LA STRADA PER OZ - SERIE MAGO DI OZ

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Lyman Frank Baum

OZ La strada per

«Da qui partono un sacco di strade» osservò l’Uomo di stracci, ruotando piano su se stesso come un mulino a vento. «Sembra quasi che si possa andare dappertutto». Anche Dorothy si voltò, sgranando gli occhi, sorpresa. C’erano davvero un sacco di strade, molte più di quante ne avesse mai viste. Provò a contarle: da quanto ne sapeva lei dovevano essere cinque ma, quando ne ebbe contate diciassette, si fermò in preda allo sconcerto, poiché le strade erano tante quanti i raggi di una ruota e si diramavano in ogni direzione – se continuava così, alcune rischiava di contarle due volte.

«Santo cielo!» esclamò. «Una volta ce n’erano soltanto cinque, compresa la strada maestra. E invece adesso… dov’è finita la strada maestra, signor Uomo di stracci?»

«Non ne ho idea, signorina» rispose quello, sedendosi a terra, come se fosse stanco di stare in piedi. «Era qui fino a un attimo fa, no?»

«Ero convinta di sì» replicò lei, perplessa. «Queste strade assurde non le ho mai viste prima! E quante ce ne sono! Secondo te dove portano?»

«Le strade» osservò l’Uomo di stracci «non vanno da nessuna parte. Si limitano a stare dove stanno, in modo che la gente possa percorrerle».

UAO

Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Lyman Frank Baum

La strada per Oz

traduzione dall’inglese

di Stella Sacchini e Mirko Esposito

della stessa serie:

Il Meraviglioso Mago di Oz

Il Fantastico Paese di Oz

Ozma, la Regina di Oz

Dorothy e il Mago nel Paese di Oz

ISBN 979-12-221-0659-5

Prima edizione settembre 2024

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2028 2027 2026 2025 2024

© 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo originale:

The Road to Oz

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Lyman Frank Baum

La Strada per Oz

ROMANZO 5

traduzione di

Stella Sacchini e Mirko Esposito

Al mio primo nipote, Joslyn Stanton Baum

Nota alla traduzione

Dopo il successo di Il Meraviglioso Mago di Oz, Lyman Frank Baum decise di dare seguito alle avventure ambientate nel Paese di Oz, scrivendo in tutto 14 romanzi, molti dei quali sono tuttora poco o per nulla noti ai lettori italiani. Abbiamo perciò intrapreso la pubblicazione dell’intera saga, affidandone la traduzione ai migliori professionisti, appassionati di questo autore, con l’intento di dare una voce nuova e moderna a un intramontabile classico della letteratura. Questa scelta può comportare delle lievi differenze di resa e di stile da un romanzo all’altro, senza però che venga mai meno l’attenzione critica nei confronti della storia e dell’opera di Baum.

Ai miei lettori

Be’, miei cari, volevate un altro “Libro di Oz” con nuove avventure bislacche della nostra Dorothy: eccolo qua, vi ho accontentato. Visto che me lo avete chiesto, questa volta c’è anche Toto, insieme a tanti altri personaggi che senz’altro riconoscerete. In tutta sincerità, ho cercato di rispettare il più possibile i desideri dei miei piccoli amici di penna; se la storia non è esattamente come l’avreste raccontata voi, ricordatevi che una storia, per dirsi tale, deve avere una sua compiutezza prima di essere messa per iscritto, e che l’autore non può operare troppe modifiche, senza correre il rischio di rovinarla.

Nella prefazione a Dorothy e il Mago nel Paese di Oz, ho affermato che non avrei più scritto storie che riguardassero Oz, poiché mi sembrava che sull’argomento avessi già pubblicato a sufficienza; ma dopo l’uscita del volume sono stato letteralmente inondato di lettere da parte dei miei piccoli lettori, che mi imploravano di scrivere ancora “storie

La Strada per Oz

su Dorothy e su Oz” e, dato che far felici i bambini è il mio unico scopo, ho deciso di rispettare i loro desideri.

