Storie di giochi issuu

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Andrea Angiolino

DA NASCONDINO AL SUDOKU

disegni di Alessandro Sanna


A Wikiradio, dove la Storia è anche fatta di storie di giochi A.A.

Andrea Angiolino Storie di giochi Da nascondino al Sudoku disegni di Alessandro Sanna ISBN 978-88-6145-939-7 Prima edizione giugno 2017 © 2017 Carlo Gallucci editore srl - Roma ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2017 2018 2019 2020 2021

g a l l u c c i e d i t o r e . c o m

Il marchio FSC® garantisce che la carta di questo volume contiene cellulosa proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su www.fsc.org e www.fsc-italia.it Il bilancio dell’anidride carbonica generata da questo libro è uguale a zero. Le emissioni di CO2 prodotte per la realizzazione del volume, infatti, sono state calcolate da NatureOffice e compensate con progetti di rimboschimento, realizzati anch’essi da NatureOffice e finanziati in proporzione dall’editore. NatureOffice è una società di consulenza che studia e sviluppa strategie sostenibili per la salvaguardia del clima su base volontaria. È attiva in Europa e nel Nord e Sud America. Per saperne di più visita il sito www.natureoffice.com Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.


PREMESSA

Questa non è una Storia Universale del Gioco ma, più semplicemente, il racconto delle storie di un po’ di giochi: come sono nati, con curiosità e aneddoti, e come si sono intrecciati con le vite di persone più o meno illustri. O con le vicende narrate in libri, film, fumetti. Fatti storici e qualche leggenda, perché il gioco ne genera ancora oggi: la sparizione delle monete da 100 yen all’uscita di Space Invaders è mito quanto l’in­ venzione del dado da parte di Palamede sotto le mura di Troia assediata. Non ci occuperemo perciò solo dei giochi più famo­ si: di alcuni, anzi, la maggior parte dei lettori non avrà mai sentito parlare, ma ci sono perché hanno comun­ que qualcosa di interessante o buffo da raccontarci. Certi giochi hanno millenni di storia alle spalle e sono ancora appassionanti perché, viaggiando nel tem­ po e nello spazio, si sono man mano adattati ai gusti dei giocatori. Altri sono nati solo di recente, a opera di geniali autori che hanno fatto divertire milioni di per­ sone, anche se nessuno o quasi ne conosce il nome: e magari alcune di queste creazioni, nella loro semplicità, sembrano passatempi antichi che esistono da sempre. Indagare la storia dei giochi è senza dubbio diver­ tente: abbondano fatti sorprendenti e colpi di scena. È anche una ricerca molto istruttiva: rintracciando le ori­ gini degli scacchi e del mercante in fiera, del Monopoly e del cruciverba, incontriamo personaggi famosi e grandi eventi storici di cui possiamo imparare qualche aspetto meno noto. Inoltre, i giochi ci insegnano molte cose su chi li pratica: possiamo davvero dire di conoscere me­ 5


glio i popoli antichi e gli abitanti di altri continenti se scopriamo di più sul loro modo di giocare. Le storie, è noto, si rimandano tra loro. Così avviene anche con le storie dei giochi. Questo libro si può leg­ gere dalla A alla Z, ma si può anche percorrere saltabec­ cando qua e là, sulla suggestione delle citazioni, in un percorso che rimanda dai tappi di bottiglia al Subbuteo, dagli scacchi ai moderni wargame, dai cruciverba ai telequiz. L’indice analitico è un prezioso filo d’Arianna in questo labirinto. Ma prima che tu vada a vedere se qui si parla an­ che del tuo gioco preferito, è d’obbligo un’avvertenza: i nomi dei giochi sono ambigui. Se dici biliardino in­ tendi un piccolo biliardo, un flipper o un calcio balilla? E quest’ultimo lo chiami così o magari calcino, calcetto, fusbalino o in altri modi ancora? Ci vorrebbe un dizio­ nario dei giochi. Così come ti occorrono altri libri per i dettagli di regole e varianti se, invogliato dalla lettura, vuoi metterti a giocare. Per questo c’è una bibliogra­ fia in fondo al volume. Non ci troverai proprio tutte le fonti dei miei racconti: riviste specializzate in gioco e non, giornali e siti sono stati preziosi per integrare, così come le testimonianze e le indicazioni di molti amici, fra cui alcuni dei protagonisti delle storie qui narrate. Li ringrazio tutti calorosamente, auspicando di tornare spesso a parlare di giochi e a giocare con loro. Andrea Angiolino

