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ROSA FOSCHI

Polaroid ROSA & film FOSCHI


ROSA F O S C H I

Polaroid ROSA & film FOSCHI a cura di / curated by

Ilaria Bernardi

GALLERIA IL PONTE - FIRENZE 27 settembre - 31 ottobre 2019

Ufficio stampa / Press office Susanna Fabiani Crediti Fotografici / Credits Torquato Perissi Redazione editoriale / Editorial team Enrica Ravenni Traduzione in inglese / English traslation Karen Whittle Grafica / Page setting and graphics Alessio Marolda Impianti e stampa / Plates and printing Tipografia Bandecchi & Vivaldi, Pontedera (PI)


Sommario / Summary

Rosa Foschi, o dello straniamento

7

Rosa Foschi, or on Estrangement

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Opere / Works

25

Nota biografica

75

Selected Biography

77

Ilaria Bernardi Ilaria Bernardi



ROSA FOSCHI, O DELLO STRANIAMENTO Ilaria Bernardi

All’inizio del Novecento, con il termine russo “otstranenie” – scritto con il refuso di una sola n anziché due –, lo scrittore e critico letterario Viktor Šklovskij definì quello che, a suo avviso, avrebbe dovuto essere il compito di ogni scrittore: liberare il lettore dall’automatismo della percezione, rendendo insolito l’oggetto, di volta in volta percepito, attraverso la presentazione di lati inediti di esso. Šklovskij giunse così a teorizzare il “dispositivo dello straniamento”: “non avvicinamento del significato alla nostra comprensione, ma la creazione di una speciale percezione dell’oggetto, a creazione di una ‘visione’ di esso, non ‘riconoscimento’” (in Una teoria della prosa. L’arte come artificio. La costruzione del racconto e del romanzo [1917], trad. it. De Donato, Bari 1966). Lo straniamento è dunque il processo attraverso cui ogni forma artistica (non solo letteraria, ma anche teatrale o relativa all’arte visiva) “stranea” ciò che per noi è usuale, presentandolo da un differente punto di vista. Per ottenerlo, è necessario inserire nella rappresentazione un “imprevisto”; ovvero un elemento e/o un’azione inaspettata e apparentemente incongrua. Quando è estraniata, la cosa percepita (parola, immagine o oggetto) non verrà più “chiamata” con il suo nome dall’osservatore/lettore, ma captata come se fosse


vista per la prima volta. È grazie all’“imprevisto” che la percezione usuale della realtà può essere alterata, smontata, decostruita, distorta e i lati inediti del mondo attorno a noi possono essere portati in luce. Non a caso, Heinrich Lausberg (in Elementi di retorica [1949], trad. it. Il Mulino, Bologna 1997) definì lo “straniamento” Šklovskijano come “l’effetto psichico che l’imprevisto, l’inatteso come fenomeno del mondo esterno esercita sull’uomo”. Nelle arti, il concetto di straniamento è stato applicato, volontariamente o meno, da molteplici autori – da Pirandello con la sua la poetica dell’umorismo spiazzante, a Bertolt Brecht con la sua teoria del “Verfremdung” (“alienazione”) – e, secondo il parere di chi scrive, anche il lavoro della film-maker, fotografa e pittrice Rosa Foschi non può essere compreso senza far riferimento a tale concetto. I suoi tre film professionali a 35 mm inclusi nella mostra alla Galleria Il Ponte, Amour du cinéma (1969), Ma femme (1970) e Amore e Psiche (1971), nonché le Polaroid realizzate tra le fine degli anni Ottanta e i Novanta, spiazzano lo spettatore poiché si costituiscono dall’accostamento di elementi tra loro disomogenei, discordanti, cacofonici che, in quanto tali, producono in chi li guarda un senso di sorpresa, di disagio per l’impossibilità di comprenderne il senso. L’intento della loro autrice è indurre lo spettatore ad andare oltre la cacofonia percepita per cercare invece di captare i presunti legami sottesi dagli elementi che compongono ogni immagine o fotogramma. Lo straniamento così ottenuto da Rosa Foschi, anche con sfumature ironiche satiriche o sarcastiche, è pertanto una tecnica sperimentale che, per essere decodificata, richiede particolari competenze culturali da parte degli osservatori.