In questo libro ci sono nuovi personaggi che, ne sono certo, vi conquisteranno. Io, ad esempio, ho un vero debole per l’Uomo di stracci, e sono sicuro che piacerà anche a voi. Quanto a Policroma, la Figlia dell’Arcobaleno, e a quello sciocchino di Botton d’Oro, ho l’impressione che abbiano donato un nuovo elemento di comicità a queste storie, motivo per cui sono lieto di averli scovati. Al tempo stesso muoio dalla voglia di ricevere le vostre lettere per sapere se vi sono piaciuti.

Dopo aver finito di scrivere il libro, ho ricevuto dal Paese di Oz alcune notizie che mi hanno lasciato davvero senza parole. E quando le scoprirete, miei cari, credo che lasceranno senza parole anche voi. Ma è una storia così lunga ed emozionante che dovrà essere raccontata in un altro libro… e, forse, quel libro sarà l’ultimo mai scritto sul Paese di Oz.

L. Frank Baum Coronado, 1909

Capitolo 1

La strada per Butterfield

«Chiedo scusa, signorina» disse l’uomo vestito di stracci «sapresti indicarmi la strada per Butterfield?»

Dorothy lo squadrò. Era un uomo vestito di stracci, non c’era dubbio, ma negli occhi aveva una luce particolare, un non so che di amabile.

«Oh, ma certo» rispose «posso indicartela senz’altro.

Però non è questa»

«Ah, no?»

«Devi attraversare il lotto da dieci acri, proseguire fino alla strada maestra, all’incrocio dei cinque sentieri devi dirigerti a nord, poi prendere… lasciami pensare un attimo…»

«Ci mancherebbe altro, signorina; per me puoi pensarci da qui fino a Butterfield, non c’è alcuna fretta» disse l’uomo vestito di stracci.

«Puoi imboccare il sentiero vicino al ceppo di salice, mi pare; oppure quello accanto alla tana dei gopher, oppure…»

«Uno vale l’altro, signorina?»

La Strada per Oz

«Certo che no, signor Uomo di stracci. Per giungere a Butterfield devi imboccare la strada giusta»

«E sarebbe quella vicino al ceppo dei gopher, oppure…»

«Santo cielo!» sbottò Dorothy. «Sei talmente sciocco che mi toccherà farti da guida. Vado un attimo a casa a prendere il cappellino da sole – tu aspettami qui, torno subito!»

L’Uomo di stracci rimase in attesa. Teneva una spiga d’avena infilata in bocca e la masticava piano, come se avesse un buon sapore, anche se così non era. Vicino alla casa cresceva un albero di mele, alcune delle quali erano cadute in terra. L’Uomo di stracci pensò che di certo sarebbero state più gustose di quella spiga d’avena, quindi fece per avvicinarsi all’albero, deciso a prenderne alcune. All’improvviso dalla fattoria sbucò fuori un cagnolino nero con gli occhi marroni e vivaci e prese a correre a perdifiato verso l’Uomo di stracci, che intanto aveva già raccolto tre mele e le aveva infilate in un’enorme tasca del suo cappotto di stracci. Il cagnolino lanciò un latrato e stava per azzannargli la gamba, ma l’Uomo di stracci lo prese per la collottola e infilò anche lui nell’enorme tasca insieme alle mele. Poi, visto che a terra ce n’erano ancora parecchie, ne fece scorta: ogni mela che lasciava cadere in tasca inevitabilmente finiva per colpire in testa o sul dorso il povero cagnolino, che la accoglieva con un ringhio. La bestiola si chiamava Toto, e non era affatto contento di trovarsi nella tasca dell’Uomo di stracci.

1. La strada per Butterfield

Poco dopo Dorothy uscì di casa con il suo cappellino da sole e chiamò: «Signor Uomo di stracci! Se vuoi che ti indichi la strada per Butterfield, seguimi». Scavalcò la staccionata che delimitava il lotto da dieci acri e l’uomo la seguì a passo lento, incespicando nelle dune e nei fossi del pascolo, come se, perso nei suoi pensieri, fosse troppo distratto per notarli.