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ACCHIAPPARELLA / L'ALLEGRO CHIRURGO

Acchiapparella

Giocare a rincorrersi è uno dei divertimenti più vecchi del mondo. Già nell’antica Gre­ cia questo passatempo aveva regole precise e un nome: gioco di Empusa. Uno dei partecipanti correva dietro agli altri: se riusciva a toccare qualcuno con la punta di un bastoncino o con la manica del vestito, i due si scambia­ vano di ruolo e la corsa ricominciava. Le Empuse erano mostri al servizio della dea Ecate, loro madre. Assumevano forme umane, ma non del tutto. Nel loro corpo restava sempre qualche dettaglio mo­ struoso come, ricorda Aristofane, un piede di bronzo e uno così coperto di sterco che non si capiva più se fosse umano o asinino. Ingannavano i viaggiatori, catturan­ doli e portandoli negli Inferi. Il bastoncino dei giocatori rappresentava la fiaccola con cui esse si addentravano nelle profondità infernali. Le mamme greche usavano le Empuse per spaventare i bambini di­ subbidienti: «Se non fai il bravo, viene l’Empusa e ti porta via». Ma i monelli di allora irridevano i rimproveri mater­ ni, parodiandoli nel gioco. A volte chi “stava sotto” dove­ va inseguire gli altri saltando con un piede solo, ricordando così la deformità delle Empuse. E allora questo passatempo si poteva chiamare anche gioco della gru. Quando in­ vece l’inseguitore era ben­ dato, si giocava a myinda o mosca cieca (vedi).

L’allegro chirurgo

Nel 1964 John Spinel­ lo studiava design industriale all’Università dell’Illinois. Come compito a casa inventò un gioco in cui una bac­ chetta di metallo andava inserita nei buchi di una scatola

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senza toccarne i bordi, altrimenti una suoneria emetteva un fastidioso Buzz! Lungo un lato della scatola correva una scanalatura zigzagante: andava percorsa tutta con la bacchetta, anche in questo caso senza toccare i bordi. Il gioco era letteralmente elettrizzante e nella sua eserci­ tazione Spinello prese “A”, il miglior voto possibile. John portò il suo nuovo gioco a casa e cominciò a sfidare ami­ ci e parenti. Uno di loro lo mise in contatto con Marvin Glass, affermato progettista di giocattoli e giochi, che ricevette il giovane inventore. A guardare l’anonima sca­ tola metallica Glass non fu impressionato, ma poi giocò e si entusiasmò anche lui. Offrì a Spinello cinquecento dollari per i diritti di sfruttamento della sua invenzione e il ragazzo accettò contento. Glass rese il gioco assai più attraente aggiungendo l’am­ bientazione: un’operazione chirurgica. A turno i gio­ catori usano un paio di pinzette per estrarre dai buchi sagomati nel corpo del paziente alcuni oggetti di varia forma: una chiave inglese dalla caviglia slogata, un cuore infranto dal torace, una matita dal polso a rappresenta­ re il crampo dello scrittore. Nel 1965 la Milton Bradley lanciò il gioco con il nome di Operation: diventò subito un bestseller. Ancora oggi è nel catalogo della Hasbro, il gruppo in cui è confluita la Milton Bradley. Il gioco è iconico. In Pulp Fiction (regia di Quentin Taran­ tino, USA 1994), quando Vincent (John Travolta) deve iniettare una siringa di adrenalina a Mia (Uma Thur­ man) per risvegliarla dall’overdose, sullo sfondo a guar­ dar bene si intravedono due giochi in scatola: L’allegro chirurgo e The Game of Life, il gioco della vita. Spinello, che ha ceduto ogni diritto, non ha guadagnato nulla delle decine di milioni di dollari fruttati dalla sua idea. Almeno una piccola parte gli avrebbe fatto comodo nel 2014 quando, per una crudele ironia della sorte, ha dovuto affrontare un’operazione chirurgica senza avere i 25mila dollari necessari. Per fortuna alcuni autori di

