Alta Definizione Gallucci
Gianluca Barbera
Finis mundi
Gianluca Barbera Finis mundi ISBN 978-88-6145-766-9 Prima edizione ottobre 2014 ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2014 2015 2016 2017 2018
© 2014 Carlo Gallucci editore srl - Roma
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Nonostante tutto
Prologo Il telescopio – L’asteroide K666 – Origini e télos del mondo – Simposio 2.0
A turno ci fa avvicinare l’occhio al telescopio, un riflettore Space Eye 33 motorizzato in ascensione retta e declinazione, dotato di montatura con cannocchiale polare, 4.300 mm di focale, capace di sviluppare 330 ingrandimenti, implementabili mediante una lente di Barlow. Se la fine del mondo si materializzasse in un punto preciso, quel punto sarebbe esattamente lì, dice. Sette anni fa l’avevo predetto e ho visto giusto. Un’abominevole crepa si è aperta nell’ordine perfetto dell’universo, scherza. Un bolide composto di gas e silicati di ferro e magnesio che si sta disfacendo sotto i nostri occhi, mentre si dirige a folle velocità verso di noi. È come guardare l’universo che si contrae e muore. Non la sua morte termica. No, al contrario. Allude all’asteroide K666, il cui passaggio è annunciato per le due di questa notte, minuto più minuto meno. Sono previste forti turbolenze nell’atmosfera terrestre. Ci sarà una collisione oppure la Terra verrà schivata di un nonnulla? Non è chiaro. Alcuni sono dell’idea che il semplice contatto con 9
l’atmosfera causerà cataclismi a catena, inverni da impatto, ma nessuna morte termica. Probabilmente non succederà nulla. Il K666 – che qualcuno ha ribattezzato Poppi, dal dio egizio Apophis, “il caos”, “il distruttore”, nemesi di Ra, il serpente che dimora nelle oscurità permanenti della Duat e ogni notte tenta d’impedire il sorgere del sole – ha un diametro di diciassette chilometri e pesa ventiquattromila miliardi di tonnellate. L’area più interessata dagli sconvolgimenti potrebbe essere quella compresa tra il Venezuela e il Perù, oppure tra la Germania e la Russia. Secondo le ultime stime potrebbe anche riguardare l’Oceano Pacifico, tra la California e le Hawaii. Ma, vista l’incertezza delle previsioni, quel bestione potrebbe perfino cadere sulle nostre teste. Mentre guardiamo attraverso il telescopio, sbalorditi dall’enormità dell’asteroide, dal nitore dei dettagli, dalla sua estrema vicinanza alla Terra, mentre ci prendiamo una sbornia di stelle, Tomas ci parla di mappe celesti, di grandi spire, della ricerca del punto zero, degli istanti iniziali della vita organica. È uno che pensa in proporzioni cosmiche, il prototipo del semi-autodidatta dotato di conoscenze tanto vaste quanto caotiche, la cui visione rasenta forse la follia, ma una follia dai risvolti pratici, e decisamente remunerativa. Blue Box, la società che ha fondato diciotto anni fa col fratello Ricardo, dopo aver interrotto gli studi di ingegneria, sviluppa avveniristiche soluzioni wireless che operano 10
sfruttando in modo nuovo le onde radio a bassa potenza, la radiazione infrarossa e i sistemi laser di terza generazione. Più di una volta gli ho sentito sostenere che baratterebbe la sua ricchezza – stimata in quaranta milioni di euro – per una serata con Socrate. O con Gesù. Non sa decidersi. Ma non bisogna credere a tutto ciò che dice. Il suo è uno spiritualismo a parole. Nei fatti tutta la sua mistica si riduce a una questione di marketing. La verità è che gli piace assumere pose ieratiche. Specie dopo l’incidente di otto anni fa, avvenuto mentre tentava di decollare dall’aeroporto militare di Grosseto con il Cessna 150. Riportò fratture facciali e temporanei vuoti di memoria. Da quel momento i suoi interessi hanno subito una brusca sterzata. Ha ripreso a studiare e ha iniziato a interessarsi a questioni sospese tra fisica e metafisica. Quasi una nuova vita. Nei modelli che trattano la nascita del nostro universo, dice in tono sacerdotale, c’è una visione d’insieme più consonante coi miti antichi della creazione che con il positivismo radicale. Oggi non è più in voga, chiosa, l’ipotesi dello stato stazionario, che prevede la creazione a getto continuo di nuova materia. Nessuno crede più a un mondo fisico nato da un’energia oscura o dal niente. Troppo fanciullesco. Nessuno si arrischia più a parlare di circolarità, pensiero di pensiero, modelli spinoziani. Il cosmo è emerso da una grande esplosione quattordici miliardi di anni fa, quando l’entropia era al minimo. 11