I numerosi riferimenti artistici – da Dalì a Duchamp, da Beuys a Magritte, da Luca Maria Patella fino a Leonardo – si uniscono infatti a molteplici riferimenti letterari, cinematografici e teatrali – ad esempio, ad Artaud e Apollinaire –, nonché a rimandi alla vita domestica. Ma tra essi non c’è alcuna gerarchia di valore: tutti concorrono, parimenti, a creare un cortocircuito nella percezione dell’immagine, tale da innescare domande, ma senza fornire risposte univoche. La volontà di provocare un effetto di spiazzamento nell’osservatore, in realtà, rivela ciò che sembra essere l’interesse principale dell’artista: la percezione dell’immagine e dei meccanismi che ne rendono possibile la lettura. Iscrittasi alla sezione Disegno Animato dell’Istituto d’Arte al Palazzo Ducale di Urbino e lì frequentando le lezioni tenute dal noto grafico Albe Steiner per poi diplomarsi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Rosa Foschi non poteva esimersi dal mutuare dalla grafica e dal cinema l’insegnamento secondo cui ogni modifica di un’immagine influisce sulla sua ricezione e sul suo significato. Va però aggiunto che parallelamente, in Italia, riflessioni analoghe sulla percezione visiva erano molto diffuse, sovente influenzate dalla teoria espressa da Rudolf Arnheim nel volume Arte e percezione visiva, da poco tradotto in italiano (Feltrinelli editore, Milano 1962). Davanti ai film e alle Polaroid di Rosa Foschi, quindi, piuttosto che concentrarsi sul riconoscimento degli elementi d’immagine utilizzati, siamo chiamati ad attivare lo sguardo, a modificare la nostra consueta modalità di percezione della realtà. Ma l’artista, in pratica, come riesce ad innescare tale effetto di straniamento nello spettatore? Oltre a far riferimento al


non-sense e al calembour dadaista-duchampiano, nonché al concetto metafisico di arte come strumento per andare oltre la realtà fisica (metà tà physiká), fa appello soprattutto al caso: gli elementi d’immagini usati nel suo lavoro sono infatti da lei trovati per caso durante la sua quotidianità. È il caso a generare l’imprevisto, ossia quell’elemento inaspettato e apparentemente incongruo che ci interroga non solo su ciò che vediamo, ma che mette soprattutto in discussione la nostra capacità di saper vedere e capire il mondo. Lo dimostrano soprattutto i film professionali a 35 mm in disegno animato realizzati da Rosa Foschi tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta per la Corona Cinematografica, e oggi depositati presso la cineteca di Bologna. La Corona Cinematografica fu fondata alla fine degli anni Quaranta da tre fratelli Gagliardo, e fino alla sua chiusura nel 1997 finanziò 3500 brevi film documentari, animazioni e cinegiornali. Durante gli anni Sessanta e Settanta, la Corona si aprì alla collaborazione con artisti visivi, tra cui Claudio Cintoli che realizzò Più, Mezzo sogno e mezzo e Primavera nascosta, e Luca Maria Patella che portò a termine film quali Screckl! Chi mi pettina? e Vado, vado!. In questo contesto, Rosa Foschi fu invitata dai Gagliardo a realizzare alcune animazioni. Alla Corona, già c’era chi faceva animazione tradizionale, come Manfredi e Gomas, ma i Gagliardo, al fine di incrementare i cosiddetti Premi di Qualità del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, desideravano che Rosa Foschi realizzasse cortometraggi più d’avanguardia, firmandoli però insieme ad alcuni addetti della casa di produzione così da sembrare il risultato di un’eterogenea forza lavoro ed avere maggiori possibilità di vincere quegli ambiti premi.