«Accidenti, sei proprio goffo!» disse la bimba. «Cos’è, ti si sono stancati i piedi?»

«No, signorina, sono i miei baffi. Con questo caldo, si stancano subito» disse. «Come vorrei che nevicasse! E tu?»

«Certo che no, signor Uomo di stracci» rispose Dorothy, fulminandolo con lo sguardo. «Se nevicasse in agosto, il gelo rovinerebbe il mais, l’avena e il grano. Lo zio Henry perderebbe il suo raccolto e diventerebbe povero, e poi…»

«Non importa» disse l’Uomo di stracci. «Tanto non credo che nevicherà. È questo il sentiero?»

«Sì» rispose Dorothy, scavalcando un’altra staccionata. «Vieni, ti accompagno fino alla strada maestra»

«Grazie, signorina. Sei molto gentile per essere solo una bambina» disse lui, in segno di riconoscenza.

«Non tutti conoscono la strada per Butterfield» precisò Dorothy mentre saltellava giù per il sentiero. «Ma l’ho percorsa tante di quelle volte con lo zio Henry che saprei ritrovarla anche a occhi chiusi»

La Strada per Oz

«Non farlo, signorina» si raccomandò serio l’Uomo di stracci. «Rischieresti di perderti»

«Ma no!» rispose la bimba, scoppiando a ridere. «Eccoci arrivati alla strada maestra. Adesso prendi la seconda… no, la terza a sinistra… o forse era la quarta. Vediamo. La prima è vicino all’olmo, la seconda vicino alla tana dei gopher, e poi…»

«Poi cosa?» chiese l’uomo, infilandosi le mani nelle tasche del cappotto. Toto gli agguantò un dito e lo morse. «Ahi!» gridò l’Uomo di stracci, ed estrasse la mano di scatto.

Dorothy non ci fece neanche caso. Era impegnata a proteggersi gli occhi dal sole con il braccio e a osservare la strada con aria preoccupata.

«Andiamo» ordinò. «Ormai siamo vicini; tanto vale che ti accompagni».

Dopo un po’ giunsero al punto in cui il sentiero si diramava in cinque direzioni diverse. Dorothy ne indicò una e disse: «Eccoci arrivati, signor Uomo di stracci»

«Ti sono molto grato, signorina» disse lui, prendendo una direzione diversa.

«No, non da quella parte!» gridò la bimba. «Stai sbagliando strada».

L’uomo si fermò.

«Non hai detto che quella era la strada per Butterfield?» chiese, carezzandosi gli ispidi favoriti con aria perplessa.

1. La strada per Butterfield

«E infatti lo è»

«Ma io non voglio andare a Butterfield, signorina»

«Ah no?»

«Certo che no. Volevo che mi indicassi la strada, così da non rischiare di prenderla per errore»

«Ah! E allora dove sei diretto?»

«Oh, un posto vale l’altro, signorina».

La risposta lasciò di stucco la bimba; l’idea di essersi presa tutto quel disturbo per nulla la infastidiva parecchio.

«Da qui partono un sacco di strade» osservò l’Uomo di stracci, ruotando piano su se stesso come un mulino a vento. «Sembra quasi che si possa andare dappertutto».

Anche Dorothy si voltò, sgranando gli occhi, sorpresa. C’erano davvero un sacco di strade, molte più di quante ne avesse mai viste. Provò a contarle: da quanto ne sapeva lei, dovevano essere cinque ma, quando ne ebbe contate diciassette, si fermò in preda allo sconcerto, poiché le strade erano tante quanti i raggi di una ruota e si diramavano in ogni direzione – se continuava così, alcune rischiava di contarle due volte.

«Santo cielo!» esclamò. «Una volta ce n’erano soltanto cinque, compresa la strada maestra. E invece adesso… dov’è finita la strada maestra, signor Uomo di stracci?»

