Sulle sponde del Silver Lake. La casa nella prateria 3

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Fu il più allegro trasloco che Laura ricordasse. Mamma e Mary erano contente, perché era l’ultima volta che si spostavano. D’ora in avanti sarebbero rimasti in quella fattoria. Niente più viaggi, niente più trasferimenti. Carrie era contenta perché moriva dalla voglia di vedere la nuova casa. Laura era contenta perché se ne andavano dal paese. Papà era allegro perché i traslochi lo mettevano sempre di buon umore e Grace cantava e gridava tutta giuliva, perché vedeva che tutti erano allegri.


UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni


Laura Ingalls Wilder Sulle sponde del Silver Lake traduzione di Paola Mazzarelli ISBN 978-88-3624-051-7 Seconda edizione italiana marzo 2021 ristampa 6 5 4 3 2 1 0 anno 2025 2024 2023 2022 2021 © 2016 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo dell’edizione originale: By the Shores of Silver Lake testo © 1939, 1967 Little House Heritage Trust La presente edizione è pubblicata in accordo con HarperCollins Publishers - New York, Usa

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Laura Ingalls Wilder

Sulle sponde del Silver Lake La casa nella prateria romanzo 3

traduzione dall’inglese di Paola Mazzarelli



Sulle sponde del Silver Lake




Nota del traduttore Papà Ingalls suona con il violino canzoni della seconda metà dell’Ottocento, per la maggior parte ancora note oggi. Si tratta per lo più di ballate scozzesi e irlandesi, canzoni western, canti di minatori e di cercatori d’oro, marce militari, filastrocche. A volte modifica leggermente le parole per adattarle al contesto in cui canta. In altri casi, della stessa canzone esistono versioni diverse. Anche nella traduzione si è cercato di adattare le parole al contesto, se necessario staccandosi dall’originale. Se vuoi ascoltarle, le trovi su You-Tube digitando i titoli originali elencati qui di seguito. Pagg. 31-32: I Know a Boarding-House Pag. 44: Beware! Pagg. 44-45, 78: A Railroad Man for Me Pag. 55: Uncle Sam’s Farm Pagg. 77-78: A Life on the Ocean Wave Pag. 78: Buy a Broom Pagg. 104-105: Where are you going, my pretty maid? Pag. 117: Mary of the Wild Moor Pag. 118: Paddle Your Own Canoe Pag. 123: Hail, Columbia; Highland Mary Pag. 124: Comin’ Thro’ the Rye; Captain Jinks Pag. 125: First! the heel and then the toe Pag. 143: Away Down the River on the O-hi-o!, Why Chime the Bells So Merrily Pagg. 143-144: Jingle Bells Pag. 144: Mountain of the Lord Pagg. 144-145: Gentle Words and Loving Smiles

Pag. 149: Merry, Merry Christmas Pagg. 166-167: The Gypsy’s Warning Pag. 167: The Old Time Pag. 168: I Wish I Was Single Again; Billy Boy Pagg. 168-169: Camptown Races Pag. 169: Three Blind Mice Pagg. 169-170: Nellie was a Lady Pag. 170: Ben Bolt; Oft in the Stilly Night; Bonny Doon Pag. 171: Lend a Helping Hand Pag. 177: There is a Happy Land Pag. 198: The Big Sunflower Pagg. 209-210: A Motto for Every Man Pag. 210: The Beacon-Light of Home Pag. 223: Keep the Horse Shoe Over the Door Pagg. 227-228: Barbara Allen Pag. 228: Home, Sweet Home


Visita inaspettata

Un mattino Laura stava lavando i piatti quando il vecchio Jack, steso al sole sulla soglia, ringhiò per avvertirla che c’era qualcuno in arrivo. Laura guardò fuori e vide un calesse che attraversava il guado pietroso del Plum Creek. «Ma» disse «è una sconosciuta. Sta venendo qui». Mamma sospirò. Si vergognava del disordine della casa. Anche Laura se ne vergognava. Ma era un fatto che mamma era troppo debole e Laura troppo stanca per occuparsene. Mary, Carrie, la piccola Grace e mamma avevano la scarlattina. Ce l’avevano anche i Nelson, al di là del torrente, ed era il motivo per cui papà e Laura non avevano nessuno che li aiutasse. Il dottore veniva tutti i giorni. Papà non sapeva come avrebbe fatto a pagarlo. Ma la tragedia era che la malattia aveva aggredito Mary agli occhi e l’aveva resa cieca. Ora si era rimessa abbastanza da poter stare, avvolta nelle coperte, sulla vecchia sedia a dondolo di mamma. Per tutte le lunghe, lunghissime settimane in cui riusciva ancora a vedere qualcosa, anche se di giorno in giorno sempre meno, Mary non aveva mai pianto. Ora non vedeva nemmeno la luce più intensa. Ma continuava a dimostrare pazienza e coraggio.

