La prova del fuoco è il primo volume della serie “Wildwitch”, con la protagonista Clara, il suo amore per gli animali e il magico mondo delle streghe selvatiche.
La prova del fuoco WILDWITCH La prova del fuoco
Clara è una ragazzina di 12 anni che non ha nulla di speciale: un po’ timida, il viso punteggiato di lentiggini, è alle prese con i problemi tipici della sua età. Ma un giorno incontra un gigantesco gatto grazie al quale scopre di avere lo straordinario potere di comunicare con gli animali. Sarà solo l’inizio della sua nuova vita da “strega selvatica” in un mondo in cui la magia non è esattamente roba per bambini.
Lene Kaaberbøl
La prova del fuoco
Traduzione di Bruno Berni
Lene Kaaberbøl
Lene Kaaberbøl (Copenaghen, 1960) è un’autrice danese assai nota in tutto il Nord Europa. Da quando ha cominciato a scrivere, all’età di 15 anni, ha pubblicato una trentina di libri, soprattutto per bambini e ragazzi. Di recente è stata candidata per due prestigiosi riconoscimenti: lo Hans Christian Andersen Award e l’Astrid Lindgren Memorial Award. La fortunata serie “Wildwitch”, avviata nel 2010 e giunta alla sesta puntata, ha già riscosso grande successo in Germania, Francia, Inghilterra e Russia.
I fianchi della strada si facevano sempre più alti e sempre più ripidi, finché d’improvviso non giungemmo a uno spiazzo aperto. Intorno le pareti si ergevano come fianchi di una cava: eravamo sul fondo di un cratere a forma di pentolone. In mezzo crescevano alberi in circolo e tutto intorno, sulle pareti, c’erano finestre e porte e dietro i vetri probabilmente caverne o case. Dalle finestre usciva luce e c’era profumo di legna bruciata e di cibo. Quando fummo in mezzo allo spiazzo, si fece totale silenzio. La tempesta di uccelli smise di stridere e si posò con un fruscio d’ali, come se fosse solo il segnale che aspettavano. Neri occhi di uccelli ci osservavano da tutte le parti, dal cerchio d’alberi in fondo al cratere e dai rami degli alberi che crescevano tutto intorno al bordo. Una delle porte si aprì e una donna alta, vestita di nero, uscì sullo spiazzo. «Benvenuti» disse. «Dov’è la ragazza?»
UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni
Lene Kaaberbøl Wildwitch. La prova del fuoco traduzione di Bruno Berni ISBN 978-88-9348-022-2 Prima edizione settembre 2016 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2020 2019 2018 2017 2016 © 2016 Carlo Gallucci editore srl - Roma titolo dell’edizione originale: Vildheks. Ildprøven © 2010 Lene Kaaberbøl Pubblicato in accordo con Copenhagen Literary Agency ApS Per l’immagine di copertina © Bente Schlick, www.benteschlick.com galluccieditore.com
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Lene Kaaberbøl
WILDWITCH La prova del fuoco
traduzione di Bruno Berni
capitolo 1
Il gatto di mare
Il gatto stava nel mezzo della scala, non voleva spostarsi. Era il gatto più grosso che avessi visto in vita mia. Grosso come il labrador del mio amico Oscar, e altrettanto nero. Nel buio delle scale della cantina i suoi occhi emettevano una luce gialla come di neon. «Mmm… gatto? Posso passare?» No. Insomma, non è che disse proprio così. Ma glielo potevo leggere negli occhi. Non era per divertimento che stava lì. Non era per caso. Stava accucciato lì perché voleva stare lì. Perché voleva qualcosa da me. Dovevo andare a scuola. Ero già un po’ in ritardo e, per come pioveva e tirava vento, il tragitto in bicicletta non sarebbe stato particolarmente rapido né piacevole. E non avevo voglia di provare a spiegare a Hanne-Matematica che arrivavo in ritardo alle sue lezioni per la seconda volta in due settimane perché non avevo il coraggio di superare un gatto nero. «Shhh» soffiai verso di lui. «Via! Sparisci! Ciao!» Si limitò ad aprire la bocca mostrandomi una lingua rosa e una fila di denti bianchi, più lunghi e più affilati di quelli che i gatti hanno in genere. E a soffiare era chiaramente più bravo di me.
