Pirri, Alfredo. All'orizzonte

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ALFREDO PIRRI ALL’ORIZZONTE


ALFREDO PIRRI All’orizzonte a cura di / curated by

Arabella Natalini

Eduardo Secci Contemporary - Firenze 23 settembre 2015 - 23 gennaio 2016

Galleria Il Ponte - Firenze 23 gennaio - 18 marzo 2016

© copyright 2016 per l’edizione Gli Ori 51100 Pistoia - Via L. Ghiberti, 6 tel +39 057322607 www.gliori.it info@gliori.it Galleria Il Ponte 50121 Firenze - Via di Mezzo, 42/b tel +39 055240617 fax +39 0555609892 www.galleriailponte.com info@galleriailponte.com Eduardo Secci Contemporary 50125 Firenze - Via Maggio, 51r tel +39 055283506 www.eduardosecci.com gallery@eduardosecci.com

ISBN: 978-88-7336-602-7


Si ringraziano per la loro preziosa collaborazione Andrea Cavallari, Daria Filardo, Valentina Gensini, Vito di Lena, Ovidiu Leuce, Chiara Pirri, Villa Solange.

Organizzazione e coordinamento Organisation and coordination Andrea Alibrandi Eduardo Secci Ufficio stampa Press office Susanna Fabiani Ottavia Sartini Allestimento Installation Ilaria Cazzuola Maria Grazia Guidi Virginia Maestrini Francesca Luchini Crediti Fotografici Credits Riccardo Abate (pp. 33-47, 51, 67-89) Giorgio Benni (p. 92) Riccardo Cavallari (p. 8) Andrea Martiradonna (p. 94) Marco Russo (pp. 28-31, 48)

Grafica Page setting and graphics Alessio Marolda Redazione editoriale Susanna Fabiani Enrica Ravenni Ottavia Sartini Traduzione in inglese Translation into English Karen Whittle Realizzazione editoriale Publishers Gli Ori, Pistoia Impianti e stampa Plates and printing Tipografia Bandecchi & Vivaldi, Pontedera (PI)



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PREMESSA Andrea Alibrandi, Eduardo Secci

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FOREWORD Andrea Alibrandi, Eduardo Secci

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ALL’ORIZZONTE. QUI E ALTROVE Arabella Natalini

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ON THE HORIZON. HERE AND ELSEWHERE Arabella Natalini

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I KINDERTOTENLIEDER DI ALFREDO PIRRI Stefano Velotti

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ALFREDO PIRRI’S KINDERTOTENLIEDER Stefano Velotti

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INDICE DELLE OPERE / INDEX OF WORKS

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NOTA BIOGRAFICA / BIOGRAPHICAL NOTE

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SELEZIONE BIBLIOGRAFICA SELECTED BIBLIOGRAPHY



PREMESSA Andrea Alibrandi Eduardo Secci

All’orizzonte raccoglie il percorso fiorentino di Alfredo Pirri a cavallo tra 2015 e 2016, che rappresenta una situazione e un succedersi di eventi inattesi per Firenze, ma anche per i suoi promotori e forse per l’artista stesso. Infatti, in modo totalmente autonomo, Andrea Cavallari per il festival Firenze Suona Contemporanea aveva chiesto a Pirri di realizzare un intervento che coniugasse arte e musica contemporanea; Eduardo Secci e Andrea Alibrandi, nonostante un rapporto di amicizia e collaborazione fra la giovane Galleria Eduardo Secci Contemporary e la Galleria Il Ponte, una fra le storiche gallerie d’arte contemporanea fiorentine, si erano rivolti singolarmente a Pirri per organizzare una mostra nei propri spazi. Alfredo è riuscito, cosa non facile, a raccogliere e riunire tutte le energie in un unico sforzo che ha dato vita a tre separati eventi, raccolti nel volume cui questo breve testo introduce, ma fortemente legati e non solo temporalmente. Il dipanarsi di All’orizzonte è come un filo di magica luce, quella che proiettano e riverberano le lame di plexiglas e gli specchi opere di Alfredo Pirri. Il suo operare artistico si presenta con molteplici sfaccettature: dall’intervento architettonico, all’installazione, alla pittura. Ma agisce sostanzialmente su un’unica linea di tensione: la riproposizione scientificamente studiata e modificata, anche attraverso le tecnologie più avanzate, della “pittura” come fare totale, che possa raccogliere in sé i valori complessivi delle arti figurative e troppo spesso considerata oggi desueta. All’orizzonte è il titolo che scandisce nel suo insieme il complesso intervento fiorentino di Alfredo Pirri, ma dà anche il nome alle grandi scenografie in scatole di plexiglas esposte nella Galleria Eduardo Secci Contemporary. Qui i colori che si riflettono su carte strappate e dischi solari (posati su cavalletti da pittore) esaltano, come in meravigliosi diorami, panorami dove significativi momenti di luce sono fissati per sempre attraverso una suggestione artificialmente ricreata. Da questa installazione si discende fino a raggiungere l’opera Canto n. 1_progetto per un film, la cui ricca materia pittorica avvolge un imponente cono capovolto inondato dal basso da una forte fonte di luce, i cui

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riverberi si rifrangono sulla medievale volta a crociera ribassata, dove si esalta il rapporto che la pittura di Alfredo Pirri crea con lo spazio architettonico cui si concede e in cui si incastona. In Passi, installazione realizzata al Museo Novecento, la visione delle spettacolari eleganze delle forme rinascimentali del chiostro si riflette nel capovolto gioco di specchi collocati in una croce racchiusa da un quadrato, a occupare gli spazi fra le aiuole, seguendo la scansione strutturale del chiostro. Questa incantata visione viene infranta prima dall’artista stesso, poi dagli spettatori che si trasformano in attori di un rito bacchico di distruzione e rinascita. Al frastuono dei passi e degli specchi infranti, Alvin Curran dà una valenza musicale che, nei suoi toni assordanti, esalta questo rito di passaggio dall’assoluto equilibrio di un glorioso passato architettonico alla frantumata visione, che con difficoltà riusciamo a mettere a fuoco, della nostra contemporaneità. In ultimo, l’intervento alla Galleria Il Ponte dove un’accogliente “spazio domestico” all’ingresso, con la consolle su cui sono appoggiati con apparente casualità alcuni plexiglas dipinti sul retro, apre all’impatto della mostra interamente dedicata ai Kindertotenlieder di Gustav Mahler. Qui la forza della pittura, sottesa e appannata da bolle di un bianco evanescente, pervade lo spazio attraverso fori troncoconici operati nella superficie dei grandi plexiglas. Le pareti ne restituiscono il suono e danno vita a canti che rimandano, come nelle poesie di Friedrich Rückert, alle voci di bambini morti nella loro tenera età. La mostra si conclude nella sala inferiore della galleria con una sinfonia di cinque opere, nate quale unica composizione e presentate in uno spazio grigio, da cui emergono la preziosa lavorazione e le cromie dei plexiglas le cui vibrazioni si esaltano quasi per irradiazione. Al termine di questa avventura, durata complessivamente oltre sei mesi, ringraziamo Alfredo Pirri per l’opportunità di realizzare tale evento che ha arricchito noi, in primo luogo e ha permesso al pubblico di partecipare della sua visione.

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FOREWORD Andrea Alibrandi Eduardo Secci

All’orizzonte (On the Horizon) is the title summing up Alfredo Pirri’s 2015-2016 exhibition programme in Florence, an unexpected situation and sequence of events not just for the city, but also for its promoters and perhaps for the artist himself. On his own totally independent initiative, Andrea Cavallari had asked Pirri to devise an intervention combining art and contemporary music for the Firenze Suona Contemporanea festival. At the same time, gallery owners Eduardo Secci and Andrea Alibrandi, separately and initially unaware of Andrea Cavallari’s idea, had each addressed Pirri to organise an exhibition at their venues, Galleria Eduardo Secci Contemporary and Galleria Il Ponte. Therefore, Alfredo had unconsciously attracted the interest of three foremost players on the Florentine art scene in his work. The friendship linking Eduardo Secci and Andrea Alibrandi, and as a result the partnership between the respective galleries, was born years ago, thanks to their common passion for contemporary art, and Florence, the city both had chosen as host to their activities. The determination and common effort of Il Ponte, gallery, with its long-standing tradition, and the growing Eduardo Secci Contemporary gallery, gave rise to an important project in a moment of great vitality in the artist’s career. With All’orizzonte, Alfredo managed, in what is not an easy enterprise, to bring together and unite all their energies in one fell swoop, giving rise to three separate events that were closely linked, and not just because of the timing. The events are collected in this volume, to which this brief text provides the introduction. The path followed by All’orizzonte is like a thread of magical light, that light projected and reflected by Alfredo Pirri’s works. Many facets of his art work are on show: from an architectural intervention, to an installation, to painting. But his actions substantially follow a single line: in a scientifically studied and modified way, also using the most advanced technologies, he reproposes “painting”, today all too often considered surpassed, as a whole, as something that can capture all the values of the figurative arts. All’orizzonte is the title that sums up Alfredo Pirri’s composite intervention in Florence, but it also provides the name for

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the large Plexiglas boxes on display in Galleria Eduardo Secci Contemporary. Here, like in marvellous dioramas, the colours reflected on torn paper and sun discs (placed on painter’s easels) highlight panoramas where significant moments of light are fixed forever through an artificially recreated evocation. From this installation we go downstairs to the work Canto n. 1 (Song no. 1). In this piece a huge overturned cone is enveloped by rich pictorial matter, inundated from below by a strong source of light, its reverberations refracting on the low medieval cross vault, underlining the relationship that Alfredo Pirri’s painting creates with the architectural space, which it gives itself up and slots into. In Passi, the installation created at the Museo Novecento, the vision of the spectacularly elegant Renaissance forms of the cloister is reflected in the upset game of mirrors situated in the cross, enclosed by the square, occupying the spaces between the flowerbeds, following the structural markings of the space. This enchanted vision is shattered, first by the artist himself, then by the spectators, who transform into the actors of a Bacchic rite of destruction and rebirth. Alvin Curran gives a musical value to the din of the steps and shattered mirrors, the deafening tones accenting this rite of passage from the absolute equilibrium of a glorious architectural past to the shattered vision, which we struggle to get into focus, of the present day. Lastly, the intervention at Galleria Il Ponte, where a welcoming “domestic space” at the entrance, with a console table apparently randomly playing host to some back-painted sheets of Plexiglas, paves the way to the impact of the exhibition, entirely dedicated to the Kindertotenlieder by Gustav Mahler. Here the strength of the painting, implied and dimmed by bubbles of an evanescent white, permeates the space through truncated conical holes made in the surface of the large Plexiglas sheets. The sound echoes off the walls, giving rise to songs, which refer, like in the poems of Friedrich Rückert, to the voices of children who died at a tender age. The exhibition ends in the basement room of the gallery with a symphony of five works. Devised as a single composition and presented in a grey space, they display precious workmanship while underlining the vibrations of the Plexiglas colours almost by irradiation. At the end of this adventure, which altogether has lasted for over six months, we thank Alfredo Pirri for the opportunity to put on this event, which has enriched us first of all, and allowed the public to partake in his vision.

