N°48 NOVEMBRE-DICEMBRE 2021 -
periodico bimestrale d’Arte e Cultura
ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE
ANGELO MORBELLI
w ww.facebook.co m/Rivista 2 0
Edito dal Centro Culturale ARIELE
ENZO BRISCESE
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE
del Centro Culturale Ariele
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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Monia Frulla Rocco Zani Miele Lodovico Gierut Franco Margari Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Virginia Magoga Enzo Briscese Susanna Susy Tartari Cinzia Memola Concetta Leto Claudio Giulianelli
Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80
www. f a c e b o o k . c o m/ Riv is t a 2 0 ----------------------------------------------------------
Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------
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In copertina: Enrico Colombotto Rosso
Il divisionista Angelo Morbelli
Morbelli è senz’altro uno degli esponenti di spicco del Divisionismo. Il suo percorso si svolge nella seconda metà dell’Ottocento,un’epoca caratterizzata dallo sviluppo della ricerca scientifica,dallo sviluppo industriale con le sue complesse conseguenze e, naturalmente, dall’influenza di questa situazione sul mondo dell’arte. Angelo Morbelli nasce nel 1853 ad Alessandria e muore a Milano nel 1919; la famiglia è benestante, i genitori sono ricchi viticultori monferrini e il padre è un funzionario statale. Angelo dimostra di avere talento per la musica ma ben presto deve rinunciarvi avendo contratto delle malattie infettive che lo renderanno sordastro. Decide di dedicarsi comunque all’arte e sceglie di studiare pittura. Nel 1867 vince una borsa di studio comunale che gli permette di trasferirsi a Milano e di frequentare l’Accademia di Brera con profitto. Intanto si inserisce nell’ambiente artistico milanese che, all’epoca, è animato dalla Scapigliaturaa, foriera di idee
innovative, contraria al vecchio accademismo che utilizza ancora come testi base degli scritti rinascimentali e anche medievali. Gli scapigliati intendono svecchiare le accademie e rinnovare le scuole in modo da renderle adeguate ai cambiamenti e ai bisogni dellla società a loro contemporanea. Ci sono scapigliati sia fra gli nsegnanti che fra gli studenti, entrambi impenati non solo a modernizzare ma anche a creare utili scambi di idee e di sperimentazioni con altri gruppi che condividono gli stessi progetti. Sono tutti interessati anche alle nuove tecniche e alle varie teorie del colore sulle quali si dibatte nei centri sparsi per l’Europa.
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Un merito degli scapigliati e, subito dopo, dei divisionisti, è quello di aver aiutato a “traghettare” l’Italia verso il futurismo, l’unica corrente che sia riuscita ad imporsi a livello sovranazionale. Angelo Morbelli vive intensamente questa situazione e riesce a consolidare i suoi studi ma, nello stesso tempo, a cogliere la positività del nuovo che sta emergendo. Stringe un legame di amicizia e stima con uno dei suoi maestri, l’insegnante Bertni, e frequenta il mentore degli scapigliati, de Grubicy, e la sua cerchia artistica. Morbelli dipinge soggetti della vita quotidiana ma è particolarmente interessaro agli esperimenti sulle nuove tecniche, segue le varie teorie del colore , studia gli effetti della luce, e si appassiona a queste ricerche. Esordisce nel 1879 alla Promotrice di Torino e dal 1881 è presente alle esposizioni di Brera ma raggiunge la notorietà nel 1887 con “Giorni ultimi” a Venezia l’anno successivo a Londra riceve vasti consensi che si confermano e amplificano a
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Parigi dove, nel 1888, gli viene assegnata la medaglia d’oro. Nella seconda metà degli anni ottanta si dedica anche al paesaggio, con uno speciale interesse per la luminosità atmosferica e in chiave,quindi, impressionistica (Stazione Centrale di Milano, in più versioni). Quando ha già ottenuto un considerevole successo, avvia una nuova ricerca linguistica per cui, sin dal 1991, si presenta al’Esposizione di Brera, insieme a Segantini e Previati, con le prime esperienze divisioniste, ben rappresentate nel quadro “Alba” (che nel 1894 gli procura il diploma d’onore). Il Divisionsmo riscuote successi. Morbelli influenza anche il Pellizza che conosce nel 1892 e con cui stabilisce una solida amicizia e un ampio carteggio. Dal 1895 la sua tecnica si fa più precisa e sistematica e si impegna a più riprese, sempre con scarso successo, nel tentativo di fare del divisionismo un gruppo ma non vi riesce in qunto il gruppo non è sufficientemente strutturato.
Continua intanto ad ottenere successi (Torino, Dresda, Parigi, dove, con il quadro “Giorni di festa” riceve la medaglia d’oro e il diploma d’onore). Negli ultimi anni del secolo il pittore piemontese risen te dell’influssio del simbolismo, però con una rilettura del tutto personale: il tocco divisionista smorza il rigore e diventa più fluente e densa senza alterare la bravura nell’articolazione dei valori cromastici,.Nell’ulltimo periodo tenne un” Quaderno delle speranze, sconfitte, è vittorie della tecnica divisionista in cui ferma le riflessioni teoriche e le osservazioni ricavate dalle sue letture. Dopo la sua morte, come troppo spesso accade, dopo tanti successi in vita, paradossamente viene “dimenticato” e soltanto verso la fine del 900 quando si riprende lo studio e l’approfondimento del Divisonismo, si riconsidera la sua figura di pittore. La sua riscoperta
non è stata un’impresa facile: dapprima è stato considerato un pittore modesto di secondo piano,influenzato dall’ambiente milanese e solo in un secondo tempo si è compreso la portata storica del suo lavoro. Un altro sbaglio è stato quello di annoverarlo tra i pittori sociali mentre egli ha creato una parte dei suoi lavori significativi presso la casa per anziani Pio Albergo Trivulzio senza lanciare denunce sociali. Il pittorericonosce in questi anziani dei sentimenti condivisibili, di gioia, di malinconia, festa, dolore, egli ospiti della casa lo ricambiano. Termino con una frase ripresa dai suoi appunti: “Bisogna proprio abbandonare l’abitudine di considerare i colori solo come tinte bensì vederli come luci più o meno vibranti” (Angelo Morbelli) Giovanna Arancio
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Cipro. Crocevia delle civiltà: la mostra ai Musei Reali di Torino
Dal 29 giugno 2021 al 9 gennaio 2022, dalle 10,00 alle 18,00, le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino ospitano la mostra Cipro. Crocevia delle civiltà. Musei Reali, Piazzetta Reale, 1 - Torino
L’esposizione è stata allestita partendo dalla più importante collezione cipriota italiana, quella dei Musei Reali di Torino, ad oggi largamente inedita, arricchita da prestiti unici per la prima volta in Italia provenienti da illustri istituzioni straniere, tra cui il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, il Medelhavetmuseet di Stoccolma, il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Museo di Cipro a Nicosia. Le collezioni cipriote dei Musei Reali di Torino costituiscono un nucleo pressoché unico nel panorama dei grandi musei europei. Il Museo di Antichità conta infatti più di 1.000 reperti, frutto di donazioni avvenute a partire dal 1847 sotto il console del Regno di Sardegna Marcello Cerruti prima e soprattutto grazie agli scavi condotti da Luigi Palma di Cesnola, console americano sull’isola ma nato a Rivarolo, in provincia di Torino. Tale raccolta è paragonabile per importanza scientifica e varietà alla grande collezione del Museo Egizio di Torino, di cui rappresenta un ideale contraltare mediterraneo. La raccolta torinese – la più antica fuori dall’isola e probabilmente anche la più completa in termini cronologici – costituisce nel contempo l’alter ego della collezione cipriota allestita al Metropolitan Museum of Art di New York dallo stesso Luigi Palma di Cesnola, in veste di primo direttore. Tra i pezzi più significativi esposti in questa affascinante mostra a cavallo tra mito e realtà si evidenziano alcuni reperti conservati presso il Museo di Antichità, tra cui una testa di divinità o sacerdotessa di piccole dimensioni, in terracotta, risalente al 625-550 a.C.; un unguentario a forma di dattero, in vetro, della prima età imperiale, contenente probabilmente una sostanza oleosa a base del frutto tropicale; e una statua della dea (Afrodite) assisa in trono, arrivata a Torino nel marzo del 1847, il cui corpo e testa risalgono a età diverse, montate insieme secondo un uso caratteristico del collezionismo antiquario dell’epoca. Arriva invece da Vienna la statua di dea assisa in trono del periodo cipro-arcaico, in prestito dal Kunsthistorisches Museum, mentre dal The Metropolitan Museum of Art di New York una statua votiva in abito assiro, in calcare, datata tra 550–525 a.C., per la prima volta esposta al pubblic 6
Enzo Briscese
Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80
Riguardo ai cicli precedenti a quello attuale si è spesso affermato che la pittura di Briscese è attraversata da espliciti caratteri di visionarietà e di simbolismo ma, per quanto rigurda i “I ragazzi del duemila” ritengo prioritario evidenziare il finissimo intuito e la delicata sensibilità d’animo con cui impronta il suo viaggio tra gli adolescenti, creando scene che catturano lo sguardo del visitatore e lo inducono a riflettere; ciascuna scena è unica e irripetibile e non c’è pericolo che si verifichi quella ripetitività diffusa oggi, vuota e sbiadita, anzi al contrario, non si resta mai delusi grazie al suo vulcanico estro poetico. Movimento, colore, divenire, fanno parte della sua più atavica concezione di artista occidentale. A partire da questo punto di vista il tempo diventa un fattore importante così come la preoccupazione profon-
da per un eventuale declino, per un regresso, per una crisi epocale della storia della nostra società che permetta il degrado e non impieghi il giusto tempo necessario per un programma soddisfacente e sostenibile. Tra le tele di questa serie possiamo notarne una in cui scompare la figura umana ed emergono unicamente astrazioni, forse perché le fragilità adolescenziali hanno qui il sopravvento e non riescono a creare una propria figura, una consistenza completa e identitaria e ne rimangono sommerse. Si ha soltanto un ragazzo fragile, incerto e per così dire invisibile. Quella tela, però, potrebbe invece indicare il sopraggiungere di eventi, per ora non spiegabili, capaci di dirottare diversamente la loro vita e aprire uno spiraglio positivo. Giovanna Arancio
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Espressioni. La proposizione: la mostra al Castello di Rivoli
Caravaggio / Narciso, 1597- 1599 / Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma Per gentile concessione delle Gallerie Nazionali di Arte Antica (MIBCT) – Biblioteca Hertziana, Istituto Max Planck per la storia dell’arte/Enrico Fontola
Fino al 7 novembre 2021, il Castello di Rivoli presenta la mostra Espressioni. La proposizione con le opere di oltre cinquanta artisti di epoche storiche diverse, provenienti da più parti del mondo. Gli artisti condividono un interesse nei confronti di forme di arte particolarmente espressive, o addirittura espressioniste. Gli artisti spaziano dall’individualismo esasperato a manifestazioni di malinconia romantica sino a interpretazioni deformate del corpo e del quotidiano, quasi a significare la necessità di verificare la propria vitalità di fronte alle difficoltà del mondo. Il percorso espositivo, che si snoda al primo e al terzo piano dell’edificio Castello nonché nella Manica Lunga, attiva relazioni inedite tra le opere, enfatizzando i molteplici modi secondo i quali gli artisti esprimono i propri stati emozionali e corporei. In mostra sono presenti opere di pittura, scultura, video, performance, opere
sonore, installazioni, fino a progetti basati sulla tecnologia della realtà virtuale. Tra le opere che fanno parte della mostra ci sono: Cristo crocifisso tra Papa Urbano V e San Giacomo, c. 1395-1399, di Simone dei Crocifissi (Collezione Cerruti); Scena Allegorica, c. 1521- 1522, del pittore manierista Dosso Dossi (Fondazione Giorgio Cini, Venezia); Narciso, 1597-1599, di Caravaggio (Gallerie Nazionali di Arte Antica, Roma); La Maddalena penitente, c. 1645, del pittore barocco Andrea Vaccaro e Sansone e Dalila, c. 1630-1638, di Artemisia Gentileschi (Gallerie d’Italia, Napoli); il San Lorenzo, c. 1640-1649, di Jusepe de Ribera; La Pazza, 1905 di Giacomo Balla (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma) e il Ritratto di Viktor Ritter von Bauer, 1917, di Egon Schiele (Collezione Cerruti).