L’aspetto avanguardistico dei cortometraggi realizzati dall’artista per la Corona risiede nel loro essere basati sull’animazione di oggetti e di fotografie, nonché sulle tecniche del découpage e del collage animato, con pochissimo disegno, piuttosto che essere vere e proprie animazioni. Inoltre, rispetto alle sperimentazioni in 8 mm realizzate nei medesimi anni da alcuni artisti in Italia e all’estero, i suoi cortometraggi sono veri e propri film, essendo in 35 mm, e rivelano la sua grande conoscenza del medium cinematografico, delle tecniche di ripresa e delle attrezzature professionali messe a sua disposizione dalla Corona. Il primo, Un bosco magico (1967), fu da lei firmato come regista in collaborazione col marito Luca Maria Patella: si tratta di un adattamento in animazione di pupazzi su scenografie fotografiche su una libera interpretazione del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, realizzato con ritagli di stoffa, cartone, disegni animati, fotografie e oggetti di varia natura. Amour du cinéma (1969) è invece un corto sperimentale sulla storia del cinema, che permette di compiere un viaggio tra le dive del passato e della contemporaneità per delineare una genealogia di un cinema al femminile (si vedono infatti Marlene Dietrich, Mary Pickford, Greta Garbo, Charlot, Monica Vitti, Ileana Ghione, attrice di teatro e moglie del produttore Ezio Gagliardo). Per Ma femme (1970), appassionata dichiarazione d’amore di un uomo per la sua donna, l’ispirazione è la Nouvelle Vague, soprattutto i film di Godard come La donna è donna, citando Jean-Paul Belmondo e Anna Karina. L’amore di don Perlimplino con Belisa nel giardino (1971) è invece un adattamento fantastico-onirico dell’omonimo testo di Federico Garcia Lorca, mentre Amore e Psiche (1978) è ispirato alla fiaba L’asino d’oro di Apuleio, riletta in chiave


femminista e “contaminata” dalle quartine del poeta persiano Omar Khayyam. Basandosi, fin da questi cortometraggi, su una commistione tra le arti (cinema, teatro, letteratura, arte visiva), il passaggio dell’artista dal cinema alla fotografia fu naturale e conseguente. Il metodo utilizzato nell’uno e nell’altra tecnica è il medesimo ed è sempre volto ad ottenere l’effetto Šklovskijano di straniamento; l’unica differenza è che in fotografia, e in particolare nelle Polaroid esposte alla Galleria Il Ponte, l’artista introduce il concetto di still life: si tratta di nature morte, ovvero di elementi d’immagine trovati e accostati tra loro su una medesima superficie con lo scopo di essere rappresentati o ripresi attraverso il medium prescelto. Paolo Barbaro ha interpretato le sue fotografie con queste parole: “È chiaro che l’ambito di riferimento della fotografia di Rosa Foschi è quello Dada, ma [in] queste raccolte di oggetti quotidiani attaccati a comportamenti e pensieri [...] è percepibile il rigore dell’organizzazione di queste immagini, il controllo della realizzazione tra stesure (la luce uniforme, da prelievo segnaletico o da Polaroid, è solo una delle forme retoriche attive in queste immagini) ed anche alcuni elementi di iconografia fotografica, l’uso degli specchi allude concettualmente al raddoppiamento, [...] il gioco libero tra i generi della natura morta e il ritratto, che qui si arricchisce delle riflessioni tra iconologia e indagine alchemica di area romana post-concettuale, tra Calvesi, Fagiolo e naturalmente Luca Patella”. In realtà, il rigore percepito da Barbaro nelle fotografie dell’artista non risiede tanto nella loro composizione quanto nell’esigenza della loro autrice di creare dispositivi capaci di


spiazzare lo spettatore per indurlo ad andare più a fondo rispetto a quello che superficialmente percepisce. Grande conoscitrice delle diverse tecniche filmiche e fotografiche, Rosa Foschi sempre le unisce a una forte forza immaginativa e a un taglio fiabesco, nonché a latenti riferimenti alla propria vita (le immagini tratte dai film e dalle opere del marito Patella) e al proprio pensiero: nel film Amour du cinema, ad esempio, fa una vera e propria dichiarazione d’amore al mezzo cinematografico, facendo dire a Topolino “Mi piacciono le rose, / il sole e le frittelle, / ma il cinema e l’amore / son le cose più belle”. Sovente prendendo le mosse da pretesti narrativi, nel suo lavoro l’artista ha creato un immaginario straniante, mescolando la fotografia al collage, le riprese dal vero al découpage, l’animazione di oggetti al disegno animato. I suoi film e le sue Polaroid, in particolare, spiazzano proprio per la quantità ed eterogeneità del materiale utilizzato e assemblato per realizzarli. Nessuna immagine è mai fine a se stessa, ma, unita alle altre, dà luogo a un fantasmagorico continuum visivo, non ascrivibile ad alcuna tecnica né stile tradizionale, ma liberamente interpretabile così da scuotere la nostra percezione, sollecitandola a “straniarsi” dal mondo per vederlo da un diverso e più originale punto di vista.


