DICEMBRE 2015
ANNO II, N.15
LA VOCE DEI BIOLOGI COMMISSIONE GIOVANI BIOLOGI
DELEGAZIONECSONB@GMAIL.COM
La voce dei biologi dicembre 2015 anno ii, n.15 direttore e responsabile scientifico dott. giovanni misasi
LA VOCE DEI BIOLOGI
redazione - commissione giovani biologi Gloria Maria Barraco, Dina Basile, giovanna basile, Antonio Benenati, Barbara Ciccarelli, Santa Costanzo, Egilda Cupelli, Gabriella D’Alessandro, Davide De Cicco, Raffaella De Prezi, Anna De Rose, Jessica Falcone, Valerio Fontanella, Federica filice,Valentina Filice, Francesca Gallo, Teresa Gallo, Mariacarmela Guerrera, Armida Incorvaia, Rossella lo tufo, Maria Costanza Mangone, Maria Grazia Minervini, Serena Oliveto, Claudio Pecorella, Francesca Pisani, Valentina Pometti, Mario Ritacco, Rosaria Sansone, Massimo Sdanganelli, Isabella Solimeno, Ersilia Spallato, Livia Suriano, Maria Grazia Tripodi. Progetto grafico francesca gallo francescagallo@outlook.com
lavocedeibiologi@associazionescientificabiologisenzafrontiere.it
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LA VOCE DEI BIOLOGI NUTRIZIONE Nutrizione e stili di vita nel paziente oncologico
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Colesterolo: Assorbimento, produzione, escrezione e metabolismo
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Stato di nutrizione e alimentazione del paziente oncologico
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AMBIENTE Disastro ambientale in Brasile
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Sviluppo sostenibile
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Inquinamento dell'aria
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Scorzobianca: come coltivarla
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EVENTI L'Accademia del mate
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Il piatto della salute
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Risorsa idrica- Tutela e benessere della vita Primo Trofeo Costa degli Dei
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NUTRIZIONE E STILI DI VITA NEL PAZIENTE ONCOLOGICO Marcello Aragona Professore aggregato di Oncologia Medica, medico e psicoterapeuta ad indirizzo transpersonale, docente di Storia della Medicina e Bioetica, e Psiconcologia. Responsabile dell’Ambulatorio di Psiconcologia, Dipartimento di Patologia Umana, UOC di Oncologia Medica con Hospice, Azienda Policlinico Universitario di Messina.
Il cancro è l’espressione di numerose alterazioni genetiche ed epigenetiche causate da innumerevoli fattori interni ed esterni, tra cui molti derivano da stili di vita poco salutari, inclusa un’alimentazione scorretta che è la causa di circa un terzo di tutte le morti per cancro. La prevenzione primaria sullo stile di vita e sull’ambiente può offrire la migliore opzione per ridurre l’ampia e crescente incidenza del cancro nel mondo. Tuttavia, né la riduzione di prezzo, né sussidi per gli alimenti salutari, riescono ad arrestare gli stili di vita poco salutari (Willyard) e quindi vengono vanificati gli sforzi di prevenzione. Le raccomandazioni per la prevenzione della malattia neoplastica sono le medesime stabilite nelle linee guida per la promozione della salute in generale, contro il diabete e contro le malattie cardiache e coronariche; nonostante ciò, si incontrano barriere consistenti che le rendono difficoltose da mettere in pratica(Kushi).
NUTRIZIONE E STILI DI VITA
Fattori di rischio come l’aumento eccessivo di peso, schemi alimentari non salutari e inattività fisica, durante l’infanzia e l’adolescenza, possono scaturire in un futuro aumento del rischio di sviluppo neoplastico, malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione, osteoporosi. Nessuna dieta o stile di vita può garantire una completa protezione contro qualunque malattia; ma soltanto una riduzione del rischio che la malattia si manifesti (Kushi). Sono stati identificati più di 25.000 differenti sostanze fitochimiche con potenziale effetto favorevole contro vari tumori. Purtroppo però molte persone, pur sapendo la pericolosità di stili di vita a rischio, non vogliono né riescono a modificarli. Perché?