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L'ALLEGRO CHIRURGO / BACKGAMMON

giochi hanno organizzato una colletta e raccolto tra il pubblico ben più del necessario. Ha contribuito la stessa Hasbro, acquistando per una cifra sostanziosa il prototi­ po originale del gioco, che ha poi messo in mostra nella sua sede centrale.

Astragali

L’astragalo è un osso del piede. Nelle pe­ core e nelle capre è a forma di parallelepipedo: per questo è stato fin dall’antichità una sorta di dado in giochi d’azzardo, ove se ne lanciano quattro e si valutano le combi­ nazioni di facce. I bambini lo usavano invece in giochi di abilità, analoghi a quelli che si facevano con le noci e tutto­ ra si fanno con sassolini o biglie. Secondo Erodoto furono i Lidi a inventare l’astragalo assieme ai dadi (vedi) e a quasi tutti gli altri giochi noti ai Greci. Nell’antichità si usavano gli ossi veri, ma si fabbricavano an­ che astragali in piombo, bronzo, terracotta, avorio e metalli preziosi. A Roma i maestri li davano in premio agli scolari meritevoli. Ancora oggi gli astragali si usano per gio­ care in Sardegna e in Nuova Zelanda, e sono assai popolari presso i bambini af­ ghani.

Backgammon

Nell’agosto 1936 Er­ nest Hemingway cominciò il suo racconto Le nevi del Kilimangiaro scrivendo: «I ricchi erano noiosi e bevevano troppo, o giocavano troppo a backgammon». Questo era vero anche duemila anni fa, quando si giocava a tabula o alea su tavolieri che somigliavano ai nostri di oggi: Nerone arrivava a scommettervi anche 400mila sesterzi a punto e il suo collega Zenone, imperatore di Bisanzio, passò alla storia per la sua sfortuna con i dadi a questo

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gioco. Claudio si fece mettere un tavoliere nella carrozza con cui visitava le province e scrisse in prima persona un trattato sulle strategie da applicare nel gioco, che pur­ troppo non ci è pervenuto. Il gioco è un diretto discen­ dente del duodecim scripta (vedi): le regole sono uguali, anche se ha due file di caselle anziché tre ed esse sono a forma di freccia. Uno dei più celebri giocatori di backgammon, ai suoi tem­ pi detto tric-trac, fu lo scrittore e pensatore rinascimenta­ le Niccolò Machiavelli. Il 10 dicembre 1513 era “in villa” e si dedicava alla vita di campagna che descrive in una celebre lettera: “Mangiato che ho, ritorno nell’hosteria: quivi è l’hoste, per l’ordinario, un beccaio, un mugnaio, dua fornaciai. Con questi io m’ingaglioffo per tutto dì giuocando a cricca (vedi), a trich-trach, e poi dove nasco­ no mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Così, rinvolto in tra questi pidocchi, traggo el cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta”.

Bang! Tra i giochi di carte italiani, Bang! è il suc­ cesso del secolo. Uno dei giocatori è lo sceriffo di un vil­ laggio del West. Gli altri sono suoi aiutanti o banditi ma la loro identità è segreta, un po’ come nella briscola in cinque (vedi). Ciascuno “spara” carte ai sospetti avversari fino a eliminarli. Bang! fu inventato da Emiliano Sciarra nel 1999 per rimpiazzare i tradizionali giochi natalizi in famiglia con qualcosa di più interessante. I parenti lo apprezzarono, gli scacchisti del suo circolo pure: a quel punto l’autore lo offrì alla prestigiosa agenzia Anjar di New York, che però non si convinse. Sciarra provò allora a cercare da solo un editore, ma la tedesca Amigo rifiutò il gioco per­ ché in Germania combattimenti e armi da fuoco non erano un soggetto apprezzato. Alla fine l’autore fu profe­ 12


