N°42 NOVEMBRE-DICEMBRE 2020
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periodico bimestrale d’Arte e Cultura
ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE
Giorgio Billia w w w.facebook.c o m/Rivista 2 0
Edito dal Centro Culturale ARIELE
ENZO BRISCESE
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE
del Centro Culturale Ariele
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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Monia Frulla Rocco Zani Miele Lodovico Gierut Franco Margari Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Virginia Magoga Enzo Briscese Susanna Susy Tartari Cinzia Memola Concetta Leto Claudio Giulianelli
www. f a c e b o o k . c o m/ Riv is t a 2 0 ----------------------------------------------------------
L’isola dei morti - 2008 - olio su tela - cm 40x50
Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------
Personaggio -2008 - t.m. su tela - cm 40x50
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In copertina: Giorgio Billia
DI V I SIO N I S M O
LA R I V O L U Z ION E D E L L A L U C E
CASTEL L O DI NO VA R A | 2 4 .1 0 .2 0 2 0 - 2 4 .0 1 .2 021 w w w. mo st r a d iv is io n is m o .c o m
E’stato uno dei successi più rilevanti della stagione invernale delle grandi mostre d’arte: “Divisionismo, la rivoluzione della luce”, allestita da Mets Percorsi d’arte con il Comune di Novara, al momento della chiusura per effetto di quanto disposto dalle norme di contenimento dell’epidemia del virus Covid-19, il 26 febbraio, aveva toccato quota 32.000 visite. LA grande mostra Divisionismo La rivoluzione della luce ha l’ambizione di essere la più importante mostra dedicata al Divisionismo realizzata negli ultimi anni, movimento giustamente considerato prima avanguardia in Italia.
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D I V I S ION IS MO L A R I V O L U Z IONE DEL L A L UCE CA S T E L L O D I N O VARA | 2 4 .1 0 .2 0 2 0 - 2 4 .0 1 .2 0 2 1
Il Divisionismo nasce, fra l’ottocento e il novecento, a Milano sotto l’influenza dello studio dei trattati d’ottica, che hanno rivoluzionato il concetto di colore e si sviluppa nel Nord d’Italia, grazie anche al sostegno di Vittore Grubicy de Dragon, mercanted’arte, critico, pittore, che gestisce una galleria d’arte a Milano. Viene pertanto sostituita la miscela dei colori ottenuta sulla tavolozza, con l’accostamento dei toni complementari sulla tela. L’occhio dello spettatore, alla giusta distanza può ricomporre le pennellate staccate in una sintesi tonale, percependo una mag
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gior luminosità nel dipinto. Il Divisionismo da Milano e dalla Lombardia si allarga al Piemonte. Le tematiche del tempo sono rivolte alla natura e ai problemi sociali; soltanto Gaetano Previati, visionario, elabora un’interpretazione del tutto particolare. Particolare spazio viene dedicato al ruolo promotore e di mentore di Vettore Grubicy, dapprima sostenitore della Scapigliatura milanese (Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni) e più tardi dei protagonisti del Divisionismo, da Morbelli a Pellizza, da Longoni a Segantini.
La mostra è divisa in otto sale con una settantina di opere di pregio e un catalogo esaustivo. Questo catalogo scientifico accompagna l’esposizione. Il saggio della curatrice è corredato da schede biografiche degli artisti, con schede critiche delle singole opere affidate agli specialisti del Banco CRT e Banco BPM.
La prima uscita dei giovani seguaci della tecnica divisa avviene alla prima Triennale di Brera,1891,e, anche se inquadrato in un certo tradizionalismo, c’è uno sforzo di aggiornamento sui codici europei. Insieme a Longoni, Sottocornola, Pusterla espongono anche Pellizza,Fornara, Tominetti che accosteranno la tecnica solo più tardi. Segantini presenta “Le due madri”, Previati “Maternitò”, Morbelli “L’alba” Longoni “L’oratore dello sciopero”eNomellini “ Piazza Caricamento a Genova”. La critica si dimostra tutt’altro che benevola e li defiinisce una “malattia” (morbillo, scarlattina..) della pittura. Dopo varie esperienze anche Giovanni Segantini arriva al Divisionismo raffigurando nelle proprie opere un’atmosfera piena di luce e un’atmosfera incontaminata. E’ “ il più pittore” e il meno sistematico. C’’è in lui un senso religioso nell’accostarsi alla natura: è alla solennità della montagna, all’ampiezza delle vallate alpine che sono dedicati i suoi migliori lavori. Egli si immedesima nella natura, ne fa parte, riuscendo a creare un rapporto profondo con tutto ciò che lo circonda. Si deve attendere la prima quadriennale piemontese,1902, perché il Divisionismo sia accolto senza polemiche. Previati presenta “La Via Crucis””, Fornara il trittico inverno primavera autunno,Pellizza espone “il Quarto Stato”, Morbelli è assente.
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PIEMONTE
Il Divisionismo racchiude anche diverse “storie d’inverno”, di luce e di neve. Quest’ultima è da sempre un fenomeno di indiscussa meraviglia, evoca silenzi ed emozionanti giochi di luce:Longoni, Fornara, Morbelli, De Nittis e le loro vedute di città urbane o dei ghiacciai svizzeri.La breve esistenza di Segantini, è condotta quasi in simbiosi con i ritmi delle montagne. Eppure il paesaggio più lirico resta senza dubbio “Crepuscolo invernale” di Pellizza da Volpedo dove ogni elemento segna la dolcezza dell’ora. Segantini afferma;” Se l’arte moderna ha un carattere, sarà quello della luce e del colore”. Il Divisionismo,pur se non concluso nella sua fase storica alla data del 1899 , anno della scomparsa di Segantini,sopravvive in una folta schiera di artisti della generazione successiva, non solo quella dei Boccioni, Balla, Carrà, Severini, Russolo, per i quali ha rappresentato la strada maestra verso l’avanguardia futurista, ma anche e specialmente nei giovani piemontesi e lombardi che l’avrebbero riveduto in temi montani e di paese fino agli anni venti-trenta del XX secolo. Per quanto riguarda Balla, Boccioni, Severini, occorre soffermarsi intorno agi inizi del Novecento per ritrovarli a Roma alle prese con la nuova tecnica del Divisionismo. Balla, diventato maestro di Boccioni, da poco tornato da Parigi, è un pittore riflessivo e ha un amore esclusivo con la natura. Severini con Boccioni sono a quel tempo assidui frequentatori dello studio romano di Balla,avanguardista nella capitale del nuovo modo di dipingere diviionista. Il Divisionismo è stato il primo movimento fondamentale, rivoluzionario, artistico, di respiro europeo, a cavallo di due secoli. E’ valutato il fenomeno conclusivo rispetto a certe esperienze del Decadentismo di quel tempo e insieme apertura al Futurismo e all’arte d’avanguardia. E’ stato cioèstrumento di prevedibile superamento della pittura storico-naturalistica ancora dominante nelle grandi esposizioni nazionali e internazionali e precursore di inedite esperienze.
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NICOLE GRAMMI
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ARTE CONTEMPORANEA: LA ROTTURA DI UN PROLUNGATO SILENZIO.
Giorgio de Chirico “Spirito di dominazione” 1927.
Finalmente si sentono le voci degli artisti, da tempo in silenzio ed emarginati. Ciò non significa che la situazione sia cambiata in meglio, anzi, mai come ora avvertiamo di sottostare ad un radicale periodo critico di transizione di cui la cosiddetta globalizzazione è stata fino ad oggi soltanto la prima avvisaglia di questa epocale rivoluzione planetaria.Stavolta la crisi colpisce ogni settore e veramente tutti: ogni ceto sociale, nazione, continente, la natura in generale e senza eccezioni. I cambiamenti si succedono rapidi, continui, e richiedono una gestione complessiva e sovranazionale e nello stesso tempo una collaborazione locale matura e competente in modo che si riesca a superare questo passaggio temporale che si prospetta di lunga durata e che mette alla prova le forze in campo, non solo in quanto energie “ muscolari “, ma soprattutto come adeguate risorse mentali ed emotive. La pandemia ha aggravato ulteriormente il contesto. Anche nel mondo dell’arte si vive tale difficile stato di costante evoluzione e numerosi artisti ritrovano la forza per denunciare il degrado in cui versa una considerevole parte dell’arte contemporanea. Si respirano un desiderio di cambiamento, uno stimolo che arieggia nonostante tutto. Per la voglia di cambiare in meglio c’è da ringraziare anche l’entusiasmo delle giovani leve che hanno portato una ventata di freschezza e positività aiutando di fatto la maestria e l’ampiezza di vedute dei veri artisti delle gene-
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razioni precedenti a far breccia e a rompere il ristagno nel settore artistico. Sono infatti gli stessi pittori, scultori, fotografi, etc., che, insieme, prendendo la parola, a voce alta, mettono ufficialmente al bando le provocazioni di tanti falsi artisti, ossia la truffa a danno dell’arte. Nessuno si illude che tale pseudo arte smetta dall’oggi al domani di speculare. Continuerà, non sappiamo fino a quando, il suo abietto circo mediatico: hanno appeso gli asini al soffitto, messo i pesci in formalina, raccattato immondizie collocandole nei musei, hanno usato il prestigio di Istituti storici per ammassare stracci vicino ad una statua classica, in sfregio al nostro classicismo. Certo, si potrebbe andare avanti con gli esempi ma quanto abbiamo ora descritto ci sembra sufficiente ad evidenziare la situazione di parziale collasso nel mondo dell’arte. Sulla nostra Rivista20 da molto tempo denunciamo gli effetti nocivi di questa falsa arte che allontana gran parte della gente dalla vera arte contemporanea, la quale resta sconosciuta perché le sono stati impediti l’accesso e la visibilità ma che ha continuato con sobrietà e tenacia ad esistere e ad operare con rigore e passione nella temperie attuale. La pittura e la scultura, considerati generi troppo tradizionali, hanno subito l’oscuramento totale, in questi anni, in molte mostre importanti a livello internazionale.
GIULIANO CENSINI
Annigoni - Bella-italiana - 1951
A partire dall’arte moderna del primo Novecento e per tutto il secolo breve, si sono avvicendati, numerosissimi e rapidi, cambiamenti di stili e correnti, un’esplosione a raffica di esperimenti nel mondo dell’arte e ciò costituisce un fenomeno nuovo nella sua evidenza se paragoniamo questa accelerata mutevolezza di sperimentazioni, iniziata appunto nel secolo scorso, al lento trasmutare dei linguaggi artistici durante l’intero arco dei secoli precedenti. Questa velocità ha originato molte innovazioni e altrettante mutazioni di mentalità e ha ampliato i rapporti con luoghi e culture meno dotati in fatto di genialità scientifica e tecnica ma possessori di una atavica e viva creatività. Ciò di cui è sempre stata carente la nostra cultura occidentale tecnologica è di sicuro la mancanza di una guida emotiva, della quale avremmo un gran bisogno per tenere sotto giusto controllo la nostra risposta emozionale nevrotica e decadente. Abbiamo toccato una piaga: la trascuratezza e la superficialità con cui affrontiamo la nostra emotività mentre un’educazione emotiva ci permetterebbe di affrontare le sfide del presente con più matura consapevolezza. A partire dall’ottocentesca rivoluzione industriale e dalla progressiva secolarizzazione,quest’ultima rimpiazzata dagli studi psicologici e dalla psicanalisi,siamo segnati da una sorta di profondo smarrimento dell’immaginario collettivo che non è stato per lungo tempo gestito se non a livello di nicchia o a livello meramente individuale rivolgendoci anche ad altre culture più preparate nella cura interiore. segue pag. 10
Screaming Pope’ di Francis Bacon
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Giacomo Balla
Lucio Fontana
Se questo è il contesto in cui ci troviamo, indagato sommariamente nelle sue fragilità, l’arte, che da sempre origina bellezza, deve risollevarsi e riprendere il posto che le spetta: tanto più che risiediamo nel paese famoso per le arti, antiche, rinascimentali, classiche, e via via rinnovate, con un procedere caratteristico che segue gli sbalzi della sua storia. Tornando a confrontarci ancora su doti e difetti della nostra arte moderna,vale a dire delle nostre avanguardie, non possiamo a posteriori negare che essa ci ha regalato degli autentici capolavori tramite artisti/e famosi. L’elenco sarebbe assai lungo, comunque non si può tralasciare Sironi, Marini, Severini, De Chirico, Morandi, Carrà, Manzù, Migneco e a livello internazionale, Cezanne, Van Gogh, Kandinskji, Chagall, Picasso, Braque,Matisse, Dubuffet, Magritte, Frida Kahlo, Tamara de Lempicka, Diego Rivera, Antonio Bueno..La lista è volutamente lacunosa perché l’intento è soltanto quello di ribadire la grandezza di moltissimi artisti del nostro passato prossimo. Ciononostante in età moderna allignava una tendenza che doveva in seguito creare problemi considerevoli. Le ricerche miravano all’essenzialità per cui forme, linee, segni, colori, materia, furono semplificati al massimo raggiungendo gradi primordiali, riduttivii , in altre parole involontariamente predisposti alla standardizzazione e alla conseguente omologazione per il mercato, come succede per tutte le altre merci. Tutto andava nella direzione di una organizzazione industriale destinata al commercio globale. Quando le nuove generazioni di artisti, gli appassionati d’arte, i cittadini, si sono trovati davanti alla tela monocromatica o addirittura acromatica, alla serialità tematica e stilistica permanentemente ripetitiva di ragionieri del pennello, agli eccessi delle propaggini del concettuale, all’aridità di certe performances, era già troppo tardi. L’arte contemporanea, basata nel migliore dei casi su molte di queste premesse si presentava sfigurata, vero specchio del mondo in cui viviamo. Certa arte è diventata sempre più superficiale e sguaiata in mano alla speculazione mercantile. Le istituzioni accademiche, stravolte dalla realtà in atto, sono diventate impastoiate di verbosità, hanno privilegiato la teoria avulsa molto spesso dalla pratica e finanche dalla finalità stessa del creare. A causa della distorsione delle democrazie occidentali si sente dire che è meglio (più democratico) un poster per la maggior parte della popolazione rispetto alle opere d’arte riservate ai pochi benestanti vissuti nel nostro passato remoto. Questo tipo di ragionamento diffuso più di quanto siamo disposti a credere non mette in conto dei fattori essenziali:l’arte
contemporanea, quella che ha il lasciapassare istituzionale, è “brutta”, “ insignificante“, nel migliore dei casi “decorativa” come può esserlo un soprammobile di serie in una sala. Un discreto numero di cittadini, per assicurarsi la comodità di una indiscutibile integrazione, difende questa falsa arte che impigrisce il pensiero e le emozioni. Un’altra parte della popolazione ha un atteggiamento di perplessità e per non esporsi ad insulti,si ritira privandosi di un bene prezioso, ossia la propria educazione artistica. Al posto dell’artista ridotto al silenzio parlano critici, mercanti, nuovi addetti ai lavori capaci di imbastire discorsi, profumatamente pagati, sul “nulla”. E’quindi ora che il dibattito ritorni agli artisti dato che l’ammirazione per un quadro è dato dall ‘emozione che suscita, dal sentire, dal sognare o il desiderare che esso suscita nella fase attuale. Un tempo si diceva che l’arte è un’espressione dell’animo, unica e irripetibile. Oggi potremmo chiamare l’arte la necessità interiore di dispensare bellezza intorno a noi accostandoci ad essa per riconoscersi, esprimere, comunicare. Giovanna Alberta Arancio
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Marino Marini
GIORGIO BILLIA
Ha frequentato il liceo artistico e l’ Accademia di belle arti di Torino - insegna materie artistiche al liceo artistico “ A. PASSONI” di Torino. Vive e lavora a Rivoli (TO). Mostre collettive e personali dal 1987 al 2018 ...le opere di Billia rivelano un’inquietudine categoriale che le rende sfuggenti, come del resto sono sfuggenti le sue immagini, costruite con particolari tanto eloquenti quanto evasivi, che colpiscono per la loro intensità, mai per la loro completezza.