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NUTRIZIONE E STILI DI VITA NEL PAZIENTE ONCOLOGICO Il processo dell’alimentazione è particolarmente complesso, coinvolgendo numerosi aspetti e livelli dell’essere umano, da quello degli equilibri molecolari e di regolazione neuroendocrinaimmunitaria, a quelli del controllo del piacere, della comunicazione e così via. Infatti, attraverso l’alimentazione si svolgono numerose funzioni di soddisfazione di diverse classi di bisogni: in parte evidenti, come quelli relativi ai bisogni vitali e fondamentali di sopravvivenza, ma in parte nascosti, come i bisogni di sicurezza, di appartenenza, di affetto, di autostima, ecc.. La carente consapevolezza del processo di soddisfazione dei bisogni può portare alla soddisfazione incongrua di alcuni bisogni, lasciandone carenti altri, con frequente perdita di attenzione ai bisogni principali, quelli di autorealizzazione e trascendenza, che sono tra i maggiori determinanti della salute e della qualità della vita. Inoltre comportamenti e abitudini pro-cancerogeni o non salutari, da un lato sono in evidente contrapposizione ai bisogni di sopravvivenza,
ma dall’altro sono particolarmente difficili da modificare perché automatizzati nell’inconscio e utili su altri livelli. Un complesso intreccio di emozioni, bisogni, motivazioni e modelli di pensiero rende particolarmente difficile reindirizzare verso la salute stili di vita disfunzionali ed orientati alla patologia, generalmente pervasi da emozioni negative. Tra i cardini terapeutici principali a questo scopo è la cura della percezione sensoriale, di sé e del mondo circostante, per un rimodellamento dello schema corporeo e dei propri modelli di pensiero ritagliati sulla percezione del Sé rispetto ai condizionamenti ambientali subliminali. Gli insegnamenti della psicologia umanistica e della medicina transpersonale sono particolarmente utili in questo contesto. Il percorso proposto in prevenzione primaria segue 7 tappe strutturate in modo seminariale (Aragona 2014):
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NUTRIZIONE E STILI DI VITA NEL PAZIENTE ONCOLOGICO 1. Consapevolezza del processo interiore che spinge al comportamento a rischio, attraverso un processo educativo sociale sulla prevenzione ed individuale per la cura di Sé, delle percezioni sensoriali, dello schema corporeo, delle varie subpersonalità. 2. Consapevolezza delle proprie emozioni, nei 7 livelli-continuum emozionali, per una comprensione del loro significato ed un uso efficace delle emozioni negative, con focalizzazione e azione, congrua, di quelle positive. 3. Consapevolezza dei propri bisogni per una soddisfazione congruente, livello per livello di quelli carenziali e la promozione specifica di quelli di crescita. 4. Consapevolezza dei propri modelli di pensiero disfunzionali, per la specifica ristrutturazione cognitiva centrata sul Sè. 5. Valorizzazione delle proprie risorse, qualità, doti e loro realizzazione creativa e transpersonale. 6. Attuazione volontaria di comportamenti salutari e ri-programmazione, in funzione dell’espressione del Sé. 7. Trascendere i propri confini per sperimentare un benessere di tipo eudaimonico e spirituale, con facilitazione di esperienze transpersonale che portano salute e benessere. Bibliografia • Aragona M, Rizzo G: Salute Alimentazione Neoplasie: dalla prevenzione al supporto in un razionale il cui centro è l’essere umano. L’Officina delle Idee Editore. ISBN 9788890214455. 2014. • Aragona M. Psiconcologia e alimentazione: perché è difficile adottare stili di vita salutari? In Aragona M, Rizzo G: Salute Alimentazione Neoplasie: dalla prevenzione al supporto in un razionale il cui centro è l’essere umano. L’Officina delle Idee Editore. ISBN 9788890214455. 2014. • Aragona M. Transpersonal Medicine: un Progetto per la Salute. Pag 81-103. In Aragona M, Rizzo G: Salute Alimentazione Neoplasie: dalla prevenzione al supporto in un razionale il cui centro è l’essere umano. L’Officina delle Idee Editore. ISBN 9788890214455. 2014. • Willyard C.: Lifestyle: Breaking the cancer habit. Nature. 2011 Mar 24;471(7339):S16-7. doi: 10.1038/471S16a. • Kushi LH, Byers T, Doyle C, Bandera EV, McCullough M, McTiernan A, Gansler T, Andrews KS, Thun MJ. American Cancer Society Guidelines on Nutrition and Physical Activity for cancer prevention: reducing the risk of cancer with healthy food choices and physical activity. CA Cancer J Clin. 2006 Sep-Oct;56(5):254-81; quiz 313-4.
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COLESTEROLO: ASSORBIMENTO, PRODUZIONE, ESCREZIONE E METABOLISMO Dott.ssa Federica Filice Il colesterolo è stato scoperto nel 1815 dal chimico francese M.E. Chevreul ma la sua struttura fu determinata solo nel 1932 da Heinrih Wieland. Il colesterolo è una molecola lipidica sterolica, tipica degli organismi animali, soprattutto dei vertebrati. È presente in tutti i tessuti e in maggior quantità nel cervello, nella bile e nel sangue; fondamentale per il nostro organismo: • interviene nella formazione delle membrane cellulari; • precursore della vitamina D; degli ormoni steroidei e dei sali biliari. Essendo una molecola lipofila, si è sempre ritenuto che il passaggio avvenisse per diffusione passiva; in realtà, dati recenti hanno fatto ipotizzare la presenza di un trasportatore attivo che veicola la molecola dal lume intestinale all’enterocita, trasportatore identificato nella proteina NPC1L1 (Niemann Pick C1-Like 1 protein) (Corsini, et al., 2012). NPC1L1 è una proteina transmembrana, con una serie di domini altamente lipofili all’interno della cellula, un sito per il riconoscimento della molecola di colesterolo e un loop extracellulare che sembra rappresentare il bersaglio d’azione dell’ezetimibe, un inibitore dell’assorbimento del colesterolo (Davis H. et al., 2009).
Gli steroli vegetali, al contrario del colesterolo, in genere non sono esterificati e non vengono incorporati nei chilomicroni. Due semitrasportatori della famiglia ATP-binding cassette (ABC), ABCG5/G8, situati sull’orletto a spazzola della membrana plasmatica degli enterociti, rimandano gli steroli vegetali nel lume intestinale, prevenendone l’assimilazione. Pazienti affetti dalla sitosterolemia, patologia autosomica recessiva, presentano mutazioni in uno dei geni codificanti per ABCG5 e per ABCG8. Questa situazione provoca un assorbimento inaspettato di grossi quantitativi di steroli vegetali la cui mancata escrezione nella bile e il conseguente accumulo nel sangue e nei tessuti è associato a xantomi ed aumenti significativi del rischio prematuro di CHD (Goodman G. et al., 2012). L’assorbimento intestinale netto è quindi il risultato di due contributi opposti, rappresentati dalla cattura degli steroli e dalla loro riescrezione; ciò consente un controllo della quantità di colesterolo effettivamente assorbito, allo scopo del mantenimento dell’omeostasi.
