Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria”
Con l’arrivo della primavera la famiglia Ingalls può finalmente partecipare alla vita sociale della piccola città del West in cui si è trasferita. Laura stringe amicizia con Almanzo Wilder, il suo futuro marito, e lavora con impegno per guadagnare il necessario a far studiare Mary all’università.
La prateria era già in ombra, ma il cielo emanava ancora un pallido azzurro e qua e là si accendeva una stella. Fuori passò una folata di vento e in casa l’aria si mosse, intiepidita dal calore della cucina economica. Sapeva di fresco e di prateria, di cibo e di tè caldo, di pulito e di sapone…
Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini”
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Francesca De Sanctis, l’Unità
€ 13,50 ISBN 978-88-3624-107-1
Immagine di copertina: © Sandra Cunningham / Trevillion Images e Rekha Arcangel /Arcangel Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
Come sarebbe stato bello se Mary fosse potuta entrare all’università già quell’autunno! Laura non osava quasi sperarlo, anche se papà guadagnava bene in quel periodo. Se ci fosse stata una remota possibilità che ciò accadesse, lei si sarebbe messa a studiare a testa bassa, e a lavorare sui libri il più possibile, per diventare maestra appena avesse compiuto 16 anni, che era l’età minima. Allora sì che i suoi guadagni sarebbero serviti a mantenere Mary all’università…
Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria”
Con l’arrivo della primavera la famiglia Ingalls può finalmente partecipare alla vita sociale della piccola città del West in cui si è trasferita. Laura stringe amicizia con Almanzo Wilder, il suo futuro marito, e lavora con impegno per guadagnare il necessario a far studiare Mary all’università.
La prateria era già in ombra, ma il cielo emanava ancora un pallido azzurro e qua e là si accendeva una stella. Fuori passò una folata di vento e in casa l’aria si mosse, intiepidita dal calore della cucina economica. Sapeva di fresco e di prateria, di cibo e di tè caldo, di pulito e di sapone…
Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini”
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Francesca De Sanctis, l’Unità
€ 13,50 ISBN 978-88-3624-107-1
Immagine di copertina: © Sandra Cunningham / Trevillion Images e Rekha Arcangel /Arcangel Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
Come sarebbe stato bello se Mary fosse potuta entrare all’università già quell’autunno! Laura non osava quasi sperarlo, anche se papà guadagnava bene in quel periodo. Se ci fosse stata una remota possibilità che ciò accadesse, lei si sarebbe messa a studiare a testa bassa, e a lavorare sui libri il più possibile, per diventare maestra appena avesse compiuto 16 anni, che era l’età minima. Allora sì che i suoi guadagni sarebbero serviti a mantenere Mary all’università…
UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni
Laura Ingalls Wilder Piccola città del West traduzione di Paola Mazzarelli ISBN 978-88-3624-107-1 Seconda edizione italiana maggio 2021 ristampa 6 5 4 3 2 1 0 anno 2025 2024 2023 2022 2021 © 2017 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo dell’edizione originale: Little Town on the Prairie Testo © 1941, 1969 Little House Heritage Trust La presente edizione è pubblicata in accordo con HarperCollins Publishers - New York, Usa
galluccieditore.com
Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.
Laura Ingalls Wilder
Piccola città del West La casa nella prateria romanzo 5
traduzione dall’inglese di Paola Mazzarelli
Piccola città del West
Nota del traduttore Papà Ingalls suona con il violino canzoni della seconda metà dell’Ottocento, per la maggior parte ancora note oggi. Si tratta per lo più di ballate scozzesi e irlandesi, canzoni western, canti di minatori e di cercatori d’oro, marce militari, filastrocche. A volte modifica leggermente le parole per adattarle al contesto in cui canta. In altri casi, della stessa canzone esistono versioni diverse. Anche nella traduzione si è cercato di adattare le parole al contesto, se necessario staccandosi dall’originale. Se vuoi ascoltarle, le trovi su You-Tube digitando i titoli originali elencati qui di seguito. Pagg. 48-49, 216-217: Pull for the Shore Pag. 57: The Star-Spangled Banner Pag. 57: Marching Through Georgia Pag. 65: America Pag. 86: Sing a Song of Sixpence Pag. 109: The Whip-Poor-Will’s Song Pag. 175: Rock Me to Sleep Pagg. 176-177: The Good Old Way Pag. 201: The Skidmore Guard Pag. 215: The Ninety and Nine Pag. 216: What Shall the Harvest Be?