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ALL’ORIZZONTE. QUI E ALTROVE Arabella Natalini

QUI Fare una mostra nuova vuol dire rifare (ancora) un lavoro già fatto. Non una ripetizione, qualcosa di più, un lavoro da ‘copista’ che prende a modello il già fatto per rinnovarne l’invenzione, portando lo sguardo e il corpo verso la scoperta di nuovi particolari invisibili e non vivibili prima. Un gesto solo in apparenza auto-referenziale, un gesto invece auto-accogliente, cioè ospitale nei confronti di quello che permane di sé, di quello che resiste della propria immaginazione, di quello che restaura l’immagine e con essa il mondo1. Nel corso degli anni Alfredo Pirri, col suo passo da pittore, ha percorso molta strada e ha sperimentato pratiche e tecniche diverse restando sempre fedele alle passioni con cui si è messo in cammino. Pirri ha frequentato la Toscana fin da giovane e vi è tornato più volte, intrecciando relazioni affettive e lavorative che lo hanno portato a collaborare con musicisti, architetti e registi teatrali. Da questi incontri, e passioni condivise, sono nati interventi specifici che ci hanno permesso di apprezzare lavori realizzati per teatri, musei, gallerie e centri di sperimentazione artistica; opere immaginifiche e coerenti seppur difficilmente inscrivibili in una categoria predeterminata. A partire dalle stesse passioni, e sollecitato da ulteriori incontri, si è sviluppato All’orizzonte, il progetto ideato per Firenze, dove opere presentate in tempi diversi, “vive e visibili per noi adesso”, lavorano l’una con l’altra in continuità, alimentando un fluire di immagini e invenzioni. Qui, l’artista ha attivato un dialogo a più voci tra passato e presente, con forme, materiali e colori che risuonano assieme ricomponendosi negli spazi fiorentini in un grande ‘affresco espanso’. Tra le molteplici relazioni intessute da Alfredo Pirri, quella con la dimensione spaziale, e con il senso dell’abitare in particolare, è forse la matrice di tutte le altre. L’attenzione estrema allo spazio gli ha permesso di interagire con ambienti molto diversi tra loro 1. A. Pirri, Fare e rifare, in Alfredo Pirri. Dove sbatte la luce. Mostre e opere 2003-1986, Skira, Ginevra-Milano, 2004, p. 181.

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‘componendo’ luoghi dimensionali ed emozionali, ‘abitazioni’ per il corpo e per la mente legati a “un’idea di architettura che ha a che vedere con la possibilità di costruire una casa per l’arte. Un’architettura affettuosa, capace di ospitare ed esprimere, in maniera dolce e nello stesso istante decisa, un’identità umana”2. Il luogo, dunque, come spazio identitario ma anche come spazio imprescindibile per l’immaginazione; punto di partenza e di approdo per l’opera, il luogo prefigura un progetto o una mostra, intesi entrambi come momenti di condivisone in continuità con quanto fatto dall’artista in solitudine nel suo studio. A Firenze Alfredo Pirri ha condiviso il suo lavoro offrendoci una narrazione composita che si apre all’esperienza di ciascuno di noi. All’orizzonte ha accolto i visitatori nella prima sala della Galleria Eduardo Secci, tratteggiando paesaggi misteriosi, mentre le mura della stanza successiva sono state ‘infrante’ dalla presenza di quadri dall’apparenza eterea, e al piano inferiore Canto n. 1, con la sua luce riflessa, ha reso labile il confine tra realtà e illusione; poco dopo, il chiostro del Museo Novecento, grazie a un grande pavimento di specchi, srotolato come una tela su cui ‘dipingere’ con il nostro incedere, seguendo i passi dell’artista, si è aperto ulteriormente in un caleidoscopio del mondo; infine, lastre in plexiglas popolate da forme germinative hanno trasformato lo spazio della Galleria Il Ponte in un grande acquario, un “fondale immenso”3 da esplorare attivamente. L’apertura spaziale si accompagna in Pirri a un’apertura temporale: le sue opere si accrescono e trasformano nel tempo grazie a una sorta di “atteggiamento ecologico nei confronti del proprio lavoro”4 che viene di volta in volta ‘ricreato’ nel nuovo contesto acquistando così una vita ulteriore. Lavori longevi, dunque, in cui potremmo anche riconoscere un analogo “atteggiamento ecologico” nei confronti di tutta l’arte che li ha preceduti. Nonostante l’opera di Pirri viva, infatti, attivamente nel presente, l’artista è profondamente consapevole dell’importanza e della sfida della tradizione.

2. A. Pirri, Sull’appartenere [a una generazione], in Alfredo Pirri Dove sbatte la luce, cit., p. 13. 3. A. Pirri, Sulla tradizione, in V. Valentini (a cura di), Cominciamenti, De Luca editore, Roma 1988, p. 105. 4. A. Pirri, Intervista di Carolyn Christov-Bakargiev, in “Flash Art”, n. 161, aprilemaggio 1991, consultabile sul sito www.alfredopirri.com/disciplinam-pone-incorde-tuo/

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VIA MAGGIO 51R Cercare un rapporto con un ‘genere’ consolidato della tradizione artistica, [...] anche nella dissipazione, crea una maggiore prospettiva di racconto, più di quanto non sia possibile fare attingendo dall’enorme offerta di stili e forme disponibili sul mercato della realtà che viviamo5. Alfredo Pirri rifugge tanto dalla citazione quanto dal didascalico richiamo al mondo delle immagini contemporanee; muove dalla storia per illuminare il presente, mette in forma le tensioni, le dinamiche “fra qualcosa che tende ad apparire e qualcosa che tende a scomparire, fra qualcosa che si abbandona alla deriva e qualcosa che tende a manifestarsi come realizzazione”6. Una realizzazione che richiede molto tempo e grande cura: il processo di lavoro segue un’intuizione iniziale ma resta pronto ad accogliere i risvolti imprevisti del processo stesso. L’artista si smarca quindi dal “mercato della realtà” aprendo a un altrove indicato dal lavoro paziente che trasforma la materia, il colore, e la sua luce, in una dimensione coinvolgente che ci fa sostare, osservare e riflettere. L’insieme dei lavori che strutturano il progetto fiorentino sono il frutto di una ricerca incessante e restituiscono appieno la tensione che permea ogni opera, oggi come ieri. Qui e altrove. Alla Galleria Eduardo Secci, in via Maggio, Alfredo Pirri prosegue un dialogo mai interrotto. A partire dalla prima stanza, All’orizzonte, l’opera multidimensionale che titola il progetto, ci interroga sulla sua essenza enigmatica e sulla sua possibilità di definizione. Grandi teche trasparenti, appoggiate l’una sull’altra, occupano lo spazio nell’ambivalenza tra dimensione scultorea e pittorica. Avvicinandosi, muovendosi intorno per trovare di volta in volta un punto di vista frontale, come in una ‘tela cubista’ i blocchi svelano paesaggi ‘pittorici’ misteriosi in cui si ricompongono il gesto forte dello strappo, la preziosità e la consistenza della carta, l’apparizione del colore... Colate di pittura liquida scivolano sulle pareti, una pioggia che congela lo spazio riscaldato dal riverbero delle tinte retrostanti, fenomeni atmosferici indefinibili che accolgono questi ‘campioni lunari’ (sorretti da cavalletti in legno) si riflettono, assieme a frammenti del nostro corpo e agli umidi colori dell’acquerello al muro, in solitari cerchietti specchianti – 5. A. Pirri, Sulla tradizione, cit., p. 105. 6. Ivi, p. 104.

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preziosi dischi in silicio modificati cromaticamente con gas ad altissime temperature. All’orizzonte può essere letta, dunque, come un’unità composita che combina materiali antichi e sofisticate tecnologie innovative, un insieme scultoreo che evoca aspri paesaggi trecenteschi ma anche spazi mentali, onirici e senza tempo. Un orizzonte cromatico in continuo divenire. Se la superficie viene assiduamente trattata da Alfredo Pirri come elemento prettamente spaziale, i lavori tridimensionali hanno sempre una forte matrice pittorica, anche quando, come accade in Canto n. 1. Progetto per un film, l’elemento di partenza è il medium cinematografico. Una teca trasparente racchiude il calco conico della pellicola originaria, con il vertice rivolto verso il basso. Illuminata da sotto, la sua forma si irradia e ci fa percepire il cono come una clessidra, un’immagine fantasmatica che ci spinge ad avvicinarci al suo centro mentre le mura e il soffitto vengono inondati da un bagno di luce. Tornando al piano superiore, altre opere accennano a una narrazione elusiva. Due Arie riposano sulle pareti con le loro superfici costellate di piume d’oca: spolverate con pigmenti in polvere e successivamente dipinte sul retro con colore acrilico, le piume vengono pazientemente applicate sul supporto con un lungo processo di esecuzione che genera “un fluire cromatico materiale indistinto, come portato dal vento”7. Qui, la presenza di apposite cornici non interrompe, ma piuttosto – inaspettatamente – amplifica l’arioso flusso cromatico. Come spesso avviene nei lavori di Pirri, la cornice è di fatto parte costitutiva dell’opera: lievemente distanziata dalla superficie che ‘raccoglie’, non è più elemento di separazione del quadro dal mondo ma piuttosto uno schermo che intercetta il colore e lo fa riverberare sui bordi sottolineando ulteriormente il suo respiro. Se il respiro è sempre composto da un doppio movimento, d’inspirazione e d’espirazione, queste opere ne seguono il ritmo, l’aria è il loro elemento. L’aria, veicolo di ogni canto e di ogni suono (spesso evocati fin dai titoli di alcune opere), si fa qui veicolo di quell’immagine che il vento sembra sempre sul punto di trasportare altrove. La stessa peculiare atmosfera, e il suo cromatismo sfuggente, sfiora e avvolge tutte le superfici delle opere che contribuiscono a definire lo spazio ‘abitato’. Tempi, materie e tecniche diverse convivono così armoniosamente insieme: le Arie, un acquerello, 7. A. Pirri, 2014, consultabile sul sito www.alfredopirri.com/arie/

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due Pieghe in carta e un piccolo Kinderotenlieder in cristallo – ultimo arrivato che tende un filo rosso verso l’orizzonte successivo.