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COLESTEROLO: ASSORBIMENTO, PRODUZIONE, ESCREZIONE E METABOLISMO
La produzione di colesterolo è di circa 1g/die, mentre l’organismo ne assume con la dieta 300-600 mg/die. Il colesterolo viene eliminato con la bile, trasformato in acidi biliari e poi in sali biliari; non è libero nel sangue, ma è legato a particolari proteine dette lipoproteine, aggregati macromolecolari che contengono lipidi e proteine (Goodman G. et al., 2012). I costituenti lipidici includono colesterolo libero ed esterificato, trigliceridi e fosfolipidi. Le componenti proteiche, conosciute come apolipoproteine o apoproteine, conferiscono la stabilità strutturale delle lipoproteine e possono anche fungere da ligandi nelle interazioni lipoproteina-recettore o da cofattori in processi enzimatici che regolano il metabolismo lipoproteico. In tutte le lipoproteine sferiche, i lipidi più liposolubili (esteri del colesterolo e trigliceridi) sono i costituenti del core mentre i componenti più polari, idrosolubili (apoproteine, fosfolipidi e colesterolo non esterificato) sono localizzati sulla superficie (Goodman G. et al., 2012).
Il colesterolo e gli steroli vegetali che entrano nell’enterocita e non vengono ri-escreti mediante ABCG5/G8, vengono trasportati al reticolo endoplasmatico (RE) dove il colesterolo viene esterificato per azione dell’enzima ACAT-2 e successivamente incorporato, insieme ad una quota di colesterolo non esterificato, nei chilomicroni. L’assemblaggio dei chilomicroni prevede il trasferimento di colesterolo esterificato e trigliceridi all’apolipoproteina B48; tale trasferimento avviene attraverso la proteina MTP (“microsomal triglyceride transfer protein”). I chilomicroni nascenti vengono poi trasportati al Golgi, in un processo di trasferimento in cui sono coinvolte vescicole, gemmate dalla membrana del RE, ed un complesso multi-proteico, risiedente sulla membrana del RE. Una volta nel Golgi, i chilomicroni vanno incontro ad una prima fase di maturazione, arricchendosi di trigliceridi, e da qui, grazie a strutture vescicolari, raggiungono le fossette rivestite di clatrina sulla membrana plasmatica.
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COLESTEROLO: ASSORBIMENTO, PRODUZIONE, ESCREZIONE E METABOLISMO
Le vescicole si fondono con la membrana baso-laterale da cui avviene l’esocitosi dei chilomicroni nel circolo linfatico. Mutazioni a carico del gene apoB che impediscono la formazione di apo-B48 sono causa di ipobetalipoproteinemia familiare, una condizione in cui si verifica un difetto di formazione dei chilomicroni, che si traduce in un ridotto assorbimento intestinale di lipidi. Mutazioni a carico del gene codificante per MTP, che riducono la sua espressione o la sua funzione, determinano abetalipoproteinemia, una condizione caratterizzata dall’assenza di lipoproteine contenenti ApoB nel plasma. Dopo aver raggiunto il circolo attraverso il dotto toracico, i chilomicroni vengono metabolizzati inizialmente sulla superficie luminale dei capillari nei tessuti che sintetizzano la lipasi lipoproteina (lipoprotein lipase, LPL), una trigliceride idrolasi. Tali tessuti comprendono il tessuto adiposo, la muscolatura scheletrica e cardiaca e il tessuto mammario delle donne durante l’allattamento. Dopo che i trigliceridi sono stati idrolizzati dalla LPL, gli acidi grassi liberi risultanti vengono captati e utilizzati dai tessuti adiacenti. L’interazione tra chilomicroni e LPL, richiede l’intervento dell’apo-C-2 come cofattore essenziale.
Assenza o alterazioni della LPL o dell’apoC-2 impediscono l’idrolisi dei trigliceridi nei chilomicroni e determinano ipertrigliceridemia grave e pancreatiti già nei bambini o addirittura nei neonati (sindrome iperchilomicronemica) (Brown, et al., 2007). Le VLDL sono invece sintetizzate a livello epatico quando la produzione dei trigliceridi è stimolata da un aumentato flusso di acidi grassi liberi o da una aumentata sintesi ex novo di acidi grassi nel fegato. Le VLDL hanno un diametro di 40-100 nm e sono sufficientemente grandi da causare torbidità del plasma. Le particelle LDL derivano quasi interamente dal catabolismo delle VLDL e rappresentano il cosiddetto “colesterolo cattivo”. Hanno un’emivita di 1.5-2 giorni, e di conseguenza la concentrazione plasmatica delle LDL è più elevata rispetto a quella delle VLDL e delle HDL. Nei soggetti non ipertriglicemici, i due terzi del colesterolo plasmatico si trovano nelle LDL. La rimozione delle particelle LDL dal plasma è mediata principalmente dai recettori per le LDL; una piccola componente viene sottratta attraverso un meccanismo di clereance non-recettore mediato.