Sorpresa
«Ti piacerebbe lavorare in paese, Laura?» chiese papà una sera a cena. Laura fu così sorpresa da non riuscire a spiccicare parola. Anche mamma e le sorelle erano rimaste di sasso. Gli occhioni azzurri di Grace sbirciavano spaventati da sopra il bordo della tazza, Carrie era rimasta con i denti nella fetta di pane che stava addentando, Mary con la forchetta a mezz’aria. Mamma stava versando il tè nella tazza di papà e per poco non lo rovesciò tutto. Mise giù la teiera appena in tempo. «Ma che dici, Charles!» «Ho chiesto a Laura se le piacerebbe lavorare in paese» disse papà. «Lavorare? Una ragazza? In paese?» esclamò mamma. «Ma… che razza di lavoro…» Poi aggiunse subito: «No, Charles. Non la lascio andare a lavorare in un albergo, in mezzo a tutti quegli estranei» «Chi ha mai detto una cosa del genere?» esclamò papà. «Una nostra figlia non farà mai un lavoro simile. Non finché campo io» «No, certo che no» disse mamma come a scusarsi. «È che mi hai colto di sorpresa. Ma che altro lavoro ci può essere in paese? Laura non è ancora abbastanza grande per insegnare a scuola». In un istante, prima che papà cominciasse a spiegare che cosa aveva in mente, Laura pensò al paese, che ormai stava diventando 9
Piccola città del West
una piccola città, e alla fattoria nella loro concessione, dove erano tornati a vivere ora che era arrivata la primavera. C’erano tante cose da fare lì, e in casa erano sempre così allegri, così felici di stare in campagna e… no, lei non voleva che nulla cambiasse. No, non voleva andare a lavorare in paese.
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Primavera alla fattoria
L’autunno precedente, dopo la prima, grande bufera di ottobre, si erano trasferiti in paese e Laura per qualche tempo era andata a scuola. Poi la scuola era stata chiusa per il maltempo e per tutto l’inverno violente bufere avevano isolato le case. Per giorni e giorni, e notti e notti, non si era sentita una sola voce fuori, non s’era visto un solo lume nel turbinio della neve. Per tutto l’inverno avevano vissuto chiusi nell’angusta cucina, combattendo il gelo e la fame, lavorando al buio e al freddo, facendo tronchetti di fieno da bruciare nella stufa per scaldarsi e macinando frumento nel macinino da caffè per avere un po’ di pane da mangiare. Per tutto quel lungo, lunghissimo inverno l’unica speranza era stata che prima o poi il maltempo finisse, che prima o poi le bufere cessassero e il sole tornasse a splendere, e allora loro sarebbero finalmente tornati nella fattoria sul terreno che avevano in concessione. Ora era primavera. La prateria del Dakota era così verde e calda e piena di sole che pareva impossibile fosse stata per mesi un’unica distesa di neve sferzata dal vento. Com’era bello, essere di nuovo laggiù! Laura non desiderava altro che stare all’aria aperta. Le sembrava di non averne mai abbastanza di scaldarsi le ossa al sole. All’alba, quando andava a riempire il secchio dell’acqua al pozzo ai margini della palude, vedeva il sole sorgere in un trionfo di luci e 11
Piccola città del West
colori. Le sturnelle cantavano levandosi in volo dall’erba umida di rugiada. Saltellando qua e là intorno al sentiero, i leprotti, con gli occhietti scintillanti e le lunghe orecchie frementi, facevano colazione con gli steli più teneri e succosi. Laura tornava a casa solo per posare il secchio dell’acqua, prendere quello del latte e correre giù al prato, dove Ellen, la vacca, si abbuffava di erba novella. Ma quando lei la mungeva, Ellen se ne stava buona buona, a ruminare placidamente. I fiotti schiumavano nel secchio e l’odore dolce e