filosofia del bello. Le arti ne fanno parte esternandosi in una esperienza collet-
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la banda del monte - olio su tela - cm60x60
PADOVA 2021 31
a
MOSTRA MERCATO D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
12 - 15 NOVEMBRE 2021 ArtePadova
Fiera di Padova
arte.padova Con il Patrocinio di:
Provincia di Padova
Comune di Padova
In concomitanza con:
www.artepadova.com Segreteria Organizzativa 049 8800305
NTIQUARI PADOVA
XXXVII Mostra Mercato di Antiquariato
12 - 21 NOVEMBRE 2021 Con il Patrocinio di:
Provincia di Padova
Comune di Padova
www.antiquariapadova.com Segreteria Organizzativa 049 8800305 29
Re-Esisterà la Scultura in questo nuovo Millennio?
Atelier Mitoraj, Pietrasanta
Già in passato, anche in questo spazio dedicato all'arte e ai protagonisti d'ogni livello, ho dato attenzione all'argomento “Scultura”, sottolineando miei e altrui concetti incentrati sulla professionalità, sul trascorso e sui rinnovi. Qualcuno, parlando della mia forse eccessiva passione per l'arte in genere suffragata da molte pubblicazioni, ha sottolineato che ho sempre incoraggiato tutti all'operosità e alla libertà espressiva, però da qualche tempo – pur continuando a dare la giusta visibilità a chi della “Scultura” con la S maiuscola ha fatto il proprio obiettivo, vado esitando, perché da più parti, persino ad alti livelli di notorietà, noto un progressivo decadimento. Non è questione di figurativo, di astratto o d'altri termini – ovviamente il mio è un pensiero autonomo, libero come sono da obblighi od appetiti economici e d'altro tipo – ma c'è una frase, un interrogativo che mi ronza sempre di più nella testa: “Re-Esisterà la Scultura in questo nuovo Millennio?”. Mi piacerebbe una grande e modulata conferenza cui invitare colleghi, scultori, senza dimenticare il mondo dell'artigianato e altri operatori del settore, anche se i tempi non lo permetterebbero a causa di questa 'pandemia' (o covid 19) e di altri ostacoli, compreso quello finanziario. Eccomi quindi agli appunti odierni con i quali voglio dire che, nell'osservare e analizzare le sculture collocate in luoghi di fruizione pubblica definitivi e non legate alla Toscana, non posso non confrontarle con le opere dei tanti del passato recente. Sono stato fortunato a conoscere e in tanti casi seguire con attenzione scultori come Antonio Berti e Gigi Guadagnucci, Ugo Guidi, Igor Mitoraj, Marcello Tommasi... e molti altri attuali, legati alla buona fede e alla serietà professionale, stante il loro ampio respiro espressivo, tra cui Giu-
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seppe Bartolozzi, Renzo Maggi, Gabriele Rovai, Massimo Facheris, Yasuda Kan, Girolamo Ciulla, Gabriele Vicari, Clara Mallegni. A proposito della mia domanda egli ha affermato che “... la scultura non morirà mai se … fa parte dell'Arte”, mentre, alla domanda se la scultura avrà un futuro, Giuseppe Bartolozzi mi ha scritto, in una lettera: “No, se non si rovescia il sistema sociale, economico, finanziario che vede i prezzi al posto dei valori. Il prezzo ha sconfitto il valore e in questa piega il vecchio e stantio bello del cliché e lo shock sostituisce l’emozione, il clone rassicura mentre l'archetipo spaventa. Ma questo non potrà durare, ce lo insegna Pablo Neruda: Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”. L'arte deve essere di tutti, anche se purtroppo non è per tutti, in specie se il pubblico non ha la sufficiente preparazione, o è distratto da certe anomalie che ne imbrigliano il parere.
Studio Michele Monfroni, Carrara
Ben vengano, dunque, le installazioni (faccio riferimento a quelle intelligenti, di contenuto, anche se ne vedo ogni tanto di demenziali...), ma non riesco più a sopportare le sculture, sempre più numerose, banalmente scopiazzate da opere michelangiolesche, greche o romane (tranne le giuste interpretazioni), in cui gli autori si avvalgono dell’abilità degli artigiani (vivo nell’area apuo-versiliese e ben ne conosco ogni angolo) che però si assottigliano sempre più nel numero, anno dopo anno. Mi ripeto, so di ripetermi, ma vivendo in una Toscana ricchissima di storia e frequentando gli ambienti più vari, compresi gli Studi per la lavorazione artistica del marmo, le fonderie e i luoghi didattici nei quali la virtualità e la teoria avanzano sempre più), se da un lato noto ancora una qualche saldezza del mestiere e la proiezione dello stesso, dall’altro vedo con quanta superficialità venga depauperata la parola “Scultura”. Scultura è fatica, ma è anche “cultura”, conoscenza della materia da plasmare; è possesso della sapienza disegnativa, è invenzione, non è soltanto il fare un semplicissimo bozzetto o un disegnino, e delegare l’intero passaggio sino alla conclusione ad altre persone senza mettervi mano. Non è difficile, per me e per altri, accorgersi se l’opera possegga un’anima, una volta considerata ‘finita’ meccanicamente o per mano d’altri. Eccomi dunque qui con l’interrogativo che mi assilla se la Scultura resisterà o, diventando solo superficialità estetica verrà avvolta e soffocata dal caotico “analfabetismo culturale”. Chiudo qui. Ora vado a rileggere il discorso che Eugenio Montale, uno dei protagonisti della letteratura
del Novecento, fece il 12 dicembre 1975 allorché gli fu assegnato il Premio Nobel per le lettere, intitolandolo “E’ ancora possibile la poesia?”. Nel suo bellissimo testo Montale parlava della “revivescenza spirituale di un vecchio testo poetico, il suo rifarsi attuale, il suo dischiudersi a nuove interpretazioni”. Sottolineava di essere “dubbioso in quali limiti e confini ci si muove parlando di poesia”. Mi guardo attorno chiedendo a chi dice d’essere scultore, o vuole davvero diventarlo, d’aggrapparsi alla “poesia della Scultura”, una montagna irta da scalare in continuazione, un grande fiume da guadare, un oceano su cui veleggiare per raggiungere un porto dove approdare o sostare temporaneamente. Accanto a lui io ci sarò sempre, sino all’ultima delle mie pagine. Lodovico Gierut - critico d’arte
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MAMbo
Riallestimento parziale della collezione permanente Museo d’Arte Moderna di Bologna si presenta al pubblico con un importante intervento di rivisitazione e riallestimento di parti della collezione permanente, accompagnato da interventi strutturali, che si svilupperà nell’arco del 2021. Le sezioni che appaiono già rinnovate dal nuovo ordinamento curato da Uliana Zanetti e Barbara Secci con la supervisione del direttore artistico Lorenzo Balbisono quelle dedicate all’Informale e all’Ultimo Naturalismo, mentre è stata costruita ex-novo un’area tematica sull’arte Verbo-Visuale.
A ridisegnare completamente gli spazi espositivi nel segno del dialogo con l’ambiente esterno (come già avvenuto al piano terra con le porte-finestre della Sala delle Ciminiere) è anche la riapertura delle finestre della manica lunga, che appare così decisamente trasfigurata, non solo dal nuovo allestimento delle opere ma anche dalla possibilità di scambio osmotico dentro/fuori.
Le curatrici hanno lavorato al riallestimento con l’obiettivo di individuare, utilizzando alcuni nuclei collezionistici significativi delle raccolte del museo, circostanze di tempo e di luogo da cui sono scaturite opportunità di sperimentazione e connessioni con il territorio bolognese, nazionale e internazionale. Nella sezione Informale sono esposte alcune opere di artisti di spicco dell’ampio fenomeno conosciuto con tale 32
nome, diffuso fra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, all’interno del quale si declinarono diverse versanti di un’arte non figurativa. Fra i critici che in Italia rivolsero una tempestiva e sensibile attenzione a queste esperienze si schierò Francesco Arcangeli, direttore della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, antesignana del MAMbo, dal 1959 al 1968. A lui si deve l’acquisto delle significative opere di Alberto Burri e Antoni Tàpies esposte in questo spazio, in cui una manipolazione controllata della materia suscita inedite manifestazioni formali.