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COLESTEROLO: ASSORBIMENTO, PRODUZIONE, ESCREZIONE E METABOLISMO
La causa più comune dell’ipercolesterolemia autosomica dominante riguarda mutazioni del gene per il recettore delle LDL. Sono state identificate più di 900 mutazioni del gene del recettore per le LDL associate a recettori per le LDL mal funzionanti o assenti, causa di elevate concentrazioni di LDL plasmatiche e dell’ipercolesterolemia familiare. Il fegato esprime numerosi recettori per le LDL e rimuove il 75% circa di tutte le LDL dal plasma. Di conseguenza, la manipolazione dell’espressione dei recettori epatici delle LDL rappresenta il metodo più efficace per modulare i livelli plasmatici di LDL-C. Le HDL invece, rappresentano il “colesterolo buono”, il loro metabolismo è complesso a causa dei molteplici meccanismi attraverso i quali le particelle HDL sono modificate nel compartimento plasmatico e attraverso i quali esse sono sintetizzate. L’apoA1 è la principale apo-proteina delle HDL e la sua concentrazione plasmatica rappresenta un predittore inverso del rischio di CHD. Mutazioni a carico dell’apoA-1 provocano carenza di HDL e sono spesso associate ad un’aterogenesi accelerata. Esse sono sintetizzate nel fegato come preβHDL e come tali arrivano ai tessuti periferici dove incontrano una particolare proteina CERP che favorisce l’ingresso di colesterolo nella lipoproteina. A questo punto la preβHDL in circolo, attraverso la LCAT viene trasformata in HDL di tipo tre, caratterizzata dalla presenza di colesterolo esterificato.
Sempre in circolo avviene lo scambio di materiale lipidico tra le HDL, LDL e VLDL grazie all’enzima CETP che favorisce l’ingresso dei trigliceridi dalle due lipoproteine alle HDL. Quest’ultime (HDL di tipo due) ricche di trigliceridi, ritornano al fegato e grazie al recettore spazzino rientrano nell’organo ove la lipasi epatica ne idrolizza i grassi. Questo processo rigenera particelle HDL di tipo3, più piccole e sferiche; queste entrano nuovamente in circolo e acquisiscono altro colesterolo libero da quei tessuti che ne hanno in eccesso. Le HDL sono lipoproteine protettive, in quanto riducono il rischio di CHD, di conseguenza è importante che i loro livelli siano elevati. Questo effetto protettivo potrebbe derivare dalla partecipazione delle HDL al trasporto inverso del colesterolo, processo attraverso il quale il colesterolo in eccesso viene acquisito dalle cellule e trasferito al fegato per essere eliminato. Le HDL possono proteggere dall’aterosclerosi anche per mezzo di meccanismi non direttamente correlati al trasporto inverso del colesterolo. Tali funzioni includono attività antiinfiammatorie, antiossidanti, antiaggreganti piastriniche, anticoagulanti e profibrolitiche (deGoma E.et al., 2008).
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STATO DI NUTRIZIONE E ALIMENTAZIONE DEL PAZIENTE ONCOLOGICO Dott.ssa Rossella Lo Tufo
I pazienti con neoplasia maligna sottoposti a terapia antitumorale possono andare incontro ad alterazione dello stato nutrizionale che molto spesso si esprime nella malnutrizione ma, che a volte, determina anche un aumento di peso. Il sovrappeso è una condizione che, nella maggior parte dei casi, vede coinvolte le donne con tumore al seno ed è un fattore prognostico sfavorevole perchè aumenta il rischio di recidiva dopo terapia adiuvante. Numerosi studi hanno dimostrato che un'alimentazione corretta e in particolare un'alta aderenza alla dieta Mediterranea possa ridurre in maniera significativa l'insorgenza dei tumori, ma come bisogna alimentarsi per ridurre la mortalità causata da questi tumori? Iniziamo col dire che esistono oltre 200 tipi diversi di tumore maligno, ognuno con un suo nome e un suo trattamento. I problemi nutrizionali (anoressia, alterazioni sensoriali e idro-elettrolitiche, malassorbimento, dismetabolismo) a cui vanno, comunemente, incontro i pazienti oncologici dipendono, oltre che dalla malattia in sé, dalla terapia antitumorale (nausea, vomito-diarrea, infiammazione del cavo orale dovute a chemio- o radioterapia e alla chirurgia). Molto spesso i pazienti oncologici presentano uno stato di malnutrizione che necessita di un tempestivo trattamento nutrizionale per OS, ossia per bocca, oppure, nei casi più complicati, di un programma di nutrizione artificiale parenterale o enterale. La malnutrizione è una malattia nella malattia e in tal senso risulta paradossale come, in questi
pazienti, una frequente causa di morte non sia il tumore in sé, quanto il progressivo stato di denutrizione. Poiché l’atto terapeutico (chirurgia, terapia radiante, chemioterapia, stress psicologico, ecc) implica un aumento consistente del metabolismo e del catabolismo proteico, con diminuzione dei processi riparativi e presenza di uno stato di immuno-depressione, la consulenza nutrizionale andrebbe effettuata precocemente (possibilmente all’inizio dei provvedimenti terapeutici), in un contesto di valutazione e di trattamento multidisciplinare del paziente. Ogni tumore ha le sue peculiarità pertanto non si può essere molto precisi sull'alimentazione da seguire in presenza di una neoplasia maligna. Possiamo però dare delle indicazioni di carattere generale. L'alimentazione del paziente oncologico deve mirare ad ottimizzare lo stato di nutrizione, ridurre la tossicità della radio-chemioterapia, prevenire le complicanze postoperatorie e la depressione. I tumori altro non sono che un'anomala proliferazione delle cellule e l'alimentazione deve fornire sostanze con attività antiossidante, antinfiammatoria, antimutagenica, antiproliferativa.