tiepido del latte appena munto si mescolava con tutti gli altri profumi della primavera. I piedi scalzi di Laura sentivano il fresco e l’umido della rugiada, ma il sole era caldo sulla nuca e anche il fianco di Ellen era caldo, e morbido, quando lei ci appoggiava contro la guancia. Legato al suo picchetto, poco più in là, il vitellino chiamava la mamma spaventato. Ellen gli rispondeva con un placido muggito. Quando anche le ultime, dense gocce di latte erano cadute nel secchio, Laura tornava a casa. Mamma metteva da parte un po’ di latte per il vitello, poi filtrava il resto con un panno pulito, lo versava nelle teglie di stagno e Laura le portava in cantina. Poi scremavano il latte avanzato dal giorno prima, lo aggiungevano a quello per il vitello e Laura tornava giù al prato. Il vitello aveva una gran fame. Ma insegnargli a bere non era facile. Era ancora piccolo e traballante sulle zampe e non sapeva come fare. Era venuto al mondo convinto che per avere da mangiare si debba picchiare con la testa. Sicché, appena sentiva l’odore del latte, cercava di prendere il secchio a testate. Laura doveva stare attenta che non glielo rovesciasse. Prima o poi bisognava che imparasse a bere da solo. Intingeva un dito nel latte e glielo dava da succhiare. Il vitello le leccava il dito con la lingua calda e ruvida. Poi lei gli spingeva gentilmente il muso verso il 12
Primavera alla fattoria
secchio. Tutto a un tratto lui tirava su col naso, starnutiva, spruzzava latte dappertutto e con tutte le sue forze dava una gran testata al secchio. Poco mancava che glielo facesse cadere di mano. Un’ondata di latte gli finiva sul muso e schizzava il grembiule di Laura. Con pazienza, lei ricominciava tutto da capo. Intingeva il dito, lo dava al vitello da succhiare, gli spingeva la testa verso il secchio. Dopo vari tentativi, c’era latte dappertutto, ma ne era finito anche un po’ nello stomaco del vitello. Poi Laura spostava i picchetti a cui erano legati Ellen, il vitellino appena nato e la vitella nata l’anno precedente, in modo che avessero erba fresca a volontà. Erano robusti picchetti di ferro e bisognava picchiare forte per infilarli in profondità nel terreno. Ormai il sole era alto, il cielo era tutto azzurro e la terra era un’unica distesa di erba verde ondeggiante nel vento. Da casa giungeva la voce di mamma. «Laura, spicciati! È ora di colazione!» In casa, Laura si lavava in fretta faccia e mani nel catino. Poi buttava fuori l’acqua sporca: una mezzaluna di goccioline scintillanti atterrava nell’erba. Presto il sole l’avrebbe asciugata. Si passava il pettine tra i capelli sulla testa, fin dove riusciva ad arrivare senza sciogliere la treccia già mezza sfatta. Prima di colazione non aveva mai tempo per spazzolarli a dovere e rifare la lunga treccia per bene. Aspettava di aver finito le faccende. Andava a sedersi al suo posto accanto a Mary. Gli altri erano già tutti lì, attorno alla tavola apparecchiata con la tovaglia a quadri bianchi e rossi e i piatti lucenti. Laura guardava Carrie e la piccola Grace, il loro visetto lindo e gli occhi ridenti, e papà e mamma, sempre così allegri e sereni. Dalla finestra entrava l’aria fresca e profumata del mattino. Sospirava, felice. Papà la guardava. «Sì, si sta proprio bene, lo penso anch’io» diceva sempre. Perché le leggeva nel pensiero. 13
Piccola città del West