9 Giugno 2021 - 7 Novembre 2021 Orario: 10:00 - 19:00 dal giovedì alla domenica dalle 11 alle 19 Castello di Rivoli - Museo d’Arte Contemporanea Piazza Mafalda di Savoia - Rivoli 8
Giorgio Billia
cecità-2021-altorilievo in alabastrino e legno verniciato-cm29x42 (2)
Una scultura contemporanea: Cecità Si tratta di una scultura in gesso, eseguita secondo i canoni classici, che raffigura un volto con gli occhi coperti da una striscia di stoffa che gli copre gli occhi e attraversa le tempie e i capelli, la benda aderisce a tal punto sugli occhi da permettere di intravederne la configurazione. L’altorilievo è all’interno di una cornice in legno verniciata di bianco. La scultura accompagna da sempre la storia dell’uomo, o meglio, è parte integrante di essa. Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Lo scolpire, inserito tradizionalmente nel settore delle arti visive, sembra un operato inutile, oppure un fare futile di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno. Eppure questa apparenza non corrisponde alla realtà: infatti l’essere umano, predisposto a vivere in collettività, sviluppa senza eccezioni delle forme artistiche, tra cui l’arte plastica. Qualunque sia lo stadio di civiltà considerata, la collocazione geografica, lo specifico politico, in povertà o in
benessere, durante la pace o la guerra. Tra le tre domande esistenziali prima citate, e la vita dell’uomo esiste un nesso inestricabile e ineludibile, una relazione profonda e vissuta scopertamente o permeante sottotraccia con potente vitalità. La società attuale è in stato di profonda crisi di valori, è pertanto priva di progettualità lenta e inconcludente, fatiscente ed elefantiaca, e sta portando allo sbando un società smarrita, che non sa come muoversi ed è costretta a vagolare seguendo l’incompetente di turno, vale a dire “alla cieca”... L’arte risente del contesto generale e lo rielabora affrontando sul piano culturale i nodi irrisolti; la scultura di Giorgio Billia si colloca in questa direzione e sembra voler dire, stimolando con intento positivo e fare asciutto: una società cieca non va lontano… Giovanna Arancio
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LORENZO CURIONI
New York - 2017 - olio su tela - cm 142x105
Avvolte in atmosfere di nebbia e luce, in cui i toni del grigio e delle terre sono sapientemente mescolati, le opere pittoriche di Lorenzo Curioni, attingono e si ispirano al variegato universo del paesaggio metropolitano. Palazzi, strade affollate, grattacieli, incroci: un’antropologia urbana raccontata attraverso un sapiente pennello, che porta lo spettatore, coinvolgendolo in prima persona, ad immergersi totalmente nell’atmosfera dell’opera, quasi nel tentativo di voler esplorare le geometrie di quegli spazi. Ed è così che la pittura di Lorenzo Curioni finisce per raccontare anche molti “non-luoghi”, come l’interno di una metropolitana o le corsie di una strada in cui sfrecciano veloci le auto: in un concetto complementare, ma allo stesso tempo distinto, in cui l’inserimento della figura umana, narra del complesso rapporto che si crea tra quegli spazi e gli individui che li attraversano. L’opera di Curioni riesce ad
enfatizzare la città quale particolare forma di associazione umana: la città è uno stile di vita, è un’identità, è il risultato dell’etnia o delle etnie che la abitano. Ma la metropoli che l’artista racconta è anche lo spazio sconfinato in cui si perdono le differenze culturali, per dare origine a nuove metamorfosi e nuovi linguaggi: tutto diventa impalpabile e possibile, così come le sapienti velature che l’artista dosa sulla tela. È proprio questo connubio alto, tra architettura urbana e presenza dell’uomo che la vive, la plasma, la abita, la crea, che fa sì che il fruitore finale si trovi immerso in una suggestivo stato di fascinazione, in cui l’arte adempie ad uno dei suoi principali compiti: essere linguaggio universale senza mediazioni di sorta. L’opera di Lorenzo Curioni è ispirata, immediata e coinvolgente: arriva a tutti coloro che hanno il privilegio di osservarla. (Catia Monacelli)
Cantieri- 2018 - olio su tela - cm 175x145 (1)
Fabbrica - 2018 - olio su tela - cm 227x165
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La galleria d’arte MEGA ART con il patrocinio del Comune di Corchiano e della Fondazione Corchiano organizza la prima edizione del
1° PREMIO INTERNAZIONALE D’ARTE “CORCHIANO L’ANTICA FESCENNIUM” Il tema è libero la manifestazione a tema libero si svolgerà presso la Galleria d’Arte MEGA ART in Via Roma 29b a Corchiano (Vt) dall’8 al 15 gennaio 2022 sito web www.megaart.it
PREMI IN PALIO:
1°Premio: Personale presso la Galleria d’arte POCKET ART STUDIO – Via della Reginella 11 Roma Centro Storico
2° e 3° Premio Bi personale presso la Galleria d’arte MEGA ART Via Roma 29b Corchiano (Vt)
Dal 4° al 10° premio Coppe e Targhe Una particolare Targa sarà riservata all’opera che avrà avuto più voti da parte della giuria popolare. A tutti gli artisti selezionati verrà consegnato un diploma di partecipazione. Potrete scaricare il bando andando sull’home page di www.megaart.it Mega Art Web Art Gallery – Via Fratta 1/i - 01030 Corchiano Vt PI 02065090561 www.megaart.it email: megaartassociation@gmail.com
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I cavalieri di Marino Marini a Genova, termina domenica 14 novembre 2021
alla Galleria d’Arte Moderna di Nervi sarà ospitata la mostra “I cavalieri di Marino Marini”, a cura della Fondazione Marino Marini, Pistoia. In occasione della riapertura della Galleria d’Arte Moderna di Genova Nervi con un riallestimento che propone un’inedita rilettura delle sue collezioni, il museo presenta, negli spazi espositivi destinati dal nuovo progetto museografico alle mostre temporanee, un’ampia antologica dell’artista toscano Marino Marini (Pistoia 1901 � Viareggio 1980), uno tra i più importanti e significativi scultori italiani del Novecento. L’esposizione, focalizzata sul principale archetipo della
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sua ricerca plastica, quel ciclo dei Cavalli e cavalieri cui diede avvio il San Giorgio e il drago, realizzato nel 1930-31 e conservato presso i Musei Civici di Monza, raccoglie non solo sculture dedicate a questo tema fondamentale della sua lunga e articolata esperienza artistica, ma anche opere su carta e dipinti. Il dialogo tra scultura e disegno � qui inquadrato in un ampio arco cronologico, ai cui estremi si collocano il gesso San Giacomo a cavallo del 1939 e la tempera su carta intelata Composizione del 1966 � attesta l’autonomia linguistica delle diverse forme espressive nell’arte di Marini, ma anche la loro coerente integrazione stilistica e culturale.�
Altrettanto complesso appare il motivo ispiratore di queste opere che, provenienti per la gran parte dalle collezioni della Fondazione Marino Marini di Pistoia, ma anche da alcune importanti collezioni private, rivelano la coesistenza nell’opera dell’artista toscano di arcaismo e modernità. Sia nelle sculture, sia nelle grafiche e nei dipinti, Marini riuscì infatti a far convivere i rimandi alla tradizione della scultura classica con un personale confronto con le tensioni avanguardistiche del suo tempo.� Con una libertà creativa che gli permise, senza ripetizioni o momenti di stanchezza, di sperimentare e replicare questo soggetto sino agli anni settanta, Marini progressivamente disgregò dunque i contorni figurativi dei suoi cavalli e cavalieri per dare maggiore evidenza alla
distribuzione delle masse plastiche.� Se la sua ricerca evidenzia in questo ambito l’inclinazione a confrontarsi con le specificità tecniche di differenti materiali, dal bronzo alla terracotta, il suo impegno nel campo della grafica e della pittura mostra la sua peculiare versatilità espressiva e la sua capacità di rileggere in maniera innovativa i temi a lui cari e di riproporli attraverso inedite soluzioni formali. La mostra che, ad anni di distanza dall’esposizione a lui dedicata a Genova nelle sale di Palazzo Bianco, propone una complessiva analisi delle fasi salienti del suo ricco percorso artistico, inaugura infine negli spazi della rinnovata Galleria d’Arte Moderna un calendario di mostre dedicate ad artisti italiani dell’Otto e del Novecento e alle principali tendenze espressi
ORARI: Da martedì a venerdì: 9:00 - 19:00 - sabato e domenica: 10:00 - 19:30 Per info: www.visitgenoa.it/evento/i-cavalieri-di-marino-marini
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Col fiato sospeso di Mariuccia Roccotelli a Spazio Tadini Milano a cura di Melina Scalise
Una mostra particolare vi aspetta alla Casa Museo Spazio Tadini dal 9 ottobre all’11 novembre con le opere di Mariuccia Roccotelli, artista milanese d’origine pugliese che, durante la pandemia ha realizzato una serie di quadri che raccontano l’urgenza di una nuova attenzione verso la Natura: Col fiato sospeso La mostra è all’interno del museo dedicato a Emilio Tadini dove si trova in esposizione Parlami di lei: teneramente forte, una mostra di opere di Tadini che parla di come l’artista vedeva la donna. Un percorso suggestivo che si integra con la presenza di quest’artista contemporanea sia in quanto donna, sia perchè il suo sguardo sulla Natura tradisce il ruolo simbolico che ne ricopre il corpo della donna in quanto Terra e Madre Natura. Gli uomini primitivi per rappresentare il mondo e l’audacia necessaria per la sopravvivenza usavano la pietra. Lì, dentro le loro caverne, con i loro graffiti conservavano memoria della lotta, della caccia. Da sempre l’uomo ha usato le pareti dei suoi “rifugi”, profani o spirituali che fossero, per rappresentare il mondo che stava fuori, pensiamo agli affreschi, alle grandi tele che esaltavano il prestigio di chi le possedeva. La pittura stava prevalentemente “dentro”, per rappresentare ciò che stava un “fuori”. Ma oggi non è più così. Non solo sulle tele si rappresentano mondi immaginari, (pensiamo per esempio all’impulso che diedero in tal senso i Surrealisti nei primi del Novecento), ma la pittura è uscita fuori dalle case e dalle chiese finendo per le strade come ha fatto la Street art. I murales hanno fatto rivivere interi quartieri e aiutato a togliere dall’anonimato e dallo squallore, gruppi sociali a cui sono riusciti persino a dar voce.
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Oggi dove sta andando la pittura? Scrive sul suo lavoro Mariuccia Roccotelli in “Ricami e ritagli”: “Tela su tela, ricami e ritagli della più tradizionale delle superfici. La pittura diventa taglio, il segno del pennello non basta più: è come scolpirla la pittura. Il caso si sovrappone al razionale, al misurare minuziosamente il peso degli elementi: pesci, onde, alberi, profili di donna che guardano la luna, paesaggi urbani e mondi sommersi, immersi, profondi. Perché non solo pittura? Mi interrogo sul motivo per cui dedico ore ed ore ad un gesto sartoriale. Sto creando decorazioni o posso considerarla Arte? Arte è la meta, la ricerca è certamente infinita. Forse non c’è un punto di arrivo, dimentichi tutto e basta vivere il divenire, basta esserci nel percorso che fai, per raggiungere il punto più vicino a quella meta. Nell’ ideale l’Arte è bianco, puro e semplice, è pathos, è respiro; in questi lavori c’è tanto, troppo racconto, lo so, ma… non posso ancora fermarmi…” L’”Arte è bianco… è respiro”, ma quel respiro, quell’essenza che anima, che dà emozione, è un traguardo che sembra possibile dopo aver esternato tutto il troppo, ciò che va al di là di un confine. Dice molto questo sull’Uomo contemporaneo che vive nell’eccesso, in piena coscienza, eppure sembra non riesca a farne a meno. Allora l’artista si interroga sull’arte, sul troppo, sull’eccesso di cose da dire e da fare. Il suo fare arte che definisce “sartoriale” ricorda antichi lavori di tessitura in cui le donne ricamavano
insieme corredi, vivevano momenti di evasione e come furbe Penelopi modificavano il trascorrere del tempo allontanando la paura della fine. Nel lavoro di Roccotelli c’è molto di questo fare femminile e, se vogliamo, potremmo vederci una reinterpretazione del senso della tela tagliata di Lucio Fontana che tanto rivoluzionò l’arte nel Novecento aprendoci nuove e provocatorie dimensioni possibili. I pieni e i vuoti ritagliati di Mariuccia Roccotelli non sono squarci, ma forme riconoscibili: usa la tela non solo come supporto del suo dipinto, come “porta per un mondo possibile”, ma come materia plasmabile, come teatri del divenire, teatrini del mondo in cui anche chi guarda può cambiare la scena. L’artista, tradisce così la sua professione di scenografa che tanto l’ha vista impegnata in televisione a costruire “teatrini” per Topo Gigio. In questo approccio e uso della tela è come se esprimesse il bisogno di superare quella visione bidimensionale e piatta della raffigurazione del mondo. Oggi siamo assuefatti a cose che perdono sempre più il loro corpo: ogni giorno immagazziniamo una sovrabbondanza di immagini provenienti da computer, cellulari, televisione, foto, cartelloni pubblicitari e carta stampata. Mariuccia Roccotelli, in questi lavori, tratta l’immagine cercando di darle sempre una tridimensionalità, appunto un corpo, tradendo un desiderio di restituire alle cose del mondo, gravità, peso, valore, temporalità.
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Il giovane Boccioni dal 08/10/2021 al 04/12/2021 Milano, Galleria Bottegantica
Numerose sono le mostre che negli ultimi decenni hanno indagato la figura e l’opera di Umberto Boccioni. Poche, tuttavia, sono quelle che hanno ripercorso con rigore scientifico la fase giovanile e formativa dell’artista, in cui lo studio del passato si lega alla volontà irrefrenabile di conoscere il presente e di sperimentare il futuro. A questo periodo – ricco di suggestioni – è dedicata la mostra Il giovane Boccioni, con la quale Galleria Bottegantica inaugura la stagione espositiva 2021. Curata da Virginia Baradel, in collaborazione con Ester Coen e Niccolò D’Agati, la rassegna propone un’accurata selezione di opere eseguite da Boccioni tra il 1901 e il 1909. Anni nei quali il giovane Boccioni rafforza la sua vocazione artistica attraverso esperienze di studio
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condotte a Roma, Padova, Venezia e Milano, intervallate dall’importante soggiorno parigino del 1906 e dal successivo viaggio in Russia. In mostra questi temi sono testimoniati da opere di pregio a partire da La madre malata del 1908 per terminare con La Madre della collezione Ricci Oddi. Altre documentano invece la parentesi simbolista del 1908-1910, che trova ne Il lutto il suo esito più straziante ed esoterico. Altrettanto interessanti sono i bozzetti per il manifesto dell’Esposizione di pittura e scultura promossa dalla Famiglia Artistica a Brunate (maggio-giugno 1909): sintesi perfetta delle diverse cifre stilistiche fin qui acquisite da Boccioni, dal Divisionismo, alla pennellata larga e sintetica di matrice post-impressionista, al Simbolismo.
Imi Knoebel. Pittura Colore Spazio dal 07/10/2021 al 15/01/2022 Dep Art Gallery - Milano
Dep Art Gallery è lieta di annunciare la mostra Pittura Colore Spazio dedicata a Imi Knoebel (Dessau, 1940), tra i più noti artisti devoti al minimalismo e al costruttivismo, che dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022 apre la nuova stagione espositiva della galleria. Curata da Giorgio Verzotti, la rassegna presenta 27 opere realizzate dal pittore tedesco dalla fine degli anni Settanta a oggi – dalla composizione su carta Messerschnitt VI (1977) all’iconica Anima Mundi 106-3 (2019) su alluminio – delineando i diversi momenti della sua ricerca visiva. Noto a livello internazionale per un approccio minimalista al colore e alla geometria, Imi Knoebel conduce una ricerca strettamente focalizzata sulle qualità espressive della forma, della materia, della superficie e dello spazio. Giorgio Verzotti, già curatore insieme a Marco Meneguzzo della mostra Imi Knoebel. L’idea di Europa tenutasi al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano nel 1991, scrive nel testo critico: “Fin dall’inizio Imi Knoebel si è posto il problema della relazione fra l’opera e lo spazio, e noi italiani pensiamo subito alla lezione di Lucio Fontana, che in Germania si è propagata anche grazie ai rapporti fra il maestro italiano e il gruppo ZERO. Fra i riferimenti dichiarati da Knoebel infatti Fontana c’è, insieme a Yves Klein e Piero Manzoni, dunque il campo dell’astrazione più radicale, scelto e frequentato fin dai tempi dell’Accademia a Düsseldorf, insieme all’artista sodale Imi Giese, scomparso nel 1974. Lavoravano insieme, grati al loro
professore Joseph Beuys per il suo incoraggiamento, anche se il maestro tedesco diceva che la sua propria ricerca aveva ben poco a che fare con la loro. Lavoravano da autodidatti, arrivati all’arte senza sapere bene cosa fare, racconta oggi Knoebel, ma sapendo bene in quale genealogia collocarsi”. Il percorso espositivo si apre con l’opera monumentale LUEB go 1276w (2013), forma in alluminio i cui confini sono attraversati da listelli gialli, azzurri e neri. A rappresentare gli anni Novanta un’opera della serie DIN II (1994), composta da quattro elementi rettangolari che si susseguono nell’alternanza dei colori primari, e la famosa Kinderstern (1994), la stella dei bambini. Alcuni esemplari delle celebri edizioni intitolate Face (2016) – in cui bande di puro colore sono stratificate in un avvicendamento emotivo e strutturale - e i piccoli An Meine Grüne Seite (2007) e Tafel (2016), che, come altarini cromatici, scandiscono in maniera netta e lineare la poetica percettiva del maestro tedesco. Caratteristiche dell’artista anche le opere formate da composizioni di molti elementi come Tag und Nacht III E1-E5 (1998) e Nummer 9B-15B (2012), dove si assiste alla vera manifestazione del colore come elemento individuale, simile a una scheggia che emerge dalle severe connotazioni strutturali, solo per citarne alcune. In rappresentanza dell’ultimo decennio sono esposte tre opere della serie Anima Mundi, tanto cara all’artista: colore e minimalismo, essenza della forma e potenza del segno, costituiscono i cardini interpretativi della pratica artistica di Imi Knoebel.
