Alta Definizione Gallucci
Maurizio Cotrona
Primo
Maurizio Cotrona Primo ISBN 978-88-6145-875-8 Prima edizione agosto 2015 ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2015 2016 2017 2018 2019
© 2015 Carlo Gallucci editore srl – Roma
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Ai genitori che lottano, ai figli che vincono.
“Una piccola ribellione di quando in quando è una cosa buona” Thomas Jefferson
Non può chiamarsi Giulio. Un telefono squilla a vuoto oltre la porta chiusa, vorrebbe poterlo zittire. L’impiegato dell’anagrafe ospedaliera è in ritardo. Quello spazio di attesa gli basta: non si chiamerà Giulio. Quando l’ostetrica gli ha messo il bambino tra le braccia un’associazione fulminea gli ha attraversato la testa. Nelle pupille ombrate del figlio, in quella impercettibile mancanza di messa a fuoco, Giacomo ha visto gli occhi che aveva suo padre negli ultimi giorni di vita. E non ha importanza se è il secondogenito, lui porterà il nome del nonno.
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Parte I
Luca
Nascosto sotto il letto, ventre a terra, Luca tiene tutto dentro. Due bolle di luce chiazzano la peluria chiara sul suo avambraccio destro; un sole al tramonto lancia attraverso le fessure delle serrande una mitragliata di nespole mature che riesce a raggiungerlo fin lì. Ha una narice otturata e il suo fiato si sente forte in quello spazio stretto, come se qualcun altro gli respirasse nelle orecchie. Tenendo la punta della lingua stretta tra i denti, scrive sulle pagine celesti di un quaderno a righe; impugna un mozzicone di matita con tre dita, alla maniera dei pittori, e disegna lettere identiche a quelle ritratte sui cartelli appesi alle pareti della sua classe: “Perché non riesco a fare la cacca?” Non ha una risposta. Capisce che chiunque lo vedesse stare steso sotto il letto e trattenerla penserebbe che è un bambino strano, ma lui non è capace di mettersi a fare la cacca tutto solo in casa con un’estranea. È una delle cose che non gli riescono, come prendere l’ascensore non accompagnato, tagliarsi le unghie della mano destra o nuotare con gli occhi aperti. Nel caso in cui papà e mamma doves11
sero ostinarsi a non rientrare presto a casa potrebbe attrezzarsi per rendere quel nascondiglio più accogliente, metterci un tappetino, la lampada-luna che tiene sul comodino, dei cuscini e tinteggiare il pezzo di muro che c’è lì sotto di un colore diverso dal bianco. “Perché oggi è il mio compleanno e io mi annoio” scrive. Una mano decisa bussa alla porta d’ingresso, eccoli. Il rumore metallico della chiave che ruota nella serratura scioglie il nodo del suo intestino: avverte un calore morbido tra le gambe, le mutandine si stanno riempiendo. Sente la signora Carla esplodere in una cerimoniosa esultanza e papà sussurrare qualcosa che non riesce ad afferrare, nella sua voce c’è un’allegra apprensione. Luca ha una guancia schiacciata contro il dorso di una mano, la rete che sostiene il materasso gli gratta la schiena e il marmo succhia calore via dal suo corpo. Per il resto non sta così scomodo e pensa di rimanere acquattato, quando visualizza in un angolo della mente un pacco incartato di rosso, dentro c’è l’automa cantastorie di Astro Boy che ha chiesto tante volte in regalo. Potrebbe essere la volta buona. Scivola subito fuori, con un’andatura da anatroccolo attraversa il corridoio fino alla soglia del salotto e, senza lasciarsi notare, si mette a osservare i genitori da lì. La mamma è seduta sul divano con la testa abbandonata all’indietro e le palpebre abbassate: non ha nulla tra le 12