«È proprio una bella mattinata» aggiungeva mamma. Dopo colazione, papà andava a prendere Sam e David, i loro due cavalli da tiro, e li portava nella prateria, a est della casa, dove aveva cominciato ad arare per piantare il granturco da seme. A quel punto, mamma assegnava i lavori di casa a ciascuna di loro. Le giornate che a Laura piacevano di più erano quelle in cui diceva: «Oggi c’è da fare nell’orto». Mary si offriva subito di occuparsi delle faccende di casa, perché Laura potesse aiutare mamma fuori. Mary era cieca. Ma già prima che la scarlattina spegnesse definitivamente la vista nei suoi begli occhi azzurri, non le era mai piaciuto lavorare all’aperto, sotto il sole e nel vento. Ora che non ci vedeva più, era contenta di rendersi utile in casa. Diceva: «Devo stare dove posso vedere con le dita. Fuori, a zappare, non potrei distinguere i viticci dei piselli dalle erbacce, ma in casa posso lavare i piatti, rifare i letti, badare a Grace». Carrie aiutava Mary. Era molto orgogliosa del fatto che, sebbene fosse piccola – perché aveva solo dieci anni –, sapesse già fare tante cose e rendersi utile. Così mamma e Laura potevano dedicarsi all’orto. Dall’Est continuava ad arrivare gente che veniva a stabilirsi da quelle parti. Ovunque nella prateria, a Est, a Sud, e anche a Ovest, al di là della grande palude di Big Slough, sorgevano le baracche dei nuovi coloni che avevano preso appezzamenti di terra in concessione. Ogni tanto, nella strettoia della palude, dove correva la carrareccia che portava in paese, passava un carro guidato da sconosciuti. Mamma diceva che avrebbero fatto conoscenza più in là. Non c’è tempo per far visita ai vicini, in primavera. Papà aveva un aratro nuovo. Era perfetto per dissodare il terreno vergine della prateria. Aveva un disco dal bordo tagliente, che 14
Primavera alla fattoria
ruotando tagliava la zolla davanti al vomere. Subito dopo la lama di acciaio del vomere si infilava sotto la zolla e tagliava in orizzontale il groviglio di radici. Poi il versoio sollevava la zolla tagliata e la rovesciava di lato. Le zolle erano tutte uguali, larghe una spanna abbondante, e coi bordi così netti che sembravano tagliate a mano. Erano tutti felici di quell’aratro nuovo. Ora, dopo una giornata di lavoro, Sam e David si buttavano a terra e si rotolavano allegramente nell’erba, poi si tiravano su, aguzzavano le orecchie, si guardavano intorno e si mettevano a pascolare beati. A differenza dell’anno prima, nonostante tutto il lavoro che facevano, non erano affaticati e smagriti. E la sera papà non era mai troppo stanco e aveva ancora voglia di scherzare. «Che aratro!» diceva. «Si direbbe che lavori da solo. Già, con tutte queste invenzioni moderne, oggi non servono più i muscoli. Una di queste sere, vedrete, quell’aratro deciderà di continuare ad arare per conto suo. Ci sveglieremo, una mattina, che avrà finito tutto il campo mentre noi dormivamo». Le zolle se ne stavano pancia all’aria, con tutte le radici fuori. I solchi erano freschi e morbidi, era bellissimo camminarci dentro a piedi nudi, e spesso Carrie e Grace si mettevano a giocare dietro all’aratro. Anche a Laura sarebbe piaciuto giocare con loro, ma ormai aveva quasi 15 anni. Era troppo grande per razzolare come i bambini nella terra smossa e profumata dei campi. E poi, il pomeriggio, doveva portare Mary a fare una passeggiata, perché prendesse un po’ d’aria anche lei. Finite le faccende di casa, andavano a spasso insieme nella prateria piena di fiori. Ogni tanto, sull’erba passava in corsa l’ombra di una nuvola portata dal vento. Sembrava strano che un tempo, quando erano piccole, Mary facesse sempre la sorella maggiore e cercasse di comandare. Perché 15
Piccola città del West