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Da Arturo Martini a Vinicio Berti La coerenza di due volti
Arturo Martini, Le cave del marmo,1940, olio su tela, collezione privata, Milano
Chiusasi la torrida estate toscana, ricca di luci ma pure di contraddizioni, vale a dire – come ovunque – di mostre di ogni tipo e livello dove la qualità s’è unita pure a certo negativo mercantilismo, è per me un obbligo morale, improponibili altre scelte per comprensibili motivi di spazio, di dedicare una giusta visibilità alla coerenza di due artisti scomparsi: Arturo Martini (Treviso 1889/Milano 1947) e Vinicio Berti (Firenze 1921/1991). Di Martini, prima di sottolinearne la mostra “Arturo Martini e Carrara. Donna che nuota sott’acqua”, curata da Lucia Mannini con Eva Francioli e Stefania Rispoli, aperta sino ai primi di novembre a Firenze al Museo Novecento, sottolineo, cosa non notissima, che presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Viareggio si trova la splendida scultura marmorea che Martini realizzò (1937-’38) per omaggiare l’amico viareggino Lorenzo Viani, pittore a mio avviso di visione europea, scomparso nel 1936. Data la mia attenzione, ne ho voluto dare cenno. La mostra fiorentina dello scultore trevigiano è legata all’ambiente di quelle Alpi Apuane già note per la presenza di Michelangelo Buonarroti, di Dante Alighieri e di altri creativi sin da tempi antichissimi.
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Vinicio Berti, Incontro AH, punta secca su carta Magnani cm 34,6x24,7, 1985.
Ritengo più che opportune le dichiarazioni di Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento il quale, a proposito dell’esposizione “che nasce come sezione all’interno della mostra “Arturo Martini a Firenze”, è dedicata a quel rapporto speciale che Martini, come tanti altri scultori, intrattenne con le Apuane”. La scultura “Donna che nuota sott’acqua”, in prestito dalla Fondazione Cariverona si abbina ad un’altra che reputo veramente significativa. E’ il dipinto “Le cave di marmo”.
Lodovico Gierut col ritratto marmoreo raffigurante Lorenzo Viani eseguito da Arturo Martini
L’altro artista coerente, il termine s’abbina, è Vinicio Berti di cui mi sono già fattivamente interessato, anche per l’amicizia che mi legava a lui, assieme a tanti altri dell’ambiente fiorentino e non solo, come Amedeo Lanci, Gualtiero Nativi, Pietro Annigoni, Silvio Loffredo, Antonio Berti... Fondatore nel 1950 del movimento denominato “Astrattismo Classico” assieme a Bruno Brunetti, Alvaro Monnini, Gualtiero Nativi e Mario Nuti, con “Uno sguardo verso il futuro” è stato l’accorto Comune di Certaldo a promuoverla assieme alla Regione Toscana, e ad accoglierne le opere, ben 74, quasi tutte eseguite ad acrilico su tela collocandole presso il Palazzo Pretorio (Certaldo Alto, Fi, Piazzetta del Vicariato). La cura è di Riccardo Ferrucci per conto della Galleria Nozzoli, per cui nel bel catalogo con progetto grafico di Nicola Nozzoli e Cristina Broccolini, comprensivo di altri ottimi scritti, ha opportunamente affermato che “Quello di Vinicio Berti è stato un lungo viaggio, nel tempo e nello spazio, pieno di conflitti, lacerazioni, ma che si apre magicamente al sogno, all’utopia, ad un domani ancora da vivere e da guardare. Un autore che ci lascia una delle pagine più belle della pittura italiana contemporanea...”. Difficile, da parte mia, scegliere una immagine da collocare assieme a questa testimonianza autunnale, dato che sono tutte molto significative, e allora mi sia consentito proporre in questo bimestrale della Rivista20 del Centro Culturale Ariele, due immagini che l’amico Berti avrebbe sicuramente apprezzato, ovvero uno scatto del 2014 in cui si nota una sua opera collocata nel Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazzema (accanto ne ha altre due, di Gualtiero Nativi e di Marta Gierut) e una sua incisione del 1985. Lodovico Gierut, critico d’arte
Banner mostra dedicata ad Arturo Martini.
Museo Storico della Resistenza in S. Anna di Stazzema - Opere di Marta Gierut, Vinicio Berti, Gualtiero Nativi (gennaio 2014, archivio Gierut).
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“Premio Castello” all’artista Franco Margari e al critico d’arte Roberta Fiorini
Promosso ed organizzato dal Circolo Ricreativo-Culturale “Castello” di Cerlongo, con il patrocinio della Città di Goito e di Anspi, il Premio Castello è stato assegnato, domenica mattina 10 ottobre 2021, nella XV edizione dedicata agli artisti, a Franco Margari e, per la III edizione, destinata ad operatori per meriti culturali, al critico d’arte Roberta Fiorini. Alla cerimonia hanno presenziato, Paolo Boccola, vice sindaco di Goito, il presidente del circolo Roberto Guidetti ed Elio Terreni, consulente per le iniziative artistico-culturali dell’associazione. L’evento è consistito anche nell’allestimento di una personale di Franco Margari, a Villa Magnaguti, dal 10 al 24 ottobre, che ha registrato una buona affluenza di pubblico. I premiati, entrambi fiorentini, hanno intrecciato spesso nel tempo i loro percorsi nell’ambito dell’arte contemporanea attraverso mostre, premi e fiere, nei quali Margari è stato protagonista e Fiorini il curatore degli eventi. I due hanno operato spesso nell’area mantovana, in particolare, Fiorini ha curato varie esposizioni da Marmirolo a Volta Mantovana, Borgoforte e Cerlongo mentre, proprio nella sede FRANCO MARGARI Vive e lavora a Firenze. Inizia la sua esperienza artistica in campo grafico negli anni 80 e si specializza in tecniche incisorie, dai primi anni 90 si dedica contemporaneamente anche alla pittura. In questo arco di tempo ha qualificato la sua attività espositiva partecipando a numerose collettive di rilievo e ha allestito molte personali, tra le più importanti quelle del 2000 alla Galleria Art Point Black con la quale ha presentato per la prima volta il suo ciclo “Orizzonti”, così come in quelle al Centro d’Arte Puccini e alla Villa Medicea di Poggio Imperiale. Si ricordano, inoltre, la mostra (del 2004) al Museo Diocesano di Firenze con 12 lavori ispirati al Vangelo di
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di Villa Magnaguti, Margari ha tenuto una personale nel 2004 derivante dal “Premio Italia per le Arti Visive”, promosso dalla rivista “Eco d’arte moderna” (di Firenze) della quale Roberta Fiorini è stata consulente e poi vice direttore fino alla chiusura nel 2011. Franco Margari ha al suo attivo un curriculum di mostre e riconoscimenti senza sosta dagli anni Ottanta, venendo da una formazione grafica e figurativa che gradualmente lo ha visto approdare ad un’astrazione dal linguaggio fortemente evocativo, intessuto di colore, materia e soprattutto luce che, ora nelle opere più recenti, si esalta anche con l’intromissione nella matericità pittorica dei sapienti intarsi con lamine di metallo. Roberta Fiorini, storico e critico d’arte dagli stessi anni Ottanta, ha operato sia nell’editoria d’arte, con cataloghi e monografie, oltre ai redazionali per la già citata rivista “Eco d’arte moderna”, sia come curatore di eventi. Il suo sguardo e linguaggio critico sono stati da sempre connotati dalla peculiare empatia che emerge nel leggere l’arte.
Giovanni, uno dei quali è presente nella collezione contemporanea del Museo e quella al Consiglio della Regione Toscana, dove ha esposto 20 lavori di intenso astrattismo evocativo, uno dei quali fa parte della Pinacoteca Regionale. Sempre nel 2004, ha partecipato al Premio Firenze e ha vinto il primo premio - fiorino d’oro - per la pittura. «L’artista – come rileva nel 2003 Giampaolo Trotta - approda all’informale, mantenendo un solido substrato ‘grafico’, proveniente dalla sua consolidata preparazione nel campo del disegno e della figura, qualità indispensabile anche per gli artisti che, con la loro opera, si distanziano dalle forme riconoscibili e prospetticamente costruite.
Le sue forme astratte, - continua Trotta - disegnate con la plastica materica, increspata e tormentata del colore dato con decisione attraverso ampie e veloci pennellate, disegnano linee spezzate ed elementi primari, spesso diedri elementari di cristalli, scomposti e frantumati in una sorta di esplosioni vitali. Ma è la luce, una luce bianca e pura come quella sognata dall’Umanesimo, che interviene plasmando e modificando la materia inerte». Margari ha fatto parte, nel 2006, del movimento “NE5” con altri 4 artisti fiorentini, con i quali ha partecipato a vari eventi fra i quali si ricorda la mostra al Palagio di Parte Guelfa a Firenze. Ha poi aderito al gruppo d’Arte sperimentale KPK (Kantiere post Kontemporaneo) con il quale ha allestito installazioni di grande rilievo come “Searching For” alla Loggia del Grano a Firenze e “Espansione-Proiezione” a Palazzo Medici Riccardi sempre a Firenze; con lo stesso gruppo ha avuto l’opportunità di allargare la sua esperienza artistica anche nel campo della Performance contemporanea. Nel 2008, è presente al padiglione arte italiana a Pechino in occasione delle Olimpiadi, una sua opera fa parte della collezione del CONI. Nel, 2010 inizia una collaborazione con la galleria americana Damoka Gallery che lo porta a esporre in due personali, a Los Angeles e a New York. Tiene un’importante personale, nel 2011, nei prestigiosi spazi del Circolo degli Artisti Casa di Dante a Firenze, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Margari si ripropone, nel 2013, sempre nella stessa location presentando i suoi ultimi lavori del ciclo “Respiri degli Elementi”. Nel 2016, realizza un’altra personale di rilievo alla Chiesa sconsacrata di Santa Maria dei Laici a Gubbio, intitolata “Spirali dell’Essenza”. Tra le numerose mostre, in sedi pubbliche e private,
ricordiamo, quelle tenutesi in Europa negli ultimi sei anni: ad Amsterdam all’Istituto di Cultura Italiana; a Berlino alla Galleria The Ballery; a Londra a Art Moor House; a Stoccolma alla Galleria Svea; a Mosca alla Galleria Masterskaya Lega. Nel 2019, all’artista è stato conferito il Fiorino d’Argento per la Grafica a Palazzo Vecchio a Firenze.
ROBERTA FIORINI Nata nel 1954 a Firenze, dove risiede, e dove si è laureata in Storia dell’Arte, opera dai primi anni Ottanta come critico d’arte e curatore di eventi. Ha pubblicato i volumi di ricerca “Ceramica e riviste italiane dal 1898 al 1930” (MIC, Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza) e “Ceramica contemporanea in Italia” (Il Candelaio Edizioni, Firenze). Suoi testi sono pubblicati in numerose monografie d’artista e in “Cats”, libro di disegni di Antonio Ciccone, “Artisti in Toscana” e “Donne dell’Arte in Toscana” (Masso delle Fate, Signa Firenze) e sulle riviste Faenza, periodico del Museo MIC ed Eco d’arte moderna (ed. Il Candelaio di Firenze) di cui è stata vicedirettore fino alla chiusura nel 2011. Ha collaborato al volume ed alla raccolta di opere “Omaggio degli artisti contemporanei a Giovanni Boccaccio”, per il Comune di Certaldo (Firenze). Dal 1986 al 2010 è stata membro della giuria del “Premio Italia per le Arti Visive”, promosso dalla rivista “Eco d’arte moderna” ed ha curato le mostre da questo derivanti in spazi pubblici di molte province italiane (particolarmente in area trentina, mantovana e veneta).
Dal 1993 al 2010 ha curato, per la “Galleria del Candelaio” di Firenze, le mostre in sede ed alle Fiere d’Arte in Italia e all’estero. Dal 2007 al 2016 è stata curatore delle mostre “Percorsi d’arte in Biblioteca” per il Dipartimento Cultura del Comune di Pontassieve (Firenze). Nel 2017 ha curato, insieme a Miya Ozaki, la mostra del libro d’artista presso la Prefectural Library di Wakayama (Osaka - Japan). Dal 2011 è presidente (e fondatore, con Daniela Pronestì), di “Simultanea-Spazi d’Arte”, spazio curatoriale e associazione artistico-culturale che da Firenze ha promosso e organizzato mostre in varie città italiane e, all’estero, a Berlino e Stoccolma. Dal 2014 è incaricata della selezione di artisti italiani per la rassegna internazionale “Manufaktura Satyry” di Zirardow (Polonia). A tutt’oggi è membro della commissione giudicatrice e segretario per la sezione Arti Visive della manifestazione internazionale “Premio Firenze” (organizzata dal Centro Culturale Firenze-Europa “Mario Conti”). Elio Terreni
Numerose sono le presenze di sue opere in collezioni pubbliche e private.