«Non ne ho idea, signorina» rispose quello, sedendosi a terra, come se fosse stanco di stare in piedi. «Era qui fino a un attimo fa, no?»

La Strada per Oz

«Ero convinta di sì» replicò lei, perplessa. «E ho visto pure le tane dei gopher e il ceppo d’albero. Ma adesso non ci sono più. Queste strade assurde non le ho mai viste prima! E quante ce ne sono! Secondo te dove portano?»

«Le strade» osservò l’Uomo di stracci «non vanno da nessuna parte. Si limitano a stare dove stanno, in modo che la gente possa percorrerle».

Si infilò la mano in tasca e con rapidità tirò fuori una mela, prima che Toto potesse azzannarlo un’altra volta. Ma stavolta il cagnolino sporse la testa e: «Arf! Arf!» prese ad abbaiare così forte che Dorothy trasalì.

«Oh, Toto!» gridò. «Da dove salti fuori?»

«L’ho portato con me» rispose l’Uomo di stracci.

«E per quale motivo?»

«Per fare la guardia alle mie mele, così nessuno si azzarda a rubarmele».

Tenendo con una mano la mela che stava mangiando, con l’altra estrasse Toto dalla tasca e lo mise a terra. Il cagnolino non perse tempo e si precipitò da Dorothy, abbaiando con gioia per essere stato liberato da quella buia prigione. Quando la bimba l’ebbe accarezzato con affetto sulla testa, le si accucciò ai piedi, con la lingua rossa ciondoloni da un lato della bocca, puntandole addosso i suoi occhietti marroni e vivaci come a volerle domandare: “E ora che si fa?”

Dorothy non lo sapeva. Si guardò attorno preoccupata,

1. La strada per Butterfield

alla ricerca di un oggetto che le fosse familiare, ma tutto le appariva nuovo. Fra una strada e l’altra c’erano prati verdi, cespugli e alberi, ma non riusciva più a scorgere la fattoria da cui era venuta, o qualcosa che già avesse visto prima… tranne l’Uomo di stracci e Toto. Per di più, aveva girato così tante volte su se stessa, nel tentativo di capire dove fosse, che adesso non riusciva più a capire da che parte fosse venuta e dove si trovasse la fattoria, e la cosa cominciò a impensierirla.

«Temo proprio, signor Uomo di stracci, che ci siamo persi» disse con un sospiro.

«Non ti preoccupare» replicò l’uomo, gettando via il torsolo della mela e addentandone un’altra. «Queste strade devono portare da qualche parte, altrimenti non si troverebbero qui. Quindi che problema c’è?»

«Voglio tornare a casa» disse la ragazzina.

«Be’, e allora perché non ti avvii?»

«Ma non so da che parte andare»

«Che peccato!» commentò l’Uomo di stracci, scuotendo la testa con aria seria. «Vorrei tanto poterti aiutare, ma non sono in grado. Sono un forestiero, non conosco questi posti»

«Se è per questo, nemmeno io» disse la bimba, sedendosi vicino a lui. «Che strano. Qualche minuto fa ero a casa mia, sono uscita soltanto per indicarti la strada per Butterfield…»

La Strada per Oz

«In modo che non la imboccassi per sbaglio…»

«E adesso mi sono persa e non so più come tornare indietro!»

«Su, prendi una mela» suggerì l’Uomo di stracci, porgendole un bel frutto rosso e succoso.

«Non ho fame» disse Dorothy, scostandola.

«Ma magari domani ne avrai, e in tal caso ti dispiacerà non averla mangiata» ribatté lui.

«La mangerò domani, allora, se mi verrà fame» promise Dorothy.

«Domani potrebbero non essercene più» ribatté lui, addentando la mela rossa. «Certe volte i cani sono più bravi delle persone a trovare la strada di casa» proseguì. «Forse il tuo ti può ricondurre alla fattoria»

«Ne saresti capace, Toto?» chiese Dorothy. Per tutta risposta, quello prese a scodinzolare contento.