ora che erano cresciute sembrava avessero la stessa età. Piacevano a tutte e due, quelle lunghe passeggiate nel vento e nel sole, a raccogliere viole e botton d’oro e a masticare gli steli dell’acetosella. I suoi graziosi fiorellini color lavanda, le lunghe foglie, gli esili gambi avevano un gusto acidulo e fresco. «L’acetosella ha il sapore della primavera» diceva Laura. «A essere precisi, sa un po’ di limone» ribatteva Mary. Prima di mettersi in bocca uno stelo, chiedeva sempre: «Hai guardato bene? Sicura che non ci sono insetti?» «Non ce n’è, di insetti» diceva Laura. «La prateria è pulita! È il posto più pulito che c’è» «Comunque, guarda bene lo stesso. Non voglio essere io a mangiare l’unico insetto del Dakota». Allora si mettevano a ridere. Mary era sempre così lieta e di buon umore! Non avresti mai detto che quel viso così sereno sotto la cuffia, quegli occhi azzurri così limpidi, quella voce così gaia vivessero nel buio perenne. Mary era sempre stata buona. Così buona, a volte, da far venire il nervoso a Laura. Ora però sembrava cambiata. Un giorno Laura glielo aveva detto. «Una volta cercavi in tutti i modi di essere buona. Ed eri buona, è vero. Però mi davi sui nervi. Avrei voluto prenderti a schiaffi. Ora invece sei buona senza nemmeno darlo a vedere». Mary si fermò. «Oh, Laura! Ma che brutta cosa! Ti capita ancora di volermi prendere a schiaffi?» «No, mai» disse Laura. Ed era vero. «Sul serio? Non lo dici solo per essere gentile con me, perché sono cieca?» «No! Davvero, dico sul serio. Non ci penso mai, al fatto che sei cieca. Sono… sono contenta che sei mia sorella, e basta. E vorrei 16
Primavera alla fattoria
tanto essere come te. Ma non credo che ci riuscirò mai» disse Laura con un sospiro. «Non so come fai, a essere così buona» «Non sono molto buona» disse Mary. «Ci provo, questo sì. Ma tu sapessi come sono piena di ribellione e di cattiveria, a volte. Se tu sapessi come sono dentro, non vorresti essere come me» «Ma io lo so, come sei dentro» disse Laura. «Si vede. Sei sempre paziente e non dici mai cattiverie» «Lo so perché a volte avresti voluto prendermi a schiaffi» disse Mary. «Perché facevo finta. Non volevo davvero essere buona. Lo facevo solo per mostra. Per vanità e orgoglio. E gli schiaffi me li sarei meritati davvero». Laura restò esterrefatta. Poi, di colpo, le parve di capire cosa intendeva dire Mary. Ma non era vero. «No» disse «non sei così. Tu sei buona e questo è quanto» «Siamo tutti tremendamente malvagi e portati a fare il male, come le scintille del fuoco sono portate a salire verso l’alto» disse Mary, citando parole della Bibbia. «Ma questo non ha importanza» «Come!» esclamò Laura. «Voglio dire, a me sembra che non si debba stare troppo a pensare a se stessi, se siamo buoni o cattivi» «Ma… Oh, uffa! Come si fa a essere buoni senza pensarci?» esclamò Laura. «Non so, forse non si può, hai ragione» riconobbe Mary. «Non so spiegarlo. Ma… non è questione di pensare, quanto… quanto piuttosto di saperlo da dentro. Di essere sicuri della bontà di Dio». Laura se ne stava lì impalata. E anche Mary, perché non osava muoversi se Laura non la teneva a braccetto per guidarla. Era lì, in mezzo a quella distesa verde e fiorita che ondeggiava nel vento, col cielo azzurro e le nuvole bianche che ci veleggiavano in mezzo, e non vedeva nulla. Sì, lo sanno tutti che Dio è buono. 17
Piccola città del West