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Aurora Cubicciotti
Ricordo- 2021 - olio sucartone - cm70x80
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È una ricerca continua, forse affannata, forse anche dolorosa, ma estremamente affascinante, quella che ci propone l’artista Aurora Cubicciotti: una donna che sa leggere l’alito della vita, che sa guardare dentro le cose, nelle recondite profondità degli occhi dei personaggi che lei ritrae in maniera mirabile, nelle profondità delle pieghe dei meandri dell’inconscio, nelle profondità dei sentimenti, nel “simbolismo” dei suoi personaggi che diventano paradigmi delle condizioni stesse della vita quotidiana. È una poetica che si carica e ricarica di infiniti ruoli e di infiniti significati. L’artista padroneggia la parola poetica e le immagini pittoriche, sa parlare con semplicità e icastica evidenza alle nostre menti: le sue opere pittoriche sono pura poesia per immagini che solo in apparenza sono mute, a volte mirabilmente accompagnate anche da suoi testi poetici che mettono a nudo tutto il grande universo emozionale che le distingue. L’intimità di dialoghi perduti in un “tempo contemporaneo” che inizia a scorrere forse troppo velocemente. Una
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spiritualità interiore, viene rappresentata attraverso dipinti ad olio e carta che ci parlano di uomini e donne, che vivono nel nostro tempo. Lacerazioni dell’anima. Speranze ricercate, per poi essere ritrovate. La pittura di Aurora Cubicciotti si muove in un contesto sociale, poco esplorato dagli altri Artisti. L’idea di pittura classica tradizionale, viene abbandonata, per dare maggiore spazio a quel processo di significazione, alla base di ogni lavoro di Cubicciotti. Come ci ricorda Aurora, la tecnica pittorica deve essere alla base di ogni buona realizzazione; ma questa da sola non basta. Un’opera ha bisogno di sentimento. Un’opera deve saper raccontare. Deve saper “parlare” allo spettatore. Deve instaurare con esso un dialogo intimo, spirituale, tra sogno e realtà (Pecci/Russo) mail.: cubyaurora@gmail.com Sito: www.facebook.com/ aurora.cubicciotti tel. 339.18 38 913
mar
muse d’arte della città di Ravenna
25 Settembre 2021 - 09 Gennaio 2022 UN’EPOPEA POP DANTE GLI OCCHI E LA MENTE
La mostra “Dante. Gli occhi e la mente. Un’Epopea POP”,organizzata dal MAR - Museo d’Arte della città di Ravenna, a cura di Giuseppe Antonelli e con una sezione dedicata all’arte contemporanea a cura di Giorgia Salerno, è una grande esposizione sulla fortuna popolare di Dante, sulla sua immagine e sulla sua opera. La notorietà popolare di Dante comincia già nel Trecento e arriva fino a quell’universo culturale che chiamiamo «pop». È una fortuna che passa anzitutto dalla memoria. Alcuni dei suoi versi più celebri, impressi nella mente di ciascun italiano, sono diventati quasi proverbiali, altri invece li incontriamo nelle canzoni, nelle pubblicità, e perfino nelle scritte sui muri. Anche il profilo del poeta, riconoscibile in tutto il mondo, è diventato un’icona familiare, che troviamo riprodotta in monete, francobolli e monumenti. d alimentare questa fortuna hanno contribuito gli artisti che hanno raccontato Dante e la Divina Commedia con mezzi diversi: dalle illustrazioni di Doré alle lanterne magiche, dai romanzi ai film,
dai fumetti ai videogiochi. Ad accompagnare il percorso narrativo in mostra è presente una sezione dedicata all’arte contemporanea con opere di artisti internazionali, come Edoardo Tresoldi, Irma Blank, Tomaso Binga, Richard Long, Letizia Battaglia, Kiki Smith, Rä di Martino, Robert Rauschenberg, Gilberto Zorio e molti altri, scelte per reinterpretare temi danteschi: le anime, il viaggio, le figure femminili, il sogno e la luce. La mostra chiude il progetto espositivo “Dante. Gli occhi e la mente”, organizzato dal MAR - Museo d’Arte della città, dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna e in collaborazione con la Biblioteca Classense e realizzato con il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia - Romagna, Dante 2021-Comitato Nazionale per la Celebrazione dei 700 anni - Ministero della Cultura, con il contributo di Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e della Camera di Commercio di Ravenna, con il patrocinio della Società Dantesca Italiana.
via di Roma, 13 tel. 0544 482477 info@museocitta.ra.it www.mar.ra.it Orari / Opening hours martedì - sabato 9:00 - 18:00 domenica e festivi 10:00 - 19:00 chiuso il lunedì / Closed on Monday A causa dell’emergenza sanitaria gli orari di apertura della mostra potranno subire variazioni. Consultare il sito www.mar.ra.it
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FRIULI VENEZIA GIULIA
ARTE E FANTASCIENZA a Trieste “STELLAZIONE ALXIUR ” di Alessio Iurman alla GalleryArt
L’Autore Alessio Iurman è nato a Trieste dove risiede. Ha prestato servizio presso l’Università degli Studi di Trieste, in qualità di funzionario di elaborazione dati. Nei molti anni di attività professionale nel campo dell’informatica, approfondisce numerose tecniche di programmazione, gestione e creazione di oggetti multimediali, produzione di ipertesti, progettazione e realizzazione di basi di dati e altro ancora. In questo quadro, realizza diversi lavori di ricerca personale definibili come “software creativo” per la didattica nelle scuole. Note. L’autore ha frequentato lo studio del disegnatore Franco Devescovi, dove apprende tecniche professionali per il disegno e l’inchiostratura a china delle “striscie” del fumetto commerciale a S. Cristina di Gubbio, dove partecipa al corso di “Giornalismo disegnato”, curato dal disegnatore umorista Sergio Angeletti (“Angese”). Il laboratorio del maestro Paolo C. Kervischer, al fine di superare i limiti della tecnica “sintetica” propria della grafica fumettistica.
il talismano cuBit
In concomitanza con la mostra in programma il Novembre 2011 presso la Sala Comunale d’Arte del Comune di Trieste, il docente prof. Edward Zajec, artista internazionale, sui rapporti tra arte, scienza e filosofia, in questo contesto, sul tema della mostra, scrive tra l’altro: “…dopo un lungo periodo di giochi artistici volti alla provocazione ed al sensazionalismo è veramente edificante scoprire un lavoro di alta qualità e coerenza. Questa è la mia sincera (no tongue‐in‐cheek) opinione del cuBit come opera d’arte.“ La mostra ”…Stellazione” ottobre 2021 presso la Gallery Art ha avuto ispirazione, racconta l’artista, dalle letture di fantascienza dello scrittore Fabio Eloisio, ora vincitore del Premio Short Kipple 2021 con il racconto “Undisclosures Desires”. La pubblicazione del racconto vincitore è prevista entro la fine del 2021. (CIT - Be Weird Be Kipple). Organizzazione e ideazione eventi alla GalleryArt- Sintonie creative group Graziella Valeria Rota, Cesar Torres Arboleda SAPERI&SAPORI project - Info: studiograz2@yahoo.it - Per richieste: mostra, opere e catalogo: sintonie2021@libero.it
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BEATRICE CEPELLOTTI …quando le immagini ci parlano
Beatrice Cepellotti è nata a Gorizia, vive e lavora a Codroipo (UD). Nel suo mondo interiore pratica da diversi anni il pensiero evocativo dell’arte narrante. E’ stata premiata in diversi contesti espositivi in tutta Italia perché pratica il discorso dei sentimenti reali con la manualità dell’artista consapevole e perché la ricerca che affronta ad ogni progetto d’arte visiva è una strada percorribile in quanto portatrice di valori e significati sia nel visibile sia dell’ intimo sentimento manifestato. La sua strada di vita personale narra le bellezze di ciò che vede e pensa e dell’amore sincero nelle relazioni tra le cose e le persone. Le opere sono il suo sguardo curioso e amoroso sul mondo che le parla e Beatrice risponde e non dimentica lo stato delle cose che la circondano, parla con il colore e traccia quello che la circonda, sguardi di donne, macchine che passano vicino alle strade di ogni giorno. L’esposizione del suo progetto è alla GalleryArt – Chocolate Coffee di Trieste, a tutto novembre 2021 con Sintonie Creative group a cura di Graziella Valeria Rota artista, promoter e curatrice indipendente.
Beatrice Cepellotti. Pittrice. +39 392 590 9614 / laboratorio in via Osterman 37 Codroipo. Info e richiesta esposizione e catalogo e-mail: sintonie2021@libero.it e studiograz2@yahoo.it
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RINA ROSSETTO
Il mondo nei viaggi Esposizione SINTONIE Creative group alla GALLERYART - Chocolate Coffee di Trieste.
I LUOGHI E LE DONNE Burchina Faso, Tibet, Etiopia Sud, Belgrado, Bolivia, Namibia, Etiopia, Nepal, Bhubane Swar, India, Yemen, Togo Benin-
Rina Rossetto In questi luoghi pieni di fascino, fotografa nata a Trieste, in questi viaggi si è dedicata a raccontare queste donne nel mondo, parlando con loro, di come vivono e dove. Testimoniando con questi scatti da reporter e documentarista, l’artista ci narra ciò che di più bello le donne mostrano e ci regalano, il loro sorriso e i loro sguardi diretti a noi osservatori, grate del nostro narrare e noi del loro coraggio di essere testimoni, seppur stupiti e consapevoli dei disagi che affrontano vivendo in quelle terre, come pure quello di fare nascere e crescere i figli e le figlie in luoghi che per noi urbanizzati e costruttori di benessere, nell’ avere tanto rispetto a loro. Per questo ringraziamo Rina di averle portate in questa mostra per farcele conoscere e vedere, con questi pochi istanti di bellezza donata, troppo frettolosa nello sguardo corrisposto tra noi e loro con l’arte di vedere di Rina Rossetto. Graziella Valeria Rota, artista, promoter, curatrice indipendente. studiograz2@yahoo.it
Info: mostra e catalogo, e-mail
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sintonie2021@libero.it - studiograz2@yahoo.it
galleria SpaziD’arte di Codroipo (UD) LUCIA PARAVANO
Lucia Paravano nasce a Palmanova il 24 novembre 1974. Frequenta gli studi superiori presso l’Istituto Statale d’Arte. Alla fine deli anni ’90, a completamento di un personale percorso artistico, partecipa alle lezioni di “figura” del Maestro Sergio Favotto . Affinata la tecnica e completato lo studio accademico principia un percorso autonomo e rivolge la sua attenzione al paesaggio raffigurando scorci della splendida Venezia, inserendo nel suo trasferire immagini nella tela il personale distintivo graffio. La figura umana però rimane sempre una vibrante passione attraverso la quale trasferisce all’osservatore gli individuali stadi profondi dell’anima. Lucia con l’arte ester-
na liberamente nascoste emozioni, le figure diventano messaggere di un’introspezione dolorosa che si riversa sul supporto urlando per mezzo di un originale segno espressivo. Attualmente l’autrice è in piena evoluzione artistica, la sua attenzione è rivolta alla lettura dell’anima e al far emergere fobie e debolezze della fragilità umana, la figura diventa così ambasciatrice di un messaggio universale frutto di un’attenta e personale indagine sull’uomo. La caratteristica cifra espressiva della Paravano non è associabile a specifiche correnti artistiche o ad artisti in genere, in quanto la personale rivisitazione della vita attraverso l’arte come la tecnica sono sensibilmente personali e soggettivi.
SpaziD’arte Codroipo UD Via Pordenone, 9 - www.galleriaspazidarte.it - 392.5909614 - spazidartecodroipo@gmail.com
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Quayola Dal 29 settembre 2021 al 30 gennaio 2022, Palazzo Cipolla a Roma presenta la prima mostra monografica di Quayola (1982), artista romano di origine e londinese di adozione, tra gli esponenti più importanti della media-art a livello mondiale. Orario: 10:00 - 20:00 Lunedì chiuso
Da sempre animati da un confronto permanente tra l’educazione classica e l’uso quotidiano dei mezzi di espressione visiva più futuristici, gli spazi di Palazzo Cipolla sono il luogo ideale per ospitare l’opera dell’artista romano. L’esposizione propone un viaggio in quasi tutta la produzione di Quayola con le sue opere realizzate tra il 2007 e il 2021. Un percorso a capofitto nella vera essenza della sua arte computazionale. La mostra romana è articolata in tre aree tematiche: iconografia classica, sculture non finite, e tradizione della pittura di paesaggio. Utilizzando sistemi robotici di intelligenza artificiale e stringhe di codice generativo, l’opera di Quayola ricodifica la storia dell’arte attraverso una nuova prospettiva e grazia e un linguaggio innovativo capace di riflettere la sua visione poetica del mondo digitale. L’artista si immerge nelle infinite possibilità di formalizzazione della creazione artistica attraverso le molteplici opportunità offerte dalla tecnologia. Il processo di ricerca diventa così la base dell’opera d’arte stessa.
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Casa Balla Dalla casa all’universo e ritorno galleria 5 e Via Oslavia - a cura di Bartolomeo Pietromarchi, Domitilla Dardi
In trent’anni Giacomo Balla (1871-1958) trasformò l’intera abitazione di famiglia in una vera e propria opera d’arte, un laboratorio di sperimentazione fatto di pareti dipinte, di una miriade di mobili, arredamenti, utensili decorati, di numerosi quadri e sculture, di abiti da lui disegnati e di tanti altri oggetti che, insieme, hanno creato un unico e caleidoscopico progetto totale. Oltre all’apertura al pubblico della Casa romana, il progetto prevede un’importante mostra tematica ospitata nella spettacolare galleria 5 del MAXXI. Qui esposte opere inedite ideate e create per l’occasione che riflettono sulle numerose suggestioni di Casa Balla, opera d’arte totale, facendo emergere la profonda attualità di pensiero del poliedrico Maestro. A indagare Casa Balla sono stati invitati artisti e creativi internazionali – Ila Bêka & Louise Lemoine, Carlo Benvenuto, Alex Cecchetti, Jim Lambie, Emiliano Maggi, Leonardo Sonnoli, Space Popular e Cassina con Patricia Urquiola – le cui produzioni incontrano alcuni importanti prestiti di Giacomo Balla nello spazio della galleria.
Il progetto è prodotto e realizzato dal MAXXI in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma Archeologia Belle Arti e Paesaggio, con il supporto della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e il contributo di Banca d’Italia e degli sponsor Laura Biagiotti, Mastercard e Cassina.