Questa continua indicibilità, questo continuo sottrarsi non è un’esigenza formale. E’ un’esigenza mentale. Il problema di Billia non è tanto quello di superare i generi espressivi. E’ già stato fatto. Il suo problema è quello di suggerire contrasti e irriducibilità, anche avvalendosi dell’opposizione dei mezzi espressivi. Elena Pontiggia mail : giorgio.bil21@gmail.com Cell: 338.50 00 741
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ENZO BRISCESE
La nuda verità- 2013 - t. m. e olio su tela - cm70x80
Enzo Briscese è autore di visioni rivissute in una dialettica di momenti coinvolgenti. Egli privilegia la scomposizione di piani, come esplorazione visionaria, e colta ricerca concettuale, che riprende il pensiero cubista e costruttivista del primo Novecento. Questa pittura riafferma con garbo la possibilità di momenti arcani, grazie a uno scenario dove reminiscenze figurali, più o meno esplicitate, si coniugano in un contesto liricamente informale, mettendo a punto un microcosmo che si ricompone in un unicum ragionato e reso coerente, tramite segnali e richiami allusivi. Vibrano Sentimenti inespressi in queste ricognizioni di eventi, il cui significato resta comunque sospeso e accessibile solo come intuizione. Il percorso visivo si traduce in un segno rapido, elegante, e in una materia trasparente, leggera, a suo modo dialogante, e poeticamente armonizzata nei giochi tonali. Si può ben dire quanto Briscese sia pittore della
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positività, anche nel momento in cui le sue visioni assumono le sembianze di una realtà sfuggente; non c’è infatti conflitto in queste composizioni dove l’inconscio non è tenebra perturbante, ma processo chiarificatore, autobiografico si direbbe, che si apre allo sguardo come accogliente repertorio di oggetti teneramente quotidiani, avvolti nella dolcezza ipnotica e nel silenzio ovattato di uno spazio metafisico. Briscese si rivela qui come abile manipolatore di una realtà estremizzata fino ai limiti dell’assurdo, e tuttavia autore di una narrazione veritiera, attendibile, aperta alla condivisione. La sua cultura pittorica, superando il conflitto tra figurazione e informale, si radica nel Museo del secolo scorso, ma va anche detto che questo richiamo spiega solo in parte la verità poliedrica del suo operare, dove risuonano chiari gli echi della nostra inquietante quotidianità. Paolo Levi
a cura di Francesco De Bartolomeis
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Giuseppe Bonaccorso, Angelo 01, Collage + gommalacca su tela
Maurizio Carnevali, Angelo purificatore, olio su tela
Cristiano De Gaetano, Senza titolo, tempera e cera su multistrato
Wanda delli Carri, Angelo, acrilico su tela
Nikky Dumas, Le marelle, tela, gessi, terracotta
Francesco Finotti, Burocrate con speranza, pelle di mucca, inchiostri, acrilico
Antonio Iozzo, Senza titolo, tecnica mista su tela
Maria Teresa Oliva, Ipostasi, tecnica mista
Nicola Liberatore, Angelo, carta trasportata su tela, pigmenti, strass, oro
Stefania Pellegrini, Sky, acrilico su tela
Enrico Meo, Ex-voto, acrilico su tela
Nuccio Schepis, Senza titolo, olio su tela
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Una convergenza d’intenti non casuale quella che permea le opere dei 12 artisti in mostra nella collettiva Ipostasi, curata da Alessandra Meo e presentata dalla storica dell’Arte Roberta Filardi, visibile dal 25 settembre al 24 ottobre, presso il Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza diretto dalla dott.ssa Maria Cerzoso. Il tema Ipostasi è qui inteso nell’accezione più ampia, intuizione dell’idea, ispirazione originaria resa manifesta nella molteplicità sensibile di segni e di forme dagli autori Giuseppe Bonaccorso, Maurizio Carnevali, Cristiano De Gaetano, Wanda Delli Carri, Nikky Dumas, Francesco Finotti, Antonio Iozzo, Nicola Liberatore, Enrico Meo, Maria Teresa Oliva, Stefania Pellegrini, Nuccio Schepis che rivelano nel loro immaginario creativo un’essenza introspettiva profonda, in alcuni casi intrisa di repertori iconografici tra-
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dizionali, in altri declinata in composizioni quasi astrattive e materiche. Il percorso esperienziale della mostra vuole creare nello spettatore una sorta di mappa emozionale, uno spazio interiore ove può trovare posto la complessa metafora dell’arte. Perché Ipostasi? La ricerca dell’origine e dell’infinito rientra nelle questioni secolari dell’umanità e l’arte forse ancor prima della parola sollecita il pensiero, i sensi, e orienta nella sua potenza segnico-immaginativa alla comprensione della verità e dell’essere stes-so. Gli artisti ci interpellano, ci invitano a interagire con le opere, offrendo l’opportunità di un’esplorazione critica e mettendo in gioco la propria sensibilità per renderci partecipi della sostanza stessa del loro universo creativo.
“PLANETARIUM” Al Centro Ceramico La Fornace Di Castellamonte (To) Fino al 1° novembre
Fino al 1° novembre l’Associazione Museo “Centro Ceramico Fornace Pagliero 1814”, in frazione Spineto n°61, a Castellamonte (To), ospita la mostra di Scultura Ceramica Contemporanea dal titolo “Planetarium”, una installazione unica realizzata con 40 sfere dal diametro di 60 centimetri curata da Vittorio Amedeo Sacco. L’allestimento è già un successo di pubblico e di critica! Tanto che la tematica e le opere hanno attirato l’attenzione della stampa internazionale e il Centro Ceramico si è con piacere attivato per la comunicazione in lingua inglese dei contenuti. Spiega il titolare Daniele Chechi: “Il primo fine settimana di apertura, oltre al pomeriggio di inaugurazione, ha già portato grande soddisfazione. Siamo stati contattati da un’agenzia di stampa straniera proprio grazie alla bellezza delle opere e alla grande valenza di contenuti legati sia all’arte sia alla sensibilizzazione verso la tutela dell’ambiente ed il rispetto per la nostra Madre Terra. In questi primi giorni, oltre a curiosi ed appassionati, hanno visitato la mostra anche numerosi artisti e galleristi. La ceramica col passare del tempo non ha perso il suo fascino. Nonostante il difficile periodo che stiamo vivendo con l’emergenza covid, inoltre, era importante proporre un nuovo progetto e dare un segnale di continuità e di impegno a favore dell’arte, della cultura e della valenza sociale che esse hanno. Planetarium diventa, in quest’ottica, un momento per pensare al futuro dell’ambiente e della vita sul nostro pianeta, ma, anche, per riflettere su nuovi progetti artistici sul nostro territorio. L’accesso alla mostra avviene in piena sicurezza, con gruppi contingentati, con mascherina, disinfezione delle mani e nel pieno rispetto della normativa anti covid”. In occasione dell’apertura dell’evento, sabato 3 ottobre, il sindaco di Castellamonte, Pasquale Mazza, ha dichiarato: “Voglio evidenziare due aspetti importanti. Il primo è il contenuto di una mostra interessante che ci induce a riflettere sulle problematiche ambientali e il futuro della Terra. Un tema fondamentale oggi e anche in prospettiva futura. Oltretutto riflettiamo sul clima in giorni in cui il maltem-
po ha nuovamente flagellato il Piemonte. Un argomento di drammatica attualità. Il secondo aspetto che ritengo importante è la progettazione di un futuro nuovo e dinamico per la tradizione ceramica di Castellamonte. Essa è il brand della nostra città. Su di essa dobbiamo focalizzare risorse e attenzione per creare un tessuto annuale di mostre ed eventi capaci di catalizzare l’attenzione a sostegno di ricettività, commercio ed occupazione del territorio. In apertura di mandato, intendo annunciare che lavoreremo anche al progetto museale. Non mi piace il termine museo, trovo sia ormai obsoleto. È invece importate creare una realtà dinamica, in sinergia con tutto il territorio canavesano, che propone ai giovani artisti un luogo in cui fare cultura”.
L’allestimento è a ingresso gratuito e chiuderà domenica 1 novembre. Orario: giorni feriali dalle 15 alle 19 - festivi dalle 10 alle 19. Giorno di chiusura lunedì. mail: audrey.deb@alice.it
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artparmafair 2020 Centro Culturale Ariele - Rivista20
Arena Vittoria - Basile Lorenzo - Billia Giorgio - Boccia Giovanni Boccuni Rita - Briscese Enzo - Buono Angelo - Cappelli Franco Caruso Mirella - Censini Giuliano - Cubicciotti Aurora - D’Amico Giovanna Di Meo Eugenia - Ieronimo Gabriele - Inversi Tiziana - Maravalle Enrica Moi Osvaldo - Mostacci Anna - Roccotelli Michele - Silvi Carla - Vione Roberto
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Fiera di Parma 2020
galleria SpaziD’arte di Codroipo (UD)
Primo anno alla fiera di ART Parma 2020, per la galleria SpaziD’arte di Codroipo (UD), nata nel 2018 e diretta da Fior Katia. In esposizione con giovani artisti di rilievo del territorio Fvg e artisti più affermati. Un piccolo passo per questa realtà, che si propone oltre che, come centro raccolta opere in provincia di Udine, anche come corsi d’arte e workshop organizzati da artisti e professionisti del settore. Inoltre la galleria vanta di una vetrina espositiva e si fa strada sempre più nel canale artistico della regione Friuli Venezia Giulia.
