Rivista20 settembre ottobre 2016

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N°17 settembre-ottobre 2016 -

periodico bimestrale d’Arte e Cultura

www.rivista20.jimdo.com

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

ANTONIO POSSENTI

Edito dal Centro Culturale ARIELE


DIGITAL ART La digital art, riguarda le forme d’arte elaborate in forma digitale, ossia l’arte modificata artisticamente in forma parziale o totale al computer. Essa sta in maniera rapida raggiungendo – per non dire “uguagliando”- il riguardo fino a poco tempo fa concesso a forme d’arte storicamente convalidate come la scultura, la pittura e il disegno. Non èquindi più possibile considerare la digital art come genere marginale in quanto compete egregiamente con opere di ottimo livello artistico per creatività, abilità tecnica di “mestiere”, e poetica. Abbiamo perciò ritenuto indispensabile dedicarle uno spazio particolare organizzando una mostra dedicata esclusivamente ad artisti digitali, professionisti nel loro settore e capaci di raggiungere picchi di comunicatività e lirismo. A data da stabilire ci sarà presso il nostro spazio espositivo una rassegna di digital art intitolata “Digital art: le nuove vie dell’arte”. Pertanto invitiamo tutti gli artisti digitali ad inviarci due foto delle loro opere, saremo lieti di visionare e selezionare i lavori destinati a partecipare all’esposizione sopracitata. L’evento sarà gestito promozionalmente sulla rivista20 e anche tramite un apposito catalogo virtuale e cartaceo della mostra.

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Ermanno Benetti Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Silvia Grandi Irene Ramponi Letizia Caiazzo Antonietta Campilongo Alessandra Primicerio Francesco Mastrorizzi Roberta Panichi Enzo Briscese Ludovico Operti Marzia Mandrini Paola Corrias Cinzia Memola Nicolò Marino Ceci

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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 15 alle 19 tel. 011.37 24 087 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------

Aspettiamo di ricevere le vostre immagini numerosi! inviatele a: galleriaventi@gmail.com 2

In copertina: opera di Antonio Possenti


CENTRO CULTURALE ARIELE Arte e Società

La situazione attuale delle gallerie d’arte torinesi riflette per la maggior parte la situazione più generale italiana che presenta un rilevante calo degli spazi espositivi. Per parlare della situazione artistica attuale, occorre puntualizzare un concetto base, ossia la confusione che si è generata negli ultimi anni. Tutti fanno arte, tutti sono artisti. D’altro canto c’è un’affollamento di pseudo operatori culturali che speculano sul narcisismo degli pseudoartisti, questo ha determinato una superproduzione non controllata di opere sul mercato, svalutando e distruggendo di fatto l’intero settore. Tutti hanno diritto ad esporre, anche i dilettanti, a patto però che ci sia un circuito selettivo che tenga separata la parte dilettantistica da quella professionale. Anche gli operatori culturali devono avere una preparazione adeguata oggi mancante. Il nostro paese continua a trovarsi in una condizione di scarsa, o nulla, competitività sulla scena del mercato d’arte internazionale. Una delle ragioni di questo calo è stata individuata nel fatto che le istituzioni italiane spesso non sono addentro alle dinamiche del mercato, mentre la mancanza di chiarezza in fatto legislativo contribuisce a creare un clima d’incertezza. (IV summit Arte e cultura promosso da Il Sole 24 Ore) Tenuto conto dei fattori di incidenza nazionali, va rilevato che Torino, seppure considerata “ città d’arte”, in questi anni, non ha fronteggiato la condizione di criticità e ha lasciato allo sbaraglio le gallerie d’arte attanagliate dalla crisi delle vendite e dai cambiamenti strutturali in atto. A proposito delle trasformazioni in positivo che hanno reso Torino in questi anni un citato polo artistico-culturale vanno considerate la promozione e la cura dei grandi eventi da parte delle istituzioni in quanto il ruolo assunto dalla città non è ovviamente un fatto casuale quanto piuttosto il frutto di una pianificata sfida programmata che tiene però molto parzialmente conto delle potenzialità e dei problemi presenti sul territorio. Questi ultimi sono state trascurati ritenendo a torto che le piccole mostre possano prosperare sulla scia delle grandi e che pertanto tutto il circuito diventi virtuoso grazie a quel “fermento” principale in cui l’ intervento comunale funge da garante. Non ci pare che questa positiva ricaduta artistica si sia verificata e le piccole realtà non solo non sono coinvolte grazie alla presenza delle manifestazioni prestigiose ma anzi

vivono in ombra e completamente senza sostegno alcuno così che sono impossibilitate a crescere. L’azione politica dimostra la sua lungimiranza quando, oltre a promuovere gli eventi sicuri per successo di pubblico e di incasso, riesce a seguire le manifestazioni minori evidenziandole perchè anche esse siano collegate ad un piano di sviluppo e, conseguentemente, di promozione. Attualmente gli interventi artistico-culturali sono concentrati in Torino centro e nell’area sud lasciando sguarnite parte delle periferie e l’area nord mentre, per quanto riguarda le associazioni culturali e le gallerie, come si è detto, faticano e si difendono tra molti assilli facendo rete all’interno di una situazione incerta. L’associazionismo culturale costituisce a Torino una realtà che è sempre stata presente sul territorio, contando spesso sulle proprie limitate forze e senza alcuna visibilità. All’interno di questo contesto è vitale mutare l’ottica individualistica di gestione e, come si è cominciato a discutere da diverso tempo, occorre unire le forze per “ reinventare” il modo di progettare rendendo operante lo strumento dello scambio tra spazi espositivi e avviare le più varie sinergie da mettere in atto creando vetrina e promozione e innescando creatività collettiva. In questo periodo ciò che lascia perplessi è pure l’atteggiamento diffuso di noncuranza verso un importante storico bagaglio artistico, quale la pittura e la scultura, che sembra essere considerato alla stregua di un ferrovecchio non più necessario o inadeguato nei confronti degli orientamenti attuali. La solida perizia artigianale,vale a dire la padronanza del mestiere che presuppone abilità, costanza, unita ad un motivato atteggiamento concettuale ed emotivo, pare del tutto svalutata e sommersa a fronte di una miriade di installazioni, repliche, facili improvvisazioni alla ricerca della sorpresa e della provocazione. Purtroppo la città di Torino, così generosa nel generare talenti meritevoli non lo è altrettanto quando si tratta di valorizzarli e di prestare loro la giusta attenzione e visibilità. Si cade piuttosto nell’esterofilia trascurando le genialità nostrane lasciate a cavarsela, impastoiate nei localismi, perché vengono negate le legittime opportunità.

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TOSCANA

ANTONIO POSSENTI IL COLORE DELL’ARTE

Ricordare Antonio Possenti, lucchese del ‘33 recentemente scomparso, creativo al cento per cento e viaggiatore instancabile nella fantasia come negli anfratti maggiormente magici della realtà, ha per me il significato di ripercorrere più e più tappe della scacchiera di quell’universo artistico, comprensivo dell’interscambio dialettico, in cui ho sempre creduto.

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La nostra frequentazione – mi si permetta rammentarlo – è iniziata 1979, quando lo conobbi presso la Fondazione Viani di Viareggio guidata dal poeta Vittorio Grotti, allorché, con molti altri tra cui Gianni Brera, Angelo Dragone, Luciano Luisi, Tommaso Paloscia, mi fu assegnato un riconoscimento giornalistico.


L’ho sempre “visto” alla stregua di un artista perentoriamente calato nel proprio tempo, che tuttavia, con la signorilità e l’affabilità di un carattere perennemente pacato e pensante, sapeva segnare in modo autonomo e felice ogni disegno e dipinto in cui il racconto e la fiaba avevano un ruolo preminente. In quasi tutte le opere c’era lui, sia nella centralità della tela o della carta, o a lato, osservatore puntuale e acuto degli accadimenti pullulanti di personaggi veri e inventati, di balene e conchiglie e draghi, e soldatini di piombo, uova e fiori, e poi non mancava il mare e neanche la montagna, e – ancora – ecco alberi impossibili, castelli, lune e bandiere al vento... Penso che una delle sue doti, oltre ad una ineccepibile e lineare professionalità sorretta da un’invidiabile capacità disegnativa ed equilibrato gusto cromatico, sia stata la coerenza nel formulare immagini tali, per cui la sua ordinata libertà espressiva ha avuto un filo logico e un significato preciso nel dare forma e “calore”, oltre che colore, all’arte e con l’arte. Il mondo poetico di Antonio Possenti non è stato un semplice “soliloquio della fantasia”, bensì una autentica comunicazione, una apertura vera e propria verso chi l’ha saputa o voluta cogliere. Qualche riga per definirlo?

No; ce ne vorrebbero molte, anche se sono tantissimi i giornalisti, gli storici e i critici d’arte, i poeti e altri che ne hanno ben analizzato l’instancabile percorso, e molti lo faranno, credo dunque che il suo nome debba essere perentoriamente unito alle parole fantasia e libertà, poiché ne hanno caratterizzato ogni opera, degna e incancellabile testimonianza e soprattutto “risposta” al non senso spesso imperante e all’egoismo di cui è vittima parte della nostra società. L’ultima volta che ci siamo visti è stata nei pressi della sua città natale, Lucca; gli lessi una poesia intitolata “Il dipinto” tratta da un libro postumo di mia figlia Marta. Gli piacque.. Oggi gliela rileggo: “Attraverso la vita/ cammino nel paesaggio/ di luci e ombre./ Occhi per vedere/ i colori del cuore,/ impronte d’un passato dolore,/ frammenti di vita,/ squarci di cielo e di sole./ restano pensieri,/ sentiero di un’anima/ nel tempo del vivere,/ e tutto intorno immagini/ col mondo che sopravvive e cresce”. Sì, sono proprio giuste le parole per cui “... l’artista se ne va ma rimane la sua opera”. Grazie, carissimo Antonio! Lodovico Gierut

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E’ nato a Lucca e in questa città ha il suo studio nella Piazza dell’Anfiteatro. Compiuti gli studi classici, ha assai precocemente scoperto le qualità espressive del disegno, assecondando un’inclinazione al racconto favoloso che ha in seguito mantenuto, anche mediante l’osservazione attenta della “commedia umana”. Alla pittura è giunto, da autodidatta, dal disegno e dall’illustrazione. Le sue occasioni formative sono state ideali ed elettive, frutto della curiosità intellettuali e della cultura letteraria e artistica che aveva respirato sin da bambino nella famiglia, spaziando dalla classicità greco-romana all’epoca moderna e contemporanea e con una predilezione particolare per le esperienze di più vivace e coinvolgente taglio fantastico. Ha viaggiato molto e conosciuto vari personaggi e culture, ma ritorna sempre a Lucca dove vive e ha lo studio nel cuore della città, luogo magico che raccoglie, come un’immensa valigia, le testimonianze delle sue “escursioni” nel mondo. Nel corso della sua carriera ha esposto nelle principali gallerie italiane e straniere (Gianferrari, Il Milione, Appiani Arte 32 a Milano, Marescalchi e Forni a Bologna, Davico e Biasutti a Torino, il Traghetto a Venezia, Poggiali e Forconi a Firenze, L’immagine ad Arezzo, Aminta a Siena, Philippe Guimiot a Bruxelles, Rutzmoser a Monaco, East West Gallery a Londra, Art Diagonal a Barcellona, ecc.), ha partecipato a numerose manifestazioni espositive internazionali, tra le altre Fiera d’arte di Bologna, do Colonia, di Milano, Art Basel di Basilea, F.I.A.C. di Parigi, Art Fair di Los Angeles, Art Miami di Miami Beach, New York International Art Fair, Tuyap di Istambul, Foire d’art di Gent, Arco di Madrid, Stoccolma, St’Art di Strasburgo, BART di Barcellona. Ha esposto con mostre personali in prestigiosi ambienti pubblici: Muse degli Uffizi, Sala d’Armi di palazzo Vecchio a Firenze, Reggia di Caserta, Tour Fromage di Aosta,

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Palazzo Ducale di Massa, Castel dell’Ovo di Napoli. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e le sue opere sono presenti in importanti collezioni private e pubbliche italiane e straniere. Hanno scritto di lui critici, storici dell’arte, scrittori e intellettuali, tra gli altri: Luca Beatrice, Fortunato Bellonzi, Aldo Busi, Dino Buzzati, Oscar Calabrese, Luciano Caprile, Raffaele Carrieri, Piero Chiara, Enrico Crispolti, Massimo Duranti, Giovanni Faccenda, Alfondo Gatto, Paolo Levi, Nicola Micieli, Marilena Pasquali, Roberto Sanesi, Pier Carlo Santini, Giorgio Saviane, Vittorio Sgarbi, Giorgio Soavi, Franco Solmi, Marcello Venturoli. E’ membro dell’Accademia di Lettere, Scienze e Arti di Lucca e dell’Accademia dell’Arte del Disegno di Firenze.


na sintesi perfetta, nella quale la figuratività si sposa con quella magica fantasia che fa di Possenti un incantatore alchimista, un funambolo prodigioso e leggiadro. Veronica Carpita (2007)

“…mi sento un eterno viaggiatore senza una meta specifica, mosso da una grande curiosità e da una grande volontà di conoscenza. La mia vita ha sempre di fronte un orizzonte che non corrisponde a un vero e proprio obiettivo perché si collega a qualcosa che va oltre. Io inseguirò sempre quell’oltre.” (A. Possenti)

Come quelli di alcuni personaggi che animano i suoi dipinti, gli occhi di Antonio Possenti sono uno aperto e l’altro chiuso. Il primo, spalancato e vivace, è pronto a osservare l’universo naturale ed il suo mondo umano, a catturare quei tratti che ne costituiscono l’essenza. Il secondo, malgrado l’apparenza, non riposa, non è assopito, non è inattivo. Anche il secondo occhio di Possenti scruta, scava, ricerca, non all’esterno ma nel luogo buio dell’intimità, nel ricettacolo nascosto dei sentimenti, nella profondità delle passioni. Le due visioni trovano nella pittura

Possenti sembra volerci liberare da pregiudizi e preconcetti offrendoci una composizione che non ha vincoli alcuni: non tutto è ciò che sembra. Alcuni particolari potrebbero nascondere degli elementi fondamentali alla comprensione del dipinto che, comunque, è sempre legata al grado di percezione di ogni singolo spettatore. Talvolta si ha come l’impressione che ogni suo lavoro corrisponda a un tentativo di far slittare l’esistenza altrove, in altri luoghi e in altri tempi, quasi come a voler privare lo spettatore di elementi reali, condizionanti e contaminanti: “Le cose che faccio sono riferite all’esistenza dell’uomo al di fuori di un preciso momento storico, pur essendo consapevole di essere testimone del mio tempo”. Maurizio Vanni (2006)

Possenti è un artista autodidatta, ma che evidentemente si è istruito molto bene. Ha seguito studi classici e la sua pittura, dal punto di vista dei soggetti è il lavoro di un uomo estremamente colto e profondo, pieno di inconsueti riferimenti al mito e alla fiaba, al sogno e all’incubo, al cinema ed alla realtà. Probabilmente nessuno di questi elementi è in se particolarmente eccentrico o ricercato, ma la loro combinazione risulta molto personale e particolare. Quello che possenti evoca, con l’abilità di un mago da palcoscenico, è un intero mondo privato. Ovviamente deve essere il suo mondo, dato che lui a dipingerlo. Ma l’impressione generale che si ricava da questi strani dipinti è che essi rappresentino non già qualcosa che egli ha inventato, ma piuttosto qualcosa che gli è accaduto. John Russel Taylor (2003)