BACKGAMMON / BATTAGLIA NAVALE

ta in patria: si accordò con la daVinci Editrice, che stava nascendo proprio a Civitavecchia, la sua città. Nel 2002 la daVinci esordì con 2400 copie di Bang! sperando di esaurirle in tre anni. Bastarono tre mesi. Da allora le edi­ zioni si susseguono e le espansioni propongono perso­ naggi e regole sempre nuovi. Il gioco ha venduto quasi un milione e mezzo di pezzi, senza contare circa venti milioni di plagi cinesi. Con buona pace di editori e agen­ ti che lo avevano rifiutato.

Battaglia navale

C’è chi dice che il gioco del­ la battaglia navale sia stato inventato durante la Prima guerra mondiale in Francia col nome di L’Attaque. Fonti statunitensi citano un certo Clifford Van Wickler o Von Wickler, che lo avrebbe ideato dalle loro parti intorno al 1900, senza brevettarlo. Altri dicono invece che questo passatempo sia nato in Russia, più o meno negli stessi tempi. Se il luogo di na­ scita è incerto, infatti, sul periodo ci sono pochi dubbi. Fino all’inizio del Novecento le battaglie navali erano movimentati scontri fra schieramenti di vascelli che cercavano di manovrare per inquadrare il nemico a rag­ gio corto con i propri cannoni, e talvolta arrembarlo o speronarlo. Ma nel 1903 l’italiano Vittorio Cuniberti te­ orizzò potenti corazzate in grado di distruggere le navi

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nemiche restandosene a distanza, e pochi anni dopo la sua intuizione fu realizzata dalla Royal Navy inglese. Già nella battaglia di Tsushima tra russi e giapponesi, il 14 e il 15 maggio 1905, le cannonate piombavano sul nemico dall’alto, da una decina di chilometri e oltre. Le navi, ormai, si sfidavano da lontano. Il gioco della battaglia navale riflette esattamente questa nuova situazione. Ogni giocatore sistema le sue navi su un pezzo di carta quadrettata e gli avversari si cannoneg­ giano da lontano restando ai lati opposti del tavolo. O magari, a scuola, in banchi diversi. In Italia, ricordava Giovanni Gandini, la battaglia navale fu presentata dal settimanale “La Domenica del Corriere” sul terzo numero del 1932, datato 17 gennaio, come un passatempo tipicamente americano. In effetti, sin dagli Anni Trenta del XX secolo negli Stati Uniti si sono ven­ duti blocchetti prestampati per questo gioco, chiamato di volta in volta Salvo, Broadsides, Combat. La Signal Oil Company li utilizzò come gadget per chi faceva il pieno da loro, durante la Seconda guerra mondiale. Poi smise, per inviarli tutti ai soldati al fronte perché si distraessero con battaglie di carta. Sono poi arrivate versioni con tavoliere e pedine, e per­ sino elettroniche. Dal gioco è anche stato tratto un film, Battleship (regia di Peter Berg, USA 2012) che ha avuto sette nomination ai Razzie Awards per il peggior film dell’anno, ma un solo premio assegnato alla cantante Rihanna come peggior attrice non protagonista. Ignorando le versioni commerciali, i ragazzini di tutto il mondo continuano a giocare con passione strappan­ do foglietti da quaderni e bloc notes, con il solo ausilio di una penna. Gli effetti sono notevoli, come osserva il giornalista ludico Giampaolo Dossena: «Provate a im­ maginare cosa vi succederebbe se non aveste in testa, anzi nel sangue, il concetto e la pratica delle coordinate cartesiane, che avete imparato non a scuola seguendo la

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BATTAGLIA NAVALE / BIGLIE

lezione, bensì a scuola giocando di nascosto a battaglia navale».