Il progetto nasce dall’idea di Katia Fior, da sempre amante dell’arte, che ha voluto realizzare un luogo dove vivere e assaporare l’arte a 360 gradi, dalle esposizioni di quadri e sculture, ai corsi di pittura, di aerografo, di fotografia e di mosaico. katiafior84@gmail.com cell.392.59 09 614
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GIORGIO GIRAUDO
SILVIA DOGLIANI
Giorgio Giraudo Una passione genuina è come un torrente di montagna; non ammette ostacoli; non può scorrere all’indietro; deve andare avanti, cosi sosteneva Christian Bovee, cosa che riferita all’arte si sposa perfettamente con il pensiero di Giorgio Giraudi, che ha fatto, proprio dell’arte, il suo motivo di vita. Il pensiero crea, viaggia su binari propri che scorrono all’infinito senza soluzione di continuità, non esiste un riferimento, una meta, il percorso è come quello di una foglia trasportata dal vento, danza davanti a noi con movimenti sinuosi e imprevedibili. I dipinti di Giorgio sono il frutto di un uomo libero che crea con la mente lucida di un sognatore sveglio, lucida e gioiosa come quella di un bambino che osserva il mondo con occhi puri e ingenui, è un po’ come quando ti fissi a guardare le nuvole riconducendole a oggetti, animali o paesaggi improbabili, non sono ciò che vedi ma ciò che interpreti con la tua mente, il frutto di un’esperienza di vita che si materializza sulla tela creando migliaia di pensieri che diventano una sorta di impronta di una meravigliosa mente che batte le
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ali nel cielo della memoria. Osservare i suoi lavori diventa un esercizio piacevole, una sorta di gioco dove l’interpretazione sarà il risultato di un’analisi attenta e personale e che consente centinaia di risultati. Le sue opere parrebbero diventare una testimonianza del tempo vissuto, fotografie di momenti trascorsi e fissati sulla tela affinché i posteri possano attingervi esperienze ed emozioni conservando vivo ogni fotogramma di quella esperienza. Il contributo dato da Giorgio all’arte contemporanea è assolutamente indispensabile perché rappresenta parte di un vissuto comune che unisce le anime di molti di noi che avranno la possibilità di vedere il mondo attraverso i suoi lavori.
Roberto Girardi Giornalista e critico d’Arte.
ROBERTO BERLAND
Silvia Dogliani Esprimere se stessi con le parole è difficile, farlo attraverso la pittura è qualcosa che solo pochi eletti riescono a fare. George Bernard Shaw sosteneva che “Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’Arte per guardarsi l’anima” ecco come Silvia riusciva attraverso gli occhi a raccontarci un percorso di vita costellato da una miriade di emozioni, da una ricerca introspettiva fatta attraverso la pittura con la consapevolezza che i nostri occhi esprimono quello che siamo e che il nostro stato emotivo si racchiuda anche attraverso uno sguardo. Ecco allora che i suoi lavori diventano un veicolo carico di emozioni che cattura empaticamente l’animo di chi con spirito sensibile si sofferma a cogliere il momento che l’autrice ha indelebilmente fermato sul supporto. Non posso non parlare di Silvia se non con forte emozione, perchè l’Arte, oltre ad aver perso una persona sensibile e prodiga, ha dovuto rinunciare ad una “messaggera”che utilizzava una forma espressiva quanto mai semplice ed immediata, che non ha bisogno di spiegazioni o tomi interi per capirne il significato, emozioni che hanno il nome di amore, gioia o anche dolore, anzi direi sofferenza per quanti affrontano la vita con indifferenza, con troppa semplicità pensando la esclusivamente come un mezzo per ottenere quello che si vuole, subito e senza rispetto per gli altri. Non voglio fare accostamenti, non intendo celebrare Silvia paragonandola ai grandi maestri, cercando affinità con questo piuttosto che con un altro autore, sarebbe riduttivo e inelegante, ogni artista è semplicemente se stesso, con i propri limiti o con grandi capacità, una persona che cerca di comunicare attraverso la pittura la gioia o il disagio, riuscendoci a volte bene altre volte per niente, perchè, come ribadisco spesso, non tutto è arte, non tutti sono artisti. Silvia invece, era un’artista a pieno titolo perchè le sue opere trasudano sentimenti e certamente sono il frutto di un amore che lei aveva, incondizionato, per una forma espressiva non sicuramente facile, ma che lei padroneggiava grazie ad una capacità innata di comunicare e di provare sentimenti, perchè solamente così puoi trasmetterli a chi si pone davanti ai tuoi lavori. Ci mancherai tanto anche se sappiamo che rivivi nei tuoi lavori e negli occhi di quelli che riusciranno a comunicare con te attraverso le tue opere.
Capita a volte che si faccia fatica a mostrare la parte migliore di noi, che non si riesca a comunicare attraverso parole e gesti il nostro vero io, a dichiarare sentimenti ed emozioni, a uscire dal proprio mondo per far parte di un gruppo. Diceva Ralph Waldo Emerson: “Ciò che ci sta alle spalle e ciò che ci sta di fronte, sono ben poca cosa rispetto a ciò che è dentro di noi.” Roberto Berland era un uomo molto sensibile, carico di emozioni e con tanta voglia di comunicare, ma non riusciva a farlo se non attraverso la pittura, era il suo modo di esprimersi, il modo migliore che aveva per mostrare la sua anima e le sue emozioni. Ecco allora che attraverso il pennello e la tela sbocciavano le parole che aveva difficoltà ad esprimere, che la capacità compositiva, manifestata a volte, con la gioia di un fanciullo, diventavano una dichiarazione d’amore verso la vita e le persone che amava. I suoi soggetti erano legati a ciò che sentiva più vicini al suo mondo, persone, animali e luoghi a lui più cari si fissano sulla tela per diventare eterni ricordi, per regalare a chi lo guarda la stessa prospettiva e le stesse emozioni che ha provato lui nel dipingerlo, per mostrarcelo con i sui occhi e la sua gioia, gioia spesso acerba di un eterno bambino, puro nelle sue emozioni, sincero nel suo cuore. Osserviamoli cercando di ritrovare anche noi quella parte che spesso dimentichiamo, perché come ha scritto Antoine de Saint Exupéry, “tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano.
Roberto Girardi Giornalista e critico d’Arte.
Roberto Girardi Giornalista e critico d’arte
Roberto Berland Animo delicato…
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MASSIMO DAGHERO
Massimo Daghero è nato a Torino nel 1953. Attualmente vive e lavora a Bruino (TO). Nel 1968 frequenta il Liceo Artistico ed Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino ed è allievo di artisti come Pietro Ruggeri, Pino Mantovani e Giorgio Ramella. La creatività rimane il filo conduttore non solo in ambito artistico ma anche nel suo percorso lavorativo, infatti, per oltre quarant’anni si dedica alla pubblicità ed al Marketing lavorando in diverse Agenzie Pubblicitarie Torinesi, maturando un’esperienza variegata grazie ai diversi settori merceologici dei quali si è occupato, da quello automobilistico a quello dei beni di largo consumo fino a quello riguardante i prodotti per la salute. Dopo aver partecipato in gioventù a diverse manifestazioni artistiche estemporanee, affascinato dalla pittura impressionista ha avviato uno studio sul paesaggio raffigurando nelle sue opere il mutevole pulsare della natura, da lui percepito come uno spazio personale, un luogo dell’anima dove la luce si sposa con la materia attraverso una delicata armonia tra contrasto e volume. Dopo lunghe pause per impegni di lavoro nel 2007 ha ripreso il suo percorso artistico passando dalla pittura ad olio agli acrilici ed attualmente agli smalti miscelati con paste materiche. La natura rimane sempre il suo tema di studio focalizzando però l’interesse sull’albero. Nell’albero si racchiude il ciclo naturale attraverso il passare delle stagioni, l’albero, testimone dello scorrere del tempo, dorme nel sonno invernale per poi risvegliarsi e vestirsi del suo fogliame che baciato dal sole, dalla pioggia e spinto dal vento crea luce, movimento, colori e suoni. Dopo molteplici opere dedicate all’albero nella sua totalità, attualmente il suo interesse si concentra sul tronco, la parte dell’albero dove scorre la linfa vitale, la parte dell’albero che rimane in vita sempre. Interesse non per un tronco qualunque ma un tronco par-
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ticolare, quello della “Betulla”, un tronco dove il colore e la materia si fondono rendendolo subito riconoscibile tra tutti. Ed ecco che allora le paste materiche ed i colori prendono forma e luce sulla tela creando volumi e contrasti cromatici, portando lo spettatore a vivere un primo piano di quella natura sempre più lontana dalla quotidianità. MOSTRE E RICONOSCIMENTI Anno 2007 - Partecipa al “Premio Cesare Pavese” a Santo stefano Belbo (CN), all’edizione di Saluzzo Arte a Saluzzo (CN) e alla mostra collettiva “Nel Bianco” al Village Art Cafè di Savigliano (CN). Anno 2008 - Partecipa ancora alle edizioni del “Premio Cesare Pavese” e a Saluzzo Arte. Espone con una personale intitolata “L’albero invecchia nell’albero” all’Art Cafè della Riva a Poirino (TO) e partecipa ad altre due mostre collettive sul tema “Paesaggi Silenziosi” con un primo evento a Casa Dassano a Poirino (TO) ed un secondo ai Ronchi Verdi (TO). Anno 2009 - Vince il “Premio Cesare Pavese” a Santo Stefano Belbo (CN) e riceve una segnalazione della giuria all’edizione di “Saluzzo Arte”. Anno 2010 - Partecipa alla mostra collettiva “Il Linguaggio dell’Anima” nella Caserma Mario Musso a Saluzzo (CN). Anno 2011 - E’ quarto classificato al “Premio Cesare Pavese” di Santo Stefano Belbo (CN) e secondo classificato al Premio “Rapulè” di Calosso (CN). Con l’amico Mario Giammarinaro partecipa alla mostra “La luce bagna ogni luogo” alla Galleria Senesi di Savigliano (CN). Anno 2020 - Dal 27 Novembre al 13 Dicembre, sempre con l’amico Mario Giammarinaro parteciperà alla mostra “Iconico” che si terrà alla galleria Unique Contemporary a Torino. mail: massimo.daghero@gmail.com
MARIO GIAMMARINARO
Mario Giammarinaro è nato a Torino nel 1951. Vive e lavora a Moncalieri. To Allievo di Filippo Scroppo ai corsi del nudo all’ Accademia Albertina di Torino e di Roberto Bertola alla Scuola di Arti Grafiche “ Vigliardi Paravia “ Ha svolto per trent’anni la professione di grafico. sito mariogiammarinaro.wix.com/mariogiammarinaro email - mario.giammarinaro@alice.it cell 3384845201 E il suo viaggio attraverso resine, plastiche e colle da legatoria, affascinato sempre dal rapporto con la materia, conosce anche quella che l’ artista ama definire “ la poetica del silenzio “. Da tempo lavora su temi ambientali , dalle maree nere alle mareggiate alle terre fossili, tra pittura ,
scultura e installazioni. PRESENTAZIONI E RECENSIONI Giorgio Barberis, Elisa Bergamino, Roberto Bertola, Lucio Cabutti, Maria Campitelli, Alessandra Comazzi, Tiziana F. Conti, Giovanni Cordero, Enrico Debandi, Jenny Dogliani, Edoardo Di Mauro, Gabriele Fasolino, Albino Galvano, Olga Gambari, Stefano Garzaro, Marco Ettore Jacchia, Paolo Levi, Francesco Lodola, Monica Nucera Mantelli, Pino Mantovani, Gian Giorgio Massara, Angelo Mistrangelo, Vito Montrone, Carlo Morra, Ugo Nespolo, Silvana Nota, Lisa Parola, Federico Poletti, Dario Salani, Aldo Spinardi, Elisabetta Tolosano.