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Quale che sia dunque l’impulso a figurarsi uomini e cose, da qualunque contesto gli derivi cioè la suggestione di partenza, le storie dipinte da Antonio Possenti alla fine non assomigliano più che vagamente al modello originario, ma si impongono alla nostra attenzione come sorprendenti camuffamenti, o addirittura come totali stravolgimenti, di quello che credevamo conoscere o di quanto eravamo convinti di sapere. Lettore tanto eclettico quanto instancabile, Possenti ha così potuto dare corpo e figura a una galleria straordinaria di personaggi e situazioni, rivisitando, ma più spesso reinventando di sana pianta, vicende e personaggi emblematici, dalle favole di Esopo alle “fole” popolari, dalla letteratura classica a quella fantastica, di ogni epoca e di ogni continente, con particolare attenzione all’epopea de viaggi e delle scoperte, a Melville e Defoe e Conrad, fino alla immaginifica poesia di Rimbaud, all’assurdo mondo di Kafka, alla prosa raffinata di Calvino. Massimo Bertozzi (2002)


Perché di fronte ad un dipinto di Antonio Possenti si viene immediatamente colti da una sottile sensazione di sorpresa e di smarrimento? Questo è il principale quesito che pone ogni suo quadro. Si sa, un artista prima ancora di dare forma a immagini e concetti, concepisce e inventa lo sguardo che fruirà la propria opera, il modello ermeneutico che ne permetterà la concreta visione e comprensione. Quello generato dall’arte di Possenti, si può dire, presuppone non un osservatore che diligentemente contempla, disamina, scompone il quadro, bensì uno spettatore che partecipa a un evento, che assiste allo svolgersi di un racconto. Sì, perché la sua è una pittura essenzialmente “teatrale”, in cui si combinano il gusto per la messa in scena e la predilezione per un tono narrativo e talvolta fiabesco. Gianmaria Nerli (2002)

Il tratto più immediato della sua personalità è la sobrietà, un sorriso contenuto, vivissimo, che si apre alla cordialità verso il mondo con però quel pacato avvertimento negli occhi proprio del gatto pronto a colpire o a sparire di scena, e in entrambi i casi facendo spallucce. Ha filtrato molta vita, tutta artistica, tutta altrui, è il risultato di una civilizzazione dell’ aggressività messa ali’ opera nel reticolo del patto sociale, è lui stesso una maschera compiutamente sociale e senza rimpianti per una innocenza. individuale e originaria perduta, mai avuta, fortunatamente impossibile o solo aleatoria in termini di organizzazione della convivenza civile. Non ha modestia né superbia, direi, e io, eventuale presentatore del catalogo della sua mostra, non sono un traguardo per lui ma una simpatica, osmotica presenza: se ci sono, bene, se no fa lo stesso. Aldo Busi (2000)

Inciprignito alla pari del mare, quando manda via i gabbiani, il soffio di una corrosiva ironia circola di traverso a parabole visive trapunte con abilità e circospezione da un maestro d’arte impegnato a tirar fuori lo stupore dalle cose viste ogni giorno. Se ne ricava uno strano sentimento di familiarità con immagini vagabonde che non tanto divertono, ma attirano l’attenzione e la rendono assorta come quando si ascolta la musica di una fiaba. È il pregio narrativo di una pittura che ha molta cura di fissare l’occhio sulla realtà col gusto prezioso del travestimento, del gioco e del sogno, ed è capace di compiere il viaggio attorno ad una stanza popolata di muti ospiti, consueti e fin troppo conosciuti, acquistando il pregio avventuroso del mare, coi suo spettacolo sempre uguale a sé stesso e sempre misteriosamente mutevole. Duccio Trombadori (2002)

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Vernissage alla Mestska galerie Karlovy Vary 17.8.2016 di Jindra Husarikova e Sarka Mrazova Cagliero Nello splendido spazio della Galleria della Città di Karlovy Vary si è tenuta una mostra dal binomio madre-figlia: Jindra Husarikova, Sarka Mrazova Cagliero. Non è la prima volta che vengono esposte al pubblico le opere di queste due artiste, già nel passato sono state allestite simili mostre, anche alla Galleria 20 a Torino insieme con il pittore Enzo Briscese, ma questa volta la mostra è anche commemorativa, perchè la pittrice Jindra Husarikova è mancata all’età di 85 anni la primavera scorsa. L’opera di Jindra Husàrikovà è conosciuta al pubblico italiano sin dal lontano 1969 quando è stata presentata per la prima volta a Torino nella galleria l’Approdo, dopo aver

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già riscosso ampi consensi a Parigi alla Galleria de l’Institut nel 1966. Altre numerose mostre personali si sono susseguite non solo in Italia, dove ha anche vinto nel 1974 la medaglia d’oro al Concorso Internazionale di Pittura Italia 2000, ma in gran parte d’Europa, specialmente nei paesi scandinavi e in Germania. Nel 1980 le è stato conferito a Napoli il titolo Accademico Honoris Causa per l’attività nel campo artistico, per citarne alcune delle premiazioni. Ambedue le pittrici, ognuna a modo suo, portano la propria dichiarazione sulla loro natura, sulle loro opinioni, sui loro desideri e la loro raffigurazione artistica. Dai quadri di Jindra Husarikova percepiamo l’impulso


creativo subconscio che non è stato domato e orpellato, al contrario – trabocca di forte carica emozionale che l’artista rifonde durante il processo creativo in sublimazione originale, dove si coniugano esperienze vissute, sogni, immagini mistiche e la magia circense con il messaggio di profonde idee.L’opera di questa pittrice possiamo annoverare nell’ampia corrente dell’arte fantastica che come fenomeno peculiare accompagna l’uomo dalla preistoria fino alla contemporaneità. In tutta la sua opera resta tipica la sua posizione figurativa che oscilla tra il poetismo e il surrealismo, tra la dichiarazione lirica ed espressiva. L’approccio di Sarka Mrazova Cagliero è più contemplativo. I suoi quadri, teneri di sentimento, sono la sua confessione ai luoghi che ha visitato, sono simboli – santuari dai colori raggianti, dalle forme e relazioni mai banali. Sarka, figlia d’arte, nella città termale Karlovy Vary ha frequentato anche la sua prima scuola artistica, ma sono i suoi genitori che la portano sin dalla prima infanzia ai verissages di eccellenti artisti, che insieme alla vivace vita familiare artistica contribuiscono a plasmare la sua sensibilità creativa. Quando si trasferisce per motivi di famiglia in Italia nel 1985, le opere della madre, intimamente conosciute

l’hanno accompagnata nella sua nuova dimora, sicchè la sua naturale ed ereditata predispozione non si è lasciata attendere e come frutto del piacere e della necessità innata crea disegni, dipinti, collages. Dopo e contemporaneamente ai diversi viaggi di studio inizia ad allestire le sue prime mostre prima in Italia e successivamente in altri paesi d’Europa, e anche in Cina. La splendida città termale di Karlovy Vary che sorge sulle sponde del fiume Teplà circondata dalle colline boschive dove ambedue le pittrici hanno vissuto per più di dieci anni à stata fondata nel XIV sec. dall’imperatore Carlo IV quando inseguendo un cervo durante la caccia ha scoperto una delle 12 sorgenti d’acqua calda termale. Da allora le qualità terapeutiche di queste sorgenti apprezzate già nel passato anche dai re e famosi poeti, scrittori, pittori, musicisti come lo splendore della città romantica dai palazzi in stile art nouveau attraggono numerosissimi visitatori. La città ha anche molto da offrire sul piano culturale, con il suo teatro, il Film Festival che si svolge ogni anno nel mese di luglio, sale da concerto, i suoi musei e le sue gallerie…come la Mestskà galerie che ospita questa mostra fino al 30 agosto.

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PIEMONTE

INES DANIELA BERTOLINO

L’artista del Silenzio s’inebria del sogno, ed allora lo spettatore che guarda un’opera fatta e costituita da linguaggi di silenziosi spazi, s’accosterà a quest’arte del racconto pittorico come a un paesaggio proprio, a un paesaggio interiore, a un paesaggio di contemplazione. Si pensi al cielo, a un cielo senza nuvole, a un cielo senza tempo, ove il silenzio non è mai vuoto, ma è soggetto a sé, anzi è insostituibile “voce” recitante. Nell’arte della pittura tutto ciò può assurgere a parabola pittorica, a parabola pittorica dello spazio, del tempo e della vita. Per Keats, tra i migliori cantori del Silenzio, con Leopardi e Rilke, il Silenzio è luogo di nutrimento spirituale. E spesso il Silenzio viene equiparato a un arresto del tempo (il tempo lento di Keats, appunto, ove si può fissare all’infinito un’urna greca) ed il pensiero del silenzio e dell’eternità prepara un pensiero di là del pensiero. Scriveva Rilke che un Silenzio non è mai solo, ma è costituito da infiniti silenzi che in esso si raccolgono. Così per noi, che anche recentemente scrivemmo del Silenzio (Fondazione Bosca, l’azione del silenzio, Canelli 1998), possibile “conversare” oggi con la pittura di Ines Daniela Bertolino.

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Allestita nei raccolti locali della Galleria Dantesca dei fratelli Fogola, editori in Torino da generazioni (a cui va riconosciuto il merito di continuare con dedizione la tradizione di abbinare la lettura dei libri all’arte, la poesia alla pittura), la mostra comprende quaranta opere recenti tra dipinti ad olio, acrilici su tela ed acquarelli. La tematica, o meglio la poetica, è una, che l’artista dedica alla Natura: il Silenzio, ovvero i silenziosi spazi del tempo. Le sue opere sono per noi altrettanti “paesaggi del silenzio”, ove i colori, estremamente meditati e sentitamente “interiori”, sono sostenuti dalla qualità di una indagine espressiva che, come annotava Angelo Mistrangelo in occasione della personale alla Galleria Fogliato 1998, “si stempera in un fare controllato”, avvertendo in essa una felice sintesi d’insieme. Infatti, se è vero che nella sua arte “calma e ponderata” la ricerca (per noi anche tecnica) è soprattutto determinata dalla soave e colta staticità riflessiva, è altrettanto vero che tale sua “filosofia” di vita e pensiero è in parte resa più espressiva e viva da una buona cultura, come dire, cultura “letteraria”, che ne corrobora, accende e rianima squisitamente, ma anche provocatoriamente, la luce


MARILISA GIORDANO

Con la sua pittura ad olio su tavola crea dei portali coi quali sfonda la dimensione della realtà tangibile ed esplora l’oscurità dell’ignoto. La corporeità delle figure femminili governano lo spazio con leggiadria e delicatezza e nell’anonimato rappresentano l’universalità dei sentimenti, dei pensieri, delle paure, dei tormenti e dei desideri che si generano su questo confine. Le figure, realizzate a velatura, conscie della propria bellezza kantiana, nella tentazione di sormontare gli schemi e i limiti imposti dalla realtà, consapevoli di poter scegliere, ma dubbiose nell’abbandonare il concreto e rivelare le proprie intimità segrete, sbirciano “oltre” in ciò che è avvolto nell’ombra e trovano attraverso la Consapevolezza la Libertà dell’anima. Regna il silenzio, la calma. Marilisa crea opere pittoriche iperrealiste sulla base astratta dell’ignoto; la dimensione fantastica dell’arte e quella reale, il presente e il futuro; una finestra aperta al sogno… un continuo ed insistente insieme di contrasti che generano equilibrio. Nasce a Vinadio nel 1980 e attualmente risiede a Boves (CN). Figlia d’arte del padre Tullio, si diploma al liceo artistico Ego Bianchi e si laurea con lode all’Accademia di Belle Arti di Cuneo, allieva del maestro Antonio Carena, attualmente professa nel settore della pittura. Annovera già un curriculum corposo partecipando a

PIEMONTE

numerose mostre nazionali ed internazionali fra le quali: FreeZone Hakassociati, Carmagnola (TO); With-BAM on Tour Hakassociati, Lingotto Fiere, Artissima 14 (TO); Sensibilitè a cura di Cinzia Tesio, Palazzo Sarriod de la Tour, Costigliole Saluzzo (CN); La grafica internazionale da Picasso e Dalì a Schifano e Lodola- Le salon d’art Alpi Cozie Marittime a cura di Ivo Vigna, Casa Francotto (CN); Dus mundos un arte galleria la Pigna (RM); Iside Contemporanea a cura di Ferdinando Creta, Museo Arcos (BN); Salon des Refuses-Art Urban Parking curata da Giorgio Grasso, presentata da Vittorio Sgarbi, Bra (CN); Oltre i confini Galleria Artex Ràmnicu Vàlcea, Romania; Arte, Moda, Musica a cura di Nikolinka Nikolova e Giorgio Barberis, Villa Amoretti (TO); Ulisse‘69 Fortezza del Priamar (SV); Afrodìsia presentata da Vittorio Sgarbi, Bandissero d’Alba (CN). Conta diversi premi: Premio città di Alba (CN); Millenium- la rinascita Museo scienze naturali (TO); International Contest 2014” Satura Palazzo Stella (GE); The Artist Coronari111Art Gallery Roma; Rassegna d’arte emergente3 Galleria del Cavallo (SV); WAB Bra (CN). Hanno scritto per lei: Antonio Ferrero, Andrea Domenico Taricco, Ivo Vigna, Ferdinando Creta, Francesca Bogliolo.

