uG universale Gallucci
Klaus Mann
Il vulcano
Romanzo dell’esilio
Klaus Mann Il vulcano traduzione di Enrico Ganni
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ISBN 978-88-6145-399-9 Prima edizione luglio 2012
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© 2012 Carlo Gallucci editore srl - Roma Pubblicato per la prima volta in lingua tedesca con il titolo Der Vulkan © 1981, 1999 Rowohlt Taschenbuch Verlag GmbH, Reinbek bei Hamburg Foto di copertina © Fred Stein, Archive/Getty Images
galluccieditore.com
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La nostra destinazione dispone di noi, anche se non la conosciamo ancora; è il futuro che dà la regola al nostro oggi. Nietzsche, prefazione a Umano, troppo umano
Prologo
Seduto nella camera di una pensione di Berlino, un giovane scriveva una lettera. Berlino, 20 aprile 1933 Caro Karl! Spero che tu sia felicemente arrivato a Parigi e che stia bene. Ci sono stato una volta per dieci giorni, forse te lo ricordi, con quei tre ragazzi della nostra classe; tu non c’eri perché i tuoi genitori pensavano che Parigi fosse una città troppo pericolosa per un giovane. La cosa in assoluto più bella che ricordo di Parigi è la vista da place de la Concorde verso i Champs-Elysées sino all’Arco di Trionfo. Veramente straordinaria. Sono un po’ invidioso, perché adesso puoi godertela tutti i giorni. Fai molta fatica con la lingua? Chissà se ti penti della tua scandalosa pigrizia, soprattutto in francese? Immagino però che, a Parigi, la lingua la si impari quasi automaticamente. Caro Karl: ti penso spesso – quasi sempre, quando magari non ho niente da fare: penso a come stai e se non ti sei pentito della tua decisione. È infatti una decisione importante, difficile, separarsi dal proprio paese. Nelle ultime settimane ci ho pensato e ripensato, e mi sono intimamente convinto che hai fatto un errore.
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Non mi fraintendere, Karl: il tuo è un errore in buona fede. Ma pur sempre un errore. Non so se abbia ancora senso cercare di dirti: torna! Non credo. Quando tre settimane fa, al Bahnhof Zoo ti ho detto arrivederci, ho avvertito e capito che per molto tempo non ci saremmo più rivisti. Naturalmente potresti ancora cambiare idea e tornare: il tuo posto è qui. Dato che sei un cosiddetto “ariano” e i tuoi vecchi godono di ottimi appoggi, tutti i tuoi peccati ti verrebbero certamente rimessi: ma dovresti dichiarare che si è trattato di pazzia e ignoranza giovanili. Certo, ti sentirai un mascalzone. Ma in questo momento credo sarebbe la cosa più intelligente e più onesta che potresti fare. Perché adesso qui abbiamo bisogno di tipi come te. È qui che adesso possono essere utili, solo qui. Cosa puoi fare all’estero? Insultare i tedeschi in presenza dei francesi? Ma Karl! Ti conosco, non ne saresti capace. Sai fin troppo bene che i francesi sono in parte responsabili, che anzi sono i maggiori responsabili di questa evoluzione radicale e nazionalista della Germania che abbiamo sempre deplorato. La responsabilità non va attribuita solo al trattato di Versailles – che è comunque la causa più grave e più profonda di tutto il disordine che regna in Europa – ma a tutto il modo con cui i francesi ci hanno umiliati in questi anni. Avevamo davvero perso ogni onore nazionale. Resta da vedere se ora saremo in grado di riconquistarlo. So bene che tu non ci credi, e anch’io, lo sai, ho forti dubbi. Non sono mai stato nazista – con te non ho bisogno di ribadirlo –, né mai lo sarò. Non mi iscriverò al partito, non temere, non ci penso nemmeno. Finisco dabbravo i miei esami, e poi faccio qualcosa di sensato. Non sono un nazista, e sono pronto ad ammettere che qui negli ultimi mesi sono successe molte cose sgradevoli: tutte le persone oneste sono d’accordo e noi tutti crediamo che nella fase iniziale di una grande trasformazione forse era inevitabile, ma che le cose adesso devono cambiare in fretta. Non ha alcun senso negare che sta avvenendo una grande trasformazione;