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ALBERTO D’ALESSANDRO. ATTRAVERSANDO I LUOGHI. E IL TEMPO di Rocco Zani
Si è conclusa la personale dell’artista nei suggestivi spazi del- testimonianza dell’occhio e dell’ascolto. Un segno, una la Rocca Janula a Cassino nota, una impronta. Per ribadire la propria presenza. Attraversamenti. Un titolo ragionevolmente robusto. Per sot- Quella degli uomini. Delle latitudini e del vento. tolineare le percorrenze nel tempo e nei luoghi. Eppure transitorio per sostenere, di questi, la caducità o l’ineffabile spegnimento. Ma in fondo, una titolazione corretta per dettare, probabilmente, gli indugi e le ripartenze, le pause dello sguardo – di un giorno, di un anno, di un tempo inspiegabile – e le lusinghe del viaggio. Che sia, tutto ciò, negli spazi, nei cortili dell’anima, nelle notti lunari o nei bagliori offerti ai sassi. Il luogo come reperto corporeo, fisico, tangibile all’occhio e ai sensi. E al contempo effimero, labile, animato da altre “molecole”; quelle che hanno principio in un altrove celato; quelle che hanno appetito di memorie e di aromi, di percezioni o stupori, spesso orfani di un’origine (o una identità) garantita ma che s’aprono al dolore, al vocio, alle nenie. E’ questo percorso di avvistamenti ( e di attraversamenti) che si offre a noi nella rigorosa mostra di Alberto D’Alessandro ordinata negli spazi della Rocca Janula di Cassino, luogo di fremiti e di batticuore storico. Nella severità della pietra alloggiano le grandi tele dell’autore; un resoconto di tracce, di indizi – più o meno “insabbiati” – e di irruzioni cromatiche pronte a sillabare (e sobillare) le corrispondenze o il disaccordo della narrazione. Una “mistura” essenziale ed univoca - quasi primordiale – affinché il racconto non sia “distratto” da ombre e chiaroscuri indolenti. Perché il vermiglio, o l’azzurro, o il giallo, o il verde siano tali in ogni loro progressione o declino. Perché lo sguardo (dell’artista) sia quello del “tintore”, che intinge il panno fino ad assorbire l’anima della biacca e del cadmio per farne respiro, alito, eco. Poi sulla tela – dentro la tela – emerge il disegno di una memoria diretta, come
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Viene a dire il gelso bianco della transumanza ignota di uomini e cani o dell’accampamento che nel terriccio si fa largario e cerchio e capitolato di nenie spaventate transito e sollievo di anime a bordo di uno sguardo elemosinato manna di neve zuccherosa che tamburella d’incanto come pioggia Ascolta il gelso bianco la parola quella che trema o che sospetta inganni quella della divina giustizia che s’apre al rancore Ascolta il coro stonato che avvampa e scuote il vento e di questo l’eco S’ingrossa e s’ingrassa il gelso di consonanti tremule e di rifiati in dispetto di preghiere di guarigioni di laici presagi Le foglie pendule sono ex-voto talvolta rasoiate da ultimo atto o incantamenti forse involucri di riparo per il tempo dell’amore e della fortuna E’ il verde dei tintori che sfaccetta ombre e lampeggiamenti e si fa arancio ad aprile o vermiglio di ruggine al vendemmiare che risana ferite e amori Il rosso della viola non è cinabro ma irascibile ferita Ecco il giallo ostinato sottovento dell’oro il resto sono rughe di schiuma in onde o crateri e criteri di cenere palio di contrade e di filastrocche e assetati meridiani al vespro giallo di pepite contadine magari di granai L’azzurro al capolinea non è il mare congiurato e neppure cielo piuttosto fronzolo di petali di vesti o sipario credo
ATTRAVERSAMENTI Rocca Janula, Cassino – a cura di Roberto Capitanio – intervento critico di Rocco Zani in collaborazione con Associazione Culturale EASY@PP e con ad Arte in Dimora Discovery of Urban Sites
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NAPOLI
MARIANGELA CALABRESE L’OFFERTA DOVUTA di Rocco Zani
La Chiesa di San Severo al Pendino, a Napoli, ha ospitato Trentatreesimocanto, l’opera di Mariangela Calabrese dedicata alle pagine più intense del Paradiso dantesco. L’installazione di Mariangela Calabrese è ispirata al XXXIII canto del Paradiso dantesco e racconta la ricerca del sacro tramite la dialettica dell’arte tra realtà e utopia, attraverso una rappresentazione indiretta fatta di accenni e frammenti allusivi, in dialogo con lo spazio che l’accoglie. Seguendo la “via celeste” rappresentata da una lunga tela adagiata sul pavimento della Chiesa, e accompagnati da una serie di figure antropomorfe, immagini dell’intera umanità, i “visitatori” giungono infine all’altare, dove un trittico rappresenta con un’allegoria cromatica l’ascesa verso il Divino, meta finale di questo viaggio simbolico. C’è un lavoro che più di altri sembra accogliere e risolvere la preferenzialità poetica di Mariangela Calabrese perché l’articolata “scrittura” dell’opera poggia su piani autonomi ma confinanti, in un sottile gioco di supposizioni, di riferimenti predati, di intervalli decodificati. Finanche la titolazione, “Trentatreesimocanto” è una sorta di offerta dovuta, percepita come viaggio introspettivo nei possibilismi di una verità celata. Verità storica, spirituale, intima. E come
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ogni verità, assediata dal dubbio. L’opera segna, a mio avviso, il recupero di un pluralismo espressivo – e pertanto linguistico – assai caro a Mariangela Calabrese, ovvero quella “dimensione aperta” in cui l’artista rimescola le carte del suo personale sillabario covando, nello spazio, l’equilibrata ed efficace mistura di simboli e artifici. L’opera sembra snodarsi in un formulario comunque strutturato tra piani, volumi, identità tonali, indizi di memoria, prospettive di luce. Come ci fosse una sorta di solidarietà incalzante tra l’autrice e gli “strumenti del dire”. Senza privilegio alcuno nei rapporti di forza – materia, trasparenze, sguardi – piuttosto spogliando ogni disciplina della propria identità narrativa per ricomporle tutte in una sorta di recuperato “cortile” dove l’uso/abuso della scrittura suggerisce una inedita visione. E’ in quello spirito di costruzione culturale – nell’intimo palinsesto di Mariangela Calabrese – che il “Trentatreesimo canto” si delinea come percorso capace di integrare, accogliere e mediare l’apparente intransigenza di ogni modello espressivo. E’ allora che le sagome scultoree si fanno interlocutori tonali e lo spazio alveo di umori e residenza di un ininterrotto incedere. E’ allora che le cromie dell’oro, della biacca e del lapislazzuli si fanno cielo di intenti e di stupore.
Vanno nel sole meridiano ora perché il tempo scaduto ha deciso per loro sparsi in quel tempo senza avvio e ignari di parola in parola che è di colpo pronuncia, appello, richiamo. Identità falsificate come gli alibi lusingati al pari degli uomini del boulevard, del cuoco di Spagna dell’ufficiale che segna rotte nel cielo di Kabul delle donne che hanno il copricapo scarlatto dove arrischiare il cuore vestite di ricami e affronti. Al pari del giullare in velluto e del vassallo che rimette a noi i nostri debiti e il nostro odio al pari del venditore di ciliegie e dell’ottico di Delhi del trafficante di ombre e dell’innominato tiranno. Uno due cento milioni di occhi moltiplicati per due nel sudario di carni abbattute calpestio di vesti e umori affanno di apnea per ogni contesa per ogni avverso altrove. Transito di veglie e di vuoti di assilli d’ombra per gli altri per noi comunque. Risaliti in vita dall’infinita laguna perché questa è meno di un acro di pietra illecita un lavatoio salmastro che ricompensa il singhiozzo. Per suppliche di pianto e occhi d’inchiostro. Vanno per la via che un tempo incelestiva la notte e oggi sa di pieghe tremori fanghiglia che divora la rotta che non ha rotta. Pista di cenere scialba e rovinosa sui rassegnati incroci che non hanno direzione e recapito. Confine sconfinato o sentiero morale? Ci si ritrova alla controra – nel giusto tempo – per liberare l’ultima vertigine. Poi come in un’ accanita rincorsa a prendere luogo – per l’ultima volta – con l’irriconoscibile rifiato che è alito bruma ghigliottina. Nel trascorrere assetato l’oro è lumicino a latere come l’argento e il cinabro o la fessura del cielo esiliato direi precipizio rovinoso insaziato cieco
Trentatreesimocanto di Mariangela Calabrese – Chiesa di San Severo al Pendino, Via Duomo 286, Napoli – dal 17 al 28 settembre – a cura del Comune di Napoli, dell’Associazione Connessioni Culture Contemporanee, di ad Arte in Dimora DISCOVERY OF URBAN SITES Direzione artistica Giovanni Mangiacapra – testi critici Marcello Carlino, Rocco Zani
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“PINACOTECA ROCCOTELLI” A MINERVINO MURGE
l’artista con la sindaca dott.ssa Maria Laura Mancini
Un sogno diventato realtà Il Maestro Michele Roccotelli ha donato ben 100 opere (82 dipinti e 18 tra sculture e ceramiche) al suo paese Minervino Murge, dove è nato nel 1946 da una famiglia del luogo; dove, tranne che nel periodo di formazione e di studi artistici a Bari e poi all’Accademia di Roma, è vissuto e fino al pensionamento ha insegnato Educazione Artistica, trasmettendo a generazioni di ragazzi del posto il senso del bello e il gusto dell’arte. Per la sua attività di artista si è poi stabilito a Bari.
Durante i frequenti ritorni in paese tanti oggi salutano in lui il “professore” e lo identificano con il concetto stesso dell’Arte. Per Roccotelli l’arte è ragione di vita tale da operare in lui una vera e propria metamorfosi: ogni volta che lo prende l’ansia di trasferire un’idea su tela o di creare un oggetto-scultura o di organizzare una mostra o di intraprendere un viaggio all’estero per raggiungere una galleria che lo ha invitato, quel piccolo uomo incurvato e dolorante virtualmente si trasforma in un gigante che spira energia e
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incontenibile pulsione vitale. Attraverso lo scorrere degli anni e dei molti successi anche internazionali, sempre più è andato maturando il bisogno di condividere successi ed emozioni con l’amato paese in cui ha trascorso tanta parte della vita. Da qui dunque il desiderio di lasciare un segno concreto del proprio passaggio attraverso un cospicuo numero di suoi lavori a disposizione per le visite dei locali e dei turisti. Finalmente il “sogno sognato” si è concretato nella PINACOTECA ROCCOTELLI. Il Comune, nella persona della Sindaca dott.ssa Maria Laura Mancini suffragata dal parere positivo del Consiglio Comunale, accolta la donazione e compiute le pratiche rituali di catalogazione e assicurazione dei pezzi, ha destinato in forma stabile un ampio e luminoso spazio nella sede stessa del Municipio che è ubicato nel medievale castello baronale, appartenuto nei secoli a varie famiglie gentilizie tra cui i Del Balzo e i Pignatelli e via via parzialmentetrasformatoin lussuosa dimora, la cui facciata richiama echi neoclassici. Superato l’ampio cortile, mediante le due rampe di una grande scalea di gradini stondati di pietra appenninica, si giunge agli uffici comunali e al nuovo Polo Museale che raggruppa la Biblioteca Bàrbera, il Museo archeologico D’Aloja e la splendida Pinacoteca Roccotelli appena inaugurata e aperta al pubblico.
l’artista con il prefetto della BAT
Le 100 opere, data la ingente quantità e misura delle tele, verranno esposte a rotazione per un lungo periodo un terzo per volta. L’attuale armoniosa istallazione, ideata dall’architetto Luigi Roccotelli, vede ora in mostra le prime 35, tra dipinti, ceramiche e sculture, disposte oltre che negli spazi deputati, in vari punti della biblioteca e lungo le scale.
Visitare la Pinacoteca significa seguire l’iter creativo percorso dall’artista attraverso gli anni con passione e puntiglio, nella eterna ricerca della bellezza. Ha imparato dai grandi maestri dell’arte contemporanea come Picasso, Mirò e altri e ha elaborato la lezione a suo modo. È partito da un figurativo iperrealistico di ritratti e nature morte per passare alla sublimazione dell’astratto e tornare al neofigurativo, fondendo modalità e stili in un suo proprio stile inconfondibile. Ha sperimentato tecniche e materiali, ha focalizzato attenzione e ispirazione su tematiche di volta in volta differenti: la Puglia solare, della cui bellezza si è fatto ambasciatore nel mondo e il suo caro paese Minervino fonte di ispirazione per le immagini di aggregati urbani cubisticamente arroccati intorno alla cattedrale con rosone romanico; la natura, la vegetazione, il mare, i paesaggi e i luoghi d’Italia e del mondo che hanno ospitato le sue mostre; le originali terrecotte plasmate e dipinte e infine gli oggetti di riciclo: vecchie finestre e cocci trasformati in oggetti d’arte. Su ognuna di queste fasi espressive si intrattenuto a lungo e ripetutamente, nell’ansia di indagarne ogni aspetto, sceverarne ogni possibilità compositiva e cromatica fino al recente ciclo degli “Embrace”: corpi nudi maschili e femminili sempre più definiti e plastici, tesi all’avvicinamento, alla congiunzione, fino a quel contatto concretamente ravvicinato oggi negato dalla emergenza sanitaria.
Positivo anelito al ritorno ad una normale espansività affettiva dell’abbraccio. L’evento di inaugurazione dal titolo “EmozionArti”, accompagnato da un elegante e ponderoso catalogo completo delle opere della Pinacoteca, ha avuto luogo, nel rigoroso rispetto delle norme Anti-Covid, il 15 ottobre nella Sala Consiliare alla presenza della famiglia dell’artista, degli amici ed estimatori e naturalmente della Sindaca e dei consiglieri che lo hanno reso possibile.Il Prefetto di BAT (Barletta-Andria-Trani) dott. Maurizio Valiantesalutando i presenti ha espresso compiacimento per la creazione nel territorio di una raccolta d’arte di tanto spessore. Nell’occasione Rita Ceci ha presentato il libro autobiografico dello stesso Roccotelli “La Camera delle Meraviglie”, che è il nome con cui l’autore allude al suo ricco laboratorio straripante di lavori terminati e in via di realizzazione.L’aspetto artistico e la figura del Maestro sono stati illustrati dai critici d’arte Yvonne Carbonaro, Lino Patruno, Bianca Tragni.