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STATO DI NUTRIZIONE E ALIMENTAZIONE DEL PAZIENTE ONCOLOGICO
Tra queste sostanze annoveriamo: i composti fitochimici (flavonoidi, antociani, carotenoidi) presenti in frutta e verdura fresca, ma anche nel cacao ; gli acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 (acido eicosapentaenoico EPA e acido docosaesaenoico DHA) presenti nel pesce azzurro; i composti fenolici (idrossitirsolo, oleuropeina) presenti nell'olio di oliva extra vergine. Spesso vengono inclusi nella categoria del pesce azzurro anche il tonno e il pesce spada ma questi sono pesci molto grassi e grandi predatori e tendono ad accumulare mercurio, un metallo pesante responsabile di intossicazioni croniche, per questo andrebbero sostituiti con pesci di piccola taglia quali alici, acciughe, aringhe, sardine, sgombri, ricciole che contengono molte proteine e omega 3. Tra gli alimenti da evitare in presenza di neoplasia includiamo: • Latte e latticini freschi in quanto contengono la Caseina, principale proteina del latte, e il Lattosio, principale zucchero del latte, che sono importanti fattori di crescita cellulare e nel paziente neoplastico andrebbero sicuramente limitati; • Insaccati, prosciutti, wurstel, carni in scatola perchè potrebbero contenere conservanti come Nitriti (E249-E250) e Nitrati (E251-E252), sali di azoto che in ambiente acido (come lo stomaco) si trasformano in acido nitroso il quale legandosi alle amine (presenti in alimenti proteici come carne, formaggi e salumi) da origine alle nitrosamine, composti cancerogeni;
• Ortaggi ad alto contenuto di Nitrati: Lattuga, rape, bietola, spinaci, ravanello. In definitiva, è molto importante che il paziente oncologico segua un'alimentazione sana ed adeguata alla sua patologia, tenendo conto sia della qualità che della quantità degli alimenti che assume ed attuando alcuni piccoli accorgimenti come: 1. consumare acqua oligominerale che, grazie al suo basso contenuto in sali inorganici, consente di rimuovere più facilmente i prodotti di scarto del metabolismo; 2. aggiungere il limone sulla carne e sulle verdure sia perchè favorisce l'assorbimento del ferro, importante nelle anemie carenziali, e sia perchè contiene Vitamina C, che legando i Nitrati li rende innocui; 3. consumare alimenti ricchi in fibre come frutta, verdura, cereali (soprattutto integrali) e legumi che influenzano la produzione del fattore di crescita IGF-1, i cui alti livelli ematici si è visto essere in grado di stimolare la progressione delle cellule sia normali che cancerose; 4. mantenersi sempre attivi per ridurre gli stati di ansia, stress e depressione e aumentare l'elasticità muscolo-tendinea ed articolare.
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DISASTRO AMBIENTALE IN BRASILE: RIO DOCE INVASO DA FANGHI TOSSICI fonte: Green Style
È allarme in Brasile per lo sversamento di fanghi tossici nel Rio Carmo, nel Rio Doce e nell’Oceano Atlantico. Stando alle prime stime effettuate potrebbe trattarsi del più grave disastro ambientale nella storia della nazione. Tutto ha avuto inizio il 5 novembre scorso nella città mineraria di Mariana nello stato del Minas Gerais, quando il bacino di lagunaggio Fundão ha ceduto durante i lavori di ampliamento della vasca. Oltre 62 milioni di metri cubi di fanghi tossici prodotti nella miniera si sono riversati a valle devastando il villaggio di Bento Rodrigues. La società che gestisce il sito minerario è la Samarco Mineração, posseduta per metà dalla multinazionale Vale S.A. L’azienda non è riuscita a contenere l’emergenza. I fanghi tossici, contenenti piombo, arsenico, cromo e altri metalli pesanti hanno ora raggiunto l’Oceano Atlantico attraverso il Rio Carmo e il Rio Doce causando una moria di pesci. L’aria è diventata irrespirabile a causa della putrefazione della fauna ittica. Per ripristinare l’ecosistema del fiume Doce occorreranno almeno 10 anni. Le aziende che gestiscono il sito minerario potrebbero essere condannate a pagare un risarcimento di 5,3 miliardi di dollari. Sul disastro ambientale in Brasile è intervenuta anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite. L’ONU ha chiesto pene più severe per il colosso minerario perché i danni subiti dal fiume sono ingenti e la cifra richiesta dalle autorità brasiliane ai responsabili è insufficiente a coprire il piano di recupero.
