Tratto dal racconto orale di Tejubehan Testo originale tamil di Saalai Selvam Testo inglese di V. Geetha e Gita Wolf
Mi chiamo Teju.
Eccomi qui, da bambina nel nostro villaggio. Mi sento a casa sia nella nostra capanna sia fuori, ma il posto che preferisco è sulla riva del fiume che scorre poco lontano.
Talvolta il villaggio è immerso nel verde. Ma spesso d’estate, quando fa molto caldo, è abbrustolito dal sole. I campi sono aridi, il fiume si ritira e non rimane che il letto secco coperto di crepe. La nostra casa è piccina e dobbiamo lavorare tutti per procurarci da mangiare. E non solo noi: anche gli altri, qui, vivono così.
Il lavoro ci porta nella vicina foresta.
Non ci vado mai da sola; sono sempre con papà e mamma, insieme ai nostri vicini e ai loro figli. Stare da soli tra gli alberi mette paura. Si sentono creature che strisciano, sussurrano, respirano... Io tengo stretta la mano di papà . Mentre cammina, mio padre batte il bastone per terra o sul tronco degli alberi. Dice che è il suo modo di annunciare alla foresta che sta ricevendo visite.
Il lavoro consiste nell’attingere acqua, raccogliere legna per il fuoco e cercare frutti commestibili. Mamma prende anche altre cose: semi, bacche, foglie. Dice che nella foresta bisogna ascoltare con attenzione. Se gli scoiattoli squittiscono significa che ci sono serpenti; e il vento porta con sé l’odore della pioggia o di un animale morto. Quando torniamo a casa c’è altro lavoro da fare: cucinare, lavare, pulire. A volte papà e mamma escono di nuovo e vanno a lavorare nei campi dei ricchi signori.