«Va bene» disse la ragazzina. «Torniamo a casa».

Il cagnolino si guardò intorno per un istante, poi imboccò deciso uno dei sentieri.

«Addio, signor Uomo di stracci» gridò Dorothy, correndo dietro a Toto.

Il cagnolino zampettò allegro per un poco, quindi si girò e prese a fissare la padroncina con aria interrogativa.

«Non ti aspetterai che ti aiuti? Io mica la conosco, la strada» disse. «Dovrai trovarla da solo».

1. La strada per Butterfield

Ma Toto non riusciva a raccapezzarsi. Riprese a scodinzolare, poi fece uno starnuto, agitò le orecchie e trottò di nuovo fino al punto in cui avevano lasciato l’Uomo di stracci. Da qui il cagnolino prese un secondo sentiero, quindi tornò indietro e ne scelse un altro; ma ogni volta, non riconoscendo la strada, decideva che da lì non sarebbero rientrati alla fattoria. Alla fine, quando Dorothy si fu stancata di corrergli appresso, Toto si arrese e si accucciò ansante vicino all’Uomo di stracci.

Anche lei si sedette, pensierosa. Da quando era andata a vivere alla fattoria, si era imbattuta in parecchie avventure bizzarre, ma questa le batteva tutte. Smarrirsi nel giro di un quarto d’ora, a due passi da casa, nel noiosissimo Stato del Kansas, era un’esperienza davvero assurda.

«La tua famiglia sarà preoccupata?» domandò l’Uomo di stracci, con gli occhi scintillanti di simpatia.

«Mi sa di sì» rispose Dorothy con un sospiro. «Lo zio Henry dice che me ne capitano di tutti i colori; finora, però, sono sempre tornata a casa sana e salva. Magari si farà coraggio, pensando che andrà così anche stavolta»

«Ne sono certo» annuì l’Uomo di stracci con un sorriso. «Alle brave bambine non succede mai nulla di grave, mai! Quanto a me, sono anch’io un brav’uomo, quindi non ho niente da temere».

Dorothy lo osservò con curiosità. L’uomo indossava abiti

La Strada per Oz

laceri, scarponi consunti, pieni di buchi; persino i capelli e i favoriti somigliavano a vecchi stracci. Ma aveva un sorriso dolcissimo e uno sguardo gentile.

«Come mai non volevi andare a Butterfield?» gli chiese.

«Perché laggiù ci vive un tizio che mi deve quindici centesimi. Se ci andassi e lui mi vedesse, vorrebbe senz’altro restituirmeli e io non voglio soldi, mia cara»

«E perché?» domandò la ragazzina.

«I soldi» dichiarò l’Uomo di stracci «ci rendono arroganti e altezzosi, e io non voglio essere né arrogante né altezzoso. Basta che la gente mi voglia bene, non cerco altro, e fin quando avrò la Calamita Tiramore, sono certo che tutti quelli che incontro mi vorranno bene»

«La Calamita Tiramore? E cosa sarebbe?»

«Te la mostro, a patto che tu non ne faccia parola con nessuno» rispose l’uomo, con un sussurro basso e misterioso.

«E a chi potrei dirlo? Qui c’è solo Toto» fece la bimba.

Con aria circospetta, l’Uomo di stracci prese a frugarsi in una tasca, poi in un’altra, poi in un’altra ancora. Alla fine estrasse un pacchettino avvolto in un foglio sgualcito, legato con uno spago di cotone. Lo slacciò e aprì il cartoccio, tirandone fuori un oggetto metallico a forma di ferro di cavallo. Era di un marrone opaco, non particolarmente bello a vedersi.

