CASA MONELLI 2. IL CASTELLO STREGATO

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Erano creature enormi, con il corpo e la testa completamente nascosti da strani e lunghi capelli, che ondeggiavano al vento e arrivavano quasi all’altezza delle ginocchia. Di sicuro appartenevano a qualche pericolosa specie aliena.

«Devi guardare dall’altra parte, salame, quelli sono dei salici piangenti!» mi aveva detto mia sorella, e allora finalmente me n’ero accorto: c’era qualcuno, là in fondo, appena fuori dal cancello.

Era la scena più horror a cui avessi mai assistito in vita mia, e l’unica persona con la quale potevo condividerla era mia sorella. E, come spesso accade, lei disse l’unica cosa che non mi sarei mai aspettato di sentire da una persona con un minimo di sale in zucca. «Dài, vestiti, che scendiamo. Non avrai mica paura, vero?»

UAO

Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Marco Cattaneo

Casa Monelli. Il castello stregato disegni dell’autore

nella stessa serie: Casa Monelli

dello stesso autore: Gioca la tua partita Il libro gioco di tutti gli sport olimpici

ISBN 979-12-221-0642-7

Prima edizione settembre 2024 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2028 2027 2026 2025 2024 © 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma

© 2024 Book on a Tree Limited

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MARCO CATTANEO

Alla famiglia di cui sono papà e alla famiglia di cui sono figlio

PROLOGO

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«Vai a prendere tutti i pacchetti di caramelle che riesci ad afferrare! E non dimenticare le gommose al cioccolato a forma di calciatore. Forza, dài, muoviti, corri!» Quando si tratta di infilare dolciumi nel carrello della spesa di nascosto dalla mamma, i miei fratelli e io siamo imbattibili.

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gridò mio fratello, alzando le braccia verso il cielo.

Credo intendesse qualcosa come “Vado!” o “Affare fatto” o “Che bontà le gommose al cioccolato a forma di calciatore”.

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Fatto sta che con uno scatto fulmineo sparì tra le mille corsie del supermercato.

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Pensai a cosa avrebbe fatto mia sorella al posto mio: di solito quando parte l’Operazione

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Caramelle è lei a dare gli ordini e sono io che mi fiondo tra gli scaffali a caccia di dolci.

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Solo che mia sorella in quel momento non c’era, perché era rimasta a casa con Terry, la nostra babysitter.

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Così, a me toccava il ruolo di comandante e al mio fratellino quello dell’agente segreto al posto mio, nonostante lui non parlasse ancora, girasse con un pannolino sempre pieno e dall’odore nauseabondo, tenesse le dita fis-

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se nel naso e non avesse il minimo senso dell’orientamento.

E infatti, quel giorno si smarrì.

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gridò dunque la mamma, girandosi di scatto. Aveva finalmente trovato i biscotti per le nostre colazioni e ne era felice, ma nel frattempo aveva smarrito il figlio più piccolo e si era agitata.

«Dov’è finito il tuo fratellino?» ripeté con il tono della voce ancora più alto.

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Piuttosto che dire la verità e chiedere scusa, io sono bravissimo a rispondere subito con la prima cosa che mi viene in mente.

«Forse è andato al cinema con papà» risposi allora, nonostante sapessi perfettamente che la mamma, il fratellino e io eravamo usciti di casa da cinque minuti per andare a fare la spesa,

DOV’E ’ FINITO

mentre papà era via per lavoro e di certo non al cinema.

Mia mamma sbuffò, guardò a destra e a sinistra, poi sotto lo scaffale in basso e sopra quello in alto.

«Non può essere lì» le dissi, indicando a circa due metri e mezzo di altezza, dove c’erano i cetrioli e le olive ascolane sott’olio.

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«Conoscendolo, non ci giurerei…» sospirò mia mamma, correndo da una corsia all’altra. E alla fine lo trovò: era nel frigorifero dei surgelati, tra i ghiaccioli alla frutta e le patatine fritte. Come avesse fatto a entrarci dentro restava un mistero, dato che il frigo era almeno tre volte più alto di lui.

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Quando la mamma lo afferrò per un braccio per tirarlo fuori, aveva sopra uno strato di ghiaccio così spesso che mia sorella ci avrebbe potuto pattinare (e, secondo me, mia sorella non aspettava altro che pattinare sul braccio del mio fratellino).

Comunque: riscaldammo il fratellino nella zona dei polli allo spiedo, e lo portammo a casa sano, salvo e soprattutto sciolto.

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(Mentre vi racconto questa storia, mi obbligano a dirvi che non si entra MAI nel frigorifero dei surgelati, così come dentro il forno a legna o nella lavatrice in funzione).