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PIEMONTE

FRANCESCO ITALIANO

Si è diplomato al Liceo Artistico di Torino alla fine degli anni sessanta in un periodo turbolento ma ricco di elevate aspirazioni sociali e culturali . In tale periodo le cattedre della scuola di via Accademia Albertina erano occupate da nomi che , negli anni futuri avrebbero contrassegnato lo scenario dell’arte pittorica torinese , personaggi dei quali Francesco ne può vantare la frequentazione e gli insegnamenti . Tra questi ricordiamo Chessa, Carena , Sciavolino , Casorati , Tabusso , Viano , Paulucci . Ha frequentato per alcuni anni la facoltà di Architettura con uno spiccato interesse per la sociologia urbana e i conseguenti problemi architettonici legati allo sviluppo industriale della città. Tutto ciò fu utile al consolidamento della sua cultura e alla sua impostazione scientifica , rafforzando e completando la sua “ coscienza del sociale “ . I colori sono forse preferiti ai giocatoli e Francesco sin da piccolissimo scopre il piacere della comunicazione attraverso il disegno e la pittura L’arte di Francesco Italiano si caratterizza per i suoi profondi e sentiti significati sociali con sofferta attenzione verso le complesse e apparentemente irrisolvibili problematiche sociali dell’ambiente e

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della salvaguardia dei valori umani ed universali .. Una pittura a volte inquietante , densa di simboli e riferimenti di denuncia , con toni coloristici e chiaroscuri forti e cupi e grandi contrasti apparentemente pessimistici che presentano sempre e comunque squarci di apertura alla speranza. Ma Francesco ama sopratutto la sperimentazione e i suoi lavori sono particolari come tecnica e impostazione . e quindi “ riconoscibili “ . Non ama fossilizzarsi in un unico percorso pittorico . Concettualmente ama inviare un messaggio di impatto che stimoli l’osservatore a vivere e interpretare in modo personale le immagini proposte con lo scopo non celato di educare a superare l’immagine e autonomamente andare “ oltre “ , attraverso la fantasia , il sogno , la favola , la poesia , elementi colpiti ormai da “ atrofia “ , appiattimento e azzeramento delle menti che vivono questo nostro nuovo “ medioevo “ che caratterizzano la storia del nostro tempo nel corso della sua sperimentazione ha creato serie diverse di opere che vanno Dal figurativo all’informale e al concettuale.... Tra questi gruppi di opere ricordiamo: Il “favolismo filosofico, Disastrazioni


FRANCESCO SICLARI

Nudo nel blu 1988 - cm 60x50

Siclari Francesco nasce a Campo Calabro (RC) il 2 luglio 1940, nel 1952 con la famiglia si trasferisce in Piemonte, alla periferia di Torino.Fin da piccolo ha un trasporto innato per la pittura. Ha sempre disegnato, poi è passato alla alla china, alla tempera, all`acquerello. L`olio era inaccessibile, i materiali costavano troppo. Francesco aveva ben presente i sacrifici che la famiglia faceva per mantenerlo agli studi e non avrebbe mai osato chiedere una lira per l`acquisto dei colori ad olio. Un giorno, Il 2 luglio 1961, giorno del suo compleanno. il fratello Domenico gli regala 10.000 lire . Immediatamente Francesco si reca aTorino, va al negozio `Garignani Belle Arti` in Via Lagrange, meta delle sporadiche visite in centro, dove lasciava gli occhi e il cuore attaccati alle vetrine, e questa volta entra dentro con l`emozione a mille. Acquista una cassetta a 7.200 lire. Finalmente puo dipingere ad olio! Il tempo di cui dispone, dopo aver studiato, viene dedicato alla pittura ad olio. Le tele dipinte sono due, tre, quattro... sette....Un giorno Domenico, entrando nella stanza dove

PIEMONTE

La Stura dopo la piena 2001 - cm 70x60

Francesco sta dipingendo gli dice: `Ma stai sempre a dipingere, ma fai qualche mostra!` . Non era un appunto quello del fratello, ma solo un invito a muovere i primi passi nel campo dell`arte. Francesco si iscrive al Piemonte Artistico e alla Promotrice delle Belle Arti. Partecipa alle esposizioni di entrambi gli Enti. Non condividendo i criteri di selezione, non si iscrive oltre il primo anno. E` presente alle estemporanee piu importanti dove va per condividere momenti di vita pittorica con dei bravi colleghi, Mari di Milano, Castiglioni di Busto Arsizio, Mainardi di Bologna, Sollazzi di Pavia, per citarne alcuni. Sono tutti artisti conosciuti al contea di Bormio, che vince nel 1974. Entra a far parte del gruppo `En plein air` di Bormio, diretto da Walter Visioli. Insieme a 30 pittori, vincitori di concorsi nazionali, è presente a New York nel 1972, in una mostra al Lincoln Center, dedicata a Giuseppe Verdi e ai paesaggi del Busseto. sito web: www.siclarifrancesco.com mail: siclarifrancesco@yahoo.it cell.348.42 06 683

La poesia del silenzio- Phuket 1994 olio su tela 80x60

Vicoletto della mia infanzia- Campo Piale

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PIEMONTE

ANDREA GATTI

L’ucronìa (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale. Il termine ucronìa deriva dal greco e significa letteralmente “nessun tempo” (da οὐ = “non” e χρόνος = “tempo”), per analogia con utopia che significa “nessun luogo”. Indica la narrazione letteraria, grafica o cinematografica di quel che sarebbe potuto succedere se un preciso avvenimento storico fosse andato diversamente. Il termine è stato coniato dal filosofo francese Charles Renouvier in un saggio (Uchronie) apparso nel 1857. Gli anglosassoni usano invece il termine più immediato alternate history (storia alternativa). [cit. wikipedia] Derivati direttamente dalla serie Mecha, le Ucronie sono un gioco di immagini di storia e fantascienza, robot e mostri, tutti i ingredienti per incendiare l’immaginazione. http://www.agatti.com/project/ucronie/

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http://www.agatti.com/project/ucronie/


DIVISIONISMO

percorso storico di un’evoluzione pittorica a cura di Giovanna Arancio

“Compito dell’artista non è quello di copiare letteralmente tutto ciò che si vede, ma è una funzione intellettiva sulle forme e sui colori del vero... L’artista deve anzitutto rinunciare alla speranza di ritrovare nel mondo esteriore il quadro già composto. La verità dell’arte è lontana dalla contraffazione del vero.” (Gaetano Previati) Il Divisionismo non è una scuola né un movimento, semmai una” strada”. (Gustavo Macchi) Prende avvio a partire da fine ottocento ( la prima uscita pubblica di rilievo è rappresentata dalla prima triennale di Brera del 1891), è portatore di novità e pronto a cimentarsi in nuove tecniche, non coincidenti con quelle del postimpressionismo di Seurat e colleghi (cui nessuna conoscenza era pervenuta nei primi anni novanta). Esso abbandona il naturalismo paesaggistico imperante, si cimenta intorno alle tematiche che fermentano in quegli anni e traccia interessanti percorsi pittorici che si intrecciano fra Torino e Milano; quest’ultima resterà sempre un punto di riferimento anche se la maggior parte degli artisti non sceglieranno come residenza questa brillante città dell’epoca, italiana ed insieme europea,. Fra gli esponenti principali si annoverano Vittore Grubicy de Dragon, Giovanni Segantini,Gaetano Previati, Angelo Morbelli, Carlo Fornara, Plinio Nomellini ed Emilio Longoni. Si tratta di una pittura di luce, aperta ad inediti effetti ottici ma le cui realizzazioni artistiche non hanno la staticità del puntinismo, sofisticata ricerca cromatica francese nata un quinquennio prima. Tecnicamente il tratteggio a volte diventa filamento arabescato o delinea altre forme assumendo via via nei vari artisti segni diversi consoni alle poetiche di ciascuno. L’arte divisionista convoglia da un lato l’atmosfera composita che si respira in Europa, il Simbolismo in particolare, dall’altro lato rappresenta il canale naturale cui affluirà il nascere del futurismo: strategicamente importante ed interessante, questo passaggio artistico che costituisce il “nuovo “ lascia dietro di sé dipinti di notevole fattura. In esso trovano spazio anche le problematiche sociali, specie con Pellizza da Volpedo, e in seguito con Balla e Boccioni si riconoscono invece i primi fermenti che sfoceranno nel movimento futurista. Se all’inizio Pellizza da Volpedo considera il divisionismo essenzialmente un mezzo tecnico, nel 1911 Boccioni

proclama che esso è un “atteggiamento dello spirito”; è pertanto in atto un processo emozionante di evoluzione. Va ricordato che, prima di elaborare con Marinetti il celebre “Manifesto dei pittori futuristi”, Boccioni combina liberamente temi letterari, modern style e divisionismo. Quest’ultimo non diventa una poetica di gruppo bensì l’espressione sincronica di linguaggi individuali. Il Divisionismo rappresenta sia un filone di aggiornamento sui codici europei, sia un filone innovativo che propone l’espressione di emozioni e sentimenti declinandola con tendenze simboliste sia ancora si appunta sullo studio ottico-scientifico del fenomeno luminoso; a proposito di Nomellini si fa cenno a uno “sprazzo di sole tolto a una giornata veramente vissuta”(F.Cagianelli). Il Divisionismo, pur se concluso nella sua fase storica alla data 1899, anno della scomparsa di Segantini, sarebbe sopravvissuto in una folta schiera di artisti della generazione successiva, non soltanto quella dei Carrà e dei Severini, per i quali avrebbe rappresentato la strada maestra verso l’avanguardia futurista, ma anche e soprattutto nei giovani piemontesi e lombardi che l’avrebbero reiterato in temi montani e di paese fino agli anni venti-trenta del XX secolo.

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CRISTINA LEFTER Hiroschima dream, 80X34, tecnica

LOMBARDIA

da vicino i suoi dipinti colpisce non solo l’accostamento cromatico di volta in volta scelto, ma persino lo spessore dell’impasto e le pennellate sempre nervose, decise, caustiche. Cristina ha un’anima dolce e gentile con un fondo di violenza e incazzatura direi. Di forza. Tantissima forza. Qualche volta sembra la versione femminile di alcuni lavori tardi di Schifano. Quelli con i fondi altalenanti tra i blu e i verdi e sopra decine e decine di pennellate circolari: di cerchietti fatti col blu, il giallo, il rosa, il rosso. Una sorta di spirale cromatica autoreferenziale. Lo studio delle composizioni cromatiche, nel mio caso, impone silenzio, concentrazione, lunghissime attese prima di riempire magari un centimetro quadrato. Ripassi e ridipinture alla ricerca di veli e sovrapposizioni. Ma dire alla Lefter tutto ciò non solo è impossibile. Sarebbe come ululare alla luna cercando di spostarla. E’ la densità delle sue vibrazioni che sposta. Davanti ad alcuni suoi lavori ho la sensazione d’essere preso a spintoni. D’essere schiaffeggiato. Sono le colate pollockiane tra i racemi dei rami che accarezzano lo sguardo tra le esplosioni cromatiche e violente. Personalmente ho una preferenza per i suoi lunghi indugi tra i rosa e i turchesi. Quando il pennello accarezza circolarmente il fondo della tela. Ma anche in questi casi la forza e l’irruenza sono ben presenti proprio negli spessori del colore. La pittura della Lefter assomiglia a una droga sintetica. Solo che invece di distruggere le cellule cerebrali le illumina di colpo con una luce improvvisa e violenta. Viva la pittura! Forever. Paolo Manazza

www.cristinalefter.it

Senza i colori saremmo morti. Almeno tutti noi che viviamo in città. E ovviamente, a piedi, passiamo per gli incroci regolati dai semafori. Saremmo certamente più tristi. O forse l’abitudine alla monocromia -alla modulabile gamma dei grigi tra il bianco e nero- riuscirebbe a costituirsi come una modalità adattabile persino alla gioia? La domanda oltre che complessa è infinita. Secoli di studi, migliaia di saggi e ricerche hanno sviscerato la questione su molteplici livelli di senso. Dalla fisiologia alla quantistica. Dalla psicologia alla teologia. Cosa diavolo è il colore? Il quesito è inevitabile di fronte ai quadri della Lefter. Che sembrano prenderci per il bavero della giacca e spintonarci sino a buttare di forza il nostro viso in mezzo a dense pennellate di bianchi zinco o titanio, gialli limone, blu indaco e rossi porpora o magenta. Un impatto violento. Quasi scioccante. Una pittura con un che di allucinogeno. Se fossimo negli anni Sessanta o Settanta sarebbe perfetta per le cover dei dischi in vinile di gruppi musicali collaterali all’acido lisergico. Ma siamo nel 2011. E per il muto dizionario il colore “è la percezione visiva generata dai segnali nervosi che i fotorecettori della retina mandano al cervello quando assorbono radiazioni elettromagnetiche di determinate lunghezze d’onda e intensità”. Difficile? Basta rileggerlo piano. Non solo la Lefter ha dei segnali nervosi e delle cellule foto recettive molto spesse, direi quasi violente. Ma con le sue mani, grazie ai pennelli, spara dentro il nostro cervello degli interi caricatori di radiazioni elettromagnetiche. Bum Bum! Ra-ta-ta-ta-ta-ta-ta!! Wow! Se guardate

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Il giardino dell'anima, 100X100

Dripping nature, 150X100, smalto su tela


FERNANDO ANTONIO SPANO’

Nasce a Catania nel 1944, medico di famiglia a Saronno, si forma alla Civica Scuola di Pittura intorno all’anno 2000. Suo maestro il pittore Vanni Saltarelli, frequenta a Legnano la scuola di Disegno, docente Eliana Tosi, a Castelfalfi corsi di Mix Media, docente Alan Bond. Attivo nell’Associazione Artistica FareArte di cui è Vice Presidente, partecipa a numerosi concorsi ed esposizioni ricevendo favore di pubblico e di critica, vincendo anche numerosi premi. Lavora a Saronno presso l’atelier “senza Titolo”. Vita artistica breve, forse, ma se letta attraverso le opere intensa; densa di significati e di storie “vissute”.

LOMBARDIA

L’Uomo e la Donna popolano le sue opere: escono dalla tela e dai fondali dosati nel colore e nella pennellata lunga e a volte pacata, a volte significativamente tormentata. E si muovono con intensa espressività; i soggetti delle sue opere ti osservano con aria interlocutoria e sono come in attesa di una domanda, un perché, una risposta: si trasformano in oggetti pensanti, ricchi di interrogativi, silenzi, suoni... Ed allora puoi ben capire che “il medico di famiglia” quando dipinge proietta storie, esperienze e fantasie della propria esperienza quotidiana ed umana sulle proprie tele.

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LOMBARDIA

GIORGIA MEACCI

Je

Ho iniziato a lavorare come assistente colorist nel 2006 per unire le mie due passioni, la pittura e il video, in un’unica professione: fare color grading. Ho affiancato diversi senior colorist, italiani e stranieri, occupandomi di scansioni da pellicola 35mm e 16mm, conversione di files digitali (Red, Alexa, etc.) e color grading su Da Vinci Resolve. Amo approfondire i segreti della color grading, studiandone sia gli aspetti tecnici che le implicazioni emozionali. Attualmente vivo e lavoro come freelance a Milano.

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Bagdat

Formazione: laureata con lode presso il D.A.M.S. di Firenze, da quasi 20 anni dipingo ed espongo le mie tele, ho studiato pianoforte, violino e chitarra, seguito il master in “Video, montaggio, VFX” presso il V.R.M.M.P. di Torino, il training “Color management for D.I.” con Michael Chenery presso Cine-tal, ed i corsi “Popular Looks” nel 2013 e “Advanced Color Design” nel 2015 con Kevin Shaw presso l’International Colorist Academy a Londra.

La- via


SERGIO ROSSO (ROSSI)

Rosso e’un artista che opera con uno stile personale in cui si fondono elementi figurativi e astratti, in una sintesi simbolica di singolare efficacia. Con le sue tecniche miste Rosso realizza delle opere dall’impianto costruttivo e spaziale severo, ma anche liberamente articolato. In lui si muovono forze contrapposte: quelle votate all’irruenza e all’emozionalita’ del gesto creativo e quelle che, viceversa, lo inducono al controllo razionale e alla scelta di soluzioni d’ordine e di geometria. Il colore,con la sua eloquenza espressiva e comunicazionale, fa da arbitro a questa contesa. F.Migliaccio Dal 1967 ha esposto in piu di 200 sedi d’arte, pubbliche e private, conseguendo premi e segnalazioni di merito in manifestazioni nazionali e internazionali. Negli anni 70 espone in permanenza presso la Galleria S.Barnaba di Milano. Successivamente collabora con il critico d’Arte Carla Magistretti, di Varese, con esperti d’arte,galleristi e collezionisti.