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WILDWITCH La prova del fuoco
Spinsi un po’ la bicicletta su per la rampa spostandomi al secondo gradino. Adesso io e il gatto eravamo a circa due metri di distanza. Agitai la mano. «Vattene!» Non si spostò di un millimetro. Di sicuro non sono la ragazzina più coraggiosa del mondo, ma in quel momento era chiaro che avevo più paura di Hanne-Matematica che del gatto. Feci un respiro profondo e poi arrancai su per la scala più veloce che potevo. Così doveva spostarsi, oppure… Il gatto saltò. Non di lato o all’indietro, ma dritto verso di me. Mi colpì sul petto e in faccia e per un breve istante non vidi altro che pelo nero. Inciampai e caddi all’indietro atterrando bruscamente sulla schiena in fondo alla tromba delle scale, con sopra la bicicletta e il gatto. Picchiai con la testa sul cemento e un ginocchio strusciò sul muro grezzo. Ma fu il gatto a farmi restare immobile, scioccata, col cuore che batteva forte forte in gola. I suoi occhi gialli fiammeggianti mi guardavano, le unghie si infilarono attraverso la giacca a vento, attraverso il maglione che avevo sotto, fino alla pelle nuda. Era un’ombra nera e pelosa che riempiva quasi tutto, e dietro non riuscivo a vedere altro che un cielo plumbeo e la pioggia che cadeva su entrambi in grosse gocce fredde. Sollevò una zampa anteriore con gli artigli scoperti e allargati. Sulla punta erano bianchissimi e più indietro grigiastri. «No» sussurrai «lasciami…» Anche se non capivo bene cosa avevo paura mi facesse. Ero sdraiata sul braccio sinistro e provai a
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Il gatto di mare
scacciarlo col destro. Aveva il pelo umido e pesante, non solo per la pioggia. C’era un sentore di alghe, di mare, di acqua salata. E non riuscii nemmeno a spostarlo. Shhh. Con un movimento fulmineo spinse la zampa verso il mio volto e sentii gli artigli che mi laceravano la pelle proprio sopra il naso, tra le sopracciglia. Il sangue cominciò a scorrere, lo sentivo stillare sul naso: dovetti battere le palpebre perché non mi entrasse negli occhi. Mentre ero ancora sdraiata, paralizzata, il gatto di mare si chinò in avanti. Percepii la sua lingua calda e ruvida che mi grattava la fronte. Leccava il sangue dalla ferita che lui stesso mi aveva fatto. «Clara! Che succede? Farai tardi!» La voce di mia madre arrivò dallo studio. Rimasi nell’ingresso, non riuscivo a dire niente. Un attimo dopo lei venne fuori. «Topolino» disse spaventata «che è successo?» Scossi il capo. In realtà tutto il corpo era scosso da un tremito. La testa mi faceva male, la ferita sulla fronte mi bruciava ed era come se percepissi ancora il peso del corpo bagnato del gatto e il sentore di alghe e sangue salato. «Un gatto» sussurrai. «C’era… un gatto». Pensavo che non mi avrebbe creduto. Avevo immaginato che mi facesse un mucchio di domande e mi dicesse che stavo esagerando. Intendo dire, quante volte capita di essere aggrediti da un gigantesco gatto nero?
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Ma non fu così. Si limitò a fissarmi. «Ah, no» disse. Nient’altro. E poi cominciò a piangere. Forse devo spiegare un paio di cose. Mia madre non è una piagnona. In genere è parecchio tosta. È giornalista, freelance, come si dice, perché è autonoma e vive scrivendo articoli per tutti i giornali che la pagano. E in realtà sono tanti, perché è brava, ed è anche capace di trovare storie interessanti. Mio padre non vive più con noi da quando avevo cinque anni, perciò mamma è abituata a cavarsela da sola. Smise rapidamente di piangere e tirò fuori la cassetta del pronto soccorso, cominciò a pulirmi la ferita sulla fronte e quella sul gomito, tenendo il cellulare stretto tra la spalla e l’orecchio mentre provava a contattare la dottoressa. «Lei è il numero… sette… in attesa» diceva un’esile voce lontana che veniva dal cellulare. Mamma attaccò con un gesto stizzito e andò in cucina a prendere un sacchetto di mais surgelato e uno strofinaccio. «Ecco» disse. «Tienilo sulla ferita. Andiamo» «La bicicletta» dissi io. «Non ho chiuso la bicicletta» «Pace» rispose. «Ora non fa niente. Mettiti un maglione asciutto, non sappiamo quanto dovremo aspettare». Era di nuovo se stessa. La mamma che aveva tutto sotto controllo, la mamma che si era sempre occupata di me. Ma non riuscivo a dimenticare quel piccolo e impotente «Ah, no». O l’espressio-
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Il gatto di mare
ne che le avevo visto in faccia prima che tornasse a indossare la maschera della mamma. La bocca aperta. Il contorno bianco delle labbra. E le lacrime che le spuntavano dagli occhi. Come se tutto il mondo fosse appena crollato.