MAMbo Museo d’Arte Moderna di Bologna via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna tel. +39 051 6496611 www.mambo bologna.org info@mambo bologna.org Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna Instagram: @mambobologna Twitter: @MAMboBologna YouTube: MAMbo channel Orari di apertura: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, h 14.00 19.00 chiuso: sabato, domenica, lunedì e festivi
La sezione Ultimo Naturalismo e Scultura trae spunto da Gli Ultimi Naturalisti, articolo di Francesco Arcangeli pubblicato sulla rivista Paragone nel 1954. Sotto questa definizione, egli raccoglie alcuni artisti del Nord Italia di cui da tempo segue il lavoro, come Pompilio Mandelli, Ennio Morlotti, Sergio Romiti, Mattia Moreni, Vasco Bendini, Sergio Vacchi. Secondo il critico, ad accomunare questi pittori è la capacità di riversare quasi istintivamente sulla tela l’introiezione di un sentimento del naturale che fin dal Medioevo è cifra autenticamente peculiare della tradizione artistica radicata in area padana. Per Arcangeli “Natura è la cosa immensa che non vi dà tregua, perché la sentite vivere tremando fuori, entro di voi:strato profondo di passione e di sensi, felicità, tormento. In un tale rapporto si include tutto ciò che si sta svelando, di pauroso, per chi ancora ama il tempo lento ed umano del vecchio mondo naturale, nell’universo. […] Si ritenta la natura; ma la suaproporzione sfugge, ora, alla misura intellettuale.” Oltre alle opere dei pittori cari ad Arcangeli, la sala accoglie alcune sculture di Agenore Fabbri, Quinto Ghermandi, Jean Ipoustéguy, Leoncillo (Leoncillo Leonardi), Luciano Minguzzi e Andrea Raccagni acquisite dal museo negli anni della sua direzione. La terza sezione, completamente inedita per i visitatori, è quella dedicata all’arte Verbo-Visuale. Agli inizi degli anni Sessanta sempre più artisti avvertono l’importanza dell’impatto delle nuove tecnologie e dei mass media non solo sulla cultura popolare, ma anche sulle sfide estetiche e sulle condizioni di produzione della ricerca artistica sperimentale. Si percepisce che il mondo con il quale la letteratura e le arti visive sono chiamate a confrontarsi non è tanto quello naturale, quanto quello prodotto attraverso i vari mezzi di comunicazione. Molti artisti adottano metodologie che sfruttano le potenzialità dei mass media per veicolarne una critica consapevole, sondando e ricombinando parole, immagini, suoni per creare significati in competizione con un apparato comunicativo finalizzato al rapido consumo. Intrecciandosi a una diffusa sensibilità per temi politici e sociali, l’arte verbo-visuale che ne scaturisce conosce fino alla fine degli anni Settanta un sensibile sviluppo, con ricerche di carattere interdisciplinare che danno luogo a un dinamico intreccio di raggruppamenti, eventi, sodalizi, mostre, incontri.
Fra i gruppi che si impegnano in queste sperimentazioni un ruolo di rilievo è svolto dal Gruppo 70, fondato nel 1963 a Firenze da Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti, ma moltissimi sono gli artisti che, anche singolarmente, conducono ricerche affini, spesso trovandosi coinvolti nelle stesse manifestazioni espositive o performative. Fra questi compaiono Vincenzo Accame, Gianfranco Baruchello, Tomaso Binga, Adriano Spatola, Franco Vaccari.
Guardando alla riapertura, la collezione permanente si è infine arricchita di un nuovo comodato: grazie alla generosità della Banca di Pisa e Fornacette Credito Cooperativo, la sezione Officina d’Arte Italiana accoglie un dipinto (s.t., 2009) di Luca Bertolo, che sarà presto ufficialmente presentato al pubblico alla presenza dell’artista.
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ACP - Palazzo Franchetti apre al pubblico la sua collezione permanente
ACP - Palazzo Franchetti apre al pubblico la sua collezione permanente, allestita nelle sale del primo piano del Palazzo che si affacciano sul Canal Grande. La sua nuova collezione permanente, con opere dei Maestri del XX secolo, che può essere visitata nei seguenti orari: Lunedì dalle 10:00 alle 13:00 Mercoledì dalle 15:00 alle 18:00 Venerdì dalle 10:00 alle 18:00 Per garantire il distanziamento interpersonale, gli ingressi sono contingentati, pertanto l’accesso è consentito esclusivamente su appuntamento. Nella prima sala, i dipinti surrealisti di René Magritte e Paul Delvaux dialogano con le raffigurazioni arcaiche di Marino Marini e con l’astrattismo di Paul Klee. I lavori di Giacomo Manzù, di Gino Severini, di Graham Sutherland e di Massimo Campigli scandiscono il percorso che conduce ad una sala interamente dedicata alla potenza evocativa ed enigmatica dei quadri metafisici di Giorgio de Chirico. L’itinerario prosegue poi con i capolavori dei maestri dell’Informale Europeo e dell’Espressionismo Astratto, quali Leoncillo, Georges Mathieu, Sam Francis e Franz Kline. La sala conferenze accoglie le incisioni di Giorgio Morandi, nature morte rievocate in chiave contemporanea dalle ceramiche dell’artista Sissi, presente nella raccolta anche con le sue fotografie della serie “Cene”. Tra gli artisti contemporanei, Pablo Echaurren che
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esprime una creatività libera, all’insegna della contaminazione fra generi. A chiusura del percorso artistico della mostra, nel giardino con affaccio sul Canal Grande, spiccano le sculture in bronzo di Roberto Sebastian Matta. Una versione in miniatura e permanente della grande mostra sul Novecento, che si è tenuta nel piano nobile del Palazzo da ottobre 2019 a ottobre 2020. Ancora una volta, nella splendida cornice di ACP Palazzo Franchetti, il pubblico ha la possibilità di ammirare opere che testimoniano l’eterogeneità e la ricchezza del panorama artistico del XX secolo.
La prenotazione va effettuata tramite email, scrivendo all’indirizzo tickets@acp-palazzofranchetti.com con almeno 24 h di anticipo, indicando il giorno e l’orario di preferenza e il numero di persone. tel: +39 333 101 2415 / +39 041 2689389 ACP - PALAZZO FRANCHETTI San Marco 2842 - 30124 Venezia www.acp-palazzofranchetti.com
ALBERTO BURRI:
lo Spazio di Materia - tra Europa e U.S.A.
Come dichiarato da Richard Armstrong, Direttore del Guggenheim Museum in occasione dell’apertura della retrospettiva ‘Alberto Burri: The Trauma of Painting’, “la mostra afferma la posizione di Burri come uno dei più innovativi artisti del periodo del secondo dopoguerra mondiale. Burri (…) ha creato un nuovo tipo di oggetto, simultaneamente pittorico e scultoreo, che ha influenzato successivamente artisti associati col New Dada, il Nove-
au Réalisme e il Postminimalism…” e, si può aggiungere, con l’Arte Povera italiana. A queste considerazioni se ne aggiungono altre, non meno determinanti per l’invenzione linguistica scaturita dalla sua opera. Burri è infatti l’artista che nell’impiego diretto e pressoché esclusivo della materia ne ha ottenuto una spazialità inedita all’insegna di un “controllo dell’imprevisto” e di un magistrale equilibrio che ne ha qualificato le forme.
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ARTE, UN PERCORSO POSSIBILE
Enrico Meo
Enrico Meo
La PAROLA, figlia dello SPAZIO, è lo strumento che la nostra cultura utilizza per comunicare e sviluppare le normali relazioni umane. Oggi la sua natura “informe” si adatta al clima torbido del nostro approssimativo e precario sistema; la sua logica come sempre si lascia plasmare dalle forze relative agli interessi del momento. Il vigile occhio, testimone, per non lasciare che il nefasto principio si cristallizzi in un sistema che nasconde il senso della verità, cerca di contribuire alla formazione di un percorso meno confuso e privo di trasparenza. Dobbiamo riconoscere però, che la nostra cultura costruita con la parola non è stata educata alla disciplina dell’osser-
vazione e del rituale del gesto, termine carico del doppio significato: della percezione “intellettuale e sensoriale e del comportamento etico che ricorda il rito”. In sostanza il nostro comportamento si adatta al tempo per cui la parola è il mezzo più adeguato per agevolare l’interesse personale.
Yuichi Ikehata
Corrado Alderucci
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Una immagine è un poema senza parole. (ORAZIO) La parola come sempre naviga nello spazio e il vigile occhio equidistante dai traffici quotidiani registra e segna con spirito di sacrificio tutti i movimenti scorretti che produce la parola.