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che in Germania si assiste a un risveglio nazionale. Ovunque si avverte autentico entusiasmo. Da questo gradualmente potrebbe nascere qualcosa di bello, fertile, positivo, qualcosa che potrebbe tornare utile anche all’Europa, e alla pace. Sicuramente penserai che sono troppo ottimista. Forse è vero. Forse le cose andranno per un altro verso, meno positivo. Ma voglio restare, anche se per la Germania dovessero arrivare anni difficili. Se il Führer deludesse i suoi seguaci entusiasti, idealisti, e soprattutto se deludesse la gioventù, allora in Germania nascerà un’opposizione, e in questa opposizione dovremo riporre tutte le speranze… Se fosse necessario io sarei con gli oppositori, così come oggi sono con i lealisti. È una scelta che mi sembra più coraggiosa e ragionevole dell’andare all’estero. Scusa la franchezza, Karl, ma la tua decisione ha tutta l’aria della diserzione. Mio padre, con il quale ieri ho parlato a lungo di tutte queste cose, mi dà ragione. Conosci il mio vecchio: un ufficiale prussiano in piena regola. In fondo non ha molta fiducia in questo “caporale boemo”, come Hindenburg avrebbe definito Hitler. Però lo ammette anche lui: in Germania aleggia uno spirito nuovo. Nessuno ancora sa dove andremo a parare; ma potrebbe sorgere qualcosa di grande. Il mio vecchio dice che i volti dei giovani gli sembrano diversi, nuovi, luminosi. “Devi restare qui, ragazzo mio” mi ha detto. Sai bene che non sopravvaluto la sua intelligenza; eppure mi ha colpito. Ti racconto queste cose perché tu capisca che ho riflettuto bene. Consegno questa lettera a Kurt B.: domani parte anche lui per Parigi. Ormai non ci si può fidare a spedire per posta questo tipo di lettere… Kurt B. dice che presto qui sarà impossibile vivere, e che prossimamente verranno anche chiuse le frontiere e che quindi è meglio svignarsela per tempo. Ma Kurt è ebreo, e quindi considera le cose in una prospettiva un po’ diversa; dal suo punto di vista ha ragione. Forse hai ragione anche tu, Karl. Non voglio litigare con te e non voglio farti rimproveri. Voglio solo spiegarti quel che penso e sento io.
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Penso, sento che il nostro posto è qui. È qui che dobbiamo dar prova di noi stessi, qui dobbiamo lottare, qui c’è bisogno di noi. Fuori, di noi non c’è bisogno. Io sono contrario all’emigrazione. Fra quelli che oggi se ne vanno, molti si pentiranno presto. Avranno vita dura e in più la coscienza sporca. Si sposteranno da un paese all’altro, come zingari; nessuno li vorrà; saranno sradicati, si sentiranno mancare il terreno sotto i piedi, molti andranno miseramente in rovina. Ne sono sicuro. Spero con tutto il cuore che tu riesca a rifarti un’esistenza all’estero. Ce la farai, te la sai cavare. Sarei terribilmente contento se venissi a sapere che hai trovato un buon posto, a Parigi o altrove. Ancora più contento tuttavia mi faresti se domani mi telegrafassi: ho capito di avere sbagliato. Torno. Ma non credo avverrà. Sei così maledettamente testardo, vecchio mio! Ti saluto il tuo amico Dieter
… Una volta terminata la lettera, Dieter si sentì abbastanza stremato. Gli pareva di non avere mai scritto tanto in vita sua. Si appoggiò indietro nella poltrona. Era un bel ragazzo alto, dai capelli biondi, la testa lunga, la fronte chiara, gli occhi azzurri e la bocca morbida e infantile. Il suo volto era senza rughe. Per strada passò una pattuglia di uomini delle SA. Cantavano. Dieter si accostò alla finestra per ascoltare. La canzone non gli piaceva. Anche le voci non avevano un suono gradevole. Chiuse la finestra.
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Il “romanzo dell’esilio”. Nell’Europa in bilico verso la tragedia del secondo conflitto mondiale un gruppo di intellettuali tedeschi fugge dal nazismo. Tra loro uno scrittore omosessuale, un’attrice impegnata contro il regime, un professore ebreo cacciato dall’accademia. Nel 1933 si ritrovano a Parigi, e sembra quasi un piacevole intermezzo. Con il passare del tempo, però, la musica si incupisce e il viaggio attraverso Francia, Svizzera, Olanda, Cecoslovacchia, Spagna, Stati Uniti diventa sempre più logorante. Gli esuli cadono preda della solitudine, della disperazione, delle droghe. Il vulcano sta per esplodere. “Il documento letterario più vivo di quel grande esodo intellettuale che fu una delle peggiori disgrazie dell’Europa”
ITALO ALIGHIERO CHIUSANO
Klaus Mann nacque nel 1906 a Monaco di
Baviera, primo figlio maschio dello scrittore Thomas Mann. Attivista politico e assiduo frequentatore dell’ambiente intellettuale ai tempi di Weimar, nel 1933 scelse l’esilio, in aperta opposizione con il nuovo regime. A questi anni risale anche la decisione di dedicarsi a tempo pieno all’attività letteraria, che culminò con opere importanti come Sinfonia patetica (1935), Mephisto (1936) e Il vulcano (1939). La sua vita intensa e tormentata, segnata dalla solitaria condizione di apolide, dall’abuso di droghe e da una dichiarata omosessualità, si concluse tragicamente a Cannes, dove morì suicida nel 1949.