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I suoi bei capelli biondi erano spariti. Glieli aveva dovuti tagliare papà, per via della scarlattina, sicché ora, così rapata a zero, sembrava un maschio. Gli occhi azzurri erano ancora bellissimi, ma non vedevano più nulla di ciò che avevano intorno, né Mary avrebbe mai più potuto usarli per comunicare a Laura quello che pensava senza dire parola. «Chi può essere, a quest’ora del mattino?» disse Mary, tendendo l’orecchio al cigolio delle ruote. «È una sconosciuta a guidare il calesse. È sola, porta una cuffia marrone e guida un baio» rispose Laura. Papà aveva detto che ora era lei la vista di Mary. «Che cosa abbiamo da mettere in tavola?» chiese mamma. Intendeva dire cos’avevamo che fosse degno di un’ospite, nel caso la sconosciuta si fosse trattenuta fino all’ora di pranzo. C’erano pane, melassa e patate. Nient’altro. Era primavera, ancora troppo presto per i prodotti dell’orto; la vacca non dava latte e le galline non avevano ancora cominciato a deporre le uova. Nel Plum Creek i pesci erano quasi scomparsi. E i cacciatori avevano decimato perfino i minuscoli conigli coda di cotone. A papà non piacevano i posti talmente vecchi e sfruttati che la selvaggina scarseggiava. Voleva andare a Ovest e prendere un appezzamento di terra in concessione, ma la mamma non voleva lasciare le regioni colonizzate. E poi non c’erano soldi. Dall’invasione di cavallette c’erano stati solo due raccolti, ed entrambi scarsi. Papà era riuscito a malapena a non indebitarsi, ma ora c’era da pagare il dottore. «Quello che va bene per noi andrà bene per chiunque altro!» dichiarò Laura. Il calesse si fermò e la sconosciuta restò lì seduta, a guardare Laura e mamma che si erano affacciate sulla soglia. Portava un 10


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abito marrone di cotone stampato e una cuffia dello stesso colore. Era graziosa. Laura si vergognò del suo abituccio stinto, dei piedi nudi, delle trecce sfatte. Poi mamma disse, lentamente: «Ma sei tu, Docia!» «Mi chiedevo se mi avresti riconosciuta» disse la donna. «Ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando ve ne siete andati dal Wisconsin». Era la bella zia Docia, quella che tanto tempo prima, alla festa di addio a casa del nonno, nei Grandi Boschi del Wisconsin, indossava un abito con bottoni che assomigliavano alle more. Nel frattempo si era sposata con un vedovo che aveva due figli. Era un impresario e in quel periodo lavorava alla nuova ferrovia nel West. Zia Docia stava andando in calesse, da sola, dal Wisconsin ai cantieri della ferrovia nel Dakota del sud. Passava a vedere se papà era disposto ad andare con lei. Zio Hi, suo marito, aveva bisogno di una persona fidata che badasse allo spaccio del cantiere, tenesse i conti e segnasse le ore di lavoro degli operai, e aveva pensato a papà. «Sono cinquanta dollari al mese di paga, Charles» disse zia Docia. La tensione che da tempo scavava le guance magre di papà scomparve di colpo. Gli brillarono gli occhi. «Così potrei portare a casa una buona paga, in attesa di avere la concessione. Che ne dici, Caroline?» La mamma non aveva voglia di spostarsi a Ovest. Si guardò attorno. Poi guardò Carrie e Laura, che teneva Grace in collo. «Non so, Charles. Sì, sarebbero provvidenziali, cinquanta dollari al mese. Ma noi abitiamo qui. Abbiamo la fattoria» «Ascolta la ragione, Caroline» la supplicò papà. «Potremmo avere 160 acri, laggiù, all’Ovest, solo per il fatto di abitarci sopra, e la terra è buona quanto questa, forse migliore. Se lo zio Sam è dispo11