Michele Roccotelli
Giorgio Billia
Per imitazione questo sistema, che viene utilizzato per soddisfare il nostro ego, è dal mio punto di vista la peggiore condivisione che possa capitare al nostro essere. La natura umana per non lasciarsi condizionare dalla cristallizzazione del sistema deve “sacrificarsi” per conquistare il senso alto della PERCEZIONE che caratterizza tutte le discipline artistiche. La nostra Percezione dipende principalmente: - Dalla forma fisico-geometrica dell’immagine, dell’oggetto o dell’insieme ambientale che si osserva; - Dalla visione, dai sensi e dai nostri meccanismi neurofisiologici; - Dalla storia, dall’esperienza e dalla nostra cultura perso nale e collettiva; è da considerarsi come un momento fondante, molto complesso e dinamico della conoscenza. Questi punti che comprendono lo spazio ottico e lo spazio astrale esprimono l’avvio più adeguato al miglioramento della nostra qualità primaria strettamente precaria disor-
dinata e materialista per condurci a una visione formale totale, più matura e consapevole perché si evolve da una condizione infantile a quella di adulto. Il percorso sostanzialmente indica che la natura fisica che si manifesta nel bambino condizionato biologicamente dai bisogni primari, quando è completamente sviluppata sente la necessità di dare delle risposte al senso della vita per cui provoca il risveglio del corpo astrale, poi del suo corpo mentale che gli permetterà di staccarsi dall’ego per incarnare il senso del noi. Solo in questa proiezione l’umanità potrà evitare la maschera che quotidianamente nasconde il volto che manifesta con i segni le anomalie che produce la nostra cultura materiale. Tra il punto di stazione dell’occhio e le varie posizioni della parola avvengono continui scambi che promuovono la varietà della qualità della vita.
Roberto Vione
Enzo Briscese
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Sul mondo dell’arte. Problematiche relative allo stato attuale del mondo dell’arte a cura di Giovanna Arancio
C’è una domanda che ritorna sempre,comunque riformulata, nel dibattito in corso: “Oggi questo settore è vitale, ricco di iniziative, di talenti e di idee oppure costituisce una realtà in declino, di mera apparenza, svuotata di convinzioni e di creatività?” Naturalmente la situazione è complessa e come tale va affrontata. Molti artisti lavorano con tenacia in questi odierni tempi avversi e occupano posizioni marginali. Altri artisti si oppongono apertamente, alcuni sembrano arrendersi o isolarsi. Sullo sfondo dell’attività creativa è in piena evidenza una condizione sociale di estrema gravità che si riflette sul contesto collettivo con enorme danno per tutti. Stiamo infatti vivendo un cambiamento epocale a livello planetario in stadio avanzato di sviluppo e destinato a mutare molti aspetti del nostro comportamento e come ogni radicale mutazione presenta fattori positivi di rinnovamento e altri distruttivi pagati in buona parte dalle classi disagiate. Alla fatica di convivere con questo impegnativo e ostico duemila vanno aggiunti dei cronici aggravi quali l’ inquinamento ambientale, la pericolosa spazzatura nel cielo, la continua avanzata del flusso migratorio di massa, vero e proprio esodo di popoli. Ora il mondo è diventato piccolo e interconnesso e si sa tutto di tutti in tempo reale. Quello che ci preme ribadire, e che abbiamo accennato all’inizio, è la molteplice, ma per certi versi condivisa, reazione degli artisti di fronte al contesto in corso; sono numerosi quelli che operano con impegno anche in mezzo a mille difficoltà: l’arte non è mai morta, che ché ne dicano i “‘profeti di sventura”. Le opere d’arte non sono un semplice specchio della realtà ma rappresentano la rielaborazione di quest’ultima, sempre stimolante e singolare perché originata da sensibilità e intelligenze individuali. Esse danno un senso al caos e stimolano le forze migliori dormienti nell’animo incuriosito dello spettatore; inoltre danno un volto agli accadimenti a partire da una base reale e veritiera. Nel caleidoscopio delle poetiche la quotidianità viene trasfigurata in visione esperienziale permettendo un affondo altrimenti impossibile. Anche l’ accennare alla bellezza, alla grazia, all’eleganza, così come all’etica, alla coerenza, è diventato un tabù che è ora
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di smantellare, quasi che il parlarne impedisse di vedere o di fronteggiare le tragedie che e che ognuno secondo le sue specificità,affrontiamo, non ha senso... C’è chi, inoltre, si lamenta a ragione della sovrabbondanza non solo di immagini di ogni tipo ma anche di “opere d’arte”, una sovrapproduzione controproducente perché è un fallace lasciapassare che introduce, mescolati con i manufatti artistici,lavori raffazzonati all’insegna del “tutto è permesso”. Il secolo breve ha originato capolavori e interessanti innovazioni ma sono state distrutte regolo e teoria, pertanto adesso sono necessarie molta serietà e forze nuove per tracciare percorsi innovativi credibili. Non è tempo di improvvisazioni o semplici ruberie dal passato fatte alla chetichella. Ciò detto chiunque può prendere pennelli e colori per diletto purché il divertimento resti all’interno di corretti paletti di confine e si ristabiliscano quelle necessarie condizioni ( scuola, laboratori, ricerca)che, di per sè, non creano “l’artista di talento” ma favoriscono da sempre le premesse affinché ci si possa affermare.
Nel Novecento, da cui tutti, direttamente o indirettamente proveniamo, troppe volte è stato detto “tutto va bene” fra le proteste degli artisti non miopi e modaioli. “L’arte è una merce, anzi è l’anima del commercio” affermava . Se l’arte è una merce come tale va trattata. D’altronde i famosi geni rinascimentali lavoravano, dopo aver stipulato il compenso, per principi e papi. A partire da premesse simili, un artista torinese, Ugo Nespolo, conosciuto per la sua presa di posizione critica nei confronti dell’arte contemporanea, durante un’intervista di poco tempo fa, asseriva che l’arte non è mai stata democratica, e ciò è noto, e ribadiva che proprio come adesso, nel passato aveva la funzione di esaltare il casato di appartenenza esibendo lo status di ricchi che il lusso costoso dell’arte confermava. Per la popolazione di oggi, secondo l’artista narrante,resisterebbero poche tracce legate all’interesse religioso, ad esempio la piacevole occasione di un sorta di gita laica per visitare famosi santuari o chiese segnalate per le loro bellezze artistiche. Un tempo la gente era contenta, di riflesso, di vedere abbellite le proprie contrade dai palazzi eleganti e le chiese erano vissute e quadri e statue erano venerate ed avevano una funzione edificante. Il mondo è cambiato e nessuno,credo, vorrebbe tornare indietro ma ritengo inadeguato parlare dell’arte solo in termini di merce. Per molti popolani , nostri antenati, quelle pale d’altare di grande pittura e raffinatezza, erano qualcosa che li coinvolgeva profondamente. No, non mi pare il momento di appiattire così sentimenti e coinvolgimenti che premettevano speranza di vite e di trascendenza. Se anche oggi non è più così può però permanere un interiore rispetto per questi nostri antenati. E forse anche per questo varrebbe la pena di sdoganare quel senso del bello e del mistero che a dileggiava intorno alle loro comunità, di sicuro imperfette come le nostre, tornando al nostro difficoltoso secolo trova una comprensibile e riprovevole concretezza la e trasformazione (dagli anni 50 in poi) di una considerevole parte dell’arte contemporanea in “sistema dell’arte” cresciuto all’ombre
delle gradi banche e in seguito dell’alta finanza. La cripto art slaccia ogni legame con il mondo artistico in cui noi viviamo e diventa un colossale business, una specie di copia in scala ridotta del più vasto sistema finanziario. La cripto art è merce per eccellenza, è investimento sicuro nei caveau di sicurezza e può essere, per caso, anche di elevata qualità ma questo aspetto non è certo il più importante. La figura del “critico” garante è una penosa fine, non protetto, poco conosciuto, del nostro storico e appassionato studioso d’arte. Lo status dei nuovi ricchi raggiunge cifre vergognose in rapporto alla povertà complessive della popolazione del mondo. L’artista è solo, non protetto, deve imparare a solidarizzare con i compagni di strada. In mezzo a tante difficoltà c’è un aspetto che ispira sollievo: la “ trasparenza”.
