Il grande giorno della mia prima partita

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UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni 34



Darwin Pastorin

Il grande giorno della mia prima partita


Darwin Pastorin Il grande giorno della mia prima partita disegni di Desiderio

dello stesso autore: Crossa al centro! Io, il calcio e il mio papà Ragazzi, questo è il calcio!

ISBN 978-88-6145-123-0 Prima edizione ottobre 2009 © Carlo Gallucci editore srl Roma ristampa 5 4 3 2 1 0 anno 2014 2013 2012 2011 2010 2009 9

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galluccieditore.com

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ÂŤMichele, tocca a te!Âť

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Manon racconta

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Gigi, angelo ribelle

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Paolo, il grande

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Ibracadabra!

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La pulce atomica

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SuperMario

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W il Pupone

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Che cassanate!

46

Il lustrascarpe Re

50

La favola del papero

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Dieguito per sempre

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Il nuovo Diego

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Vai, Michele!

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Dieci anni dopo

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il grande giorno della mia

prima partita


1 «Michele, tocca a te!»

allenatore Marzio Severi strinse ancora di più la mascella. Era il suo modo di esprimere nervosismo, tensione e profonda rabbia. Tecnico di poche parole, faceva capire i propri sentimenti dalla mascella, che aveva sporgente e flessibile. La squadra, una famosa squadra della Serie A italiana, dopo un buon avvio di campionato, stava collezionando sconfitte: ben quattro nelle ultime quattro partite, e critiche da parte del presidente, Francesco Sognatore (un riccone che amava quel giocattolino lasciatogli in eredità dal padre) e, soprattutto, dai tifosi. Striscioni polemici, fischi, contestazioni: era diventato impossibile giocare tra le mura amiche. Bisognava trovare un rimedio. Drastico. Severi decise che era giunto il momento. Radunò intorno al campo i suoi giocatori e dopo averli fissati uno per uno, la mascella sempre più stretta, annunciò: «Bene, da domani, per il match con il Genoa, si cambia. Qualcuno di voi pensava di

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avere il posto da titolare assicurato? Eh, ditemi: qualcuno di voi VERAMENTE lo pensava?» Non volava una mosca. Si potevano sentire le foglie cadere, visto che era quasi inverno. «Bene», riprese l’allenatore, le mani sui fianchi, il piede destro che batteva nervosamente sul terreno, «così non vi stupirete nel sentire quanto ho da comunicarvi. Tu, Franzetti…» Indicò il portiere titolare, che negli ultimi due match si era reso protagonista di alcune “papere” memorabili. A tal punto da venir soprannominato, come un personaggio per bambini del grande scrittore brasiliano Jorge Amado, “Paperella”. «Tu, Franzetti, te ne starai un po’ in panchina. E cerca di non far chiamare il presidente dal tuo procuratore. Sappiatelo: ho avuto CARTA BIANCA dal dottor Sognatore. Qui comando io!» e la mascella sembrava staccarsi dal volto. Il piede sembrava un trapano. «In porta giocherai tu, Quagliozzi. Mi raccomando: 10


«Michele, tocca a te!»

hai la tua grande possibilità. Non deludermi. Sei, ormai, a fine carriera. Puoi ancora toglierti qualche soddisfazione. Non ho finito, ovviamente. A centrocampo: Duodoni e Barlè sostituiranno Garofano e Adalton». Il brasiliano commise l’errore di alzare gli occhi al cielo. Severi diventò una furia: «Caro il mio similpelé, sono due anni che batti la fiacca. Sei l’idolo dei sostenitori? Pazienza. Sono stanco di sopportare la tua lentezza, quel pallone che… non lo daresti nemmeno alla tua mamma. Potresti trovare un ingaggio al circo, ma con me hai chiuso! CHIUSO! Andrai, da qui alla fine del turno, in tribuna: se vuoi cercarti un’altra società, fai pure! Non sei nemmeno più il cocco della moglie di Sognatore, se proprio vuoi saperlo…» L’allenatore sembrava, a quel punto, sfinito. La mascella andava avanti e indietro, soltanto il piede rimase immobile, quasi sospeso a mezz’aria, con un effetto tra il comico e il grottesco. Riprese fiato: «Ma la sorpresa più grande sarà l’attacco. Centravanti non sarà più Panzerkalle, che non riuscirebbe nemmeno a segnare in una porta larga due chilometri…» L’attaccante di riserva, Rovoni, sorrise, leggero, convinto che… «E nemmeno Rovoni, che continua a non mettersi a dieta e potrebbe fare la palla e non il calciatore!» 11