Occhio Obiettivo IMMAGINE

Stor


ria

Negare la storia Trovare una VeritĂ


ROSA FOSCHI, OR ON ESTRANGEMENT Ilaria Bernardi

At the beginning of the twentieth century, with the Russian term “otstranenie” – written with the spelling mistake of one “n” rather than two – writer and literary critic Viktor Šhklovskij defined what, in his opinion, should be every writer’s task: to free the reader from the automatism of perception, making the object unusual by presenting unprecedented sides of it. Šhklovskij thus came to theorize the “device of estrangement”: “not bringing the meaning close to our understanding, but creating a special perception of the object, to make a ‘vision’ of it, not ‘recognition’” (in O teorii prozy [1917], Sovetskij pisatelj, Moscow 1983). Estrangement is therefore the process through which every artistic form (not just literary but also theatrical or relating to visual art) “estranges” what for us is usual, by presenting it from a different point of view. To achieve this, the representation needs to include a “twist”; namely an unexpected and/or apparently incongruous element. When it is estranged, the thing perceived (word, image or object) will no longer be “called” by its name by the observer/reader, but grasped as if it were seen for the first time. It is thanks to the “twist” that the usual perception of reality can be altered, dismantled, deconstructed, distorted and the normally unseen sides of the world around us can be brought to light.


Tellingly, Heinrich Lausberg (in Handbuch der literarischen Rhetorik: eine Grundlegung der Literaturwissenschaft [1949], Steiner, Stuttgart 2008) defined Šhklovskiij’s “estrangement” as “the psychic effect that the unforeseen, the unexpected as a phenomenon of the outside world exercises on man”. In the arts, the concept of estrangement has been applied, deliberately or not, by many authors – from Pirandello with his bewildering poetic of humourism, to Bertolt Brecht with his theory of “Verfremdung” (“alienation”) – and, in my view, the work of film-maker, photographer and painter Rosa Foschi cannot be understood without referring to this concept. Her three professional 35 mm films included in the exhibition at Galleria Il Ponte, Amour du cinéma (1969), Ma femme (1970) and Amore e Psiche (1971), as well as the Polaroids created between the end of the 1980s and 90s, bewilder the spectator since they are an agglomeration of elements that together are inhomogeneous, discordant, cacophonic. As such, they produce a sense of surprise, unease in the audience, as it is impossible for them to understand their sense. The filmmaker’s intention is to cause the spectator to go beyond the perceived cacophony to instead try to grasp the presumed ties implied by the elements that make up every image or frame. The estrangement thus obtained by Rosa Foschi, also with satirical or sarcastic undertones, is hence an experimental technique which, to be decoded, requires particular cultural skills on the part of the observers. The numerous artistic references – from Dalì to Duchamp, Beuys to Magritte, Luca Maria Patella up to Leonardo – are combined with multiple references to literature, film and theatre – for example, to Artaud and Apollinaire –, as well as references to domestic


life. But there is no hierarchy in terms of their value: they all equally come together to create a short circuit in the perception of the image, they prompt questions, without, however, giving unequivocal answers. The desire to cause an effect of bewilderment in the observer, in reality, reveals what seems to be the artist’s main interest: the perception of the image and mechanisms that make it possible to read. After enrolling in Animated Drawing at the Istituto d’Arte at the Palazzo Ducale in Urbino and attending the lessons held there by renowned graphic designer Albe Steiner and then graduating from the Centro Sperimentale di Cinematografia in Rome, Rosa Foschi could not help but borrow the lesson from graphics and cinema that every change to an image influences its reception and meaning. However, it should be added that, in parallel, in Italy, similar reflections on visual perception were very widespread, often influenced by the theory expressed by Rudolf Arnheim in the book Art and Visual Perception: A Psychology of the Creative Eye (Eng. trans. University of California Press, Berkeley 1974). Hence, rather than concentrating on recognizing the elements used in the image, when before Rosa Foschi’s films and Polaroids, we are called upon to activate the gaze, to change our usual way of perceiving reality. But, in practice, how does the artist manage to trigger this effect of estrangement in the spectator? In addition to references to the nonsense and wordplay of DadaistDuchampian conception, as well as the metaphysical notion of art as a tool to go beyond physical reality (metà tà physiká), she mainly appeals to chance: the elements of the image used in her work are in fact what she finds by chance in her everyday life. It is chance that generates the twist, namely