Ma a Laura pareva che Mary dovesse saperlo in un modo diverso, speciale. «Tu ne sei certa, vero?» «Sì, è una certezza che adesso ho sempre» rispose Mary. «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Sui pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. È il più bello dei salmi. Ma perché ci siamo fermate qui? Non sento il profumo delle viole» «Parlando, abbiamo passato la conca dei bufali» disse Laura. «Ora, tornando, ci fermiamo». Quando si voltarono per tornare indietro, Laura si guardò intorno. Da laggiù si vedeva la collinetta, al margine della palude, dov’era la loro casa. Vista da lì, col suo tetto a uno spiovente solo, sembrava poco più grande di un pollaio. La stalla, poi, quasi non si scorgeva in mezzo all’erba. Dietro la casa e la stalla pascolavano Ellen e i due vitelli, e più in là, verso Est, papà stava piantando il granturco nel campo dissodato di fresco. Aveva dissodato tutto il terreno che aveva potuto, lavorando indefessamente prima che il sole e il vento lo asciugassero troppo. Il campo dissodato l’anno precedente lo aveva lavorato con l’erpice e ci aveva seminato l’avena. Ora, con la zappa in mano e un sacco di granturco legato al basto che portava sulla schiena, andava passo passo lungo i solchi del campo nuovo. «Papà sta piantando il granturco» disse Laura a Mary. «Passiamo di là. Ecco, ora siamo alla conca dei bufali» «Sì, lo so» disse Mary. Si fermarono un momento a respirare a pieni polmoni il profumo di viole calde di sole che saliva denso come miele dal fondo della conca. La conca dei bufali era un avvallamento perfettamente rotondo, con le scarpate quasi verticali, alte un metro e più. Il fondo era letteralmente tappezzato di viole fiorite. Ce n’erano migliaia, milioni, così fitte che non si vedevano nemmeno le foglie. 18
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Mary ci si buttò a sedere in mezzo. «Che meraviglia…» mormorò, estasiata. Le sue dita sfioravano con delicatezza il tappeto di corolle e scendevano lungo i gambi sottili, per raccogliere i fiori dal basso. Quando passarono dal campo dissodato, anche papà volle annusare il mazzo di viole. «Avete fatto una bella passeggiata, ragazze?» chiese con un sorriso, senza smettere di lavorare. Zappettava un quadratino di terreno, ci scavava una conchetta, ci metteva dentro quattro chicchi di granturco, li ricopriva di terra con la zappa, ci premeva sopra ben bene con la scarpa, si spostava di un passo e ricominciava da capo. Arrivò Carrie di corsa, ché voleva annusare le viole anche lei. Aveva il compito di badare a Grace, e Grace voleva stare solo nel campo dove lavorava papà. Era affascinata dai lombrichi. Stava a guardare se la zappa ne portava uno alla luce e rideva contenta quando vedeva il verme lungo e sottile farsi corto corto e grasso e infilarsi di nuovo sotto terra. «Anche se lo tagli, tutte e due le metà fanno così. Perché, Pa?» «Forse vogliono stare sotto terra» disse papà. «Perché?» chiese Grace. «Perché gli piace così» disse papà. «Sì, ma perché?» «Tu perché vuoi giocare nella terra?» «Perché?» disse Grace. «Quanti grani metti nel buco?» «Chicchi» disse papà. «Quattro chicchi. Uno, due, tre, quattro» «Uno, due, quattro» disse Grace. «Perché?» «Questa è una domanda facile» disse papà. Uno il merlo lo becchetta, l’altro il corvo lo porta via, 19
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così qui ne crescono due che noi mangeremo in allegria. Anche nell’orto si cominciavano a vedere i segni del futuro raccolto. In esili file, di tanti verdi diversi, cominciavano a spuntare rapanelli, insalata, cipolle. Stavano uscendo anche le prime foglioline dei piselli, ancora tutte spiegazzate. E anche le piantine dei pomodori cominciavano a mettere le prime foglie. «Ho dato un’occhiata all’orto» disse mamma, mentre Laura metteva il mazzo di viole in un vaso con l’acqua. «Ha bisogno di essere zappettato un po’. E ormai fa caldo, tra non molto spunteranno anche i fagioli». Ed