LOMBARDIA

Si sono interessati alle sue opere diversi critici ed esperti d’arte: Mario Portalupi-Antonino De Bono-Lino LazzariEnotrio Mastrolonardo-Carlo Fumagalli-G.Beldi, Gino Casiraghi-Giuseppe Casiraghi-Giorgio Falossi-Renato Tomasina-Attilio Colombo-Franco Lodigiani-Anna Galliani-Lia Ciatto-Anna Peracchio-Vito Cracas-Michele Piccirillo-PierFranco Bertazzini-S.Perdicaro-John RiggMatteo Galbiati-Luigi Soru-Franco Tettamanti-Tony Condello-Gabriella Pepe-Carla Magistretti-Felice BonalumiCristina Palmieri-Alberto Moioli……. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.Tra le tante si ricordano 3 opere datate e di grande formato, collocate nella parrocchia “Regina del Santo Rosario”in Arcore e 2 opere nel Museo “Arte e Scienza” di Milano. Nel secondo semestre del 2014 gli e’stata dedicata una sala nel “Museo Arte e Scienza”di Milano per una esposizione trimestrale di grande pregio artistico. Rossi - Studio : via Umberto I° n.44 – Arcore (MB)

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EVENTI

VALLE D’AOSTA

Marc Chagall al Forte di Bard Dal 25 giugno al 13 novembre 2016

AOSTA - Arriva al Forte di Bard, in Valle d’Aosta dal 25 giugno, una grande mostra dedicata a Marc Chagall dal titolo Marc Chagall. La Vie, a cura di Gabriele Accornero, Consigliere Delegato dell’Associazione Forte di Bard. Il pezzo forte della mostra sarà appunto la monumentale opera La Vie, realizzata dal pittore nel 1964, che sarà esposta per la prima volta in Italia. L’opera riunisce in sé la maggior parte dei temi che caratterizzano la produzione artistica di Chagall, quasi in una sorta di autobiografia per immagini. I legami riscontrabili fra questo dipinto e i temi appartenenti alla sua cultura figurativa invitano a instaurare una relazione dialettica con le altre opere, di tipologia differente, proposte nel percorso di visita. 22

Tra dipinti, acquerelli, gouaches, litografie, ceramiche, tappezzerie e la serie delle 105 tavole della Bibbia, la mostra rivela l’intera poetica artistica e spirituale dell’artista ebreo, tra i più amati del Novecento. “Un approccio sensoriale legato al piacere delle forme, dei colori e della poesia”, si legge nella presentazione alla mostra. Tra immagini surreali, visioni fantasmagoriche, figure fluttuanti, nulla è sottoposto alla legge razionale, ma è sempre la forza fantastica della fiaba, è la libertà creativa svincolata da ogni principio di realtà a prendere il sopravvento. In questo modo quello che ci restituisce la poetica di Chagall è appunto la visione di un universo riconciliato grazie alla vita, all’amore e all’arte. La mostra sarà aperta fino al 13 novembre 2016.


265 opere articolate in un percorso tematico permetteranno un avvicinamento progressivo all’universo creativo del grande maestro. In esposizione anche l’intera serie delle 105 tavole della Bibbia

Vademecum Marc Chagall. La Vie 25 giugno 13 novembre Forte di Bard, 11020 Bard AO T. + 39 0125 833811 - 833824 Prenotazione gruppi T. + 39 0125 833817 prenotazioni@fortedibard.it 23


CARLO PITERA’

Sirene in offerta

Il Santo Bevitore

autoritratto

Carlo Piterà ha la dote di un tratto pittorico di assoluta nitidezza e precisione virtuosistica, che egli esercita in composizioni dense di eventi e avvertimenti inquietanti. La sua tavolozza appartiene dunque alla tradizione, mentre i suoi contenuti derivano chiaramente dalla scuola del Surrealismo, con cui si fanno i primi incontri, nel mondo dell’arte, degli anni Trenta del secolo scorso. Piterà è quindi legato strettamente a un’esecutività figurale imprescindibile dalla cultura museale, anche se la sua poetica non cita mai il passato seguendo piuttosto un percorso del tutto personale. Ogni suo lavoro affronta una tematica propria, enunciando un assunto chiuso e concluso; si tratta di situazioni emblematiche rivelate anche dal titolo, che ne rende trasparente il significato. Ciò che è sempre ben presente nelle sue composizioni è la condizione esistenziale dell’uomo e della donna, rappresentata visivamente attraverso metafore visive sorrette dalla purezza del tratto pittorico, e da un’espressività assai vicina al Realismo Magico.

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Frutto di un abile disegno preparatorio, il lavoro dell’artista si concentra sui corpi e sugli oggetti con meticolosa attenzione, lasciando che il suo messaggio emerga da un contesto narrativo reso incongruo da un particolare significativo, senza il quale tutto potrebbe rientrate nella normalità del quotidiano. Un’antiquata vaporiera diventa quindi veicolo infero, grazie al volo di un cappello che segna l’inerme nudità di un viaggiatore diretto all’Aldilà; allo stesso modo due mani che escono dalle maniche vuote di un soprabito appeso in un armadio e un cuore trafitto di spine diventano un ricordo bruciante di un’assenza. Lo spazio pittorico diventa quindi pagina narrativa, diario di un’esperienza primaria che riguarda sempre o la vita, o la morte, o l’amore. Paolo Levi

la madre terra

LIGURIA


dolci ire - 2011 - 100x100

SATURNO BUTTO’

VENETO

B-Sides: Dalla tua biografia mi stupisce che abbia iniziato tardi a proporti e rendere pubblica la tua arte, nonostante, da sempre, ti sia dedicato con costanza alla pittura. Come mai?

2012 - la sindrome di Stendhal - cm 50x65

Saturno Buttò: Sono una persona timida e introversa, mi ci vuole tempo per fare le cose e devo sentirmi sicuro di ottenere quello che desidero. Probabilmente non mi sentivo pronto.

2009 - edel blood sacrifice - cm 125x80

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B-Sides: L’arte spesso ha il difetto di non saper comunicare. La tua, al contrario, sembra attirare soprattutto un pubblico giovane (il più difficile da coinvolgere e il più curioso allo stesso tempo), forse perché più abituati a estetiche fetish/dark e a modificazioni corporee. La maggior parte di loro ha piercing, tatuaggi, dilatatori. Cosa ne pensi? Sei tu che li ritrai o loro che si rispecchiano? Saturno Buttò: Non saprei, è reciproco. Però è vero che la mia pittura interessa più i giovani... comunque è naturale, da un lato rappresento qualcosa che ‘sentono’ e dall’altro c’è l’espressione tecnica che, inevitabilmente, affascina ancora di più oggi dove l’unicità di un certo modo di fare immagini stride con il sovraffollamento iconografico iperriproducibile (se così si può dire) che ci circonda.

l’angelo e la vergine - 2015 - cm 70x70

B-Sides: Hai esposto a Berlino, Los Angeles e New York, ma sembra tu vada orgoglioso di non esserti mai spostato da Bibione, alla faccia di chi afferma che per essere artisti bisogna vivere nelle grandi metropoli mondiali. Saturno Buttò: Ho sempre pensato che la priorità sia lavorare bene e con continuità. Che tu sia a LA oppure a Bibione non cambia. Comunque poi il lavoro si sposterebbe, ovvio che qui ho tutto quello che mi occorre, diversamente da qualsiasi altra località. Oppure bisognerebbe essere ricchi per farsi uno studio come si deve altrove. Ma, a conti fatti, io non sono uno mondano e non sento la necessità di particolari stimoli o confronti...

B-Sides: Sembra tu sia molto più orientato ai “classici” più che all’arte concettuale contemporanea. I tuoi quadri sono quasi caravaggeschi e l’uso della luce ricorda i dipinti di George de la Tour. Chi sono i tuoi riferimenti artistici. Saturno Buttò: Il mio riferimento tecnico è l’immagine rinascimentale (monumentale e autorevole) non c’è niente che possa venir paragonato, delle cose di oggi, che evochi la stessa forza e calore... Poi però non sopporto che ci si limiti a realizzare un bel quadro senza nessuno spessore concettuale, incapace di rappresentare il proprio tempo storico, cosa che facendo pittura spesso succede. I miei riferimenti artistici vanno dai pittori del ‘400 alle avanguardie del ‘900. Cito Gina Pane per esempio. In ogni epoca riscontro grandi autori capaci di segnare il loro tempo. Per uno che lavora sulla figura la body art è una delle discipline artistiche più interessanti. Tra antiche rappresentazioni di santi e martiri e fotografie di performances contemporanee non vedo molta differenza. Entrambe sono “esibizioni di misteri primari”.

B-Sides: La diffusione della rete ha contribuito a farti conoscere? Trovi che Internet possa veramente rappresentare un valido percorso alternativo per promuoversi? Saturno Buttò: Certamente! Grande cosa la rete. A maggior ragione tu puoi rimanere ‘decentrato’. Con internet hai il mondo sottomano. B-Sides: In questi anni ho riscontrato una particolare stanchezza nell’arte. Poche idee, spesso piuttosto banali, povertà di mezzi e tecniche. Come ti poni e cosa pensi dell’attuale panorama artistico? Saturno Buttò: La necessità di colmare le tante richieste (vista la costante crescita demografica) costringe il sistema a sdoganare ogni tipo di cose. Vedi per esempio il ‘900 cosa si è inventato. Niente in contrario sia chiaro. Ma il valore nell’arte moderna e contemporanea è un fenomeno relativo, tutto si può giustificare, perché ha a che fare con il mercato. Personalmente non ci penso, ho una mia etica e rispetto ogni espressione artistica. Semplicemente so riconoscere un prodotto qualitativamente buono e mi baso sul mio istinto anche nel fare le mie cose.

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blade lovers- 2015 - cm 70x70


B-Sides: I temi sono, infatti, molto forti nei tuoi lavori, rappresenti sofferenza ed estasi come se fossero sessioni sadomaso. Come mai dolore e piacere, sottomissione e dominazione sono il soggetto ricorrente nei tuoi quadri. Saturno Buttò: Perché, in definitiva, l’umanità gira intorno a queste cose. In arte puoi scegliere tra l’impegno sociale, la decorazione oppure una visione intima, profonda dell’uomo e in quest’ultimo caso quello che conta (come diceva Woody Allen) è ‘sesso e decesso’, io credo di appartenere a quest’ultima categoria. B-Sides: Anche temi religiosi sono ricorrenti nei tuoi lavori, ma il sacro è sempre usato per mettere in scena qualcosa che appare peccaminoso, o almeno ambiguo. Saturno Buttò: Ovvio! Io ritengo, come sostiene Camille Paglia, che la Natura è l’unico grande problema morale. La religione (quella cristiana più di altre) è contro natura, spesso le cose contro natura sono eccitanti e anche creativamente stimolanti. Dunque la religione è di per sè un peccato! Io mi adeguo...

sacrifice - 2013 - cm 160x125

B-Sides: Cosa intendi per misteri primari?

“Ulteriori info su www.saturnobutto.com”

Saturno Buttò: Tutte quelle risposte che non otteniamo nell’ambito della nostra fisicità e spiritualità. Continuiamo a interagire con il nostro corpo (anche in modo violento) per una volontà di conoscenza, ma con pochi successi... e mi pare che il fenomeno si rinnovi sistematicamente con sempre nuovi e aggiornati rituali. Magari è solo una necessità di sentirsi vivi.

brighter than a thousand suns - 2015 - cm 70x70

pure ria - 2016 - cm 110x80

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VENETO

CLAUDIO BRUNELLO

Emersione - 2015 - 85x85 cm

Inside - 2015 - 85x85 cm

Classe 1954, la mia formazione culturale, fino ai venti anni, avviene a Torino. Nel capoluogo piemontese conseguo il diploma di vetrinista d’abbigliamento e tessuti, il mio insegnante di scenografia è l’artista piemontese Claudio Rotta Loria. Nel 1974 il trasferimento a Bassano del Grappa (VI), ha provocato una battuta d’arresto alla mia creatività. Dall’iniziale interesse verso l’Optical Art, lentamente sono stato coinvolto verso la libera Arte Informale. Approdo, dopo varie ricerche, nel 2002 ad un fare arte autonomo, caratterizzato da monocromia e materiali residuali, come: pietra, legno, sabbia, tessuto, carta, ferro, plastica. Essi costituiscono l’impianto del mio fare arte, ha inizio, con lentezza e meditazione una post-produzione. Un processo creativo che si sviluppa e articola in una partitura, che assorbendo l’intensità dei materiali coinvolti e il dialogo nascente fra loro, mi coinvolge nel tempo dell’azione. Il fascino del vuoto che l’assenza di funzione degli elementi decisi crea, è colore

bianco o nero che esiste tra gli oggetti presenti e il loro “giusto porsi”. Si sviluppano immagini mentali e intuizioni, manifestazione del mio sapere esperienziale addizionato e stimolato nel tempo, che si palesano in assemblaggi su tele, installazioni e sculture. Mi dedico all’arte a tempo pieno, come artista e promotore culturale. Nel 2014 ho affiancato all’attività d’artista anche quella di designer e ho creato con mio figlio Nicolò la Brunello Art Design. Produciamo monili, oggetti e lampade complementari all’arredo contemporaneo con una componente concettuale. Ho esposto in Italia e all’estero, mie opere sono presenti in numerosi negozi di design d’arredo e in collezioni private e pubbliche.

Quel giorno ho deciso - 2014 - 85x85 cm

Happy - 2016 - 85x85 cm

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Contatti: www.brunelloartedesign.com info@brunelloartedesign.com Tel: 0424 505623 Cell. 339 7792101


VENETO

MARILENA BORDIN

La semplicità sta nell’evoluzione dedicata costantemente alla ricerca ed interpretata con idee nuove.. questa è Mary Bordin. L’artista fa emergere le sue sensibilità verso la realtà che vive intensamente. La sua è una pittura spontanea che sorge da una necessità di dare corposità alle idee. Le opere sono ben bilanciate sia nelle forme sempre armoniche, che nell’accostamento cromatico, frutto di ricerca attenta e precisa. Lo studio del colore impone alla pittrice esperienze nuove con tecniche miste , con impasti plastici che offrono corposità alle opere. Le sue raffigurazioni ci invogliano a riflettere sui soggetti, sulla luce e sulle evocazioni che l’artista pone in ogni suo lavoro per immedesimarci nella sua realtà artistica, capen-

done emozioni e vibrazioni.