Tra Michele Roccotelli che ha voluto omaggiare il suo paese natio realizzando, con l’offerta della raccolta d’arte, un importante attrattore artistico e culturale e il Comune di Minervino che, nel creare la Pinacoteca a lui intestata, ha voluto rendere onore ad un concittadino che gli ha dato lustro nel modo, si è compiuto un reciproco atto d’amore volto a sancire un legame indissolubile destinato a restare vivo nelle generazioni future. YVONNE CARBONARO
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La Camera delle Meraviglie può essere considerata la biografia su carta di Michele Roccotelli; una biografia che si affianca, capitolo per capitolo, alla sua crescita artistica e culturale. Centosettantadue pagine per i tipi di Albatros suddivisi in succinti capitoli che raccontano, con linguaggio semplice e coinvolgente, la sua vita di uomo e di artista, dalla nascita nella Murgia di Minervino ai giorni nostri attraverso una serie di tappe che considera fondamentali per la sua formazione; come in un film emergono personaggi e luoghi che hanno fortemente segnato la vita del Maestro. Dal primo periodo, quello nel quale si forma come ceramista in cui il caos primordiale con i suoi colori accesi e caldi prende il sopravvento, segnato da un padre severo e compensato dalla gioia per la nascita di Mariuccia, fino alla stanzetta 3x4 - la Camera delle Meraviglie appunto che oggi costituisce il nucleo principale della nuova Pinacoteca di Minervino donata dall’artista - nella quale ama-
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va rinchiudersi per progettare quelle emozioni che avrebbe poi trasferito su tela. Una tela a volte grezza, contraddistinta da pennellate larghe, geometriche, come fatte con la pennellessa, a tratti violente, che dal rosso/giallo ocra della Murgia spaziano lontano in un mare blu cobalto. E nel mezzo case e castelli normanni, figure tridimensionali bianchissime malapena abbozzate con un tratto che non a sproposito rimanda al Cubismo di Picasso, artista al quale Roccotelli sembra particolarmente legato. Un libro da leggere tutto d’un fiato per comprendere fino in fondo la valenza dell’artista che, dopo aver esposto nelle più prestigiose gallerie internazionali ed il cui nome figura nelle più importanti riviste specializzate, ora si cimenta anche come scrittore e come poeta quasi a voler chiudere un cerchio che, sono certo, resta aperto e ci rivelerà ancora molte sorprese. Dario Bego
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Embrace - 2020 - olio su tela - cm80x100
museo d’arte contemporanea statale
MACS Museo di Arte Contemporanea Statale Il MACS, Museo di Arte Contemporanea Statale, è stato inaugurato l’8 ottobre 2016. Il Museo, oggi, possiede una collezione di circa 500 opere di arte, donate da numerosi artisti di fama nazionale e internazionale. E’ situato in via Napoli, vico II, presso la sede del Liceo Artistico Statale “Solimena” di Santa Maria Capua Vetere ed è aperto al pubblico dal lunedì al sabato dalle ore 08.00 alle ore 14.00.
La raccolta, conservazione e l’esposizione di opere consente al Liceo Artistico di formalizzarsi quale polo culturale e sperimentale, diventando punto di incontro reale ed effettivo tra l’arte, cultura e scuola, realizzando uno spazio di libero confronto nel senso più ampio del termine, assicurando contaminazioni creative fra esperienze, stili, linguaggi, territori e generazioni.
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MARC CHAGALL - Anche la Russia mi amerà PALAZZO ROVERELLA - VIA LAURENTI 8/10 - ROVIGO
E’ in corso a Palazzo Arbarella a Rovigo una nuova e importane mostra ed è la prima volta che in Italia si affronta la pittura di Marc Chagall mettendo al centro la tematica riguardante il rapporto dell’artista con la sua terra d’origine, la Russia, e l’influsso che esercitò sulla grande tradizione culturale russa. Il vero nome di Marc Chagall è Moishe Segal (Witebsk 18887-Saint Paul de Vence) e fu un pittore russo naturalizzato francese; iniziò prestissimo a dipingere grazie ad un pittore locale con uno stile realista post impressionista e proseguì allascuola imperiale di Pietroburgo sempre col medesimo indirizzo stilistico.
Nel 1908 la scuola aperta da Bakst fu per Marc Chagall “una finestra aperta su Parigi”. Raggiunse la capitale dell’arte, la mitica Parigi, nel 1911. A quell’epoca il giovane pittore era un ragazzo sconosciuto, senza esperienza, di gusto moderno ma spiccatamente russo. Eppure Apollinaire comprese il suo genio e dopo di lui molti altri, in Francia, in Germania. Oggi, anzi ci si accorge che egli ha
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dipinto in modo surrealistico dieci anni prima che il surrealismo nascesse, con una freschezza e una spontaneità di creazione che i surrealisti hanno poi difficilmente ritrovato. E’ in corso a Palazzo Arbarella a Rovigo una nuova e importane mostra ed è la prima volta che in Italia si affronta la pittura di Marc Chagall mettendo al centro la tematica riguardante il rapporto dell’artista con la sua terra d’origine, la Russia, e l’influsso che esercitò sulla grande tradizione culturale russa.
Il vero nome di Marc Chagall è Moishe Segal (Witebsk 18887-Saint Paul de Vence) e fu un pittore russo naturalizzato francese; iniziò prestissimo a dipingere grazie ad un pittore locale con uno stile realista post impressionista e proseguì allascuola imperiale di Pietroburgo sempre col medesimo indirizzo stilistico.
Nel 1908 la scuola aperta da Bakst fu per Marc Chagall “una finestra aperta su Parigi”. Raggiunse la capitale dell’arte, la mitica Parigi, nel 1911. A quell’epoca il giovane pittore era un ragazzo sconosciuto, senza esperienza, di gusto moderno ma spiccatamente russo. Eppure Apollinaire comprese il suo genio e dopo di lui molti altri, in Francia, in Germania. Oggi, anzi ci si accorge che egli ha dipinto in modo surrealistico dieci anni prima che il surrealismo nascesse, con una freschezza e una spontaneità di creazione che i surrealisti hanno poi difficilmente ritrovato. La personalità di Chagall è tuttavia troppo complessa per costringerla entro i limiti di una sola tendenza; e al d là dei suoi influssi sui surrealisti e sugli espressionisti, si deve riconoscergli di avere suggerito a tutta la pittura occidentale di non pretendere troppo dal pensiero, di riconoscere i diritti della libera immaginazione, pensabile come l‘antidoto vivente e totale di ogni intellettualismo. Questa interessante esposizione monografica conta più di cento opere di cui una sessantina sono dipinti su tela e su carta.
Sono in mostra anche le venti tavole incise per illustrare la sua autobiografia, tormentata e romantica, e le incisioni per il libro “Le anime morte” del grande Gogol. La sua pittura attinge ed elabora in profondità e con un’originale ricchezza di visione i temi della cultura popolare russa: animali, personaggi, case, villaggi, e porta con sé il suo immaginario fantastico durante i suoi innumerevoli viaggi e permanenze, dall’Europa all’America, sempre attento alle nuove sperimentazioni ma senza mai confondersi con il dibattito delle avanguardie. Egli ha creato parecchi capolavori, ma non il capolavoro che serve da modello agli altri. Il suo tipo di realtà nella plastica, nel movimento, nel ritmo, nell’equilibrio, nell’energia, oppure i suoi miti come gli amanti, la vacca,il gallo, il candeliere, hanno valore soltanto per lui, interprete delle affabulazioni della sua amata terra russa. I caratteri della forma di Chagall sono molto vari: il realistico continua nel fantastico, una visione espansa e placida si avvicenda con un’altra tutta trasportata nell’aria della tormenta. E trasforma le sue creazioni con meditata lentezza, persino attraverso decenni, per dar loro una forma definitiva. Chagall non è nemmeno schiavo delle sue immaginazioni, anzi, le ironizza ogni volta che lascia la briglia sciolta al suo fantasticare. L’opera del pittore russo è un canto, un continuo atto di poesie e di fede nei valori della libera espressione artistica. CURATELA: CLAUDIA ZEVI PROMOZIONE: Fondazione Caripato, Comune di Rovigo, Accademia dei Concordi, Fondazione Culture di Lugano PROVENIENZA OPERE: eredi di Chagall, Tretyakov Museo di Mosca, Museo russo di stato di San Pietroburgo, Pompidou di Parigi, Musei di Madrid edi Zurigo, Collezioni private di prestigio ORARIO:lunedì- venerdì 9.00/19.00; festivi 9.00/20.00 COSTO: 13 euro PRENOTAZIONI: 0425460093 info@palazzoroverella.com
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FRIULI VENEZIA GIULIA
Alexandra Mitakidis ImageArt
L’artista Alexandra Mitakidis fotografa, fonda la sua pregevole arte su di tre fondamentali elementi: Il Rilievo. Il Colore. Il Tempo. Nello stile a rilievo, il colore e la quarta dimensione del tempo adotta uno stile elevatamente tecnico a “rilievo” professionale, scelta cercata in un lungo corso di studi e sperimentazioni, che va a rappresentare la “firma d’autore” e fornisce alle sue opere una forte e caratteristica timbrica, la padroneggia per tirare fuori da ogni luogo la sua essenza più pura, espressa in cromia. Come da una tavolozza, quindi, dipinge ogni sfumatura e tono possibile dal verde dell’acqua, al blu delle finestre, sino all’azzurro del cielo. Poiché l’immagine naturalistica è limitata alla rappresentazione del solo istante della percezione, l’artista, facendo sua la grande lezione di Picasso e dei cubisti, immette nelle sue fotografie una quarta dimensione: il tempo che stupisce e colpisce.
L’autrice produce in fotografia lo stesso effetto del “materico” in pittura, tanto da valicare spesso i confini fra le due arti dove l’immagine non solo è visibile ma anche tangibile. vuole, così, che la sua opera sia vista da più punti di vista, per cui è necessario che la percezione avvenga in un tempo prolungato, che non si limiti ad un solo attimo pennellando di magico e mistico i luoghi della sua ispirazione nelle antiche strade porta in sé anche il colore di una lunga storia.
La percezione non si limita al solo sguardo ma implica l’indagine tout court sulla struttura di tutto e sul suo funzionamento. È il passaggio della fotografia da istantanea a opera d’arte, che coinvolge nello sguardo umano ogni parte del suo essere: sensi, cuore, corpo, anima e mente. L’occhio è uno sguardo “oltre” in un unicum di passato, presente e futuro, memoria, ricordo, sogno e desiderio. Alexandra Mitakidis è nata a Trieste, dove risiede e
lavora; ha una lunga esperienza con la fotografia con ricerca sistematica dagli anni giovanili. Ha frequentato diversi corsi, tesi a dotare la sua formazione di un livello tecnico, con rilievo artistico-professionale. Docente di fotografia nell’ambito del “Castello di Duino Competition. Ha al suo attivo numerose rassegne personali; fra le più significative: a Codroipo (Ud), Trieste Lido (Ve), Piccolo Museo della Poesia, Piacenza. Tra le collettive più recenti a Udine; Isola (Slovenia) Opicina -Ts) Venezia, Trieste.
Info: Graziella Valeria Rota mail studiograz2yahoo.it
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GRAZIELLA VALERIA ROTA FRIULI VENEZIA GIULIA Da Trieste < La visione di Giorgio Fusco >
Nella poetica di Giorgio Fusco illustratore, disegnatore artistico, poeta un ruolo essenziale gioca la fantasia, capace di alleggerire il peso sulle cose della vita che, fluttuano in uno spazio teso dove l’apparente casualità risponde a una logica strutturale nata nella sua formazione d’architetto. Espressioni iconiche tramano uno spazio simbolico. alcune trame di favole note che richiamano alla mente una serie di opzioni interpretative.
Il percorso artistico è un viaggio immaginario dove consentono ai colori e alle forme di essere nel bello. Il tratto magico della figurazione risiede proprio nelle modalità compositive, governate dal flusso di fantasie in contesti dove la regola della geometria, esplicita o solamente allusa, allinea il mondo dentro un’unica favola di fasi evolutive in virtù di colori che parlano di gioia vitalistica, e un’idea di felicità possibile Giorgio Fusco vive a Trieste. Dopo la maturità classica al liceo Dante Alighieri ha conseguito la laurea in Architettura al Politecnico di Milano, e poi la libera professione. Trasferito a Roma, ha diretto un’azienda specializzata per il restauro su commissione della Sovraintendenza ai Monumenti di Roma. Info: studiograz2@yahoo.it www.facebook.com/ giorgio.fusco
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ROBERTO VIONE
Nato a Torino il 30 aprile 1954, diplomato al Liceo Artistico di Torino. Allievo di Tabusso, Soffiantino, Chessa, Surbone, Cordero, Brazzani, ma soprattutto di Beppe Devalle, che a soli 15 anni lo chiama nel suo studio per lavorare alla ricerca concettuale per la realizzazione di una grande opera di pittura-scultura sulla scia dell’opera African Tree. Durante questo periodo porta a casa dallo studio i “compiti” per giocare con i colori, (Klee, Kandinski, Mirò e Picasso sono i punti di riferimento) fino al trasferimento del maestro Devalle a Brera. Il momento del distacco dal maestro Devalle segna un primo grande momento di crisi che sfocia nel tentativo di allargare lo spazio creativo a tutti i livelli. Attore, autore di testi teatrali e pittore, dal 1976 al 2004 lavora in laboratori di arti figurative ed espressione pittorica nelle scuole di Torino ( Coop. Della Svolta, Teatro del Canto, Teatro in Rivolta, Progetto Mus-e), lavorando nel frattempo come mimo lirico e acrobata al Teatro Regio di Torino. Viaggia per molti anni in India e Nepal per riempirsi gli occhi di colori e per assorbire le violente emozioni di paesi che vivono mille contraddizioni. I colori dell’oriente sono gli stessi che cercherà di trasferire nella vita e nei quadri. L’anima del viaggiatore è come uno spazio vuoto bisognoso di riempirsi di immagini ma il viaggio non è cosa semplice, non è un movimento da A a B, neppure è solamente un leggero tocco di pennello o uno svolazzare di un foulard di seta, il più delle volte è una ragnatela di linee e curve che nascondono il punto di arrivo e il punto di ritorno, basta un piccolo passo in più o in meno e tutto cambia, anche la prospettiva di una sfera perfetta. Preferisce non stilare un elenco di partecipazioni a mostre e collettive ma preferisce citare le realtà in cui è stato coinvolto che non prevedevano nessuna logica di profitto, quali la partecipazione a varie mostre con il Centro Culturale Ariele di Torino e l’Associazione MegaArt di Corchiano, la pubblicazione sul catalogo YearBook 2019 dell’Associazione Scacchistica Italiana giocatori per corrispondenza ( e qua bisogna ricordare che Marcel Duchamp giocò a scacchi anche per corrispondenza) di otto pagine con 14
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immagini di quadri dedicati al gioco degli scacchi, grazie all’interessamento e alla ricerca di Maurizio Sampieri, capo redattore del Catalogo, gli inviti della gastronomia Sapori di Gea di Bussoleno e del Comune di Bussoleno (che mette a disposizione la prestigiosissima Casa Aschieri, la casa medioevale che fu modello per la realizzazione delle case del Borgo Medioevale di Torino) per la realizzazione di mostre personali. Pagina facebook : vione roberto art
ANNA MOSTACCI
Diplomata al Primo Liceo Artistico di Torino nel 1969, allieva di Casorati, Terzolo e Chessa. Regista, attrice, esperta di Teatro d’Ombre e del colore nell’Ombra torna a dipingere nel 2013 per approfondire questa forma espressiva, dare risposta alle domande della sua anima e mantenere vivo il fuoco della passione e l’entusiasmo della creatività. Anna appartiene alla categoria dei curiosi del mondo e della vita e come tale la strada che ha scelto nella pittura è quella della ricerca estetica della sperimentazione dove il gesto, il segno, la luce e il colore sono protagonisti. Attratta dalla figura , dalla luce che la lambisce e la penetra, che la scompone e la trasforma facendola vibrare. Ama dipingere forme femminili che si lasciano trasportare dai loro pensieri che irrompono nella composizione pittorica diventando tangibili e presenti nella costruzione del dipinto come le figure stesse.
