Storie Gastronomia Turismo
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he senso ha oggi un viaggio sul Po?
Cosa significa nuovo ?
Questione di prospettiva. Oggi che il viaggio su questa tratta, per lo più, lo si percorre su rotaia o su gomma, tornare a riaccorgersi di una via d’acqua interpella il nostro punto di vista. Occorre infrangere il già saputo. È un invito ad attraversare il fiume che a sua volta attraversa e taglia e cuce il nord dal centro Italia, la Mittel Europa dal Mediterraneo. Il nuovo sta negli occhi di chi guarda ed effettivamente, per chi lo abbia provato almeno una volta, guardare la pianura dal centro del Grande Fiume è una sorprendente conversione.
Questo libro fa e propone semplicemente questo. Un viaggio fatto da tanti secoli e da una moltitudine di persone. E così si aprono gli occhi mentre le pagine si sfogliano, si scende la corrente, lenta, della principale arteria italiana, si segue il corso e ci si stupisce di stupirsi, perché ciò che viene a galla è innanzitutto la consapevolezza di come si sia spostato negli ultimi decenni il rapporto con un luogo in movimento sempre uguale a se stesso, ma anche sempre in divenire, in un costante cambiamento nel quale, alle generazioni più recenti, l’idea di vivere e “immergersi” suona strana. Eppure in questo Fiume si andava a pescare, cacciare, nuotare, lavare, correre, amare. Oggi, se pensiamo al nostro rapporto con Lui, nella maggior parte dei casi è la sua vista da un ponte, per pochi secondi, e la sua ampiezza in quei pochi secondi ci colpisce sempre come le sue arrabbiature durante le piene, i timori, l’incomprensione, l’incapacità di comprendere il suo carattere placido e imprevedibile al contempo. Non lo conosciamo più, è un grande estraneo, eppure è lui il padrone di casa, lui era già, prima che noi fossimo.
Dal mito di Eridano alla scientifica ma di sicuro non sapiente opera d’industrializzazione agricola, Lui è il tema ispiratore della più importante pianura italiana, e questo emerge, ri-emerge, dalle righe scritte in questo testo da un autore che, ironia della sorte, è un Marino, ma che definirei un “meatore” della cultura del Po, colui che segna la linea di rotta, che dà una chiave di lettura.
Un ultimo pensiero va al patrimonio di umanità e agroalimentare che intorno al Po si anima. Unici nella loro differenza e nella loro declinazione, variazioni sul tema continue che dalle montagne del Piemonte al Delta contengono un vero e proprio percorso speculare dei popoli che in questi cibi si identificano e rappresentano.
Nell’era delle immagini, un libro. Nell’era della velocità, la lentezza di un fiume. Scelte controcorrente per richiamarci a un’attenzione profonda, a un rispetto, a una misura: tutto ciò di cui, forse, ha bisogno il Po per sopravvivere, tutto ciò di cui abbiamo bisogno noi, certo per vivere, meglio, oggi.
Il Cristo sorrise.
Andrea Sinigaglia“Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più; ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini d’ogni razza, d’ogni estrazione, d’ogni cultura”.
Don Camillo e i Giovani d’oggi, Giovannino Guareschi
N.B.: le ricette contenute nel volume sono, salvo indicazioni diverse, da intendersi per quattro persone
hissà se le genti del Po, dalle Alpi al mare, hanno delle cose in comune? Mi sono fatto spesso questa domanda nei momenti in cui, a pochi passi da casa, raggiungo la riva del Grande Fiume. Per trovare la risposta mi viene incontro il lavoro di ricerca che Marino Marini ha profuso nelle pagine di questo libro.
Il Po, come tutti i corsi d’acqua imponenti, ha dato vita alla contaminazione tra le genti: le mondine che partivano dalle nostre campagne per andare a raccogliere il riso più su, a nord-ovest; i barcaioli che portavano più ad est le acciughe e l’olio, arrivate dal mare attraverso le valli cuneesi; ma anche i pesci, che risalivano il Po, anguille e storioni, per ritornare dopo il lungo viaggio verso i mari dove depositavano le uova. Contaminazioni di genti, di culture, di cucine.