VIA DI MEZZO 42/B La forma non è un’addizione di fatti visivi ma un luogo dove il senso riposa, una stazione di partenza verso il mondo8 . Alfredo Pirri ha recentemente ideato una serie di lavori ispirati ai Kindertotenlieder di Gustav Mahler, composti a partire dai testi che il poeta romantico Friedrich Rückert dedicò ai propri figli scomparsi. Il forte senso di perdita che sottende queste liriche struggenti si trasmuta, nei Kindertotenlieder di Pirri, in un controcanto armonico popolato da un germinare vitale avvolto da una nebbia impalpabile, da un ribollire di forme che “sembrano partecipare a una festa delle possibilità, a un raffinato concatenarsi di ipotesi e rimandi”9. Ancora una volta, quest’effetto impalpabile non è il frutto di una rinuncia, ma di un’accurata messa in opera attraverso la quale l’artista dà corpo, e forma, a una epifania opalescente. Dopo aver liberamente tracciato delle ‘macchie di colore’, Pirri (in alcuni casi) è poi intervenuto con la fresa e con la lima, aprendo dei piccoli ‘soffi d’aria’, fori ‘caleidoscopici’ che riverberano una luce indefinita svelando, senza mostrare, il colore retrostante. Il risultato cromatico d’insieme è il frutto della collaborazione tra la sapienza pittorica dell’artista e la materia del supporto: apposite lastre in plexiglas direttamente (e impercettibilmente) colorate in pasta interagiscono con le forme dipinte (sul retro), ‘trappole di luce’ che contribuiscono a un risultato ineffabile ed evocativo. Alla Galleria Il Ponte viene presentato, per la prima volta, un nutrito gruppo di queste opere: alcune poggiano su piccoli tavolini, rievocando un interno domestico, un ambiente raccolto che ci accoglie all’ingresso dello spazio espositivo facendoci sentire a casa; altre costellano le pareti, creando uno spazio etereo e rarefatto dove le forme si rispecchiano, riecheggiano e risuonano come in una cassa armonica. “Le forme intorno alle quali lavoro normalmente non hanno un’origine figurativa, però mi interessa molto metterle in 8. A. Pirri, Sulla tradizione, cit., p. 105. 9.  A. Bellini, La bruma che annuncia un’alba, in Alfredo Pirri Dove sbatte la luce, cit., p. 199

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relazione con qualcosa di umano come, per esempio, il corpo dello spettatore e il suo punto di vista. […] Il mio lavoro è un dialogo tra ciò che ha dei confini e ciò che non li ha”10. Nonostante le forme sinuose che animano le singole superfici si raccolgano e si condensino talvolta in gruppi, le stesse forme appaiono pronte a debordare, a sconfinare e riprendere il proprio movimento nell’opera successiva. Scendendo al piano inferiore, simili forme circolari, scandite in cinque ripartizioni, vanno a ricongiungersi in un unicum pittorico. Qui i lavori sono avvolti da un grigio tenue che li lega ulteriormente l’un l’altro creando un luogo singolare. Possiamo immaginarlo come una scatola cranica dove le immagini galleggiano e si dischiudono dando forma al pensiero, oppure come una cripta chiusa e silenziosa che fa circolare il respiro remoto di chi è assente, e ci invita a corrispondergli. A differenza di una cripta, però, dove l’aria è ferma e lo sguardo obbligato a un unico punto di vista, la “stazione” di Pirri è pervasa da un’ariosità che alimenta la tensione su cui si fonda il lavoro dell’artista e che, forse, trova qui uno spazio di riposo momentaneo. Un luogo accogliente che non arresta il movimento, il dialogo e la ricerca di senso ma al contrario li rifocilla e li nutre, alimentando il soffio vitale che fin dall’antichità ha consentito all’arte di offrirci nuove aperture sul mondo. “Come mulinelli di polvere sollevati dal vento che passa, gli esseri viventi girano su se stessi, sospesi al grande soffio della vita”11. A Firenze ha preso forma allora un ulteriore passo della ricerca di Alfredo Pirri, attraverso opere che, come “esseri viventi”, il soffio della vita porterà presto altrove.

10. A. Pirri, Sulla tradizione, in cit., p. 105. 11. H. Bergson, L’evoluzione creatrice, ed.it, a cura di F. Polidori, Cortina, Milano 2002, p. 108.

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ON THE HORIZON. HERE AND ELSEWHERE Arabella Natalini

HERE To do a new exhibition is to redo (again) work that’s already been done. Not a repetition, something more, the work of a ‘copyist’ who takes what has already been done as a model to reinvent it, taking the gaze and the body to discover new invisible details that couldn’t be lived before. Only apparently a self-referential gesture, it is instead self-welcoming, that is, hospitable towards what endures of itself, what of its imagination resists, what restores the image and with that, the world.1 Over the years, with his painter’s stride, Alfredo Pirri has travelled a long way, and tried out different practices and techniques while always remaining faithful to the passions he set out with. Pirri has frequented Tuscany since a young age, and has returned on several occasions, forming personal and working relationships that have led him to work with musicians, architects and theatre directors. These meetings and shared passions have given rise to specific interventions that have enabled us to admire work created for theatres, museums, galleries and centres of experimental art; fantastic works, consistent, albeit difficult to ascribe to a set category. Generated by these same passions, and prompted by further encounters is the All’orizzonte (On the Horizon) project devised for Florence where artworks presented in a staggered schedule, “alive and visible to us now”, work together with continuity, fuelling a flow of images and inventions. Here the artist initiates a dialogue between several past and present voices, with shapes, materials and colours that resound together, combining in the Florentine venues in a great “expanded fresco”. Among the many relations formed by Pirri, the one with the spatial dimension, and with the sense of living in particular, is perhaps the source of all the others. The extreme attention to space enabled him to interact with very different environments, “composing” dimensional and emotional places, “dwellings”

1. A. Pirri, Fare e rifare, in Alfredo Pirri. Dove sbatte la luce. Mostre e opere 2003-1986, Skira-Geneva-Milan, 2004, p. 181, own translation.

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for the body and mind, linked to “an idea of architecture which has to do with the possibility of building a house for art. A fond architecture, able to host and express, in a gentle and at the same time firm manner, a human identity.”2 The place, therefore, as a space of identity, but also an inevitable space for the imagination; the point of departure and arrival for the work, the place prefigures a project or an exhibition, both meant as a moment of sharing, carrying on from what the artist did in the solitude of his studio. In Florence Alfredo Pirri has shared his work to offer us a complex story which embraces the experiences of each one of us. All’orizzonte welcomed visitors to the first room of Galleria Secci by tracing mysterious landscapes, while the walls of the next room were “infringed” by the presence of apparently unworldly pictures, and in the basement Canto n. 1 (Song no. 1) with its reflected light, destabilised the boundary between reality and illusion; a short while after, the cloister of the Museo Novecento opened up further, into a kaleidoscope of the world, thanks to a large floor of mirrors, unrolled like a canvas to “paint” on as we solemnly followed the artist’s steps; lastly, sheets of Plexiglas populated by burgeoning life forms transformed the space of Galleria Il Ponte into a great aquarium, an “immense seabed”3 to be interactively explored. Pirri not only opens space but also time: his works grow and transform in time thanks to a sort of “ecological attitude towards the work”4 which is “recreated” with each new context, thus acquiring a further life. So his are long-lasting works in which we could also recognise a similar “ecological attitude” towards all the art that went before them. Even though Pirri’s work lives actively in the present, the artist is deeply aware of the importance and challenge of tradition.

2. A. Pirri, Sull’appartenere [a una generazione], in Alfredo Pirri. Dove sbatte la luce. Mostre e opere 2003-1986, Skira, Geneva-Milan, 2004, p.13, own translation. 3. A. Pirri, Sulla tradizione, in V. Valentini (ed.), Cominciamenti, De Luca editore, Rome 1988, p.105, own translation. 4. A. Pirri, Interview by Carolyn Christov-Bakargiev, published in “Flash Art”, no. 161, April-May 1991, available on the website www.alfredopirri.com/ disciplinam-pone-in-corde-tuo/

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VIA MAGGIO 51 Seeking a relationship with a consolidated “genre” of the artistic tradition, [...] even in dissipation, creates a greater perspective for telling a tale, more than can be done by drawing from the enormous range of styles and forms available on the market of the reality we live in.5 Alfredo Pirri shies away both from quoting and from making academic reference to the world of contemporary images; he starts from history to illuminate the present, shapes the tensions, the dynamics “between something that tends to appear and something that tends to disappear, between something that lets itself drift and something that tends to appear as a realisation.”6 A realisation that requires a long time and great care: the process of work follows an initial intuition but remains ready to welcome the unforeseen outcomes of the process itself. The artist therefore stands aside from the “market of reality”, embracing an elsewhere indicated by the patient work that transforms the matter, the colour and its light, into an encompassing dimension that makes us stop, observe and reflect. The group of works that form the backbone of the Florentine project are the result of non-stop research and fully restore the tension that permeates every work, now as in the past. Here and elsewhere. At Galleria Secci, in Via Maggio, Pirri continues an unbroken dialogue. Starting from the first room, All’orizzonte, the multidimensional work providing the title for the project, asks us about its enigmatic essense and how it can be defined. Great transparent showcases, resting on top of each other, occupy the space somewhere ambivalently between the sculptoral and pictoral dimensions. If we get closer, move around it, each time getting a front-on view, like in a “Cubist canvas” the blocks reveal mysterious “pictorial” landscapes in which the strong gesture of a tear, the preciousness and consistency of the paper, the apparition of colour are put back together ...Liquid paint slides down the walls, a shower that freezes the space that had been warmed by the reverberation of the shades behind it, undefinable atmospheric phenomena that welcome these “lunar samples” (held up by wooden easels) reflect each other, together with fragments of our body 5. A. Pirri, Sulla tradizione, cit., p. 105. 6. Ivi, p. 104, own translation.

