Benvenuto

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UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni


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Hans-Georg Noack

Benvenuto

traduzione di Anna Luce Lenzi introduzione di Eraldo Affinati


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Hans-Georg Noack Benvenuto traduzione di Anna Luce Lenzi introduzione di Eraldo Affinati

ISBN 978-88-6145-435-4 Prima edizione novembre 2012 © 2012 Carlo Gallucci editore srl - Roma ristampa 5 4 3 2 1 0 anno 2017 2016 2015 2014 2013 2012 9

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Titolo originale dell’opera: Benvenuto heisst willkommen © Jugenstiftung Hans-Georg Noack, Eisingen, Germany Foto di copertina © Brad Wilson/Getty Images

galluccieditore.com

Il marchio FSC® garantisce che la carta di questo volume contiene cellulosa proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su www.fsc.org e www.fsc-italia.it

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L’eterna paura dello straniero di Eraldo Affinati

i fu un tempo, non molti anni fa, in cui anche noi italiani eravamo come Mohamed e Ivan sono oggi: distanti da casa, alle prese con una lingua che non capivamo, soli e tristi ma con tanti sogni da realizzare: diventare adulti, trovare un lavoro, sposarci, avere dei figli. Hans-Georg Noack, nato nel 1926 vicino a Magdeburg in Germania e scomparso pochi anni fa, racconta quella stagione di emigranti in cerca di nuovi mondi nel romanzo che state per leggere: Benvenuto. Non è soltanto il titolo del libro. Così si chiama anche il ragazzo al centro della storia, un simpatico e intraprendente dodicenne che da un immaginario paese natale nel Sud Italia, Brelone, raggiunge il padre Roberto, operaio metalmeccanico a Wolfsburg, città costruita dai nazisti nel 1938 e divenuta famosa come sede della fabbrica di automobili Volkswagen. Con Benvenuto arrivano anche la madre Sofia e Gina, la sorellina, ma questo è soltanto l’inizio delle avventure che

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Introduzione

seguiranno. Mentre Roberto sarà licenziato a causa di un incidente alla catena di montaggio, Benvenuto dovrà andare a scuola insieme ai tedeschi. Imparare la lingua: ecco il primo problema! E poi farsi accettare dai compagni. Tutti ostacoli da superare nel minor tempo possibile. Un’amica tedesca, Ursula, in verità aiuterebbe molto volentieri il ragazzo italiano, ma la famiglia di lei non vede di buon occhio la sua amicizia con lo straniero. Intanto cresce il mito di Brelone: un’Italia immaginata dallo scrittore con la fontana, il laghetto e l’ulivo. Tanto fantastica quanto è vera quella Wolfsburg in cui i giovani si incontrano nel Centro culturale di Alvar Aalto, costruito proprio nel 1962 e ancora oggi in bella evidenza sulla via più importante della città, la Porschestrasse, tra panchine, negozi e pizzerie. È lì che si svolgerà una rissa fra i giovani Itaker (così, con disprezzo, venivano chiamati gli italiani) e i coetanei tedeschi. I giornali, commentando l’episodio, pubblicheranno lettere di protesta da parte di quei lettori che, senza ricordare ciò che la Germania aveva fatto in un recente passato, si augurano che gli stranieri tornino il prima possibile nei loro Paesi, esattamente come pensano molti italiani oggi nei confronti dei nuovi disperati che sbarcano sulle nostre coste. Noack, cresciuto sotto la dittatura nazista, conosceva i danni causati da una cattiva educazione. Per questo, oltre a essere uno scrittore (e gran traduttore di testi dalle principali lingue europee), si occupò sempre in prima persona