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Marco Papagni
Marco Papagni nasce a S. Giovanni Rotondo l’8 giugno 1965, nel 1993 si laurea in Sc. Geologiche presso l’Università degli Studi di Bari. Dal 1997 vive e lavora a Parma. La sua esperienza artistica inizia nel 1994 come pittore autodidatta grazie all’ amicizia con alcuni noti pittori pugliesi. Dopo aver partecipato ad alcuni concorsi ed esposizioni in collettive, nel 2006 inizia a dedicarsi alla scultura intraprendendo, ben presto, una propria ricerca artistica nell’ambito della materia, pur seguendo e mantenendo un filone abbastanza classico. Le sue opere scultoree, difatti, sono direttamente ispirate ad una visione iconografica che trae spunto dal mondo greco-latino, in più le sue sculture esprimono qualcosa il cui contenuto, forma e colore sono conformi alla tradizione classica ma sono tali da fondersi in un significato di profonda modernità. Tale concetto traspare anche nelle sue ultime opere pittoriche dove il colore diventa materico quasi scultoreo; fotografie, ritagli di riviste, radiografie, disegni, oggetti vari sono usati per comporre l’opera e sono disposti in maniera tale da fondersi in un insieme non casuale e disordinato seguendo un preciso schema di lettura che impone allo spettatore una visione più attenta e riflessiva. I paesaggi urbani, quelli post-industriali e la figura umana sono i soggetti più raffigurati nelle sue opere sia di pittura che di scultura. Le ultime sue opere sono tutte ispirate a figure particolarmente emblematiche che ritroviamo tra i canti della Divina Commedia, personaggi che hanno colpito la fantasia dell’autore per la loro tragica drammaticità o per la peculiarità della loro triste sorte durante la loro vita terrena che pare continuarsi anche in quella ultraterrena. Attualmente è socio del Circolo EOS di Parma e socio fondatore del G.A.C. Galleria di riferimento: ArteArte di Valentina Marongiu Ostiglia (MN)
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Attestati / Premi Attestato di partecipazione conferito nel 2008 per la fattiva collaborazione al progetto “Alla corte di Re Manfredi” nell’ambito del 752° Anniversario della fondazione di Manfredonia con la presentazione di un busto in terracotta a “Re Manfredi”. 13 Gennaio 2010: Premio Sant’Ilario nell’ambito della XVI mostra di presepi artistici in collaborazione con “ Amici del Presepio sez. Parma” 23 Luglio 2011: Vincitore del Premio sez. Scultura nella mostra d’arte all’aperto che si e’ svolta a Corniglio (PR), nell’ambito del Festival d’arte e cultura ambientale Natural_mente. Iniziativa promossa dal Comitato Pro Val Parma 2 Giugno 2015: conferimento del titolo “Dottore in Arte Honoris Causa” dall’Accademia Santa Sara (registrazione nel’ Albo d’Oro dell’Accademia n.42/23Al/serie l 2 Giugno 2015: 1° Premio della Critica 2015 Accademia Santa Sara (registrazione nell’Albo d’Oro dell’Accademia n.82/63 al /2 5 Dicembre 2015 : Attestato di Merito nell’ambito della manifestazione “Manto’ Arte Star 2015” 5 Febbraio 2016: 1° Premio cat. scultura nell’ambito del concorso di pittura e scultura organizzato dal circolo Svizzero di Parma 13 Dicembre 2016: “Diploma ad Honorem” in Ph. D’Arte e Filosofia della Ricerca Moderna conferito Dall’Accademia Santa Sara di Livorno. (Nr.di reg. 977 serie 73 Anno 2016
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LEONARDO CHERUBINI
Ha partecipato a varie mostre e rassegne di pittura in luoghi diversi eduranteeventiorganizzatidacomuni,associazionic ulturalieinspa-zidedicatiall’arte,insintoniaconilprincipiochel’artedebbauscireallo scoperto e diventare fruibile da tutti. Fra queste si può ricordare:mostrapersonalenelleviedelcentrostoricoaSanGiovanniValdarno,partecipazioneallaXXVRa ssegnad’arteinternazionaledipitturae scultura – La Telaccia D’oro a Torino, partecipazione al I° Premio Modigliani a Montevarchi, alla rassegna d’arte “Progetto per un mani-festo” in occasione degli 80 anni dalla fondazione del quotidiano l’U-nità, partecipazione all’evento culturale “Antonio Possenti incontra i pittori dell’ Ardengo Soffici” a Rignano Sull’Arno, alla rassegna d’arte“KunstvonUns”aRosdorfsinGermania,all’eventoculturale“Don-ne e muse” presso il Museo delle Miniere e del Territorio nel Borgo di Castelnuovo dei Sabbioni a Cavriglia. In questo anno di ripresa dopo la crisi dovuta al Covid è stato presente all’ “Art Parma Fair – Mostra Mercato di Arte Moderna e Contemporanea”. La pittura, afferma Balthus, “è un lungo processo che consiste nel far sì che ogni colore, paragonabile a una nota musicale, sì assembli agli altri e produca insieme il suono giusto……un colore assume il suo ruolo, il suo timbro, soltanto se ce n’è un altro accanto, in simbiosi”. Dipingere allora è come suonare uno strumento musicale, e come il musicista fa scaturire le note direttamente dalla sua anima, così il pittore attraverso il silenzio dei suoi colori si predispone ad ascoltare le voci che provengono dal suo mondo interiore e a penetrarne i segreti più intimi fino a raggiungere mondi sconosciuti. “Potrei andare in Norvegia a dipingere i fiordi, potrei andare in America a dipingere i grattaceli, invece sto a Poggio a Caiano da decine di anni e dipingo sempre di nuovo quel campo, quel filare di viti, quel gruppo di alberi, ma ogni volta sento di andare più profondo nella realtà, di avvicinarmi maggiormente alla verità” (A. Soffici). Scavare così nel segreto profondo del proprio spirito, dipingere per raccontare quello che sta all’interno e svelarne il mistero; creare “oggetti a reazione poetica” ed estrarre, dalle profondità dell’anima, verità appena percepite, rivelando le proprie emozioni più intime.
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Arte come aspirazione sublime a produrre bellezza, con l’armonia dei colori, la brillantezza dell’oro, la padronanza della materia che si evolve e si trasforma in stratificazioni successive fino a generare alchimie oltre l’immaginario, nella ricerca di suggestioni e passione. Leonardo Cherubini LA POETICA DELL’IMMAGINARIO NEI DIPINTI DI LEONARDO CHERUBINI Il dipinto appare come un’emozione d’animo: un orizzonte che si apre alla luce ed all’aria, mentre leggeri vapori colorano di nostalgiche rimembranze i paesaggi di sogno nei dipinti da Leonardo Cherubini. La sua narrazione figurativa è fatta di sfuggevoli sensazioni: lo sguardo le raccoglie, mentre la fantasia creativa le esalta in un mondo evocativo nella poetica dell’immaginario. Ecco che allora, le immagini escono dalla fisicità dei paesaggi: le accompagna la fuga deipensieri, dove le vedute si dissolvono in una particolare luminosità che diviene sogno del reale ed un velo leggero di vapori dissolve le visioni in un alone di magica poesia. Tutto pare lievitare nelle velature finissime dell’aria umida, dove la raffinata trama pittorica, rivela una costruzione e decostruzione delle immagini nella coniugazione, tra poesia ed enigma, fantasia del reale ed una nuova geometria, razionalità e pulsione senti- mentale, in cui si Svelano vedute nebbiose dai vapori dell’atmosfera con squisite morbidezze tonali, improvvise accensioni, tra i gialli dorati, i rossi fiamminghi, i preziosi valori dei verdi, i grigi perlacei e gli azzurri polverosi che rendono i paesaggi incantati nei silenzi d’animo e nei misteri dell’esistenza. Ecco perché, in un clima metafisico e sognante, scorre la splendida pittura di Leonardo Cherubini: ora dolcemente apollinea, ora con un filo di malinconia, mentre i borghi antichi che parlano di storia e le incantate vedute appaiono in una dorata luminosità soffusa, mentre la luna nel blu giottesco, saluta poeticamente lo spettatore. Alla fine, sensazioni fermate nel loro momento evocativo ed attimi preziosi si fondono nel colore e nella luce in una pitturaconaccentua-zioni quattrocentesche, dove la narrazione simbolica diviene allusiva, quanto,fantastica, mentre le armonie naturali e le figure femminili di classica bellezza-
primeggiano nelle visioni di fascino, svelando un candore compositivo nelle vocisegretedell’armoniapittorica. Carla d’Aquino Mineo
Via Torre a Monte - Reggello (FI) Cell. 3357582008 Leonardo.cherubini@architetti-associati.eu
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MICHELE ROCCOTELLI FIERA DI PARMA 2021
Michele Roccotelli è nato a Minervino Murge, ha seguito gli studi artistici a Bari e si è perfezionato a Roma. Si è rivolto ben presto alla pittura e all’insegnamento, cominciando ad esporre nel 1968. Da allora ha allestito numerosissime personali in prestigiose gallerie, rassegne nazionali e fiere d’arte contemporanea. Le esposizioni all’estero sono state numerosissime. Si è dedicato anche alla ceramica e alle illustrazioni di libri, cataloghi e riviste. Hanno scritto di lui numerosi critici, giornalisti e scrittori. Narratore di sequenze simboliche, ogni suo quadro scandisce segnali cromatici e tonali solenni, tagli e ricomposizioni di un itinerario figurale concretizzato attraverso lo slittamento di sagome pittoriche quasi veristiche. Ma in essi consiste soprattutto la rivelazione del desiderio dell’ artista di fare del proprio lavoro la testimonianza di una tensione partecipativa, un’identificazione amorosa. Vittorio Sgarbi (critico d’arte) Michele Roccotelli, nato a Minervino Murge, ha cominciato ad esporre nel 1968 e da allora ha allestitonumerosissimepersonali. Presente in importanti rassegne nazionali e fiere d’arte contemporanea, sempre ospitato da prestigiose gallerie italiane, dove espone in permanenzada circa trenta anni come negli spazi espositivi della Ghelfi di Verona. Presente a Napoli, nel Castel dell’Ovo, con la personale “mediTERRANEO”, mostra trasferita poi a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo. Torna a Napoli esponendo le sue più importanti opere sul tema “La Camera delle Meraviglie” che ha proposto negli spazi espositivi in Germania, Austria e Svizzera.Intanto viene continuamente convocato per personali e retrospettive quale significativo rappresentante della pittura locale e si
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dedica alla ceramica prendendo spunto dalle forme e tecniche pugliesi per invenzioni sempre nuove. Partecipa alle Biennali d’arte ed è più volte insignito di importanti premi. Numerosi e di prestigio i cataloghi pubblicatigli da rinomati istituti culturali, con interventi di critici di chiara fama conservati al Thomas J. Waston Library del The Metropolitan Museum of Art di New York. Le ultime personali inglobano opere di pittura di grande formato, ceramiche, sculture, lavori di riciclo di oggetti di scarto ma rivissuti con il suo particolare timbro creativo, fatto di colori e materie. Instancabile Maestro d’arte per allievi di talento nell’Accademia Margherita di Bari, prepara con loro mostre in gallerie d’arte e spazi espositivi pubblici e privati.
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NADIA LYSAKOWSKA
Nadia Lysakowska, nata nel 1975, pittrice ucraina. Dal 2017 vive e lavora a Firenze. Ha formazione di pittura classica e fashion design in Ucraina, laureata in Accademia d’Arte a Lviv (Ucraina). La sua pittura è stata esposta in entrambi i paesi. Dal 2018 espone in Italia, le sue opere fanno parte di collezioni private in tutto il mondo. Ho conosciuto Nadia Lysakowska quando già abitava in Italia, e mi diceva “La pittura è entrata due volte nella mia vita, come una musa che ha cambiato idea ed è tornata a insistere sulla sua decisione”. Affascinata dal suo universo artistico, dalle molteplici ispirazioni della sua narrativa pittorica, mi sono incuriosita della sua biografia: Nadia è nata in Ucraina, dove ha
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studiato pittura e ha conseguito due lauree. Poi, improvvisamente, ha lasciato i pennelli, e per metà della sua vita ha lavorato come grafica, designer e stilista di moda. Ed ecco la guerra, a sconvolgere vite e rimescolare destini. Ed ecco la partenza: altre città, la perdita di persone care, cambiamenti infiniti e l’Italia come destinazione. E la musa della pittura che torna, per sostenerla e diventare la sua medicina, la sua professione, la sua vocazione. In questo periodo ci siamo incontrate. Ho riconosciuto in lei - attraverso la donna, la madre, l’amica, l’artista, l’essere umano - quella molteplicità di ispirazioni e di emozioni che la sua produzione riflette. Сirca duecento opere in tre anni, accattivanti e varie nello stile: rappresentazioni di paesaggi, astrazioni semigrafiche con reti e balene, barche di suggestione impressionista, un po’ di figurativo e anche una sorta di astrazione dell’umore. C’è molto colore nelle tele, la tavolozza è calda e diversificata, anche se il quadro è composto in una scala fredda. C’è molta speranza nei paesaggi: le nuvole si fanno dinamiche, in movimento, la pennellata è sicura e un nuovo sguardo cinematografico si proietta sugli scorci italiani a cui pensavamo di essere abituati. Le sue opere astratte sono piuttosto di un inedito surrealismo filosofico semiastratto. Nadia si cimenta in diversi generi, ed è un grande piacere assistere al suo sviluppo come artista. Sembra che questa sia una ricerca continua e incessante, perché ad ogni nuova serie delle sue opere penso “adesso, qui, ha detto tutto”, eppure non finisco di scoprire un’altra sfaccettatura, ecco, l’artista si trasforma, si manifesta da un altro lato, ha ancora tanto da dirci. Di sicuro, sarai curioso di vedere tutto da solo andando sul suo sito web. Antonella Spadafora
ROBERTO VIONE
Nato a Torino il 30 aprile 1954, diplomato al Liceo Artistico di Torino. Allievo di Tabusso, Soffiantino, Chessa, Surbone, Cordero, Brazzani, ma soprattutto di Beppe Devalle, che a soli 15 anni lo chiama nel suo studio per lavorare alla ricerca concettuale per la realizzazione di una grande opera di pittura-scultura sulla scia dell’opera African Tree. Durante questo periodo porta a casa dallo studio i “compiti” per giocare con i colori, (Klee, Kandinski, Mirò e Picasso sono i punti di riferimento) fino al trasferimento del maestro Devalle a Brera. Il momento del distacco dal maestro Devalle segna un primo grande momento di crisi che sfocia nel tentativo di allargare lo spazio creativo a tutti i livelli. Attore, autore di testi teatrali e pittore, dal 1976 al 2004 lavora in laboratori di arti figurative ed espressione pittorica nelle scuole di Torino ( Coop. Della Svolta, Teatro del Canto, Teatro in Rivolta, Progetto Mus-e), lavorando nel frattempo come mimo lirico e acrobata al Teatro Regio di Torino. Viaggia per molti anni in India e Nepal per riempirsi gli occhi di colori e per assorbire le violente emozioni di paesi che vivono mille contraddizioni. I colori dell’oriente sono gli stessi che cercherà di trasferire nella vita e nei quadri. L’anima del viaggiatore è come uno spazio vuoto bisognoso di riempirsi di immagini ma il viaggio non è cosa semplice, non è un movimento da A a B, neppure è solamente un leggero tocco di pennello o uno svolazzare di un foulard di seta, il più delle volte è una ragnatela di linee e curve che nascondono il punto di arrivo e il punto di ritorno, basta un piccolo passo in più o in meno e tutto cambia, anche la prospettiva di una sfera perfetta. Preferisce non stilare un elenco di partecipazioni a mostre e collettive ma preferisce citare le realtà in cui è stato coinvolto che non prevedevano nessuna logica di profitto, quali la partecipazione a varie mostre con il Centro Culturale Ariele di Torino e l’Associazione MegaArt di Corchiano, la pubblicazione sul catalogo YearBook 2019 dell’Associazione Scacchistica Italiana giocatori per corrispondenza ( e qua bisogna ricordare che Marcel Duchamp giocò a scacchi anche per corrispondenza) di otto pagine con 14
immagini di quadri dedicati al gioco degli scacchi, grazie all’interessamento e alla ricerca di Maurizio Sampieri, capo redattore del Catalogo, gli inviti della gastronomia Sapori di Gea di Bussoleno e del Comune di Bussoleno (che mette a disposizione la prestigiosissima Casa Aschieri, la casa medioevale che fu modello per la realizzazione delle case del Borgo Medioevale di Torino) per la realizzazione di mostre personali. Pagina facebook : vione roberto art
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LICEO ARTISTICO VITTORIO MIELE, METAFORA DI UNA IDENTITA’
Dinanzi ad un pubblico numeroso e attento la cerimonia di intitolazione del Liceo Artistico di Cassino all’artista Vittorio Miele.