Battimuro Gioco da strada di tradizione pluri­ secolare: ognuno lancia una moneta, una biglia (vedi), un bottone contro il muro facendolo rimbalzare. Chi si ferma entro una spanna da un oggettino altrui, o magari da più di uno contemporaneamente, se ne impossessa. Lo storico del gioco Giorgio Roberti racconta di una va­ riante del secondo dopoguerra in cui si scava una buca e chi vi fa entrare la moneta raddoppia la vincita. Ne I ragazzi della via Pál (Ferenc Molnár, 1906) vale una regola per cui chi colpisce una biglia vince tutte quelle in campo. Un’epica partita si svolge sotto lo sguardo dei terribili fratelli Pásztor. I ragazzi vorrebbero squagliarse­ la, ma tocca al piccolo Erno” Nemecsek, che non rinuncia al tiro essendovi in palio una trentina di biglie: le vince con un colpo da maestro, ma i Pásztor dimostrano la loro perfidia rubandogliele tutte. La scena è così celebre da essere effigiata a Budapest in un gruppo scultoreo in bronzo a grandezza naturale, realizzato da Péter Szanyi nel 2007. Biglie

Da sempre si fanno giochi con oggettini che rotolano: sassolini, noci, semi, nocciole, olive... Ai bam­ bini di qualche secolo fa hanno dato grande soddisfazio­ ne, dopo l’invenzione delle armi da fuoco, le pallottole di archibugio trovate nei campi di battaglia. In tempi più recenti, chi conosceva meccanici compiacenti poteva ottenere dai cuscinetti a sfera per camion biglie d’acciaio assai apprezzate. Fin dall’antichità si producono biglie fatte appositamente per giocare: se ne sono ri­ trovate persino nelle tombe egizie. Nel Medioevo prevalevano quelle d’argilla, ma i ricchi ne procurava­

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no ai loro figli in oro e in argento. A Venezia, narra il Roberti, il severo Bragadin vide per strada il figlio di un noto mercante che giocava con biglie rilucenti. Chiese di cosa fossero fatte: «D’oro» fu la risposta. «Se tuo padre ha dell’oro in più da sperperare per i tuoi svaghi, può ben darlo alla Repubblica» rispose il magistrato. E fece alzare a tal punto le tasse al mercante che questi fuggì da Venezia. Nel XVII secolo, in Germania, si cominciò a fabbricare biglie in serie, in vari tipi di pietra, grazie all’energia dei mulini ad acqua che consentiva di produrne anche ot­ tocento all’ora. Ancora oggi se ne fanno di tanti tipi e di molte misure: in metallo, pietra, marmo, terracotta... In Italia le più diffuse sono in vetro, forse d’invenzione veneziana, spesso con strisce colorate all’interno, usate per giochi di precisione come il battimuro (vedi). Oppure in plastica, mezze trasparenti e con dentro la foto di un ciclista o di un altro personaggio, adatte alla pista delle biglie. Quest’ultima è una gara che si effettua tradizio­ nalmente sulle spiagge, dopo aver tracciato il percorso nella sabbia. Le regole evocano quelle di una vera com­ petizione ciclistica: chi esce di pista ha “forato” e torna indietro al punto da cui aveva tirato. Proprio a forma di biglia gigante è il monumento al ciclista Marco Pantani, posto davanti alla sede dello sponsor Mercatone Uno. Realizzata dall’artista romagnola Alessandra Andrini nel 2005, ha un diametro di quattro metri e contiene la foto del campione. Si può ammirare nei pressi dell’uscita di Imola dell’autostrada A14. Per oltre metà del XX secolo i ragazzini hanno trovato biglie anche sulle gazzose. Spinte dalla pressione interna, le biglie bloccavano il collo delle bottigliette: andavano schiacciate giù col dito, liberando parte del gas, poi ca­ devano dentro e si poteva bere. Rotta la bottiglietta, si potevano recuperare e usare per i giochi, sempre che non ci fosse da restituire il vuoto per avere indietro la piccola