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sto a darci una fattoria in cambio di quella da cui ci ha cacciati, nel territorio indiano, io dico, prendiamola. C’è selvaggina all’Ovest, un buon cacciatore può procurarsi tutta la carne che vuole». Laura, che moriva dalla voglia di andare, riuscì a trattenersi a stento dal dire la sua. «Ma come si fa a partire ora?» disse mamma. «Mary non è ancora in grado di viaggiare» «Questo è vero» disse papà. «È un fatto». Si rivolse a zia Docia. «Il lavoro può aspettare?» «No» disse zia Docia. «Hi ha bisogno di una persona, e ne ha bisogno subito. È da prendere o lasciare» «Sono cinquanta dollari al mese, Caroline» disse papà. «E in più la concessione». Parvero passare secoli prima che mamma mormorasse: «Beh, Charles, devi fare come meglio credi» «Accetto, Docia!» Papà si alzò in piedi e si calcò il cappello in testa. «Chi ben comincia è a metà dell’opera. Vado dai Nelson». Laura era così eccitata da non riuscire quasi a fare le faccende di casa. Zia Docia le dette una mano e mentre lavoravano le raccontò le novità del Wisconsin. Sua sorella, zia Ruby, si era sposata. Aveva due maschietti e una bimba, l’ultima nata, che si chiamava Dolly Varden. Zio George faceva il taglialegna e lavorava sul Mississippi. A casa di zio Henry stavano tutti bene e Charley stava venendo su meglio di quello che ci si sarebbe aspettati, considerato che suo padre non gliene aveva mai date abbastanza e lo aveva sempre viziato. Il nonno e la nonna erano ancora vivi e abitavano sempre nella loro capanna di tronchi. Ormai i soldi per una casa prefabbricata ce li avevano, ma il nonno diceva che i suoi tronchi di quercia erano mille volte meglio delle sottili assi di legno. 12


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Era ancora viva anche Black Susan, la gattina che Laura e Mary avevano dovuto abbandonare quando avevano lasciato la capanna di tronchi dove abitavano. La casa aveva cambiato proprietario diverse volte e ora fungeva da essiccatoio per il granturco, ma non c’era stato modo di persuaderla ad andare altrove. Era rimasta a vivere lì dentro, grassa e lustra grazie a tutti i topi che acchiappava, e non c’era famiglia dei dintorni che non avesse in casa uno dei suoi micini. Erano tutti ottimi cacciatori e avevano tutti le orecchie grandi e la coda lunga della madre. Quando papà tornò, la casa era stata spazzata e riordinata e il pranzo era pronto. Papà aveva venduto la fattoria. Era al settimo cielo, perché Nelson gli avrebbe dato duecento dollari in contanti. «Questo basterà a pagare tutti i conti e ci avanzerà ancora qualcosa! Che te ne pare, Caroline?» «Speriamo vada tutto per il meglio, Charles» rispose mamma. «Ma come…» «Aspetta che ti dica tutto! Ho pensato come fare» disse papà. «Io parto con Docia domani mattina. Tu e le bambine resterete qui finché Mary non si è rimessa del tutto, diciamo un paio di mesi. Nelson è disposto a portare tutta la nostra roba alla stazione col carro, così potrete venire col treno». Laura lo guardò stupefatta. Anche Carrie e la mamma erano sbalordite. Mary disse: «Col treno?» Non avevano mai pensato di poter viaggiare in ferrovia. Che ci fosse gente che viaggiava in quel modo Laura lo sapeva, certo. Sapeva anche che spesso capitavano incidenti e i passeggeri restavano uccisi. Non che fosse spaventata. Era eccitata. Ma nel faccino aguzzo di Carrie gli occhi erano sbarrati e pieni di spavento. Avevano visto il treno passare in corsa nella prateria, con lunghi sbuffi di fumo nero che uscivano dal motore. Avevano sentito il suo 13


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ruggito e il suo fischio acuto e selvaggio. E i cavalli, quando passava il treno, si imbizzarrivano e, se il conducente non riusciva a trattenerli, scappavano via. Mamma disse, al suo modo sommesso: «Laura e Carrie mi aiuteranno e ce la caveremo benissimo, ne sono sicura».

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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di febbraio 2021


Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.

“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria” Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera

“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa

“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini” Francesca De Sanctis, l’Unità

Immagine di copertina: © Katie Noelle Nielsen / Arcangel Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign


Laura e la sua famiglia si trasferiscono nel Sud Dakota, con la speranza di farsi assegnare un appezzamento di terreno in cui stabilirsi definitivamente. Ogni giorno sulle sponde del Silver Lake arrivano coloni in cerca di fortuna. Gli Ingalls dovranno darsi molto da fare per difendere la loro futura fattoria.

Mamma si cullava sulla sedia a dondolo, con Grace in grembo e Carrie accanto. Mary e Laura erano sedute sulla soglia. Papà si era seduto sul prato, in mezzo all’erba. La notte era morbida come velluto, placida e quieta. Su tutta la volta immensa del cielo ridevano le stelle.

La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno

5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo


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