La targa del liceo realizzata da Francesco Vignola
Un momento della cerimonia
Un viaggio straordinario durato a lungo e che si è concluso, nei giorni scorsi, con l’intitolazione del Liceo Artistico di Cassino a Vittorio Miele, figura di primo piano dell’arte italiana novecentesca. Un cammino che ha visto protagonisti “viaggiatori”altrettanto straordinari, coraggiosi, competenti, appassionatamente generosi. Sono le donne e gli uomini di questa comunità scolastica (dirigenti, docenti e soprattutto studenti) che hanno fatto squadra attorno a quel nome quale simbolo e metafora della propria identità: storica, culturale, artistica. Vittorio Miele, il “pittore del dolore” è, per questo territorio – e non solo – un emblema non soltanto artistico ma il testimone (con la sua vita e le sue opere) di uno dei periodi più bui della storia contemporanea. Nato a Cassino nel 1926 (e scomparso nella stessa città nel novembre 1999) e coinvolto nei drammatici fatti bellici che segnarono la storia della sua terra, Miele affida alla ricerca pittorica il senso concreto e intimo della sua esistenza. Formatosi artisticamente nella Urbino
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Il numeroso pubblico
dell’immediato dopoguerra inizia la sua attività espositiva a metà degli anni sessanta. Nel decennio successivo trascorre lunghi periodi negli USA e in Canada dove tiene personali a Detroit, Toronto e Montreal. Negli anni ottanta presenta le sue opere al Trittico di Roma, alla Michelangelo di Pescara e alla Nuova Scaligera di Verona. Dal 1990 inizia una lunga e proficua collaborazione con la galleria Gagliardi di San Gimignano Nel 2010 la Fondazione Umberto Mastroianni gli dedica una esauriente antologica presentata da Luigi Tallarico e Maurizio Calvesi. I suoi dipinti sono presenti in prestigiose gallerie in Italia, Stati Uniti, Giappone, Francia. Della sua opera si sono occupati, tra gli altri, P. Annigoni, M. Carlino, R. Civello, C. Ricci, U. Mastroianni, L. Rea, L.Tallarico, D.Trombadori, .R. Zani..
prof.ssa Licia Pietroluongo, Dirigente scolastica
La Prof.ssa Teresa Murro, Vicepreside del Liceo Artistico
La Prof.ssa Loredana Rea, Direttrice Accademia Belle Arti di Frosinone
L’intitolazione del Liceo Artistico della città a Vittorio Miele ha segnato soprattutto un momento di riflessione sui valori di una memoria che da personale si è fatta, nel tempo, patrimonio comunitario. Due giorni intensi di incontri che hanno permesso, attraverso gli interventi di autorevoli relatori, di conoscere più a fondo la “complessità” di un autore che ancora oggi suggerisce – attraverso le sue opere – il senso, ovvero la sostanza, di un “racconto” i cui capitoli sono rendiconto di una poetica della tolleranza e della bellezza. Di Giovanni Fontana, poeta, un breve brano del suo esauriente intervento “...Vittorio era un poeta elegante che subiva il fascino del colore per alimentare racconti di luce. Per lui, guardare significava raccogliere momenti di vita, esprimere giudizi sui valori del territorio. Amava rac-
La Prof.ssa Giulia Orofino, Università di Cassino e del Basso Lazio
contare anche quando non sembravano esserci storie da raccontare, come in alcuni paesaggi o addirittura nelle nature morte. Spesso i suoi personaggi popolano le tele in moltitudini fitte ed inafferrabili, esaltate da valori plastici, come in certe figure di contadine corpulente dalle larghe vesti, in certe statuarie bagnanti, oppure nella folla del mercato o dei bistrot. Amava organizzare in maniera solida la struttura del quadro, che veniva spesso innervata con caratteristici contorni scuri che delineavano figure e oggetti, ma non solo a sostegno della forma, bensì anche del colore, le cui campiture racchiuse in quegli ambiti contrastanti ne esaltavano la qualità, rendendolo più luminoso. E c’era sempre una geometria di riferimento, che in taluni casi svolgeva un ruolo di protagonista.... (Immagini fotografiche Vittorio Gaveglia)
Giuseppe Varone, storico dell'arte
Dom Ogliari Abate di Montecassino
l'artista Giovanni Fontana
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Spazio E è situato nel Castello Ricetto medioevale di Ghemme, le mostre sono visitabili da giovedì a domenica, dalle 11 alle 22). Spazio E, Via Interno Castello,7 Ghemme (NO) Tel. 349 2388155 - 334 3366917 spazio.e@hotmail.it la mostra d’arte collettiva del 2022 “ESSERE DONNA” è alla decima edizione l’apertura è venerdì 11 marzo fino domenica 8 maggio visitabile da giovedì a domenica con ingresso libero.
Enzo Briscese
Claudio Giulianelli
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Giorgio Billia
Michele Roccotelli
Aurora Cubicciotti
Roberto Vione
Angelo Buono
Letizia Caiazzo
Corrado Alderucci
Anna Mostacci
Enrico Meo
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ANNA MOSTACCI
Diplomata al Primo Liceo Artistico di Torino nel 1969, allieva di Casorati, Terzolo e Chessa. Regista, attrice, esperta di Teatro d’Ombre e del colore nell’Ombra torna a dipingere nel 2013 per approfondire questa forma espressiva, dare risposta alle domande della sua anima e mantenere vivo il fuoco della passione e l’entusiasmo della creatività. Anna appartiene alla categoria dei curiosi del mondo e della vita e come tale la strada che ha scelto nella pittura è quella della ricerca estetica della sperimentazione dove il gesto, il segno, la luce e il colore sono protagonisti. Attratta dalla figura , dalla luce che la lambisce e la penetra, che la scompone e la trasforma facendola vibrare. Ama dipingere forme femminili che si lasciano trasportare dai loro pensieri che irrompono nella composizione pittorica diventando tangibili e presenti nella costruzione del dipinto come le figure stesse.
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Figure aggraziate, ma tutt’altro che “solo belle”. Sono figure che vivono, che soffrono che gioiscono, che diventano ambigue e capaci di coinvolgere chi le guarda fino ad obbligarlo a porsi le stesse domande. Identifica nella pittura ad olio il linguaggio più adatto al proprio sentire, ma spesso si lascia incuriosire dalle tonalità che offrono gli acrilici, dalla matericità della sabbia che impastata al colore conferisce tridimensionalità alle sue figure aumentandone la sensazione di “presenza” fuori dalla tela. Ultimamente la sua ricerca verte sulle trasparenze e sui colori tenui e si lascia trasportare dai pensieri e dalle emozioni che animano la figura o figure protagoniste del quadro comunicando uno scorcio del suo delicato mondo interiore. Anna Mostacci è socia del Centro Culturale Ariele di Torino. Pagina facebook : anna mostacci art
Albino Palamara
Albino Palamara (Africo, 1966) è un pittore, scultore, mosaicista, grafico e interior design italiano. La sua vasta produzione artistica, che spazia dalla pittura al mosaico alle decorazioni di interni, nasce dall’esigenza dell’artista di indagare la vita, la quotidianità, le persone e i rapporti dal suo personale punto di vista. L’arte di Albino Palamara diventa dunque la manifestazione di uno dei più grandi poteri dell’arte stessa: leggere la società in cui viviamo in modo personale e profondo, nel caso di Palamara spiccatamente ironico e contro corrente. Un viaggio, quello di Albino Palamara, che affonda le sue radici nelle proprie remotissime origini, nella Magna Grecia, sua terra natia, per sbattere violentemente contro una società contemporanea certo evoluta ed estremamente ingegnosa, ma anche uperficiale, dedita al consumo, fatta di maschere inconsistenti e di volti indifferenti. Questo confronto parte dai materiali: le opere di Palamara sono assemblaggi di materiali idealmente distanti. Legno, pietra, ceramica e creta vengono contaminati dal cemento, da materiali di scarto, da mozziconi di sigaretta. E culmina nei soggetti, volti e figure dai canoni estetici di civiltà antiche, rivisitati e attualizzati nella sperimentazione e rappresentazione dell’individuo moderno. mail.: infopalamara@gmail.com www.facebook.com/ palamaraalbino/ tel. 329.80 50 075
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NINO AIMONE
Nino Aimone e il disegno..-.2012
- (..) È nei disegni che si rende specialmente evidente una delle qualità più tipiche del l’invenzione di Nino, l’ironia. Che consiste nella capacità di “ interrogare “ e quindi smontare e rimontare a prova i meccanismi della realtà (segnalo, ad esempio, i disegni di animali morti e vivi che attraversano tutta la produzione) e della realtà in immagine ( segnalo l’uso anomalo del modello cubista), specialmente quando si applica al tema del teschio, o quando illustra storie di aggregazione e disgregazione ( allora mi sovviene lo scrittore Calvino, che dedicò a Nino una bella pagina, più di qualsiasi pittore), i meccanismi dell ‘immagine colta nella sua concretezza di struttura, non raramente rimescolando i diversi piani della realtà: la realtà fenomenica, la realtà concettuale, la realtà del linguaggio. È proprio nel disegno che l’esigenza di risolvere ogni parte e di capire ogni nesso raggiungono il massimo della chiarezza, della imtensità e perchè no? Del divertimento. Al di fuori dei generi, si può che Aimone, è prima di tutto un disegnatore. Non è un caso che nella gran messe di disegni - diverse centinaia- accada di incontrare di grandi dimensioni, tecnicamente e concettualmente tanto complessi da far dubitare all’artista stesso se collocarli nel catalogo dei dipinti. - Scritto dallo stesso artista Nino Aimone - (..) Quando comincio un lavoro, non ho mai in mente un’immagine compiuta, ma parto da un’idea momentanea, una sensazione, un gesto. Questo primo segno, che spesso ha una componente di aggressività o di violenza, divide lo spazio portandolo dalla superficie piatta in profondità e segnando quindi la traccia da seguire (ironica, atmosferica, tragica, etc). A questo punto si mette in moto un processo quasi automatico, un dialogo istintivo tra sensazioni interiori ed è citazioni da parte sia dell’immagine stessa sia del tipo di supporto e di strumento che uso Fin quando la linea scorre istintivamente, la lascio andare. Nel momento in cui si interrompe il processo naturale, interviene un ripensamento su questa prima fase. Da cui scatta un secondo percorso “automatico”, che però tiene conto di quello che avviene in precedenza, (..) La difficoltà sta nel fatto che devo unire sempre di nuovo la mia componente razionale, più mentale, con l’altra più istintiva ed emozionale. Questa apparente contraddizione tra rigore e istinto porta spesso ad un movimento centrifugo dell’immagine, ccentuato dalle diagonali e dai triangoli che evocano un certo senso di disagio ello spettatore. Questi stimoli conducono l’osservatore ad una posizione più ritica e meno passiva, lasciando gli aperta la possibilità di interpretazione. (..) - Riduzioni: G. Arancio
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Da Lescaux ai Led RGB Vincenzo Biavati
“Da sempre ho amato LUCE e COLORI” inizia così la presentazione sul catalogo della nuova mostra di Vincenzo Biavati; “Se dicessi che mi piacciono i luccichii delle faville, i riflessi degli Swarovski, i colori dell’arcobaleno, forse direi cosa condivisa da tanti, ma io so che posso trovarli anche dentro le notizie di cronaca nera, in mezzo ai materiali di consumo quotidiano, anche quelli ormai pronti per diventare pattume, li vado a cercare e li amplifico come monumenti.” Nella mostra (patrocinata dal comune di Ferrara), visitabile presso IdeArte Gallery di Ferrara, Vincenzo Biavati presenta le sue ultime opere luminose, che seguendo l’evoluzione della tecnica, ha realizzato inserendo una batteria interna ricaricabile e un sensore di movimento, by-passabile, per lasciare accesa l’opera solo quando le persone entrano in un certo spazio, creando così interazione tra opera e chi la osserva. Paolo Orsatti, direttore della galleria, in un estratto dal testo del catalogo; “Oggi più di ieri abbiamo quanto mai bisogno di un po’ di luce e di colore; il lightbox è una struttura retroillu-minata con tecnologia a led che permette di mostrare immagini. Anche l’arte ha fatto propria questa tecno-logia con gli esempi ormai storicizzati di cui Brian Eno e Marco Lodola ne sono i principali interpreti. Vincenzo Biavati, con una variante del tutto originale, ne utilizza la sofisticata tecnologia sperimentata in anni di attività e di ricerca, un percorso condotto ad indagare tematiche fra le più disparate, dai graffiti di Lascaux e della Val Camonica con: animali, figure antropomorfe e segni astratti, fino a cimentarsi con la digital art e l‘optical art.” Lo potremmo chiamare “Inno alla vita” oppure “Inno alla nuova vita” ma va da sé che, soffermandosi ad ammirare le opere di Vincenzo Biavati, salta subito all’occhio tutta la gioia di vivere di questo artista. Austriaco da parte di madre e italiano da parte di padre, laureato, prima, in ingegneria chimica e successivamente all’accademia di Belle Arti di Brera, si può dire che Vincenzo sia figlio del mondo e nel mondo lui ama andare continuando a viaggiare, esplorando e raccogliendo idee, immagini ed oggetti. In un’epoca dove si parla di green, di riciclo o di riutilizzo, questo artista ha impressionato la città che lo ha adottato (ma meglio sarebbe dire che lui ha adottato Ferrara), realizzando, alcuni anni fa, una enorme instal-
lazione temporanea dal nome Shining. Opera realizzata con i detriti portati dalle onde del mare o abbandonati da ignoti e maleducati bagnanti sulle spiagge dei lidi ferraresi. Mi impressiona la capacità, di questo artista, di coinvolgere decine di persone nella realizzazione di un flash mob, come mi entusiasma il suo desiderio continuo di collaborare strettamente con artigiani e professionisti, come a voler vivere un Nuovo Rinascimento, quando le botteghe artistiche brulicavano di menti geniali e mani esperte. In questa mostra, grazie alle light box, realizzate impiegando diversi materiali, percorriamo un viaggio comunicativo millenario che va dalle pitture rupestri di Lascaux fino ad arrivare a composizioni realizzate con lettere strappate da un vecchio neon che componevano un’altra sua opera, abbinate a ritagli di giornali con impressi articoli della Costituzione, passando per espressioni geometriche e reinterpretazioni di opere contemporanee molto conosciute. In tutto questo, il motore accelerante del linguaggio scelto da Biavati, è la luce che illumina ma che cambiando i colori, riesce a trasportare l’osservatore - autore con il proprio corpo dell’accensione delle opere - in un caleidoscopico mondo fantastico. Susanna Tartari – curatrice del catalogo.