Inoltre decine di famiglie hanno perso le loro case e tutti i loro averi nel disastro ambientale. Migliaia di persone sono rimaste senza acqua potabile, centinaia di ettari di foreste sono stati ricoperti da una coltre di fango. Decine di pescatori, agricoltori e allevatori hanno perso il lavoro. Le popolazioni indigene sono state costrette ad abbandonare i loro villaggi e a cercare riparo altrove. L’impatto dello sversamento di fanghi tossici non è limitato al bacino del Rio Doce. Ora che i fanghi hanno raggiunto l’Oceano Atlantico anche la pesca nella regione dell’Espíritu Santo è a rischio. Oltre 70 chilometri di costa sono stati compromessi e presto i fanghi potrebbero contaminare anche la riserva naturale delle isole Abrolhos, cancellando un paradiso di biodiversità dal valore inestimabile. Greenpeace Brasile sta monitorando e documentando l’evoluzione del disastro. Il Ministero dell’Ambiente brasiliano ha cercato di minimizzare, sostenendo che il Rio Doce con la stagione delle piogge tornerà a rivivere in soli 5 mesi. Dichiarazioni che hanno sollevato nuove polemiche: secondo Greenpeace ci vorranno almeno 100 anni prima che il fiume torni come prima.
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SVILUPPO SOSTENIBILE: SERVE INVERSIONE DI ROTTA SECONDO UNO STUDIO DNV GL fonte: Greenstyle
Un mondo sotto pressione e 3 miliardi di persone destinate alla povertà e alle baraccopoli. Questo lo scenario previsto per il 2050 dallo studio “A safe and sustainable future”, condotto dall’ente di certificazione internazionale DNV GL, secondo cui molti saranno inoltre gli abitanti delle zone costiere che saranno costretti a lasciare le proprie aree di residenza. Secondo lo scenario delineato dallo studio “A safe and sustainable future” il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle grandi aree urbane, il 60% degli ecosistemiprincipali sarà sottoposto a rischio mentre smog, piogge acide e fuliggine causate dall’aumento di diossido di zolfo (+90%) e diossido di azoto (+50%) minacceranno soprattutto i Paesi emergenti. A costringere gli abitanti di molte zone costiere alla migrazione sarà l’innalzamento dei mari, il cui valore è stimato tra 1 e 2 metri. Sono soltanto alcuni dei possibili scenari di rischio ipotizzati dallo studio, che individua al contempo 36 “barriere fondamentali” per uno sviluppo sostenibile reale che devono essere aggirate.
Tra queste figurano carenze economiche e tecnologiche specifiche, consapevolezza dei singoli ancora non sufficiente e riferimenti istituzionali ancora non adeguati. Invertire la rotta sarebbe ancora possibile, come ha sottolineato Luca Crisciotti – CEO di DNV GL, a patto di intervenire con provvedimenti concreti e immediati: senza un impegno concreto, prevedere quello che ci aspetta di qui a qualche anno non è difficile. Nei prossimi decenni l’umanità si troverà ad affrontare le sfide più grandi mai incontrate. Abbiamo un’opportunità unica per plasmare un futuro prospero, dove le principali minacce per ambiente, economia e società siano state individuate e contenute, ma non possiamo più aspettare. Dobbiamo agire.
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INQUINAMENTO ARIA: IN ITALIA PIU’ MORTI RISPETTO AD ALTRI PAESE UE fonte: Greenstyle
Nuovo triste primato per l’Italia in termini di morti per inquinamento atmosferico. Il nostro Paese risulta in vetta a tre scomode classifiche relative ai decessi prematuri derivati da esposizione ad agenti come polveri sottili, ozono e biossido di azoto. L’inquinamento atmosferico in Italia ha provocato 59.500 morti premature a causa dei livelli record di particolato fine (PM 2.5), primato condiviso con la Germania. Primo posto “solitario” invece per quanto riguarda i decessi derivati da biossido di azoto (21.600) e l’ozono (3.300). I dati sono stati resi noti dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), che ha raccolto e pubblicato i dati registrati nel 2012. La pubblicazione europea ha rivisto al rialzo le stime diffuse a inizio 2015 dal Ministero della Salute nell’ambito dello studio VIIAS.
Le circa 30 mila morti stimate dal documento ministeriale tenevano però conto soltanto degli eventuali sforamenti dei limiti indicati dall’OMS, mentre l’analisi AEA include anche i possibili decessi causati da valori attualmente ritenuti nella norma. A soffrire maggiormente della concentrazione elevata (superiore alla soglia di 25 microgrammi/metrocubo d’aria fissata dall’UE) di micro polveri PM 2.5 la Pianura Padana oltre a città come Brescia, Milano, Monza e Torino. A forte rischio, prendendo in considerazione i limiti più stringenti fissati dall’OMS (10 microgrammi/metrocubo d’aria), anche Bologna, Cagliari, Firenze, Napoli e Roma.
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SCORZOBIANCA: COME COLTIVARLA fonte: Greenstyle
Molto diffusa in passato, e negli ultimi tempi tornata lentamente in voga, la scorzobianca è un ortaggio che si presta al consumo autunnale e invernale. La radice, infatti, può trovare applicazione in varie ricette della dieta mediterranea, soprattutto in quelle di origine popolare. Ma come coltivarla in vaso oppure inorto? Si è già visto in un precedente articolo come coltivare la scorzonera, una radice dalle simili fattezze, ma anche con differenze di rilievo. Le due varietà condividono parte del nome per la loro colorazione: una scura e quasi nera, simile alla corteggia, l’altra più candida dai toni del bianco e del beige. Prima di procedere alla coltivazione, inoltre, è utile chiedere consiglio al proprio fornitore di semenze e botanica di fiducia, così da verificare la compatibilità con le condizioni climatiche del proprio luogo di residenza. Cosa sapere prima di coltivare la scorzobianca Il Tragopogon porrifolius, conosciuto come Scorzonera bianca o scorzobianca, è una pianta erbacea del genere Tragopogon, appartenente alla famiglia delle Asteracee. Viene coltivata sin dai tempi antichi per la sua rafice carnosa, consumata cotta.