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BIGLIE / BRISCOLA

cauzione. Il sistema si deve all’ingegnere inglese Hiram Codd. In Un marziano a Roma (1954), Ennio Flaiano rac­ conta di un’astronave atterrata a Roma, a Villa Borghe­ se. L’autore la visita con Mario Soldati. Per riprendersi dall’emozione i due si recano poi dai venditori ambulan­ ti subito insediatisi nei pressi: “Soldati voleva una gazzo­ sa, di quelle che una volta si vendevano nelle fiere, con la pallina, e ha insistito, ma invano. Non si fabbricano più”. Dagli Anni Venti si usano i tappi a corona: i bam­ bini si ingegnano a giocare con quelli, talvolta anche a giochi analoghi. Incollandovi dentro le foto di ciclisti, giocano per esempio a ciclotappo (vedi). È giocando con biglie colorate che nel 1965 Mordekay Meirovitz ebbe l’idea del fortunatissimo Master Mind (vedi).

Briscola

Massimo Arcangeli e Sandro Mariani, at­ tenti indagatori della storia letteraria dei giochi, hanno scovato la prima citazione della briscola nel 1797, ne­ gli Elementi di logica e psicologia formati dietro la scorta de’ più illustri metafisici di questo secolo dall’abate Berardo Quartapelle. L’autore cita un ragazzo muto ma perfettamente in grado di giocare a briscola, a dimostrazione dell’intelligenza di coloro che purtroppo non possono parlare. Il gioco si diffuse in quegli anni e nel 1847 Giusep­ pe Gioacchino Belli gli dedicò un sonetto in cui due avversari commentano man mano le carte giocate. Vari giochi possono esserne i diretti antenati: a partire dai tarocchi (vedi), in cui una combinazione vincente si chiama bresigola, verzigola o versicola: in fon­ do, i trionfi dei tarocchi formano un “seme” che prevale sugli altri pro­ prio come quello di briscola.

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Un antico gioco francese simile alla briscola è la brusquembille, che si dice sia stata descritta per la prima volta dall’attore cinquecentesco Jean Gracieux detto Bruscambille nella prefazione di una delle sue opere tea­ trali. Ma non si sa in quale e la cosa è dubbia. La si cita con certezza dal 1707 e le regole appaiono in Académie Universelle des Jeux nel 1718, ove si dice che “il gioco è nuovo e si pratica assai di frequente, a Parigi come nelle province”. Dalla brusquembille viene la brisque: il nome somiglia di più a quello della nostra briscola, ma le regole ne divergono. In quattro si gioca la briscola parlata quando ci si posso­ no fare segni per indicare al compagno le proprie carte e la briscola muta quando è vietato. Dalla briscola viene il modo di dire “contare come il due di coppe” o simili, che per maggior chiarezza dovrebbe essere “contare come il due di coppe quando a briscola re­ gna bastoni”. È la versione più recente dell’antico “valer meno del sei nelle minchiate (vedi)” citato da Giampao­ lo Dossena. Si spiega col fatto che nella briscola il due non prende nulla e non vale punti: è l’esatto contrario dell’asso, la carta più forte. Un cultore della briscola era il tenore Luciano Pavarotti, che la giocava sempre con gli stessi compagni d’infan­ zia: Giorgio Maletti, Luciano Ghelfi, Giorgio Bonacini. Quando in tournée aveva nostalgia di casa, comprava ai tre amici il biglietto d’aereo e li chiamava per farsi rag­ giungere. A volte finivano anche nei programmi di sala dei concerti, alla voce “Team briscola”.

Briscola in cinque

Chiamata in vari modi, fra cui briscola bugiarda e l’amico del giaguaro, la briscola in cinque prevede un’asta in cui un giocatore chiama una carta e fa coppia con chi l’ha in mano: ma costui non si svela, le squadre restano segrete. Ne deriva un gioco serrato di bluff e controbluff. Solo a Firenze si gioca sen­

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BRISCOLA / CACCIA AL TESORO

za darsi informazioni, limitandosi a insulti e rimproveri sulle carte giocate: nel resto d’Italia è un vortice di spac­ conate, menzogne, rivelazioni vere o presunte. La briscola in cinque, pubblicato da Sellerio nel 2007, è il romanzo d’esordio di Marco Malvaldi. Apre il ciclo del BarLume, nome a sciarada di un immaginario bar del Pisano. Anche gli altri volumi della serie hanno titoli lu­ dici: Il gioco delle tre carte, Il re dei giochi, La carta più alta, Il telefono senza fili.