Ne abbiamo le prove. La radiazione cosmica di fondo, la freccia del tempo e le concrezioni di materia che attraverso minuscole fluttuazioni hanno dato origine a nuove galassie sono le tracce lasciate da questo inizio. I modelli di creazione continua non sono che una comoda scappatoia, dice. Si rifanno a un sogno ancestrale di eternità. A miti come quelli usciti dalla fantasia di Mary Shelley. Nella fisica del Big Bang, con il possibile passaggio verso mondi alternativi attraverso buchi neri, gallerie gravitazionali, cunicoli spaziotemporali, la nozione del tempo torna a essere quella lineare. Domandarsi cosa c’era prima dei nanosecondi iniziali del Big Bang è privo di senso. C’era il nulla. E il nulla esclude la temporalità. Tuttavia nessuno può assicurarci che il Big Bang non sia semplicemente la fase intermedia di un processo più ampio e che spazio e tempo non esistessero già prima. Anche se per ora non riusciamo a tradurre nel linguaggio matematico ciò che è accaduto durante la particella iniziale di tempo, l’astrofisica degli ultimi anni si è dedicata anima e corpo allo studio dei primi vagiti del nostro universo. La storia della creazione può essere raccontata nei minimi dettagli. Tutti gli stadi, dalla nube protostellare al plasma primordiale, dal livello subatomico agli atomi, alle molecole inorganiche, alla cellula. Sappiamo che quando l’universo aveva un minuto di vita era paragonabile a un immane reattore nucleare in cui protoni e neutroni si fonde12
vano in nuclei di elio e di altri elementi leggeri; che l’universo era opaco e i fotoni rimbalzavano come palline da flipper contro gli elettroni liberi. Ma a un certo punto la temperatura si abbassò in modo da intrappolare gli elettroni legandoli ai nuclei. Grazie a questa ricombinazione l’universo divenne trasparente. Nel cuore di questa narrazione l’evoluzione della vita organica è un episodio recente, si affretta ad aggiungere con un risolino compiaciuto infilando un dito nel naso e pescando una caccola che appiccica con noncuranza a una gamba dei calzoni. La cellula rappresenta una semplice tappa evolutiva. Siamo l’ultimo nanosecondo nell’evoluzione della materia. La mente e la carne in cui il brodo primordiale si è tramutato. La materia bruta che diventa la respirazione polmonare, la circolazione sanguigna, il pensiero speculativo. La nostra prodigiosa complessità mentale, la nostra esuberante vitalità. Il nostro slancio verso l’autodistruzione. Il pensiero è vivo, circola da milioni di anni. Ma ora si sta spegnendo, sono gli ultimi bagliori. La coscienza è quasi esaurita. Si ritorna alla materia inorganica. Vogliamo tornare a essere la materia inerte che eravamo un tempo, dei gas fluttuanti, degli aggregati di minerali. Lontani dalla tortuosità descrittiva delle neuroscienze, dal caos tecnologico, dal brusio dei flussi di informazioni. Forme di vita sempre più rudimentali, sempre più vicine alla soglia dell’inorganico, vengono scoperte o teorizzate. Lo studio del 13
Dna ci riconduce agli albori della vitalità germinale. La possibilità di creare in laboratorio materiale genetico capace di rigenerarsi è ormai razionalmente concepibile… Non così! Il rapporto focale non va manipolato!, esclama, redarguendo un maldestro approccio al telescopio… Non c’è religione senza cosmogonia, riprende. Ogni religione non è che una risposta mitica alle domande: Perché siamo circondati da oggetti dalla struttura ordinata e non da un caos informe? Perché c’è qualcosa e non il nulla? La nostra incapacità di concepire ciò che non ha un inizio né una fine è una nostra tara genetica, aggiunge con un sospiro estraendo un’altra caccola e riservandole la sorte della precedente. Tuttavia qualcosa alla radice della nostra consapevolezza continua a chiedere che cosa ne è dell’ora che ha preceduto il Big Bang. Gli algoritmi del computer ci parlano di un universo dal tempo circolare, un tempo senza inizio. Gli astrofisici discettano di modelli nei quali occupiamo un semplice spicchio di un multiverso più vasto, connotato da un’entropia a crescita indefinita. L’intelletto umano però si ribella. Teologi e metafisici vedono nell’equivalenza tra Dio e l’atto di creazione una camicia di forza imposta alla libertà divina. Egli non può non creare. Un Dio impotente o nolente, che rifiutasse il fiat, sarebbe una contraddizione in termini. Non vi è dubbio che il patrimonio di conoscenze accumulato dal sapere scientifico tralascia di raccontare l’intera storia. Per dirla con 14