that unexpected and apparently incongruous element that questions not only what we see but above all our ability to know how to see and understand the world. This is demonstrated above all in the professional 35 mm animated drawing films made by Rosa Foschi between the end of the 1960s and the beginning of the 70s for Corona Cinematografica, and now housed in the Bologna film archives. Corona Cinematografica was established at the end of the 1940s by three Gagliardo brothers, and, until its closure in 1997, it funded 3500 short documentary films, animations and newsreels. During the 1960s and 70s, Corona began to collaborate with visual artists, amongst whom Claudio Cintoli who made PiÚ, Mezzo sogno e mezzo and Primavera nascosta, and Luca Maria Patella who accomplished films such as Screckl! Chi mi pettina? and Vado, vado! Against this background, Rosa Foschi was invited by the Gagliardo brothers to make some animations. At Corona, there were already figures who were making traditional animation, such as Manfredi and Gomas, but the Gagliardos, in order to gain more of the so-called Quality Awards given by the Ministry of Tourism and Entertainment, wanted Rosa Foschi to make more avant-garde shorts, putting her name alongside some of the production house’s staff so that they looked like the result of a combined workforce and had more chance of winning those sought-after prizes. The avant-garde aspect of the shorts made by the artist for Corona lies in the fact that, rather than being bona fide animations, they are based on the animation of objects and photographs, as well as on decoupage and animated


collage techniques, with very little drawing. Furthermore, compared to the experiments being made in 8 mm in the same period by some artists in Italy and abroad, her shorts are real and proper films, as they are in 35 mm, and they reveal her great knowledge of the film medium, the recording techniques and the professional equipment placed at her disposal by Corona. The first, Un bosco magico (1967), bore her name as the director in collaboration with her husband Luca Maria Patella: it is an animated adaptation of puppets against photographic scenery in a free interpretation of A Midsummer Night’s Dream by Shakespeare, made using scraps of fabric, cardboard, animated drawings, photographs and objects of various kinds. Amour du cinéma (1969) is instead an experimental short on the history of cinema, taking the spectator on a trip among divas past and present to trace the lineage of women’s cinema (it features Marlene Dietrich, Mary Pickford, Greta Garbo, Charlot, Monica Vitti, Ileana Ghione, theatre actor and wife of producer Ezio Gagliardo). For Ma femme (1970), a man’s impassioned declaration of love for his woman, the inspiration is the Nouvelle Vague, above all the films of Godard such as A Woman is a Woman, while citing Jean-Paul Belmondo and Anna Karina. L’amore di don Perlimplino con Belisa nel giardino (1971) is instead a fantastic-oneiric adaptation of the text of the same name (The Love of Don Perlimplín and Belisa in the Garden) by Federico Garcia Lorca, while Amore e Psiche (1978) is inspired by the fable The Golden Donkey by Apuleius, reread in a feminist key and “contaminated” by quatrains of the Persian poet Omar Khayyam. Basing herself on a mixture of the arts (cinema, theatre, literature, visual art), from these shorts onwards, it was