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L’eterna paura dello straniero

degli adolescenti in difficoltà, tanto da creare una Fondazione, ancora oggi attiva, per risolvere i loro problemi. In questo libro tutti i pregiudizi che da sempre accompagnano le persone costrette a emigrare trovano una rappresentazione e ci spingono a riflettere sugli egoismi umani. Purtroppo, rispetto ad allora, sembra non essere cambiato niente. Siamo pronti a condannare chiunque non riusciamo a comprendere, solo perché non abbiamo il coraggio di guardarlo negli occhi. Per fortuna lo slancio dei ragazzi verso la vita esisterà sempre, come le onde che battono sugli scogli: l’acqua pare la stessa, ma in realtà è ogni volta diversa. E così noi lasciamo il protagonista di questo romanzo in piena corsa verso il futuro, a quindici anni, quando diventa amico di Harald, giovane sindacalista, il quale organizza una grande dimostrazione a favore dei figli degli operai immigrati, che però andrà deserta a causa di una concomitante partita di calcio… Un giorno Benvenuto potrebbe anche tornare a Brelone, come Omar a Casablanca, o Adrian a Bucarest, ma non certo per viverci, bensì come turista, oppure alla maniera di un ospite scomodo, quale può essere il ragazzo diventato adulto in una terra lontana e che tutti considerano un corpo estraneo. Chissà, forse solo per i vecchietti che lo conobbero da bambino sarebbe allora nuovamente benvenuto.

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Un agile invito alla riflessione di Anna Luce Lenzi

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ualche anno fa, frugando in una cesta di oggetti in offerta davanti a una chiesa del quartiere Kreuzberg a Berlino, mi capitò fra le mani Benvenuto heisst willkommen: capii subito che l’argomento e lo stile del libro ben si adattavano sia agli studenti stranieri della Scuola Penny Wirton, nella quale insegno italiano con Eraldo Affinati e con molti altri volontari, sia agli studenti italiani in genere, spesso coinvolti in situazioni multiculturali a scuola e a casa. Questo romanzo infatti ha la giusta dose di realismo, semplicità e ricchezza per costituire un agile invito alla riflessione: agli immigrati fa bene sapere che anche noi italiani abbiamo vissuto la loro stessa condizione; a noi fa bene ricordarla e chiederci come vogliamo essere, ora, con i nuovi ospiti. La storia è lineare, intensa e delicata, la lingua è media, vicina al parlato e dunque di comprensione agevole anche per i lettori meno esperti per lingua o semplicemente per età. Nella traduzione ho cercato di mantenere l’espressività colloquiale di un autore che non ama le prediche, ma vuole

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essere chiaro: nel suo dettato limpido, proprio di chi è abituato a stare con i giovani, presenta un protagonista nelle cui vicende è facile rispecchiarsi, con il risultato di rinunciare ai pregiudizi e preferire la via della comprensione, imparando a evitare quel nemico di tutti che è l’indifferenza.

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1 Il nome, il paese. Il padre Roberto

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l nome te lo danno appena nasci, poi ti resta addosso tutta la vita e nessuno si chiede se sia adatto o no a chi lo porta. I suoi genitori lo avevano chiamato, quasi quattordici anni prima, Benvenuto. Per i primi anni di vita quel nome espresse la pura e semplice verità: era benvenuto. Fu il benvenuto per la madre e per il padre, che ancora non si capacitava di avere un figlio. Anche per la maggior parte delle persone di quel piccolo paese fu altrettanto benvenuto: festeggiarono la sua nascita con qualche sorso di vino insieme al giovane padre che, nella sua grande gioia, la sera tardi andava ancora di casa in casa, perché tutti fossero informati: «Ho un figlio 1!» gridava dentro le porte, agitando il fiasco panciuto; poi riempiva di slancio i bicchieri che gli porgevano, brindava con ciascuno facendo bere a tutti – uomi1

In italiano nel testo.