Figure aggraziate, ma tutt’altro che “solo belle”. Sono figure che vivono, che soffrono che gioiscono, che diventano ambigue e capaci di coinvolgere chi le guarda fino ad obbligarlo a porsi le stesse domande. Identifica nella pittura ad olio il linguaggio più adatto al proprio sentire, ma spesso si lascia incuriosire dalle tonalità che offrono gli acrilici, dalla matericità della sabbia che impastata al colore conferisce tridimensionalità alle sue figure aumentandone la sensazione di “presenza” fuori dalla tela. Ultimamente la sua ricerca verte sulle trasparenze e sui colori tenui e si lascia trasportare dai pensieri e dalle emozioni che animano la figura o figure protagoniste del quadro comunicando uno scorcio del suo delicato mondo interiore. Anna Mostacci è socia del Centro Culturale Ariele di Torino. Pagina facebook : anna mostacci art
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TOSCANA
Affinché la memoria e l’oggi siano vita, riflessione e continuazione. In Versilia la mostra di gruppo “Pesci di Viareggio e del Mediterraneo” del Comitato Archivio artistico-documentario Gierut.
Grazie ai qualificati spazi di questa Rivista guidata da Enzo Briscese, l’occasione odierna si sofferma sull’attività del Comitato archivio artistico-documentario Gierut che ha sede a Pietrasanta. E’ una realtà per certi versi inusuale che, per celebrare i 15 anni dalla nascita, ha inserito tra le programmazioni del 2021 una mostra di gruppo incentrata su Viareggio, la cittadina ben nota internazionalmente per il Carnevale. Si tratta di una Collettiva che segue molte altre fatte dal Comitato in Toscana, dedicate a figure quali Michelangelo Buonarroti, Leonardo da Vinci, Giacomo Puccini e a temi diversi ma sempre legate alla memoria e all’attualità e all’arte e alla cultura “senza fini di lucro” come pure all’aggregazione, al confronto e al dialogo. La mostra, che avrà un catalogo non cartaceo, cioè multi-
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mediale, ha già un titolo: “Pesci di Viareggio e del Mediterraneo”. A parte la sede, già definita a Viareggio presso il Museo della Marineria, ma attualmente non riprogrammata come data per la situazione odierna connessa al “Covid 19” che ha fermato e rallentato tantissime attività dell’universo dell’arte proporrà una proiezione fotografica di tutte le opere, così come altre documentazioni assai importanti, trascorse e del presente, principalmente su Viareggio ma pure sugli altri Comuni della Versilia litoranea. Una parte sarà ‘concreta’ per ciò che attiene la sezione propriamente artistica, e un’altra virtuale per un connubio tra lavori eseguiti da pittori, grafici, fotografi e scultori del passato ed altri.
La schiera dei nomi è ampia, anche se – lo ripeto – non definitiva e di impossibile esaustività, è giusto comunque sottolineare che, se il “pesce” è una sorta di simbolo vitale, da tutelare a tutti i costi contro il continuo avanzare dell’inquinamento spesso dovuto all’egoismo e all’ignoranza, il Mediterraneo, con i suoi tantissimi collegamenti, porti e spazi e mari (Tirreno, Ligure, Ionio, di Sardegna, di Sicilia e non solo) diventa, nell’immaginario del folto gruppo di protagonisti toscani e non, un autentico palcoscenico in cui ognuno ha una propria dimensione e un proprio linguaggio. “Pesci di Viareggio e del Mediterraneo” sarà un documento/messaggio vero e proprio per cui tutti i lavori, reali e virtuali, non saranno una classifica per la notorietà di alcuni, e/o a interessi di facciata di galleristi o mercanti, ma
avranno intenti prettamente culturali, cuciti ad un “simbolico respiro creativo” sia del Novecento, sia di questo nuovo Millennio dove l’arte, nonostante tutto, è vita. Citerò in ordine sparso solo una piccola parte degli autori e il motivo l’ho già detto: Xavier Bueno, Galileo Chini, Filippo de Pisis, Alfredo Catarsini, Gianni Tessari, Amedeo Lanci, Eugenio Pieraccini, Fabrizio Gatta, Vincenzo Nasuto, Sandro Michahelles, Roberto Borra, Gianni Dorigo, Paolo Gubinelli, Gianni Carretti, Renato Santini, Giancarlo Vaccarezza, Marcello Scarselli, Gabriele Vicari, Giorgio Michetti, Eugenio Pardini, Ram, John Bizas, Giuseppe Lippi, Giovanni Maranghi, Francesco Frank Federighi, Ernesto Thayaht, Giacomo Mozzi, Paolo Grigò... Lodovico Gierut
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BIENNALE
DI
VENEZIA
PIRANESI - ROMA - BASILICO
E’ la mostra che nell’anno della Biennale di Architettura celebra il fascino di Roma mettendo a confronto la città antica delle incisioni di Piranesi e la città contemporanea ritratta nella fotografia di Gabriele Basilico.In occasione delle celebrazioni per i 300 anni dalla nascita di Giovanbattista Piranesi la fondazione Cini rende omaggio al grande artista veneziano con la collaborazione dell’Archivio di Gabriele Basilico. Basilico, negli anni sessanta del secolo scorso, ha ripercorso con la macchina fotografica tutti i luoghi delle vedute piranesiane restituendone la straordinaria modernità. Giovanbattista Piranesi(Venezia 1720Roma 1779) è il visionario architetto e teorico del settecento che “raccontò” Romaattraverso le sue originali interpretazioni della capitale, uniche nel loro genere; Piranesi ispirò con i suoi lavori artisti geniali come Escher o le pagine famose di Huxley. Per mezzo della sua pratica incisoria, creò per Roma delle affascinanti opere dalle prospettive inventate, dagli sfondi romani che incantano lo spettatore. Ora tali opere su Roma si possono ammirare nella prestigiosa galleria Cini e permettere a tutti noiuna curiosità da soddisfare e un confrontofinora impossibile da valutare: vedere accostate due realtà artistiche completamente diverse che ci fanno apprezzare punti di vista epocali fra loro distanti e interessanti sulla stessa città a distanza di secoli. Le opere attuali sono 26 vedute fotografiche di Roma realizzate dal più grande e famoso fotografo attuale al mondo: Gabriele Basilico (Milano 1944- Milano 2013). Si tratta di godere la vista delle 25 tavole piranesiane originali settecentesche incise e quindi ammirare e riflettere davanti alle foto romane odierne di altissimo livelloscattate dal
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più grande e famoso fotografo di vedute urbane sul piano internazionale: Gabriele Basilico (Mlano 1944-Milano 2013).
Piranesi,educato a Venezia , aveva raggiunto Roma nel 1740 e già nel 1743 aveva pubblicato laPrima Parte di architetture e prospettive-un insieme di incisioni fantasticheimponendosi come disegnatore e incisore di rare capacità tecniche. L’amore appassionato per le vicende artistiche romane e la presenza continua nella capitale quando il gusto per l’archeologia e l’antico cresceva d’importanza, fecero di lui uno dei più profondi conoscitori delle vestigia classiche e della topografia romana. Piranesi,sbigottito di fronte alle rovine della città, dava vita a un’archeologia visionaria, l’unica che potesse rievocare quel che non poteva più tornare, applicando l’identico tipo di rappresentazione grafica, una prospettiva ingegnosamente dilatata. Così egli perveniva a immagini improbabili, magniloquenti e falsate nel documentare le meraviglie della tecnica costruttiva romana; non si stacca completamente dal Barocco e dal Rococò , di cui è un’interprete sottile, né riesce ad accettare i principi del Classicismo. D’altra parte per l’incisore veneto, non esistono regole poiché, egli osserva, la fantasia e la creatività hanno con continuità modificato l’architetturae gli ornamenti nel corso dei secoli e neppure negli edifici classici si riscontra il rispetto delle regole: ciò che vale per un edificio non vale per un altro. In tal modo Piranesi è portato a raccogliere tutte le manifestazioni dell’arte dell’antichità e a fonderle in modo eclettico, specie nelle decorazioni-Un esempio fedele alle sue concezioni è la Chiesa del Priorato di Maltadove afferma la sua libertà inventiva in un insieme ordinato di elementidecorativi eterogenei. L’ altro “sguardo” su Roma, completamente diverso, è costituito dalla fotografia rigorosa e vitale di Gabriele Basilico.Quest’ultimo, laureatosi in architettura ,accantonò la laurea per dedicarsi interamente alla fotografia. All’inizio si interessò di indagini sociali ma ben presto allargò la sua ricerca studiando la morfologia e le trasformazioni delle città, volgendo sempre più l’attenzione verso le grandi me-
tropoli. E’ il primo grande fotografo di spazi architettonici; le sue città sono il risultato delle trasformazioni sociali ed economiche dell’epoca industriale e postindustriale. I l suo stile è immediato ma, allo stesso tempo, non ruba l’attimo ma riproduce piuttosto la complessità tramite un guardare aperto e contemplativo. E’ quasi del tutto assente la natura umana in quanto distrae e rompe “l’aura” dello spazio su cui è concentrato. Ha esposto il suo pensiero nei libri ma non solo: utilizza le foto per raccontare i contesti con dibattitie conferenze, e la sua carriera è ricca di riconoscimenti e premi di portata mondiale. Egli sceglie la coerenza di stile documentario per raccontare le stratificazioni che modellano le aree urbane costruendo un metodo compatto e consolidato da quel suoritornare nei luoghi, riguardare il paesaggio plasmato dall’uomo e il conseguente mondo in trasformazione. Giovanbattista Piranesi e Gabriele Basilico ROMA IN MOSTRA 20 giugno - 23 novembre 2020 GALLERIA DI PALAZZO CINI San Vio-Dorsoduro 864 Enti promotori: FONDAZIONE GIORGIO CINI Curatela: LUCA MASSIMO BARBERO ORARI:venerdì-sabato-domenica 12.00/20.00 Ultimo ingresso:19,15 palazzocini@.it COSTO: online http//www.palazzocini.it PA LA Z Z O C I N I V E N E Z I A ATTRAVERSO LO SGUARDO VISIONARIO DI PIRANESI ROMA ATTRAVERSO L’OBIETTIVO CONTEMPORANEO DIBASI
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PUGLIA
GIOVANNI CARPIGNANO
Diplomato al Liceo Artistico di Taranto, ha completato gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bari.La sua ricerca muove tra identità storica e archeologia dell’anima, dai RitrovaMenti alla RiCreazione attraverso genetica, corpo, memoria e spirito. Nel 1987 viene segnalato al “Premio Italia per le Arti Visive” a Firenze da “Eco d’Arte Moderna”, con mostra premio presso la galleria “Il Candelaio” del capoluogo toscano. Nel 2011 è stato invitato a partecipare alla 54a
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Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, Padiglione Italia Regione Puglia – Lecce, a cura di Vittorio Sgarbi. Dal dicembre 2012 con l’opera “Guerriero o Contadino” (2007) viene invitato da Massimo Guastella ad aderire al progetto “Simposio della scultura”, raccolta permanente del Museo Mediterraneo dell’Arte Presente (MAP) allestito da CRACC, spin-off dell’Università del Salento, nell’ex chiesa di San Michele Arcangelo a Brindisi.