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and the damp hues of the watercolour on the wall, in solitary little reflecting circles – precious silicon discs whose colours are changed by boiling hot gases. All’orizzonte can be read, therefore, as a compound unit that combines ancient materials and sophisticated innovative technologies, a set of sculptures that evokes rugged fourteenthcentury landscapes, but also mental, dreamlike and timeless spaces. A horizon of continually changing colour. While Pirri regularly deals with the surface as a mainly spatial element, his three-dimensional works always have a strong pictorial source, even when, as happens in Canto n. 1. Progetto per un film (Song no. 1. Project for a Film), the element of departure is the medium of film. A transparent showcase houses the cone-shaped mould of the original film, pointing downwards. Lit from below, its form is radiated and makes the cone appear like an hourglass, a ghost-like image that presses us to approach its centre while the walls and ceiling are bathed in light. Back upstairs, other works hint at an elusive story. Two Arie (Airs) rest on the walls with their surfaces dotted by goose feathers: dusted with powder pigments and then painted on the back with acrylic colour, the feathers are patiently applied onto the medium in a long process that generates “an indistinct flow of colour and material, as if brought by the wind”.7 Here, the presence of special frames does not interrupt but instead – unexpectedly – amplifies the airy flow of colour. As often happens in Pirri’s works, the frame is in actual fact part and parcel of the work: slightly detached from the surface that “it holds together”, it is no longer an element separating the picture from the world, but a shield that intercepts the colour and makes it reverberate on the edges, further underlining its breathing. If a breath is always composed of a dual movement of inhaling and exhaling, these works follow its rhythm, the air is their element. The air itself, vehicle of every song and every sound (often already conjured up in the titles of some works), here becomes the vehicle of that image that the wind always seems about to transport elsewhere. This same distinct atmosphere, and its fleeting colours, touches and envelops all the surfaces of the works that help to define the space as “inhabited”. Different times, matters and techniques therefore harmoniously co-exist: the Arie (Airs), a watercolour, two paper Pieghe (Folds) and a small crystal Kindertotenlied 7. A. Pirri, 2014, available on the website www.alfredopirri.com/arie/

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(Song on the Death of Children) – the latest arrival that sets out a common thread towards the next horizon. VIA DI MEZZO 42/B The shape is not an addition of visual facts but a place where sense rests, a station of departure towards the world.8 Alfredo Pirri recently devised a series of works inspired by the Kindertotenlieder by Gustav Mahler, composed starting from the texts that the Romantic poet Friedrich Rueckert dedicated to his deceased children. In Pirri’s Kindertotenlieder, the strong sense of loss underlying these heart-rending lyrics transforms into a harmonic counter melody populated by burgeoning life enveloped by an impalpable mist, by bubbling forms that “seem to be taking part in a party of the possibilities, a refined sequence of hypotheses and references.”9 Once again, this impalpable effect is not the result of a renunciation, but a meticulous implementation through which the artist gives body and shape to an opalescent epiphany. After freely tracing some “stains of colour”, (in some cases) Pirri then intervened with cutter and file to open some small “breaths of air”, “kaleidoscopic” holes that reverberate an indefinite light to reveal, without showing, the colour behind it. The overall chromatic result is the fruit of collaboration between the artist’s pictorial knowledge and the matter of the medium: special (and imperceptible) Plexiglas sheets coloured directly in the fibre interact with the painted forms (on the back), “traps of light” that help to make an ineffable and evocative result. Galleria Il Ponte, for the first time, presents a good group of these works: some rest on small tables, evoking a domestic scene, a cosy setting that greets us at the entrance of the exhibition space, making us feel at home; others dot the walls, creating an ethereal and rarefied space where the forms reflect, echo and resound like in the belly of an instrument. “The shapes I work around don’t normally have a figurative source, but I am very interested in relating them to something human such as the spectators’ bodies and their point of view. […] My job is a

8. A. Pirri, Sulla tradizione, cit., p. 105, own translation. 9. A. Bellini, La bruma che annuncia un’alba, in Dove sbatte la luce. Mostre e opere 2003-1986, Skira, Geneva-Milan, 2004, p. 199, own translation.

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dialogue between what has boundaries and what does not.”10 Even though the sinuous forms that animate the single surface come together and at times condense into groups, the same forms appear ready to overflow, overrun and reprise their movement in the next work. Downstairs, similar circular forms, divided into five sections, come together in a single pictorial set. Here the works are enveloped by a light grey that further links them to each other, creating a singular place. We can image it to be a skull where the images float and unfold, giving rise to thought, or a closed and silent crypt that makes the distant breath of those who are absent circulate, and invites us to breathe back. Unlike a crypt, however, where the air is still and the gaze forced into a single viewpoint, Pirri’s “station” is pervaded by an airiness that feeds the tension on which the artist’s work is based and which, perhaps, here finds room for a momentary rest. A welcoming place that does not halt the movement, dialogue and search for sense, but on the contrary, reignites and nourishes them, fuelling the breath of life which has allowed art to offer us new ways of looking at the world since ancient times. “Like eddies of dust raised by the wind as it passes, the living turn upon themselves, borne up by the great blast of life.”11 So in Florence another step has been shaped in Alfredo Pirri’s search, through works which, like “living beings”, the breath of life will soon take elsewhere.

10. A. Pirri, Sulla tradizione, cit., p. 105, own translation. 11. H. Bergson, Creative Evolution, Eng. ed., Henry Holt and Company, New York 1911, p. 128.

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ALL’ORIZZONTE EDUARDO SECCI CONTEMPORARY

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I KINDERTOTENLIEDER DI ALFREDO PIRRI Stefano Velotti

“...VEDERE LE COSE PER QUELLO CHE SONO” Niente di quello che esce dalla mente e dalle mani di Alfredo Pirri sembra essere fatto ’a immagine e somiglianza’ di qualcosa di già esistente a cui potersi stabilmente ancorare. Semmai, incontriamo subito le forze e gli elementi più leggeri e imprendibili, l’aria e il vento, la luce e i suoi riverberi colorati. A un primo sguardo si potrebbe pensare allora a un’arte decorativa o ornamentale che non si riferisce al mondo, ma lo arreda. Sarebbe però un errore, a meno di intendere queste espressioni non nel comune senso cosmetico o accessorio, ma in quelle accezioni che ne evidenziano la capacità di rivelare qualcosa che altrimenti resterebbe non percepibile: un’etimologia medievale fa risalire decor alla contrazione di DECus CORdis, la “bellezza del cuore”, emanante uno “splendore morale e spirituale”, contrapposta a una bellezza esteriore da “discernere” materialmente nei corpi1. Leon Battista Alberti vedeva invece nell’ornamento la lux pulchritudinis, quel supplemento di luce che permette alla sempre carente percezione umana – in quanto diversa dalla perfetta e imperturbabile visione riservata agli dèi – di rendere visibili la bellezza delle cose di questo mondo2. In questo senso l’ornamento è anche uno strumento, un utile corredo, appunto, della percezione umana. Trovo in una lontana intervista rilasciata a Carolyn Christov-Bakargiev un’affermazione di Pirri sull’arredamento che viene incontro a questa lettura del decorativo-ornamentale come restituzione del mondo a uno sguardo umano: «...se si intende arredamento – diceva Pirri – come predisposizione ragionata di cose utili per la vita, allora questo è nelle mie intenzioni, che sono di predisporre ed organizzare gli elementi sottolineando l’utilità dell’arte, facendo vedere le cose per quello che sono...»3. Intesi solitamente come qualcosa che si giustappone a un mondo già fissato nelle sue forme portanti, decoro, ornamento e arredo si convertono in

1. L’etimologia è avanzata dal teologo Tommaso di Cîteaux, citato in G. DidiHuberman, Beato Angelico. Figure del dissimile (1990), Abscondita, Milano 2009. 2 . V. H. Hohenegger, Ontologia dell’ornamentum (in corso di pubblicazione). 3. “Flash art”, n. 161, aprile-maggio 1991, c.vo mio. L’intervista è reperibile anche sul sito di Alfredo Pirri, www.alfredopirri.com.

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Pirri nel corredo, negli strumenti che fanno “vedere le cose per quello che sono”. Ma come sono le cose per quello che sono, alla luce di queste opere? “TUTTI GLI OPPOSTI SU CUI SI BASA IL NOSTRO ESISTERE” L’enigma del lavoro di Pirri sembra racchiuso nel volto tenue e accogliente di molte sue opere che appaiono indifferenti a ogni mimesi della realtà (la decorazione e l’arredo), e al tempo stesso nella certezza oscuramente avvertita che si rivolgano invece alle cose del mondo, all’”utilità dell’arte”, alla sua capacità di accendere (come si accende una fiamma e come si accende un mutuo) forme di vita latenti e desiderate che il mondo tende a oscurare e soffocare per mancanza d’aria e di luce. Nel rifiuto delle modalità di produzione mimetiche, intese come riproduzioni o appropriazioni del reale, si manifesta un lavoro che mira semmai a scoprire modi sopiti di assaporare le cose, di attivarle con le energie rimastevi imprigionate, di innervarle con una domanda che le riporti in vita. Di qui anche il potenziale critico dei suoi lavori: la lietezza dell’aria e dei colori di un mondo possibile fanno emergere talvolta – per contrasto, analogia o nel loro stesso funzionamento formale – fantasmi del mondo reale, vasti e pervasivi meccanismi sociali, lacerazioni etiche e politiche. Questo impulso anti-raffigurativo sembra confermato da una pratica pittorica espansa, che si ibrida spesso con due arti non-raffigurative per eccellenza, l’architettura e la musica. Quanto a quest’ultima, Pirri ha già unito più volte gli interventi musicali di Curran alle esposizioni di alcune sue opere, come è avvenuto anche a Firenze con l’inaugurazione di Passi nel chiostro del Museo Novecento4. Ma così come la serie dei Passi acquista un senso diverso a seconda dei luoghi e dei tempi in cui l’elemento della serie è realizzato, anche gli interventi musicali di Alvin Curran non hanno sempre lo stesso rapporto con l’opera visuale: fungono di volta in volta da amplificazione, commento, contrasto, anche in relazione ai diversi strumenti usati. Mi è capitato di assistere una volta all’apparizione di Curran in una galleria romana5 in cui Pirri aveva ‘dislocato’ il proprio studio, riportando le opere al momento genetico del suo lavoro. Quella specie di tromba organica che è l’antichissimo shofar (un corno 4 . L’11 settembre 2015. 5. Galleria Giacomo Guidi (Corso Vittorio Emanuele, Roma), giugno 2012. Un video della performance è visibile su https://video.com/60542795.