a natural consequence for the artist to pass from cinema to photography. The method used in both techniques is the same and is always aimed at obtaining Šhklovskiij’s estrangement effect; the only difference is that in photography, and in particular in the Polaroids on display at Galleria Il Ponte, the artist introduces the concept of “still life”: that is, image elements found and put together on the same surface so that they may be represented or captured through the chosen medium. Paolo Barbaro interpreted her photographs using these words: “It is clear that the sphere of reference of Rosa Foschi’s photography is Dada, but [in] these collections of everyday objects attached to behaviours and thoughts [...] one can perceive the rigour with which these images are organized, the control behind the layouts (the uniform light, like in an object-symbol or a Polaroid, is just one of the rhetorical forms active in these images) and also some elements of photographic iconography, the use of mirrors conceptually alludes to duplication, [...] the free play between the genres of still life and portrait, here enriched by reflections between iconology and alchemic investigation of the Roman postconceptual area, between Calvesi, Fagiolo and of course Luca Patella”. In reality, the rigour perceived by Barbaro in the artist’s photographs does not lie so much in their composition as in their author’s need to create devices capable of wrongfooting the spectators, so that they go beyond what they perceive on the surface. Great connoisseur of the different film and photographic techniques, Rosa Foschi has always combined them in the


manner of a fairy-tale, with a great strength of imagination as well as hidden references to her own life (the images taken from her husband Patella’s films and works) and thought: in the film Amour du cinema, for example, she makes an authentic declaration of love for the cinematographic means, making Mickey Mouse say “Mi piacciono le rose, / il sole e le frittelle, / ma il cinema e l’amore / son le cose più belle” (I like roses, / sun and crêpes, / but cinema and love / are the best.) Often taking a cue from narrative pretexts, in her work the artist has created estranging imagery, mixing photography with collage, live recordings with decoupage, object animations with animated drawing. We are bewildered by her films and Polaroids, in particular, because of the amount of different materials used and assembled to make them. No image is ever an end unto itself, but together with the others, it gives rise to a phantasmagorical visual continuum, which cannot be nailed down to any traditional technique or style. Instead, they can be freely interpreted, shaking our perception, urging it to “estrange itself” from the world and see it from a different and more original angle.


Se

Scatto Una foto

Non è un fatto Solo solidarietà

Un corpo A

Corpo Si Fa



Je suis, 1995, Polaroid 10x10 cm



Salvador‌mundi?, 1995, Polaroid 10x10 cm



Majakowski a Joyce: io sono un cavallo e tu?, 1996 Polaroid 10x10 cm


Non importa se un ritratto è un atto un’invenzione una tragedia o una commedia di un istante non occorre un titolo La persona c’è, c’è e c’è e a noi resta confermata l’idea che abbia una sua ragione o un suo rebus


Le deĚ fi, 1995, Polaroid 10x10 cm



Quel gatto di James e Marcel, 1995-1996, Polaroid 10x10 cm



Dialogue!, 1996, Polaroid 10x10 cm


Non dormo sulla veritĂ potrebbe fuggir via o diventar fotografia


Ce n’est pa une image juste…, 1994, Polaroid 10x10 cm



Dream (sognando Bogart), 1995, Polaroid 10x10 cm



Non dimentico…, 1994, Polaroid 10x10 cm



C’est juste une image, 1987, Polaroid 10x10 cm


Leggere Ogni sensibilità ha una lettura Ogni ignoranza ha una chiusura Ogni vuoto si può colmare Ogni colmo ha un limite Ogni immagine partecipa al vuoto e può colmarlo Ogni ignoranza apre a una lettura chiusa Ogni sensibilità ha come limite una immagine Ogni fotografia ha un vuoto


SensibilĂ­zzati / SensibilizzĂ ti, 1994, Polaroid 10x10 cm



Luca Patella dis-enameled 1, 1989, Polaroid 10x10 cm



Semiopatella, 1989, Polaroid 10x10 cm



Luca Patella dis-enameled 2, 1989, Polaroid 10x10 cm


La fotografia, uno spettro che ci accompagna dall’ottocento, oggi lo spettro è diventato globale, tutti fotografi, tutti creatori di spettri, tutto ombra di luce. La fotografia è un doppio sogno La fotografia è la frattura di un istante La fotografia come diverso istante La fotografia è un indizio sospeso


Je m’appelle Ferdinand (K), 1988, Polaroid 10x10 cm



Maramao - quel gatto di Marcel 1, 1988, Polaroid 10x10 cm



Maramao - quel gatto di Marcel 2, 1988, Polaroid 10x10 cm



Casa Dürer 1, 1989, Polaroid 10x10 cm



Casa Dürer 2, 1989, Polaroid 10x10 cm



Je vois un cheval, 1994, Polaroid 10x10 cm


In ogni istante c’è il possibile evento di straordinari perché Cosa c’è? Tutto Tutto quanto È accaduto non a me