ecco, un mattino di sole, i fagioli far capolino da sotto terra, tutti insieme. Fu Grace a vederli per prima. Piombò in casa di corsa, strillando. Quel giorno non riuscirono a farla muovere di lì. I fagioli saltavano fuori dalla terra nuda, lo stelo tutto arrotolato si stendeva come una piccola molla, con le due metà del fagiolo ancora attaccate alle due pallide foglioline gemelle. Ogni volta che ne veniva fuori uno, Grace lanciava uno strillo di gioia. Quando ebbe finito di seminare il granturco, papà costruì l’altra metà della casa. Un mattino, mise giù il perimetro del pavimento. Poi costruì l’ossatura delle pareti e Laura lo aiutò a rizzarla in piedi e a verificare che fosse perfettamente verticale con il filo a piombo. Poi la tenne ferma, mentre lui la inchiodava al suo posto. Poi papà ci inserì dentro i montanti e il riquadro di due finestre. Dopodiché pose le travi per costruire l’altro spiovente del tetto, quello che ancora non c’era. Laura lo aiutava, Grace e Carrie stavano lì a guardare. Avevano il compito di raccogliere tutti i chiodi che papà lasciava cadere per sbaglio. Ogni tanto anche mamma veniva a dare un’occhiata. Era bello vedere la loro baracca diventare una casa vera. 20
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Quando fu finita, ebbero tre stanze. La parte nuova era costituita da due minuscole camere da letto, ognuna con la sua finestrella. Ora potevano togliere i letti dall’altra stanza. «Così prendiamo due piccioni con una fava» disse mamma. «Faremo il trasloco e le pulizie di primavera, tutto in una volta». Lavarono le tende delle finestre e le trapunte dei letti e le stesero fuori ad asciugare. Poi lavarono i vetri fino a farli luccicare e ci appesero davanti le tendine nuove, che avevano ricavato da vecchie lenzuola e a cui Mary aveva fatto l’orlo coi suoi bei punti, piccoli e tutti uguali. Mamma e Laura montarono i letti nelle due camere, che sapevano di legno nuovo e di pulito. Laura e Carrie riempirono i pagliericci col fieno preso dal centro di un covone e fecero i letti con lenzuola ancora calde di ferro da stiro e trapunte pulite che profumavano di prateria. Poi mamma e Laura pulirono a fondo ogni angolino della casa vecchia che ora, senza i letti, era diventata molto più spaziosa. C’erano rimasti solo la cucina economica, gli armadietti, il tavolo, le sedie e l’angoliera. Quando ebbero finito e ogni cosa fu al suo posto, si guardarono intorno soddisfatte. «Non c’è bisogno che tu la veda per me, Laura» disse Mary. «Lo sento, che è grande e fresca e accogliente». Le tende lavate e inamidate ondeggiavano lievi alla brezza che entrava dalla finestra aperta. Pareti e pavimento, ben grattati e lavati, avevano acquistato un tenue colore giallo-grigio. Sul tavolo, nella ciotola azzurra, c’era un mazzo di erbe e di fiori di campo raccolti da Carrie. Portavano dentro la primavera. E in un angolo troneggiava, con i suoi lucidi ripiani marroni, la loro bella angoliera. La luce del pomeriggio faceva brillare le lettere d’oro sul dorso dei libri allineati sul ripiano più basso e scintillava sulle tre scatolette di vetro dipinte a fiori, disposte sul terzo ripiano. Sul secondo stava 21