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Mariangela Calabrese tra i finalisti di “Legami in alluminio”: il Premio Comel all’ottava edizione di Rocco Zani
L’ottava edizione del Premio COMEL Vanna Migliorin Arte si apre con l’annuncio dei tredici finalisti. Dopo circa un anno di bando, protratto a causa dell’epidemia in corso, la giuria di esperti ha selezionato i 13 artisti finalisti. Una giuria altamente qualificata composta da Giorgio Agnisola, critico d’arte e scrittore, docente di arte sacra presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e presidente di giuria; Elena Pontiggia, critico d’arte, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia delle Belle Arti di Brera; Marcello Francolini critico d’arte, curatore indipendente, docente di Storia dell’arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria; Vincenzo Lieto, curatore e direttore artistico della Pinacoteca di Gaeta (LT); l’imprenditrice e manager Maria Gabriella Mazzola titolare con la sua famiglia della CO.ME.L., unica azienda promotrice e sostenitrice del Premio COMEL) ha finalmente annunciato i nomi degli artisti che si contenderanno uno dei Premi internazionali più prestigiosi tra quelli presenti nel panorama artistico contemporaneo. Tredici autori, tra italiani ed europei, che hanno realizzato le proprie opere restituendo al valore materico dell’alluminio una identità perfino immaginifica e affidando al tema di questa ottava edizione del Premio – Legami in Alluminio – il senso, la sostanza, del proprio lavoro. Una titolazione
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che è apparsa – nel tempo avverso che stiamo vivendo – quasi palpabile, protagonista fatale ma preziosa del nostro incedere quotidiano. I Legami sono i rapporti, o meglio ancora le relazioni; fragili, anemiche, deboli. E al contempo marcate, decise, intime. In questo parallelismo tra la materia dell’elemento e il linguaggio dell’espressività si è pertanto “consumato” un percorso di idee e proposte che ha visto protagonisti centinaia di autori. Una edizione del Premio, questa, che annovera probabilmente il più alto numero di partecipanti. E’ toccato dunque ad una giuria qualificata e prestigiosa indicare, come di rito, i nomi dei tredici finalisti: Mariangela Calabrese – Italia, Alatri (FR) – installazione; Ana Celdrán Beltrán – Spagna, Murcia – scultura; Penelope Chiara Cocchi – Italia, Bologna – installazione; Michele D’Agostino – Italia, Monza Brianza – installazione; Gennaro De Martino – Italia, Napoli – installazione; Niko Kapa – Grecia/Gran Bretagna, Londra – scultura; Luciana Penna – Italia, Milano – scultura; Fabrizio Pedrali – Italia, Palazzuolo (BS) – installazione; Paolo Pompei – Italia, Pesaro Urbino – scultura; Rossella Restante – Italia, Roma – installazione; Mirella Saluzzo – Italia, Ravenna – installazione; The Bounty Killart – Italia, Torino – scultura; Marcello Trabucco – Italia, Latina – installazione.
Le attuali condizioni sanitarie non permettono ancora di organizzare la mostra in presenza dei tredici autori finalisti ma l’organizzazione del Premio Comel auspica di farlo nel corso del 2021 e di conoscere subito dopo il nome del vincitore. Una occasione, comunque, per accendere i riflettori su una delle finaliste del Premio, Mariangela Calabrese presente con l’installazione Di Legami Sospesi e Dorate Intrusioni (2020, alluminio, carta, plexiglas). La linea espressiva di Mariangela Calabrese sembra definirsi all’interno di un bacino linguistico fitto di indizi, contributi e suggerimenti che denotano un’ampia e consapevole riflessione sulle dinamiche concettuali dell’arte e della letteratura. Il suo è un rigoroso percorso sempre in bilico tra contaminazione e proiezione e pertanto un itinerario cospicuo di approdi e linguaggi esplorati: la pittura, la scultura, i libri d’artista, le installazioni, le opere ambientali, le performance relazionali sono un unicum indiziale in cui prende forma - in maniera incisiva - quel legame vincolante con il “mondo osservato e appreso”. Dopo un lungo e fitto percorso espositivo che prende il via nei primi anni ’80, i suoi “interventi” si fanno decisamente più accurati e metodici nell’ultimo decennio. La predilezione per un itinerario specificatamente museale segna le tappe più significative della sua più recente storia di artista. Formata all’Istituto Statale d’Arte di Roma al corso di ceramica sotto la guida del prof. Nino Caruso e diplomata all’Accademia di Belle Arti di Frosinone nel 1982 al corso di pittura, tesi discussa con il prof. A.B. del Guercio. E’ stata docente di Discipline pittoriche presso il Liceo artistico di Frosinone. Mariangela Calabrese, le ultime presenze espositive Selezionata tra i 13 finalisti del Premio COMEL Vanna Migliorin Arte Contemporanea 2020/2021. E’ presente nell’Archivio Digitale Galleria d’Arte Moderna di Roma con l’opera IL RUMORE DEL RESPIRO, installazione scultorea in terraglia bianca, l’opera ora in acquisizione presso il Museo dell’Abbazia di Montecassino. Ideatrice (insieme al critico d’arte Rocco Zani) del collettivo: ad ARTE IN DIMORA - DISCOVERY URBAN SITES, curatori di mostre e progetti: INVERSI, INCURSIONI, LE OCCASIONI DEL SILENZIO. Collettive presso Real Orto Botanico di Portici (NA) con l’opera “…CHIEDO IL PERMESSO DI RINASCERE” ora in acquisizione presso il Real Centro Musa; SEGNI e TENSIONI - Castello Macchiagodena (IS); CAMPANDEMICART - Museo CAM Casoria - Contemporary art.; all’Istituto di Cultura Italiana di LOS ANGELES (USA) e a CLISSON (Francia). Presentazione presso la Saletta Santa Rita di Roma dell’installazione TRENTATREESIMOCANTO ispirata al Paradiso dantesco, poi esposta in successive mostre a Napo-
li, Boville Ernica, Veroli. Acquisizione dell’installazione EXCERPTA a Palazzo della Provincia di Frosinone. Personale TRA SEGNO E MATERIA - PAN Palazzo delle Arti – Napoli. Mostra personale itinerante Mediterrando: AVELLINO, Museo Irpino - SABAUDIA, Museo Emilio Greco; ROMA, Museo Venanzo Crocetti, Mostra collettiva, PORTICI (NA) Reggia Borbonica. Selezionata per la 46^ edizione PREMIO SULMONA 2019 (invito e testo critico in catalogo a cura del prof. Duccio Trombadori). MACRO ASILO Roma, presentazione del MANIFESTO DELL’ARTE PUBBLICA RELAZIONALE. Ha partecipato al Rebirth Forum Roma a cura di CITTADELLARTE - FONDAZIONE PISTOLETTO. Hanno scritto della sua opera, tra gli altri, D. Trombadori, A. Sevagian, A. Nigro, M. Carlino, M. Merlet, A. Minnucci, C. Ricci, R. Zani Studio: Via Delle Cinque Strade 22 Alatri (FR) Cell. 3403433233 Web: mariangelacalabrese.blogspot.com https://www.facebook.com/mariangelacalabreseartista
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ITALO ZOPOLO
Italo Zopolo, partendo da oggetti di scarto (ma non è una novità nell’arte delle avanguardie storiche, perché ricordiamo tutti, negli anni ‘20, Duchamp e poi il dadaismo, Man Raye poi cosa è capitato successivamente soprattutto con l’arte povera qui a Torino). Però tuttavia, qui l’oggetto di scarto viene confezionato come se fosse l’emblema di qualcosa di aulico, di elevato, di una materia in qualche modo sofisticata e linguisticamente raffinata, e quindi c’è un ribaltamento della sostanza. Mentre prima c’era un work in progress riguardante l’esistenza e l’esistenzialismo, quindi un oggetto di scarto rappresentava la storia individuale coreografica di un ambiente, di una persona, qui invece quello che conta è la realtà,è l’oggetto che è confezionato - come se fosse uscito dal computer, però, guarda caso, ha tracce di memoria, di trasparenza, e di delicatezza - non con l’uso naturalmente di strumenti tra-
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dizionali come può essere l’olio, la tempera, il materiale canonico che ha sempre usato. Usando gli strumenti propri della massificazione (e qui certo il discorso si fa largo, molto interessante), ma come non vedere che in fondo il viaggio doppio, triplo, forse qualcosa di più, onirico, per quanto riguarda la serie delle interpretazioni? Perché un suo quadro non vive in se stesso. Si, può vivere nell’assolutezza di un’immagine ben pilotata, ma, guarda caso, è a sequenza; si, può esaurire un argomento, può cercare di tessere un racconto in qualche modo ironico o memoriale solo attraverso la sequenza di più immagini. E’ un’idea che, se vogliamo vedere, era quasi stata interamente dimenticata e certo il cinema ci ha insegnato ben altro. A d’altra parte è un racconto all’interno della propria fantasia e della propria coscienza. Non è un caso che uno dei più grandi scrittori filosofi