Docente d’arte G. Sorgato

L’artista ha esposto in tutta Italia e all’estero Germania, Austria, Spagna, Croazia, Inghilterra, Francia, Cina, Olanda, Giappone Le sue opere si trovano in permanenza alla Fondazione Campana dei Caduti di Rovereto, Ospedale Pediatrico di Padova, Palazzo della Regione di Trento, Alexander Museum Palace Hotel Marilena Mary Bordin Studio 10 Art - Piove di Sacco Padova contatto 3386180193 www.nullasicrea.blogspot.com www.marybordinartist.blogspot.com

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Provincia Autonoma di TRENTO

I pittori della luce Dal Divisionismo al Futurismo Mart Rovereto

25 GIUGNO 2016 / 09 OTTOBRE 2016

Dopo il grande successo di Madrid giunge al Mart la grande mostra “I pittori della luce. Dal Divisionismo al Futurismo”, a cura di Beatrice Avanzi, Daniela Ferrari e Fernando Mazzocca, in coproduzione con la Fundación MAPFRE di Madrid.

l progetto espositivo, che comprende capolavori provenienti dalle Collezioni del Mart e prestigiosi prestiti pubblici e privati, narra le origini e lo sviluppo del Divisionismo, che ha svolto un ruolo fondamentale nel rinnovamento artistico italiano tra fine ‘800 e inizio ‘900, trovando il suo ideale seguito nell’avanguardia futurista. Il Divisionismo si afferma nel 1891 alla Triennale di Brera, con la prima uscita “pubblica” di un gruppo di giovani pittori: Segantini, Pellizza da Volpedo, Morbelli, Longoni, sostenuti da Vittore Grubicy de Dragon. A partire da una rivoluzione visiva derivante dalle scoperte scientifiche sulla scomposizione del colore e incentrata sul potere espressivo della luce, cambiano anche i soggetti dipinti, tesi verso una modernità nei temi raffigurati che spaziano dai contenuti sociali, in un’Italia da poco unita ancora in cerca di una propria identità culturale, a soggetti più lirici legati alla tendenza internazionale del Simbolismo.

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Sulla forza rivoluzionaria di questa nuova poetica e sulle sue basi tecniche nasce, all’inizio del ‘900, ilFuturismo, movimento d’avanguardia ideato dal poeta Filippo Tommaso Marinetti, che irrompe sulla scena artistica nel 1910 con il Manifesto dei pittori Boccioni, Balla, Carrà, Russolo e Severini. La scomposizione della luce divisionista associata a quella della forma e a una vocazione alla rappresentazione del movimento e della velocità della vita moderna, capisaldi della poetica futurista, proiettano l’arte italiana nel cuore del coevo dibattito artistico europeo. È in questo confronto tra due generazioni che si definisce la nascita della pittura moderna in Italia.


TRENTINO

ANDREA VIVIANI

Equilibrio instabile, 2013 Smalti in riduzione su ceramica refrattaria dim. 40x40x143 cm

Fiore a molle, 2015 Smalti su ceramica refrattaria dim. 50x50x242 cm

Fiore a palle, 2016 Smalti su ceramica refrattaria dim. 50x50x200 cm

Fiore d’occhio, 2016 Smalti acrilici su poliuretano espanso dim. 50x50x216 cm

RITMI INSTABILI Inaugurazione sabato 17 settembre 2016 ore 11.30 Musei di Villa Torlonia, Casina delle Civette - Via Nomentana 70, Roma Catalogo con testi di Maria Grazia Massafra e di Gianluca Ranzi. Il catalogo verrà presentato al pubblico il 15 ottobre 2016.

La mostra è aperta al pubblico da domenica 18 settembre 2016 fino a domenica 15 gennaio 2017 Lo scultore Andrea Viviani presenta in mostra una quindicina di sculture a stelo ed alcune installazioni concepite appositamente per lo spazio della Casina delle Civette dei Musei di Villa Torlonia a Roma. Lo spazio, la ceramica e la natura sono protagonisti di questa mostra, a cura di Gianluca Ranzi, che alterna la verticalità delle singole sculture all’estensione delle stesse nello spazio museale, anche dando luogo ad installazioni ambientali (La Camera dei Nodi, 2016), a parete (Ritmi Instabili, 2016) o sospese che fluttuano nello spazio (Meteore in fiore, 2016). In questa mostra la materia (la ceramica refrattaria) e lo spazio portano sempre in sé la memoria dello sforzo fisico dell’artista, che plasma, tornisce e cuoce, ed è proprio nella vulcanica lotta tra gli elementi che Andrea Viviani scatena nel forno di cottura, che si creano, secondo l’antico processo della ceramica Raku giapponese, effetti cromatici e riflessi opalescenti e traslucidi. Infatti fronde, aghi di pino e foglie vengono usati da Viviani nel forno di cottura per intensificare il processo di riduzione, e così intaccano le superfici della ceramica segnandola con eccentriche evoluzioni, segni e striature, tragitti grafici che non si ripetono mai uguali, marchi indelebili delle lame di fuoco, ramature dall’oro al rosso-bruno e dal celeste al viola. In considerazione dell’acceso cromatismo delle sue scul-

ture, non va dimenticata l’ammirazione dell’artista per lo sperimentalismo di Fortunato Depero, di cui si sente un’eco lontana nella capacità plastica di Viviani, anche vibrante di ironia (si vedano a proposito i suoi fantasmagorici totem di pesci), di musicalità e di ritmica naturale. Da Depero viene anche l’interesse estremo per i materiali e per le tecniche, per la varietà degli effetti cromatici e per la ricerca di sempre nuove soluzioni realizzative e compositive. Nell’attenzione alla natura, che quindi non è semplice mimesi di forme, quanto piuttosto una sintonia empatica con i suoi ritmi e con i suoi processi, Andrea Viviani fa della propria intuizione e dell’osservazione all’ambiente che lo circonda, il centro di una pratica d’indagine sul mondo poetica e profonda, che sa comprendere anche le leggi del caos, dell’instabilità, dell’imprevedibile e dell’irregolare. Andrea Viviani è nato a Tione di Trento nel 1970. Frequenta l’Università di Venezia e Trento dove si laurea in Economia Politica. Nel 2000/2001 approfondisce la tecnica ceramica presso l’atelier di Roger Capron a Vallauris in Francia. Alcune opere di Viviani sono presenti nel Keramic Museum Westerwaldmuseum of Hohr-Grenzhausen di Koblenza e presso il Museo delle ceramiche Cielle di Castellamonte (TO). Nel 2002 apre il suo studio a Madonna di Campiglio dove attualmente vive e Lavora.

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EVENTI

FRIULI VENEZIA GIULIA

ESPANSIONI 2016 V° edizione

Rassegna d’Arte Contemporanea Internazionale alla BIBLIOTECA STATALE “Stelio Crise” (Largo Papa Giovanni XXIII - Trieste) dall’1 al 13 settembre 2016. Info: genteadriatica@libero.it Emersione - 2015 - 85x85 cm Con l’associazione del Friuli Ve- SIGN approfondendo con la sua nezia Giulia “Gente Adriatica” arte il rapporto tra colore e luce della rete propositiva e tra le fon- e tra la musica e la forma in pitdatrici di Espansioni, partecipano tura. -L’opera Bruciano le paure. alla rassegna tre artiste Manue- Ricordi di sofferenze lontane e la Quintavalle pittrice e design, remote che rimangono infondo Alenka Deklic artista, insegnante all’essere come fotografie tenue Graziella V.Rota artista, inse- te in qualche cassetto nei nostri gnante e promoter. meandri. Paure che appaiono OLTRE LE PAURE è il tema all’istante annientandoci…renproposto e desidera sollecitare le dendoci immobili…come prede artiste ad ideare con vivacità ed sospese dentro ad una ragnatela. energia nuovi universi potenziati -L’opera Nella notte crea il tuo e valorizzati dalla consapevolez- sole. Guarda a viso aperto la tua za e dall’efficienza del proprio angoscia, il buio intorno a te è pensiero. solo la sua arma. Squarcia la notte Manuela Quintavalle pittrice e che ti avvolge, feriscila e schiafdesign nasce a Milano. Dipinge e feggiala. Crea il tuo sole, la tua Bruciano le paure vive in un Borgo della Brianza in luce che ti condurrà solo dove era Nella notte crea il tuo sole t.m. mista 60x80 mezzo alla natura, è ricercatrice il tuo posto. t.m. mista 60x80 nel gruppo ORGANICARTDEAlenka Deklic, vive a Muggia TS. Dal 2002 ad oggi frequenta la Scuola Superiore d’Arte dell’UNINT di Trieste e segue i bambini della Scuola d’Arte SINTESI della Fondazione E.L.I.C. La visione dell’arte nei suoi contenuti, e il

Osservanti Acquerello 70x100

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concetto dell’opera artistica come sintesi

L’Insieme Foto 60x50

di una approfondita ricerca e conoscenza dello spirito umano, la figura e il ruolo dell’artista debba trovare nel nuovo tempo di oggi nell’ispirazione nel pensiero del dr. Serge Raynauld de la Ferriere. - L’opera: La Rosa e l’ Ulivo apre

al donarsi e condividere. La paura ci fa chiudere in noi stessi, mentre l’amore spalanca l’universo -L’altra opera: conduce all’ Insieme, un assieme unico di elementi distinti in coesione, oltre la paura di sè e/o dell’altro, aperta all’amore per

Graziella V. Rota ha lavorato nella musica, nello spettacolo, nella scrittura, nella pittura, nella fotografia, nelle forme scultore, nell’incisione su vari materiali e metalli, graffiando ogni superfice possibile contaminando la tecnica con l’agire, trasportando la creazione nel tour esperienziale, duale o multiplo, materiale o spirituale o etereo, nel suo passo sicuro dell’incedere nell’arte. La sua matrice è il pensare che ritorni alla verifica, per proseguire la ricerca di senso umano. E’ tra le fondatrici di Espansioni e fa parte del gruppo ArteVita nell’associazione Gente Adriatica che presiede. - L’opera Osservanti: è tra noi nei nostri dubbi di sapere qualcosa di più e oltre ogni parvenza: perché e cosa osserva e crede? -L’opera Parole Parole Parole… Le parole non fanno paura, sono bocche parlanti in luoghi vissuti e rivissuti,costantemente intrise di promesse che si ripetono e declamano i buoni intenti e narrano la volontà di cambiamenti in ogni luogo della vita di ogni donna e in contesti di femminicidi giornalieri.

la costruzione della pace

La rosa e l’ulivo Foto 60x50

Parole Parole Parole… Acquerello 70x100


L’opinione Graziella Valeria Rota

Dall’Istria: il diario intimo di Lara Kobal Capodistria-Slo

a Koper-

Gli acquerelli di Lara Kobal sono il suo diario intimo, fatto di colori ed energia che scorrono e si rincorrono sull’accogliente superficie della carta. Le sue opere mostrano la sua sensibilità, leggerezza dell’essere e sincerità esposte con semplice e difficile amorevole tecnica, liquida e veritiera. La sua voglia di sperimentazione e ricerca artistica la spinge ad esprimersi anche con la pittura ampliare le proprie conoscenze teoriche e pratiche approfondendo le ricerche del linguaggio. Attualmente crea per lo più lavori nella tecnica dell’acquarello. Dice: “I miei quadri sono perfetti come regali per ogni occasione”

Attraverso l’arte la giovane artista approfondisce la conoscenza di sé, raccoglie e tesse le proprie emozioni e le fa defluire, affacciandosi al mondo con semplicità, senza filtri, orpelli e sovrastrutture. Nelle composizioni di Lara lo spazio vibrante, racconta e in esso percepiamo una svariata gamma di emozioni: i colori vitali indicano l’entusiasmo e la fiducia nell’aprirsi allo sguardo degli altri. Ma vi è anche una profondità dettata dal costante processo di maturazione, dalle esperienze che germogliano nel sentimento di sottile e giocosità, che illumina l’artista e definisce la donna, le sue pulsioni, i suoi desideri e come un diario si apre davanti ai nostri occhi, energico e raffinato, delicato e indissolubile intreccio tra l’arte e la vita. < Lorella Klun, critica.>

Lara Kobal professoressa di arti figurative dopo la laurea in Pedagogia dell’arte alla Facoltà di Scienze della formazione di Lubiana nel 2005, ha avuto modo di insegnare materie e corsi artistici, quali educazione artistica e didattica dell’immagine, su tutti i livelli del sistema educativo sloveno fino all’impiego come assistente per la didattica dell’immagine alle Università di Lubiana e del Litorale. L’artista vive, lavora e crea sulla costa Slovena, in un paesino vicino a Capodistria. Insegna alla Facolta’ di scienze educative di Capodistria. Info: www.facebook.com/Lara-Kobal http://www.larakobal.com/

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EMILIA ROMAGNA

LUCIANO MARONCELLI

Il pensiero artistico di Luciano Maroncelli, sgorga da dentro e continua a fluire, insieme ai ricordi e a tutto quello che siamo, come un fiume che scorre. Sono immagini più reali di un sogno che vivono oltre gli argini del nostro Io. L’arte figurativa di Maroncelli si traduce mediante una pittura del silenzio. Un silenzio che porta alla contemplazione delle cose della vita, dove si gusta la loro essenzialità, si entra nella materia e se ne conosce la loro natura, trasformando tutto questo in colore e ricreando una verità facilmente raggiungibile quotidianamente. La sua abilità tecnica riesce a cogliere vibrazioni cromatiche di qualsiasi materiale; delle pietre, del legno, dell’intonaco, del vetro, del mare, del cielo, dei prati su cui il tempo ha lasciato i suoi segni. Nei suoi dipinti vi è un rapporto con il vissuto, con la realtà intesa prevalentemente sul piano interiore degli affetti e delle emozioni, una memoria culturale dove si ritrovano soggetti che il tempo passato ci ha lasciato. Una maestria capace di rendere il vissuto dell’uomo costantemente in movimento, raccontando ansie, timori, amori, gioie, serenità e delusioni che hanno attraversato la vita di ogni individuo. La sua delicata tecnica pittorica unita ad una sapiente pennellata, designano un’analisi della visione e dell’osservazione del mondo. Ogni dipinto è una tesi colorata sul significato dell’apparire e della visione umana. I quadri di Maroncelli possono essere ritenuti come un tipo di arte mnemonica, nel senso che dipingere diviene una

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sorta di memoria, di archivio storico. La sua arte costituisce l’hig-tech della memoria, della teoria dei quanti; la sua estensione stilistica è infinitamente collegata e concatenata al tempo che scorre e rapidamente si modifica in due sensi: la memoria è tanto pronta, stabile, concreta che mobile, volatile e ciclica, quasi si trattasse di un elemento che, osservato al microscopio, avesse, allo stesso tempo, le caratteristiche di un agglomerato di particelle e di un flusso ondoso. Lo spazio che il pittore ci fa conoscere sono isole che ci consegnano l’illusione della realtà, simulando qualcosa che appartiene alla sfera del mondo sensibile; esso può servire ad evocare un sentimento, un atto di intima riflessione e d’infinito cosmico, assolvendo, quindi, ad una funzione simbolica. La sua “mano” esamina il tempo e lo spazio in questo momento o in un altro, esplorando l’uomo tempo virtuale, trasformando tutte queste sequenze in un ricordo, una polvere capace di ricondurre, come una macchina del tempo, il fruitore in istanti presenti e momenti futuri. Luciano Maroncelli è l’artista dell’esistenza analitica in tempi umani, dove nulla è certo e sicuro, perché tutto svanisce, per poi riapparire sotto altre forme in uno spazio senza barriere. Una pittura distante anni luce dalla vita frenetica che ci scorre attorno e che si inserisce in una giungla urbana anonima che sembra non riuscire più a soffrire, rilassarsi ridere o piangere.