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Benvenuto

ni, donne e anche ragazzetti – un bicchiere alla salute del bambino 2; per sé non si accontentava certo di un misero goccetto; così, il suo passo non era più tanto sicuro, quando bussò per la quinta volta dal bottegaio per chiedere un altro fiasco da aggiungere al conto, ma la felicità invece sì, quella era grande proprio come all’inizio del giro. Tutti si congratulavano con lui, gli battevano la mano sulla spalla, gli facevano festa, come se prima di lui nessuno fosse mai riuscito a diventare padre di un bel maschio sano e robusto. Persino quelli che lo chiamavano Robertino perché lo conoscevano da quando era piccolo, adesso lo chiamavano Roberto. Perché chi ha un figlio che era – se si doveva credere a quel che dicevano in giro – il più bello che fosse nato in quel villaggio, a memoria d’uomo, uno così ha il diritto di essere trattato da adulto. Se quella sera ci fu qualcuno in paese che partecipò alla gioia generale con qualche tentennamento, questi fu il bottegaio: storse appena un sorrisetto e alzò le sopracciglia, quando aggiunse il prezzo di sei bei fiaschi di rosso al debito che comunque aveva già segnato nel suo libretto con la copertina di tela cerata e che era ben lungi dal farsi cancellare. In verità era abituato a segnare. Erano in tanti, in paese, ad avere una sfilza di cifre sotto il loro nome nel libretto del bottegaio. Ma sei fiaschi di vino mettevano insieme un buco che sarebbe stato difficile colmare. D’altra parte la 2

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In italiano nel testo.


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Il nome, il paese. Il padre Roberto

situazione non consentiva di rifiutare il credito al giovane padre Roberto proprio in un giorno come quello. In paese non glielo avrebbe perdonato nessuno. Anche se il suo era l’unico negozio nei paraggi, lui come uomo di commercio non poteva permettersi di irritare la clientela; per una cosa del genere, il paese non era grande abbastanza: bisognava cercare di andare d’accordo con tutti, se non si voleva che la vita diventasse più grama di quanto non fosse già. Effettivamente la vita era grama per quelli che abitavano lì; tanto grama che addirittura non si riusciva a capire perché mai ci vivessero. I loro antenati lontani che un bel giorno costruirono in quel luogo le prime capanne dovevano essere uomini davvero spensierati e con uno spiccato senso del bello. Non si spiegava altrimenti. Non c’era niente che potesse incoraggiare un uomo a costruire proprio lì la sua casa e mettervi su famiglia. Il terreno non fruttava niente; ci voleva una gran perizia per mettere insieme almeno un po’ di verdura per la pentola e un paio di fiori per l’occhio. Il lago, che in realtà era un grande stagno, concedeva di quando in quando un pesce per il venerdì, ma la sua riserva era sufficiente giusto perché in paese poche famiglie si astenevano dalla carne il venerdì, visto che, spinte dalla necessità, dovevano farlo la settimana intera; e in ogni caso non amavano il pesce. Boschi non ce n’erano. E non c’era una città con officine e fabbriche subito fuori dalla porta a dar lavoro agli uomini. Dovevano fare una bella ventina di chilometri quelli che erano

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Benvenuto

così fortunati da guadagnare regolarmente la loro paga in città. Percorrevano il tratto di strada su una corriera scassata o su vecchie biciclette e quello che portavano a casa bastava tutt’al più per pagare il debito segnato dal bottegaio. Nient’altro. Perché gli uomini facevano il lavoro che capitava; un mestiere non l’avevano imparato, ad eccezione di Olindo, che era un vero meccanico d’auto e lavorava in un’officina – cosa che gli procurò la fama del tutto ingiustificata di benestante. Forse gli uomini che tanto tempo prima avevano fondato il villaggio si erano lasciati attrarre più che altro dalla sorgente che anche nel pieno dell’estate faceva zampillare la sua acqua chiara giusto in quantità sufficiente perché un minuscolo ruscello, o meglio un rigagnolo, riuscisse a serpeggiare fin dentro il lago. E ne avevano anche arrestato il flusso, in modo da raccoglierlo in un pozzo con fontana costruito in pietra, per poi farlo scorrere di nuovo fino al lago, che così si manteneva chiaro e fresco. E adesso intorno alla fontana c’erano alcune panchine e un grande tavolo. La mattina ci giocavano le bimbe con le loro bambole di pezza. Verso mezzogiorno i ragazzi più grandicelli attingevano acqua a piene mani dalla fontana per togliersi di dosso la polvere della scuola. E di sera, quando faceva più fresco, sedevano lì in compagnia quasi tutti gli abitanti del villaggio. Si stava a guardare gli uomini che tiravano le loro bocce, si parlava e si dicevano sempre le stesse cose e ci si

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25 E allora, Benvenuto?