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ricurvo di ariete, uno strumento rituale che affonda le sue origini nell’episodio biblico di Abramo e Isacco) emetteva dei suoni che sembravano remoti lamenti animali, richiami reiterati fino all’ultimo respiro, echi, grida d’aiuto, invocazioni, provocazioni, appelli rivolti direttamente alle opere di carta e di luce appese alle pareti affinché queste si aprissero, infine, per rilasciare i loro balsami rigeneranti. Però mai, finora, una sua mostra (una ‘tappa’ della mostra complessiva fiorentina All’orizzonte) aveva ripreso il proprio titolo dalla musica, e in particolare da un ciclo di canti, gli strazianti Kindertotenlieder di Mahler. La musica, si sa, non denota il mondo, né come talvolta si dice, è ‘espressione dei sentimenti del compositore’. Piuttosto, parla prima o dopo ogni articolazione linguistica, attesta l’efficacia di un orizzonte sensibile, pre – o post – linguistico, che condiziona il modo in cui parole, gesti, eventi e cose possono assumere significati diversi, anche conflittuali. E permette che, grazie all’unità di senso in cui li racchiude e li intona, quei significati possano convivere senza elidere contraddizioni, lacerazioni, paradossi, come deve fare invece il discorso lineare. “Vedere le cose per quello che sono”, allora, è innanzitutto vederle nella luce di quel lumen (’luce’ e ‘sguardo’) che ne libera l’instabilità, il loro essere sempre bifronti: una faccia rivolta alle cose nella loro concretezza e l’altra rivolta all’orizzonte indefinito da cui emergono; su una faccia la mano controllata e precisa dell’autore, sull’altra l’imprevedibilità dei suoi esiti; un lato con i colori tenui dell’alba e l’altro – da indovinare seguendo i fori che attraversano il plexiglas – rivolto a profondità insondabili e minacciose che tutto inghiottono. Raccogliendo una suggestione dell’artista, non riesco più a non pensare, guardando quei plexiglas bucati da cui sembrano affiorare bolle d’aria, agli ultimi segni di vita di piccoli corpi che affondano nel mare: Kindertotenlieder. Anche i fori, d’altronde, mostrano più volti: se gli orifizi sono le parti più sensibili del nostro corpo, quei fori che affiorano sulla pelle del plexiglas sembrano le zone in cui si concentra la massima sensibilità della carne del mondo. Per altro verso appaiono come gli sbocchi di un’emersione. Diversamente orientati, accuratamente lavorati, sono come le tracce lasciate da tronchi di coni ellittici la cui base più ampia risiede nella parte nascosta del pannello: come se fossero le bocche di piccoli vulcani, con le pareti interne baluginanti, che mettono in comunicazione i tenui colori della superficie con un fondo magmatico che preme dall’interno e che si rende visibile solo nei suoi mutevoli bagliori.

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Qualcosa di analogo si potrebbe dire per l’altra arte eminentemente non raffigurativa, l’architettura, o almeno per quel modo di fare architettura con cui Pirri si misura sempre più frequentemente. Non un’architettura ufficiale o simbolica, e neppure un’architettura che aspira a essere ‘arte’, solitamente in forma di megasculture sensazionali e aliene, ma semmai come paesaggio abitabile, come espansione del campo della pittura che trasforma, con economia di mezzi e precisione, uno slargo in una piazza, un pavimento in un microcosmo storico-naturale, un passaggio abbandonato in un viaggio nella memoria. E così come la superficie pittorica prende corpo nei luoghi dell’abitare, a sua volta l’opera pittorica (quali che siano i mezzi usati) «è paragonabile all’architettura abusiva: prende forma in luoghi fuori controllo, nascosti allo sguardo pubblico e alle autorità costituite […] Però costruisce una casa ospitale e fresca, piena di luce e di colore, luogo di riposo e di festa»6. Ed ecco riaffiorare in queste riflessioni una delle coppie di opposti – la dimensione del controllo e del fuori-controllo – con cui Pirri sa leggere e illuminare la nostra realtà. Ma non lo fa inseguendola nell’esplorazione della sorveglianza o nella mimesi virtuale, con opere ‘immersive’ e ‘interattive’ (come si dice ormai, a prescindere dai diseguali risultati ottenuti, di ogni intervento à la page), ma con i mezzi con cui ha sempre sperimentato. Mi riferisco in modo particolare ai pannelli di plexiglas lievemente colorati in pasta sul cui lato non esposto alla vista dello spettatore Pirri dipinge, con tinte acriliche forti, anche fluorescenti, macchie spesse e ben definite. Se abbiamo la possibilità di osservare queste ‘macchie’ sul lato non esposto del pannello trasparente, non riusciamo a credere che sia affidata proprio alla loro piatta opacità – nella netta dissomiglianza con gli effetti che producono – l’opera che vediamo sul lato rivolto a noi, fatta di evanescenti emergenze di colore sulla superficie, e di misteriose incandescenze di luce colorata sulle cornici e la parete. A proposito di una serie di opere recenti, Arie (2013-14), strettamente imparentate ai plexiglas di Kindertotenlieder, Pirri scriveva che «il processo di realizzazione delle opere è molto lungo e paziente e pretende un controllo minuzioso di tutti i passaggi descritti»7. L’opera, il lavoro da cui essa scaturisce, è 6 . A. Pirri, Trialogo per via d’ombra (Una domanda al giorno), in Alfredo Pirri. Dove sbatte la luce. Mostre e opere 2003, Skira, Ginevra-Milano 2004, p. 205. 7. A. Pirri, Arie, Giacomo Guidi Arte Contemporanea, Milano 2014. Testo reperibile sul sito dell’artista, www.alfredopirri.com.

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allora frutto di un controllo minuzioso, mentre al tempo stesso, lo abbiamo visto, “prende forma in luoghi fuori controllo”, come l’architettura abusiva. E aggiungeva che se «esse sono sempre in bilico fra qualcosa di pungente (e animale) e qualcosa di etereo (e luminoso), sta allo sguardo dello spettatore valorizzare maggiormente l’uno o l’altro aspetto, con alle spalle la certezza però che le due cose appaiono indistinte e inseparabili, come tutti gli opposti su cui si basa il nostro esistere»8. DIALETTICA DEL CONTROLLO Alfredo Pirri non tematizza ingenuamente le dinamiche sociali e politiche al livello dei contenuti (come accade di fare a molta arte ‘politica’, ‘documentaria’ o ‘di denuncia’), ma lo fa nell’unico modo in cui ha senso farlo all’interno dell’attività artistica, cioè nel farsi stesso dell’opera: per esempio, il divaricarsi tra le dimensioni (psichiche, corporee, sociali, politiche) di controllo ossessivo e di perdita di controllo – la ‘dialettica del controllo’ sempre più evidente nelle nostre forme di vita – è probabilmente uno dei tratti più sentiti e meno rappresentabili delle nostre società (tra automonitoraggi e crisi di panico, sorveglianza e vulnerabilità, onnipotenza e impotenza), che «come tutti gli opposti su cui si basa il nostro esistere» può trovare nella forma artistica un suo grado di intelligibilità e rappresentanza che non trova altrove, o che altrove trova solo in forme isolate e unilaterali. Qui invece quegli opposti sono messi in opera e rappresentati proprio grazie alla rinuncia a ogni mimesi rappresentativa, essendo incorporati ‘in pasta’ nella genesi dell’opera stessa come il colore nel plexiglas. E se queste opere che potevano apparire ‘decorative’ tengono ancora insieme l’unità degli opposti che è propria di ogni vita degna di questo nome – controllo minuzioso e spontaneità, spessore della materia e leggerezza aerea e luminosa dell’esperienza – allora riescono a far avvertire, con la loro stessa esistenza, la miseria di una vita in cui questa unità inquieta di opposti si irrigidisce su uno solo dei suoi poli, congelandoci in figure tutte controllate del ‘capitale umano’ o, all’estremo opposto, in quelle sofferenti delle pulsioni incontrollate. ROMPERE IL GHIACCIO Congelamento e crettatura, continuità e interruzione, sono 8. Ibidem.

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coppie di opposti che tornano in molte opere di Pirri. Nella sala sotterranea della galleria fiorentina Il Ponte – dipinta di grigio, quasi un contenitore cranico di materia grigia – Pirri sembra aver congelato in cinque pannelli separati un unico flusso del pensiero, o meglio, dell’intera vita della mente, che non è solo pensiero ma convivenza informe di immagini sensibili, colori evanescenti, brezze, respiri, tessiture, memorie ed effervescenze, fantasmi tattili e viscerali, lampi e accensioni. È uno stesso disegno quello che percorre le cinque lastre, interrotto però dalle piccole porzioni di parete che le separano, forse proprio per segnalare senza equivoci che non si mira a mimare il funzionamento in atto della psiche, ma che lo si può solo evocare per analogia in figure spezzate: una cristallizzazione che non vuole illudere sulla restituzione di un’integrità, ma che chiede semmai a chi scende dentro quella scatola grigia di attivare processi di elaborazione dell’esperienza che non possono essere delegati a nessun altro. Solidale a questa operazione di congelamento appare la frantumazione delle grandi superfici specchianti della serie Passi. A volte meccanica, altre volte termica, la rottura di quelle superfici glaciali non è semplicemente complementare alla glaciazione della psiche affidata ai pannelli: se così fosse, lo specchio dovrebbe sciogliersi nel mondo, farsi liquido, e invece viene conservato nella sua alterità e infranto. Anche qui nessun intento illusorio, seducente o manipolatorio: non si finge di riattingere una fusione col mondo già sempre perduta in ogni gesto o parola, non si riportano in vita i bambini scomparsi delle poesie di Rückert messe in musica da Mahler. Si infrange invece l’omogeneità illusoria di un microcosmo, che restituisce così un’immagine del mondo solo in frammenti, con tutte le lacune opache che li separano e le diverse angolazioni prospettiche, mai più appianabili, con cui ciascuno di essi esplora le pieghe del mondo.

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ALFREDO PIRRI’S KINDERTOTENLIEDER Stefano Velotti

“...SHOWING THINGS FOR WHAT THEY ARE” Nothing that comes out of Alfredo Pirri’s mind and hands seems to be made “in the image and likeness” of something already existent that it can stably be anchored to. If anything, we immediately encounter the lightest and most ungraspable forces and elements, air and wind, light and its coloured reverberations. At first sight, one may therefore think of a decorative or ornamental art, which does not refer to the world, but furnishes it. However, this would be wrong, unless these expressions were seen, not in the common cosmetic or accessory sense, but in those meanings that highlight the capacity to reveal something that otherwise would remain imperceptible: a medieval etymology traces Decor back to the contraction of DECus CORdis, “beauty of the heart”, giving off a “moral and spiritual glow”, in contrast to an exterior beauty to be materially “discerned” in the body.1 In the ornament Leon Battista Alberti instead saw lux pulchritudinis, that additional light which allows the ever-lacking human perception – different to the perfect and impassive vision reserved for the gods – to make the beauty of the things of this world visible.2 In this sense, the ornament is also an instrument, a useful tool, indeed, of human perception. In a long interview given to Carolyn ChristovBakargiev I found a statement by Pirri on furnishing, in accordance with this reading of the decorative-ornamental as restoring a human gaze upon the world: if we understand “furnishing,” Pirri said, “as reasoned configuring of things needed for life, then yes, that’s my intention; I want to predispose and organise the elements in underlining the usefulness of art, showing things for what they are”. 3 Usually interpreted as something juxtaposed to a world whose structures are already fixed, in Pirri decoration, ornament and furnishing convert into the instruments, the tools that show things “for what they are”. But how are things for what they are, in light of these works? 1. The etymology is suggested by the theologian Thomas of Cîteaux, quoted in G. Didi-Huberman, (1990), University of Chicago Press, Chicago; London 1995, p. 57. 2. V. H. Hohenegger, Ontologia dell’ornamentum (forthcoming). 3. “Flash art”, no. 161, April-May 1991, my italics. The interview is also available on the Alfredo Pirri web site, www.alfredopirri.com.