FABIO ADANI

nato a Correggio (RE) nel 1974, in una famiglia dove da sempre si respira e si pratica arte, lavora inizialmente come grafico per alcuni anni, per poi ricominciare gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove intraprende un percorso artistico che, dopo aver sperimentato diverse soluzioni, lo porta verso una “depurazione” dell’immagine e dello sguardo, leggero e profondo allo stesso tempo. Pur con diverse varianti tecniche che spaziano dalla matita all’acrilico a tecniche miste e alla foglia oro, il medium

EMILIA ROMAGNA

pittorico prevalente diventa in modo naturale l’acquerello che consente un’evanescenza ed una introspezione maggiore del vissuto e un’indagine particolare del mondo circostante, ma soprattutto della realtà interiore di ciascuno, facendo leva sui valori della luce e del silenzio, inteso non come assenza di rumori, ma soprattutto come ascolto di tale realtà, in una maniera unica, totalmente nuova ed evocativa, verso una dimensione “neometafisica” e “neoromantica” dell’esistenza.

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TOSCANA

LISANDRO RAMACCIOTTI

Fin dall’inizio della mia attivita’ pittorica ho cercato nella mia ricerca di evidenziare il segno cercando di portare la figura femminile , i paesaggi o nature morte all’essenzialita’ della forma cercando di sintetizzarla al massimo. Il mio mondo appartiene all’inizio del 900 a Parigi, cerco di ricreare nelle mie donne quell’atmosfera ed al tempo stesso pero’ caratterizzarla rendendola moderna e proiettata ai giorni nostri. Non sono un ritrattista uso la figura femminile per usufruire della morbidezza delle vesti e le pose plastiche per dividere la tela in piani e rendendo quasi il tutto non reale quasi astratto. La mia donna e’ nella mia mente dove e’padrona del mio mondo pittorico.Come ho anticipato per me il segno e’ importante perche’ caratterizza tutta la mia produzione Sono nato nel 1950 a Viareggio dove vivo e lavoro. Ho

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iniziato a dipingere negli anni ‘70, ho esposto in gallerie ed Enti pubblici sia in Italia che all’stero.Sono presente in collezioni private e collezioni pubbliche.Alcune mostre a cui tengo in modo particolare: Palazzo Zenobio a Venezia, Palazzo Ruspoli a Roma, Palazzo Panichi a Pietrasanta. Villa Paolina a Viareggio ed infine con la mostra personale a Parigi nel 2009. Ho partecipato a molte Fiere tra le quali quella di Padova nel 2013. Ultimante ho esposta a Lucca in Palazzo Ducale ed a Pietrasanta nel chiostro della Chiesa di Sant’Agostino. Hanno scritto di me critici e letterari fra cui; Manlio Cancogni, Dino Carlesi, Marco Palamidessi, Giuseppe Cordoni, Vera Giagoni, Giovanna Maria Carli, Paolo Fornaciari, Giorgio Polleschi, Claudio Giumelli, Claudia Baldi, Lodovico Gierut, Claudio Bertolini, Giuseppe Recchia.


ELENA GUALTIEROTTI

Agapanthus cm 80x80

IL mistero della realtà

Ci sono paesaggi arsi dal sole e dolci colline e certe città, che pur conosciamo e non vediamo. Cose che guardiamo abitualmente senza vedere. Spesso è attraverso un libro o un film o un quadro che li rappresentano che – di colpo – disgelano anche a noi il loro segreto e ci aprono gli occhi perché sono loro a guardarci. Questo è l’incanto dell’arte ( autentica ). Non che la rappresentazione sia più vera della realtà: semplicemente ce la mostra nel mistero che la abita, nella sua essenza di dono porto a noi, nel suo suggestivo e fuggitivo esistere < per noi >. Dev’essere questa la spiegazione di un’aforisma di Wittgenstein, che dice : < Non esistono le cose, ma gli eventi >. Le avanguardie artistiche che anno percorso il Novecento sono venute meno a questa missione, a questa lealtà nei confronti del reale. Ho sempre pensato che una nuova stagione artistica possa ricominciare da un’arte che sappia di

Red Chicory2

TOSCANA

Remember

nuovo mostrare le cose, anziché avere la preoccupazione ideologica di dimostrare qualcosa. Che sappia di nuovo farci vedere le cose più semplici come eventi, come epifania. I quadri qui riprodotti sono di una giovane pittrice, Elena Gualtierotti. La sua capacità di rendere stupefacente rivelazione delle semplici nature morte non è dovuta solo a una formidabile capacità tecnica ( ovviamente evocatrice di scuole caravaggesche ). << Si dipinge ciò che si ama >>, ci confida Elena, e queste semplici parole bastano a capire. Perché invece alla base di tutte le avanguardie novecentesche vie era un dichiarato odio ( gnostico ) per la realtà. Un odio proclamato perfino nei manifesti. Il pennello della Gualtierotti svela le cose come fosse il primo mattino del mondo. Narra, delle cose create, la sontuosa maestà. E’ difficile – dopo aver visto le sue tele – tornare a guardare un grappolo d’uva, un limone, una caraffa d’acqua, senza vederli, senza sentirsi guardati. E – magari – senza esserne grati. Antonio Socci

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LAZIO

CINZIA PELLIN

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rossi infuocati sulle bianche superfici dei volti, inquadrati dalla pittrice secondo primi piani di tipo cinematografico e resi incompatibili con qualsiasi possibile ambiente, quando non isolati dallo stesso corpo cui appartengono. Il suo lavoro appare infatti caratterizzato da una intensa concentrazione sull’espressività femminile, che, nella visione dell’artista, ogni cosa sa alludere ed evocare; contestualmente, la rappresentazione straniante dei dettagli di volti famosi, riportati in ampie dimensioni, accenna ad un suo immaginario inoltrarsi nelle immagini delle protagoniste dello spettacolo, fino a smarrirne i contorni. Quelle di Cinzia Pellin sono però dive di cui, grazie alle facoltà introspettive della pittura, viene parzialmente annullata l’irraggiungibilità, per un istante concessa forse alle amiche ed alle donne comuni che hanno in un secondo momento fatto il loro ingresso nella sua personalissima galleria. Le une quanto le altre divengono l’occasione per generare una vera costellazione di metafore, tesa a raccontare il femminile nel contemporaneo, tra seduzioni aggressive e nascoste fragilità: oscillazioni di cui la Marilyn di warholiana memoria, personalmente riproposta, diviene credibilmente il simbolo. (Nicola Galvan)

Nannarella II

sensuality

Cinzia Pellin è nata a Velletri (Roma) il 19 luglio 1973. Ha frequentato l’accademia di Belle Arti di Roma, diplomandosi con il massimo dei voti in Scenografia con il prof. Venditelli. A caratterizzare sin dagli esordi l’espressione dell’artista è stata la fiducia nella pura manualità del dipingere, finalizzata tanto all’indagine del vero quanto alla sua sottile manipolazione. La sua pittura ha liberato in pochi anni un vero caleidoscopio d’immagini ricche di fascino e seduzione che, come tante schegge, si avvicinano e si allontanano nel gioco senza fine dell’esistenza Nonostante una manifesta, ed in qualche misura “sfrontata”, adesione al dato di realtà, la pittura di Cinzia Pellin sfugge sensibilmente alle categorie con cui si è soliti definire le espressioni visive contemporanee. La possibilità ad esempio di ricondurla ai linguaggi dell’iperrealismo, con cui presenta superficiali elementi di tangenza, viene vanificata da significative eccezioni rispetto alla resa mimetica del particolare, nonché da quanto l’artista proietta sulla tela del proprio sentire riguardo al soggetto. Inoltre, il suo particolare approccio al ritrarre appare strumentale alla definizione di uno stile, che intende affermarsi come unico ed immediatamente riconoscibile. A siglarlo, è l’accendersi di

dolce riposto 70 x 100 cm - 2016

Marilyn Monroe

I love Mary 70 x 70 - 2016


LAURO POTENZA

La pittura di Lauro Potenza si colloca all’interno di quel modo di fare arte di alcuni autori, che privilegia un uso consapevole del colore e del disegno, piegati ad espri mere con humour seppur variamente declinato, la propria visione del mondo. Mi riferisco all’arte di autori profondamente diversi tra loro, a cominciare dal notissimo Gentilini, ironico e divertito, de “La Camera Incantata”, ma anche all’arte trasognata e fiabesca di un più recente Luca Alinari; o ai primonovecenteschi omini col cilindro di Franz Borghese. E potrei continuare citando l’umanità varia, colorata e molto femminile di Daniela Romano o i personaggi “morbidi” e dilatati di Fernando Botero. L’humour a cui fa ricorso Potenza è, potremmo dire, quasi affettuoso: il suo mondo onirico e simbolico respira di poetici ritmi felliniani che si snodano in storie appena suggerite da personaggi incuranti dei valori dell’apparire e dei ritmi della società multimediale. Nell’epoca della cosiddetta comunicazione di massa che incrementa sporadicamente il suo potenziale sistemico, senza aver riguardo alcuno per il contenuto del messaggio,

ABRUZZO

Potenza avverte disagio e propone una comunicazione che esalti, invece, il significato etimologico del verbo comunicare, cioè mettere in comune, condividere con altri, partecipare insieme ad altri. I suoi personaggi sono infatti interpreti di mirabilis condivisioni, tempi e luoghi reali o simbolici e valori più vissuti che dichiarati; quello dell’otium, per esempio, o anche del semplice divertimento inteso come il fare altro dal consueto. La sua pittura è elogio del tempo “recuperato”, non “ipotecato”, non pianificato, riconsegnato al singolo affinchè lo faccia fruttare in termini di gioia, senza tener conto dei comandamenti dell’Economia, ultima dea, che ci istiga a utilizzare il confronto con l’altro, ma solo per lasciarlcelo alle spalle. L’insieme dei segnali pittorici di cui si avvale Potenza nelle sue opere, è evidentemente parte del registro della figurazione, ma di una volta, che tende a dissimulare il mondo circostante, ricreandone uno permeato da valori morali che diventano cifra della bellezza e del senso dell’esistenza. (Marialuisa de Santis)

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EVENTI

UMBRIA

Il busto del David di Michelangelo nei giardini del museo della Madonna del Parto a Monterchi Sarà inaugurata sabato 10 settembre l’opera realizzata dal professor inglese Nadey Hakim, colui che effettuò nel ‘98 il primo trapianto di mano al mondo

Cosa lega un inglese al busto del David di Michelangelo e alla Valtiberina? Il professor Nadey Hakim: una figura che non ha certamente bisogno di troppe presentazioni. Medico chirurgo inglese che alla fine degli anni ‘90 (era il 1998) effettuò il primo trapianto di mano al mondo: ma è anche il detentore di un record – se così lo possiamo definire – in chirurgia del tutto particolare, un trapianto di rene con solamente 2,5 centimetri di taglio. Medico di professione, ma con una vena artistica di assoluto rilievo: sta di fatto 40

che nei mesi a cavallo tra il 2015 e il 2016 ha realizzato un Busto del David di Michelangelo praticamente a grandezza naturale. Di origine libanese, il professor Hakim, vincitore del Baron’s Prize 2016 e chirurgo di fama mondiale. è riuscito a fondere 200 chilogrammi di bronzo per un’opera quasi senza precedenti: da sabato 10 settembre - taglio del nastro alle 18 - sarà collocata definitivamente nei giardini della Madonna del Parto di Monterchi. Un inglese con l’amore per la Toscana.


Un ruolo chiave in tutta questa vicenda lo ricopre Matteo Canicchi, nota guida turistica di Sansepolcro che aveva già conosciuto il professor Hakim durante una visita insieme a Maurizio Bragagni: figura di riferimento dell’azienda Tratos di Pieve Santo Stefano nel Regno Unito. Sta di fatto che l’opera tra qualche giorno arriverà in Valtiberina per essere collocata: un passaggio importante, ed è arrivato pure all’orecchio di “LondonOneRadio”, la radio inglese – e molto ascoltata – degli italiani a Londra, che ha contattato l’assessore al turismo del Comune di Monterchi, Silvia Mencaroni. Ma da dove è nato tutto? “Lo abbiamo conosciuto nei primi mesi del 2016, grazie anche a un professionista del posto che è Matteo Canicchi – ha detto l’assessore Mencaroni alla radio – il professor Hakim in quel momento si trovava a Firenze all’Accademia d’Arte intento appunto nella realizzazione del busto del David di Michelangelo. Ho subito captato un interesse particolare del chirurgo nei

confronti della Valtiberina: un luogo che in parte già conosceva, ma ancora non aveva mai visitato Monterchi. Il professor Hakim non è solo un chirurgo di fama mondiale, ma è stato bello scoprire che è un uomo di profonda cultura: lo vorrei definire una sorta di umanista dei giorni nostri. Il busto del David verrà installato a Monterchi nei giardini civici della Madonna del Parto: una specie di unione e di stima fra l’Italia e la Gran Bretagna; sono più gli aspetti che ci legano da quelli che ci dividono. Ci auguriamo anche che l’opera possa incrementare il flusso di turisti stranieri al museo dov’è custodito il dipinto di Piero della Francesca: già comunque c’è, ma speriamo che sia destinato ad aumentare”. Il professor Nadey Hakim lo possiamo definire come una sorta di chirurgo dell’arte e non è nuovo a opere del genere. Il collegamento con la radio londinese è stato pure l’occasione per parlare della Valtiberina e del progetto Terre di Piero. 41


EVENTI

MARCHE

Movimento artistico Introvisione

G.Schiaroli

Walter ferro 1

L’estate che sta volando via è stata per le arti marchigiane ricca di eventi e di possibilità, soprattutto nella provincia di Ancona si sono susseguiti molteplici esposizioni fini a se stesse o legate alla valorizzazione di antichi borghi medioevali e rievocazioni storiche. Le Marche fondano le loro radici nella notte dei tempi costruendosi una lunga e imponente storia culturale che da Giotto si estende dell’umanesimo rinascimentale raffaellesco fino alle grandi figure contemporanee che abbracciano tutte le arti figurative dalla pittura alla scultura e dalla fotografia alla musica passando per la letteratura e poesia per approdare alla danza e al teatro. Non esiste un ambito artistico senza figure di origini marchigiane di forte spessore critico. Terra dalle grandi potenzialità vede , in questo momento, la nascita e la crescita storica del Movimento Artistico Introvisione che continua con grande successo a colpire l’attenzione pubblica e far notizia in ogni sua apparizione sia che partecipi a manifestazioni, sia che organizzi eventi promozionali, come è successo durante la sua incursione alle sfilate romane di Alta Roma lo scorso gennaio. La sua peculiarità, la sua nota caratterizzante, è la grande capacità di relazionarsi con il pubblico attraverso coinvolgimenti emozionali sviluppati soprattutto mediante le sue performance e gli eventi che prevedono sempre l’interazione delle varie discipline artistiche: pittura, scultura, fotografia, musica, installazioni , poesia, danza, teatro, video arte, senza porre limiti alla creatività e all’utilizzo di discipline artistiche. Consapevole del suo valore artistico e sociale, il Movimento artistico Introvisione continua a promuovere il suo pensiero in varie occasioni e contesti presentandosi come una novità assoluta nell’ambito dell’odierno linguaggio artistico, esso non è solo una corrente artistica ma una vera filosofia di vita che vuole contrastare la legge dell’omologazione e della superficialità nei rapporti interpersonali, con lo scopo di recuperare il ruolo di centralità dell’uomo