Caccia al tesoro

Un passatempo assai amato da bambini e adulti è la caccia al tesoro. Le modalità va­ riano molto: in generale occorre procurarsi alcuni oggetti bizzarri o risolvere una serie di enigmi e prove, ciascuno dei quali porta a un foglio nasco­ sto che ne presenta di nuovi. Le origini delle cacce al tesoro si perdono nella notte dei tempi e c’è chi ne trova le tracce nel folklore di diversi popoli. Secondo sir Robert Baden-Powell, fonda­ tore dello scoutismo, “il gioco è il primo grande educatore”; per questo suggerì di fare “tutto col gio­ co, niente per gioco”. Nel 1910 inserì la caccia al tesoro nel suo repertorio Giochi scout: la pre­ vedeva all’aperto, con squadre che devono trovare un oggetto nascosto seguendo un’indicazione che porta a una seconda che rimanda a una terza e così via. Si parte per esempio con un biglietto che dice: «Andate in direzione ovest ed esaminate la ter­ za porta sulla riva nord del ruscello» sulla quale si tro­ verà l’indicazione successiva. Non ci sono enigmi, ma si allenano l’orientamento e lo spirito di osservazione. Baden-Powell propose anche varianti in cui si seguono

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Nella collana Indispensalibri:

Sophie Dauvois, Okido Da capo a piedi Sophie Benini Pietromarchi Il libro libro Aa. Vv. Il libro della musica (prima ristampa) Okido Scopri il mondo Okido Com’è fatto? Aa. Vv. Il libro della danza Miralda Colombo, Cevì La forchettina Erika Stalder, Alessandra Scandella Trova il tuo stile Amyel Garnaoui Venere e il drago. Il libro dell’arte

(seconda edizione)

Miralda Colombo, Cevì Facciamo merenda! Giuseppe Pittàno, Rosanna Bonafede, Alessandro Sanna Storie di parole Miralda Colombo, Cevì Il cucchiaino

(terza edizione)

Bruno Tognolini, Ignazio Fulghesu Ufficio Poetico Tuttestorie Aa. Vv. Il libro della magia Erika Stalder, Alessandra Scandella Tutto sulla moda Angie Dudley – Bakerella Cake pop Aa. Vv. Il libro degli sport

(terza edizione)

Harriet Balfour Evans, Hannah Tolson Un libro pieno di tesori Claudia Porta Montessori per tutti (seconda edizione) Claudia Porta, Sophie Fatus Giochiamo allo yoga

(seconda edizione)

(seconda edizione)


STORIE DI PAROLE

160 pagg. ISBN 978-88-6145-618-1 euro 19,50

LE TUE ANTENATE

176 pagg. ISBN 978-88-9348-304-9 euro 12,90

“Parole e immagini procedono fianco a fianco, le definizioni sono semplici, discorsive, calibrate sulle competenze linguistiche dei ragazzi a cui si rivolgono. I disegni alleggeriscono le pagine in un gioco di rimandi tra forme e linee che danno equilibrio e offrono un riposante intermezzo visivo”. Cristina Taglietti, Corriere della Sera

“Con questo libro i ragazzi possono imparare a usare la lingua con più consapevolezza e si renderanno conto che tutto ha un’origine affascinante meritevole di attenzione. Un libro per genitori intelligenti che lo regalano ai loro bambini e lo leggono assieme”. Davide Bregola, Il Giornale

‘‘Per i giovani che si trovano a scegliere quali studi ed esempi seguire’’. Elena Dusi, il venerdì

‘‘Dedicato a tutte le bambine del mondo”. Lucio Giordano, Di più


Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Longo spa (Bolzano) nel mese di giugno 2017




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