dell’epistemologia contemporanea, mi riferisco a Benjamin, nel Passagen-Werk abbia indicato che in fondo la centralità del discorso nella cultura contemporanea, - e questo testo, pensate, lo ha scritto nel 1926, - la centralità non sta in un racconto che abbia una tessitura semantica, ma sta fra schegge e frammenti che formano una specie di agglomerato e di idee che si possono vedere da più punti di vista: dall’alto e dal basso, di fronte e di traverso. Benjamin aveva profetizzato il discorso dell’Ulisses di Joyce che trasforma il linguaggio in una sorta di suggestivo magma proteiforme. Con le dovute differenze, è quello che capita anche al nostro Zopolo. (...) C’è una disquisizione sottile nella Repubblica di Platone: l’opacità costitutiva della soglia è chòra dove “le molteplici cose sembrano avere doppio senso, e non è possibile concepirle in modo univoco. E’ un’idea che oltrepassa naturalmente la vita, e che
va ad inoltrarsi in una pre-vita che altro non è che l’idea di un futuro che dovrà venire dopo di noi. Pertanto è il lavoro che sta facendo interamente il nostro artista. Eppure allora Platone certo non aveva letto Freud e neanche Jung. E allora quest’idea di oltrepassare la vita non è altro che il limite esterno del pensiero, il limite dove il pensiero incontra l’aisthesis, ossia la sensazione, che si può percepire solo per mezzo di un ragionamento sfuggente. (...) Heidegger in Essere e tempo scrive: “L’opera d’arte è uno slargo luminoso che continua a vibrare nella coscienza”. In questo senso devo dire che le opere del nostro Zopolo sono opere in qualche modo futuribili e filosofiche, intendendo dire che non si esauriscono in una prima visione ma che tuttavia hanno bisogno di essere digerite intellettualmente, mentalmente, senza mai dimenticare il faro della creatività e della sensibilità. Floriano De Santis
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GIOVANNI SPINAZZOLA
Giovanni Spinazzola nasce a Ferrandina (Matera) nel 1972. Si diploma prima al liceo artistico di Matera, poi consegue il diploma all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano). Tra gli anni 1991-1997 collabora con la stamperia d’autore La Spirale (dove apprende le tecniche litografiche, xilografiche, serigrafiche e calcografiche) e con la Leo Burnett Company. Successivamente lavora come Designer di mobili imbottiti con le aziende Nicoletti s.p.a. ed Ego Italiano. Fra le mostre più significative: XV Congresso Europeo per la cardiologia “Zambon Group”, Inghilterra; Concorso per conto della società Calvin Klein, Milano; Trenta ore per la vita a favore dell’AISM, Milano; Gruppo d’Arte, Cinisello Balsamo; Salon 1°, Brera, Milano; Gruppo d’Arte, Cinisello Balsamo; Partecipazione alla Giornata Mondiale per la pace Swatch-Peace Unlimited, Milano; Giovani Proposte, Galleria La Roggia, Palazzolo sull’Oglio, Brescia; I colori del vento, Milano; Couleurs Printaniéres, Cristal D’Argentiére, Francia; Insieme per donare 2001, Aula Magna dell’ospedale
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Luigi Sacco, Milano; Il Convito della Bellezza, salone Pontificio Seminario Regionale Minore, Potenza; I Custodi della Memoria Collettiva, Museo Provinciale, Potenza; Campionesi del III Millennio, Galleria Civica, Campione d’Italia; Cib’arte e Universo Cartesiano, Galleria d’Arte della Certosa, Milano; I custodi della Memoria Collettiva, Museo Provinciale, Potenza; Segni di fede nel battistero sul lago, Museo dello Stucco e della Scagliola Intelvese, Comunità Montana Lario Intelvese e Comune di Lenno (Co); Un Tempo e uno Spazio per l’omaggio alla bellezza, Salone Pontificio Seminario Regionale Minore di Potenza; Nuovi percorsi, Galleria “L’Ariete”, Potenza; PagliaronArte, Senise (Pz); Arte in Tasca, Centro culturale “Annotazioni d’arte”, Milano; Arte Estate Spinoso, Spinoso (Pz); Progetto scenografico del Recital Chi è come te tra i Muti?, Teatro “Due Torri”, Potenza; Rosari Virginis Mariae, Salone Seminario Minore, Potenza; Ciò che è infinitamente piccolo, artisti del 1900 e contemporanei, Galleria Civica, Palazzo Loffredo, Potenza; Personale Passante, Galleria Idearte, Potenza, Libro in arte – L’autunno profuma di libro, Castello di Lagopesole (Pz); Padiglione Italia alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia per il 150° dell’Unità d’Italia a cura di Vittorio Sgarbi, Galleria Civica Palazzo Loffredo, Potenza; I care (io me ne curo), Galleria civica, potenza; Personale cityscapes, Galleria idearte, Potenza.
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DISCEPOLO GIRARDI
Discepolo Girardi: parlo di me Chi sono: Discepolo Girardi è nato ad Avellino nel 1963, La sua formazione artistica ha i suoi albori presso la scuola d’arte del padre Vinicio, rinomato pittore della scuola napoletana del novecento. Si è laureato in architettura a Napoli e qui ha cominciato e continua la sua ricerca nel campo delle arti figurative senza disdegnare a periodi la scultura e le arti applicate. Ha partecipato a centinaia di concorsi di pittura in Italia ed all’estero riscuotendo successi , elogi dalla critica nazionale ed oltre 50 primi premi. Sue personali si sono tenute in enti pubblici e privati di diverse città italiane ed europee: Napoli, Torino,Salerno, Roma, Foggia, Benevento, Ischia, Nizza, Lione, Parigi ecc. Tuttora la sua presenza è permanente in diverse gallerie pubbliche e private, particolarmente la galleria ARIELE Torino. Si sono interessati alla sua pittura critici ed esponenti del mondo culturale tra cui: G. Grassi, A. Calabrese,Sgarbi , R. Zani, E.Treccani , G.A. Leone. , M .Vitiello, F.De Santis etc. riviste specializzate del settore : Il Tempo, Cronaca Politica, Il Mattino, Il Giornale di Napoli , Eco dell’arte moderna, Ciociaria oggi Ha illustrato con sue litografie e xilografie le pagine di racconti e poesie di scrittori e di alcune canzoni napoletane, inoltre ha realizzato murales per enti pubblici e privati in Campania ed Abruzzo.
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dal 17 AL 23 Aprile 2021 La Galleria d’Arte MEGA ART e la sua Associazione, in collaborazione con la Galleria POCKET ART STUDIO di Roma (Centro Storico - via della Reginella 11) “UN MONDO DI COLORI” Espongono: Albino Palamara - Aldo Masciangelo - Alex Di Meglio - Alexandra Palazzino Alexandra Petropoulou - Carolin Starr Ellis - Claudio Castellani Claudio Giulianelli - Cuono Gaglione - Cynthia Rey - Enrico Bosi Enzo Briscese - Gabriella Sterzi - Gentile Polo - Gregg Simpson Guikni Rivera - Jana Kamaradova - Kurdo Rifaae - Cristina Paoluzzi Miguel Barros - Ornella De Rosa - Raffaele Starace
www.megaart.it
megaartassociation@gmail.com
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museo d’arte contemporanea statale
MACS Museo di Arte Contemporanea Statale Il MACS, Museo di Arte Contemporanea Statale, è stato inaugurato l’8 ottobre 2016. Il Museo, oggi, possiede una collezione di circa 500 opere di arte, donate da numerosi artisti di fama nazionale e internazionale. E’ situato in via Napoli, vico II, presso la sede del Liceo Artistico Statale “Solimena” di Santa Maria Capua Vetere ed è aperto al pubblico dal lunedì al sabato dalle ore 08.00 alle ore 14.00.
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La raccolta, conservazione e l’esposizione di opere consente al Liceo Artistico di formalizzarsi quale polo culturale e sperimentale, diventando punto di incontro reale ed effettivo tra l’arte, cultura e scuola, realizzando uno spazio di libero confronto nel senso più ampio del termine, assicurando contaminazioni creative fra esperienze, stili, linguaggi, territori e generazioni.