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Capitolo 2
Febbre gatta
«Qui ce n’è per cinque giorni» disse la dottoressa consegnando a mia madre la ricetta per l’antibiotico. «E Clara… la prossima volta evita di stuzzicare il gatto, eh?» «Io non l’ho stuzzicato» risposi. Mi faceva male la testa, in qualche modo mi sembrava più grande e più calda del solito. Avevo anche un dolore alla spalla per colpa dell’iniezione antitetanica, e i graffi del gatto mi bruciavano tra gli occhi. Mi sembrava proprio ingiusto che la nostra dottoressa, che in genere era carina, si comportasse come se fosse tutta colpa mia. «No, no» disse lei. «Ma stai lontana dai gatti per un po’». Guardò di nuovo mia madre. «Telefonami se ci sono arrossamenti o gonfiore o vesciche intorno alla ferita. Sarebbe meglio evitare che le venisse la malattia da graffio di gatto» «Malattia da graffio di gatto?» chiese mamma. «Che cos’è?» «Molti gatti hanno un brutto batterio che si chiama Bartonella. Può essere trasmesso alle persone, ma l’antibiotico dovrebbe prenderlo in tempo. Non dovete avere paura». Io non ne avevo, o comunque non molta. Avevo più paura che a quel gatto mostruoso potesse venire in mente di farsi vedere ancora.
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Sulla via di casa ci fermammo prima alla farmacia della Jernbanegade e poi alla nostra pizzeria preferita, “La luna”. «Hawaii con doppio formaggio?» chiese mamma. «Sì» risposi, anche se poteva sembrare un po’ strano comprare la pizza per pranzo. La pioggia scrosciava ancora in fili grigi e io avevo un grosso senso di influenza in tutto il corpo. Non sapevo se una quantità esagerata di formaggio fuso avrebbe aiutato, ma valeva la pena provare. Di andare a scuola non se ne parlava affatto. In realtà mamma si comportava come se fosse solo questione di tempo prima che quel batterio Bartonella mi mettesse a terra nonostante la tintura di iodio, l’alcol e l’acido borico, l’antibiotico e un’approfondita pulizia della ferita. Dopo aver mangiato la pizza e sparecchiato, volevo giocare un po’ col computer nella mia stanza, invece lei mi fece raggomitolare con un libro sotto una coperta imbottita sul letto degli ospiti, nello studio dove stava lavorando. Era abbastanza piacevole, non era questo, ma avevo la sensazione che lo facesse perché voleva tenermi d’occhio. Poco dopo le tre del pomeriggio arrivò un sms sul mio telefono. Era di Oscar. «Come mai non sei venuta a scuola?» c’era scritto. Non sapevo bene cosa rispondere, era un po’ complesso spiegare che ero stata graffiata da un gatto e forse mi sarei ammalata. Alla fine scrissi solo «Malata» anche se non era vero – almeno non ancora. Quella notte sognai il gatto. Mi aspettava davanti al ripostiglio delle biciclette, come era successo nella realtà. Ma invece di aggre-
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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Longo spa (Bolzano) nel mese di agosto 2016
Lene Kaaberbøl (Copenaghen, 1960) è un’autrice danese assai nota in tutto il Nord Europa. Da quando ha cominciato a scrivere, all’età di 15 anni, ha pubblicato una trentina di libri, soprattutto per bambini e ragazzi. Di recente è stata candidata per due prestigiosi riconoscimenti: lo Hans Christian Andersen Award e l’Astrid Lindgren Memorial Award. La fortunata serie “Wildwitch”, avviata nel 2010 e giunta alla sesta puntata, ha già riscosso grande successo in Germania, Francia, Inghilterra e Russia.
I fianchi della strada si facevano sempre più alti e sempre più ripidi, finché d’improvviso non giungemmo a uno spiazzo aperto. Intorno le pareti si ergevano come fianchi di una cava: eravamo sul fondo di un cratere a forma di pentolone. In mezzo crescevano alberi in circolo e tutto intorno, sulle pareti, c’erano finestre e porte e dietro i vetri probabilmente caverne o case. Dalle finestre usciva luce e c’era profumo di legna bruciata e di cibo. Quando fummo in mezzo allo spiazzo, si fece totale silenzio. La tempesta di uccelli smise di stridere e si posò con un fruscio d’ali, come se fosse solo il segnale che aspettavano. Neri occhi di uccelli ci osservavano da tutte le parti, dal cerchio d’alberi in fondo al cratere e dai rami degli alberi che crescevano tutto intorno al bordo. Una delle porte si aprì e una donna alta, vestita di nero, uscì sullo spiazzo. «Benvenuti» disse. «Dov’è la ragazza?»
La prova del fuoco è il primo volume della serie “Wildwitch”, con la protagonista Clara, il suo amore per gli animali e il magico mondo delle streghe selvatiche.
La prova del fuoco WILDWITCH La prova del fuoco
Clara è una ragazzina di 12 anni che non ha nulla di speciale: un po’ timida, il viso punteggiato di lentiggini, è alle prese con i problemi tipici della sua età. Ma un giorno incontra un gigantesco gatto grazie al quale scopre di avere lo straordinario potere di comunicare con gli animali. Sarà solo l’inizio della sua nuova vita da “strega selvatica” in un mondo in cui la magia non è esattamente roba per bambini.
Lene Kaaberbøl
La prova del fuoco
Traduzione di Bruno Berni
Lene Kaaberbøl