La pianta ha un ciclo di vita biennale e si caratterizza per un’estensione di circa un metro, per foglie strette e allungate di un verde molto scuro. I fiori sono singoli e di piccole dimensioni, normalmente tendenti al violaceo, mentre la radice è a fitone: è lunga, carnosa, di colore bianco e lunga circa una ventina di centimetri. In Italia esiste anche una varietà spontanea, disponibile ampiamente dei prati, ma di norma si preferisce consumare gli esemplari da coltivazione. Il clima ideale è quello mediterraneo, non eccessivamente caldo né troppo esposto alle gelate, sebbene la pianta ben si adatti a temperature più tipiche dell’autunno e dell’inverno. Non a caso la raccolta avviene proprio in queste stagioni, con l’estrazione delle radici fino agli inizi della primavera successiva, quando avverrà nuovamente la semina. Il terreno preferito è morbido, fresco, ricco di humus e altamente drenante. Prima della coltivazione, tuttavia, è utile un’opera di vangatura per eliminare sassi e altri ostacoli nel terreno, poiché potrebbero portare allo sviluppo di radici anomale o biforcute. Inoltre, utile può essere anche una fertilizzazione con del concime organico, quale il compost, oppure affidarsi alle pratiche della rotazione delle colture. Le necessità d’acqua variano, come facile intuire, a seconda del periodo dell’anno in cui la coltivazione avviene.
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La radice non ama i ristagni, quindi nelle stagioni più piovose dell’anno potranno essere più che sufficienti i fenomeni atmosferici. In estate, invece, si consiglia di vagliare l’aridità del terreno, provvedendo poi all’annaffiatura nelle prime ore del mattino oppure al tramonto. In questa stagione, inoltre, potrebbe essere utile predisporre dei ripari per mantenere la pianta in penombra, così che non soffra troppo le calure eccessive. Coltivazione in vaso e in orto La scorzobianca può essere efficacemente coltivata sia in orto che in vaso, anche se questa seconda modalità non è molto diffusa: serve, infatti, una buona profondità affinché la radice si sviluppi correttamente. In ogni caso, la predisposizione del vaso è molto importante. Sul fondo andrà adagiato un letto di ghiaia e cocci, così da favorire il deflusso dell’acqua, mentre si riempirà il tutto con del terriccio morbido, liscio, privo di elementi come sassi e rametti che potrebbero ostacolare la crescita delle radici. Utile anche l’utilizzo di concimi come il compost, mentre in giardino è consigliata un’opera di vangatura, così come già accennato. La coltivazione avviene per semina, da effettuarsi in tarda primavera, a ridosso tra aprile e maggio.
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Si può procedere direttamente in dimora definitiva, praticando delle buche di circa un paio di centimetri di profondità, da riempire con 2-3 semi ciascuno. Inoltre, è opportuno mantenere una sufficiente distanza tra un esemplare e l’altro, nonché circa una quarantina di centimetri qualora si procedesse per file. All’apparizione dei primi germogli, utile sarà procedere al diradamento, eliminando gli esemplari più deboli ed evitando che due piantine crescano troppo ravvicinate. La raccolta avviene tra l’autunno e l’inverno, per proseguire progressivamente fino alla successiva primavera. Va sottolineato come le radici vengano estratte principalmente con l’ausilio della forca, poiché la raccolta a strappo potrebbe danneggiarle. Tra le necessità di manutenzione ciclica, l’eliminazione delle erbacce e di altre piante infestanti, nonché il controllo di eventuali parassiti e ospiti dell’orto sgraditi, come piccoli roditori.
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A LUNGRO NASCE L’ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE ACCADEMIA DEL MATE E’ nata a Lungro l’Associazione internazionale Accademia del Mate, la scelta della sede è dettata dal fatto che questo centro è considerato la capitale del mate in Italia e in Europa, in quanto è questo l’unico luogo dove si consuma l’erba mate quotidianamente. L’ “Accademia” si propone di approfondire e diffondere una vera e propria cultura nella comunicazione e divulgazione delle peculiari caratteristiche dell’erba mate, nome scientifico LLEX PARAGUARIENSIS, studiandone e promuovendone la ricerca relativa alla sua coltura e produzione in campi d’indagine relativamente diversi ma anche convergenti: agricoltura, farmacologia, medicina, cosmesi, gastronomia ma soprattutto Socialità! E’ questo il punto a cui i Soci Fondatori, (Anna Stratigò, Francesca Frega, Maria Brunella Stancato, Antonio Volpentesta, Giovanni Misasi (biologo), Maria Alessandra Marchianò (biologo), Pasqualino Santoianni),vogliono rivolgere grandi iniziative.
Per la maggior parte degli abitanti dello storico borgo Arbëreshe bere il mate è un rito che si ripete in tutte le case tutti i pomeriggi da più di un secolo il cerimoniale si svolge sorseggiando il mate utilizzando un piccolo contenitore (kunguli) con una cannuccia (pumbigia) rigorosamente seduti in cerchio intorno ad un tavolo o ad un camino. Molto di più della semplice degustazione dell’infuso è la metafora della disposizione circolare dei commensali, che condividono la bevanda attraverso la pombigia, che diviene lo strumento d’interazione e integrazione . Saranno approfondite le tradizioni popolari, partendo dai paesi del mondo in cui è conosciuta e consumata la bevanda, ponendo l’ Associazione come ponte virtuale che tende a valorizzare ogni forma di espressione artistica (musica, pittura, letteratura, cinema, TV, giornalismo, scultura, ecc.) direttamente o indirettamente collegata o collegabile alla “cultura del mate”.