Wit 1, 1996, Polaroid 10x10 cm



Wit 2, 1996, Polaroid 10x10 cm



Wit 3, 1996, Polaroid 10x10 cm



Wit 4, 1996, Polaroid 10x10 cm



Wit 5, 1996, Polaroid 10x10 cm


Rosa Foschi / Fuoco Spento, 1992, Polaroid 10x10 cm


BIOGRAFIA

Rosa Foschi nasce nel 1943 a Urbino, dove si diploma al Corso superiore di grafica pubblicitaria diretto da Albe Steiner. In seguito, trasferitasi a Milano, si occupa di pubblicità, cinema e fotografia. A Roma (dove vive e lavora) frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia e negli anni 1967-71 realizza vari cortometraggi in disegno animato, 35 mm., bianco/ nero e colore, prodotti dalla Corona Cinematografica di E. Gagliardo, ottenendo dei premi dal Ministero dello Spettacolo e partecipando anche ai festival di Oberhausen, Annecy e al Festival dei Popoli di Firenze. Nel 2000 recuperati alcuni di questi film, sono stati presentati presso il Goethe Institut di Roma. Il lavoro sul disegno e l’azione filmica va coordinato con l’attività di fotografa dell’artista, che la porterà ad essere protagonista in molte rassegne nazionali. In ambito fotografico collabora e partecipa alle mostre organizzate dal CRAF (Centro di ricerca e archiviazione della Fotografia). Nel 1983 realizza assieme a Luca Patella Arie e Polle libro cartella con sette poesie (e quattro incisioni dello stesso Patella). La prima personale è del 1986, alla galleria Il Salotto di Como; da Den Tijd ad Antwerpen nel 1990; presso il Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma nel 1999, con la mostra Esterno Interno Fuori, a cura di Claudio Crescentini. Tra le collettive, per lo più in Italia, tra gli anni Ottanta e Novanta si citano: Liber, pratica internazionale del libro d’artista, Palazzo Verdi, Verona (1980); Il gioco dell’arte, galleria Il Salotto, Como (1987); Far libro e pagine d’artista in


Italia, Biblioteca Centrale, Firenze (1989); Pagine e dintorni, Galleria Civica d’Arte Moderna, Gallarate (1991); Una foto per un museo, MIFAV dell’Università di Tor Vergata, Roma (1994); Trasparenze. Rassegna Internazionale di Fotografia, Cassero del Casale, Grosseto (1995); Occasioni di mito: arte e poesia, galleria Fitzcarraldo, Genova; Giovani & Sconosciuti - aspetti della nuova fotografia italiana, a cura di Sabrina Zanner e Italo Zanner (cat. Motta-Craf, 1997); Contaminazioni. Fotografia nell’arte, arte nella fotografia, Museo Laboratorio di Arte Contemporanea La Sapienza, Roma (1997); Il paesaggio italiano in Fotografia 1950-2000, a cura di Walter Liva, Sale espositive provinciali di Corso Garibaldi, Pordenone (2010); Poesia totale 1897-1997. Dal colpo di dadi alla poesia visuale, Palazzo della Ragione, Musei Civici, Mantova (1998). L’artista ha anche realizzato 30 libropera, in esemplare unico, in formati e tecniche diverse; ha illustrato la raccolta poetica: P. Valesio, Anniversari, ed. Il Quaderno del Bardo, 1999. Alcuni di questi libropera sono presenti in collezioni d’arte private e pubbliche, fra le quali ricordiamo: Bibliothèque Nationale, Parigi e l’Archivio della Nuova Scrittura, P. Della Grazia, Milano. Ancora, tra le recenti esposizioni di fotografia ricordiamo: La magia della polaroid: gli autori italiani interpretano il mito, Centro Italiano della Fotografia d’autore, Bibbiena, Arezzo (2009); Fotografia e ritratto. A venti anni dalla mostra “Io e il suo doppio”, Galleria Civica d’Arte Celso e Giovanni, Costantini, Castions di Zoppola, Pordenone (2015); Donne & Fotografia, Chiesa di San Francesco, Udine (2017-2018); L’immediatezza del presente, Chiesa San Lorenzo, San Vito al Tagliamento (2018). L’ultima personale alla galleria Il Ponte, Rosa Foschi. Polaroid ROSA & film FOSCHI, 2019.