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“ALL THE OPPOSITES AT THE BASIS OF OUR EXISTENCE” The enigma of Pirri’s work seems to be enclosed in the gentle and welcoming face of many of his works which appear indifferent to every mimesis of reality (decoration and furniture). Nevertheless, we obscurely note the certainty that they are instead addressed towards the things of the world, the “usefulness of art”, its capacity to spark (like lighting [accendere] a flame or taking out [accendere] a loan) latent and desired forms of life that the world tends to obscure and suffocate owing to a lack of air and light. In the rejection of mimetic production methods, namely reproductions or appropriations of the real, a work appears that, if anything, aims to uncover stifled ways of savouring things, to activate them with the energies imprisoned inside, to stimulate them with a question that brings them to life. Hence the critical potential of his works: the joy of the air and the colours of a possible world sometimes – by contrast, analogy or their very formal functioning – cause the emergence of phantoms of the real world, vast and pervasive social mechanisms, ethical and political lacerations. This anti-depictive impulse seems confirmed by his expansion of the pictorial, which often mixes with two non-depictive arts par excellence, architecture and music. As for the latter, Pirri has already several times united the musical interventions of Alvin Curran with exhibitions of some of his works, as also happened in Florence with the inauguration of Passi (Steps) in the cloister of the Museo Novecento.4 But as the series of Passi acquires a different sense depending on the places and times in which the part of the series is realised, Curran’s musical interventions do not always have the same relationship with the visual work: each time they serve to amplify, comment or contrast, also with relation to the different instruments used. Once I happened to see an appearance by Curran in a gallery in Rome5 where Pirri had “moved” his studio, taking the works back to the genetic stage. That type of organic trumpet, the ancient shofar (a ram’s curved horn, a ritual instrument originating in the episode of Abraham and Isaac in the Bible) issued sounds that seemed like distant animalesque lamentations, calling over and over until the last breath, echoes, cries for help, entreaties, provocations, pleas addressed directly at the works of paper and light hanging from the 4. 11 September 2015. 5. Galleria Giacomo Guidi (Corso Vittorio Emanuele, Rome), June 2012. A video of the performance can be seen on https://vimeo.com/60542795.

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walls so that they would open, finally, to release their regenerating balms. However, never until now had one of his exhibitions (a “stage” in the multiple Florentine exhibition All’orizzonte – On the Horizon) taken its title from music, and in particular from a cycle of songs, the heart-rending Kindertotenlieder (Songs on the Death of Children) by Mahler. Music, we know, does not denote the world, nor as sometimes said, is it the “expression of the composer’s sentiments”. Rather it speaks before or after every linguistic utterance, it attests to the efficacy of a sensitive, pre- or post-linguistic horizon which conditions the way in which words, gestures, events and things can take on different, even conflicting meanings. And, thanks to the unity of sense in which it encloses and intones them, it allows those meanings to co-exist without cancelling out contradictions, lacerations, paradoxes, as linear discourse instead has to do. To see things “for what they are”, then, is first of all to see them in the light of that lumen (“light” and “gaze”) that frees their instability, their constant two-facedness: one face turned towards things in their concreteness and the other turned to the blurred horizon from which they emerge; on one face the controlled and precise hand of the author, on the other the unpredictability of the outcomes; one side with the gentle colours of the dawn and the other – to guess following the holes that go through the Plexiglas – turned to unfathomable and threatening depths that swallow everything. To take up a suggestion by the artist, while looking at those sheets of pierced Plexiglas which seem to emit bubbles of air, I can no longer not think of the last signs of life of little bodies drowning in the sea: Kindertotenlieder. Besides, the holes also show several faces: if the orifices are the most sensitive parts of our bodies, then those holes that appear on the skin of the Plexiglas look like the zones concentrating the maximum sensitivity of the flesh of the world. In another way, they look like the bubbles from a deep-sea diving expedition. Turned in different directions, worked with precision, they are like the traces left by elliptical truncated cones whose base lies in the hidden part of the panel: as if they were the mouths of small volcanoes, with shimmering inside walls, which link the gentle colours of the surface with a magmatic background that pushes from the inside, visible only in its changing glows. Something similar could be said for the other eminently nondepictive art, architecture, or at least for that way of doing architecture which Pirri has been dealing with more and more frequently. Not an official or symbolic architecture, nor

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an architecture that aspires to be “art”, usually in the form of sensational and alien megasculptures, but rather like an inhabitable landscape, like expansion of the field of painting that transforms, with precision and very few means, an open space into a square, a floor into a historical-natural microcosm, an abandoned landscape into a journey into the memory. And as the pictorial surface takes shape in the places where we live, in turn the pictorial work (whichever means are used) “is comparable to unauthorised architecture: it takes shape in places that are out of control, hidden from the public gaze and the authorities […] However, it builds a hospitable and cool house, full of light and colour, a place of rest and celebration”.6 And so in these reflections one of the pairs of opposites reappears – the dimension of control and the out-of-control – with which Pirri is able to read and illuminate our reality. But he does not do so by pursuing it in the exploration of surveillance or in virtual mimesis, with “immersive” and “interactive” works (as is said these days, regardless of the uneven results obtained, of every fashionable intervention), but with the means that he has always experimented with. I am referring in particular to the lightly fibre-coloured panels of Plexiglas on which Pirri paints thick and well-defined stains using strong, even fluorescent acrylic shades, on the side not exposed to the spectators’ gaze. If we have the possibility of observing these “stains” on the unexposed side of the transparent panel, we cannot believe that the work we see on the side facing us, made of evanescent colour emerging from the surface and mysterious incandescent coloured light on the frames and wall, is entrusted to their flat opacity – in clear dissimilarity with the effects they produce. Referring to a series of recent works, Arie (Airs, 2013-14), closely related to the Kindertotenlieder Plexiglas pieces, Pirri wrote that “the process to make the works is very long and patient and demands utmost control over all the described stages”.7 The piece of art, the work behind it, is therefore the result of utmost control, while at the same time, we have seen, “it takes shape in places that are out of control”, like unauthorised architecture. And he added that if “they are always on the edge between something pungent (and animal) and something ethereal 6. A. Pirri, Trialogo per via d’ombra (Una domanda al giorno), in Alfredo Pirri. Dove sbatte la luce. Mostre e opere 2003, Skira, Geneva-Milan 2004, p. 205, own translation. 7. A. Pirri, Arie, Giacomo Guidi Arte Contemporanea, Milan 2014, own translation. Text available on the artist’s web site, www.alfredopirri.com.

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(and full of light), it is up to the spectator’s gaze to enhance one aspect or another, in the certainty, however, that the two things appear indistinct and inseparable, like all the opposites at the basis of our existence”.8 DIALECTICS OF CONTROL Pirri does not naively thematise social and political dynamics at the level of contents (as happens in a lot of “political”, “documentary” or “exposé” art). Instead, he does so in the only way that makes sense in making art, that is, in the actual production of the work: for example, the divergence between the (psychic, corporeal, social and political) dimensions of obsessive control and loss of control – the “dialectics of control” increasingly evident in our forms of life – is probably one of the most keenly felt and least representable traits of our societies (between self-monitoring and panic attacks, surveillance and vulnerability, omnipotence and impotence), which “like all the opposites at the basis of our existence” can find in artistic form that degree of intelligibility and representation which cannot be found elsewhere, or which is only found in isolated and unilateral forms elsewhere. Here instead those opposites are put to work and represented precisely because all representative mimesis is eschewed, as they are incorporated “in the fibre” as the work itself is generated, like the colour in the Plexiglas. And if these works that might have appeared “decorative” still hold the opposites together like in every life worthy of this name – utmost control and spontaneity, density of matter and airy and light weightlessness of experience – then with their very existence they can make us perceive the misery of a life in which this restless unity of opposites becomes entrenched at one extreme, suspending us in the frozen state of totally controlled figures of “human capital” or, at the extreme opposite, of figures suffering from uncontrolled instincts. BREAKING THE ICE Freezing and cracking, continuity and interruption, are pairs of opposites that return in many of Pirri’s works. In the basement of the Florence gallery Il Ponte – painted grey, almost like a skulllike container of grey matter – Pirri seems to have frozen into five separate panels a single flow of thoughts, or rather, the whole life of the mind, which is not just thought but the shapeless co-existence of sensitive images, evanescent colours, breezes, 8. Ibidem, own translation.

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breaths, weaving, memories and effervescence, tactile and visceral phantoms, flashes and sparks. The same drawing runs through the five panels, however it is interrupted by the small portions of wall between them. Perhaps this is to indisputably signal that the aim is not to mime the functioning of the psyche, but that it can only be evoked by analogy in broken figures. This crystallisation does not want to trick us into thinking that it can return a whole, but if anything it asks those who go down into that grey box to activate processes to elaborate the experience that cannot be delegated to anyone else . This operation of freezing is joined by the shattering of the great reflecting surfaces of the Passi series. At times through mechanical means, at others through heat, the breakage of these icy surfaces is not simply complementary to the glaciation of the psyche entrusted to the panels: were it the case, the mirror should melt into the world, become liquid, and instead it is preserved in its otherness and shattered. Once again the intention is not to deceive, seduce or manipulate: there is no pretence to merge back with the world, as this is already lost in every gesture or word, the dead children in Rßckert’s poems put to music by Mahler cannot be brought back to life. Instead, the illusory homogeneity of a microcosm is shattered. Only an image of the world in fragments is produced, with all the ineliminable opaque gaps that separate them and different angles of perspective, with which they each explore the hidden depths of the world.