Qui, nella mia Bassa, le genti non rinunciano al fiume, anche se è profondamente cambiato. Lo vengono a vedere, si preoccupano quando cresce, ne ricordano tutte le piene, nei giorni e negli anni in cui sono avvenute e a che altezza sono arrivate le esondazioni. Ecco, il Po è memoria. Atavica.
E la memoria non si baratta con nulla. La si mette a disposizione, con generosità, a chi verrà dopo, ma anche a chi passa di qui, lungo le sponde del fiume, per fargli capire che questi 682 km sono fatti di luoghi speciali che vale davvero la pena di scoprire. Lo fanno in pochi, e questa è la vera grande contraddizione.
Un fiume che attraversa l’Italia più produttiva e più popolata scorre come se fosse un corpo a sé stante. Invece lungo quel fiume resistono tradizioni che non moriranno mai, vivono figure leggendarie che del fiume hanno parlato, scritto, disegnato, persone che se ne prendono cura. Lungo il suo cammino si alimenta un paesaggio che non ha nulla da invidiare a quelli per cui le persone, magari, prendono un aereo per andarlo a vedere dall’altra parte del mondo.
Ma lungo le sponde, e ancor di più al centro, mentre lo si percorre in barca, il Po ci regala un dono prezioso che la vita frenetica ha ormai perso: il silenzio. Chi si ricorda più del silenzio? Qui ancora si fa “sentire”, lungo le rive, ma anche nei paesi che resistono a ridosso delle golene. Diventa più forte nei giorni di nebbia, come se la gente del Po non avesse più nulla da dire o da fare. Ma non è così. Quelli sono i giorni in cui il silenzio genera i buoni pensieri.
Il suggerimento è quello di andare sulla riva, non importa se la destra o la sinistra, a leggere il libro di Marino Marini, prima di partire alla scoperta del Grande Fiume. Leggetelo in silenzio e ascoltate: il Po vi racconta.
Nuovo viaggio sul Po continua una tradizione illustre di esplorazione di un territorio straordinariamente ricco di storia, cultura, gastronomia.
Il volume propone storie di uomini, borghi, mestieri di un tempo, accanto alla presentazione di un ambiente ricco di animali, piante e fiori. Sono descritti tutti i prodotti di un territorio che propone tipicità uniche e innumerevoli; le mille cucine, che spaziano da quella montanara del tratto iniziale a quella delle Valli di Comacchio, eminentemente peschereccia.
I vini. E le tante ricette da provare a casa, una volta tornati.
In un viaggio articolato in sei tappe, Nuovo viaggio sul Po sviluppa un itinerario di scoperta in grado di incuriosire e di emozionare, dove tradizioni ed eccellenze enogastronomiche delineano un percorso che restituisce al lettore la consapevolezza di una risorsa da conoscere e salvaguardare.
Il volume si rivela strumento indispensabile anche per dare concretezza ai numerosi progetti per lo sviluppo di un turismo sostenibile promossi da Enti e Associazioni territoriali, finalizzati a far conoscere da vicino la ricchezza del Grande Fiume.
Marino Marini, bresciano, cuoco, giornalista, bibliotecario. Da dodici anni opera in ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Colorno (PR) retta da Gualtiero Marchesi. Il suo primo libro è La cucina bresciana edito da Franco Muzzio nel 1993 nella mitica collana Cultura Regionale diretta da Marco Guarnaschelli Gotti. Per alcuni anni ha curato una rubrica su ristoratori e protagonisti agroalimentari bresciani. È l’ideatore della guida Osterie d’Italia di Slow Food ed è stato per anni dirigente, tra i fondatori, della famosa associazione internazionale. Con La gola, nel 2010, vince il premio Bancarella della Cucina. Le ultime fatiche letterarie lo vedono indagare la cucina di Parma e quella piacentina. Vive il Po fin da piccolo seguendo i suoi parenti e genitori fino a Torino, dove abitavano. Oggi lo sente e lo attraversa, nelle vicinanze di Colorno, laddove Stendhal scrisse la Certosa di Parma