INFO: Titolo Mostra: Da Lescaux ai Led RGB Luogo: IdeArte Gallery – Ferrara via Terranuova, 41 Inaugurazione: Sabato 27 Novembre Permaenza: Dal 27 Novembre al 31 Gennaio
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LORENZO CURIONI
“E’ un mondo pittorico particolare quello di Lorenzo Curioni, una ricerca espressiva dove emozioni e aspirazioni si coniugano perfettamente. La sua è una pittura più emozionale che descrittiva, una tecnica forbita, una scrittura densa di significati, un’intonazione impostata su un registro lirico. Curioni non concede spazio alla retorica, l’osservatore si sente coinvolto dai sentimenti profondi che l’artista vuole trasmetterci. Dalla sua pittura traspaiono vibrazioni romantiche che avvolgono il fruitore in un’atmosfera magica. La sua comunicatività e il suo entusiasmo sono avvincenti. New York - 2005 - olio su tela - cm 100 x 85 E’ sicuramente un pittore ispirato e ciò è più che evidente nelle sue opere, i colori corrispondono a precise scelte contenutistiche. Lorenzo Curioni ha elaborato un proprio linguaggio espres- nico culturale il quale gli permette di creare opere di ragsivo, pieno di suggestive armonie, tendenti a conseguire guardevole valore artistico. Sia le zone geometriche che le validi risultati estetici. Sa dare vivezza con pennellate fre- sinuose linee fluide che compongono la superfice dell’osche. Un impasto che nel segno di una figura umana o di un pera, conferiscono una evidenza intuitiva allo spazio che paesaggio, sintetizza il senso dell’osservatore, dell’esplora- diviene esteso non solo in profondità ma anche verso un zione profonda. Nelle sue opere c’è l’ombra di un’indagine fluido movimento che struttura l’immagine attraverso un introspettiva con cui elabora i fermenti esistenziali, avva- sistema di piani cromatici. Curioni rifugge i compromessi lendosi di un intuito psicologico che focalizza le istanze riuscendo così a raggiungere l’essenza di nuove energie spirituali, pervase spesso da sottili inquietudini. espressive e possibilità stilistiche genuine e di alta qualità. Lorenzo Curioni è in possesso di un notevole bagaglio tecRoberto Puviani
Milano - 2011 - olio su tela - cm 150 x 120
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Milano - 2005 - olio su tela - cm 100 x 85
DOMENICO LASALA
Vola colomba - olio e acrilico su tela - 2009 - cm 90 x 70
Per Domenico Lasala la rilettura degli antichi classici e lo studio degli ulteriori passaggi artistici avvengono alla luce degli sviluppi internazionali contemporanei. Ne deriva un’interpretazione personale in cui le ambientazioni all’aperto e gli interni colpiscono per la loro essenzialità: i paesaggi rammentano vagamente il rigore dell’ultimo Carrà e le architetture urbane fanno pensare alle solide costruzioni sironiane, ma il tutto si presenta come un fondale cristallizzato in una struttura arcaica da cui, da un momento all’altro, si possono dischiudere delle quinte teatrali. I personaggi, enigmatici alla stregua di quelli di Piero della Francesca e torniti secondo l’insegnamento masaccesco, si inseriscono in una ritmica di incastri senza tradire emozioni, offrendosi come figure topiche, spesso sotto le sembianze di musici e cantori. Non è da dimenticare che la musica nella trattatistica classica possedeva uno spessore sapienziale in seguito smarrito e l’artista evoca, quasi fosse un magico antidoto, questo antico e vitale collante sociale per farne dono ad un mondo pervaso da un’anonima e drammatica frenesia. Quando si accenna alla musicalità antica come parte integrante del corredo sapienziale vanno sia ricordate le sue origini razionali che legano la bellezza con l’armonia, la misura , l’equilibrio, la perfezione e l’ordine sia non possono essere passate sotto silenzio le profonde radici del pathos che apporta all’insieme tono e vigore grazie alla forza espressiva e drammatica che lo costituisce. Intuire questo nesso che alimenta la cultura antica, animandola con una sua saggezza di verità
vuol dire avvicinarsi alla comprensione della natura complessa che sostiene la potenza di quell’arcaica e vitalissima filosofia del bello. Le arti ne fanno parte esternandosi in una esperienza collettiva, al contempo ricca di contrasti ammessi e ricomposti, tragici e coreutici, intensi e catartici nello stesso tempo. La dismisura, anche il caos ha un suo senso, nella magia e nel mistero di un mondo di vibrante marca razionale, lontana da razionalismi e da languenti aridità semantiche e di sentimento. Di certo è facile cadere in ingenue nostalgie e mitizzazioni del passato. Così pure mi pare distruttivo abbarbicarsi ad un sogno lontano alla ricerca di una storica ripetizione tra l’apollinea luce della ragione e la dionisiaca ebbrezza, con una disperante ricerca nietzscheana. Al di là di formule perfette, restiamo in questo difficile presente senza però privarci della suggestione che “il bello”, in senso pieno, ci lascia trapassare silenziosamente per mezzo dei secoli. Già così fece, a suo modo, il quattrocento che Domenico Lasala guarda con occhi particolari. La tavolozza lasaliana evoca la limpidezza di quella atmosfera colorata e i suoi luoghi e le sue stanze animate, ci trasportano in scenari, oppure in ambienti, dove suoni, danze, rapporti, perfino il sonno, non vengono sbarrati da mura di solitudine. e figure umane del pittore emergono tramite un leggero chiaroscuro; non ci sono ombre portate e lo spazio diventa “assoluto”, percorso da una sonorità silenziosa. Giovanna Arancio
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DISCEPOLO GIRARDI
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Discepolo Girardi: parlo di me Chi sono: Discepolo Girardi è nato ad Avellino nel 1963, La sua formazione artistica ha i suoi albori presso la scuola d’arte del padre Vinicio, rinomato pittore della scuola napoletana del novecento. Si è laureato in architettura a Napoli e qui ha cominciato e continua la sua ricerca nel campo delle arti figurative senza disdegnare a periodi la scultura e le arti applicate. Ha partecipato a centinaia di concorsi di pittura in Italia ed all’estero riscuotendo successi , elogi dalla critica nazionale ed oltre 50 primi premi. Sue personali si sono tenute in enti pubblici e privati di diverse città italiane ed europee: Napoli, Torino,Salerno, Roma, Foggia, Benevento, Ischia, Nizza, Lione, Parigi ecc. Tuttora la sua presenza è permanente in diverse gallerie pubbliche e private, particolarmente la galleria ARIELE Torino. Si sono interessati alla sua pittura critici ed esponenti del mondo culturale tra cui: G. Grassi, A. Calabrese,Sgarbi , R. Zani, E.Treccani , G.A. Leone. , M .Vitiello, F.De Santis etc. riviste specializzate del settore : Il Tempo, Cronaca Politica, Il Mattino, Il Giornale di Napoli , Eco dell’arte moderna, Ciociaria oggi Ha illustrato con sue litografie e xilografie le pagine di racconti e poesie di scrittori e di alcune canzoni napoletane, inoltre ha realizzato murales per enti pubblici e privati in Campania ed Abruzzo.
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ENRICO MEO
AUTORITRATTO - 2021 - acrilico su tela - cm40x50
Nasce a Grottaglie (Ta) il 20 aprile 1943. Vive a Reggio Calabria, dove si è trasferito terminata la carriera di docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico di Cosenza. Ricerca, sperimenta e realizza i suoi lavori nello studio privato a Gallico Marina (RC). Ha studiato all’ISDA di Grottaglie, dove contemporaneamente ha arricchito la sua formazione frequentando sin da ragazzo le Botteghe D’arte Ceramica. Ha seguito i corsi di Incisione a Urbino, di Arte Contemporanea ad Anacapri con il Maestro JoeTilson e il Corso di Arte Concettuale alla Sommerakademie di Salisburgo sotto la guida del Maestro Roman Opalka. Artista impegnato nel sociale ha collaborato con vari Enti e Comuni alla realizzazione di Monumenti, Murales, Installazioni e Performance. Dal 1965 espone in Italia e all’estero, partecipa a rassegne come Artissima a Torino, Miart a Milano, Expo a Bari; realizza e prende parte a Eventi d’Arte organizzati da vari Enti del territorio nazionale; crea illustrazioni grafiche collaborando con l’editoria; scrive poesie e pubblica articoli sui quotidiani regionali. Di lui Roberta Filardi dice: …“Meo ci conduce all’interno di un universo misterioso, enigmatico, dove una moltitudine di figure, uomini, donne, angeli, demoni, ominidi, come la serie degli acefali, si muovono solitarie o dialogano all’interno di
scenari naturali estremi, quasi primitivi, o in ambienti metafisici sinteticamente evocati, che sembrano affiorare alla memoria da una dimensione interiore.”
AUTORITRATTO 1 - 2021 - acrilico su tela - cm40x50
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CAMPANIA
“EMOZIONI A CONFRONTO“ PIANO DI SORRENTO (NA) Villa Fondi
--La kermesse artistica- culturale “Emozioni a Confronto” curata dall’Associazione Ars Harmonia Mundi con la sua presidentessa, l’eclettica Letizia Caiazzo, ci stupisce di anno in anno con performances di eccezione e artisti di calibro internazionale. La IX edizione, svoltasi il 18 settembre a Villa Fondi De’ Sangro è stata un crescendo di emozioni! Si sono alternati sul palco i cinque artisti visivi Angela Vinaccia, Gaetano Di Donna, Giuseppe Caputo, Leonilde Fappiano e Giuseppe Castiello e ognuno di loro ha donato all’uditorio attento la sua fantastica arte: un turbinio di colori, comunicazione a forti tinte, maestria di esecuzione e tanto pathos in ogni opera esposta successivamente in Mostra nella Serra della Villa che fu dei Principi De’ Sangro insieme alle opere degli artisti ospiti: Alfredo Avagliano, Claudio Morelli e Letizia Caiazzo. L’arte in ogni sua forma è stata declinata grazie alle grandi doti organizzative della digitalpainter Caiazzo che con la sua associazione, da oltre 15 anni, si occupa della promozione della cultura nel territorio costiero e non solo. Dalla presentazione di libri a quella di spettacoli di musica e danza, dalle mostre ai caffè letterari, ogni territorio artistico è stato esplorato in questi nove anni e la kermesse “ Emozioni a Confronto”, che riceve ogni anno il patrocinio del Comune di Piano di Sorrento, ci ha abituato a performance di raro livello artistico. Pittori di fama nazionale e internazionale si sono alternati di volta in volta sul palco mettendosi a nudo grazie alle domande dei relatori presenti: il critico Carlo Roberto Sciascia, il prof. Fiorentino Vecchiarelli, già presidente dell’Accademia dei Dogliosi in quel di Avellino, la poetessa e scrittrice Ilde Rampino, la giornalista Adele Paturzo. Si sono raccontati e hanno descritto il loro mondo, la loro
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evoluzione artistica e il loro universo di emozioni, dalla cui proiezione ha preso vita la loro esplorazione artistica. Grande stupore e apprezzamento per tutti: per l’arte di Gaetano di Donna declinata utilizzando materiali di recupero propria della tecnica dell’assemblage, termine coniato negli anni cinquanta dal francese Jean Dubuffet, utilizzata anche dai famosi artisti futuristi Marinetti, Boccioni e persino da Picasso; per la grande maestria di Angela Vinaccia nel plasmare le sue sculture di legno di ulivo e di tufo, materiali poveri che ricordano il suo legame con la terra; per l’arte surreale di Leonilde Fappiano che “rappresenta il mondo filtrato dalla sua visione della vita, si libera dai condizionamenti imposti dalla razionalità e interpreta la realtà mediante il linguaggio figurativo dei bambini, privo di ogni influenza sociale e/o ambientale”; per l’architetto con la passione per la pittura Giuseppe Caputo che grazie ai suoi quadri “con l’ ampio lessico di luci, colori, linee, gesti, crea un raffinato universo visivo, dove lo sguardo vola ben oltre la superficie del quadro, verso le vaghe dimensioni dei sogni”; infine Napoli e le sue icone simboliche raccontata dagli stupendi acrilici di Giuseppe Castiello. La serata è stata anche un susseguirsi di fantastiche impressioni sonore sulle note del compianto Ennio Morricone, di leggiadre anime in movimento tra racconti di dolore, di protesta, di gioia e di felicità e arte di tessuto grazie a fantastiche creazioni retrò esposte nella terrazza della Villa ad accogliere i numerosi ospiti lungo il viale d’ingresso. Si è chiuso magicamente il sipario su questa fantastica serata, il cui palcoscenico ha avuto un fondale d’eccezione, l’ineguagliabile bellezza della marina carottese con l’unicità dei suoi tramonti, Arrivederci all’anno prossimo con Emozioni a Confronto - X edizione!!!! Vittoria Samaria
LETIZIA CAIAZZO
Da sempre, per Letizia Caiazzo, prestigiosa esponente della Cyberpittura internazionale, è stata una scelta d’ Ispirazione e di Fede associare la propria eclettica e polivalente creatività anche ai soggetti ed alle tematiche del Sacro, sia in un afflato misticamente rivolto al Mistero, sia, molto spesso, anche in relazione alle emergenze sociali, viste come proiezioni di Consapevolezza, di Sdegno, di Solidarietà con gli Ultimi e i Vessati dalla disumanità “umana”, di Appello contrito e commosso alla Provvidenza e alla Giustizia, di semplice ma sincera, sublime Preghiera ad un Cristo che conobbe troppo la Sofferenza per non ascoltarla. Anche questa pregevole opera, dal significativo titolo “Soffio di Luce” (60 x 60, su tela) che riunisce l’evocante insufflare dell’Estro all’abbacinante risposta del Divino, riesce ad inglobare il Richiamo e la Risposta con esiti espressivi riusciti a bilanciare composti equilibri di composizione e vibranti aneliti d’invocazione tramite uno sfondo di Architetture dell’Oltre omaggiate
che dominano il manifestarsi del Sacro e l’ostendere al da un tributo floreale consono alle cromie di Passione Divino, in un finalizzare di braccia e mani aperte a quel Chiedere ed Attendere che la Luce di Dio, congruamente anche qui apparsa e attenzionata al centro di questa e ogni altra Preghiera, doni Risposte di Grazia ad un accorato Impetrare. Un vero e proprio Momento di Estasi su cui soffermarsi a meditare e ad associarsi, un Mistico Amplesso fra Estetica ed Etica come in ogni altra opera, anche apparentemente solo “umana”, di questa particolarissima ed affabulante Artista che avvince sempre, nella sua doviziosissima produzione, attraverso i Silenzi della Materia, le Vibrazioni della Carne, i Moti dell’Anima, le Pulsioni che attraggono e manifestano la Divinità. Prof. Nuccio Mula - Docente universitario di teorie e fenomenologie della visualità, Critico Internazionale d’Arte e Letteratura, Scrittore - Giornalista
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CAMPANIA
Le opere del MANN nelle pagine di Alessandro Baricco”, che sarà in programma al MANN fino al 10 gennaio 2022. Il percorso, presentato nelle sale della Farnesina, intreccia la rappresentazione iconografica di quindici reperti (databili tra VI e IV sec. a.C.) alla riscrittura del celebre autore torinese. Cinque le sezioni per definire il suggestivo dialogo tra diverse forme d’arte: 1. Omero, Iliade: un’epopea umana; 2. il racconto della guerra; 3. le donne di Omero; 4. la morte di Patroclo e il ritorno di Achille in battaglia; 5. l’ultima notte di Troia. Apre l’allestimento il busto di Omero in marmo pentelico (Collezione Farnese, II sec. d.C.) che, nei primi giorni di programmazione della mostra (9-11 settembre), compie un “viaggio simbolico” per essere esposto nella Cappelletta di Terra Murata a Procida in occasione della rassegna MARetica: un trait d’union per valorizzare cultura e patrimonio del Mediterraneo, in un ideale avvicinamento a “Procida Capitale della Cultura- 2022”. Nelle sale della Farnesina, oggi, allestitori ed archelogi sono stati a lavoro per presentare al pubblico gli antichi
Dal 09 Settembre 2021 al 10 Gennaio 2022 ORARI: 9:00 - 19:30; chiuso martedì TEL.: +39 081 44 22 111 MAIL: man-na@beniculturali.it SITO : http://mannapoli.it
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manufatti che, spesso poco noti, rappresentano un interessante spaccato sulla fortuna dei poemi omerici nella decorazione vascolare antica. La mostra, curata da MarialuciaGiacco (Funzionario archeologo del MANN/ Responsabile Ufficio Mostre Italia-Estero), è inserita nel progetto universitario “Obvia- Out of bondaries, viral art dissemination”e rientra in un più ampio quadro di collaborazione culturale con Regione Campania, Comune di Procida e Procida Capitale della Cultura-2022.