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KINDERTOTENLIEDER GALLERIA IL PONTE

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All’orizzonte, 2004

Senza Titolo, 2005

Vernici acriliche su plexiglas cartone museale, legno e silicone (installazione composta da 6 elementi misure variabili) Acrylic paints on plexiglas cardboard, wood and silicone (installation created by 6 elements, variable dimensions)

Acquerello su carta arches intelata e plexiglas Watercolor on paper arches applied on canvas under plexiglas 50x115x5 cm

Kindertotenlieder, 2015

Arie (blu), 2014

Vernici acriliche su cristallo temperato, betonwood e ottone Acrylic paints on glass, betonwood and brass 150x80x35 cm

Pigmento, piume e vernici acriliche su piume conciate su plexiglass e acciaio verniciato Acrylic paints, feathers and pigment on plexiglas with steel artist frame 208x108 cm

Piega, 2014

Canto n. 1 (Progetto per un film), 2008

Monotipo realizzato in 76 esemplari firmati dall’artista con: fogli carta Arches di puro cotone da 300g/m2 e da 185g/m2 di 57,5x76,5 cm, polimero acrilico, pigmento fluorescente scatola di cartone. Monotype, 76 copies made signed by the artist with: 57.5x76.5 cm 300g/m2 and 185g/m2 sheets of pure cotton Arches paper, acrylic polymer, fluorescent pigment, cardboard box

Plexiglas, smalto acrilico, acciaio, resina epossidica, impianto elettrico per luce artificiale, lampada elettrica 500 wt Plexiglas, acrylic paints, steel, resin, eletric system for artificial light, electric 500 wt lamp 220x121x121 cm

Arie (rosa), 2014


Kindertotenlieder, 2015

Kindertotenlieder, 2015

Acrilico su betonwood e su legno di faggio, vernici acriliche su cristallo, vaso con fiore fresco da rinnovare a piacere (possibilmente bianco) Acrylic on concrete and beech wood, acrylic paints on glass, vase with fresh flower to be replaced at desired (possibly white) 185,5x100x38 cm

Vernici acriliche su plexiglas colorato in pasta, acciaio verniciato e acciaio zincato Acrylic paints on fibre-dyed Plexiglas, painted steel and zinc-plated steel 106x106 cm

Kindertotenlieder, 2015

Kindertotenlieder, 2015

Vernici acriliche su plexiglas colorato in pasta acciaio verniciato e acciaio zincato Acrylic paints on fibre-dyed Plexiglas, painted steel and zinc-plated steel 206x106x5 cm

Vernici acriliche su plexiglas colorato in pasta, acciaio verniciato e acciaio zincato Acrylic paints on fibre-dyed Plexiglas, painted steel and zinc-plated steel 206x106x5 cm

Kindertotenlieder, 2015

Kindertotenlieder, 1992 / 2015

Acrilico su betonwood, vernici acriliche su cristallo, metallo cromato Acrylic on concrete wood, acrylic paints on glass, chrome-plated metal 123,5x80x31,8 cm

Gesso di bologna, terra colorante e acrilico su legno, vernici acriliche su plexiglas, opera composta da 5 elementi Bologna chalk, earth colour and acrylic on wood, acrylic paints on Plexiglas, work comprising 5 elements 171,3x119,3x7,6 cm


Kindertotenlieder, fotografia scattata nello studio di Alfredo Pirri



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Alfredo Pirri è nato a Cosenza il 25 gennaio 1957. Vive e lavora a Roma

Mostre Personali (selezione) / Solo Shows Selection 2015 Kindertotenlieder, Galleria Il Ponte, Firenze Cento fuochi, centro storico di Cagliari Tent London, London Design Festival, Londra Passi, A. Pirri - A. Curran, Museo Novecento, Firenze All’Orizzonte, Galleria Eduardo Secci Contemporary, Firenze La Gabbia d’oro, Chiesa del Giglio, Palermo, Galleria Francesco Pantaleone, Palermo Questions, A. Pirri - T. Schütte, British School at Rome, Roma 2014 Arie, Galleria Giacomo Guidi, Milano 2013 Passi, Palazzo Te, Mantova Vorrei rannicchiarmi nella Tua ombra, galleria Tucci Russo, Torre Pellice (Torino) Passi, D-0 ARK Undergroud, Konjia, Bosnia 2012 Crocifissioni e altri paesaggi primaverili, Galleria Giacomo Guidi, Roma Passi, Galleria Nazionale D’Arte Moderna , Roma In ricordo di Nicola Santoleri, Casa e Cantina Santoleri, Guardiagrele 2011 Passi, Palazzo Ducale, Martina Franca Soltanto un quadro al Massimo, A. Pirri - Gerhard Merz, Accademia Tedesca a Roma Bandiera, Liceo Ginnasio Statale Torquato Tasso, Roma Hic iacet corpus, A. Pirri - Riccardo Caporossi, Museo Carlo Bilotti a Villa Borghese, Roma 2010 Misura ambiente, Galleria De Foscherari, Bologna 2009 Studi d’armonia, Accademia dello Scompiglio, Vorno (Lucca) 2008 Canti, Galleria Tucci Russo, Torre Pellice (Torino)

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2007 Ultimi passi, Foro di Cesare, Roma Come in terra così in cielo, Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro Beyond, A.Pirri - M. Balka, Bunkier Sztucki, Contemporary Art Gallery, Cracovia 2006 Racconti, Galleria OREDARIA, Roma Parole, Maison Europèenne de la Photografie, Parigi Come, dove, quando, perchè, Ospedale S. Spirito in Sassia, Roma Corale, Galleria Dina Carola, Napoli 2005 Passi, Ninfeo di Villa Guastavillani, Bologna Forme e Pitture, Galleria Gianluca Collica, Catania Miroslaw Balka/Alfredo Pirri: Vis a’ vis, Istituto Polacco di Cultura di Roma, Roma Miroslaw Balka/Alfredo Pirri: Vis a’ vis, Fondazione VOLUME!, Roma 2004 Fare e rifare, Galleria Oredaria, Roma Hot& Cold, Galleria Il Ponte, Roma 2003 Verso N, Galleria Tucci Russo, Torre Pellice (Torino) 2002 Artenatura 2002, Terza Biennale di Arte e Natura, Guardiagrele, Chieti 2001 A2. Gianni Dessì – Alfredo Pirri, Galleria Otto Arte Contemporanea, Bologna Senza Titolo, Galleria Michel Rein, Parigi 2000 Un progetto (?) per India, Teatro India, Roma 1999 Faccia, ARS AEVI 2000, Sarajevo project, Spazio Umano, Milano 1998 Opere per Base, Galleria Base Progetti per l’Arte, Firenze 1997 VOLUME!, progetto e installazione in Via S. Francesco di Sales n. 86-88, Roma

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1996 Adolescenti Mitici, Aula Magna Liceo Artistico, Roma Pax, A. Pirri - M. Balka, Galleria Tucci Russo, Torre Pellice (Torino) Monumento Pubblico, Ozieri, Sassari 1995 Occhi per Piangere, Galleria Galliani, Genova 1994 Occhi per Piangere, Galleria La Nuova Pesa, Roma Più grande dell’umano, più piccolo del divino, Vernice Fresca, Cosenza 1993 “...Dove Sbatte la Luce...”, Studio Casoli, Milano Facce di Gomma, Museo Laboratorio dell’Università di Roma “La Sapienza”, Roma 1992 Per Noi, Galleria Tucci Russo, Torino 1990 Colorea, Galleria Benet Costa, Barcellona Gas, Galleria Tucci Russo, Torino Disciplinam Pone in Corde Tuo, Galleria Casoli, Milano Senza Titolo, Galleria Planita, Roma TROIA!, Edicola Notte, Roma 1989 Infanzia della pittura, Galleria Carini, Firenze 1988 Squadre Plastiche, Studio Casoli, Firenze Squadre Plastiche, Museum - Galerie, Bolzano Cure, Galleria Alice, Roma Squadre Plastiche, Galleria Planita, Roma L’Alba, il Giorno, con Sandro Lombardi, Piazza del Carmine, Taormina Gli Effeminati Intellettuali, con Sandro Lombardi, Scuola di Guerra Aerea, Firenze 1987 Alfredo Pirri, Studio Marconi 17, Milano Alfredo Pirri, Studio Trisorio, Napoli Alfredo Pirri, Wessel O’Connor, LTD, New York Dura Lex Sed Lex, Galleria Tommaseo, Trieste La Notte, Palazzo dei Diamanti, Ferrara La Notte, l’alba, con Giorgio Barberio Corsetti, Villa Comunale, Taormina

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1986 Alchimia, Luoghi e Memorie del XX Secolo, Firenze Alfredo Pirri, Studio Planita, Roma Rumore, Villa Comunale, Taormina Mostre collettive (selezione) / Group Exhibitions (Selection) 2015 Eyes - Mind - Brain, galleria Uno su Nove, Roma L’Analfabeto, Académie de France à Rome, Roma Fondation VOLUME!, Musée d’Art Moderne et Contemporain, Saint Etienne Soltanto un quadro al Massimo, Accademia Tedesca di Roma, Roma 2014 La spiritualità nell’arte, Complesso Munumentale di S. Francesco, Cuneo Visione Territoriale, Fortezza Borbonica, Civitella del Tronto (Terni) 2013 Il classico nell’arte, Galleria d’arte Moderna e Contemporanea, Bergamo La materia di un sogno Collezione Paolo Brodbeck, Fondazione Brodbeck Catania Extralarge, MACRO Museo d’Arte Contemporanea, Roma Amore e Psiche - la favola dell’anima, Palazzo Te Mantova Sospensioni, Sculture in aria, Biblioteca Storica Mozzi Borgetti, Macerata Camere XVIII Intese, Alvin Curran, Maurizio Mochetti, Alfredo Pirri, RAM, Roma Artisti nello spazio, da Lucio Fontana a oggi, Complesso Monumentale di San Giovanni, Catanzaro Opere dalla collezione permanente, Museo Cmusac, Cassino 2012 Pittura: esercizio o libertà?, Galleria Giacomo Guidi Arte Contemporanea Camere, “a space waiting for a move”, Spazio RAM-radio arte mobile Zerynthia, Roma Arte Torna Arte, Museo dell’Accademia, Firenze Forte Piano: Le forme del suono, Auditorium Parco della Musica, Roma 2011 Illuminazioni, Capo d’Arte 2, Palazzo Gargasole, Gagliano del Capo Acquedotti Romani, Cinecittà 2 Arte Contemporanea, Roma 5X25, 25 anni della Nuova Pesa, Galleria La nuova Pesa, Roma Compagni di viaggio, Muzej galerije mesta, Ljubliane