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Monica Rafaeli

nella completezza dei suoi aspetti costitutivi per aiutarlo a superare il vuoto esistenziale che si è creato nella nostra società attraverso una nuova percezione del bello allo scopo di restituire alla figura umana il suo ruolo predominante e centrale . La finalità ultima è di far riflettere, prendere del tempo per sé e per estraniarsi dal flusso continuo e anonimo costruito della società odierna. Gli artisti aderenti al Movimento come i pittori Giovanni Schiaroli e Roberto Giovannetti, la scultrice Monica Rafaeli ed Ernesto Massimo Sossi, i fotografi Walter Ferro e Daniel Goldenberg, il musicista Federico Mondelci e molti altri che collaborano con esso durante eventi ed esposizioni, tutti condividono la filosofia che sostiene Introvisione perché percepiscono la necessità odierna di modificare il nostro punto di vista e la direzione intrapresa in relazione ai rapporti sociali e relazionali per riportare l’uomo ad una dimensione di vita più condivisibile ed umana. Monia Frulla - critico d’arte

Roberto Giovannetti


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EVENTI

MOLISE LUIGI GRASSI Nell’inconsueta ombra

A cura di: Tommaso Evangelista

Luigi Grassi. Nell’inconsueta ombra Il processo di scavo “archeologico” attuato da Grassi diventa materializzazione di ricordi e di dettagli, quasi un atto dovuto all’inesistenza virtuale del Molise che diventa invece presenza attraverso lo sguardo dell’obiettivo fotografico. Assistiamo al produrre visioni come segno di ricerca sulle tracce, sull’odore del tempo, sull’insieme dei rapporti e dei sentimenti che creano scontri, conflitti e amori. Immagini come cadenza di una sinfonia muta, una variazione sul limite dell’assurdo per riportare in espansione (virtuale) l’immagine dispersa. Limosano diviene allora metafora dell’assenza e dell’eterno ritorno del passato, inteso come apparizione indagata e messa a nudo dalla tensione dello scatto. Il fermare l’istante è come materializzare il tempo –presente e trascorso- e così in tale discorso sulla visione e sul passaggio il blocco malinconico del fotografo diventa arte della memoria. Un teatro delle ombre rimesso a sistema e nel quale indagare la personale (de)forma(zione) dello sguardo. Il paese è in tal modo un’utopia, un sogno frammentato e da ricomporre nelle poche tracce rimaste. Ma ciò che abbiamo di queste tracce sarà solo una parziale interpretazione nel tentativo di ricercare lo spirito, negando l’insieme, e pertanto tutto rischia di precipitare nell’ombra. Un suono, uno scatto, una frase catturata dalle lettere rimaste nella polvere sono tutte reliquie laiche che diventano segni e che solo la fotografia, col suo sguardo

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analitico e inquieto, riesce a cogliere pur nella deflagrazione del frammento. Intorno a questo concept dell’assurdo, a questo scavo nell’idea di memoria e nella lamentazione dei luoghi, si tracciano i confini e le azioni di Grassi che indaga il racconto del luogo. Una fenomenologia del tempo ciclico che ci conduce a ciò che Heidegger considerava il “lasciar vedere in sé stesso ciò che si manifesta”. Limosano, con le sue case abbandonate e gli infiniti accumuli di rappresentazioni, diventa la semiosfera perfetta di un ciclo narrativo suggestivo e malinconico. (Estratto da testo critico)

“M3TE” di San Giuliano di Puglia (Museo Multimediale della Memoria del Terremoto e della Mail Art) (CB) Inaugurazione 6 agosto


EXHIBITED FREQUENCY La Videoarte in Molise

A cura di Tommaso Evangelista L’immagine elettronica, intermediale, diventa un oggetto che fluttua per trasformare sullo schermo la realtà comune, indagando al contempo nuovi modi di comunicazione della forma e scegliendo l’assemblaggio quale strumento di persistenza della visione. Gli artisti della rassegna sono tutti molisani o legati al Molise e abbracciano diversi generi, dal cortometraggio al documentario alla drammatizzazione, e diversi linguaggi, dall’animazione al glitch, offrendo uno spettro quanto più completo e aggiornato sulle attuali dinamiche del genere. Le opere vertono sull’intreccio tra memoria e quotidianità, a volte sviluppato con ironia e immaginazione altre con dovizia da reporter, mentre emergono temi cari alla società contemporanea quali il ruolo dell’individuo all’interno del gruppo sociale e le relazioni di potere e di conflitto. Altre volte l’indagine si fa maggiormente intima e poetica, attratta dai dettagli e dalle piccole dinamiche esistenziali e relazionali, o da indagini

particolareggiate sulla forma. Tutti gli artisti, di diverse generazioni, comunque, pongono domande al fruitore facendo spesso riferimento al lato psicologico e lo situano su una soglia metaforica d’osservazione. (Estratto dal testo critico) Organizzazione: Associazione Le Cose Artisti: Michele Boccamazzo, Cristiana Califano e La.bassa risoluzione, Stefano Cirillo, Giancarlo Civerra, Mariagrazia Colasanto, Azzurra de Gregorio, Paride Di Stefano, Angela Di Tomaso, Barbara Esposito, Alessia Finori, Sara Iafigliola, Cinzia Laurelli, Gabriele Macchi e Lucia Magnifico, Manuel Malatesta, Helena Manzan, Simona Materi, Mario Pompei, Luca Pop, Chiara Vitale, Ivana Volpe.

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EVENTI

BASILICATA

LE GRANDI MOSTRE NEI SASSI XXIX EDIZIONE

CHIESE RUPESTRI MADONNA DELLE VIRTÙ E SAN NICOLA DEI GRECI Matera, 29 Giugno-6 novembre 2016

Mercoledì 29 giugno, ore 19.00, si è inaugurato a Matera, nelle chiese rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, la XXIX edizione della rassegna di scultura contemporanea“Le Grandi Mostre nei Sassi”, organizzata dal Circolo La Scaletta, in collaborazione con la Soc. Coop. Cave Heritage - Arte, Cultura e Turismo. Quarantuno opere di Pietro Guida, scultore di origini campane che vive in Puglia, saranno esposte al pubblico nei Sassi di Matera, negli ambienti ipogei delle chiese rupestri di San Nicola dei Greci e Madonna delle Virtù, dal 29 giugno al 6 novembre 2016, in occasione della 29/a mostra antologica di scultura, intitolata quest’anno “Racconto di un popolo di statue”. Guida, che è nato a Santa Maria Capua Vetere nel 1921, ha avuto un lungo percorso artistico. E’ considerato tra i maggiori interpreti dell’arte del Novecento e la sua attività ha risentito di differenti momenti espressivi: dall’arte figurativa degli esordi (1950-1960) al periodo astratto-costruttivista (1960-1975), fino al ritorno ad una plastica figurativa. La mostra è organizzata dal circolo culturale “La Scaletta” ed è curata dal Tommaso Strinati. All’interno delle chiese rupestri sono esposte anche opere a tema mitologico come “Apollo e Dafne” (1996), “Il Minotauro e la fanciulla” (2005), “Leda e il cigno” (1997).

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Mercoledì 29 giugno, ore 19.00, si inaugura a Matera, nelle chiese rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, la XXIX edizione della rassegna di scultura contemporanea“Le Grandi Mostre nei Sassi”, organizzata dal Circolo La Scaletta, in collaborazione con la Soc. Coop. Cave Heritage - Arte, Cultura e Turismo. L’iniziativa culturale, tra i consolidati appuntamenti della città, quest’anno ospita la mostra personale di Pietro Guida. “Racconto di un popolo di statue” è il titolo dell’esposizione composta da quarantuno sculture in cemento e gesso, realizzate tra il 1947 e il 2016. L’opera più recente, ispirata al mito di Pigmalione, viene esposta per la prima volta nella rassegna materana. Pietro Guida, nato a S. Maria Capua Vetere ( Caserta), vive e lavora a Manduria (Taranto) dal 1949. Consegue il diploma di scultura nel 1947, in quegli anni aderisce al “Gruppo Sud”, diventando uno dei protagonisti di quella “primavera” napoletana, che si snoda attraverso eventi artistici e manifestazioni culturali. Alla fine degli anni Cinquanta si afferma nel panorama artistico del dopoguerra. La sua produzione figurativa è esposta in importanti mostre personali e collettive, tra cui ricordiamo la partecipazione alla VII e VIII edizione della Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma e la personale nella prestigiosa “Galleria del Cavallino” di Venezia”. Il lungo percorso artistico dello scultore, che ha attraversato l’intero Novecento, è caratterizzato da differenti momenti espressivi: dall’arte figurativa degli esordi (1950-1960) al periodo astratto - costruttivista (19601975), fino al ritorno ad una plastica figurativa, con una prima fase che indulge alla piacevolezza, andata perlopiù distrutta, fino alla produzione degli ultimi anni. La mostra, curata dal prof. Tommaso Strinati, comprende opere a tema mitologico come, “Apollo e Dafne ”1996, “Il Minotauro e la fanciulla ”2005,“ Leda e il cigno ”1997, “Il mito di Endimione ”1999” e “Orfeo e Euridice” 2007 in abiti moderni. Nei suggestivi ambienti rupestri del Sasso Barisano il mito si fonde alla realtà, narrata, ad esempio, dalle

opere “Al balcone”, “Borghesi” 2003, “Tenerezza ”1994, “Amanti”1991, “Tango”2007 e “Rock’n’roll” 1995. Il racconto di un’umanità immobile e palpitante, che esalta la bellezza e la sensualità femminile, con sculture come: “Donna in rosso ”2015, “Frammento 2” 1984, “Tenda e figura 2 ”2011” e “Estasi” 1990. “Sono contrario alla piacevolezza nell’arteafferma Guida- nella scultura l’artista deve sapere quando fermarsi, per non rischiare di cadere nel piacevole, nell’eccessiva rifinitura”.

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EVENTI

CAMPANIA

Mostra visitabile Museo MADRE NAPOLI 10.00 - 19.30 lunedì, mercoledì giovedì, venerdì, sabato 10.00 - 20.00 domenica

CAMILLE HENROT - LUNA DI LATTA

La luna, con il suo perenne moto, da sempre influenza il nostro pianeta, noi, i nostri umori, il nostro immaginario e la nostra storia: sin dall’antichità la luna è simbolo di fertilità e buon auspicio, ma anche di mistero e melanconia. La “luna di latte”, la luna piena del mese di maggio e del risveglio primaverile, produrrebbe creatività e abbondanza. La mostra Luna di latte di Camille Henrot (Parigi, 1978; Leone d’argento alla 55 Biennale di Venezia) esplora il significato culturale e simbolico connesso al “giorno della luna”, il lunedì, reinterpretando il lato oscuro della notte a cui esso è tradizionalmente connesso in un momento di prolifica inventiva, in un sogno produttivo che l’artista decide, in questo caso, di condividere con il pubblico.

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Camille Henrot è nata a Parigi nel 1978. Ha presentato mostre personali al New Museum, New York (2014), New Orleans Museum of Art (2013), al Padiglione Schinkel, Berlino (2014) ed è ha partecipato alla 13.Biennale de Lyon (2015), 9.Taipei Biennale (2014) e 10.Gwangju Biennale (2014). La sua mostra personale The Pale Fox, è stata inaugurata alla Chisenhale Gallery, Londra (2014) ed ha viaggiato alla Kunsthal Charlottenborg, Copenhagen (2014); Bétonsalon, Parigi (2014); Westfälischer Kunstverein, Münster (2015) e König Galerie, Berlino (2015). Nel 2015, ha ricevuto il premio della prima edizione del Edvard Munch Art Award. Nel 2014 ha vinto il Nam June Paik Award e nel 2013 il Leone d’Argento come giovane artista più promettente alla 55. Biennale di Venezia. Nel 2016, parteciperà alla 20.Biennale di Sydney e alla 9.Berlin Biennale, co-curerà Vulcano Extravaganza a Stromboli. Le sue prossime mostre personali sono al Madre - Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli (2016), Palais de Tokyo, Paris (2017) e Hammer Museum, Los Angeles (2017). di Letizia Caiazzo


L’ARTE COME STORIA DELL’ANIMO UMANO di Anna Bartiromo

Graffito preistorico

Arte , retaggio di ancestrali proiezioni di tutto il “sentire umano”;dei pensieri, delle emozioni, delle ansie,delle sue paure,e dei suoi fallimenti,espresso dapprima sotto forma di graffiti che, indicavano i suoi spostamenti, i mestieri, le abitazionie le lotte, in una primitiva forma di comunicazione che era anche condivisione. Ciò migliorò poi, nel tempo, in forme più evolute e complesse fino ad arrivare

Caravaggio-Michelangelo Merisi

Piero della Francesca

Tra le tecniche pittoriche più moderne va,inevitabilmente annoverata quella usata dalla pittrice Letizia Caiazzo che,superando ogni schema e clishè precedentemente imposti,abbandona,quasi del tutto,il pennello per servirsi della semplice freccetta di un “mause” con cui riesce a produrre,ineguagliabili tele.

Pierre-Auguste Renoir

ai giorni nostri dove “ L’Arte visiva”(immagini, sculture, ed altro),si arricchisce delle più svariate tecniche di lavoro consegnandoci un bagaglio di contenuti socio-contemporanei particolarmente innovativi che ben definisce il momento storico in cui viviamo ed i suoi imprescindibili canoni di paure, di angosce, di caduta di ideali e di timori da cui, purtroppo,l’uomo di questo secolo,è afflitto.

Valentino Ballantini

Letizia Caiazzo

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CAMPANIA

GIOSE’ BONSANGUE

TRASPARENZE SOLIDE - Sugli spessori Lavorare con gli spessori significa prima di tutto considerare la materia dal suo interno giungendo, attraverso logiche organizzative della forma, ad un dialogo strutturale con lo spazio esterno. L’attitudine operativa del “fare” secondo valori bidimensionali, nello specifico della mia ricerca artistica non può che collegarsi ad una attenta lettura dell’esistenza, dell’essere e delle sue relazioni. I piani che si susseguono assumono il carattere di materie organiche semi-assorbenti che introiettano valori e caratteri dell’esistenza, aggiustandoli secondo schemi che organizzandosi ne interpretano le qualità, siano esse buone o cattive. Ho lasciato da tempo il concetto di tridimensionalità sebbene abbia lavorato con esso a lungo, continuando in ogni caso a conviverci. La negazione della tridimensionalità è un processo che si può attuare solo per elevazione o meglio per spostamento d’asse del principio esistenziale. Essere nella tridimensionalità per naturale ragione fisica ed arrivare al principio della sua negazione è come riorganizzare e riordinare la grammatica della forma che da sempre, seguen-

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do la sua logica, si è orientata al molteplice, al poliedrico. Infatti, i volumi e le corrispondenti superfici intercettano la mente del fruitore portandolo per mano verso direzioni che sono altro da sé. Nel procedere storico-artistico la tridimensionalità è un innegabile processo lineare, come dire che l’acqua si orienta per caduta dall’alto verso il basso, però è pur vero che per dinamiche particolari essa possa risalire in superficie invertendo così il suo naturale processo e vivificando in maniera diversa. Sebbene le dinamiche del pensiero risultino più complesse e variamente dislocate nel tempo e nei luoghi, ragionare con gli spessori significa vivere lo spostamento, considerare la bidimensionalità come una nuova grammatica della forma che è materia e, insieme, struttura compositiva e nuova chiave di lettura dell’esistenza. La bidimensionalità offre al fruitore la possibilità di dialogare con l’opera ponendosi in un confronto alla pari; l’opera, così, non accentra in sé verità proponibili ma orienta ad un esercizio creativo del pensiero individuale. L’opera e le sue ragioni si propongono, così, con attenta discrezionalità nello spazio fisico dell’esistenza.