«Questa, mia cara» disse con aria solenne «è la meravi-

1. La strada per Butterfield

gliosa Calamita Tiramore. Me l’ha donata un inuit delle Isole Sandwich – che si chiamano così anche se, da quelle parti, di sandwich non c’è manco l’ombra – e fintanto che la porto con me, qualsiasi creatura vivente che incontrerò per strada non potrà fare a meno di amarmi con tutto il cuore»

«Ma perché l’inuit non se l’è tenuta?» chiese la ragazzina, osservando con interesse la Calamita.

«Si era stancato di tutto quell’amore – desiderava un po’ di sano odio. Così mi ha regalato la Calamita e il giorno dopo un grizzly se l’è pappato»

«E lui non c’è rimasto male?» chiese Dorothy.

«Non so, non ha detto nulla» rispose l’Uomo di stracci, mentre impacchettava di nuovo la Calamita Tiramore, avvolgendola con lo spago, per poi riporla, con grande premura, in un’altra tasca. «L’orso, però, non sembrava affatto dispiaciuto» aggiunse.

«Conoscevi l’orso?»

«Sì, di solito giocavamo a palla insieme alle Isole Caviali. L’orso mi voleva bene perché avevo la Calamita Tiramore. Non posso certo biasimarlo per aver mangiato l’inuit: è la sua natura»

«Tempo fa» disse Dorothy «conoscevo una Tigre Famelica che moriva dalla voglia di mangiarsi qualche bimbo grassottello, perché era nella sua natura. Ma non l’ha mai fatto perché aveva una Coscienza»

La Strada per Oz

«Quest’orso, invece, come puoi immaginare» replicò l’Uomo di stracci «non aveva uno straccio di Coscienza».

L’Uomo di stracci rimase in silenzio per alcuni minuti – forse rifletteva sul caso dell’orso e della tigre. Toto lo osservava con grande interesse: di certo stava pensando al viaggio nella tasca di quell’uomo e si riprometteva, di lì in avanti, di tenersene alla larga.

Alla fine l’uomo si voltò e chiese: «Come ti chiami, bambina?»

«Mi chiamo Dorothy» rispose lei, saltando di nuovo in piedi. «Adesso che cosa facciamo? Mica possiamo rimanere qui per sempre!»

«Imbocchiamo il settimo sentiero» suggerì lui. «Sette è un numero fortunato per le ragazzine che si chiamano Dorothy»

«Il settimo da dove?»

«Da dove inizi a contare».

Allora la bambina contò fino a sette, e il settimo sentiero le parve identico a tutti gli altri; ma l’Uomo di stracci si alzò da terra e si avviò deciso in quella direzione, come fosse la scelta migliore, e Dorothy e Toto gli andarono dietro.

Lyman Frank Baum

(1856 - 1919) nacque a Chittenago, nello stato di New York. Figlio di un ricco petroliere, intraprese le carriere più disparate, finché raggiunse il successo con la saga del Mago di Oz, di cui Gallucci sta traducendo di nuovo e pubblicando tutti i 14 volumi.

Della stessa serie:

LA

DEI 14 VOLUMI SCRITTI DA L. FRANK BAUM, PER SCOPRIRE NELLA SUA COMPLETEZZA

IL CAPOLAVORO AMERICANO PER RAGAZZI

Il sole splende sul Kansas quando Dorothy, con il suo inseparabile cagnolino Toto, decide di accompagnare lo strambo Uomo di stracci per un tratto di strada. Il bivio che si trovano davanti, però, li trasporta in un’altra dimensione... Insieme al marinaretto Botton d’Oro e Policroma, la multicolore figlia dell’Arcobaleno, arriveranno a Volpopoli, la città delle volpi antropomorfe, e poi ad Asinaia, i cui abitanti, manco a dirlo, hanno le fattezze di asini. E da lì in poi si può solo proseguire, sulle ali della fantasia, alla volta del Regno fatato di Oz! «Vagavano per una terra sconosciuta, eppure sapevano che l’avventura in cui erano immersi era magica, come la terra che li ospitava, e non vedevano l’ora di scoprire cosa sarebbe successo di lì a poco».

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