DOMENICO LASALA
Musicista errante - 2018 - olio su tela - cm100x100 Domenico Lasala non imita la realtà ma la reinventa; e nella sua invenzione scenica le forme tendono a perdere il loro peso materiale per assumere una levità incantata, sospesa, nell’incanto generale dell’atmosfera, dello spazio, del tempo. Un senso di lontananza dalle coordinate del reale conferisce dignità e sogno alla sua opera. “Le opere di Domenico Lasala si evidenziano per un uso sapiente del colore, ordinato per contrasti simultanei; per una rigida idealizzazione geometrica delle forme che s’accompagna alla suggestione del racconto, con un effetto di incantata attesa, e per i temi spesso legati all’arte dei suoni. Se da una parte si può scorgere una tendenza arcaicizzante dall’altra la stilizzazione delle sagome, in un’atmosfera di fluidità musicale, rendono personale la sua maniera, che
viene sottoposta a un continuo processo di trasfigurazione, ove figure pulite e ferme stanno nella fissità di statue viventi. Questo pittore cerca la bellezza, con passione instancabile e tenta di fissarla sulle tele con immagini che, se non hanno lo scorrere caldo del sangue, il respiro stesso della vita, possiedono un senso plastico dei volumi e profondi sentimenti trascendenti.” Paolo Levi
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CAMPANIA
AMALGAME CROMATICHE E SEGNICHE del Maestro d’Arte LETIZIA CAIAZZO
Moulin rouge Letizia Caiazzo cm.50X70 - 2017 digital painting
Escape 1 - cm.80x60 ridotta
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Amalgame cromatiche e segniche, così potremmo definire i lavori dell’artista Letizia Caiazzo, artista campana che traspone nelle proprie opere tutto il calore e la passione per la propria terra. Le tonalità predominanti sono il rosso e il nero che sul supporto si stagliano conferendo al tutto un’energia quasi vulcanica. Figure femminili molto espressive si fondono con colori e texture informali che trasportano il fruitore in una dimensione onirica e trascendente. Digital painting è la tecnica prevalentemente utilizzata per dare libero sfogo ad una creatività sapientemente dosata e controllata dall’abilità tecnica, frutto di anni di studio e di ricerca in campo artistico. Le sue composizioni instaurano una comunicazione diretta e intima con chi si pone di fronte alla sua arte mediante l’uso di un linguaggio assolutamente personale. Questo turbinio emotivo è filtrato e rielaborato da una sensibilità acuta, che sa mettere in luce e restituire alla vista i brandelli di un sentire scandito da vibrazioni sottili e impalpabile come un battito d’ali. Paolo Levi mail: letiflac@libero.it https://www.letiziacaiazzo.com/ https://www.facebook.com/letizia.caiazzo.3 tel.3337611290
“N’aria ‘e primmavera”a Napoli
La mostra Napoli Liberty. N’aria ‘e primmavera, a cura di Luisa Martorelli e Fernando Mazzocca e con l’allestimento di Lucia Anna Iovieno resterà aperta fino a gennaio 2021 Essa mette in luce la divulgazione dello stile modernista e i caratteri particolari dell’arte a Napoli nel periodo che va dal 1889 al 1915. Settanta sono le opere esposte , tra dipinti, sculture, gioielli e manifatture varie con uno stile che inneggia all’insolito, e come lo definì l’architetto e critico d’arte Alfredo Melani: “un’arte nuova, stile nuovo, stile moderno, stile Liberty, stile floreale, in quanti modi questo movimento estetico è indicato!”, una vera ventata di freschezza, proprio “n’ aria ‘e primavera” che soffiò in tutta Italia tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, cambiando profondamente il volto delle città e il gusto di un Paese giovane che aveva conquistato la sua unità da solo 30 anni. Il Liberty o Stile Floreale è un forma d’arte italiana trasversale, che deriva dall’Art Deco e che coinvolge, oltre la pittura, molte arti minori e l’artigianato, con lo scopo di opporsi alla pianificazione indotta dalla industrializzazione che ormai aveva invaso tutti gli aspetti della vita. La mostra ospita non solo dipinti di Felice Casorati ma anche quelli dei maggiori protagonisti di questo movimento d’avanguardia. Si potranno ammirare la fontana degli Aironi (1887), di Filippo Palizzi che seppe infondere alle generazioni successive le basi di un decisivo rilancio nel campo delle manifatture, ancora opere di Almerico Gar-
giulo, maestro-intagliatore e intarsiatore, il dipinto Seduzioni (1906) di Vincenzo Migliaro, immagine guida della mostra, il cui soggetto è una vetrina della gioielleria Jacoangeli, dove si scorge una figura femminile che lascia trapelare la sua intensa emotività davanti a quegli oggetti del desiderio, ancora manifatture di altissimo pregio di pietre dure (corallo, madreperla e tartaruga), genere in cui Napoli divenne prima in Europa, opere di artisti di fama nazionale e internazionale, quali Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Vincenzo Migliaro, Pietro Scoppetta e tanti altri, manifesti pubblicitari, prime pagine de “Il Mattino” di Napoli oltre a copertine realizzate delle Arti grafiche Ricordi o dell’Editore Bideri, celebre stampatore dei periodici musicali dedicati alla Piedigrotta, appuntamento rituale della canzone napoletana. (Letizia Caiazzo) Luogo: Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano, via Toledo 185 - Napoli Orari di apertura: 10-19; sabato e domenica 10-20. Lunedì chiuso Costo: 5 euro; ridotto 3 euro Dove acquistare: www.gallerieditalia.com; info@palazzozevallos.com, modalità di visita in sicurezza, informazioni e prenotazioni Sito web: www.gallerieditalia.com Telefono: 800/454229
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CAMPANIA
In mostra al Museo di Capodimonte Napoli “Gemito, dalla scultura al disegno”
Il Museo di Capodimonte dal 10 settembre al 15 novembre 2020 ospita la mostra Gemito. Dalla scultura al disegno, a cura di Jean-Loup Champion, Maria Tamajo Contarini e Carmine Romano. La mostra Gemito è un progetto di Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte e di Christophe Leribault, direttore del Petit Palais di Parigi, dove si è svolta la prima esposizione dal titolo Gemito. Le sculpteur de l’âme napolitaine . La mostra Gemito, dalla scultura al disegno è suddivisa in nove sezioni in cui le opere sono esposte cronologicamente e associate a quelle di artisti suoi contemporanei. Due sezioni sono dedicate ai due grandi amori della sua vita: la francese Mathilde Duffaud e la napoletana Anna Cutolo, detta ‘Nannina’ da cui avrà una figlia: Giuseppina. Tra i capolavori in mostra c’è il magnifico Medaglione con la testa di Medusa in argento dorato proveniente dal Getty Museum di Los Angeles, il famoso Giocatore e l’altrettanto celebre Pescatore Napoletano. E, ancora il Fiociniere, la Testa di fanciulla, il Malatiello, il Pescatorello, l’Acquaiolo, il Pastore degli Abruzzi, il busto della moglie Anna
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e quello di Giuseppe Verdi. Ci sono poi i disegni, tra cui La Zingara. In mostra anche la celebre Coppaflora, recentemente acquisita alle collezioni di Capodimonte grazie a un atto di mecenatismo di cinque imprenditori napoletani, attraverso lo strumento fiscale dell’Art Bonus. La maggior parte delle opere sono in collezione al Museo e Real Bosco di Capodimonte, ma molte provengono dalla Collezione Intesa Sanpaolo-Gallerie d’Italia Palazzo Zevallos Stigliano, partner anche dell’esposizione parigina, dal Polo Museale della Campania (Museo e Certosa di San Martino, Castel Sant’Elmo), dal MANN-Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dalle Gallerie dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, dal Museo d’Orsay di Parigi, dal Philadelphia Museum of Art e dal Getty Museum di Los Angeles negli Stati Uniti, dalla GAM-Galleria d’Arte Moderna e dalla GNAM-Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, per citare solo alcune delle istituzioni museali nazionali e internazionali e da molte raccolte private. Contatti 081 7499111
Vincenzo Gemito grande artista partenopeo
La vita di Vincenzo Gemito (1852-1929) ha tutti i caratteri della leggenda: bambino esposto, abbandonato dalla madre e depositato nella ruota dell’Annunziata a Napoli il 17 luglio 1852, poi adottato da una famiglia povera, crescerà nelle strade di Napoli a contatto con quegli ‘scugnizzi’ che diventeranno uno dei suo soggetti preferiti. Circondato dall’affetto dei genitori adottivi, l’artista si forma lontano dalle Accademie legandosi ad artisti “ribelli” come Antonio Mancini, Giovan Battista Amendola, Achille d’Orsi ed Ettore Ximenes. Da ragazzo osserva la tradizione locale presepiale delle botteghe di San Gregorio Armeno e la classicità dei reperti archeologici di Ercolano e Pompei esposti al Museo Nazionale di Napoli (oggi Museo Archeologico).
scandalo nel 1877. La critica grida alla bruttezza, ma il pubblico è entusiasta. La gloria arriva a soli 26 anni in quella Parigi dove arriva con l’amico Antonio Mancini, detto ‘Totonno’, e dove stringe importanti relazioni artistiche e umane con Giovanni Boldini che lo introduce negli ambienti parigini e, soprattutto con Ernest Meissonier, con cui intrattiene rapporti amicali e non solo professionali come testimonia l’intensa corrispondenza epistolare. Dopo l’Esposizione Universale del 1878 Gemito torna a Napoli dove crea, grazie all’aiuto dell’amico barone du Mesnil la fonderia a Mergellina nella quale sarà di grande aiuto ‘Masto Ciccio’, come affettuosamente chiama Francesco Jadicicco, secondo marito della madre adottiva Giuseppina Baratta. Il re d’Italia Umberto I gli ordina la colossale statua di Carlo V per la facciata del palazzo reale di Napoli, poi Un surtout di tavola d’argento. Ma lo spirito di Gemito è indebolito e, passando da una crisi di follia all’altra, sarà rinchiuso prima nella clinica psichiatrica Fleurent e poi si chiuderà in un lungo autoisolamento, per oltre venti anni, nella sua casa di via Tasso. La sua scultura si trasforma e il suo disegno si libera e si espande fino a farne uno dei più grandi disegnatori del suo tempo (es. i ritratti dei figli dell’albergatore Bertolini, esposti ora a Philadelphia). In questa mostra è rivalutata l’ultima produzione di Gemito mettendo in luce i suoi stretti rapporti con altri artisti europei di inizio Novecento. Gemito muore a Napoli nel 1929.
Giovanissimo entra come apprendista nello studio dello scultore Emanuele Caggiano, poi diventa allievo di Stanislao Lista e Domenico Morelli. Da subito viene riconosciuto come un brillante scultore: il suo Giocatore, scolpito all’età di 17 anni, fu subito acquistato dalla Casa Reale per la Reggia di Capodimonte. A 23 anni vanta una serie di busti di personaggi illustri tra cui Morelli, Verdi e Michetti. Il suo Ritratto di Verdi lo rende famoso e viene invitato ad esporre a Parigi, capitale delle arti europee, dove il suo Pescatore con il suo realismo rivoluzionario provoca uno
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CALABRIA
Le colonne in rete metallica di Edoardo Tresoldi a Reggio Calabria.
Edoardo Tresoldi è celebre per le architetture in rete metallica trasparente. Duplicaopere antiche perdute, come la basilica paleocristiana nel sito archeologico di Santa Maria di Siponto in Puglia. Ha lavorato in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Dubai, Coachella, Parigi e Arte Sella, Tresoldi ha realizzatoOpera,una nuova installazione permanente sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, promossa e commissionata dal Comune e inaugurata il 12 e 13 settembre con eventi gratuiti di musica, performance e poesia. “Opera nasce per rimarcare il carattere del luogo attraverso il costruito, proponendone così un’ulteriore chiave di lettura”, racconta Tresoldi. “Ho cercato di creare un luogo della contemplazione e indagare il ruolo dell’arte pubblica oggi, che ritengo debba saper accogliere il presente”. L’installazione produce un rapporto meditativo tra il luogo e l’osservatore, adoperando il linguaggio architettonico classico, che ricalca un tempio greco.La materia metallica trasparente serve all’artista per esprimersi senza incidere sulla naturalezza. Le 46 colonne di 8 metri producono il colonnato classico in rete metallica alte 8 metri all’interno del parco di 2500 metri quadrati. La possibilità di attraversarle rende lo spazio non solo un qualcosa da guardare, ma un luogo da vivere e popolare. La maestosa installazione si trovavicino al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Il sindaco della città, Giuseppe Falcomatà. afferma che l’opera di Trisoldi “costituisce per la nostra città una grande vetrina, rappresentando con la sua prospettiva moderna coniugata in senso classico un’ulteriore importante attrattiva, anche dal punto
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di vista turistico, integrandosi in un contesto di rara bellezza come il nostro Lungomare”. Foto Giovanna Seminara Alessandra Primicerio (critico d’arte)
VISIONI D’ARTE
Lamostra “ Visioni d’arte” èstata organizzata dalla Associazione culturale ISABELLA D’ARAGONA di Francesca Vena con la partecipazione dellaassociazione Agorà . All’interno della mostra sono stati inseriti, in giornate successive al vernissage della collettiva, altri eventi:lapresentazione di un libro Pensieri poesie e Disegni sulla Shoah, vista con gliocchi dei bambini, scritto da Emanuele Saccà , un flashmob sul centenario della morte di Modigliani e un cortometraggio sul brigantaggio e sulla storia della Calabria. Hanno partecipato, alla mostra Visioni d’arte, gli artisti: Aldo Allevato, Antonio Viscardi, AnnaMariaCoscarello, Chiara Montebianco Abenavoli, Domenico Papalia, Emilio CiomboArlia, Franco Ferro, Gerardo Marzullo, Maria Patrizia Epifania, Mario Perrotta, MicheleCoschignano, Nadia Martorano, Noemi Barberio PeppeOrlando, Sara Manna, Silvia Ferrari, Renzo Florio, Rossana Chiappetta, Vincenzo Modafferi. Francesca Vena presidente e direttore artistico della associazioneevidenzia che per la collettiva Visioni d’arteha lasciato piena libertà agli artisti che hanno potuto così esprimersi liberamente senza avere vincoli tematici.