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Possono diventare Soci dell’Accademia del Mate tutti i cittadini gli Operatori economici dei settori interessati (Ristoranti, alberghi, aziende agricole, commercianti, ecc) , le Associazioni o Enti che condividono le finalità dell’Accademia. Il primo più illustre Socio Honoris causa non poteva non essere il Santo Pontefice Papa Francesco, che in tempi non sospetti, ma sospettabili, aveva condiviso un cungulo di mate con Anna Stratigò (ora Presidente dell’Accademia), durante la sua visita al carcere di Castrovillari nel giugno del 2014, incontro ripreso da centinaia di telecamere di tutto il mondo. L’Accademia persegue finalità di solidarietà sociale nel settore della promozione della cultura, integrazione tra i popoli, della ricerca di innovazione tecnologica e di nuovi prodotti, e non ha fini di lucro. Per raggiungere gli scopi sociali i Soci organizzeranno convegni, tavole rotonde, corsi di cucina, di musica e danza, di botanica, di agricoltura e di diverso altro tipo, corsi di formazione professionale compresi. Verrà curata la pubblicazione di libri, riviste, trasmissioni radiotelevisive e di comunicazione di massa. Saranno promossi eventi, concerti e spettacoli teatrali, rassegne musicali e cinematografiche utilizzando strutture autonome di circuito. Saranno istituiti “premi e riconoscimenti” tendenti a valorizzare ogni tipo di attività e di ricerca collegata al mate, partecipando a bandi nazionali ed europei per promuovere innovative start-up.
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IL PIATTO DELLA SALUTE
Dott.ssa Giovanna Basile
Presso le scuole elementari Don Milani e Principe di Piemonte di Crotone, nei giorni 1 e 4 Dicembre la Dott.ssa Giovanna Basile ha tenuto la presentazione del progetto di educazione alla sana alimentazione “Il piatto della Salute”, messo già in atto lo scorso anno nella provincia di Cosenza e che sta prendendo piede anche nel Crotonese. Il programma che sarà svolto nel corso dell’anno scolastico è stato illustrato ai genitori al fine di renderli partecipi e lavorare in sinergia con le scuole e far si che l’obiettivo preposto possa essere raggiunto. Il progetto socialmente utile si pone diversi scopi: modificare le abitudini alimentari scorrette responsabili dell’aumento del peso; incoraggiare il consumo di prodotti biologici, evitare il consumo di prodotti spazzatura che determinano, a lungo andare, condizioni patologiche, incentivare l’attività fisica per il mantenimento di un stato di benessere psico-fisico. Sarà seguito uno studio adatto al perseguimento degli obiettivi in un anno di tempo in cui una popolazione definita viene esaminata attraverso le informazioni derivanti d un campione rappresentativo al fine di derivare le abitudini alimentari sull’utilizzo di prodotti sani e biologici. La popolazione da campionare, mediante campionamento casuale semplice, saranno i bambini dai 6 ai 10 anni. Le informazioni saranno raccolte tramite questionario dive saranno rilevati i dati anagrafici e le abitudini alimentari.
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RISORSA IDRICA TUTELA E BENESSERE DELLA VITA
Dott.ssa Valentina Filice
In data 18 dicembre 2015 presso la Sala Conferenze del Rimuseum di Rende (CS) si è svolto il seminario formativo su “Risorsa idrica: tutela e benessere della vita”. L’evento è stato organizzato dall’Associazione Scientifica Biologi Senza Frontiere ed il Consiglio Nazionale dei Biologi, rappresentato dal Dott. Giovanni Misasi. Davanti ad un’ interessata platea, si è parlato di acqua come alimento alla base della piramide alimentare ed associato all’attività sportiva e non. L’elemento acqua, inoltre, è stato discusso anche dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche come risorsa idrica da tutelare e usare con parsimonia da parte di molte amministrazioni comunali che spesso non provvedono accuratamente alla manutenzione degli impianti di distribuzione. Quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza visto l’enorme spreco di approvvigionamento idrico a cui si assiste a causa di una carente rete di distribuzione che fatica ad essere adeguata e controllata.
Gli argomenti sono stati trattati da varie figure professionali, ognuno per proprie competenze: oltre al succitato Dott. Giovanni Misasi, che ha mediato il dibattito, sono intervenuti il dott. Agostino Brusco, Direttore delle Riserve Naturali regionali Tarsia-Crati, il dott. Carlo Franzisi, Direttore di ASSAPORAGIONANDO, il dott. Mario Sicilia, biologo nutrizionista, il dott. Antonino Scavelli, Presidente Medici Sportivi Az. Sanitaria, il dott. Carlo De Giacomo, Presidente Italia Nostra Regione Calabria, il dott. Roberto Marchiano’, biologo dell’ente gestore Riserve TarsiaCrati, e il dott. Francesco Citro, Responsabilie Alkamedi Area Sud. Il seminario è stato un momento utile per unire le varie figure professionali e fare “rete”, nella prospettiva di poter apportare, ognuno per proprie competenze, il giusto supporto e proporre idee migliorative su problematiche che incidono sul benessere della vita.
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