MUSEO DEL CALZADO ELDA - ALICANTE - SPAGNA
“Ars Vivendi” dal 5 al 30 giugno
Curatori: Pau Pellin e Carlos Salas Artisti partecipanti: Vittorio Vanacore Enzo Trepiccione Gennaro Ippolito Giovanna Donnarumma Maria Credidio Enzo Briscese Silvana Leonardi Salvatore Giunta Pepe Yagues Antonio Vidal Maiquez
Antonio Gomez Belén Orta Kraser Virginia Bernal Salvador Torres Pau Pellin Jesus Sevilla Alejandro Torres Boja Martinez Cebrian Álvaro Peña 49
CAMPANIA
“Digito, ergo Sum”
Mostra e Catalogo d’Arte di Letizia Caiazzo a Villa Fiorentino-Sorrento (Na)
A Sorrento, dal 17 aprile al 16 maggio 2021, presso la splendida location monumentale di Villa Fiorentino si terrà“Digito, ergo Sum”, la grande mostra antologica di cyberdipinti dal 2010 al 2020 di Letizia Caiazzo, rinomata esponente della “Digital Art”, fra le più eminenti e riconosciute protagoniste, in campo internazionale, di uno specifico settore creativo che richiede altissimo estro e non comune competenza tecnica nella multimedialità. L’importante evento è patrocinato dall’autorevole “Fondazione Sorrento”, che ha generosamente pubblicato un monumentale Catalogo con tutte le opere in esposizione che sarà ufficialmente presentato nel corso dell’inaugurazione, volume a cura e con saggio introduttivo del Prof. Nuccio Mula, critico internazionale d’arte, giornalista, docente universitario di Fenomenologia delle Arti Contemporanee, Fenomenologia dell’Immagine, Teoria della Percezione e Psicologia della Forma presso l’Accademia di Belle Arti“Michelangelo” di Agrigento. L’ingresso dei visitatori, sempre libero e gratuito, sarà condizionato ovviamente dalle disposizioni vigenti nel periodo della Mostra. Qualora, per eventuali disposizioni governative causa emergenza Covid, non fosse consentito l’accesso fisico al pubblico, l’evento sarà trasmesso in maniera virtuale presso il web, sui canali della Fondazione Sorrento. Ove confermata dalle Istituzioni Statali e dalla Fondazione Sorrento la possibilità di accedere anche “in presenza” alla Mostra, seguirà, in tempi brevissimi, altro Comunicato esplicativo sui giorni e sugli orari di apertura dell’evento alla suddetta Villa Fiorentino.
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Letizia Caiazzo ci conduce verso una riflessione espressiva ed emozionale ricca di spunti. Il suo è un mondo fatto di domande, interrogativi sulla vita, la società, l’uomo, sul significato del reale che ci circonda, che appare spesso per quello che non è, nascondendosi visibilmente. Si chiede qual è la condizione delle donne , il rapporto con la società, le vittorie e sconfitte, i risultati apparentemente raggiunti dopo anni di lotte. L’universo femminile è complesso e vario e spesso non è compreso. Letizia Caiazzo da donna, comprende le donne e le rappresenta con sensibilità e trasporto. Con la sua ricerca intima e personale, si spinge ad indagare, attraverso l’arte digitale, il rapporto tra la realtà tangibile e quella intelligibile. Per mezzo di un linguaggio carico di simboli, allegorie e rimandi, c’invita a riflettere e decifrare il suo messaggio sublimale. Un enigma pieno di interrogativi che ci vede confrontarci ogni giorno con condizioni prive di una risposta immediata. Un grande mistero, quello ci circonda e ci avvolge, all’interno del quale l’uomo, l’essere umano con la sua essenza, è una parte determinante. Un tentativo di risposta, però, può venire attraverso l’arte e la ricerca di sé. (Estratto da 1920-2020 IL TEMPO NELL’ARTE tra passato presente e futuro, pag 65) 2020 ArpinèSevagian
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CAMPANIA
GIULIA NAPOLEONE E LA RICERCA DELL’INFINITO
Si è inaugurata il 20 marzo 2021, la mostra Retrospettiva “Viaggi e costellazioni alla ricerca dell’infinito”, dedicata a Giulia Napoleone, con opere create dal 1956 al 2020. Spazio Ophen Virtual Art Gallery Salerno E’ stato presentato anche il libro d’artista sempre di Giulia Napoleone dal titolo “Come il volo del tuffatore di Paestum” con 7 pastelli inediti creati tra il 2018-19 e con due poesie visuali di Sandro Bongiani. L’evento è sotto il Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Museo Madre di Napoli. La ricerca di Giulia Napoleone viene approfondita soprattutto dalla seconda metà degli anni Settanta in poi, in cui l’assenza di materia fa riaffiorare la luce e l’emozione. Una ricerca personalissima che trae suggerimenti da Klee, Morandi, Fontana e Tancredi. Agli infiniti intrecci che pervadono gli attraversamenti inoggettivi di Napoleone, corrisponde un nucleo proprio di confluenza che è il disegno, da sempre abilitato a una rilettura specifica dell’altra faccia del visibile, di un paesaggio del tutto mentale costruito
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tra equilibrio e geometria. che – come suggerisce Leonardo Sinisgalli – è una chimica interiore. Per Giulia Napoleone Il viaggio “non è soltanto spostamento da un luogo per arrivare ad un altro, ai viaggi fisici anche frequenti di Giulia Napoleone corrispondono altrettanti viaggi mentali di luoghi inesplorati, tra spazi, segni e costellazioni dell’assoluto e dell’indefinito. Una lunga e assidua ricerca a indagare i segni dell’esistere, del pensiero, che diviene spazio, tempo e profondità in cui la luce entra nella sua ombra per aprirsi all’infinito e divenire paesaggio interiore. Dal 20 Marzo 2021 al 30 Giugno 2021 SALERNO LUOGO: Spazio Ophen Virtual Art Gallery
CHRISTIAN LEPERINO
Christian Leperino, pittore e scultore napoletano di fama internazionale,inizia il suo viaggio artistico spaziando fin dagli esordi dalle tecniche tradizionali alle sperimentazioni con i new media, dopo essersi diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti della capitale partenopea. La sua prima personale “ Rawe off” è del 2001 e nel 2003 vince il premio “ Arte Fiera Under 30”, grazie al quale si trasferisce a Berlino a lavorare presso il KunsteWerke, l’Istituto di Arte Contemporanea della metropoli tedesca. A Berlino approfondisce il rapporto tra habitat e condizioni di vita degli individui e da queste riflessioni e questa nuova consapevolezza nascono cicli di dipinti il cui tema ricorrente è il corpo umano: Human Project - Analysis of Human Behavior in the City,( NOT Gallery a Napoli, 2007 ) e Empty Lands of Desire ( Pan- Palazzo delle Arti di Napoli, 2007). Sempre nell’ambito della sua ricerca sul corpo umanonel 2009 nasce TactusIntimus(Musei Universitari di Palazzo Poggi, Art First, Arte Fiera Bologna), una scultura a grandezza naturale, in resina, cera e cristallo, realizzata a partire da un calco umano su un modello vivente. È il suo modo di delineare un luogo emblematico, in cui accettare di confrontarsi con una sfida e in cui attirare ed ammaliare lo spettatore diviso tra il sé e l’altro da sé, così diverso eppure così eguale. Allo stesso filone appartengono anche Hoc est enim corpus meum (Museo Universitario dell’Opera Suor Orsola Benincasa, Napoli, 2009), e Human Revolution (Real Museo Mineralogico dell’Università degli Studi Federico II, Napoli, 2009). Negli ultimi anni il suo tema ricorrente si è intrecciato con il tema del paesaggio urbano. Le sue ultime opere nascono dalla sua riflessione sul rapporto tra lo spazio delle metropoli e la vita degli abitanti. Indagano questa domanda impellente dell’artista, le sue opere esposte come Cityscape / 12 (alla 54a Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Tese di San Cristoforo, 2011), Human Escape (al MAC-Museu de Arte Contemporânea de Niterói, Rio Janeiro, 2010 ) e Cityscape, installazione permanente presso la stazione ferroviaria di Mergellina, opere su PVC di grandi dimensioni che raccontano le atmosfere della periferia industriale di Napoli con i tetti delle raffinerie, le cisterne ossidate, i muri di cemento segnati e le sopraelevate. Nel 2012 il Servizio Didattico del Dipartimento di Archeologia di Napoli e Pompei lo ha invitato ad esporre al
Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La mostra, Paesaggi della Memoria, si compone di due installazioni sitespecific, un grande dipinto (600 x 1000 cm) nella Sala del Toro Farnese e un’installazione ambientale nello Spazio Espositivo. Nel 2013 ha esposto una nuova serie di dipinti, i Distretti, e tre sculture in gesso, Human Blocks, in una mostra personale all’Accademia di Mosca e all’Accademia di San Pietroburgo. Nel 2014 Leperino ha esposto Facesall’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo,una serie di ritratti a china su carta, i volti che attraversano le periferie e che di esse condividono gli umori, i colori, la trama sottile mentre la sua opera,The Other_Myself, è entrata a far parte della collezione permanente del museo MADRE di Napoli.