Tante ledifficoltà – confessa Francesca Vena- riscontrate durante l’organizzazionedell’ evento in questo periodo storico flagellato dal covid 19. Gli ingressi sono stati organizzati in modo scaglionato, con il distanziamento tra persone. L’evento si è concluso con la consegna degli attestati agli artisti. La mostraè stata ospitata dalla Biblioteca Nazionale di Cosenza, collocata nel centro storico, location suggestiva e di memorabile memoria. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
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CALABRIA
MARIA PATRIZIA EPIFANIA: arte, psicologia e teologia
Originaria di Catanzaro, ha studiato arte a Siena, psicologia a Roma e teologia a Monza. Attualmente vive e lavora a Lissone (MB). D. Maria Patrizia lei ha studiato arte, psicologia e teologia, studi fondamentali che si collegano l’uno con l’altro, che tipo di opere nascono da questo connubio? R. Lei ha perfettamente centrato il tema. L’arte è il ponte che unisce l’essere umano (psiche) con l’essenza divina ( teologia). L’espressione divina viene percepita dall’uomo attraverso un animo sensibile quale può essere l’artista. Nelle mie opere disegno “Angeli” che non si mostrano sfacciatamente. Sono soffusi, devono essere intuiti, interpretati... Non a tutti è dato di vederli immediatamente. D. Quando ha scoperto la passione per l’arte? Cosa le affascina di essa? R. La passione per l’arte è sempre stata in me. Sin da piccola amavo disegnare paesaggi, fiori, disegni astratti e figure. Giocavo. Mi esprimeva con i colori. Costruivo oggetti con diversi tipi materiali. La passione per l’arte mi consentiva di esprimere il mio estro liberamente. D. Che tipo di arte predilige? R. Amo l’arte in tutte le sue forme: pittura e scultura. Da giovane mi esprimevo con opere figurative. Ora ricerco un approfondimento dell’interiorità dei fatti e mi esprimo in maniera più astratta, dove per “astratto” sta per concettuale. Ad esempio la contrapposizione tra il bene e il male, tra il dolore per la morte e la consolazione della fede. Non sono più gli oggetti reali che mi affascinano, ma i concetti. L’unico modo per esprimere i concetti è l’astrattismo. D. Qual è la sua opera preferita e perché? R. Ogni mia opera esprime un determinato momento della mia vita. La mia opera preferita è la Creazione. È un’opera polittica, composta da 5 quadri. Riprende il supremo atto con cui Dio crea la Terra con gli elementi fondamentali: acqua, terra, aria e fuoco. La potente energia traspare dai colori, dal materiale utilizzato e dalla scomposizione delle opere. Da quel caos nascerà l’umanità. D. Cosa intende esprimere attraverso i suoi quadri? R. Non è sempre facile comprendere la mia arte. Occorre avvicinarsi con umiltà. Devono essere interpretati. Gli altri vedono la sommatoria della mia cultura che è cresciuta e si è evoluta con la mia maturità. La saggezza mi fa riflettere continuamente sulla vita e umilmente cerco di esprimerla nelle mie opere.
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D. Come definisce la sua arte e secondo lei gli altri cosa vedono nelle sue opere? R. Come le ho detto la mia esperienza di vita mi porta ad esprimere ciò che percepisco. Essendo un’insegnante la mia professione mi porta ad intuire la valenza dei miei alunni, delle loro doti nascoste. Da loro cerco di trarne il meglio. È una grande gioia per me intuire le loro potenzialità. Lo stesso sentimento lo provo quando creo una mia opera. Dai miei ragazzi estraggo la linfa e la infondo nelle mie opere. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
La scultura artistica di CAM
Chiara Montebianco Abenavoli, in arte CAM,nasce in provincia di Reggio Calabria nel 1993.Dopo aver conseguito il diploma di Maestro d’arte, prosegue gli studi artistici presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, in Grafica d’Arte. L’ingresso dell’argilla nella sua vita artistica è casuale e dirompente; la terracotta diventa strumento per esprimere il suo io profondo e per avviare un dialogo interpersonale tra sé e l’opera. La creazione, vissuta comeun’urgenza interiore, comeun mezzo per colmarei vuoti ed alleggerire i pieni, genera opere raffinate e cariche di energia emotiva. Ha partecipato avari concorsi. Nell’agosto del 2019 ha esposto le sue sculture a Palmi(RC), in occasione della sua primaPersonale intitolata “Sintonie silenti”. Ha partecipato alla Estemporanea di ceramisti “Dalla terra all’Arte” 2019 a San Lorenzello (BN); nell’ottobre dello stesso anno ha esposto alcune opere a Catanzaro alcomplesso monumentale SanGiovanni. D. Chiara con le tue opere riesci a dare un’anima alla materia che plasmi. Di quanta ricchezza interiore c’è bisogno per fare arrivare all’osservatore i sentimenti che infondi nelle tue opere? R. Il mio fine è plasmare l’argilla e quindi creare opere che trasmettano all’osservatore emozioni e sensazioni. Più l’osservatore riesce a cogliere sensazioni diverse dalle mie più il mio obiettivo è stato raggiunto. D. Quando lavori a una scultura, mani, testa e cuore intervengono nella stessa misura? A cosa o a chi si ispira il tuo stile? R. Assolutamente sì. La tecnica è fondamentale, ma è il moto dell’animo che guida le mie mani.La Magna Grecia influenza in maniera significativa i miei lavori, rivisitati in chiave contemporanea. D. Per augurarti uno splendido futuro uso le parole di Michelangelo Buonarroti “Signore, fa che io possa desiderare di più di quanto riesca a realizzare”. E tu cosa ti auguri per il futuro? R. Mi auguro di potermi emozionare sempre, di poter gioire e stupirmi di un tramonto o di un’alba e allora se queste emozioni mi accompagneranno sicuramente riuscirò a superarmi. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
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SICILIA
MARIO ODDO
Fatalmente sedotto da quel sublime “ut pictura poiesis” d’oraziana memoria che, da sempre, lo conduce e lo guida come supremo, teurgico Mentore d’Illuminazioni fra gli arcani percorsi del configurare / trasfigurare per inesausti monitoraggi di altissimi lirismi, il Maestro Mario Oddo, rinomato esponente dell’Arte siciliana contemporanea, prosegue a captare, a secernere, a distillare e a decantare esoterici elisir d’Infinito e d’Eterno in un affabulante “cogitare” d’arcane alchimie della visualità rimaterializzato attraverso sterminati scenari e sipari di anacoretici sortilegi espressivi (campestri, marini, urbani) atti a dispiegarci epifanie di trascolorati e rarefatti misticismi nel Supersegno della Solitudine (“Se sarai solo, sarai tutto tuo”, annotò il rasoiante genio di Leonardo), estetiche / estatiche evanescenze in incrociato dissolversi d’abbandoni, rosari di panteismi fra genuflessioni alla Natura silente ed al Dio d’ogni linguaggio, iperumani rapimenti per le cose e le loro anime mute, imprevedibili e fulminee folgorazioni dell’abbacinare su frammenti d’universo irrefrenabilmente proiettati ed eletti dall’estro ad apicali altitudini di “luoghi dei luoghi” della Poesia e dell’Arte (“Il poetare pensante è, in verità, la topologia dell’essere. Essa gli indica il villaggio ove dimora la sua essenza”, ci svelò Martin Heidegger), rarissime e servostrutturali comprimarietà di presenze umane (peraltro abitudinariamente denotate e connotate, nell’ampia ritrattistica del Maestro, a fluttuazioni ectoplasmiche simbolicamente deprivate di fisionomie nel segno Zen di quel “Non-Finito” umano diametralmente opposto all’Infinito oltre il Tempo e
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lo Spazio) rivelantisi quasi superflue o addirittura disturbanti rispetto a privilegiate armonie di naturalismi “strictu sensu” ove, comunque, poter percepire ed accogliere seducenti / segrete presentificazioni d’assenze per simultaneismi fluttuanti d’irresistibile, fatale attrazione: Arte e Poesia del Sublime, in ultima analisi, che, grazie al Maestro Mario Oddo, non può che farci abbandonare“naturaliter”, fuori da qualsivoglia indugio e senza superflue considerazioni, solo al supremo, leopardiano“naufragar m’è dolce in questo mare”. Nuccio Mula
MARIO ODDO nasce il 19 Settembre 1947 a Modica, provincia di Ragusa, ma vive e opera a Siracusa. La città natale Modica, culla del Barocco Siciliano, è molto importante nella formazione del pittore. Giovanissimo entra nel mondo della pittura, come racconta lui stesso: “tra i dipinti e gli affreschi della Chiesa di San Giorgio e della Parrocchia del SS. Salvatore”. Modica rimarrà per lui molto importante e continuerà a fornirgli uno straordinario repertorio di immagini, dal balcone di casa poteva ammirare paesaggi molto suggestivi. Da qui ha certamente origine il bisogno, avvertito fin dall’infanzia, di trovare forme di colore nelle svariate cromie di quell’ambiente che Oddo si trascinerà per tutto il suo percorso artistico. Nel 1962 si trasferisce a Palermo. Qui, appena quindicenne, comincia a firmare i primi suoi quadri, in un atelier ubicato nelle soffitte del proprio collegio, a ridosso del Monte Pellegrino vicino al mare, dove frequenta un corso di pittura.
Nel 1967 si Trasferisce a Siracusa. Fino al 1983 opera come tecnico presso la zona industriale, ma continua ugualmente la sua straordinaria produzione artistica, dipingendo nudi, paesaggi e natura morte.
Gli anni 80 rappresenteranno il periodo più fecondo e creativo della sua vita artistica. Si allontana temporaneamente dal lavoro di tecnico e si dedica interamente all’attività pittorica. In quel periodo si trasferisce, temporaneamente a Urbino dove frequenta un corso di grafica all’Accademia di Belle Arti. Alla fine degli anni 80, un breve soggiorno in Toscana gli consentirà di approfondire gli studi sui Macchiaioli. Verso la fine degli anni 90, realizza una serie di sculture in terracotta, opere particolarmente apprezzate dalla critica. Dal 2009 si dedica totalmente all’attività artistica partecipando a diverse rassegne d’Arte, riscuotendo buoni consensi di critica. Molte sue opere si trovano in collezioni private, sia in Italia che all’estero.
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SICILIA
CORRADO ALDERUCCI
Disegnatore, grafico e pittore, propone caratterizzate composizioni di volumi geometrizzanti, raggruppamenti di edifici stilizzati, evocanti le architetture essenziali di Carlo Scarpa, a volte con disposizione apparentemente decostruttivista. I dipinti includono elementi minimali e simbolici, come chiocciole, matite, barchette di carta ed improbabili finestrelle attraversate da fili senza inizio e senza fine. Il colorismo è sobrio, tenuto sull’alternanza dei tre primari: rosso, giallo, e azzurro, con tonalità tendenzialmente “ pastello “, anche quando l’artista indulge sui valori profondi dei viola, nelle diverse varianti. L’opera di Alderucci è una pittura di apparenza metafisica, ma senza lo smarrimento nostalgico, ispirato ai motivi dell’infanzia, dei trastulli, degli elementi dell’immaginario fanciullesco, come i lapis, fedeli compagni di chi nella prima età sognò di appropriarsi della realtà attraverso il disegno e la figurazione : Leonardo docet. Enzo Papa
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SICILIA
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ASTRATTISTI dalle 20 regioni Italiane un’ esposizione d’arte astratta contemporanea di artisti provenienti da tutte le regioni italiane, artisti scrupolosamente selezionati, che assurgeranno ad emblema della vera arte nella sua più profonda essenza, un’arte che sia lontana e completamente svincolata dalla comune provocazione che in questo particolare momento storico la fa da padrona nel panorama artistico contemporaneo. L’evento si terrà nel 2021 presso diverse location in Italia INFO & CONTATTI Mail: galleriariele@gmail.com
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