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l’orologio, con il suo vetro istoriato a fiori d’oro e il lucente pendolo di ottone che oscillava di qui e di là. E ancora più in alto, sul primo ripiano, il più piccolo, c’era la scatoletta di porcellana di Laura, con la sua minuscola tazzina da tè sul coperchio, e lì accanto era seduto il cagnolino di ceramica bianco e marrone di Carrie. Sulla parete, tra le porte delle due stanze nuove, mamma aveva appeso lo scaffalino di legno intagliato che papà le aveva regalato un Natale di tanti anni prima, quando abitavano ancora nei Grandi Boschi del Wisconsin. Tutti i fiori e le foglioline e i viticci che ornavano il bordo, e anche quelli che si arrampicavano su, fino alla grande stella che lo sovrastava in cima, erano ancora intatti e perfetti, come se papà avesse appena finito di intagliarli. E di lassù li guardava sorridendo con il suo visino bianco e rosa la pastorella di porcellana di mamma, che era in casa da molto prima che papà le costruisse lo scaffalino a nicchia in cui stava. Laura non ricordava neanche da quando. Sì, era proprio una bella stanza.
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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di maggio 2021
Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria”
Con l’arrivo della primavera la famiglia Ingalls può finalmente partecipare alla vita sociale della piccola città del West in cui si è trasferita. Laura stringe amicizia con Almanzo Wilder, il suo futuro marito, e lavora con impegno per guadagnare il necessario a far studiare Mary all’università.
La prateria era già in ombra, ma il cielo emanava ancora un pallido azzurro e qua e là si accendeva una stella. Fuori passò una folata di vento e in casa l’aria si mosse, intiepidita dal calore della cucina economica. Sapeva di fresco e di prateria, di cibo e di tè caldo, di pulito e di sapone…
Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini”
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Francesca De Sanctis, l’Unità
€ 13,50 ISBN 978-88-3624-107-1
Immagine di copertina: © Sandra Cunningham / Trevillion Images e Rekha Arcangel /Arcangel Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
Come sarebbe stato bello se Mary fosse potuta entrare all’università già quell’autunno! Laura non osava quasi sperarlo, anche se papà guadagnava bene in quel periodo. Se ci fosse stata una remota possibilità che ciò accadesse, lei si sarebbe messa a studiare a testa bassa, e a lavorare sui libri il più possibile, per diventare maestra appena avesse compiuto 16 anni, che era l’età minima. Allora sì che i suoi guadagni sarebbero serviti a mantenere Mary all’università…
Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria”
Con l’arrivo della primavera la famiglia Ingalls può finalmente partecipare alla vita sociale della piccola città del West in cui si è trasferita. Laura stringe amicizia con Almanzo Wilder, il suo futuro marito, e lavora con impegno per guadagnare il necessario a far studiare Mary all’università.
La prateria era già in ombra, ma il cielo emanava ancora un pallido azzurro e qua e là si accendeva una stella. Fuori passò una folata di vento e in casa l’aria si mosse, intiepidita dal calore della cucina economica. Sapeva di fresco e di prateria, di cibo e di tè caldo, di pulito e di sapone…
Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini” Francesca De Sanctis, l’Unità
Immagine di copertina: © Sandra Cunningham / Trevillion Images e Rekha Arcangel /Arcangel Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Come sarebbe stato bello se Mary fosse potuta entrare all’università già quell’autunno! Laura non osava quasi sperarlo, anche se papà guadagnava bene in quel periodo. Se ci fosse stata una remota possibilità che ciò accadesse, lei si sarebbe messa a studiare a testa bassa, e a lavorare sui libri il più possibile, per diventare maestra appena avesse compiuto 16 anni, che era l’età minima. Allora sì che i suoi guadagni sarebbero serviti a mantenere Mary all’università…