«Tutto è bene quel che finisce bene » ripete spesso la nonna Margherita, e in questo caso è finito tutto benissimo : appena tornati a casa, Terry aiutò mia mamma a posare sul tavolo la spesa e il fratellino sgocciolante, e mia sorella si mise a frugare all’interno dei sacchetti, alla ricerca del bottino dell’Operazione Caramelle.

19 «Tutto bene, signora? Mi sembra un po’ stanca» chiese Terry.

La mamma fece una faccia come a dire di no, ma si capiva benissimo che la risposta invece era sì, era stanca morta. «Se fossi in lei io avrei già cercato un monolocale su Marte, invece che starmene con questi tre delinquenti!» scherzò la nostra baby-sitter.

«Ma no, sono così docili…» rispose la mamma, mentre il fratellino, correndo, le saltava sull’alluce del piede destro.

Io intanto origliavo da dietro la porta del bagno, con in mano una ventina di gommose a forma di calciatore: gli undici titolari più qualche riserva.

«Certo, certo» mormorò Terry poco convinta, poi lo sguardo le cadde sui pantaloni di mamma. «Che è successo… le è caduta addosso dell’acqua?»

«Non proprio… il piccolino ha lanciato il carrello contro lo scaffale dei vini…»

«Mi spiace… Vuole che vada a prenderle un cambio?»

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«Eh… gli altri miei pantaloni li stanno usando i bambini per fare le amache…»

Terry impallidì ulteriormente, diventando ancora più bianca, ancora più cadaverica.

«Va be’, ci dorma un po’ su!»

«Eh, prima dovrei ripulire il materasso dallo strato di tempera che ci hanno rovesciato sopra…»

«Allora… si faccia un bel bagno rilassante, mi sa che ne ha proprio bisogno!»

«Eh… dentro la vasca vive una famiglia di pesciolini rossi, ormai da un paio di settimane…»

La nostra baby-sitter non era un tipo particolarmente dolce e affettuoso (al massimo, una volta, aveva dato una pacca sulla schiena a mia sorella quando piangeva a dirotto per il matrimonio di Bob di “Bob e Maurizio” – di cui era innamorata – e la campionessa di calcio Olivia Petteroni – di cui ero innamorato io…), ma la situazione della mamma la rese improvvisamente solidale.

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Appena fu pronunciata la parola alla mamma si illuminarono gli occhi, noi entrammo di scatto in cucina e dalla felicità iniziammo a saltare sul divano.

Così, Terry appoggiò una mano sulla spalla della mamma e le disse: «Forse vi serve una bella vacanza…»

«Dici davvero, Terry?»

«Certo! Partite questo weekend, senza pensarci troppo»

«E dove potremmo andare, così, senza preavviso?» domandò titubante la mamma, prima che un rumore forte e improvviso interrompesse la conversazione.

Avevamo rotto il divano ancora una volta, zompandoci sopra.

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«Scusa, mamm…» implorò mia sorella, ma mamma non aveva più nemmeno la forza di sgridarla.

Si lasciò cadere sul divano, rimbalzò su una molla che era uscita dalla struttura, e col poco fiato che aveva in gola mormorò: «Terry ha ragione: ci serve una bella vacanza».

MARCO CATTANEO

è un giornalista e conduttore sportivo, oltre che autore di numerosi libri per bambini e ragazzi. Ama inventare giochi e provare a risolverli. Con Gallucci ha pubblicato anche Gioca la tua partita, il primo volume della serie Casa Monelli e Il libro gioco di tutti gli sport olimpici.

DELLA STESSA SERIE:

In copertina: elaborazione grafica dai disegni di Marco Cattaneo

Art Director: Stefano Rossetti

Graphic Design: PEPE nymi

A casa Monelli il caos è la normalità, come sanno bene tutte le baby-sitter fuggite a gambe levate. Ma l’imminente trasferimento ha reso la vita quotidiana ancora più scombinata del solito. Niente di meglio, allora, che partire per un weekend di assoluto relax in un antico castello. Solo che, tra armature impolverate e quadri misteriosi, il maniero ha un’atmosfera sinistra, il custode si rivela un tipo poco accogliente e gli altri ospiti sembrano alquanto minacciosi…

UN LAMPO ILLUMINÒ IL PAESAGGIO

E LA SAGOMA DEL CASTELLO ROMBOMBOZZI

SI STAGLIÒ NITIDA DI FRONTE A NOI.

AVVERTII UN BRIVIDO FORTE E INTENSO, CHE A PAROLE NON VI SAPREI SPIEGARE.

«CHE FIGATA!» ESCLAMAI.

«PARE DI ESSERE IN TRANSILVANIA!»

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