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Brelone la sorgente continua a versare acqua nella fontana e la fontana la fa scorrere giù al lago. Gli abitanti del paese continuano sempre a incontrarsi di sera sulle panchine intorno alla vasca di pietra. Cantano, ridono, raccontano e hanno molti ricordi in comune. Ci si bacia e ci si ama un po’ meno alla fontana; non ci sono più tanti giovani a Brelone. E dalla Germania non arrivano nemmeno più tante lettere come anni prima. Quelli che sono rimasti là fanno la loro vita e questa vita è così lontana da Brelone, che non bastano i chilometri a rendere l’idea della distanza. Sempre lo stesso bottegaio scrive come un tempo colonne di numeri nel suo libretto di tela cerata. Giovanni e Bruno non giocano più a bocce. Sono morti e sepolti da un pezzo e davanti alla loro tomba il parroco ha detto precisamente quello che ci si aspettava da lui. Adesso sono altri gli uomini che tirano le bocce e sono malandati come lo erano un tempo Giovanni, Bruno e Luigi.

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Indice

L’eterna paura dello straniero di Eraldo Affinati

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Un agile invito alla riflessione di Anna Luce Lenzi

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1. Il nome, il paese. Il padre Roberto

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2. Il grande sogno: Roberto e l’hotel di Brelone

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3. Prima di partire

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4. Viaggio. Arrivo. Primo giorno di lavoro

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5. Lettere da casa

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6. La famiglia si riunisce

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7. A scuola in Germania: primi passi

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8. In fabbrica e a scuola. Successo e previsioni. Al bar

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9. In fabbrica: incidente. Licenziamento

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10. In piscina

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11. Roberto e il nuovo lavoro

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12. La casa nuova. Nuove idee

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13. Il padre: lavoro e umiliazioni

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14. Il figlio: lavoro e amicizie. In piscina

120

15. Adesso, la classe normale. Ma è normale?

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16. La gita scolastica. Il mito di Brelone

136

17. Brelone e il crollo del mito

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18. Ognuno per la sua strada. A cosa servono i sogni

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19. Senza diploma

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20. Un lavoro pagato bene

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21. I ragazzi italiani al Centro culturale

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22. Risse, giudizi e pregiudizi

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23. Aspettando i diciotto anni

175

24. Dimostrazione di solidarietĂ . Indifferenza

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25. E allora, Benvenuto?

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Nella collana UAO: Roberto Citran Ciao Nudo! Edoardo Erba Agenti senza pistole Federico Bini Dakota 11 Enzo Boschi e Roberto Piumini Non sta mai ferma (prima ristampa) Federico Bini Dakota 12 e i biopirati Fulco Pratesi Nella giungla di Sandokan Ernesto Ferrero Il giovane Napoleone Darwin Pastorin Crossa al centro! (prima ristampa) Gianni Rodari La Storia degli uomini (terza ristampa) R. Piumini, F. Bartolotta e A. Valente Tirabusciò Fulco Pratesi Sulla rotta di Darwin Darwin Pastorin Io, il calcio e il mio papà Federico Bini Dakota 13 e la nave di ghiaccio Jerry Kramsky Quando SuperTrippa cercò di conquistare la Terra Darwin Pastorin Ragazzi, questo è il calcio! Federico Bini Piccolo marinaio dei tre oceani Christopher Morgan Pirati in autobus Darwin Pastorin Il grande giorno della mia prima partita Federico Bini Il gatto non fa miao e altre 199 scoperte… Jerry Kramsky La stanza delle ombre malvagie Darwin Pastorin I segreti dei Mondiali Cinzia Tani La mela (prima ristampa) Federico Bini Caccia ai tesori Alver Metalli La vecchia ferrovia inglese Mark Twain Uno yankee alla corte di Re Artù Eraldo Affinati L’11 settembre di Eddy il ribelle Furio e Giacomo Scarpelli Estella e Jim nella meravigliosa Isola del Tesoro Franco Cardini Storie di Re Artù e dei suoi cavalieri Richard Matheson Abu e le sette meraviglie Hans-Georg Noack Benvenuto


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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso CDC Arti Grafiche srl di CittĂ di Castello (Pg) nel mese di novembre 2012


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