SICILIA

LUCIA RAGUSA

ESPOSIZIONE PERSONALE DI PITTURA DI

LUCIA RAGUSA

INTERN

i

ESTERN

INTERNI-ESTERNI Il racconto di Lucia Ragusa è netto, le sue energie e delicatezze hanno confini improvvisi, una forma intellegibile e apprezzabile, che subordina la comprensione ad una prospettiva che guida il nostro sguardo. I suoi giardini dall’ordito luminoso sono spazi sconfinati invasi da colori soffusi, dove le regole di una descrizione ordinaria si misurano, cedendo, con l’ efficacia di una composizione inusuale, costruita sul principio dell’ sottinteso e del particolare. Ellissi decise che rappresentano il giusto contrappunto di una pittura che non definisce ma allude, una coscienza di selezione che frammenta la retorica figurativa suggerendo una qualità emotiva accogliente dentro la quale ci si muove carichi di suggestioni e stimoli. Come in un montaggio morbido, ma ritmato, i suoi dettagli raccontano e indirizzano un percorso di comprensione, un movimento di pensiero. Opera dopo opera, si intesse una coerenza espressiva, una costruzione che mostra ciò che è importante vedere, secondo i principi di “necessità” e “economia” della narrazione. Un’ arte con la soluzione della continuità, nonostante i confini della tela, Lucia Ragusa opera sorprendenti cambi di campo all’ interno dello stesso racconto per immagini, i suoi toni carezzevoli e nostalgici comunicano

10/18 SETTEMBRE OPENING 10/9 2016 h. 19:00 . 19:00VIA ETNEA 38 NICOLOSI

ozgalleriadarte@gmail.com

mar/dom 10:30-12:30 16:30-20:30

con il desiderio dello spettatore di assumere un’ indebita prevalenza sul tempo e lo spazio, un andirivieni che permette l’attribuzione di significati sempre mutevoli alle esperienze passate e presenti. L’ispirazione di Lucia Ragusa è questa, una disposizione affettiva che è indagine personale su una dimensione fisica, suggerimento pittorico di una frammentazione e indizio di ricomposizione esistenziale libera. Luca Lombardo

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EVENTI

CALABRIA I MACCATURI

mostra ideata da Adele Lo Feudo e Gianni Termine

Sarà presentata sabato 10 settembre 2016 la mostra I Maccaturi di Adele Lo Feudo, pittrice e performer cosentina, realizzata con la collaborazione del calabrese Gianni Termine, appassionato di fotografia. Adele ha dipinto 14 maccaturi con i particolari dei luoghi a lei più cari, la Calabria e la sua città, Cosenza, utilizzando le immagini fotografate da Gianni. Tutto è nato attraverso un social network. Adele Lo Feudo ha creato un gruppo che si è arricchito giorno per giorno. E così ai maccaturi di Adele e Gianni si sono aggiunti tantissimi artisti, molti di fama nazionale e internazionale, ma anche poeti, insegnanti, psicologi, curatori di eventi, scrittori, fotografi, piccoli artisti in erba e mini stilisti, coinvolgendo anche scuole di moda e design. Ogni partecipante ha personalizzato il suo maccaturo avvalendosi delle proprie abilità, pensieri, ideologie, sentimenti, passioni, ricordi. Viene illustrata la Calabria e la sua storia. È ricordata l’emigrazione, condizione molto sentita nella nostra regione nei secoli scorsi, ma purtroppo ancora attuale. Sui “fazzoletti” appare l’amore per la natura e per gli animali e si rievocano le antiche tradizioni legate alla propria terra. Alcuni hanno rappresentato le loro origini, il susseguirsi delle generazioni commemorando il passato.

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E poi ancora paesaggi italiani e stranieri, opere astratte. Un tema sempre di fondamentale importanza è la violenza sulle donne. C’è chi invece ha reso caratteristico il suo maccaturo stampando o scrivendo versi anche in vernacolo o brani di libri. La mostra avrà altre tappe, a ottobre ad Altomonte (CS) e a Gennaio 2017 a Rende (CS) al Museo del Presente. L’evento è arricchito da un testo che raccoglie tutti i 107 maccaturi con la sua storia e racconta come è nata l’idea e a chi omaggia. Sono presenti testi critici e poesie. Inoltre un bellissimo video accoglierà i visitatori durante le visite. L’intera collezione sarà donata da Adele e dagli artisti che hanno partecipato e troverà la giusta collocazione in una location per essere accolta in modo permanente. Critico d’arte - Alessandra Primicerio


“LA CALABRIA COM’ERA”

Mostra fotografica alla Cittadella regionale di Germaneto (CZ)

La mostra “La Calabria com’era” è dedicata alla fotografia e ai fotografi tra l’800 e il ‘900 . L’iniziativa si propone di valorizzare il nostro patrimonio culturale. La Cittadella regionale in località Germaneto a Catanzaro è “la casa dei calabresi” ed è ricca di testimonianze. In questa terra, culla del progresso economico, tecnico e scientifico, di cultura e arte, sono nati grandi personaggi in ogni campo del sapere. La fotografia si è evoluta nel corso degli anni sino a diventare elemento indispensabile nella vita di tutti. Le immagini, linguaggio universale, hanno la capacità di proiettare, chi le osserva, istantaneamente in un luogo e di trasmettere emozioni, evocando ricordi. La mostra è un piacevole viaggio nel passato della Calabria, nella quotidianità della nostra terra attraverso le fotografie. Lo spaccato che emerge dalle immagini presenta una Calabria fatta di sforzi, sacrifici e sofferenze ma anche di tanti valori positivi e di rispettabilità. Una terra problematica, dove il futuro si costruiva solo con la forza delle braccia ed era segnato dalla piaga dell’emigrazione. In queste immagini si coglie il valore dell’accoglienza e della solidarietà tipica della terra calabra. Il lavoro dei contadini, degli operai, le donne in abiti caratteristici tradizionali con ricami dorati e le giovani coppie, mettono in luce le lotte quotidiane, i sentimenti e i valori legati alla semplice economia rurale, ricca di tanta bontà e sincerità.

Attraverso la fotografia possiamo ricostruire la Calabria del passato, la “Calabria com’era”. La mostra curata da Antonio Panzarella resterà aperta fino al dieci luglio prossimo.

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EVENTI

SICILIA

PIETRO RUFFO. BREVE STORIA DEL RESTO DEL MONDO

La Fondazione Puglisi Cosentino e la Fondazione Terzo Pilastro –Italia e Mediterraneo, annunciano l’apertura, dal 3 aprile al 10 luglio, a Catania, nella sede della Fondazione Puglisi Cosentino, di Breve storia del resto del mondo, l’ampia personale di Pietro Ruffo, a cura di Laura Barreca. “La mostra, allestita in uno dei più affascinanti spazi museali in Sicilia, propone uno spaccato della realtà storica contemporanea, attraverso gli occhi e la sensibilità di un artista dalla spiccata personalità”: è l’opinione del Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, che aggiunge: “La forza di Ruffo consiste nell’utilizzare tutti gli elementi base propri della sua formazione di architetto – il progetto, la carta, il disegno – per dar voce, con opere anche tridimensionali, ai grandi temi della storia universale, come la libertà e la dignità dell’essere umano costantemente minacciate dalle insidie del mondo di oggi”. Breve storia del resto del mondo riunisce una spettacolare sequenza di opere di grandi dimensioni realizzate dall’artista romano dal 2005 ai giorni nostri. Essa va a comporre una sorta di viaggio visivo sul concetto universale di libertà o dei principi liberali nella storia politica dei continenti, attraverso i temi della colonizzazione, delle divisioni culturali, sociali, religiose da cui scaturiscono antichi e irrisolti conflitti 54

tra i popoli del mondo. Conosciuto per le sue grandi mappe delle nazioni, su cui schiere di libellule intagliate a mano e fermate con migliaia di spilli rappresentano l’idea della libertà,


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BENEDETTO POMA

Le Sirene di Ulisse

Benedetto Poma è senza dubbio una delle personalità più interessanti del panorama artistico siciliano. Nato e cresciuto a Catania, Poma si fa portavoce di una sicilianità depurata da falsi miti e ricontestualizzata in chiave contemporanea attraverso l’utilizzo quanto mai modernizzato di antiche glorie architettoniche e culturali tipiche della nostra terra di Sicilia. Il mito, in questa sua ultima fase produttiva pittorica, è il protagonista principale, trattato con magistrale perizia grafica e un superbo utilizzo del colore. Ulisse è il pretesto per la ripresa dell’antico, ma spunto essenziale per un nuovo viaggio omerico, Medusa, Ares e anche la fedele Penelope, le sirene altro non sono che l’alter-ego di ogni uomo, il quale percorre il proprio viaggio di vita. Il viaggio è infatti la metafora della vita stessa, se non si percorre non si giungerà mai alla consapevolezza di sé. Ogni divinità o personaggio dell’Odissea funge da specchio in cui ogni individuo può riflettersi scorgendo debolezze o punti di forza e lo fa lasciandosi accompagnare dalle superlative note artistiche di spettacolari spaccati di brani omerici o incantevoli volti di divinità greche fattisi pittura, segno, forma. Poma attinge dalla sua Musa, che in questo contesto, altro non è che una piccola gemma blu risalente al V sec. a.C., lavorata a stampo che l’artista ha potuto ammirare tra le numerose e preziosissime collezioni custodite al museo della Mandralisca di Cefalù, Palermo, appartenute un tempo al barone Enrico Pirajno di Mandralisca. Splendide le tele raffiguranti Penelope, Proserpina, Ares o il Centauro e le sirene, le quali alcune riportano riprodotte queste antiche gemme, tele che ci immergono nella mitologia ma attraverso una visione attuale che è ben lungi da mere riproduzioni di un nostalgico passato. Carmen Bellalba

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Pegaso

Ares

SICILIA


SICILIA

FABIO MODICA

Becoming Colour - cm 85x95

Abandoned Circe - cm 50x60

Seguo da molti anni la pittura di Fabio Modica continuando, attraverso l’osservazione meditata dei suoi quadri, un’esperienza culturale intensa, a tratti sofferta, ma sempre particolarmente significativa. Non credo che un’analisi razionale possa esprimere compiutamente il fascino misterioso dei suoi quadri e soprattutto dei suoi volti. L’artista, pur mantenendo una certa aderenza alla realtà, attraverso il colore denso, materico, attraverso l’uso della spatola, viva nelle sue mani, “costringe” l’osservatore a superare ogni barriera logica per proiettarsi in una dimensione sconosciuta nella quale l’intuizione genera bagliori improvvisi e la forma,il segno,il colore squarciano, a volte in un grido, a volte in un sussurro, il velo di mistero che avvolge il senso dell’esistenza umana. Credo che la ricerca inesausta, mai compiutamente appagata, sia il tratto più significativo della pittura di Fabio Modica, ma l’elemento che assume maggiore rilevanza è la sua capacità di coinvolgere l’osservatore, di avviare con lui un dialogo, un percorso in cui i colori si fanno parola, il segno si fa musica per cantare la totalità della percezione e un mondo nuovo e diverso nasce dai suoi quadri, un mondo che non conosce la banalità del quotidiano e lo squallore meschino dei condizionamenti, un mondo che stordisce per l’intensità emotiva che genera

Evasion CMYK - cm 150x150 - 2013

untitledcmyk

e… perdersi può significare rinascere, rigenerarsi nel miracolo operato da un’arte tanto sincera da apparire disarmata Non c’è nella pittura di Fabio Modica alcuna aprioristica difesa, non c’è l’esibizione di una “concezione” dell’arte razionalmente elaborata. C’è l’esperienza culturale ed esistenziale di un artista che si accosta alla vita, e soprattutto all’uomo, per coglierne il senso, quell’essenza vera che si cela dietro gli eventi, i riti sociali, la fretta inesausta e le nevrosi che caratterizzano lo smarrimento dell’uomo contemporaneo; c’è quanto meno il desiderio di esprimere, come dice Montale, “ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. I suoi volti sono a tratti inquietanti per l’abisso che spalancano davanti ai nostri occhi, per il nulla che ci circonda consapevolmente e compiutamente espresso; spesso, invece, ci esaltano per la forza vitale che li pervade restituendoci in parte il panismo di D’Annunzio e di altri autori decadenti, ma c’e in Fabio Modica qualcosa di nuovo e di diverso; c’è la vita che scorre nella forma e nel colore, c’è l’accettazione consapevole dell’angoscia e il suo superamento che, proprio per questo, conduce alla percezione dell’eterno, c’è l’armonia che colma ogni vuoto esistenziale e che manifesta il “miracolo” delle cose. Prof. Rosario Motta

Awakening - mixed media on canvas - cm 180x150

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EVENTI

SARDEGNA DREAMER

Personale di Marcello Nocera

Gli ultimi giorni di settembre la Galleria Limes.Images di Cagliari inaugura DREAMER, mostra personale del fotografo e artista visivo Marcello Nocera, a cura di Paola Corrias. Nell’ambito della mostra sarà presentato il libro fotografico, frutto del progetto.

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Sito web: www.limesimages.com Pagina Facebook: Marcello Nocera


L’opinione Paola Corrias MAXIME VERELST

Un Igorrr delirante in sottofondo, la neve alta oltre la finestra, i freddi resti di una carbonade flamade attenuano il dolore di Max. Ha trascorso tutta la notte in strada a catturare visi solcati e tranci di vita. Art Ch’ti Texture. Gioco tra le parole arte/Ch’ti/ architettura/texture. Il progetto nasce nel 2012, nelle corons del nord della Francia. L’uomo e la periferia, in continui attacchi frontali e una manciata di confronti biunivoci. L’ombra di ogni giorno che passa è proiettata e immortalata sui mattoni in cotto del quartiere operaio dei carbonai. La texture è la ripetizione delle case, o la ripetizione del mattone, o ancora la serializzazione degli abitanti. Numeri. O anime.

Come bambole antiche o vecchi motorini nei garages abbandonati, immobili attendono di rianimarsi. Il fotografo si amalgama con la gente, la sua gente, e restituisce a ogni numero la propria identità. Il risultato: un prezioso distillato in bianco e nero estratto dal ghetto, da Maxime Verelst.

paola.corrias@gmail.com Profilo Facebook: Maxx Grazed Pagina Facebook: Art ch’ti texture

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fondazione

Accorsi - Ometto Via Po, 55 Torino / T. 011.837.688 int.3 ORARI da martedì a venerdì: 10-13; 14-18 sabato e domenica: 10-13; 14-19 lunedì: chiuso 64

Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ORARI lunedì, martedì ,gioved’, venerdì, sabato e domenica e giorni festivi: 10-18 (ultimo ingresso alle ore 17,30) mercoledì: chiuso


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