Sue opere sono presenti in collezioni museali e spazi pubblici: MMOMA – MoscowMuseum of Modern Art, IICT di Tokio, Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Suzzara, Stazione Ferroviaria di Mergellina a Napoli. Nel 2015 ha fondato SMMAVE – centro per l’arte contemporanea, nella chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini. Grazie ad un grande lavoro di recupero l’antico edificio di culto è diventato un centro di attività dedicato alle arti visive con collegamenti a musica, teatro e scienze. È Professore Ordinario di “Tecnologia dei materiali” presso la Scuola di Scultura - Accademia di Belle Arti di Napoli. Photocredits e info: www.christianleperino.com Vittoria Samaria
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CALABRIA
Francesca Vena: la pittrice dallo spirito libero
Francesca Vena è una pittrice cosentina. Ha trascorso un’infanzia serena a contatto con la natura, in una famiglia dove si respirava arte, musica e pittura. Ammira la bellezza e la perfezione della natura che la circonda e così sin da piccola inizia la sua attività artistica. Questa passione la manifesta attraverso i suoi paesaggi, scorci e tramonti che ricordano un mondo passato carico di nostalgica malinconia. Artista poliedrica. Partecipa a vari eventi conquistando il giudizio positivo della critica. Ha ricevuto numerosi diplomi d’onore e trofei.
D. Come è nata la tua passione per la pittura e per l’arte? R. La passione per l’arte è nata alla tenera età di 5 anni. Tutto è scaturito dall’amore verso il bello, la classicità e l’attenzione verso gli affreschi e i dipinti dei grandi maestri dell’arte. D. Oltre alla pittura hai altri interessi in campo artistico, racconta… R. I miei interessi vanno oltre la pittura. Mi occupo di restauro e realizzo costumi d’epoca. D. Quali sono le tematiche e isoggetti principali delle tue opere? R. Le tematiche dei miei dipinti, spesso, sono paesaggi, animali, nature in genere. Temi che mi riportano a tempi remoti D. Rappresenti spesso illupo. Che rapporto hai con questo animale e come mai è così presente nelle tue opere? R. Il lupo mi rappresenta molto come animale. Pur essendo
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un esemplare che ama la comunità, è uno spirito libero. Ho sempre avuto un rapporto meraviglioso con questo animale: siamo in simbiosi. L’importante è rispettare i suoi spazi. D. Descriviti in 5 parole R. Sono altruista, un po’ solitaria , come tutti gli spiriti liberi. Non accetto compromessi nella vita. Nonostante le difficoltà della vita, che ho dovuto affrontare, sono andata sempre avanti con forza e coraggio. Amo la vita più di qualsiasi altra cosa al mondo D. Sei presidente e fondatrice della Associazione Isabella d’Aragona da 9 anni. Di cosa si occupa? R. L’associazione si occupa, in prevalenza, di organizzare eventi: mostre d’arte, presentazioni di libri e altro. A breve anche corsi di pittura per bambini e adulti. D.I tuoi prossimi progetti post-covid? R. I progetti nel calderone sono tanti. Innanzi tutto riprendere da dove abbiamo lasciato, poi organizzare eventi a livello territoriale come fiere e rievocazioni storiche. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
Espressività cromatica nei paesaggi e nei volti femminili dell’artista Mario Perrotta
Mario Perrotta nasce e vive a Paola (Cosenza). L’arte e la pittura lo hanno affascinato sin da bambino. Ha scelto di restare nella sua terra natia, anche se il suo lavoro lo ha portato sempre in giro per l’Italia perché attratto dai colori della sua terra che ritroviamo nelle sue opere. Espone nel suo atelier a Paola (CS). Ha realizzato tante personali in Calabria e ha partecipata a moltissime collettive in tutta Italia. Nei paesaggi di Perrotta troviamo espressività cromatica e poesia che riproduce personalizzandoli secondo la propria sensibilità. Perrotta oltre ai paesaggi ama dipingere i volti femminili, dove la donna viene sublimata ed idealizzata. L’artista conduce lo spettatore da una realtà quotidiana ad un mondo popolato da muse. Le donne di Perrotta hanno una bellezza semplice e inafferrabile. Attraverso la pittura ed il disegno, preziosi strumenti analitici, indaga, scandaglia ed interpreta le figure femminili.
Grasso,Palladino,Di Matteo, Guido e altri. D. Parliamo dei suoi soggetti preferiti R. Amo dipingere borghi, marine e paesaggi reali che a volte volgono all’onirico. Prediligo anche i volti femminili D. Qualcosa che non le ho chiesto e che le piacerebbe far sapere ai nostri lettori? R. Per me l’arte è espressione dell’animo,è un’ancora di salvataggio per gli uomini. E’vera la frase : l’arte salverà il mondo D. Quali sono i colori prevalenti della sua tavolozza? R. Preferisco i colori caldi e l’azzurro. Ma gioco anche con i colori sperimentando nuovi abbinamenti cromatici per una rappresentazione in bilico tra reale e irreale D. Il riconoscimento più gratificante per lei? R. Emozionare è il più importante riconoscimento. Anche il consenso della critica mi ha sempre dato soddisfazioni D. Si separa volentieri dalle sue opere? Che tipo di rapporto lega un artista alla sua creazione? R. La creazione è un po’ come un figlio. Difficile staccarsene, ma altempo stesso è gratificante perché altri ne potranno godere Alessandra Primicerio (critico d’arte)
D. Quali sono imessaggi umani fondamentali alla base della sua produzione artistica? R. Per me sono importanti l’ambiente e le tradizioni. Attraversole mie opere voglio sollecitare al rispetto e alla valorizzazione dei luoghi ricchi di memorie. D. Che rapporto, nel corso degli anni,si è venuto a creare con i critici d’arte e con il suo pubblico? R. Sono in ottimi rapporti. C’è grande stima con
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CALABRIA
IL MONUMENTO A BERNARDINO TELESIO DELL’ARTISTA ACHILLE D’ORSI.
Il cosentino più famoso di tutti i tempi, il filosofo Bernardino Telesio,è rappresentato seduto, con un libro poggiato sulle gambe, in atteggiamento meditativo. Il monumento, in bronzo, fu realizzata nel 1914 dallo scultore Achille D’Orsi. Poggia su un alto basamento in granito grigio tipico della Sila. Ai lati sono incisi due bassorilievi bronzei: “L’arresto di Telesio giovane” e “Telesio che insegna la sua filosofia“. Incisa sullo schienale della sedia vi è la scritta “CAVSARVM COGNITIO”, sintesi del pensiero del filosofo. Bernardino Telesio è in atteggiamento pensoso con in mano una penna e nell’altra un libro. La scultura si trova al centro della piazza XV marzo. Fu traslocata nel periodo fascista in piazza XX settembre. Si dovette aspettare il 1968 perché il monumento facesse ritorno nel suo posto originario. Achille D’Orsi, l’artista che ha realizzato l’opera,è uno scultorevissuto tra ‘800 e ‘900. Studiò all’Accademia di Belle Arti di Napoli e perfezionò la propria arte a Roma, poi tornò a Napoli. Aderì alla corrente realista.Durante la sua carriera gli furono commissionati numerosi busti e ritratti; fra questi il monumento ad Umberto I d’Italia, il monumento al filosofo BernardinoTelesio, i busti di Filippo Palizzi e di Salvatore Farina. Una sua grande statua di marmo raffigurante Alfonso d’Aragona è situata davanti alla facciata del Palazzo Reale di Napoli e fa parte della serie di otto re di Napoli. Bernardino Telesio, filosofo e naturalista cosentino del XVI secolo, rappresentato nella scultura di D’Orsi,fu l’i-
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niziatore della nuova filosofia della natura rinascimentale. Trassero ispirazione dalla sua dottrina Giordano Bruno, Cartesio, Francis Bacon, Tommaso Campanella.Telesio iniziò i suoi studi nella città natale di Cosenza con lo zio Antonio, colto umanista che lo portò a Milano e poi a Roma . Il filosofo si recò a Venezia e successivamente a Padova dove studiò filosofia e approfondì gli studi in matematica, astronomia e filosofia morale. Telesio cominciò a sviluppare la sua critica alla fisica aristotelica appassionandosi allo studio della natura a cui dedicò tutte le sue opere. Compì numerosi viaggi a Roma, Napoli, Bologna, Cosenza godendo del favore di alcuni papi e della protezione della famiglia napoletana del Duca di Nocera, Alfonso Carafa che lo ospitò per lunghi periodi che lo portarono a scrivere la sua opera maggiore: il De rerum natura iuxta propria principia (“Intorno alla natura delle cose secondo i loro principi”), che fu composto nel palazzo ducale di Nocera e dedicato al figlio del duca Alfonso Ferrante. Nel 1552 il filosofo sposò Diana Sersale da cui ebbe quattro figli. Il primogenito, Prospero, fu misteriosamente ucciso nel 1576.Dopo la morte della moglie, papa Paolo IV Pietro Carafa gli offrì la nomina di arcivescovo di Cosenza ma Telesio rinunciò a favore del fratello Tommaso.Il filosofo trascorse gli ultimi anni della sua vita a Cosenza dove, dopo la morte di Aulo Giano Parrasio , si era dedicato agli studi filosofici-scientifici della accademia che da lui prenderà il nome di Accademia “telesiana”.Morì a Cosenza nel 1588, rimpianto dai suoi discepoli. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