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16 Artisti per TVS, Artefiera Bologna, Bologna Arte Italiana all’ascolto, NCCA Centro Nazionale per l’arte Contemporanea, Mosca Pittura / Concetto / Materia, Galleria Giacomo Guidi-MG Art, Roma Tra Arte e Design: Vivere e Pensare in Carta e Cartone, Museo Diocesano, Milano Alfabeta2 è un’altra cosa… Riflessi sull’arte Italiana, Palazzo Vendramin Calergi, Venezia 2010 Collezione Paolo Brodbeck Pittura italiana 1949/2010, Fondazione Paolo Brodbeck, Catania MACRO wall: Eighties are back!, Museo MACRO, Roma Da sopra, giù nel fossato, Castello Svevo di Bari - Fossato esterno Il grande gioco Forme d’arte in Italia 1947 – 1989, GAMec, Bergamo 2009 AMATI, Galleria Spazio A, Pistoia CELLA strutture di emarginazione e disciplinamento, Complesso monumentale di San Michele a Ripa, Roma 2008 Una Historia Privada, Teatro Circo Price, Madrid Una Storia Privata, Museo Bilotti, Roma Cose mai viste, Museo delle Terme di Diocleziano, Roma Colori di Roma, Auditorium Parco della Musica Roma Interiors, Galleria OREDARIA, Roma 2007 Le Fleurs du Mal, Museo Arcos, Benevento 2006 Galleria Tucci Russo, Torre Pellice (Torino) Relativism, Biennal of Quadrilater, Museum of Modern and Contemporary Art, Rjeka Are You sensitive?, Museo Marino Marini, Firenze 2005 Chocolate Grinder n.3, (Etty Abergel, Miroslaw Balka, Alfredo Pirri), Studio Tommaseo, Trieste Uscita Pistoia, Spazio A, Pistoia XIV Quadriennale di Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma Biennial of Quadrilateral 1/Biennale Kvadrilaterale 1, “Relativism”, Museum of Modern and Contemporary Art, Rijeka

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2004 EaTable Glass, Museo Ca’ Rezzonico, Venezia; Museo Revoltella, Trieste Sonde. Pistoia. Dieci anni con gli artisti a Palazzo Fabroni, Palazzo Fabroni, Pistoia 2003 Eco e Narciso. Cultura Materiale/Arte, Abbazia della Novalesa, Torino Assenze Presenze. Une nouvelle génération d’artistes italiens, Le Botanique - Centre Culturel de la Communauté Française, Bruxelles Appello alla nazione, con Janusz Podrazik (musicista), Biennale di Venezia, Venezia Le opere e i giorni, Certosa di Padula, Padula (Salerno) Arte al centro, Cittadellarte, Fondazione Pistoletto, Biella Roma Colleziona. Arte contemporanea Italiana da Collezioni Pubbliche e Private, American Academy in Rome, Roma 2001 BELVEDERE ITALIANO, Centrum Sztuki Wspólczesnej Zamek Ujazdowski, Varsavia Dono. Offerta ospitalità insidia, Palazzo delle Papesse, Siena Le arti della critica, Palazzo Piacentini, S. Benedetto del Tronto Ventana hacia Venus – Window onto Venus, Bienal de Arte Contemporàneo de La Habana, Cuba Primo Piano. Su la testa! Opere e argomenti in scena, Palazzo delle Papesse, Siena 2000 Mes rendez-vous (2), Galerie Michel Rein, Parigi Giganti. Arte Contemporanea nei Fori Imperiali, Scavi dei Fori Imperiali, Roma Verso Sud, Palazzo Doria Pamphilj, Valmontone (Roma) La Ville / Le Jardin / La Mémoire, Académie de France à Rome, Villa Medici, Roma Collettiva, Galleria Gianluca Collica, Catania Teatro Botanico, Museo Civico Ursineo, Catania 1999 Atlantide, La stanza di Penna, Palazzo delle Papesse, Siena ARS AEVI 2000, Collezione Permanente, New Museum of Contemporary Arts, Sarajevo LA VETRINA DI VENERE, Centro Civico per l’Arte Contemporanea - La Grancia, Siena Minimalia, P.S.1., New York Un disegno per il 2000, Zerynthia, Roma

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1998 Au Rendez-Vous des Amis. Identità e Opera, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato Tor Bella Magica, Spazio per l’Arte Contemporanea Tor Bella Monaca, Roma Arte Athina, Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea, Atene Su loco de sta scultura, Tortolì, Nuoro 1997 Forma Urbis, XXIII Biennale di Gubbio, Gubbio Due o tre cose che so di loro..., Padiglione di Arte Contemporanea, Milano Minimalia, Palazzo Querini Dubois, Venezia; Palazzo delle Esposizioni, Roma Progetto VOLUME!, insieme a Jannis Kounellis e Bernard Rüdiger, Roma Lavori in corso, Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma 1996 Fuori Uso, ex F.E.A., Pescara Luoghi Ritrovati, Centro Civico La Grancia, Serre di Rapolano, Siena 1995 Oltreluogo, Palazzo Fabroni, Pistoia Fuori Uso, ex Aurum, Pescara Territorio Italiano, Museo dei Navigli, Milano Tempo e Forma nell’Arte Contemporanea, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Cassino 1994 Le costanti nell’Arte, Galleria Lia Rumma, Napoli Prima Linea, Flash Art Museum, Trevi Opera Prima, Fuori Uso, Pescara e Lubjana Rosso Romano, Galleria Carlo Virgilio, Roma 1993 Rosa e Giallo, Le Creux de l’Enfer, Thiers e Les Halles Centrales, Rennes Per Noi, Società Lunare, Roma Viaggio a Citera, XLV Biennale Internazionale di Venezia, Cà Vendramin, Venezia International Critics Choice, Mitchell Museum, Illinois, USA 1992 Korrespondenzen, Walter Gropius Bau, Berlino Historia Historia, Galleria Oliva Arauna, Madrid

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1991 Rosa e Giallo, Galleria Pieroni, Roma 1990 Something is Happening in Italy, Galleria Lia Rumma, Napoli Anni 90, Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna Vis a Vis, Espace Dieu, Liegi; Galleria Pieroni, Roma 1989 Arte a Roma 1980 - 1989, Palazzo Rondanini, Roma Aspetti della pittura italiana dal primo dopoguerra ad oggi, Musei di S. Paolo del Brasile e Rio de Janeiro Eternal Metaphors: New Art from Italy, mostra itinerante in tredici musei degli Stati Uniti a cura della ICA, NY Arte contemporanea per un museo: 10 anni di acquisizioni delle raccolte d’arte di Milano, Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano 1988 ASTRATTA. Dal dopoguerra al 1990, Palazzo Forti, Verona APERTO ‘88, XLIII Biennale Internazionale di Venezia, Venezia Il cielo e dintorni, Castello di Volpaia, Radda in Chianti (Siena) Davvero, L’Osservatorio, Milano 1987 Arte Nuova d’Italia, Studio Marconi, Milano 5 Pittori Italiani, Wessel O’Connor, LTD, New York ROMA PUNTO UNO, Galleria Mara Coccia e Nuova Pesa, Roma, (itinerante: Milano, Studio Marconi; Bologna, Galleria Nicola Verlato; Gaeta, Galleria Emicia; Edimburgo, Demarco Gallery; Aberdeen, Peacock Artespace; Belfast, Orpheus Gallery; Londra, Business Design Center; Ayr, Rozelle House; Stoccolma, Galleria Comunale di Södertalje; Noordbrabants Museum ‘s-Hertogenbosch; Narni, Auditorium di San Domenico) SPUNTI DI GIOVANE ARTE ITALIANA, Studio Corrado Levi, Milano e Galleria Buades, Madrid 1986 Progetto Impossibile, Palazzo Braschi, Roma (cat.) XI Esposizione Quadriennale Nazionale d’arte di Roma, Palazzo dei Congressi, Roma, (a cura di Paolo Balmas, Angelo Trimarco, Fabrizio D’Amico, cat.) 1985 Teatrale Visivo, Accademia Belle Arti, Brera, Milano

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Bibliografia selezionata / Selected Bibliography Cure, Galleria Alice (testi di C. Christov Bakargiev, G. Maragliano), Roma 1988 Via d’Ombra, (testi di Alfredo Pirri, Jerome Sans, Hans-Ulrich Obrist), Rubbettino editore, Catanzaro 2001 Alfredo Pirri. Dove sbatte la luce, (testi di V. Altaiò, A. Bellini, A. Bonito Oliva, L. Cherubini, C. Christov Bakargiev, M. Colapietro, G. Di Pietrantonio, C. Domino, D. Lancioni, G. Maragliano, F. Menna, P. Montani, A. Pirri, J. Sans, V. Valentini), Skirà, Milano 2003 Alfredo Pirri/ Miroslaw Balka, Vis a Vis 2005, Fondazione Volume, Roma 2005 Così in cielo, così in terra, Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro, (testi di A. Pirri, L. Pratesi), Hopefulmonster, Torino 2006 Alfredo Pirri. Passi, Villa Guastavillani, Bologna, Johan & Levy, Milano 2007 Alfredo Pirri, Ultimi passi. Un segno nel foro di Cesare, Foro di Cesare (conversazione tra E. La Rocca e L. Pratesi), Contrasto, Roma 2008 Alfredo Pirri, MACRO wall: Eighties are back!, MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma (testi di C. Canziani, G. Verzotti) Electa, Milano 2010 Incontri d’armonia, Associazione Culturale Dello Scompiglio, Lucca 2010 Alfredo Pirri, (a cura di Joachim Bluher e Ludovico Pratesi; testo di Pietro Montani), Edizioni dell’Accademia Tedesca di Villa Massimo, Roma 2011 Alfredo Pirri. Bandiera per il Tasso (a cura di Barbara Goretti), Laterza, Roma-Bari 2011 Alfredo Pirri a Casa Santoleri 2002-2011, Silvana Editoriale, Milano 2012 Alfredo Pirri, Passi 2003 – 2012 (a cura di Angelandreina Rorro, testi di Alfredo Pirri, Giuliano Modesti, Corrado Bologna, Angelandreina Rorro, Maria Vittoria Marini Clarelli, Stefania Frezzotti, Luciana Rogozinski, Achille Bonito Oliva, Ludovico Pratesi, Eugenio La Rocca, Valentina Valentini, Federico Fusi, Daria Filardo, Jannis Kounellis, Vicenc Altaio, Federica Zanco), Gli Ori Editore, Pistoia 2012 Soltanto un quadro al massimo.....2003-2013, (a cura di Joachin Bluher e Ludovico Pratesi), Edizioni dell’Accademia Tedesca di Villa Massimo, Roma 2013 Editoriale (testi di Alfredo Pirri e Maria Vittoria Marini Clarelli) in “Domus”, n.972, settembre 2013 Scrissi d’arte, Tommaso Pincio, L’orma Editore, Roma 2015 Alfredo Pirri. All’orizzonte, a cura di Arabella Natalini, testi di A. Alibrandi, Arabella Natalini, Eduardo Secci, Stefano Velotti, Edizione Gli Ori, Pistoia 2016 Dal 2012 il sito www.alfredopirri.com funge da archivio di mostre, progetti, scritti dell’artista.

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Finito di stampare nel gennaio duemilasedici dalla tipografia Bandecchi & Vivaldi di Pontedera per i tipi de Gli Ori di Pistoia in occasione del ciclo di mostre Alfredo Pirri. All’orizzonte organizzate dalla Galleria Eduardo Secci Contemporary e dalla Galleria Il Ponte, Firenze



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