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Persino le foglie smisero di cadere. «Contro il Genoa, giocherà Michele Santoni». Michele Santoni era un ragazzino di diciotto anni, titolare della formazione Primavera, che ogni tanto veniva aggregato alla prima squadra per fare esperienza, ma, soprattutto, numero. Tra i giovani, era un portento. Alto, bravo di testa, con un sinistro micidiale, era il capocannoniere di categoria. L’unico difetto: una sua naturale, quasi proverbiale, timidezza. Arrossiva sempre, soprattutto quando a intervistarlo veniva una giovane, e molto graziosa, giornalista di un settimanale cittadino, che si occupava di football minore: Graziella Belvolto. Aveva due occhi azzurri come il cielo e un sorriso, beh un sorriso che sembrava quello di un’attrice del cinema. Figuratevi la faccia di Michele quando Mister Mascella pronunciò il suo nome. Le guance divennero rosso fuoco, si trovò nell’assoluta incapacità di deglutire, insomma: venne letteralmente preso dal panico. Si guardò attorno e trovò a confortarlo il viso amico di Carmine, il vecchio massaggiatore, il confidente di tutti. Lo chiamavano Manon, perché le sue mani facevano miracoli. Quanti giocatori aveva rimesso in piedi dopo uno stiramento, un colpo duro, un dolore muscolare! Manon era un’istituzione: arrivò al club da ragazzino, e quante ne ha viste, di storie belle e brutte! Quante ne potreb12


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be raccontare! Manon gli fece segno di stare calmo. E Michele, così, riuscì a mandare giù la saliva. «Santoni», stava dicendo Severi, «è arrivato il tuo turno. Vedi di non sprecare questa occasione. Gioca come sai, e mettiti in testa che il calcio non perdona: se sbagli la prima, sbagli per sempre. Il treno della fortuna passa una sola volta. Il giorno del debutto: o è gloria o è dolore. Ma ho fiducia in te. Alfonsini, il tecnico della Primavera, mi ha parlato delle tue doti e della tua serietà. Mi raccomando…» E la mascella pareva, persino, fare un inchino benevolo. «Ora», concluse il tecnico, «tutti a pranzo, poi riposo, quindi ci vediamo per le ultime istruzioni tecnico-tattiche. Alle 10 di sera vi voglio tutti a letto, ronfanti. Passerò camera per camera: guai a chi sta ancora sveglio con quei stramaledetti videogiochi o chi parla al cellulare con la fidanzata. Per il giorno della partita vi voglio freschi e lucidi. Non possiamo più perdere, e nemmeno pareggiare. Qui ci giochiamo tutti tutto!» «In special modo tu, mio caro aguzzino», pensò il portiere Franzetti -. Se perdiamo ancora, come ha scritto il giornale sportivo della città, il primo a preparare i bagagli saresti tu!» E si strofinò le mani. Con tanta forza, da farsi quasi male.

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2 Manon racconta

ichele entrò nella cameretta del ritiro. Una stanza singola, perché così avevano deciso i compagni più “vecchi”. «Sei la matricola, goditi quindi la solitudine!» La giornata era stata strana, confusa, indecifrabile. Dall’annuncio dell’allenatore in poi, il giovane attaccante era come in letargo. O meglio: sembrava vivere sopra una nuvoletta: e non aveva nessuna intenzione di scendere sulla terra. I compagni gli avevano fatto i complimenti: chi con sincerità, chi tra i denti. Il più esplicito di tutti era stato Panzerkalle: «Prima di arrifare a mie tanti col, dofrai maciarne di rabbia e di fatika. Io al mio primo partito fatto col memorabile: con tiro a volo di destro sotto di trafersa. Tu non sei come me, tu soltanto racazzino che ciocherà una partita poi di nuovo con altri racazzini. Posto è mio!» Il possente bomber tedesco se ne andò con un passo talmente deciso da far rimbombare il suolo.

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Michele ricevette un colpo sulla spalla. Si voltò, era Manon: «Non starlo ad ascoltare. Pensa soltanto a te stesso, al fatto che domani esordirai in Serie A e diventerai una “figurina Panini”! Sei bravo, ti ho visto all’opera, e io, se permetti, di calciatori ne ho visti tanti, fin troppi…» Manon aveva quasi settant’anni, ma qualcuno giura che poteva averne cento o su di lì. Era piccolo, robusto, con una leggera pancetta. Portava a tracolla la borsa, con i suoi strumenti. Una borsa logora, ma che gli ha sempre fatto compagnia e portato fortuna. «Senti, Michele, questa sera, se vuoi, vengo a farti compagnia. Così ti racconto un po’ di storie di giocatori. Sono storie felici, che ti suoneranno di buon auspicio. Proprio come certi racconti di Natale, che fanno dormire sereni i bambini prima dell’apertura dei doni» «Sì, Manon, grazie, ti aspetto: penso di aver bisogno delle tue storie, delle tue parole, dei tuoi consigli…» «Su, adesso vai a pranzo, e poi cerca di riposarti un po’ prima della lezione tattica. E cerca di essere puntuale, sennò Mister Mascella ti manda a fare il raccattapalle per il resto del campionato!» «Tranquillo… Non vedo l’ora che arrivi domani, di scendere finalmente in campo». 15



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