La leggenda di Alarico rivive a Cosenza con la statua dell’artista Paolo Grassino
Nella confluenza tra i fiumi Crati e Busento, a Cosenza, si erge la statua realizzata da Paolo Grassino, che raffigura Alarico, re dei Goti a cavallo, simbolo della città bruzia. La leggenda racconta che Alarico passò da Cosenza di ritorno da Roma con un enorme bottino ricco di tesori preziosissimi. Mentre si dirigeva in Africa però il goto Alarico morì improvvisamente e fu seppellito, secondo la tradizione funeraria dei Goti, nel letto del fiume Busento. Insieme al suo corpoi soldati seppellirono anche il bottino di guerra e il suo cavallo. Il tesoro era formato da 25 tonnellate di oro e 150 d’argento oltre a gioielli e monete. Secondo la leggenda da quel 410 d.C ad oggi il corpo di Alarico e il suo tesoro sono ancora sepolti sotto il fiume Busento. Il fiume venne temporaneamente deviato e tutti gli schiavi che si occuparono del seppellimento vennero uccisi per impedire loro di svelare il luogo preciso del bottino. Il mistero del tesoro di Alarico continua ad affascinare. Nel 2015 si iniziò la bonifica degli argini del Busento, la ricerca con droni, georard, telerilevamento e proiezioni geofisiche alla ricerca del sito archeologico. Ma nel 2016 arriva da Roma lo stop agli scavi per mancanza di prove. Il mistero della tomba di Alarico ha ispirato i versi a Dumas. Anche il poeta Graf von Plater è stato ispirato da questa storia e ha scritto lapoesia La tomba nel Busento con una rappresentazione romantica della morte esepoltura dal re goto. Lapoesia è stata tradotta in italiano da Giosuè Carducci. La statua dello scultorePaoloGrassino è stata finanziata dalla Fondazione Carical.Il cavallo di Grassino è senza gambe, è ferito, reduce di tante battaglie: è un fantasma. Si regge su quattro linee - tubi -trampoli che somigliano ad una impalcatura di cantiere, come afferma lo stesso artista, o a una giostra per bambini. L’artista vuole scollare l’opera e il mito dalla terra per poter creare una dimensione spirituale. Alarico è in piedi sul suo destriero: sono legati indissolubilmente da un comune destino. Si ha l’impressione che la statua è appena emersa dall’acqua e si è cristallizzata in uno spazio senza tempo. Il mito resta fermo. Il cavallo è stato fuso in metallo e la superficie è decorata da linee e onde. E’ quasi come se Grassino con questa opera volesse mantenere questo segreto
che non trova risposte. Paolo Grassino, nato a Torino nel 1967, anno di nascita dell’Arte Povera,vive e lavora a Torino. Con le sue opere offre una riflessione sulle derive della società attuale, sospesa tra precarietà e mutazione. L’artista recupera il senso della manualità: utilizza gomma sintetica, legno, polistirolo e cera ma anche fusioni in alluminio o calchi in cemento. Tra le esposizioni di maggior popolaritàricordiamo l’opera Madre, al MACRO di Roma e la partecipazione alla Quarta Biennale di Mosca (entrambe del 2011). Dello stesso anno la partecipazione a mostre in musei pubblici internazionali come il Frost Art Museum di Miami e il Loft Project ETAGI di San Pietroburgo. Del 2010 è la mostra antologica al Castello di Rivalta (TO) mentre l’anno precedente partecipa alla mostra Essential Experience al museo RISO di Palermo (2009). Nel 2008 fondamentale la mostra personale in Francia al Museo di Saint-Etienne e nello stesso anno l’invito alla XV Quadriennale d’Arte a Roma. Del 2005 è la grande installazione sulla facciata della Fondazione Palazzo Bricherasio a Torino, mentre nel 2000 la GAM di Torino gli dedica una mostra personale. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
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SICILIA
NICOLA TESTONI
Nelle opere di Nicola Testoni affiorano, come un relitto al ritiro delle maree, i valori della sopravvivenza (e) del figurativo, che il naufragio di questa poetica, nel secolo scorso, ha segnato in modo indelebile. La sua poetica degli oggetti (in particolare quella della natura morta e dei ritratti) è tutta intrisa di una tensione ontologica, in cui gli oggetti stessi, come in un itinerario memoriale, compongono un vero e proprio bestiario magico. Non sono più di una trentina le cose che strutturanole tavole di questo libro illustrato, un volume che ci racconta, come in un soggettario, le derive simboliche, i correlativi oggettiviche questi stessi oggetti hanno assunto, nella vita quotidiana dell’artista. Una severa e ponderata aderenza alla realtà e alla luce, che bagna le cose come in un quadro di Piero della Francesca, cribrato però dalle atmosfere più dense di Casorati, segna le immagini con una tecnica quasi scultorea, ottenuta attraverso l’uso sapiente delle spatole, sulla superficie del supporto. Lo studio cromatico vi s’innesta, come in un riflesso fotografico, poiché con la luce e con il colore esso è ristabilito, nello spazio della pittura, come in un sogno. L’umile lavoro di studio delle forme sospende le persone e gli oggetti in un’atmosfera onirica, tagliente e piatta come le spatole, con un’insistenza formulare che ricompone un ordine umile e rarefatto. La dottrina della pittura in senso tecnico e artistico trova nei suoi dipinti picchi di una concentrazione metafisicagraffiante; da una parte il rigore formale delle composizioni, dall’altra la semplicità pura delle invenzioni, concorrono entrambe a generare immagini profondamente umane, svuotate di ovvietà e riempite di
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una sacralità quasi irreligiosa. Lo sguardo di Testoni è concentrato e rispettoso, ma con la sua capacità analitica illumina per noi le cose da un punto di vista sospeso e quasi cosciente della sopravvivenza degli oggetti rappresentati. La cuccuma blu, lo scrigno di legno, le trecce d’aglio, la tazza, la pennellessa, il sottomarino, le mele (dall’evidente
portato simbolico) i cetacei, i dinosauri, i pachidermi, i cavalli a dondolo e i giochi fluttuano nello spazio, come gli animali delle stampelle dei capitelli diun chiostro gotico e riportano nel loro tornare a galla,da un tempo e uno spazio remoti, una presenza mitologica e divinante, che risveglia il mistero della vita degli oggetti e li rianima in un universo appartato, in uno spazio sacrale e conchiuso. Il momento più profondamente allegorico della sua opera è consegnato ai ritratti, con o senza maschere di scimmia, in essi Nicola Testoni si abbandona a un’espressione figurale dei suoi valori morali, che gli oggetti, di per sé stessi tabù, sono meno permeabili a rappresentare. Oltre alla pudicizia quasi compulsiva con la quale i personaggi sono riportati sulla tela, si nota la presenza iconografica di attributi: megafoni, telefoni, pennelli, che sono tutti strumenti di comunicazione e che sembrano indicare un senso di indisseppellibilità della parola e dell’immagine, contro la quale il pittore combatte in senso anche materiale nella mestica dei colori (spesso dai toni terrosi) e nella loro stesura. Le maschere di scimmia servono, come le maschere di uno stregone, a disseppellire l’anima ancestrale delle persone e a smascherare (in senso paradossale e antifrastico) la nostra natura anticonvenzionale, disordinata (nell’ordine estremo della tela), a svelare l’energia vitale che genera i solidi dei corpi e li proietta nello spazio. Un pensiero magico e analogicocodifica in questi dipinti un messaggio facilmente leggibile, immanente, e pieno della nostalgia. Prendere atto della finitezza delle nostre vite non serve a superare il limite estremo delle stesse, se non che, affermarlo con chiarezza, è l’atto magico della sopravvivenza, la stessa che riporta in vita gli oggetti del passato, i dinosauri estinti e che riesce addirittura, poeticamente, a far fluttuare i simulacri delle balene della Schleich nell’aria irreale di una stanza. Mauro Di Vito
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13ª edizione
MOSTRA MERCATO DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
2.3 ottobre e 8.9.10 ottobre 2021 Orario di apertura: dalle ore 10:00 alle ore 19:00 Fiera di Parma - INGRESSO OVEST
www.artparmafair.it Segreteria Organizzativa: Nord Est Fair - 049 8800305