mani. Il papà è in piedi, parla con la signora Carla: non ha nulla tra le mani. Un’oscena barbetta grigia gli ombreggia le guance. «I signori dottori non si permetterebbero tutta la loro spocchia senza i nostri soldi. Non volevano dimetterla, ho dovuto fare il matto. Il San Francesco non è più un posto per cristiani. La mia assicurazione ci dava diritto a una camera singola, ma loro l’hanno messa con altre 11 donne in una stanza senza acqua corrente» dice. Si sfila il cappotto e lo lancia su una sedia. «Mi dica di Luca, le ha creato problemi in questi giorni?» La signora Carla scuote la testa. «Quel bambino. È così silenzioso che alle volte mi scordavo di non essere sola in casa». Fa cenno di accomodarsi in poltrona per proseguire più comodamente la conversazione, ma suo padre è lesto nel prevenirne le intenzioni prendendola per un gomito e accompagnandola all’uscita con un movimento disinvolto. Nel passarle un fascio di banconote le trattiene le mani tra le sue: «Non so come avremmo potuto fare senza il suo aiuto». Rientrando, Giacomo dirige i suoi passi verso un passeggino blu sistemato accanto al divano, un luccichio tra le ciglia perfora il velo opaco che la notte in bianco ha calato sul suo volto. Luca deglutisce. Il pavimento è gelato, appoggia il piede sinistro sul destro. «Mamma» fa con un filo di fiato «oggi è il mio compleanno». La mamma inclina il viso nella direzione della sua voce e, tenendo gli occhi chiusi, 13
allontana gli angoli delle labbra. Luca fa un passo avanti: «Papà, oggi è il mio compleanno». «Vieni qua Luca». Il padre lo invita ad avvicinarsi. «Vieni». Luca si infila nello spazio tra il braccio e il petto del padre. Giacomo lo prende per le spalle e orienta la sua attenzione verso il passeggino: «Guarda» dice. «Ecco il tuo regalo. Si chiama Primo».
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Primo
Luca si affaccia sulla culla. È arrivato, non lo aspettava così presto. Vede una nuca folta di capelli neri sbucare da un lenzuolo bianco latte. Lo chiama senza voce. «Fra-te-llo». Primo è immobile, si scuote. Si volta verso di lui. Ha i lineamenti contratti, li distende. Solleva le palpebre. Luca sente il viso infuocarsi per poi scolorirsi e infuocarsi ancora. Fissa gli occhi negli occhi fondi di Primo, di uno strano azzurro-grigio, non sa dare un nome a quel colore perché non ne ha mai visto uno così. Allunga le mani verso il fratello. «Che fai?» Il padre lo scosta dal passeggino con un gesto morbido. «Tu non puoi prenderlo. Neanche toccarlo» «Perché?» «Perché? Dimmelo tu». La puntura di quel desiderio infranto risveglia Luca alla realtà: le sue mutandine sono ricolme. «Vedi com’è?» dice Giacomo rivolto alla moglie. Tira un profondo sospiro nell’evidente sforzo di mantenersi calmo. Sposta una sedia e si mette a sedere: «Vieni qua che papà ti deve parlare». Sorride senza dischiudere le labbra, gli accarezza 15
entrambe le braccia e lo fissa dritto nelle pupille: «Cuore mio, come dobbiamo fare con te?» Cerca uno sguardo d’intesa con Anna ma lei sembra essersi addormentata. «Io e la mamma siamo molto preoccupati. Non ti importa? Se hai dei problemi, parliamone, ma le cose non possono più andare avanti così». Luca tiene gli occhi su una crepa nell’intonaco della parete più vicina. «Prendi». Giacomo sfiora la punta del suo naso con un dito, quindi gli porge il fazzoletto che porta sempre con sé nel taschino della giacca. «Hai compiuto otto anni, perché fai certe cose» «Io mi… Scusa» «Guardami. Per la mamma non è stato facile. Il parto improvviso. Hai visto quanto è piccolino Primo? Si era stancato di fare il sub nel pancione. Ora che è arrivato lui non avremo più tempo per i tuoi capricci». Prende Luca per le mani. «Chiaro? Ti ho chiesto di guardarmi». Alza la voce e stringe più forte: «Guardami». Il passeggino si scuote, si sente prima quello che pare essere un ruggito e poi un pianto acuto. Giacomo allenta la presa e si rimette in piedi. «Ora vai a lavarti, dovresti esser capace di farlo. Da oggi devi sbrigartela un po’ di più da solo». Luca lancia uno sguardo su Primo prima di scomparire. Gli occhi del fratello sono di nuovo chiusi e le linee del suo viso si sono arricciate attorno al nasino tondo come una O minuscola. 16