BIOGRAPHY

Rosa Foschi was born in 1943 in Urbino where she graduated from the Senior Course in Advertising Graphics directed by Albe Steiner. After that, having moved to Milan, she worked in advertising, film and photography. In Rome (where she lives and works), she attended the Centro Sperimentale di Cinematografia and in 1967-71 made various 35 mm, blackand-white and colour, animated drawing shorts produced by Corona Cinematografica owned by E. Gagliardo, obtaining awards from the Ministry of Entertainment and also taking part in the festivals of Oberhausen, Annecy and the Festival dei Popoli in Florence. In 2000, after salvaging some of these films, they were presented at the Goethe Institut in Rome. Her work on drawing and film action had to be coordinated with the artist’s activity as a photographer, which would bring her to play a leading role in many exhibitions in Italy. In the photographic sphere, she collaborated and took part in exhibitions organized by CRAF (Centre of Photographic Research and Archiving). In 1983 together with Luca Patella she made Arie e Polle a bookfolder with seven poems (and four engravings by Patella). Her first solo exhibition dates from 1986, at Galleria Il Salotto in Como, followed by Den Tijd in Antwerp in 1990 and the Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea at “La Sapienza” University of Rome in 1999, with the exhibition Esterno Interno Fuori, curated by Claudio Crescentini. Among the group exhibitions, mainly in Italy, between the 1980s and 90s we can quote: Liber, pratica internazionale del libro d’artista, Palazzo Verdi,


Verona (1980); Il gioco dell’arte, Galleria Il Salotto, Como (1987); Far libro e pagine d’artista in Italia, Biblioteca Centrale, Florence (1989); Pagine e dintorni, Galleria Civica d’Arte Moderna, Gallarate (1991); Una foto per un museo, MIFAV, Tor Vergata University of Rome (1994); Trasparenze. Rassegna Internazionale di Fotografia, Cassero del Casale, Grosseto (1995); Occasioni di mito: arte e poesia, Galleria Fitzcarraldo, Genoa; Giovani & Sconosciuti - aspetti della nuova fotografia italiana, curated by Sabrina Zanner and Italo Zanner (cat. Motta-Craf, 1997); Contaminazioni. Fotografia nell’arte, arte nella fotografia, Museo Laboratorio di Arte Contemporanea La Sapienza, Rome (1997); Poesia totale 1897-1997. Dal colpo di dadi alla poesia visuale, Palazzo della Ragione, Musei Civici, Mantua (1998); followed more recently by the Il paesaggio italiano in Fotografia 1950-2000, curated by Walter Liva, Sale espositive provinciali di Corso Garibaldi, Pordenone (2010). The artist has also made 30 book-works, in single copy, using different formats and techniques, and illustrated the collection of poems: P. Valesio, Anniversari, ed. Il Quaderno del Bardo, 1999. Some of these book-works are found in private and public art collections, amongst which: Bibliothèque Nationale, Paris and Archivio della Nuova Scrittura, P. Della Grazia, Milan. Again, among the recent photography exhibitions we may remember: La magia della polaroid: gli autori italiani interpretano il mito, Centro Italiano della Fotografia d’autore, Bibbiena, Arezzo (2009); Fotografia e ritratto. A venti anni dalla mostra “Io e il suo doppio”, Galleria Civica d’Arte Celso e Giovanni, Costantini, Castions di Zoppola, Pordenone (2015); Donne & Fotografia, Chiesa di San Francesco, Udine (20172018); and L’immediatezza del presente, Chiesa San Lorenzo, San Vito al Tagliamento (2018). Her latest solo exhibition is at Galleria Il Ponte, Rosa Foschi. Polaroid ROSA & film FOSCHI, 2019.



Finito di stampare nel settembre duemiladiciannove dalla tipografia Bandecchi & Vivaldi di Pontedera peri tipi de Gli Ori di Pistoia in occasione della mostra Rosa Foschi. Polaroid ROSA & film FOSCHI organizzata dalla galleria Il Ponte, Firenze



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