CARAVAGGIO, UNA NUOVA LUCE. REALTÀ AUMENTATA NAPOLI - AL PIO MONTE DELLA MISERICORDIA
Il Pio Monte della Misericordia presenta il nuovo progetto CARAVAGGIO, UNA NUOVA LUCE, che sarà disponibile al pubblico fino al 31 dicembre 2021. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con AR Tour, racconta in modo inedito la Cappella del Pio Monte: un emozionante viaggio tra tecnologie innovative e nuove forme narrative, per rivivere una storia antica oltre quattro secoli. Un tour della Cappella, prodotto grazie a immagini, filmati e ricostruzioni virtuali: nuovi contenuti multimediali che potranno essere fruiti attraverso occhiali 3d che utilizzano la tecnologia della realtà aumentata per un vero e proprio salto indietro nel tempo. “Adattarsi ai tempi ed essere sempre aggiornati è un obiettivo importante per il Pio Monte della Misericordia – spiega Alessandro Pasca di Magliano, Soprintendente del Pio Monte della Misericordia. – Un’Istituzione secolare che non rinuncia ad utilizzare le più moderne tecnologie, utili perché la fruizione delle opere d’arte risulti quanto più esaustiva possibile. Grazie ai nuovi occhiali 3D i visitatori potranno vedere con i loro occhi come è nato il Pio Monte, quali bellezze custodisce e avere tutte le informazioni aggiuntive che desiderano”. La scelta del Pio Monte si è indirizzata nella realizzazione di un soggetto e un testo narrativo finalizzato a ricreare l’atmosfera del Seicento e spiegare la nascita dell’Istituzione, attraverso la stesura di una sceneggiatura scritta
espressamente da Maurizio Burale, responsabile dei progetti culturali del Pio Monte della Misericordia. Una ricostruzione storica, attenta e particolareggiata, a tutti gli effetti. “La tecnologia che caratterizza i nostri occhiali, ovvero la Realtà Aumentata, – afferma Luigi Percuoco amministratore delegato di AR Tour – consente di non perdere mai il contatto con il contesto che ci circonda e dunque, la Cappella e tutte le bellezze storico-artistiche che la caratterizzano, saranno sempre in primo piano. Elementi aggiuntivi, come immagini 3D, ologrammi e informazioni varie, compariranno sulle lenti, totalmente trasparenti, supportando e arricchendo il processo di fruizione. Tutto questo ci consentirà di apprezzare in maniera innovativa uno dei più importanti capolavori del 600 napoletano.” Al quadro de Le Sette opere della Misericordia è sovrapposta l’immagine in alta risoluzione del fotografo Luciano Pedicini. Non solo, i personaggi del dipinto, attraverso la renderizzazione, appaiono a rilievo fuori dall’opera, restituendo una realtà impreziosita e suggestiva. Il racconto è arricchito, inoltre, da numerose opere di artisti come Gaspar van Wittel, Antonio Joli, Jusepe de Ribera, Andy Wharol per le vedute del Vesuvio, Micco Spadaro per scene di popolo, Luca Giordano per alcuni dettagli che ricostruiscono il periodo della peste a Napoli e Vincenzo Migliaro per la restituzione pittorica della città partenopea.
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CALABRIA
Il colore e la luce nelle opere dell’artista Antonio Viscardi
Il pittore cosentino Antonio Viscardi matura la passione per la pittura e per l’arte giovanissimo. Artista autodidatta ha iniziato ad utilizzare pennelli e colori ispirandosi ai macchiaioli ed agli impressionisti. Antonio ama la natura bucolica ed idilliaca della sua amata terra, la Calabria. I paesaggi mediterranei, soggetti preferiti della sua produzione artistica si distinguono per l’acceso e energico cromatismo che contraddistingue anche la ritrattistica e altre forme della sua arte. D. Antonio come ti sei avvicinato alla pittura? R. Mi sono avvicinato alla pittura prima ancora di imparare a leggere e scrivere, in maniera del tutto naturale e spontanea. D. Quali sono i maestri e gli artisti a cui ti sei ispirato? R. Mi sono sempre ispirato ai grandi maestri Macchiaioli.
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D. Cosa rappresentano per te tela, colori e luce? R. Tela, colori e luce per me rappresentano la bellezza assoluta D. Che ruolo ha il disegno nella tua pratica e in relazione alle tue opere? R. il disegno ha un ruolo del tutto marginale. Le mie opere nascono direttamente dal colore e dalla materia D. Ci sono formati o tecniche che prediligi? R. Per la tecnica e per i formati è tutto direttamente correlato al soggetto che vado a rappresentare, anche se quasi sempre lavoro ad olio D. Come nascono i titoli delle tue opere? R. I titoli nascono sempre prima ancora dell’opera stessa come i “Tesori della mia terra”, opera nata osservando quotidianamente i panorami che mi circondano e stupendomi sempre della grande bellezza che la natura ci regala e che senza gratitudine diamo per scontata. Alessandra Primicerio (critico d’arte)
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CALABRIA
Le emozioni di Nadia Martorano attraverso i suoi dipinti
Nadia Martorano è un’artista autodidatta, dalla tecnica libera ma aperta a nuove conoscenze e sperimentazioni: dalla pittura all’uso di materiali decorativi, dal figurativo all’astratto. Le sue opere si distinguono per il particolare uso del colore, delle sfumature di pennellate e di applicazione inserite. D. Nadia qual è stato l’incipit della tua carriera artistica? R. Sin da piccola restavo incantata nell’osservare le opere esposte nei musei o nelle varie mostre che visitavamo con la scuola. Ciò mi ha stimolato e chiesi ai miei genitori di fornirmi il materiale per la pittura. Disegnando e dipingendo costantemente su qualsiasi materiale (anche su pietre) e sperimentando qualsiasi tipi di colore che avevo disponibile (acquarelli, tempera, gessetti, cera e ovviamente pennarelli) ho scoperto la mia passione nel mondo dei colori. Ben presto mi resi conto di non poter fare a meno dei miei lavori e che essi erano diventati parte integrante della mia espressione di vita.
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D. Quali sono le correnti artistiche che preferisci? E quelle che invece ti piacciono di meno? R. Le correnti artistiche che più prediligo sono quelle contemporanee del Novecento, ovvero il Futurismo, il Surrealismo e l’Espressionismo. Anche se la corrente artistica che privilegio è l’impressionismo, corrente artistica assolutamente fondamentale per capire l’arte di oggi, che nacque in Francia, e trova nella creatività di artisti come Claude Monet la sua massima espressione. Per quanto concerne la seconda domanda non ho modo di rispondere perché amo qualsiasi forma d’arte. D. La tua famiglia ti supporta nelle tue scelte e decisioni? R. Il supporto e il sostegno che mi danno sia mio marito che i miei figli sono fondamentali per la mia tranquillità interiore, supportandomi nelle mie scelte. D. Quali sono le culture nel mondo che ti affascinano di più e per cui nutri un certo interesse? R. Una delle culture che mi ha sempre affascinato è quella giapponese. Il Giappone di oggi è il risultato della millenaria storia e cultura autoctona ma anche dell’influenza occidentale. Un primo elemento che salta all’occhio quando analizziamo la cultura giapponese è senza dubbio l’importante ruolo che arte e scrittura giocano nella storia e nell’identità nipponiche. La stesura dei caratteri della lingua giapponese scritta è considerata una forma d’arte di per sé. Un solo simbolo può essere scritto e riscritto innumerevoli volte fino all’ottenimento dell’effetto desiderato. D. Nadia ci parli delle tecniche di cui fai uso? Sono molte e diverse tra loro? R. Spesso e volentieri uso la tecnica olio su tela, ma non disdegno anche altre tecniche come lo spatolato o il fluid art. A volte mi piace sperimentare cose nuove come l’aggiunta di Swarovski o glitter. Per me ogni dipinto è parte di me, perché in quel momento metto su tela le mie emozioni e i miei sentimenti, per questo motivo investo il mio tempo considerando ogni opera una perla preziosa. D.
La tua filosofia di vita?
R. Per me dipingere è come essere trasportata da una corrente impetuosa carica di emozioni che poi traduco in opere appartenenti alla natura o scorci di essa. La natura per me è sinonimo di armonia, bellezza ed equilibrio, accondiscendendo alla filosofia aristotelica “natura abhorret a vacuo” (la natura rifiuta il vuoto). Alessandra Primicerio (critico d’arte)
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SICILIA
de Chirico e Ventrone e gli Elìmi Tra metafisica e iperrealismo, a Erice “La vittoria della pittura” con de Chirico e Ventrone
Erice - E’ un vero “trionfo della pittura” quello in scena a Erice, dal 14 giugno e fino al 3 novembre 2021, con la mostra “de Chirico e Ventrone. La vittoria della pittura”, inedito confronto fra il maestro della metafisica - del quale saranno esposte due opere che giungono per la prima volta in Sicilia - e venti tele del “Caravaggio del XX secolo”, come Federico Zeri ebbe a definire Luciano Ventrone, recentemente scomparso, autore di nature morte, tecnicamente impeccabili e stilisticamente ipnotiche fino all’illusione. La mostra, da un’idea di Giordano Bruno Guerri, Lorenzo Zichichi e Vittorio Sgarbi che ne firma la curatela con Victoria Noel-Johnson, è organizzata dalla Fondazione Erice Arte del Comune di Erice, dalla Fondazione Ettore Majorana e dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. Sarà allestita negli spazi dell’Istituto Wigner–San Francesco e del Polo Museale “Antonino Cordici” (che racconta la storia di Erice dall’VIII secolo ad oggi e ospita una straordinaria Annunciazione in marmo del 1525 dello scultore Antonello Gagini) e la visita è inserita nel circuito Erice Card, ticket che al costo di 6 euro include l’accesso al Castello di Venere, ad altri siti culturali e tariffe agevolate per altri servizi, tra cui la funivia. Visite tutti i giorni, dalle 10.30 alle 19.
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Ieri l’inaugurazione alla presenza di Alberto Samonà, assessore regionale ei Beni Culturali, del sindaco Daniela Toscano Pecorella, di Giordano Bruno Guerri (sovrintendente della Fondazione Erice Arte), di Lorenzo Zichichi (Fondazione Ettore Majorana) e della co-curatrice Noel-Johnson. A introdurre il progetto espositivo è lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi, che spiega come “accostare Giorgio De Chirico a Luciano Ventrone è audace, ma assolutamente coerente e conseguente. A distanza di cento anni dalle estreme e assolute prove metafisiche della prodigiosa fantasia dechirichiana, certamente nessuno sembra aver realizzato in modo più compiuto di Ventrone i propositi del “pictor optimus”. Forte e determinato, inizia a dipingere, con la tecnica e il magistero della grande pittura, formidabili nature morte, in un crescendo sorprendente che va oltre il realismo e l’iperrealismo. Ventrone spariglia, stupisce, aumenta la realtà e la supera, lascia alle sue spalle vittime che hanno tentato di ostacolarlo (…) Conquista quello spazio che a De Chirico fu precluso, immaginandolo involuto in una irrimediabile decadenza (cui oggi si guarda con rinnovato interesse), o ripetitività’”. E se, come scrive de Chirico “Nell’arte, che è un prodotto del genio, la forma mostra ancora in modo più evidente di quanto lo faccia la natura, il mistero della creazione”, è proprio Ventrone a inseguire con insistenza questo miraggio. Scrive la co-curatrice, Victoria Noel Johnson: “Mediante la meticolosa applicazione di una tecnica e di uno stile iperrealistici, Ventrone entra in profonda risonanza con la produzione metafisica di de Chirico, in primis attraverso il rispettivo uso della luce (…) insieme rappresentano visioni complementare del ‘non vero’ (…) la grande illusione di una ‘iperrealtà’ che alimenta il nostro bisogno primordiale di un mondo soprannaturale”. E dopo i lunghi mesi di pandemia e di isolamento, è grande l’attesa ad Erice per questa mostra che ha per protagonisti due maestri della pittura del Novecento. L’assessore Alberto Samonà: “Anche quest’anno Erice, uno dei borghi più affascinanti della Sicilia dove la spiritualità di antichi monasteri convive da quasi sessant’anni con la dialettica e il confronto fra gli scienziati di tutto il mondo riuniti dal Centro Studi Ettore Majorana, ospita progetti di altissimo spessore culturale, in linea con il genius loci di questa antichissima cittadina. Abbiamo da una parte il richiamo alla pittura moderna e contemporanea con de Chirico e Ventrone, dall’altra l’apertura di una stagione di mostre e convegni dedicati al popolo degli Elìmi, che appunto sono all’origine di Erice e della civiltà sviluppatasi nella Sicilia nord occidentale”. “Un magnifico appuntamento per la città – spiega il sindaco Daniela Toscano Pecorella – pronta ad aprire nuovamente le porte ai visitatori dopo questi lunghi mesi di pandemia: un invito a percorrerla tutta, fra le nitide vedute del mare e dei suoi scorci metafisici anche fuori dalla mostra”. Mentre Giordano Bruno Guerri (Fondazione Erice Arte, che ospita una parte dell’allestimento) sottolinea il punto di incontro fra i due maestri: “Il virtuosismo della loro arte rende la metafisica da un lato e l’adesione al vero dall’altro, un luogo di confine, punto di frontiera di valori simbolici”. Alla mostra è dedicato un catalogo (Il Cigno GG Edizioni).
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PADOVA 2021 31
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MOSTRA MERCATO D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
12 - 15 NOVEMBRE 2021 ArtePadova
Fiera di Padova
arte.padova Con il Patrocinio di:
Provincia di Padova
Comune di Padova
In concomitanza con:
www.artepadova.com Segreteria Organizzativa 049 8800305
NTIQUARI PADOVA
XXXVII Mostra Mercato di Antiquariato
12 - 21 NOVEMBRE 2021 Con il Patrocinio di:
Provincia di Padova
Comune di Padova
www.antiquariapadova.com Segreteria Organizzativa 049 8800305